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Musica e poesia: Flavio Conci

Musica e poesia

Flavio Conci: Poeta

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Nato fra la musica, approdato alla poesia, alla scultura degli alberi, affascinato dalla cultura degli indiani d’America, si racconta in questo suo breve, divertente, diario.

“M i chiamo Conci Flavio, ho 70 anni. Mi sono avvicinato alla poesia circa 15 anni fa, per comodità. Mi era più facile leggere una poesia alla sera (prima di dormire) che iniziare un libro. La poesia con poche parole ti dona la profondità del pensiero di chi la scrive. Con pochi versi abbraccia l’universo, descrive la situazione del momento. Parla d’amore, delle stagioni, di politica . Ogni poeta ha una propria personalità; un modo originale di raccontare, di pensare. Io ho iniziato scrivendo semplicemente i miei pensieri, senza conoscere la metrica, di come una poesia per essere considerata tale deve rispondere a certi canoni. Qui il mio pensiero va agli Indiani d’America, i quali senza frequentare la scuola sono stati capaci di tramandare per generazioni i loro canti, il loro modo di vivere a contatto con la natura, rispettandola e ringraziandola per tutto quello che offriva. Questo per me è poesia; scrivere il tuo pensiero, fare in modo che suoni bene e che sia compreso da tutti” Personaggio molto interessante Flavio, schivo, portato al sorriso, all’ironia non ama parlare troppo di sé, ma ricorda la mamma, Anna Tais, che aveva insegnato agli 8 figli ad essere indipendenti, a saper fare di tutto. ” Mio padre era troppo preso dalla sua musica per occuparsi delle cose banali, di casa” dice scherzosamente “ tanto che io, da bambino, non sopportavo la musica ”. Il padre, Guido Conci, infatti per moltissimi anni fu l’organista della Parrocchia di San Sisto di Caldonazzo, inoltre dava lezioni private di musica. Flavio invece non amava la musica, ma la musica lo ha catturato, ha imparato a suonare la fisarmonica piuttosto bene anche se afferma “ Non sono tanto bravo di suonare, mi ritengo en strimpelador, e va bene così, sono felice quando la sera suono “il mio valzer per me”. Tuttavia la sua musica ha accompagnato con leggerezza ed allegria il Gruppo di Danze

Il complessino Prosdocimus alla festa dello Sfojò di Bosentino, da sinistra Paola Giusti al violino, Flavio Conci alla fisamonica, Roberto Murari mandolino e Saverio Sartori chitarra

di Laura Mansini

Flavio Conci davanti alla sua scultura Totem

popolari “La Corte”, verso la fine degli anni 90. Nel 2003, pur mantenendo sempre l’ottimo rapporto con “ La Corte”, Flavio con Roberto Murari, allora bibliotecario di Caldonazzo pensò di formare il gruppo musicale “Prosdocimus”dedito alle musiche etniche internazionali di ballo popolare. Un ottimo ensamble, salutato dal paese con molto entusiasmo, infatti ha regalato deliziosi spettacoli alle estati “Panizzare”. Con Flavio alla fisarmonica, Roberto al Mandolino, Paola Giusti violino, Francesco Pavani chitarra, Saverio Sartori prima al basso, ma ora causa impegni di Pavani molto spesso all’estero, Sartori suona anche la chitarra. Il gruppo deve il proprio nome alla famiglia Conci detta i Prosdocimi dal nome di uno degli antenati di Flavio. Flavio è entrato nella poesia con il medesimo impegno che lo contraddistingue in quello che fa, leggendo moltissimo, frequentando i corsi di poesia tenuti da Renzo Francescotti . Ama scrivere, e fra i suoi versi mi ha particolarmente interessato la bella composizione dedicata a Luciano De Carli, uno dei poeti più amati della nostra Valle:

Musica e poesia

Festa associazioni di Caldonazzo. Flavio Conci alla fisarmonica, Saverio Sartori chitarra, Paola Giusti violino

El Poèta

El vegniva a passar le ferie en montagna, postà ala finestra dela baita. el vardava ‘l bosco el zifolava, entanto noi voltaven ‘l fen. I m’ha dito che l’ha scrito en libro de poesie, “el poèta” (Core la Brenta) Ma cossa gavaral da dir su la Brenta? L’è en fiume come tuti: l’acqua la core e quando el piove el se ‘grossa e quando gh’è la sùta el se spicolisse.

Come eravamo

Còssa gaveral da dir sula Brenta? Passa ‘l tempo… No vago pù a voltar el fen en montagna e anca el Luciano nol zifola pù! Ma ho lèto i so libri de poesie e lezendoli ho capì perché el vardava ‘l bosco el zifolava: l’era ciapà, l’era stranì, el vedeva solo le rime che sfiorava le zime dei pezi, le parole encolade sule margherite del prà, e i punti e le virgole ‘ntel canto dei oseleti, E mi voltavo el fen… E no capivo… Ora si sta cimentando nella scultura su legno ispirandosi alle sculture indiane. La scultura può essere poesia, storia, tradizione, musica per gli occhi.

Corso di ricamo 1925 a Strigno

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