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Passatempo italiano: il puzzle
Passatempo italiano
La storia del puzzle
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Per passare il tempo in quarantena alcuni di voi avranno sicuramente tirato fuori da soffitte polverose e armadi dimenticati scatole e scatole di puzzle. In effetti i produttori e i negozi confermano quanto sia aumentata la richiesta di questi giochi di pazienza in grado di occupare ore e ore della nostra vita alla ricerca di quel benedetto pezzettino mancante… Pensate che la Ravensburger, la più grande produttrice di puzzle del mondo, ha dovuto fronteggiare un aumento delle vendite del 370%, con cifre simili al periodo natalizio. Ma vi siete mai chiesti quale sia la storia che si nasconde dietro a uno dei passatempi più amati della storia? Compagni di giochi per grandi e piccini ebbero la loro età dell’oro in un altro grande momento di crisi dell’età contemporanea: si diffusero capillarmente negli Stati Uniti proprio durante la Grande Depressione. Ma la loro storia ha radici molto più profonde. Non si sa bene chi li abbia inventati, ma si sa quando e dove. Era il diciottesimo secolo e nel Regno Unito le classi abbienti compravano le “mappe sezionate”, ovvero mappe geografiche disegnate su tavolette di legno intagliate in pezzi che dovevano essere incastrati tra loro. I primi puzzle avevano dunque una funzione prettamente didattica: i bambini potevano così studiare la geografia e memorizzare continenti e paesi di tutto il mondo. Leggenda vuole che il primo a realizzarli fosse un intagliatore e incisore della scuola del geografo di Giorgio III, tal John Spilsbury, che nel corso degli anni Sessanta del Settecento cominciò a produrle. Una di queste “mappe sezionate”, con cinque
pezzi mancanti, è ancora esposta alla British Library. L’altra ipotesi è che a pensarle fosse un’istruttrice di origini francesi, Jeanne-Marie Le Prince de Beaumont, che le avrebbe usate un decennio prima per insegnare ai suoi allievi la geografia. Per la diffusione di massa, a costi più bassi, si dovette aspettare la seconda metà dell’Ottocento grazie all’utilizzo di litografie e sistemi di stampa ed incisione più economici. Ai soggetti di Elisa Corni
geografici, piano piano, si accostarono immagini storiche o bibliche, mantenendo così lo scopo didattico-educativo di questi strani oggetti. Ma poi, con la diffusione anche nelle classi meno abbienti di questi strumenti di diletto, le immagini iniziarono a ritrarre filastrocche, canzoncine, storie, fiabe e favole della tradizione. Nel corso dei primi decenni del Novecento tutta una serie di innovazioni fecero avvicinare questi divertenti rompicapi a ciò che conosciamo oggi: la stampa su cartone, soggetti dedicati anche agli adulti con paesaggi e immagini differenti rispetto al passato, l’immagine sulla scatola per sapere cosa si doveva ricostruire, sempre più pezzi. Ma è solo dopo la seconda guerra mondiale che i puzzle diventano ciò che conosciamo: nel 1977 la Ravensbuger realizza il primo puzzle da 5.000 pezzi. Allora, come oggi, la ditta tedesca però fa realizzare a mano il disegno, che poi è stampato su carta adesiva, incollato sul cartoncino e infine tagliato con una pressa. Oggi molti sono pezzi da collezione, in formato 3D, rappresentano monumenti ed edifici, hanno difficoltà notevoli, sono realizzati nei materiali più disparati e presentano difficoltà sempre nuove. Quello che rimane immutabile nel tempo è la soddisfazione una volta finito il rompicapo!