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A Levico Terme…. si vola

Aeromodellismo in Valsugana

A Levico Terme... si vola

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Il campo di volo del Gruppo Aeromodellistico Valsugana di Quaere ha ripreso le sue attività già da metà giugno, «nel rispetto delle norme anti Covid», come tengono a precisare gli organizzatori, che avevano messo in discussione il programmato raduno annuale, dedicato alle riproduzioni, trovando subito la generosa disponibilità dei numerosi collaboratori. Così quella che è l’abituale sede della Scuola di Avviamento al Volo Radiocomandato del presidente Umberto Marchesoni, ha ospitato l’evento più atteso dagli appassionati che si sono volentieri sottoposti a un controllo della temperatura all’en trata al campo volo, sul quale erano predisposti vari punti con l’appo sito disinfettante per le mani e per attrezzatura fissa sul campo, doven do tenere all’esterno del campo il numeroso pubblico convenuto, che ha comunque potuto godere dello spettacolo aereo. Già dalle prime ore della mattinata erano presenti una trentina di piloti accompagnati dai presidenti dei Gruppi provenienti da Friuli, Veneto, e da tutta la regione Trentino Alto Adige, con anche un pilota olandese e due dall’Austria, ospiti nei vicini

Foto di Giuseppe Brida

campeggi. «Siamo stati omaggiati – ha detto Marchesoni - da una giornata stupenda, anche quest’anno in corrispondenza con la festa del Santo Patrono di LeFoto di Giuseppe Brida vico, da un’organizzazione impeccabile nel rispettare le norme anti Covid e quelle di volo, indicate nel briefing prima di aprire le “danze” delle acrobazie». Le varie categorie rappresentate, inerenti le Foto di Giuseppe Brida riproduzioni, sono state, alianti a traino, moto alianti, aerei sportivi, acrobatici, aerei da guerra, ed elicotteri. Presenti anche tre giovanissimi piloti, due veneti (11 e 12 anni) e uno trentino (14), il socio allievo Federico Bortolotti di Pinè, con voli acrobatici di alta qualità. Dopo il pranzo, il presidente ha rivolto ai presenti un caloroso saluto procedendo alla di Franco Zadra

consegna delle coppe ai tre piloti vincitori, per la fedeltà nella riproduzione del modello, per la sicurezza e la padronanza in volo, a per il comportamento, la sportività e altruismo dimostrati. Ringraziamenti dovuti poi ai molti che hanno lavorato per l’organizzazione, la preparazione del campo e le attrezzature, e a chi si è speso per la preparazione del pranzo offerto dal Gavs. Ha concluso la manifestazione il volo di Lino Dalmaso, presente con uno SVA, fedelissima riproduzione della prima guerra, con la sua ormai mitica “Strega pirotecnica”.

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Conosciamo il nostro passato

Dalla Valsugana a Kennelbach Storie di dolore e riscatto

Ermete Berlanda, originario da Strigno. Josef Purin da Spera. Johann Wariska (Varsica) e Andrea Debortoli, originari da Telve. Sono i primi operai che, con le loro famiglie, nell’autunno del 1873, partendo dalla Valsugana, raggiunsero la cittadina austriaca di Kennelbach, nel Voralberg, per lavorare in fabbrica. Fino al 1900 furono ben 701 i cognomi trentini registrati presso l’anagrafe comunale: 414 erano uomini, il resto donne in cerca di occupazione. Un legame, quello tra la cittadina del Voralberg e la Bassa Valsugana, che, negli anni, si è via via intensificato fino al gemellaggio, da tempo in essere, con il comune di Scurelle.

Una storia raccontata anche nel libro di Egon Sinz “Kennelbach 1871-1900 – L’immigrazione”. Dalla Valsugana si partiva in cerca di occupa zione. Soprattutto in fabbrica ma anche nelle cave o come minatori e muratori. Partiamo dai dati. In meno di 30 anni ci furono 273 immigrati della Bassa Valsuga na che andarono a vivere a Kennelbach: altri 209 dal Primiero e Vanoi e 50 dall’Alta Valsugana. Tante famiglie emigravano dal Trentino nel Voralberg per ricostruirsi una vita. Dalla Bassa Valsugana ben 74 persone arriva rono da Strigno, 73 da Borgo Valsugana, 25 da Spera, 22 da Bieno, 20 da Samone, 16 da Telve. Diversi altri anche da Casteluovo, Olle, Ospedaletto e Scurelle. Da quest’ultimo comune, gemellato con Kennelbach, tra il 1871 al 1900, arrivarono nel paesino del Voralberg due donne (Angela Micheli e Magdalena Fieta) ed un uomo (Angelo Fieta, marito di Magdalena). Come si legge nel libro, “Da Borgo, il centro principale della Bassa Valsuga na arrivarono a Kennelbach i Polla, Maccani, Santifoler, Lorenzi, Dalvai ma anche i Tomio, Casagrande e Cam pestrini. Da Olle emigrarono Carlo Tomio, da Roncegno la famiglia Dollere, da Samone i Battisti, Lenzi e Mengar da. Telve era il comune di origine di Simone Moser, Domenico Campestrin e Andrea Debortoli. Da Spera provenivano i vari Purin e Ropelato mentre a Strigno risiedevano, prima di partire per il Voralberg, le famiglie Berlanda, Voltolini, Tomaselli, Jobstreibizer oltre a Zeno ne e Leone Busarello e Adone Bernardon”. In 19 famiglie arrivarono a Kennelbach anche da Castello Tesino. Tra loro Pietro Stefani, Maria Stefani ma anche Celestino Adamo, Michele e Luigi. Tutti con lo stesso cognome: Stefani. Non solo nomi e cognomi originari della Bassa di Massimo Dalledonne

Copertina del libro di Egon Sinz

Conosciamo il nostro passato

La fabbrica di sopra di Kennelbach

Valsugana. Presso gli uffici comunali di Kennel bach vennero registrati anche 17 immigrati da Caldonazzo, 13 da Vigolo Vattaro (Tamanini e Dallabrida) oltre ai Rosanelli originari da Tenna. Nel 1871 il cotonificio di Kennelbach viene messo all’asta ed i nuovi proprie tari cercano manodopera. Complice la diffusione della malattia dei bachi, in quegli anni l’industria serica trenti na e valsuganotta andò in crisi e per sfuggire alla miseria, per tante famiglie non restò che fare una scelta tra due soluzioni obbligate: andare in Ame rica o trasferirsi in altre regioni della monarchia. Non bastò la crisi. Agli inizi del 1880 forti inondazioni distrussero le coltivazioni anche in Valsugana. Il Voralberg divenne così la terra della speranza. Non solo Kennelbach ma anche Bludenz e Bregenz dove molti arrivarono con gli ultimi risparmi. Tante storie di gente alla ricerca di lavoro e di alloggi dove soggiornare e vivere. Locande in cui abitare quando le fabbriche non avevano alloggi a suf ficienza per i loro operai. In fabbrica si lavorava fino a 12 ore al giorno, poche ore a disposizione per il tempo libero con le associazioni che diventavano i luoghi di incontro. Bande musicali, cori e complessi ma anche piccole compa gnie teatrali per allietare le domeniche pomeriggio dei loro connazionali. Si passavano le ore libere anche nelle osterie e nelle locande e le spese venivano fatte nelle cooperative di consumo. Tra il 1871 ed il 1900 a Ken

La sala lavaggio in filanda a Kennelbach

nelbach ci furono 271 cognomi trentini. Ne rimasero 124 all’inizio del secolo. Di questi solo 11 compaiono ancora nella cittadina: Busarello, Cecco, Lohs, Micheli, Oberosler, Orsingher, Purin, Stefani, Steffani, Tomaselli e Tomasini. Nel libro di Egon Sinz trovano posto tantissimi nomi e cognomi, di tutti coloro che, per circa tre decenni, ed anche oltre, lavorarono e vissero a Kennelbach. Si parla anche di matri moni, nascite e morti. Con due storie davvero particolari. Altrettanti destini vissute da due ragazze della Valsuga na. Teresina Romagna era originaria di Scurelle. Il 1 settembre del 1902 arriva in paese con la sorella di 14 anni, Anna. Trovano sistemazione nella casa di Angelo Purin, originario di Spera. Vi rimase per due anni per tornarvi, però, nel 1906. Un mese dopo è raggiun ta da Joseph Romagna, il papa che morirà a Kennelbach nel 1918 all’età di 64 anni. Con la sorella Maria Assunta lavora in fabbrica, assieme al papà. Tut ti e tre, però, morirono di tubercolosi polmonare, a causa del lavoro mal sano che c’era in fabbrica: di inverno, nelle sale di filature, faceva freddo, d’estate l’aria era soffocante e odorava di sudore, cotone e olio. Maria Assunta

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Donne emigrate a Kennelbach

muore 22enne il 23 gennaio del 1917, la sorella Teresina il 20 novembre dell’anno successivo all’eta di 32 anni. La storia di Augusta Mengarda di Samone è quella di un tragico destino. Muore nel 1909 dopo che, una volta arrivata in paese, si era innamorata di quello che sembrava un brav’uomo. Diceva di chiamarsi Nicola Vittoria, ori ginario del Veneto, all’epoca vice-presidente dell’Associazione Cristiana

Operai in filanda a Kennelbach

italiana di Wolfurt e Kennelbach. Augusta era una ragazza parsimoniosa e, quando Nicola finse di aver com prato una casa nel suo paese natio, dove andare a vivere insieme, Augusta non esitò a dargli le 800 corone. Erano i risparmi, tutto ciò che aveva messo da parte dopo 20 anni di duro lavoro in fabbrica. Ma, come scrive Sinz nel suo libro, i soldi ancora non bastava no. Si rivolse anche a Pietro Stefani, presidente dell’Associazione Cattolica di Wolfurt, per finire di costruire il suo nido d’amore a Vigolo Vattaro. Ma, una volta partito, Nicola Vittoria divenne uccel di bosco. Pietro Stefani se ne fece una ragione, Augusta no. Già godeva di scarsa salute e, una volta ricoverata in ospedale, morì in capo a pochi giorni. “Di destini simili – conclu de Egon Sinz – o uguali ce ne devono essere stati parecchi altri. Tante storie di giovani e ragazze emigrati da soli e senza nessuna protezione in paesi stranieri”. Qualcuno è riuscito a tornare a casa e raccontare i pericoli vissuti, molti altri no. La prima grande migra zione dal Trentino e dalla Valsugana è stata, purtroppo, anche questo. Dolore nel dolore.

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