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L’editoriale di Armando Munao’
Politici masochisti
I
l voluto riferimento è per quei politici, soprattutto di Lega, Fratelli d’Italia, 5 Stelle e Forza Italia, che si ostinano a partecipare ai talkshow gestisti da giornalisti e opinionisti chiaramente schierati a Sinistra, o simpatizzanti tali, e che, non di rado, trattano gli intervistati non come ospiti bensì come avversari se non addirittura nemici politici. Perchè li chiamo “masochisti”? Perché dovrebbero essere a conoscenza non solo dell’atmosfera non amica che troveranno, ma anche che il conduttore o la conduttrice avranno come spalla, due, tre o quattro amici di “merenda” con il solo obiettivo di colpire l’ospite, metterlo in cattiva luce e fargli fare la tradizionale figura di “emme”. Mi riferisco a moltissimi programmi radio-televisivi dove spesso, a mio modesto avviso, la faziosità, la demagogia e l’avversione nei confronti di questi politici, sono gli elementi portanti. Ed è oramai risaputo che questi conduttori sono “sempre” animati da spirito di parte e sostengono con in-
Lilly Gruber
transigenza le loro tesi. In queste trasmissioni, e in presenza di un “loro avversario”, non esiste – tranne rarissimi casi - un dialogo dedicato a un vero confronto o all’approfondimento di idee e opinioni, bensì una sicura lotta senza esclusione di colpi dove, chi dirige il gioco, lo fa solo e solamente per affossare il “malcapitato” ospite. E a volte si superano anche i limiti, com’è avvenuto in una trasmissione serale dove la conduttrice, Lilly Gruber, si è presa il lusso di sottolineare che Giorgia Meloni (era lei l’intervistata) stava dicendo delle vere sciocchezze quando quest’ultima, rispondendo ad una domanda, ha accusato la UE (a mio avviso a ragione) di fare gli interessi di alcuni Stati e soprattutto di Francia e Germania, di essere permissiva e accondiscendente con i governi di Sinistra mentre inconciliabile, dura e severa, con i governi di Destra o con quello Lega- 5 Stelle. Quella volta, però, la presentatrice non aveva di fronte un pinco palla qualsiasi, ma un politico che, come sempre, ha dimostrato di possedere i tradizionali attributi perché, oltre a manifestare il proprio disappunto per l’offesa ricevuta e per il superamento delle elementari regole del giornalismo, ha anche energicamente richiamato la conduttrice al rispetto e all’etica rispondendole con tono deciso…” non si permetta di dire che dico fesserie”. Sono del parere che nessun giornalista può dire all’intervistato, chiunque esso sia, che sta dicendo sciocchezze o fesserie. Certo, può capitare di non essere con lui d’accordo e quindi non condividere il pensiero o la sua opinione, ma il rispetto è sempre dovuto. Senza se e senza ma.
Giorgia Meloni
In una delle sue ultime trasmissioni, Giovanni Floris (Di Martedì) ha precisato, rivolgendosi a Matteo Salvini, che i giornalisti possono fare tutte le domande che desiderano e che dovere dell’ospite è quello di rispondere. E io sono d’accordo con lui. C’è però un piccolo, piccolissimo particolare: quando l’intervistato è di appartenenza politica diversa da quella dei conduttori le domande sono sparate con il bazooka e i proiettili caricati con fiele e veleno. Quando, invece, hanno di fronte un “politico amico”, allora le cose cambiano perché le domande non mettono mai in difficoltà l’ospite e sono “spruzzate” con una pistola ad acqua riempita con latte, zucchero, miele e dolcificanti vari. Quindi carissimi “masochisti”, fossi al vostro posto, ci penserei due volte prima di accettare l’invito perché, se “questi” lo fanno, hanno un solo scopo, anzi due: quello di fare audience e quello di dimostrare ai loro aficionados quanto sono bravi a mettervi, e non solo politicamente, alla berlina.
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SOMMARIO ANNO 5 - NOVEMBRE 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
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Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Editoriale Sommario Dove va il giornalismo oggi Punto e a capo Il verde scompare, le buche crescono A ciascuno il suo E il Mart è in festa A ciascuno il suo Carta vetrata Il Senato negli USA Come vengono eletti i deputati negli USA Un Leone d’argento con le ali in musica Ieri avvenne: i diritti d’infanzia In ricordo della poetessa Alda Marini Arte trentina: Lorenzo Nardelli La pena di morte negli USA
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CASA DOLCE CASA La casa romana Le palafitte La casa alpina Il castello Edilizia Abitativa: l’evoluzione tecnologica Villa Daziaro: la villa rossa del Tesino Riscaldare la casa: casa dolce casa La casa in tasca: il nomadismo
35 38 40 41 43 46 48 51
Lettera al direttore In Vino veritas :terre da bere Complimenti Mario Pacher La nuova stagione teatrale in Valsugana Don Roberto, nuovo parroco a Borgo Valsugana Castel Ivano: i 60 anni delle penne nere Alimentazione oggi: pizze e pizzerie Lions Club Valsugana: Vaia un anno dopo
53 55 57 59 61 62 67 68
MEDICINA & SALUTE Da chi andare se ho un problema? L’obesità in Italia: problema sociale La emulazione
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Le cronache locali Volontariato & solidarietà: Virginia Tortella Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Che tempo che fa: tempesta Vaia un anno dopo Giocherellando
77 78 80 81 82 83 84 86
Il personaggio Roberto Paccher Pag. 11
Ieri avvenne Cade il muro di Berlino Pag. 18
I Vigili del Fuoco volontari di Torcegno Pag. 56
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L’opinione di Rocco Cerone Segretario regionale del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige
Dove va il giornalismo oggi?
“L
’informazione non è un algoritmo” recitava il titolo del XXVIII congresso della FNSI a Levico a metà febbraio scorso. Ed è da questo che occorre partire per delineare una riflessione sul giornalismo declinato nel 2019. La tecnologia con le piattaforme informatiche ha cambiato radicalmente la diffusione delle notizie a livello planetario, saccheggiando e piratando l’informazione verificata e di qualità da un lato e diffondendo fake news dall’altro. A settembre 2019, una maxi operazione della Guardia di Finanza ha consentito di individuare e smantellare piattaforme digitali che coinvolgevano 5 milioni di italiani. E’ un primo segnale molto significativo che segue l’approvazione a fine marzo 2019 del Parlamento Europeo della Direttiva sul copyright, Direttiva non ratificata dal precedente governo. Si spera che questa possa essere recepita dall’attuale esecutivo. Nell’incontro avuto dalla FNSI venerdì 18 ottobre a Venezia con il sottosegretario di Stato all’editoria Andrea Martella, ha parlato di “Editoria 5.0” e di un piano di rilancio e di sostegno del settore, a cominciare dalla destinazione di una parte significativa della cosiddetta web tax al settore dell’editoria. Speriamo che alle parole possano seguire i fatti. Anche se il buongiorno si vede dal mattino, si è registrato un radicale cambiamento di approccio rispetto al suo predecessore che auspicava l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, con il retropensiero di cancellare la categoria dei giornalisti ed in ultima analisi l’intermediazione che operano i giornalisti con i citta-
dini. Funzione di rango costituzionale sottolineata per ben 13 volte negli ultimi 15 mesi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ed a proposito di fake news sugli aiuti pubblici all’editoria, l’Italia vanta il primato negativo di terz’ultimo paese europeo di sovvenzioni al settore. In ogni caso, in Italia i contributi vanno indirizzati esclusivamente a giornali in cooperativa, all’Avvenire, al Manifesto (tanto per fare un esempio), ai periodici diocesani, ai giornali delle minoranze linguistiche, a Radio Radicale, per la cui sopravvivenza la FNSI si è spesa affinchè non venissero interrotti i finanziamenti che le consentissero di sopravvivere. Segnali positivi vengono dal neosottosegretario all’editoria Martella, che si sta attivando per interrompere i tagli previsti dal precedente governo. A tale riguardo, volgendo lo sguardo a quanto avviene nel continente americano, il governo canadese ha recentemente approvato contributi all’editoria per circa 595 milioni di dollari.
Occorre constatare che nella nostra Penisola la vendita delle copie dei giornali è più che dimezzata rispetto ai decenni scorsi: da sei milioni di copie quotidiane si è passati a 2 milioni e ottocentomila. Nonostante questa forte crisi di settore, la carta stampa sopravviverà, integrandosi con altri più moderni mezzi di comunicazione: il web, la radio, la tv. Andando sempre all’estero e prendendo l’esempio del New York Times, considerato il giornale leader del mondo libero, le notizie vengono pubblicate subito sul sito, poi magari – ampliate e corredate di foto – il tema viene affrontato nell’edizione cartacea anche a distanza di alcuni giorni, magari nell’edizione domenicale, la più ricca della settimana. Occorre un nuovo patto tra parti sociali e governo per rivitalizzare questo settore cardine della democrazia ed una rivoluzione culturale che veda al centro i giornalisti sempre come titolari di quel diritto costituzionale sancito dall’articolo 21 che fa della professione giornalistica la più speciale di quelle ordinistiche.
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Punto e a capo di Waimer Perinelli
Spegnete la tv: ci vuole coraggio!
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n vecchio teatrante mi ha lasciato in eredità una convinzione: gli assenti hanno sempre torto. E se ho ragione bene fanno i politici a sedersi al tavolo dell'intervista. Per molti motivi. Il primo è che vengono intervistate solo le persone importanti e, come si diceva per gli eventi in generale, se non compari in televisione non esisti. E' luogo comune intervistare le celebrità ed è altrettanto vero che attraverso l'intervista, molti diventano celebri. Se è solo attraverso le interviste sono solo fuochi fatui, destinati a morire all'alba. L'intervista è un'occasione per esprimere pensieri, ideali, riflessioni. Chi è conscio della propria forza lo fa con pacata sicurezza. Chi è fragile, insulta, grida, sbraccia. L'intervista è comunicazione e comunicare è un'arte. Non a caso un tempo si studiava la retorica ovvero, l'arte del parlare e dello scrivere in maniera efficace, eloquente: il modo di trasmettere il proprio pensiero, attirare l'attenzione, affermare e dimostrare la propria ragione. Ne fu maestro, fra gli altri, Cicerone. La retorica è oggi una rarità e in tutte le sedi, il Parlamento in particolare, spesso, per colpa degli oratori, è diventata sinonimo dispregiativo di tortuoso, vuoto barocco linguistico. La retorica richiede attenzione, e silenzio, ma un buon oratore può trarre vantaggio dallo sgarbato intervento di un avversario. Un'attrice inviò un involucro con le proprie feci ad un critico teatrale che non aveva gradito la sua recitazione. Il critico rispose con un
mazzo di fiori ed un biglietto: “Ognuno dona quel che ha”. Wiston Churchil ha scritto che il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare, ma è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare. Ce ne vuole molto anche per partecipare ai dibattiti politici e ce ne vuole altrettanto per non andarci. Tutti i partecipanti conoscono la necessità di essere preparati perché, come dice il titolo di uno di questi talk show si scende nell'Arena cioè nel luogo dove combattevano e morivano i gladiatori o i cristiani ai tempi dei Cesari. Si vorrebbe fosse una battaglia leale, ma purtroppo così spesso non è. Quando il conduttore si comporta come un gladiatore reziario, getta la rete attorno all'ospite, fa il proprio dovere se la rete serve a estrarre le idee, ma in molti casi così. Spesso soffia un'aria partigiana. La domanda, sempre di attualità, è: i giornalisti possono essere di parte? Giuliano Ferrara, fondatore del Foglio, trent'anni fa squarciò il baby doll che copriva le parti intime della deontologia ed etica giornalistica, affermando che il giornalismo non può non essere di parte. Grandi giornalisti benpensanti, alcuni già attivi e sodali ai tempi del fascismo, insor-
sero ma la maggior parte calò la maschera e oggi è comunemente accettato o sopportato che il giornalista sia schierato. C'è oggi il pericolo della graduale, ma terribile perdita di credibilità del giornalista che, come ci spiega Rocco Cerone segretario regionale del sindacato giornalisti FNSI, si tratta di pericolo più che annunciato. Il mondo dell'informazione si sta abituando a fare a meno dei giornalisti leggendo Face book, Istragam....E questo è terribile perché i lettori diventano produttori, criticati e critici. Opinioni alimentate da furti e cambiamenti di notizie professionali e, terribile, le notizie inventate. Il pubblico è la vittima designata, giudice ultimo e arbitro di ogni dibattito ma anche sofferente masochista. Meglio sarebbe se tutti quelli che vogliono un'informazione corretta , davanti alle liti, sopraffazioni, insulti, facessero un'azione comune e spegnessero il televisore. Ma direbbe Churchil: Ci vuole coraggio!.
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Il personaggio di Armando Munao’
Roberto Paccher Il Presidente
Il Presidente Roberto Paccher è un uomo che ha il fisico del ruolo: alto e imponente, ci accoglie con un ampio sorriso nel suo ufficio dalle grandi vetrate, affacciato su Piazza Dante a Trento, nel Palazzo progettato da Adalberto Libera negli anni ’50 e che oggi è considerato un capolavoro dell’architettura razionalista del secondo dopoguerra. Seduto alla grande scrivania, proporzionata ad un incarico che in passato è stato rivestito da politici come Remo Albertini e Giorgio Pasquali. Da ormai un anno è stato investito di un incarico tanto prestigioso, quanto delicato: dirigere l’organo c he più di ogni altro incarna i valori della nostra autonomia: il Consiglio regionale. Qui si riuniscono mensilmente i 35 consiglieri eletti in Provincia di Trento e i 35 Consiglieri eletti in Provincia di Bolzano e si trovano per discutere i temi condivisi più importanti per il futuro della nostra Regione. Molti i temi in agenda per il Consiglio, alcuni dei quali molto “caldi”. In queste settimane, poi, ha ricevuto un altro prestigioso incarico, quello di coordinatore delle Speciali alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Paccher, cosa significa essere Presidente del Consiglio regionale? E’ un ruolo che mi onora, ma che mi ha dato anche molta responsabilità. Essere Presidente di un organo composto da Consiglieri che hanno storie e origini molto differenti, che sono i rappresentanti delle proprie comunità, di lingua italiana, tedesca o ladina, significa dover fare i conti con sensibilità diverse. Il mio ruolo mi impone di essere sempre super partes, di mantenere l’ordine all’interno dell’aula, ma soprattutto di rappresentare nel modo migliore possibile la nostra realtà istituzionale. Trentino e Alto Adige/Südtirol hanno un buon dialogo ora, ma non è sempre stato così. Certamente oggi possiamo dire che esiste una collaborazione proficua nella nostra terra, ma in passato, proprio nell’aula del Consiglio, si sono svolte alcune delle battaglie più difficili della nostra autonomia. Siamo due
realtà che hanno molto in comune, ma vi sono delle differenze culturali che inevitabilmente emergono nel corso di alcuni dibattiti. Per questo il Consiglio regionale, che oggi ha certamente meno competenze rispetto al passato, svolge ancora un ruolo fondamentale di trait d’union tra Trento e Bolzano e la sua esistenza è funzionale al buon governo del nostro territorio. Inoltre va detto che ancora oggi, a Roma, il peso della Regione e del suo Consiglio sono più avvertiti forse che da noi: le singole province contano cinquecento mila abitanti, ma se ci presentiamo insieme siamo più di un milione e i numeri contano. L’Autonomia però spesso è vista come un privilegio perché dicono che ci sottraiamo alle responsabilità nei confronti dello Stato. Ancora oggi, come ha dimostrato lo scorso mese l’audizione tenuta alla Camera dei Deputati dal ministro Boccia, c’è chi considera la nostra Autonomia come un privilegio. Queste
persone,però, ignorano prima di tutto che Autonomia è responsabilità. L’Autonomia di cui noi godiamo è un diritto che abbiamo ereditato dalla storia e ne possiamo godere grazie alla lungimiranza di chi, tra i padri costituenti, ha compreso come governare un territorio con un passato come il nostro, e una articolazione territoriale così complessa, si possa fare solo con una
Roberto Paccher - FOTO RENSI s.a.s.
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Il personaggio
Paccher a Genova dove ä stato eletto coordinatore delle Speciali alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome
effettiva capacità decisionale sul territorio stesso. In settant’anni, abbiamo dimostrato come l’Autonomia sia un bene per le Comunità, di come poter legiferare significhi poter prendere le decisioni più efficaci per il benessere dei cittadini. Posso oggi davvero dire che in settant’anni abbiamo dimostrato di essere più efficienti dello Stato e di essere in grado di gestire con maggior risparmio le nostre risorse e stiamo ancora lavorando, giorno per giorno, per migliorarci. Il Trentino-Alto Adige/Südtirol è oggi innegabilmente un esempio di buona amministrazione, dove certamente nel passato non sono mancati errori, ma dove proprio la capacità di essere immediatamente operativi ci permette di giorno per giorno di correggere e intervenire dove vi sia più bisogno. Esiste una superficialità che è difficile da superare e molti ignorano quelli
che sono i doveri dell’Autonomia: noi non riceviamo dallo Stato fondi, ma gestiamo una parte del nostro stesso gettito fiscale. Significa che noi contribuiamo attivamente alle finanze dello Stato sia con la parte del nostro gettito fiscale che rimane a Roma, sia gestendo noi stessi le spese per le competenze che ci appartengono. E’ certamente un momento difficile per lo Stato ma sono convinto che l’Autonomia sia una risposta, non un problema. In queste settimane, poi, il Trentino è stato ancora una volta al centro del dibattito nazionale per la questione dei vitalizi. Si, come sempre con tanta disinformazione. Ci hanno accusato di essere in ritardo, al pari della Sicilia, ma la nostra realtà è molto diversa. Quella dei vitalizi è una battaglia che il Consiglio
regionale porta avanti da anni: pochi ricordano che proprio il Trentino è stata la prima Regione italiana ad abolirli già nel 2008 e con le riforme del 2014, seguite alla legge del 2012, abbiamo portato un risparmio di milioni di euro. Nessuno tra i Consiglieri eletti dopo il 2008 avrà diritto ad un assegno vitalizio e si sta parlando ormai di un numero esiguo di persone. Tuttavia abbiamo dovuto attendere una sentenza della Corte Costituzionale che ci ha dato ragione sul passato per poter intervenire ancora e ora ho fatto un ulteriore passo avanti: ho presentato in Ufficio di Presidenza un disegno di legge che applica la riforma nazionale, ma che da noi, contrariamente a quanto accade in altre Regioni dove non esiste un tetto massimo per le pensioni con il calcolo retributivo, porterà risparmi certi per circa il 20% della spesa attuale. Pochi hanno posto l’accento sul fatto che senza un tetto massimo, come quello che abbiamo fissato noi, per alcuni ex Consiglieri il vitalizio maturato sarebbe stato più alto di quello percepito fino ad oggi. La mia proposta sarà in aula a novembre e con dicembre potremo avere una nuova legge che sarà ancora una volta motivo di orgoglio per la nostra istituzione. Passando alla cronaca, ho visto che ha seguito da vicino un caso che da anni fa discutere istituzioni e cittadini e ci vede
ROBERTO PACCHER
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ato a Levico nel 1965, è fondatore e titolare dell’omonima agenzia di assicurazioni e di una agenzia pratiche automobilistiche. E' iscritto all'Ordine dei Giornalisti come pubblicista e ha collaborato con testate giornalistiche locali e nazionali. Presidente dell'Associazione Cacciatori Capannisti, è stato Consigliere Comunale nel Comune di Novaledo dal 1990 al 2015 e Assessore dal 1992 al 2010. Consigliere comprensoriale della Bassa Valsugana prima e di Comunità di Valle dal 1990 al 2015 e assessore Comprensoriale dal 2000 al 2005. E' Segretario amministrativo della Lega Nord Trentino e Segretario Circoscrizionale Nord Est. Tra gli incarichi svolti, è stato membro del Consiglio di Amministrazione di APT Alta Valsugana e componente del CDA della Fondazione Bruno Kessler. Eletto in Consiglio provinciale nell'ottobre 2018, dal 21 novembre dello stesso anno è Presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Crede attivamente al rilancio e al consolidamento della pacifica convivenza e sviluppo tra e dei gruppi linguistici presenti sul territorio.
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Il personaggio
Paccher e l’ambasciatore del Cile, Sergio Romero
contrapposti ad un colosso come gli Stati Uniti: Chico Forti. Da anni, anche come privato cittadino, ho seguito le vicende giudiziarie di Chico. Oggi, nel mio ruolo istituzionale, ho sentito la necessità di adoperarmi per fare qualcosa. A settembre ho avuto il piacere di poter ospitare, in Sala Rosa, una serata dove abbiamo mostrato un filmato realizzato proprio negli Stati Uniti, dalla CBS, che ha evidenziato come le prove a carico di Forti siano deboli. Ma al di là del merito giudiziario, credo sia un dovere intervenire per far sì che Chico Forti possa almeno scontare la pena in Italia, più vicino alla sua famiglia e ai suoi cari. Per questo mi sto adoperando, come farei per qualsiasi nostro concittadino in una situazione analoga, per far sì che possa tornare. Ho scritto anche al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo recente viaggio negli Stati Uniti, proprio perché si facesse portavoce della nostra richiesta. Auspico che a breve la vicenda possa trovare un esito favorevole per Forti, ma se così non fosse, non escludo di recarmi io stesso in Florida per verificare di persona quali siano le sue condizioni e parlare in
prima persona con chiunque possa contribuire a sciogliere questa matassa che rappresenta davvero una ferita aperta per la nostra Comunità. Recentemente a Roma ha ricevuto un incarico importante, Coordinatore del Tavolo delle Speciali. E’ un grandissimo onore, ma anche un impegno. Mai come oggi l’Autonomia va difesa e proprio coloro che già ne godono devono essere in prima linea per dimostrarne la validità e l’efficacia. Come sapete, in questo momento vi sono alcune Regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che hanno chiesto l’applicazione dell’art. 116 del Titolo V della Costituzione per avere esse stesse maggiore autonomia. Questo ha innescato nuovamente un dibattito che vede schierati pro e contro l’Autonomia. Si tratta di un diritto riconosciuto non solo alle cinque speciali che oggi già esistono, ma anche a coloro che, a fronte di una provata amministrazione virtuosa, ne fanno richiesta secondo le vie previste dalla Costituzione stessa. Essere coordinatore dei Presidenti dei Consigli regionali a Statuto speciale è dunque molto significativo, perché mi permette un dialogo costante con le altre specialità e di poter essere un interlocu-
tore rappresentativo anche nei confronti del Governo e delle altre Regioni. Abbiamo il dovere di difendere l’Autonomia e le sue prerogative. Insomma, un incarico non semplice. Ma non rischia di perdere il contatto con la sua terra? Questo mai. Sono nato e cresciuto in Valsugana e penso che sia il luogo migliore dove tornare ogni sera. Certo, essere Presidente del Consiglio regionale significa dover essere spesso presente a incontri istituzionali a Trento, in tutte le valli della nostra terra e anche fuori Provincia, ma chi abita nelle mie zone, sa quanto io sia legato alla mia valle e alla mia gente. Chi, come me, si dedica seriamente alla politica non deve mai dimenticare di aver ricevuto questo incarico su mandato delle persone che hanno creduto in noi e non ci si deve mai allontanare dalla gente e dai suoi problemi. Essere Presidente è certamente un onore e un onere, ma il mio primo dovere è risolvere i problemi quotidiani di chi si è affidato a noi per poter garantire un futuro migliore alla nostra terra, con la Valsugana nel cuore. Foto su gentile concessione dell’Ufficio Stampa del Consiglio regionale
Paccher con L' Arcivescovo Tisi
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A parere mio di Laura Mansini
Il verde scompare Le buche crescono
È
tempo di fare attente riflessioni sul futuro della nostra bella Valsugana; è tempo che la politica impari ad avere una visione di largo respiro sul nostro territorio. Credo sia giunto il momento di porre fine ai tentennamenti, alla ricerca dei voti perduti o di aprire la caccia ai nuovi, facendo promesse difficili poi da mantenere e che, per accontentare esclusivamente un proprio elettorato, si dimentichi l'interesse delle generazioni future. Il Termine "green", tanto di moda in questi tempi, non può rimanere solo una parola di facciata, deve trasformarsi in fatti concreti, con decisioni chiare e portate avanti con determinazione. Sembra brutto lamentarsi delle difficoltà che la nostra bellissima Valsugana sta vivendo a causa del un traffico infernale che l'attraversa, in questi tempi di guerre, carestie, incendi, che stanno distruggendo parte del nostro mondo, causate dai troppi egoismi di chi governa. Sembra brutto lamentarsi : infatti viviamo in una zona incantevole, che
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gode di due bellissimi laghi circondati da dolci colline, di alte montagne, di verdeggianti pianure; eppure ritengo sia giusto farlo perchè mi chiedo: fino a quando godremo di tutto questo? E' tempo di smettere di fare come gli struzzi, che nascondono la testa sotto la sabbia per non vedere. Un esempio per tutti ; la via Andanta, che scorre in maniera incivile sul lato Nord del lago di Caldonazzo. C'erano dei progetti al termine del secolo scorso ed agli inizi di questo. Progetti di grande spessore, portati avanti con la collaborazione dei Comuni di Caldonazzo, Calceranica , Tenna, Pergine e Levico. Erano progetti di viabilità davvero interessanti ed in grado di valorizzare la nostra Valle con piste ciclabili, sentieri, parchi e con un grande programma per eliminare il traffico dal lago di Caldonazzo, costruendo un sottopasso lungo la Via Andanta, dalla parte di Calceranica, dove adesso c'è ancora un passaggio a livello. I progetti furono accettati e finanziati dalla Provincia, tanto che i Campeggi del lago avevano già predisposto gli
ingressi sulla suddetta via. Ricordo ancora il malumore che alcuni proprietari dei campi interessati dimostrarono fino al punto di far cadere, nel 2005, la giunta Pinamonti di Calceranica. Nel 2005 cadde anche la giunta Curzel di Caldonazzo e venni eletta io con il mio gruppo. Avevamo anche noi un'idea di paese diversa dalla precedente, che tuttavia non voleva distruggere i progetti già avviati; tutt'altro, abbiamo cercato di portare a termine nel migliore dei modi quanto fatto in passato, inserendo la nostra diversa visione. Ed è stato proprio il progetto sulla via Andanta la prima causa di scontro con la giunta Martinelli di Calceranica. Fu una vera, difficile, battaglia per non perdere l'importante finanziamento ottenuto dalla Provincia che ci portò ad un compromesso , aiutati dall'Assessore Silvano Grisenti. Al grido della giunta di Calceranica "non sul me" siamo arrivati ad avere ciò che troviamo adesso: la via Andanta ridotta a tratturi, con campi morsicati dalle gomme delle automobili e dei camion più o meno
A parere mio di Waimer Perinelli
Note Sgarbate
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grandi che la percorrono, nonostante i divieti. Si volevano salvare dei campi ancora adesso inutilizzati e tristi da vedere, mentre noi volevamo creare un dignitoso accesso allo specchio d'acqua, togliendo le automobili dal lungolago, creando dei parcheggi a pettine, favorendo una viabilità pedonale e ciclabile. L'amministrazione di Calceranica l'ebbe vinta, ma chi ha perso è la nostra salute oltre che una visione "verde" della zona. Caldonazzo ha dovuto accettare la proposta della Provincia, spinta dall'ottusa caparbietà di certi amministratori locali e fare il sottopasso attuale su via Pescatori di Caldonazzo, abbastanza scomodo ed impattante e realizzando l'unico tratto dignitoso di via Andante. Non si è pensato al futuro, all'inquinamento che creano i veicoli che percorrono questa via; non si è pensato alla frutta che, oltre degli anticrittogamici è inquinata dallo smog creato durante l'estate da coloro che girano alla ricerca disperata di parcheggi. Questo è un caso vissuto personalmente, in qualità di Sindaco di Caldonazzo e che non nego, mi ha fatto molto soffrire. Come mi fa soffrire ora vedere che cosa sta accadendo sulla Strada Statale 47 , diventata di fatto un'autostrada percorsa quotidianamente da decine di migliaia di veicoli, camion compresi. Senza pedaggi, naturalmente, tanto a pagare in salute e denaro è la collettività. A coloro che dicono che non è vero, agli ambientalisti di facciata dico: prendetevi una seggiola, sedevi in fianco alla strada e godevi il passaggio di Camion mostruosi che vengono dalla Germania, dalla Slovenia, dall'Austria. Credete che lo smog si limiti al lago, oppure ai campi circostanti? Lo smog, l'inquinamento, anche acustico, si propagano nell'aria, avvelenano le nostre colture, creano il riscaldamento globale causa prima di quegli improvvisi e tremendi fenomeni atmosferici che abbiamo visto abbattersi anche sulla nostra regione in questi ultimi anni. Come dicono i giovani di Greta Thunberg: "Ci resta poco tempo per decidere del futuro delle prossime generazioni" . Pensiamoci!
a frecciata di Sgarbi è arrivata puntuale:"Ho saputo che Bisesti ha deciso di suddividere il Palazzo delle Albere dando un piano ciascuno : uno al Mart e l'altro Muse , però al Muse ha assegnato quello dei gabinetti e, per i pensatori, come loro, può andare bene perchè , è noto, che i pensieri migliori si fanno da seduti. Noi artisti del Mart, invece, ci accontenteremmo di stare in piedi".
Il Grillo sparlante
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ogliere il voto agli anziani" questa l'ultima, per ora, sparata di Beppe Grillo. Lui che di anni ne ha 71 sa bene come sono gli anziani: distratti, sfiduciati, lenti di gambe e cervello, scarsi di memoria. Gli anziani poi, dicono le statistiche, si interessano poco di politica. Pare che nelle discoteche, fino alla 4 del mattino, non si parli d'altro. Forse per questo ora si vuol dare il voto ai sedicenni. Resta il problema delle generazioni che ancora non sono nate. Sembra che gli anziani, avendo già generato, siano loro più vicini, aiutando spesso i figli e nipoti. Per loro diciamolo con Dalla, "L'anno che verrà, avrà tre Natali...".
La zucchera
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In valle di Fassa è scoppiato il caso delle bustine di zucchero sessiste. La campagna pubblicitaria promossa da Apt e cooperativa Val di Fassa. “Na bela femena l'à l cul e l piet sot la pievia” (Una bella donna ha il culo e il petto sotto la pioggia.) "Si denigra la donna, dicono i benpensanti, è uno slogan sessista". Elena Testor, Senatrice di Forza Italia e Procuradora del Comun General de Fascia, lo considera invece “Un omaggio alle donne un po' formose”. Rimane la questione di genere: come si declinerà zucchero al femminile? lo zucchera o la zucchera.
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Avvenimenti trentini di Waimer Perinelli
E il Mart è in festa Vittorio Sgarbi, genio e sregolatezza, lo sprovincializzatore per eccellenza, lo definirebbe Achille Guglielmo Cavellini, è atterrato al Mart con la mostra “Danzare la rivoluzione- Isadora Duncan e le arti figurative in Italia tra Ottocento e Avanguardia”, visitabile fino al primo marzo del 2020 al Mart di Rovereto.
P
er Sgarbi un debutto al Mart, da vero marziano della cultura italiana . I trentini sono shoccati dal ritmo, che lo porta a chiedere di visitare mostre, chiese, collezioni fino alle ore piccole del mattino, circondato da amici e custodi assonnati . A lui, infatti, il tempo non basta mai. La giornata ha solo 24 ore e bisogna approfittare di ogni momento; per Sgarbi ogni trasgressione è rivoluzione. Sgarbi, cogliendo al volo il progetto della Fondazione Parchi Monumentali Villa Bardini e Peyron, di Firenze,dove la proposta ha avuto il debutto internazionale in primavera, ha portato a Rovereto la rivoluzione artistica e sociale di Isadora Duncan. La danzatrice americana così rappresentata rinnova il mito e la propria immortalità.
Vittorio Sgarbi
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Ma la memoria va ogni tanto rinfrescata ed a questo servono coloro che pur non essendo artisti sono conoscitori, estimatori dell'arte e scelgono di condividerla con altri. Scrivono Luigi Salvadori e Jacopo Speranza, rispettivamente presidente della CR e della FonIl Mart dazione Bardini di Firenze, nella prefazione del catalogo: “ L'entusiasmo, con cui Vittorio Sgarbi e Gianfranco Maraniello, Presidente e direttore del Mart, hanno voluto ospitare la mostra su Isadora Duncan a Rovereto dopo averla visitata a Villa Bardini a Firenze, ci inorgoglisce profondamente”. Risponde Sgarbi:” Ho fortemente voluto questa mostra al Mart per onorare attraverso le arti figurative e l'indispensabile fotografia, fra emozione e documento, la prima delle arti, la più immediata, la più diretta, espressa dal corpo, senza mediazioni: la danza”. E con l'impeto creativo che lo contraddistingue, al delicato omaggio intitolato ” A passi di danza” del Museo Stefano Bardini accosta il ricordo di Magherita Sarfatti, per la quale la Duncan : ” Danzò la rivoluzione in breve tunichetta candida”( Acqua passata 1955). Due donne, due protagoniste del
Novecento, nella bella sintesi del titolo “Danzare la rivoluzione” che contraddistingue, apre ed illumina la mostra roveretana. Due donne rivoluzionarie: Margherita Sarfatti che il Mart ha ricordato l'anno scorso, collezionista, disinvolta ed appassionata amante di Mussolini, ispiratrice e mecenate di grandi artisti; Isadora Duncan, la danzatrice capace di sconvolgere la danza classica ballando a piedi nudi, avvolta in veli trasparenti attraverso i quali il corpo si rivela nella sua artistica nudità. Il dipinto di Plinio Nomellini, stampato in copertina del ricco catalogo, la ritrae avvolta nella grande sciarpa rossa, presagio e strumento della sua morte avvenuta, mentre alla guida di una vettura, fu strozzata dalla lunga fascia intrappolata nella ruota. Un evento sconvolgente nella morte dell'artista non amata dai futuristi che della velocità,
Avvenimenti trentini
Depero - Rotazione di ballerina e pappagalli (1917)
del movimento, avevano fatto la propria filosofia. L'allestimento curato da Maria Flora Giubilei e Carlo Sisi ci accompagna in un viaggio affascinante nelle Arti Figurative a cavallo di due secoli, un periodo in cui tutta l'arte, non solo la danza, mutava, rivoluzionata dal cambiamento della società, uscendo dai palazzi. Non solo Nomellini, ma tanti altri protagonisti dell'arte d'ogni tempo, poiché grande e dunque senza tempo. Quando Carolyn Carson nel 1981 rappresentò, proprio a Rovereto nel-
Severini - Ballerina (1913)
l'ambito di Oriente Occidente, lo sviluppo della rivoluzione avviata da Isadora, il nostro piccolo ma oculato Trentino ne fu sgomento ed affascinato. Era presente, fra gli altri, il ventunenne rivano Michele Abbondanza la cui bella storia nella danza mondiale merita più ampie riflessioni. Vittorio Sgarbi, di cui scriviamo anche in altra parte della rivista, sembra orientato verso questi stessi obiettivi. Stupirci, affascinarci. Interessante sfida per Gianfranco Maraniello, il direttore del Mart, accusato, in modo non velato, di avere qua-
Rodin - Eve au rocher (1905-1910)
si rovinato la "Festa" di Sgarbi più che del Mart, avendo anticipato il grande debutto del parlamentare e critico con la mostra dedicata a Richard Artschwanger, aperta fino al 2 febbraio 2020, che Sgarbi dichiara essere "bella ma triste". Entrambe le mostre sono parte de "L'Autunno Caldo del Mart" che vedrà debuttare il nove novembre "Tuuumultum! Campionatura tra arte, musica e rumore dalle collezioni del Mart" e il 23 novembre "Intermedia, Archivio di nuova scrittura". La collezione di Paolo Della Grazia".
Salomonico Bisesti in giudizio davanti a re Salomone. EnNella Bibbia, libro dei Re, si racconta di due donne na delle due contendenti recede dal trambe reclamano la maternità di un bimbo. Nessu sia diviso in due parti e ciascuna proprio diritto e il saggio re sentenzia che il bimbo a rinunciare purché il piccolo sia saldonna ne abbia una. Una delle due si dice disposta vo; l'altra dichiara: se non è mio non sia di nessuno. conoscete la decisione dell'assessore Come finisce la storia immagino lo sappiate come enti, Sgarbi del Mart e Zecchi del provinciale Mirko Bisesti sulla disputa dei due presid uno lo vuole per sé, per le proprie Muse sulla destinazione di Palazzo delle Albere. Ciasc che Palazzo delle Albere fu prima attività. Ognuno ha le giuste ragioni: Sgarbi ricorda la sottile linea di confine che lo sesede del Museo di Arte Moderna; Zecchi sottolinea ciliabili rafforzati da minacciate para dal complesso ideato da Renzo Piano. Pareri incon dimissioni. , il primo piano al Mart. Probabile arBisesti ha deciso che sia diviso: il piano terra al Muse inferiore è un ingresso con poche rivi qualche polemica sull'attribuzione perché la parte rinuncerà maniro. Chissà se qualcuno pur di salvare integro l'edificio stanze; quella superiore ha bisogno di qualche restau festando sensibilità artistica o scientifica. (W.P.)
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Ieri avvenne di Elisa Corni
9 novembre 1989: cade il muro! Nella notta fra il 12 e il 13 agosto 1961 si compiva un passo cruciale nella storia dell’Europa del dopoguerra. Nel pieno della guerra fredda a Berlino venne eretto in fretta e furia un muro di mattoni, che divideva la metropoli in due: da una parte Berlino occidentale, occupata da USA, Gran Bretagna e Francia e facente parte della repubblica Federale, mentre la zona orientale, parte del regime comunista della RDT, era sotto il controllo sovietico.
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i concludeva così un lungo periodo di tensioni. Nel 1945 i vincitori si erano messi d’accordo nel dividere la Germania in quattro zone d’occupazione e anche la capitale, dove Hitler aveva condotto l’ultima battaglia, venne divisa in quattro. I vincitori, con la “guerra fredda” alle porte, non definirono in modo preciso come la parte occidentale della città sarebbe stata collegata con la Repubblica Federale. Berlino Ovest restò così per un po’ in un limbo rischiando addirittura di rimanere senza rifornimenti, come accadde per quasi un anno sul finire degli anni Quaranta. D’altra parte, Berlino Ovest e Berlino Est erano di fatto collegate, con pochi controlli sulla linea di demarcazione. Così, la metropoli era di-
La caduta del muro - da ArtSpecialDay
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ventata la porta di fuga per centinaia di migliaia di abitanti dello stato comunista, alla ricerca di migliori condizioni di vita. Era un’emorragia pesante per la RDT, che perdeva risorse umane preziose. Era anche uno smacco: Berlino 13 agosto 1961. La RDT costruisce il muro - da l'Opinione pubblica il regime che si proclamava palato di sistemi di allarme sempre più dino del socialismo subiva in modo sofisticati. Molte famiglie furono laceplateale la sfiducia dei propri stessi rate, amici e vicini di casa si trovarono abitanti. di colpo divisi, l’economia ne fu danDopo un lungo braccio di ferro con i neggiata. Le fughe si moltiplicarono. I suoi protettori sovietici il gruppo dirimezzi impiegati per ostacolarle digente di Berlino Est riuscì a imporre il vennero sempre più sofisticati e la proprio punto di fantasia di chi cercava di aggirarli vista: a Berlino la sempre più sfrenata: dai palloni aerochiusura del constatici allo scavo di gallerie, agli ingefine era necessagnosi doppi fondi sugli autoveicoli. ria. E così si coCentinaia di persone morirono nel struì un muro. La tentativo di passare dall’altra parte. popolazione non Sul piano internazionale la costruzioera preparata e fu ne del muro di Berlino suscitò indiduramente colpignazione, ma in generale le proteste ta dalla sua cofurono limitate. Le grandi potenze acstruzione, che nel cettarono questa soluzione e anche il corso degli anni governo della Germania occidentale successivi fu considerava Berlino come una querafforzato e dotastione fastidiosa. Diverso fu l’atteggia-
Ieri avvenne
mento del borgomastro socialdemocratico Willy Brandt. Questi si impegnò per migliorare specifici aspetti della situazione, come gli accordi per favorire brevi visite in occasione delle festività natalizie, dal 1963. Come cancelliere egli siglò con il governo di Berlino Est un accordo fondamentale, che ristabiliva normali relazioni diplomatiche ed economiche. A riparo del muro, giustificato dalla propaganda comunista come una “difesa” dalle minacce occidentali, le due Berlino ripresero faticosamente una propria vita autonoma. Berlino occidentale divenne un centro vivace, che attraeva giovani da tutto il mondo. A Oriente il regime comunista riuscì a consolidare un ampio consenso fra i propri cittadini, sia attraverso concessioni economiche che grazie a una capillare repressione. Il contesto internazionale cambiò ne-
gli anni ’80: il confronto fra i due blocchi volgeva a favore degli Stati Uniti. Per rimettere in sesto l’Urss il nuovo capo del Cremlino, Gorbaciov, avviò caute riforme. La dirigenza berlinese non era disposta a seguirlo. Temeva – a buona ragione – che qualsiasi piccolo cedimento avrebbe lasciato campo libero al prevalere del modello economico, politico e culturale rappresentato dalla democrazia di Bonn. Nella RDT si sviluppò un vivace movimento che propugnava una riforma del socialismo, ma prevalse l’idea della riunificazione, secondo il motto: “Noi siamo un solo popolo”. Il crollo fu rapido. Nell’autunno del 1989 il regime fu costretto a liberalizzare gli spostamenti dei cittadini aldilà del muro, verso Occidente. La festa iniziò nella notte del 9 novembre. Le persone ballavano sul muro, lo prendevano a picconate. Il governo
di Bonn ottenne sia l’assenso statunitense che quello sovietico. Un anno dopo, la Germania tornò a essere un unico stato. La caduta del Muro di Berlino è diventata un emblema della fine della guerra fredda. La festa è terminata da lungo tempo. Sono emersi prepotenti i problemi con cui ci confrontiamo oggi: i nazionalismi, le diseguaglianze economiche: le fratture fra l’Occidente e l’Oriente del nostro continente non sono sanate.
Il muro a Bernauer-strasse
Carta vetrata Massimo Giannini Ennesima puntata di Otto e Mezzo con Lilly Gruber, a. In quest'ultiDestr o Centr del e Andrea Scanzi contro un esponente in cattiva luce re Mette ? tema Il mo caso Lucia Bergonzoni della Lega. ha analizzato che e ission trasm Salvini, Meloni e il Centro Destra in una vittoria (olte ccian schia la visto il risultato elettorale in Umbria che ha vari. agni comp e Stelle tre venti punti) di Salvini & C su PD, 5 “Lui” il Giannini di Questa volta, però, a sparare la “cannonata” è stato di parole e in giri senza che al Repubblica e direttore di Radio Capit regione ”ha quella in che maniera chiara e inequivocabile, ha detto nalista, e innazio oba, xenof ee, vinto una delle peggiori Destre europ destra”. l’ultra anche a afferm si tollerante e che, con Giorgia Meloni, il 57,55% offeso ha , avviso sto Un’affermazione, la sua, che a mio mode o Destra. Centr del li simbo i a di elettori che hanno segnato sulla sched rt. 1 liciA all’ ale tuzion Costi Carta Massimo Giannini - da Libero Quotidiano Caro Giannini, Ti ricordo che la nostra nelita eserc la che lo, popo al ta testualmente “ la sovranità appartiene rispetto dei principi le forme e nei limiti della Costituzione”. Quindi, nel consegna un riRE rispettato anche se cozza con le nostre idee e ci SEMP e esser DEVE democratici ciò che il popolo decide ma domanda la cui tuo commento, vorrei farti una semplice, semplicissi sultato a noi non gradito. Chiaro? E a proposito del esponenti di Sinido in Umbria (per cinquan’anni) hanno sempre eletto risposta vale 22 centesimi di euro: come mai quan diventati tutti xeil quasi 60% ha deciso di cambiare bandiera, sono stra tutti i votanti erano bravi e democratici e ora che governati in precetu affermi? Non è per caso che quelli che li hanno nofobi, nazionalisti, intolleranti e di ultra destra come stati sonoramente illusi, non hanno fatto il loro dovere e per questo sono denza hanno disatteso le loro aspettative, li hanno i 22 centesimi. bocciati e mandati a casa? Dai Giannini, vinci quest (Armando Munao’)
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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
Il Senato negli Stati Uniti L
Il Senato degli Stati Uniti, in inglese The United States Senate, è uno dei due rami del Congresso USA. Situato nella capitale statunitense Washington DC (nell’ala nord del Campidoglio), il Senato svolge insieme alla Camera la funzione legislativa. Per diventare legge, ogni proposta deve passare lo scrutinio di entrambe le camere. I padri costituenti misero a punto un sistema di Congresso bicamerale per fare in modo che Senato e Camera dei Rappresentanti si controllassero reciprocamente. Se la Camera era inizialmente pensata per essere più sensibile e vicina ai desideri del popolo e dell’opinione pubblica, il Senato doveva rappresentare l’assemblea saggia e ponderata che mediasse tra le esigenze dei vari stati. Il Senato è composto da 100 membri. È pertanto significativamente meno numeroso rispetto alla Camera (441 membri). Il Senato è presieduto dal vicepresidente USA, ovvero Mike Pence nella corrente amministrazione Trump. Il capogruppo della maggioranza repubblicana è Mitch McConnell. Il capogruppo di minoranza è il democratico Chuck Schumer. A seguito delle elezioni del 6 novembre 2018, il Senato è composto da 53 repubblicani e 48 democratici. Al Senato, i 50 Stati USA hanno pari rappresentanza. Ognuno dei 50 Stati USA ha infatti diritto a due senatori, indipendentemente dalla sua popolazione. A differenza di quanto avviene alla Camera, il Distretto di Columbia ed i territori USA non hanno una rappresentanza ufficiale al Senato. Il
Il Campidoglio - Washington DC
mandato dei senatori è di 6 anni, più lungo rispetto alla Camera. Questo per garantire un’atmosfera più stabile, collegiale e meno legata alle volizioni dell’opinione pubblica. I mandati dei Senatori scadono infatti in modo sfalsato con un sistema di classi, in modo tale che un terzo dei Senatori cambino ogni due anni. Per esempio, il mandato dei Senatori eletti nel 2018 scadrà nel 2020, e così via. Le elezioni si tengono il martedì dopo il primo lunedì di novembre degli anni pari. Il giorno è denominato appositamente Election Day. I vincitori assumono l’incarico il gennaio successivo. Al principio, i senatori venivano eletti dai parlamenti dei singoli Stati. Dal 1913, I senatori vengono scelti con elezione diretta con un sistema maggioritario semplice, ovvero vince il candidato che riceve più voti in termini relativi. Che succede in caso di morte o dimissioni di un senatore prima della fine del mandato? Il seggio diventa “vacante”. Due le soluzioni: la prima tenere un'elezione suppletiva per scegliere un nuovo senatore che re-
sta in carica per la parte restante del mandato. La seconda, il Governatore dello Stato può nominare un sostituto fino a nuove elezioni. Possono essere eletti senatori coloro che sono cittadini USA da almeno 9 anni, che sono residenti nello Stato dove intendono candidarsi e che hanno compiuto 30 anni. Il Senato è in primo luogo incaricato di svolgere la funzione legislativa. Ritiene inoltre il potere esclusivo di ratifica dei trattati internazionali e di conferma della nomina delle più alte cariche del Governo Federale. I poteri del Congresso, e quindi del Senato, sono delineati dall’articolo 1 della Costituzione Americana. Infine, nel procedimento di messa in stato di accusa del presidente o di alte cariche del governo (noto in inglese con il termine impeachment) il Senato svolge un ruolo cruciale. Se infatti alla Camera spetta la formulazione dei capi di accusa dell’imputato, il senato decide se accogliere o meno l’iniziativa della Camera con voto a maggioranza dei due terzi.
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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
Come vengono eletti i Rappresentanti negli USA
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a Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, in inglese The United States House of Representatives, è uno dei due rami del Congresso USA. Situata nella capitale statunitense Washington DC (nell’ala sud del Campidoglio), la Camera svolge insieme al Senato la funzione legislativa. Anche se la funzione legislativa è condivisa, soltanto i membri della Camera, e non quelli del Senato, possono proporre leggi tributarie. La Camera ha inoltre il potere di avviare il procedimento di messa in stato d’accusa—o mpeachment—di alti funzionari USA o giudici federali. I poteri della Camera dei Rappresentanti sono delineati dal primo articolo della Costituzione Statunitense. Composizione La camera è composta da 441 membri, che a loro volta si distinguono tra 435 rappresentanti e 6 delegati. Questi ultimi si differenziano per il fatto di non essere membri della Camera in senso stretto, e per non avere diritto di voto. Rappresentano infatti territori satelliti degli USA, quali il Distretto di Columbia, Porto Rico, i territori della Samoa Americana, quelli di Guam, delle Marianne Settentrionali, e delle Isole Vergini USA. Una legge del 1911 stabilisce in 435 il numero massimo di rappresentanti con diritto di voto. Vi sono attualmente 235 democratici e 199 repubblicani. Visto il numero cospicuo di rappresentanti, la Camera è ritenura un'assemblea in cui le contrapposizioni politiche, rispetto al Senato, sono più accentuate. Il Presidente della Camera (detto Speaker)
La Camera dei Rappresentanti
presiede le sedute, regola la durata degli interventi a mo’ di arbitro, assegna le proposte di legge alle varie commissioni, nomina i membri delle commissioni, e decide e sui lavori dell'assemblea. Ogni partito elegge un capogruppo. Dal 3 gennaio 2019, il presidente è la democratica Nancy Pelosi, mentre il capogruppo di minoranza è il repubblicano Kevin McCarthy. La Camera comprende venti commissioni permanenti, ciascuna delle quali competente per una determinata materia (per esempio, difesa, giustizia, ecc.). L’elezione dei Rappresentanti Se al Senato i 50 Stati USA hanno pari rappresentanza, alla Camera ogni stato elegge un numero di rappresentanti proporzionale alla sua popolazione. Il censimento viene effettuato ogni 10 anni. I vari collegi vengono rivisti dopo ogni censimento per adeguarli alle variazioni della popolazio-
ne. Per esempio, la California è attualmente lo Stato più popoloso, e vanta 53 membri alla Camera. Piccoli Stati come il Vermont ed il Delaware hanno solo un rappresentante alla Camera. Ognuno dei 50 Stati ha diritto ad almeno un rappresentante. Per essere eletti alla Camera, occorre aver compiuto venticinque anni di età, essere cittadini americani da almeno sette anni, ed essere nello Stato per il quale ci si candida. In quasi tutti gli stati viene utilizzato per l'elezione il sistema maggioritario semplice (ogni elettore vota per un candidato; viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei voti), solo in Louisiana si usa il sistema elettorale francese a doppio turno. La Camera dei rappresentanti è eletta per due anni. Le elezioni si tengono nell'Election Day (cioè il primo martedì successivo al primo lunedì di novembre) degli anni pari. I candidati vincitori entrano in carica all'inizio di gennaio dell'anno successivo.
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Il personaggio trentino di Katia Cont
Un leone d’argento con le ali “in musica” Matteo Franceschini porta in Trentino il “Leone d’argento per la Musica”
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gni bambino si è sicuramente sentito fare la stessa domanda: “Cosa ti piacerebbe fare da grande?” Io me lo ricordo come fosse ora quel momento. Volevo fare la veterinaria, volevo aiutare gli animali. Poi c’era chi voleva fare l’astronauta, chi il poliziotto, la ballerina o la cantante. Non tutti hanno però portato a compimento quel desiderio per diverse ragioni. I desideri sono cambiati, le esigenze non erano più le stesse che avevamo a cinque anni, e la vita ci ha così portati ad intraprendere strade diverse. Qualcuno forse ci ripensa con un pizzico di rimpianto, mentre altri al contrario sono soddisfatti di dove li ha portati la vita. Tra coloro che sicuramente avevano le idee ben chiare sul proprio futuro c’è Matteo, che fin da piccolo pensava solo a fare musica. Il 3 ottobre di quest’anno presso il Teatro Toniolo di Mestre, La Biennale di Venezia ha assegnato il Leone d’argento per la Musica 2019 a Matteo Franceschini con la seguente motivazione: "Fra le voci più originali del nostro tempo e alfiere di una visione del compositore come autore-interprete, Matteo Franceschini fonda la sua musica su una sensibilità aperta a diverse dimensioni creative del suono. Dalla musica da camera e sinfonica al teatro musicale, dalla musica acustica aumentata alle esperienze più innovative in campo elettronico, il suo percorso si
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distingue per l’intelligenza curiosa e indagatrice, lo stile efficace, estremamente comunicativo anche nelle forme più complesse nelle quali convergono esperienze artistiche non solo circoscritte nell’ambito della musica di scrittura, ma anche provenienti da una pratica assidua del rock”. Matteo è nato a Trento nel 1979 e si è diplomato al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida di Alessandro Solbiati. Ha studiato all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e ha frequentato il Cursus Annuel de Composition et d'Informatique Musicale presso l’IRCAM di Parigi. Il padre, Armando Franceschini, è una delle figure più importanti del panorama musicale del nostro territorio poiché fu direttore del Conservatorio F.A. Bonporti di Trento. Molti quotidiani e riviste internazionali lo hanno intervistato in questo periodo e in più articoli è possibile approfondire l’aspetto musicale della sua arte. Quando lo abbiamo incontrato, la nostra curiosità si è focalizzata sulla natura emozionale del suo percorso artistico. Tuo padre Armando sicuramente ti ha fatto respirare musica fin dalla nascita, ma è stato amore a prima vista o non hai avuto alternative? Si mangiava musica e non pensavi che esistesse una vita senza o come è stato il tuo percorso musicale? “Sono cresciuto in una famiglia di mu-
sicisti e la musica è da subito entrata nella mia vita, come quotidianità, compagna di giochi, passatempo e sogno – confessa Matteo - Il percorso di avvicinamento all’arte è stato molto naturale e spontaneo, non ho subìto nessuna forzatura da parte dei miei genitori. L’interesse per la composizione è stata una cosa direi quasi istintiva. Papà mi ha trasmesso prima di tutto la cultura del lavoro, del sacrificio. Grazie alla sua esperienza, mi ha inoltre aiutato a capire come funziona il mondo artistico e musicale. Oltre a ciò, mi ha fornito gli strumenti principali del lavoro creativo: la tecnica, la curiosità e la motivazione. Papà mi ha anche insegnato che un artista è, prima di tutto, un artigiano. Senza i mezzi del “creare” l’invenzione, ma anche la stessa intuizione primordiale, l’idea generatrice di un processo creativo non può essere espressa in maniera consapevole, coerente ed organizzata. Il prestigio professionale e i risultati raggiunti da papà rimangono per me uno stimolo ed un grande orgoglio. So quanto ha faticato per raggiungere certi obbiettivi e questo per me è stato un grandissimo inse-
Il personaggio trentino
gnamento, un esempio diretto inestimabile. All'età di sei anni ho composto la mia prima canzone dal titolo “Pioverà’’, precoce tentativo di mettere in musica le sensazioni derivanti dal maltempo – prosegue -. Da piccolo avevo l'impressione, scrivendo musica, di riuscire ad esprimere al meglio ciò che avevo in testa. Assieme a mio fratello passavo le giornate a comporre, suonare e registrare, proponendo veri e propri live in casa, davanti ai genitori o a qualche "malcapitato" ospite, utilizzando come basso elettrico prima un remo del canotto da spiaggia, poi una racchetta da tennis, infine il violino di mia sorella. L'atto del comporre mi ha sempre affascinato ed ha rappresentato una costante, direi una necessità. Qualunque prospettiva immaginassi, qualunque esperienza professionale provassi, tor-
navo sempre alla composizione”. Hai vinto il “Leone d’argento” per la musica a 40 anni. Come pensi che influenzerà la tua vita sia privata che professionale? “Non lo so, forse è ancora presto per dirlo – ammette -. Sicuramente è una responsabilità in più. Il Leone d’argento rappresenta per me una tappa ed un nuovo punto di partenza, non un punto d’arrivo. Chiedo a me stesso di migliorare, costantemente. Sento fortemente la necessità di crescere, confrontandomi con problematiche nuove e lanciando continue sfide creative. Comporre significa inda-
gare ciò che non si conosce e che si desidera scoprire. In altre parole, evolvere. Dare voce a una scintilla, concretizzare un impulso visionario, alimentare la curiosità, permettere giorno dopo giorno di allargare i propri orizzonti. Più un'esperienza creativa si differenzia da quelle vissute precedentemente, meglio è. Difficile, certo, a volte rischioso, ma per me necessario”. Come ti sei sentito quanto ti hanno comunicato la vittoria? “L’emozione è stata grande, a volte vorrei rivivere quel momento per riassaporarne i minimi dettagli. Si è trattato di un meraviglioso quanto inaspettato riconoscimento. La soddisfazione era immensa e anche l’orgoglio dei miei genitori”. Qual è stato il complimento che hai apprezzato di più? O la telefonata che sei stato felice di ricevere quando si è sparsa la voce della tua vittoria? «Ho ricevuto davvero molti attestati di stima ed affetto, ma sono stato particolarmente colpito dalla motivazione che il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, presieduto da Paolo Baratta, ha dato al premio, accogliendo la proposta di Ivan Fedele, Direttore del Settore Musica, motivazione che sottolinea la direzione artistica che ho intrapreso da qualche anno».
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Ieri avvenne di Chiara Paoli
Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza Il 20 novembre 1959, viene approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione dei diritti del fanciullo. Si tratta di un documento le cui origini risalgono 1923 e che l’anno seguente viene adottato dalla Società delle Nazioni, per rispondere al trauma che la Prima guerra mondiale aveva causato in particolare nei confronti dei bambini. Autrice di questo testo che mette al centro alcuni dei diritti fondamentali dei più piccoli, è Eglantyne Jebb, attivista britannica, che operò come dama della Croce rossa durante gli scontri armati e che assieme alla sorella, fondò a Londra, l’organizzazione a scopi umanitari Save the Children, nel maggio del 1919.
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l primo documento si suddivide in 5 principi fondamentali per l'infanzia, che seguono un preambolo introduttivo. “Secondo la presente Dichiarazione dei diritti del fanciullo, comunemente nota come la Dichiarazione di Ginevra, uomini e donne di tutte le nazioni, riconoscendo che l'umanità deve offrire al fanciullo quanto di meglio possiede, dichiarano ed accettano come loro dovere che, oltre e al di là di ogni considerazione di razza, nazionalità e credo: 1. Al fanciullo si devono dare i mezzi necessari al suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale. 2. Il fanciullo che ha fame deve essere
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nutrito; il fanciullo malato deve essere curato; il fanciullo il cui sviluppo è arretrato deve essere aiutato; il minore delinquente deve essere recuperato; l'orfano ed il trovatello devono essere ospitati e soccorsi. 3. Il fanciullo deve essere il primo a ricevere assistenza in tempo di miseria. 4. Il fanciullo deve essere messo in condizioni di guadagnarsi da vivere e deve essere protetto contro ogni forma di sfruttamento. 5. Il fanciullo deve essere allevato nella consapevolezza che i suoi talenti vanno messi al servizio degli altri uomini. L’ Assemblea Generale della Società delle Nazioni adotta questo primo documento nel 1924.” Nel 1948 questo documento si amplia e si moltiplicano i punti, per un totale di 10; tale Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, viene accolta dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e promulgata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il
20 novembre 1959. Si aggiungono attenzioni speciali per i bambini in situazione di difficoltà fisica, mentale o sociale, si sottolinea il bisogno d’amore e quelli che sono i suoi bisogni educatiti, ma anche la necessità di avere garantiti sin dalla nascita un nome ed una nazionalità. La “Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia”, venne elaborata in seguito all'Anno Internazionale del Bambino (IYC) del 1979, che ebbe il
Ieri avvenne
merito di promuovere la redazione di un nuovo strumento legislativo. Questa nuova versione, venne approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) il 20 novembre di trent’anni dopo. La più recente Dichiarazione, introduce diritti che non erano stati inseriti nella precedente Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo; tra questi il divieto di ammissione al lavoro per i bambini che non abbiano raggiunto un'adeguata età minima. La Convenzione è stata ratificata dallo Stato Italiano il 27 maggio del 1991, con la legge n. 176 e ad oggi sono 194 gli stati che aderiscono al nuovo documento, che consta di 54 articoli a tutela dei minori di 18 anni. La Somalia è stato l’ultimo stato a ratificare la Convenzione nel 2015, mentre gli Stati Uniti d’America, nonostante
avessero firmato il documento nel 1995, a tutt’oggi non lo hanno ancora ratificato e di fatto i diritti dei bambini vengono calpestati e non possono essere fatti valere in tribunale. Triste pensare che nel paese, il cui simbolo riconosciuto in tutto il mondo è la Statua della Libertà, si costruiscano barriere, come quello che divide dal Messico ed è stato ribattezzato il “Muro della vergogna”. A partire dal 1989, la Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, viene commemora-
ta e festeggiata il 20 novembre. In questa ricorrenza, sarebbe bene ricordare tutti quei bambini che vivono in contesti di guerra, quei bambini abbandonati a sé stessi o sfruttati fin dall’infanzia e tutti quelli, i cui diritti vengono ancora oggi calpestati e non riconosciuti.
VILLA AGNEDO
La giornata del ringraziamento
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l Comitato Tradizioni Locali di Villa Agnedo ha ricordato la Giornata del Ringraziamento dei Contadini per dire grazie al Signore per i frutti della terra. Una particolare ricorrenza dedicata anche alla rinascita della terra dopo il grande disastro del Vaia. “Signore, si legge nella poesia scritta per l'occasione, grazie per i frutti della terra che abbiamo potuto raccogliere, per i nostri animali e per averci mantenuto in buona salute permettendoci così di poter lavorare. Ma il piu' grande GRAZIE che vogliamo dirti è per averci sostenuto dopo quei terribili giorni di fine ottobre scorso che hanno spazzato via ettari di frutteti, boschi, allagato stalle e fatto morire tanti animali. Nel parco adiacente alla chiesa abbiamo collocato le radici di alberi sradicati dal vento e abbiamo fatto rinascere da loro i fiori, i frutti e gli animali. E al suo interno, davanti all'altare abbiamo posto i frutti che la tua magnanimità ci ha fatto raccogliere. Segno che con la forza, la fiducia e il Tuo amore, tutto può ricominciare. Quello che abbiamo realizzato quest'anno lo dedichiamo a una nostra cara amica che purtroppo non c'è piu', ma che sicuramente da lassù ha condiviso le nostre serate passate a creare tutto ciò, dandoci la Sua approvazione. Per tutto... Grazie Signore”.
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Società Oggi di Elisa Corni
Dieci anni fa ci salutava
Alda Merini A
lda Giuseppina Angela Merini, ma tutti la conosciamo semplicemente come Alda Merini. Indimenticabile con la sigaretta in mano e quello sguardo capace di guardare oltre alle apparenze, la Merini è stata forse una tra le autrici del Novecento più importanti nel panorama letterario italiano. Sbirciando su internet le biografie online la annoverano come poetessa, scrittrice e addirittura aforista, dato che ben note sono le brevi frasi con le quali riusciva a descrivere una situazione, suggerire una nuova prospettiva, invitare alla riflessione. Nacque a Milano nel 1931, il primo giorno di primavera, in una famiglia particolare. Il padre Nemo era il primogenito di un conte comasco. Ma gli agi lo avevano abbandonato da tempo, dato che aveva sposato Emilia Painelli, contadina e casalinga, e per questo il padre lo aveva diseredato. E così la famiglia Merini vive dello stipendio del padre, dipendente di una ditta di assicurazioni. L’infanzia la passa tra la famiglia, con i fratelli Anna ed Ezio, e lo studio che, come scrisse la poetessa stessa, “mi fu sempre una mia parte vitale”. Ma soprattutto Alda cresce in un ambiente ricco di contraddizioni. A quanto riportato nelle biografie, il padre, uomo colto e affettuoso, la indirizzava verso la lettura e l’istruzione; la madre, di contro, la voleva moglie e madre e tentò ripetutamente di ingabbiarla nel suo modello di casalinga profondamente religiosa. Dopo la guerra, a quindici anni, esordisce come autrice di poesie grazie al
un ritratto intimo in cui l’autrice comsuo insegnante di scuola media che pare nella sua totalità. la presenta a colui che sarà per lungo Fino all’ultimo continuò a scrivere, oftempo la sua guida: il famoso critico frendo prosa, poesia, aformismi, racletterario Giacinto Spagnoletti. Le reconti, disvelamenti e magia ai propri censioni positive della sua prima poelettori. Morì, sempre a MIlano, il 1° nosia pubblicata non furono accolte vembre di dieci anni fa. con entusiasmo dalla famiglia, e anScorrendo la lista delle opere da lei che il padre le si schierò contro. Ma la scritte sembra quasi di perdersi data Merini non si dà per vinto e continua la lunghezza dell’elenco. Prolifica e a scrivere poesie, nonostante nel fratvariopinta, Alda Merini ha contribuito tempo sia internata per un breve pein maniera unica e originale al panoriodo in una clinica milanese. Le diarama letterario contemporaneo. Una gnosticheranno un disturbo bipolare voce femminile forte e debole allo che la tormenterà per tutta la vita. stesso tempo, che, come scrisse lei Periodi bui di internamento e cure si stessa “Io la vita l’ho goduta perché alternano a fasi in cui torna a casa dal mi piace anche l’inferno della vita e la marito e dai figli, periodi questi di vita è spesso un inferno. Per me la produttività poetica e di serenità che vita è stata bella perché l’ho pagata sono sempre destinati a durare tropcara.” po poco. È proprio uno dei periodi bui, quello in cui fu ricoverata in un vero e proprio ospedale psichiatrico, che diede il là per un nuovo periodo letterario, iniziato sul finire degli anni Settanta, dal quale scaturirono alcune delle sue raccolte più belle e famose, come il capolavoro “La Terra Santa” con la quale vinse alcuni prestigiosi premi poetici. Tra sfortune e traumi familiari, la Merini riesce a creare dei capolavori in grado di descrivere il suo mondo, ma che nell’ambiente letterario dell’epoca, dominato da uomini distinti ed eleganti, la lasciano isolata. La creatività della scrittrice però non si ferma e, nel 1986, pubblica “L’altra verità. Diario di una diAlda Merini - da Wikipedia.org versa” prima sua opera in prosa,
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Arte trentina di Waimer Perinelli
Il caos e l'origine del mondo Lorenzo Nardelli è un trentino nato a Roma nel 1972. Vanta un ramo della famiglia originario di Borgo Valsugana e, a Trento, la parentela con l'architetto Fulvio Nardelli, recentemente scomparso, a cui deve l'allestimento nel 2009 di un grande mostra, la prima personale, a Mantova con la presentazione di Sergio Dangelo, uno degli artisti italiani viventi più famosi al mondo. Torna a Trento con una mostra allestita dal 29 novembre nelle sale del Grand Hotel.
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arla come un romano, si muove come un trentino. Lorenzo Nardelli lavora come consulente economico-imprenditoriale al Parlamento, viaggia in auto nelle vie della Capitale con disinvoltura, ama trasgredire, ma la sua parte artistica, almeno quella iniziale, è convenzionale, ispirata alla natura. "La pittura di Lorenzo Nardelli, scrive Sergio Dangelo in una presentazione, ha come grande tema la natura e, più segnatamente, le necessarie e variamente meravigliose creature che sono gli alberi". Alberi bianchi, verdi, dorati scaturiti da scenari multicolori; foschi, ventosi, corrucciati o luminosi, mai banali, trasformatisi nel tempo in rappresentazioni di puro colore dove non c'è nulla di astratto. Anzi, scrive ancora Dangelo: "L'artista appartiene a un genere che ha appassionato generazioni di creatori d'immagini i quali, partiti dallo studio della natura, sono poi, come Mondrian, giunti al bello assoluto; ancora in mini-
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ma parte identificabile con forme note vegetali ma quanto e come trascese". Un'evoluzione logica, naturale sulla quale è prevalso nel tempo il temperamento artistico. "Sono pittore, artista" rivendica con forza Lorenzo, il cui ruolo nella società, sia pure importante gli va stretto. Non solo sul piano fisico perchè lo costringe ad avere orari, incontri, diplomazia, ma e soprattutto, sulla psiche, il sentimento, l'interpretazione e rappresentazione della realtà. E qui troviamo l'uomo nato e vissuto a Roma dove l'arte ha le sue radici storiche e pulsa, vibra da ogni sampietrino, fontana, palazzo, tempio, foro, chiesa... penetra nel cervello sconvolge la visione del mondo. Al Grand Hotel Trento dal 29 novembre 2019 a fine febbraio 2020, giunge un artista rivoluzionario. Prudentemente propone in apertura due opere della sua tradizione. Alberi dalle cortecce bianche, verdi gialli, composizioni della natura quali se ne vedono in ogni angolo della nostra terra, ma subito dopo si scatena con un' opera di grandi dimensioni chiamata Milano. Ed è il Caos quello che
sta all'origine del mondo: caos dice Nardelli non vuol dire confusione ma solo ricchezza che va ricomposta. E' presentata così oggi la sua arte, con un ossimoro: un ordinato caos. Al centro però non c'è più la natura con i colori dei paesaggi, gli alberi e il cielo. C'è la Psiche umana con le gioie, le frustrazioni, i timori, il coraggio, le angosce, la speranza, l'illusione.... La Psiche è respiro e anima, intelligenza. Lorenzo Nardelli non diventa per questo un artista dell'astratto. Un esempio immediato è dato dall'opera Milano un grande dipinto del 2014, olio e altri materiali su tela, dove il caos, ricomposto, è un pianto di colori, gocce, lacrime, fili, intersecanti piccole immagini:un crosifisso, un volto.... C'è un astrattismo contenuto, il realismo trasfigurato. E' questa la personalità dell'artista. La ricerca lo porta ad esplorare il mondo circostante deformando gli oggetti lasciando tuttavia trasparire la dimensione geometrica, l'ordine caotico. Grandi occhi e visi, pupazzi, clown, bocche con denti aguzzi, zanne, uomini e donne scomposti con il frequente richiamo all'Amore, compagno di Psiche. La mostra di Arte AL Grand Hotel propone, fra le altre, opere su carta che ben si presenterebbero, e speriamo lo siano l'anno prossimo, alla WopArt di Lugano. Una carta speciale, un formato A4, materiale di scarto delle note di Monticitorio, recuperato nel mondo reale, da cui non può o vuole staccarsi.
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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
La pena di morte negli Stati Uniti Gli Stati Uniti sono uno dei 54 Paesi al mondo dove ancora si applica la pena capitale. Il tema rimane tra i più dibattuti nelle cronache. Questo in luce del numero progressivo di Stati al mondo che la hanno abolita, attualmente 120 su 196.
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nizialmente, la pena di morte più utilizzata in USA era quella per impiccagione, diffusasi negli Stati Uniti per mano degli inglesi. Era prevista per crimini allora considerati gravi come l’adulterio, la sodomia, la stregoneria e l’omicidio. La funzione della pena era quella di deterrenza e di esempio per la comunità, per questo veniva spesso portata a termine in luoghi pubblici. Con l’avvento dell’illuminismo del XIX secolo, prese piede la tesi abolizionista. Seguì un calo delle esecuzioni, che culminò con una temporanea de facto abolizione della pena di morte con lo storico caso Furman v. Georgia. La sentenza sollevò l’opinione pubblica, in un periodo nel quale la criminalità ed il tasso di omicidi erano in drammatico aumento. Si ritiene che tale au-
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mento fosse attribuibile ai moti di protesta degli anni settanta e ad un tasso di disoccupazione particolarmente elevato. Con il caso Gregg v. Georgia venne quindi reintrodotta la pena capitale. Il dibattito continua ad oggi. La legislazione federale prevede l'utilizzo della Lettino per iniezione letale pena capitale per i crimini come alto tradimento, avviene per iniezione letale. In alcuni omicidio plurimo, aggravato o di Stati al condannato viene data la posagenti federali, spionaggio ed attensibilità di scegliere il metodo di esetato alla sicurezza nazionale, terroricuzione. A causa della resistenza dei smo. In alcuni casi la pena è prevista produttori di farmaci a fornire i farmaper reati che implicano stupro o torci tipicamente utilizzati nelle iniezioni tura, minorenni o il traffico di droga. letali, alcuni stati ora consentono l'uDal 1º marzo 2005, la Corte Suprema so di metodi alternativi se l'iniezione USA ha dichiarato la pena di morletale non può essere eseguita. Le te incostituzionale nei confronti controversie relative al metodo da di chi minorenne all'epoca del utilizzare hanno avuto l’effetto di ritarreato. La sentenza, considerata dare le esecuzioni in molti stati, constorica, ha avuto l’effetto di imtribuendo a un declino generale nelmediatamente tramutare la conl'uso della pena di morte. danna a morte di 70 detenuti in Il dibattito sulla pena di morte è tutergastolo. Non sono inoltre giutora molto acceso nell’opinione pubstiziabili i malati di mente, anche blica americana. Da anni organizzase vi sono dibattiti nel determinazioni come Amnesty International, re chi sia affetto da una condizioHuman Rights Watch, e la World Coane mentale. lition to Abolish the Death Storicamente, i metodi di esecuPenalty (WCADP) si battono per abozione più utilizzati erano la sedia lirne l’uso. La situazione è incerta. elettrica, l'impiccagione, la fucilaChissà che le imminenti elezioni 2020 zione e la camera a gas. Oggi la possano portare ad ulteriori cambiamaggior parte delle esecuzioni menti in materia.
Qui USA
ROSSO: stati nei quali la pena di morte è applicata. VIOLA (Kansas): stato in cui la pena di morte è in vigore ma applicata solo in casi eccezionali. GIALLO: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma non è applicata da almeno 10 anni. BLU: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma viene applicata una moratoria. VERDE: stati nei quali la condanna a morte non è prevista. Gli Stati che ad oggi applicano la pena di morte sono: 1. Alabama 2. Arizona 3. Arkansas 4. Florida 5. Georgia 6. Idaho 7. Indiana 8. Kansas 9. Kentucky
10. Louisiana 11. Mississippi 12. Missouri 13. Montana 14. Nebraska 15. Nevada 16. North Carolina 17. Ohio 18. Oklahoma 19. South Carolina 20. South Dakota 21. Tennessee 22. Texas 23. Utah 24. Virginia 25. Wyoming Gli Stati in cui la pena di morte è stata sospesa tramite moratoria sono: 1. California (2019) 2. Colorado (2013) 3. Oregon (2011) 4. Pennsylvania (2015) Stati che hanno formalmente abolito la pena di morte. Alla lista di questi
Stati va aggiunto il Distretto Federale Washington DC ed il territorio di Porto Rico. 5. Alaska (1957) 6. Connecticut (2012) 7. Delaware (2016) 8. Hawaii (1957) 9. Illinois (2011) 10. Iowa (1965) 11. Maine (1887) 12. Maryland (2013) 13. Massachusetts (1984) 14. Michigan (1847) 15. Minnesota (1911) 16. New Hampshire (2019) 17. New Jersey (2007) 18. New Mexico (2009) 19. New York (2007) 20. North Dakota (1973) 21. Rhode Island (1984) 22. Vermont (1972) 23. Washington (2018) 24. West Virginia (1965) 25. Wisconsin (1853)
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Casa dolce Casa di Elisa Corni
La casa romana: insule e domus
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er quanto moderne e complesse ci appaiano le case di oggi, fa bene ricordare come, già in tempi antichi, alcune civiltà fecero dell’architettura uno dei loro fiori all’occhiello. È il caso, ad esempio, degli antichi romani che anche nel settore edilizio primeggiarono apportando grandi innovazioni. A esempio nell’antica Roma a diverse classi sociali corrispondevano differenti tipi di abitazioni. Le insule, letteralmente isole, ricordano molto gli odierni condomini: costruite su più livelli tendevano a svilupparsi verso l’alto ed erano caratteristiche delle aree più densamente abitate. Solitamente servivano da dimora alle classi sociali meno abbienti e rispondevano all’esigenza di mettere tante persone in poco spazio. Erano inoltre edifici dotati di uno spazio aperto interno, un cavedio spesso porticato e il piano terra spesso ospitava le tabernae, ovvero le botteghe degli artigiani. A Ostia antica, sul litorale romano, è ancora visibile un ampio tratto del caseggiato di Diana, una delle poche insulae arrivate fino a noi che ci testi-
Il patio di una casa romana
monia l’imponenza di questi edifici. Pensate che, mentre Roma cresceva e con essa la sua popolazione, questi complessi residenziali aumentavano in altezza, arrivando anche ai dieci piani, al punto che Augusto e Nerone furono costretti a promulgare delle leggi che imposero altezze massime per motivi di sicurezza. Le classi più abbienti, i patrizi, vivevano invece nelle domus. Grandi case su un piano solo che occupavano da poche centinaia di metri quadrati ai circa 80 ettari della Domus aurea di Nerone; in una città con un milione e mezzo di abitanti solo i più ricchi potevano permettersi di occupare così tanto spazio! Spazio assolutamente necessario, dato che le domus erano articolate in numerosi ambienti dalla funzione specifica e necessaria per la vita domestica. Si cominciava dall’ingresso, l’atrium, spesso riccamente affrescato e che dava direttamente sull’impluvium, un cortile interno privo di copertura che fungeva sia da giardino interno che da luogo ove raccogliere l’acqua piovana utilizzata poi per usi domestici. Tutt’attorno si aprivano diverse stanze: i cubicola ovvero le camere da letto, la cappelletta votiva (o lararium), e il tablinum, lo studio del padrone. I più ricchi avevano dimore dotate di piscine e fontane, con affreschi alle pareti per abbellire gli
Casa Romana
ambienti, e quasi tutte le domus erano dotate di un orto domestico. Non mancavano poi le stanze funzionali, come la cucina, le sale per i pasti, quelle della servitù dotate di ingressi secondari. Altre volte pinacoteche, biblioteche e stanze per gli ospiti completavano la struttura. I più ricchi, poi, alla domus urbana affiancavano delle ville fuori città. Ne abbiamo un bellissimo esempio qui a Trento in via Rosmini della quale sono ancora visibili il bel pavimento a mosaico dedicato a Orfeo dio del sonno. I romani erano anche abili ingegneri: sperimentavano e utilizzavano materiali e tecniche diverse - dalla pietra al legno passando per mattoni e argilla -, iniziavano un lavoro solo dopo accurati sopralluoghi e sperimentavano moltissimo. Pensate, a esempio, che i piani terra delle domus più nobili erano addirittura dotate di un sistema di riscaldamento oggi di moda, con l’acqua calda che scorreva sotto i pavimenti. Per non parlare delle loro conoscenze nel campo dell’idraulica: ancora oggi gli archi degli acquedotti svettano in tutta italia a imperitura memoria delle capacità dei nostri avi.
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Quando vivevamo sospesi:
le palafitte
Fin da epoche remote l’uomo ha utilizzato un sistema di costruzione delle proprie abitazioni piuttosto particolare: la palafitta. Queste dimore sospese su pali si svilupparono in gran parte dell’Europa del Neolitico e dell’ Età del Bronzo, indicativamente tra il 9.500 e il 1.200 a.C. Si tratta di una delle prime forme abitative complesse ed è chiaramente riconoscibile per la struttura tipica di capanna posizionata su una base rialzata grazie a solidi tronchi infossati nel terreno.
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li archeologi hanno trovato resti di piccoli agglomerati di palafitte in tutta Europa: dalle aree prealpine come il Trentino (Fiavé e Ledro in testa), ma anche in Slovenia vicino a Lubiana, in Alta Austria nei pressi di laghi, come anche in Germania e in Inghilterra. Ma non sono un’esclusiva del nostro continente dato che strutture su pali sono state trovate anche in campi di scavo in Asia, Africa e pure in Oceania. In realtà ancora oggi questo tipo di modello architettonico è sfruttato per costruire magazzini per le provviste e granai in Inghilterra come in alcuni stati africani: in questo modo le granaglie non sono alla portata di topi e
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altri roditori. Alcune popolazioni dell’Oceania e del Sud-Est Asiatico le utilizzano invece ancora come abitazioni. Per quanto diverse a aree geografiche corrispondano differenti stili architettonici c’è un fattore comune, che va al di là del luogo e del tempo: le palafitte sono tutte posizionate su pali che le sospendono dal terreno. Che abbiano il tetto in paglia o in canne, che siano dotate di finestre o solo dell’apertura per far uscire il fumo, che ospitassero solo umani o anche animali, tutte sono sollevate dal terreno! A lungo gli esperti si sono confrontati per capire la funzione delle palafitte
del neolitico e dell’età del bronzo e il perché di questa particolare struttura su pali, avanzando diverse distinte ipotesi. La prima peculiarità è che la maggior parte delle palafitte è costruita nei pressi di fiumi, laghi e corsi d’acqua. Aree paludose soggette a alluvioni ma che erano al contempo zone ideali per la coltivazione, per la caccia e la pesca ovvero per le fonti di sostentamento degli abitanti del villaggio in cui erano organizzate le palafitte. Come non rinunciare al luogo perfetto senza dover ricostruire la propria casa a ogni piena o stagione delle piogge? La risposta è semplice: alzandola dal livello dell’acqua. O almeno questo è ciò che pensano ar-
Casa dolce Casa
cheologi e ricercatori. Un secondo fattore è sicuramente quello della difesa: alle abitazioni si poteva arrivare solo grazie a scale e pontili. Una volta bloccate queste vie d’accesso, nemici e predatori non potevano essere un vero pericolo per gli abitanti dei villaggi di palafitte. A sostegno di questa tesi il ritrovamento delle palafitte di terramare in Pianura Padana, una tipica e diffusa organizzazione abitativa su pali che sfruttava la vicinanza con l’acqua come sistema difensivo attorno al villaggio stesso. Ma recentemente alcuni esperti hanno proposto una nuova interpretazione: i terreni adatti all’agricoltura erano pochi in quelle epoche in cui le bonifiche non avevano ancora preso piede (in realtà si dovranno aspettare alcuni millenni), con i bo-
schi che la facevano da padrone e climi tutt’altro che temperati. Per risparmiare spazio, quindi, la parte inferiore delle palafitte sarebbe potuta servire come ricovero per gli animali d’allevamento. A sostegno il ritrova-
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Casa dolce Casa di Chiara Paoli
La casa Alpina
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e case alpine, sono quelle costruzioni che ci appaiono come un miraggio tra le vette delle nostre montagne, immerse nel verde della vegetazione e così ben inserite nel contesto ambientale, da apparire quasi esse stesse un elemento caratteristico del paesaggio. Le abitazioni di montagna sono spesso realizzate con la tecnica del blockbau, soprattutto per quanto concerne la parte sommitale, quella dove un tempo si collocava il fienile. Questo metodo costruttivo che sembra ritornare di moda, in un’ottica di utilizzo di risorse rinnovabili e di risparmio energetico, è in realtà antichissimo e sembra risalire all’epoca preistorica. Durante l’età del bronzo, l’uomo aveva già perfezionato una tecnica, quella detta “del mezzo legno”, che prevedeva l’asportazione di materiale da un solo tronco, per poi andare ad incastrarlo nell’altro. Bisogna pensare d’altronde che nelle valli di montagna il materiale necessario alla costruzione era facilmente reperibile e presente in loco, quindi naturale che fosse l’elemento prediletto. Il Blockbau è ancora oggi molto diffuso, nell’arco Alpino e non solo, lo ritroviamo anche nell’Europa centrosettentrionale, fino alla Scandinavia e nel Nord America, in particolare in Canada.
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Questa tecnica non prevede l’uso di viti o chiodi, ma si basa sul semplice incastro di tronchi, preventivamente preparati ed intagliati per garantire l’innesto degli elementi. Nella nostra regione la tecnica veniva utilizzata soprattutto nei fienili, per permettere l’aerazione ed evitare l’autocombustione del foraggio, che avrebbe potuto scatenare un incendio. In altri casi, quando lo si utilizza anche per la parte abitativa, le fessure/spifferi venivano tappate con materiale vario, dal muschio, argilla o lana. Nella vicina regione Veneto, i fienili sono stati costruiti nel tempo anche come edifici a sé stanti, ed oggi vengono riconosciuti con il termine di Tabià. Anch’essi fanno parte di un’antica tradizione costruttiva, che si inserisce anche nell’ambito del folclore, ma che oggi viene rivalutata come tecnica edilizia sostenibile. Nelle moderne costruzioni realizzate con la tecnica Blockbau, i tronchi di forma tondeggiante sono stati sostituiti da elementi a forma squadrata e prevedono l’uso di viti e bulloni di collegamento. Per queste costruzioni, è necessario un grande quantitativo di legno, e considerando le notevoli quantità di alberi abbattuti lo scorso anno con la tempesta Vaia, sarebbe un ottimo modo per ridare vita a questi tronchi. Per lo più si tratta di case a uno o due piani, ma nulla vieta che le costruzioni possano raggiungere i 4 o 5 piani. Tuttavia, bisogna tenere conto che il legno ha bisogno di tempo per essiccare
e quindi assestarsi, per evitare danni, bisogna mettere in atto degli accorgimenti costruttivi che permettano l’accomodamento della costruzione. Le case realizzate in Blockbau, sono molto apprezzabili sia in zone a clima freddo che caldo, essendo il legno un ottimo isolante termico, garantisce apprezzabili valori di coibentazione (tecnica per isolare dal punto di vista termico e acustico) e l’accumulo di energia, da evidenziare poi le caratteristiche antisismiche di queste costruzioni. Le fondamenta della costruzione sono prontamente congiunte alla base in cemento, per rendere più robusta e solida la struttura. Il termine tedesco "blockhaus" è di origine incerta; la sua traduzione in italiano corrisponde a “casa a blocchi”, ma tale termine è stato utilizzato nel tempo anche per l’edilizia militare. Venne infatti usato per definire opere di difesa in legno, di dimensioni ridotte; intorno alla costruzione si scavava poi un fossato di protezione. Questo tipo di struttura viene utilizzato per la prima volta in America, durante la guerra d’indipendenza nel 1778. Le nostre zone hanno visto costruzioni similari durante il primo ed il secondo conflitto mondiale; a differenza dei bunker questi edifici, non si collocano sottoterra, ma in superficie.
Casa dolce Casa di Elisa Corni
Il castello La casa del medioevo S
e pensiamo al medioevo tutti ci immaginiamo un bel castello in pietra con attorno un villaggio. Certo, non tutti si potevano permettere torri e merli; il castello era la residenza dei signori, la loro casa. Un castello, infatti, non era solo una costruzione di difesa, ma anche un luogo dove vivere. Nonostante l’immagine romantica di principi e cavalieri, nella realtà i castelli erano luoghi poco confortevoli, freddi e maleodoranti, dove l’igiene era l’ultima delle preoccupazioni. Dei luoghi dove difficilmente vivremmo con gioia noi europei del XXI secolo. Ma chi viveva nel castello? Solitamente i castelli erano di proprietà di signori feudali, le cui ricchezze e possedimenti determinavano la sfarzosità e la grandezza del maniero. Vi abitavano con la famiglia e la servitù e i gentiluomini e scudieri al loro servizio personale, magari figli cadetti di qualche altro nobiluomo. La moglie del signore del castello, poi, poteva avere delle dame di compagnia, giovanissime figlie di nobili minori che imparavano così il mestiere della moglie e signora del castello. Vi era poi il castellano, ovvero il responsabile del buon andamento della vita nel castello. Quindi vi abitavano civili, donne, bambini, anziani ma anche militari. Vi potevano essere anche figure religiose, come i tesorieri, chierici che avendo studiato sapevano far di conto e si occupavano dell’amministrazione delle ricchezze del signore del castello. La servitù era solitamente così composta: un cuoco, i suoi sguatteri, servi e serve che formavano la forza lavoro per le faccende di tutti i giorni. Nonché una buona
dose di manovalanza specializzata: potevano esserci il maresciallo di scuderia, il fabbro ferraio e gli stallieri per i cavalli, le lavandaie e il sarto, il falegname e via dicendo. Ovviamente non c’erano regole fisse, e quindi ricostruire l’ambiente quotidiano del nobile signore nel suo castello non è cosa facile, ma anche perché le consuetudini di vita sono andate necessariamente evolvendosi. Però, prendendo la vita in un castello francese dell’XII secolo possiamo dire che fosse così suddivisa. Incominciava assai presto: verso le sei, un domestico si occupava di svegliare il signore e la sua consorte recandosi direttamente nella loro camera da letto arredata con un grande letto a baldacchino di fronte al caminetto. Un paio di sgabelli, un forziere portagioie e una cassapanca per gli abiti completavano il semplice arredamento. I più ricchi potevano vantare tappezzerie in seta, arazzi e tappeti per riscaldare l’ambiente.
Gli altri ambienti del castello dedicati alla vita dei nobiluomini, sale comuni, salottini, studioli e solarium, erano dotati di arredamento più complesso rispetto alle stanze della servitù o dei funzionari del castello. Semplici letti in legno, qualche ripiano e poco altro decoravano le loro stanze. Nelle famiglie più nobili le biblioteche rappresentavano la stanza più sfarzosa e ricca, con libri, pergamene e scrivanie per la lettura. Il riscaldamento era per lo più affidato a grandi caminetti, poco funzionali e dispersivi. Solitamente nei castelli faceva molto freddo. Anche dal punto di vista igienico la situazione lasciava a dir poco a desiderare; bisognerà aspettare qualche secolo per avere tubature, acqua corrente e fogne, e quindi si demandava tutto a pitali, secchi e toilette a caduta. Tutto ciò ci viene dallo studio di dipinti, affreschi ed arazzi, nonché dal ritrovamento di alcuni oggetti dopo quasi un millennio.
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Casa dolce casa di Armando Munao’
Edilizia abitativa e l'evoluzione tecnologia La tecnica e la tecnologia applicata alle costruzioni e all’edilizia abitativa, in questi ultimi anni hanno fatto veramente passi da gigante. E non solo nello studio di nuovi e più funzionali materiali, ma anche - e forse soprattutto- nella possibilità di nuove scelte e di nuovi prodotti. A tal proposito, e per avere maggiori chiarimenti, abbiamo chiesto un parere a Gianluca Armelao e Nico Pasini, i due titolari della Soteck, azienda specializzata che opera in Valsugana, e che sono due tra i più competenti esperti del settore. Armelao, ci vuole dare una spiegazione tecnica di cosa sono gli infissi e i serramenti? Nella terminologia comune è errato usare i serramenti e infissi come sinonimi perché sono due elementi diversi. Gli infissi sono tutte quelle strutture (rigide e fisse) che sono ancorate ai muri tramite tasselli, viti e altri sistemi, ma sempre con un controtelaio. Tutti gli infissi fungono da supporto o base per i vari serramenti. Abbiamo gli infissi per esterni progettati per resistere alle intemperie, agli sbalzi di temperatura e ai vari agenti atmosferici, Quelli per interni, invece, hanno il solo compito di dividere le varie stanze dell’abitazione. Il serramento, invece, è un elemento architettonico che ha molteplici funzioni: permette il passaggio da una stanza all’altra; regola la quantità della luce e di calore; permette il ricambio dell’aria all’interno delle abitazioni. I serramenti si dividono in “elementi mobili” con ante battenti o scorrevoli, quelli “per esterni” ovvero le finestre e varie aperture, nelle loro diverse realizzazioni, compresi i basculanti e porte per garage. Infine quello “per interni” che sono le porte. Pasini, a suo avviso sono cambiate le esigenze degli italiani in questo grande universo?
Indubbiamente sì. Sono cambiate le “interpretazioni” della casa. Il cliente è sempre di piu’ esigenze ed è conscio di ciò che desidera. Si aggiunga anche che le nuove abitazioni e le odierne ristrutturazioni (quest’ultime servono a rimettere a nuovo e in maniera funzionale il nostro importante patrimonio edilizio) non solo devono rispettare i Da sin. Nico e Gianluca, i titolari Soteck principi della sicurezza e affidabiNico, i dati di una recente indagilità ma anche e soprattutto un garantine ci dicono che vi è l’aumento to risparmio energetico. dei furti nelle abitazioni. Cosa si Gianluca, rispetto agli anni sta facendo per combattere quepassati e con la sua esperienza, sto fenomeno? Sempre di più il cliente si indirizza vercome si è concretizzata l'evoluzioso quei prodotti che possono garantine nell'edilizia abitativa e nello re, oltre all'affidabilità, anche un’indispecifico nei serramenti e infissi? A mio modesto avviso gli aspetti e gli scussa protezione. Ne sono d'esempio elementi che devono accomunare le i sistemi d’allarme anti intrusione, ovcaratteristiche di una porta, di una fivero quel complesso di dispositivi che nestra o di un basculante o chiusura agiscono in maniera completa, coordiper il garage, sono la durevolezza nel nandosi l’un l’altro, allo scopo di protempo con l’utilizzo di materiali semteggere la casa da malviventi. Se poi a pre più moderni che nascono dalla riquesto si aggiungono i serramenti gacerca più specifica; una certa personarantiti, come le porte blindate e le finelizzazione che rispetti le idee e le esistre anti sfondamento, allora si è certi genze del proprietario. E infine la beldi essere veramente protetti quando si lezza e il rispetto della paesaggistica è nelle proprie mura domestiche. ovvero garantire un buon compromesE tutte le aziende che operano nell’uso in termini di stile e design. Sono niverso edilizia continuamente si miquesti, pertanto, gli aspetti prioritario gliorano e sono alla ricerca di nuovi nell’evoluzione. prodotti e nuove soluzioni.
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Casa dolce Casa di Chiara Paoli
La Villa Rossa del Tesino Chiunque percorra la strada che collega Pieve a Castello Tesino, l’ha sicuramente vista, ma forse non sa cosa nasconde quella costruzione rossa, che porta il nome di Villa Daziaro. Si tratta di un edificio dichiarato di “interesse culturale”, dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Trento, non solo per lo stile architettonico che lo caratterizza, ma anche per le sue vicissitudini.
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’edificio è stato costruito nella seconda metà dell’ottocento, per volere di Giacomo dalle Mule Daziaro, che assieme al fratello Giuseppe aveva fatto fortuna vendendo stampe, come molti altri ambulanti del Tesino. In giovane età egli parte per commerciare innanzitutto in Austria, per poi raggiungere Lituania, Ucraina e nel 1825 Varsavia in Polonia. Trova lavoro presso Ditta Daltrozzo, i cui proprietari sono nativi di Borgo Valsugana, e saranno proprio loro a indurlo ad intraprendere la via del successo in Russia. Nel 1827 Giacomo è a Mosca, dove apre il primo negozio in piazza Lubjanka, da allora e sino al 1855, seguiranno altre 5 aperture di empori per la vendita di stampe e prodotti legati alle belle arti: due a Mosca, uno a Pietroburgo, uno a Parigi, e uno a Varsavia. L’edificio, completato nel 1874, appare come il coronamento di un sogno, quello di Giacomo, di tornare nel proprio paese d’origine per passarvi la vecchiaia, dopo anni di duro lavoro che lo hanno tenuto lontano da casa. Questo luogo sarebbe divenuto anche un polo scolastico, dove insegnare ai giovani locali le lingue straniere, così che potessero più agevolmente intraprendere la via del commercio di stampe in Europa. Il corpo principale della costruzione si contraddistingue per l’uso di mattoni rossi, mentre le strutture laterali appaiono come porticati, lavorati in pie-
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Il giardino di villa Daziaro - da Trentino Cultura - Foto di Claudio Clamer
tra bianca, con annessi edifici a fini agricoli: la scuderia e la casa del mezzadro. La struttura a ferro di cavallo ha subito alcune piccole modifiche nel corso del tempo: si è provveduto all’apertura di due ampi archi nei loggiati laterali, mentre la torretta centrale è stata sopraelevata, quando si è scelto di sostituire il tetto piatto della costruzione, tipico dell’architettura russa, con quello a spiovente. Si tratta di un’architettura unica nel panorama Trentino, che mescola lo stile caratteristico delle ville lombardo-venete, con un tocco nordico e il chiaro richiamo all’eleganza della maniera zarista. L’edificio centrale, a pianta rettangolare è dotato di un ampio salone al piano nobile, che si conserva nella sua bellezza originaria, contraddistinta dalle colonne quadrilobate in legno di larice. La scala principale, che collegava il pianterreno con quello superiore, si collocava un tempo al centro della struttura e tutt’attorno, trovavano
spazio le stanze, riservate al proprietario e agli ospiti. Lo scalone nel 1920 è stato spostato sul lato destro dell’accesso principale; all’ultimo piano si trova la mansarda e dalla torretta si può accedere alla terrazza che offre una splendida vista sulla valle del Tesino. Splendido anche il giardino che circonda la costruzione, che si suddivide in tre settori, collegati da un sentiero in ghiaia, che porta al portone di ingresso alla villa. La prima area è quella di accesso, delimitata dalla cancellata in ferro battuto, dalle due colonne che riportano l’iscrizione Villa Dazario e vede la presenza di un secolare cedro dell’Himalaya che incornicia due aiuole erbose e fiorite. La seconda superficie verde si connota per la fontana di forma rotonda che si colloca al centro, qui il vialetto è realizzato con lastre di pietra, mentre nella terza e ultima zona, sopraelevata, trova spazio l’orto, di forma semicircolare, oltre il quale si staglia il bosco. Durante la Grande guerra, la villa venne tramutata in un ospedale militare.
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Casa dolce Casa di Chiara Paoli
Casa, calda casa Comincia a fare freddo ed è tempo di pensare a come riscaldare la casa. Il riscaldamento è anche una grossa spesa per le famiglie e quindi è sempre bene ingegnarsi, per cercare metodi alternativi per renderla calda, ed ecco che vi presentiamo quelli che sono gli ultimi trend.
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e in questi ultimi anni sono tornati di moda i riscaldamenti a pavimento, rimangono spesso validi i vecchi termosifoni a muro, ma a loro si affiancano anche altri metodi per aumentare calore. Un' alternativa che si trova ampiamente in commercio sono le stufe a pellet, materiale realizzato utilizzando la segatura frutto dello scarto industriale del legno, che viene pressata in piccoli cilindri. Queste stufe hanno il vantaggio di essere ecologiche, il combustibile è materiale di recupero, che altrimenti andrebbe alla discarica, si accende facilmente premendo un pulsante ed il calore viene distribuito nell’ambiente velocemente attraverso una ventola, ha inoltre una notevole resa termica. Il potere calorifico del pellet risulta doppio rispetto alla legna e consente quindi di ridurre i consumi, inoltre vi sono innumerevoli modelli di stufe per acquistare il design più indicato per la nostra abitazione. Si aggiunga poi che è biocompatibile, si tratta di una combustione molto pulita che non ha effetti negativi sull’organismo e che non prevede il rilascio di fumi nell’ambiente, non incide inoltre sulle emissioni di gas serra. L’emissione di Co2 è circa 8 volte inferiore a quella del riscaldamento con gas naturale o GPL. Facile da pulire e pratica da utilizzare, si può programmare perché si accenda nelle ore e giornate prestabilite una volta caricato il sacco da 15 kg di pellet, per alcuni giorni non necessita di essere alimentata. I sacchetti sono comodi anche per chi vive in appartamento e non saprebbe
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dove accatastare la legna, se ne possono tenere alcuni nello sgabuzzino di casa, in garage o cantina. Per l’acquisto di una stufa a pellet sono previste detrazioni fiscali, volte allo sviluppo dell’efficienza energetica, che possono essere inserite nella dichiarazione dei redditi. Queste stufe possono essere anche canalizzate per riscaldare altre stanze o i piani superiori e in alcune versioni è possibile anche utilizzarle per scaldare l’acqua che viene poi inviata ai termosifoni. Qualche piccolo svantaggio c’è anche per questo metodo di riscaldamento, la stufa utilizza anche l’energia elettrica e quindi non funziona in caso di assenza di luce; tende a seccare l’aria, ma a questo si può porre facilmente rimedio con appositi umidificatori. In ogni caso è poi sempre bene affidarsi a tecnici specializzati per l’installazione, che necessita di canna fumaria e la manutenzione straordinaria. Vi sono poi stufe che non necessitano di canna fumaria, come ad esempio i biocamini, che stanno andando di moda, non tanto per il loro potere calorifico, quanto come elemento di arredo, che consente l’effetto fiamma da caminetto. Il bioetanolo ha il vantaggio di essere un combustibile di derivazione naturale, ottenuto dalla fermentazione di amidi e zuccheri, che si può produrre anche in casa. Bellissimi da vedere e di grande effetto, hanno però il grosso difetto di ri-
scaldare solo la zona immediatamente adiacente alla fonte di calore e quindi non è di grande aiuto per riscaldare la casa. Vi sono però anche stufe a bioetanolo che possono essere utilizzate per stemperare gli ambienti più grandi, anch’esse possono essere usate quali caldaie per alimentare i termosifoni e possono diffondere il calore, grazie ad un sistema di ventilazione. Anche questi sistemi abbattono le emissioni di Co2 nell’ambiente e sono quindi fonti di calore ecologiche e green, ma da sole non bastano a riscaldare un intero appartamento o una casa; possono solo affiancarsi e implementare l’effetto del riscaldamento a pavimento o termosifone. Una soluzione raffinata potrebbe essere quella di utilizzare quadri riscaldanti ad infrarossi, un tipo di calore che funziona per irraggiamento e che è fonte di benessere per il nostro corpo, una sorta di bagno di sole nei mesi più freddi. Questi quadri hanno il vantaggio di avere costi contenuti e hanno il beneficio di influire sulla nostra salute perché attivano la circolazione sanguigna e il metabolismo cellulare.
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Casa dolce Casa di Elisa Corni
La casa in tasca:
il nomadismo Q
uando chiediamo a un bambino di disegnare una casa questa solitamente ha delle pareti, una porta d’ingresso, delle finestre e un tetto con tanto di comignolo e fumo. Ma non tutti i bambini del mondo la disegnerebbero così, perché alcuni vivono in case in movimento: si tratta delle popolazioni nomadi che abitano il nostro pianeta. Questo stile di vita, questa cultura è spesso strettamente legata con il tipo di economia e tradizione di queste popolazioni senza fissa dimora. Diffusa fin dalle epoche più remote, la cultura del nomadismo si identifica inizialmente con le popolazioni di cacciatori-raccoglitori costretti a spostarsi per seguire le risorse di cibo. Una volta esaurito quanto disponibile sul territorio (frutti, vegetali, tuberi) o in corrispondenza delle migrazioni degli animali cacciati, i gruppi nomadi smontavano le loro abitazioni e cercavano nuovo sostentamento. È il caso delle popolazioni originarie delle grandi pianure americane che inseguivano i bisonti e vivevano nei tradizionali tepee, le tende in pelle o stoffa facili da montare e smontare, ma soprattutto leggere da trasportare. Fino all’arrivo degli europei Lakota, Sioux, Cheyenne e Comanche viaggiarono leggeri con le loro case trasportabili. Anche le popolazioni di allevatori possono essere nomadiche, ma questa volta per rispondere alle esigenze del bestiame, e questo nomadismo può avere forme differenti, più o meno accentuate. Si va dall’abitudine a noi ben nota della transumanza, con un nomadismo quindi stagionale, a forme di vita sempre in
movimento al seguito degli animali allevati. Così hanno vissuto per secoli popolazioni diverse in diverse parti del mondo. I nostri dirimpettai che abitano i Balcani sono in parte nomadi proprio per seguire il bestiame - capre e pecore prevalentemente. Noti come vlachs, romeni balcanici e arumeni, sono pastori itineranti che attraversano ancora oggi i Balcani con il loro bagaglio leggero e il loro carico di storia e tradizione. Come loro anche i loro cugini che vivono sugli altipiani a cavallo tra Kenya e Tanzania: sono pastori e guerrieri, seminomadi per tradizioni ma ormai adattatisi alla vita stanziale, meglio noti come Masai. Un’altra popolazione dotata di un’aura quasi mistica, che proviene dal continente africano, sono i Tuareg. Popolazioni berbere in grado di vivere il deserto, i primi a introdurre i dromedari come animali da trasporto in un clima così aspro e rigido, erano popolazioni costrette al movimento visto il difficile ambiente in cui vivevano. Questo fu loro possibile
solo fino alle colonizzazioni francesi dell’area in cui abitano; poi arrivò anche per loro la vita stanziale. Come anche per i loro cugini, i beduini, sempre più limitati nella libertà di movimento. Chi invece non si fa fermare da nulla sono le popolazioni nomadi della Mongolia. Nonostante la modernità, le società fluide, internet e l’elettricità ancora oggi, nel ventunesimo secolo, vivono nelle loro tende, si scaldano con il fuoco e sopravvivono nelle aride steppe battute dal vento. Il clima non permette la coltivazione di nessuna pianta, l’unico modo per sopravvivere è fornire erba fresca agli animali allevati. E così i nomadi della mongolia si spostano continuamente alla ricerca di nutrimento per i loro preziosi cavalli -amici fedeli e indispensabili- ma anche per il resto del bestiame. Questi sono solo alcuni esempi di come le popolazioni umane, per i più svariati motivi, vivono in movimento, con la casa sulle spalle.
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Lettera al Direttore
A proposito di “donne”
E
gregio Sig. Direttore, da molto tempo mi dedico alla mia terra d’adozione, il “Cadore” e alla sua storia con passione e con la sensibilità che il mio “essere donna” porta con sé. Nel 2015 ho pubblicato un libro dal titolo “Le donne e la Prima Guerra Mondiale” che portava come sottotitolo queste parole: “Esili come brezza fra venti di guerra”. Piccole storie provenienti dai cassetti della memoria dei nostri paesi con un omaggio ad un ragazza austriaca combattente sul fronte delle Tre Cime di Lavaredo, alle “Signore del Vento” vale a dire alle Portatrici Carniche (non ultimo a Maria Plotzner Mentil), alle “Signore del Tempo” che altro non sono che le straordinarie diariste di Cortina d’Ampezzo … forse figure che esulano dall’immagine della donna che si è creata in relazione a tali eventi. Con piacere, quando un paio di anni dopo è uscito il volume “Gli Angeli delle trincee”, scritto a quattro mani da Enrico Meliadò e dal Generale degli Alpini Roberto Rossini, ho visto che la parte introduttiva del mio libro era stata riportata unitamente alla copertina del volume. Non mi era stato detto nulla e solo alcuni amici mi hanno riferito tutto ciò. Come del resto, alcuni amici, mi hanno riferito di avere visto comparire il mio nome nel titolo di un articolo del dott. Waimer Perinelli pubblicato sul vostro mensile “Valsugana News” (nr. 8 – ottobre 2019), articolo dove si definiscono le mie parole poetiche come “grande balla”, quelle stesse parole che gli autori del libro sopracitato avevano riportato.
Direi prima di tutto poco elegante il modo e non corretto dal momento che il testo in questione non riporta dati o fatti, ma solo emozioni e consente l’introduzione al mio lavoro che cerca, nella difficoltà e nella tragica realtà di quei momenti storici, di dare alle donne il loro vero valore. Non ho certo parlato e raccontato di donne fragili, ma di donne dalla forza straordinaria, dalla capacità di sopportare fatiche e lavori immani, capaci di affrontare ogni difficoltà … Le critiche, anche quelle negative, sono utili e costruttive, ma devono essere vere critiche … Magari se il libro fosse stato letto, non ci si sarebbe imbattuti in questo che io ritengo un non piacevole inconveniente…un non piacevole incidente di percorso. Ma invitandovi ad una più attenta lettura, concludo con alcune frasi, sicuramente poetiche e magari non accette da tutti … Si, è vero, la poesia può non piacere, può magari essere definita contorta o banale, ma definirla una “gran balla” credo proprio sia fuori luogo. La ringrazio davvero dell’attenzione e chiudo allora con queste poche parole tratte dalla “quarta di copertina” del mio piccolo lavoro, un lavoro che - come già ho detto - ha voluto raccontare dei “… mondi e delle storie delle “donne di guerra”. Mamme, mogli, sorelle, vedove, bambine, alpiniste, donne soldato: le loro vite irripetibili, il mistero della vita e della morte, il coraggio di esserci nonostante tutto …” Ricordando che si, c’era il lavoro, ma c’era altresì il disagio psicologico, la fatica davvero disumana di essere donne in una
realtà quanto mai difficile e tragica. E, al di là della “balla poetica”, i racconti del mio libro sono tutti - o quasi - storie raccontate da parenti di quelle che, in silenzio e senza “un grazie” essere davvero delle poetesse del loro cuore … Antonella Fornari
Egregia professoressa Fornari, non c'è alcuna balla nei suoi racconti, e la poesia è interpretazione e mi è conforto alla vita. Ho citato nell' articolo sia le portatrici carniche, sia le giudicariesi, sia le donne di Weinsberg. Onestamente trovo difficile, limitativo, ma personalmente mi sarei offeso, definirle, sia pure poeticamente, “Esili come brezza tra i venti di guerra”. Tutto questo senza nulla togliere alla verità dei suoi racconti, purtroppo reali e tragici, riportati in grande parte nel volume del generale Roberto Rossini ed Enrico Meliadò. Grazie dell' attenzione. Dr. Waimer Perinelli
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In vino veritas di Waimer Perinelli
Terra da bere Ero ragazzino quando ho visto mangiare la terra. Ero nei pressi di Gonzaga, la cittadina con il nome dei principi di Mantova, ricca dell'acqua del Po ingabbiata dai fossi e, a Levante, nel Canal Bianco. Si coltivava il frumento e il mais e cacciavano le lepri. Al mercato un compratore prese un pugno di terra, lo assaggiò con gusto poi disse “cat vegna un cancher,l'è propri bona”.
L
'ha comperata ma non per mangiarla, forse per berla, visto che su quegli appezzamenti sono stati piantati i vigneti del lambrusco dell'oltrepò mantovano. La terra, dicono gli agronomi, è l'anima del vino. Sarà per questo che da qualche anno si è sviluppato scientificamente lo studio della terra, una cosa fatta nei secoli artigianalmente, empiricamente, dai contadini di tutto il mondo. Oggi un agronomo o, come vedremo, un geologo ci possono spiegare in quale modo il terreno arricchisce la vite e il vino. Ne sanno qualcosa due studiosi, Vincenzo Mercurio e il valsuganotto Mattia Martinelli, dediti, fra le altre attività, alla ricerca di terreni adatti alla vinificazione. In questo viaggio nella penisola hanno trovato una speciale vocazione nella terra di origine vulcanica, riscoprendo e interpretando i gusti della tradizione. “La mia materia, scrive l'agronomo Mercurio, valuta il suolo dove vivono le radici e determina se questo è vulcanico o altro” e il risultato è che l'abbinamento vino e pendici dei vulcani o formazioni collinari create da antichissime eruzioni hanno trovato una spiegazione scientifica. Sulla base delle indagini è stata realizzata una mappa dove spiccano i vulcani in attività come l'Etna e lo Stromboli; altri ancora attivi ma fortunatamente dormienti, come il Vesuvio e i campi Flegrei, Ischia e i colli Albani; altri spenti
ma poco rimodellati come nella Tuscia, in Sardegna, sui Colli Euganei e altri infine spenti e completamente rimodellati che si trovano nella ValSesia nel vercellese e nella piattaforma porfirica atesina fra cui spicca quella a noi nota come Valle di Cembra; quella dei pregiati vini bianchi il cui aroma particolare, intenso, si deve proprio alla terra di origine vulcanica la cui composizione chimica è il frutto della cristallizzazione del magma.“E' vero, dice Mattia Martinelli, la geologia descrive la formazione del terreno attra-
verso lo studio dei minerali e degli elementi di cui è formato il terreno su grandi aree e in profondità”. Le rocce magmatiche sono formate da ferro, magnesio e principalmente da silicio e si differenziano in acide, con più del 65% di silicio e basiche con appena il 45 per cento. E' la quantità di silicio a controllare il tipo di eruzione e la forma del vulcano. Il magma acido determina la formazione di un tappo e l'imprigionamento dei gas con la creazione di una grande quantità di pressione da cui si scatena un'eruzione estremamente violenta con l'emissione di elevate quantità di materiale piroclastico incandescente. Un fiume lavico che tutto distrugge. Niente paura, parliamo per i nostri monti di almeno 300 milioni di anni fa. Ma noi oggi ne beviamo i frutti. Dalla teoria alla pratica e si scopre che nel 1435 nella Sicilia orientale alle pendici dell'Etna, con la sola conoscenza quotidiana, tradizionale, del sapore e profumo della terra, venne formata l'associazione “Maestranza dei Vigneri” oggi operante con tecnologie moderne ma rispettose dell'ambiente. Il risultato secolare è un vino di persistente acidità ed a volte, dice l'enologo Salvo Foti, pare di mangiare una sottile fetta di limone verde con sopra il sale. E' in questo modo, come ha scritto Marguerite Yourcenar (de Crayencour), in memorie di Adriano, che “ il vino ci inizia ai misteri vulcanici del suolo, ai suoi misteriosi tesori.”
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In Valsugana di Massimo Dalledonne
Una storia lunga 125 anni
È
quella dei vigili del fuoco volontari di Torcegno che, nelle scorse settimane, hanno celebrato il loro anniversario. Due giorni di festa per il paese, iniziati sabato sera con la presentazione del libro “Una storia lunga 125 anni. I pompieri di Torcegno (1894-2019)” curato dalla giornalista Marika Caumo. La serata è stata allietata dai canti del Coro Lagorai di Torcegno, diretto dal maestro Fulvio Ropelato, dalla presenza del governatore Maurizio Fugatti e dalla consegna delle targhe agli ex vigili. Sono saliti su palco Marco Battisti, Antonio Battisti, Cesare Campestrin, Giorgio Campestrin, Oreste Campestrin, Romeo Campestrin, Giancarlo Furlan, Fulvio Lenzi, Paolo Lenzi, Orlando Meneghini, Gilberto Rigo, Monica Lenzi e Guido Lenzi. Immagini, numeri, date, documenti ma anche episodi, aneddoti e testimonianze sono raccolte nel volume, partendo dall’incendio che nel settembre 1894 distrusse tre case nel cuore del paese, avviando di fatto la costituzione del corpo qualche settimana dopo, il 7 ottobre.
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Dai primi difficili anni al periodo del fascismo in cui il paese ed il corpo furono aggregati a Borgo, alla ricostituzione nel 1955, fino alle prime feste campestri, alle emergenze, dall’alluvione al disastro di Stava al terremoto in Irpinia, con i vigili che hanno portato il loro aiuto a San Mango sul Calore. Senza dimenticare alcuni fatti importanti che hanno coinvolto Torcegno, alcune curiosità come quelle legate alla motopompa Gugg del 1959, l‘acquisto dei vari mezzi ed attrezzature, approfondendo il sistema d’allarme e come si è evoluto nel tempo fino alla costruzione del nuovo magazzino (attuale sede degli alpini di Torcegno) nel 1986. Nel 1994 fu celebrato il centenario mentre l’intervento in Umbria, colpita dal sisma, portò alla nascita di un’amicizia tra la comunità di Torcegno, le Clarisse dei conventi di Assisi,
Foligno e Spello ed il Comune di Valtopina. Nel 2001 a Torcegno è stata organizzata la festa del volontariato: nel volume trova posto anche l’inaugurazione della nuova sede, le recenti emergenze che hanno coinvolto non solo Torcegno ma anche l’Aquila nel 2009, Moena nel 2018 senza dimenticare la tempesta Vaia lo scorso ottobre. Dal 1955, anno della ricostituzione del corpo dei vigili del fuoco volontari di Torcegno, sono stati quattro i comandanti: Rodolfo Lenzi dal 1955 al 1979 (in tutto 24 anni), Guido Lenzi dal 1979 al 2004 (25 anni), Marco Battisti dal 2004 al 2019 (15 anni) e l'attuale Giuliano Campestrin. Di seguito,
In Valsugana
così come riportato sul volume, tutti i nomi dei vigili del fuoco volontari effettivi che hanno fatto parte del corpo: Antonio Battisti, Emanuele Battisti, Marco Battisti, Rino Bordato, Candido Campestrin, Cesarino Campestrin, Daniele Campestrin, Erman Campestrin, Fabrizio Campestrin, Giorgio Campestrin, Giuliano Campestrin, Giusto Campestrin, Gustavo Campestrin, Matteo Campestrin, Nello Campestrin, Nicola Campestrin, Rodolfo Campestrin, Romeo Campestrin, Matteo Campestrini, Nicola Campestrini, Oreste Campestrini, Michele Cò, Stefano Dalcanale, Daniele Dalcastagnè, Dario Dalcastagnè, Federico Dalcastagnè, Roberto Dalcastagnè, Mattia Debortoli, Stefano Debortoli, Samuele Denando, Alessandro Furlan, Andreas Furlan, Giancarlo
Furlan, Lorenzo Furlan, Roberto Furlan, Tiziano Furlan, Valerio Furlan, Emilio Lenzi, Fulvio Lenzi, Guido Lenzi, Paolo Lenzi, Remo Lenzi, Rodolfo Lenzi, Orlando Meneghini, Ettore Palù e Gilberto Rigo. Un corpo giovane (l’età media è di 31 anni) che, con il convegno distrettuale che si è svolto in concomitanza con la festa dei 125 anni di fondazione, ha sancito il passaggio tra l’ex comandante Marco Battisti ed il nuovo Giuliano Campestrin, eletto lo scorso agosto. Una giornata aperta con la sfilata dei 22 corpi dell’Unione guidati dall’ispettore Emanuele Conci e presentata dall’ex presidente della Federazione provinciale Sergio Cappelletti. Duecento vigili attivi, quaranta allievi, preceduti dai mezzi storici arrivati anche da Caldonazzo su cui sono saliti i vigili anziani, hanno sfilato per le vie del paese, applauditi e fotografati da tantissime persone. Con il sindaco Ornella Campestrini anche numerosi primi cittadini, i presidenti del Consiglio Regionale e Provinciale Roberto Paccher e Walter Kaswalder, l’On/le
Mauro Sutto, il comandante del corpo dei vigili del fuoco permanenti Ivo Erler, il vicepresidente della Federazione Guido Lunelli ed il direttore della scuola provinciale antincendi Franco Sadler. Quattro le suggestive manovre eseguite, osservate a bocca aperta dai numerosi bambini presenti: una simulazione di incendio abitazione, le scale controventate, la manovra della squadra giovanile e quella tecnica con autoscala, piattaforma e castello di manovra. Al termine il pranzo in polifunzionale curato da Pro Loco ed Alpini ed il percorso “Pompieropoli” per i più piccoli.
Complimenti Mario riferendosi agli anni di Il giornale L'Adige ha titolato “ Sessant'anni di passione” e, con il quotidiano ment rrotta ininte , collaborazione che Mario Pacher ha avuto stato festeggiato. è ” nostro il “ che le trentino. Ed è proprio alla sede del giorna nel 1959 quando, caso per quasi a Ci dice che la sua “invidiabile” carriera è iniziat del giornale, ti amen abbon e nsabil all'età di 22 anni, fu contattato dal respo Dallapè. E da Italo don , allora di o Marcello Voltolini, su indicazione del parroc testate quali altre per anche stabile quella data, il suo, è stato uno scrivere inarre TRA e dal FINES La con ima dappr 1988 Radio Dolomiti, la Rai, Vita Trentina, e dal rno all'inte e abile super e lment diffici 2015 con Valsugana News. Una carriera indee ità sional profes sua la per nto della quale Mario si è sempre contraddisti blica. Repub della iere Caval a fesso impegno che le è valsa la nomina ben felici e orgogliosi Cosa dire se non...COMPLIMENTI Mario. E ci creda, siamo simi collaboratori. validis e tanti impor di abbracciarLa e di averLa tra i nostri più Con stima e affetto...La redazione di Valsugana News.
Mario Pacher con Alberto Faustini, direttore responsabile de “l’Adige”
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A Borgo Valsugana
Nuova Apertura Pane appena sfornato anche nel pomeriggio
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In Valsugana di Veronica Gianelo
La nuova stagione teatrale Lorenzo Nardelli è un trentino nato a Roma nel 1972. Vanta un ramo della famiglia originario di Borgo Valsugana e, a Trento, la parentela con l'architetto Fulvio Nardelli, recentemente scomparso, a cui deve l'allestimento nel 2009 di un grande mostra, la prima personale, a Mantova con la presentazione di Sergio Dangelo, uno degli artisti italiani viventi più famosi al mondo. Torna a Trento con una mostra allestita dal 29 novembre nelle sale del Grand Hotel.
S
iamo ormai giunti a novembre, le scuole sono nel pieno delle loro attività, gli uffici in fermento e le calde sere d’estate a godersi un bel gelato da passeggio sono solo un lontano ricordo. Bisogna trovare nuovi piaceri: una stufa accesa, il primo freddo che solletica le guance arrossate, le caldarroste abbrustolite, un libro e una copertina. Tra queste coccole autunnali non possiamo tralasciare le magiche serate da trascorrere a teatro. Fuori cala la notte e tra luci e profumi di preparativi dietro il sipario calato, ci si toglie il cappotto, si fanno quattro chiacchiere e si sprofonda comodamente sulla poltroncina del teatro. Buio, un respiro, letta veloce al programma di sala: inizia lo spettacolo! Anche quest’anno il Sistema Culturale della Valsugana Orientale in collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino ha organizzato una duplice rassegna: una dedicata agli adulti e una dedicata al teatro per bambini e ragazzi. Diversi titoli, tutti molto diversi
Clown Spaventati Panettieri - da Cineteatro Don Bosco
tra loro, in modo da accontentare ogni gusto con un focus particolare sulla letteratura con Stoker, Goldoni e Dostoevskij e un appuntamento speciale con la grande danza. Per la stagione di “A teatro con mamma e papà” otto sono gli spettacoli propoLa storia di lupo Lulu' - da Compagnia dei somari sti che, tra nuovi linguagcolo Passo. Storia di un’ocarina pigra” gi e tradizione, porteranno gli spettadi Kosmocomico teatro. Sabato 18 tori più giovani in uno speciale viaggennaio si torna a Olle con “La storia gio tra musica, ombre, palloncini e… del lupo Lulù” di AriaTeatro e sempre verdura! AriaTeatro, sabato 15 febbraio mette A Ospedaletto, sabato 9 novembre, in scena a Olle “Moon amour. L’amore sono arrivati “Burattini Tim Tum Tam” e altri disastri” per raccontare di innacon i burattini tradizionali di Maurizio moramento e separazione ai più picCorniani. Sabato 16 novembre, a Roncoli. Gli spettacoli di novembre sono cegno, troviamo “Spaventati panettieper bambini dai due anni in su, a diri” del duo clown Meroni-Zamboni che cembre e gennaio per bambini dai faranno acrobazie e giocoleria con faquattro anni. Tutti iniziano alle ore rina e pizza. A Scurelle, sabato 23 no16.30; ingresso unico 3 euro con prevembre, Schedia Teatro presenta “Rose vendita agli sportelli delle Casse Rurali nell’insalata”, tratto dal libro dell’artista del Trentino. Bruno Munari: un gioco Per la stagione teatrale adulti presso il creato con i bambini che, a Teatro di Borgo Valsugana invece sono partire dalle verdure, mette tre gli spettacoli in cartellone. Si inizia le ali all’immaginazione. Sasabato 16 novembre con “La bancabato 30 novembre a Grigno rotta” di Carlo Goldoni prodotto dal Silvano Antonelli racconta Teatro Stabile di Bolzano con la partela “Storia di un palloncino”, cipazione di Natalino Balasso. Il 5 diun bambino un po’ irrecembre sarà la volta della Compagnia quieto che non può fare a Corrado d’Elia che presenterà il capomeno di scappare verso lavoro di Dostoevskij “Le notti bianl’alto. A Telve, sabato 7 diche”. cembre, sarà la volta di “Pic-
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Qui Borgo di Massimo Dalledonne
Bene arrivato Don Roberto
“C
aro don Roberto, siamo qui a stringerci a te per assicurarti che il tuo viaggio in mezzo a noi sarà accompagnato da moltissime persone disponibili”. Con queste parole il sindaco di Borgo Enrico Galvan, sul sagrato della chiesa S. Anna, anche a nome dei colleghi di Castelnuovo, Carzano, Telve, Telve di Sopra e Torcegno, ha accolto il nuovo parroco don Roberto Ghetta. “La Valsugana è terra ricca di valori e testimonianze positive che sono sicuro – ha continuato Galvan – saprai apprezzare e valorizzare, un territorio bellissimo e affascinante che, con la sua ricca storia, ambientale e umana vuole riscattarsi da un presento incerto per un Futuro di prospettiva”. Gli ha fatto eco, poco dopo, nella chiesa arcipretale, il vicario zonale don Antonio Brugnara che ha presentato il sacerdote ai suoi fedeli. “Io vi consegno don Roberto, nello stesso tempo consegno voi al suo cuore di pastore”. Tanta gente, dentro e fuori la chiesa, arrivati anche da Besenello e Calliano, parrocchie rette in questi
ultimi 8 anni da don Roberto, per accompagnarlo nel suo nuovo incarico sacerdotale. Ad accogliere don Roberto, oltre alla banda civica di Borgo ed una folta rappresentanza delle più importanti associazioni sportive, tutti i sette cori parrocchiali che hanno allietato la Messa solenne. Nella sua prima omelia don Roberto Ghetta ha sottolineato come oggi “viviamo in un’epoca caratterizzata da poca solidità. Per essere solidi in terra bisogna guardare aldilà della vita terrena. Questo è il primo compito di un parroco”. Cinquant’anni, con questo incarico il vescovo lo ha chiamato a guidare una zona pastorale che, rispetto al passato, passa da quattro (Borgo, Olle, Castelnuovo e Carzano) a sette parrocchie con l'arrivo di Telve, Telve di Sopra e Torcegno. “Ci aspetta un percorso impegnativo e faticoso – ha ricordato il rappresentante dell’oratorio Mario Bastiani – sfide impegnative che affronteremo insieme puntando sul confronto quotidiano, il dialogo e la condivisione di percorsi comuni. Quello
Il saluto del sindaco e delle autorità
Don Roberto Ghetta
che le chiediamo, don Roberto, è di aiutarci ad essere una grande famiglia solidale ed aperta al prossimo”. Ancora Enrico Galvan. “Il mio auspicio è che, negli anni futuri, giovani ed anziani trovino nella parrocchia un luogo di conforto e di confronto, un luogo dove sentirsi sicuri e protetti. Ovviamente la fede e l'appartenenza al mondo cristiano – ha concluso nel suo intervento il sindaco di Borgo – è il collante principale per le nostre azioni, è la luce che aiuta a tracciare il percorso e che deve essere lo stimolo per affrontare le sfide moderne che la società e la Chiesa hanno davanti”. Al termine della Messa, concelebrata con una ventina tra sacerdoti e diaconi della Valsugana e della conca del Tesino, don Roberto Ghetta è stato salutato dai suoi nuovi fedeli presso l’oratorio parrocchiale in via 24 Maggio.
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In Valsugana di Massimo Dalledonne
Castel Ivano, i 60 anni delle penne nere Le penne nere sono arrivate da tutta la Valsugana. Oltre 200 alpini hanno invaso la frazione di Villa Agnedo, nel comune di Castel Ivano, per festeggiare i 60 anni di fondazione del locale gruppo Ana e per partecipare al 24° raduno di zona. Un fine settimana di festa, annunciato anche da un originale e grande cappello alpino che, per diversi giorni, ha fatto bella mostra di sé, soprattutto di sera perché illuminato, dall’antico maniero di Castel Ivano.
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rano una quarantina i gagliardetti che hanno partecipato alla sfilata, aperta dal gonfalone degli alpini di casa e da una jeep con il reduce di guerra Renato Casarotto. Il gruppo alpini Villa Agnedo – Ivano Fracena venne fondato nel 1959 da 18 persone. Il capogruppo Franco Buffa li ricorda uno per uno: Abramo Baratto, Virgilio Buffa, Attilio Casagrande, Ernesto Corrente, Angelino Dalla Costa, Ilario Fabbro, Vittorio Ferrai, Onorio Floriani, Giorgio Pallaoro, Vittorio Pasquazzo, Giovanni Paternolli (classe1920), Giovanni Paternolli (classe 1938), Benvenuto Sandonà, Pietro Sandonà, Damiano Sandri, Livio Sandri, Severino Sandri e Paolo Zanghellini. Severino Sandri venne eletto primo capogruppo, segretario Giovanni Paternolli e Maristella Battisti, sorella dell'alpino Leone Battisti, disperso in Russia, madrina del primo gagliardetto.
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“Era l’otto novembre del 1973, quando io, giovane militare a L’Aquila, tornato in permesso – ricorda Franco Buffa mi sono trovato nella direzione di questo gruppo. Severino Sandri. medaglia d’argento al valore militare, reduce di Russia, persona onorata e carissima, ha guidato il nostro gruppo per ben 27 anni. Nel solco tracciato da lui siamo cresciuti e abbiamo cercato di mettere in pratica l’insegnamento, dando sempre il meglio di noi”. Il gruppo ha eretto i monumenti ai caduti prima ad Agnedo e poi a Villa, non sono mancati gli interventi di solidarietà per le popolazioni colpite da eventi tragici, come quello a Buia dopo il terremoto del Friuli del 6 maggio 1976. A livello paesano sono state organizzate le tradizionali feste alpine in località
Prà dei Pezi, la Scrozada del Lefre, un percorso panoramico di marcia in montagna che è divenuto l’appuntamento fisso della prima domenica di agosto. Nel vecchio “caselo” viene aperta e inaugurata la sede sociale del Gruppo, viene organizzato anche il memorial Severino Pasquazzo, gara di slalom gigante. Dal 1987 al 2005 capogruppo è Giuseppe (Bepi) Pasquazzo che promuove la realizzazione della chiesetta alpina dedicata al beato Ivano Merz, inaugurata nel settembre del 2004. Gli succedono Marino Sandri e Renato Carraro che ha guidato le penne nere di Villa Agnedo fino al 2018. L'attuale madrina è Gabriella Floriani. La storia del gruppo è quella “di persone responsabili, capaci e altruiste che, con poche parole – ha ricordato il sindaco Alberto Vesco - ma incessabile impegno si è speso per il bene comune. Perseveranti nel ricordare sempre
In Valsugana
e ovunque coloro che non hanno esitato a sacrificare la propria vita nello strenuo tentativo di consegnarci un Paese più giusto e più libero in cui fosse favorita la convivenza civile e la pace”. In sfilata, con l’intera giunta comunale, l’assessore della Comunità di Valle Enrico Lenzi, il presidente della Regione Roberto Paccher, il maresciallo dei carabinieri Stefano Borsotti e diverse autorità civili e militari. Presente anche anche il presidente provinciale dell'ANA Maurizio Pinamonti. “Sessant’anni di vita, sessant’anni di attività, sessant’anni di fierezza nel portare il cappello alpino – ha ribadito Pinamonti - seguendo l’esempio e ricordando chi ci ha preceduto, tra loro voglio ricordare la figura del cav. Severino Sandri, reduce della campagna di Russia dove si era guadagnato la medaglia d’argento al valor militare, fondatore e guida instancabile per molti anni del Vostro Gruppo”. Nel suo saluto
il consigliere di zona Riccardo Molinari ha sottolineato come “questo gruppo abbia dimostrato negli anni di farsi trovare sempre pronto in tali occasioni, donando sempre più di ciò che avrebbe potuto dare. Molte le figure di spicco che sono partite da questo gruppo per andare a rivestire anche cariche importanti a livello sezionale, tradizione che continua ancora oggi. E’ forte in loro un senso del dovere civile verso la propria comunità e di servizio verso le istituzioni e la popolazione in cui si riconoscono parte attiva”. Dopo l'alzabandiera e la deposizione della corona al monumento ai caduti di Villa (ad Agnedo e Ivano Fracena le cerimonie si erano svolte sabato sera, prima del concerto
dei cori Lagorai e Valbronzale), all’ingresso della sede del gruppo è stata scoperta una targa dedicata alla medaglia d’argento al valor militare Severino Sandri ed alla medaglia di bronzo al valor militare capitano Luigi Staudacher. A seguire, presso il centro sportivo, la Messa celebrata da don Renato Tomio; per chiudere con il tradizionale rancio alpino (400 i pasti distribuiti) preparato dai volontari dei Nuvola della Valsugana.
RONCEGNO TERME
Il golf in festa
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l nuovo percorso a 9 buche del Golf Club Roncegno Valsugana ha ospitato, nelle scorse settimane, la prima gara organizzata per festeggiare i 20 anni del sodalizio guidato dal presidente Vincenzo Sglavo che ha ricordato le vicende legate alla nascita del sodalizio. Alla festa non ha voluto mancare il primo cittadino Mirko Montibeller con il presidente della Cassa Rurale Valsugana e Tesino Arnaldo Dandrea ed il suo vice Stefano Modena che hanno sottolineato l’importanza dello sport come veicolo di valori importanti quali l’aggregazione sociale, il rispetto reciproco e delle regole di gioco, ma in questo caso anche lo sviluppo e il mantenimento ambientale. I circa 80 ettari di spazi verdi in gestione al Golf Club Roncegno, a contorno delle nove buche, rappresentano infatti un valore territoriale molto significativo, non solo per Roncegno ma per tutta la Valsugana. Prima del taglio della grande torta per i 20 anni di attività spazi alle premiazioni della gara che ha visto i successi di Paolo Giacomoni tra i senior, Francesca Agostini (lady), Marco Muraro (junior) e Michel Gubert nel lordo. Nella 2° categoria Ha vinto Luisa Manes davanti a Emanuele Barucchelli mentre nella 1° categoria Alessandro Dell’Acqua ha preceduto Gianni Benassi. Da ricordare le vittorie, nel Longest drive, per Adelino Valerio e Francesca Agostini e di Piero Dell’Acqua nel Nearest to the pin. (M.D.)
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Alimentazione oggi di Armando Munao’
Pizza e pizzerie Secondo una recentissima statistica la produzione e il consumo giornaliero nel nostro paese è di circa 8 milioni di pizze (quasi 3 miliardi l’anno) con un fatturato di circa 15 miliardi di euro che unito al valore dell’indotto supera i 30 miliardi. E secondo l’ultimo rapporto del CNA (Confartigianato) in questo grande universo i pizzaioli sono oltre 120mila che operano nelle diverse attività. Per sapere quali sono i gusti, le scelte e le preferenze dei clienti abbiamo aperto un dialogo con Paolo Monsorno, titolare della Pizzeria-Spaghetteria La Rustica di Borgo Valsugana, che da oltre 30 anni opera in questo grande settore. Paolo, a suo avviso, quali sono i clienti che oggi frequentano le pizzerie e i ristoranti. E rispetto agli anni passati cosa è cambiato? Beh, rispetto agli anni passati sono cambiati i modi di intendere il “mangiare” fuori. Credo che la stragrande maggioranza degli italiani sempre di più frequenta ristoranti e pizzerie. E ciò, principalmente, è dovuto al fatto che il tran tran della quotidianità, anche per effetto del lavoro, è di vero ostacolo alla cucina domestica. Per quanto riguarda la tipologia dei clienti, alla luce della mia esperienza, non c’è un suddivisione netta o della categorie particolari. Tutti almeno una volta in settimana frequentano questi locali, Eccezione si può fare per i giovani e giovanissimi i quali sono attratti dalla paninoteche e altri locali dove la gioventù si trova a proprio agio. Qual è la pizze o le pizze che i clienti scelgono in ordine prioritario? La pizza margherita rimane la preferita dagli italiani, seguono quelle tradizionali ovvero la 4 stagioni, la napoletana e quelle con aggiunte di verdure o altre integrazioni. In questi ultimi anni le scelte dei frequentatori si sono
indirizzati verso pizze “particolari” e “speciali”. Cosa può dirci in proposito? E’ vero, oggi molti sono i clienti che per motivi di salute o per scelta gustativa richiedono le speciali, biologiche, senza glutine o con farine particolari. E molti sono i clienti che desiderano provare pizze dai sapori ricercati e innovativi E l’età dei clienti? A mio parere è sempre la stessa. Con la sola eccezione che la presenza familiare è leggermente diminuita e ciò è dovuto al fatto che i “bambini” e i giovani di ieri sono diventati adulti e quindi hanno, forse altre esi-
genze alimentari. E non di rado si indirizzano verso piatti o alimenti diversi, compresi i panini nelle svariate preparazioni e specialità. Una volta si andava in pizzeria per consumare la pizza e oggi? Sempre di più ci accorgiamo che il cliente si indirizza verso altri piatti che non la tradizionale pizza. Dagli spaghetti, alla carne, dalla frittura a diverse e più giustose prelibatezze. Direi che la pizzeria si è trasformata in un ristorante dove il cliente può trovare un menu assortito ed in grado di soddisfare le sue richiesta ed esigenze culinarie.
Paolo Monsorno
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In Valsugana di Massimo Dalledonne
Vaia , un anno dopo L
’auditorium della Comunità di Valle ha ospitato, nei giorni scorsi, un incontro pubblico organizzato dai Lions Club Valsugana. Tema della serata: Vaia un anno dopo. All’invito del presidente Michele Motter e del direttivo hanno risposto in molti, sala gremita ad ascoltare i relatori che si sono alternati sul palco. A partire dal dottore Stefano Montibeller, commissario forestale del Servizio Foreste e Fauna, il quale ha ricordato i primi momenti dell’emergenza e la prima fase della ricostruzione dei popolamenti boschivi danneggiati. Tra slide, foto e video ha fornito alla platea anche diversi dati. Nel solo distretto forestale di Borgo, con la tempesta Vaia, sono andati in fumo 16 anni di tagli ordinari nei boschi. Le annualità diventano 23 se riferite al distretto di Pergine e 14 se ci spostiamo a Cavalese, in val di Fiemme. Ed ancora. Su 6.200 chilometri di strade forestali in Trentino oltre 2.500 sono stati danneggiati: ad oggi 1.200 chilometri risultano già ripristinate. In Provincia ci sono 522 cantieri aperti nei boschi, ad oggi sono stati lavorati 835 mila metri cubi di legname dei 4 milioni complessivi schiantati al suolo. E in 102 cantieri si sta lavorando con il sistema dell’esbosco misto. In apertura di serata il presidente dei Lions, Michele Motter, ha ricordato come in questi mesi i soci (sono in tutto 87 quelli che fanno parte della realtà valsuganotta) abbiamo contribuito ai lavori di sistemazione del sentiero di Arte e presso il parco delle Terme di Levico. “Le donazioni che raccoglieremo questa sera – ha ricordato– contribuiranno a finanziare il ripristino del sentiero del castagno che da Roncegno arriva fino a Castel Ivano”. A fine ottobre 2018 la
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tempesta Vaia che ha colpito le regioni del Nord-Est ha causato un danno sociale, economico e ambientale senza precedenti: 42.800 ettari di bosco colpiti e 8,5 milioni di metri cubi abbattuti (circa 7 volte la quantità di legname ad uso industriale che le segherie italiane riescono a lavorare in un anno). In Trentino nella notte del 29 ottobre raffiche di vento a quasi 200 km/h devastarono 20mila ettari di foreste. La notte di Vaia rappresenta una cicatrice profonda nel patrimonio ambientale di un territorio che in poche ore ha perduto oltre 4 milioni di metri cubi di legno. Con l’ingegnere Silvia Consiglio dei Bacini Montani sono stati affrontati tutti gli aspetti idraulici della tempesta Vaia mentre l’imprenditore Paolo Sandri di Castel Ivano, presidente delle aziende boschive della Assoartigiani del Trentino, ha raccontato come l’intero comparto sta affrontando l’emergenza parlando di prezzi, mercato del legname con uno sguardo sul futuro. Spazio anche all’antropologo ed ex presidente del Club Italiano Alpino Annibale Salsa che ha sottolineato, a più riprese, come, alla luce
di quanto successo un anno fa, oggi sia necessario evitare l’accanimento dell’eccessivo imboschimento. “Ci vuole un cambio di passo. Non è detto che per ogni albero caduto bisogna impiantarne un altro. Ieri venivano piantati alberi a rapido crescimento ma oggi il paesaggio va gestito diversamente. Bisogna cambiare mentalità e puntare sul cambio di coltura. Il bosco non può e non deve arrivare fino alle case e l’avanzata delle piante pioniere è sotto gli occhi di tutti. La ricostruzione delle superfici forestali non è soltanto un problema di ordine tecnico ma anche culturale Il criterio della discontinuità, cioè piante di età diversa, è quello più sostenibile, dal punto di vista ecologico ma anche estetico e paesaggistico. Quanto accaduto la sera del 29 ottobre 2018 può essere l'occasione per riflettere sulla ricostruzione paesaggistico-ambientale futura – ha concluso - ripensando al riuso possibile degli spazi che si sono violentemente aperti e facendo tesoro degli errori del passato nell'intento di convertire un disastro ambientale in una nuova opportunità”.
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Medicina & Salute di Laura Fratini *
Counselor, psicologo, psicoterapeuta o psichiatra
Da chi andare se ho un problema? Andare a parlare con qualcuno della propria sofferenza non è mai facile. Spesso si attendono molti mesi o addirittura anni e, quando ormai convivere con i propri problemi inizia a compromettere in modo significativo i differenti ambiti della propria, si valuta la possibilità di rivolgersi ad uno psicologo. Purtroppo nella nostra realtà, ancora esistono molti pregiudizi su questa figura: mi preme ribadire il concetto che recarsi dallo psicologo non fa di noi uno ‘’svitato’’ e neppure un ‘’diverso’’, ma, al contrario, prendersi cura della propria salute mentale che va di pari passo con la propria salute fisica e con il benessere generale fa di noi delle persone sane che riconoscono il proprio disagio. Ma chi è lo psicologo? È importante differenziare le varie figure che esistono, sulle quali c’è poca chiarezza, e quindi è facile generalizzare, con il pericolo di rivolgersi alla persona sbagliata e di non riuscire poi a risolvere davvero il proprio problema. Qui di seguito vi voglio elencare le figure che potrete trovare e alle quali rivolgervi: Counselor: la figura professionale del Counselor (che tradotto letteralmente significa: consigliere) non è specificamente regolamentata dalla normativa italiana, né per quanto riguarda il percorso formativo necessario per diventare un Counselor, né per quanto riguarda la natura della propria attività professionale. Esiste una legge - la Legge 4/2013 - che disciplina le "professioni non organizzate in ordini e collegi", ma non esiste (come per gli Psicologi) una specifica legge per i Counselor. Di fatto per la legge italiana non esiste la figura del Counselor, di conseguenza chiunque può definirsi un Counselor in qualunque momento. Psicologo: Non è un medico ma un
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laureato in Psicologia ( 5 anni di formazione accademica). La preparazione dello Psicologo, al di là dalle capacità personali, non è clinica. Lo Psicologo alla fine acquisisce una preparazione che gli permette di seguire il paziente in equipe con altri colleghi (psichiatri, psicoterapeuti…). Psicoterapeuta: Deve essere un Medico o uno Psicologo che, dopo i rispettivi corsi di laurea, si è specializza-
to in una delle scuole riconosciute dallo stato (4 anni di specializzazione post laurea). Il tipo d’impostazione teorica risente della scuola di pensiero cui il terapeuta aderisce e si è formato. È un clinico che aiuta la persona a fare un percorso psicologico mirato, cosi che possa superare o rendersi consapevole delle difficoltà personali. Psicanalista: chi esercita la psicoanalisi, se non è un imbroglione, deve essere
Medicina & Salute
uno psicoterapeuta, quindi medico o psicologo che ha fatto poi una delle scuole quadriennali che abbiamo visto prima. Fatto ciò, deve chiedere ad una delle Società Psicoanalitiche - che sono essenzialmente quella freudiana e quella junghiana - l’ammissione. Psichiatra: laurea in medicina. Specializzato in Psichiatria (quattro anni di specializzazione post laurea), s’interessa delle alterazioni affettive e comportamentali gravi. Ha prevalentemente una impostazione di tipo organicistico. Può prescrivere farmaci. Ma quando si decide di rivolgersi ad uno psicologo? • per raggiungere una maggiore e migliore consapevolezza di sé, degli altri e delle proprie sfere vitali (familiare, sentimentale, sociale, lavorati-
va, scolastica), • per una crisi temporanea, • per dipanare dinamiche e difficoltà affettive, sociali, familiari, relazionali, scolastiche, lavorative, • per uscire da situazioni di stallo e/o blocco, • quando i sintomi (es. ansia, depressione, stress…) aumentano progressivamente di intensità e frequenza, persistendo troppo a lungo nel tempo e incidendo negativamente nella propria vita, • in caso di lutti ed eventi traumatici, • per liberarsi da eccesso di ansia, stress, impulsi, pensieri, paure, difficoltà, idee e sentimenti negativi (tristezza, idee fataliste sul futuro, paure irrazionali). Da non sottovalutare è la comunica-
zione e il confronto con i propri familiari che non sempre comprendono questo bisogno, perché possono essere preda di stereotipi oppure perché temono il giudizio altrui. Così, è necessario essere con loro sinceri e trasparenti nel dichiarare la propria necessità. Per aiutare se stessi occorre innanzitutto essere disposti a fidarsi del professionista che abbiamo davanti e essere disposti ad aprirsi: solo così potremo davvero superare un momento di difficoltà e vivere più felicemente la nostra quotidianità. * Dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 Trento Tel. 3392365808
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Salute & Benessere di Veronica Gianelo
Obesità in italia: problema sociale
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uando pensiamo alla malnutrizione la prima immagine che ci viene in mente è sicuramente quella di qualche bambino estremamente magro e sofferente: immagini di qualche paese sottosviluppato, molto lontano da noi. Eppure, stando a quanto afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malnutrizione indica “uno stato di squilibrio a livello cellulare fra il rifornimento di nutrienti e di energia—troppo scarso o eccessivo—e il fabbisogno del corpo per assicurare il mantenimento, le funzioni, la crescita e la riproduzione”. Fattori ai quali non sono esclusi i paesi più ricchi. Un rapporto Unicef proprio sul tema della malnutrizione, pubblicato a ottobre di quest’anno, mostra infatti chiaramente come spesso nell’immaginario comune la malnutrizione sia associata solamente a fenomeni di denutrizione. Purtroppo però, secondo queste analisi, la denutrizione è solo una delle sfaccettature di un problema globale e urgente che comprende anche l’ineducazione alimentare, le cattive abitudini, fino a sfociare in malattie come l’obesità. Se guardiamo i dati italiani, il nostro bel Paese è in piena crisi alimentare. In Italia è sovrappeso oltre una persona su tre, obesa una su dieci, diabetica più di una su venti ma oltre il 66% delle persone con diabete di tipo 2 è anche sovrappeso o obeso. I dati tra i soggetti più giovani e addirittura tra i bambini inoltre sono allarmanti. Dal 2000 al 2016, la percentuale di bambini sovrappeso fra i 5 e
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i 19 anni è raddoppiata da 1 su 10 a circa 1 su 5. Ad oggi la percentuale di bambini sovrappeso fra i 5 e i 19 anni è del 36,8%, con un aumento del 39,1% rispetto al 1990 Pare non esserci più una coscienza comune su cosa è buono, nutriente e salutare per il bambino...Ma nemmeno per gli adulti stessi. Nella fretta del mondo contemporaneo ci siamo dimenticati che siamo ciò che mangiamo, che l’educazione alimentare parte dalle scelte che facciamo ogni giorno, che come troviamo il tempo per andare dal medico, dal dentista o in palestra, così dobbiamo trovare il tempo per mangiare bene. C’è un luogo comune fin troppo diffuso che associa erroneamente il “mangiare bene” a riso in bianco, pollo scondito e qualche foglia d’insalata; mangiar bene vuol dire introdurre nel proprio corpo tutti i nutrienti necessari al proprio
funzionamento in base al nostro personale sviluppo e alle nostre abitudini. Questa dieta include proteine, grassi e carboidrati: tutti essenziali e insostituibili! Il problema alla base sta nella ricerca della qualità di ciò che mangiamo e nel giusto razionamento tra i vari macronutrienti. La società cambia inevitabilmente e la necessità di avere un pasto pronto in tempi rapidi ha portato ad un rapido aumento della commercializzazione di alimenti confezionati e surgelati, spesso con valori fortemente disequilibrati per la nostra dieta giornaliera. Si parla di “calorie vuote”, per riferirsi a questi prodotti che contengono un alto indice di zuccheri e grassi e che ci danno la sensazione di essere soddisfatti. Questa sensazione però è destinata ad avere brevissima durata: la fame torna presto e il nostro corpo non ha assimilato nulla di spendibile a livello energeti-
Salute & Benessere
co. Inutile dire che questa situazione si ripercuote non solo sul fisico, ma anche sulla mente: introdurre picchi glicemici sul lavoro o a scuola provocherà un senso di sovreccitazione seguito da un forte calo di energia e attenzione. Un altro grande pericolo nella scelta di ciò che mangiamo sono le “calorie nascoste”. Spesso il packaging di un
prodotto o il fatto che contenga “-30% di zuccheri”, che sia “senza olio di palma” o “biologico” ci porta a pensare che faccia bene. Purtroppo però troppo spesso basta leggere l’etichetta per renderci conto che anche nei prodotti apparentemente salutari si celano calorie e ingredienti da evitare. Un problema sociale quindi? la comunità scientifica concorda sul fatto che l’obesità sia una condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori genetici, psicologici e ambientali. Proprio per questo motivo, a ottobre di quest’anno è stata siglata la Carta dei Diritti e dei Doveri della persona affetta da obesità. Un
traguardo importante, come spiega il presidente dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica: “In molti casi, purtroppo, la persona con obesità è vittima di stigma sociale e mediatico che finisce per condizionare la propria qualità di vita. Per questo va considerata una priorità nazionale a livello sanitario, politico, clinico e sociale educare e accompagnare il cittadino o il paziente in un percorso di consapevolezza alimentare.” Attraverso il documento, medici e pazienti puntano al riconoscimento dell’obesità come malattia cronica caratterizzata da elevati costi economici e sociali e chiedono di implementare un Piano Nazionale sull'obesità che aiuti i malati e le loro famiglie in un percorso di cura.
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Medicina & Salute di Erica Zanghellini
La Emulazione
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a preadolescenza e l’adolescenza fanno parte del ciclo di vita e si caratterizzano come una fase evolutiva molto complessa, definiscono caratteristiche cognitive e relative alla personalità, tanto per citarne alcune. Anche gli aspetti emotivi hanno un ruolo fondamentale in questo periodo, spesso infatti durante l’adolescenza si sperimentano emozioni forti, contrastanti ed è evidente una propensione al “rischio” che deve essere tenuta sotto controllo da noi adulti. Quest’ultimo fenomeno possiamo definirlo come il mettere in atto comportamenti potenzialmente dannosi per la salute di se stessi o degli altri. Se uniamo questa propensione al fatto che durante questo stadio spesso il gruppo dei pari sostituisce la famiglia come riferimento, capite bene che stiamo entrando in un terreno incerto. L’ accoppiata, propensione al rischio e frequentazioni sbagliate possono essere estremamente dannose. I ragazzi infatti, insieme possono sperimentarsi, crescere ma, purtroppo possono anche influenzarsi negativamente. Esiste, sfortunatamente, il rischio di emulazione, le motivazioni possono essere le più disparate dal sentirsi riconosciuti dal gruppo, oppure per sentirsi forti, o ancora invincibili tanto per fare qualche esempio. Questo fatto spesso deve essere associato, anche alla fase tragica che
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caratterizza il mondo attuale, rispetto l’emergenza educativa che ci troviamo ad affrontare. I genitori attuali faticano a imporre limiti, a dire di no, e i ragazzi possono essere per questo ancora più in balia dell’altro. I limiti se da una parte sono così detestati dai giovani, servono per dare sicurezza, servono per imparare i valori, cosa e giusto e cosa è sbagliato e venendo meno invece i giovani sono spiazzati. Dobbiamo correre ai ripari, il prima possibile. Se è vero che il bisogno di rischiare può accompagnare l’intero ciclo di vita, questo bisogno così intenso che si traduce come un’alta assunzione di rischio in termini comportamentali va intercettato e modificato nei giovani. La letteratura ha individuato alcuni fattori che influiscono su come una persona percepisce il rischio. Possiamo dividerli in motivazioni
cognitive come l’ottimismo “irrealistico” e fattori endogeni tra le principali il senso della sfida nelle attività al limite e la ricerca di sensazioni. Individuare i soggetti a rischio diventa perciò indispensabile per evitare che ci siano conseguenze, anche irreversibili. Pensiamo semplicemente alle sfide di chi riesce a bere più bevande alcoliche durante la serata. Questo è uno dei tanti esempi. Basta uscire la sera, e frequentare locali dove si incontrano anche i giovanissimi, per vedere scene ad alto rischio. Ragazzi ubriachi fradici, che diventano soggetti deboli da svariati punti di vista. La possibilità che il proprio corpo non regga dosi così elevate di alcool mettendoli a repentaglio di coma etilico, giovani che possono facilmente diventare preda di valutazioni sbagliate e mettersi in situazioni azzardate solo per riferire alcune possibili
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conseguenze. E’ compito quindi di noi adulti, cercare di prevenire queste situazioni. Se da una parte gli adulti devono ricominciare a diventare delle guide per i propri figli, avere il coraggio di dire no, di non lasciarsi comandare, di non far decidere tutto a loro e soprattutto affiancarli nelle diverse situazioni della vita, non evitare loro qualsiasi situazione frustrante, dall’altra dovono essere anche il loro “luogo sicuro”. Cerchiamo di abituare i nostri figli a riflettere, facciamo capire loro che i limiti imposti sono necessari per preservare la loro salute. Dobbiamo far capire loro che il controllo da parte degli adulti non pregiudica la loro capacità di scegliere, né la loro possibilità di stare con gli altri, né tanto meno di divertirsi. Cerchiamo di intercettare eventuali sintomi di malessere o segnali di disagio. Osserviamoli, parliamoci. I giovani devo sentirsi accettati, ascoltati supportati, cosa importante cerchiamo di non essere giudicanti, altrimenti si chiuderanno a riccio e non avremo più la possibilità di confrontarci con loro. Poniamo particolare attenzione a diversi indicatori importanti per questa età, cioè cerchiamo di stare attenti agli even-
tuali insuccessi scolatici, alle difficoltà relazioni e a tutte quelle situazioni che il ragazzo vive come luttuose nel senso stretto ma, anche nelle situazioni che lui soggettivamente vive come tali. Per esempio in questa fase, un ragazzo può essere altamente in difficoltà a gestire la fine di una relazione amorosa. Se riusciamo a metterci all’ascolto i ragazzi piano piano si apriranno. Un’ attenzione particolare dobbiamo averla, cerchiamo di non minimizzare o banalizzare quello che il ragazzo ci riferisce, per noi adulti forse può essere una sciocchezza ma, proviamo a metterci nei suoi panni e vedremo che magari a quell’età anche per noi sarebbe stato un problema serio. Aiutiamoli a sperimentarsi, a progettare a crearsi una speranza, un obiettivo insomma, a puntare al futuro. Certo non è facile, ed in alcune situazioni granitiche o complicate, forse il genitore deve riuscire a chiedere aiuto, ma ricordiamoci che migliorare la situazione è possibile. Proviamoci.
* Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675
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Le cronache locali
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Le cronache locali LEVICO TERME
di Mario Pacher
In ricordo di un amico
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olte persone a Levico Terme ricordano ancora il maresciallo Pietro Moriconi che per tanti anni fu Comandante della locale Stazione Carabinieri. Persona nota per la sua vicinanza alla gente e attiva nel variegato mondo dell’associazionismo levicense. Sua fu l’iniziativa di fondare la locale sezione dell’associazione dei Carabinieri in congedo. Fu Nella foto I partecipanti al viaggio per ricordare Moriconi poi socio fondatore del Gruppo Amici della bicicletta, Presidente dei Combattenti e Reduci e dell’Associazione dei Fanti. Per ricordarlo, in occasione della ricorrenza del 7^ anniversario della sua morte, l’amico fraterno cav. Enzo Libardi con la preziosa collaborazione dei figli Morena e Osvaldo Moriconi, ha organizzato un viaggio a Barga, paese natale del maresciallo. Barga è un importante centro nel cuore della Garfagnana, ricco di storia e di monumenti. Lì, dopo la visita al duomo, è stata celebrata una S. Messa di suffragio in suo ricordo. Dopo il sontuoso pranzo in un ristorante del luogo, il programma è proseguito con la visita alla casa del poeta Giovanni Pascoli, che a Castelvecchio di Barga ha vissuto dal 1895 al 1912 e che ancora oggi conserva gelosamente gli arredi, la biblioteca e gli oggetti quotidiani del poeta. Il viaggio è continuato poi per la città di Siena dove si è pernottato, mentre il giorno successivo è stata visitata la città con l’accompagnamento di una guida. Oltre ai monumenti e luoghi più noti della città, è stata molto interessante la visita al museo della Contrada della Civetta, dove si è potuto respirare lo spirito che anima i senesi nel loro sentirsi contradaioli. Al viaggio, egregiamente organizzato in ogni suo aspetto, hanno partecipato 54 persone fra le quali il presidente dell’associazione dei carabinieri in congedo Remo Valentini ed il presidente della Federazione Provinciale dei Fanti cav. Giorgio Job. Il tempo trascorso in pullman è stato allietato dalla lettura di alcune poesie, tra il serio e il faceto, scritte dal maresciallo Pietro Moriconi e dalla simpatia dei barzellettieri Giorgio e Tullia.
LEVICO TERME
Auguroni
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li sposi Gino Cetto e Giuseppina Pompermaier, hanno festeggiato recentemente i 69 anni di matrimonio. Una festa in ambito familiare alla quale hanno partecipato i figli con le rispettive famiglie ed alcuni amici. Gino in particolare è una persona molto nota non solo a Levico Terme ma anche in tutta la Valsugana, per il suo lavoro inizialmente di fabbro e maniscalco a Selva di Levico e successivamente, come lavoratore del ferro, a Levico in via Gianettini dove abita con la famiglia. Al piano terra dell’abitazione, fanno bella mostra diverse opere di grandi dimensioni realizzate da Gino e raffiguranti personaggi storici del presente e del passato, nonché di fantasia. Una esposizione permanentemente aperta che è di grande attrazione non solo per i locali ma anche e soprattutto per i tanti turisti che frequentano la città termale. Gli sposi godono ancora di buona salute e abbiamo dato loro appuntamento per il prossimo anno quando festeggeranno i 70 anni di vita assieme. Un traguardo questo che potrebbe costituire un record per la città di Levico Terme. (M.P.)
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Volontariato & Solidarietà di Enrico Coser
Virginia Tortella... ... nuota per UILDM
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Domenica 27 ottobre sul lago di Caldonazzo si è svolto un evento che indubbiamente merita giusto e degno rilievo. Virginia Tortella “la rana del Garda”, è chiamata simpaticamente così, (nata a Pacengo e vive a Peschiera) ha effettuato una traversata a nuoto da San Cristoforo a Caldonazzo che ha lasciato tutti emozionati. Seguita da Nicola Valenzin, coach talentuoso e preparatore di carattere, abbiamo vissuto un’esperienza “unica” e ricca di significati. Una traversata non facile da realizzarsi anche per la temperatura dell’acqua che, come hanno confermato i vigili del fuoco volontari che hanno seguito e dato supporto tecnico all'evento, era vicina ai 13-15 gradi. Noi, sulla riva di Caldonazzo, l’abbiamo, seguita, applaudita e con lei partecipato a un progetto che da tempo la vede in campo, anche per ricordare la figura scomparsa del fratello Massi-
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miliano. Un evento, questo, di grande valenza e significato umano, che segue le traversate dei laghi di Garda, di Bracciano, d'Orta e di Endine presso Bergamo. Virginia, al suo arrivo, ci testimonia che con quest’ultima traversata ha voluto e vuole, non solo dimostrare affetto e riconoscenza per una perso-
na che ha dato tanto, che era inserita nella comunità di Peschiera, ma anche per portare a termine un progetto a favore dell’ UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare di Verona. Sì perchè ogni “sua” traversata è dedicata a un’associazione che si muove nell'orbita del volontariato. E l’ha fatto come soltanto lei sa fare, a modo suo, senza falsi carismi, con generosità e dedizione e tanto sacrificio, dedicandosi e preparandosi a un progetto che vede suo fratello Lorenzo, ancora presente e al suo fianco. Generosità, dedizione e tanto sacrificio Si’, perché la “nostra” Virginia è, quotidianamente, a fianco di chi soffre, di chi è penalizzato e di chi è colpito da malattie e disagi. E lo fa per dimostrare che si può essere partecipi e considerare lo sforzo, anche fisico, necessario per contribuire a migliorare la vita dei meno fortunati. Il lago sembrava un’arena. Lei al centro con una nuotata magistrale, perfetta e concentrata. Ogni bracciata metteva in mostra emozione e impe-
Volontariato & Solidarietà
gno che in un tutt’uno generava un messaggio per spartire e condividere i desideri e la testimonianza di Jules Talon, giovane colpito da distrofia muscolare e costretto su una sedia a rotelle, ma carico di speranze. Sempre positivo nell'affrontare una quotidianità che lo vede continuamente alla ricerca di un lavoro, dopo una laurea, in grado di soddisfare le sue aspettative e dimostrare agli altri le personali capacità. La signora Ornella Giusti, pure lei colpita dalla malattia, ma con una serenità espansiva contagiosa, ci ha raccontato di quanto la ricerca sia importante per supportare l'Associazione, volano non solo di benessere e speranza per tutti i malati e loro familiari, ma anche occasione per trovare risposte e garantire un servizio riabilitativo a sostegno della persona nel suo ambiente familiare e sociale e alla sua integrazione e partecipazione
alla vita collettiva. L'arrivo è stato emozionante. Eravamo tutti partecipi e carichi di ammirazione. Ci siamo stretti a Virginia quanto è uscita dall'acqua e Lei ha condiviso con noi i suoi ideali, le sue motivazioni e il suo progetto. Ci ha indicato la strada della solidarietà e ci ha fatto comprendere che diventare socio di un’associazione di volontariato significa donare tempo e partecipazione. Anche il presidente del Consiglio Regionale Roberto Paccher ha voluto salutare a nome della Comunità e congratularsi con Virginia per questa splendida iniziativa sottolineando l'importanza di mettersi in gioco a favore di chi si presenta sulla linea di partenza penalizzato. Grande Virginia, le tue bracciate ci dicono che possiamo farcela. C'e' speranza. E Tu hai veramente lasciato una buona e indelebile traccia. Il Trentino ti saluta e ringrazia.
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Le cronache locali BORGO VALSUGANA
Arte Sella WOWnature
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ue realtà, tra loro diverse, ma con un unico scopo: aiutare la natura a rinascere. E quando si parla di natura in Val di Sella diventa automatico pensare ai suoi boschi ed all’attività messa in campo, da oltre 30 anni, da Arte Sella. Una realtà che ha scelto di sostenere l’iniziativa WOWnature, creata da Etifor (spin-off dell’Università di Padova), per la sua capacità di unire competenze tecnico-scientifiche e un approccio innovativo: i boschi rinasceranno, infatti, grazie al contributo di privati cittadini, enti pubblici, aziende private e associazioni. Si è parlato anche di questo domenica scorsa a malga Costa con diversi sostenitori che hanno deciso di contribuire all’impianto dei nuovi alberi conWOWnature ad Arte Sella (Photo credits STEFANO FABRIS PHOTOGRAPY) frontandosi anche su come sia possibile ripensare il rapporto fra uomo e natura e iniziare a ricucire la ferita inflitta a questo territorio dalla tempesta Vaia. Visitando il portale wownature.eu è possibile scegliere di sostenere diverse aree montane colpite da Vaia contribuendo all’intero processo di crescita del bosco: dalla nascita in vivaio fino alle attività di manutenzione della foresta. Tra queste anche Arte Sella e l’intera Valsugana dove il team di Etifor e WOWnature sono intervenuti e interverranno nei prossimi mesi, nelle particelle di bosco che necessitavano di un intervento selvicolturale per rendere possibili e sicure le attività turistico-ricreative. “Lo scopo del progetto – spiega Lucio Brotto, socio di Etifor e creatore di WOWnature - è di creare un rapporto di sostegno reciproco e di partecipazione attiva fra amministrazioni pubbliche, aziende e cittadini per prendersi cura di un bene comune dall’immenso valore. I nostri progetti prendono vita da un approccio profondamente scientifico e tengono sempre in considerazione le regole della buona gestione forestale, nel rispetto degli standard ambientali, sociali ed economici certificati dal Forest Stewardship Council® (FSC)”. (M.D.)
CARZANO
L’Associazione Legionari Cecoslovacchi
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a delegazione cecoslovacca doveva essere presente all’annuale appuntamento di Carzano. Ma i rappresentati dell’Associazione Legionari Cecoslovacchi, con sede a Praga, avevano promesso al presidente del Comitato 17 Settembre Piera Degan che sarebbero arrivati in Valsugana. E così è stato. Accolti dal sindaco Cesare Castelpietra e dalla presidente, dopo aver partecipato ad una commemorazione a Nago Torbole, hanno voluto ricordare la presenza, oltre un secolo fa, di vari connazionali nella battaglia del Sogno di Carzano contro l’esercito Carzano, Legione cecoslovacca austro-ungarico. La delegazione era guidata dal presidente dell’Associazione Legionari Cecoslovacchi colonnello Jirì Vlasàk e dal rappresentante del ministero della difesa Pavel Filipek che, per l’occasione, ha consegnato al presidente del Comitato una medaglia ricordo per il grande lavoro fatto in questi anni di recupero della memoria collettiva. Rigorosamente vestiti con l’abbigliamento d’epoca (la divisa degli alpini, berretto piumato compreso, in dotazione all’esercito durante la Prima Guerra Mondiale) hanno voluto tendere omaggio a tutti i caduti di quella sanguinosa battaglia. (M.D.)
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Le cronache locali
Poste italiane
I nuovi ATM postamat in Valsugana
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oste Italiane ha installato quattro nuovi sportelli automatici ATM Postamat nei Comuni di Carzano, Samone, Ronchi Valsugana e Telve di Sopra presso i quali risiedono rispettivamente 526, 549, 452 e 599 abitanti. L’installazione è parte di un più ampio progetto che ha l’obiettivo di estendere la presenza capillare di Poste Italiane nei territori non direttamente serviti da un Ufficio Postale per meglio soddisfare le esigenze delle comunità locali come promesso nei “dieci impegni” per Carzano i piccoli Comuni presentati dall’Amministratore Delegato, Matteo Del Fante, in occasione dell’incontro con i “Sindaci d’Italia” dello scorso 26 novembre a Roma. Disponibile sette giorni su sette ed in funzione 24 ore su 24, l’ATM Postamat consente di effettuare operazioni di prelievo di denaro contante, interrogazioni su saldo e lista dei movimenti, Ronchi Valsugana ricariche telefoniche e di carte Postepay, accanto al pagamento delle principali utenze e dei bollettini di conto corrente postale. Samone Il nuovo Postamat di ultima generazione può essere utilizzato dai correntisti BancoPosta titolari di carta Postamat-Maestro e dai titolari di carte di credito dei maggiori circuiti internazionali, oltre che dai possessori di carte Postepay. Lo sportello è anche dotato di monitor digitale ad elevata luminosità e di dispositivi di sicurezza innovativi, tra i quali una soluzione anti-skimming capace di prevenire la clonazione di carte di credito e un sistema di macchiatura delle banconote. L'iniziativa è coerente con i principi ESG sull'ambiente, il sociale e il governo di impresa, rispettati dalle aziende socialmente responsaTelve di Sopra bili, che contribuiscono allo sviluppo sostenibile del Paese.(M.D.)
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Le cronache locali NOVALEDO
Il restauro della chiesa
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ono iniziati a Novaledo i lavori di restauro della chiesa parrocchiale di Sant'Agostino, sia per i danni provocati dalla tempesta Vaia, sia per quelli dovuti all'usura del tempo. In particolare, secondo il progetto redatto dall'architetto Cristina Mayr, è prevista la rimozione e sostituzione del manto di copertura in tegole e lamiera e la sostituzione della parte lignea, il rifacimento degli intonaci e delle tinteggiature danneggiate dal maltempo, un intervento di rinforzo della facciata principale ed altri interventi di manutenzione e di completamento, la ritinteggiatura delle pareti interne interessate dagli interventi di risanamento degli intonaci e delle lesioni e la ritinteggiatura delle pareti esterne. L'importo dei lavori ammonta ad oltre 400 mila euro, di cui circa 300 mila euro per lavori e 100 mila per spese tecniche e amministrative. Le opere saranno finanziate con somme a disposizione della Parrocchia, con l'indennizzo dei danni da parte dell'assicurazione per 80 mila euro e con il contributo della Provincia autonoma di Trento per 242 mila euro. Data la situazione economica della Parrocchia, è stato richiesto un contributo anche alla Commissione episcopale italiana tramite l'8 per mille. Altro intervento urgente riguarda il tetto della canonica per il quale non ci sono contributi, ma solo l'indennizzo dell'assicurazione per i danni di fine ottobre 2018. I lavori dovrebbero essere ultimati entro l'anno in corso e, nel frattempo, le funzioni religiose si stanno svolgendo presso la sala polivalente di casa Zen. Orientata lungo l'antica strada imperiale della Valsugana, la parrocchiale di sant'Agostino sorge nella zona centrale dell'abitato di Novaledo. Eretta a navata unica, nel 1724, fu ampliata con l'aggiunta delle due navate minori nel 1857. Danneggiata nel corso della prima guerra mondiale, la chiesa venne ristrutturata e modificata nell'assetto del presbiterio tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta del Novecento, per adeguarla alle rinnovate esigenze liturgiche del Concilio Vaticano II.(M.P.)
CALDONAZZO
Tanti Auguri
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ono state festeggiate domenica 20 ottobre, presso la sede del Gruppo, le socie più anziane di questa piccola ma importante associazione. Dopo il saluto della presidente Rita Girardi, le tre novantenni: Alma Ciola, Angela Curzel e Pierina Ghesla, tutte della classe 1929, sono state premiate con un bel mazzo di fiori. Poi il taglio della torta che è stata distribuita a tutti i soci presenti e tanta musica proposta dal fisarmonicista Marco Fortarel. (M.P.)
LEVICO TERME
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n questa foto d’epoca fornitaci da Ferruccio Galler, vediamo il comandante del boeing 747 dell’Alitalia Gianni Branzi da Rovereto, quando trasportava in Argentina, in viaggio apostolico, Papa Giovanni Paolo 2^ negli anni del suo pontificato. Il Branzi, ci ricorda Galler, lavorò per alcuni anni, fra il 1950 e il 1960, presso la Piccola Opera ( ora Centro don Ziglio ) di Levico Terme, quando la sede era presso le vecchie caserme di Levico. (M.P.)
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Le cronache locali PERGINE VALSUGANA
La festa dei nonni
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a avuto grande successo a Pergine Valsugana la “Festa dei Nonni”, organizzata dalla locale Associazione Auser e svoltasi presso la sala al piano terra dell’Istituto Maso San Pietro, ai Tre Castagni, grazie alla disponibilità del responsabile dell’Istituto padre Beppino Taufer dei Padri Camilliani di Trento, che da alcuni anni collabora con l’Associazione. L’appuntamento è iniziato ancora al mattino con la celebrazione di una Messa ed è proseguito nel pomeriggio quando hanno partecipato almeno 150 nonni provenienti dal perginese, dalla valle di Cembra e da altri paesi della Valle. Dopo le parole di benvenuto da parte del presidente Auser Armando Pergher e di padre Beppino, si è dato il via alle danze con le musiche di Leonardo. Un piatto di pasta all’amatriciana è stato offerto poi a tutti gli intervenuti, e la festa si è conclusa con la distribuzione della torta accompagnata da buon prosecco, che è stata tagliata dai “supernonni”, cioè dai bisnonni presenti alla festa. (M.P.)
CALDONAZZO
Inaugurato il “Girasole”
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Il paese di Caldonazzo ha ora un nuovo e importante centro servizi che si trova in viale della Stazione ed è chiamato “Il Girasole”. La nuova struttura è stata inaugurata alla presenza di tanti cittadini e di rappresentanti di associazioni che hanno collaborato nella realizzazione del centro. All’interno sono stati ricavati grandi locali che sono a disposizione di tutte le persone anziane della zona dei laghi. Il tutto si è reso possibile grazie alla collaborazione fra l'amministrazione comunale, la Provincia, la Comunità di valle, gli assistenti sociali e gli iscritti al Circolo Anziani del paese. “Si tratta di una struttura importante, ha sottolineato il sindaco Giorgio Schmidt all’inaugurazione, attesa da tempo e programmata ancora dagli amministratori precedenti”. Hanno reso particolarmente festoso il momento dell’inaugurazione anche bambini e i ragazzi della Scuola musicale che hanno intonato diverse allegre canzoni. La responsabile del Servizio Socio Assistenziale della Comunità di Valle Francesca Carneri ha ricordato come i servizi che verranno svolti sono gli stessi che in passato si svolgevano al terzo piano di casa Boghi. L’assessore Alberto Frisando della Comunità di Valle si occuperà ora del buon funzionamento mettendo a disposizione il personale qualificato. La vicesindaco Elisabetta Wolf ha precisato che quello non sarà destinato solo alle persone anziane, bensì sarà un luogo aperto alla socialità. Nello stesso stabile troveranno la loro sede anche gli iscritti al Circolo Anziani Pegoretti, che da tempo la attendevano. (M.P.)
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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *
Tempesta Vaia: un anno dopo A fine ottobre è ricorso il 1° anniversario della devastante depressione Vaia, che tanti danni (si parla di circa 370 milioni di Euro in Provincia di Trento) e purtroppo anche morti, ha causato in Trentino e in genere in quasi tutta Italia. In questo articolo ripercorriamo quello che è successo.
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Il mese di ottobre 2018, almeno nei primi 25 giorni, era stato contraddistinto da tempo stabile e praticamente assenza di precipitazioni (a Levico ad esempio erano caduti 15,6 mm il giorno 1 e 2,6 mm il giorno 6, poi totale assenza di precipitazioni dal 7 al 25), con temperature sopra la media, in particolare il giorno 24 un episodio di foehn aveva fatto registrare temperature massime da record per il periodo, il 24 ottobre la massima a Levico Terme (ma il discorso vale per gran parte della Provincia), aveva raggiunto i +28,7°C alla stazione meteo del sito www.meteolevicoterme.it, +29,2°C alla stazione meteo della Fondazione Mach e +27,6°C alla stazione di Meteotrentino. Risalendo nello storico, disponibile fino al 1939, troviamo una temperatura massima di +27,3°C nel 1995. Successivamente è arrivata Vaia, innanzitutto perché si chiama così? L'istituto di Meteorologia della Freie Universität (Libera Università) di Berlino fin dagli anni '50 del secolo scorso mette a disposizione un nome di donna in modo da assegnarlo in modo casuale a uno specifico evento, l'evento del 26-30 ottobre 2018 ha casualmente preso il nome della signora Vaia Jakobs, manager di un grande gruppo multinazionale, grazie a un regalo originale del fratello. Tornando ad argomenti più scientifici cosa è successo meteorologicamente parlando a fine ottobre?
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Nei giorni successivi all’episodio di foehn si è creata una situazione di blocco, ovvero un’alta pressione sull’Europa dell’Est, mentre sabato 27 arrivava una perturbazione da nord sulle coste dell’Atlantico in Francia, in quel momento è iniziato un forte richiamo di aria umida e mite dal Mediterraneo occidentale, verso l’Italia con conseguenti correnti umide da libeccio e piogge, mentre sull’Europa orientale rimaneva l’alta pressione con conseguente permanere del blocco di cui sopra che contribuiva pertanto a far stazionare il flusso meridionale (con precipitazioni) sulla nostra Provincia. Le piogge sono state talmente abbon-
danti che si sono battuti in molte zone record di precipitazioni in 24 ore, a Levico ad esempio si è rilevato il giorno più piovoso di sempre come quantità di pioggia e la quantità più elevata di pioggia di sempre in pochi giorni da quando ci sono dati disponibili (1921). L’esondazione del fiume Brenta e della Vena ne sono stati testimoni eloquenti (vedi Valsugananews numero di dicembre 2018). Tuttavia Vaia sarà ricordata più che per le precipitazioni per il vento. Le raffiche il 29 ottobre hanno raggiunto valori record, alcuni dati: 191,5 km/h alla stazione di Meteotrentino ai 2035 m. del Passo del Manghen e ben 217,3
Che tempo che fa
km/h ai 1970 metri di Passo Rolle, mentre la stazione meteo del sito www.meteolevicoterme.it situata a 450 metri in linea d’aria dal Parco Asburgico delle Terme di Levico (che tanti danni ha subito in termini di schianti di alberi e non solo) ha raggiunto i 117,4 km/h. In questo caso stiamo parlando di raffiche ovvero della velocità rilevata in un determinato istante, ma impressionanti sono stati anche i valori della velocità media del vento rilevata in 10 minuti, che è quella che si utilizza per determinare l’intensità dello stesso secondo la scala di Beaufort, ad esempio al Passo del Manghen (dati Meteotrentino), la velocità media ha superato due volte i 90 km/h il che sulla Scala Beaufort equivale ad un “Vento di Tempesta”. Quindi dopo la prima fase di maltempo del 27 e 28 ottobre, c’è stata una pausa nelle precipitazioni, tuttavia la depressione Vaia si è approfondita poco ad ovest della Corsica acquisendo potenza,
grazie ancora ad un mare particolarmente caldo da un lato e all’arrivo di una irruzione fredda dalla Valle del Rodano, che ha provocato un calo della pressione difficilmente ritrovabile negli annali meteorologici, raggiungendo un minimo di 978 hpa (tra i valori più bassi degli ultimi 200 anni). I venti sono stati quindi provocati da questa “enorme” depressione a cui si sono poi aggiunti i venti associati ai temporali locali. (in fig. 1 la situazione da satellite alle ore 20.25 del 29 ottobre 2018)
Stanno proseguendo i lavori di recupero del legname schiantato, ci vorrebbe un intero numero di Valsugana News per poter riportare le fotografie dell’attuale situazione delle zone devastate, per chi possiede un profilo Facebook sono stati realizzati nelle scorse settimane dei video da Valsugana Web Tv, nelle diverse zone della Valsugana, e sono disponibili nella relativa pagina FB. Qui a fianco sono riportate in fig. 2 e 3 la situazione a Passo Vezzena e a Passo Manghen il 12 ottobre 2019.
* Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti da Provincia Autonoma di Trento e Fondazione Edmund Mach
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o d n a l l e r he
Maurizio a cura di
Cristini
Gioc
DIAMO I NUMERI A ciascuno dei soggetti sotto elencati, è associabile un numero che per un particolare motivo lo riguarda. Trovate i vari numeri, riportateli nello spazio a destra ed effettuate i calcoli indicati. Quale totale otterrete? A) CAPITANO NEMO
............... +
B) ALEX BRITTI
................ -
C) ADRIANO CELENTANO
................ -
D) COMPUTER HAL
............... +
E) VALENTINO ROSSI
............... +
F) GIUDA ISCARIOTA
............... +
G) RENATO FIACCHINI
................ -
H) MAX PEZZALI
................ -
I) CRUDELIA DEMON
............... +
L) FRANCESCO TOTTI
................ -
M) EOLO
................ -
N) ANTONIO VIVALDI
............... =
TOTALE
..................
SOLUZIONI NR. DI OTTOBRE 2019 CRUCI... TRENTINO LAVARONE
mamma orsa - 2. Gabbia per polli - 3. Molto... trentino - 4. Grigio come un giorno di novembre - 5. In coda al cane! - 7. Lo sono gli amori privi di passione - 8. L'oro in chimica - 9. La Ullmann attrice - 10. Termine generico che descrive un oggetto del quale non si ricorda il nome - 11. Lacerare con violenza - 12. Vitigno bianco siciliano usato per preparare il vino Marsala - 14. Con in latino - 15. Il cuore di Mozart - 18. La prima donna - 21. Monte del Bellunese fatto parzialmente saltare con mine nel 1916 per creare un passaggio alle truppe italiane verso Trento - 24. Quasi a contatto, vicinissimo - 25. Uscire dagli argini - 26. E' sede di un'articolazione della gamba - 27. Caserta - 28. Mammifero sudamericano che fornisce una lana molto pregiata - 31. Quelli di cervi, daini e caprioli sono ambiti trofei nei salotti di tanti cacciatori trentini 33. La Negri famosa poetessa italiana - 35. Ripetuto, è il rombo cupo di un tamburo - 37. Il monte sul quale Mosè ricevette le tavole del Decalogo - 39. La sigla dei voli Alitalia - 43. Riducono gli attriti - 44. Il nomignolo di Messi - 46. Girava 33 volte in un minuto - 48. La cantautrice senese di Fotoromanza e Bello e impossibile (iniz.).
VERTICALI: 1. In un film del 2014 è il nome di un cucciolo di orso polare separato dalla
ORIZZONTALI: 2. Il nome del caratteristico locale riscaldato delle vecchie case trentine - 6. Una celebre società Polisportiva ferrarese - 10. In autunno hanno le chiome piene di ricci - 13. Egli, esso - 14. Un' indennità che adeguava la busta paga al costo della vita - 16. Consunti e logori - 17. Gli arti inferiori dei paiti a Serso - 19. La comune caffettiera - 20. Val poco... senza testa! - 22. A primavera si mangiano sodi coi denti de can e il conziero - 23. Massiccio montuoso delle Prealpi Bergamasche - 27. Il calcio in chimica - 29. Un centauro e un regista morti entrambi tragicamente negli anni '70 - 30. Città texana al confine col Messico - 32. La capitale del Bangladesh - 34. Un luogo comune li paragona ai... serpenti! - 36. Una grave infezione virale (sigla) - 38. Pianticella con fiori giallo-arancio dalle svariate proprietà officinali detta anche "fiorrancio" - 40. Preposizione articolata - 41. Sulla targa dei Carabinieri - 42. Un percorso per MTB o per running sopra Caldonazzo - 45. Il Gustav grande compositore austriaco - 47. Lo è l'ottone - 49. Una benzina italiana - 50. Fughe dalle galere.
1,5 â‚Ź - COPIA OMAGGIO
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrĂ il nome di un Partner della manifestazione "Il Festival dello Sport ", tenutasi a Trento nel mese di ottobre 2019.
ANNO 5 - NR. 9 novembre 2019
o Periodico gratuit e cultura
CACCIA AL NOME 1. OTTENERE ONOREFICIENZE SUL LAVORO
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2. MISSIVA NON ANCORA RECAPITATA
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3. LUCE ABBAGLIANTE ACCESA REPENTINAMENTE
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4. INSTALLARE INTERRUTTORI A NORMA DI LEGGE
O
5. MIO NIPOTE E' SPASSOSO: CON LUI GIOCHEREI TUTTO IL GIORNO
L
6. LA PAROLA VANGELO SIGNIFICA "BUONA NOVELLA"
A
7. PAGARE ELEVATE SPESE CONDOMINIALI
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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio
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Il numero di novembre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 4 novembre 2019
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