Valsugana News n. 8/2019 Ottobre

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Editoriale di Waimer Perinelli

È solo questione di soldi

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reta Thunberg ha ruggito quando Donald Trump ha attraversato la gremita sala dell'Onu a New York. Non l'ha proprio vista. Eppure deve avere ascoltato, senza arrossire, fra le quinte il discorso della giovane. Arrossire, sia pure di vergogna, sarebbe stata una fonte di calore. Ma il tema non sembra essere nelle corde del presidente di uno dei più grandi ed inquinanti paesi del mondo. Trump ha deciso che la ragazzina non esiste. Non lo ha turbato nemmeno la decisione della Russia di attuare, con quattro anni di ritardo, l'accordo di Parigi con cui si vorrebbe contenere l'innalzamento della temperatura entro i due gradi centigradi. L'allarme è grande: siamo vicini al punto di non ritorno. "Come osate! Voi avete rubato i miei sogni, la mia infanzia, ha tuonato dal palco la sedicenne Greta, come osate! Da voi grandi solo parole vuote". Un j'accuse motivato da parte di una novella Giovanna D'arco poco disposta a morire sul rogo. "E' tutto sbagliato. Non dovrei essere qui, ha

Greta Thunberg

continuato, dovrei essere a scuola dall'altra parte dell' Oceano". Ha ragione come l'hanno con lei migliaia di ragazzi usciti dalle scuole per protestare contro l'inerzia o peggio l' incapacità dei governanti e l' avidità degli speculatori. C'erano i rappresentanti di 66 paesi all'anteprima della 74esima Assemblea generale dell'Onu, chamati dal presidente Antonio Guterres e ripetere il giuramento di Parigi. Richiamati bruscamente alle colpe per i mancati obiettivi, l'inalzamento della temperatura terrestre e il conseguente scioglimento dei ghiacciai antartici, l' aumento delle emissioni di anidride carbonica, i diplomatici hanno applaudito come se il problema riguardasse altri. Chi? Siamo tutti seduti sul ramo che viaggia nello spazio e loro applaudono mentre lo segano. Certo la Germania ha stanziato cento miliardi di euro entro il 2050 per il piano verde, l'Italia ha manifestato buona volontà, il Giappone, non invitato perchè progetta nuove centrali elettriche funzionanti a carbone, ha presenziato comunque e ha promesso un futuro virtuoso. Ma il tempo stringe e i giovani lo sanno: il loro futuro dipende dalla capacità di modificare il modello di vita. Il 15 marzo scorso erano in 100 mila in piazza a Milano, cinquantamila a Napoli, trentamila a Roma. Milioni nel mondo dove le manifestazioni si sono svolte in 100 nazioni e 1970 città. "Ci stiamo rompendo i polmoni" diceva un cartello alla ma-

nifestazione per il verde; e un altro recitava "Un rifiuto al giorno, toglie il mondo di torno", un altro ancora "Grazie Greta, salviamo l'ambiente". Nel prossimo futuro sono annunciate nuove imponenti manifestazioni e il ministro dal poetico nome di Fioravanti avanza l'idea che gli studenti siano autorizzati a marinare la scuola in difesa dell'ambiente. Questo eviterà, forse, scontri diretti su un problema che sta ricalcando le modalità del 1968. La parola d'ordine era "libertà" tradotta in slogan come "vogliamo pensare", ingenui come "vietato vietare" o trasgressivi "fate l'amore non fate la guerra". Ce n'era uno profetico: consumate di più, vivrete di meno. Oggi la parola magica è: Ambiente. Tanto pronunciata quanto abusata. Lo sanno molte grandi imprese volonterose, presenti a New York. Altre, la maggior parte, che si stanno attrezzando per sfruttare le possibilità economiche del modello economico verde. Dobbiamo avere fiducia nell'avidità. In fondo è solo una questione di soldi: se il nuovo mondo permetterà grandi affari, allora salveremo la terra.

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SOMMARIO ANNO 5 - OTTOBRE 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ info@valsugananews.com www.valsugananews.com

Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Editoriale Sommario Il personaggio: Flavia Piccoli Nardelli Per non dimenticare: Flaminio Piccoli Borgo: il nuovo comandante del carabinieri Eleonora Mezzanotte: la miss acqua e sapone Verona e il teatro: Elena e la tragedia greca USA: il primo Gay Pride Le donne e la guerra Il teatro e i bambini Bambini dimenticati: e la tragedia continua I diritti civili LGBT Il sentiero del Paseto Il calo delle nascite in Trentino Gli antichi sentieri

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TRA VINO E BIRRA Bacco, dio del vino Enologia in Trentino Viticoltura in Valsugana La vendemmia: storia e cultura La birra, bevanda antica La birra, abbinamento con la pizza Il gin, re del cocktails

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Teatro popolare: il Club Armonia Immobiliare: crisi SÌ, crisi NO? Il Principe vescovo: Federico Vanga Transizione: il libro di Giliola Galvagni Castelli e ruderi in Valsugana Cima Dodici: una croce per la storia di Borgo Il giorno del Ringraziamento I mulini della Valsugana Halloween negli USA

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Medicina & Salute: il lutto perinatale Medicina & Salute: La fobia - Come affrontare le paure

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Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Come eravamo Una sfilata d’altri tempi Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Che tempo che fa Le cronache locali Giocherellando

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Toni Morrison: Nobel per la letteratura Pag.14

La prostituzione in Trentino Pag. 20

Chiara Presa: Passione per la danza Pag 58

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Il personaggio di Waimer Perinelli

Flavia Piccoli Nardelli La cultura trentina a Roma

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lavia Piccoli Nardelli è una trentina che vive a Roma. Ma non per caso. E' nata a Trento il 6 luglio del 1946 quando il padre, Flaminio, era un trentunenne emergente della Democrazia Cristiana, quella di Alcide De Gasperi, il fondatore del partito, uno dei padre dell'Europa. Flaminio era nato nel 1915 a Kirchbichl, nel Tirolo austriaco, dove la famiglia originaria di Borgo Valsugana, era stata confinata allo scoppio della Grande Guerra. La incontro nella Biblioteca della Galleria dei Presidenti, a Montecitorio. Siamo circondati dai ritratti di coloro che hanno presieduto la Camera dal Regno d’Italia a oggi. E’ una donna dallo sguardo vivo, brillante, un sorriso aperto e cordiale. La voce è calma, pacata e stride con l’immagine della politica urlata di oggi. Flavia, l’onorevole Piccoli Nardelli, a Roma ha studiato e insegnato , dal 1989 al 2013 è stata Segretario generale dell'Istituto Luigi Sturzo e nel 2013 è stata eletta alla Camera dei deputati per il Partito Democratico, nella circoscrizione Piemonte 2 e successivamente rieletta nel 2018 nella circoscrizione Lazio 1. Il 21 luglio del 2015 è stata nominata presidente della VII Commissione cultura, di cui era stata vicepresidente dall'ottobre del 2014. Nella diciassettesima legislatura è stata nel Direttivo dell' Intergruppo Parlamentare cultura e sviluppo che riuniva sessanta deputati di tutti gli schieramenti. Due figli e quattro nipoti, una vita dedicata alla cultura. E alla politica, anche se ritiene che: “Non bisogna sopravvalu-

L'Onorevole Flavia Piccoli Nardelli

tare quello che la politica può fare per noi...”. Un invito a essere protagonisti della propria vita, rivolto specialmente ai giovani per i quali la politica deve avere sempre un grande valore pedagogico. “Ricordo mio padre giornalista, direttore del quotidiano l'Adige che aveva fondato nel 1951, che al telefono dettava l'editoriale raccomandando sempre l'attenzione ai giovani, alla formazione, alla scuola, all'impegno sociale”. Erano i tempi di una Democrazia Cristiana capace di attrarre, con ideali cattolici, le diverse componenti sociali dagli artigiani, ai commercianti, dagli agricoltori, al mondo della cooperazione. Per più di 20 anni, dal 1989 al 2013, ha lavorato ed è stata Segretaria Generale dell’Istituto Luigi Sturzo ed in questa veste è tornata più volte in Valsugana. Proprio a Borgo, diventata centro vitale

delle iniziative in ricordo di Alcide De Gasperi, il grande Statista trentino. “Borgo si trova fra le due case di De Gasperi, dice, quella dov’è nato, in Tesino, e Sella, dove è morto, dall’altra parte della Valsugana.” Borgo e la Valsugana sono parte dei ricordi, delle emozioni di famiglia, e di quegli anni in cui Alcide De Gasperi veniva commemorato da personalità quali Pietro Scoppola, Gabriele De Rosa, Leopoldo Elia, Sergio Mattarella, intellettuali formati quando la DC era un partito forte. “Un partito che sapeva mediare, dice l’onorevole, per la cui salvezza mio padre si è speso fino all’ultimo respiro. La forza della Democrazia Cristiana era il radicamento nel territorio, la collaborazione fra le diverse componenti sociali che formavano una rete spendibile con alti ideali.” L'obiettivo più importante raggiunto è

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Il personaggio

In nostro Waimer Perinelli con Flavia Piccoli Nardelli a Montecitorio nella sala della Camera dei Deputati

una autonomia compiuta, oggi invidiata ed invocata da altre regioni. L’ autonomia che aveva a Roma difensori come Alcide De Gasperi, Bruno Kessler, Beniamino Andreatta, e naturalmente Flaminio Piccoli. Flavia Piccoli Nardelli ricorda quei momenti con serenità anche se dice, “Bisognerà riscrivere la storia del Doroteismo, di Mariano Rumor, di mio padre, impegnati a portare avanti il Paese con equilibrio; un Paese in cui l’ascensore sociale (la

mobilità) funzionava, in cui la famiglia poteva sperare che i figli avessero un futuro migliore. Un modello sostenuto da un cattolicesimo vissuto, forte ma laico”. Un modello difeso da Flaminio fino alla morte, con l’intelligenza e la tenacia dei montanari, dei valsuganotti. Una battaglia persa. Dal 1994 la frantumazione, lo smembramento che Flaminio Piccoli ha vissuto con sofferenza da ex Presidente dell'Internazionale Democristiana, da ex segretario politico della Democrazia

Cristiana (2 volte), da ex capogruppo alla Camera dei deputati, per sette anni, da ex Presidente del Partito fino alla morte avvenuta nel Duemila. Flavia Nardelli Piccoli, lasciato l’insegnamento e, nel 2013, la segreteria dell’Istituto Luigi Sturzo, ha aderito come tanti di coloro che hanno raccolto l’eredità democristiana, al Partito Democratico ed è stata eletta alla Camera dei Deputati, dove si è sempre occupata di cultura. Ha sempre rivendicato la coerenza nelle scelte politiche e per 15 volte, lo 0,08 per cento dei casi, ha votato diversamente dal suo gruppo difendendo la propria identità culturale. Lo scorso luglio la Camera ha approvato alla unanimità la proposta di legge dell'onorevole Piccoli Nardelli, "disposizioni per la promozione e sostegno della lettura" che istituisce un Piano nazionale d'azione per la lettura. “E' un provvedimento, dice, volto alla difesa della lettura, al salvataggio delle piccole librerie ( ne sono state chiuse duemila in tutta Italia) al riequilibrio di un divario storico fra diverse regioni italiane. E' provato che la lettura, aggiunge, è sempre formativa, posi-

PER NON DIMENTICARE

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laminio Piccoli è nato il 28 dicembre del 1915 a Kirchbichl, un paesino del Tirolo austriaco dove la famiglia era stata trasferita in seguito all’evacuazione di Borgo Valsugana. Figlio di Bennone Piccoli, archivista nell’amministrazione austriaca, e Teresa Rigo. Laureato in lingue straniere alla Ca' Foscari di Venezia, ha combattuto come ufficiale degli alpini nelle campagne di Francia e Albania. Dopo la guerra è stato presente il 7 maggio del 1945 all'Assemblea costituente della Democrazia Cristiana trentina e incaricato della direzione del Popolo Trentino che nel 1951 diventerà L' Adige. Nel 1958 è il più votato ed eletto con oltre 27mila preferenze al Parlamento dove fra Camera e Senato sarà presente fino al 1994. Della DC Flaminio Piccoli, appartenente alla corrente dei dorotei, sarà per due volte segretario nazionale. Dal 1970 al 1972 è ministro delle Partecipazioni statali. In quegli anni fu fra i promotori della legge per il finanziamento pubblico dei partiti. Eletto nel 1992 senatore nel collegio di Castellamare di Stabia, nel 1994 Piccoli confluì nel gruppo del neonato Partito Popolare. Il suo percorso non è stato facile, Flaminio Piccoli sono anni in cui la Democrazia Cristiana viene sfasciata dalle lotte interne ed accuse esterne. Ha cercato ed ottenuto soprattutto incarichi politici. Flaminio Piccoli è stato per il Trentino l'ambasciatore a Roma e dalla Capitale ha sempre portato progetti e finanziamenti. Dal 1995 si è impegnato nella ricostituzione del partito ed è stato eletto Presidente dell'Internazionale democristiana. Muore a Roma l'11 aprile del 2000 e viene sepolto nel cimitero monumentale di Trento. A Roma il personale del Transatlantico ne ricorda ancora la cortesia e burbera simpatia.

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Il personaggio

testi scolastici) come avviene in Francia. Il testo di legge è stato approvato alla unanimità con la sola astensione di Forza Italia. Una grande soddisfazione per Flavia Piccoli Nardelli, una trentina prestata a Roma, un legge, una perla, da aggiungere ai successi ottenuti nella difesa degli Enti lirici e teatrali e dei loro dipendenti e in altri campi legati ai beni culturali. Un modello e una professionalità a cui la nostra autonomia può attingere: Trento e Roma non sono poi così lontane. Un momento dell'intervista

tiva, e se avviene in presenza di bimbi con età inferiore ai tre anni contribuisce in modo determinante alla formazione della futura sensibilità ed attenzione che dedicheremo alla cultura". La legge sulla lettura, che dovrà essere approvata dal Senato, prevede la carta individuale della cultura del valore di 100 euro contro la povertà educativa, un albo delle librerie di qualità, il raddoppio della tax credit per le librerie, la difesa di quelle storiche e una nuova politica degli sconti e delle promozioni, di cui si erano finora avvantaggiate le grandi catene di distribuzione, con un tetto massimo del 5% (15 per cento sui

L'Onorevole Flavia Piccoli Nardelli legge Valsugana News

Carabinieri Borgo: nuovo Comandante

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vvicendamento ai vertici al comando di compagnia dei carabinieri di Borgo Valsugana, dove, nelle scorse settimane, si è insediato il capitano Alfredo Carugno. Massima attenzione al territorio, anche con una presenza in prima persona al fianco dei suoi uomini e grande affidamento sulla collaborazione con i cittadini. Il capitano Carugno proviene da Bari: nel capoluogo pugliese ha guidato la compagnia di intervento operativo. Dopo la laurea in giurisprudenza e la Scuola Ufficiali, ha iniziato la propria carriera operativa nel 2007, al reggimento carabinieri "Campania", dove si è occupato di ordine e sicurezza pubblica, partecipando e dirigendo i servizi in occasioni delle numerose manifestazioni legate allo scoppio del caso della "Terra dei fuochi" in quel delicatissimo territorio. Ha poi proseguito la sua carriera in Calabria, dove ha comandato il nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Scalea (Cosenza). Poi l'esperienza barese, prima della proposta del trasferimento a Borgo, che il capitano ha accettato con entusiasmo. Il capitano Alfredo Carugno subentra al maggiore Alessandro Filippo trasferito presso il comando dei Carabinieri di Bassano del Grappa. (M.D.)

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Bellezze di casa nostra di Armando Munao’

ELEONORA MEZZANOTTE...

…la Miss acqua e sapone Eleonora è una valsuganotta verace, è nata a Borgo e risiede a Cinte Tesino con mamma Rita, papà Gianpaolo, e Federico, il fratello. E’ stata definita, per il suo modo di essere, una bella ragazza “acqua e sapone”, dai lineamenti semplici, puliti, ma sempre accattivanti. Una ragazza che in tutti i concorsi, che l’hanno vista sfilare, ha saputo rappresentare, e tutt’ora rappresenta, la bellezza trentina. Ha partecipato a due finali nazionali di Miss Italia, nel 2014 e quest’anno, ma non per questo si è montata la testa, anzi è rimasta con i tradizionali “piedi per terra” conscia e consapevole, ha confessato, che la vita offre sempre tantissime e buone opportunità. Basta prenderle, dice, al momento giusto. Laureata in Beni culturali si accinge a conseguire anche quella Magistrale in Arte. Attualmente, oltre a fare la modella, fotomodella e ragazza immagine, lavora presso la sede Rai di Trento come presentatrice di un rogramma intitolato “Tapis Roulant” che va in onda la domenica mattina a domeniche alterne su Rai 3 a diffusione regionale. Eleonora cos’è la bellezza? Credo sia un valore aggiunto. È un qualcosa di non necessaria alla carriera, ma che indubbiamente aiuta o può aiutare. Una ragazza bella, sicuramente, ha più porte aperte, specialmente nel campo dell’immagine, della moda e dello spettacolo. E nel tempo come e cosa è cambiato nella bellezza femminile? Credo che nella donna niente o poco sia cambiato. Nel tempo e

con il tempo la donna ha mantenuto inalterati i tradizionali canoni della bellezza. Se cambiamento c’è stato, ciò si verificato nell’occhio di chi guarda e ammira una donna. A mio modesto avviso sono cambiati i concetti della bellezza italiana e il modo di intenderla. Una volta era la “mediterranea”. Oggi, sempre più, si ricercano canoni estetici particolari, specialmente nel campo della moda. Non solo, ma con l’avvento dei social, an-

Foto Domenico Raffa - Stilista Cristina Senter

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Bellezze di casa nostra

Foto Consuelo Sorsoli

che la concezione dell’essere belli si è via via trasformata. Una volta la bellezza “donna” rispondeva a elementi essenziali, oggi sono cambiati gli standard perché si cerca più l’apparire che l’essere. A proposito di social, quanto possono influire nel quotidiano di una ragazza o di una donna? Al giorno d’oggi, purtroppo incidono e influenzano tantissimo. Al punto anche di condizionare un determinato comportamento che non di rado risente delle opinioni o delle critiche di chi i social li frequenta. Mentre la vita di tutti i giorni è vera realtà e vera concretezza, nei social è tutto falsato a propria immagine o convenienza. Una immagine, però, virtuale e quindi trasformabile. Tutti i messaggi passano attraverso il filtro e la logica dei social. Quindi molto, ma molto inaffidabili. Tanti anni fa Sabrina Salerno,

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cantava che… ”oltre alle gambe c’è di più”, riferendosi alla concezione che tantissimi uomini hanno delle donne. Qual è il tuo pensiero? In questi anni, anche per esperienza diretta, ho potuto constatare che la donna non viene considerata più come anni fa. Non è più un “contenitore” di bellezza, ma ha anche dei veri, sani e concreti contenuti. E, mi creda, di ragazze così ne ho conosciute tante. L’apparenza serve a poco se la bellezza non è supportata da sostanza e da sani principi. E di solito va avanti chi dimostra di possedere doti importanti, quali dedizione e impegno per il proprio lavoro, rispetto per le altrui persone, ma soprattutto onestà intellettuale e morale. Sono questi i valori che ti distinguono nella vita. Oltre a studiare, e vedo con grande risultato e partecipare ai vari concorsi di bellezza,

che altri interessi hai nella vita? Ho sempre lavorato come modella e fotomodella e ragazza immagine, ma da quattro anni e mezzo lavoro presso la sede Rai di Trento come presentatrice di un programma intitolato “Tapis Roulant” che va in onda la domenica mattina a domeniche alterne su Rai 3 a diffusione regionale. Sempre all’interno di Tapis Roulant curo una rubrica chiamata “il disegno nel piatto” dove intervistiamo chef stellati della provincia e della regione che ci presentano, in modo veramente artistico, piatti particolari da loro ideati. Con tutti questi impegni, come riesci a conciliare il lavoro, i concorsi, con lo studio? Innanzitutto mi preme sottolineare che faccio cose che veramente mi appassionano e se una cosa ti piace il sacrifico non si sente e non ti condiziona. Certo, alla sera sono stanca, ma se penso a quello che ho fatto e realizzato allora la soddisfazione prende il sopravvento e la stanchezza sparisce. Dal punto di vita lavorativo riesco a gestirmi bene e quindi anche a conciliare il tutto. Eleonora, indiscutibilmente sei una bella ragazza che non passa inosservata e quindi quando cammini per le strade di certo sentirai occhi estranei che ti ammirano. Quale è la prima sensazione che provi? Sinceramente, e mi creda, non sempre mi accorgo degli sguardi. Non ci faccio molto caso. Alcune volte me lo fanno presente le amiche e come tutte le donne è innegabile che gli sguardi e gli apprezzamenti, quando sono educati, fanno piacere. Tu hai partecipato a moltissimi concorsi di bellezza e sappiamo con ottimi risultati. Se non sbaglio, anche a due Miss Italia, nel 2014 come Miss Trentino A.A, e nel 2019 a Jesolo. Credi che nella partecipazione ai vari


Bellezze di casa nostra

Foto Domenico Raffa - Stilista Cristina Senter

concorsi di bellezza ci sia anche una forma più o meno velata di esibizionismo, o no? Sicuramente ci vuole una certa propensione al palcoscenico e a mettersi in mostra. Mi è anche capitato di conoscere ragazze che hanno affrontato i concorsi per combattere una sorta di loro timidezza. Sono del parere che la partecipazione ai vari concorsi, oltre alla voglia di mettersi in gioco, ha anche l’intento, in caso di vittoria o un buon piazzamento, per essere lanciate nel mondo della moda e dello spettacolo. Ed è il mio caso perché dopo la mia prima partecipazione si sono aperte tantissime porte lavorative nel mondo della moda e dello spettacolo. Un mondo che mi aveva sempre attirato e che oggi, mi permetta di sottolinearlo, è parte della mia quotidianità. E i tuoi genitori che ruolo hanno avuto nelle tue scelte? Mi hanno sempre sostenuta fin dal 2013 quando sfilavo, ancora minorenne come mascotte, e successivamente al primo concorso di Miss Italia. Mi sono stati sempre vicino. Mi accompagnano a tutte le sfilate e sono sempre stati contenti e orgogliosi dei miei risultati, soprattutto mio papà che è e rimane uno dei miei fans più sfegatati. Alla luce della tua esperienza cosa consiglieresti a una ragazza che si appresta a entrare

nel mondo dello spettacolo, della moda e dei concorsi? Innanzitutto essere se stessa. Come dicevo prima essere e non apparire. Mostrare sempre la propria personalità non dimenticandosi che la vita è coerenza, impegno, perseveranza, grinta e voglia di riuscire nel raggiungere la meta e gli obiettivi fissati. Ricordandosi però che questo particolare “universo” a volte può essere cattivo e crudele e non di rado può la-

Foto Dario Osti

sciare segni indelebili che possono condizionare il futuro. Una volta una grande attrice disse che in questo mondo e nello spettacolo in genere è molto più facile dire Sì al posto di un roboante No. Il tuo pensiero? Purtroppo anche a me è capitata questa “particolare” situazione, anche con personaggi importanti, sia nel mondo del cinema, della televisione e dello spettacolo in genere. E purtroppo questi comportamenti mi hanno dipinto questo mondo in maniera molto negativa. E sinceramente sono rimasta molto ma molto delusa. No! La mia risposta è stata sempre No! E sul fatto che secondo alcuni esperti l’attuale gioventù sta perdendo i tradizionali valori educativi e morali? Purtroppo, e mi spiace dirlo, devo dare ragione a questi esperti. A mio parere ci si sta distaccando e allontanando dalla realtà per concretizzare un qualcosa di effimero. Sono dell’avviso che i valori non si stanno perdendo anche se il tutto lo fa credere. Io sono vissuta e vivo in un famiglia di sani principi, e noi che viviamo in piccoli paesi, siamo abbastanza genuini in questo. Nelle grandi città è molto più difficile, ma io sono per natura ottimista e come qualcuno un giorno disse… ”dopo la tempesta spunta sempre il sole”.

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In evidenza di Veronica Gianelo

Toni Morrison Oltre il colore della pelle La prima donna afroamericana a ricevere il Nobel per la letteratura

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uando pensiamo al razzismo la mente corre immediatamente alle immense piantagioni statunitensi, alle battaglie di Mandela, a Martin Luther King; insomma, a qualcosa di lontano nello spazio e nel tempo dalla nostra quotidianità, lo vediamo come un problema lontano, forse addirittura superato. Eppure basta guardarsi un po’ in giro o aprire qualche pagina di giornale per rendersi conto che, nonostante siano innegabilmente stati fatti dei grandi passi avanti, il razzismo permea ancora il nostro tessuto sociale, le nostre relazioni, il nostro modo di essere e di parlare. Potremmo pensare che le lotte siano finite, che va bene così; potremmo accontentarci e vedere il progresso fatto invece della strada che ancora c’è da fare. Oppure, possiamo trovare dei modi nuovi per dire ancora una volta, ancora più forte, che chi siamo non potrà mai essere definito dal colore della nostra pelle. Un esempio con-

Toni Morrison con il Presidente Obama (hwnews.in)

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temporaneo della perfetta trascrizione pratica di questo pensiero è senza dubbio Toni Morrison, scomparsa lo scorso agosto all’età di 88 anni. Toni Morrisono nasce nel 1931 in Ohio, negli Stati Uniti da una famiglia operaia trasferitasi dall’Alabama proprio per sfuggire al razzismo. Studia appassionatamente Letteratura alla Howard University e inizia le sue prime esperienze di scrittrice e insegnante. La Morrison è però prima di tutto lettrice attenta e critica, e proprio dalla lettura nasce il suo modo di scrivere rivendicativo ed estremamente consapevole. In un’intervista del 1995 si chiede “Perché in molti autori, anche importanti, come ad esempio Hemingway, si legge ‘Un cubano e un nero passeg-

giavano per strada’? In quel racconto entrambi i personaggi sono cubani! È come se i personaggi neri non avessero nazione, ed è così anche per le persone purtroppo”. La letteratura fa continuamente divisioni di questo genere: si capisce che i personaggi sono bianchi perché nessuno dice niente della loro razza. Da qui scaturisce la scrittura della Morrison, che spende la sua vita a cercare di eliminare le parole che segnalano la razza e a misurarsi con la sfida di creare un personaggio che il lettore senta di conoscere tanto a fondo da sapere tutto di lui, eccetto la razza. Una creazione non semplice, che le permette di scoprire un linguaggio personale e intimo che deve e vuole rappresentare un’assunzione di responsabilità verso il suo popolo e che mira a risvegliare la coscienza di coloro che, anche inconsapevolmente, usano quotidianamente stereotipi razziali. Conti-


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nuare a lasciare un segno, a ispirare future generazioni, a gridare che la diversità è bella, è un bisogno essenziale per la Morrison che attraverso i suoi romanzi ci mostra un mondo fatto di sapori, silenzi, di musica e di “figlie d’Africa” alla ricerca di sé stesse. Sono ritratti vivi, veri, che raccontano le difficoltà di essere donna e afroamericana negli Stati Uniti d’inizio secolo. Ci sono sogni, speranze e paure di un popolo perennemente in cammino; gli stessi sogni, speranze e paure che trascendono la razza e il colore della pelle per andare a scrivere la storia di un’unica umanità. È una sfida letteraria, quella di Toni Morrison che richiede un lettore attento, perché il senso della sua scrittura sta proprio nel fare i conti col bagaglio di stereotipi che si porta dietro. Nel suo racconto Recitatif, ad esempio, ci sono due bambine, una nera e una

bianca, che sono cresciute in un orfanotrofio, si perdono di vista e si ritrovano da adulte. Non viene mai esplicitato quale bambina sia bianca e quale nera, eppure questo confonde i lettori perché danno per scontato che se i personaggi sono di classe media, allora sono bianchi; o se gli piaToni Morrison, Premio Nobel ce un certo musicista allora sono o l’una cosa o del mondo contemporaneo. Temi difl’altra. Questo pericoloso linguaggio ficili da toccare, una lingua diretta, codificato è così profondo che non lo schietta, le orecchie e la bocca di un vediamo nemmeno. È solo scrittura, popolo: Toni Morrison ha saputo vesi potrebbe pensare, e proprio qui sta dere lontano e ha saputo creare con il fulcro delle ricerche della Morrison: la sua voce una letteratura essenziale dalla scrittura, o meglio, dalla riscrittuper le future generazioni, una letterara, riscrivere le regole dell’idea di raztura da Premio Nobel, il primo asseza, conoscendole e superandole per gnato ad una donna afroamericana. vivere responsabilmente la diversità

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Verona e il teatro di Laura Mansini

Elena e la tragedia greca La donna nata da un uovo

Con “Elena” di Euripide, portata in scena nella versione di Davide Livermore si è concluso il mio viaggio nell' Estate teatrale Veronese 2019 del “Teatro Romano”, uno dei luoghi più incantati della bella città veneta.

S

i è trattato di uno spettacolo decisamente desueto, come inconsueto è il testo di Euripide , l'ultimo dei grandi tragici greci, forse il meno amato dai suoi contemporanei, perché il più critico ed ironico; certamente il più “moderno”, distolto dalla religiosità tradizionale dalle nuove teorie illuministiche e razionalistiche del tempo. La sua spiritualità, infatti, era d'altra natura, ironicamente e ferocemente critica verso i costumi piuttosto libertini degli dei, da lui accusati di manovrare gli uomini come pedine, eternamente in lotta fra di loro. In “Elena “,scritta nel 412 a.C. e presentata alle gare delle grandi Dionisie di Atene, egli denuncia fortemente Zeus ed Era di tradimenti, di inganni, dando un chiaro esempio del rapporto che riteneva esserci fra l'umano ed il divino.

Re Menelao con il coro

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L'opera è in realtà una tragicommedia, che ruota attorno al gioco degli equivoci, nei quali l'elemento tragico è il meno importante. Austero , solitario, Euripide visse appartato in campagna, non amava la folla che a sua volta lo contraccambiava; infatti finché visse non ottenne molti successi. Nato nel 480 a.C. a Salamina, e più precisamente nel vicino demo attico di Flia, conobbe Anassagora, Archelao, fu amico di Socrate. Morì nel 406 a. C. poco prima del suo rivale, il vecchissimo Sofocle, che perciò si presentò in pubblico con segni di lutto. Sofocle, infatti, nato a Colono fra il 497 ed il 494 era un agiato borghese, molto bello, educato nella musica e nella danza, colto, divenne un grande drammaturgo e per ben 18 volte vinse il primo premio alle gare dionisie di Atene . Eschilo le vin-

se 13 volte mentre Euripide solamente 5. Sofocle morì, come detto con gradi onori, pochi mesi dopo Euripide, sulla cui morte fiorirono molte leggende: si disse fosse stato sbranato dai lupi o straziato dalle Baccanti, le donne di Dioniso, il dio del vino. Molto interessante lo spettacolo andato in scena a Verona, che ha goduto dell'allestimento magico di Davide Livermore, torinese di nascita, grande regista lirico, ha diretto infatti lo scorso anno "Attila" di Verdi in apertura del teatro alla Scala di Milano, ma anche protagonista teatrale, docente, attore cantante. Un personaggio a tutto tondo che con questa tragedia ha battuto i record di spettatori al teatro Greco di Siracusa e l'ha riproposta in esclusiva per Verona, naturalmente adattandola allo spazio decisa-


Verona e il teatro

Elena di Euripide regia Davide Livemore Nella Foto Laura Marinoni (Elena) e Sax Nicosia( Manelao)

mente più ridotto di quello Siracusano. Certamente il teatro Romano è di difficile gestione e ritengo che, tutto sommato, il risultato sia stato meno impattante di quello visto a Siracusa. Tuttavia Livermore è riuscito rendere lo spirito di questa particolarissima tragedia, perchè egli è affascinato da "Elena", la donna più bella del mondo che a causa di tanta bellezza ha reso talmente invidiose le dee per il giudizio di Paride da far loro scatenare la guerra di Troia. "Elena" nella versione di Livermore, che ha curato pure la scenografia, di forte impatto sia visivo che acustico. Egli ambienta l'allestimento nel teatro veronese, vestendo i personaggi con abiti pre-vittoriani, facendoli muovere in uno specchio nero d'acqua, che occupa interamente il palco e abbracciato da uno schermo sul quale viene proiettato il mare in tempesta dove si sovrappone l'immagine del viso di Elena, nelle sue diverse età. Un'eroina un po'

sciantosa interpretata dalla straordinaria Laura Marinoni. L'attrice avvolge, scioglie, stravolge il racconto di questa Tragicommedia, ambientata sull'isola di Faro in Egitto, dove, secondo Euripide; la vera Elena è stata trasportata dalla dea Era mentre accanto a Paride, la stessa dea, ha creato un ologramma, per mantenere la regina di Sparta pura per il marito Menelao, interpretato da Sax Nicosia. Va detto che lo spettacolo era sostenuto soprattutto dalle sonorità straordinarie curate da Livermore e da Andrea Chenna, ottenute mediante l'uso di sensori in grado di sottolieare i ritmi e le gestualità degli attori. Meno convincenti i costumi del Coro e degli ambigui Dioscuri creati da Gianluca Falaschi. Molti applausi dal pubblico che ha gremito il teatro. La luna, la dea Selene, faceva capolino fra i cipressi ed il tranquillo borbottio dell 'Adige era il sottofondo musicale.

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Accadde ieri di Elisa Corni

Il primo Gay Pride

I

l 14 ottobre del 1979 a Washington DC, negli Stati Uniti d’America, in una tersa giornata d’autunno un bel gruppo di persone scese per strada, armata di cartelli, buone intenzioni e richieste fino a quel momento inascoltate. Si stima che le persone che presero parte alla National March on Washington for Lesbian and Gay Rights furono tra le settantacinque mila e le centoventicinquemila; un numero non da poco considerati gli anni che furono. Gli attivisti marciarono per le strade della capitale degli Stati Uniti, per richiedere pari diritti rispetto alle persone eterosessuali, soprattutto dopo quanto avvenuto un decennio prima durante i cosiddetti Moti di Stonewall. Nel 1969 nei pressi di un noto locale Gay della Grande mela, infatti, ci furono violenti scontri tra attivisti omosessuali e la polizia di New York. Diretta conseguenza degli scontri, durante i quali diverse persone rimasero ferite e molti avventori e dipendenti del locale furono arrestati, fu la nascita del “movimento di liberazione dei gay” che diede poi vita alla manifestazione di Washington e, di seguito, ai molto più noti “Pride”. Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta crebbe la consapevolezza nella società moderna dei diversi trattamenti a seconda dell’orientamento sessuale; da

Gay Pride 1979 (Meteoweb.eu)

qui sempre più forte fu l’impulso di manifestare contro questa ingiustizia. Prima del 14 ottobre 1979 ci furono due diverse manifestazioni che purtroppo non videro la luce a causa delle forti tensioni con la popolazione locale, rispettivamente nel 1973 in Illinois e nel 1978 a Minneapolis. Solo un anno più tardi la comunità LGBTQ+ (lesbian, gay, bisexuals, transgeder, queer, +) riuscì a riunirsi, grazie purtroppo alla morte di uno dei suoi più noti rappresentanti, Harvey Milk, politico e militante assassinato pochi mesi prima proprio per l’impegno verso i diritti degli omosessuali memorabile l'interpretazione di Sean Penn nel film del 2008 diretto da Gus Van Sant, “Milk”. E così qualche mese dopo decine di migliaia di persone si riversarono nelle piazze della capitale statunitense per chiedere pari diritti a prescindere dall’orientamento sessuale. Alla marcia seguirono giornate di workshop, dibattiti, incontri; la Gay Pride a Roma (Movimento LGBT) comunità LGBTQ+

iniziò a uscire allo scoperto, a farsi conoscere, a comunicare la propria voglia di diritti attraverso la nascita di circoli e gruppi d’azione. E poi nacquero, prendendo spunto dagli inni cantati durante la manifestazione, i “Pride”: manifestazioni di piazza colorate, spesso discusse, alle quali ormai partecipano tutti. Giornate dell’orgoglio omosessuale (anche se oggi la parola “gay” è spesso omessa per comprendere tutte le realtà arcobaleno). In queste manifestazioni si celebra l’orgoglio di essere ciò che si è, di amare ciò che si ama, senza vincoli, limiti e pregiudizi. Tre gli assunti sui quali si basano i Pride: le persone non dovrebbero vergognarsi di ciò che sono; la diversità sessuale è un dono; orientamento sessuale e identità di genere sono innati e non possono essere modificate. Da quella data molto è stato fatto nel mondo e nel nostro paese per riconoscere pari diritti a prescindere dall’orientamento e dall’identità sessuale, ma ancora molto altro si può e deve fare. Nel 2020 sarà Milano la capitale LGBTQ+ del mondo. Un mondo, si spera, sempre più arcobaleno.

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Società oggi di Nicola Maschio

Prostituzione in Trentino Un giro di denaro totale di poco inferiore ai 4 miliardi di euro. Questo il valore della prostituzione nel nostro Paese, almeno stando agli ultimi dati risalenti all’inizio del 2018.

A

monitorare la situazione è stata un’indagine del Codacons, che ha studiato il fenomeno in modo molto approfondito al fine di poter delineare un quadro esaustivo e completo della sua portata. La prostituzione, di fatto, è infatti ancora fortemente attiva nell’intera Penisola: spesso coinvolge ragazze minorenni, straniere, a corto di soldi e che, proprio a causa delle difficoltà economiche, si trovano costrette ad “affidarsi” a chi non ha altra intenzione se non sfruttarle per profitto. Il settore del “sesso a pagamento” ha visto il proprio boom di crescita nel corso della crisi economica italiana di qualche anno fa: “La prostituzione sul web ha riscosso un incredibile successo – spiegano gli esperti del Condacons, - con un totale di circa 90.000 operatori del sesso nel nostro Paese attualmente attivi. Parliamo di 3 milioni di cittadini che sono al momento diventati “clienti” delle ragazze in questione, con un fatturato complessivo che, negli anni tra il 2007 ed il 2014, è cresciuto fino al 25,8%”. In aumento anche il numero di coloro che hanno avuto rapporti sessuali con prostitute, salito (sempre nel periodo della crisi) del 28,5(ovvero 20.000 persone in più). Ma dove operano prevalentemente queste ragazze? Coloro che praticano la loro “attività” esclusivamente in strada rimangono la parte più consistente, cioè il 60%. Il restante 40%, tuttavia, non si limita semplicemente agli autisti, ma opta per soluzioni più prati-

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che e non all’aperto, quali il sesso in casa o in altre strutture. Ingente il numero di donne straniere, che sfiora il 55% con provenienze quali Romania, Bulgaria, Ucraina ed Africa in generale, con la Nigeria al primo posto. Da sottolineare però anche il numero di prostitute cinesi, in forte aumento ed oggetto anche della cronaca locale. La notizia risale infatti allo scorso inizio di luglio, quando il lavoro congiunto dei Carabinieri di Trentino, Liguria e Lombardia ha permesso di smantellare una rete di prostituzione proprio all’interno della nostra Regione, specificatamente tra Trento e Mezzolombardo. Sei in tutto le persone arrestate al termine dell’indagine che proseguiva dal 2018, per le quali l’attività illegale stava fruttando più di 20.000 euro al mese. Ma ciò che più sconvolge dell’intera vicenda sono le modalità con le quali le ragazze, prostitute di origini cinesi, venivano selezionate e, all’occorrenza, “cambiate”: qualora infatti il cliente non dimostrasse apprezzamento, la ragazza in questione veniva sostituita da un’altra che rispettava maggiormente le indicazioni fornite dal cliente stesso. In tutto il ricambio è avvenuto almeno quattro volte, con ragazze prelevate dalle vicine città di Verona, Genova e Prato. L’indagine dunque si è conclusa appena tre mesi fa, dopo essere cominciata nell’autunno dello scorso anno. Come detto in precedenza, un focus particolare deve essere fatto sull’età di queste ragazze: nell’10% dei casi

infatti, considerando nuovamente i dati forniti dal Codacons, si tratta di minorenni per le quali i clienti spendono anche più di 100 euro al mese. Ma il costo delle “performance” varia a seconda del tipo di prostituta e del “servizio” ricevuto: si può arrivare infatti a pagare anche 500 euro per qualche ora di prestazione, ma passare anche ai 40 o 50 euro delle più rapide prestazioni in strada. Insomma, che il fenomeno sia attualmente


Società oggi

ancora in forte crescita è un dato di fatto, nonostante il monitoraggio costante delle Forze dell’Ordine ed i diversi tentativi di legalizzare questa attività. Si perché c’è chi sostiene che, al fine di porre veramente rimedio ad una situazione divenuta quasi ingestibile, la legalizzazione di questa attività potrebbe essere la soluzione migliore. Tuttavia, per capire come si è arrivati alla situazione attuale occorre fare un piccolo passo indietro, con riferimento al 1958. In quell'anno infatti Angelina Merlin, senatrice ed insegnante alle scuole elementari di Padova, si batte ed ottiene l’omonima “legge Merlin”, volta ad arginare il fenomeno di schiavitù della donna con conseguente chiusura delle case chiuse. Uno stop, quello del Parlamento dell’epoca, che ha portato 560 case chiuse ad abbassare definitivamente le serrande. Va detto però che, vista la nuova crescita esponenziale del fenomeno, negli ultimi anni si è spesso parlato della possibilità di apportare eventuali modifiche alla citata legge Merlin. Matteo Salvini (leader della Lega

Nord) ad esempio, ispirandosi a modelli europei quali quello di Paesi Bassi, Germania, Austria, Svizzera, Grecia, Ungheria e Lettonia in cui la prostituzione è stata legalizzata, lo scorso marzo ha dichiarato di essere “favorevole alla riapertura delle case chiuse”: affermazioni contestate da chi ritiene sbagliato per principio il fenomeno della prostituzione, ma accolte con positività invece da quanti sembra vogliano cercare una soluzione a quello che, di fatto, è attualmente un problema. E non si pensi che il Trentino sia estraneo a questa dinamica: nel 2018 infatti sono stati multati 25 clienti, poco attenti nel non farsi cogliere in flagrante. Molti altri probabilmente hanno “consumato” con segretezza, permettendo alle statistiche nostrane di mantenersi sostanzialmente stabili. La necessità di porre un freno a questa situazione è comunque evidente: da un lato infatti va ricordato il problema legato alla trasmissione di malattie sessuali anche gravi, dall’altro si trova necessario adottare delle misure che siano restrittive nei confronti di questa attività che, a tutti gli effetti, è attualmente tanto illegale quanto profondamente radicata su tutto il territorio (trentino o generalmente italiano che sia).

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Cronaca di ieri di Waimer Perinelli

Le Donne e la Guerra "Esili come brezza tra i venti di guerra" così Antonella Fornari descrive l'epopea delle donne coinvolte nella tragedia della Grande Guerra. La poetica rappresentazione è contenuta nel libro di Enrico Meliadò e Roberto Rossini "Le donne nella Grande Guerra, gli angeli delle trincee". Una descrizione bella, sentimentale, ma una Grande Balla.

L

e donne anche in una guerra tanto vasta, crudele, spietata hanno dato un contributo di forza, coraggio e sangue. Senza differenza di fronte e divisa. Nel Trentino austriaco, il Welshtirol, le donne pagarono in primo luogo con la perdita dei mariti arruolati e inviati a combattere in Galizia, poi il proprio allontanamento dalle case e l'internamento in campi della Boemia e Austria, con il lavoro agricolo e nelle fabbriche d'armi, con la militarizzazione e il supporto materiale ai mariti, padri o figli impegnati in trincea. Alle donne di Bondo, paesino delle Valli Giudicarie centrali, nel marzo del 1917, come ricorda l'archivio di Johann Kaufmann,venne conferita la croce di ferro al merito di guerra. Erano donne umili che sicuramente avrebbero preferito, come fecero le antenate di Weinsberg caricare sulle spalle i propri uomini e nelle gerle portarono invece armi, munizioni, pane e altri viveri per i combattenti. Quando a Weinsberg l'imperatore Corrado nel 1140 accettò la resa della città concesse alle donne salva la vita e di portare con loro ciò che desideravano: esse portarono mariti, genitori e figli. Alle frau del Welchtirol questo non fu concesso e loro divennero fondamentali in guerra. Così è stato per le donne friulane della Carnica italiana, raccontate nel

libro del generale degli alpini Roberto Rossini. Cambiano le bandiere, mutano le regioni ed i confini, ma le donne restano in prima linea. Rossini, 82 anni, tre quarti dei quali trascorsi negli alpini della brigata Julia, fino al grado di generale, descrive con immagini, circa 500, ricordi, diari, racconti, lettere, la vita di donne nelle cui gerle venivano caricati viveri e munizioni e con il peso di trenta chili sulle spalle salivano un dislivello di 500900 metri rifornendo le trincee. Ogni mattina, per quattro anni, e c'era fra loro chi riusciva a sferruzzare, calzini, maglie di lana, guanti. E c'era chi moriva, come la Maria Plozner Mentil, uccisa nel 1916, a 32 anni da una pallottola austriaca. Furono 20mila le militarizzate dal Regno d'Italia su questo fronte e a molte di loro fu riconosciuto il lavoro fatto. A Maria Plozner nel 1997, ovvero 81 anni dopo la morte, è stata assegnata la medaglia d'oro al valor militare. Meglio tardi che mai anche se, come dice l'alpino Rossini, questo contribuisce alla conoscenza dei fatti. "Meliadò ed io, scrive il generale, siamo riconoscenti al museo della guerra di Ti-

mao che ci ha spalancato le porte e gli archivi e reso possibile questo libro. Gli italiani dovrebbero essere orgogliosi di quelle donne che furono le nostre nonne. Fra di loro l'unica donna decorata al valor militare nel corso della Grande Guerra". Altro che brezza. Un vento impetuoso dovrebbe parlare del loro sacrificio senza confini e con l'unica bandiera d'Europa.

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Società Oggi di Katia Cont

I benefici del Teatro nei bambini

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i è soliti pensare che il teatro sia per il pubblico che lo va a guardare. Le poltroncine non sempre accoglienti dei teatri sono pronte ad ospitare chi ha deciso di farsi trasportare da racconti, emozioni, magie e sensazioni vere e tangibili che l’arte visiva del teatro sa regalare. In pochi pensano a quanto il Teatro regali a chi lo fa. Quanto il teatro sia di fatto un rapporto biunivoco tra chi sta comodamente seduto in poltrona e chi dall’austerità di un palcoscenico cerca di trasferire emozioni. Di fatto la buona riuscita di una rappresentazione teatrale è il risultato di un equilibrato rapporto tra il pubblico che partecipa e interagisce con sguardi, espressioni ed emozioni che l’attore assimila e trasforma in “combustibile” per la buona riuscita della sua interpretazione. Si ritiene che fare teatro sia un’ottima terapia per scoprire e correggere dinamiche relazionali complicate. L’uomo ha da sempre mostrato il desiderio di conoscere, comunicare, lasciare un segno, riprodurre la realtà, esprimere emozioni e concetti, scene vissute, desideri, diversificando e perfezionando sempre di più strumenti e linguaggi, che hanno arricchito il bagaglio culturale umano. Il Teatro sembra essere un universo magico, sarà anche per questo che i bambini lo amano particolarmente. Recitare ha ripercussioni estremamente positive sulla crescita del bambino. Molti tra docenti ed esperti in psicomotricità consigliano

corsi di teatro ai bambini affetti, per esempio, da dislessia. Il teatro può diventare una vera e propria psicoterapia, in grado di rivelare se vi siano o meno dinamiche da correggere in alcune relazioni, per esempio all'interno dell'ambiente scolastico, in famiglia o con gli amici. Fare teatro aiuta i bimbi più introversi e timidi ad accresce l'autostima, affina il senso estetico e migliora persino la percezione dello spazio. Imparare a muoversi su un palcoscenico, rapportarsi con coetanei e con il pubblico, aiuta i bambini a gestire i diversi tipi di emozione. Le paure, l’impazienza, l’insoddisfazione, inconsapevolmente i bambini recitano la vita imparandone le dinamiche e la gestione delle sensazioni in modo costruttivo . Il palcoscenico e il teatro sono luoghi di condivisione, di scambio reciproco. Sia a livello pratico, sia da un punto di vista emotivo. La timidezza

e il linguaggio sono palesati per tutti allo stesso modo in uguaglianza di possibilità. Non solo la parola, ma soprattutto l’espressione corporea, sono dimensioni fondamentali per crescere bene attraverso il proprio corpo. Il far uscire pesi e preoccupazioni non verbalizzate e silenti dona al bambino il canale perfetto per liberarsi da ansie e paure. Molti i benefici, molti passi avanti sono stati fatti. Tantissime sono le scuole di teatro per bambini sul territorio. Molte le iniziative artistiche e le proposte culturali organizzate, ma ancora troppi passi dovranno essere fatti per raggiungere i traguardi. Uno di questi potrebbe essere l’inserimento della “disciplina teatro” tra le attività opzionali della scuola, da introdurre fin dai primi anni. Ma questa è un’altra storia…e forse qualcuno prima o poi avrà la sensibilità di capirlo.potrà dare risposte definitive.

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Fatti e Misfatti di Patrizia Rapposelli

Bimbi dimenticati... ...e la tragedia continua Gli esperti parlano di disturbo e la politica si perde nella burocrazia.

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ragedie che hanno dell’assurdo. È allarme per le amnesie dei genitori. Il papà ricorda solo di essere uscito di casa alle otto del mattino e di aver sistemato il suo bambino sul seggiolino nel sedile posteriore dell’auto, da quel momento in poi il vuoto. La sua mente si annebbia e prende posto un enorme buco nero. Così come d’abitudine si è recato in ufficio, ignaro di cosa stava succedendo fino alla chiamata di una parente che chiedeva dove fosse il figlio. Gli esperti arrivano a identificarlo come disturbo. Sono 8 in 12 anni i casi di piccoli morti perché i genitori se li erano scordati in macchina. È successo ancora e non doveva accadere, eppure questo dramma si poteva evitare. Infatti in Italia esiste una norma che impone l’uso di un seggiolino salva-

bebè ed il suo funzionamento sarebbe semplice. I seggiolini muniti di sensori collegati al cellulare del conducente, si attivano quando il neonato è seduto, nel momento in cui chi guida si allontana dal veicolo, i sensori si attivano mandando un allarme allo smartphone, avvisando del pericolo. Un intoppo burocratico fa slittare l’entrata in vigore della Legge da “data da destinarsi”. La Legge 117 si è limitata a introdurre l’obbligatorietà dei dispositivi anti-abbandono, rimandando le decisioni sulle caratteristiche tecniche a un decreto attuativo del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che sarebbe dovuto arrivare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della Legge, ma il regolamento attuativo si è perso nei meandri della burocrazia. L’associazione dei consumatori sostiene” lo slittamento dell’obbligo a non prima del 19 novembre 2019”, staremo a vedere. I dispositivi anti-abbandono nascono per prevenire quelle che chiamano “amnesie dissociative”. Significativo e

preoccupante che le statistiche mettono in luce la necessità di un dispositivo che segnala la presenza del bambino nel seggiolino dell’auto per ricordare al genitore più distratto la presenza dei loro piccoli all’interno dell’abitacolo. Al punto tale che gli esperti danno un nome a tale dimenticanza. Un black-out della mente la quale rapita nel vuoto realizza ciò che è successo solo nel momento in cui scopre la tragedia. È un disturbo passeggero della memoria che fa scordare completamente un pezzo di vita; a scatenarlo solitamente sono situazioni di tensione, stress e traumi. Ci sono segnali preventivi o meglio avvisaglie che precedono l’amnesia dissociativa quali intenso stress, stanchezza e difficoltà a ricordarsi le cose, dicono gli psichiatri. La manifestazione principale consiste in uno o più episodi di incapacità a ricordare informazioni legate alla sfera personale. Non è una banale tendenza a dimenticare le cose; il problema di memoria nelle persone effettivamente disturbate è inconsapevole o parzialmente consapevole e quindi ben lontano da situazioni di mancanza- trascuratezza di un genitore. È un disturbo che secondo stime parziali è all’origine della morte di almeno 600 bambini nel mondo negli ultimi vent’anni.

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I diritti LGBT

Italia e Stati Uniti a confronto

I

l movimento di liberazione omosessuale in Italia prende forma negli anni ‘70, con la prima manifestazione gay a Sanremo. La manifestazione fu in gran parte influenzata dai moti americani di Stonewall del 1969, che seguirono in protesta a ripetute azioni antigay da parte della polizia statunitense. Negli USA, la conquista dei diritti per i gay è parte di un viaggio durato 50 anni, che iniziò nel 1966 con la “Mattachine Society”, una delle prime associazioni USA per i diritti gay. Oggi la difesa dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) negli Stati Uniti e in Italia ha visto una notevole evoluzione.

STATI UNITI Con la sentenza della Corte Suprema USA Lawrence v. Texas del 26 giugno 2003, i rapporti intimi consenzienti tra persone dello stesso sesso è stata dichiarata legale a livello federale. La sentenza è stata cruciale, in quanto ha reso incostituzionali le leggi statali ancora in vigore che prevedevano il reato di sodomia (omosessualità). 15 erano gli stati USA che ancora lo contemplavano nel 2003. L’importanza della sentenza è anche quella di riaffermare con vigore il diritto alla privacy, ovvero il diritto alla riservatezza della vita privata di una persona. Altra data importante per i diritti gay in USA è il 26 giugno 2015. Con il celebre caso Obergefell v. Hodges, viene riconosciuto il diritto a celebrare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La sentenza ebbe

l’effetto di allargare la concezione nel diritto fondamentale di sposarsi sancita dal XIV emendamento della Costituzione USA, così da includere anche il matrimonio omosessuale. Nello stesso anno, sull’onda del caso Obergefell, diverse Corti statali sancirono la legalità dell’adozione da parte di coppie dello stesso sesso. Ad oggi, la questione sull’adozione rimane controversa e vi sono notevoli differenze tra uno stato e l’altro. Infine, nel 2012 l'agenzia federale USA per le pari opportunità ha vietato ogni discriminazione fondata sull’identità di genere nei luoghi di lavoro in virtù della storica legge sui diritti civili del 1964. Molto attive negli USA sono le organizzazioni in supporto dei diritti LGBT, tra cui spicca la Human Rights Campaign (HRC). ITALIA In Italia, i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno subito una rapida evoluzione negli ultimi anni. Persistono comunque significative sfide per l’avanzamento dei diritti della comunità LGBT. La legalità dei rapporti tra persone dello stesso sesso è stata sancita nel 1889, con la promulgazione del codice penale Zanardelli e conseguente decriminalizzazione degli atti omosessuali tra adulti consenzienti. Unioni ci-

vili e convivenza sono stati ufficialmente riconosciuti a partire dal 2016, garantendo di fatto molti dei diritti attribuiti dal matrimonio. Quanto al diritto all’adozione per le coppie omosessuali, vi è ancora molta resistenza e la questione rimane aperta. A partire dal 1982 invece, gli individui transgender possono legalmente cambiare sesso. Anche in Italia come in USA, la discriminazione sul lavoro delle persone omosessuali è illegale, così come anche sancito a livello europeo. La direttiva europea del 2000 che vieta tale discriminazione e la risoluzione del Parlamento europeo del 2007 sull’omofobia in Europa hanno però finora trovato scarsa applicazione sul piano pratico. Il panorama legale negli Stati Uniti ed in Italia è in rapida evoluzione. Seppur ancora contingente al clima politico, pare che la spinta liberale sia prevalente. Ora la torcia è in mano a Corti, Parlamento, ed alla società civile per stabilire quale sarà la direzione futura in quest’era di cambiamento.

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Paesi e montagne di Massimo Dalledonne

Il sentiero del Paseto

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n passato veniva utilizzata dai Tesino come via della farina, del tabacco e per recarsi in processione alla chiesetta di Sant’Uldarico, presso Grigno, per implorare pioggia o bel tempo. Una antica mulattiera, quella del Paseto, che fino al 1915 – come scrivono Giordano Balzani e Franco Gioppi nel loro opuscolo "Tesino paesi e montagne” – anno di costruzione dello stradone militare del “Murelo”, era uno dei pochi collegamenti diretti verso la parte più orientale della Valsugana e, in generale, verso le pianure venete. Per quasi mezzo secolo quel sentiero è caduto nell'oblio. Dai più dimenticato, anche a causa di una frana che ne aveva compromesso la sicurezza per i passanti. Come sottolinea il vicesindaco di Cinte Mirko Mezzanotte “in paese è conosciuta anche come la via del sale e della farina”. Inizia alla periferia sud di Cinte, poco dopo la cappella dedicata alla Madonna della Grotta, in direzione dei masi Cochi per poi, come ricordano ancora Gioppi e Balzani, una volta oltrepassati gli ultimi casolari in località Tasson, entrare nel bosco. In breve si arriva al ponte e alla valletta del “Scivolon”, che prende il nome da un vero e proprio scivolo costruito diversi decenni fa per scopi idroelettrici. Da qui la pista forestale diventa una mulattiera e perde quota proseguendo il suo percorso scavato nella roccia. Un tracciato ardito, progettato ed eseguito dal Genio Militare Italiano ripreso in mano alcuni anni fa dal comune di Cinte. E, più recentemente, anche

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da quello di Grigno che ha portato alla sua definitiva riapertura. Oggi l'intero tracciato è stato ripristinato e messo in sicurezza. Tutto è nato dalla decisione della giunta e del sindaco Leopoldo Fogarotto di mettere mano al tratto di acquedotto che scende a valle proprio da quel versante della montagna. Di concerto con la ditta Stroppa che ha realizzato l’intervento è stato realizzato il nuovo anello della rete acquedottistica, pronto ad entrare in funzione in caso di rotture sulla condotta principale. E, per l’occasione, è stato sistemato il vecchio tracciato della mulattiera. Nei giorni scorsi la riapertura al pubblico con una camminata inaugurale. Partenza dai 263 metri di Grigno, arrivo agli 851 metri di Cinte Tesino con pranzo finale, per tutti, presso il teatro tenda al centro sportivo comunale. Ora, il tratto più pericoloso, quello franoso presente in località Passetto (da qui il nome del sentiero) è stato sistemato. Lavori che, grazie all’utilizzo di un ragno che ha ricavato un percorso scavato nella roccia hanno portato an-

Il sentiero del paseto, Grigno

che al posizionamento di alcuni dispositivi di sicurezza per garantire l’incolumità di chi, in futuro, deciderà di percorrere il sentiero di montagna accompagnato, lungo tutto il suo tragitto, dalle acque tumultuose del torrente Grigno. “Le addolcite propaggini orientali del Sasso Rosso – scrivono Franco Gioppi e Giordano Balzani – sulle quali sorgeva l’antico maniero dei signori di Grigno, ci guidano alla conclusione dell’itinerario che, scendendo da Cinte, si conclude nelle immediate vicinanze della piazza su cui sorge il palazzo municipale di Grigno”. Una vecchia mulattiera che, sicuramente, diventerà anche un sentiero da percorrere e da scoprire dai turisti ma dagli stessi abitanti di Grigno e di Cinte Tesino. Una tracciato di montagna rimesso a nuovo per diventare uno dei percorsi dell’Ippovia della Valsugana Orientale. Un intervento, quest’ultimo, promosso dalla Comunità di Valle con l’Associazione Amici del Valle e tutti i 18 comuni della Bassa Valsugana e Tesino.


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Famiglia e Società di Nicola Maschio

Calo delle nascite in Trentino Ci risiamo un altro bimbo ha deciso di nascere in automobile. Era accaduto il 29 luglio con il parto di una bambina in Piazza Venezia a Trento; il 23 settembre, un bimbo è stato partorito nell'auto vicino a Borgo Valsugana. Loro non hanno aspettato di arrivare all' ospedale, hanno avuto fretta di nascere, ma nella nostra provincia come nel resto d'Italia, i parti sono in netta diminuzione.

S

embra, addirittura, che nel 2019 non si riusciranno a superare i 4mila nati in Trentino. Un trend in costante calo, che disegna una situazione in cui i cittadini fanno sempre meno figli e l’età media delle donne che decidono di diventare madri ha oramai superato abbondantemente i trent’anni. Solo 2.763 i parti registrati fino allo scorso 12 settembre, con le previsioni (occorre dirlo, assolutamente ottimistiche) di poco più di 3.900 nascite entro la fine dell’anno. La situazione è oggettivamente grave e c’è da preoccuparsi. A fronte infatti di una popolazione sempre più anziana, il ricambio generazionale che i nuovi nati dovrebbero portare sta effettivamente venendo a mancare. Il problema, va detto, non è di questi giorni ma è oggetto di discussione già da qualche anno. Il miglioramento della qualità della vita è, da un lato, un’ottima notizia: si vive di più e si vive meglio. Tuttavia, non è altrettanto automatico un aumento della popolazione in termini di nascite. Diverse, in quest’ultimo caso, possono essere le motivazioni: una situazione economica incerta a livello nazionale, la probabile mancanza di una completa assistenza alle famiglie, ma anche un soggettivo disinteresse a ricoprire il ruolo di genitore o la voglia di aspettare il momento giusto, non necessariamente in giovane età. Al netto di queste dinamiche va comunque evidenziata una complicazione

di base, ovvero che la cittadinanza italiana nel suo complesso sta facendo pochi figli e non si riesce a trovare una soluzione concreta che possa invertire definitivamente il trend. Nello specifico, ecco qualche dato inerente il Trentino: circa 2.700 i parti avvenuti al Santa Chiara di Trento, seguito da Rovereto (750), Cles (poco più di 260) e Cavalese (122). È proprio l’ospedale della città di Trento ad essere quello più operativo dal punto di vista dei parti, dato che se ne registrano circa 6 al giorno (ad esclusione dello scorso 6 marzo in cui non è avvenuta nemmeno una nascita), con il picco raggiunto il 31 gennaio 2019 in cui si sono contati la bellezza di 15 parti nell’arco delle ventiquattro ore. Sebbene le nascite siano in calo, sembra che quando decidano di venire al mondo i bambini lo facciano tutti insieme, quasi come se riuscissero a comunicare tra loro. Tralasciando questa bizzarra ma simpatica teoria, va detto che assistere a più di 10 parti al giorno infatti non è evento raro: basti pensare che simili giornate si sono verificate 3 volte in gennaio, febbraio e marzo e aprile, 5 a maggio, 2 in giugno, 7 a luglio e 2 ad agosto. Insomma, 29 giornate nel corso

dell’anno (fino a questo momento) in cui sono nati più di dieci bambini al giorno. Ben 365 parti nel solo mese di agosto su tutto il territorio trentino, anche se la struttura di Cavalese (al centro di numerose polemiche circa la sua utilità) ha fatto registrare ben 160 giorni senza nemmeno una nascita, con il solo mese di agosto ad alzare la presenza in sala parto (21 complessivamente): dinamica questa che ha nuovamente sollevato qualche perplessità sull’effettiva necessità di tenere aperto il punto nascite, sebbene si sia rivelato fondamentale per coloro che lo hanno dovuto utilizzare con rapidità. Ora gli occhi sono puntati, inevitabilmente, su quanto accadrà nel 2020. La speranza è ovviamente quella che si possa tornare a parlare di una popolazione giovane in aumento, ma non è da escludere che, ancora una volta, si rimanga delusi dai risultati finali. Solo il tempo potrà dare risposte definitive.

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Conosciamo il territrorio di Massimo Dalledonne

Gli antichi sentieri

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n tutto 370 pagine. Trentasei itinerari descritti, ritratti e presentati da postazione diverse, con rigore e umorismo, da tre autori. Parliamo di un libro che si inserisce nel filone delle guide al turismo consapevole messo in campo da alcuni anni dall’Associazione Amici della Valle di Sella. La parte geologica è stata curata da Giambattista Toller, quella artistica da Gianfranco Tomio e quella cartografica da Giuseppe Simoni. Accomunati tra loro, per l’occasione, dal titolo “Nuovi sguardi su antichi sentieri in Valle di Sella” ma anche da un grande amore per la montagna e, soprattutto, per Sella. Come ricorda il presidente dell'Associazione Marina Caumo “in questo volume i tre autori si mettono in cammino, insieme, legati dal piacere dell'andar per monti, ognuno a modo loro. Quando un sentiero ci porta alla meta, ma anche vagando senza meta, potremo confrontarci sempre con loro che, con questo testo e la mappa allegata, ci potranno restituire sicurezza, motivazione e piacere nel ricercare e ritrovare un nostro semplice angolo di natura interiore che la Valle di Sella ancora offre. In tal senso – conclude Marina Caumo – diventa quasi magico per noi Amici della Valle di Sella, poter guardare la tradizione e l'anima del luogo con occhi nuovi e sguardo consapevole”. Nel libro vengono proposti 36 itinerari escursionistici, tutti compresi su un’area che spazia dall’Ortigara al Pizzo di Levico. Ognuno di loro è descritto, ritratto e presentato da postazioni diverse con umorismo e rigore e con l'ausilio di una mappa (allegata con il libro) a cui

sono inclusi i QRcode per scaricare la traccia GPS sul cellulare. Particolare attenzione, da parte degli autori, viene riservata alla geografia fisica ed alla geologia della zona. Sentieri che possono essere da tutti anche se, in alcuni casi, è richiesto un po' di allenamento, piede fermo ed esperienza di montagna. Per ogni itinerario gli autori hanno anche previsto anche uno schema riassuntivo con capisaldi dell’itinerario, difficoltà, lunghezza, dislivelli e tempi di percorrenza. Non manca una breve storia geologica della zona e l’elenco celle formazioni rocciose presenti. Il tutto corredato da fotografie, acquerelli originali ed una aggiornata carta topografica 1:20000 della Valle di Sella. Gli autori hanno potuto contare sulla preziosa collaborazione di Franco Gioppi, Sergio Boschele, Paolo Tomio, Mariano Galvan, Carlo Dietre e Maurizio Costa oltre che sull’aiuto della Commissione Speleologica della Sat, il Panda Orienteering Team, alcuni servizi provinciali, i gruppi di manutenzione sentieri delle sezioni Sat di Borgo e Levico, il Gruppo Amici della Montagna di Olle e l’Associazione Zima Casternovo. “Siamo fuggiti, per quanto possibile, dal toccare le corde del sentimento parlando de

sti ani. E si è anche dato poco peso – ricorda Giambattista Toller – agli eventi bellici, perché minuziosamente tratti da validi appassionati. Il destino magnifico degli itinerari proposti è quello di indurre l’escursionista a indagare i luoghi con gli occhiali della geografia fisica, cercando di capire perché le cose in un certo posto sono andate in un certo modo. Poiché in zone di montagna non ha senso parlare di geografa fisica trascurando le rocce, vasto spazio è stato concesso a nozioni basilari di geologia”. Il libro, al costo di 23 euro, può essere acquistato presso la libreria Il Ponte, l’edicola Dalsasso o direttamente dall’Associazione Amici della Valle di Sella di Borgo.

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Tra vino e birra di Elisa Corni

Bacco, dio del vino

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acco, tabacco e Venere…” tutti sappiamo come va a finire! Il dio del vino sarebbe per l’appunto uno dei rischi per la salute di noi esseri umani, eppure la sua storia ha radici profonde nella cultura dell’occidente. In principio, nel pantheon greco, era Dioniso: quando questi si lasciava andare ai piaceri della vita veniva nominato con l’appellativo Bákkhos. Nella tradizione greca Dioniso occupa un posto particolare, essendo una divinità piuttosto arcaica. Originariamente la sua figura si legava alla vegetazione, patrono della linfa vitale che fa crescere le piante. Solo in un secondo momento fu associato alla vite, al vino, all'ebbrezza e quindi all’estasi. Questo perché, come la linfa vitale, anche l’essenza caotica del creato nel suo selvaggio fluire rappresenta l’elemento all'origine della vita. Dioniso incarna dunque uno degli aspetti più

Bacco - Michelangelo

misteriosi del nostro essere: quella fiamma di vita irrefrenabile e incontrollabile che alle volte ci fa uscire dagli schemi. Divinità decisamente godereccia, Dioniso era il dio del vino, della vendemmia, del divertimento e del piacere dei sensi; tramutatosi in Bacco arrivò nella penisola italica nel II a.C. per restarvi fino a quando il Senato romano ne proibì ufficialmente i riti di festa che ne caratterizzavano il culto, i baccanali. Durante questi riti propiziatori scorrevano fiumi di vino, creando un certo disagio nella Bacco dipinto da Caravaggio società e per questo motivo furono proibiti a partire dal 186 a.C. pantheon degli Etruschi; si tratta di Eppure le loro origini avevano radici Fufluns, il corrispettivo etrusco del profonde, riconducibili addirittura alla greco Dioniso, e poi del romano BacMagna Grecia. In Lucania e nelle reco. Come nel caso della divinità greca gioni meridionali della nostra penisoda cui tutto ebbe origine, sua madre la prima dell’avvento dei Romani le era Semia, come la Semele greca, dipopolazioni locali eseguivano questo vinità spesso associata alla terra. Fugenere di celebrazioni nella speranza fluns deve il suo nome a quello della di ottenere raccolti migliori. Al baccadivinità umbra Puemune e per quenale partecipavano persone provesto motivo gli sarebbe dedicata una nienti da territori più o meno vasti delle più importanti città di epoca che si ritrovavano in un luogo ben etrusca, Populonia (Pupluna). Come i definito, spesso sacro o collegato alla suoi simili, Fufluns era patrono della vendemmia e alla viticoltura. Con vendemmia e del vino, e in suo onore ogni probabilità oltre a otri di vino, si venivano eseguiti sacrifici animali. Nel consumavano sacrifici animali in onocaso degli etruschi si trattava di tori, re della divinità ebbra; vi potevano animali a lui consacrati. essere anche momenti di sfrenata Dioniso, Bacco, Fufluns o addirittura sessualità da cui deriva l’accezione Liber Pater nel pantheon dei culti itamoderna di baccanale come sinonilici preromani rappresenta una figura mo di rito orgiastico. Tutto ciò era colchiave in grado di liberare l’uomo legato con la speranza di una stagiodalle catene della società, e per quene favorevole, ma anche con i festegsto soprannominato lysios, ovvero giamenti per il ritorno dei pastori dalcolui che scioglie. Per questo motivo la transumanza. fu ripreso dal filosofo Friederich NietIl culto di Dioniso/Bacco trovò terresche per inserirlo nel suo sistema filono fertile nella Penisola italica perché sofico come emblema delle forze nauna divinità simile faceva parte del turali irrazionali.

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Tra vino e birra di Maurizio Cristini

Enologia in Trentino

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Entrando nella provincia di Trento da sud e muovendosi verso nord seguendo l'Adige, si incontrano vigneti con aspetti produttivi via via diversi da quelli del vicino Veneto: gli impianti si alzano dal fondovalle verso le propaggini dei vicini rilievi proseguendo ininterrottamente sino al limite della provincia di Bolzano. Perpendicolarmente alla Vallagarina si incontrano altre valli minori ma di elevata qualità vitivinicola che concorrono alla produzione delle due DOC trentine: TRENTO DOC (riservata agli spumanti locali prodotti con Metodo classico) e TRENTINO DOC (dedicata a tutti i vini di qualità qui prodotti). Tuttora (2019) in Trentino non sono presenti zone e vini DOCG. Seguendo l'itinerario suddetto, cominceremo coll'incontrare il vitigno Enantio (da pochi anni vino Trentino DOC) dal quale si ricava l'omonimo vino rosso: è prodotto nella parte

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meridionale della provincia, al confine colla vicina zona DOC della Terra dei Forti nel Veronese, continuando sino a sud di Rovereto, nei territori di Avio ed Ala. E' il noto Lambrusco a foglia frastagliata (l'antica Vitis labrusca), autoctono locale che, grazie ai terreni silicei dove veniva allevato e alla sua indole “selvatica”, ha ben sopportato i danni causati dalla fillossera, scampandone e riproponendosi oggi ai degustatori. E' prodotto “in purezza” o entra nella

composizione di altri vini, tra i quali il più noto è il Casteller DOC. Un'altra varietà di uva autoctona, resistente alla fillossera, poco nota e per lungo tempo pressoché dimenticata, è la Casetta, che dà origine a vini rossi intensamente colorati, dai toni speziati, destinati a lungo affinamento. Dagli inizi del 2000 è tornata in auge con impianti a sud di Rovereto (Ala e Mori). In provincia di Trento ca. l'85% della produzione di uve è regolamentata dai vari disciplinari enologici, scrupolosamente rispettati anche dalle Cantine sociali che in tal modo portano ad un'elevata produzione di vini di qualità (DOC). Poco a nord di Rovereto si trova la terra di elezione del vitigno Marzemino, che da sempre ha il suo cuore nel paese di Isera. Una piccolissima area di eccellente produzione di tale uva è ubicata nella zona di Castel Beseno e dà vita al ĉru “Marzemino dei Ziresi”. Questo vino rosso è stato


Tra vino e birra

celebrato anche da Mozart nelle sue opere. In tutta la provincia viene allevato da sempre il vitigno Schiava in tutte le sue varietà (Gentile, Grigia, Grossa). Queste uve forniscono vini rossi abbastanza leggeri, profumati, di colore rosso chiaro, di pronta beva e non idonei a lunga conservazione pure se molto diffusi in zona. Vicino al capoluogo, si trovano le sedi di aziende di fama internazionale, dedicatesi soprattutto alla produzione di spumanti ottenuti o con Metodo classico o Charmat. Oltre Trento ci si trova in un territorio in pratica dedicato alla sola coltura dell'uva rossa Teroldego: è la piana Rotaliana, percorsa dal torrente Noce che confluisce nell'Adige da destra scendendo dalla Val di Non. Il vino Teroldego Rotaliano viene prodotto solo in questa zona d'Italia: è stato osannato sin dall'epoca asburgica in tutto il territorio del Tirolo dal quale trae il nome (Tiroler gold, l'oro del Tirolo, poi storpiato in Teroldego). E' un vino eclettico, che può essere consumato sia giovane (ed allora esprime tutta la sua accentuata in-

tensità di profumi) come pure dopo affinamento per lungo tempo (8 ÷ 10 e anche più anni) allorché, abbinato a selvaggina da piuma e/o da pelo, pone in evidenza il carattere che possiede. Sulla sponda sinistra dell'Adige troviamo località interessanti per la produzione di vini di grande qualità: San Michele all'Adige (sede della celeberrima Fondazione E. Mach e del Museo degli usi e costumi del Trentino); tutta la fascia collinare di Faedo (dove l'allevamento a oltre 600 m. di altezza porta in particolare alla produzione di Müller Thurgau molto fini

e profumati); Lavis (terra di produzione di bianchi e profumati Chardonnay usati nella produzione di spumanti Trento DOC, dell'autoctono Nosiola e del bianco Sylvaner; infine la piccolissima sottozona al confine con la provincia di Bolzano dedicata alla produzione del vino Sorni, sia bianco che rosso. Ad ovest della Vallagarina, partendo da Trento, si entra nella cosiddetta Valle dei Laghi verso Castel Toblino, Cavedine, ecc., terre di produzione di uve per vini da fine pasto, dessert o meditazione, come le varie Nosiole da uve surmaturate (fino a dicembre inoltrato!) usate per la produzione del dolce Vin Santo trentino. A nord-est di Lavis si raggiunge la Val di Cembra, dove trovano eccellente terreno vitigni sia a bacca rossa (Cabernet Franc/Sauvignon, Merlot, Lagrein, Pinot nero) che bianca (Riesling italico e renano, Pinot bianco e grigio, Moscato giallo e rosa, Traminer aromatico). Percorrendo l'Alta Valsugana ad est di Trento, troviamo alcune varietà locali oggi ripescate dal dimenticatoio che producono interessanti vini: ricordiamo le autoctone Rossara e Pavana che danno origine agli omonimi vini rossi e le bianche Peverella e Wanderbara.

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Tra vino e birra di Elisa Corni

La storia della viticoltura in Valsugana Fino a qualche decennio le pendici dei colli che affacciano “sulla Brenta” erano costellati da terrazzamenti che ospitavano una delle principali coltivazioni della nostra valle: la vite. Negli ultimi anni i filari ordinati stanno riacquistando il loro spazio, abbellendo e decorando la Valsugana, come in un viaggio nel tempo. Personalità di spicco, figure importanti del passato hanno descritto il nostro territorio con parole d’ammirazione, paragonando i colli valsuganotti a quelli ben più noti della Toscana.

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a viticoltura in Valsugana ha radici piuttosto profonde; alcuni documenti del diciassettesimo secolo, studiati dal maestro Claudio Marchesoni, rivelano come l’abitudine alla coltivazione della vite fosse all’epoca ampiamente diffusa. L’ex maestro “panizzaro” può essere considerato un vero e proprio esperto del tema, dato che vi si è ampiamente dedicato pubblicando volumi e testi che raccolgono le sue ricerche. A esempio ci racconta che nei secoli passati i nomi dei vini erano spesso ispirati al loro colore, come la Pavana rossa come i papaveri, o dai luoghi della loro coltivazione, come il Blanc de Sers. Una delle particolarità più interessanti della viticoltura in Valsugana, anche questa ampiamente presa in esame dal maestro Marchesoni, è la tradizione dei “vignaioli in trasferta”. Per secoli, dalle zone più fredde e meno adatte alla coltivazione della vite come gli Altipiani, alcune popolazioni sono scese in Valsugana per coltivare appezzamenti e produrre il vino da riportare in altura. E così gli abitanti di Lavarone e Centa si spostavano sul Colle di Brenta durante la bella stagione proprio per poter poi produrre il vino per i mesi invernali. Una serie di accordi molto antichi addirittura medievali, rendeva possibile questa abitudine.

Fino agli inizi del Novecento, periodo clou della viticoltura nella nostra terra, tutti i versanti dei colli ben esposti della Brenta erano terrazzate e producevano colorati graspi d’uva. Purtroppo l’epoca d’oro della vite in Valsugana stava per terminare. Già sul finire del diciannovesimo secolo due temibili malattie, la fillossera e la peronospora, provocarono ingenti danni alla viticoltura. Ma soprattutto con la fine del primo conflitto mondiale e il passaggio sotto il Regno d’Italia si ebbe il declino definitivo. Il vino prodotto nella nostra valle non era più competitivo: zone più temperate producevano vini più gradevoli e in maggior quantità. Ma negli ultimi anni stiamo assistendo al ritorno della vite sulle

pendici dei colli: piccole cantine che producono vini pregiati, dando spazio all’innovazione e alla ricerca. E così si realizzano prodotti acidi perfetti per fare da base a spumanti e a altri vini di qualità. Lo Chardonnay di Brenta o la Pavana coltivate sulla sponda sinistra del Brenta sono rinomati e richiesti, e stanno trasformando il paesaggio in qualcosa che sarebbe stato familiare ai viaggiatori di un tempo. Come scriveva uno dei tanti che passarono di qua, tal Sartorelli: “Stupendi sono i vigneti che all’Ovest di Borgo sulla riva sinistra del Brenta si estendono sù sù comprendendo Roncegno, Masi, Levico, Caldonazzo, e Tenna” e che oggi stanno riprendendo piede.

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Tra vino e birra di Elisa Corni

La vendemmia, tra storia e cultura

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egli affreschi e nei dipinti da era caratterizzata da una vera e che fanno l’allegoria dei propria cerimonia religiosa di ringramesi e delle stagioni, come ziamento agli dei per i frutti riservati quelli stupendi che decorano una dalla terra all’uomo. Già all’epoca si delle torri del Castello del Buonconsiusavano utensili per recidere i grapglio a Trento, settembre e l’autunno poli: erano lame rudimentali simili a sono facili da riconoscere: mentre alcoltelli o uncini inclinati. Sappiamo di cune figure armate di oggetti taglienciò grazie ai ritrovamenti archeologiti recidono i grappoli d’uva, altre sono ci, ma anche ai numerosi scritti e rapcolte nell’atto di pigiare gli acini con i presentazioni che riportano della racpiedi, trasformando così l’uva in buon colta dell’uva. In uno dei volumi della Torah risavino. Sì, perché da epoche remote lente al 1570 a.C. compaiono le prisettembre è identificato come il me normative attorno alla viticoltura mese della vendemmia e della proe alla vendemmia: i “racimoli”, grapduzione del vino. poletti di uva rimasuglio della venMa la vendemmia è molto di più che demmia, devono essere messi da il periodo di raccolta e della produparte per i più bisognosi. Le tracce zione del vino: si tratta di un momennei secoli sulla viticoltura si susseto ricco di fascino e storia, carico di guono: dai passi dei testi sacri, a riimportanti tradizioni culturali e sociatrovamenti archeologici molte fonti li. Per secoli, a esempio, è stata una ci permettono di ricostruire le abitucerimonia di primaria importanza per dini che caratterizzavano la venle società agricole, nonché un’occademmia nel corso dei secoli. E così sione di aggregazione e condivisione, scopriamo come ci fossero popoladi festa e celebrazione. Quante poezioni che si spostavano nei luoghi sie raccontano del momento della della vendemmia, costruendo vere e vendemmia come di un momento proprie città di capanne per poter chiave per stare assieme, creare legasvolgere il lavoro nel minor tempo mi, ricordare il passato? possibile, o gli strumenti usati per Passato che, per quanto riguarda questo rito sociale, ha radici assai profonde. Le prime testimonianze giunte fino a noi che danno riscontro dell’esistenza di un momento come quello della vendemmia risalgono addirittura al 10.000 a.C. e sono state ritrovate nelle zone della Mezzaluna Fertile. Qui la raccolta dell’uva e la successiva Raffaello Sorbi - La festa della vendemmia trasformazione in bevan-

raccogliere l’uva simili nelle diverse culture. Notizie più diffuse e precise ci arrivano dagli Antichi Romani, che oltre a lasciarci molti più reperti, strutturarono la vendemmia secondo riti ben precisi. Il 19 agosto si celebravano infatti i Vinalia rustica in onore di Giove: queste feste davano il via alla raccolta dell'uva posta in piccoli canestri e quindi riversata in vasche più grandi (lacus vinaria) dove si procedeva alla pigiatura. Durante la vendemmia ogni altra impresa era sospesa, indice dell’importanza di questa attività per tutta la comunità. Con la caduta dell’Impero Romano e l’inizio del medioevo sempre più ricche testimonianze ci danno indicazioni precise sulla viticoltura e la trasformazione dell’uva in vino: non solo come le tecnologie siano mano a mano avanzate, ma anche come si realizzassero coltivazioni sempre più specifiche e particolari; ad esempio gli ordini monastici fecero della vinificazione una delle loro più importanti forme di sussistenza. Il momento della vendemmia ha conservato però immutate alcune caratteristiche nel corso dei secoli: ha sempre rappresentato un momento conviviale e di comunità, con un sentore di sacralità e importanza quasi religiosa. Ma l’introduzione di strumenti sempre più avanzati a partire dalla metà del secolo scorso ha allontanato la vendemmia dalla sua tradizione; fortunatamente alcune realtà mantengono ancora viva la tradizione.

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Tra vino e birra di Elisa Corni

La birra, una bevanda antica Scoperta vicino ad Haifa la più antica fabbrica di birra. Risale a tredicimila anni fa.

U

n nuovo studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science suggerisce che le pratiche di produzione della birra fossero diffuse nel Mediterraneo orientale ben prima rispetto a quello che era fino a oggi ritenuto il più antico ritrovamento. Nel Nord della Cina, qualche anno fa, erano state trovate tracce di birrificazione databili attorno al 3.000 a.C. Ma una ricerca archeologica coordinata dalla Stanford University e l'Università di Haifa, in Israele, ha portato alla luce strumenti molto più antichi. Si tratta di tre mortai di pietra ritrovati in una grotta di sepoltura natufiana che avrebbe circa 13.000 anni. La loro analisi ha confermato che questi mortai venivano usati per la preparazione di grano / orzo e per la conservazione degli alimenti. È opinione diffusa tra gli archeologi e gli antropologi che la produzione di alcolici e la conservazione degli alimenti siano state tra le principali innovazioni tecnologiche che hanno portato l’uomo a sviluppare civiltà più complesse. E questa scoperta

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potrebbe portare indietro nel tempo di qualche millennio il “segnalibro” che indica l’inizio di questo processo. Anche perché la scoperta è avvenuta in un luogo da oltre cinque anni oggetto di studi da parte degli archeologi. La grotta di Raqefet conserva infatti i resti di questa popolazione di cacciatori-agricoltori con però uno spiccato senso pratico. Anche l’analisi dei tre mortai incriminati rivela come, anche in assenza di forme databili di agricoltura, i Natufiani che occupavano quell’area 13.000 anni fa seppero sfruttare al meglio quanto prodotto dall’ambiente. Si trattava di una popolazione semi-sedentaria che viveva nel Mediterraneo orientale tra Paleolitico e Neolitico dopo l’ultima era glaciale. "I resti di Natufian nella grotta di Raqefet non smettono mai di sorprenderci", ha affermato il prof. Dani Nadel archeologo dell’Università di Haifa, membro del team che sta studiando il ricco e sorprendente sito archeologico. Oltre a selci, manufatti, oggetti e decorazioni che indicano un alto livello tecnologico ma anche sociale, con la produzione della birra testimoniata da quest’ultima scoperta permette agli studiosi di farsi un’idea molto vivida dello stile di vita, delle capacità tecniche

Da sinistra Dani Nadel, Li Liu, Jiajing Wang e Hao Zhao (Foto Italia Israele today)

e della voglia di sperimentare di questa popolazione preistorica. I risultati dei test di laboratorio indicano ad esempio che i Natufiani hanno usato almeno sette tipi di piante associate ai mortai, tra cui grano o orzo, avena, legumi e lino. Inoltre, altri resti hanno evidenziato come gli alimenti vegetali siano stati appositamente riposti in contenitori di fibre conservati poi in contenitori di pietra. Sembrerebbe inoltre che il sito fosse un luogo ove hanno avuto luogo rituali e feste funebri, indici di alto livello sociale. Le prove della produzione della birra nella grotta di Raqefet 13000 anni fa forniscono un esempio delle complesse abitudini sociali e rituali di questa popolazione preistorica. La produzione della birra potrebbe essere stata, almeno in parte, uno dei motivi che hanno poi innescato il processo che ha portato alla coltivazione di cereali nel Levante meridionale, e queste scoperte potrebbero supportare una tesi vecchia ormai di sessant’anni sul ruolo della birra nell’evoluzione umana.


In collaborazione con Pizzeria Vintage

La Birra... non solo pizza

P

er moltissimi anni la birra è sempre stata considerata la migliore bevanda da abbinare alla pizza. E questa tradizione culinaria tutt'ora vive nella mente dei tantissimi clienti che amano frequentare le pizzeria. Sempre di più,però, si sta sviluppando e crescendo la tendenza a bere la birra, bionda, scura o rossa, a tutto pasto e con cibi e piatti di vario genere e gusto. Una cosa, però, è importante sapere: che mentre la pizza richiamo tutte le birre, ovviamente a secondo, del proprio desiderio, così non è con gli altri cibi. Occorre infatti non solo avere una certa propensione a farlo, ma sopratutto è

necessario provare materialmente se tale abbinamento rientra nei propri gusti. Una delle ultime tendenza di abbinamento della birra con i vari cibi è quella di farlo con i crudi, siano essi di carne o di pesce. Oppure utilizzarla quando si vuole assaggiare un buon formaggio alle erbe oppure grasso e corposo perchè la birra con la sue effervescenza e il gusto “amaro” del luppolo è particolarmente indicata per ripulire la bocca. Alcuni chef stellati consigliano l'abbinamento della birra quando si desidera gustare un piatto di carni untuose oppure cibi succulenti e speziati ricordan-

Simone e Alessandro

dosi che a piatto “forte” e saporito deve essere abbinata una birra corposa e piena. Mentre cibi delicati richiamano birre con minore carattere,con particolare aromaticità,meglio se profumate. Se poi si desidera fare un pasto completo con l'abbinamento di diverse birre è bene procedere dal basso vero l'alto ovvero cominciare con quella di minore intensità gustativa. Lo stesso dicasi per gli alimenti: prima quelli delicati e poi quelli più corposi, speziati e grassi. Conviene quindi sapere che il gusto della birra si base su tre percezioni gustative: quelle acide, le amare ed infine le dolci.

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Tra vino e birra in collaborazione con Chiara Giaccio

Il gin, re dei cocktails

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n questi ultimi tempi sempre di più si parla del prepotente ritorno del gin e del suo utilizzo che ne fanno i barman di tutto il mondo per realizzare grandi cocktails e fantastici aperitivi. Per i conoscitori il gin è veramente il re di drink indimenticabili come il Negroni, il Gin Tonic ( l’aperitivo più bevuto al mondo) , il White Lady, il Cocktail Martini il Bronx e chi più ne ha più ne metta. Secondo antichi testi il gin deve la sua storia a dei monaci che forse per puro sbaglio hanno fatto le prime prove della distillazione del ginepro mescolato ad una sorta di alcool. Nei loro inziali intenti, infatti, dovevano ricavare un olio o un qualcosa di tera-

ingredienti scelti dal mastro distillatore: i cosiddetti “botanicals”. Quest’ultimi possono variare a seconda della giusta mescolanza che il distillatore interpreta. Nel trascorrere degli anni il gin, sempre di più, si è legato non solo ai prodotti della zona ove si produce, ma anche e principalmente alla fantasia e creatività dei distillatori che riescono a trovare combinazioni esaltanti. Per la cronaca il consumo del gin in Italia è cresciuto tantissimo tant’è che nel nostro paese, per effetto della continua richiesta, sono oltre 180 i brandy italiani che si trovano sul mercato a disposizioni dei consumatori.

peutico e antinfiammatorio. Fu il dott. Silvius (un olandese) che intorno al 1600 creò un distillato di alcool, oli essenziali di ginepro e qualche erba ancora sconosciuta che fu usato sia come tonico e sia come medicinale e che chiamo’ “Genever”. Nel tempo e con il tempo questo particolare prodotto iniziò ad essere apprezzato anche come bevanda dal gusto particolare. E con il tempo cambiò anche il nome trasformandosi prima in Geneva e poi in Gin. Oggi come si ottiene il Gin? Di fatto è un distillato di cereali, solitamente granoturco, frumento e orzo, che viene aromatizzato con ginepro, spezie, agrumi, fiori, bacche e vari

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Il teatro popolare di Adelina Valcanover

Il Club Armonia ci “racconta la Valsugana” Il Club Armonia (in Trentino da più di cent’anni) è sinonimo di teatro popolare e ora anche di teatro di impegno civile. Nostra intervista a Renzo Fraccalossi, attuale presidente , nonchè autore, regista e attore.

Lei è entrato a far parte del Club Armonia fin da giovanissimo: in cosa è cambiato, se è cambiato, il teatro amatoriale in questi anni? Come tutte le cose umane anche il teatro amatoriale si evolve. Dalla classica commedia d’ ambiente, che irridendo fotografava la società degli anni settanta, si è passati lentamente ad una ricerca di livelli narrativi diversi; toccando tematiche non solo leggere ed inserendo narrazioni nuove e più aderenti all’attuale. Essere amatori non significa essere professionisti, ma impone di essere almeno professionali ed in questo senso mi sembra che ci si stia orientando. E’ cambiato anche il pubblico? Si tratta del prodotto che si offre. La

commedia dialettale, spesso scontata e magari “grassoccia”, ha ancora un suo pubblico, ma molte persone si sono avvicinate al teatro amatoriale quando si sono proposti temi diversi da quelli della tradizione vernacolare. Cosa manca o cosa si dovrebbe fare per migliorare e promuovere la cultura teatrale sul nostro territorio? Posto che il teatro va portato soprattutto dove non c’è, vedo nuovi fermenti nelle periferie; vedo i giovani che cercano di uscire dai vecchi clichè; ma altrettanto registro il continuo calo delle risorse pubbliche; osservo un’attenzione istituzionale spesso più legata alle dinamiche del consenso che non a quelle della cultura teatrale, mentre si continua a finanziare strutture, anziché sostenere ciò che in queste dev’essere rappresentato. Un tema spesso oggetto di dibattito e di visioni contrastanti: teatro dialettale o teatro in italiano? E’ un tema che non mi appassiona. Il dialetto non è il museo della nostalgia. E’ piuttosto una lingua viva che muta, come tutte le lingue, con l’evolversi dei parlanti. Certo, spiace osservare taluni usi a solo scopo di solleticare l’ilarità più facile. Così non si fa un buon servizio né al dialetto, né al teatro in sé. E’ invece importante avere delle storie interessanti da narrare, a prescindere dalle lingue

usate per farlo. L’utilizzo è quindi secondario, se è vero che in dialetto si ride e parimenti si piange o comunque si vive la complessità del presente. Sempre con riferimento al teatro in Trentino: un sogno nel cassetto? Uno, nessuno e centomila. Il sogno è uno stimolo per chi avverte la centralità della narrazione. Se poi si realizzano, meglio così. Lei che oltre che attore è anche autore dei testi e regista del Club Armonia, dovendo scegliere, a quale di questi ruoli non vorrebbe rinunciare? Premetto che accetto questi ruoli come etichette utili a capirsi, ma non mi definisco affatto né attore, né regista, né drammaturgo. Ho scritto, allestito e recitato per passione, perché ritengo di aver qualcosa da condividere e per divertimento. Tutto qui. Il Club Armonia in questi anni è passato dal tradizionale teatro popolare ad un teatro di impegno civile. Perché questa scelta? Avete abbandonato definitivamente il teatro popolare? Il Club Armonia si sta avvicinando alla soglia dei centoventi anni di un’attività segnata dalla tensione al cambiamento. Per primo portò in scena le donne nel 1927 con “Vecie storie”; scelse coraggiosamente la strada del dialetto; offrì spazio alle

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Il teatro popolare

ambientazioni della tradizione teatrale italiana: da Goldoni a De Filippo e Colantuoni e adesso ha deciso di raccontare anche altro: la Grande Guerra; la tragedia di Stava; la vicenda del Simonino ed altro ancora. Il nostro è un teatro popolare che prova a svolgere una funzione divulgativa della storia locale e mondiale. Come ha reagito e come reagisce il pubblico oggi a questa innovativa proposta teatrale? Benissimo. Il pubblico condivide, ascolta e propone. Il Club Armonia ha compiuto scelte coraggiose, schierandosi, in un tempo in cui molti preferiscono “non disturbare il manovratore” ed il pubblico lo riconosce. A partire dal mese di ottobre metterete in scena un lavoro interamente dedicato alla Valsugana dal titolo “Non v’è valico fra Fersina e Brenta...” ed in collaborazione con il Coro Valsella di Borgo Valsugana. Per quale ragione un lavoro su questa valle? Avevo scritto il testo molti anni fa, suggestionato dalla descrizione della valle di alcuni viaggiatori del Settecento. Poi con il Coro Valsella, con il quale avevamo già collaborato in passato, è nata questa sorta di “tea-

tro – concerto”. La Valsugana è una valle poco raccontata ed emarginata rispetto alla grande narrazione sviluppata nei secoli lungo l’asta dell’Adige. Forse era tempo di aprire qualche sguardo anche su questa “porta” del Trentino verso l’oriente. Senza svelare la trama, perché il teatro si guarda e non si racconta, può fare qualche anticipazione o dare qualche informazione in più sullo spettacolo ai nostri lettori? Si tratta di una storia di storie; un viaggio dentro la memoria meno nota dell’alta come della bassa valle ed un ascolto di brani musicali diversi da quelli della più diffusa tradizione corale trentina. E’ appunto un “teatro – concerto” dove lo spettatore può trarre ciò che più gli interessa e prendere questo spunto per ap-

profondire e scavare dentro il tempo e dentro le geografie. Date e luoghi delle rappresentazioni? Dopo il debutto di Trento (grazie al patrocinio della Presidenza del Consiglio regionale) proseguiremo nelle settimane seguenti con appuntamenti alle Terme di Roncegno, poi a Castel Ivano alla fine di novembre. E dopo una pausa legata ad altri impegni nostri e del Coro, una ripresa primaverile a Pergine Valsugana, a Levico Terme per concludere ad Arte Sella. Foto su gentile concessione Club Armonia .

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Edilizia oggi

di Armando Munao’

Immobiliare... crisi sì... crisi no? In questi ultimi anni stiamo assistendo ad una particolare crisi che interessa e coinvolge tutto il mercato immobiliare, non solo della nostra provincia e regione, ma anche tutto il nostro paese. Per saperne di più abbiamo intervistato l’Architetto Carlo Buffa con studio a Borgo Valsugana, il quale, rispondendo alle nostre domande, ci ha fatto una panoramica sull’universo dell’edilizia abitativa. A suo avviso la crisi del mercato immobiliare perdura oppure...? Direi che definirla crisi è riduttivo, perché un fenomeno per essere definito tale deve essere paragonato ad un periodo preesistente che non esiste più. Oggi il mercato immobiliare è sicuramente diverso e i numeri sono inferiori e lo saranno per sempre. Nel prossimo futuro la richiesta di abitazioni, o le transazioni immobiliari parlo soprattutto per la nostra regione, non sarà così intensa a parte alcune oasi felici. E da cosa è dipesa? Il numero di persone che non dispone di abitazioni o che necessità di nuove case è in costante calo dovuto principalmente alla diminuzione delle nascite e all’invecchiamento della popolazione. Un ruolo importante l’ha avuto anche la crisi finanziaria, che a un numero

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consistente di popolazione ha tolto potere d’acquisto. Inoltre la gran parte delle persone che si trasferiscono in Trentino per lavoro spesso non hanno disponibilità economiche tali da acquistare o ristrutturare edifici e di conseguenza cercano strutture in affitto spesso anche fatiscenti, ma non muovono di certo il mercato immobiliare. In questi ultimi anni le richieste abitative sono cambiate perchè sempre di più si opta per soluzioni abitative di piccole dimensioni. Il suo parere? La prima cosa che mi viene in mente è il rapporto superficie maggiore = costo maggiore. Questa equazione sicuramente verificata, è stata assorbita anche dai non addetti ai lavori. Le tecniche costruttive, la tecnologia, e dotazione di impianti, ormai obbligatori in ogni intervento edilizio che sia

una ristrutturazione o che sia un nuovo fabbricato, hanno aumentato di molto i costi quindi di conseguenza si opta per delle soluzioni abitative più ridotte. La casa, per tanti, non rappresenta più un bene rifugio come nei decenni scorsi, probabilmente si progettano e si costruiscono realtà adeguate allo stato attuale delle famiglie senza ipotizzare, che in un futuro prossimo, i figli avranno un ulteriore spazio dove vivere, non sapendo a priori, dove lavoreranno. Ecc. La burocrazia e le norme che regolano l'edilizia abitativa, specialmente nei piccoli centri, sono un vero ostacolo all'espandersi della costruzioni? Direi che la burocrazia è presente ed è in crescita, così come le norme tecniche che sono in costante evoluzione. Queste per certi versi sono un


Edilizia oggi

ostacolo e soprattutto rappresentano un sistema che non si adatta quasi mai all’evoluzione più rapida delle idee e dei progetti che necessita sia il mercato immobiliare che gli operatori delle costruzioni. Rispetto agli anni passati cosa è cambiato nel campo delle costruzioni sia civili che industriali? Un grosso cambiamento degli ultimi anni nelle costruzioni è sicuramente stato il “riutilizzo della tecnologia del legno”, con sicuramente nuovi materiali rispetto ad epoche passate, ma di fatto una tecnica remota, che in questi anni assorbe un numero sempre maggiore di interventi nelle costruzioni. Un altro aspetto fondamentale riguarda sicuramente la dotazione di impianti tecnologici, le fonti rinnovabili, e tutti gli interventi di isolamento delle strutture che compongono le abitazioni per assi-

curare un maggior confort abitativo ed un risparmi energetico. Per le costruzioni industriali non è cambiato molto nelle tecniche costruttive se si esclude appunto la dotazione tecnologica sempre più massiccia anche negli edifici produttivi, gli elementi prefabbricati in calcestruzzo armato con cui si realizzano la maggior parte degli interventi esistono da più di 50 anni. I vari uffici provinciali, regionali e nazionali agiscono in sinergia con i progettisti e con chi opera nel settore costruzioni-edilizia? In questi anni e soprattutto nei prossimi, parlare di sinergia tra uffici pubblici e progettisti e’, ha mio avviso, sicuramente un eufemismo, tra poco tempo anche in Trentino tutte le pratiche edilizie (in alcune realtà come Trento è già obbligatorio), saranno trasmesse online con l’ausilio di piat-

L’architetto Carlo Buffa

taforme condivise si aspetteranno le varie autorizzazioni e l’avanzamento dell’ iter burocratico tramite comunicati email ecc. Di sicuro mancherà o si assottiglierà il dialogo e il confronto tra i soggetti privati e le autorità pubbliche, creando per quanto mi riguarda un danno.

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Storie trentine di Sabrina Mottes

Il principe vescovo

Federico Vanga N

ei secoli tra il 400 e il 500 si concluse l’evangelizzazione del territorio trentino ad opera di diversi vescovi e chierici. Da allora e fino agli inizi del Mille, il Trentino subì diverse invasioni, formando poco per volta la propria coscienza territoriale. L’origine dell’investitura, da parte dell’Imperatore, del titolo di principe al vescovo di Trento risale a questo periodo storico. La giurisdizione di spettanza del principato vescovile di Trento si estendeva per buona parte del Trentino e dell’Alto Adige, ad esclusione del Primiero e della Valsugana orientale, affidate al vescovo di Feltre, e della Val di Fassa, di competenza di Bressanone. Federico Vanga proveniva da una nobile e potente famiglia della Val Venosta, tanto che Federico II di Svevia nel 1213 lo nominò vicario imperiale per l’Italia settentrionale. Fu principe vescovo di Trento dal 1207 e fino alla morte, avvenuta durante la quinta crociata ad Accon (San Giovanni d’Acri) nel 1218, dove fu sepolto presso l’altare della Chiesa dell’Ospedale degli Alemanni. Il suo cognome deriva da Vanga / Wangen, frazione del Comune di Renon. Egli iniziò la carriera ecclesiastica come canonico della cattedrale di Augusta e poi decano della cattedrale di Bressanone. Fu una della personalità più autorevoli del medioevo trentino, oltre che notevole mecenate e committente di opere d’arte religiose nell’arco alpino. Durante il suo episcopato, incre-

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Federico Vanga

mentò il potere vescovile e contribuì allo splendore della città di Trento, sia dal punto di vista economico che legislativo ed urbanistico. Fondò ospedali e conventi ed iniziò, nel 1212, la ricostruzione del Duomo fin dalle fondamenta. L’opera fu affidata all’architetto della diocesi di Como Adamo D’Arogno, cui è intitolata la piccola Piazza a sud del Duomo stesso. Né il Vanga né il suo architetto videro la conclusione dell'opera. Il primo morì in Terra Santa. Il secondo proseguì i lavori tra molte difficoltà sino alla morte, nel 1236 e gli succedettero il figlio e poi il nipote. Nel 1210, il Vanga acquistò e ricostruì una casa-torre sulla sponda dell’Adige, in posizione strategica adiacente alla porta bresciana o di S. Lorenzo, accesso da e verso le valli Giudicarie e la Lombardia. La completava un ponte ligneo coperto che collegava l’edi-

ficio all’abbazia di San Lorenzo, dalla parte opposta dell’Adige. La torre prese il nome dal Vanga e venne utilizzata come postazione daziale e successivamente come prigione. Ancor oggi sovrasta la città di Trento, pur privata dell’acqua che la lambiva sino allo spostamento del fiume. A partire dal 1215, il Vanga diede l’avvio ad una raccolta di norme e di antichi documenti trentini allo scopo di riordinare e sistemare gli incartamenti relativi alle leggi e garantire un governo retto, sereno e rispettoso sia dei cittadini che dell’autorità vescovile. Il “Liber Sancti Vigilii” rappresenta il più prestigioso e antico carteggio archivistico della Chiesa tridentina e, successivamente, prese la denominazione moderna di “Codex Wangianus

Il Codice Vanga. Un principe vescovo e il suo governo (da Trenino Cultura)


Storie trentine

Sigillo del vescovo Federico Vanga, su cofanetto portareliquie in piombo, 1207-1218, (da Ala)

Minor”. Fu scritto a mano nel corso di circa 60 anni da diversi notai, ognuno dei quali secondo il proprio stile e la propria grafia poiché la stampa non era ancora stata inventata. E’ illustrato e miniato ed è considerato un capolavoro medioevale d’arte, oltre che di legislatura.

In esso trova spazio una vera e propria raccolta di diritto minerario alpino, il “Liber de postis montis Arçentarie”, codice che regolamentava l’attività nelle miniere d’argento del territorio. Infatti la Chiesa trentina aveva ottenuto non solo il diritto di sfruttamento dei giacimenti tramite il pagamento di tributi sull’estrazione delle materie prime ma anche il potere giudiziario, legislativo e fiscale in materia. Nella raccolta sono presenti molti termini tedeschi latinizzati poiché i canòpi (minatori dal tedesco Knappen), provenienti da varie aree germaniche, lavoravano accanto ad imprese locali. Note soprattutto le miniere del Monte Calisio per l’estrazione dell’argento, che veniva confezionato in pani e utilizzato poi soprattutto per il conio delle monete. Il “Codex Wangianus Maior” è succes-

sivo ed è una copia del primo senza decorazioni né miniature, integrato nel corso dei secoli con documenti ed atti dal 1300 in poi. Nel 2007 ne è stata stampata un’edizione curata da Emanuele Curzel e Gian Maria Varanini.

Torre Vanga, Trento

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Passione per la danza di Veronica Gianelo

Chiara Presa

Il sogno del cassetto

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hiara ha grandi occhi azzurri vivaci e pieni di vita: gli occhi di una diciassettenne che si affaccia al mondo. Sono fari che si trasformano e si illuminano quando inizia a parlare di danza. Avere una passione in un’età come la sua è un dono non da poco: ci aiuta a crescere, ci mostra il cammino, ci regala l’occasione di creare chi davvero vogliamo essere: spesso ci può anche salvare. È un’arma a doppio taglio: sognare non vuol solo dire disegnare stelline e cuoricini su un diario, vuol dire mettersi in gioco, sacrificarsi, rinunciare almeno un po’ alla spensieratezza dei coetanei. Io dico che non è vero che gli adolescenti al giorno d’oggi sono tutto pigrizia e tecnologia, e Chiara con i suoi occhi sognanti è la prova che, per fortuna, ci sono ancora ragazzi che lavorano sodo, che sanno cosa vogliono e lottano ogni giorno per raggiungere i propri obiettivi. Chiara Presa ormai tre anni fa è stata accettata al percorso professionale di Professione Danza a Parma. A 14 anni

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ha fatto le valigie e ha cambiato completamente vita: nuova scuola, nuova città, nuovi amici e un letto in convitto lontana da casa. Eppure quando le chiedo se si pente della scelta che ha fatto, quegli occhioni azzurri sorridono come se le avessi fatto una battuta divertente, e senza aggiungere nulla, capisco la risposta. Allora Chiara, hai ricominciato la scuola? Dove studi? Sì, ricominciato! Sempre al Liceo Linguistico Marconi di Parma È difficile seguire le lezioni di scuola e poi quelle in Accademia? Il primo anno è stato difficile perché non ero abituata a ritmi così frenetici, poi ho imparato a farci l’abitudine anche se devo ammettere che ci sono periodi in cui sono occupatissima Com’è la tua giornata tipo? Mi sveglio la mattina alle 6, faccio colazione, sistemo la camera (perché il responsabile del convitto controlla ogni giorno che sia tutto in ordine) e poi vado a scuola dalle 8.00 alle 13.00 tutti i giorni, sabato compreso. Pranzo

e inizio le mie lezioni di danza che finiscono, se non abbiamo prove o lezioni aggiuntive, alle 18.00 Quando hai iniziato a pensare lasciare Borgo, il tuo paese, per studiare danza? Quando ho capito che fare quattro ore in settimana non sarebbero state sufficienti per pensare di fare della danza il mio futuro lavoro. Com’è vivere lontano da casa? E’ un’esperienza che mi ha aiutato molto ad essere più responsabile e matura. Penso di essere cresciuta


Passione per la danza

molto perché vivere senza genitori da quando si hanno 14 anni è impegnativo, devi imparare ad arrangiarti. Come hai iniziato i tuoi primi passi nel mondo della danza? I miei genitori mi hanno detto che ho sempre avuto questa passione: quando partiva una canzone mi cominciavo a scatenare come una matta! Poi guardavo un sacco di programmi sia in tv che in teatro e così mi hanno iscritta a soli 3 anni a un corso di ginnastica. Più avanti mi sono spostata sul mondo della danza e ho frequentato la scuola “In punta di piedi” di Levico Terme, e infine sono entrata in accademia. Hai altre passioni oltre la danza? Si, adoro suonare il piano, cantare, leggere e a volte scrivo anche. A chi ti ispiri? In realtà non ho un modello di balle-

rina alla quale voglio assomigliare perché voglio essere diversa in qualche modo, riuscire a farmi riconoscere per quella che sono davvero io. Segui una dieta particolare per il percorso che stai facendo? Sì, vengo seguita da una dietologa che mi ha dato una dieta personalizzata per mantenermi sempre in forma, ma in modo intelligente, poiché il fisico è una componente importante per una ballerina. Cos’è la cosa che ti piace di più della danza? Il fatto che non servano parole per esprimersi e la spontaneità con cui svolgo i movimenti, perché dando quel tocco di personalità in ogni coreografia è come se facessi mio qualsiasi passo. Cosa speri per il tuo futuro? Spero di riuscire a realizzare tutti i miei

sogni, di entrare in una compagnia professionale e soprattutto di riuscire a ripagare tutti gli sforzi fatti dai miei genitori che mi hanno sempre supportata. Spero di riuscirci anche per far vedere a chi non credeva in me che non bastano delle semplici parole a fermarmi. Gian Maria Varanini.

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Libri e lettura di Chiara Paoli

“TRANSIZIONE” Gililola Galvagni racconta la transessualità “Rinascerò dal ventre ostinato delle mie battaglie, farò corone delle mie cicatrici e sarò ciò che voglio essere” cit. Giliola Galvagni

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abato 7 settembre è stato presentato presso la libreria Atena di Pergine Valsugana l’ultimo libro di Giliola Galvagni, dal titolo “Transizione”, un piccolo volume di piacevole lettura, edito da Grafiche Futura. L’autrice, da sempre dedita all’approfondimento di temi “scomodi”, si dedica questa volta alla transessualità, nel tentativo di scardinare tabù che ancora condizionano le nostre vite. In un periodo dove le diversità di genere sono viste come un argomento “scottante”, basti pensare all’abolizione dei corsi di genere nelle scuole, lei invece ha voluto scoprire come vivono queste persone che non si riconoscono nella loro sessualità. Questo nuovo libro cosa racconta? Il libro parla di transessualità, argomento delicato, per cui mi sono chiesta come parlare di questo tema, che suscita sì interesse, ma a volte si tratta piuttosto di una curiosità morbosa. Ho voluto mantenere una certa leggerezza, soprattutto per portare avanti una scrittura che si dimostri rispettosa di una condizione che dovrebbe apparire come normalità e non devianza. Si narra di 2 persone, un maschio ed una femmina che si accorgono che il loro genere non gli appartiene, entrambe decidono quindi di intraprendere la lotta per ottenere la sessualità che sen-

tono come propria. Si tratta di Maddalena, che diventerà Roberto e di Ciro, che muterà il suo nome in Sofia. Si tratta di storie vere? No, sono due storie inventate che si alternano, frutto della fantasia, ma molto verosimili. Le vicende prendono spunto e sono il frutto di due anni di ricerche, racconti ed incontri con persone che hanno vissuto o stanno vivendo questo percorso. Si tratta quindi di una narrazione sovrapponibile alla realtà. In preparazione alla stesura del libro ho raccolto moltissime informazioni in tutta Italia, dal Trentino alla Sicilia. Non soltanto incontri con i TRANS, ma anche con chi si occupa della riassegnazione del genere, endocrinologi, psicologi e legali. Ho conosciuto persone con una grande disponibilità, che hanno reso semplice questa fase di raccolta informazioni, che mi ha dato modo di comprendere in profondità questa realtà, lasciando meno spazio all’immaginazione. Come mai hai scelto di parlare di questo difficile argomento? E’ una questione che mi ha sempre colpito e di fatto ho sempre scritto di temi “spinosi”. Fin da ragazza ero infastidita quando vedevo persone con gusti sessuali diversi che venivano sbeffeggiate. Ritengo che uno non sceglie di essere omosessuale o transessuale, ma sem-

plicemente lo è. Dietro questo argomento vi è purtroppo tanta ignoranza e queste persone vengono spesso erroneamente considerati malati o viziosi. Per loro le scelte possibili sono solo due: o combattere tutta la vita, costretti in una condizione che non sentono loro, oppure decidere di seguire un percorso di sfida, volta a combattere una “legge universale”, per mutare una condizione fisica in cui non si riconoscono. Può apparire normale che una persona omosessuale parli della sua condizione, mentre il mio lavoro, scritto da una persona eterosessuale, è stato fatto per capire la loro condizione e per farla conoscere a più persone. Il libro può essere letto da tutti, compresi gli adolescenti, che a volte si pongono domande di questo tipo e faticano a trovare risposte. Come finiscono queste due storie? Il libro si ferma quando i protagonisti prendono coscienza della loro condizione. E come postfazione vi è l’intervista ad una ragazza trans, Zoe, che ha da poco ottenuto la riassegnazione del genere e il cambio ufficiale del nome. Una storia positiva, e di speranza, perché Zoe nel suo percorso ha avuto il sostegno della famiglia e degli amici, che hanno saputo comprendere il suo sentirsi inadeguato nelle vesti di Michele.

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Conosciamo il Trentino di Waimer Perinelli

Oh! che bel castello Ruderi in valsugana Trentino terra di laghi, boschi mele, vino e...castelli. Oggi se ne contano 155; tanti ma sono solo i sopravvissuti di una rete provinciale di almeno 255. Sono distribuiti sui dossi, nelle valli a guardia dei paesi e delle strade di comunicazione.

R

accontano tutti di guerre e saccheggi, di lacrime e sangue, di feste e tornei. Molti di loro hanno anche una leggenda con al centro una principessa, una dama bianca, un matrimonio infelice o l'attesa di un amore. I castelli trentini sopravvissuti alle ingiurie del tempo ed alla vendetta del popolo contro i potenti, sono diventati oggetto del desiderio di turisti, Comuni, novelli castellani e Provincia autonoma di Trento che con i nostri soldi ne ha acquistati, restaurati alcuni poi offerti ai turisti per caso ed agli amanti dell'arte. E' il caso di castel Caldes, poco più di un rudere, quando la Provincia lo ha acquisito, restaurato ed oggi sede provvisoria, fino al 3 novembre della collezione, Cavallini e Sgarbi, madre e figlio illustre che vi espongono preziose opere da Niccolò dell'Ara ovvero della metà del Quattrocento a Francesco Hayez di quattro secoli posteriore. Una lodevole iniziativa anche se ho sentito, con le mie orecchie, dei visitatori lombardi lamentarsi per l'allestimento che copriva le

Castellalto, Telve (Archivio APT Valsugana)

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pareti affrescate delle sale cambiando anche gli spazi originali. "Torneremo a mostra finita, hanno detto, perchè vogliamo vedere il castello con i suoi arredi". Naturalmente c'è la triste ma suggestiva leggenda. Nel castello, costruito nel 1230 da Arnaldo di Cagnò entrato poi nel patrimonio Thun, si narra abbia trovato la morte, nel Sedicesimo secolo, la principessa Olinda stroncata dall'inedia e crepacuore a causa dell'amore proibito per un menestrello. Un Paolo e Francesca in salsa trentina, senza omicidio, di cui sono protagonisti, secondo la storia, Giovanni Alfonso Bertoldi e Marianna, Elisabetta Thun. La sala, affrescata dal pittore veronese Giovanni Cinquetti nel 1672 non era al momento ben visibile. Poco più in là un altro castello ci parla dei Conti Thun guerrieri e principi vescovi del Trentino, del Tirolo con addentellati ben saldi in Boemia. Il maniero domina il borgo di Tono, nome originale della famiglia, le cui ricche terre dalle valli di Sole e Non si estendevano fino a

Trento. Qui in bella mostra ci sono mobili originali di epoche diverse, in parte recuperati dalle spogliazioni e furti dovuti ad un periodo d'incuria e altra parte acquistati appositamente. Si possono vedere stanze arredate così com'erano vissute in secoli diversi. E' sufficiente un po' di curiosità per scoprire che di castelli la Valle di Non è ricca più di ogni valle trentina. Alcuni sono provinciali, altri comunali come il neo restaurato Castel Belasi di Campodenno, altri privati come castel Valer. E la Valsugana? La Valsugana è ricca di suo, quanto trascurata se non boicottata. Quando la sindaco di Caldonazzo, Laura Mansini, all'inizio del nuovo millennio, chiese ad una potente assessora provinciale alla cultura di acquisire la Corte Trapp si sentì rispondere che di “ruderi la Provincia ne aveva anche troppi”. Successivamente si ebbe, per fortuna, interesse per il recupero della Torre dei Sicconi, un ammasso di pietre rimaste

Tor Quadra, Novaledo (Archivio APT Valsugana)


Conosciamo il Trentino

Torre dei Sicconi, Caldonazzo (Archivio APT Valsugana)

dopo che i soldati austriaci demolirono, con al dinamite, la torre accusata di essere punto di riferimento per i cannoni italiani durante la Prima guerra mondiale. Oggi è sito archeologico e giardino di piante originali. Ma nella Valsugana, strada obbligata dal Veneto al Tirolo i romani edificarono tante torri di guardia poi diventate parte integrante di castelli. Ma e soprattutto fonte di pietre usate per edificare case(lo stesso destino della Roma antica) perfino muretti a secco, ora abban-

donate fra sterpi e rovi. Sopra il Col di Brenta ancora ci sono i ruderi di un maniero medievale. Ruderi sono castel Belmonte e castel San Pietro, castel Selva, la Tor Tonda di Roncegno, la Tor Quadra di Novaledo e CastellAlto di Telve. Di tanti ne sono rimasti tre. Il Castello di Pergine, unico albergo trentino arricchito da un maniero, sta conoscendo una nuova vita dopo che una Fondazione, ne ha acquistato la proprietà grazie a sottoscrizioni volonta-

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rie e i contributi di Provincia e Comune e un prestito della locale Cassa Rurale. Gli altri due castelli sono privati. Castel Telvana, sopra Borgo, è ancora in parte impenetrabile mentre Castel Ivano, nei pressi di Strigno si offre in tutta la sua maestosità grazie a conferenze ed allestimenti artistici. In questi luoghi ancora si versano le lacrime amare di chi, per giocare al castellano, deve sborsare migliaia di euro per il restauro e la conservazione dei vecchi, solidi ma decadenti castelli.

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Storie di casa nostra di Massimo Dalledonne

Sulla vetta della Cima Dodici

Una croce per la storia di Borgo

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la “crose dei borghesani”. Stiamo parlando del manufatto che, da diversi decenni, campeggia sulla vetta della Cima Dodici. Una montagna, una croce che fa parte della storia di Borgo. Ma non solo. Cronologicamente, infatti, dal 1900 ad oggi, sulla sua sommità sono state posizionate e rimesse a nuovo diverse croci. Cinque quelle portate in vetta dagli alpinisti e montanari di Asiago, una dai satini di Borgo. Nelle scorse settimane, a cura della locale sezione della Sat e del suo presidente Andrea Divina, è stato organizzato il tradizionale raduno, evento che quest'anno ha coinciso con l'anniversario per il cinquantesimo della posa della sua croce. E' stata anche l'occasione per ricordare la storia di quanto successo sulla sommità della Cima Dodici dove, la prima croce in legno, è stata messa il 18 agosto del 1900 (anche per ricordare il nuovo secolo) da diversi montanari dell'altopiano.

Alcuni anni dopo, era il 6 giugno del 1907, è stato posizionato anche un libro di vetta da parte di alcuni soci del Giovane Trentino del gruppo di Borgo (tra cui don Cesare Refatti e Vittorio Andreaus) con lo scopo di ospitare tutti i nomi degli alpinisti e dei visitatori, le loro impressioni e l'entusiasmo per essere arrivati fino alla vetta. Come si legge nel volume Alpi di Mezzogiorno di Franco Gioppi e Giordano Balzani, citando un articolo del quotidiano Trentino del 4 ottobre del 1910, gli autori ricordano come “sul finire del 1908 si sparse la voce a Borgo che Cima Dodici era stata tacitamente ceduta all'Austria....il 13 settembre del 1910 la sezione di Schio del Club Alpino Italiano pianta in vetta una bandiera italiana, una sfida per rivendicare la sovranità dell'Italia su quel lembo di terra. Pochi giorni dopo i gendarmi austriaci, saliti in perlustrazione, sequestrano la bandiera dipingendo la croce con strisce gialle e nere. Pochi giorni dopo quattro

AUGURISSIMI

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aterina ed Ettore Valesi, hanno festeggiato le loro NOZZE D'ORO e , con l'occasione, rinnovato le loro promesse di matrimonio. Un traguardo importantissimo, il loro, e una particolare ricorrenza che di certo conserveranno nel cassetto dei ricordi più belli. A Caterina ed Ettore, da parte di Valsugana News e di tutta la redazione, i nostri migliori e calorosi AUGURI.

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giovani di Bassano ridipingono la croce a strisce tricolori tanto che la questione finisce su tutti i giornali italiani”. Tutto era nato da una errata interpretazione dei dati catastali – e non dalla linea confinaria definita nel 1859 – da parte delle autorità italiane che riteneva l'intera sommità della vetta pista in territorio italiano. Dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, arriviamo al 18 agosto del 1948 quando, in quella data, Mario Rigoni Stern con il fratello ed alcuni alpinisti dell'altopiano rimettono mano alla prima croce, spostandola dal luogo originale in una posizione non lontana rispetto alla vetta ma in territorio veneto. Otto anni dopo, è il 23 settembre del 1956, la stessa croce


Storie di casa nostra

viene rimessa a nuovo. E, finalmente, nel 1969 a Borgo la locale sezione della Sat progetta la realizzazione della croce da posizionare sulla vetta della Cima Dodici. L'iniziativa coinvolge Ferruccio Gasperetti: nella sua fucina, dopo ore ed ore di lavoro, viene disegnata e forgiata una croce metallica a pianta regolare. L'organizzazione generale è nelle mani del capo50° anniversario della Croce gruppo Tullio Zotta e dei suoi collaboratori che si A distanza di dieci anni la stessa croce occupano della costruzione del basaviene fatta oggetti di lavori di manumento in calcestruzzo. Il 28 settembre, tenzione (28 settembre del 1969), così grazie alla partecipazione di tantissimi come accade alla croce veneta il 16 volontari, la possente croce guarda la giugno del 2002 e nell'estate del 2018. borgata dall'alto dei suoi 2,336 metri. Domenica 15 ottobre, con 13 giorni di Per raccogliere fondi al fine di appianaanticipo sulla stessa data del 1969, cirre i costi di realizzazione del manufatto, ca 200 persone hanno partecipato alla il 17 ottobre, al cinema Garibaldi, viene giornata di festa in Cima Dodici, arrivaorganizzata anche una serata canora ti in vetta da vari percorsi anche per con la partecipazione dei cori Lagorai assistere alla Messa celebrata da don di Strigno, Valsella di Borgo e del comFranco Torresani. “Per l'occasione – riplesso delle Lanterne.

corda il capogruppo Andrea Divina - sono state ricordate tutte le persone che ci hanno lasciato e che il loro nome, in un modo o nell'altro, è legato alla storia sia della croce che della Cima 12 stessa”. Tra i duecento partecipanti erano presenti anche quattro che, nel 1969, avevano prestato la loro opera per i lavori di allestimento del basamento e nel portare in vetta il manufatto: Lorenzo Toller, Mariano Galvan, Giovanna Galvan e Stefano Marighetti. Per la parte storica è stato invitato Franco Gioppi a cui è seguita la distribuzione di un omaggio a tutti i presenti: una targhetta in legno raffigurante la croce. La giornata di festa si è conclusa con la discesa al baito delle Dodese per il pranzo al sacco e la distribuzione, a tutti i partecipanti, di the e caffè preparato ed offerto dalla sezione SAT di Borgo.

Il giorno del ringraziamento negli Stati Uniti

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l quarto giovedì di novembre si celebra negli Stati Uniti il giorno del Ringraziamento, noto come “Thanksgiving”. Festa molto sentita ed amata dagli americani, è un momento per stare in famiglia ed un’occasione per fermarsi a riflettere su ciò per cui essere grati. Fu il Presidente Abramo Lincoln a dichiarare il giorno del Ringraziamento festa nazionale nel 1863. La festa trova origine nella tradizione antica di celebrare l’esito del raccolto estivo in preparazione del lungo inverno. Nel menù del Ringraziamento non manca il celebre tacchino, la cui cottura è un vero e proprio rituale. Una curiosità, ogni anno vengono consumati più di 40 milioni di tacchini per il Thanksgiving americano. Altri piatti tipici sono le “mashed potatoes”, ovvero il purè di patate caramellato, ed il pane di mais. Nella città di New York, si svolge inoltre la famosa parata dei grandi magazzini Macy’s, che attira ogni anno moltissimi visitatori da tutti gli angoli degli USA. (Francesca Gottardi)

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Curiosità di casa nostra di Massimo Dalledonne

I mulini della Valsugana

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a Valsugana è terra di acque. Ancora oggi sono diversi i torrenti ed i rii che segnano un territorio. dove una volta ogni paese, ogni comunità aveva uno o più molini, come si dice in dialetto, per macinare i cereali e soddisfare le esigenze locali. I mulini era disseminati ovunque, in ogni luogo dove esistesse una piccola caduta d’acqua capace di far muovere le durissime mole di pietra. Tra il Tesino e Grigno le acque dell'omonimo torrente facevano girare diverse pale. Da ricordare il mulino Pianari, a est del paese di Cinte e quello dei Meni di cui esistono ancora dei ruderi a Grigno. A Bieno di mulini ve ne erano tre, quello de Gaetanelo, vicino alla chiesa parrocchiale, uno a est del paese e quello dei Melchiori, ancora oggi visitabile vicino al ponte sul rio Lusumina. Mulini che producevano farine bianche e gialle con cui fare polenta. Le macine a Borgo venivano fatte girare dal fiume Brenta o da piccoli canali. Il più vecchio mulino era quello dei Sartorelli, attivo in via della Gora fino alla fine della Grande Guerra ed immortalato in un bellissimo dipinto del pittore Luigi Cerbaro. Per non par-

Il vecchio mulino Anesi in piazza Romani, Borgo

lare del mulino Spagolla o del Tranquilin, ora sede del Museo della Guerra, dell’antico mulino dei Ceschi, sulla sponda opposta del fiume, di quello della famiglia Welsperg, collocato nei pressi dell’attuale sede del municipio e del mulino in piazza Romani. Di proprietà della famiglia Rigo, dopo la Grande Guerra era stato rimesso in piedi della Società Prodotti Agricoli e Macinazione e gestito, fino a pochi decenni fa, dal mugnaio Giovanni Anesi. Due i mulini, in passato presenti nella frazione di Olle: quelli di Emanuele Armellini e di Prospero Armellini, fatti funzionare dalla forza dell’acqua della rosta dei Faori. Fin dal 1559 ne era attivo uno a Carzano. A Scurelle se ne ricorda uno che pestava l'orzo per non dimenticare quello di Marter, il mulino Angeli dove oggi sorge il Museo degli Spaventapasseri. Un grande edificio costruito in una terra paludosa, località Brustolai. Come si legge nel volume “Da Festa e da magro” di Fiorenzo Degasperi “quell'enorme edificio era costruito in una terra paludosa, da sempre avvolta nelle nebbie invernali, il che ha dato adito a storie e leggende senza tempo. Lag-

Il vecchio mulino Sartorelli (Borgo) nel dipinto di Luigi Cerbaro

giù andavano a lavorare i coraggiosi che osavano sfidare la solitudine e le inclemenze del tempo come le brentane che ricorrentemente spazzavano il fondovalle. Ma quel luogo era stato scelto per motivi funzionali: l'acqua serviva a far girare le macine dei mulini o dei mantici dei fabbri. E lì, a i Brustolai, si narra che un tempo ci fosse un grande e fiorente abitato, talmente ampio da toccare il paese di Roncegno”. Un edificio, quello del Mulino Angeli, ammantato da una strana “fama”: le macine ruotando scandivano il passaggio del tempo, erano una sorta di calendario in cui venivano riproposte le rotazioni del grande mulino universale. Si macinavano vari tipi di mais, da quello rumeno allo spin, dal merano al plata americano fino al mais bianco. Fino a 70 anni fa le sue macine hanno scandito il passaggio del tempo, schiacciando i chicchi in una sorta di calendario che ripropone-

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Curiosità di casa nostra

Mulino Angeli, Marter

va le rotazioni del grande mulino universale. Ha finito di macinare nel 1959, anno in cui morì Guglielmo Jobstraibizer l'ultimo mugnaio. Anche le acque del torrente Centa in passato muovevano diverse pale di molini attivi a Caldonazzo e Centa San Nicolò. Da ricordare il Moli Novo ed il molino Agostini ancora oggi attivo. Anche Levico aveva un suo molino, costruito agli inizi

del 1700 in località Case Faite. In passato le ruote dei mulini in ValsuAncora dal libro Da festa e da gana giravano trasformando in farina magro. “Le macine schiacciavaqualsiasi cosa potesse sfamare la genno i chicchi ed il mulino veniva te e ingannare i morsi del ventre vuoassimilato alla giustizia del deto della gente. La storia della macinastino che macina tutte le anime tura in Valsugana è profondamente lein maniera eguale. Da questa gata alla figura del mugnaio, in passasimbologia nacquero le famose to vincolata ai dinasti del tempo, i loro danze macabre in cui la Dama padroni, e per secoli i principali detenNera, la Signora della morte, actori della molitura in tutta la valle. comunava nel taglio della sua falce cardinali, papi, mercanti e povera gente. Il mulino, la macina, la farina e il pane sono gli elementi che esemplificano la lunga battaglia tra poveri e possidenti, contadini e nobili: pane bianco di frumento per i ricchi e i cittadini, pane scuro, nero, meno nero e nerissimo per le bocche da biada, i contadini ed Mulino Angeli, Marter in parte il proletariato urbano”.

Halloween negli Stati Uniti

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l 31 ottobre negli USA si festeggia Halloween. Il termine deriva dal nome antico della festa di “Ogni Santi” —in inglese All Hallows’ Day. Pare che la festa abbia in realtà origini celtiche. I Celti infatti celebravano proprio quel giorno l’inizio del nuovo anno ed il passaggio dalla stagione calda a quella fredda. Con la grande emigrazione irlandese negli USA nel 1850, la festa venne trapiantata negli Stati Uniti. Simbolo per eccellenza associato ad Halloween è la zucca “Jack O’Lantern”. La leggenda narra che un avaro fabbro irlandese di discutibili costumi incontrò il diavolo e ne fu ulteriormente corrotto. Da allora è simbolo delle anime dannate ed errabonde. In America, le famiglie si riuniscono per intagliare la zucca in un volto grottesco, che viene poi illuminato dall’interno della cavità della zucca stessa con una candela. La zucca è inoltre metafora dell’arrivo dell’autunno, e dei piatti tipici a base dell’ortaggio—famosa è la crostata di zucca o il cappuccino aromatizzato alla zucca. Halloween è associata ad un elemento horror, che permea nei travestimenti macabri, nei film e nei racconti. Il rituale più celebre rimane quello del “trick or treat”, ovvero dei bambini che bussano alle porte di casa per un “dolcetto o scherzetto”. La festa sta avendo notevole seguito anche nei paesi europei ed in Italia. (Francesca Gottardi)

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Il lutto perinatale

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l 15 ottobre è la giornata mondiale della consapevolezza sulla morte perinatale ed infantile. Le stime indicano che una donna, o una coppia su sei lo deve purtroppo affrontare. Perdere un bambino nel corso della gravidanza, durante o dopo il parto è un evento traumatico di cui raramente si parla, forse perché il dolore è troppo grande, forse perché è innaturale che un figlio muoia prima dei genitori, forse perché non si sa cosa dire, ma sta di fatto che è un vero e proprio tabù. Il sovraccarico emotivo che si prova è insopportabile, reazioni di dolore e shock provate dai genitori assumono connotazioni imprevedibili, intense e spesso accompagnate da una sensazione costante di vuoto. La reazione iniziale più frequente, oltre all’impressione di vuoto è di sbigottimento, alcuni cercano di colmarlo tenendosi il più occupati possibile, la tensione nervosa che provano deve essere scaricata per cui non riescono più a stare fermi. Di contro invece, possiamo trovare alcuni genitori che appaieranno disorientati e con delle evidenti difficoltà di organizzazione della propria vita quotidiana. A questa prima fase, se ne susseguiranno altre, purtroppo l’elaborazione del lutto è un tumulto di stadi, che si interscambiano e che provocano reazioni diverse. Generalmente si riscontra una fase di rabbia, e quella di depressione ma, dire l’ordine in cui si affronteranno o quanto dureranno o se in alcuni momenti ritorneranno non è possibile, la variabilità personale in questo caso la fa da padrona per cui non c’è una situazione standard. Di sicuro molte donne e/o coppie proveranno dei

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grossi sensi di colpa, criticheranno le scelte fatte, e rimugineranno su come poteva andare se avessero scelta l’alta alternativa. Purtroppo parecchie donne hanno l’impressione di aver fallito nel loro ruolo di moglie e di madre, sentendosi incomplete. Numerose possono inquietarsi per le reazioni che proveranno, possono sembrare bizzarre tanto da metter in dubbio il proprio benessere psicologico. Non è raro, per esempio, sentir ancora muovere dentro di sé il bambino, avere la sensazione di sentirlo piangere, tanto per fare qualche esempio. Ci saranno anche una serie di sintomi fisici correlati a questa situazione luttuosa, come per esempio insonnia, inappetenza e sensazione cronica di stanchezza. Anche il ritiro sociale compare sovente, la paura che le persone possano chiedere del bambino o il non voler affrontare questo argomento è quello che spinge frequentemente a chiudersi in se stessi. Il percorso esistenziale della coppia è

minato e il rimettersi in piedi non è semplice, elaborarlo per arrivare infine, ad accettare di ritornare alla quotidianità, benchè diversa, è un obiettivo da perseguire e conquistare con fatica. Ci si può impiegare anche più di un anno per arrivare a questo punto. Aver cura di accogliere l’altro, accettare modi diversi di vivere questa perdita, senza accusarsi o criticarsi a vicenda è una cosa da tener bene in mente. Sembra scontato ma, non lo è in questi casi. Spesso uomo e donna, o semplicemente perché non siamo tutti uguali possiamo esprimere pensieri, emozioni o agire in modi talmente diversi che possono essere interpretati anche negativamente. La coppia deve ritrovarsi, e l’ utilizzare meccanismi diversi per affrontare l’evento e superarlo non deve portare la coppia ad allontanarsi. Il consiglio è quello di cercare di non perdere di vista i punti di forza dell’altro e/o la complicità. Infine l’ultimo argomento che voglio affrontare è dedicato a tutte quelle


Medicina & Salute

coppie che devono fare i conti anche su come comunicare ai bambini della famiglia cosa è successo. Pensiamo ai fratelli o cuginetti che aspettavano anche loro con tanta frenesia questo nuovo arrivo. Non sarà facile, ma è importante dare delle spiegazioni anche a loro. Cerchiamo di essere sinceri, non inventiamo storie fantastiche, usiamo spiegazioni omogenee e semplici che aiutino anche loro ad elaborare quanto accaduto. Accogliamo e condividiamo le emozioni, ad esempio all’inizio ci saranno dei lunghi pianti che accompagneranno queste tristi parole ma, col tempo pensieri ed emozioni saranno più gestibili. E in conclusione voglio scrivere una cosa a chi è vicino a questi genitori che hanno perso un figlio, evitiamo di

cercare di consolarli paragonando questo tipo di lutto con altri, o dicendo che potranno rifarsi avendo altri bambini, non è d’aiuto. Qualsiasi bambino, qualunque sia stata la sua settimana di vita rappresenta un individuo unico , la drammaticità del momento e imprevedibilità di quanto accaduto vanno rispettati. Questi genitori stanno lottando per riorganizzare la propria vita e ritrovare la capacità di provare gioia, ma senza dimenticare e vi assicuro che è una lotta quotidiana.

*Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675

CASTELLO TESINO

Per non dimenticare

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ono trascorsi 75 anni dall’eccidio di Sant’Anna di Stazzena dove, assieme a tantissime persone, ha perso la vita anche il giovane sacerdote, nato a Castello Tesino, allora parroco del piccolo paese toscano, don Fiore Menguzzo. Nei giorni scorsi, una delegazione di cittadini con il sindaco Ivan Boso ed il presidente del Centro Tesino di Cultura Graziella Menato ha intrapreso un viaggio della memoria che suggella un percorso di ricostruzione storica iniziato nel 1991. “Oggi, a distanza di 28 anni, questo impegno ha ancora la necessità di essere alimentato affinché la luce dell'eccidio di Mulina non ritorni nel buio durato 47 anni. La visita che abbiamo fatto – ricorda Graziella Menato - alimenta la fiamma della memoria che arde presso la chiesa di San Rocco e l'annessa canonica, una memoria che non potrà tornare ad essere spenta”. La delegazione, dopo una prima tappa a Pisa, al cimitero suburbano dove si conserva il colombario della famiglia Menguzzo-Menguzzato, è stata accolta dalle autorità locali a Pontestazzemese, a seguire, nella frazione Le Mulina di Stazzema, l’incontro con allo storico Giuseppe Vezzoni. Dopo la Messa nella chiesa di San Rocco, spazio all’esibizione del Gruppo folcloristico di Castello Tesino. Il giorno successivo, dopo una visita alla cittadina di Pietrasanta, la delegazione si è recata a Sant'Anna di Stazzema presso il locale Museo storico, al Parco nazionale della Pace ed al Monumento Ossario dove sono presenti tutte le testimonianze di alcuni superstiti della strage. (M.D.)

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Medicina & Salute di Laura Fratini *

Fobia? Come affrontare – scientificamente – le paure

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’è un piccolo ragnetto sul muro che sale indisturbato senza dar noia a nessuno. Oppure è un gigantesco aracnide che sta invadendo la tua stanza, la tua casa, forse il mondo. Ed è pronto ad aggredirti. A qualcuno potrebbe far sorridere questa descrizione, ma è questo quello che potrebbe percepire un soggetto affetto da fobia specifica. Ma cos’è la fobia? E’ una paura, intensa, persistente e duratura, provata per una specifico stimolo trigger, da un elemento scatenante (oggetto, animale, luogo, situazione, etc). Si tratta di una manifestazione emotiva sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia. E non si deve sottovalutare questa paura: spesso chi non ne soffre non la riesce a capire e potrebbe anche deriderla, ma è qualcosa di molto reale per chi la vive e che può provocare sintomi fisiologici come tachicardia, vertigini, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Ovviamente queste sono manifestazioni patologiche che si attuano solo alla vista della cosa temuta o al pensiero di poterla vedere. In altre persone può viceversa attivarsi, a livello fisiologico, una risposta opposta come un forte abbassamento della pressione sanguigna e decelerazione del battito cardiaco, fino a provocare mancamenti o svenimenti. Vi è mai capitato di vedere qualcuno che sviene alla vista del sangue? Non è una leggenda, perché si tratta di un fenomeno reale e ben studiato. E la nostra mente, lo sappiamo bene, può rendere una paura immagi-

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naria come totalmente reale. Reazioni come quelle che ho descritto poco fa sono tipiche di fobie legate alla paura delle iniezioni, alla vista del sangue o ferite. Le fobie hanno varie origini e si possono sviluppare in diversi modi: vivere un evento percepito come negativo, ad esempio essere stata attaccata da un animale, può far associare al soggetto la paura percepita con lo stimolo animale. Anche l’associazione passiva può far sviluppare una fobia specifica, nel caso un soggetto sia spettatore di qualcosa che poi percepisce come pericoloso anche per sé e da lì sviluppare la fobia. Non ci sono particolari significati reconditi dietro allo sviluppo delle fobie, ma semplicemente si sviluppa un apprendimento errato, involontario, nei confronti di qualcosa in seguito ad un esperienza. Per noi psicoterapeuti, il trattamento delle fobie è relativamente semplice, se non complicato da altri disturbi psicologici, e prevede primariamente un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale di breve durata (spesso entro i 3-4 mesi il problema si risolve). Ciò che meglio funziona nella cura delle fobie è l’esposizione graduata allo stimolo temuto. Il paziente viene avvicinato in modo

molto progressivo agli stimoli che innescano la paura, partendo da quelli più lontani dall’oggetto o dalla situazione centrale, ad esempio l’immagine di un ragno in un libro di scienze. Il contatto con tali stimoli viene mantenuto finché inevitabilmente non subentra l’abitudine ed essi non generano più ansia. Si procede, poi, all’esposizione di uno stimolo leggermente più ansiogeno, in una gerarchia accuratamente preparata in seduta a priori. Questo sistema, permette al soggetto di avvicinarsi gradualmente, tramite condizionamento positivo, all’oggetto che più genera la fobia. Guai al “fai da te”! E’ vero che occorre affrontare le paure per superarle, ma se fatto in modo sbagliato le conseguenze possono essere anche gravi! Questo tipo di procedura può spaventare molto la


Medicina & Salute

persona che deve mettersi in gioco affrontando la propria fobia, ma in questo modo vengono, gradualmente, eliminati quegli evitamenti che a lungo termine non fanno altro che acuire l’angoscia per l’oggetto temuto. A

proposito di “evitamenti” secondari, nel caso di fobie invalidanti, è molto diffuso l’uso di farmaci ansiolitici “al bisogno”, per gestire l’ansia dovendo fronteggiare necessariamente certe situazioni temute (es. prima di prendere l’aereo). Tale strategia consente di sopravvivere all’evento, ma non ottiene altro che l’effetto di rafforzare la fobia, perché il rimedio momentaneo ci fa superare quel determinato evento, ma installa ancora di più la consapevolezza

di Lucia Orecchio

Via Damiano Chiesa 11 - CALDONAZZO (TN) - Tel.

di un qualcosa di insuperabile. La terapia con antidepressivi SSRI, può essere più utile per un certo periodo di tempo, ma occorre lavorare sul pensiero che causa la paura in modo sistematico e scientifico. Non si tratta, come dicevo, di un percorso particolarmente lungo o difficile, ma occorre affrontarlo con consapevolezza. La psicoterapia cognitivo comportamentale sicuramente entra dentro il nocciolo del problema cercando di risolvere in profondità, e adottando strategie che possono dare la svolta a lungo termine alla persona.

*dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 - Trento Tel. 3392365808

Ci siamo trasferiti in Via Damiano Chiesa 11, a 30 mt. dalla stazione ferrovia di Caldonazzo in direzione Levico Terme

0461 1728198 - Aperto dal Lunedì al Venerdì - la prenotazione è gradita

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Grande Prosa

#grandeprosa

una tragedia alpina WJLNF XHJSTLWFƻ F J YJXYT Filippo Andreatta drammaturgia Marco Bernardi corifeo/musica elettronica Davide Tomat XHJSTLWFƻ F J HTXYWZ_NTSJ Alberto Favretto light-design William Trentini video Armin Ferrari coro Ensemble Vocale Continuum maestro del coro Luigi Azzolini produzione 4-9 a 4Kƻ HJ KTW F -ZRFS 9MJFYWJ coproduzione Roma Europa Festival, Centro Santa Chiara - residenza artistica Centrale Fies art work space con il sostegno di Provincia Autonoma di Trento - in collaborazione con Fondazione Caritro - con il patrocinio della Fondazione Stava 1985

© Filippo Manzini

Trento /

stagione di teatro

2019 novembre • aprile 2020

di Molière regia Arturo Cirillo con Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini scene Dario Gessati costumi Gianluca Falaschi luci Camilla Piccioni musiche Francesco De Melis traduzione di Cesare Garboli

NOVEMBRE 2019

LA BANCAROTTA

giovedì 21 • ore 20.30 venerdì 22 • ore 20.30 sabato 23 • ore 20.30 domenica 24 • ore 16.00

di Vitaliano Trevisan da La Bancarotta di Carlo Goldoni regia Serena Sinigaglia scene e costumi Maria Paola di Francesco luci e suono Roberta Faiolo con Natalino Balasso e con Fulvio Falzarano, Massimo Verdastro, Marta Dalla Via, Denis Fasolo, Carla Manzon, Celeste Gugliandolo, Raffaele Musella, Giuseppe Aceto produzione Teatro Stabile di Bolzano

DICEMBRE 2019

TRENTO

di Yasmina Reza traduzione Monica Capuani regia Roberto Andò scena e luci Gianni Carluccio costumi Gemma Mascagni con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti e con Simona Marchini produzione Gli Ipocriti

Teatro Sociale

TRENTO

FEBBRAIO 2020

TRENTO

© Alessio Ciaffardoni

Teatro Sociale

TRENTO

LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE

LIBRI DA ARDERE

giovedì 13 • ore 20.30 venerdì 14 • ore 20.30 sabato 15 • ore 20.30 domenica 16 • ore 16.00

Teatro Sociale

MARZO 2020

di Amélie Nothomb © Editions Albin Michel traduzione Alessandro Grilli regia Cristina Crippa con Elio De Capitani, Angelo Di Genio, Carolina Cametti luci Nando Frigerio coproduzione Teatro dell’Elfo, La Corte Ospitale

TRENTO

MARZO 2020

LA MERAVIGLIA Voci e storie dalla città sotterranea scritto, diretto e interpretato da Andrea Castelli consulenza registica di Leo Muscato musiche eseguite dal vivo da Emanuele Dell’Aquila con Andrea Castelli ed Emanuele Dell’Aquila produzione Teatro Stabile di Bolzano

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CULTURALI C

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A N TA

H I A R A

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csc_trentino @CentroSChiara

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

COMUNE DI TRENTO

Ministero per i beni e le attività culturali

APRILE 2020

da martedì 14 a sabato 18 • ore 20.30 domenica 19 • ore 16.00 da martedì 21 a sabato 25 • ore 20.30 domenica 26 • ore 16.00

Teatro Sociale

Teatro Cuminetti

TRENTO

TRENTO

Centro Santa Chiara INFO Centro Servizi Culturali S. Chiara Trento, Via S. Croce 67 pinfo@centrosantachiara.it www.centrosantachiara.it

FEBBRAIO 2020

giovedì 20 • ore 20.30 venerdì 21 • ore 20.30 sabato 22 • ore 20.30 domenica 23 • ore 16.00

Teatro Sociale

giovedì 19 • ore 20.30 venerdì 20 • ore 20.30 sabato 21 • ore 20.30 domenica 22 • ore 16.00

di Simon Stephens dal romanzo di Mark Haddon traduzione di Emanuele Aldrovandi regia Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani scene Andrea Taddei costumi Ferdinando Bruni musiche originali Teho Teardo coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino con il contributo di NEXT laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo 2018-2019, Fondazione Cariplo e Regione Lombardia

GENNAIO 2020

giovedì 9 • ore 20.30 venerdì 10 • ore 20.30 sabato 11 • ore 20.30 domenica 12 • ore 16.00

TRENTO

TRENTO

di Arthur Miller traduzione Masolino D’Amico regia Leo Muscato scene Andrea Belli musiche Daniele D’Angelo con Alessandro Haber, Alvia Reale, Alberto Onofrietti, Josafat Vagni con la partecipazione di Duccio Camerini produzione Goldenart, Teatro Stabile del Veneto, Teatro Stabile di Bolzano

CENTRO SERVIZI

STAVA, 19 LUGLIO 1985 La mostra

Teatro Sociale

Teatro Sociale

giovedì 5 • ore 20.30 venerdì 6 • ore 20.30 sabato 7 • ore 20.30 domenica 8 • ore 16.00

da Bram Stoker adattamento di Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini regia Sergio Rubini scene Gregorio Botta costumi Chiara Aversano musiche Giuseppe Vadalà progetto sonoro G.U.P. Alcaro con Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini e con Lorenzo Lavia, Roberto Salemi, Geno Diana, Alice Bertini produzione Nuovo teatro diretta da Marco Balsamo

© Laila Pozzo

MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE

BELLA FIGURA

© Federico Riva

di Vincenzo Manna regia Giuseppe Marini scene Alessandro Chiti costumi Laura Fantuzzo musiche Paolo Coletta con Claudio Casadio, Andrea Paolotti, Brenno Placido, Edoardo Frullini, Valentina Carli, Haroun Fall, Cecilia D’Amico, Giulia Paoletti produzione Accademia Perduta Romagna Teatri, Goldenart Production e Società per Attori

GENNAIO 2020

giovedì 23 • ore 20.30 venerdì 24 • ore 20.30 sabato 25 • ore 20.30 domenica 26 • ore 16.00

DRACULA

giovedì 12 • ore 20.30 venerdì 13 • ore 20.30 sabato 14 • ore 20.30 domenica 15 • ore 16.00

Teatro Sociale

LA CLASSE

TRENTO

Spazio Archeologico S.A.S.S. dal 25 ottobre al 10 novembre 2019

© Luca Del Pia

LA SCUOLA DELLE MOGLI

Teatro Sociale

© Filippo Manzini

TRENTO

© Luca Del Pia

Teatro Cuminetti

TRENTO

NOVEMBRE 2019

giovedì 7 • ore 20.30 venerdì 8 • ore 20.30 sabato 9 • ore 20.30 domenica 10 • ore 16.00

© Francesca Ferrai

Teatro Sociale

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Le cronache locali CAMPIELLO DI LEVICO

Attenzione PERICOLO

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ra i tanti danni arrecati anche in Valsugana dalla disastrosa bufera “Vaia” dello scorso 29 ottobre 2018, c’è anche una parte della linea telefonica che a Campiello di Levico, nei pressi del ponte della “Bétona” in via Laghi Morti, è stata sbattuta a terra e poi seppellita dallo spostamento del terreno per una lunghezza di una quarantina di metri. Notando quella anomala posizione dei cavi, la gente che transita per recarsi nei loro campi o per raggiungere le abitazioni di “Oltrebrenta”, si ferma ad osservate e si chiede se lì dentro passerà anche la corrente elettrica. Per timore, le persone cercano di non avvicinarsi troppo e quindi camminano sul lato opposto della strada. Anche il proprietario del fondo coltivato a mais probabilmente ha preferito tenersi lontano dai cavi sacrificando così una parte del seminato dal momento che si notano quelle piante molto più misere rispetto alle altre, perché evidentemente non fertilizzate. Di fronte a questa situazione, tante gente si chiede come mai in questi oltre undici mesi a nessun rappresentante del Comune, vigile del fuoco od altro ben pensante, sia venuta l’idea di informare l’ente responsabile perché intervenga a riparare la cosa? (M.P.)

CANALE DI PERGINE

La “lucciolata”

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ome ormai da tradizione, i tre giorni di sagra patronale a Canale di Pergine organizzati dall’ACS Canale, che comprendevano cucina tipica, bar, un ricco vaso della fortuna e il mercatino solidale, si sono conclusi con la “lucciolata”, una piacevole passeggiata di circa tre chilometri sotto le stelle lungo i sentieri intorno a Canale con punto di ristoro a metà percorso. Vi hanno partecipato oltre ottanta persone che con la loro adesione hanno potuto contribuire anche quest’anno al progetto di beneficenza devolvendo una parte del ricavato al gruppo della Croce Rossa di Pergine che, per dimostrare la propria vicinanza alla gente, ha voluto essere presente alla lucciolata accompagnando i partecipanti lungo tutto il percorso. E’ il caso di ricordare che, con il ricavato della scorsa edizione, del 2018, l’associazione ACS di Canale aveva donato alla Croce Rossa uno strumento che è andato ad equipaggiare la nuova ambulanza in servizio nel gruppo di Pergine. (M.P.)

NOVALEDO

In ricordo di un amico

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a destato viva emozione a Novaledo e in tutta la Valsugana dove era conosciuto, la notizia della morte di Bruno Valentini avvenuta lo scorso 4 settembre all’età di soli 62 anni. Aveva raggiunto la meritata pensione nel 2017 dopo 33 anni di lodevole servizio alle dipendenze del Comune di Novaledo in qualità di messo operaio, ed aveva lasciato in tutti un grato ricordo per la sua disponibilità e premura sia verso le necessità dell’amministrazione che verso la popolazione. In questi ultimi anni di vita Bruno aveva però dovuto lottare contro un male che non perdona e dopo tanti ricoveri in ospedali e interventi, in un’alternarsi continuo di speranze e delusioni, anche per lui è giunto il momento di udire quelle parole senza appello: “Devi andare”. I suoi funerali si sono svolti nella parrocchiale di Novaledo davanti a gran folla. Accanto ai famigliari anche rappresentanti di associazioni del posto e da fuori paese con i loro vessilli. (M.P.)

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Le cronache locali ALTOPIANO DELLE VEZZENE

La battaglia del Basson

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i è svolta anche quest’anno sull’altopiano delle Vezzene nel comune di Levico Terme, la commemorazione per il 104^ anniversario della Battaglia del Basson e il 14^ Raduno interregionale dei Fanti. Una rievocazione storica per ricordare la cruenta battaglia del Basson avvenuta nella notte tra il 24 e 25 agosto 1915, fra soldati italiani ed austriaci, costata la vita a 1048 Fanti e 43 Ufficiali del 115° Reggimento Fanteria Brigata Treviso. La cerimonia, da sempre organizzata dalla locale sezione dei Fanti di Levico Terme guidata da Guido Orsingher, ha visto una folta partecipazione di numerose rappresentanze degli stessi Fanti ed Artiglieri, provenienti sia dal Trentino che dalle vicine province di Treviso, Verona, Vicenza, Schio, Vittorio Veneto assieme ai loro presidenti di sezione e Federazione con i rispettivi Medaglieri compreso quello della Associazione Nazionale Alpini di Trento. Molto significativa anche la presenza dei Kaiserjager di Lavarone e rappresentanze in uniforme di associazioni d’arma che hanno combattuto sul fronte austriaco. Hanno partecipato anche rappresentanti del Circolo della Marina militare con sede a Levico e dell’Associazione nazionale Marinai d’Italia, gruppo “medaglia argento Tullio Moschen” con il nuovo presidente Alberto Roat nonché l’Associazione carabinieri, sezione Valsugana orientale con sede a Borgo, guidata dal Presidente Rinaldo Stroppa. Presente anche quest’anno l’Associazione nazionale finanzieri d’Italia, sezione “Padre Eusebio Iori” di Borgo Valsugana. Ed ancora i Vigili del Fuoco di Levico con i propri allievi a testimonianza del loro impegno per le nostre comunità. Nei loro interventi le autorità hanno richiamato i valori della pace, della concordia, dell’accoglienza ma soprattutto di mai dimenticare coloro che in quella tragica battaglia hanno sacrificato la loro vita. Oltre al presidente Guido Orsingher hanno parlato il deputato Mauro Sutto, il presidente del Consiglio Provinciale Walter Kaswalder, il vicesindaco di Levico Terme Patrick Arcais ed altri rappresentanti di associazioni combattentistiche e d’arma. Quindi l’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti ha celebrato la Messa e sono stati benedetti due splendidi Crocifissi realizzati dall'artista “Fante Augusto PICCOLO” utilizzando filo spinato italiano ed austriaco proveniente dalle trincee del monte Pal Grande e di quelle poste lungo le rive del Piave, assieme a frammenti di residuati bellici raccolti lungo il greto del Piave tra Nervesa della Battaglia e Maserada, luoghi di aspri e sanguinosi combattimenti durante la Prima Guerra mondiale. Un esemplare è stato donato al Presidente del Consiglio provinciale Kaswalder mentre il secondo all’Arciprete di Levico. (M.P.)

NOVALEDO

Festa dei pompieri e del patrono

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ue allegri fine settimana hanno caratterizzato Novaledo durante la scorsa estate. La festa in piazza Municipio organizzata dai Vigili del Fuoco e la festa in occasione della ricorrenza del Patrono Sant’Agostino, organizzata dalle varie associazioni del paese con la collaborazione dell’amministrazione comunale. Due appuntamenti che comprendevano buona cucina, tanta musica, gare, tornei e tanto altro che hanno attirato in paese tanta gente da tutta la Valsugana. (M.P.)

Un momento serale sotto il grande tendone nella festa organizzata dai pompieri

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Le cronache locali VALSUGANA

I Sente-Mente® Laboratori: fari di possibilità nel territorio

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a stima è dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: nel prossimo ventennio ci sarà un’incidenza delle malattie dementigene pari al 25% della popolazione mondiale, significa che 1 persona su 4 sarà malata di demenza. Una malattia che entra a far parte della vita di una persona rappresenta un evento che non è frutto di una scelta o di un desiderio, si appropria di uno spazio vitale che porta a rompere l’equilibrio esistenziale ed introduce incertezza, sia per il malato che per i suoi familiari. “La Comunità Valsugana e Tesino – spiega la vicepresidente Giuliana Gilli – nell’ambito del progetto demenze ha deciso di proporre momenti esperienziali, di riflessione e confronto sul tema della demenza e della patologia di Alzheimer. Il 17 maggio scorso la Comunità ha ricevuto il titolo di “Comunità Sente-Mente® Amica delle persone che vivono con la demenza” dando il via ad un percorso che coinvolge l’intera collettività, credendo che la vita non finisca con la diagnosi e con l’obiettivo di creare un tessuto sociale ed una comunità capace di accogliere coloro che ne soffrono e le loro famiglie.” Recentemente sono stati proposti due momenti di riflessione sul tema: l'Alzheimer Cafè con la dott.ssa Paola Taufer, presso la APSP Casa di Riposo di Strigno e una serata d’informazione che introduce i laboratori Sente-Mente®, occasioni d’incontro per i familiari ed i caregivers. E dal 2 ottobre sono iniziati dei corsi presso l’APSP Casa di Riposo di Borgo Valsugana che propongono la sperimentazione diretta di situazioni “trasformanti” intervallate da trattazione teorica. “Cosa accadrà domani? Come potrò far fronte ad ogni cosa? Sono domande che affollano i pensieri dei familiari e dei caregivers – afferma Susi Doriguzzi, Felicitatrice che condurrà i laboratori – pensieri che in coloro che si prendono cura alimentano l’atteggiamento di sconfitta, di vittimismo, rimbalzando tra il senso di venire travolti dagli eventi ed il senso del dover comunque stare accanto al proprio caro. I Laboratori si collocano in un ambito che vuole allenare, le famiglie ed i caregivers, alla resilienza ed alla possibilità per condurli oltre lo stato d’impotenza per guardare con occhi nuovi alla persona che amano e curano.” (M.D)

COME ER AVAMO

RONCEGNO: 1964 Inaugurazione del primo ilio negozio “Montibeller Mars Tessuti e confezioni” in via S. Giuseppe

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Curiosità valsuganotte di Massimo Dalledonne

Una sfilata... d'altri tempi Una vera sfilata di moda. Fin qui niente di strano. Ma quella che si è svolta, nelle scorse settimane, a Castello Tesino è stata davvero unica nel suo genere. Protagonisti, infatti, sono stati gli ospiti, i loro familiari, i dipendenti ed i volontari dell'Apsp Suor Agnese.

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avvero una bella iniziativa quella messa in campo dallo staff di animazione della casa nell'ambito del progetto di riabilitazione cognitiva che mira a mantenere le abilità mnemoniche degli ospiti. Terry Biasion ed i suoi collaboratori hanno proposto per alcuni mesi delle attività basate sulla rievocazione di ricordi legati alla tradizione della moda di un tempo. E sono stati gli stessi ospiti a chiedere di poter mostrare i loro vecchi abiti: da qui l'idea di proporre una sfilata di moda. Detto e fatto. Sono stati organizzati dei laboratori manuali per creare delle decorazioni, abbellire i vari indumenti di un tempo e il salone. Alcune residenti del gruppo bricolage si sono occupate dei lavori manuali (rattoppi, diminuzione taglie, aggiunta accessori) con i parenti che hanno portato diversi

abiti. “Abbiamo raccolto centinaia di vestiti, di scarpe, borse e cappelli. Dopo aver fatto questo lavoro – ricorda Terry Biasion - alcuni familiari e i volontari ci hanno aiutato nello smistamento di tutti gli abiti dividendoli per taglie e per anni”. Un lungo lavoro di preparazione. Ma ne è valsa veramente la pena. Nel corso della sfilata sono stati proposti abiti, accessori e oggetti che hanno ripercorso la storia della moda dagli anni ’60 fino a d’oggi.

La passerella era circondata da composizioni floreali e oggetti antichi, in sfilata abiti da giorno, da sera e da notte,e anche alcuni abiti da sposa. In tutto sono state trenta le persone coinvolte tra modelle e modelli. “Vogliamo ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno partecipato e che, con grande entusiasmo, hanno fornito i loro abiti senza i quali non si sarebbe potuto

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creare tutto questo”. Davvero un bellissimo progetto che, con una sola iniziativa, ha raggiunto diversi obiettivi. Il primo. Rendere l’anziano attivo e partecipe in modo da soddisfare le sue richieste propositive ed assecondare le espressività creative stimolando e mantenendo le capacità fisiche e mentali consentendo, agli anziani coinvolti, di (ri)scoprire alcune potenzialità latenti. Nello stesso tempo ai parenti, ai volontari ed alla cittadinanza è stata data l'occasione di vivere e fare delle esperienze positive all'interno della struttura, il tutto in un clima di amicizia e di collaborazione che ha sollecitato ed intensificato la partecipazione degli ospiti alle attività collettive. Anziani che hanno visto stimolato le loro capacità creative così come le loro opportunità di protagonismo. E, non meno importante, con l'occasione è stato rafforzato il legame tra i residenti, i volontari e, soprattutto, con i dipendenti dell'Apsp Suor Agnese di Castello Tesino.


Le cronache locali TELVE DI SOPRA

Teatro in strada

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ra la decima edizione: Anche quest’anno il gruppo teatrale Tarantàs ed l comune di Telve di Sopra hanno organizzato “Alba a Malga Ezze” un evento che si è svolto lungo il percorso che dalla località “alla Serra” conduce a Malga Ezze. Non sono mancati gli spettacoli itineranti, arricchiti quest’anno da letture itineranti con testi che hanno parlato del rapporto fra l’uomo e la montagna, sia da un punto di vista filosofico, che da quello della quotidianità nel ricordo di chi la montagna, e in modo particolare EDE (Ezze) l’ha vissuta. Nelle passate edizioni sia la data che l’orario di partenza erano anticipate. Quest’anno il tutto è stato posticipato. Da qui l’aggiunta all’Alba di quel “tarda”, un aggettivo sul quale si potrebbe riflettere e filosofeggiare a lungo dati i tempi che stiamo vivendo. Le letture erano a cura del Gruppo Teatrale Tarantâs con gli attori accompagnati dai canti e suoni del il Gruppo vocale Sintagma di Feltre, della chitarra del dottore Seni e dal Clarinet Ensemble, emanazione della scuola musicale di Borgo Valsugana, con Andrea Vezzoli, Claudio Dorigato, Giovanni Acler, Eliana Battisti e Carlo Pacher. I partecipanti hanno percorso i tre chilometri che dalla località Serra porta alla malga dove hanno pranzato e, nel pomeriggio, hanno assistito al concerto conclusivo dei musicisti. (M.D.)

BIENO

Bravo Andrea

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a sua impresa, perché di questo che stiamo parlando, Andrea Mattiato l’ha portata a termine alcune settimane fa, in Svizzera vincendo e dominando la gara internazionale di cora 360 Swiss Peaks Trail. Il forte atleta di Bieno ha tagliato il traguardo fermando il cronometro sul tempo di 81 ore e 39 minuti, polverizzando letteralmente il record della corsa di 86 ore che il francese Patrick Bohard aveva realizzato lo scorso anno. Lo ha fatto attraversando tutto il Vallese, da Oberwald a Bouveret, una corsa in montagna di oltre 360 chilometri e con più di 25 mila metri di dislivello complessivo. La corsa tocca le più belle valli alpini del Vallese svizzero, a pochi chilometri dal confine italiano, passando dai ghiacciai al lago Lemano. “Non me lo aspettavo proprio di vincere – è stato il commento a caldo di questo 41enne valsuganotto – sono davvero felice e soddisfatto per la mia prova”. Un percorso in mezzo ai “quattromila” delle Alpi che l’atleta valsuganotto ha domato nel migliore dei modi. Alle spalle di Andrea Mattiato, staccato di quattro ore, è arrivato lo svizzero Joans Russi. Sul terzo gradino del podio è salito lo spagnolo Albert Herrero. (M.D.)

PIEVE TESINO

Auguri don Bruno

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a festa per i 50 anni di ordinazione di don Bruno Ambrosi ed i 60 anni di sacerdozio di don Francesco Micheli a Pieve Tesino era iniziata sabato sera. Nella chiesa di San Sebastiano, infatti, era stato organizzato un concerto di organo con don Lorenzo Romagna. Domenica mattina la Messa nella chiesa parrocchiale, concelebrata con diversi sacerdoti ed i due diaconi Sergio Oss e Aldo Campestrin. Molti i fedeli arrivati dal Banale, dalle parrocchie che in passato don Ambrosi aveva guidato per 15 anni prima di diventare parroco di Grigno, Ospedaletto, Tezze (Unione Pastorale Santissima Trinità) e dei tre comuni del Tesino. La festa, allietata dalla presenza della Banda Sociale di Pieve Tesino, è proseguita poi con un rinfresco presso il ristorante Cima d’Asta. Anche a nome dei due colleghi della conca, il sindaco di Pieve Carola Gioseffi ha consegnato una targa ricordo ai due religiosi. A don Bruno Ambrosi e don Francesco Micheli sono state donate due stele a ricordo della giornata di festa e la speciale benedizione papale arrivata da Roma e firmata da papa Francesco. Una benedizione papale è stata consegnata anche a Noemi Brentari di Pieve Tesino che, per oltre 20 anni, ha portato la comunione nelle case degli ammalati del Tesino. (M.D.)

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Le cronache locali LEVICO TERME

I Pensionati e il “Pedibus”

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uniti di casacche riconoscibili e cappellini, i 20 volontari iscritti al locale gruppo Pensionati e Anziani di Levico Terme, dal 12 settembre e per il quinto anno consecutivo, sono già al lavoro per il servizio di vigilanza scolastica presso il polo scolastico dell’Istituto Comprensivo de Gasparis di Levico Terme. E sempre gli stessi pensionati per il nono anno consecutivo, dal 7 ottobre si stanno occupando anche del servizio di Pedibus. Alla serata di presentazione erano intervenuti i rappresentanti delle varie associazioni che hanno sottolineato come questo servizio sia una sicurezza per le famiglie con ragazzi che frequentano la scuola. Erano presenti infatti, il vicesindaco Patrick Arcais, la delegata all’istruzione consigliera Paola Acler, il nuovo dirigente scolastico Ezio Montibeller, Arturo Benedetti, il comandante della Polizia Locale Flavio Lucio Rossio oltre al presidente dei pensionati Marco Francescatti con Dario Sinapi. “Si tratta di un servizio importante, hanno sottolineato i due coordinatori Arturo Benedetti e Dario Sinapi, che occupa noi pensionati e nel contempo offre una garanzia alle famiglie”. (M.P.)

TELVE

La Via Crucis

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a Via Crucis compie 25 anni. Una ricorrenza ricordata anche quest’anno da molti fedeli che, arrivando da tutta la Valsugana, parteciperanno al tradizionale appuntamento sul colle di San Pietro. Era il 1994, infatti, quando Tarcisio Trentin aveva donato alla comunità di Telve di Sopra le immagini di tutte le stazioni della Via Crucis. Il ritrovo è fissato alle 15 presso la prima stazione, annunciata anche la partecipazione del vicario diocesano don Marco Saiani. Il tracciato, in questi mesi, è stato interessato da una serie di lavori di straordinaria manutenzione. La tempesta Vaia dell’ottobre scorso, infatti, ha causato notevoli danni e, dopo un primo intervento, per liberare la zona dagli alberi schiantati a terra, da parte dei volontari dei vigili del fuoco, il comune ha deciso di intervenire per sistemare diversi smottamenti del terreno, danni alle staccionate e ai gradoni. Il progetto esecutivo è stato predisposto dal geometra Mauro Gianesini di Telve per una spesa complessiva che si aggira sui 40 mila euro. I lavori sono stati realizzati dalla ditta Franco Campestrini di Torcegno. (M.D.)

BORGO

Il gruppo S. Prospero

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razie al finanziamento della Provincia, il gruppo di volontariato San Prospero di Borgo, ha realizzato nel West Nile ugandese il progetto Educazione primaria inclusiva, costruendo aule scolastiche, servizi igienici, un edificio per gli insegnanti e un impianto per la raccolta dell’acqua in tre scuole primarie. Insieme all’importante contributo per aumentare la scolarizzazione primaria dei bambini e dare loro un ambiente adeguato per l’istruzione, il gruppo di volontariato ha voluto promuovere in Trentino un’azione di sensibilizzazione verso il tema dell’educazione, facendo diventare protagonisti i giovani trentini perché il primo passo per raggiungere l’obiettivo dell’educazione di qualità, equa ed inclusiva ed opportunità di apprendimento per tutti, è quello di generare cultura e sensibilizzazione in ogni area del mondo. Si è quindi voluto puntare sulle nuove generazioni per informare e sensibilizzare, promuovendo un concorso d’idee rivolto ai giovani dai 15 ai 30 anni dal titolo “L’istruzione è riscatto”. Tra le proposte giunte all’associazione, è stata scelta come vincitrice quella di Giorgia Parisi. Con un premio in denaro da 700 ero, Giorgia ha ideato, progettato e curato una campagna di sensibilizzazione con il messaggio “Sei ciò che studi”. Scopri la campagna sui canali dell’associazione! (M.D.)

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Le cronache locali BARCO DI LEVICO

I pensionati in festa

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anno trascorso un allegro pomeriggio i pensionati di Barco partecipando, presso il locale teatro, ad una loro festa che comprendeva una nutrita serie di esibizioni programmate dal direttivo del Gruppo e presentate da Umberto Uez. Dopo il saluto della presidente Gina Coro pensionati di Barco Moser, il duo Alessandra ed Elisa ha interpretato allegre e dolci melodie. E’ stata poi la volta del poeta dialettale Ruggero Martinelli che, nonostante i suoi 91 anni compiuti, ha recitato alcune sue briose rime rievocando avvenimenti del passato di Barco e di Levico. Sul palco è poi salito il giovane fisarmonicista Mirko che ha dato prova della sua grande abilità eseguendo una serie di canzoni popolari. La presidente Moser ha poi ricordato i compleanni dei soci per i mesi di agosto e settembre nonché alcuni anniversari di matrimonio. Ha fatto la “parte del leone” il coro del pensionati nato all’interno del Gruppo che ha eseguito, in due momenti diversi e sotto la direzione di Giorgio Avancini, un nutrito programma di canzoni popolari tanto care ai non più giovanissimi. Alla festa hanno partecipato anche l’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti e don Valentino Chiocchetti. Presente anche l’assessore comunale Moreno Peruzzi che ha usato parole di lode per l’attività che il Gruppo Pensionati di Barco svolge in favore dei propri iscritti e dell’intera comunità. L’appuntamento si è concluso con un momento conviviale e Ruggero Martinelli tanti dolci servito a tutti i presenti. (M.P.)

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

Estate 2019 La seconda estate piÚ calda di sempre a levico terme, la seconda piÚ calda di sempre per il pianeta terra, la piu’ calda di sempre per gli oceani

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ome abbiamo avuto giĂ modo di scrivere nel precedente articolo, l’estate meteorologica, a dierenza di quella astronomica, inizia il 1° giugno e termina il 31 agosto, in questo numero analizzeremo la stagione appena conclusa caratterizzata da temperature elevate, e che colloca questa l’estate 2019 al secondo posto tra le piĂš calde da quando abbiamo dati a Levico Terme (1939), meno calda solo di quella del 2003. Ma andremo anche a vedere come è andata l’estate a livello globale (Pianeta Terra) e per l’Europa.

ESTATE 2019 A LEVICO TERME TEMPERATURE La temperatura piĂš elevata a Levico Terme è stata rilevata il giorno 27 giugno con +38,8°C, (nel 2018 la massima della stagione si era fermata a +33,7°C, mentre nel 2017 si erano raggiunti i +36,2°C) ma nel complesso dell’estate, numerosi sono stati i giorni con temperature massime uguali o superiori ai 30°C ovvero 44 (16 a giugno, 17 a luglio e 11 giorni ad agosto), gli ultimi cinque anni i giorni con massime uguali o superiori a 30°C erano stati: 2014: n. 12 - 2015: n. 44 - 2016: n. 15 – 2017 n. 41 – 2018 n. 32 La temperatura piĂš bassa dell’estate è stata rilevata il 1° giugno con +8,1°C. Il giorno con la massima escursione ter-

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mica è stato il 14 giugno, con +22,6°C (minima +9,6°C massima +32,2°C). In Figura 1 i valori medi di minime massime e medie per i tre mesi e per la stagione, confrontati con i valori normali (Figura 1). CURIOSITA’ E STATISTICHE IN BREVE A)L’ESTATE 2019 è stata la seconda piĂš calda di sempre (da quando abbiamo rilevazioni sistematiche) dopo quella del 2003, la temperatura media dell’estate si è attestata a +22,7°C rispetto a un valore normale di +20,1°C.

B)La temperatura media delle massime dell’estate 2019 è stata pari a +30,1°C ben 3,7°C sopra la media C)Il GIUGNO 2019 è stato il piĂš caldo di sempre, con una media delle temperature massime di ben +5,7°C superiore ai valori medi. La temperatura dell’acqua del lago di Levico ha raggiunto il suo picco il 1° luglio con +27,7°C. ESTATE 2019 PIANETA TERRA (FONTE NOAA) Come si può evincere dal graďŹ co di Figura 2), l’estate 2019 a livello planetario (comprendendo terre e oceani) è stata


Che tempo che fa

la seconda più calda di sempre, “battuta” solamente dall’estate 2016. I dati del Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) partono dal 1880, quindi abbiamo un campione di 140 anni, l’estate 2019 chiude con un’anomalia di +0,93°C rispetto al periodo 1901-2000, l’anno più freddo fu il 1911 con un’anomalia -0,46°C, mentre nel 2016 fu di +0,95°C Figura 2) Anomalie temperatura Terra (Terre e Oceani) 1880-2019. Considerando solamente la temperatura degli Oceani, l’estate del 2019 è risultata la più calda da quando abbiamo dati disponibili. Non vanno meglio le cose se consideriamo anche solo l’Europa (vedi Figura n. 3), in questo caso i dati disponibili sono dal 1910 e l’estate 2019 si piazza al secondo posto dopo il 2018, con un’anomalia sul periodo 19102000 di ben +2,01°C. Figura 3) Anomalie temperatura Europa 1910-2019.

Figura 2) Grafico land e ocean estate 2019

* Elaborazioni e rilevazioni di Giampaolo Rizzonelli www.meteolevicoterme.it Figura 3) Grafico estate 2019 europa

Quando il rifiuto diventa utile!

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’Associazione H2o+ porta avanti il suo impegno per l’educazione ambientale nelle scuole, proponendo per il nuovo anno scolastico 2019/2020 un nuovo progetto dal titolo “Gino Rifiutino in viaggio tra i RIFI-UTILI”. In un mondo in cui diviene fondamentale pensare al futuro, per non rischiare di essere in tempi brevi sommersi dai rifiuti, si rende necessario insegnare alle nuove generazioni come riutilizzare, riciclare e praticare il riuso. L’attore Nicola Sordo andrà ad interpretare il personaggio di Gino Rifiutino, che accompagnerà le varie classi degli Istituti Comprensivi Pergine 2, Trento 2 e Trento 6, alla scoperta dei rifiuti utili. Questa attività sarà realizzata grazie al Contributo di Fondazione Caritro Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, alla guida si pone l'Associazione culturale H2O+, che opera in collaborazione con l'agenzia Provinciale per la Protezione dell'Ambiente APPA, la Circoscrizione dell'Argentario, l'Ecomuseo dell'Argentario, l'Associazione InCo, la Cooperativa sociale Kaleidoscopio, la Nuova Casa Serena Anffas Trentino Onlus. Il progetto è frutto di una progettazione condivisa tra l'associazione H2O+ e le docenti delle scuole primarie Montessori, Bellesini e di Cognola, cui si aggiunge la secondaria Tullio Garbari di Pergine, nel comune impegno volto a formare i propri studenti, sulle tematiche della sostenibilità ambientale. Le attività saranno differenziate per classe e molteplici saranno le sperimentazioni ed i laboratori concernenti il riciclo, cui si affiancheranno interventi da parte di esperti della sostenibilità. Il progetto con l’avvio dell’anno è in partenza, e si concluderà a maggio 2020, in questi mesi le insegnanti guideranno i ragazzi nelle operazioni di riciclo, i cui frutti saranno visibili in occasione dell’evento finale. (C.P.)

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o d n a l l e r he

Maurizio a cura di

Cristini

Gioc

CACCIA AL NOME Ognuna delle frasi sotto riportate cela un nome proprio maschile: trovatelo e trascrivetene l'iniziale nello spazio dopo ogni frase. Queste lettere, lette nell'ordine, daranno un altro nome maschile. 1. OTTENERE ONOREFICIENZE SUL LAVORO

......

2. MISSIVA NON ANCORA RECAPITATA

......

3. LUCE ABBAGLIANTE ACCESA REPENTINAMENTE

......

4. INSTALLARE INTERRUTTORI A NORMA DI LEGGE

......

5. MIO NIPOTE E' SPASSOSO: CON LUI GIOCHEREI TUTTO IL GIORNO

......

A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrĂ il nome della localitĂ in provincia di Trento sede del forte della Grande Guerra il cui motto era "Per Trento basto io!".

SOLUZIONI NR. DI SETTEMBRE 2019

ORIZZONTALI: 1. Raggi presenti nella luce solare - 3. Vendere, esitare - 8. Fuggire... in Trentino! - 10. La targa di Oristano - 11. Fiume del nord della Francia - 15. Una firma illeggibile - 20. Alacrità nell'agire - 21. Reggio Calabria sulle auto - 22. Centouno romani - 23. Il Regno Unito (sigla) - 24. L'ex zona di Trento dove oggi sorge il Muse - 28. Nel caso in cui - 29. Galleggia sull'acqua - 31. Semine senza vocali - 33. Pozzi del Carso tristemente noti per i massacri perpetrativi - 34. Costituivano il Corpo di Polizia Nazionale della ex DDR - 36. Sigla della Repubblica Araba Unita - 37. Abitano una provincia confinante con quella di Trento - 40. L'attore interprete di Pretty woman (iniz.) - 41. Quella in Algeri è un'opera di Rossini - 42. Non credenti - 44. Nel ventre... del ventre! 45. Colore di tonalità fra il giallo e il marrone - 46. Una taglia molto piccola (sigla) - 47. Far passar il tempo senza far nulla - 48. Escursionisti esteri (sigla).

CRUCI... TRENTINO BRESADOLA

VERTICALI: 1. La porta del PC dove si inserisce la chiavetta - 2. Con Novara e Pavia è una

6. LA PAROLA VANGELO SIGNIFICA "BUONA NOVELLA"

......

7. PAGARE ELEVATE SPESE CONDOMINIALI

......

COSA HANNO IN COMUNE? 1. Contengono quattro volte la lettera S; 2. Sono vecchi modelli di auto; 3. Hanno la coda; 4. Ogni parola comprende le cinque vocali; 5. Sono tutte cose che si possono tagliare; 6. Sono tutti nomi di mari; 7. Sono uccelli che non volano; 8. Sono forniti di pedali.

delle Provincie di maggior produzione di riso (sigla) - 3. Cellula riproduttiva di un fungo - 4. MorÏ assassinato nella vasca da bagno - 5. Il cantante di Terra promessa (iniz.) - 6. Un Passo del Lagorai ne conta cinque - 7. Precede Alamein - 9. Stringere d'assedio - 12. Viene anche detto colpo apoplettico - 13. Il drammaturgo padre di Amleto - 14. Esercito Italiano - 15. Segue Don Chisciotte nelle sue imprese (iniz.) - 16. Antica arma da fuoco portatile ad avancarica - 17. Cocktail leggermente alcoolico piÚ noto come Radler - 18. Capre e pecore - 19. Pianta da giardino con grosse infiorescenze a palla - 20. Unità di misura della resistenza elettrica 25. Il Cassina medaglia d'oro ad Atene 2004 - 26. Esame senza pari - 27. Lecco - 30. Quello buono è l'Amanita caesarea - 32. Il Diego Presidente della Trentino Volley - 35. Una pietra per cammei - 37. Quelli DOCG non sono presenti nella Provincia di Trento - 38. Ravenna - 39. Il Pezzali voce degli 883 - 43. Storicamente si cita con Trento (sigla).

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EWS

ANNO 5 - NR. 8 ottobre 2019

o Periodico gratuit e cultura d’informazione

Foto by Consuelo Sorsoli

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Claudia Augusta,

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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio

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Il numero di ottobre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 3 ottobre 2019


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Nel comune di Castel Ivano proponiamo in vendita nella frazione di VILLA un grazioso MINIAPPARTAMENTO inserito in una piccola palazzina del 2000. L'appartamento, a primo piano, di mq 45 comm., è composto da cucina/soggiorno, bagno, stanza matrimoniale, poggiolo, cantina, posto auto coperto, posto auto esterno e parte di soffitta. Il riscaldamento è autonomo con caldaia a metano e integrato con pompa di calore che garantisce un elevato risparmio. Nel prezzo di vendita sono compresi anche tutti i mobili. CLASSE ENERGETICA C

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Proponiamo MANSARDA di mq 82 servita da ASCENSORE composta da cucina/soggiorno, doppi servizi, due stanze, soppalco uso ripostiglio, veranda e poggiolo con vista sul fiume Brenta. Beneficia delle detrazioni fiscali previste per le ristrutturazioni. CLASSE ENERGETICA G

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RIF. V000268 RIF. V000292

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BIENO

Proponiamo a Casetta un CASALE/RUSTICO unico nel suo genere vista la posizione privilegiata che gli permette di godere un'ottima esposizione oltre che di una privacy invidiabile. L'edificio si raggiunge dalla via comunale percorrendo una breve stradina privata asfaltata ed è circondato sui quattro lati da un terreno composto da prato e in piccola parte da bosco per un totale di mq 2700. La casa è disposta su tre livelli ed composta nel seguente modo: - a piano seminterrato di mq 88 due cantine e legnaia; - a piano terra di mq 163 cantina, deposito/garage, veranda coperta di mq 30, cucina/soggiorno, corridoio, bagno finestrato, tre stanze e scala per il primo piano; - a primo piano di mq 163 due poggioli, bagno finestrato e cucina, soggiorno e tre stanze. Dal primo piano si può accedere sul lato nord della casa ad una zona esterna pavimentata e al prato terrazzato. Necessita di alcuni interventi di adeguamento degli impianti elettrico e idraulico. CLASSE ENERGETICA E

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BORGO VALSUGANA - OLLE Proponiamo a Borgo Valsugana nella Frazione di Olle in edificio ristrutturato APPARTAMENTO di mq 67 netti a primo piano, indipendente, con grazioso giardino sul lato sud in parte pavimentato. L'alloggio si compone di cucina/soggiorno, bagno e due stanze. A piano terra troviamo la cantina e un garage. E' possibile utilizzare i benefici fiscali per le ristrutturazioni acquistando AL GREZZO a € 130.000 + IVA oppure acquistare CHIAVI IN MANO a € 185.000 + IVA. E' previsto riscaldamento a metano con caldaia autonoma e predisposizione per pannelli solari, non si tratta di un condominio. CLASSE ENERGETICA B

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Centro Congressi Palalevico - Levico Terme

Assemblea del Bilancio Sociale Cassa Rurale Alta Valsugana

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