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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio 2019
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Ieri avvenne
Gutenberg La rivoluzione della stampa Giornata della memoria
Una Rosa Bianca contro il nazismo Trento - Primo Novembre 1870
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Il contropunto
Benessere e palinsesto televisivo
di Franco Zadra
ederico Catani, direttore della campagna SOS Ragazzi, una campagna propagata via Web, «nata 21 anni fa con l’obiettivo di difendere la famiglia e le nuove generazioni, cercando di rendere la società un posto sano in cui i bambini possano crescere, dichiaratamente contro la “Teoria del gender”, le leggi anti-famiglia, e la dilagante – a giudizio dei suoi militanti - disgregazione morale», ha recentemente lanciato un raccolta firme per protestare con il presidente Rai Marcello Foa chiedendogli di dare un diverso orientamento alla televisione di Stato. Ultimo Tango a Parigi - 1972 Motivo del contendere la messa in onda, lunedì 21 gennaio, in prima serata su Rai 2 della versione integrale di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. «Quando uscì, nel 1972 – ricorda Catani -, il film venne sequestrato per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”. La Cassazione confermò la decisione e Bertolucci venne privato dei diritti civili per cinque anni, per offesa al comune senso del pudore. Poi, la celebre scena di violenza sessuale che tanto fece discutere fu causa di numerosi problemi per l’attrice protagonista, Maria Schneider. “Mi hanno quasi violentata – raccontò in seguito –. Quella scena non era prevista nella sceneggiatura. Io mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di no. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato perché non si può obbligare un attore a fare qualcosa che non è nella sceneggiatura. Ma all’epoca ero troppo giovane, non lo sapevo. Così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione”». «Dopo l’uscita del film – continua Catani -, la Schneider interruppe i suoi rapporti con Bertolucci e iniziarono per lei anni difficili: ebbe una crisi nervosa e venne anche ricoverata in un ospedale psichiatrico di Roma. Ricevette rifiuti da diversi registi, ebbe problemi di droga, sopravvisse a un’overdose e tentò il suicidio. Si fa un gran parlare di femminicidio, emancipazione femminile, abusi sessuali…ma come mai nemmeno mezza parola su questo episodio? Perché riproporre Ultimo tango a Parigi in versione integrale e per di più in prima serata? Che bisogno c’era?». In seguito, il 22 gennaio nella seconda serata di Rai3 è andato in onda il programma Alla lavagna!, con una vera e propria lezione impartita a dei bambini tra i 9 e i 12 anni da Vladimir Luxuria che tra le altre cose, ha spiegato quanto sia bello cambiare sesso e ha condannato l’omofobia. «Siamo contro ogni forma di violenza e ingiusta discriminazione – conclude Catani – ma quella di Luxuria è stata una violenza nei loro confronti. Fatta con i nostri soldi. Nonostante tutti gli artifici, cambiare sesso è impossibile. Siamo tutti maschi o femmine. Chi ha problemi di disforia di genere va aiutato a entrare in armonia con la propria identità sessuale, e non certo a farsi amputare degli organi per cercare di essere quello che mai potrà essere: tutto ciò non fa che aumentare i problemi».
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Carramba che sorpresa Ebbene sì, non ve lo aspettavate vero? Valsugana News nella continua ricerca di mettere sempre più a proprio agio i propri lettori, si rinnova, e oggi, nel suo quinto anno di uscita, è ancora più fresca mantenendo intatto il suo stile informativo. È divenuta più leggibile, ha rinnovato la sua veste grafica, con una copertina ancor più accattivante, un impaginato più armonico e alleggerito che agevola la lettura e favorisce il risalto delle immagini, parti integranti dell’informazione e non solo decorative. Con questo restyling, a nostro modesto parere, Valsugana News è diventata una vetrina ancora più appetibile, efficace e più corrispondente alle necessità promozionali delle realtà aziendali e commerciali del nostro territorio. La disposizione variegata e creativa dei titoli e l’ordine argomentativo perfettamente integrato con il complesso organizzato della rivista, i colori, lo stile degli autori, e tutto questo insieme, fanno sì che quella magia sotto gli occhi di tutti che è la trasformazione dei segni grafici in pensiero, idee ed emozioni, sia anche un momento piacevole e gustoso che, ne siamo certi, farà conquistare a Valsugana News quel podio di popolarità che già fu dell’indimenticabile La Finestra. Tutto questo è per Voi e grazie a Voi affezionati lettori e inserzionisti! A noi non resta che augurarVi: «Buona lettura!».
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VALSUGANA NEWS - Mensile d'informazione distribuito gratuitamente in tutti i comuni dell'Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi
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SOMMARIO ANNO 5 - FEBBRAIO 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Alice Rovati - Mario Pacher Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Giannello Giampaolo Rizzonelli CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
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Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Il Contropunto Sommario Punto e a capo 2019 battute per….legittima difesa La notte degli Oscar L’Altipiano di Smeraldo Una rosa bianca contro il nazismo Intervista impossibile: Luigi Negrelli Febbraio…un mese con la febbre Il personaggio: Bernardino Zanetti Piccoli eroi crescono San Valentino, uno e trino Un grosso guaio di nome Gambling Ieri avvenne: la rivoluzione della stampa La povertà in Italia L’Europa e il movimento pro-family Il premio a Remo Paterno
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STARE BENE La spesa degli italiani La sauna Tecnologia e sonno Storia e nascita della pizza Il cioccolato Gli italiani mangiano più etnico I farmaci generici o equivalenti Un calice di coccole di vino
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Il libro di Franco Gioppi sulla Valsugana Un plauso a Emanuele Galvan Ritrovate le spoglie di Lenzi e Trentin Storia della Masera La coralità trentina L’incendio del Borgo di San Martino Pescatori e pesci Altroconsumo risponde I Montesei di Serso
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MEDICINA & SALUTE Pulirsi e ripulirsi Osteoporosi ma non solo Visione, dispositivi digitali e luce blu Il rimuginio e il pensiero traumatico Parkinson, tutta questione di proteine
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Alimentazione dei cani e gatti Le cronache Che tempo che fa
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Punto a capo di Waimer Perinelli
Se ci sei batti un colpo on c'è seduta spiritica se manca lo spirito. All' Apt Valsugana Lagorai non difetta, almeno quello della speranza, visto che ha rinnovato al neo assessore provinciale al turismo Roberto Failoni un pacchetto di richieste indispensabili per il potenziamento dell'economia turistica per un ambito che ha il 60 per cento di afflussi stranieri, secondo solo all'Alto Garda, e il primo posto nell'ospitalità in strutture all'aria aperta. E non sono le panchine dei parchi ma campeggi dotati perfino di centri di bellezza. Quelli ancora carenti al comparto termale di Levico dove ci starebbe bene un medical wellness center con, poco lontano un centro Alzheimer di valenza extraprovinciale. Per
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la cura all'aria aperta e la salvezza di tanti residenti e turisti che a piedi e in bicicletta sfidano il traffico autostradale della statale 47, viene chiesta una ciclabile a sbalzo sulla sponda orientale del lago di Caldonazzo e la messa in sicurezza dello stesso da possibili tuffi proibiti ma non pre-
Roberto Failoni
vedibili di autotreni, con un percorso alternativo all' attuale tracciato. Ancora si rinnova la richiesta di un campo da golf a 18 buche nella piana verso Roncegno e maggiore attenzione alla Panarotta. Da qualche anno l'Associazione Avianova chiede di guardare anche, sull'altro versante, agli Altipiani, Lavarone, Luserna, Folgaria: una funivia di collegamento, ciclabili e trasporti elettrici pubblici e privati, magari fino ad Asiago. Dobbiamo rilanciare un settore da troppo tempo fermo, ha detto in altra sede l'assessore Failoni inviando una frecciatina al suo predecessore. Per fare questo dovrà guardare bene nei cassetti delle scrivanie ed è noto che questi non si aprono automaticamente.
Quelli del muretto ma l' Ert ma vivi al Pian recita il trentino saggio e lo capisco meglio ogni volta che poso l'occhio in Val di Cembra e Valsugana, sul colle di Brenta, dove in tanti hanno vigneti e casa. A pro-
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teggerli dalla forza di gravità ci sono i terrazzamenti con i muretti a secco. Sono belli da vedere quanto difficili e costosi da mantenere ma ora l'Unesco ci dice che sono un patrimonio dell'Umanità perchè sono esempi di primitiva manifattura umana, simboli della convivenza dell'uomo con la natura, in qualche caso opere d'arte. Fortunati e ricchi, almeno d'umanità, i possessori e ancor di più quelli che li sanno aggiustare. Sempre di patrimonio si parla: di chi ne spende per mantenere attivo questo bene e di lo sa
conservare o costruire. Per loro è nata in Trentino già nel 2013 all'interno dell'Accademia della Montagna una scuola della pietra a secco con maestri artigiani, geometri ed architetti. I muretti come le case antiche sono bisognosi di continui e costosi restauri. E' giusto come ha detto il ministro Gian Marco Centinaio che sia riconosciuto il lavoro di generazioni di agricoltori, impegnati nella lotta contro il dissesto idrogeologico, provocato da frane, alluvioni e valanghe. Potremmo pensare ad un concorso. E il premio? magari un buono per il restauro del muretto.
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Yin e yang di Franco Zadra
2019 battute per… legittima difesa «...agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone». questo il cuore della riforma del disegno di legge sulla legittima difesa approvato dal Senato a grande maggioranza, cavallo di battaglia della Lega e indicato da Matteo Salvini come una delle priorità di inizio anno.
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«Un diritto sacrosanto» per il ministro dell’interno che introduce una tutela rafforzata per chi reagisce a un’aggressione avvenuta nella sua casa o nel suo negozio, con la presunzione della legittima difesa nella sua interezza anche se il fatto avvenga nelle immediate vicinanze dell’abitazione e del negozio nei confronti di chi agisce per introdursi.
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D’accordo, la legittima difesa è un istituto imprescindibile, addirittura un principio di civiltà giuridica ineliminabile, ma non si può abbandonare il principio di proporzionalità fino alle sue estreme conseguenze: la soppressione della vita umana. La gravità dell’argomento impedirebbe di per sé qualsiasi risvolto faceto a questo testo, ma non essendo professionisti del diritto (e non essendoci mai trovati in situazione, ne conoscendo nessuno personalmente che vi ci sia stato), diamo spazio all’immaginazione e pensiamo alla persona più esposta e indifesa che conosciamo: la zia Cesira.
Se mai divenisse legge questa riforma (ma chissà che non lo sia già visto che ne scriviamo prima), mia zia Cesira, in pensione con la minima, potrà acquistare una carabina di precisione e passare le mattine appostata dietro le tende della finestra al secondo piano, mentre recita il rosario, in attesa di avere qualche malintenzionato nel mirino. Il grilletto è sensibilissimo, il parkinson permette una presa, diciamo, tremolante. Arriva il postino con il passamontagna, fa freddo, ma chissà quante armi letali porta nella borsa. Zia è in dubbio, ma meglio non rischiare, poi è tanto tempo che non fanno più concorsi alle Poste...
di Armando Munaò
2019 battute per... la difesa è sempre legittima arissimo Franco, ho visto il tuo articolo sulla legittima difesa e l'ho trovato davvero interessante tant'è che l'ho fatto leggere a zio Giuseppe, marito della zia Cesira. E devo confessarti che ha espresso, in maniera molto chiara, di non essere d’accordo con te. E per la verità, in fondo in fondo, anche io la penso con lui. Tu giustamente evidenzi che «...agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica», e poi sottolinei come «non si può abbandonare il principio di proporzionalità fino alle sue estreme conseguenze: la soppressione della vita umana». Ora, anche io desidero dare spazio alla mia immaginazione e ti descrivo una scena che potrebbe accadere in una qualsiasi città, in una qualsiasi abitazione in una qualsiasi notte: Puta caso che un genitore stia dormendo con la famiglia. Di soprassalto viene svegliato da rumori
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e si accorge che i ladri sono entrati in casa. Nel rispetto della proporzionalità che tu citi, il poveretto dovrebbe comportarsi in questo modo: scusate signori ladri, cosa fate in casa mia? Volete rubare, violentare mia moglie e mia figlia, oppure, desiderate un caffè caldo? E scusatemi se sono ancora indiscreto: siete per caso armati? E che tipo di arma avete? Perdonatemi se insisto, ma è importante che io sappia se avete una pistola o un coltello, perché nel primo caso posso anche io usare la pistola, nel secondo mi fareste cosa assai gradita se mi diceste che tipo di coltello e quanto è lungo, così, anch’io, ne posso usare uno uguale. Sapete tutto questo mio chiedere è dovuto al fatto che la mia difesa deve essere proporzionata alla vostra offesa. Caro Franco, come avrai ben capito, sono del parere che se un malvivente entra di notte in casa mia, lo fa a suo rischio e pericolo ed io per salvaguardare l’incolumità mia e della mia famiglia sono autorizzato a difendermi in qualunque modo, senza se e senza ma.
Con stima e affetto
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L'evento mediatico più atteso dell'anno di Francesca Gottardi
La notte degli Oscar Tra gli eventi mediatici più attesi dell’anno non vi è dubbio campeggi la notte degli Oscar. Da novant’anni, la statuetta dorata fa sognare generazioni di attori, registi, e molte altre figure coinvolte nella realizzazione di un film.
a notte degli Oscar si terrà il 25 febbraio. In un clima di grande trepidazione, il 22 gennaio scorso sono state rese note le nomination per il 2019. I premi sono conferiti dalla Academy of Motion Picture Arts and Science, conosciuta in Italia come “L’Accademia”. Ne fanno parte grandi cineasti e persone di spicco nell’industria cinematografica. Le procedure per determinare i vincitori sono complesse. Si ritiene vi siano fino a 6000 membri votanti nell’Accademia. Ciascun membro opera nella sua categoria di expertise, eccetto per quella regina di “Miglior film”, dove tutti possono votare. La storia Assegnati per la prima volta nel 1929, tre anni prima che il Festival di Venezia istituisse i propri premi, gli Oscar sono il premio cinematografico più prestigioso e antico al mondo. Il nome ufficiale del premio sarebbe “Academy Award of Merit”, ma tutti oramai lo conosciamo come premio “Oscar”. Pare che il nomignolo derivi da un’esclamazione di un’impiegata dell’organizzazione, Margaret Herrick, che comparò la statuetta a suo zio Oscar. Inizialmente la statuetta veniva completamente realizzata in oro, si stima avesse un valore di circa 150.000 dollari. Oggi gli Oscar di oro sono solo placcati, per un valore di circa 300 dollari. Vendere la statuetta non è cosa ben vista dall’Accademia, anche se si sono verificati diversi casi
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dove ciò è accaduto. Si ricorda di quando, nel 1999, il cantante Michael Jackson comprò uno degli Oscar vinti dal film “Via col vento” per oltre un milione di dollari. Le nomination 2019 Tra i favoriti di questa edizione vi è “Roma” di Alfonso Cuarón, con ben dieci nomination. Mai prima d’ora un film straniero, per di più prodotto dal criticato Netflix, aveva ricevuto tante candidature. Il film, in bianco e nero, segue le vicende di una famiglia nel Messico degli anni settanta. Altro film in testa con 10 candidature è “La Favorita”, di Yorgos Lanthimos, che ritrae due cugine rivaleggiare per diventare le beniamine della Regina Anna. Seguono con otto nomination a pari merito “A Star Is Born”, che ha visto il debutto e la nomina come migliore attrice di Lady Gaga, e “Vice”. Infine, “BlacKkKlansman” e “Green Book” toccano il tema del razzismo verso gli Afroamericani negli Stati Uniti, e conquistano rispettivamente sei e cinque candidature. Molto acclamato anche il film sui Queen, “Bohemian Rhapsody”. Rami Malek alias Freddie Mercury è tra i candidati favoriti per il premio come migliore attore. Delusione per Emily Blunt alias Mary Poppins, che nonostante le elevate aspettative non si è guadagnata la candidatura per “Mary Poppins Returns”. Come spesso accade, non ci sono grandi cambiamenti rispetto ai favoriti ai Golden Globes, le cui premiazioni
si tengono a gennaio. Emerge come quest’anno in voga ci siano senz’altro alcuni grandi nomi, ma soprattutto grandi temi come quello di discriminazione e razzismo. Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
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COME ER AVAMO
STRIGNO VECCHIA FONTANA DAVANTI AL MUNICIPIO
BORGO LUNGO BRENTA
OVIARIA BORGO STAZIONE FERR
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VIGOLO VATTARO PI
AZZA DEL POPOLO
- 1921
Con la mobilità alternativa di Laura Mansini
L’Altipiano di Smeraldo È tempo che la Valsugana e gli Altipiani di Luserna Lavarone e Folgaria si uniscano per far sentire la loro voce corale. È il momento per fare una forte riflessione anche con Rovereto e altre comunità, perché non conviene mai andare uno contro l’altro armati.
to seguendo con interesse la polemica scaturita a fine gennaio sul fatto se sia meglio una funivia che collega Rovereto a Folgaria o quella che dalla Valsugana si colleghi al Menador, e ho notato che finalmente le comunità Cimbre si sono accorte dell'importanza di una mobilità alternativa. Certamente non è quella che Avianova propone dal oltre 15 anni, ne quella che proponeva il Comune di Levico nel 2002 quando diceva «da Levico a Vezzena in Funivia» o prima ancora «da Levico alla Panarotta in funivia». Ma è una proposta fatta dal consigliere comunale di Rovereto, Paolo Vergnano, che trova nel Collegamento Funiviario fra il Mart e Folgaria un possibile futuro turistico per la città di Rovereto e che ha portato come mozione in consiglio Comunale. Tale progetto ha trovato entusiastici consensi anche da parte di chi ci ha amministrato nelle precedenti legislature, ma mi chiedo ora perché tutti questi non avessero mai preso in considerazione gli ideali che stanno alla base dell'Associazione Avianova, della quale faccio parte, nata ufficialmente nel 2009 e formata da ex amFolgaria ministratori comunali di
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Caldonazzo, Levico, Lavarone e Luserna, di albergatori, di professionisti e di quanti avevano e hanno a cuore la salvaguardia dei nostri bellissimi territori? Con determinazione, impegno, incontri, l'associazione Avianova ha coinvolto Comuni, Comunità di Valle e anche consiglieri provinciali, che avendo compreso la validità delle nostre idee hanno portato nei rispettivi consigli mozioni presentate poi in Provincia. Noi inoltre in questa interconnessione cercavamo il sistema per entrare nella macro regione delle Alpi nella quale siamo di diritto pienamente inseriti. Tutto questo certamente per una valorizzazione turistica, ma soprattutto per fermare il progressivo spopolamento degli Altipiani. Ed è tale convinzione che ci aiuta a continuare in questa nostra idea che non si rifà solo a una Funivia, come qualcuno allora la tacciava. Avevamo e abbiamo ancora dei progetti che potrebbero coinvol-
gere tutti i paesi e le frazioni sia degli Altipiani che dell'Alta Valsugana, proponendo nuovi sistemi di trasporto e nuovi modi di abitare in queste zone. Il progetto che caparbiamente sosteniamo ancora, è quello di aiutare gli abitanti a rimanere in Valle e negli Altipiani trovando lavori alternativi. Potrebbe essere una funivia, ma anche una cremagliera che aiuti rapidi spostamenti. Vediamo una rete di autobus elettrici, che ora, sfruttando le nuove tecnologie, potrebbero andare a energia solare, di collegamenti con i treni o con delle forme di car-sharing, un modo nuovo e molto apprezzato di usare l’automobile. Insomma un’area Green, uno smeraldo nel cuore del Trentino, della Valsugana. Un’oasi progettuale capace di creare lavoro anche sugli altipiani per sconfiggere la centralizzazione a Trento, causa di tanti spostamenti e dell’abbandono delle zone periferiche. È tempo di fare nuovi progetti che riqualifichino i nostri bei paesi e i loro abitanti con incentivi che mettano in grado i giovani di riscoprire antichi mestieri con modernissime tecnologie, aperte al mondo. È un sogno che si potrà realizzare e costruire con le tecnologie più avanzate. Ci vuole un grande Progetto, una visione corale di un futuro del Trentino, che è già fra noi, basta saperlo utilizzare.
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Giornata della memoria di Chiara Paoli
Una Rosa Bianca contro il nazismo
«Uno spirito forte, un cuore tenero»
Sophie Scho
«Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie...», questa l’invocazione rivolta al popolo tedesco, contenuta nel primo volantino della "Rosa Bianca". a Rosa Bianca o Weiße Rose, fu un gruppo di studenti cristiani, costituitosi a Monaco di Baviera nel giugno del 1942 per opporsi in modo non violento al regime nazista. Nei pochi mesi di attività prima dell’arresto da parte della Gestapo, riuscirono a pubblicare sei opuscoli, con l’intento di risvegliare le coscienze dei tedeschi, perché opponessero resistenza al regime hitleriano. La compagnia riuniva sotto gli stessi ideali cinque giovani studenti, poco più che ventenni: i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, e Willi Graf. Al gruppetto si associò poi Kurt Huber, professore universitario, che si diede da fare per scrivere gli ultimi due opuscoli. Contrari ai metodi violenti della Germania di Hitler, gli studenti dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco, hanno vissuto sulla loro pelle le atrocità della guerra e confidavano in un nuovo regime, sostenuto dai principi cristiani di rispetto ed equità. Il pensiero di questi ragazzi, si forma e si concretizza nello studio delle tesi del Quickborn o “Sorgente di vita”, movimento cattolico giovanile costituitosi in Slesia nel 1909. L’ideologia nel primo dopoguerra viene diffusa da Romano Guardini, sacerdote veronese, che in quel tempo ricopre all'Università di Berlino, la cattedra di "filosofia della religione e visione cattolica
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del mondo". A questo maestro si aggiungono altre figure, come il parroco di Söflingen, quartiere di Ulm dove si diffonde una forte opposizione cattolica al nazismo. Anche tra gli studiosi si enumerano cattolici anti-nazisti, come Franz Weiss, Carl Muth, e Theodor Haecker. La modalità scelta per contrastare l’avanzare del nazismo è semplice, produrre volantini che con il loro contenuto dovevano mirare alla coscienza dei tedeschi, inducendoli a ribellarsi al regime. I ciclostilati vengono distribuiti nei luoghi pubblici, ma inizialmente inviati anche in Austria e Baviera. Nel febbraio 1943, dopo un periodo di inerzia, il movimento della Rosa Bianca si espone maggiormente, arrivando a definirsi “Il movimento di resistenza in Germania". Non più solo distribuzione di opuscoli, cominciano ad apparire sui muri
della città e persino sui cancelli dell'università messaggi marcatamente anti-hitleriani. Il 18 febbraio 1943, data di fine delle lezioni, vengono distribuite in facoltà numerose copie del sesto volantino che Sophie Scholl lancerà sugli studenti sottostanti dalla cima delle scale dell'atrio. Un gesto imprudente, dettato dall’impulso, che porterà al suo arresto, assieme agli altri membri attivi del gruppo che vennero sottoposti a interrogatorio da parte della Gestapo. I fratelli Scholl si attribuirono l’esclusiva responsabilità degli scritti, nell’intento di proteggere gli altri membri della cerchia. Sophie Scholl subì torture per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio, dimostrando risolutezza e coraggio, riconosciuti dagli stessi carnefici. Il giorno seguente vengono processati presso il «tribunale del Po-
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polo», Hans e Sophie Scholl, assieme a Christoph Probst. «Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il
Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte». Con questa motivazione i tre giovani vennero decapitati il 22 febbraio 1943. Gli altri membri compagni di resistenza vennero processati il 19 aprile 1943, e subirono la stessa pena. Furono condannati a morte 15 persone tra amici, collaboratori, e colleghi della Rosa Bianca, e 38 vennero rinchiuse in carcere sino alla liberazione da parte delle truppe americane. La piazza dell'atrio principale dell'Università Ludwig-MaxiFratelli Scholl
milian di Monaco, si chiama oggi "Geschwister-Scholl-Platz", piazza fratelli Scholl, per ricordare i due giovani morti nell’intento di combattere lo spietato regime nazista. Nel 1986 ha preso vita la Fondazione "Weiße Rose", costituita dai superstiti del gruppo, insieme a parenti e amici, per non dimenticare la storia del movimento di resistenza antinazista e nel 2005 è uscito il film La Rosa Bianca Sophie Scholl.
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Intervista Impossibile di Adelina Valcanover
Luigi Negrelli Luigi Negrelli nasce a Fiera di Primiero il 23 gennaio 1799. Italiano, con nazionalità austriaca di origine trentina, pioniere della ferrovia e grande ingegnere civile. Progettò e realizzò un ponte ferroviario sulla Moldava, a Praga, inaugurato il 1 gennaio 1850 che porta il suo nome. Progettò la prima rete ferroviaria svizzera e studiò il progetto per il Canale di Suez. Negrelli morì il 1 ottobre 1858, pochi giorni dopo poco dopo aver ricevuto da Said Pascià la direzione dei lavori per il Canale. Il progetto venne portato avanti dal francese Ferdinand de Lesseps, scippando i meriti a Negrelli.
Buongiorno signora Adelina, sono qua per vedere se mi intervista. Sono Luigi Negrelli. Il famoso ingegnere di Fiera di Primiero! Quello che ha esteso la rete ferroviaria per tutta Europa! Cominciamo subito. Potresti iniziare a parlare della tua famiglia d’origine. Mia madre era di famiglia tirolese, mentre mio padre era di origine genovese, benestante commerciante di legname e borgomastro di Fiera di Primiero. Mio padre era fedele agli Asburgo e all’epoca delle guerre napoleoniche con la rivolta dei tirolesi finì in carcere, determinando così la rovina finanziaria della famiglia. Mia sorella maggiore Giuseppina partecipò con Andreas Hofer alla rivolta antinapoleonica del 1809. E i tuoi studi come si svolsero? Dopo le elementari in Primiero andai a studiare a Feltre in un istituto di religiosi del governo asburgico e poi a Padova; infine mi sono laureato presso il Politecnico di Innsbruck. Forse non sai, ma all’epoca per diventare ingegneri bisognava, dopo la laurea in matematica, fare praticantato di ingegneria vera e propria presso chi era
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già ingegnere. Cominciai nella Direzione dei lavori pubblici in Tirolo e Voralberg, dedicandomi a opere idrauliche. Ero bravo e quindi poi mi sono occupato del fiume Reno e del lago di Costanza, ma non ti sto a elencare tutto. In quel periodo mi sono sposato, ma non fu un matrimonio felice anche se allietato da molti figli. Rimasto vedovo mi sono risposato e questa volta è stata un’ottima scelta. E poi come continuasti? Ti sei interessato alla nascente ferrovia? Oh sì, la ferrovia a mio avviso era il modo più rapido e pratico per viaggiare e per il trasporto merci. Ero persuaso che si potessero superare dislivelli molto elevati e per questo mi scontrai con l’inglese Stephenson. Nel 1830 mi sono trasferito in Svizzera e ho progettato la base della rete ferroviaria elvetica; dopo due anni sono diventato ingegnere capo e mi sono occupato della costruzione di strade, moli, ponti e riqualificato il centro di Zurigo. Per questo ebbi una medaglia d’oro al merito. Rientrato in Austria, tra il 1840 e il 1842, sono diventato ispettore generale delle ferrovie dell’impero. I progetti furono tanti e ti cito solo il ponte ferroviario sulla Moladava di
ben 1.111 metri, presso Praga, cui diedero il mio nome: Negrelliho viadukt. A conclusione della prima guerra di Indipendenza ti spostasti a Verona e a Milano per risistemare le linee ferroviarie e le strade danneggiate dalla guerra. Vero. Ho ricostruito la linea ferroviaria tra Milano e Venezia e dal 1850 ho progettato la nuova ferrovia del Brennero, tra Verona e Bolzano. Sono orgoglioso di dire che l’imperatore mi nominò Cavaliere di III classe dell’Ordine della Corona ferrea con l’apellativo di von Mondelbe (di Mondelba), nome derivato dai due grandi fiumi della Boemia, la Moldava e l’Elba, tra i quali avevo progettato un canale. Ma e il canale di Suez? Un’idea già ventilata in epoca napoleonica. Nel 1840 cominciai a studiare il sistema del taglio del itsmo. Siccome altri erano interessati al progetto, nel 1846 nacque la Societé d’Etudes du Canal de Suez, cui facevano parte studiosi di tre gruppi nazionali: francesi, inglesi, e austriaci. Nel 1854, dopo vari tentativi, gli inglesi cercarono di rallentare i progetti e i lavori sul Canale, per i loro interessi commerciali. In contemporanea l’ing. Stephen-
son riuscì ad aggiudicarsi la costruzione della linea ferroviaria Cairo Alessandria. Salito al trono d’Egitto Said Pascià, che voleva smarcarsi dagli inglesi, chiamò l’imprensario Ferdinand de Lesseps che si era appropriato dei progetti elaborati dagli studiosi della società di ricerca come unico responsabile di una nuova Scientifica Commissione Internazionale per la stesura definitiva del progetto per il taglio del itsmo. Ma non ti lasciasti scoraggiare e continuasti le tue esplorazioni. Naturalmente! Ho dimostrato che non servivano chiuse all’inizio e alla fine del canale. Comunque quel furbone di Lesseps presentò il mio progetto definitivo a Said Pascià. Per dirla in breve, tra le tre soluzioni dei tracciati venne scelta la mia: senza chiuse e in linea col terreno. Era il 1847. Naturalmente il governo inglese non la prese affatto bene e Stephenson mi attaccò di nuovo e dovetti difendere con le unghie e coi denti le mie scelte ingegneristiche, ma la ebbi vinta, le mie idee erano valide. Confutai tutte
le obiezioni dell’inglese con scritti, articoli e conferenze… Ottenesti l’incarico della direzione di tutti i lavori del Canale. Fosti nominato anche membro del Consiglio di Amministrazione per il periodo dei lavori e per i 5 anni successivi. Per questo nel 1858, insieme all’ing. Paolo Paleocapa, organizzai il mio viaggio in Egitto per formare la società di esecuzione del progetto. Purtroppo dovetti rinunciare a partire, perché la mia salute, già compromessa, si aggravò. Rimasto a Vienna, composi uno scritto con le mie idee in merito al Canale, pubblicato e conservato a Vienna. Diciamo una sorta di testamento. Il 26 settembre 1858 sono morto, mentre Lesseps si appropriava di tutti gli onori. È stato istituito un concorso internazionale Luigi Negrelli da parte della Provincia Autonoma di Trento, per un progetto indirizzato a ingegneri e studenti in ingegneria e architettura, per il ponte di Münster a Zurigo.
Sono soddisfazioni! Ti saluto, unitamente ai lettori di Valsugana News, ricordando che le idee e lo studio possono portare lontano.
Monumento a Luigi Negrelli in piazza Dante a Trento
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Curiosità storiche di Chiara Paoli
«Febbraio», un mese con la febbre I Romani, originariamente consideravano l’inverno un periodo privo di mesi, per cui si saltava direttamente da dicembre a marzo, primo mese dell’anno. Dieci mesi, per totali 304 giorni, cui si aggiungevano 61 giorni definiti semplicemente inverno.
Numa Pompilio che aggiunge al calendario gennaio, insieme a febbraio, ultimo mese dell’anno, in un nuovo calendario di 12 mesi. Non si sa esattamente quando si iniziò a considerare gennaio primo mese dell'anno; alcuni ritengono sia stato lo stesso Numa Pompilio, mentre Varrone, sulla base di un commentario di Marco Fulvio Nobiliore, crede che questa novità sia stata introdotta nel 153 a.C.. Lo stesso nome d'altronde, derivando dal dio Giano bifronte, non poteva che disporsi quale frontiera a cavallo fra gli anni, con le sue due facce, rivolte una al vecchio e l’altra al nuovo anno. Il ritrovamento di un calendario dell’epoca tardo repubblicana dimostra che l'ordine attuale era già stato introdotto prima dell’avvento del calendario giuliano. Febbraio ricorre nei proverbi come «la pioggia di febbraio empie il granaio»; «se febbraio non febreggia, marzo campeggia»; «primavera di febbraio reca sempre qualche guaio»; «febbraio, febbraietto, corto, corto e maledetto»; è il mese della purificazione, il mese in cui la natura si rigenera e inizia il suo risveglio. Il nome deriva dalla dea Febbre, divi-
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nità che viene associata alla guarigione dalla malattia, e che a sua volta deriva dal dio etrusco Februus. Si tratta in realtà di un Nume malefico da propiziarsi per evitare di essere colpiti da malanni. La divinità veniva celebrata attraverso i riti della festività del Lupercalia che avevano il loro culmine il 14 febbraio. Questi riti di purificazione, richiamano alla mente il miracoloso allattamento dei due gemelli fondatori di Roma da parte della lupa capitolina. Questa data, nota oggi come San Valentino, con il sopraggiungere della cristianità fu inizialmente dedicata a Santa Febronia, martire turca del IV secolo. Divenuta orfana a soli due anni, Febronia visse all'interno di una comunità cristiana, imparando le scritture e dimostrandosi virtuosa. Durante le persecuzioni di Diocleziano viene arrestata e martirizzata in maniera cruenta. Oggi la sua festa si celebra il 25 giugno, la Santa protegge dai terremoti, e viene invocata per chiedere la pioggia o in caso di malattie al seno. La celebrazione di San Valentino, citata anche da Shakespeare nel Amleto (1601), che fa dire a Ofelia, «Domani è san Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò
alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina», viene istituita da papa Gelasio I, nel 496, per sostituire e “cristianizzare” l’antica festa pagana dei Lupercalia che ancora veniva festeggiata. Valentino da Terni si lega all'amore romantico e agli innamorati, grazie alla leggenda che narra della sua generosa donazione di denaro quale dote a una povera giovane che altrimenti non avrebbe potuto convolare a nozze con l’amato. Da qui la scelta di eleggere il donatore quale protettore e sostenitore degli innamorati, anche e soprattutto quelli che si trovano in difficoltà, e celebrarlo il mese di febbraio.
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Una grande Ave Maria “conquista” Ennio Morricone Un premio mondiale per il maestro Bernardino Zanetti. Il maestro di Telve unico italiano insignito al concorso internazionale di Firenze Doppia emozione per Bernardino Zanetti, maestro, strumentista, e direttore di banda e coro di Telve. La prima emozione per il maestro telvato è arrivata, nel corso del mese di luglio scorso, con il riconoscimento di livello internazionale: il premio speciale al “5th International Competition of Choral Composition Ennio Morricone 2018”, nel quale Bernardino Zanetti è risultato l'unico musicista italiano premiato, insieme ad Alxandre Jamar dè Bolsee (Belgio), Fidel Calalang (Filippine), ed Elizabeth Ekholm (Canada). Un’emozione indescrivibile per Bernardino; un premio che vale una carriera e che porta Telve e la Valsugana nell'Olimpo della composizione corale, alla corte nientemeno che del maestro Ennio Morricone. Si tratta di uno dei più importanti con-
corsi di composizione per coro a livello mondiale, la cui giuria è costituita dal maestro Ennio Morricone, da tutti considerato il più grande compositore cinematografico vivente. Zanetti ha ottenuto questo premio presentando un’Ave Maria di notevole difficoltà esecutiva e interpretativa, come si addice a un concorso di tale caratura: su testo latino per doppio coro misto a otto voci (la massima quantità vocale prevista dal bando concorsuale), con interventi solistici per soprano, contralto, tenore e basso, nella forma “a cappella”, cioè senza l’intervento e/o accompagnamento di alcun strumento musicale, tutto come veniva esplicitamente richiesto dal bando. Una soddisfazione doppia per Bernardino Zanetti quando è arrivata la notizia dell'importante riconoscimento,
Il Coro Castelbarco nella Prima esecuzione dell'Ave Maria
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Il maestro Bernardino Zanetti premiato a Firenze
considerando anche il fatto che si tratta della prima e, per ora, unica composizione per coro scritta dal professor Zanetti. «É il mio più grande risultato – ha detto Zanetti -, reso ancora più im-
Olanda nel 2013 e nel 2017. La sua fama di bravo maestro di musica a Telve, dove insegna alla scuola media "Don Milani", ha accompagnato la crescita della formazione musicale
Banda Folk Telve
portante dal fatto che non avevo mai scritto una composizione per coro». È un successo questo che cesella una carriera musicale articolata, rappresentata dai 25 anni di direzione bandistica, soprattutto con la banda di Telve, dall’aver suonato per quasi tre lustri con il quintetto a fiati Aeolus e dall’aver vinto due medaglie d’oro come strumentista suonando come 1° Fagotto con la Rovereto Wind Orchestra al concorso mondiale di Kerkrade in
concerti previsti per le celebrazioni del 120° anniversario di fondazione della Cassa Rurale della Vallagarina, insieme al Requiem di Bob Chilcott e le musiche di P. Vasks, A. Mazza, L. Donati. I concerti si sono tenuti sabato 10 novembre ad Avio, presso la Chiesa S. Maria e domenica 11 novembre a Rovereto in S. Marco. Anche in questa occasione sia il Coro Polifonico di Castelbarco, punto di riferimento nel panorama musicale trentino e non solo con i suoi 35 anni di attività, che il nome dei compositori che affiancano il nome di Zanetti, ci danno motivo di rinnovato orgoglio, in accordo al fatto che la passione, la caparbietà, l’impegno, e l’umiltà del fare quotidiano possono, anche nelle nostre piccole realtà, far nascere professionisti che il mondo musicale, in questo caso, ci riconosce come “grandi”. Con il maestro Ennio Moricone
di tanti ragazzi, diventando, grazie alla banda folkloristica di Telve che dirige, un riferimento importante, per le famiglie, di buona educazione alla relazione gioiosa coniugata alla voglia di suonare in sana compagnia. Nelle scorse settimane la seconda emozione per Zanetti: la sua Ave Maria per doppio coro misto e solisti è stata eseguita in prima assoluta dal Coro Polifonico Castelbarco, diretto dal M° Luigi Azzolini, nell’ambito dei
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Scuola e società di Irene Chin
Piccoli “eroi” crescono
Si potrebbe pensare che l’eroe sia una persona con doti eccezionali, con caratteristiche divine, come nei miti del passato o nei film fantastici che ci vengono proposti oggi nelle sale cinematografiche. Come ben sappiamo, questi eroi sono frutto della fantasia, ma ci sono alcuni tra noi che si distinguono in maniera “eroica”, semplicemente spendendosi per gli altri.
li eroi moderni, che si confondono tra noi, sono molti e diversamente da quello che si potrebbe pensare, ognuno di noi nel suo piccolo può essere un eroe aiutando gli altri, contribuendo a migliorare in qualche modo, anche se di poco, il mondo che ci circonda, oppure solo svolgendo il proprio lavoro con amore, pensiamo per esempio a medici e pompieri. Ognuno di noi ha un istinto eroico, ma per poterlo trovare serve impegno, dedizione, ricerca, ed esaltazione delle proprie passioni, per farle confluire in qualcosa che sia d’aiuto alla collettività; soprattutto abbiamo bisogno di modelli validi dai quali prendere spunto. Il primo passo fondamentale è quindi la ricerca della propria passione. Questa prima fase, ha luogo tra i banchi di scuola, dove i ragazzi iniziano a conoscere meglio loro stessi e fanno le prime scelte per costruire una propria personalità. Qui la figura del professo-
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re fa la sua indispensabile comparsa. È risaputo che nell’ambiente scolastico i professori sono i personaggi più odiati, ma allo stesso tempo amati dai ragazzi; questa figura quasi “mitologica”, compare come una costante in ogni vita. Ognuno di noi ha avuto professori eccellenti, scarsi, buoni, severi, gentili… Spesso l’opinione comune, purtroppo, vede i professori come parassiti della società, quando dovrebbero essere visti come figure fondamentali dalle sembianze eroiche, che aiutano piccoli cittadini in erba a trovare il proprio posto nel mondo. Durante la fase di maturazione dell’Io dei ragazzi, ogni professore dovrebbe far uscire il proprio istinto eroico e diventare un modello virtuoso, aiutandoli nella loro difficile ricerca e dare loro tutti gli strumenti necessari per districarsi tra le domande che tormentano ogni adolescente: chi voglio essere? Cosa voglio diventare? Qual è il mio posto? Chi sono? Il professore
dove trasformarsi in eroe e indicare loro il punto dove guardare, ma non cosa vedere, in modo che ogni ragazzo trovi la propria risposta in autonomia e di conseguenza capisca la via che deve seguire per far fruttare le proprie passioni. I professori dovrebbero essere punti fermi, che mettono ali ai sogni dei ragazzi, per spingerli a dare il meglio, non per la valutazione, ma per loro stessi, per quello in cui credono e per quello che vogliono essere e diventare. I professori devono accendere la passione, l’istinto eroico che è dentro ogni ragazzo, per aiutarlo a fare il primo passo verso il proprio sogno. Per questo motivo gli insegnanti migliori non istruiscono i ragazzi con la pretesa che diventino geni infallibili, ma la loro speranza è che diventino più umani e comprendano l’importanza che ha ogni individuo e la differenza che può fare nella società in cui vive. Ognuno di noi si può trasformare in un piccolo grande eroe del quotidiano.
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di Waimer Perinelli
San Valentino uno e trino Tre leggende per il medesimo santo protettore degli innamorati, degli animali e dei bimbi. Ogni 14 febbraio è il giorno di San Valentino ovvero, dice una tradizione anglosassone, la festa degli innamorati. In realtà con gli innamorati il santo ha poco da spartire. In Trentino ci sono tre santuari : uno dedicato a San Valentino venerato prosaicamente come protettore contro l'arioma- una difterite infantile molto pericolosa- uno protegge dall'epilessia e, come s' addice ad una società agricola, l’ultimo affianca San Rocco nella protezione degli animali. Tre santuari per un solo santo, ma con tre origini diverse. Uno e trino.
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Chiesa San Valentino - Tenna
a storia si complica perchè almeno due leggende, si riferiscono a vescovi ed una ad un semplice sacerdote. Prendiamo prima in considerazione quest'ultimo, venerato nel grande santuario di Ala dove le sue reliquie sarebbero state portate dai romei che le avevano prelevate a Roma in una catacomba lungo la via Flaminia. La leggenda vuole che Valentino, sacerdote di grande fede, nell'anno 269 predicasse con grande fervore e godesse fama di guaritore. La sua testimonianza avrebbe coinvolto anche la nobile famiglia persiana di Mario, con la moglie Marta ed i figlioli Audiface ed Abaco, con i quali diede vita ad una comunità acquistando fama. La cosa pare infastidisse l'imperatore Claudio il gotico che incaricò il prefetto Asterio di istruire un processo per sacrilegio. Ma Valentino ne guarisce la figlia dalla cecità e Asterio finisce per convertirsi scatenando l'ira dell'imperatore e la decapitazione del santo. A Terni trova invece origine un Valentino vescovo e martire la cui storia è molto simile a quella dell'umile sacerdote, tanto da indurre i ricercatori a ritenere il grado nella carriera ecclesiastica l'unica difformità. Tuttavia il buon vescovo non è privo di una propria storia. Narra una Passio, anteriore all' Ottavo secolo, che invitato a Roma per guarire da un'artrosi deformante il figlio di certo Cratone fu arrestato dal prefetto Placido e, poiché si rifiutava di compiere sacrifici agli idoli romani, fu decapitato. Alquanto diversa la leggenda di Valentino vescovo di Passau o Passavia in Rezia della cui vita racconta un sacerdote del dodicesimo secolo officiante del Duomo di quella città. Questo sacerdote scrive che nel 1090 o 1120, venne aperto un sepolcro dove venne trovata una cassa con una tavola di piombo su cui era raccontato di un Valentino sacerdote, consacrato a
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Roma vescovo, che per tre volte aveva cercato di evangelizzare i pagani e ariani di Passau. Qualche risultato lo ottenne solo a Castrum Maieense (Merano Maia Bassa) dove si ritirò e morì. Tre storie e tre santuari in Trentino. Di quello di Ala abbiamo accennato e aggiungiamo che ogni anno si svolge la cerimonia(vedi fotografia) della benedizione dei Quattro Vicariati con l'urna delle reliquie. L'altro santuario si trova in Agro a Vezzano e la fondazione è attribuita ad un roseto fiorito in febbraio ed odoroso, sotto le cui radici vennero scoperti frammenti ossei attribuiti a San Valentino di cui esisteva in loco una cappella con altarino. L'edificio attuale è della metà dell'Ottocento. Infine il terzo Santuario un gioiellino romanico-gotico, si trova sul colle di Tenna affacciato fra i laghi di Levico e Caldonazzo, lungo la strada Claudia Augusta. E' piccolo ma ben frequentato in particolare dagli alpini che vi celebrano una loro festività. A proposito di feste San Valentino, che sia sacerdote o vescovo, viene festeggiato da
tutti il 14 febbraio giorno, si dice, del martirio. Singolare coincidenza. Presso i romani si celebravano il giorno 15 i lupercali, festa dedicata alla natura ed alla fertilità e quando si parla di quella umana si tende ad esagerare. Per San Valentino Santo questo la Chiesa avrebbe cercato di contenere gli entusiasmi e riportato gli stessi nell'ambito religioso anticipando le celebrazioni di un giorno con la benedizione dei fidanzati prossimi al matrimonio. Ironia della sorte, il giorno 15 è dedicato a San Faustino protettore degli scapoli.
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Attualità di Patrizia Rapposelli
Un grosso guaio di nome “Gambling” al vizio alla dipendenza, parliamo di gioco d’azzardo, in particolare delle scommesse online che si fanno largo tra i giovani. Ebbene sì, secondo i dati di un rapporto ufficiale nel Regno Unito, ma non solo, un numero sempre più allarmante di adolescenti sono coinvolti in scommesse online; si pensi che il numero di giocatori tra gli 11 e i 16 anni è quadruplicato negli ultimi due anni sino ad arrivare a 55.000, senza contare che secondo l’audit della Gambling Commission (commissione preposta al controllo del gioco d’azzardo nel Regno Unito) altri 70.000 ragazzi sono a rischio. Citiamo gli UK per la crescita esponenziale dei piccoli giocatori, ma l’Italia nel suo non è da meno. Infatti, in base all’indagine realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, in accordo con l’agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sono 18 milioni gli italiani che hanno giocato almeno una volta, di questi circa un milione e mezzo è da considerarsi “problematico”, mentre i minorenni sfiorano i 700 mila. Italia d’azzardo, uno studio che mostra come tale pratica sia e stia diventando una vera e propria piaga sociale, ma siamo sinceri, ossigeno puro per i conti pubblici, nessuno Stato europeo incassa quanto l’Italia e il getti-
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to fiscale proveniente dalle scommesse è sempre più rilevante. Considerevole quanto il punto giovani, dove se 700mila sono coloro che hanno giocato almeno una volta, 70mila sono giocatori problematici. Certamente è necessaria una distinzione tra giocatori d’azzardo e giocatori patologici, tra vizio e malattia; per molte persone il gioco a soldi è piacevole passatempo, a volte abituale, a volte occasionale, per altri patologico fatto di ossessione, ripetitività e schiavitù, in ogni caso esiste un continuum che conta tappe dai confini sfumati che vanno dal gioco occasionale, a quello abituale, al gioco a rischio, a quello compulsivo. La graduale perdita della capacità di autolimitarsi colpisce su terreni fertili, ci sono fattori di rischio che predispongono alla dipendenza. Le sue mille sfaccettature rendono difficile una spiegazione esauriente, ma ciò che è certo da recenti studi è che da un lato la solitudine e l’esclusione sociale spingono a giocare per cercare relazioni parasociali che simulano relazioni tra esseri umani per compensare la mancanza di interazioni con le persone. «Queste relazioni – spiegano - possono svilupparsi anche con oggetti inanimati quali le slot machine, cosa che diventa ancor più probabile nel caso vi si attribuiscano qualità umane, come la volontà di
decidere gli esiti di gioco». Dall’altra si è analizzato invece il ruolo della pubblicità sui ragazzi, inondati dalle promotion, si diffonde in loro curiosità e falsa convinzione, i massmedia attecchiscono là dove caratteri individuali e ambientali favoriscono il vizio per alcuni, la malattia per altri. Adolescenti dal temperamento tendente all’impulsività, ricerca continua di sensazioni forti, mancanza di autocontrollo, tratti in parte consueti in quest’età, ma appoggiati silenziosamente da adulti per cui l’economia frutta o da contesti educativi discutibili. Che siano minori o adulti il gioco d’azzardo è piaga sociale; basata sull’idea di poter dominare il fato, il giocatore con ragionamenti euristici ritiene di vincere denaro tale da cambiare vita. Curiosità, vizio o malattia ad oggi questo intrattenimento negativo è inversamente proporzionale alla scolarizzazione e al livello culturale del giovane al punto che ciò che frutta allo Stato è stato definito “tassa sull’ignoranza”. Progetti scolastici contro il gioco e nuova proposta di Legge per eliminare la propaganda pubblicitaria, pubblicata nel Decreto Dignità nel nuovo Governo sono un probabile passo di rimorso, marcato dalla consapevolezza che qualcosa sia sfuggito di mano.
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Ieri avvenne di Chiara Paoli
La rivoluzione della stampa 23 febbraio 1455, una data celebre che indica il giorno in cui fu portata a conclusione la prima opera a stampa della storia occidentale. Stiamo parlando della famosa «Bibbia a 42 linee», realizzata per mezzo della tecnica di stampa a caratteri mobili, ideata da Johannes Gutenberg. Furono eseguite 180 copie del volume che venne messo in commercio nella città di Francoforte. uesta nuova tecnica ha rivoluzionato il mondo della scrittura e soprattutto ha permesso l’ampia diffusione dei testi, da quelli sacri a quelli letterari, dai romanzi ai fogli di informazione. La tecnica tipografica ha il grosso vantaggio che i caratteri, realizzati in una lega di piombo, antimonio, e stagno, possono essere riutilizzati. Ben ordinati e allineati, vengono impregnati di inchiostro e quindi il foglio di carta viene premuto, per mezzo di una pressa a vite, sul testo da riprodurre. Un’ottima tecnica che si diffonde presto e a macchia d’olio in tutta Europa. Dopo soli 50 anni dalla sua ideazione vi sono in circolazione ben 30.000 titoli, per una tiratura che supera i 12 milioni di pezzi. I primi libri, quelli che vedono la luce tra l’anno di invenzione della stampa e le soglie del nuovo secolo, vengono ancor oggi definiti incunaboli. A questi volumi seguono nel XVI secolo quelle che verranno ribattezzate “cinquecentine”. Il primo volume pubblicato fuori dal
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confine germanico viene ultimato in Italia tra le mura del monastero di Santa Scolastica a Subiaco, tra Lazio e Abruzzo. Autori dell’opera furono Conrad Schweynheym e Arnold Pannartz, provenienti rispettivamente dalla diocesi di Magonza e da quella di Colonia. Il loro arrivo pare sia frutto dell’invito da parte del cardinale Nicola Cusano. Nel biennio compreso fra il 1465
Una pagina della Bibbia di Gutemberg
e il 1467 pubblicarono un volume di grammatica latina per fanciulli (disperso) e altre opere di autori latini. Si moltiplicarono nel giro di pochi anni le officine di stampa in Europa, tra le prime in Italia, all’impresa di Subiaco seguono Roma nel 1467 e Venezia a distanza di due anni. Proprio nella città lagunare, nel 1490, giunge il laziale Aldo Manuzio; egli è riconosciuto come l’inventore del libro moderno; sarà lui a introdurre nella stampa il carattere corsivo. Grazie ai rapporti con numerosi studiosi del tempo, l’umanista nel 1502 diede avvio all'Accademia Aldina, istituto dedito agli studi ellenistici che mise insieme menti eccellenti come Erasmo da Rotterdam e Pietro Bembo. Le edizioni di Manuzio vengono identificate così in tutta Europa come “edizioni Aldine”. Il successo delle stamperie veneziane è dato anche dalla disponibilità di carta, proveniente dalle cartiere dislocate lungo le sponde del lago di Garda, del Brenta e del Piave. La prima bolla papale riprodotta a
stampa non si fa attendere molto; è papa Paolo II che la commissiona nel 1471, per annunciare il VII Giubileo del 1475. La prima opera a stampa in lingua volgare è datata 1472, ed è la Divina Commedia, impressa a Foligno grazie a Johannes Numeister e a Evangelista Mei. Pare invece che la prima stamperia ad aprire le porte nella città di Trento, fosse quella di Alberto Kune da Duderstat che diede alle stampe nel 1475 l’opuscolo dedicato al martirio del piccolo san Simonino. Questa parte della storia tipografica di Trento è però avvolta nel dubbio, il Kunne viene infatti segnalato dai bibliografi esclusivamente come tipografo bavarese, operante in Memingen dal 1482. Pare quindi più plausibile che l’arte tipografica sia giunta in Trentino attra-
verso padre Leonardo Longo, pievano di San Paolo a Vicenza, nell’anno del Signore 1481.
Gutemberg
I testi cominciano a circolare molto più facilmente, si riducono i tempi e i costi di realizzazione e questo permette di accelerare il processo di alfabetizzazione e consente una maggiore diffusione delle informazioni. Lo studioso parla dell'uomo di Gutenberg, le persone cambiano e sono profondamente influenzate dall'avvento delle opere a stampa. McLuhan sostiene che «il mezzo è il messaggio»; non solo attraverso il libro si stabilisce la superiorità del fattore vista, ma a suo parere questo ha influito e condotto alla nascita dei nazionalismi, al predominio del razionalismo, all’uniformarsi delle differenti culture, prima causa di alienazione dell’essere umano che entra a far parte di quello che viene definito villaggio globale.
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Diffuso il rapporto Istat sulla povertà assoluta e relativa del nostro paese di Armando Munaò
La povertà in Italia è veramente preoccupante Gli ultimi dati relativi alla povertà hanno evidenziato che nel nostro paese sono oltre cinque milioni gli italiani che vivono in povertà, (dato questo più alto dal 2006) e che di questa situazione soffre soprattutto il Mezzogiorno, ma anche le città del Centro e del Nord. E sono più di 1,3 milioni i minori e i giovani che si trovano in questa condizione.
nalizzando i numeri dell’Istat ci si accorge che alla fine del 2017 la povertà assoluta ha interessato circa 1 milione e 800 mila famiglie residenti per un totale di oltre 5 milioni di individui. Numeri, questi, che rispetto al 2006 sono cresciuti sia in termini di famiglie sia d’individui. Le famiglie sono passate dal 6,3% al 6,9% mentre gli individui dal 7,9% all’8,4%. Tra gli individui in povertà assoluta si stima che le donne siano due milioni 472mila (incidenza pari all’8,0%), i minorenni 1 milione 208mila (12,1%), i giovani di 18-34 anni 1 milione e 112mila (10,4%, valore più elevato dal 2005) e gli anziani 611mila (4,6%) Le condizioni dei minori rimangono quindi critiche: il valore dell’incidenza, infatti, dal 2014 non è più sceso sotto il 10%; nel tempo crescono anche i valori dell’incidenza fra gli adulti tra i 35 e i 64 anni (da 2,7% del 2005 a 8,1% del 2017). I dati ci dicono anche che la povertà assoluta cresce nelle famiglie che hanno tre o più figli minori (20,9%) e si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno. L’incidenza
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della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord. Anche la povertà relativa è cresciuta rispetto al 2016 perché nel 2017 ha riguardato 3 milioni 171 mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368 mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente). Si confermano anche le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno. Il rapporto sull’indigenza ci dice anche che, come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattren-
ne. In merito alla povertà giovanile e la povertà ed esclusione sociale in Italia, il rapporto realizzato dalla Caritas italiana, evidenzia che non solo un giovane su dieci vive in uno stato di povertà assoluta, ma negli ultimi dieci anni l’incidenza di questo tipo di povertà è passata dal 2% a oltre il
10% . Secondo Mons. Nunzio Galatino (Segretario della Cei), che ha espresso forti preoccupazioni su questa situazione veramente allarmante, è necessario aprire il nostro sguardo e il nostro cuore, special-
standard di vita minimamente accettabile. Sono quindi considerate “povere assolute” quelle famiglie che hanno una spesa mensile inferiore alla soglia considerata “accettabile”, soglia
che varia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per tipo di comune di residenza. Il fenomeno della povertà assoluta è prevalentemente diffuso al Sud, dove il 10,3 per cento delle famiglie vive in condizione di povertà (nel 2016 erano l’8,5 per cento). La povertà relativa invece è un parametro che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell'ambiente o della nazione. Questo livello è individuato attraverso il consumo pro-capite o il reddito medio, ovvero il valore medio del reddito per abitante, quindi, la quantità di denaro di cui ogni cittadino può disporre in media ogni anno e fa riferimento a una soglia convenzionale adottata internazionalmente che considera povera una famiglia di due persone adulte con un consumo inferiore a quello medio pro-capite nazionale.
mente quando coinvolge i giovani perché se perdura nel tempo a loro, ai giovani, è preclusa la possibilità di progettare il loro futuro e creare una famiglia. Ma cosa s’intende per povertà assoluta e la povertà relativa? Per povertà assoluta l’Istat intende quella situazione nella quale non si hanno le possibilità e le capacità economiche per acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza. Quindi è l'impossibilità di far fronte a una spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno
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L'Europa e il Movimento Globale Pro-Family di Franco Zadra
Il Vento del Cambiamento Organizzato dall’IOF (International Organization for the Family, www.profam.org) si terrà a Verona, dal 29 al 31 marzo 2019, il XIII Congresso mondiale delle famiglie. Un appuntamento che rientra tra quegli eventi di portata internazionale che non mancheranno di segnare la traccia di un percorso culturale, ancora faticoso ma fecondo di iniziative, che la società globale deve necessariamente percorrere per non smarrire la conoscenza di quel valore fondamentale che la fonda e la motiva, la famiglia.
ssieme a IOF vi sono il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, Pro Vita Onlus, Generazione Famiglia, CitizenGo, e National Organization for Marriage L’iniziativa ProVita Onlus, tutte realtà che hanno nella propria mission il promuovere i valori della Vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e come paradigma della Famiglia quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, affrontando di petto i temi caldi della bioetica come l’aborto, l’eutanasia e la denatalità. Ogni anno il Congresso ha luogo in una diversa città del mondo, per lo più nelle grandi capitali, riunendo personalità da ogni parte del mondo inclusi capi di stato e ministri. Precedenti edizioni hanno avuto luogo a Praga, Città del Messico, Varsavia, Amsterdam, Madrid, Sydney, e altre capitali; l’ultimo si è tenuto a Chisinau, in Moldavia. Le tematiche che saranno affrontate durante il congresso saranno, la bellezza del matrimonio, i diritti dei bambini, ecologia umana integrale, la donna nella storia, crescita e crisi demografica, salute e dignità della donna, tutela giuridica della Vita e della Famiglia, politiche aziendali per la famiglia e la natalità. Sul sito www.wcfverona.it è possibile trovare tutte le indicazioni per partecipare e per promuovere il Congresso,
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nel quale confluiranno rappresentanti istituzionali, esperti, organizzazioni non governative e famiglie dai cinque continenti. I relatori già confermati includono il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, il Ministro per la famiglia e le disabilità Lorenzo Fontana, il Presidente della Repubblica moldava Igor Dodon, il Segretario di Stato e Ministro per la famiglia ungherese Katalin Novak, il Viceministro per la famiglia ungherese Attila Beneda, l’Ambasciatore della Polonia in Italia S.E. Konrad Glebocki, il sindaco di Verona Federico Sboarina, il presidente del Family Day, Massimo Gandolfini, il presidente dell’Organizzazione Internazionale per la Famiglia Brian S. Brown, l’autore e co-fondatore dell’Howard Center Dr. Allan Carlson, il Patriarca della Chiesa cattolica siriaca S.E. Ignazio Giuseppe III, e Lucy Akello, MP responsabile per donne e bambini nel parlamento Ugandese e shadow minister per lo sviluppo sociale. Un approfondimento utile e necessario per chi non si accontenta di essere “pro family” solo in un modo scontato e superficiale, ma desidera sperimentare e cogliere l’opportunità di incontrarsi per imparare gli uni dagli altri, in un arricchimento reciproco, quali siano le migliori strategie per promuovere efficacemente la «cellula fondamentale della società».
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I Protagonisti Italiani: Oscar dell’Ortofrutta 2019
Premiato Remo Paterno Alle spalle oltre 40 anni di impegno nel settore della frutticoltura trentina. Un impegno, quello di Remo Paterno, che da tempo viene riconosciuto non solo a livello trentino e regionale ma anche in tutta Italia. Tanto che, nelle scorse settimane, l’Unione Nazionale Italia Ortofrutta lo ha scelto tra i dieci protagonisti della serata “Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana”. ’evento, organizzato dalla rivista del settore “Corriere Ortofrutticolo”, si è svolto presso l’Hilton Molino Stucky di Venezia. Nel pomeriggio due seminari, un focus sulla certificazione la qualità totale tra prodotto e territorio, alle 18 la premiazione dei dieci personaggi ed al termine la proclamazione del vincitore dell’Oscar dell’Ortofrutta 2019. Classe 1945, tre figli, in passato ha lavorato per la Regione, impegnandosi per la diffusione del melo in Valsugana, e per l’Ispettorato Agrario di Borgo. In Valsugana è una figura ben conosciuta, il suo nome è indissolubilmente legato alla cooperativa Cobav, il Consorzio Ortofrutticolo Bassa Valsugana. Fin dalla sua costituzione, infatti, esattamente 42 anni fa ne è il presidente. La sede ed il punto vendita si trova a Villa Agnedo, la frazione del comune di Castel Ivano. Un uomo schivo e controcorrente, operoso e silenzioso con una mission ben precisa: usare la cooperazione come strumento per innalzare la frutticoltura trentina e arginare i suoi ciclici momenti di crisi. Non ha mai gradito gli eccessivi apparati burocratici della cooperazione trentina. “Preferisco l’efficienza e l’attenzione ai costi di produzione. Non mi sono mai piaciuti gli eccessi”. Come politico di riferimento c’è Alcide Degasperi e dopo aver dato vita alla Cobav, dal 1997 si è tuffato anima e corpo nel Consorzio Interregionale Ortofrutticolo, in acronimo C.I.O. Inizialmente erano cinque i
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gruppi aziendali che ne facevano parte, oggi è composto da 11 soci che rappresentano oltre 400 frutticoltori di tutto il Nord Est. “Sì, stiamo crescendo aggregando anche realtà e cooperative non solo trentine e altoatesine”. Oltre al Consorzio Ortofrutticolo Val di Gresta di Ronzo Chienis, la Cooperativa Agri ’90 di Storo e la Mondoagricolo di Madruzzo ne fanno parte anche la Cooperativa Fruchmarkt Clementi di Laives, la Cooperativa FOS Freie Obstbauern Sudtirols di Vilpiano, la Cooperativa Melany di Lagundo, la CasPar Cherries di Cortaccia, la Società Agricola Sal Lorenzo di Sequals (Pordenone) e la Cooperativa veronese COZ Zevio. Tra i soci troviamo anche le due cooperative valsuganotte del settore: la Cobav di Villa Agnedo e la Cooperativa Contadini Alta Valsugana – Levico Frutta. Nel primo caso si tratta di una realtà che oggi conta una cinquantina di soci produttori che coltivano circa 100 ettari di superficie frutticola. Producono ottime Golden e varietà bicolori come le Gala e le Fuji. Fondata nel 1907, oggi sono circa un centinaio i soci produttori della Levico Frutta che conferiscono non solo mele, pere, fragole e ciliegie ma anche piccoli frutti quali lamponi, mirtilli, more e ribes. “Come Cio ci concentriamo sui problemi reali del settore delle mele. Uno dei più importanti da affrontare – ci confessa – è quello della riconversione varietale. C’è bisogno di nuove varietà. Non possiamo dimenticare anche il
problema della cimice asiatica e tutti gli aspetti economici legati alla lotta di questo parassita”. Tutti i soci coltivano nel rispetto delle tecniche di produzione integrata e biologiche e nel 2017 ha raggiunto un fatturato di oltre 57 milioni di euro. Oggi il Consorzio Interregionale Ortofrutticolo commercializza i suoi prodotti con marchio Serene Star. (M.D.)
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Mangiare sano, mangiare meglio di Elisa Corni
La spesa degli italiani Sul finire dello scorso anno, come ogni 12 mesi, è stato pubblicato un importante rapporto in grado di fotografare il nostro paese attraverso i consumi, ma non solo: è il Rapporto Coop 2018. La grande catena di supermercati ha fotografato in più di duecento pagine la situazione del nostro paese sotto diversi punti di vista: dal contesto economico alla mentalità, dalle speranze a, ovviamente, i consumi.
d è proprio in quest’ultimo settore che il Bel Paese mostra una certa polarizzazione: se per i consumi in generale siamo il fanalino di coda dell’Europa, non appena si va a curiosare il carrello della spesa degli italiani ecco che il podio non aspetta nessun altro. Per quanto riguarda i consumi alimentari, infatti, gli Italiani sono il primo paese europeo. Ma andiamo con ordine, perché il contesto è importante
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per comprendere fino in fondo il fenomeno della crescita nei consumi di alimenti, e soprattutto di alimenti di qualità nella nostra penisola. Per quanto riguarda l’economia generale e i consumi a livello globale, non siamo certo in testa alle classifiche. A parità di potere d’acquisto, unificando la moneta all’Euro, il paese più spendaccione sono sicuramente gli Stati uniti d’America con una spesa generale pro capite media
di oltre 21 mila Euro all’anno. Seguono a ruota Australia e Canada con 14 mila Euro; Germania e Regno Unito sono i tallonatori, con 13.800 Euro medi a testa per abitante. L’Italia si ferma a soli 11.600 Euro all’anno. Ma il dato che per gli economisti è il più sconfortante per i consumi del nostro paese è quello della variazione tra il 2000 e il 2017. Certo, indiani e cinesi spendono mediamente poco più di 2.000 Euro all’anno, ma hanno incrementato i consumi rispettivamente del 215% e del 47%, mentre negli ultimi diciassette anni in Italia i consumi sono aumentati solo del 3% (contro il 61% del Canada o il ”misero” 15% della Germania). Detto questo però ci collochiamo sul gradino più alto del podio per quan-
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to riguarda i consumi per i beni alimentari, e lo facciamo a livello mondiale. Degli 11 mila Euro annui, gli italiani ne spendono in cibo circa 2.500, poco meno di un quarto, con un aumento del 1,3% rispetto al 2006. In Germania si superano appena i 2.000
porto, infatti, è cresciuta nei nostri connazionali la consapevolezza alimentare: le vendite di burro sono calate del 10% in un anno, quelle della panna di quasi il 7%, come quelle
dello zucchero raffinato. Aumenta la spesa per alimenti veg, come quella di alimenti base: gli italiani tornano in cucina, e preferiscono il biologico (+3,8%).
Euro e in Spagna i consumi alimentari hanno registrato negli ultimi 11 anni un calo di oltre il 3%. Siamo anche i primi in Europa per quantità di frutta e verdura acquistate e consumate: il 21 % del carrello è fatto proprio nel reparto all’orto-frutta. Al contrario, ci collochiamo indietro per quanto riguarda l’acquisto di alcolici (5,8% della nostra spesa contro, per esempio, il 15,8% del Regno Unito). La tendenza a mangiare bene sembra essere una questione abbastanza costante nel nostro paese: sempre più attenzione è posta dai consumatori a ciò che sta nel loro piatto. Non solo più frutta e verdura che nel resto del Vecchio Continente, ma anche molta attenzione ai cibi “che non fanno proprio bene”. Secondo quanto registrato nel rap-
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In collaborazione con PERUZZI - Levico Terme di Elisa Corni
SAUNA
storia e segreti di una cabina magica Ogni SPA degna di questo nome deve averne almeno una al suo interno; può essere umida o secca; c’è chi non può davvero farne a meno. Cos’è? Ma la sauna, la coccola di origine finlandese che ogni tanto ci si regala per farsi del bene. Ma chi può dire di conoscerla davvero? anto per cominciare, anche se quella più nota è la sauna finlandese, è importante sapere che in diverse culture del mondo esistono sistemi sudatori simili, spesso collegati a leggende, aspetti mistici e religiosi, connessi soprattutto alla purificazione tanto fisica quanto mentale. Si pensi per esempio alla capanna sudatoria presente in molte culture degli indiani d’America, come i Cheyenne; ma anche al banja di tradizione russa o al mushiboro giapponese. Quella a noi più nota getta le sue radici nell’idrotearpia, una medicina naturale che fa uso dell'acqua. I primi a teorizzarla furono Ippocrate e Galeno, e fu sapientemente adottata dagli antichi romani con le terme e il principio delle stanze a temperature differenti (calidarium, tepidarium, e frigidarium). Nel mondo nordico la sauna ha un’origine quasi sacra: si tratta della casa sauna significherebbe infatti dimora invernale - di uno gnomo degno del massimo rispetto; per lui va mantenuto sempre acceso il fuoco sacro sul quale si scaldano le pietre che, una
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volta innaffiate d’acqua, spandono in tutto l’ambiente così tanto calore che, anche nelle giornate più fredde, è necessario spogliarsi. La sacralità di questo ambiente non si ferma però alle leggende: fino a epoche molto recenti le donne partorivano esclusivamente nelle saune, ove la temperatura e l’umidità, aggiunte alla sacralità del luogo, erano l’ambiente adibito al parto. Bisogna anche ammettere che l’utilizzo canonico faceva sì che la sauna fosse un luogo piuttosto pulito, quasi sterile, e pertanto adatto a ospitare il miracolo della nascita. Da luogo sacro collegato alla tradizione e alle leggende, la sauna oggi ha assunto un ruolo quasi vitale nella società finlandese. Sembrerebbe che nel paese del Nord Europa ci sia una sauna ogni due abitanti, e che addirittura i contingenti militari come prima cosa costruiscano una sauna per i momenti di relax. Il ruolo di questa stanzetta è infatti di purificazione fisica grazie alle grandi sudate che vi si fanno, ma anche di rilassamento mentale e pure di luogo per la socializzazione.
Per godere al meglio, ma anche in completa sicurezza, delle potenzialità della sauna bisogna entrarvi completamente nudi. Nei paesi del Nord Europa la regola è rispettata, e qualunque tipo di indumento è proibito; non è solo una questione di tradizione, ma le alte temperature non si accordano con i vestiti. Il rischio principale è quello di un collasso. Se proprio non si vuole mostrare la propria nudità, è bene coprirsi con un asciugamano o con un accappatoio di cotone. Sì, perché nella sauna finlandese, o sauna secca, quella diffusa nei paesi del Nord Europa, le temperature possono sfiorare i 100° centigradi; il tasso di umidità è invece basso rispetto a sistemi simili, oscillando tra il 10 e il 20%. Le sue “colleghe” più famose sono la Biosauna (temperature che si aggirano attorno ai 50-60°, con un tasso di umidità del 40-50%) e il Bagno Turco (temperature più basse ancora con solo 50°C) dove il re è il vapore: quando si entra in un bagno turco l’umidità è pari al 100%. E che sudate!
Angolo tecnologico di Elisa Corni
Tecnologia e sonno La tecnologia permea le nostre vite ogni giorno di più: l’orologio ci avvisa se sono arrivate mail; il telefono ci suggerisce dove andare a pranzo; il computer ci fa lavorare; apparecchiature intelligenti dialogano con noi in casa; i libri e i giornali li leggiamo non più su carta ma sullo schermo dei tablet. Ci sono sicuramente dei vantaggi nel vivere circondati da strumenti digitali capaci di incamerare grandi quantità di informazioni in poco, pochissimo spazio. a ci sono anche, come sempre, delle controindicazioni. Per esempio, il rovescio della medaglia di questa lunga esposizione agli schermi è che una delle fasi più importanti della nostra vita quotidiana può risentirne seriamente. È il sonno, quel fenomeno che, usualmente di notte, permette a tutti noi di riposare, ricaricare le batterie e sognare. Ma se il sonno non è fatto a dovere, ci possono essere delle ripercussioni sulla giornata a venire, irritabilità, stanchezza, e nervosismo nel migliore dei casi. Ma, vi domanderete, che c'entrano gli smartphone e i computer con il nostro sonno? Ebbene, l’ultima chiacchierata serale su Whatsapp o la lettura del quotidiano preferito tra i cuscini del letto potrebbero essere la causa del vostro dormire male. E la colpa è tutta della famigerata “luce blu”. Tutti gli schermi dei dispositivi digitali che ci accompagnano letteralmente dalla mattina alla sera emet-
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tono una particolare luce, dal tenue colore blu, che poco si confà alle nostre necessità di riposare. Molto simile, se ci si fa caso, alla luce che precede il sorgere del sole. Vi sarà capitato di svegliarvi molto presto e assistere alla comparsa, in mezzo a tutto quell’azzurrognolo, dei primi raggi del nuovo giorno. Ecco, il colore della luce emessa dai nostri dispositivi digitali è molto vicina a quella del cielo poco prima dell’alba. Quindi dell’inizio della giornata, non della sua fine. Ed è qui che sta l’inghippo: per migliaia e migliaia di anni la vita dell’uomo è stata regolata dall’alternanza giorno-notte: si va a dormire quando il sole tramonta - e qui la luce tende all’arancio e ai colori caldi in generale - e ci si sveglia con l’alba. La luce azzurra, quindi, è indice dell’inizio della giornata, del lavoro: così il nostro sistema nervoso per millenni ha interpretato le variazioni di colore. Gli smartphone e gli schermi li maneggiamo solo da po-
chi anni e non ci siamo ancora abituati a questo cambiamento. Il messaggio che ci arriva dal nostro cervello è «svegliati che è giorno!», mentre l’orologio ci direbbe che è arrivato il momento di chiudere gli occhi e abbandonarsi a Morfeo. Il problema è ormai noto, e così si impostano i filtri con i colori caldi la sera, si progettano schermi che virano verso il giallo, si vendono pellicole da occhiali e da schermi. Ma forse la cosa migliore sarebbe abbandonare la tecnologia e tornare al buon vecchio libro. Sulla base degli studi collegati all’insonnia da schermo azzurro, alcune ditte hanno cominciato a produrre luci rosse e calde da mettere sul comodino per favorire il giusto tipo di sonno. Stimolando la melatonina, l’ormone del sonno, questo tipo di apparecchiature aiuterebbero a riposare meglio. Insomma, la tecnologia non è solo nemica del buon riposo, basta sapere come regolarsi.
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E LA PROMOZIO
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In collaborazione con pizzeria Vintage - Borgo Valsugana
di Armando Munaò
storia e nascita della
PIZZA Sulle origini della pizza o di un piatto simile, moltissime sono le opinioni e i pareri su come sia nata. Di una cosa, però, si è certi, già ai tempi dei romani, dei greci e degli egizi veniva cucinato un impasto simile a focacce che si otteneva miscelando acqua, farina (si tritavano chicchi di grano o di vari cereali) che, dopo l’aggiunta di condimenti dell’epoca, veniva poi cotto, a forma di disco, sulle pietre o nei primi rudimentali forni. Da particolari ricerche storiche sembra che nell’antico Egitto per celebrare il genetliaco del Faraone si mangiava un particolare alimento di forma schiacciata condito con erbe aromatiche e oli alimentari. E sempre in tema di notizie storiche è quasi certo che Erodoto abbia tramandato alcune ricette babilonesi, e Archiloco (il poetasoldato) scriveva che una particolare focaccia impastata e cotta era uno degli alimenti principali dei soldati. Per la cronaca ricordiamo che la pizza è diventata dal 4 febbraio 2010 specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea. 42
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’inizio della storia della vera pizza per come la intendiamo noi si ha con l’importazione del pomodoro che diventa ingrediente fondamentale insieme all’acqua, farina, e lievito, anche se verso la fine del ‘700 si gustava una prelibatezza molto simile alla pizza odierna. Nei primi anni del ‘800 la pizza diventa cibo dei poveri, presentata loro dai pizzaioli su banchi all’aperto e cotta in forni a legna. In questo periodo compaiono anche i primi locali dove gli avventori potevano sedersi e mangiare questa specialità. In alcuni libri dell’epoca di data 1830 si legge anche che a Napoli esattamente a Port’Alba (nelle vicinanze di Piazza Dante) era stata aperta la prima vera pizzeria della città e che i clienti erano le persone ricche e più importanti di Napoli che per la loro condizione sociale non si degnavano di frequentare i banchi da strada. Ed è proprio in questa pizzeria che è stata elaborata la prima ricetta di come si preparava e cucinava la vera pizza napoletana. Piatto che sempre di più e con il passare del tempo presentava diversi ingredienti che davano il
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nome alla pizza stessa. A proposito di nomi, esiste anche la reale storia del perché una di queste fu chiamata “pizza margherita”. Nell’estate del 1889 il Re Umberto I con la Regina Margherita trascorsero le ferie nella Reggia di Capodimonte. La regina che non aveva mai mangiato questa specialità, ma che ne conosceva il nome, espresse il desiderio di assaggiarla. Fu chiamato a corte il più famoso e rinomato pizzaiolo di Napoli, tale Raffaele Esposito che per fare bella figura e assistito nelle cucine reali dalla moglie “donna Rosa” preparò tre tipi di alimento: una focaccia con strutto, formaggio e basilico; un impasto con aglio origano e pomodoro. E infine una pizza al pomodoro con l’aggiunta
di mozzarella, basilico, che per i tre colori degli ingredienti simboleggiava la bandiera italiana. La regina apprezzò moltissimo quest’ultima pizza, espresse i suoi complimenti al cuoco che, in onore della sovrana, la chiamò appunto “pizza margherita”. Questa pizza ebbe un successo enorme come una sua variante, ovvero la “pizza alla napoletana” che era una margherita con l’aggiunta di acciughe salate. Con il passare del tempo la pizza diventata piatto nazionale conosciuto anche all’estero, veniva arricchita con altri ingredienti, quali formaggio, in genere provolone piccante o caciocavallo, e l’immancabile strutto sciolto che ne migliorava il sapore. In seguito con il termine di pizza s’indicavano dischi di pasta ripieni che venivano chiusi o altri piatti a preparazione analoga. Nacquero le famose focacce ripiene e gli attuali calzoni.
i dati e i numeri di 12 miliardi di euro. Ad affermarlo è La pizza, in Italia crea annualmente un business dell’inserimento dell’“Arte dei Pizun’analisi della Coldiretti divulgata in occasione ale immateriale dell’umanità delcultur onio zaiuoli napoletani” nella lista del patrim sso indicati non sono conteggiate le l’Unesco. In questa quantificazione e nei dati appre orto. pizze surgelate e i tranci nelle varie pizzerie d’asp che producono pizze nella varie specialità In Italia attualmente sono circa 75.500 i locali e le attività hi e ristoranti e più di 28mila quelle alberg gli 4.500 zeria, e condimenti, di cui 43mila ristoranti/piz Per quanto riguarda invece le persone ocartigianali sia per l’asporto che per consegna a domicilio. e gli uffici licenza ci informano che tra pizcupate in questo settore le varie Camere di Commercio 115mila persone. Un numero suddiviso tra di più no zaioli, impiegati e collaboratori in Italia lavora 20mila egiziani, circa 10mila marocchini diverse nazionalità di cui: più di 80mila sono italiani, oltre dell’Est Europa ed infine asiatici ed altro. e tunisini (la loro attività è principalmente il Kebab) 5mila pizzaiolo e collaboratori occasionali che te aiutan A questi numeri si aggiungono gli oltre 60 mila di si aggiungono nei fine settimana. dati che si riferiscono al consumo di questo Tornando alla pizza come specialità sono significativi i dell’Accademia pizzaioli svolto su un piatto “internazionale”. Dati che emergono da uno studio 2 mila tra Sud e Isole:la media giornaliee Centro al 2mila campione di circa 2mila pizzerie al Nord, circa 80 che aumenta a 240 il sabato e la dora di pizze consumate nei 5 giorni della settimana è di ate e consumate nei locali, quelle d’amenica. Per quanto riguarda invece il totale di pizze prepar ente i 6 milioni al giorno. Numero dantem abbon sporto e quelle con consegna a domicilio, supera porta il consumo ad oltre un miliardo e questo che moltiplicato per i giorni lavorativi dell’anno italiani la medaglia d’oro spetta alla mar800milioni di pizze. In merito poi alle pizze preferite dagli utto, salamino ecc) per concludere con prosci fini, gherita seguita da quelle classiche (funghi, carcio ate con prodotti tipici del territorio. realizz casa” della lità “specia le famose pizze bianche e quelle di
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Alimentazione oggi di Chiara Paoli
Il cioccolato che ci fa bene Passate le festività natalizie ci si mette a dieta per correre ai ripari dopo le grandi abbuffate. Ma al cioccolato non bisogna rinunciare perché le sue qualità, ci aiutano ad affrontare meglio le nostre giornate. Il cioccolato, quello fondente con cacao tra il 60 e l’80%, ritenuto a torto un cibo dannoso, è invece una sorprendente fonte di energia, anche per la caffeina che contiene. È oggi rivalutato e per le sue proprietà, poiché sembra migliorare la concentrazione e la reattività cognitiva, e pare prevenga malattie degenerative come demenza senile e Alzheimer.
limento ideale degli sportivi, è un ottimo sostegno per l’allenamento grazie ai contenuti di magnesio e minerali, utili a rinforzare i muscoli e accrescere le prestazioni fisiche. Hernán Cortez, il condottiero spagnolo che sottomise gli Aztechi, ne riconobbe le eccezionali proprietà sostenendo che «una tazza di questa preziosa bevanda consente a un uomo di sopportare un’intera giornata di marcia, senza prendere altro cibo». Può rivelarsi un valido supporto per contrastare le malattie che vanno a intaccare il fegato, grazie agli antiossidanti, mentre i flavonoidi presenti nel cioccolato fondente, aiutano a migliorare la pressione arteriosa e il flusso sanguigno, rilassando le arterie. La combinazione di acido stearico e acido oleico contenuti nel cacao accrescono i valori del colesterolo buono, il primo frena l’aumento del colesterolo cattivo, mentre il secondo va a intaccarlo e quindi ad abbassarlo. Quante volte in gioventù abbiamo evitato la cioccolata perché dicevano facesse venire i brufoli? In realtà gli studi non hanno mai dimostrato la correlazione tra l’oro nero e l’acne; mentre pare che il consumo di cacao aiuti a proteggere l’epidermide dai danni causati dai raggi UV. Anche qui merito dei flavonoidi che costituisco-
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no uno strato protettivo contro il danno cellulare causato dal sole, ottimizzando la circolazione a livello della cute che si ossigena così in maniera ottimale. Un’altra proprietà del cacao è quella di calmare la tosse cronica ed è un ottimo coadiuvante utile a calmare dolore e irritazione della gola. Il cioccolato non solo è buono, ma
aiuta a combattere le rughe fornendo al nostro corpo gli utilissimi antiossidanti che ci aiutano a rimanere giovani, e alcuni cosmetici con formule anti-età, lo hanno tra gli ingredienti. Il cioccolato al latte e quello bianco purtroppo sembrano non avere gli stessi effetti benefici, ma quando siamo tristi o abbiamo avuto una giornata difficile, un buon pezzetto di cioccolato fondente lo possiamo prendere senza troppi sensi di colpa, perché se si seleziona il cioccolato giusto, non si può che trarne giovamento, poiché stimola la produzione di serotonina, detta anche “ormone della felicità”, utile per la regolazione del sonno ma interferisce anche sull’attività sessuale, e della feniletilamina, prodotta dal cervello quando ci si innamora.
Alimentazione oggi
Gli italiani mangiano sempre più etnico a cucina etnica, di fatto, non ha una definizione precisa, ma si può interpretare come l'insieme delle tradizioni culinarie di un popolo, ciò che più lo rappresenta sia dal punto di vista dei prodotti del territorio, sia dell'utilizzo che ne viene fatto. Il cibo etnico così come lo conosciamo, è suddiviso in tre macroaree, Oriente, Nord Africa e Sud America. La cucina etnica -come spiega Lucilla Titta, ricercatrice e nutrizionista dello Ieo, Istituto Europeo di Oncologia- va distinta dal cibo etnico, nel senso che se si parla di cucina, è possibile preparare un piatto cinese, ad esempio, ma con prodotti italian
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Sushi, cous cous, riso e curry, fajitas... la varietà di piatti cucinati in tutto il mondo è davvero vastissima. Ma se fino a qualche decennio fa molti si potevano gustare solamente in vacanza, durante viaggi lontani, ora invece li possiamo mangiare praticamente tutti i giorni a pochi passi da casa. La cucina etnica infatti ha preso sempre più piede dagli anni Novanta ad oggi, sia per l’evoluzione della nostra società, che è diventata sempre più multietni-
ca e globalizzata, sia per la tendenza crescente degli italiani a sperimentare sapori diversi, cosa che naturalmente va di pari passo con la globalizzazione. Da una recente indagine dell’ Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie si deduce che un italiano su tre mangia etnico qualche volta al mese, e a preferirlo sono soprattutto le donne lavoratrici sopra i 35 anni, con un buon livello d’istruzione e che vivono al Nord Italia. All’inizio è stato il boom dei ristoranti cinesi, ora vanno moltissimo il giapponese e la cucina mediorientale. Per andare incontro ai gusti degli italiani spesso in questi ristoranti la cucina tipica è af-
fiancata da quella tradizionale italiana, si trovano spesso infatti locali che propongono anche la pizza. In questi ultimi anni i ristoranti etnici sono cresciuti di oltre l’80%, anche perché succede talvolta che là dove un titolare italiano ceda l’attività sopraggiunga un gestore straniero, soprattutto cinese. E quali sono i piatti etnici più amati dagli italiani? Difficile stilare una classifica, ma di certo vi si trovano i cavalli di battaglia della cucina asiatica, gli amatissimi involtini primavera, il riso alla cantonese, il sushi, ma anche pollo tandori indiano, e per cambiare continente il churrasco di carne brasiliano, il guacamole, salsa a base di avocado e pomodoro usata nella cucina latina, per non parlare del cous cous e dei falafel, polpette di ceci di tradizione mediorientale, da gustare con hummus, una salsina di ceci e sesamo. Diverso è il discorso delle spezie e dei condimenti. A prescindere dal fatto che possano piacere o no, il problema è se un utilizzo prolungato nel tempo da parte di chi non è abituato fin da giovane possa essere dannoso. A tal proposito la dottoressa Titta sottolinea che: « Molte spezie, ampiamente studiate in medicina, hanno effetti positivi per il nostro organismo.
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In collaborazione con FARMACIA ROMANESE - Levico Terme
I farmaci generici o equivalenti Da oltre vent’anni esistono i farmaci equivalenti o generici da quando cioè sono scaduti i brevetti sui farmaci originali. Ciò ha permesso a qualunque altra azienda, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’autorità competente (in Italia è il Ministero della Salute), di produrre e quindi commercializzare il farmaco generico usando, però altro nome o un’altra dicitura farmacologica. econda la vigente normativa un farmaco è definito equivalente o generico quando contiene lo stesso principio attivo e la stessa quantità rispetto al farmaco di riferimento e quindi si può affermare che sono la stessa cosa. Per molto tempo il termine generico è stato etichettato dalla pubblica opinione come un medicinale non dotato di valida specificità se non addirittura di qualità inferiore a quello di marca. Fu con una Legge 149 del 26 luglio 2005 che, di fatto, si sostituisce il termine generico con “equivalente” E’ utile ricordare che prima che un qualsiasi medicinale possa essere venduto, (sia equivalente o di marca), deve sempre ottenere un'autorizzazione da parte degli organi competenti che, di fatto, confermano come il farmaco evidenzia tutti i requisiti di qualità, purezza delle materie prime, sicurezza ed efficacia. E sebbene gli equivalenti non siano identici agli originali (possono avere, ad esempio una diversa composizione in eccipienti oppure formulati con una
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diversa tecnologia farmaceutica) sono una validissima alternativa terapeutica ai farmaci originatori anche se sono venduti a un prezzo inferiore. Ciò è possibile in quanto il loro processo di sviluppo non prevede i tempi e i costi della ricerca. E soprattutto non presentano differenze significative in termini di sicurezza ed efficacia ne possono causare reazioni avverse e sconosciute perché il loro uso, garantito e sicuro, riproduce lo stesso effetto del farmaco originale e come quest’ultimo possiede, all’interno della scatola, il famoso “bugiardino” ovvero il foglio illustrativo che accompagna tutti i medicinali. E’ importante sapere e quindi non farsi condizionare dal fatto che i farmaci equivalenti possono essere differenti sia nella confezione, sia nel colore della capsula o compressa e sia nella forma. Queste caratteristiche visive non influiscono affatto sul farmaco. Se capita ciò è perché l’aspetto del farmaco potrebbe essere ancora oggetto di brevetto da parte del produttore originario e quindi la versione generica
deve essere diversa da quello di marca. Per quanto riguarda i dati che interessano il nostro paese, presentati dal Report sui trend del mercato italiano, realizzato dal Centro Studi di Assogenerici su dati IQVIA, e riferito all’uso degli equivalenti si evidenzia che nel primo semestre 2018 i farmaci generici equivalenti non solo hanno rappresentato il 21,95% del totale del mercato farmaceutico ma il loro uso vale circa 1,84 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17,6% del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory). Una tendenza che nel secondo semestre è in aumento a svantaggio dei farmaci originari. La scelta se usare il farmaco equivalente interessa e coinvolge il medico, il paziente e il farmacista. Quest’ultimo fornisce l’informazione sull’esistenza del medicinale equivalente, sia nel caso il farmaco sia fornito dal SSN oppure a pagamento. Importante però è evitare SEMPRE il famosa “fai da te”.
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In collaborazione con TERRE DEL LAGORAI di Chiara Paoli
Un calice di coccole di
il vino è il canto dea terra verso il cielo
vino
l vino si beve solitamente in compagnia, con gli amici, magari in occasione di una cena; chi preferisce il rosso, chi il bianco, chi il profu-
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Luigi Veronei
mato, chi il più corposo. Ma vi è anche «il vino da meditazione», come lo ha definito Luigi Veronelli, giornalista, scrittore, ed esperto enogastronomico. Vini da meditazione sono i passiti dolci, magari anche liquorosi, oppure dei vini rossi con un lungo cammino dalla vendemmia alla bottiglia. Vini che occorre assaporare in tranquillità, ideali per accompagnare un momento di introspezione, da degustare mentre si legge un libro o guardando un film. D’altra parte anche gli antichi autori riconoscono al vino la proprietà di conciliare il pensiero, a chiunque è noto il proverbio latino, riportato anche da Plinio il vecchio, «In vino veritas», «nel vino è la verità», che allude a una persona “brilla”, con i freni inibitori distesi, che facilmente si lascia scappare quei pensieri che da sobrio non avrebbe il coraggio di esporre. Eschilo nel V secolo a.C. scriveva: «Il bronzo è lo specchio del volto, il vino quello della mente», oppure Socrate, il quale non disdegnava certo i piaceri del succo di Bacco, nello stesso periodo scriveva: «Se beviamo con temperanza e in piccoli sorsi, il vino stilla nei nostri polmoni come la più dolce rugiada del mattino». E ancora, Quinto Orazio Flacco, nel I secolo a.C. riporta: «Nessuna poesia scritta da bevitori d’acqua può piacere o vivere a lungo. Da quando Bacco
ha arruolato poeti tra i suoi Satiri e Fauni, le dolci Muse san sempre di vino al mattino», o anche narra di come i re «torturano con il vino colui che essi non sanno se sia degno di amicizia», chiedendosi «che cosa non rivela l'ebbrezza? Essa mostra le cose nascoste». Il vino, per l’umanista francese del XVI secolo François Rabelais, che amava dire, «Quando io bevo penso, quando penso bevo!», aiuta la mente a fantasticare, a vedere oltre. I vini da meditazione, una specialità profumata, dolce e tendenzialmente zuccherina, sono da degustare in solitudine, anche se possono essere il giusto accompagnamento per il dolce, o con frutta secca e cioccolato, ma sempre sorseggiati con gusto, come una sorta di coccola per noi stessi. Tornando a Veronelli, in una intervista de L’Espresso (dicembre 1998), diceva: «I vini bevibili soprattutto con amore sono come le belle donne, differenti, misteriosi e volubili, e ogni vino come una donna va preso. Comincia sempre col rifiutarsi con garbo o villania, secondo temperamento e si concede solo a chi aspira alla sua anima, oltre che al suo corpo. Apparterrà a colui che la scoprirà con delicatezza».
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Presentato il libro di Franco Gioppi
Sulle vicende agricole della Valsugana Un volume per raccontare la storia e le linee guida dell'Associazione Agraria di Borgo, nata nel periodo post unitario sulle ceneri dei vecchi consorzi agrari distrettuali. Ma anche la nascita e l'evoluzione del mondo contadino nella Valsugana Orientale. L’ha scritto Franco Gioppi ed è stato recentemente presentato nella sala rossa di palazzo Ceschi. Con il presidente dell’Associazione Agraria di Borgo, Carlo Abolis, anche Massimo Libardi. n libro frutto di un lavoro certosino, di lunghe ricerche che hanno portato l’autore a scovare notizie negli archivi storici del comune e della parrocchia di Borgo, dell'archivio di Stato di Trento, ma anche dalle raccolte del concittadino Emanuele Bettanini, presenti presso l'Accademia Roveretana degli Agiati, dai manoscritti di padre Maurizio Morizzo e dai preziosi consigli di don Armando Costa. «La ricostruzione storica – scrive nella sua prefazione Carlo Abolis – illumina vicende a volte poco note, se non agli esperti della materia, altre volte del tutto inedite. Si passa dall’analisi delle colture presenti in zona a inizio Ottocento, alle prime aggregazioni finalizzate a innovare la tecnica agronomica, alle pagine dell’Almanacco agrario che spesso riportano notizie dalla Valsugana». Un libro che permette di capire il passaggio, avvenuto con l'Ottocento, da una economia primaria locale, dalla forma di assistenza e autoconsumo, in modelli progressisti volti a costruire e diffondere l'embrione di un'agricoltura di tipo moderno. Una storia che parte dal Risorgimento, da quando la cosidetta Nòva Agricoltura muove i suoi primi, stentati passi. «Il tutto tra
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flagelli fitopatologici, rivoluzioni industriali e novelle regole agronomiche. Nel 1873 – prosegue Gioppi – ci fu la grande deflazione con la caduta della borsa di Vienna, e anche in Valsugana, dove la ruralità prevale sull'urbanesimo, molti piccoli operatori trapiantano nuove forme di solidarietà per affrontare i bisogni più elementari della classe contadina». Nel libro, edito da Litodelta (Scurelle), trovano posto molti riferimenti a personaggi dell'epoca come Charles Joseph Latrobe, Carlo Aloisio Hippoliti, e Agostino Perini. Nella prima parte l'autore narra le azioni intraprese dalla Società Agraria Tirolese, dal Consorzio Agrario Trentino e dal Consiglio Provinciale d'Agricoltura, fino alla nascita dei consigli periferici di Borgo, Strigno, e Tesino. «In questo volume – prosegue Carlo Abolis – si parla della distribuzione delle terre incolte alle famiglie meno abbienti, i comprensori d’acqua e le loro realizzazioni, lo stato di desolazione delle campagne e dei paesi all’indomani della Grande Guerra, i conseguenti risarcimenti danni, l’Anbau, i vari fabbricati, spesso ancora oggi esistenti, in cui si realizzava la trasformazione (o parte di essa) dei prodotti dell’agricoltura e altro ancora».
Non mancano i riferimenti agli eventi principali riguardanti il mondo delle campagne valsuganotte tra il 1883 e il 1915. Ci sono riferimenti anche all'insediarsi di numerose famiglie di agricoltori provenienti dalla campagna veneta. «Nel 1926 nasce l'Associazione Agraria di Borgo, così come altri sodalizi locali avviati all'interno del mondo rurale valsuganotto. Nel libro – conclude Gioppi - trovano spazio alcuni compendi legati alle attività manifatturiere legate alla gelsicoltura, alla produzione lattiero-casearia, alla viticoltura e alla coltivazione e prima lavorazione del tabacco». «Nel libro troviamo la descrizione di un mondo – ricorda ancora Abolis – che da sempre ruotava intorno alla pratica agricola e di cui oggi corriamo il rischio di perdere la memoria. Una storia che l’Associazione Agraria di Borgo ha voluto condividere in quanto patrimonio comune di tutte le famiglie». «Confido – conclude l’autore – che altri volenterosi vogliano proseguire nella ricerca per poter raccontare le vicende agrarie sviluppatesi durante il ventennio nonché le iniziative occorse nel secondo dopoguerra e nei decenni che precedono l’attualità». (M.D.)
Attualità
Una tesi, la sua, per invitare ad attraversare i confini. incoraggiare le persone a riconsiderare gli stimoli provenienti dell’ambiente.
Un plauso a Emanuele Galvan Quella presentata, nelle scorse settimane in biblioteca a Borgo, da Emanuele Galvan, non è solo una analisi sociosemiotica dell’opera Arte Sella Suona, presente all’interno del museo all’aperto in Val di Sella dal settembre del 2017. È qualcosa di più. Un contributo, dato da un giovane “borghesano” laureato in lingue moderne presso l’Università di Trento e iscritto a musicologia alla Libera Università degli Studi di Bolzano, un nuovo framework d’analisi per comprendere il suono come opera d’arte e il potenziale comunicativo che esso ha come tale. na potente risorsa comunicativa da indagare e da scoprire. E per farlo, Emanuele Galvan, come ricorda nelle sue conclusioni, è stato necessario considerare parola, musica, e suono come tre concetti tra loro integrati. Come altri ragazzi della Valsugana, anche Emanuele ha raccolto l'invito del Sistema Culturale Valsugana Orientale che ha deciso di promuovere le tesi prodotte dagli studenti della zona. «L’interesse per il suono e per l’arte – ha raccontato lo studente alla presentazione pubblica avvenuta presso la biblioteca comunale – si è manifestato durante il periodo di tirocinio nel museo di Arte Sella». È stata in quella occasione che ha conosciuto Corrado Bungaro, Carlo Casillo, e Mariano De Tassis, i tre artisti che stavano registrando le voci di Arte Sella, le sue armonie, i suoi respiri, i suoni. Grazie all'interessamento di Giacomo Bianchi, poi, da cosa è nata cosa tanto che, di
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fronte a una idea così innovativa, Emanuele ha deciso di farla diventare oggetto della sua tesi di laurea in cui parla anche della necessità di arrivare a promuovere una nuova educazione sonora. «Come un museo in una grande metropoli che risente dei rumori che lo invadono – ha scritto nella prefazione della tesi il vicesindaco di Borgo Enrico Galvan – Arte Sella fa propria la musica della natura. Arte nell’arte, studio della natura, conoscenza e sperimentazione sono forme di cultura che solo in certi luoghi riescono a dare forma all’immaginazione». La passione per la musica Emanuele l'ha eredita dal papà Giorgio. «In un museo deve essere sempre più data importanza al suono – scrive –, grazie alla sua grande capacità di creare significato per l’uomo in tale contesto. Ma questo è solo un punto di partenza per imparare a dare maggiore importanza agli stimoli provenienti del mondo sonoro. Perché
sono parte integrante della nostra cultura e della nostra identità». Il suo lavoro è stato diviso in tre capitoli. Il primo dedicato a un approccio sociosemiotico al suono e ai musei, con il secondo capitolo che analizza l’opera Arte Sella suona. La tesi si chiude con una analisi sui livelli del suono, della composizione e dell’esposizione dell’opera Arte Sella suona. Galvan parla anche del paesaggio sonoro «che gioca un ruolo fondamentale, come parte della nostra realtà giornaliera alla quale ognuno di noi è chiamato a prestare maggiore attenzione. Esso coglie e diffonde la diversità, crea un luogo sonoro dove ognuno di noi non si sente più separato dagli altri. Una nuova rieducazione sonora è necessaria per aiutarci a mettere in discussione la nostra individualità. Identità e integrazione possono allora emergere se saremo in grado di armonizzare la società dell’occhio con quella dell’udito. Forse – conclude – il punto di partenza sono le scuole, o forse proprio i musei. Questa è la speranza per il futuro». (M.D.)
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di Massimo Dalledonne
Ritrovate le spoglie di Elia Lenzi e Filippo Trentin La ricerca è stata lunga e faticosa. Ma alla fine le spoglie di Elia Lenzi e Filippo Trentin sono state ritrovate. Parliamo di due soldati dell’impero austroungarico – il primo di Samone, il secondo di Telve di Sopra – caduti in Guerra, durante il primo conflitto mondiale, di cui si erano perse le tracce. Oggi i loro familiari, grazie alla preziosa collaborazione dello storico e ricercatore Stefano Delucca, sono riusciti a trovare anche le tombe. Elia Lenzi è sepolto nel cimitero centrale di Vienna. Filippo Trentin riposa presso il sacrario Pian dei Salesei; è il nonno di Fiorina, la moglie di Pierantonio Dall’Oglio di Borgo.
stato lui a contattare Delucca e, insieme, hanno dato via alle ricerche. «Classe 1871, era stato arruolato nel 8° compagnia del 4° reggimento cacciatori imperiali tirolesi. La famiglia sapeva solo che era caduto il 15 aprile del 1916, allo scoppio della grande mina, sul fronte italiano di Col di Lana. Poi più nulla. Per tantissimi anni – ci racconta Pierantonio - il suo ricordo era caduto nell’oblio fino a quando, grazie a Delucca, siamo riusciti a recuperare le sue tracce. Oggi riposa nel cimitero militare a Livinallongo, nel bellunese, nella tomba 46». Nei mesi scorsi i suoi familiari (Paolo, Elena, Renato, Pietro, Fiorina Trentin, e lo stesso Dall’Oglio) gli hanno fatto visita. Con Filippo Trentin, in quel cimitero, riposano anche diversi soldati “valsuganotti” dell’esercito austroungarico: Antonio Pasquazzo, Gabriele Rovigo, Benvenuto Dalsasso, Peter Ropelato, e Matteo Dallagnolo, per citarne alcuni, i cui nomi sono ben visibili sulle lapidi. La storia di Elia Lenzi è più lunga. Ce la racconta Enrico Lenzi. «Nella mia famiglia, le notizie del mio prozio sono sempre state poche, persino la data di nascita era incerta: 1890, in alcuni documenti e 1892 in altri. Solo recentemente è stato possibile conoscerla attraverso una ri-
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cerca nell’archivio parrocchiale di Samone. Era il fratello di Augusta, mia nonna paterna e di mia “zia” Emma. Aveva anche altre due sorelle: Lina e Cristina, quest’ultima morta negli anni ‘20». Elia Lenzi era figlio primogenito di Martino e Anna Carraro. «Di lui si sapeva che, soldato dell’impero austroungarico, era morto in Galizia poco dopo lo scoppio della guerra. Il suo ricordo era affidato a un’unica fotografia, il suo nome inciso sul monumento ai caduti del cimitero». Classe 1892, faceva parte della 1a compagnia del 2° reggimento Tiroler Kaiserjager. «Da sempre – ricorda Enrico Lenzi – sono stato incuriosito dalla sua figura, dalla sua storia, dalla malinconia che racchiude il suo ricordo e dall’assenza di notizie. Negli anni ho costantemente cercato di saperne di più. Circa 20 anni fa l’ho trovato citato nella copia di una lettera, del 7 maggio 1912, che il comune di Samone aveva inviato al Capitanato distrettuale di Borgo Valsugana, nella quale si diceva dell'approvazione in consiglio comunale dello statuto dei pompieri, della nomina delle cariche e del consenso richiesto ai genitori perché dei pompieri potessero far parte tre minorenni: Adriano Zilli di Gedeone, Elia Lenzi di Martino, e Vigilio Giampiccolo di Giovanni. Elia Lenzi il 28 agosto del 1914
Da sinistra Pierantonio Dalloglio, Enrio Lenzi e Stefano Delucca
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Samone la lapide di Elia Lenzi a Vienna
venne ferito alla testa da un colpo di arma da fuoco vicino a Leopoli. Portato all’ospedale generale di Vienna, vi muore il 10 settembre successivo. Viene sepolto nel cimitero centrale di Vienna». I suoi genitori, nel 1916, andarono profughi a Offagna, paese dell’anconetano, dove il padre Martino morì l'8 febbraio del 1918. Nel 2004 a Spera venne presentato il libro Gospodi Pamilo Aiutaci o Signore, diario vivente di Pietro Carraro. In un brano letto da Mario Costa, si racconta del ferimento in Galizia e si dice della successiva morte di Elia Lenzi di Samone. «Dieci anni dopo, a Telve, visitando la mostra sui caduti telvati nella grande guerra, incontro Stefano Delucca – prosegue Enrico Lenzi – e gli parlo di
questo prozio. Gli racconto il poco che so e lui parte a consultare i libri di caduti che ha a disposizione e trova notizie preziose. In poco tempo, consultando i libri dei caduti e recuperando notizie preziose, riusciamo a trovare i suoi resti». Nel settembre del 2018, Enrico Lenzi e la moglie, organizzano una trasferta a Vienna con l'obiettivo di trovare il luogo di sepoltura. «Non è stato facile. Parliamo di una struttura con un'estensione di 2,5 chilometri quadrati, il secondo più grande d'Europa. Ma 103 anni e 10 giorni dopo la morte riusciamo a ritrovare Elia. È stata la prima volta che qualcuno della famiglia ha potuto recitare una preghiera sulla sua tomba». Come Filippo, ora Elia non è più un disperso
La tomba di Filippo Trentin
di guerra. Tutte e due le famiglie sono riuscite a ritrovare i loro cari. Lo hanno fatto grazie alla passione e la disponibilità di Stefano Delucca. «Devo ringraziare Rosamaria Torghele, che da tempo cura l'archivio parrocchiale di Samone. Ma voglio ricordare – conclude Enrico Lenzi – anche Luca Girotto e Rossella Giampiccolo che, oltre a Delucca, con le loro ricerche e le pubblicazioni edite negli anni ci permettono di riscoprire la nostra storia. Ma fondamentale è il ruolo degli amministratori locali che da sempre favoriscono la ricerca, sostengono la pubblicazione dei risultati e promuovono eventi volti a diffondere la conoscenza affinché di questa nostra storia sia mantenuta memoria».
7a Rassegna “ Viarago a teatro” Viarago, si Sabato 9 marzo, organizzato dalla Filodrammatica di alla ore terrà presso il Teatro parrocchiale di Viarago, (con inizio al testo di ndosi ispira '56”, o agost 8 inelle, “Marc 20,30) lo spettacolo appuntaRoberto Scarpa e adattamento di Antonia Dalpiaz. Un febbraio già mento che segue quelli del 5-19-26 gennaio, del 2 e 16 spunto dal rappresentati. Il titolo “Marcinelle, 8 agosto'56” prende ne di tragico avvenimento che si verificò nella miniera di carbo 262 causò dio incen le terribi un dove nelle Bois du Cazier a Marci o Viarag di paese il io ncend quell'i In i. vittime, di cui 136 italian 1920. classe , Primo rdelli Leona ore, pianse un suo minat o vuole Una disgrazia immane, che il gruppo Poe.mus di Viarag reinterp letture solo non scena in ndo mette appunto ricordare hoc. ad ati realizz video e ni canzo he, tate, ma anche music
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Levico Terme di Mario Pacher
La storia della “Masera” Nella sala particolarmente gremita del consiglio comunale di Levico Terme, è stato presentato di recente un librettino sulla storia della macera tabacchi, il grande edificio da tanti anni abbandonato che si trova nella parte est della cittadina termale. na pubblicazione curata dalle diverse associazioni socioculturali di Levico terme che si compone di 35 pagine dal titolo “Màsera, memorie di seta e tabacco”, di ricordi dei più anziani da quando quella grande struttura venne costruita, nel 1925, per iniziativa della Lega Contadini e che per lunghi decenni fu utilizzata, oltre che per l’essicazione del tabacco, anche per la lavorazione dei bozzoli del baco da seta. Un libretto senza grandi pretese, ha affermato Grazia Campregher di “Levico in famiglia” alla presentazione che aveva al suo fianco la scrittrice Tiziana Margoni, per riportare la voce di quanti lì dentro vi hanno lavorato, dei loro figli che conoscevano bene la sua storia. La presentazione è stata accompagnata da un video artistico da parte di Orlando Cadoni, per testimoniare la storia e l’attuale stato di abbandono degli interni dell’edificio. Nella ricerca di dati e documenti, all’interno dello stabile sono state trovate anche foto d’epoca assai preziose per questa ricerca stori-
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Lo stato attuale dell’immobile
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Nel 1925 si stanno preparando le fondamenta per la sua costruzione
ca. E’ intervenuta anche la presidente di Levico Curae Marina Dell’Antonio che pure lei ha collaborato nella sua realizzazione: “E’ questa una struttura abbandonata ma ricca di tanta storia vissuta dai nostri avi e che noi non possiamo dimenticare”. Il libretto è disponibile presso la sede dei Pensionai ed in altre associazioni levicensi. Prima di concludere riteniamo far cosa gradita riportare qualche dato storico legato a quell’edificio, così come riportato nella parte destinata alla cronistoria: nel 1924 la Lega Contadini presenta il progetto del fabbricato nuova gallettiera e forno essiccatoio dei bozzoli del baco da seta, che viene subito approvato. Nel 1925 l’edificio viene completato. Nel 1930 la Macera Tabacchi viene ampliata per l’aumento dell’attività tabacchicola. Nel 1935 la Lega Contadini prende il nome di “Cooperativa di produzione e smercio di prodotti agricoli di Levico”. Nel 1939 viene aumentata la manodopera per il lavoro di “cernita ed affascicolamento del tabacco: le operaie passano da 50 per raggiungere il numero di 130 nei
mesi di maggior lavoro, cioè luglio ed agosto. Nel periodo della guerra l’edificio è occupato come magazzino dai militari della Marine Krieger. Alla ritirata lo stabile viene minato dai tedeschi ma si salva. Nel dopoguerra, dal 1946, la gelsibachicoltura è quasi smessa ed entra in crisi anche la tabacchicoltura. I tentativi di ravvivarla si protrarranno fino al 1959, anno in cui la coltivazione del “Nostrano del Brenta” non è più autorizzata. Negli anni dal 1950 al 1960 la macera tabacchi diventa sede di attività artigianali e di commerci agrari. Negli anni dal 1970 al 1980 viene smessa e lasciata in stato di abbandono. Nel 1992 viene acquistata dalla Provincia e nel 1997 la Cooperativa Agraria cambia sede e l’edificio viene abbandonato ad un continuo degrado. Negli anni 2015-2016 la Provincia, nell’intento di valorizzare l’edificio, firma con il Comune un accordo in cui si prospetta l’abbattimento dello stabile con l’impegno di restaurare altri edifici. Ma per ora tutto è fermo e la gente dimostra grande disgusto nel vedere la vecchia macera in quello stato.
Tradizioni trentine di Franco Zadra
Per non perdere il filo della coralità trentina… Più di 200 formazioni corali e circa 6000 coristi sono i numeri della coralità trentina, un piccolo grande mondo che oltrepassato il mezzo secolo di storia in piena salute, non manca di mostrare ultimamente alcuni segni tipici di un declino prevedibile che difficilmente lo vedrà così popolato al compimento dei 100 anni. a come la mitologia non ha mai chiarito come siano andate le cose veramente tra Teseo e Arianna, così non possiamo dire quale sarà l’esito di questo apparente, e speriamo temporaneo, smarrimento di quel “filo valoriale” che per tanto tempo ha conservato e riproposto, come tipico della cultura trentina, quel grande patrimonio di relazioni, legami, attenzione alla tradizione, e passione per la musica che questo mondo sa esprimere come nessun altro. Per riprendere le parole di Sergio Franceschinelli, nel 2013 presidente della Federazione Cori del Trentino, ora presieduta da Paolo Bergamo, in occasione del 50° della Federazione, «i cori sono strumenti di crescita, radicati con il territorio, dentro la storia, la cultura più profonda del Trentino e delle sue comunità, delle quali recuperano e difendono le tradizioni, interpretano le situazioni, alimentano i valori. Fare cultura e renderne partecipi gli altri costituisce un momento di grande rilievo e anche una risposta pratica al bisogno di solidarietà sociale che spesso ritroviamo nelle dinamiche della nostra contemporaneità». In questo senso, diviene motivo di speranza il successo del coro Cima Vezzena che, insieme ad alcuni elementi del coro sant’O-
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svaldo di Roncegno, si è esibito nella serata di sabato 5 gennaio scorso, nella Chiesa di Nostra Signora del Soccorso a Pietra Ligure, sulle rive del Mar Tirreno. Un evento organizzato nella prima occasione utile per festeggiare i 45 anni di Sacerdozio di padre Stablum, compiuti già in luglio 2018, originario di Rabbi, oggi molto amato nella comunità ligure per la sua disponibilità. «Sono orgoglioso – aveva detto il presidente del consiglio regionale, Roberto Paccher – di poter essere qui stasera per celebrare insieme i 45 anni di impegno nel sacerdozio di Padre Pietro, un uomo che ha saputo farsi apprezzare anche in questa terra. E sono particolarmente fiero di poterlo fare insieme agli amici del Coro Cima Vezzena di Barco e del Coro sant’Osvaldo di Roncegno che sono due eccellenze della mia valle. A padre Pietro il ringraziamento per la dedizione con cui assolve il suo compito».
Il Coro, guidato dal Maestro Salvatore La Rosa che dirige entrambe le formazioni, aveva portato un repertorio di Canti della Montagna, a ricordare le origini di Padre Pietro e la tradizione trentina, facendo brillare un segno di fratellanza tra le due comunità, molto apprezzato dal numeroso pubblico che affollava la Chiesa. Un evento che ha avuto dei risvolti molto fecondi. Da quel momento, infatti, è nata in seno al direttivo del Cima Vezzena, l’idea di divulgare l’attuale esperienza storica del coro che in modo provvidenziale si è aperto alla collaborazione con il Coro Sant’Osvaldo e la sta sperimentando come rinvigorimento salutare e nuovo slancio per l’attività corale, insieme all’iniziativa di trasformare le prove di coro, ogni lunedì dalla 20.30 alle 22, nella sede di Barco di Levico, in una possibilità di partecipazione aperta a tutti coloro che sentissero il desiderio di sperimentarsi nel canto corale, approfittando della competente guida del Maestro La Rosa, senza limiti di età, dai più giovani ai diversamente giovani. Una opportunità che si può cogliere senza alcun impegno o promessa di partecipazione, semplicemente segnalando l’eventuale presenza con un sms al 328 327 5985, anche il giorno stesso delle prove.
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Trento 1° novembre 1870
di Sabrina Mottes
L’incendio del Borgo di San Martino
Quando San Martino era un porto e accoglieva i profughi delle valli - il Dolomiti
A destra di Torre Verde, stretto tra il Castello del Buonconsiglio e l’inizio di via Brennero, si sviluppa il borgo di San Martino. La stretta via conduce verso la cava della Predara, proseguendo poi verso la periferia nord di Trento. Rione storico, esso ha però subito nel corso dei secoli una serie di eventi che ne hanno ferito e mutato la struttura architettonica, stravolgendolo e deprivandone più volte gli abitanti di identità e radici. Il più recente è il bombardamento che lo ha raso al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale, che però è solo l’ultimo della sfortunata storia di San Martino. bicato subito fuori dalle antiche mura cittadine e lambito dal fiume Adige che scorreva lungo le sue case, San Martino ha ospitato fino al 1858 uno dei due porti di Trento. L’altro era in Torre Vanga. A Torre Verde, vicino alla Porta di San Martino, aveva sede un punto di riscossione del dazio per le merci in entrata via fiume in città, e il quartiere era popolato da barcaioli e zatterieri. In quell’anno, per ragioni di sicurezza e per favorire il commercio su rotaia, il governo austro ungarico decise di deviare il fiume dal centro città. Il letto del fiume venne svuotato, così come il centro commerciale di San Martino del suo significato. In quell’occasione le case vennero ristrutturate ma il quartiere subì un profondo scompenso e dovette rapidamente reinventare la propria economia, orientandola verso le cave della Predara e della Malvasia. I barcaioli divennero così predaròli.
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A ridosso delle mura e vicino al rione, rimasero i depositi di legna della città che non si volevano accatastare dentro le mura per scongiurare il pericolo di incendi. E proprio un gravissimo incendio, fomentato dal vento e in totale assenza dell’acqua del fiume ormai lontano, divampò dalla sera del primo di novembre dell’anno 1870 e per alcuni giorni, provocando la distruzione dell’intero quartiere di San Martino. Si legge, nei racconti del capo dei pompieri di Trento, come verso le otto di quel giorno venne portata in Municipio da una Guardia Civile e da tal Leonardo Longhi la notizia che una catasta di fascine aveva preso fuoco presso la Porta di San Martino. Il vento soffiava forte e non c’era acqua nella fossa maestra. Fu subito chiaro che era quasi impossibile domare l’incendio. Si decise dunque di abbandonare il rione e di concentrare lo sforzo di contenimento del rogo su piazza Mostra,
cercando di salvare la città. Alle 11 e mezza arrivarono in rinforzo i vigili del fuoco di Pergine e poco dopo quelli di Rovereto, che aiutarono a spegnere un principio di incendio sulla piazza. Questo scongiurò l’abbattimento della
Quaderno con nota delle donazioni
Caserma, che aveva sede lì, e di casa Garollo. Dopo mezzanotte, arrivarono i pompieri di Lavis e Mezzolombardo e, più tardi, quelli di Levico, Borgo e Civezzano. Anche i distaccamenti di Calliano e Volano si adoperarono nel comune sforzo di domare le fiamme, benché il vento si facesse sempre più forte. Tutti rimasero in servizio fino alla mattina e nei giorni successivi, continuando l’opera di spegnimento e poi di vigilanza fino al 10 novembre. Nelle cronache, vengono citati anche alcuni civili che, visto il gravissimo pericolo per l’intera città, chiesero di indossare berretto ed uniforme da pompiere e di prestare servizio insieme ai vigili. Benché il pericolo corso fosse gravissimo, non si contarono fortunatamente vittime ma solo qualche ferito. Iniziarono immediatamente ad arrivare, da vicino ma anche da molto lonta-
no, donazioni per i senzatetto e per la ricostruzione di San Martino. Negli incartamenti se ne contano moltissime da tutto il Trentino e il Tirolo ma anche da diverse regioni italiane, fino a Palermo e a Canicattì. Arrivarono da privati cittadini, associazioni, confraternite e municipi. I denari erano sempre accompagnati da lettere cariche di dignitosa umanità, in una gara di solidarietà puntualmente annotata su un ordinato quaderno che varrebbe la pena consultare negli anni del nostro presente, così globalmente esposto eppure così impegnato a ragionare
sempre sull’opportunità dell’aiuto e del sostegno. Nelle lettere il messaggio, seppure espresso in modo diverso, era sempre lo stesso: accomunati dalla stessa, profonda umanità, gli uomini sono moralmente obbligati ad intervenire ovunque ci sia un bisogno, o umana sofferenza.
Trento - Torre Vanga 1943
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Le reti degli Apostoli e la pesca sportiva
Pescatori e pesci
di Waimer Perinelli
Marmorata 20 kg Brenta
Li vedo dal balcone della mia casa. Sono soli o in due su una minuscola barca in mezzo al lago, imbacuccati per difendersi dal freddo di gennaio, vogliono essere fra i primi a lanciare l'esca all'apertura della stagione. Capisco la loro ansia. Confesso anch'io sono stato pescatore e ricordo le albe patite sulle rive dell'Adige, fra Avio e Peri, preparando la canna, il mulinello, la lenza, gli ami, le esche e poi....Poi lo sconforto se il pesce era più astuto o solo poco affamato. Ma i pescatori veri sono un’altra cosa. Organizzati e costanti non sono ingenui come quell'improvvisato dilettante: loro sanno esattamente quello che vogliono. n Trentino si stimano circa 13 mila pescatori suddivisi più o meno fra gli 11 Comprensori e qualche decina di associazioni. La più grande ha sede a Trento ed ha 900 iscritti , la Valle di Non ha 600 associati, Rovereto 500. In Valsugana, Alta e Bassa, la pesca è una cosa seria. Ci sono i laghi di Levico e Caldonazzo, i fiumi Brenta e Fersina, decine di torrenti e fra questi la Mandola e il Centa, stagni naturali ed artificiali, tutti paradisi per gli sportivi. La pesca in realtà è uno sport per uno solo dei contendenti, il pescatore. Il pesce non fa sport, lotta per la vita e, a ben guardare, di avversari ne ha già tanti fra i suoi simili perché ognuno dei nuotatori ha la propria catena ali-
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mentare, e altri nemici fra gli uccelli, come i cormorani e i falchetti. Insomma la vita del pesce non è proprio idilliaca. In Alta Valsugana primeggia l’Associazione Pescatori Fersina Alto Brenta con 500 soci. Lo storico presidente Sergio Eccel ricorda i bei tempi quando lungo le sponde del lago di Caldonazzo si schieravano fino a 400 pescatori e vanta il Coregone Trophy che a marzo, da tre anni, richiama da tutta Italia, oltre cento appassionati che a bordo di 70 imbarcazioni si contendono il Lavarello dalla pelle bianca e delicata “La sua presenza, dice Eccel, è il segnale della bontà dell’acqua”. L’Associazione Pescatori Dilettanti di
Levico Terme ha 110 soci e si segnala con un'operazione sportivo turistica. Walter Arnoldo, dell’albergo Sport, appassionato pescatore, e presidente dell’Associazione Albergatori, organizza annualmente i meeting Mountain Pike a ottobre e Champions Pike in primavera dove l’oggetto del desiderio è il Pike ovvero il luccio. Circa cento pescatori provenienti da tutta Italia, per due giorni gareggiano sui laghi della Valsugana, a Canzolino, Serraia, Terlago praticando il no kill ovvero il rilascio della preda che, malconcia si salva dalla cucina, ricca di decine di ricette. Il pesce, muto per definizione, avrebbe comunque qualche protesta da
fare. Non credo sia piacevole farsi trascinare a riva con un amo conficcato in bocca o nella gola. Nè, sostiene Eccel, lo scampato pericolo è solo frutto di bontà. “In realtà un pescatore che viene da Milano, Roma, rischia di portarsi a casa una preda sfatta”. Dei pesci ho conosciuto la tenacia e in parte l'astuzia nella lotta per la sopravvivenza. Alcuni sono istintivi, irruenti. Abboccano e poi ingaggiano una lotta dura con affondi, salti, strappi. Altri sfruttano la corrente dei fiumi e lasciandosi trasportare, risparmiano le forze che spesso usano nell’ultimo strappo finale quando, sorprendendo l’euforico pescatore, con un guizzo tranciano la lenza. Qualche volta nella vita è utile lasciarsi trasportare dalla corrente, risparmiare le forze in attesa della giusta opportunità. Poveri pesci, i pescatori sono avversari
pazienti e accorti. Non è un caso se Gesù sulle rive del mare di Galilea reclutò alcuni apostoli e fra questi Simone detto Pietro e Andrea, mentre stavano gettando le reti. Fra i pregi dei pescatori c’è il rispetto dell’ambiente perché senz’acqua o in quella avvelenata non vivono le loro prede. Denunciano perciò ogni inquinamento, vigilano contro la pesca di frodo, ripopolano le acque con migliaia di avannotti. Infine lo sport della pesca è un affare al quale partecipano con profitto alberghi, ristoranti e negozi della Valsugana. Il turismo specializzato è precedente a quello delle due ruote. In Trentino la pesca richiama e organizza appassionati da oltre 15 anni e non ha bisogno delle piste ciclabili.
Marmorata 20 kg Brenta
Persico reale lago di Levico
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Altroconsumo risponde
Attenzione alle truffe Come ci si deve comportare quando una fantomatica azienda fornitrice di luce e gas ci contatta telefonicamente asserendo che sta facendo verifiche sulle bollette e chiedendo di avere gli importi delle fatture, la data di scadenza e il numero del cliente bene ricordare che non si devono mai dare dettagli sul nostro contratto in essere (cifra spesa, codici contatori, POD, PDR, codice fiscale, intestazione fornitura). Anche se gli operatori che vi contattano hanno i dati del vostro contratto non significa che siano i vostri reali fornitori. Molto spesso si spacciano per tali ma se il vostro attuale fornitore intende comunicare variazioni contrattuali lo fa in forma scritta (generalmente in bolletta). I fornitori non sono proprietari delle reti, comprano l’energia e usano le reti del distributore locale per far giungere luce o gas a destinazione rivendendole. Con l'arrivo del libero mercato gli operatori si scatenano per promuovere i loro contratti promettendo risparmi in bolletta per tutti i consumatori. Se si vuole evitare del tutto di essere contattato ci si può iscrivere al registro delle opposizioni o bloccare sul cellulare i numeri in entrata. Ma queste non sono le uniche soluzioni. Se si decide di rispondere agli operatori e di valutare le offerte che ci propongono ecco alcuni consigli da seguire: 1. Chiedere sempre all’operatore/interlocutore telefonico di qualificarsi, chiedere riferimento telefonico e indirizzo della società per la quale chiama. 2. Mai dire sì. È essenziale per evitare che il sì possa essere registrato e utilizzato come consenso all’attivazione telefonica del contratto. Attenzione alla prima frase: alla do-
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manda: “Parlo con la sig.ra ...?” rispondete “sono io" o "non sono io", ma evitate la risposta naturale….SI! 3. Mai rispondere per conto dell’intestatario. La fornitura può essere attivata anche da terzi (famigliari e non); il call center chiamante può acquisire un mandato alla firma e stipulare il contratto che produrrà effetti in capo all’intestatario, spesso ignaro di tutto; e mai fornire contatti di terzi potenzialmente interessati al fine di ricevere eventuali sconti. 4. Mai dare dettagli sul nostro contratto in essere (cifra spesa, codici contatori, POD, PDR, codice fiscale, intestazione fornitura). 5. Farsi sempre dare il nome dell’offerta proposta e verificare sul sito del fornitore le condizioni e le clausole. 6. Ricordarsi che è sempre possibile esercitare il diritto di ripensamento immediatamente dalla telefonata con la quale è stato registrato il consenso entro 14 giorni mediante raccomandata. Infine, attenzione a non farsi convincere a sottoscrivere “offerte” con l’inganno. Capita, infatti, che i call center contattino i consumatori spingendoli ad attivare contratti sulla base di informazioni sbagliate e fuorvianti quali ad esempio l’imminente passaggio al mercato libero dell’energia. Il cliente è
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quindi spinto ad acquistare il nuovo contratto rapidamente limitando la possibilità di scegliere in maniera consapevole. Ricordo a tal fine che l’addio al mercato di maggior tutela e il passaggio al mercato libero dell’energia è un progetto in cantiere ormai da anni, per favorire la concorrenza tra i fornitori e, di conseguenza, anche una maggiore convenienza per gli utenti finali. Dopo alcune modifiche introdotte in questi anni, allo stato attuale il passaggio al mercato libero dell’energia si concretizzerà il 1° luglio 2020. Non c’è quindi alcuna fretta di sottoscrivere nuovi contratti. Per qualsiasi altra informazione visitate il sito: www.altroconsumo.it. Rubrica a cura di Altroconsumo. Rappresentante per la Provincia di Trento: ALICE ROVATI (rappresentantetrento@altroconsumo.it)
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L’età del Bronzo Antico in Valsugana di Elisa Corni
I Montesei di Serso La preistoria può essere suddivisa in diverse epoche: per iniziare, il Paleolitico, inferiore, medio, e superiore, o età della pietra antica. Questo periodo che vide per prima emergere la tecnologia umana con la lavorazione dei primi strumenti in pietra da parte dei nostri antenati ominidi; tutto ciò avvenne circa due milioni e mezzo di anni fa. urante quest’epoca le diverse specie dei nostri avi iniziarono a mostrare capacità astratte con la realizzazione di pitture rupestri, ma soprattutto si svilupparono diverse forme di culto dei morti. In questa lunga fase della preistoria, gli ominidi facevano una vita piuttosto movimentata, dovendo seguire i cambiamenti stagionali collegati alle asperità del clima: durante il Paleolitico ebbero infatti luogo diverse glaciazioni. Così i nostri antenati si raggrupparono in comunità nomadiche al seguito degli spostamenti della cacciagione. In Valsugana esiste un interessante sito del paleolitico montano collegato alla caccia allo stambecco: il Riparo Dalmeri. Qui gruppi di homo si ritrovavano periodicamente nel periodo esti-
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vo/autunnale. La frequentazione di questo luogo, del quale abbiamo scritto qualche numero fa, durò a lungo, dato che le prove stratigrafiche indicano un utilizzo datato 13.200 anni fa e una seconda fase 200 anni dopo. La fase successiva fu quella del Mesolitico, o “pietra di mezzo”, un periodo che sorse in contemporanea con i primi esperimenti di agricoltura. Le popolazioni degli ominidi iniziarono a seguire una vita più sedentaria grazie alla domesticazione di piante in grado di fornire loro alimenti sicuri durante tutto il corso dell’anno. Le grotte e i ripari cedettero il passo a villaggi di capanne e le rozze lavorazioni della pietra dell’epoca precedente furono sostituite con lavorazioni dette microlitiche, finissime e molto precise. Si svi-
lupparono così le frecce e gli archi, e altre armi da lancio, che resero la caccia più efficace. A questo periodo appartiene un altro sito valsuganotto: la Grotta di Ernesto, che si trova tra Grigno ed Enego. In questa area archeologica gli studiosi hanno individuato reperti archeologici datati tra 5.000 e 8.000 anni fa: tizzoni di fuoco, utensili di selce, ossa, e resti di animali macellati. Indice che la cavità carsica fu utilizzata come luogo di partenza per le battute di caccia e per la successiva macellazione delle prede. Dopo le frequentazioni del Riparo Dalmeri del Paleolitico superiore e della Grotta di Ernesto del Mesolitico, sembrerebbe che per tutto il Neolitico (il periodo successivo, quello della “pietra nuova”) la Valsugana sia stata presso-
Area archelogica Montesei di Serso da ArcheoTrentino
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ché disabitata: uno solo è infatti il ritrovamento certo risalente a quel periodo, un'ascia in pietra levigata ritrovata al Maso Strada di Caldonazzo. Numerose sono invece le testimonianze archeologiche dell’età del Bronzo (2000-500 a.C.) che indicano un processo di antropizzazione della valle favorito dallo sfruttamento dei giacimenti metalliferi dell’Alta Valsugana. Il sito più importante del Bronzo Antico è quello dei Montesei di Serso, a nord di Pergine oltre il Fersina, che risale a circa 4.000 anni fa. Era abitato da minatori e fonditori che estraevano il rame dalle rocce producendo oggetti, come per esempio lesine in lega di rame o accette, come documenta il rinvenimento di due frammenti di forme di fusione. A Serso è stato indivi-
duato un focolare fusorio, dalla struttura semplice, sul cui fondo c’erano residui di minerali cupriferi. Nello stesso periodo in Trentino erano attive altre fonderie che, insieme a quelle dei Montesei, sono da ritenere tra le più antiche delle Alpi. Dall’analisi dei resti di pasto, ritrovati dagli archeologi sotto i piccoli terrazzi dei Montesei, sappiamo che questi primi abitanti allevavano pecore, capre, mucche, maiali e che la loro dieta era integrata da prodotti vegetali; usavano pugnali e punte di freccia in pietra; adoperavano vasi, boccali e pentolame in ceramica le cui fogge, come gli strumenti in pietra, erano di diverse tradizioni centroeuropee. Si ipotizza quindi che i più antichi abitanti di Serso provenissero da differenti aree Riparo Dalmeri geografiche, atti-
Riparo Dalmeri
rati in questa zona dalla presenza di rocce metallifere, e che essi siano giunti a produrre oggetti con un’originale e ricca impronta culturale, svelando così un buon grado di benessere della comunità. Tra il XVII e il XVI secolo a.C. l’abitato dei Montesei segnò una regressione, forse per il ridursi dell’attività mineraria provocato dal diffondersi, a opera dei bronzisti ambulanti dell’area nord alpina, della lega rame-stagno, ben più funzionale per la realizzazione di attrezzi e armi. La visita al sito archeologico dei due piccoli dossi dei Montesei è libera; esso si può raggiungere a piedi, in circa 10 minuti, dalla storica centrale idroelettrica di Serso ove si può eventualmente posteggiare l’automobile.
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Medicina & Salute di Erica Zanghellini
Pulirsi è ripulirsi, «that is the question!» Combattiamo tutti i giorni con i germi, ma per alcuni può diventare un vero e proprio pensiero fisso. La pulizia può trasformarsi in una mania che ci costringe a passare ore e ore a cercare di combattere il pericolo di contaminazione. C’è chi si ritrova a lavare le mani centinaia di volte nelle ventiquattrore, chi passa ogni giorno, interminabili ore a igienizzare la casa o ancora, chi cerca di evitare qualsiasi contatto corporeo con gli altri per evitarne la trasmissione.
pesso questa idea fissa si presenta appena la sveglia suona e accompagna la persona tutto il giorno, disturbandola in tutte le sue attività quotidiane. L’ individuo per cercare di diminuirne la sua presenza, comincia inevitabilmente a mettere in atto quelli che sono diventati dei propri e veri rituali di pulizia. Anche chi vive con la persona che presenta questa paura, è coinvolto, bambini o adulti non fanno eccezione e si ritrovano quindi a dover seguire delle rigide indicazioni. Una specie di protocollo a cui non si può fare a meno. Capite che la vita di tutti i giorni quindi sarà condizionata pesantemente e che non c’è spazio alla spontaneità di comportamento. La persona che presenta questa ossessione sa di essere esagerata, ma proprio non può farne a meno. Se tenta di non mettere in atto i suoi rituali, l’ansia sale fino a
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paralizzarla. La paura di essere la responsabile di qualche contaminazione e che di conseguenza può causare qualche problema di salute a sé stessa o ai propri cari è insopportabile, per cui si cede e il ciclo ricomincia. L’ansia di solito è valutata sia in termini di pericolosità/insopportabilità sia di perseveranza. Nel pratico vuol dire che il singolo potrebbe per esempio pensare che se non pulirà perderà il controllo della situazione, e che l’ansia che sta provando non andrà più via. Capite bene che questo diventa perciò una forte motivazione a cedere al rituale per togliersi da questa situazione altamente disadattiva. Oltre l’ansia ci sono altre due emozioni sgradevoli e molto intense che nella maggior parte dei casi si possono riscontrare e nello specifico sono il disgusto e il senso di colpa. Il risultato comunque non cambia, la persona manifesta il biso-
gno di fare tutto ciò che può per rassicurare e gestire il proprio disagio emotivo, mettendo in pratica dei comportamenti ben precisi atti a annullarli. Queste idee intrusive possono assumere diverse forme, dai veri e propri pensieri, a immagini, o ancora sotto forma di impulsi. Questi pensieri sono ego-distonici, cioè sono valutati dalla persona stessa come eccessivi o esagerati, e quindi disfunzionali, ma non può farne a meno. Il non riuscire ne a contenere ne a bloccare queste idee crea nell’individuo un senso ulteriore di sofferenza che non fa altro che aggiungere un problema a quello principale. Anche i rituali hanno delle caratteristiche ben precise che spesso si riscontrano per chi è “vittima” di queste manie. La prima che abbiamo già in parte accennato è l’obbligatorietà. Il metterlo in atto è finalizzato
a neutralizzare l’ansia e diventa un meccanismo automatico attuarlo. I rituali richiedono una considerevole quantità di energia e di tempo, e diventano sempre più articolati e complessi con il passare degli anni. Hanno un effetto positivo nel breve termine perché riducono l’ansia, ma dobbiamo sapere che nel medio e nel lungo periodo non fanno altro che mantenere il problema. Infine, a livello qualitativo c’è una compromissione della vita non solo in prima persona, ma anche dei propri famigliari. Si riscontra che un altro dei fattori scatenanti nel mettere in atto questi rituali sia la “sensazione di sporco” che non si limita solo a contagi o contaminazioni con lo sporco oggettivo, ma anche paura di venire a contatto con delle sostanze come con urina, feci, sangue, siringhe, car-
ne cruda, persone malate, sudore oppure ancora con sostanze specifiche che si possono ritrovare in alcuni prodotti della cura personale o prodotti cosmetici che sono potenzialmente “dannose”. Le persone che ne soffrono tendono a controllare ripetutamente e nel
tempo quanto fatto e quanto potevano fare per eliminare il pericolo di contaminazione con una sostanza nociva. Tanto che in alcuni casi sono talmente impegnati cognitivamente e lo stato emotivo è così elevato che si arriva a mettere in dubbio il ricordo portando così la persona a uno stato d’angoscia che provoca a sua volta il riiniziare il circolo vizioso e quindi iniziare di nuovo i rituali di pulizia. È importante, dunque, prenderne coscienza e cercare di uscire da questi circoli viziosi, per migliorare la propria qualità di vita e quella dei propri cari. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675
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Medicina & Salute di Marco Rigo
Osteoporosi ma non solo Osteoporosi è una parola che deriva dal greco osteos (osso) e poros (passaggio), indica una condizione molto pericolosa per la nostra salute, ossia una fragilità delle ossa con il rischio aumentato di fratture traumatiche ma anche di rotture spontanee. L’osteoporosi è oggetto spesso dell’attenzione del medico per diversi pazienti ma soprattutto per le donne dopo che sono entrate in quel delicato periodo che viene chiamato menopausa.
urante l’età fertile infatti i nostri ormoni sessuali (il testosterone principalmente per l’uomo e gli estrogeni per le donne) provvedono a proteggere le nostre ossa da una eccessiva decalcificazione e, quando vengono a mancare, le ossa rimangono particolarmente scoperte. Non solo gli ormoni tuttavia sono responsabili della salute delle nostre ossa, ma anche la nutrizione, l’attività fisica e quindi l’eredità dei nostri genitori. In sintesi potremmo dire che l’osteoporosi o l’osteopenia (che sarebbe un impoverimento dell’osso non ancora grave) è il risultato di come abbiamo vissuto, di cosa abbiamo mangiato, di quanto ci siamo mossi (o di quanto siamo stati fermi) e anche di come sono vissuti i nostri genitori. Durante la vita lo scheletro è come un cantiere nel quale dei muratori continuano a costruire osso e allo stesso tempo lo smontano per fare si che le ossa abbiano la giusta robu-
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stezza ma anche la necessaria elasticità. Quando l’osso è sottoposto a grandi carichi diventa più forte ed elastico, se invece non riceve sollecitazioni rimane leggero e infine anche fragile. Dico questo perché quando si decide di controllare l’osteoporosi è necessario prestare attenzione anche al proprio patrimonio muscolare. I muscoli infatti sono attaccati alle ossa e quando sono forti e sollecitati esercitano su di esse quegli stimoli che servono a renderle più forti e robuste. Osteoporosi quindi e sarcopenia (impoverimento muscolare) sono due concetti che vanno valutati assieme, infatti non è possibile curare l’osteoporosi curando “solo” le ossa. In medicina generale normalmente si affronta questa condizione somministrando vitamina D, calcio, e usando dei farmaci che aumentano la calcificazione, ma questo non basta! Essenziale per avere delle ossa sane in età avanzata è tenere sotto controllo lo stile di vita fin da giovani
con accorgimenti nutrizionali precisi che il medico nutrizionista potrà spiegare, ma anche promuovendo un’attività fisica costante che favorisca la ricostruzione dell’osso. L’immobilità infatti è nemica delle ossa e dei muscoli. Anche in età non più giovane occorre fare attività fisica pesante come quella che si pratica in palestra con i pesi, naturalmente con la guida di un esperto istruttore. Se la palestra non è l’ambiente preferito ai nostri anziani, l’orto e il giardino sono dei perfetti sostituti. Chi pratica infatti il giardinaggio e la coltivazione dell’orto gode di ossa e, infine, salute più sana. Oggi i pazienti possono conoscere la loro composizione corporea attraverso la Bioimpendenziometria e la Ppg Stress Flow riuscendo a capire in tempo quindi se corrono il rischio di incorrere in questa o altre patologie e mettendo di conseguenza in atto quei correttivi di stile di vita che gli permetteranno di invecchiare mantenendo intatte le proprie capacità funzionali.
Medicina & Salute di Rolando Zambelli
Visione, dispositivi digitali e luce blu egli ultimi anni c’è stato un incremento consistente di dispositivi multimediali (smartphone, tablet, laptot), e di conseguenza le attività di tutti i giorni sono cambiate in funzione di essi. Per esempio l'uso giornaliero degli smartphone continua a crescere tra gli adolescenti: attualmente il 91,5% trascorre più di 2 ore al giorno davanti allo schermo (studio di Netpublic, 2012). Secondo invece uno studio dell’AOA (American Optometry Association) del 2015 circa il 62% delle persone passa 5 o più ore utilizzando i loro dispositivi digitali, e il 14% passa fino a 10 ore al giorno. Fissare uno schermo per un periodo prolungato può provocare oltre ad un affaticamento visivo anche un alterazione della vista, in parte a causa delle posizioni adottate nell’utilizzo dei dispositivi, e in parte dall’emissione di luce blu.
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CHE COS’È LA LUCE BLU? La luce blu è una porzione specifica della luce solare, che però viene emessa in particolar modo dai sistemi di illuminazione a basso consumo energetico (led e Xenon) e dai dispositivi LCD e LED. Tecnicamente
la luce blu fa parte della luce visibile compresa tra i 380 e i 500nm ed è generalmente conosciuta per l’alta energia emessa e per la sua influenza sulla regolazione del ciclo sonnoveglia (ritmo circadiano). Per tali motivi, un’eccessiva esposizione può avere effetti nocivi sia sul benessere visivo (occhi affaticati, irritati, arrossati e secchi), che sul sonno. La luce blu ha caratteristiche sia benefiche e nocive a seconda della lunghezza d’onda: • La porzione compresa tra i 465 nm e i 495 nm (blu-turchese) è essenziale per la nostra vista, per il funzionamento del riflesso pupillare e in generale per la nostra salute. Ed è la porzione di luce blu che regola il ciclo circadiano del sonno. • La porzione compresa tra i 415 nm e i 455 nm (blu-violetto) è invece considerata dannosa per la i nostri occhi, in particolare per la retina e le cellule epiteliali pigmentate retiniche. CONSIGLI PER LA PREVENZIONE I riflessi dello schermo possono rendere difficoltosa la lettura. È possibile regolare il contrasto nelle impo-
stazioni del computer. Orienta computer e televisione perpendicolarmente alla finestra e non di fronte per evitare un’intensità luminosa eccessiva. Avere sempre una fonte luminosa e non lavorare con i dispositivi al buio. Utilizzando smartphone o tablet, cerca di mantenere una distanza adeguata dallo schermo, circa 40 centimetri. Lavorando al computer è consigliabile avere lo schermo ad almeno 60 centimetri. Ogni ora allontanati e non guardare lo schermo per 5 minuti. Utilizzare lenti che filtrano la luce blu benefica (blu-turchese), le quali favoriscono un corretto ritmo circadiano, riducono l'affaticamento degli occhi, migliorano il contrasto, riducono l’abbagliamento e il riverbero. Nell’attività all’esterno è sempre consigliabile indossare occhiali con protezione UV. Fare controlli della vista regolari presso l’optometrista o il medico oculista. Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana; è ottico, optometrista e contattologo.
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Medicina & Salute di Laura Fratini
Il rimuginio, la ruminazione e il pensiero traumatico QUANDO NON VOLERCI PENSARE DIVENTA UN CHIODO FISSO Cosa distingue un uomo da un altro animale? I paleoantropologi ci dicono che il pollice opponibile è quello che, da un punto di vista fisico, ci ha permesso l'evoluzione, ci ha permesso di sviluppare quelle capacità che hanno poi definito il nostro percorso fino ad essere "umani". Il filosofo tedesco Immanuel Kant, già nel diciottesimo secolo definì la mano il "cervello esterno" dell'uomo e ebbe una grande intuizione, perché proprio dalle mani, ci dice ancora la scienza, è probabilmente partito il pensiero speculativo. d è proprio il pensiero il punto massimo della nostra evoluzione, quello che davvero ci distingue dagli altri animali, perché da un punto di vista biologico, questo non è altro che un meccanismo di adattamento all'ambiente, un modo per rispondere agli stimoli che da esso provengono. Il nostro cervello si è evoluto sempre più, per affrontare problematiche sempre più complesse legate anche alla nostra forma di vivere in un contesto sociale. Ma tanto è un’arma straordinaria per la sopravvivenza nella nostra quotidianità, con la capacità di analizzare e affrontare i problemi, tanto rischia di diventare un problema quando si rivolge contro noi stessi. Può sem-
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brare strano, ma la capacità di affrontare e risolvere i problemi può diventare un problema quando ci fissiamo con un pensiero alla ricerca di una soluzione che forse non esiste davvero. Quando il pensiero diventa abituale, ripetitivo, intrusivo e focalizzato sui contenuti negativi può contribuire allo sviluppo e al mantenimento di quei problemi emotivi che, superata la fase della normalità, diventano un problema nella nostra quotidianità. Nell'ambito della psicologia, siamo soliti definire tre tipi di pensieri negativi: rimuginio, ruminazione e pensiero traumatico. Il rimuginio è quel pensiero che caratterizza le persone che sono preoccupate per il futuro, per ciò
che potrebbe accadere e si focalizzano sul prevenire possibili problematiche. Rimuginare significa essere costantemente preoccupati dall'incertezza. La ruminazione, invece, è orientata al passato e prende il nome dal processo digestivo degli mammiferi erbivori, come la mucca: mastica continuamente il cibo portandolo dal rumine alla bocca, avanti e indietro tra stomaco e denti. Così, funziona la ruminazione, pensiamo a ciò che abbiamo fatto o detto, lo accantoniamo un istante illudendo noi stessi di trovare soluzioni, e poi ricominciamo ad analizzare il tutto pensando alla medesima cosa per ore e ore. Ma al contrario della mucca, quel pensiero noi non lo digeriamo e si
attorciglia su se stesso. Rimuginio e ruminazione ingannano, ci illudono di poter controllare la situazione o attenuano l’immediato stato d’animo sgradevole, ma nel lungo termine la sofferenza emotiva aumenta e non troviamo mai una reale risoluzione, perché la soluzione non c'è o semplicemente non è quella la strada da seguire. E' un meccanismo che crea ansia e inquietudine e diventa un vero problema psicologico, perché portano provare ulteriore ansia e a sentirsi in balia dei nostri pensieri, impotenti di fronte alla mancanza di risposte reali. Il meccanismo di difesa più immediato, in genere, è quello di cercare di scacciare il pensiero, o di evitare di pensare al problema che ci preoccu-
pa. Ma questa è invece la trappola dell'elefantino rosa, una prova che potete fare ora per capire. Immaginate di pensare ad un elefante rosa, chiudete gli occhi e visualizzatelo. Adesso aprite gli occhi e provare a pensare a tutto ciò che volete ma non pensate più ad un elefante rosa. Cosa vi accade? Più voi decidete di non pensare all'elefante rosa, più lui tornerà nei vostri pensieri. In genere scacciare un pensiero è molto faticoso e non è un granché come soluzione. Esistono però degli approcci terapeutici molto efficaci, come la terapia cognitivo comportamentale, che in breve tempo possono aiutare chi soffre di pensieri ricorrenti che por-
tano a rimuginio o ruminazione. Si tratta di un malessere che può essere superato. Chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta fa la differenza, con delle tecniche precise e mirate le persone possono riuscire a cambiare il loro modo di affrontare certi processi di pensiero che si rivelano la trappola stessa della loro sofferenza. Vi consiglio questo quaderno simpatico, molto pratico ed efficace: Quaderno d'esercizi di psicologia positiva di Yves-Alexandre Thalmann (Autore), J. Augagneur (Illustratore), R. Franceschini (Traduttore). La dott.ssa Laura Fratini è specializzata in psicologia clinica. Riceve su appuntamento Tel. 339 2365808
Parkinson: tutta questione di proteine di Elisa Corni
io in Italia; più precisamente o più importanti del 2018, ed è stata fatta propr È probabilmente una delle scoperte in campo medic chi sono ancora in corso: provo la cosa su ini indag le tia in esame è misteriosa e presso l’Università degli Studi di Brescia. La malat e almeno una delle concause conto i ricercatori dell’Università lombarda a svelar il Parkinson. Ma, a quanto pare, ci hanno pensa . nesse all’insorgere di questa malattia debilitante
vole. Questa prona individuata dal team bresciano come papabile colpe A quanto pare è tutta colpa della Sinapsina 3, una protei e, questa proteina della cosiddetta “sindrome ipocinetica”; in parole pover teina avrebbe il ruolo di mediare i danni cerebrali alla base endo la formadi bloccare la morte di specifici neuroni. E come lo fa? Imped in un sistema perfettamente funzionante ha il compito tia. La Sinapsina la cui morte, è risaputo, è collegata all’insorgere della malat zione di blocchi proteici che “soffocano” alcuni neuroni to i ricercatori, non è. Ma in molte persone affette dalla sindrome, hanno rileva 3 impedisce la formazione di questi blocchi, quando c’ entra in funzione. sina 3 nel cervello dei «Dopo aver identificato un accumulo anomalo di Sinap a di Farmacolosoress profes ci, Belluc na pazienti con Parkinson - spiega Arian fosse implicata na protei a quest se i chiest gia dell’ateneo bresciano - ci siamo nuovo bersaglio un re esenta rappr se potes nella patogenesi della malattia e se gruppo di nostro il e lment «attua che a terapeutico». La ricercatrice dice ancor internateam un con ne orazio collab in ricerca sta lavorando intensamente attivi su utici terape cci appro nuovi pare zionale di ricercatori al fine di svilup agendo nti pazie i curare di i infatt bero Sinapsina 3. Questi ultimi permettereb i». sintom i rne allevia di to soltan non e sulle cause primarie della malattia si che ale azion intern ente tante impor La ricerca è stata finanziata dal più ameri attore so famo dal creata ation, occupa di Parkinson, la J. Fox Found ola durat è ricerca La tia. malat della cano Michael J. Fox che da anni soffre nienti dall’Univertre due anni ed è stata in parte svolta da ricercatori prove si dell’Universtudio anche orato collab sità svedese di Lund, ma vi hanno delle più pree alcun su icati pubbl stati sità di Padova; i suoi risultati sono o. stigiose riviste scientifiche del mond
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I nostri piccoli amici - In collaborazione con PEPE - Borgo Valsugana
Corretta alimentazione di cane e gatto olti proprietari di cani e gatti si domandano spesso quali debbano essere gli alimenti da utilizzare per i loro piccoli amici. Innanzitutto è necessario evidenziare che il cane e il gatto non sono associabili dal punto di vista alimentare, anche se con il passare del tempo la loro specifica nutrizione è dipesa molto dalla mentalità dei loro padroni. C’è chi infatti usa spesso cibi fatti in casa, compresi i residui alimentari, in contrapposizione a coloro i quali utilizzano i mangimi che acquistano nei vari negozi per animali. Importante è sapere che per il gatto e il cane non esiste il concetto del sapore, perché ciò che maggiormente li attrae non è il gusto bensì l’odore. In ogni caso, però, per una giusta e corretta alimentazione è necessario che la stessa comprenda tutti i principi e tutti gli elementi nutritivi che servono all’organismo dell’animale per svolgere le proprie e indispensabili funzioni. In primis l’acqua che gli esperti definiscono indispensabile ed essenziale
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per la vita. Basti sapere che gli animali, piccoli o grandi che siano, possono sopravvivere anche se perdono tutto il grasso corporeo e oltre il 50% delle proteine. Se però perdono il 20% dell’acqua del loro corpo sono destinati a morire. Quindi l’acqua non deve mai mancare. Le proteine, considerate anche nell’uomo i veri mattoni dell’organismo, indispensabili per la crescita, per i muscoli e per tutti i tessuti. I carboidrati, composti organici che garantiscono all’animale forza ed energia, e sono utili per il sistema immunitario. Poi i grassi che oltre a contribuire all’energia permettono l’assorbimento di numerose vitamine.
Infine, sali minerali e vitamine che entrano direttamente in moltissimi processi biologici legati alla crescita e vita degli animali. Oggi la moderna ricerca legata all’alimentazione animale mette a disposizione prodotti, specialità e ritrovati in grado di garantire tutti i principi di cui abbisognano i nostri piccoli amici. Condizione essenziale, però, è quella di rivolgersi agli esperti, ai veterinari e ai negozi specializzati per avere precise indicazioni su una giusta alimentazione, specialmente in caso di patologie o disfunzioni varie che possono colpire il cane e il gatto. In questi casi è decisamente sconsigliato il famoso “fai da te”.
Le Cronache locali
SELVA DI LEVICO
di Mario Pacher
La sagra di San Sebastiano avoriti anche dallo splendido pomeriggio di sole, diverse centinaia di persone di tutta la valle sono arrivate domenica 20 gennaio scorso a Selva di Levico, richiamate dai festosi momenti legati alla sagra di san Bastian organizzata dal Gruppo Castel Selva in collaborazione con il Gruppo Missionario, gli Alpini, la Parrocchia e il Comune di Levico Terme. Aldilà degli sfizi gastronomici con grostoli, frittole e tanto vin brulè per riscaldarsi dal freddo pungente, il momento più atteso è stato la gara delle slitte della legna, quest’anno in XXX^ edizione che si è svolta, come da sempre, sul sentiero medioevale “dei Boscaroi” lungo circa 1 chilometro e che dal sovrastante Castello porta alla piazza di Selva. Otto sono stati gli equipaggi provenienti dalla stessa Selva e dai paesi vicini, formati da tre giovani: due maschi che tiravano la slitta e una damigella che sedeva sulla slitta e che durante il tragitto doveva superare alcune prove di abilità. All’arrivo in piazza anche i maschi dovevano dimostrare capacità nel taglio di un tronco. In base alla sommatoria dei punti realizzati è stata formulata la graduatoria di merito. Il primo premio è stato assegnato all’equipaggio “Selva1” composto da Matteo Osler, Cristian Lancerin e Katia Aloisi. Fra i gruppi c’era anche l’equipaggio storico che partecipò fin dalle prime edizioni e che era composto da Italo Cetto, Lorenzo Cetto e Mariarosa Ciola.
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LEVICO TERME
Ricordo di Tabacchini e n’è andato all’età di quasi 97 anni, Ferdinando Tabacchini, l’ultimo reduce della seconda guerra mondiale di Levico Terme. Nel tempo bellico Tabacchini prestò servizio militare nel 87^ Reggimento Fanteria Divisione Friuli nelle campagne di Francia e di Sicilia e alla guerra di liberazione nella 8^ armata come autista del generale Scattini. Nell’ultimo periodo, come ci ha raccontato il suo confidente, lo storico Ferruccio Galler al quale periodicamente narrava la sua vita militare, Tabacchini, che aveva conseguito numerose onorificenze e fra queste anche quella di commendatore, fu autista di Scattini e venne ad abitare presso l’hotel Bellavista di Levico Terme, quale sede del Comando, con il compito di accompagnare l’alto ufficiale in Jugoslavia e riportarlo a Levico.
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PERGINE VALSUGANA
Feste Danzanti el pomeriggio di domenica 20 gennaio sono iniziate a Pergine Valsugana, le “feste danzanti” dell’Auser all’interno della grande sala di Maso San Pietro, ai Tre Castagni, gentilmente concessa dal responsabile dell’Istituto padre Beppino Taufer. Un appuntamento rallegrato dalle musiche del duo musicale Mirta e Umberto che continuerà anche per la maggior parte delle domeniche di tutto il 2019. Anche nei pomeriggi delle quattro domeniche di febbraio ci sarà musica, ballo e merenda. L’ultimo sabato di carnevale, il 2 marzo, presso il ristorante La Vedova a Lochere di Caldonazzo, si terrà il ballo in maschera per i soci. Poi nelle successive domeniche del 10, 17, 24 e 31 marzo, ci sarà ancora musica, ballo e merenda. Venerdì 8 marzo si terrà anche la “Festa della donna”.
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Le Cronache locali
NOVALEDO
di Mario Pacher
Il libro di Barbara Cestela avanti a tanto pubblico che letteralmente gremiva la grande sala di Casa Zen, è stato presentato a Novaledo il libro della vicesindaco del paese Barbara Cestele e Liliana Samaretz, “Racconti di un tempo”. Una raccolta di una quarantina di pagine contenente storie e tradizioni descritte con un linguaggio semplice, tipico dei nostri anziani. Molto emozionanti anche alcuni racconti di guerra, sulla povertà in cui vivevano un tempo tante famiglie e anche su alcune coltivazioni ora in disuso ma comuni in passato in ogni famiglia per trovare sostentamento di vita. Racconti che sono stati letti alternativamente dalle due autrici. Particolarmente espressive anche le foto poste a corredo di ogni singola narrazione. Parole di grande lode verso le ideatrici di questo progetto, Cestele e Samaretz, sono venute dal primo cittadino Diego Margon e dal Presidente del Consiglio Regionale Roberto Paccher. E’ seguito un breve concerto di canti da parte del Coro Pio X^ di Levico Terme, e la serata si è conclusa con un momento conviviale a base di dolci offerti a tutti i presenti. Stante il successo di questa raccolta, il libro è stato ristampato e distribuito nel corso di una nuova serata, due settimane più tardi.
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VALSUGANA
La voce di Amedeo Fumana l noto cantante lirico Amedeo Fumana che abita a Trento ma che è molto conosciuto in tante città italiane, così come anche in Valsugana sia per i suoi concerti che per le esposizioni di cimeli e costumi della lirica italiana, ha recentemente compiuto gli 80 anni di vita. E per l’occasione Amedeo ha allietato gli ospiti con arie e duetti d'opera e ha presentato il quadro "MEDEA" della pittrice Marisa Brun, che ha confezionato quest'opera per il museo della lirica di Santa Severina nel Crotonese. E qui è il caso di ricordare che il noto lirico era stato invitato alcuni mesi fa a far conoscere la sua preziosa raccolta in Calabria, con una esposizione per far nascere il “Museo della lirica italiana Amedeo Fumana” all’interno del castello CARAFA di Santa Severina. In quell’occasione il noto baritono che era accompagnato dalla figlia Paola, soprano, aveva ricevuto, nel corso di una significativa cerimonia alla presenza delle massime autorità locali, la cittadinanza onoraria per mano del primo cittadino. Recentemente altri artisti si sono aggiunti alla numerosa lista di interpreti esposti al museo, donando costumi e cimeli del teatro. L'oggetto più prezioso è stato devoluto dalla famiglia del soprano Rosetta Noli, che ha donato il pianoforte con il quale la cantante studiava e impartiva lezioni agli allievi.
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CALDONAZZO
Un grazie a Claudio e Severino li Alpini di Caldonazzo hanno salutato nel corso dell’ultima assemblea ordinaria, Claudio Battisti che dopo 46 anni ha lasciato la carica di capogruppo. E con lui si è dimesso anche, dopo che era stato segretario e cassiere per 52 anni, Severino Marchesoni. I due sono stati ringraziati ed applauditi a lungo in segno di riconoscenza per il loro impegno portato avanti con grande dedizione e sono stati premiati con un significativo omaggio e una targa. Claudio Battisti in particolare è stato pubblicamente elogiato per aver saputo organizzare tanti eventi e manifestazioni in collaborazione anche con altre associazioni di volontariato ed è stato nominato capogruppo onorario. Numerose le autorità presenti: il presidente sezionale ANA di Trento Maurizio Pinamonti, il presidente sezionale Vincenzo D'Angelo, Flavio Giovannini del Nucleo volontari alpini di Protezione civile della Valsugana, assieme a rappresentanti di altri gruppi Alpini della zona. Parole di lode a nome degli Alpini sono venute anche dal coordinatore della serata Remo Wolf, pure di grande spirito alpino, e dal primo cittadino Giorgio Schmidt. E’ stato poi nominato il nuovo capogruppo con voto unanime espresso dagli 87 alpini presenti, l’alpino Aldo Marchesoni di 48 anni che sarà affiancato anche da Aldo Stenghel di 61 anni, nuovo consigliere.
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Le Cronache locali
VIGOLO VATTARO
di Mario Pacher
La poesia per Sierra Leone omenica 20 gennaio scorso presso l’auditorium di Casa Santa Maria, i poeti Diego Orecchio e Rosanna Gasperi hanno accompagnato il pubblico in un delizioso viaggio nel mondo dei sentimenti e delle emozioni. E questa è stata, come afferma l’animatrice dell’Istituto Luisa Tamanini, l’occasione per presentare l’ultima raccolta poetica del poeta Orecchio definito ad arte dall’amico Aurelio Micheloni come il “Poeta dell’improvvisazione”, in quanto i contenuti delle sue liriche esprimono sensazioni, stati d’animo, abbracci con la natura. Ricordi che molti di noi avvertono e vivono nella propria quotidiana normalità. Ma ancora, continua lo storico Biagio di Meglio, Diego Orecchio ama i colori dell’universo che scopriamo nelle sue parole, nello spirito di un’anima che darebbe corpo a tutto il mondo. Ma la vita talvolta preserva ostinazioni e battaglie, quindi nella sua umiltà cerca di adoperarsi in quelle attività di sostegno verso i deboli e i poveri. Forse proprio da questo suo impegno che gli fa riconoscere l’alto significato dell’esistenza, nasce la sua poesia legata alla libertà, aperta a tutte le sollecitudini umane, calda, sensibile e sensuale come la carezza di una madre, come l’innocenza di un bambino, come una preghiera francescana. La presentazione, affiancata dall’elegante e raffinata Rosanna Gasperi, è stata coordinata da Aurelio Micheloni accompagnato dalle melodie nostalgiche del fisarmonicista Marco Fortarel ed è stata l’occasione per raccogliere fondi per il progetto “I bambini della Sierra Leone”.
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LEVICO TERME
Assemblea dei pensionati ltre 120 soci dei 372 iscritti al Gruppo Pensionati di Levico Terme, hanno partecipato alla recente assemblea generale ordinaria. Il presidente Marco Francescatti, dopo aver ricordato i festeggiamenti per i trenta anni di fondazione del Gruppo, ha illustrato l’attività svolta nel corso del 2018 ricordando pure la collaborazione con il Consorzio Levico in Centro nell’organizzazione di alcuni eventi come la mostra “Arte Donna” in occasione della Festa della Solidarietà, dell’Ortinparco e il Festival dell’Alzheimer nel mese di giugno. Ha rammentato anche le feste per i compleanni degli iscritti, il corso di ballo collettivo, le gite, i momenti conviviali, il soggiorno al mare e tanto altro. Illustrando il programma per il 2019 che sostanzialmente ricalca quello dell’anno appena concluso, ha elencato, con date precise, la nuova serie di gite, mostre, momenti conviviali a Vezzena presso Malga Sassi, il soggiorno al mare ed altri appuntamenti di rilievo. Si è quindi proceduto alla nomina del nuovo direttivo scaduto per compiuto mandato, che resterà in carica per i prossimi 3 tre anni. Per acclamazione è stato riconfermato tutto il direttivo uscente: Rosalia Avancini, Arturo Benedetti, Franco Corrà, Aurelio Dalmaso, Rosellina Dalmaso, Marco Francescatti, Paolo Gaigher, Luisa Vettorazzi e Rosanna Vettorazzi. Prossimamente i rieletti si riuniranno per la distribuzione delle cariche sociali. Ha poi preso la parola Giorgio Vergot in rappresentanza di Cooperazione Reciproca in seno alla Cassa Rurale Alta Valsugana, che ha illustrato il progetto “Occhio alla salute” promosso dall’Istituto, che prevede una serie di appuntamenti ed incontri in giorni ben precisi di ogni mese, come l’attività motoria e riabilitativa, la misurazione della pressione, della glicemia e del colesterolo. Ed ancora la consulenza psicologica e le informazioni amministrative e di sostegno. Il fisioterapista Guido Degasperi ha sottolineato l’importanza per l’anziano di mantenersi in movimento e di frequentare pure la palestra che sono valide terapie anche contro le forme reumatiche. Infine l’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti ha espresso gratitudine al direttivo del Gruppo per l’attività che svolge in favore delle persone non più giovani della comunità.
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Che tempo che fa - Inverno 2018/2019: di Giampaolo Rizzonelli
Neve (troppa) in Austria e poca in Trentino – perchè? Il gelicidio del 14/01 lla fine dell’inverno non manca poi molto, poco più di un mese, (dal punto di vista meteorologico l’inverno inizia il 01/12 e termina il 28/02) e fino ad ora è stato caratterizzato da un’enorme differenza in termini di precipitazioni tra il versante a Nord delle Alpi e il versante a Sud e tra questo e il Centro Italia. Il Nord Italia è stato caratterizzato da una siccità che dura praticamente da due mesi. Dopo la pioggia della tempesta Vaia che aveva portato abbondanti precipitazioni a fine ottobre, ricordo che erano caduti 356 mm di pioggia in 5 giorni, di cui 192 il solo 28 ottobre, ha fatto seguito un novembre in cui sono caduti 132 mm, un dicembre asciutto con solo 6 mm e un gen-
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naio ancor più asciutto, che per ora ha fatto registrare 1 mm (al 25/01). Situazione totalmente diversa invece nel versante Nord delle Alpi, in particolare in Austria, dove il servizio meteorologico austriaco ZAMG ha dichiarato che alcuni valori nevosi registrati a gennaio sono i più alti raggiunti nel corso dell’ultimo secolo, il record spetta al paese di Hochfilzen, vicino a Kitzbuhel, a soli 959 metri, dove gli accumuli hanno raggiunto i 451 cm in 15 giorni. Per quanto riguarda il Trentino Alto Adige solo la fascia di confine è stata interessata da “sfondamento dello Stau” con precipitazioni abbondanti ad esempio al Brennero e in Valle Auri-
na, e come l’Austria, ma in misura inferiore, anche il Centro Italia è stato colpito da abbondanti nevicate. Queste differenze di precipitazione sono state provocate da un'alta pressione centrata sull’Atlantico in prossimità delle coste irlandesi e da una circolazione depressionaria che imperversava sull'Europa centro-orientale. Nella mappa satellitare del 6 gennaio (fig.2) sono ben evidenti come nello scacchiere europeo predominavano forti correnti settentrionali che creavano condizioni di Stau sui versanti esteri delle Alpi con cieli coperti e nevicate. Condizioni di favonio invece sul versante italiano delle Alpi con cieli sereni. Il nastro di correnti fredde venivano in parte deviate dalla catena alpina e si dirigevano con maggiore forza verso i Balcani. Una parte di queste, all'altezza del centro Italia, si dirigeva verso ovest umidificandosi passando sopra il mare Adriatico e portando nubi e precipitazioni in parte nevose sul nostro versante adriatico e sul versante orientale degli Appennini. Generalmente per avere precipitazioni nevose in Trentino sono necessarie altre conformazioni meteorologiche, generalmente con masse d’aria provenienti dall’Atlantico o che si carichino di umidità sul Mediterraneo, quindi il flusso deve essere da Sud o Ovest verso le Alpi e non da Nord come quella che ha portato la nevicata del 27 gennaio. (vedi fig. 1) Per quanto riguarda gli “sfondamenti da Nord“, discorso a parte merita l’episodio di gelicidio del 14/01. Quel gior-
Fig. 1 accumuli nevosi Austria 1-15 gennaio e tempi di ritorno (fonte ZAMG )
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no un campo di alta pressione sull'Atlantico e una circolazione depressionaria sull'Europa dell'Est hanno determinato persistenti correnti settentrionali sulle Alpi con Stau oltreconfine, ma in seguito una saccatura inserita in tale flusso ha “valicato” le Alpi, raggiungendo anche la Bassa Valsugana, dove è piovuto (pochissimo) per la presenza di aria più calda in quota, nonostante al suolo la temperatura fosse inferiore allo zero. La pioggia ha quindi raggiunto il terreno (ed il manto stradale) e al contatto con lo stesso, essendo la temperatura sotto lo zero, si è congelata, quindi ecco spiegato il gelicidio o pioggia congelantesi. (vedi fig. 2)
Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti da Provincia Autonoma di Trento Fig. 2 immagine satellite 6 gennaio 2019
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o d n a l l e r e h c o i G
Cristini io iz r u a M a cura di
COMPOSIZIONE FLOREALE Ricomponete le lettere che costituiscono il nome di un fiore presente nella flora alpina. Le iniziali di tali fiori, lette nell'ordine, daranno il nome di un altro fiore delle Alpi (Es.: AAILSV = Salvia). 1. AADELLLNOS = .................................................................... 2. AEEMNNO = ........................................................................ 3. EEILNS = .............................................................................. 4. AIMNOORST = .................................................................... 5. CEIIOPR = ............................................................................
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un gruppo di affreschi presenti nella Torre dell'Aquila del Castello del Buonconsiglio a Trento. ORIZZONTALI: 1. E' tipicamente presente nel montgomery - 9. Sudare... senza pari! - 11.
6. AAACCFFIORR = .................................................................. 7. ACLNNOORU = .................................................................... 8. ADEFLOOS = ...................................................................... 9. AAEGINNZ = ........................................................................
Istituzione europea con sede a Bruxelles - 13. In una espressione latina lo era Roma per il ... mundi - 15. Articolo per signorine - 16. Mao allo specchio - 17. Capoluogo molisano (targa) - 18. Col suo apparecchio esplora tutto lo spazio che lo circonda - 20. Sono ripetute nell'igiene - 21. Vi erano rinchiuse le concubine del sultano - 22. Abito per ballerine - 24. Azienda Trasporti Provinciali (sigla) - 26. Lo è il liquido sparito per effetto del calore solare - 29. Mangiare all'inglese - 31. Pregiato pesce marino - 32. In mezzo al velivolo - 34. La più vasta pianura italiana - 37. Si dice di località lontana e remota - 39. Cento metri quadrati - 40. Lettere che seguite da 7 indicano un famoso calciatore - 41. Il Brad attore più famoso - 42. La Thurman che ha interpretato Pulp fiction - 44. Seguito da hoop era un gioco molto diffuso negli anni '50 - 45. L'olio negli USA - 47. Fiume che segna il confine fra Europa ed Asia - 49. Nel cuore del bugiardo - 50. Sovrano - 52. Soldati di cavalleria leggera di vari Paesi dell'est Europa - 54. Il terzo Comune trentino per numero di abitanti - 55. Il monte del Friuli che franando causò il disastro del Vajont.
VERTICALI: 1. Per esercitarla occorre una licenza - 2. Il regista di Uccellacci e uccellini (iniz.) - 3.
10. AACINR = ............................................................................
SOLUZIONI NR. DI DICEMBRE 2018 CRUCI... TRENTINO BERNARDO CLESIO
Può acuirsi col buio - 4. Colpire un ostacolo o una persona - 5. La città abitata dai Nisseni (targa) 6. Non possono mancare nel fritto misto di pesce! - 7. Il primo paese trentino che si incontra salendo da Fonzaso verso Fiera di Primiero sulla S.S. 50 - 8. Sono opposti sulla bussola - 9. Spesso è eretta nella piazza principale di un paese - 10. Seguirà a stanotte - 12. Il più famoso profeta di sventure - 14. Una comune conifera - 19. Donato in beneficienza - 23. Sono consumate anche sode - 25. Un fondo stradale odiato dai ciclisti - 27. Viene eletto con un altro nome - 28. Vota senza testa! 30. Tagliare la punta delle ali ad un uccello - 33. Frazione di Pergine sul lago di Caldonazzo - 35. 451 romani - 36. Il monte sul quale si arenò l'arca di Noé - 38. E' opposta alla poppa della nave 43. Il suono di uno scatto metallico - 46. E' fra Dom. e Mar. - 48. Altro nome del gichero - 51. Articolo romanesco - 53. Qualora, nel caso che.
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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio
2019
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Ieri avvenne
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La rivoluzione della
Giornata della memoria
Una Rosa Biancao contro il nazism Trento - Primo Novembre
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L’incendio del Borgo di San Martino
QUESITO A SCHEMA (Soluz.: IL SALVADANAIO)
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EWS NEWS N Periodico gratuito e cultura d’informazione
Periodico gratuito e cultura d’informazione
1,5 € - copia omaggio
ANNO 5 - NR. 1 - febbraio
2019
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Il numero di febbraio di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 2 febbraio 2019
SOLUZIONI TECNICHE PER UNA CASA SICURA, UNICA ED EFFICIENTE PRODUZIONE E VENDITA • • • • • • • •
Porte per garage (garanzia 4 anni per verniciatura legno) Sezionali, basculanti (garanzia 10 anni*) * per ruggine e corrosione Portoni a libro Portoni scorrevoli Portoncini d’ingresso (garanzia 5 anni) Automazioni (garanzia 5 anni) Cancelli sospesi (verniciatura garanzia 10 anni) PRODOTTI REALIZZATI SECONDO LE IDEE E I SUGGERIMENTI DEL CLIENTE
INTERVENTI DI • Ristrutturazione • Rinnovo • Manutenzione
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