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Fondi europei e Covid-19

Fondi europei e Covid-19

Nel dramma sanitario, sociale e finanziario che stiamo attraversando l’Unione fa sentire la sua presenza a sostegno degli Stati Membri. È un momento storico, ma soprattutto un’opportunità da sfruttare al meglio

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di Sebastiano Corona

Il Next Generation EU è un piano di ripresa proposto dalla Commissione europea — approvato dopo annose discussioni — che ha lo scopo di far ripartire l’economia del Vecchio Continente a seguito dei danni causati dalla pandemia.

Ripartito in diversi programmi prevede, tra i principali, il Recovery and resilience facility (Dispositivo per la ripresa e la resilienza, comunemente chiamato Recovery Fund), un fondo che arriva a 672,5 miliardi di euro, divisi in 360 di prestiti e 312,5 di sussidi. A questo si aggiungono altri fondi per un totale di 750 miliardi di euro, il cui impegno dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2023 e i pagamenti entro la fine del 2026.

Si tratta di un piano complessivamente molto ambizioso, che stabilisce come criterio di ripartizione delle sovvenzioni tra Stati, il calo del PIL reale nel 2020 e, nel biennio 2020-2021, l’inverso del PIL pro capite e la quota di popolazione. Non saranno fondi attributi a pioggia, ma sulla base di richieste supportate da programmi nazionali di spesa (quello dell’Italia, nel momento in cui scriviamo, gennaio 2021, è ancora in fase di stesura, NdA).

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Almeno il 37% dei fondi dovrà andare alla transizione verde e il 20% a quella digitale, ma ci saranno altresì indicazioni annuali della Commissione europea relative al loro impiego nel tempo. Le prime somme, che non arriveranno comunque se non nel 2021 inoltrato, dovranno essere in gran parte anticipate dagli Stati, che poi si vedranno rimborsare in un secondo momento i fondi da Bruxelles. La condizione, però, è che gli obiettivi (i cosiddetti milestone), definiti nel piano di rilancio, siano mano a mano rispettati e che tutti i fondi siano spesi entro il 2026. Non devono quindi esserci ritardi e inefficienze, pena il rischio di non incassare i rimborsi.

Oltre alla misura per la ripresa e la resilienza quale sostegno agli investimenti e alle riforme, ci sarà un fondo di assistenza alla ripresa per la coesione, il REACT-EU, che concerne nello specifico gli interventi a lungo termine per il risanamento del mercato del lavoro, anche mediante incentivi per l’occupazione, regimi di riduzione dell’orario lavorativo, misure a favore dell’occupazione giovanile, sostegno ai sistemi sanitari, nonché liquidità per il capitale d’esercizio delle PMI.

INVEST EU potenzierà l’autonomia strategica dell’economia dell’Unione, soprattutto in ambito di infrastrutture, tecnologie critiche e assistenza sanitaria. Sosterrà inoltre le catene strategiche del valore, ad esempio nei settori della sanità intelligente, dell’internet nell’industria, la produzione a basse emissioni di CO2 era cybersicurezza.

Lo strumento di sostegno alla solvibilità fornirà una garanzia dell’Unione al Gruppo Banca Europea per gli investimenti, al fine di mobilitare capitali privati per sostenere le imprese ammissibili colpite dalla crisi.

La quinta misura è invece quella per la salute, definita EU4HEALTH, e ha lo scopo di garantire investimenti duraturi per rispondere alle crisi sanitarie, affrontarne la prevenzione, la preparazione e la risposta, anche con un reale coordinamento intersettoriale a livello comunitario.

Ultimo ma non ultimo, il Meccanismo unionale di protezione civile RESCEU dovrebbe dotare l’Unione di risorse e di una efficace infrastruttura logistica per rispondere a diversi tipi di emergenza, compresa quella sanitaria.

Ci sono dunque spazi di sostegno all’impresa, in diverse forme e sotto diversi aspetti. Ma il Recovery fund contiene anche una linea specifica di bilancio per lo sviluppo rurale che mira al rafforzamento delle misure già in essere per un ammontare di 8 miliardi, a cui si sommano le somme destinate dalla Commissione europea, che giungono così a 10 miliardi circa. 1,2 miliardi di euro all’anno solo per l’Italia. Una misura importante che dà priorità agli investimenti (per il 55%) e agli interventi di lungo termine per il green in transizione ecologica.

Per utilizzare le somme sarà tuttavia necessaria una nuova programmazione specifica da parte delle Regioni e una contabilizzazione separata dello stanziamento disponibile che si tradurrà in una sorta di mini Piano di Sviluppo Rurale (PSR) per questo specifico capitolo di spesa. L’Unione Europea intende infatti verificare nel tempo le singole azioni, ma soprattutto accertarsi che queste siano effettivamente finalizzate alla ripresa economica post Covid.

Ci sono poi indicazioni sull’utilizzo, che prevedono, tra l’altro, che le risorse siano destinate per il 37% a interventi che garantiscano riscontri positivi in termini climatici, ambientali e di sviluppo locale. Vengono a tal scopo suggerite misure quali l’agricoltura biologica, il benessere animale, un migliore e razionale utilizzo dell’acqua, la conservazione del suolo ed il miglioramento della fertilità, la riduzione dei prodotti fitosanitari, gli interventi per la biodiversità e le attività di cooperazione ricadenti nei programmi di finanziamento UE noti come Leader.

Il 55% dello stanziamento NGEU va indirizzato per migliorare la competitività del sistema agricolo e alimentare e in particolare verso i giovani agricoltori e gli investimenti delle aziende agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione.

Il 55% dello stanziamento NGEU va indirizzato per migliorare la competitività del sistema agricolo e alimentare e in particolare verso i giovani agricoltori e gli investimenti delle aziende agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione.

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Per quanto riguarda in modo specifico le risorse NGEU destinate allo sviluppo rurale descritte in precedenza sono previste alcune novità. La prima riguarda i giovani agricoltori, con l’innalzamento fino a 100.000 euro del contributo che può essere concesso per l’insediamento in agricoltura (rispetto agli attuali 70.000 euro massimo). La seconda riguarda i tassi di cofinanziamento, con la percentuale di contributo sulla misura di investimento innalzata sino al 75% dei costi ammissibili.

PAOLO DE CASTRO, relatore per il Parlamento europeo della parte del Recovery Fund destinata allo sviluppo rurale, commenta l’approvazione da parte della Commissione Agricoltura del Parlamento del regolamento transitorio della PAC che estende le attuali norme fino al 31 dicembre 2022, includendo la NGEU. «Non è una semplice estensione dello status quo; vengono confermate le disposizioni chiave per i pagamenti diretti agli agricoltori e vengono prolungati da tre a cinque anni i nuovi progetti pluriennali del secondo pilastro della PAC relativi ad agricoltura biologica, misure a favore del clima e dell’ambiente e del benessere degli animali. Ma in più si è abbassata la soglia di perdita di produzione e reddito necessaria ad attivare lo strumento di stabilizzazione del reddito settoriale e aprire ai fondi mutualistici tra agricoltori in caso di eventi avversi».

Legare tutti gli interventi messi a disposizione dall’Unione Europea ai Fondi strutturali definendo un piano organico di riforme ed interventi di lungo corso avrebbe una ricaduta enorme, rafforzando in maniera esponenziale l’economia e il sistema Paese. Questa straordinaria iniezione di capitali deve essere quindi sfruttata per attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Senza tali riforme, l’impatto delle risorse, pur ingentissime, sarebbe assolutamente limitato. È quindi fondamentale riuscire ad impegnare le risorse e ad impegnarle correttamente in modo funzionale per garantire una crescita ed uno sviluppo del Paese.

Se da una parte è evidente l’entusiasmo, dall’altra si fa strada la preoccupazione di non riuscire a cogliere l’occasione e perdere un treno che non ripasserà in futuro. A questo proposito si è espressa anche CONFAGRICOLTURA, i cui vertici sottolineano: “occorre implementare le linee strategiche con l’aumento del tasso di autoapprovvigionamento oggi ancora fortemente contenuto per molte filiere; impiegare un’ottica di filiera agroalimentare completamente integrata, con interventi dal campo alla tavola; integrare il settore agricolo con l’industria, anche quella del non food; espandere le quote di mercato nei Paesi esteri con un’ambiziosa e specifica visione di internazionalizzazione del settore primario che consenta di aumentare i mercati di destinazione e di presidiare efficacemente quelli dove le imprese sono già presenti”.

Le valutazioni possibili sono diverse, ma certamente non si può negare che il Next Generation EU segni un passo storico per l’Unione Europea, non tanto e non solo per l’ammontare ingentissimo delle risorse, ma anche perché potrebbe essere il principio di una vera integrazione economica. Si tratta comunque di un piano d’intervento di dimensioni notevoli mai viste prima, agevolmente accessibile da parte degli Stati Membri e probabilmente idoneo a facilitare l’implementazione omogenea di trasformazioni necessarie e improcrastinabili nell’organizzazione economica europea.

Questa enorme iniezione di risorse avviene di pari passo con le linee del Green Deal, la strategia sulla biodiversità e quella del Farm to Fork. Un momento di mutamenti epocali, da qualunque parte la si guardi.

Sebastiano Corona

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