4 minute read

Testa in cassetta di Gavi, IL CUORE IN OGNI FETTA

Un tipico salume di risulta della tradizione piemontese

A metà strada tra il Piemonte e la Liguria, Gavi, in provincia di Alessandria, nell’area sudorientale della regione sabauda, è un piccolo comune noto ai più soprattutto per l’omonimo vino, il Gavi appunto, un bianco prodotto da uve Cortese apprezzato fin dall’antichità. A proteggerlo, insieme ad un’altra specialità del territorio, il Raviolo di Gavi, sfoglia sottile e squisito ripieno di borragine, scarola, uova, formaggio e carni miste di manzo e maiale, c’è persino una confraternita, l’Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi. Ma Gavi è anche la patria di un tipico salume “di risulta”, lo stratagemma studiato dai contadini per conservare e rendere appetitose le parti del maiale che avanzavano dalla produzione di prosciutti, coppe e salami: la Testa in cassetta.

Advertisement

La testa in cassetta della Macelleria Bertelli Agostino nello stand di degustazione e vendita ad una delle manifestazioni organizzate da Slow Food.

Ricetta antica ed elaborata, la versione dei macellai di Gavi si differenzia per l’uso di tagli bovini nobili e meno nobili che ingentiliscono la ricetta. Viene prodotta tradizionalmente nei mesi invernali, utilizzando alcune parti del bovino, la lingua, il muscolo della spalla e il cuore, considerato indispensabile per ravvivare il colore della fetta, assieme al collo o alla testa del suino. I vari tagli devono sottostare a una lunga cottura in acqua salata, prima di essere disossati e ridotti in pezzi piccoli con battitura a coltello.

La testina, o maschetta, bollita insieme agli altri tagli, è passata più volte con la mezzaluna fi no a diventare semiliquida, anche grazie all’aggiunta di acqua di cottura. A questo “passato” è aggiunta la carne a dadini e una concia a base di sale, pepe, cannella, coriandolo, chiodi di garofano, noce moscata, peperoncino, pinoli e un tocco di rum. L’impasto, ancora ben caldo, si insacca delicatamente quindi nel budello cieco di manzo, detto anche tascone. La testa, così preparata, è posta poi per un giorno in ambiente molto freddo; alcuni la lasciano per una notte all’aria aperta gravata da un peso per compattarla e darle la caratteristica forma schiacciata. A questo punto la testa in cassetta è pronta.

La testa in cassetta è particolarmente delicata al palato. Si può consumare sia come antipasto, fredda e tagliata molto sottile, sia come secondo, tagliata spessa, leggermente riscaldata, su un letto di cipolle al forno.

Il grande bianco piemontese

Il Gavi o Cortese di Gavi Docg è un vino bianco prodotto interamente con uve Cortese coltivate negli 11 comuni che costituiscono la sua Denominazione — Bosio, Capriata d’Orba, Carrosio, Francavilla Bisio, Gavi, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo —, situati nella fascia meridionale della provincia di Alessandria. Il territorio del Gavi è prevalentemente collinare, con altopiani ricchi di terre rosse date dalle marne argillose. È l’incontro tra il vento marino che soffi a dal Mar Ligure e la neve dell’Appennino a rendere speciale quest’angolo di Piemonte. I venti provenienti dalla costa ligure caratterizzano infatti il microclima, regalando al vino profumi di agrumi con pompelmo, ananas e fi ori bianchi, che al gusto si accompagnano ad un’importante struttura sapida e minerale, che si completa nei suoi tipici sentori di mandorla amara. La vocazione vinicola in questa zona trova riscontri in un documento risalente al 3 giugno del 972, conservato nell’Archivio di Stato di Genova, in cui si parla di una cessione in affi tto a due cittadini da parte del vescovo di Genova di vigne e di castagneti nella località nota come “Mariana”, e in altre lettere del 1659 e 1688, attestanti la presenza dei vigneti in un territorio nel quale il vino ha sempre avuto un ruolo centrale. Una prima descrizione dell’uva Cortese la si trova nell’ampelografi a del 1798 dei vitigni coltivati in Piemonte, elaborata dal Conte Nuvolone, vicedirettore della Società Agraria di Torino, descritta con “grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, quando è matura diviene gialla ed è buona da mangiare, fa buon vino, è abbondante e si conserva”. Considerato l’omologo bianco del Barolo, il Gavi può essere prodotto nelle tipologie: Tranquillo, Frizzante, Spumante, Riserva, Riserva Spumante Metodo Classico. Nato per le corti, il grande bianco piemontese non ha mai tradito la sua vocazione alla qualità e all’eleganza; al contrario, queste sono state affi nate in epoca moderna attraverso tecniche all’avanguardia, fi no ad ottenere un vino rinomato ed apprezzato nei cinque continenti (fonte: www.consorziogavi.com).

Presidio

L’utilizzo di vari tagli bovini rende la testa in cassetta di Gavi particolarmente delicata e magra e determina la caratteristica policromia della fetta. Al naso i tenui sentori carnei sono arricchiti dalla speziatura. Si può consumare sia come antipasto, fredda e tagliata molto sottile, sia come secondo, tagliata spessa, leggermente riscaldata, su un letto di cipolle al forno. Un tempo, al posto del tascone, l’impasto era posto in una cassetta di legno dolce, da cui il nome, rivestita dalla retina di maiale. Il presidio parte dall’unico produttore che ancora utilizza la ricetta dei suoi nonni: senza neanche un grammo di nitrati o nitriti. Il Disciplinare di produzione prevede inoltre l’utilizzo di carni rigorosamente piemontesi.

Il presidio Slow Food della testa in cassetta di Gavi

Produttore Agostino Bertelli

via Mameli 23 15066 Gavi (AL) Telefono: 0143 642627 340 6012867

Responsabile Slow Food del Presidio

Giovanni Norese Telefono: 0143 79332 335 5734472 E-mail: gnorese@idp.it

This article is from: