4 minute read

PAHONTU: IL PRIMO ACETO EUGANEO

PAHONTU: IL PRIMO ACETO EUGANEO

di Gian Omar Bison

Advertisement

La natura mistica e bucolica dei Colli Euganei da qualche mese è un po’ più acre. L’aceto Pahontu, risultato della prima acetaia euganea, è entrato in produzione poco tempo fa in quel di Baone (PD), dove le botti sono ospitate all’interno dell’Azienda Agricola Le Volpi (www.levolpi.it) Grazie all’impegno e alla dedizione dei coniugi Mauro Meneghetti, sommelier e restaurant manager della storica famiglia della ristorazione Alajmo, e Simona Pahontu, giornalista, addetta stampa e alle PR e organizzatrice di eventi, è nato e da qualche mese viene distribuito questo aceto di vino ottenuto da uve Moscato bianco e giallo tipiche della zona.

«Un aceto — sostengono — che nasce da materie prime di qualità, per riscoprire un ingrediente, non solo un condimento, in grado di impreziosire con note fresche e aromatiche i piatti della migliore ristorazione sia tradizionale che d’avanguardia. Usare aceto non vuole dire mangiare acido, perché l’aceto dona freschezza, toglie stucchevolezza, conferisce digeribilità ai piatti.

Un buon aceto non è solo per l’insalata, ma può andare sul bollito di carni miste, sulla pasta e fagioli, sul pesce, sui fi chi caramellati, sulle frittate, specie se di erbe, sulle uova, sul frico di formaggio, sulla crema di uova sode, capperi e maionese da abbinare agli asparagi, su crudi di pesce, sulle capesante grigliate, sul risotto mantecato, nella salsa tonnata, su gamberoni al vapore, sulla piovra, sull’anguilla in carpione o fritta, sul tonno ai ferri e perfi no sulla frittata di cipolla di Tropea».

Il metodo di produzione utilizzato è quello defi nito primitivo. «Ottenuto da una lentissima acetifi cazione statica superfi ciale, a differenza di altri possibili procedimenti prevede la sosta in barrique per almeno un anno, a temperatura ambiente compresa tra i 20 e i 30 °C (per non perdere con calore eccessivo le componenti volatili) e l’assenza di diluizione con acqua. Ma soprattutto utilizziamo vini biologici e biodinamici non addizionati di solfi ti che potrebbero inibire una corretta fermentazione».

Burro e caviale di aceto Pahontu

(photo © Valentina Gallimberti Ballarin)

La storia è nota: l’uva diventa vino e il vino diventa aceto. Ma non è così scontato e consequenziale.«Il risultato fi nale in bottiglia — puntualizzano — vanta un’acidità tra le più alte sul mercato (10 vol.). Non è stato semplice all’inizio incontrare la disponibilità dei produttori che non vedevano di buon occhio la trasformazione di vino buono in aceto, pur piacevole e di qualità. Già trovare i primi venti litri per partire con le sperimentazioni è stato laborioso. Col tempo, lo scorso anno siamo arrivati ad ottenere 800 litri e quest’anno abbiamo 1.200 litri di vino già in cantina. Ma avremmo offerte per altre migliaia di litri».

La degustazione in cantina offerta agli ospiti è didattica ed essenziale con un assaggio che verte su tre tipologie di aceto: il primo in fermentazione da poco; il seconda da mesi, ma con la fermentazione non ancora completata; il terzo che è già in bottiglia.

Raccontano colori, profumi e sensazioni organolettiche in evoluzione. Dal più chiaro al più ambrato, dal meno . acido al più acido, dal meno aromatico al più aromatico, intenso al naso e sapido e persistente in bocca. «La cosa che vogliamo sottolineare e che non si forma nelle botti la classica madre, agglomerato cellulosico di natura batterica che, depositandosi sul fondo, può dar vita a sentori sgradevoli. Al massimo assistiamo ad una leggera velatura batterica che consente comunque al prodotto di respirare».

Le prove continuano e al momento hanno visto aggiungere al vino Moscato un vino ottenuto da Glera e uno da Pinot nero vinifi cato in rosa sur lie. «E comunque — sottolineano — vinifi cando un vino buono si mantengono i profumi di partenza del vino. L’aceto lavora ed evolve d’estate e riposa d’inverno. Parliamo di barrique già utilizzate quanto basta per non rilasciare tannino e sentori burrosi e vanigliati, ma che garantiscono la necessaria micro-ossigenazione. Il grado alcolico viene svolto quasi completamente in grado acetico, che nel nostro caso raggiunge il 10% circa».

L’Acetaia Pahontu è radicata nel cuore dei Colli Euganei e più precisamente a Baone (PD). Le botti sono ospitate all’interno dell’Azienda Agricola Le Volpi. La produzione avviene con il metodo primitivo, cioè la lentissima acetifi cazione statica superfi ciale, col miglior vino Moscato biologico e biodinamico senza solfi ti aggiunti

(photo © Valentina Gallimberti Ballarin).

Con lo chef PAOLO GIRALDO del ristorante CorteVerdeChiara (www. corteverdechiara.it) di Correzzola (PD), hanno costruito un menu mirato alla riscoperta dell’acidità, per rendere centrale il ruolo dell’aceto nel piatto: smussare i toni stucchevoli, dare profondità ai piatti, sferzare il palato. Il risultato è stata una cena didattica che si è svolta nella splendida cornice de “La Mugletta” a Teolo (PD), moderno B&B, caldo e accogliente, situato quasi sulla cima del monte rosso.

Euganei e di spessore i vini in abbinamento: Brut Nature 2010 di Monte Fasolo, Moscato Secco A Cengia 2017 di Zanovello e Trachite Bianca 2019 dell’azienda Alla Costiera di FILIPPO GAMBA. Tutti hanno accompagnato adeguatamente la verve di Giraldo e della sua brigata di cucina che ha proposto piatti colorati, gustosi e consistenti e impreziositi da un aceto che cerca spazio nella ristorazione che conta.

Partiti con burro e “caviale” di aceto, carpaccio di anguria e polpette di lenticchie con maionese all’aceto e cipolla agrodolce, si è passati al gazpacho di datterino con ricotta di bufala e verdure marinate, millefoglie di pesca e pomodoro con “ricotta” di mandorla e sorbetto alla cipolla, tortelli ripieni di crema di fagioli affumicati con salsa di gran kinara e bieta, scorza nera con crema di patate all’aceto, sommaco e spinacino, per chiudere con sorbetto all’aceto con spuma di cioccolato bianco, biscotto alla camomilla e lampone.

>> Link: www.pahontuvinegar.com

This article is from: