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E se l’occhio che conta fosse quello invisibile?
IL TEMA ORIENTALE DEL TERZO OCCHIO SI RIFERISCE A UNA
POSSIBILITÀ CHE È PRESENTE IN OGNUNO DI NOI: GUARDARE LE COSE
DA UN PUNTO DI VISTA PIÙ PROFONDO ED ESSENZIALE
In molte religioni e tradizioni mistiche e losoche ricorre il tema del cosiddetto terzo occhio. Si tratta di un antichissimo simbolo di origine orientale che riconosce la presenza, oltre agli occhi sici che osservano il mondo esterno, di una modalità di sguardo differente, una visione proiettata verso l’interno, in grado di vedere al di là della realtà ordinaria in cui è con nato lo sguardo sico esteriore. Nelle tradizioni religiose indiane, il terzo occhio si trova al livello del sesto chakra, viene chiamato “occhio della conoscenza” ed è considerato il centro dell’intuizione e dell’immaginazione creativa. Le Upanishad, testi religiosi e loso ci dell’India antica, descrivono l’essere umano come una città con dieci porte, di cui nove (due occhi, due narici, due orecchie, bocca, uretra e ano) conducono al mondo dei sensi, mentre la decima, il terzo occhio, conduce al mondo interiore.
La ghiandola pineale Alcuni autori hanno suggerito che il motivo del terzo occhio si riferisca alla ghiandola pineale, o epi si, una ghiandola endocrina posta tra i due emisferi del cervello. I pinealociti, cellule che si trovano nella ghiandola pineale, hanno infatti una somiglianza con i fotorecettori dell’occhio e sono deputati alla sintesi della melatonina che regola i ritmi circadiani seguendo l’alternarsi del giorno e della notte. Il losofo francese René Descartes ha parlato della ghiandola pineale come della “sede dell’anima”.
L’apertura del terzo occhio Molti esercizi spirituali e meditativi delle antiche discipline orientali, tra cui il Taoismo, si basano sull’apertura del terzo occhio. Le tecniche più diffuse prevedono l’assenza di pensieri, la visualizzazione di immagini, la focalizzazione dell’attenzione su speciche parti del corpo. L’apertura del terzo occhio porterebbe, secondo i saggi orientali, all’espansione della coscienza, ad una maggiore lucidità e allo sviluppo di una visione e di una conoscenza diretta del Divino.