Tele di Penelope. La pubblicità e il sapere ipertestuale

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libropi첫 2 Colla1lo diretto do Roberto ,'/araglia1lo


lA NUOVA ITALIA

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Tele di Penelope

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pubblicil'à e il sapere iperl'esl'uale


© Copyright 1996 by lo Nuovo Italia Editrice, Scandicci (Firenze)

Printed in Uoly l· edizione: aprile 1996 Grafico e impaginazione:

Felice Zingarelli Ilynx s.r.l.i, Ramo Copertino: Marco Capaccioli

(C.D.& Y.i, Firenze

Siompa: Sograte, Città di Costello (Perugia! ISBN 88-221-1781-6


INDICE

Prologo Dalla rele alla re,e Prima parte: personaggi. Cristiano È tutta una questione di termini

Qualcosa del ripo: rapporto rra forma e conrenuto

La costruzione del signifìcaw Pubblicirà, o dei sensi Micro-storie della pubblicirà

p.

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14 15 18 19 23

Le prime tracce

Approfondimenro sulle cararrerisriche dell'oralirà, indispensabili per capire la pubblicirà ascira della pubblicirà moderna

Manifestiamoci ascira della pubblicirà moderna 2 Poi è arrivato Carosello e la televisione

Ma dove sra la real rà? Il gioco degli sguardi

A ciascuno il suo gioco

26 33 37 39 43 45 48 51


Seconda parte: scena. Rossana

Chi ha paura della pubblicità? A proposito di Oliviero Toscani Non se ne può proprio fare a meno?

Bambini e pubblicità: le ragioni di un rappono felice Rossana in pratica

Lo specchio dei desideti Quando la pubblicità fa rima con qualità Ma come fa la pubblicità a piacere alla gente' Televisione, di tutto, di ...

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58 60 62 67 70 73 76 85 95

Terza parte: intrecci. Cyrano

Creo, dunque rubo A che gioco giochiamo? Ai confini del testo Così fan tu tti Della serie: serialità ed estetica delle comunicazioni di massa Apertura come ripetizione Apertura come rimbalzo

A che gioco giocherete, o Teste Creative

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Epilogo Il tempo dei ripensamenti

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PROLOGO

PerchĂŠ vi vantate di non essere nella zona dell'illusione e di vedere l'imbroglio dietro la tenda? Jean Cocteau, Oppio


DALLA TELE ALLA RETE

Questo libto è un libro un po' speciale. dal mio puntO di vista. per due ragioni strettamente collegate che adesso vi dirò, e che hanno a che fare: uno con la natura

del discorso che in esso si snoda. due con la presenza di quegli alrei due piccoli oggetti che lo accompagnano. Allora. per una volta andiamo con ordine. Il titolo è ... Tele di Pene/ape. ed è certamente cl' effetto, ma è anche fortemente legato al contenuto e alla struttura del suo testo. Ebbene. di che tipo è quella rele. ops tela. che non passa giorno ella fa e disfa a suo piacimento? (Chi sia a giocare il ruolo di Pendope in questo caso lo rivelerò tra poco, ma intanto... ).

Essendo un libro. anche questo è composto di un ordito eseguito secondo le regole della tradizione saggisrica occidentale alfabetica. scritta, stampata. Contiene quindi [Utti gli elementi tipici e oramai standardizzati di questa tecnologia della cultura. C'è proprio tutto, elementi testuali e pararesruali: quindi, cominciando da questi, il titolo, le epigrafi. il risvolto, la quarta di copertina, e proseguendo con gli altri, la divisione in parti, le sottodivisioni, l'indice, la numerazione delle pagine, l'ordinamentO lineare e sequenziale. Sì, dal puntO di vista della Struttura di base è

proprio un libro saggistico. non c'è dubbio. Ma pet quanto tiguatda la ttama' Intanto, pur appartenendo alla classe dei saggi questo libto ha una funzione divulgativa. e quindi lo stile nanativo. il registtO colloquiale e leggero seppure denso} sono scelte dettate dall'esigenza di catturare l'attenzione e l'interesse dellet-

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tore non soltanto con la forza e il rigore delle argomentazioni ma anche e sopra to con la scorrevolezza del discorso e con il suo disegno d'insieme. Ecco, ci sti avvicinando al punto che mi interessava esplicitare. Per comporre nel suo insi questo testo ho scelto il modello dell'arabesco. Cerco di spiegarmi. Se potessi presentare visivamente il motivo della tela di Penelope che ho intrecciato fra qu pagine vorrei che complessivamente assomigliasse a un tappeto medio orien Avete presente tutto quel rincorrersi e comporsi di motivi ornamentali propo riproposti in serie, diversamente orientati cosicché cambiano forma a seconda punto cardinale da dove li si li guarda' E la ricchezza delle ripetizioni e degli in ci di moduJi spiraloidi, magari poco significativi se isolati dagli altri, ma che ac stano densità di colore e spessore compositivo se osservati nel loro insieme d essersi allontanati appena un pochino? La rrama di quei rappeti è l'equivalente scrittura di quei popoli: un complesso e bellissimo sistema di segni che disegna ganti e suggestive linee di testo, che acquistano un contenuto soltanto quando guarda le esegue nella lettura. Ed eseguire non sta qui per compitare ma proprio interpretare, comporre, intrecciare. Così infatti funziona la lingua araba scritta quale, non essendoci le vocali, ad ognuno di quei meravigliosi di-segni il le deve mentalmente aggiungere gli elementi sonori equivalenti, per costruir frammento di testo con contenuto. Il mio testo assomiglia un po' ad un tappeto arabo. [ho tessuto seguendo disegno mentale che non fosse l'equivalente di una forma definita, chiara e com ta, ma come un discorso vero e proprio che io andavo svolgendo tra me e me, cando di immaginare ogni volta che cosa mi sarei chiesta se fossi stata nei pann mio interlocutore, quali dubbi o curiosità, quali esigenze di approfondimento avuto. In questo modo sono andata intrecciando alcuni motivi (come spunti t ci, esempi, riflessioni personalissime) in frammenti differenti del discorso: da p di vista o in ambiti tematici diversi li ho ripresi e reinterpretati, ridefiniti o ric mentati. Ora questo testo per apparire come tale ha bisogno intanto di essere ('g dato" secondo modalità diverse: e un pochino da lontano (in termini "alfabe diciamo alla fine) per cercare di coglierne il disegno complessivo che, por se ap e indefinito, esiste e significa. È qui e là secondo l'interesse del momento, pe pur avendo un ordine lineare i mi sono molti, vanno in direzioni diverse e si scegliere quale seguire, non c'è necessariamente un prima e un dopo, ma soltan "qui ed ora" del vostto sguardo che sceglie. E il vostro sguardo è essenziale emersione di quel disegno, non soltanto per poterlo vedere ma, proprio come scrirtura della lingua araba, per poterlo delineare come testo che dice qualcosa prio a voi. Ciò significa che, nel leggere le risposte ai miei dubbi, le riflessioni mie questioni, le esemplificazioni dei miei temi, non potrete evitare di intrec tutti i vostri ai miei. E vi capiterà di pensare o magari di esclamare: sì come q

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PROLOGO

volta, quando... ; oppure, no, ma che dice, io non sono d'accordo; O ancora, sì, come in queUo spot dove...; oppure, ma guarda, ci piacciono le stesse cose! ... Ecco, per leggere questo libro bisogna giocare al gioco di Penelope, tesserlo alla vostra maniera seguendo il guStO o il giudizio del vOStro personale disegno. on aspeteatevi da lui che vi tiveli una qualche verità o sapere oggettivi, ma usatelo come un compagno o un avversario con il quale dialogare o litigare. E' un libro, certamente, nella forma di un "tappeto arabo" che parla. Più che un saggio che afferma aspira (non ad essere aspirato o battuto, per favore) ad essere un saggio che s'interroga e pone più enigmi che soluzioni. Ora, però, se è vero che il disegno complessivo del testo aspetta voi per delinearsi ed emergere, è anche vero che nel comporne l'ordito e la trama anche io ho seguitO un disegno, e forse vi può essere utile dispotte di qualche altrO elemento che lo faccia riconoscere. Mi riferisco alla organizzazione del testo, alla sua divisione in tre parti e alla presenza esplicita di una premessa e di una conclusione. Intanto, il Prologo e l'Epilogo, oltteché una funzione metafotica di tipo scenico, ne hanno una teorica: sono i luoghi nei quali direttamente parlo del rapporto che ho istituito tra - cito il sottotitolo - Pubblicità e sapere iperrestuale. Tale legame è assunro sotto forma di ipotesi, ha la funzione di invitare iJ lettore a mettere in relazione due termini, "pubblicità" e "sapere", solitamente considerati come irriducibilmente lontani. E la possibilità di istituire il collegamento sta in quel termine "ipertestuale" che forse suonerà un po' criptico, al principio, ma credo che si chiarirà via via (e se ciò non dovesse accadere vi converrà leggere e provare il libro + dischetto di Stefano Penge, editi in questa collana con il titolo di Storia di un ipertesto). "Iperrestuale" sta per forme di sapere costruite su logiche e procedure molto divetse da quelle che costituiscono la regola per noi, figli del libro: si ttatra di logiche non lineari e argomentative, ma reticolati e associative; si tratta di procedure empiriche e proiettive. Dentro queste logiche è possibile assumere la pubblicità come un modello di sapere che ci rivela, allo stesso tempo, i modi della ipertestualità e la natuta specifica dell'ipertestualità pubblicitaria. Le tre parti nelle quali è diviso il testo ricostruiscono da punti di vista diversi le cararreristiche, i modi e l'estetica della cultura pubblicitaria. Data la natura narrativa e tearrale di questa cultura, ho inserito ciascuna parte in una cornice di tipo scenico, dedicando ognuna a uno dei protagonisti principali di quella "allegoria" della retorica pubblicitaria che, secondo me, è il Cyrano de Bergerae di Edmond Rostand. A Cristiano, l'innamorato bello e poeta impossibile, è dedicara la prima pane Personaggi - nella quale ho cercato di delineare, l'identità e l'''etologia'' di quell'animale davvero poco conosciuto che è la persona in quanto consumatore. Per incontrare il consumatore lì dove si annida è stato indispensabile ricostruire, anche se per grossi tratti, le forme storiche che la pubblicità ha assunto per attrarlo nella sua rete.

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A Rossana, l'amata colta e spigliata, è dedicata la seconda parte - Scena quale ho descritto ed esemplificato abbondantemente gli strumenti linguis meccanismi retorici utilizzati dalla buona pubblicità per richiamare l'atte dell"'animale" consumatore. In questo modo ho potuto descrivere quelle che consumatori richiedono come qualità essenziali e necessarie della buona pubbl A Cyrano, 1'eroe appassionato e suadente, è dedicata la terza parte - Int nella quale ho fatto il possibile per dare contO dei contenuti e delle fotme quali la pubblicità tesse le sue tele. Così sono emerse la natura e le caratter dei materiali che la pubblicità fa suoi, i modi nei quali li tratta, e i rapporti stretti che intercorrono fra la Cultura e la cultura pubblicitaria. E qui ho pre ampiamente il software di cui a (ca poco. Più o meno di questo parla il saggio. D'altra parre, e qui vengo alla seconda specialità, si tratta di un libro no libro. Non vorrei sembrare eccessiva, ma la presenza di quei due oggettini pi le sue pieghe, non fa che contribuire a trasformarne natura e funzione. Un infatti, solitamente è un testo chiuso, rigidamente e ordinatamente struttu modo gerarchico. Allo stesso tempo, un saggio presenta e tratta il suo ogg forma astratta, mediata dalla scrittura che, proprio per sua natura e funzion mette di prendete le distanze dall'oggetto d'indagine, di svolgere attività di a di interpretazione separando l'esperienza diretta e concreta dalla riflessione Del petché questo libro è poco un saggio ho detto fin qui. Del perché lo è meno nel momento in cui prendete tra le mani i due floppy disc con il prog Teste Creative e lo avviate sul vostro personal computer adesso vi dirò. Siamo abituati a pensare così intensamente ed esclusivamente che il sapere smette sotto forma di testi perché soltanto i libri garantiscono della verità e au lezza dei nostri argomenti, da avere la tendenza spontanea ad eliminare dal ''tavolo'' di lavoro conoscitivo ogni tipo di incontro con l'esperienza co Partiamo normalmente dal presupposto che per imparare bisogna prima d sapere (a costo di molto tempo e fatica) per fare, per cui molto spesso capita a que di noi di comportarsi come se davvero questo fosse un assioma indisc magari riempiamo la nostra abitazione di manuali su Come si fa questo o quest dopo averli letti e desolatamente constatato che tra quello che leggiamo e que proviamo a fare il baratro è sconfinato, li lasciamo ad invecchiare sugli scaffal e gli strumenti di cui ci eravamo dotati ben speranwsi di farcela, questa volta. Questa volta non vogliamo che capiti: ecco perché vi vogliamo "irretir una lettura articolata ma leggera e con un ambiente operativo con il quale d vi. Partiamo dunque da un altro presupposto cognitivo: che molte delle co presumiamo di dover sapere in realtà le conosciamo già, solo che non lo sap Quindi, ciò che ci serve non è tanto ripercorrere tutto il cammino che ci po

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PROLOGO

l'oscurità alla luce, guidati passo passo da chi tiene in mano la torcia, ma piuttosto essere messi in condizione di ri-conoscere, magari al tatto oppure sotto altro nome, o ancora con la scusa di un gioco, le cose che fanno parte attiva e partecipe della nostra vita. Ci sono saperi che più facilmente si prestano ad essere oggetti della seconda modalità di conoscenza per "contatto": quelli relativi all'universo delle comunicazioni di massa sono tra questi. Basta cioè essere esposti al fenomeno per sapere di cosa si tratti, l'acquisizione delle conoscenze avviene contemporaneamente all'esperienza direrra. E molro probabilmenre è per quesra ragione che i bambini, grandi consumatori di televisione, pubblicità, computer, sono grandi esperti di tali materie, checché ne dica la scuola e il mondo adulto. Insomma, il nostro essere consumatori spontanei di linguaggi multimediali è misura del nostro saper fare con essi: certo, avremo a disposizione un sapere non mediato, lo conosceremo forse con un altro nome, ma sarà questo il fondamento di ogni altra modalità di conoscenza. Ad esempio, in un messaggio pubblicitario non è tanto importante distinguere una metafora da un'anafora, quanto ragionare sul significato che assume per ciascuno di noi quel dato elemento, confrontarlo con le opinioni degli altri, esprimere le nostre preferenze, individuare collegamenti con elementi simili incontrati in altre occasioni, effettuare connessioni tra versioni diverse dello stesso elemento. Non è mica cosa da poco, se è vero quello che raccontano i creativi delle fasi del loro lavoro, quando per prima cosa provano il prodotto del quale devono costruire una certa immagine, confrontano tra loro tutte le pubblicità dei prodotti concorrenti, osservano e analizzano un gran numero di comunicati pubblicitari di prodotti simili o del tutto diversi, tutto ciò per ispirarsi dandosi una regolata su quel che c'è o non c'è in giro. I primi grandi consumatori di pubblicità sono proprio i pubblicitari. Anche voi, nel momento in cui vi avvierete ad operare con Teste Creative ritroverete direttamente la dimensione dell'esperienza quotidiana di "consumatori" di pubblicità, e non avrete bisogno necessariamente di stare in compagnia della mia, ma di testa vostra andrete a mettere il naso in faccende che sicuramente riguardano anche voi. La pubblicità è un orizzonte che ci coinvolge tutti, perché senza le nostre teste quelle dei creativi di professione certamente non funzionerebbero. La pubblicità non è innocente, affermava Roland Barthes: se dice deve colpire, e per farlo ha bisogno di tutti noi. Se dunque il libro è essenzialmenre, di nome e di farro, la MIA rela di Penelope, col programma il ruolo di Penelope divenra uffìcialmenre VOSTRO: finalmenre porrere fare e disfare mille volre la vosrra rela, giocando a dialogare o a confliggere non più con me, come nella lettura del testo, ma direttamente con i pubblicitari e con le loro trame. E in fin dei conti con le vostre, perché le loro non possono che esserne immagini rispecchiate, pur se perfette e levigate. Potrete infatti mettere operativamente alla prova alcune delle ipotesi, delle idee o suggestioni che riceverete

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dalla lettura: attraverso l'esame formale e semantico di alcuni annunci pubbli attraverso lo smontaggio e il rimontaggio di quei modelli, oppure attraverso l'i zione di assolutamente nuove configurazioni. E potrete tornare ai ragionamen materiali del testo con una diversa consapevolezza e disinvoltura. liste Creative vi mette nella condizione di sperimentare e i meccanismi reto formali che fanno funzionare la comunicazione pubbliciraria, e le forze che me in arto la formazione delle idee. Se il libro vi invita a visitare la bortega dell'arti per osservare come lavora, a vedere come funzionano gli strumenti che usa e m a provarli, il software vi mette a disposizione un laboratorio nel quale menerv prova in prima persona, magari scoprire il "pubblicitario che è in voi". Lo scop gioco non è, infatti, tanro quello di insegnarvi il mestiere di pubblicitario, ma tosto quello di farvi esercitare il ruolo di espeni, in quanro fruitori, di pubblicit Per questi motivi, libro e discherti non sono uno il gadget dell'altro, non tuiscono un set di risparmio (della serie "Due al prezzo di uno"). Al contrario due strumenti che devono funzionare insieme perché l'uno, il libro, apre ai du alle curiosità; l'altro, il progtamma, apre alle idee e alle interpretazioni. Se il pone enigmi il secondo cerca di rrovacne la soluzione. Ma siccome i problemi senza soluzioni, e queste, a loro volta, sono infinite, il gioco non finisce e Pen non smette di tessere la sua tela. Prima però che passiate alla lettura e al gioco è necessario che vi rubi anco pachino di tempo per illustrarvi

Almeno sei buone ragioni per leggere (o non leggere) questo libro

Prima ragione: Pensate che la pubblicità sia un marchingegno che ci rende de macchine del consumo' Non leggerelo, vi furà arrabbiare. Oppure sì, legg forse incrinerà qualche pregiudizio di rroppo. Seconda ragione: Giudicate che l'apparire costituisca una degenerazione d sere, frutto di questi oscuri tempi presenti? on leggetelo, vi offenderà. Opp leggetelo, vi rispecchierà. Terza ragione: Sostenete che al mondo ci siano saperi "alti", cioè colti se dai saperi "bassi", cioè ignoranti? Non leggetelo, vi confonderà. Oppure sì, le lo, vi aiuterà a rivedere le mappe dei vostri riferimenti culturali. Quarta ragione: Affermate che la realtà è una cosa e la finzione un'altra, e c le due dimensioni bisogna bene saper distinguere? Non leggetelo, vi sorpre Oppure sì, leggerelo, vi sorprenderà. Quinta ragione: Condividere l'idea che conoscere sia la ricerca dell'ordine

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PROLOGO

chiarezza, l'attività di definizione delle regole e dei principi? Non leggetelo, vi sconvolgerà. Oppure sì, leggetelo, vi terrà buona compagnia. Sesta e per ora ultima ragione: Aspettate da un libro l'illustrazione di una teoria convincente che comunichi informazioni sicure e dissipi dubbi e sospetti? Non leggetelo, non vi soddisferà. Oppure sì, leggetelo, agiterà la vostra inquietudine. Se anche una soltanto di queste motivazioni vi appartiene allora vi consiglio di continuare a tenerlo tra le mani smettendo soltanto per sedervi alla tastiera, oppure entrambi le cose nello stesso momento, magari gettando un occhio alla televisione accesa o sfogliando una rivista alla ricerca di pubblicità che vi piacciono. Per una volta leggere sarà l'occasione di partecipare al gioco della conoscenza, e giocare l'occasione per "leggere" a modo VOStrO quel che tutti giuriamo sia la realtà. Con la pubblicità giocare è più facile e divertente, va bene quindi cominciare da qui, sapendo però che può servirci anche come esempio e modello di un sapere che è tale nella misura in cui emerge dall'esperienza concreta di ciascuno di noi. Un sapere avventuroso che non si limita a riconoscere oggetti ma li costruisce intrecciando frammenti di realtà in trame personali. Infine, un'avvertenza A ragione di tutto quel che sono venuta dicendo sulle caratteristiche e le intenzioni di questo libro, ho e abbiamo decìso di eliminare note e bibliografia nella forma che ci si aspetta di trovare in un testo di natura saggistica. Alle note abbiamo sostituito delle schede di approfondimento, per quanto possibile corredate di illustrazioni. Per quanto riguarda la bibliografia, nel testo troverete citato il titolo e l'autore, mentre i riferimenti completi li troverete direttamente nella bibliografia contenuta in Tèste Creative. E mille ringraziamenti A Roberto Maragliano, per aver dato fiducia e sostegno alla cocciutaggine con la quale solitamente sostengo le mie idee. A Giuseppe Moscato, alias Maestro Pino, per aver lungamente e con entusiasmo lavorato con me e con i suoi alunni. A tutti gli amici e le amiche con i quali ho collaborato fin qui, che si sono abituati a giocare con le mie intemperanze estetiche. A questo punto non mi resta altro che augurarvi, e augurarmi, buon divertimento.

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PRIMA PARTE: PERSONAGGI


CRISTIANO

Cristiano ama Rossana, sperando di essere ricambiato. Diventa amico e confidente di Cyrano al quale Rossana, per proteggerlo, lo affida. Ben presto Cristiano chiederà aiuto aLL'amico: il suo sentimento, per quanto profondo, non riesce a trovare le parole per esprimersi. Rossana lo ama, ma è molto esigente in fiuto di discorsi d'amore. Cyrano presterà aLL'amico la sua voce, la sua poesia, eperderà fino alL'ultimo respiro la sua jàccia. Cristiano, nonostante le apparenze, che lo vedrebbero personaggio secondario, è in realtà jòndamentale perché rappresenta la beLLezza e la verità che hanno bisogno di essere tradotte in discorso. Senza il soffio della voce di Cyrano nelL'orecchio, Cristiano è pura apparenza di realtà e di vita, ma reso vivo è colui che permette agli altri due di costruire la propria verità fatta di parole, di sospiri, e di una ignara lacrima. Cristiano ha bisogno di Cyrano per avere voce, Cyrano, a sua volta, ha bisogno di Cristiano per potersi specchiare nella sua bellezza e trovare il coraggio di cercare le parole che gli servono per esprimersi.


......

E

tutta una questione di termini

Lo diceva anche Maurizio Ferrini. creatura arboriana di prima maniera: "Lo dice

parola stessa!" E infatti fare pubblicità significa: rendete pubblico, informare. parola pubblicità viene dal latino "publicitas", ovvero "cosa resa pubblica" e sott nea la funzione principale della comunicazione pubblicitatia, quella referenzi comprendente le indicazioni sulle caratteristiche e le qualità di un prodot Semplice no? Sì, cioè no... aspettate un attimo, la questione è più complicata. Ba infatti frugare tra le lingue neolatine, e troviamo, accanto ai termini corrisponde all'italiano "pubblicità", la parola réclame. la quale, etimologicamente e storicam te ha a che vedere con la pubblicità ma non può essere utilizzata come un sinoni (vedremo più avanti perché). Cambia l'etimologia, dunque anche il significato termine: il francese réclame. il tedesco rek.1ame, ad esempio, derivano dal verbo l no reclamare, che vuoi dire: gridare, allenare. Dunque, in questo caso fare récla vuoi dire: richiamare in modo convincente l'attenzione di qualcuno. La funzi comunicativa principale sarebbe perciò queUa esortativa, basata su component carattere emotivo. E allora? Qual è il vetO significato del termine, e quale la funzione fondament della comunicazione pubblicitaria? Risposta: sono veri entrambi. sono fondamentali tutte e due. Come accade n maggior parte dei casi, fortunatamente la verità delle cose non è univoca, unifor definitiva. Così anche questa volta: sono i contesti e le pratiche d'uso, le forme interazione, i campi di esperienza. a dare senso e definizione alle cose. Se cambi i primi cambiano anche i secondi, e le "etichette» degli oggetti presentano an aspetti e significati contrastanti. Per quanto riguarda quella cosa che si chiama p blicità l'esistenza di due termini dal significato così diverso per indicare lo ste oggetto dipende, a mio avviso, da almeno due ragioni fondamentali: la prima duplice natura (che le teorie linguistiche hanno via via descritto nei termini significante/significato, forma/contenuto, sostanza/espressione) di ogni forma comunicazione linguistica; la seconda è la natura ibrida della pubblicità. che pa cipa sia delle forme orali sia delle fotme scritte della cuituta. C'è un rapporto, na ralmente, tta l'una e l'altra, rappresentato dalle pratiche d'uso della pubblicità n storia della nostra cultura. Vediamo un po' meglio questi punti, in modo da fornire alcuni material riflessione con i quali incorniciare il tema/problema sullo sfondo, riassumibile c visto che la pubblicità non solo esiste, ma sembra essere determinante per il no modo di vivere. è possibile affrontarla come fenomeno complesso senza necessa mente sfogliare ogni volta tutta la matghetita dei lamenti e degli imptopeti?

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CRISTIANO

Q

ualcosa del tipo: rapporto tra forma e contenuto

Vediamo intanto le ragioni della prima ragione, quella relativa al rapporto tra il livello dell'articolazione linguistico/alfabetica e il livello della attribuzione di significato, presente in ogm evento comunicativo. Semplificando (è una parola!): se io pronuncio e poi trascrivo la parola NASO, io ho già compiuto una complessa operazione linguistica con la quale richiamo alla mente un oggetto attraverso una sua rappresentazione. "NASO" mi ritaglia un frammento di realtà, una serie di casi singoli o una classe di oggetti tutti definibili secondo alcune categorie generali (grandezza, qualità, relazione, ecc.). Insomma, condivido con i miei inrerlocurori un medesimo contenuto, un "denotatum", come direbbe Eco citando Morris. Ma questo contenuto, ottenuto intrecciando elementi di forma (i segni alfabetici corrispondenti ai suoni) e di sostanza (il rimando a un oggetto attraverso segni linguistici caratteristici di una lingua), non è stabile, determinaro e definitivo: al contrario muta continuamente e sul versante della produzione e su quello della ricezione. In sintesi, quel "NASO" non sarà mai lo stesso naso per tutti nello stesso modo. Il significato non si sovrappone precisamente e indefinitamente al denotatum Sul versante della produzione, a seconda di come, ad esempio, pronuncio la parola solleciterò emotivamente una interpretazione sempre diversa: pensate che sia un segaligno maggiordomo impeccabile a proiettare fuori dal suo il suo modo stretto e nasale di pronunciare la parola "NASO". È evidente che io qui ho fatto l'operazione contraria: ho pensato ad un modo supernasale ed impostato di pronunciare la parola e mi è venuta in mente l'immagine, un po' caricatura cinematografica, del maggiordomo. E così via. La forma sonora della parola pronunciata provocherà, perciò, molteplici variazioni del suo contenuto-oggetto, così come quest'ultimo assumerà innumerevoli sfumature del suo significato a seconda del testo/contesto in cui verrà inserito. Pensiamo, ad esempio, a tutte le declinazioni metaforiche che, nella nostra lingua, giocano coll'oggetto-naso. Sempre sul versante della produzione, buona parre del significatO che verrà attribuito ogni volta al termine che ho impiegato dipenderà dal contesto d'uso in cui è inserito. Se, ad esempio, io pronuncio la frase: "Non metterti le dita nel naso!", rivolgendomi ad un adulto in una situazione riservata, la mia intimazione presumibilmente produrrà una reazione d'imbarazzo nel mio interlocutore, la cui intensità sarà graduata sulla scala della intimità della mia relazione con lui. Sul versante della ricezione, quindi, la mia frase, anche per effetto del tono più O meno delicato che assumerò nel pronunciarla, suonerà come la sanzione per un comportamento non corretto: quel povero denotatum, apparentemente neutrale, si macchierà così di una colpa di cui è del tutto inconsapevole. Le situazioni comunicative sono continuamente sollecitate dalle reazio-

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ni emotive provocate da ciò che gli interlocutori ritengono g\USto o sbagliato, piacevo o ripugnante: ogni collettività possiede codici (ovviamente sempre sottoposti a trasfo mazione) di comportamento anche linguistico, ai quali anche gli individui si ispiran e che determinano la pertinenza. la correttezza, l'accettabilità di determinate esecuzio e scambi comunicativi, la loro percezione ed interpretazione da parte dei riceventi. Se la mia stessa frase, sottratta ad uno scambio privato, divenisse di domin pubblico, indirizzata da un adulto, mettiamo, a un altto adulto nel contesto de Spot di una marca di fazwlettini di carra, sarebbe destinata a provocare un effe scandaloso, visto che nell'enciclopedia di formule comunicative pubbliche ce pratiche sono considerate poco rispettabili, e dunque anche, e soprattutto, il so farvi riferimento. Che certi piccoli eventi fastidiosi e poco puliti avvengano in pu blico... Mamma, che impressione! Certe cose non si fanno ... O si fanno e non dicono. Invece, se la stessa frase fosse invece indirizzata a un bambino l'effetto p dotto sarebbe meno impressionante, visto che la condizione infantile amme ancora l'effettuazione di certe operazioni vietate in pubblico agli adulti. In que caso - peraltto poco ptobabile proprio per l'alto livello di censura sociale in incorrerebbe - la situazione comunicativa rappresentata metterebbe in scena tabù, sfidando il buon gusto e le regole della buona educazione. Si potrebbe dire e a proposito: «Ma insomma, è una questione di forma!" N Stavamo parlando di questo? Anche, proprio per dire che comunicare è un'attiv complessa che non si fonda sulla trasmissione di informazioni come fossero un discrete neutre, ma bensì sull'interazione tra le intenzioni, le aspettative, i gust valori, le conoscenze, degli uni e degli altri esseri in rapporto di comunicazione. stesso paradigma della comunicazione è incapace di dare ragione di questa compl sità: c'è chi, come Ugo Volli {vai se vuoi alla scheda ~, propone di sostitu lo con il concetto e la pratica del gioco. soprattutto quando abbiamo a che fare c forme di comunicazione, come quelle televisive e pubblicitarie (d'altra pane que ultime si influenzano reciprocamente). che sollecitano reazioni emotive molto co volgenti. La pubblicità ha (attualmente in modo particolare) il delicato compit che le viene quasi sempre rimproverato come una colpevole responsabilità - di d conto di un oggetto-prodotto, con tutte le sue reali o presunte ragionevoli qual attraverso la sua immagine, prodotta dallo specchio magico del suo genio creati Non a caso. i creativi Storcono il naso quando devono realizzare la pubblicità prodotti appartenenti a categorie merceologiche ritenute di basso livello, com detersivi: sfido chiunque a giocare con la suggestività semantica e semiotica di liquido sgrassante O una polvere sbiancante! Eppure sarebbe ora che i pubblici provassero a giocare esplicitamente con l'intoccabilità dei prodotti che devono c tribuire a rendere visibili. Il gioco della comunicazione si farebbe ben più intrigan divenente. leale. In qualche caso, comunque, ci sono riusciti: qualche inverno fa,

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GIOCO

n

uestO è un argomento che spaventa e scandalizza 5Opr,murto coloro che credono al valore ed.uca-

~ivo

della storia: vi si intravede il pericolo del relativismo. cioè la perdita di quei solidi oriema-

menu (valori, principi, tradizioni, saperi) che permettono di esprimere giudizi sulla storia e la cultura di cui ciascuno di noi è pane. Ma è proprio la partecipazione. l'essere in situazione dei singoli e delle collenività a costruire la sroria e la cultura. Così come non possono esserci dei semplici oggetti da studiare (e la scienza, la fìlosofia, l'arte di questo nostro agitatissimo secolo l'hanno scoperto e speri me n[3[0 abbondantemente)' così non esistono sguardi che non siano parziali, privati. Essere consapevoli di ciò diventa il fondamento della cultura della tolleranza e del rispetto e non, al contrario, un invito alla deresponsabilizzazione. Ugo Volli, inquieto e colto filosofo del linguaggio, nonché critico teatrale, ha scrino pagine bellissime sul valore e i limiti dello sguardo. Qui riporto soltanto alcune righe di uno dei cinque saggi (è il secondo, "La tentazione del monoteismo") che compongono il volume intitolato Apologia del silenzio imperfetto, edito nel 1991 da Feltrinelli: "Gli sguardi sono essenzialmente diversi tra loro: essi portano sempre segnata su di loro la loro origine, proprio perché non si possono staccare dal Qui da cui provengono e dalla sua persona sociale. Lo sguardo è dunque donna, ebreo, nero, del ventesimo secolo, scientifico, delirante, amoroso, mio, tuo. Il puntO di vista è origine, ma si può anche intendere come puntO di mira, luogo dell'intenzione e dell'appetito. Si vuole ciò che si è preso di mira, dunque ciò che si è guardato, non solo visto. In questo senso molto concrero lo sguardo pone i valori, calandoli nel mondo e ritagliando il mondo intorno ad esse. Li pone sulle cose e li crea fra esse, trasformandoli in fatti". E qualche riga più SOtto: "Il mondo espone il mio sguardo alla responsabilità, il mio sguardo è un rischio per me". Ugo Volli ha scrino almeno un altro libro molto importame per me: s'imitala Per il polittismo (ancora Feltrinelli), è anche questo composto di una serie di saggi, uno dei quali è dedicato alle modalilà di fruiz.ione della leievisionc da parte dei le!espcnatori, più simili alle praliche del gioco che non a quelle delineale artificiosamenle dal paradigma classico della comunicazione.


esempio, bucava il video l'originalissimo SpOt di un colluttorio, nel quale un c composto di uomini e donne tutti rigorosamente in pigiama, eseguiva una m trionfale di Edgar facendo i gargarismi, modulando in modo musicale i rumori ne derivavano. Lo spot piacque e schifò allo stesso tempo. Anche dei bambini d ro che: "No, cerre cose non sono belle da vedere. soprattutto se uno sta mang do". Qui la pubblicità ha messo in scena un tabù (analogo a quello delle dita naso), e lo ha pOtuto fare giocando sul meccanismo della decontestualizzazion coro di appena risvegliati), della sorpresa (la musica colta .... eseguita da person pigiama) e dello straniamenro ironico (il brano eseguiro dai rumori gargaritmici

L

a costruzione del significato

Comunicare, allora, non significa trasferire significati-via-significanti ma ritag comporre, incorniciare e interpretare ogni istante frammenti di idee, conosce valori, esperienze. Il mondo non sta lì per essere comunicato ma casomai comu per essere lì dove ogni volta decidiamo che debba o possa temporaneamente (vedi anche la scheda mIiI!!]). Di solito non si pensa in questi termini alla na e alle strategie della comunicazione. Uno dei maggiori pregi, forse il princi della comunicazione pubblicitaria è proprio quesro: fare esatramente quello che La pubblicità serve a convincere? (Se vi interessa saperlo subito potete correre dir mente alla seconda pane di questo volumetto). Bene, quello fa, senza inganni semplicemente costruendo piccoli mondi complessi narrati a ciascuno di noi. Ora mi sembra chiara quella frase pronunciata da Achille Mage, un regista cese di spot pubblicitari, (un personaggio di un bellissimo romanzo di M Tournier, La goccia d'oro) mentre gira lo spot di una bevanda stile tropicale c chiama Palmeraie. Dice: "- Fermi! Non ci siamo ancora. Bisogna dare l'impres della verità, capite? Questa non è un'operetta. Se non ci credete non riuscir vendere niente. Quesro è l'ABC della pubblicità. La pubblicità è onesta!" Non si fa fatica ad ammettere che la funzione linguistica principale eserc dall'arte dell'advertising è proprio quella conativa, ovvero quella che riguarda partizione di ordini. Siccome, però, non può ordinare seccamente: "COM PERCHÉ LO DICO 10 ' '', così come io non posso in pubblico dire al mio v di tavola: "NON METIERTI LE DITA NEL NASO!", allora deve trovare t modi possibili per dire quello che deve fare cercando di non sbagliare. Tutro qui Se dovessi associare alla pubblicità un personaggio teatrale sceglierei di si quel pover'uomo di un bourgeois gentilhomme, ingannato e preso in giro da t suoi servirori, padroni delle arti e dei saperi che contano. Così la pubblicità è o perché ci rivela, a noi poveri ma fiduciosi gentiluomini e gentildonne, quello c

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cultura e i saperi ai quali ci inchiniamo timidi e testardi non ci dicono (perché non possono o non vogliono): che la realtà non esiste se non dove la mia-tua-vostra lingua, i miei-tuoi-vostri saperi, le mie-tue-vostre esperienze ne costruiscono frammenti infiniti, mutevoli, intrecciati incostantemente a milioni di altri. Ha senso leggere questo libro e giocare con il programma che lo accompagna se si scopre improvvisamente, come capita al buon borghese con la prosa, che la comunicazione pubblicitaria, nel bene e nel male, è una metafora del nostro stare con e nel mondo. Ma torniamo al rapporto tra forma e contenuto con l'esempio inventato di prima. Se invece che un adulto qualunque a pronunciare la fatidica frase-choc fosse, udite udite, nientepopodimenoche Cyrano de Bergerac, cosa ne sarebbe di tale rapporro sul piano strettamente linguistico? Se fosse proprio lui a dire rivolto a qualche damerino colto in flagrante "Non metterti le dita nel naso!", e nel dir così gli porgesse un fazzolettino di una certa marca, quel rapporto tra ciò che si dice e il modo in cui si dice, e le ragioni dette e non dette per cui si dice, e tutto il resto, non apparterrebbe più alla lingua cosi come ce la fanno conoscere le teorie, ma tutto e subito alla lingua di così-va-il-mondo. Improvvisamente, infatti, su quella frase precipiterebbe una rete intrecciata di segni, simboli, significati, elementi retorici, citazioni, tutto sotto il segno inequivocabile dell'ironia, buona per tutti. Per chi non sapesse dell'esistenza letteraria e teatrale di Cyrano resterebbe la sorpresa e il divertimento di vedere quel gran naso vietare ad altri quel che solo a pensarlo per sé parrebbe impossibile. Per chi avesse invece la fortuna di conoscere e magari amare Cyrano, il divertimento sarebbe doppio pensando a quel suo attributo sottofrontale intoccabile ed ineffabile, e la sorpresa mescolata al piacere di ritessere in un attimo la sublime storia d'amore di quel naso. Ecco dunque che una frase comune e banale, composta linguisticamente di forma e di contenuto, acquisirebbe nella messa in scena un'identità globale e indissolubile.

p

ubblicità, O dei sensi

Nella pubblicità vengono attivate le stesse procedure estetiche della poesia, ma in modo plateale, gratuito, oggettivato (diciamo anche reificato, visto che il messaggio esiste in quanto immagine del prodotto da vendere). Per entrambe vale la seguente criptica frase di Umberto Eco, ripescata nelle lontane ma sempre attuali pagine della sua Opera Aperta: "II significato rimbalza continuamente sul significante e si arricchisce di nuovi echi; e tutto questo non avviene per un miracolo inspiegabile ma per la stessa natura interattiva del rapporto gnoseologico, tale quale è spiegabile in termini psicologici, intendendo cioè il segno linguistico in termini di 'campo di stimoli"'. Ciò significa che se in quest'istante io scrivo di nuovo la parola "NASO",

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non posso evitare di scatenare nel lettore tutte le associazioni, esplicite ed impli prodotte fin qui intorno all'oggetto naso. Per tutti coloro che condivideranno la tura di queste tighe, il NASO non sarà mai più quello di prima, così come non più per me. Essendo ambigua la natura del segno linguistico, il rapporto tra forma e co nuto è continuamente dinamico, reciproco, multiforme, sia sul versante della duzione linguisrica sia su quello della fruizione. Ciò che ha a che vedere co dimensione del significante ha costantemente a che vedere con la dimensione significato: esse sono inseparabili. Ovvero, lo dicevo sopra, non esiste un conte to/messaggio trasmesso attraverso un messaggio-i n-forma: ciò che viene det sempre, allo stesso tempo, funzione e condizione del modo in cui viene de Nell'esempio, alquanto improbabile, di Cyrano come "testimoniai" di una marc fazzolellini di carta è evidente che il contenuto del messaggio (a differenza d poesia che SOttO una forma unitaria rivela molteplici significati, la pubblicità a verso un'articolazione complessa di elementi formali costruisce un significato un è pressoché questo: SE COMPRI QUESTA MARCA DI FAZZOLETT POTRAI CONSIDERARTI FINALMENTE UNA PERSONA DISTIN Mentre aspetti formali sono lo stesso Cyrano, b. frase che pronuncia, la chiave nica e parodistica. Possono fare a meno gli uni degli altri? Certamente no. E se, come ho già anticipato, la comunicazione pubblicitaria ha come sc quello di indurre al consumo ha bisogno di ricorrere a tutti gli artifici formali p bili per costruire il contenuto di cui ha bisogno: dovrà dire qualcosa a proposito prodollo (dimensione della referenzialità), ma lo dirà in modo suggestivo (dim sione dell'emotività) al suo pubblico di riferimento (target). Sui modi per indurre al consumo, con qualche riferimento alle vecchie e nuove teorie, si dirà nella seconda parte di questo lavoro, mentre un'anticipazi che riguarda gli atteggiamenti delle persone nel ruolo di consumatori, si dirà avanti, sempre 111 questa pClma parre. L'inscindibilità tra gli aspetti formali e quelli di contenuto, dunque, intre nel messaggio la funzione informativa con quella di richiamo suggestivo, e pro per raggiungere tale scopo, le attuali strategie pubblicitarie separano nettame campi di lavoro: in un'agenzia, del contenuto si occupa la sezione di progettaz mentre della forma quella di realizzazione eppure, in misure e secondo mod diverse (a queste differenze faccio riferimento più in là nella mini-storia della blicità) pubblicità e réclame convivono inseparabilmente. Ne è testimone, tor mo al lessico dopo essere partiti da una questione di termini, la parola "adv sing" che, ovviamente nelle lingue anglosassoni, esprime l'azione espressa dal v "advettise". Sentite a questo proposito cosa dice il W_bsler's Third lnternational Dictionary al punto 2c della voce "advertise": "(I): to give pu

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notice of: announce publicly esp. by a ptinted notice or trought a tadio or television broadcast (2): ro cali public atrention ro esp. by emphasizing desirable quali[ies so as ro arouse a desire ro buy or parronize". Ovvero: l) Dare notizia pubblicameme tramite: annunciare pubblicamente specialmente attraverso mezzi a stampa, oppure sistema radiofonico o televisivo. 2) richiamare pubblicamente l'attenzione

in panicolare facendo risaltare qualità desiderabili per stimolare un desiderio di acquistare o possedere.

I due significati riuniti nella parola che viene dal paese che la pubblicità ha eretè esattamente quello di cui ho parlaro fin qui?

to a sistema. Non

C'è una divertentissima esemplificazione di tuttO questO discorso nel eyrano de Bergerac, che mostra come la bellezza e il gioco della comunicazione stanno proprio

nella simbiosi tra il dire e il sedurre con le parole. Per diverse ragioni ho scelto di coinvolgere eyrano nelle mie [rame, come una specie di Virgilio carnale e appassionato, ironico e profondo: verranno a galla via via e mi aiuteranno ad intrecciare e a

dare forma ai fili del discorso. Intanto, eccolo qui, il mio eroe della doppiezza, dell'amore e dell'astuzia, con tutta la sua voglia di attaccat briga con le parole, mentre reagisce alle misere provocazioni di un damerino suo rivale in amore che, cercando di farlo infuriare. pronuncia in questa forma la parola impronunciabile, ovvero "naso" (ma senti senti!):

IL VISCONTE "Voi... voi... avete un naso... eh... molto grande.'...

CYRANO Infimi! Il VISCONTE Ah! CYRANO Questo è tutto' IL VISCONTE Ma... CYRANO È assai ben poca cosa! Se ne potevano dire... ma ce n'erano a josa,

variando di tono. -Si polea, putacaso, dirmi, in tono aggressivo: "Se avessi un cotal naso, immediatamente me /o farei tagliare.'''

Amichevole: "Quando bevete, dee pescare ne/ bicchiere: fornitevi di un qualche vaso adotto'" .. "i''È n capo tljfatto. ,a; J:, una rocca.... un" pzcco.... un D escntttvo:

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Ma che! L'è una penisola, in parola d'onore!" Curioso: '51 che serve quest'affare, o signore? forse da scrivania o da portagioielli?"

Vezzoso: '/lmate dunque a tal punto gli uccelli che vi preoccupaste con amor patenlO

di offrire alle lor piccole zampe un sì degno perno?" Truculento: "Ehi, messere, quana'o nello starnuto il vapor del tabacco v'esce da un tale imbuto, non gridano i vicini alfuoco nella cappa)" Cortese: "State attento, che di cotesta chiappa iL peso non vi mandi per te"tl, a capo chino!" Tenero: "Provvedetelo di un piccolo ombrellino, perchi il suo bel colore non se ne vada al sole!" Pedante: "L'animale che Aristofane vuole si chiama ippocampelofantocamaleonte tante ossa e tanta carne ebbe sotto la fronte!" Arrogante: "Ohi, compare, è in moda quel puntello' Si può infattibenissimo sospendervi il cappello'" Enfatico: "Alcun vento, o naso magistrale, non può tutto infreddarti, eccetto il Maestrale!" Drammatico: "È il Mar Rosso, quando ha l'emorragia!"

Ammirativo: "Oh, insegna di gran profumeria.''' Lirico: «1: una conca? Siete un genio del mare?" Semplice: 'Il monumento si potrà visitare?"

Rispettoso: «Soffi'ite vi si ossequi, messere: questo sì che vuoi dire qualcosa al sole averei"

Rustico: "Ohi corbezzole' Dagli dagli al nasino' È un cavolo gigante o un popon piccolino'" Militare: «Puntate contro cavalleria!" Pratico: "Lo vorrete mettere alla lotteria?

Sarebbe il primo lotto!" O in fin parodiando Piramo, tra i singhiozzi: "Eccolo l'esecrando naso che la bellezza del suo gentil signore distrusse! Or ne arrossisce, guardate, iL traditore!" Ecco ecco, a un di presso, ciò che detto mi avreste

se qualche po' di spirito aveste. Ma di spirito voi, miserrimo furfante, mai non ne aveste un'oncia, e di Lettere tante quante occorrono a far La parola: cretino!

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Aveste avuto l'ingegno così fino

da potenni al conspetto dell'inclita brigata servirmi tutti i punti di questa cicalata, non ne avreste nemmeno la metà proferito

del quarto di una sillaba, ché, come avete udito ,ho vena di servirmeli senz'alcuna riserva, ma non permetto affatto che un altro me li serva

Beh, che ne dite' Dalla Ftancia di Rostand a quella di Queneau il passo è breve: è soltanto questione di stile.

M

icro-storie della pubblicità Le prime tracce

t, arrivato il momento di intrecciare il tema del rapporto tra forma e contenuto nella comunicazione pubblicitaria con quello delle tante manifestazioni, proprie ed improprie, esplicite ed implicite, che emergono da una perlustrazione di carattere storico. Eh sì, perché quando si tra tra di pubblicità, l'opinione diffusa ne parla come se fosse o qualcosa che oggi degrada a mercato fatuo e immorale il mondo in cui viviamo, oppure qualcosa senza storia, da sempre uguale a se stessa, ovvero come sopra. Eppure stiamo parlando di un oggetto complesso e variegato che non solo ha una storia ma ne ha diverse, a seconda del percorso che scegliamo: se guardiamo alle prime manifestazioni del fenomeno, o all'entrata in uso del termine, o ancora ai modi e ai linguaggi della pubblicità moderna, oppure al rapporto rra forme pubblicitarie e media di massa (radio e televisione in particolare, ma prima e ancora giornali e manifesti). Ricostruire brevemente gli intrecci tra questi percorsi mi sembra importante per poter capire meglio di cosa stiamo parlando, e per avere cosÌ a disposizione materiale sul quale continuare a filare i nostri ragionamenti. Dunque, potremmo cominciare cosÌ: "C'era una volta... la pubblicità». Cioè sostenere che essa esiste da quando gli uomini hanno inventato lo scambio di beni (la differenza tra quelli primari e quelli di consumo, vedremo, fin dal principio non è così rilevante). Così sembrerebbe, stando a quello che racconta una famosa creativa, Anna Maria Testa nel suo libro La parola immaginata, un agile e stimolante manualetlo per aspiranti pubblicitari: la prima forma organizzata di pubblicità è stata rintracciata nell'attività di un'astuto artigiano etrusco esperto in urne che, secondo le ipotesi degli archeologi, nella sua bottega aveva un'esposizione di diversi modelli tra i quali i clienti potevano scegliere quello di loro gradimento. Le urne ritrovate, tutte di una stessa matrice, sono esposte al museo etrusco di Volterra.

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Come prima approssimazione possiamo dire che la pubblicità serve a scamb informazioni su oggetti destinati al mercato. Tra questi, già tra i resti di Pompe trovano scritte di propaganda elettorale appese o incise sui muri esterni degli edi Altra traccia evidente dell'esistenza di forme primordiali è rappresentata d insegne delle botteghe, presenti già in epoca romana, e poi entrate in uso diff mente dal medioevo in poi. Che cosa sono, infatti, le insegne se non messaggi nici (quindi doppiamente pubblicitari perché simboli retorici che stanno, allo st tempo, per la parola e per il luogo e l'attività che vi si svolge) finalizzati a comun re, prima di tutto, l'esistenza di luoghi specializzati per l'offerta di beni e servi poi la qualità di questi ultimi, ricavabile dalla maggiore o minore chiarezza, eleg za e piacevolezza dei simboli riprodotti. E poi, gli imbonitori, non sono essi stessi delle insegne ambulanti, degli spo carne ed ossa? E non crediate che l'imbonitore sia una figura del passato: Va Marchi è il capocarismatico della tribll, sempre più numerosa - di tele vend delle tivvù locali. E la radio, proprio per il ruolo fondamentale che in essa d assumere la parola parlata, il suono, la voce, continua ad utilizzare - pensiamo, per fare un esempio, al campanello che suona ogni volta che si apre il "siparie pubblicitario - formule di richiamo tipiche della comunicazione pubblicitaria or Dicevo all'inizio che nella pubblicità sono presenti, insieme, modalità tipic dell'oralità e della scrittura. Una ragione di carattere storico è che essa è una fo di comunicazione già presente in epoche o tipicamente orali o nelle quali la scr ra non aveva una diffusione di massa. Un'altra fondamentale ragione è che la pubblicità non può evitare di esprim e nei modi dell'oralità e nei modi della scrittura, vuoi perché le caratteristiche l'oralità ben si prestano a rendere pubblico reclamando, e ciò indipendentem dal mezzo e dal supporto a cui si fa ricorso (c'è oralità tanto negli annunci a sta che, naturalmente, in quelli radiofonici, tanto è vero che i pubblicitari utilizz l'espressione "tono del messaggio"), vuoi perché la nostra attuale condizione co nicativa è caratterizzata da quella che Walter J. Ong ha chiamato "oralità di r no", ovvero dall'ibridazione delle forme della scrirrura con quelle dell'oralirà ( siamo alla stessa radio, al telefono, in particolare alla televisione, e così via). Ma a questo punto, forse, c'è bisogno di entrare un po' più nei dettagli, e spi re alcune cose: intanto quali sono i modi tipici dell'oralità e perché siano tanto zionali alla comunicazione pubblicitaria. Poi che cosa sia l'oralità di ritorno, e d la possiamo individuare analizzando l'articolazione delle forme e dei mezzi impi ti dalla pubblicità contemporanea. Per non andare troppo fuori paragrafo, mi fermo ora sul primo punto mettendolo in relazione con annotazioni di cara storico, e rimando l'amplificazione del secondo alla seconda parte, dove si pa diffusamente del linguaggio pubblicitario e dell'intreccio tra codici, mezzi, retor

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diverse. Elementi di un discorso sull'oralità di ritOrno potete trovarli più avanti nel paragrafo dedicato al rapporro tra comunicazioni di massa e senso della realtà, intitolato appunto: "Ma dove sta la realtà": Allora, a cosa alludo quando scrivo di modi dell'otalità' Per spiegarlo prendo un esempio mediato dall'arre che, guarda caso, si può dire sia nata per opporsi allo strapotete della parola sctitta su quella parlata, e che lo ha fatto affidando lUttO il suo potere alla forza evocativa della voce. Quest'arte è, pet l'appunto, l'opeta lirica. Lopera da cui traggo l'esempio che mi serve è L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti, un esempio, a sua volta tipico, di "bel canto". La scena che ci interessa è la quinta del primo ano: siamo in un villaggio nelle vicinanze di Firenze alla fine del diciottesimo secolo, immaginate la piazza di un villaggio animata da personaggi di vario tipo: lavandaie (tra le quali l'eroina della Storia), soldati del reggimento (tra i quali l'eroe), donne affacciate alle porte, uomini aWosteria, ecc., e da un improvviso squillo di tromba, suonata da un servitore moro, che annuncia l'entrata in scena di un carro dorato sul quale troneggia, circondato da cartigli e bottiglie, il dottor Dulcamara, una sorta di imponente, impertinente antesignano di Vanna Marchi. Il dottor Dulcamara agita sotto il naso dei villani illetterati un pezw di carta che, a suo dire, documenta con la sua autorità incomprensibile a degli analfabeti, la veridicità delle affermazioni che va via via sciorinando ai suoi avventori insieme alla sua mercanzia (È questo lodontalgi-

co/Mirabile liquore! Dei topi e delle cimici/Possente distruttore'!! cui certificati/Autentici bol!dti,/Toccar, vedere e leggere/A ciasched'un jàrò). La stampa è una tecnologia ormai diffusa e consolidata, non soltanto per i libri ma anche per forme di comunicazione di uso pratico. Tenete presente, d'altra parte, che in Francia e in Inghilterra le prime gazzette, fogli di avvisi di vario genere, con inserzioni gralUite di privati, nacquero nella prima metà del 1600 (la "Cazette" è del 1637, la "Public Advertiser" del 1657), con concessioni regie e, specialmente in Francia, grande scandalo dei giornalisti che si ritenevano offesi nel dover condividere il loro impegno civile e politico con la propaganda commerciale. fatta perdipiù da impostori. Le inserzioni vennero spesso concentrate suJla quarta pagina, e il pregiudizio nei confronti della pubblicità mise radici secolari. AJlora, eccoli esposti qui. come merci sul banco di una fiera. gli strumenti del mestiere del banditore e dell'imbonitore, ovvero i modi di comunicare qualcosa a proposito di una merce (o di un avviso di interesse pubblico nel caso del banditote), tipico di un mondo senza scrittura o nel quale la scrittura, tecnologia del pensiero riservata a pochi, è considerata strumento di autorità e di potere, e per questo anche di possibile inganno. Nella réclame il media per eccellenza è la voce che grida, che richiama l'attenzione con il suono e l'ornamento retorico e musicale delle parole più che attraverso ciò che esse realmente dicono. Ma chi se li comprerebbe i chic-

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chi di riso benederri dallo srregone brasiliano se non ci fossero gli urli, le form incomprensibili di quel rituale da messa nera, seppur imbiancato dalle vesti cand di rurri gli officianri? (Tivvù .... Vedere per credere l'impensabile).

A •

pprofondimento sulle caratteristiche dell'orali indispensabili per capire la pubblicità

Primo meccanismo fondamentale del pensiero e dell'espressione orali: la para si, ovvero la giustapposizione degli enunciati invece che la loro concatenazio Ong lo illusrra a proposiro del libro della Genesi. Ascoltiamo Ofa Dulcamara:

"Comprate il mio specifico, Per poco io ve lo do.

L'ho portato per la posta Da lontano mille miglia, Mi direte: quanto costa?

Quanto vale la bottiglia? Cento scudi... trenta... venti? ..

No... nessuno si sgomenti. Per provarvi il mio contento

Di sì amico accoglimento, lo vi voglio, o buona gente, Uno scudo regalar'~

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Questo frammento non rappresenta l'argomentare tipico di tutte le forme at li, scritte e orali, di promozione delle merci? Pensate a tutte le vendite a pr ribassari, alle spericolare operazioni 2, 3, addirirrura 4 per 2 dei super-i mega-mercati. Pensate alle televendite, ai siparietti delle promozioni e d sponsorizzazioni, che rappresentano le cornici dentro le quali vengono progr mate innumerevoli trasmissioni televisive. Pensate a tanti spot, magari mal fezionati ma efficaci, nei quali il prodotto viene semplicemente mostrato e voce fuori campo o dei bei modelli ne illustrano, indicando le varie part caratteristiche e le qualità. Seconda caratteristica: l'aggregazione, cioè l'impiego di formule e di epi Parola di Ong: "Chi è immerso in una cultura orale preferisce, specialment un discorso non quotidiano, sentir parlare non del soldato, ma del sol coraggioso; non della principessa, ma della bella principessa; non della que ma della quercia forre".


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E Dulcamara: ~~Udite,

udite, o rustici; Attenti, non fiatate. lo già suppongo e immagino Che al parlar di me sappiate Ch'io sono quel gran medico, Dottore enciclopedico, Chiamato Dulcamara, La cui virtù precLam, E i portenti infiniti Son noti all'Universo... e in altri siti. Beneftttor degli uomini, Riparator dé mali, In pochi giorni io sgombero. lo spazzo gli ospedali. E la salute a vendere Per tutto il mondo io vo. Compratela, compratela, Per poco io ve la do. " Ora, quanti "predare virtù e infiniti portenti" quotidianamente promettono innumerevoli annunci pubblicitari dalla piazza virtuale del nostro schermo televisivo? La pubblicità ha a disposizione poco e costosissimo tempo e deve usarlo per colpire l'attenzione e la memoria (così come avviene nelle culture orali): il modo più efficace è associare al nome del prodotro un epitero o una formula che siano in grado di bucare il flusso rapidissimo degli eventi mediali. Spessissimo i consumatori dimenticano il nome di un prodotto ma ricordano che lo slogan fa così e cosà. che il moti vetto musicale suona così, ecc. A proposito, nella pubblicità audiovisiva il moti vetto musicale (jingle se inventato appositamente per quel determinato prodotto o marca) svolge ruolo di formula, quasi più imponante. per la memorizzazione, del commento parlato o scritto (ma su questi aspetti torneremo nella seconda parre). E poi, gli stessi nomi di molti prodotti non sono degli epiteti, attributi sinteticissimi di "predare virtù e infiniti ponenti?" La lista sarebbe lunghissima, ma colgo a caso tra due settori merceologici. distanti per stile e per look, ma affini per pubblico di riferimento (che, in questi settori, non dimentica i nomi), ovvero detersivi e profumi: un Aiax e un Mastro Lindo per i primi, un Veleno e un Eternity per i secondi. • Terza caratteristica principale: la ridondanza, cioè il ricorso alla ripetizione delle

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formule. Il discorso orale, a differenza di quello scrino, non ha altri supponi

la memorizzazione se non la memoria degli ascoltatori: ecco perché procede tamente ripetendo tante volte le stesse formulazioni. Come fa anche Dulcama

"Per questo mio specifico,

Simpatico, prolifico, Un uom settuagenario

E valetudinario, Nonno di dieci bamboli Ancora diventò. Per questo 'Tocca e sana' In breve settimana

Più d'un'afflitta vedova Di piangere cessò. O voi matrone rigide, Ringiovanir bramate?

Le vostre rughe incomode Con esso cancellate.

Volete voi donzelle, Ben liscia aver la pelle? Voi, giovani galanti, Per sempre aver amanti? Comprate ii mio specifico,

Per poco ve lo do':

Questa caratteristica per la pubblicità è essenziale. Infatti, indipendentement

rurre le forme e gli srrumenti che ha a disposizione, la pubblicità deve utiliz il più possibile la ripetizione: avrebbe bisogno di molto spazio e di molro tem

e invece deve andare veloce e comunicare nel modo più sintetico ed effic Cosi, ogni volta che può od ogni volta che le conviene, ripete il suo messa attraverso media diversi, rinforzando il parlato con lo scritto, confezionando mule incisive interpretate col canto, ecc. I comunicati radiofonici, da qu punto di vista, sono esemplari. Quarto meccanismo dell'oralirà: sra bene insieme al quinto ed è, da un lato

gonismo, dall'altro, l'enfasi. Il discorso orale si svolge in tempo reale e presu ne la presenza di un pubblico davanti al quale l'esecutore fu bella mostta di della sua abilità nel sorprendere e stimolare gli astanti ad una sorta di gara

dialogo basato sull'improvvisazione.

t: evidente che,

nello svolgere il suo r

incantatorio, basato sulla partecipazione attenta e coinvolta del pubblico, l

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cutore fa ricorso a formule enfatiche, espressioni esagerate, sorprendenti. Anche il dotto medico Dulcamara dialoga e conAigge col suo pubblico, divenendo, divertendosi allegramente:

''Ecco qua: così stupendo,

Sì balsamico elisil'e, Tutta Europa sa ch'io vendo Niente men di nove lire: Ma siccome è pur palese. Ch'io san nato nelpaese,

Per tre lire a voi lo cedo: Sol tre lire a voi richiedo; Così chiaro è come il sole,

Che a ciaswno che lo vuole Uno scudo bello e netto In saccoccia io faccio entrar.

Ah! di patria il caldo affetto Gran miracoli può far. Coro È verissimo: porgete. Gran dottore che voi siete! Noi ci abbiam del vostro arrivo Lungamente a ricordar", Anche per la pubblicità come sistema di comunicazione valgono le medesime ragioni: ancora di più oggi che le merci di largo consumo si assomigliano sempre di più e quelle elitarie invitano al consumo di massa, la pubblicità fa ricorso a forme aggressive, sia in senso linguistico che in senso estetico. Grida la pubblicità, fa rumore, in senso anche fisico: spesso gli stacchi pubblicitari nel corso delle trasmissioni in tivvù hanno un volume più alto. Grida come gli antichi imbonitori con le parole e con i colori, con la musica e con le immagini: concorre per conquistare la visibilità e la ticonoscibilità da pane del pubblico. È come cercare di farsi notare un martedì grasso a piazza San Marco a Venezia da qualcuno che non ci ha mai visto né conosciuto. Che cosa dovremmo inventarci per riuscire nell'impresa? Possibile soluzione: provare ad assomigliare a lui. Torneremo anche su questo argomento. • Sesta caratteristica: il tradizionalismo, cioè la tendenza di una cultura orale a muoversi in uno spazio limitato dalla memoria e da un'articolazione formulaica

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del pensiero, e dunque a conservare in questo modo le sue caratteristiche e l modalità comunicative. L'esempio delle accuse che si continuano a rivolge questo senso alla pubblicità è chiarificatore: si è soliti sentir dire che la pu cità è ripetitiva e noiosa; che utilizza sempre gli stessi meccanismi retorici, che creatività' Da Umberto Eco alla casalinga di Vogheta, con owie differen argomentazione, è tuttO un lamentare la povertà del linguaggio e dell'imma tio pubblicitario. Vedtemo più avanti che le cose sono un bel po' più compl Che, ad esempio, proprio l'articolazione non più soltanto orale della comu zione pubblicitaria sollecita uno sforzo espressivo molto intenso per introd nella lingua scritta degli annunci a stampa o audiovisivi elementi che abbia forza evocativa e suggestiva della lingua parlata e del suono della voce. E risultati ottenuti in questo modo sono spesso molto originali, piacevoli e d tenti. C'è poi un altro aspetto della tendenza al tradizionalismo che viene proverato alla pubblicità: owero, la riproposizione di modelli di comportam legati a forme sociali tradizionalmente e facilmente riconoscibili (un ese per tutti: la rappresentazione del ruolo della donna in moltissimi spot di pr ti legati alla casa o all'abbigliamento), ma in realtà messe in crisi dallo svil di nuove forme, più evolute. Quando, per esempio, Dulcamara si rivolge ai interlocutori, non li rappresenta secondo moduli tradizionali: "le matrone de" bramano l'eterna giovinezza, "le donzelle" di avere pelle liscia senza rug giovani galanti" di disporre di amanti in quantità"? Certo che sì, proprio fa la pubblicità moderna. E allora: è la pubblicità che si specchia nei lu comuni dove mettono radici i miti dell'immaginario sociale, o è la pubb che produce conformismo proponendo, attraverso l'impiego di epiteti glo eufemismi esagerati, formule vincenti, l'adesione a comportamenti irreali e tuali? Ritorneremo sull'argomento anticipando, però, una qualche propens seppure non totale, per la prima ipotesi. Settima caratteristica: la prossimità all'esperienza umana, e cioè la completa sione delle culture orali alla concretezza del presente. A differenza delle cu della scrittura, nelle quali è possibile rapptesentare in forma asttatta il mondo dell'azione, nell'oralità tutto quello che interessa è direttamente e concretam legato all'esperienza, e non a un sapere astratto che la descrive. Per questo l'ap dimento è essenzialmente apprendistato. È un principio di grande rilevanz noi, perché la cultura in cui viviamo, per tradizione appartenente alla scritt alla stampa, si sta trasformando e contaminando sempre più con ambienti e che del sapere sul mondo di tipo diretto, concreto, empirico, manipolativo. le tecnologie della comunicazione elettronica presentano queste caratteristich saperi che esse rielaborano chiedono di essere avvicinati così, non più sol attraverso i libri, tecnologia caratteristica della cultura scritta.

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E la pubblicità? È una fotma di cultura (che di cultuta si tratti lo do per scontaw) che possiede e applica tutte queste caratteristiche. e modella saperi sul mondo che è difficile poter ignorare per agire su di esso: ciò non perché dobbiamo decidere quale sciacquamorbido ci soddisfa di più, ma perché le rappresentazioni, i linguaggi, le soluzioni artistiche, messi in gioco dalla comunicazione pubblicitaria sono diventati riferimenti culturali fondamentali per moltissime forme di espressione e di conoscenza. Ad esempio, per intrattenersi amichevolmente con alcune tendenze della letteratura e cinemarografia contemporanei non si può ignorate l'influenza della pubblicità su di esse. E ancora: se voglio capire i comportamenti delle persone non posso evitare di esaminare i loro stili di consumo; e se un'istituzione pubblica intende tenere informati correttamente i cittadini delle sue attività non può non ricorrere a dei modi di comunicazione piacevoli, leggeri. Et cetera. Se tutto ciò è accettabile solo in parte per gli adulti figli del libro. e solo un po' della televisione, è verissimo per i ragazzini e per i ragazzi, figli della televisione in pieno: e l'azione educativa degli adulti non può ignorare la differenza, pena la totale indifferenza fra i due mondi. Forse queste mie osservazioni vi sembreranno eccessive, ma siamo soltanto all'inizio, hanno il sapore di una dichiarazione d'intenti: il mio discorso non ha il fìne di convincervi. ma soltanto quello di provocare in voi delle reazioni vitali - positive o negative. vanno comunque bene se servono a rimescolare l'ovvio - , proprio come fa la pubblicità. E se non basto io ad inquietarvi, ci saranno i miei due degni "compari", Roberto Matagliano e Stefano Penge, con i loto voi umetti e floppy disc di questa stessa serie, il primo sulle culture di consumo dei bambini di sei anni, il secondo sulla natura e la funzione conoscitiva degli ipertesti. Ma è ora di congedarci da Dulcamara e dal suo Elisir d'amore, da questo istante proseguiremo senza di lui: SCENA SESTA Nemorino

(Ardir' Ha fòrse il cielo mandato espressamente per mio bene

Quest'uom miracoloso nel villaggio. Della scienza sua voglio fòr saggio.) Dottore, perdonate... È va che possediate Segreti portentosi?... • Ottava e ultima caratteristica, apparentemente lontana dal nostro discorso sulla pubblicità, e invece molto importante: l'omeostaticità. Su questo termine, a dir

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poco oscuro. chiediamo lumi a Ong: "In contrasto con le società alfabec quelle a cultura orale possono essere definite omeostatiche, esse cioè vivo equilibrio, o omeostasi, che elimina memorie senza più rilievo per il presen applicando questo meccanismo alla nascita e all'uso delle parole: "Col p delle generazioni, se l'oggetto o l'istituzione cui si riferisce una parola a cessa di far parre dell'esperienza vissuta del presente, allora. pur rimanend in uso, il suo significato si altera o semplicemente svanisce". Le culture sono quindi caratterizzate da questa condizione di eterno presente che n coscienza se non di ciò che appartiene alla vita concreta, mentre quelle alf zate, dato che affidano alla sctittura la memoria della collettività, possied capacità di prendere le distanze dal presente e riflettere e parlare anche di c non appartiene più al presente. Ebbene, la realtà culturale in cui siamo im partecipa dell'una e dell'altra condizione. Il mondo si fa sempre più immat i media amplificano e, a loro volta, producono uno spazio virtuale nel immersi in un tempo sempre coniugato al presente. in modo confuso, fram tario e sempre più frenetico, tutti noi perdiamo il patrimonio di consueti menti disciplinari, storici, estetici, e così via, e siamo continuamente cos cercarne di nuovi o a ridefinire quelli incrinati dal dubbio. Frammenti tel in cui compaiono Ambra Angiolini o Fiorello, miti ormai consumati dal uso. appaiono ormai come remote fantasmatiche assenze. Do you rem Ambra, the best. quella che giocava a fare il vezzo citazionista a Michel Ja Chi ... ' Ma come: Ambra, quella di Non è la Rai'... ? ... E la famosa, dime "Guerta del Golfo", presentara al mondo come fosse un videogioco, che stata davvero, qualcuno di noi lo capirà mai? Tutto questo è tremendamente tragico o foriero di nuove occasioni di con za e di esperienza? La "marmellata catodica" che rutto agglutina nello spazio tempo del "villaggio globale", percepito sempre più piccolo e somiglianre a reale nel quale ciascuno vive, annulla la nostra capacità di analisi e di giudi presente in relazione al sapere e alla tradizione. oppure finalmente rivela natura. personale, empirica e situata dell'attività di conoscenza? Voglio dire per fare un esempio, personale appunto, che per me che non sono mai stata. ragioni anagrafiche che per ragioni di gusto musicale, una fan dei Bearlo., a me che li ho sempre dero.rari, il fatto che sra per uscire anche in Italia il d compact disc che contiene molci pezzi del gruppo riunito compreso John L la cui voce Ce il cui volto nel videodip che lancia la raccolta) è stata trattata a purer e mixata con quelle degli altri componenti del complesso, non scandaliz di tanto, è un evento che non tocca profondamente le mie categorie spaziorali, mentre sconvolge profondamente quelle di tutti coloro che hanno avuto i Beatles come segnalinee del loro campo di esperienza giovanile, e che qui

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conservano una memoria personale e di gruppo, che si è fatta storica. Ognuno di loro è convinto che ciò che ha vissuto faccia parte della Storia proprio per come lo ricorda la sua storia personale: è sconvolgente, quindi, trovare improvvisamente il passato a vivere come vita presente, perché non può essere più il passato uguale a come lo ricordava né può vivere il presente come il passato. Cosa resta di tutto ciò? Il fan è disperato, incuriosito, inquieto, e siccome per lo più ha più di quarant'anni, legittimamente si domanda: e i giovani, come faranno i giovani ad avere il senso della storia? E se fosse questa un'occasione proprio per reinventare il nostro rapporto con il passato cercando di spremere la storia frugando proprio a partire dalle cianfrusaglie mediatiche che affollano la soffitta della nostra mente? A differenza della scuola che, a parte le foto di famiglia per i bambini delle elementari, non ha saputo inventare nulla di nuovo, la ricerca storiografica ha almeno cercato alcune strade nuove per fare i conti col passato.

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ascita della pubblicità moderna

Quand'è che la pubblicità è diventata quella che conosciamo oggi? E in Italia quando è comparsa? Qui c'è da distinguere tra l'entrata in uso del termine, lo sviluppo del sistema industriale e l'emergere delle prime forme di consumo di massa, da un lato, la nascita della comunicazione pubblicitaria scritta, la diffusione della stampa e di tecniche di riproduzione delle immagini, dall'altro. Tutto questo accanto, e intrecciato al permanere e al modificarsi delle modalità caratteristiche della cultura pre-industriale. Ripartiamo da qui, dal ruolo fondamentale che l'invenzione della stampa diede alla diffusione della comunicazione pubblicitaria. Il primo avviso a stampa relativo alla pubblicità di un ptodotto è apparso in Italia alla fine del Seicento. La storia ce la racconta Gianluigi Falabrino in uno dei val umetti della collana Domino editi dalla Vallatdi dal titolo, A dir le mie virtù. 100 anni di slogan pubblicitari: "Siamo a Venezia, dove si stampa il 'Protogiornale Veneto Perpetuo', che pubblicava le feste di ptecetto e di Palazzo Ducale (cioè religiose e civili), i perdoni, le indulgenze, le processioni, ma anche i mercati, le fiere, e l'elenco dei 'Traghetti e Barche che conducono fuori di Città'. In un numeto del 1691, il 'Ptotogiornale' pubblica un annuncio che, fino a prova contraria, dobbiamo considerare il più antico messaggio pubblicitatio italiano. Si rivolgeva nel titolo al 'Benigno Lettore', ben lontano dalle headlines di oggi o agli slogan di cinquant'anni fa, per dire delle' Virtù ammirabili dell'Acqua della Regina d'Ongaria ftbricata dal Sig. Niqueurert projùmiere del Sig. Duca d'Orleans, come costa dal privileggio dell1llustriss. 6- Eccellentiss. Magistrato della Sanità. Si vende da Girolamo Albrizzi in Campo della Guerra a S. Giuliano

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all'insegna del Nome di Dio, si darà in tre sorti di Bozzetti.".

Risulta evidente, nonostante la natura scritta dell'annuncio, il suo carat réclame, la sua appartenenza al mondo dell' oralità dei banditori e degli imbo Così sarà ancora per moltissimo tempo: l'evoluzione linguistica della comuni ne pubblicitaria è un fatto tutto sommato recente, che possiamo far risalire al rimenrazioni delle avanguardie storiche. Dà la misura delle caratteristiche del meno un evento curioso risalente all'anno 1905: si tratta di una disputa filo runa italiana (tipo quelle che ancora oggi, ogni tanto, vengono rianivare sui g per decidere se è l'ora di cambiare l'inno nazionale) per stabilire se quella attività dovesse chiamarsi réclame o pubblicità. Gian Paolo Ceserani, nel Storia della pubblicità in Italia, riporta la notizia che il Petrocchi "nel Dizionario della lingua italiana. all'epoca un'autorità, aveva ospitato già tempo la voce réclame. con queste esatte parole: 'Avviso spesso ciarlatanes richiamare l'attenzione della gente su cose commerciali, per farsi un nome'. mine pubblicità, invece, compare per la prima volta nello studio di un giuris Eugenio Barsanti, che rivelava le lacune legislative nei confronti del fenomen pubblicità commerciale. Ma - non tanto diversamente dai nostri tempi - la imperterrita continuava a dire réclame. Il Corriere si decide allora a denunciar rendo francesismo. I letterati scendono subito in campo: réclame non va bene blicità è vocabolo trOPpo tecnico. Come chiamare questa nuova attività?" Le proposte furono varie: c'è chi suggerì "grida". chi "richiamo". chi addi "clamanza". I letterati non si sono mai messi d'accordo, e così la parola r continuano a usarla moltissime persone, soprattutto di una certa età. Nonostante ciò le cose cambiarono. I cambiamenti di carattere estetic ebbero tuttavia la stessa velocità di quelli economici e produttivi: in questo lo spartiacque tra il mondo della réclame e quello della pubblicità è rappres dallo sviluppo del sistema industtiale, di conseguenza dalla nascita delle cul massa, dallo sviluppo tecnologico e dal farsi sistema delle pratiche artigia comunicazione pubblicitaria. e è testimonianza un evento di portata srorica Stati Uniti. nel 1899, una campagna pubblicitaria per un nuovo biscotto sup budget di un milione di dollari. Apprendo la notizia da un denso val ume Peppino Ortoleva sulla storia e la cultura dei mass media (il titolo è, appunto media. Nascita e industrializzazione. La casa editrice è la Giunti di Firenze, il del 1995). Le prime agenzie pubblicitarie sono nate appunto negli Stati Uniti nella del diciannovesimo secolo. Come evoluzione della "ageney, una struttura di in diazione" (dalla voce ':Agenzia" del Dizionario della pubblicità, curato da A Abruzzese e da Fausto Colombo pet la Zanichelli) "che si occupava di acq spazi pubblicitari su più giornali per poi rivenderli a diversi utenti, traendo

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profitti dalla commissione riconosciuta dai mezzi stampa sul totale del valore degli spazi venduti e dalla contrattazione con i singoli clienti sul prezzo degli spazi". La pubblicità moderna, intesa come sistema organizzato per la "comunicazione persuasiva con fini commerciali", è dunque figlia della stampa, ovvero dei giornali e delle riviste specializzate (create proprio per rivolgersi a pubblici specifici di potenziali acquiremi), così come la pubblicità contemporanea è figlia della televisione commerciale (oramai della televisione e basta), che struttura i suoi palinsesti a partire dagli spazi venduri alle aziende per pubblicizzare i loro prodorri. Tanro per capire meglio i rapporti tra il passato non più tanto remoto e un inquietante presente, sentite questa battuta di William Randolph Hearst (il personaggio che ispirò quello del film di Orson Welles, Quarto Potere. Ricavo la preziosa informazione sempre dal Iibto di Ortoleva): "È notizia qualcosa che dà fastidio, che qualcuno non vuole che venga pubblicata. Il resto è pubblicità". Anche in Italia l'agenzia pubblicitaria moderna è nata come una concessionaria di spazi pubblicitari sulla grande stampa: per la precisione (stessa fonte più sopra citata), si trarra della società fondara nel 1863, a Milano da, udite-udite, A. Manwni (quando si dice mescolare il sacro col profano!). La A. sta per Attilio, un farmacista di Brescia (v. alla voce "A. Manwni & c." del suddetto dizionario): all'inizio si occupò di "vendita all'ingrosso di prodotti farmaceutici"; poi, nel 1870, "vista l'importanza che la pubblicità andava assumendo nelle attività commerciali all'esteto, fondò un 'Ufficio Centrale di annunci sui giornali d'Italia' per la promozione sulla stampa dei suoi prodotti e di quelli delle aziende che si rivolgevano a lui". Queste nuove strutture mantennero a lungo una natura mista (funzionavano allo stesso tempo come concessionarie e come produttrici esse stesse dei messaggi pubblicitari) e un carattere artigianale. A questo processo se ne affiancarono contemporaneamente altri due: l) molte grandi aziende, come la FIAT, la Olivetti, la Montecatini, aprirono al loto interno propri uffici di pubblicità. Spesso erano proprio le aziende a lanciare iniziative di incentivazione alla creazione pubblicitaria: è il caso di una grande ptofumeria, la Valli di Milano, che nel 1919 indisse un concorso per l'invenzione di quello che storicamente è considerato il primo vero slogan (dallo scozzese "sluagh-gairm", gtido eli guerra, ma guarda quando si e1ice il caso!) della traelizione pubblicitaria iraliana, allora ancora definito "frase", per reclamizzare un nuovo dentifricio chiamato K.alildot. Il premio eli 10.000 lire lo vinse non D'Annunzio (che pure fu ptolificissimo facitore di slogan, inventore di nomi di prodotti e quant'altro la lingua poetica offrisse come materia er la su gestione pubblicitaria. Vedi anche la scheda ) come si pensò al principio, ma Adriano Mirandoli con la "frase": ''A dir le mie virtù basta un sorriso", selezionata da una serissima commissione composta da famosi attori e autori di teatro del momento.

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LETTERATURA E PUBBLICITA

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l rapporto tra letteratura e pubblicità è stato più intenso e frequente di quanto si D'Annunzio, in particolare, è Sl3{O un vero e proprio talento della denominazione. ha in mohissimi nomi di prodorti, tra i più famosi: La Rinasceme. per gli omonimi magazzini, Aur illiquore abruzzese. E poi Luciano Folgore, Sergio Tofano, Trilu5Sa. Quest'ultimo, nel 1954. scrisse la sua ultim sia pubblicitaria per la Pasticca del Re Sole. intiwlata "II pappagaHo raffreddato". Per bre riporro gli ultimi versi: Je darò le Pasticche dec Re Sole. perché co'quelle è certo che guarisce; ma se per caso seguita a sta' male, è segno ch'è una rosse artificiale. Ma l'aurore più prolifico. artigiano ironico e leggero della parola pubblicitaria, fu sicur Marcello Marchesi. Suoi sono gli slogan rea i più memorabili della nosrea sroria carosellesca: Basta la parola". "II signore sl che se ne intende". All'inizio degli anni Sessanta le neoavanguardie poetiche, anticapitaliste e ami·industrial freneticamente alla ricerca di nuovi linguaggi della comunicazione e dell'arte, rifiutavano la pu come strumento al servizio del capitale. Di fatro, però. ne condividevano, seppure con int tutto diversi. le sperimemazioni sulla sonorità delle parole sulla rottura del paradigma sintag sul materiale lessicale da sonoporre a infinite prove aldilà della doppia articolazione di signif significato. Lei. da par suo, ha accettato il gioco. e si è impossessata delle suggestioni e delle p poetiche provenienti da quelle sperimemazioni. Si avranno così testi pubblicitari come quest Cimur.lto PireHi del 1965:

un viaggio nel nord con un persuasore occulto che muore di Freud. un viaggio tuno diverso se avesse detto ein volk ein reich ein wuhrer. un viaggio oltre ogni età ripensando a un viaggio col cuore calieme e una zigomosa splendente, ma Un viaggio sul sicuro Cimuraco Pirelli. E testi poetici come quello di Alfredo Giuliani del 1963 imirolaco XI: smum smum: perso l'olfatto (ominicanide)/salgo soddisfano al quinto piano / porcogiromo gare / memegano:cosa scopa secchio bolle / intrusivameme nervose chiavarticolazioni il cem lepri rimanami: le persiane fischialgie d'un interno foro / mondiglio stagnante a perdiocchio.


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E ancora, in un passato molto prossimo a noi, la collaborazione tra pubblicitari e pubblico si è concretizzata esplicitamente non soltanto a livello di fruizione ma anche di produzione. Lo slogan. ormai divenuto proverbiale. "O così o Pomì». ad esempio, è stato inventato da una casalinga e, si dice. quello "Repubblica sveglia l'Italia", da Citiaco De Mita in persona. 2) nacquelO i ptimi studi di pubblicità, che tealizzavano cartelloni pubblicitari. Lo studio più importante era costituito dall'équipe che produceva i manifesti in esclusiva pet l'edilOre Ricordi, ovvero le Officine Grafiche Ricordi. Su questo pumo devo fermarmi e fare anche qualche passo indietlO.

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anifestiamoci

11 fatto è che non si può pensare alla pubblicità moderna senza associare ad essa il Cafè chamant, le Esposizioni Universali, il brulichio delle piazze e delle gallerie delle grandi città. il teatro popolare, il melodramma, i grandi magazzini, le vetrine dei negozi, e quant'altro caratterizzava la vita culturale ed artistica delle società di fine Ottocento, che si stavano rrasformando, per efferro dello sviluppo industriale e tecnologico, in società di massa. Non dobbiamo dimenticare. però, che fuori della scena metropolitana la vita continuava a scorrere, priva di quasi ogni forma di consumo che non fosse di primissima necessità. Sempre dal libro di Ceserani ricavo la seguente informazione storica: "All'inizio del secolo (1905)" (l'anno della disputa filologica, ndA), "un contadino siciliano spende 1'85 per cento del suo bilancio in cereali, e solo il 3,3 per cento in grassi, il 2,9 in carne o pesce e appena lo 0.6 per cento in latticini e uova. [...] un contadino sardo. nella stessa epoca, altro non mangiava che pane». Molte cose dovranno accadere prima di arrivare alle soglie degli anni Sessanta. e con loro alla diffusione davvero di massa dei consumi (pensate soltanto a merci come il televisore o l'automobile). Nel frattempo, la diffusione della stampa, l'ho già sottolineato, è derivara proprio da quelle forme di sviluppo, in particolare dalle innovazioni tecnologiche (relative soprartUlto alle tecniche litografiche e cromolitografiche) che permisero processi più rapidi di stampa e pubblicazione di immagini (illustrazioni in bianco e nero, poi a colori, infine fotografie). E il manifesto rappresentò lo strumento per eccellenza con il quale diffondere informazioni e messe in scena su ciascuno di quegli aspetti dei nuovi scenari metropolitani. [evoluzione tecnologica del cartellone pubblicitario è comune a quella della locandina, una forma di avviso a stampa in cui convivevano testo e illustrazione. che veniva impiegata in particolare nelle librerie per pubblicizzare l'uscita di nuovi romanzi popolari, oppure spettacoli teatrali, musicali. ecc. La locandina era perciò destinata a spazi chiusi come librerie, tearri. vetrine, di

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conseguenza a pubblici limitati. mentre il cartellone fu fin dal principio con per spazi aperti come piazze, viali. passeggiate. e caratterizzato da una pre fugace (considerate che oggi il ciclo di vita di un manifesto è di 15 giorni). Il manifesto diventò quindi lo strumento privilegiato con il quale mett scena le suggestioni di consumo di pubblici nuovi, rappresentò lo sfondo, stesso tempo lo specchio, coloratO e rumotOso di quelle grandi piazze piene d gente. Generazioni di grandi disegnatori e artisti lavorarono presso studi grafi ptOducevano cartelloni pubblicitari, quella del manifestO divenne una grande di elaborazione di lUtte le forme tipiche del linguaggio pubblicirario (sinresi, medialità. movimentO. ecc.). C'è stato un tempo, precisamente nel periodo tra le due guerre mondia quale arte e pubblicità si sono spesso incontrate e fecondamente accoppiate. I risri, nella lotO lucida consapevolezza delle caratteristiche della cultura indust urbana che si stava imponendo. dimostrarono una vera passione per la pubb Le ricerche di molri di lotO, condotte ai limiti della parola, inrrise di sonori dinamismo. non potevano non toccare quella sfera della comunicazione che p natura si prestava alla sperimentazione delle sinestesie tra le diverse esperienz cettive e delle contaminazioni fra i linguaggi. Marinetti nel 1913 scriveva nel suo Manifesto: "L'analogia non è altro c more profondo che collega le cose distanri, apparenremente diverse ed osrili per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale. ad un tempo polic poiifonico, e polimorfo, può abbracciare la vita della materia". In modo ancora più particolare penso ad un artista come Fortunato Dep quale, guarda caso, nel 1919 fondò a RoveretO una Casa d'Arte per la produ artigianale di oggetti e progetti futuristi destinati al mercato e alla comunica La logica artistica e quella imprenditoriale da quel momento si fusero in unic corso di ricerca espressiva. Depero incontrò ufficialmente la pubblicità quand 1926, Davide Campari (interessatO ad affidare l'immagine del suo prodot forme estetiche della modernità), cito l'ormai indispensabile dizionario. "dop visto alla Biennale di Venezia un suo quadro raffigurante due uomini al bar ch seggiano un bitter Campari, lo acquistò per utilizzarlo come manifesto. D entrò così a far parte della nutrita schiera di artisti che lavoravano per la pub Campari". Della narura estetica della pubblicità, del design, della moda, Depero fu un infu teorizzarore. progettista e produttore. el 1931 scriveva in Mtmero Unico Futurista cando ferocemente rutti i simboli iconografici di epoche ormai superate: "Le virrori i volatilj pennuti, gli allori funebri, i centosauri antidiluviani. e rutti i soggeni sett schi, sono inutili e goffiunenre ridicoli per glorificare velocità, macchine e ptOdorti m ni". E concludeva affermando: "Larte dell'avvenire sarà potentemente pubblicitarià'

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ascita della pubblicità moderna 2

Eravamo rimasti alla diffusione della comunicazione pubblicitaria tramite gli "studi", interni o esterni alle aziende. La prima agenzia pubblicitaria italiana intesa in senso moderno risale al 1928: si rrarra della Erwa, filiale iraliana della società americana Erwin Wasey. Le caratteristiche di modernità di un'agenzia consistono essenzialmente: 1) nella divisione dei reparti (amministrativo, creativo e redazionale), e 2) nella razionalizzazione delle procedure. Il primo esempio tutto italiano è costituiro dalla l.M.A. (Idea-Merodo-Arte) fondata nel 1929 da Anton Gino Domeneghini. "Olrre alla struttura, la molteplicità di servizi offerti (studio del prodorro, del suo mercato e della concorrenza, scelta, pianificazione e contrattazione con i media, creatività, realizzazione e distribuzione dei messaggi) e la possibilità di consulenze nella soluzione di complessi problemi commerciali fecero della l.M.A. un'agenzia di avanguardia in Italia fino agli anni Sessanta" (indovinate da dove ho preso la citazione?). E' negli anni Sessanta, infatti, per efferro del boom economico e dell'allargarsi della domanda di consumi di massa, che le agenzie pubblicitarie assumono completamente i caratteri e il lessico anglosassoni. Vediamoli brevissimamente, tanto per capire qual è, almeno fin ora, l'identità professionale di quel mostro a cento teste che sembra voler divorare la nostra. Un'agenzia, olrre che della Direzione, si compone generalmente (ciò dipende dalle dimensioni e dall'articolazione internazionale dell'agenzia) di quattro settori operativi: l'Adrninisrration Department è quello che gestisce l'organizzazione interna dell'agenzia; "Account Department, che si occupa di gestire i rapponi con il cliente, la disponibilità del budget, e di coordinare la realizzazione dell'intera campagna pubblicitaria; il Creative Department che, come suggerisce il nome stesso, ha il compito di ideare la campagna; il Media Reserch Department, che interviene nella individuazione e pianificazione dei mezzi sui quali diffondere la campagna, e che si occupa delle ricerche sui media. Questo reparto è più recente rispetto agli altri: la sua istituzione si è resa necessaria quando la specializzazione e l'articolazione dei mezzi di comunicazione hanno complicato e moltiplicato gli ambiti della comunicazione pubblicitaria. Per effetto del dilagare televisivo, allo stesso tempo, degli spot ormai tradizionali e di forme di promozione, in un recente passato, appartenenti alle pratiche tradizionali del marketing, lo scenario delle attività comunicative tipicamente pubblicitarie si va continuamente ridefinendo. Il diffondersi di pratiche come promozioni, spon-

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sorizzazioni, relevendite, telepromozioni (o •• • • • • •. queste strane voci guardate anche la scheda), ha imposto alle agenzie o di affid per ciascuna di queste discipline. a società specializzate, oppure di riorganizzar sistema totale per affrontare ogni possibile intreccio tra pubblicità e promozion prodotti. Inoltre, la imprescindibile necessità delle aziende di differenziare i p prodotti da quelli concorrenti, paradossalmente tutti sempre più somigliant riuscire ad essere diversi, alimenta sistemi di "comunicazione integrata" (come definita in termini tecnici) che coinvolgono contemporaneamente, oltre quell evidenziati, altri aspetti dello stesso processo di visibilizzazione delle merci c caratteristiche e qualità dei punti vendita, compresi gli spazi espositivi (scaffali, tenitori, ecc.), delle confezioni ("packaging"), del marchio. Un esempio esempl quello costituito in questo momento dalla pasta BariLlo:. per rilanciare lo st marchio e farlo emergere tra tutte le anonime marche da hard-discount l'azien Parma ha investito un patrimonio (che soltanto nel corso del 1995 ammonta a 134 miliardi) per caratterizzare, con il c1aim - "Viva il blu" - delle nuove camp il suo prodotto, rivedendo la grafica della confezione, sottoscrivendo accordi i nazionali su mercati stranieri, come quello con l'americana Campbell per la ve della pasta accoppiata ai sughi pronti, caratterizzando sul mercato nazionale i prodotti complementari - i sughi pronti, appunto - come i depositari dell'antic dizione italica della pasta, di cui la Barilla si presenta come insostituibile erede. E ora che cosa sta succedendo? Poco sopra ho scritto un inciso: "almeno fin Mi soffermo un pochi no a spiegare cosa inrendevo dire. La pubblicirà, in parre già anticipato, ha da sempre utilizzato tutte le superfici, le tecnologie, le f espressive, che ha trovato sulla sua strada, e per effetto di quelle ha via via tra mato i suoi linguaggi, influenzando a sua volta quelli delle fonti di cui si ser Non c'è supporto - si va dai muri pompeiani ai satelliti, passando per i carrelli spesa, i moniror dei PC, e le colonnine dei caselli autostradali - , non c'è tecn dal disegno alla pirrura, dalla stampa alla compurer grafica -, no forma artistica - teatro, cin fumetti, danza, lirica, pi design, epica, televisio LIRE quant'altro la storia e la c per acquistare ~ ra hanno prodotto sulla f una confezione di di questa terra, di cui la P., blicità non si sia imposse La sua natura è, per nec c."'" intrinseca alla sua funz c..~E.'t-I\e>-totalmente mimetica co realtà di cui si alime la crema invisibile che

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e definizioni (fa virgolene sono tratte da Alberto Abruzzese· Fausto Colombo (a cura di), Dizionario tk/In pubblicità, Bologna. Zanichelli, 1994. Promoz.ione "Anivirà di comunicazione di tipo persuasivo che spinge il consumatore all'acquisto utilizzando un beneficio aggiunto al bene o servizio", Dalle storiche raccolte delle figurine Liebig, figurine appunto, raccolte di pumi, concorsi a premi, gadget di ogni tipo, accompagnano i prodoni invitando. più o meno succosamente, a1l'acquislO. Alla pagina precedente, tanto per capire di cosa stiamo parlando, potete ammirare la riproduzione di un buono SCOntO d'epoca per l'acquisto di una confezione di crema per capelli Palmolive. Sponsori'lzazione "Anivirà di patrocinio e di conseguente finanziamento di un evento di pubblico interesse, tramite la quale un'azienda (o un ente) intende onenere un ritorno positivo in termini di consenso e di valenza d'immagine e, in generale, contribuire al perseguimento delle proprie finalità economiche". Arte, cultura, sport, e televisione (vedi anche Promosponsorizzazione), sono i senori nei quali più frequentemente le aziende investono quote destinate a farsi conoscere e riconoscere Promosponsorizzazione (decca anche Telepromozione) "Inserimento di un marchio o di un prodono all'interno di un programma televisivo, Spesso la presenza del marchio o del prodotto non si limita a un fondale o a una citazione, ma si inserisce in un gioco che può coinvolgere il pubblico dello studio o i consumatori, scelti tramite sorteggio, che partecipano alla trasmissione o i telespeccatori che intervengono telefonando da casa", Si tratta dello strumento promozionale più utilizzato dalle aziende insieme alla pubblicità. t., allo stesso tempo, la procedura più ambigua, discussa e criticata: servirebbe molco più spazio per parlarne. Per quanto riguarda elementi di sintassi televisiva trOvate nel tesco varie considerazioni, per quanto riguarda quelli commerciali e culturali rimando ad un articolo della R~pubblica del lO gennaio 1996, intilOialO "L'Europa frena le televendite", Telemarkecing (più familiarmente Televendita) "Insieme delle tecniche di direcl markering che utilizzano il telefono. Sfruttato in Italia solo a partire dagli anni Quanta, consente di dare sostegno ad attività commerciali (gestione dei rapporti con la clientela, vendica in aree marginali o poco coperte dagli agenti, acquisizione di abbonamenti o panecipazioni a congressi, manifestazioni ecc.), promozionali (giochi telefonici, raccolta di dati sul successo delle promozioni stesse, richiesta di premi da parte dei clienti, ecc.)". CertO è una definizione che suona molto seria e impegnativa se la si confronta con un rapido zapping tra le infinite reti locali dagli studi delle quali si dimenano sempre nuove genie di teleurlatori.


Attualmente, in un mondo che si fa sempre più rapidamente immateriale, si p

per gli operatori del setrore, pubblicitari e clienti, il problema del ruolo e delle

tiche che hanno caratterizzato fino a questo momento le loro attività. Il fatto è se s'intensificherà, come sta avvenendo a ritmi frenetici, la frequentazione comm

ciale sulle reti Internet, cioè l'impiego delle reti per diffondere cataloghi, distrib merci, anche le forme di presentazione e promozione pubblicitaria mutera profondamente, al limite completamente. A quesro proposiro, offro alla rifless due o tre cose che so di questo fenomeno: l°) Un classico e famoso manuale americano di pubblicità, nel setrembre del 1 pubblicato in italiano dalla Biblioreca Universale Rizzoli si presenta con il rir Il nuovo (corsivo dell'edirore) Come fare pubblicità. E un avviso tra quesro sottotitolo (che, a sua volta, recita in rosso: che cosa funziona, che cosa non fun na e perche): un'edizione completamente nuova della classica guida pratica chi fa pubblicità. E infine, ancora in rosso come le prime due parole del ti (ovvero il nuovo), con un nuovo capitolo su Internet. Giancarlo Livraghi, il cur re della traduzione, spiega in una breve premessa a quest'ultimo capitolo esso è stato aggiunto proprio nell'edizione italiana, per offrire alcuni indispe bili riferimenti al lettore sulle trasformazioni in atto, di cui l'edizione ameri era sprovvista. 2°) Non passa giorno senza che compaiano sui giornali e nelle riviste artic inchieste sul fenomeno Internet e il commercio. L'ultima inchiesta che m capitata tra le mani è apparsa a dicembre 95 sull' Espresso, realizzata da En Pedemonte, col tirolo "Al gran bazar Internet". Il come-si-chiama-la-fras sopra-il-tirolo? recita: nuovi businesslle reti telematiche in Italia, e l'occh annuncia: "Nel Duemila, due milioni di abbonati, 2 mila miliardi di fatrura 180 mila aziende in rete. Chi li conquisterà'" Ecc., ecc. 3°) Una piccola ma agguerrita casa editrice che si occupa di prodotti eno-gastr mici, oltre che di ospitalità alberghiera, la Gambero Rosso spa ha recentem organizzato un convegno, più fiera di prodotti locali, nell'intento di far alla re rapporti commerciali tra produttori e distributori. Per favorire la distribu ne di prodotri di alta qualità che, per la loro derivazione locale, non sono di nella grande distribuzione, nel corso dell'iniziativa è stata dedicata una gior proprio ad interventi e dimostrazioni sulle potenzialità commerciali delle telematiche. 4°) Uno degli ultimi volumi pubblicati dalla casa editrice Lupetri & Co., speci zata in testi sulla pubblicità, è dedicato proprio al tema delle trasformazion atro: è di Andrea Giovenali e s'intirola Multimedialità. Dai nuovi media

nuova pubblicità. La pubblicità. nel frattempo, comincia a fare prove tecniche di trasmissione in r

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oi è arrivato Carosello e la televisione

La nascita di Carosello, pur avendo una data, è il 1957, ha assunto fin dal principio un'aura mitica, poiché non si è ancora riusciti ad identificarne una paternità certa. Comunque non m'interessa tanto sottolineare questo aspetto. quanto quello relativo al fatto che quegli intermezzi di circa due minuti, con codini di una manciata di secondi per dite lo slogan e la marca del prodotto, hanno inventato la televisione. Carosello cosriruì, allo stesso tempo, una grande scuola di pubblicità e di televisione. Poiché la RAI imponeva ai clienti investitori di mascherare (finanziandolo di tasca propria) gli intenti commerciali della comunicazione persuasiva, questi furono costretti a far inventare e mettere in scena situazioni narrative, contesti spettacolari in cui ambientare la propria comunicazione pubblicitaria. La pubblicità televisiva nacque quindi all'insegna della censura e dell'ipocrisia della RAI e della società intera, che si rifiutavano di accettare l'esistenza legittima della pubblicità. Quanto scandalo scatenarono quei micro-sceneggiati con finale commerciale, e quanto successo di pubblico ebbero le storie, i petsonaggi, le canzoni! Ogni sera Carosello si componeva di 4 o 5 spettacolini diversi, ciascuno di poco più di 2 minuti (i secondi, per la precisione, variavano dai lO ai 20): ognuno di essi era provvisto di fecondo "codino" commerciale nel quale veniva presentato, descritto e immortalato il prodotto. La pubblicità vera e propria, quindi, si riduceva pudicamente ad una manciata di secondi, ma è evidente che ciò che faceva il successo d'immagine di un prodotto era il legame con un testimonial popolare, uno slogan azzeccato, una storia ben riuscita, ecc. Divenne la fabbrica dell'immaginario collettivo della società italiana - di cui Calimero "pulcino nero" fu il simbolo per eccellenza - quel sipario serale che si apriva ogni giorno per mettere in scena nuove abitudini di consumo, finalmente alla portata di tutti. Certo, all'inizio pochissime famiglie possedevano il televisore. ma ciò non impediva il diffondersi massiccio di comportamenti di consumo: la tivvù si guardava in gruppo, in casa o al bar come fosse cinema, le informazioni passavano e con loro i desideri. Ora non c'è il tempo per ricostruire nei particolari l'evoluzione della pubblicità televisiva: se a qualcuno di voi interessa, può orientarsi verso letture molto dettagliare: si può ricorrere al libro di Ceserani, che ho già citato, sulla Storia della pubblicità italiana, oppure a quello di Andrea Zanacchi intitolato Spot in Italy, una raccolta di saggi, di materiali, di annotazioni critiche sulla pubblicità in televisione. Inoltre, è uscito recentemente Il grande libro di Carosello, ultima fatica di Marco Giusti, il complice di Enrico Ghezzi in Blob. È il frutto di due anni passati a frugare negli archivi della SACIS, la concessionaria pubblica per la pubblicità televisiva, per

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registrare ed interpretare quella fetta di storia del costume, del consumo e de re televisivo durata due decenni. La vita gloriosa di Carosello, dei suoi miti e dei suoi divi, infatti, arrivò 1977, anno in cui fu riconosciuta definitivamente superata la sua natura i confusa. Carosello, leggero e divertente (nonostante le censure pesanti sub pubblicitari) spettacolo pet grandi e piccini morì, e al suo posro atrivò la pub vera, sempre più simile a quella che conosciamo direttamente, quella che ogni anno il video per seicenromila volte. Ricordiamoli qui alcuni degli eroi che ci hanno intrattenuti per anni og prima di andare a letto: tra i personaggi dei cartoni animati, Olivella e Ma Susanna, Jo' Condor, l'Ornino coi Baffi, Lancillotto, Cocco Bill, Carme Caballero e, ovviamente, Calimero (sul quale è stata fatta la prima tesi di la questi argomenti). Tra gli attori di cinema, teatro, varietà e tra i cantanti: Arigliano, Gino Bramieri, Ernesto Calindri, Sylvia Koscina, Anna Magnani Lisi, Paolo Fetrari, Peppino De Filippo (il grande Pappagone), Tino Sco Fa/qUI), Paolo Panelli, Cesare Polacco (l'indimenticabile Ispettore Rock), A Nazzari. Anche se la lista continuasse probabilmente sarebbero più i nomi che quelli ricordati, tanti furono i protagonisti di quella particolarissima, add unica, esperienza pubblicitaria televisiva. Jean Paul Godard, addirittura, so non senza gusto dell'eccesso che Carosello rapptesentò "il meglio dell'in cinematografica italiana". E' sorprendente constatare come il passaggio dal bianco e nero al color chiuso definitivamente i rapporti con il passato e nello stesso tempo conf l'importanza di quel modello. Sembrano ormai lontanissimi tanto da risultar evanescenti per la memoria, se non fosse per Pubblimania che ogni tanro li r ne, quegli spettacolini. Sembrano quasi improbabili e impossibili. eppure so fondamentali per la storia della televisione e della pubblicità: non soltanto hanno rappresentato la via italiana alla pubblicità nonostante l'influenza forte dell'impostazione americana, non soltanto perché attualmente, ad es sono diversi i casi di annunci costruiti con lo stile degli spettacolini di Caros diverse serie di spot del caffè Lavazza con Nino Manftedi ptima e con Solenghi poi, O quelle della Sip/Te/ecom con Massimo Lopez sono esplicit legate al modello Carosello. Carosello è stato fondamentale anche e soptattu ché ha offerto l'occasione di sperimentare la specificità della sintassi televisi sono nati o si sono diffusi generi oggi consueti (e direi ormai desueti) come neggiato, il te1efìlm giallo, il varietà. Carosello, ambiguo contenitore di int mento, informazione e comunicazione commerciale, ha sperimentato la intrinsecamente ibrida della televisione, ovvero la stessa della pubblicità: inscindibile di informazione e di spettacolo.

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a dove sta la realtà?

C'è una frase che mi sto trascinando dietro dall'inizio di questo lavoro. Dice: "Oggi il mondo accade perché lo si comunica, e il mondo comunicato è l'unico che abiriamo". E' del filosofo Umberto Galimberti, e non posso più ignorarla ora che mi accingo a delineare, seppure per linee generali, il rapporro che ciascuno di noi costruisce con la realtà. Già, la realtà. Posso ignorare di domandarmi e di domandarvi cos'è? Sono quasi cento anni ormai, cioè più o meno da quando sono stati inventati il cinema, la teoria della relatività, il cubismo, l'automobile, la pubblicità, che il concetto di realtà è stato messo in crisi, ma sembra che ce ne accorgiamo soltanto adesso, nel momento in cui il rapporto tra gli accadi menti e le loro rappresenrazioni, per di più molriplicare su media diversi, è srabiliro I) dallo spazio che i primi riescono a conquistare; 2) dalle caratteristiche delle seconde. Il proverbiale "villaggio globale" assomiglia sempre più alla piazza di un comune medievale: solranto chi è presente agli eventi che vi accadono ne è informato, e partecipa così alla vita della comunità alla quale appartiene. Sembra proprio che partecipiamo al mondo soltanto nella misura in cui veniamo a conoscenza di quel che capita. E soltanto in questo modo pare che il mondo .esista. Si tratta di una nuova condizione di democrazia diretta o di una perdita di senso della propria presenza nella vita sociale? È problema drammatico e, nello stesso tempo, sollecitazione profonda per ciascuno, sapere ad esempio che gli effetti devastanti del cosiddetto "StUpro etnico" nei confronti delle donne bosniache hanno progressivamente avuto una minore incidenza nel momento in cui i giornali e i telegiornali hanno cominciato a diffondere le notizie, a fare indagini e reportage, a lanciare appelli e mobilitazioni internazionali. Questa comunità mondiale immersa in un presente che sembra senza più storia a quale culrura appartiene? Non più a quella dell'oralirà né soltanto a quella della scrittura, ma insieme all'una e all'altra. Viviamo nell'epoca dell"'oralità di ritorno": i nosrri linguaggi, le procedure del nostro pensiero, le modalirà del conoscere e dell'esperire partecipano dell'una e dell'altra forma per effetto dell'impiego quotidiano di tecnologie (telefono, radio, televisione, stereo, computer) che mescolano funzioni e procedure di entrambi i sistemi. Abituati però ad orientarci secondo le indicazioni della cultura serina, spesso non riusciamo ad identificare ed interpretare i segnali che provengono da quella orale: le due culture più che in dialogo ci sembrano in conflitto e i territori dei media ci appaiono come irti di inganni, di abbagli, di illusioni ottiche. Viviamo, allo stesso tempo, tutte le limitazioni e le potenzialità di entrambe: la realtà, infatti, non è semplicemente data dal nostro stare in rapporto con gli oggetti o con gli avvenimenti, ma dall'articolazione delle mediazioni comu-

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nicative che riusciamo a decifrare e a mettere in relazione tra loro. t. qu sono costretti a fare, ad esempio, i fans dei Beatles con il doppio compact John Lennon "morto vivente" catodico. Ma è quello che siamo costretti a f quotidianamente. Ugo Volli, ragionando sui meccanismi della costruzione delle notizie af mezzi della comunicazione di massa, riprende una definizione introdotta d Lepri, ex direttore dell'agenzia Ansa, del termine "fanoide". La trascrivo: "F un bellissimo neologismo americano per indicare il fatto di cronaca romanz raccontato in maniera artefatta dal cronista: un fatto che sembra un fatto e (il suffisso '-oide' vale 'simile')". Volli poi espone almeno tre categorie di "[ il più diffuso è quello che riprende lo "stile del romanzo stotico". Si tralt menti di realtà intrecciandoli in stile narrativo, costruendo pezzi di color zando immagini di repertorio associate liberamente al testo. Nessuno è sicu certo evento si è davvero verificato, se due interlocutori si sono deni sul ser minate frasi, ma tant'è: il giornalista costruisce il suo pezzo assumendo buona dose di approssimazione e di buon senso e fiuto politico la verosim come verità dei fatti. Il secondo tipo di "fanoide" è, allo stesso tempo, brutale ma più raro: nella "invenzione pura e semplice di un fatto inesistente". t. l'equivalente de che corrono", e serve ad autoalimentare il mercato delle notizie e l'influ mezzi di comunicazione. La terza categoria è quella che Volli definisce ingiuntivo", un tipo nuovo e più insidioso, e lo descrive così: "Si tratta di an re una tendenza, una moda o un must come un fatto: quest'anno si porta nità o il perverso polimorfo, la minigonnna o Heidegger, la nouvelle cuisine L'intero giornalismo dei settimanali ha oramai scelto questo tipo di fattoi proprio oggetto privilegiato: duttile, non smentibile, di prontO consumo, bile" (Per il politeismo. Esercizi di pluralità dei linguaggt). Per spiegare meglio la questione faccio ricorso ancora una volta ad un dominio pubblico, che risulta essere una perfetta combinazione del prim secondo tipo, e non so in che misura forse anche del terzo. È la storia del "otale" (ma guatda che bella combinazione di caraltete lessicale!) tra l'altor Hugh Grant e la prostituta Divine Brown (di nome e di colore). È un ca scoppiato per il caldo e per il vuoto di notizie, ma via via ampliato e a nello stesso tempo, dagli eventi e dalle infotmazioni al riguatdo. Allora, lui è inglese (quindi posato e benpensante, come affermano gli s nazional-popolari), bello, timido (come i personaggi che interpteta), fidanz cemente con una top model, desiderato da innumerevoli fans di sesso fe (come se ciò servisse realmente a qualcosa). Lei è una prostituta nera, g bella. Serve altro' Ah sì, povera.

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Il fano avviene di notte in una strada buia di Las Angeles: mentre la ragazza è impegnata in un serrato dialogo con l'altrO membro del consesso erotico. la police li coglie appunto su quello specifico fatto. È fatta. Lui e lei vengono arrestati per atti osceni in luogo pubblico, e oltre alI'ordine di arresto scatta immediatamente la mobilitazione dei media in tutto il mondo. "Lo scandalo pubblico è ciò che fa l'offesa/E peccare in silenzio non è peccare affatto": la frase è di Moliere e non credo piacerebbe ai due malcapitati, ma illustra perfettamente il meccanismo della comunicazione di massa. in particolare del funzionamento del primo tipo di "fatroide". Un comportamento scorretto o illegale di un qualunque privato cittadino può al massimo costituire un reato e finire sulla cronaca nera, ma lo stesso atto compiuto da una persona famosa diventa scandalo. e la notizia finalmente può essere costruita, e la società inrera legittimamente discutere e ironizzare sulla qualità della vita erotica di un divo del cinema, piangere (e cinicamente e vendicativamente inrerrogatsi) sulla triste sotte e dotazione segreta della bella fidanzata. Che cosa è dunque accaduto? Quel che nella vita reale avviene quotidianamente, più o meno trisremente. ad ogni incrocio di periferia. in questo caso ha assunto, per il fatto di possedere rutti gli elementi della spettacolarizzazione, una veste mitica: gli abboccamenti (altro termine perfettamente pertinente al caso in questione) sessuali tra due esseri umani sono divenuti il terreno di discussioni interminabili sulla liceità o meno dei gusti erotici dei personaggi pubblici, sulla consistenza del rapporto tra bellezza, amore, successo e soddisfazione erotica. e l'occasione di riscatto di una diseredata della terra. Divine, infatti. da povera Cenerentola. nera di suo. si è trasformata in un personaggio pubblico, e mentre l'immagine del suo partner è stata intaccata dal fattaccio, la sua si è finalmente ripulita, proprio come l'elegante tailleur blu con profonda scollatura che indossava il giorno del processo: dopo i 160.000 dollati ricevuti per un'intervista a un tabloid inglese, le proposte per un film porno sulla sua storia con Hugh Grant e per incidere un disco, e dopo aver fatto da madrina alla tivvù erotica inglese via cavo "Fantasy Channel", Divine Brown è diventata testimonial di una serie di spot televisivi per la ditta brasiliana di biancheria intima Valisere, con la promessa: "Se non vuoi che tuO marito vada a soddisfare le sue fantasie altrove indossa la biancheria intima Valisere". Siamo in grado, a questo punto di parlare di realtà, di definirne in qualche modo limiti, oggetti, indizi? O non ci troviamo piuttosto immersi in una tipica situazione pirandelliana, nella quale la tealtà supera di gtan lunga qualunque eccesso prodotto dalla finzione narrativa? Possiamo evitare di tenere Conto di quanto e di come i media creano. attraverso il loro vociare, realtà pubbliche fatte insieme di frammenti di cose accadute e di invenzioni? Dobbiamo per forza orienrarci, discriminare, raccogliere indizi ed interpretare. Il nostro ruolo di cittadini del mondo è continuamente in gioco, e le regole contri-

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buiamo a definirle ogni giorno sulla base di quel che siamo venuri a sapere

convinzioni, dei valori. degli atteggiamenti, delle esperienze, di cui siamo pr nisti: non c'è testo scritto che tenga, che possa vantare diritti e autorità sulle interpretazioni.

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I gioco degli sguardi

Per riprendere il linguaggio suggesrivo di Volli, ognuno di noi guarda ed è gua

in questo modo ritagliamo l'orizzonte del nostro agire e pensare il mon mondo, quindi. per quanto grande può essere il sapere su di esso come og non è un testo, ma un palcoscenico sul quale recitare la nostra pane di «perso in cerca d'aurore", un canovaccio sul quale intrecciare come testi i framment

nostra esperienza. Se un naso non è un naso solamente, ma è QUESTO quello che ora StO guardando, toccando, immaginando, quello che io amo,

invidio, e chissà quante altre cose ancora. Se il mio naso è una certa cosa per innamorato, e un'altra per il fotografo che mi fa il ritratto, e un'altra ancora p rorinolaringoiatra che mi visita, e chissà quante altre cose ancora. Se con QU

ASO io gioco al gioco del linguaggio. Se dunque un naso non è un naso, ad ogni sguardo una cosa diversa, non c'è dizionario che possa definirne la

srenza di realrà "cosica", e la sua densirà dipende ogni volra dalla direzione e d renzione dello sguardo che lo individua e lo interpella. J. Lorman, dal quale lo riprendo, applica il concerro di traduzione ad ogni

zione comunicativa, partendo dal presupposto che, di norma, nella comunic umana e nel funzionamento stesso della lingua non combaciano i ruoli e le id

del parlante e dell'ascolratore. Nel ridimensionare la funzionalità dello s

comunicativo tradizionale, Lotman sostiene che il passaggio di informazi attribuzioni di senso, avvengono negli spazi di intersezione nei quali il parlant scoltatore s'inconerano: "In una situazione di non intersezione la comunicaz presuppone essere impossibile, mentre una completa intersezione la rende p contenuto. Così viene ammessa una determinata intersezione di questi spazi stesso tempo l'intersezione di due tendenze contrastanti: l'aspirazione a facili comprensione, che costantemente porterà a tentativi di allargare il campo d'i zione, e l'aspirazione ad accrescere il valore del messaggio, che è legata alla ten

ad ampliare al massimo la differenza tra A e B. Quindi, nella normale comun

ne linguistica è indispensabile introdurre il concetto di tensione, di una cert

srenza di forze, che gli spazi A e B oppongono l'uno all'alrro" (Vedi anche

~).

La comunicazione, quindi, comporta normalmente zone di oscurità, lacu

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senso, da recuperare attraverso l'interpretazione. Paradossalmente. il grado di informatività (ovvero il portato d'innovatività di un contenuto) della comunicazione risiede proprio nei luoghi del non detto, dell'ambiguità, del richiamo ad altro. Ciò che fa interessante una comunicazione è, dunque. proprio ciò che la rende difficile. Se questo fenomeno avviene normalmente nella comunicazione verbale, tanto più si verifica in tutti gli ambiti comunicativi nei quali la comunicazione interseca non soltanto i contributi del parlante e dell'ascoltatore. ma spazi linguistici a più dimensioni. Tradurre significa allora mettere in luce le "intersezioni" tra una lingua e un'altra. Ma poiché ci sono lingue non affini, diverse tra loro per struttura logica e semantica. tradurre vuoi dire ricostruire l'universo di senso di una lingua utilizzando la logica e le strutture di un'altra. Significa anche far dialogare due o più lingue diverse mettendo in relazione reciproche, ma non combacianti, zone di informazione. I media della comunicazione, lo abbiamo appena visto con il "caso GrantBrown", amplificano l'estensione e le intenzioni dell'azione sulla scena, sovrappongano l'un l'altro logiche e linguaggi diversi tra loro: a tutti siamo abituati a dare ascolto, e i testi che ne ricaviamo, anche quando non appartengono alla tradizione della scrittura, ci servono come bussole per orientarci, come fonti per ispirarci. Darei non so cosa, a questo punto, per sapere cosa pensano e sentono le mogli che hanno deciso di dare ascolro alla promessa di Divine e dei suoi reggipetti Va/iseTè. Nella vita reale non esiste una realtà fatta di oggetti e soggetti definiti e stabili con i quali avere rapporti e sui quali esprimere giudizi. Ognuno di noi costituisce un universo complesso, mobile e parzialmente definito ogni volta dalle sue interazioni con gli altri e con le cose, e se tutti gli esseri sono costituiti di tale complessa variabilità. la nostra condizione di umani perde definitivamente il suo carattere di assolutezza, quale siamo abituati a considerare. e acquista potenzialità infinite da sollecitare reciprocamente con l'attenzione e la cura degli sguardi. Ciascuno di noi agisce motivato da scopi ed interessi uguali o diversi a quelli di altri individui, uguali o diversi nel tempo da quelli perseguiti in un altro momento, uguali o diversi dai principi e dalle motivazioni razionali o ragionevoli. Scrive Giuseppe Mantovani in suo recentissimo libro (Comunicazione e identità): "Cattore si chiede: ho dato alla situazione la risposta che corrisponde meglio a ciò che io sono o desidero diventare, o voglio comunicare agli altri di essere? La decisione intuitiva coinvolge in ogni caso, in modo più O meno diretto, l'immagine di sé. Ogni azione volontaria rientra infatti in un progetto, il quale è a sua volta al servizio di un metaprogetto che occupa un certo posto nell'immagine di sé che l'attore costruisce momento per momento, attraverso le sue decisioni situate". E qualche pagina prima, a proposito del rapporto tra quantità delle informazioni (pensiamo alle accuse che vengono rivolre ai media, come se fosse colpa loro il dare conto della frammentarietà e della complessità in modo frammentario e com-

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plesso) e articolazione delle situazioni in scena: "La vera complessità delle ni quotidiane, la loro intrattabilità con strumenti analitici, la loro irridu modelli formalizzabili e pre-dererminari, nascono dalla molreplicità e con rietà degli interessi degli attori e dalle differenti risorse cognitive e motivazi essi sono in grado di mobilitare in un dato momento. n. Non esiste un r neutrale. Non esiste una ricostruzione 'vera', nel senso di imparziale ed es degli eventi". Mantovani esemplifica il concetto citando le differenze di o le quali i testi scolastici francesi e tedeschi ricostruiscono gli eventi e i s delle due guerre mondiali: "Nessuna delle due parti mente, in entrambi sono onimi srorici, la buona fede e professionalità degli studiosi e degli in sono fuori discussione, eppure - o forse proprio per questo - ci sono d diverse". Mentre lo sguardo naviga nel Ausso degli eventi e delle loro parzia poranee rappresentazioni, e dunque si fa tempo, movimento, discorso, la p fissa lo sguardo nel testo scritto immobilizza il tempo e si fa visione delle c struzione particolare che pretende l'universale, rappresentazione che si reale. In questo modo costruiamo i nostri riferimenti cognitivi per orienta nire i processi della costruzione del sapere. In questo modo soltanto, e tutt - percezioni, esperienze, emozioni, discorsi - rimane fuori della portata d sguardo, sviliro e annullaro dalla mediazione della parola morta, che è que sui volumi del sapere organizzato, definito, astratto, che costituiscono l'enc sulla quale pretendiamo di oggettivare il mondo. Seymour Papert, lo scienz darore del M.LT. e invenrore del linguaggio Logo e delle sue applicazioni d ispirare al principio del gioco e della scoperta, racconta nel suo ultimo libro in Italia (con un tirolo ridunivo come I bambini e il computer, al posro dell The chi/drens machine) in che modo ha finalmenre colmato la sua inca apprendere la complessa sistematizzazione botanica dei fiori: senza ris quando si è ostinato a studiare testi specialistici, tavole sistematiche, ecc., f te con passione e divertimento nel momento in cui ha cominciato ad as forme dei fiori ai nomi e alla loro etimologia, che permetteva di risalire a aneddoti, rituali, ricordi personali, ecc., incredibilmente più suggestivi de classificazioni. A quel punto è tornato ai manuali mentre, seduto alla sua sc cespugli fioriti nel giardino risuonavano dei loro nomi, delle loro carat diverse e speciali. Proprio quei fiori, che prima della sua scoperta non ancora mai penetrato la trasparenza del suo sguardo. E' interessante notare, a questo punto, che le metafore verbali che sto do derivano dalla dimensione della visione (corrispondente al sistema spaz scrittura), per cerri versi opposta alla dimensione dell'udito (corrispondent ma temporale deU'oralità): sguardo, cornice, immagine, visione, ecc. E' c che la nostra attività percettiva, conoscitiva, esperienziale non può prescind

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cornici mentali (in questo caso il "brainframe alfabetico", come lo chiamerebbe De Kerckhove) che ritagliano il nostro rapporto preferenziale con il mondo. Ma il bello è che la nostra storia di esseri alfabetizzati, razionali, astratti e oggettivanti, si incrocia e sovrappone costantemenre con la nostra vita quotidiana di esseri in situazione, contraddittori, sensibili, concreti e appassionati. Lo "sguardo che incornicia", (Bateson scriveva e affermava che: la cornice è un contesro e senza contesto non c'è significatO), interagisce con le innumerevoli cornici elaborate (magari diverse e parallele insieme) da noi e dagli altri e, dunque, non serve esclusivamente a definire la distanza tra noi e l'oggetto osservato, ma si afferma come attività di significazione che varia nel rempo a seconda del rapporto che intrecciamo con l'oggerro. Quel che il pensiero tende a rappresentare e ipostatizzare come fatto, l'esperienza lo uaduce in evento: il tempo del discorso esistenziale attira a sé lo spazio della definizione e dell'identità. Quel che accade accade nella nostra mente, in una specie di quarta dimensione, in cui il rapporto spazio/tempo è misura - relativa e volubile in quanto a senso, ma assoluta nella sfera della responsabilità etica del nostro agire - del nostro essere evento. Come costruiamo la nostra immagine del mondo, così facciamo per l'immagine di noi che vogliamo mostrare e mostrarci sulla base degli interessi e delle intenzioni che assumiamo come nostre fino al raggiungimento di cerri scopi. E allora tutte le riflessioni farre fin qui si rivelano utili ad un doppio fine: uno, di carattere più generale e meta-cognitivo, ci permette di assumere il sistema della comunicazione pubblicitaria come modello di azione del pensiero che scambia sguardi e produce in cambio immagini; un altro, di carattere semiotico e psicologico. ci offre la possibilità di individuare le regole del gioco pubblicitario nell'intreccio di motivazioni, azioni, reazioni, sensi e significati. che ciascuno individua e ritaglia per sé nel tempo e per tempo. Mi occupo di quest'ultimo nella seconda parte; del primo nella rerza.

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ciascuno il suo gioco

Le teorie e le ricerche relative alla pubblicità e ai suoi effetti sui consumatori hanno accompagnato le trasformazioni del fenomeno e delle sue pratiche. Quale ritratto hanno delineato dell'identità psicologica e culturale del consumatore? Alcuni brevissimi accenni: fino agli anni Ottanta tutti gli approcci critici si sono concentrati sul concetto di suggestione, sviluppando schemi di analisi nei quali un oggetto forte, il messaggio. inrrusivo, incontrollabile. violentarore di coscienze, si contrapponeva ad un soggetto debole, il consumatore, ignaro dei suoi gusti, irreparabilmente influenzato da stimoli condizionati da bisogni apparenti, creati dal ciclo di produzione insieme al prodotto stesso. Il rigido schema meccanicistico stimolo-

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bisogno presupponeva. dunque. un soggetto passivo, incapace di scegliere. I:approfondimento delle componenti psicologiche e proiettive del rapport messaggio pubblicitario e suo destinatario ha via via sostituito il concetto di su stione con quello di persuasione. In questa ottica il consumatore è un soggetto vo. provvisto di bisogni, di attese, di gusti ed interessi, che sceglie, attraverso m nismi di difesa percettiva. i messaggi dai quali farsi colpire. I messaggi svol tutt'al più una funzione di rafforzamento di opinioni o di atteggiamenti prees ti. Rispecchiano valori, modelli di comportamento, stili di vita, esaltandoli e dendoli più apperibili. È un cammino evolurivo al conrrario quello delle reorie cririche sulla pubbl l'animale pubblicità è passato da fasi di onnipotenza ad una progressiva limita dei suoi poteri sugli umani. Tanti elementi diversi, di contesto, inAuenzano la cità di un messaggio di essere recepito ed accettato. Non più suggestione, no persuasione, dunque, ma un richiamo vistoso, colorato e rumoroso per corteg il partner consumatore. Per cercare di colpire la sua attenzione. i suoi desideri meno consapevoli, sollecitare il suo bisogno di forgiarsi uno stile di vita corris dente ai suoi gusti e ai suoi valori. La stessa categoria di consumatore appare superata: non esiste un consum tout-court, un individuo fatto apposta per consumare. Esistono persone che p no, lavorano, amano, scelgono, ecc. Persone che sono, allo stesso tempo, citta lavoratori, amanti, turisti, ecc. E la pubblicità agisce nello spazio delimitato pr soriamente dai confìni mobili dell'esperienza e della conoscenza di queste per La pubblicirà non può farci dire o pensare quello a cui non crediamo. Giamp Fabris sostiene che si dovrebbe usare il termine consumatore "virgolettato", pe tolinearne la natura astratta, ipostatizzata, derivante dalle reorizzazioni che h tenuto conto soltanto della economicità delle scelte di consumo, e non del valore culturale e simbolico. Ciò che è importante capire, quindi, non è ranro "che cosa fu la pubblicir persone, ma piuttosto che cosa se ne fanno le persone della pubblicità": perc piaccia o non ci piaccia, Ilon possiamo fare a meno di considerare e utilizzare segni quelle che erano nate come rappresentazioni di oggetti. Lo spazio del m nel quale ciascuno di noi agisce è definito e descritto non soltanto dagli ogget usiamo ma anche, e forse soprattutto, dai signifìcati di cui sono portatori, dal di cui li investiamo. Nel libro di Toscani che incontrerete di nuovo, e più dif mente, nella seconda parte di quesro lavoro lui dà conro della polemica che visto protagonista insieme a Gavino Sanna, altrO contestatissimo (per ragion ruttO opposre) nume rurelare della via iraliana alla pubblicirà. Ebbene, dal punto di vista esagerano entrambi nell'esprimere illoco parere sul ruolo della c nicazione pubblicitaria: l'uno - Toscani - apocalittico per provocazione, attrib

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CRISTIANO

alla pubblicità la gtave responsabilità di distogliete le persone dalla vera vita, fatta di cose semplici e profonde; l'altro - Sanna - integrato per interesse, nega alla pubblicità alcun'altra funzione che non sia quella di aiutare la vendita dei prodotti, considerandola nient'altro che serie di figurine, innocue e neutre. Tutti e due ignorano, non so se per scelta o per assenza di giudizio, il ruolo delle persone e dei loro atti di consumo in questo gioco, anzi, la parola gioco non viene minimamente evocata. Credo invece che ci sia bisogno di riflettere un po' più a lungo su questo aspetto direi fondamentale, perché ci serve per continuare ad interrogarci sul valore anche morale del consumo, e sulle caratteristiche dei processi di conoscenza. Forse è utile intrecciare a degli esempi le considerazioni di un esperto che ha scelto di indagare proprio il cuore del ptoblema: Giampaolo Fabtis e i consumi come cultura. Nel nostro mondo, ma per certi aspetti rituali, mitici, ecc. è sempre stato così in ogni cultura, gli oggetti significano quello che siamo o che vorremmo essere. Così come avviene per il linguaggio (il gioco sul "naso" valeva come esempio e come paragone), anche per gli oggetti e i prodotri esiste un duplice livello di significazione. Fabris, a questo proposito, fa l'esempio dell'hamburger. Come "denotatum" è per tutti una polpetta di carne cotta alla griglia, inserita in un panino morbido e condita in vario modo. Fin qui l'universale. Nello stesso tempo, il medesimo hamburger si "connota" in modo diverso per ciascun individuo a) a seconda del rapporto, più o meno simpatico, ideologico, gastronomico, ecc., che instaura con quel prodotto; b) in base alla condivisione di gruppo di determinati significati assunti dal prodotto. Per esempio, scrive Fabris, "questa componente, nel connotato di hamburger, può essere destrutturazione e informalità alimentare, policromia, american way of life, prezzo contenuto, una particolare concezione del tempo, socialità, nuove forme di convivialità e via dicendo. Per aJcuni soggetti. cioè, più che mangiare un panino con della carne consumare un hamburger significa un'evasione nella rutilante società d'Oltreoceano. introiettare brani della bandiera a stelle e strisce e cosl via". Queste frasi le trovate a pagina \0\ dell'ultimo suo lavoro, pubblicato quest'anno per i catatteri della Sperling & Kupfer con il titolo Consumatore &

Mercato. Le nuove regole. Ci sono degli oggetti, delle categotie di prodotti che più di altri si prestano ad essere investiti di valore simbolico, affettivo, proiettivo. È evidente che un detersivo, un tipo di carta igienica o un biscotto posseggono meno potenza mitizzante rispetto ad un'automobile, un gioiello, un otologio, un profumo. Oltre allibro voi avete tra le mani un dischetto di computer: dentro quest'ultimo potete sfogliare o modificare un piccolo catalogo di modelli di annunci pubblicitari creati per l'occasione, relativi tutti quanti ad un certo prodotto sul quale vi proponiamo di effettuare indagini o trasformazioni. Volevamo lavorare sugli strumenti della scrittura manuale, e il prodotto in questione è la penna d'oca: abbiamo

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scelto questo proprio perché, dovendo inventare delle pubblicità finte lavoran dei modelli veri, il carattere anacronistico dell'oggetto ci preservava dal proble dover ogni volta confrontarci con quelle realmente esistenti. A noi, infatti, in sava confrontarci con configurazioni diverse dello stesso "prodotto" inventa noi, e non tanto con le realizzazioni già eseguite da altri. Ebbene, in quel con l'oggetto, il "denor3rum" penna d'oca è divenuto un "connotaro", carico di tu valenze simboliche che noi abbiamo 3ncibuiro in modi diversi per ogni d variazione sullo stesso tema. Voi potete, basta lasciare queste pagine e correr tastiera, oltre che esaminare il catalogo di modelli proposti, scegliere un altro dotto" [fa quelli elencati e cambiare loro i connotati arricchendoli, attrave modifiche che vi avrete introdotto, dei vostri investimenti di senso. Quante possiamo dire di noi attraverso il nostro rapporto con una penna o la sua rapp tazione? Usare una penna stilografica, ad esempio, carta da lettera tipo pergamen sigillo di cera per la corrispondenza privata dà senz'altro un'immagine di pe raffinata, romantica, un po' nostalgica. Adottare invece una biro dalla linea ele ma dinamica permette a chi la usa di esprimere di sé proprio questi due a (desiderati o posseduti è altra questione): eleganza e dinamicità. Usare sem mente una BIC per scrivere un biglietto che accompagna un mazzo di rose non mette in anima luce lo stile e la fantasia amorosa di chi lo redige. Si dirà: ché una penna non è una penna e basta? Non serve a scrivere, ovvero vergare alfabetici in serie ordinate su un suPPOrto per lo più cartaceo? iente affatto penna non è una penna e stop. Avete mai visto in un film qualcuno che firm contratto o una lettera importanti con una penna a sfera comperata dal taba Impensabile. Noi padiamo la lingua degli oggetri che usiamo: se pure io scelgo di and acquistare un bagnoschiuma, anzi no, il bagnoschiuma è decisamente il simb una cultura igienista e salutista. quindi consumista: se pure m'imbuco nel antica e prestigiosa erboristeria della mia città ad acquistare argilla verde. am riso O che so io, dirò di me al mondo esattamente quello che intendevo dire fa quello che ho fatto: ovvero che mi sento parte di una schiera di eletti, anime plici e però consapevoli dei rischi che corre la plOptia salute a vendete il CO mercato dei profumi da supermarket; e che credo così fermamente al potere gente delle argille che non m'interrogo nemmeno sull'assenza assoluta di e plOfumata, sulla consistenza del prezzo, o che so io. Ditò anche che molto plO mente acquisterò, nel reparto alimenti dell'antica ma aggiornata erboristeria, integrale per mio marito, panetti di riso soffiato per i bambini, lievito di birra cane. cioccolata di carrube per il nonno. E così via.

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SECONDA PARTE: SCENA


ROSSANA

Rossana è una giovane donna bella, colta e spiritosa. Ama un giovane so!Llato che però non conosce: la sua speranm è che sia tanto arguto eftntasioso quanto è beUo. Rossana è un'amante esigente, non si accontenta di parole prevedibili e ovvie, si aspetta un dialogo amoroso simile a una schermaglia a colpi di fioretto. Arriverà ad amare a tal punto la voce suadente di Cristiano-Cyrano, ilfluire appassionato dei suoi discorsi d'amore, da accettare l'idea di essere pronta ad amarlo anche se fosse brutto. Rossana adora l'arte poetica di Cyrano, morbida e pungente allo stesso tempo; ama estima il cugino a talpunto da comiderarlo il suo nume tutelare, il suo protettore spirituale. Non cè nulla che la diverta di più che infiocchettare di battute spiritose i discorsi più vari che ama intrecciare con Cyrano. Si chiuderà in convento quando le giungerà la lettera con la quale Cyrano (per pietà verso l'amico e il suo amore) - Cristiano (ferito a morte in battaglia) le giura amore eterno e la saluta per sempreprima di morire. Saprà la verità soltanto un istante prima di separarsi per sempre da Cyrano, il suo unico sconosciuto vero amore. Un attimo solo per scoprire che la sua vita reale è stata un'illusione, e che l'esistenza ftntasticata attraverso milleparole d'amore era lì a portata di mano, ma per un unico attimo. Poi, il buio.


hi ha paura della pubblicità

Della pubblicità - l'ho già anticipalO - generalmente non ci si fida: come qu

nalisti de La Gazette, che si ritenevano offesi dalla convivenza interessata deg commerciali con il loro impegno politico e sociale, l'opinione pubblica m un testardo rifiuto nei suoi confronti. L'atteggiamento "apocalittico" nei c

della pubblicirà viene da lonrano. Ha a che vedere con l'imporsi, tardivo rispetto ai paesi anglosassoni, dell'economia industriale, nei confronti della sono sommati i pregiudizi anei-industriali della cultura cattolica. da un la quella marxisra, dall'altro. Concetti come quelli di impresa, profitto, co

pubblicità, per ragioni diverse e con diverse motivazioni, sono stati riuniti nica, generica accusa: di essere profondamente, intrinsecamente, coinvolti in liche relazioni con il denaro. Una descrizione sintetica di questo scenario ce

Giampaolo Fabris nella sua "summa" pubblitaria dal titolo, La pubblicità. prassi. Scrive Fabris che "Il perseguire obiettivi di consumo è sempre stato g

con diffidenza da chi riteneva che il piacere e i legami col mondo materiale, consumo rappresentava l'esemplificazione più vistosa, potessero compromet spirazione ad una vita ultraterrena. E, d'altra parte, l'indulgere nel consumo considerato come una sorta di legittimazione, da parte delle classi subalter proposta di civilizzazione del capitalismo e comunque pericoloso perché distogliere preziose energie dalla tensione dell'antagonismo sociale".

Ciò che ha che fare con il denaro, quindi (almeno fino alla iniziativa pu ria della C.E.1. per diffondere tra i contribuenti l'iniziativa de1l'8 per mille degno di essere considerato oggetro di cultura e di sapere, dunque lo si de

rare. Come se la storia delle realizzazioni umane, da quelle estetiche a quelle fiche non fosse sempre stata intrecciata con quella dei poteri e degli interess mici e politici. La pubblicità, per sua disgrazia, ha a che fare con altri due concett

direbbero i pubblicitari, "fiori-targel': quello di desiderio e quello di piac nella tradizione culturale e formativa del nostro paese non hanno mai

almeno ufficialmente, di buona fama. La pubblicità condivide la sua sort

altre culture di massa. Con una differenza: mentre le accuse alle forme d

della cultura provengono generalmenre da élires che sentono profanare le vate espressioni della cultura dalla contaminazione ad opera delle prime

rivolte alla pubblicità sono più estese. Tutti condannano senza conoscere a

za l'oggetro del loro disprezzo. E tutti, però, pretendono di poterne parlare

la parola, quale che sia, ha la funzione di esorcizzare il fastidio per un ogge siderato tanto pericoloso.

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ROSSANA

I cahiér, de doleance nei confronti della pubblicità la accusano di trasformare i valori in consumi, di blandire bassi ed effimeri bisogni, di minare l'identità dei singoli ingannate dalle misrifìcazioni edonistiche, di omologare gusti ed interessi culturali. Abitudine al conformismo dovuta all'appiattimento delle aspirazioni individuali e alla condivisione di modelli di vita rappresentati come facilmente raggiungibili, difficoltà di concentrazione e di attenzione, aberrazione del senso storico, immobilizzato da1l'eterno presente della fruizione, riduzione delle occasioni di esperienze dirette, sostituite dalla condivisione di facili mitologie: queste le accuse che provengono soprattutto dal mondo della scuola. Certo, è indiscutibile, per raggiungere i suoi scopi commercia1i la pubblicità non esita a impadronirsi di tutte le recnologie comunicative, di tutte le tecniche espressive e dei loro linguaggi. Pervade i media, come la Cosa fantascientifìca s'insinua in essi e li contamina. Oggi è dappenutto, tanto visibile da risultare insopportabile, eppure quasi del tuttO sconosciuta. Insieme alla televisione, il media pubblicitario per eccellenza perché essenzia1mente commercia1e, diventa addirittura il capro espiatOrio di tutte le colpe e i mali della società in cui viviamo. Quesro, francamente, mi sembra eccessivo e fuorviante. Vì ricordate Beppe Grillo quando, dal palcoscenico di un teatro romano (il costo del biglietto per lo spettacolo lo aveva imposto lui a cinquantamila lire), dichiarò guerra a oltranza a Coccolino? Dallo schermo televisivo promise, lui novello Zorro sceso in campo in difesa dei consumatori e dell'ambiente, di condurre la sua personale battaglia contro quelle che affermava essere le mistifìcazioni eufemistiche ed edonistiche della pubblicità. Ora non so dov'è finito lui. lo non uso più Adas lavatrice perché preferisco Dash e mi sembra che le mutande le lavi benissimo; ho rurra la serie degli spor dello yogurr Yorno inrerpretati da Grillo in modo insuperabile; ogni tanto seguo la trasmissione di Antonio Lubrano sperando che prima o poi qualcuno mi spieghi se è vero quello che sosteneva Grillo, e cioè che i derersivi sono soltanto degli sbiancanti appiccicati sopra ai tessuti e che non hanno un vero potere pulente; come Grillo ritengo che le industrie dovrebbero utilizzare meno materia1e superfluo possibile, e quello necessario il più possibile riciclabile (quindi pochissima plastica, carta e cartone solo se recuperabile, ecc.); e come lui sono convinta che viviamo in una società troppo poco attenta a1la misura, e ciò in ogni sfera della vita collettiva e individuale: si parla spesso oltre ogni limite di ascolto, si urla molto, si spende rroppo (chi può o chi pretende di potedo fare ad ogni COSto), si distrugge in modo insensato, si finge eccessivamente, ecc. ecc. Di conseguenza si consuma eccessivamente. Su questo sono d'accordo, solo che per me (e spero anche per voi) quello che solitamente si considera come causa dei mali - ovvero un'esagerata propensione alla superficialità e all'apparenza causata dalla falsificazione della realtà prodotta dalla televisione e dalla pubblicità - è un efferro, molto molto più inquietante perché chiama in causa rutti noi personalmente. È facile affermare che la colpa è del

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sistema, dei mass media, e così via. Più difficile è domandarsi ogni volta: ma

ho sparlato oggi?, quanto ho urlato e sgomitato? quanto ho conttibuito ad i

re la mia città? E così via. E dunque molto più impegnativo è cercare rispost

mini di modificazione dei compottamenti individuali. Allora, la pubblicità colpe? Specifiche sue, io direi di no. È chiato che a questo punto bisogna sap

non si può parlare di pubblicità tout court: come esistono buoni libri, b bella musica, ecc. e ciascuno sceglie quale preferire, così c'è buona, cattiva e pubblicità, ed ognuno ha i suoi gusti. È, o dovrebbe essere, ovvio che per giudizio bisognerebbe prima almeno guardarla, e non fare come quei recen

scrivono di libri che non hanno letto. Ad onor del vero, c'è da dire che è d che in Italia si vede bella pubblicità, e che spot italiani riescono anche a premi ai festival internazionali: nel nostro paese, infatti, i pregiudizi di cui

il poco senso dell'ironia e dell'estetica delle aziende/clienti, il divieto (attual pochissimo tempo fa) di fare pubblicità per confronto, l'ondara vuotamente

stica della fine degli anni Ottanta, hanno prodotto fin ora risultati ass apprezzabili. Ma cosi' come molte cose, nel bene e nel male, Stanno cam

nella società, così stanno cambiando nel mondo della pubblicità: intanto no

facilissimo mettersi a fare il creativo, e anche lo status da eldorado di cui questa professione è entrato in crisi. E poi, vengono a galla - il caso Oliviero

lo dimostra in modo significativo - tendenze artigianali che si oppongono a

potere delle agenzie pubblicitarie strutturate in modo rigido secondo parame camente aziendali.

A

proposito di Oliviero Toscani

Per chi non lo conoscesse, è recentemente uscito un libro metà autobiografia pamphlet. Ciao mamma è un vero pozw di riflessioni acutissime e di prov choc per chi si occupa di pubblicità, di televisione, di scuola. In particolare capitolo in cui Toscani ricostruisce l'intera storia delle campagne Benett quanto mi riguarda dovrei citarlo ad ogni riga di questa seconda parte, ma c di non esagerare.

A pagina 46 Toscani scrive della pubblicità: "Non esiste una storia della cazione pubblicitaria, poiché è compito della pubblicità appianare i c appiattire i problemi di comunicazione, livellare il gusto. Da quando è pubblicità è stata soprattutto fabbrica del consenso, il cui compito princi informare sulle qualità di un prodotto per venderlo". Come tutte le dichi

di Toscani anche questa è eccessiva, ma cercherò di tenerla presente quan terò di mostrare il contrario.

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ROSSANA

Per dare testimonianza concreta di quanto ho affermato nelle ultime righe del paragrafo precedente, mi approprio di un frammento della lettera che Enrico Chiarugi, un giovane copy, gli ha indirizzaro per esprimergli la sua solidarierà: "Nelle agenzie c'è un gruppo, certo non numerosissimo, che condivide il tuo attacco al sistema pubblicitario del <Bel Paese', la sua povertà di idee, la sua ostinazione a riproporre continuamente stupidi e mielosi stereotipi. Tra i creativi giovani si va diffondendo questa coscienza, che cerchiamo di esprimere nel nostro lavoro. Spero che tu abbia visto gli SpOt che ho realizzato per Toyota, dove l'auto attraversava le aree più degradare d'Italia e che denunciavano gli sprechi nelle opere pubbliche. Credo che ru abbia visro lo spor per il 'Corriere della Sera', con l'asrronaura sovierico che torna sulla terra e la trova tutta cambiata, con nuovi confini e nuove capitali. Insomma, qualcosa (poco) si sra muovendo in Italia". Chiaro, no' Le cose, fortunatamente, non sono così definite e stabili come si crede, né dal punto di visra del pubblicirario né da quello del cliente. È buffo sentire descrivere da un addetto ai lavori la condizione di molti imprendirori di fronte alla pubblicità nei termini con i quali si è soliti descrivere quella del consumatore. Credo che Oliviero Toscani non si arrabbierebbe se scoprisse che ho tratto dal suo libro questa lunga lunga citazione, non posso evitarlo, è troppo importante per il resto del mio discorso. Ascoltate: "Nelle agenzie pubblicitarie c'è sempre tanta moquette, ci sono tante segretarie gentilissime che ti sorridono e ti fanno accomodare per aspettare i presidenti e i direttori che sono sempre fuori per una 'colazione di lavoro'. Quando finalmente li incontri entri nel vortice delle riunioni. Pensate ai poveri clienti: producono bulloni, salami. Hanno senriro dire che l'immagine è indispensabile, vedono tutta questa pseudorganizzazione, sentono questo vocabolario estraneo, fatto di rermini tecnici inglesi e in più tutti che sorridono. È un sistema organizzato per intimidire. I clienti meno attrezzati finiscono per acconsentire per paura di fare brutta figura. Quelli più acconi, appena capiscono l'andazzo, fanno da sé. Infatti le . . .. . agenZIe Oggi sono In cnsl. Le grandi industrie gestiscono in casa il denaro destinaro alla pubblicità," (fra i casi eclatanti, oltre, naturalmente, alla Benetton, anche se ora senza più Toscani, quello della Coca Cola, ndA), "preferiscono cosrruire all'interno una memoria srorica della comunicazione aziendale, piuttosro che frantumarla e perderla affidandola alle agenzie. Hanno capito che, se il prodotto cambia ogni anno o si evolve, l'immagine viene capitalizzata, sommata nella memoria, nella percezione di chi legge un nome. Ci sono messaggi pubblicitari di un'inutilità che fa tristezza. Inutili per chi guarda e per chi li commissiona a caro prezzo. Spesso sono i clienti a lavorare per le agenzie, non viceversa. Pensiamo alle pubblicirà di lacques Seguéla o a quella della Young & Rubicam iraliana quando era diretta da Gavino Sanna." (avere presente il

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mulino dei prodotti del Mulino Bianco Barilla' ndA), "Per essere riconoscib farsi un nome, Sanna ha inventato la 'pubblicità dei buoni sentimenti'. Tut SpOt, le sue campagne. si riconoscevano perché erano dolciastre. mielate, messaggio sempre zuccheroso. Il risultato era una gran confusione tra i prod intanto Sanna è diventato famoso, si fa per dire, la sua agenzia si è fatta fin 'un'immagine' a scapiro di quei povereni che avevano speraro di farsi la prop dandosi alle sue cure. Pensiamo alla Fiat. Mille e cento miliardi spesi ogni pubblicità. Qual è il tisultatO' La Fiat è una macchinetta di serie B pet gli con il borsello. Ha un'immagine la Fiat, a parte quella di una proprietà e direzione manageriale insopportabilmente spocchiosa e antipatica? Tutt'al pi ricordare la grafica del lago, l'unico messaggio indovinato. Il resto rispe mediocrità del prodotto. Non è mai successo che un'azienda addormentata o ignorante abbia av comunicazione sveglia e intelligente. Se l'immagine di una industria conformista o inurile fotse anche il ptodotto che fa è buono o utile. Se spendesse i suoi soldi per una comunicazione sociale contro la droga, pe pio, sicuramente mi farebbe più simpatia. E guarderei le sue autO, i suoi tr suoi camion con più attenzione. Se leggessi: 'Ci siamo decisi a usare mille miliardi per sensibilizzare la gente al ptoblema della tossicodipendenza, v la pubblicità che abbiamo fatto finora non serve a niente, io dico che p comprare un'altra macchina andrei a guardare le Fiar. Mi sembrerebbe meno provinciale, per un'azienda che vuole essere mondiale, di questi in da 'vu cumprà' che fa adesso. Agnelli è un 'vu cumprà', ci vuole sempre rif bidone. Ci racconti qualcosa di interessante invece di parlarci di cilindr valvole e forse lo prenderemo in considerazione quando dovremo co un'automobile". Segue lettera (che non allego pet non abusare della paz Toscani) di Toscani a Romiti, nella quale l'Autore rivela un annoso dubbi nata prima la Punto O prima la vasca ]acuzzi a cui la Punto assomiglia Soluzione: è nata prima la vasca Jacuzzi. Lasciamo per il momento Toscani e, continuando a tenere molto alla sua sa compagnia, riprendiamo il nostro cammino.

N

on se ne può proprio fare a meno?

Ma insomma, perché esiste la pubblicità? A che serve? Bisognerebbe libe come sostiene Toscani, così come lui ha fatto della televisione eliminando sua casa toscana? E beh, in una economia di mercato, che agisce in una società di massa, e

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ROSSANA

buisce a formarla, la pubblicirà svolge la funzione essenziale di informare sull'esistenza dei prodotti. differenziandone e valorizzandone le caratteristiche, le identità e le appanenenze, altrimenti difficilmente riconoscibili a causa della crescente omologazione produrriva dei beni di consumo e della loro diffusione. Nell'intento di riscattare i prodoni dal rischio dell'anonimato commerciale, la pubblicità definisce e differenzia i pubblici di riferimento, sollecita richieste e bisogni dei targel. Differenziando le immagini delle merci risponde all'esigenza dei consumatori di ottenere soluzioni particolari ai bisogni della loro vita quotidiana. Abbiamo già visto, nella prima patte, che questa attività di costruzione dell'immagine di una merce è relativamente recente, rispetto alla lunga e articolata storia della pubblicità. Diciamo che è dagli anni Venti in poi che si è andata configurando la tendenza a investire i prodotti di qualità simboliche, capaci di sollecitare i meccanismi di proiezione e identificazione dei consumatori, di alimentare i loro desideri di emulazione. Nel corso della prima fase della pubblicità moderna, quella della réclame di stampo ottocentesco, tanto per intenderci, l'obiettivo dei messaggi era ptincipalmente quello di informare il pubblico dell'esistenza di nuovi oggetti, messi per la prima volta a disposizione del grande pubblico di consumatori dalla produzione industriale. Per questa ragione, i cartelloni per lo più presentavano il prodotto decantandone le virtù, i benefici, il buon funzionamento. Man mano che si è sviluppata l'offerta del sistema industriale e si sono diffuse pratiche di consumo di massa, la pubblicità ha modificato profondamenre il senso della sua funzione comunicativa: è evidente, il ruolo istituzionale della pubblicità resta comunque quello di favorire la commercializzazione delle merci, ma essa lo realizza attraverso la presentazione dei prodotti come oggetti simbolici ai quali gli individui affidano il compito di costruire parte della loro identità. Il consumatore se la cuce addosso scegliendo di usare quegli oggetti che gli rimandano, atttaverso la rapptesentazione che di essi il messaggio pubblicitario proietta. un'immagine di sé corrispondente ai suoi stili di vita, ai suoi interessi culturali, professionali, sociali. La pubblicità. quindi, continua a fare il suo mestiere ma in modo diverso, e oggi si presenta come un sapere intorno alle cose che servono per costruire O rinforzare l'idemità di una persona. La trovate un'affermazione scandalosa? Eppure, tutti gli oggetti che ci circondano parlano di noi agli altti: dagli stili alimentari al modo di vestire, dalle vacanze ai consumi culturali, dalla scelta dell'automobile alla scelta dell'arredo. Nulla di ciò che appare (o non appare. Anche la frugalità o la casualità apparente del cibo o del look rivelano indizi moltO precisi di una personalità) è vuoto di significatO. La pubblicità, come specchio ed amplificatOre delle moderne società industriali, ha sempre colpito e alimentato la fantasia e i desideri, anche i più "insensati" degli esseri umani. E così è stato fin dal principio, se è vero che un annuncio a stampa del 1897 rec1amizzava, a caratteri cubitali, una vasca a dondolo,

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e rinforzava la sua convincente formulazione con l'immagine di una graziosa s ra che. le mani strette sui laterali di una specie di bara curva. sguazza felice piccole onde prodotte dal suo dondolarsi: "Prendere il bagno in casa!", esort primordiale slogan del Bagno a dondolo (sorrolinearo nel resro, come porere v dalla riproduzione dell'annuncio), in un'epoca in cui fare il bagno rurri i giorn una signora. era un segno di pulizia morale più che fisica. Cerro. il concetto di apparenza va purificato dei significati eccessivamente tivi ed entusiastici, gonfiati dall'ottimismo cieco e disperatO della fine degli Ottanra. È dal 1992-93 che quesra forma - polirica, economica, culrurale, rele - di esalrazione generale si è andara ridimensionando: la mongolfiera sulla volavano alre le illusioni furbe di un'inrera classe polirica, e le schiere di fan necessità o per miopia. si è sgonfiata e ci è precipitata sulla testa. Ci siamo risv dal sogno o dall'incubo (a seconda, naruralmenre, dei punri di visra) rurri u più ammaccati, un po' meno edonisti (edonisti, non egoisti, che per quello.. po' meno narcisisti, ma pur sempre bisognosi e desiderosi di esserci in qu modo. Ornar Calabrese ha definiro quesro fenomeno: "la necessirà del rapport gli alrri". La ricerca della piacevolezza, dell'awenenza, dell'eleganza, dell'originalirà spressione del bisogno di piacere a sé e agli altri, comunicando con i propri attraverso codici estetici. sistemi di segni collegati al gusto. alle mode. È come noscere che poiché siamo tutti tendenzialmente uguali proprio per questo ab bisogno di emergere per porer dire qualcosa di noi al mondo. La pubblicirà è lo chio che riflette il desiderio di esserci. È la superficie levigara e splendenre sulla s'infrangono i sogni di consumo di bellezza. di riconoscimento, di gratificazion L'eccesso di eufemismo, l'assenza di ombre, il trionfo dell"'issimo" è l'iper espressione di questi desideri. Qualche volta con risultati involontariamente ranti: l'editore Castelvecchi ha recentemente pubblicato un volume Tommaso Labranc rolaro Estasi del pe cio. Sottotitolo: P

Prendete il bagno in casal §AGNO A DONDOLO -

PATBNTATO IN lTAl.IA. eDittmann'. Wettenbadsc:bauket>

In Gel'llllDis si v&adeUtro in 2anni eiru 23,000 pIzzi Con due secchie d'acqua si ba il più gradevole ba· cno ad onde; serve pure come aemicupo e bagno per bamb=:iDl=·:.:., _

Per vaMlIII j'_. li c., m, L55

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RivolCersi a QlOACHUlO PlSETZKY, in MILANO, Via Durini, 18 P • • •UTA PA.BBRICA. DI A.RTICOLI (l.&.8A.LIlfOHL

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non possiamo non brianzoli. Un breve

rolo, dal signific rirolo, "Tirolar nulla", è dedicat tendenza a collez carte di credito d tipo. Quasi sem tratta di misere


ROSSANA

copie della prestigiosa American Express: evidentemente, però, la possibilità di mosrrarie in serie ordinate negli appositi spazi, previsti da ogni trash-porrafoglio, compensa i trash-possessori della vistosa lacuna nel proprio. Non posso fare a meno di farvi partecipare alla sottile e perversa ironia di Labranca nel delineare le caratteristiche del fenomeno: "Tutti hanno messo a punto la propria x-card. dove x = marca, prodotto o nome del commerciante.

Alla simpatia della mascotte" (elemento promozionale fondamentale pet i prodotti tatgati anni Settanta, ndA ripresa dal testo in esame), "che parlava al fanciullino che rutti abbiamo dentro e che possedeva uno spitiro ecumenico (il club!) si sostituì cosi l'antipatia della catd che parlava allo monzo che tutti abbiamo dentro e che possedeva uno spitito elitatio. Con una ftegatura di fondo: il tettangolino di plastica, stampato per poche lire e inviato a tutti, era proposto invece come stru-

memo per privilegiati". Ugo Volli ha sottolineato questa esigenza di individualità, tanto ptofonda da spingete le persone anche ad assumete compottamenti illogici e un po' tidicoli: "II metcato ha da tempo compreso che questo bisogno di identità è una molla economica potente e offre oggetti 'personalizzati', distinzioni, mode, titoli, decorazioni, correnti, definizioni, ornamenti, pseudo-gerarchie sociali, istruzioni per l'uso sotto forma di libri giornali e trasmissioni televisive (. .. l. Nessuno ha analizzato finora in maniera

adeguata questo mercato dell'identità, che ha la funzione fondamentale di dat fotma e nome all'anonimato della nostra società; ma è facile intuire che esso costituisce ormai di gran lunga la più rilevante attività sociale ed economica, inglobando industrie

come quella automobilistica ed edilizia, oltre al grande settore dei setvizi". I bisogni son desideeeri! Si potrebbe parafrasare così la nostra comune condizio-

ne di esseri consumanti. Laccusa alla pubblicità di favotite l'omologazione e la passività degli individui-massa, riletta in questa chiave, perde di legittimità. Al contrario, la gamma sempre più ampia di prodotti specifici per particolari strati di pubblico, accompagnata da un'offerra sempre più differenziata di mezzi soprattutto a

stampa (sono infinite le proposte editoriali settoriali e specialistiche che affollano le edicole), riflette una pluralità di modelli di comportamento, di stili di vita, atteggiamenti di consumo sempre più mirati, competenti. esigenti.

Ma allota, quanto la pubblicità conttibuisce a suggerirci quello che dobbiamo dire, come ci dobbiamo componare, a quale valori aderire, quale strada per la felicità cercare? Se si pensa questo, io credo si faccia l'errore di prima, e cioè pensare che chi lancia sassi dai viadotti lo fa perché lo ha visto fare in tivvù. Oppure, come sostiene ancora Toscani, in un evidente stato confusionale, che Pietro Maso ha ammazzato i genitori (a martellate, a coltellate, a fucilate? Non ricordo bene.) perché ha visto troppa pubblicità rec1amizzare come necessari a far bella mostra di sé

troppi prodotti, tra le mani di modelli troppo belli. Il bisogno, disperato e crimina-

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le. di queste persone di bucare in qualche modo il velo di vuoto parrecip comunicativo che le circonda è per me il sintomo di un disagio esistenziale lizzam, che qualche volta precipita in atti assurdi e inaccettabili. Il desid apparire in video, ad esempio, spinge le persone a fare gesti assai discutibili, visione "spazzatura" raccoglie rutti questi bisogni, li mette in mostra, li alim contribuisce a creare mostri televisivi dai comportamenti assi poco umani umano s'intende qualcosa di più articolato di un groviglio di mugugni). d'accordo, ma io mi domando: da dove viene questo bisogno di apparire per di bucare l'anonimato, di cercare un senso di sé virrorioso, non frustrato dall quotidiane che la realtà in cui si è immersi impone? La televisione e la pu che scelgono di inseguire e mettere in scena questi bisogni non fanno un bu vizio allo sforzo di umanizzazione della società in cui viviamo, ma rivelano nita serie di inquietanti micro-realtà sulle quali interrogarsi. La televisione e la pubblicità che invece investono in modo gentile. sfuma nico, ecc. sulle nostre comuni debolezze, sui nostri tic, sui nostri vezzi, ci ai esprimere di noi anche quello che non avremmo voluto rivelare per non de delle apparenze. Questo concetto di apparenze, secondo me, va ritagliaro e r ro, e inteso nel senso di un sistema di riferimenti di varia natura impiegati da sone per rivelarsi. Si tratta di elementi non stabili né definiti, al contrario in nuo movimento a seconda del contesto, delle fasi deUa vita personale e co ecc. lo, ad esempio, imparo a tenermi a distanza dalle persone che per decen cambiano mai pettinatura: non mi piacciono, perché mi danno l'impression so confermata dai comportamenti, di essere poco curiose, poco tolleranti, po li, e così via. D'altra parre, ed è un argomento che abbiamo già incontrato precedente proposito del fatto che in una società complessa. qual è quella in cui viviamo vità di comunicazione non ha soltanto lo scopo di trasmettere informaz oggetti materiali e immateriali, ma ha sopprattutto quello di rivelare la pres tali oggetti, fare pubblicità significa in modo pertinente rendere pubblico, p conoscenza di un vasto pubblico la loro esistenza: essi esistono per me nel m in cui s'inserivano nella mia "agenda" di appuntamenti con la realtà. Mi è c di scoprire meravigliosi dischi di una cantante americana di origine greca s quando l'ho incontrata tra le pagine della rivista di musica accoppia Repubblica il mercoledì o il giovedì. credo. Porere a questo punto ribattere [[a([a di una cosa ovvia, cerro, ma che viene carissimamente considerata qu paria, e tanto a sproposito direi. di pubblicità, comunicazione, realtà d Prendiamo un altro esempio, ben più gravido di conseguenze: un giorno alla trasmissione radiofonica di Oliviero Beha, Radio Zorro 3131, una signo arrabbiata con il Comune di Roma per non aver reso noto in tempo i ter

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tempo entro i quali fornire tutte le auto immatricolate prima di un certo anno del

"Bollino Blu" anti-inquinamento, pena una multa di 100 mila lire: ebbene, né la signora né il conduttore della trasmissione, paladino dei diritti dei cittadini ma spocchioso con le istituzioni pubbliche, evidentemente sapevano che il Comune di

Roma ha diffuso, per ogni dove per circa un anno solare, un dépliant informativo molto esauriente sulle procedure e i tempi da seguire per l'effetruazione di quella operazione (la mia auto, infarri, è fornita da tempo del sudderro talloncino). Ora, in questo come in tanti altri casi, quale cattiva e ingiusta pubblicità è stata fatta nei confronti di una istituzione pubblica, rea di non aver compiuto un atto dovuto quando invece a non aver compiuto un atto dovuto sono stati singoli cittadini, e addirittura giornalisti che ogni giorno si occupano di fatti e misfatti della nostra vita collettiva senza preoccuparsi troppo della correttezza delle informazioni che

danno in pasto alla pubblica opinione? Essere cittadini comporta le stesse complesse attività dell'essere consumatori: stare nel mondo, darvi ascolto, cercare indicazioni e soluzioni ai propri problemi, chiedere soddisfazione dei propri bisogni e conto dei comportamenti scorretti del-

l'altto soggerto del patto. Non si può usare l'alibi della induzione alla passivirà quando la ragione del nostro non agire è frutto del poco interesse che nutriamo per ciò che ci circonda. Invece...

B

ambini e pubblicità: le ragioni di un rapporto felice

Bambini e giovani, in modo davvero sorprendente per gli adulti che decidano di affacciarsi alla realtà della loro esperienza quotidiana, appaiono molto più consape-

voli delle regole del gioco e delle funzioni sociali ed economiche della pubblicità. Essi sanno bene di svolgere un ruolo importante nelle scelte di consumo della fami-

glia (è per quesra ragione che i pubblicitari dedicano ai bambini molti dei loro messaggi), e utilizzano questo loro potere come spazio di contrattazione e di riconoscimento di una propria autonomia di giudizio. È evidente che il genitore dovrebbe saper giocare la parte che gli spetta, senza inutili penalizzazioni o eccessive concessioni, tese a soffocare una parte dei sensi di colpa che spesso nutre per la poca cura,

affettiva e Iudica, che dedica al proprio figlio. Quel che si ricava ad una prima ricognizione delle pratiche fruirive della relevisione e della pubblicità è che i giovanissimi utilizzano senza riserve la comunicazione pubblicitaria come repertorio di saperi e di modelli comportamentali. Si documentano con attenzione e puntiglio critico sugli oggetti presentati dalla pubblicità.

Alimentano la loro passione di "pubblifili", valutando con cognizione di causa le

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caratteristiche espressive - musiche, slogan, dinamiche - degli annunci pubblic soprattutto televisivi. data la loro assidua esperienza di tele utenti. Sono anratti caratteristiche estetiche e funzionali dei prodotti, e giudicano con molto scettic gli eccessi di virtù proposti dai messaggi pubblicitari, fin tanto che non abb verificato personalmente, attraverso il confronto diretto con l'oggetto o il dia

con gli altri ragazzi, la qualirà efferriva del prodorro pubblicizzato.

Risulta, ad esempio, che molte scelte di acquisto di giocattoli, di alim

dipendano più dai consigli e dalle suggestioni derivanti dallo scambio intetpets I~_to che dalla presunta forza di persuasione della pubblicità. Fra , • (se vuoi sapere qualcosa di più vedi scheda) riporta il contenuto di vignetta pubblicata sul Wall Street ]ournal nella quale i responsabili di un'ag pubblicitaria affermano: "Non è grave che ei si proibisce di rivolgerei ai ragaz ogni caso, gli adulti sono più fàeili da convincerè'. Da queste osservazioni, che non risolvono certo i dubbi e le diffidenze degli ti sul rapporto tra i bambini e la pubblicità, sembrerebbe che far emergere l'imp pedagogico della "formazione" pubblicitaria sia un obiettivo destinato più agli a

che ai bambini. Ciò significa che l'adulto, affrontando con i ragazzi i discorsi su

guaggi e sulle regole della comunicazione pubblicitatia, dovtebbe contempota

mente interrogarsi sulla propria identità di consumatore desiderante, sui propri portamenti educativi come genitore o insegnante, sulla reale conoscenza che ha atteggiamenti e delle opinioni dei bambini. Altrimenti, rischia di restare ince

facilmente pteda di ptegiudizi il campo d'indagine e di confronto sulla pubb

individuato come oggetto di interesse educativo. Afferma a questo punto M "rinfanzia non è una categoria naturale definita soltanto da criteri biologici. È a un'invenzione culturale. Le imprese e i media che trattano i bambini da consum sono fattori di maturità. Contribuiscono ad un'indispensabile ridefinizione de

fanzia, scuotendo le idee pedagogiche e morali che stanno a fondamento della n

organizzazione sociale. Le idee sono in ritardo suJla realtà". Ero d'accordo prima, ma da quando ho avuto l'occasione di stare lungame contatto con bambini veri lo sono tanto da esserne convinta, e da affermare di av prove che è così davvero. Per il mio lavoro di dottorato di ricerca, insieme all'inse

te di classe (per la ctonaca, il suo nome è Giuseppe Moscato) ho animato degli art ri laboratori di pubblicità di cui erano protagonisri i bambini. Sono stata con lor lunghi periodi nel corso di due anni scolastici, mentre facevano la rerza e poi la q elementare. Bene, sia durante le lunghe discussioni sugli spot che volta per volta a

zavamo insieme, sia mentre progettavamo la realizzazione del nostro spOt ideale,

sempre profondamente colpito la profondità e la precisione delle loro analisi, la c l'attenzione con le quali esprimevano le loro osservazioni, il senso di realtà con il misuravano i livelli della messa in scena. Roba da far impallidire un adulro. Davve

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MARIET a serino un libro leggero e provocatorio insieme, lo si capisce fìn dal (irolo: si trana di Lasciate/i guardau Uz TV; Roma. Anicia, 1992. Si trana di uno dei rari casi in cui si è cercalO di analizzare senza fìltri ideologici, morali o tradizionalmente pedagogici, il rappono dei bambini con la televisione.

H

Quesco rappono è considerare da Mariet una presenza ineliminabile dallo scenario tecnologico e culturale dei nostri tempi, da capire senza demonizzare. La televisione rappresenta una tecnologia e una cultura che scardina le categorie culturali e cognitive considerate hno ad oggi costitutive del rapporto degli individui con gli oggetti della conoscenza, e affidate alla forma-libro: la trasmissibilità e la permanenza, la produzione e l'analisi dei contenuti. Studiare la televisione come forma di cultura autonoma, quella che attualmente fonda il rapporto degli individui, in modo particolare se bambini, con il mondo, valorizzare la fruizione televisiva come specifica attività di significazione, riconoscere ai bambini un ruolo attivo di fruitori, costringere gli adulti a ripensare le proprie immagini dell'infanzia sulla base dei mutamenti antropologici che le tecnologie producono, sono i meriti principali di questo volume.


ossana in pratica

Concordo, l'ho già detto, con molte delle feroci critiche che Toscani esprim

confronti della pubblicità, più petò su quelle tivolte alle intenzioni dei produ

che non su quelle indirizzate agli effetti sui fruitori: nei ragionamenti di Tosca anche nei suoi atteggiamenti provocatori ma elitari (del tipo: io mi ritiro in te di campagna con famiglia bionda e cavalli bai al seguito. e voi arrangiatevi.

volgare e ignotante), c'è di fondo una gtande sfiducia nelle capacità del pubbli avete con la pubblicità (televisiva pet lo più) un tappotto mediato dall'intellige

dalla consapevolezza. Ora. non metto in dubbio che gli strumenti attualme disposizione degli spettatori televisivi non siano dei più raffinati, ma non mi di liquidare la questione in termini scolastici: le persone non sono affatto spr dute come sembrano, hanno a loro disposizione un ricco bagaglio di esperie cui tengono molto, e alle quali ricorrono ogni volta per compensare le lacune c rali di cui sono in genere consapevoli. Perdipiù, le persone meno attrezzat

piano cultutale hanno imparato a diffidare delle dichiarazioni di ptincipio,

formulazioni astratte, delle pretese scientifiche dei saperi alti, e non si lasciano facilmente ingannare. Pensate davvero che Nemorino credesse sul serio alle

portentose dell'elisi t di Dulcamata? Penso piuttosto che molte delle fotmule m che (che cos'altro sono infatti il cinema, la televisione, la pubblicità'), di cui c

viamo per affrontare le prove della nostra vita, provochino una sorta di illusio realtà simile a quella prodotta dai prestigiatori, più che una forma di credulit

pottetebbe a confondete la tealtà con l'inganno della finzione. È capitato che

che tempo fa, al supermercato, io e mia suocera venissimo fermate per rispo ad alcune domande per una ricerca di mercato su un certo tipo di nuova cand

na pet capi delicati (praticamente identica alle altte due già esistenti). Siccom

finii prima di lei, fu illuminante conStatare la diversità dei nostri atteggiamen

ero divertita del gioco leggero e un po' ingannevole (gli spazi di giudizio acc

erano praticamente già definiti dagli imbeccamenti dell'intervistatrice e dalle r ste chiusissime relative esclusivamente a valutazioni di carattere quantitativo), c vo di essere allo stesso tempo sincera e precisa. Lei. invece, era evidentemente stidita: rispondeva velocemente tanto per togliersi il pensiero, si vedeva benis

che non ctedeva a quello che diceva e all'uso che avtebbero potuto fate dell risposte. Sì va bene, sembrava volesse dire. quando sarà il momento sceglie

questO prodotto mi interessa: se mi servirà, se sarà conveniente, se me lo ricor tanto meglio, e sennò chi se ne importa. Alla fine concludemmo: l) che al intervista che ognuna aveva subito per un altro prodotto ci era andata meglio ché ci avevano offerto gratuitamente una confezione da provare; 2) che quel

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dotto era simile agli alrri due e che, in generale, dopo le prove farre, quello più simile al nuovo aveva mantenuto la promessa, (cioè togliere delicatamente le macchie anche da tessuti delicati, lasciando un profumo accettabile per essere una candeggina). e quindi, presumibilmente, anche il nuovo possedeva le stesse qualità. Che cosa allora ci colpisce quando apprezziamo un prodotto o ricordiamo la pubblicità che lo presenta? Quali sono gli elementi che teniamo inconsapevolmente o no in considerazione quando decidiamo di credere a quello che uno SpOt ci promette e quindi di acquistare quel determinato prodotto? O quando, semplicemente, stabiliamo che uno SpOt ci piace? Intanto una considerazione di carattere generale. eI lontano 1968 Eco analizzò alcuni annunci pubblicirari a scampa, nell'inren[Q di mettere in evidenza la loro capacità di informare, cioè di rivelare qualcosa di cui il lettore non era a conoscenza. Al termine della sua analisi concluse sostenendo che i messaggi pubblicitari non informano. Essi, nonostante l'apparente originalità della "confezione" non apporterebbero più informazioni di quante non ne dispone già il destinatario. Sarebbero dunque vani i tentativi dei pubblicitari di tradire con sorprese linguistiche e visive le attese dei destinatari, poiché essi dispongono già di tutti i riferimenti necessari per comprendere il messaggio. E Eco si domandava: "Si desidera una cosa perché se ne viene persuasi comunicativamente, o si accettano le persuasioni comunicative che riguardano quelle cose che si desideravano già?". E concludeva sostenendo che "Il fatto che si venga persuasi con argomenti che conoscevamo già, ci orienta verso la seconda alternativa". Il ragionamenro che Eco svolgeva nel 1968 (pubblicato in La struttura assente), motivato da ragioni etico-politiche volte a ridimensionare la forza della comunicazione pubblicitaria, non fa che confermare l'ipotesi che i linguaggi della pubblicità sono il precipiraro dei linguaggi, dei segni, degli argomenti circolanri come schegge nell'universo delle rappresentazioni collettive, da cui ogni individuo attinge per trovare quel che gli serve a conferma dei propri desideri o delle proprie necessità. Ovvero, ognuno cerca proprio ciò che vuole trovare. Si conferma così ciò che Eco sembrava voler smentire: cioè che la pubblicità trova la sua forza persuasiva proprio nell'adesione agli argomenti condivisi dai destinatari. È stato calcolato che non sono più di cento le formule retoriche utilizzate dai pubblicitari per costruire i loro messaggi. Ma questo è relativamente imporrante: la forza di persuasione di un messaggio pubblicitario, infatti, non sta soltanto nell'informazione di tipo linguistico, ma anche e soprattutto nei rimandi di cui si appropriano le persone, riconoscendoli come aderenti al proprio sistema di rappresentazlQnI. Tra il pubblicitario e il consumatore, dunque, si realizza un implicito patto interpretativo, una complicità fondata sul riconoscimento di segni d'identità. Per il

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primo si tratra dell'identità del prodotro, per il secondo della propria. Ent partecipano della stessa enciclopedia simbolica, immaginaria, culturale.

C'è una teoria attuale che cerca di spiegare i rapporti che legano gli ind

alle forme della comunicazione di massa, televisione e pubblicità in primis, n mini di ciò che piace, interessa, colpisce. t stata definita "uses and gratifica

significa che le persone non assorbono come spugne tutro quello che vien propinato, ma soltanto quello che entra nel loro orizzonte di saperi e di inter

resto non lo vedono neanche. Quello che colpisce, si ricorda e si apprezza, du deve essere qualcosa che si può usare per la propria vita (informazioni spec suggerimenti, consigli, soluzioni per vari tipi di problemi, ecc. relativi alle c cui ci si occupa quotidianamente) e deve essere proposto in modo gratif invogliante, divertente (sconti, prezzi incatenati, ad esempio, sul piano del co to, ironia, eleganza, comicità, ecc. sul piano della forma). Ad esempio, mia s ha inconsapevolmente utilizzato questo tipo di approccio quando ha espresso giudizio nei confronti della nuova candeggina: "Va bene, mi avete informa ringrazio. Quando mi servirà, se il prezzo, l'odore e le prestazioni di prova, m vinceranno, vi terrò presenti". Tale approccio teorico, nato, a sua volta, da el zioni teorico-pratiche, è stato messo spesso alla prova. Gli individui, nella v consumatori, interrogano questi saperi che menono a loro disposizione cono

"alfaberiche", sulle caratteristiche d'uso degli oggetti, "enciclopediche", sulla

cità degli oggetti di soddisfare fantasie, bisogni, di concorrere a definire fram della propria identità, «esperienziali", sulla utilizzazione di questi saperi mappa di comportamenti, di atteggiamenti, di linguaggi, per muoversi nel m con un ceno agIO. È un'operazione di natura ecologica che tutti noi facciamo ogni giorno centin volte, sia per le pubblicità che per le notizie. Tra i contributi sul tema ho t

almeno due lavori di questo tipo: quello di Giampaolo fabris che ho già ci che utilizzo per le mie riAessioni sulla cultura della pubblicità, e quello di Gi

Siri, di cui qui vorrei utilizzare le considerazioni sugli atteggiamenti individu

confronti della pubblicità. Siri, oltre che docente tre volte in altrettante pres

accademie, è responsabile scientifico dell'Istituto di ricerca e psicosociolog

consumi EOS - AQS di Milano, per il quale ha realizzato lo studio di cui dà nel suo libro Sogni & Bisogni. 11 nuovo consumatore nell'età postconsumistica. La ca ha messo a confronto gli atteggiamenti, gli stili di consumo, lo studio del sonalità di migliaia di consumatori, prima e dopo il 1993, per capire che

cambiato e delineare le tendenze di questo cambiamento. Da questo lungo e complesso lavoro di ricerca è emerso che per i "consum

attuali, quelli dopo la crisi del 1993, le funzioni principali della pubblicit

divenire ed informare. Per prima cosa deve informare correttamente, sottolin

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qualità di un prodotto, promettere e mantenere la soluzione di richieste specifiche, deve essere leggera, appagante. Il divertimento dipende dal grado di raffinatezza formale che contraddistingue un messaggio, dalle associazioni, dai riferimenti all'enciclopedia personale del fruitore che riesce a provocare, attirando la sua attenzione e fissandosi nella sua memoria. Di conseguenza, il residuo di informazione è l'effetto del gioco interpretativo che coinvolge il consumatore e il pubblicitario, e che ha come terreno d'incontro l'immagine di un prodotto-segno.

L

O specchio

dei desideri

La metafora più ricorrente per mettere in evidenza i rapponi tra la rappresentazione del mondo messa in scena dalla comunicazione pubblicitaria e la "realtà" sociale in cui questa agisce è quella dello specchio: pubblicità, dunque, come specchio della società civile, dei suoi livelli di vita. delle sue tendenze e dei suoi desideri. Per riprendere le riflessioni di Eco, il fruitore di messaggi pubblicitari è portatore di istanze e di attese che si asperta di vedere soddisfatte dalla messa in scena pubblicitaria: lo specchio pubblicitario riflette l'identità di chi s'immerge in esso. Ciò che la pubblicità riproduce è reale nella misura in cui merre in bella mosrra i sogni, i desideri, i piaceri fantasticati: è però uno specchio deformante. nel senso che dà di bisogni reali una rappresentazione eufemistica, equilibratamente divisa tra bene e male, luce ed ombra. Poiché la funzione eufemisrica è il fondamenro dell'immaginazione umana, intesa come capacità di elaborare fantasie di miglioramento, di cambiamento degli ordini di realrà, la pubblicità contribuisce ad alimenrare queste fantasie. Assumendo questa ortica la pubblicità, da potere solranto consolatorio e passivizzante, diventa l'interprete dei desideri di trasformazione di chi si proietta e si idenrifica nel suo gioco di finzioni. "In un mondo di giochi si rischia di meno che in un mondo di idee che si presentano con la faccia della verità e chiedono l'adesione di una fede. Certo, saremo uomini meno individuati e più omogenei, meno divisi da idee e più uniformi nel consumo delle cose; ma perché rammaricarci della diminuzione di una tensione ideale che nella storia ha generato più facerazioni che convivenze?" Ancora Umberto Galimberti ci provoca con queste parole, e con queste altre ancora: "Oggi, nella fantasmagoria delle illusioni che la televisione offre, non leggo tanto un inganno quanto una 'misurà. [...] la televisione ha almeno il pregio di non caricare di eccessiva serietà le sue illusioni". È una riflessione che si adarta perfenamenre all'universo pubblicirario e, d'altra parte, Galimberti ci ricorda che la parola 'illusione viene da 'il-ludo', quindi da 'gioco'.

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Il gioco di specchi rea gli spereatori e la pubblicità è un'infinita teoria di ri e di assimilazioni. Così, ad esempio, non soltanto la comunicazione pubblicit appropria di soluzioni linguistiche in uso in un determinato momento storic contribuisce ad innovare e modernizzare l'uso del linguaggio. Così, i mod consumo e gli stili di vita proposti dalla pubblicità svolgono una funzion necessariamente conservatrice ma di emancipazione. Risulterà forse sorpren pensare che la pubblicità della Coca Cola - in origine ptesentata come be dalle virtù salutari - abbia contribuito a diffondere comportamenti di consum cedentemente vietati alle donne. Il cordiale, proposto inizialmente come ri contro il mal di testa, da consumare quindi tra le mura domestiche (vedi an catalogo della mostra organizzata per il centenario dell'invenzione di questa bevanda, Coca Cola. Un mito, Roma De Luca, 1993), incontrò immediatam gradimento del pubblico. Cominciò, allora, ad essere proposto in innume situazioni pubbliche di consumo, permettendo anche aJle donne, data la sua nazione curativa, di utilizzarlo senza incontrare censure sociali. Ancora, nel corso degli anni '50-60 la pubblicità ha certamente rappres un fattore importantissimo di modernizzazione, dando un contributo determ alla diffusione di prodotti e, dunque, di comportamenti, di valori, della nuov tura industriale e metropolitana. Allo stesso modo, le rappresentazioni del mondo messe in scena dalla pub registrano e rispecchiano i cambiamenti in atto nella società civile. Ancora un pio, attualissimo. In una recente campagna della pasta Buitoni, nella rappre zione della famiglia riunita a consumare pasta (pasta e famiglia è un'acco tutta italica e molto profonda), è stata eliminata la figura del marito-padre, rendo così una destrutturazione del nucleo familiare in favore di una nuova gurazione. Ancora. Si accusa la pubblicità di suggerire la corrispondenza strett fra i valoti della bellezza, dell'intelligenza, della felicità, nella messa in scena d statuari, seducenti, perfettamente levigati e abbronzati, maschili e, soprattutto minili. Sarà, ma non si può negare che il salutismo, il giovanilismo, proposti modelli, seppur inarrivabili dunque falsi, contribuiscono a stimolare l'atte per il proprio aspetto e la cura della propria salute. E se la pubblicità è il concentrato dei miti e degli stili di vita dei nostri dalla bellezza fisica alla giovinezza perenne, dalla leggerezza al movimenro, d ganza alla seduzione, essa cambia con il cambiare dei modelli e degli stili dei matori. Oggi più che mai, poiché di essa si fa tramite il più efficace e per degli specchi - lo schermo televisivo - la pubblicità interpreta gli umori s riflertendoli in mille schegge immaginarie. "Null'alrro che trasparenza nel nulla può apparire lo schermo se non si ric nelle sue strategie la necessità di far vedere e abitare ciò che altrimenti sarebbe

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te assolutamente opaco per l'esperienza dell'uomo moderno. Non altro che mascheramento di se stessi, trance, può apparire l'intrattenimenro con il video se non si ammette che le maschere sono un fondamentale mezw di comunicazione per un soggetto che voglia vestire dei codici sociali". Questa volta è Alberto Abruzzese a sorprenderci, nell'introduzione di Caro Enzenberger. Il destino della televisione. Assumere l'ottica della televisione e, dunque, della pubblicirà, "scatola-magica" significa accettare l'idea che lo schermo televisivo sia non uno specchio-verità ma uno specchio-intrattenimento, che mette in scena frammenti di realtà con i quali il soggetto gioca a fare e rifare se stesso e il mondo attraverso l'aiuto del travestimento e della finzione scenica. Il mascheramento pubblicitario e televisivo hanno in comune con i sogni e le favole la capacità di rappresentare con assoluta naturalezza la desiderabilità dell'improbabile, finanche dell'impossibile. La "scatola magica" partecipa in maniera consistente della coscienza collettiva dei nostri tempi, costituendo il luogo di contrattazione delle identità individuali attraverso le investiture semiotiche dei segni collettivamente posseduti e riconosciuti. Televisione e pubblicità sono i depositi dei travestimenti per i giochi proiettivi e fantasmatici a cui decidono di prendere parte i consumatori di comunicazione di massa. La finzione non è necessariamente negazione della realtà, come generalmente si sosuene. La presenza dello schermo svolge, allo stesso tempo, la funzione di "parafulmine" e di "filtro" delle rensioni messe in gioco dalla partecipazione alla visione. È possibile che di fronte allo schermo uno spettatore riesca ad esprimere emozioni che un libro non riuscirebbe a far esplodere in forma fisiologica ma soltanto simbolica. Allora, sono reali oppure no le lacrime seriali della casalinga appassionata di telenovela, E le eccitazioni sensuali provocate dal fascino artificiale del modello e della modella di uno spot? Lo schermo, mentre eccita o commuove, rimanda senza drammi, data l'adesione illusionistica dello spettatore alla finzione della messa in scena, immagini di sé non meno reali di quelle riflesse dalla superficie di un vero specchio, ma non altrettanto irreparabili. È come quando, nello scompartimento di un treno, seduti di fronte ad una persona che ci interessa, preferiamo osservarla non direttamente ma attraverso la sua immagine riflessa nel vetro del finestrino, perché non se ne accorga e lo sguardo possa attardarsi sui particolari, perché tutto sembri più affascinante, misterioso e segreto, perché le fantasie su quel volto sconosciuto possano viaggiare libere dai freni delle buone maniere, delle circostanze, delle stesse caratteristiche di quel volto (potremmo improvvisamente scoprirvi un difetto, un'espressione sgradevole, che l'immagine riflessa, nella sua indefinitezza. contribuirebbe a mascherare). [impiego di filtri tecnologici, dunque, artificiali, è una costante delle pratiche comunicative umane. M. McLuhan, ad esempio, testimonia come molti bambini

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neurotici. fatto questo incomprensibile per gli psichiatri. perdano i loro tra logici quando comunicano al telefono. Probabilmente l'artificializzazio comunicazione naturale, affidata alla volatilità della parola padata (ma anc sta. a sua volta. costituisce un filtro dell'esperienza). alleggerisce la tensione cata dalla ptesenza COtpO a COtpo. Pensiamo all'eventuale ptefetenza per l scritta di qualcuno che intende comunicare a qualcun'altro il proprio amor te, al conttario, la decisione di abbandonare la persona amata. Il silenzio del le tracciate sul foglio, la loro composizione in un testo. dunque, in qualche la loro itteversibilità, segnano tra chi scrive e chi legge il confine dell'artifici loro dialogare. Eppure non c'è chi metterebbe in discussione la tealtà di tal nIcaZione. Sarebbe dunque più utile soffermarsi sulle caratteristiche degli schermi, proprio e metaforico. piuttosto che scandalizzarsi soltanto dei presunti effe stanti dell'ultimo specchio inventato dagli uomini per dire qualcosa di sé al

Q

uando la pubblicità fa rima con qualità

I consumatori di pubblicità. lo ripeto. sono perlopiù consumatori di comun televisiva. L'abitudine alla visione, frammentata e, al tempo stesso. moltiplic l'attività di "zapping", non provoca una forma di ubriacatura percettiva ma trario. sviluppa e affina un vero e proprio gusto pubblicitario. oltre che una giudizio critico per saturazione (se ne vedono talmente tanti di spot che non se ne può più). Il pubblico considera la pubblicità forse eccessiva ma comunque indispe Nel sottoscrivere il patto con il pubblicitario chiede di essere informato su teristiche distintive del prodotto, sia in senso "denotativo" che "connotativo verso modalità comunicative divertenti e leggere. Guarda la pubblicità e la per quello che è: soltanto pubblicità appunto, degna di essere ricordata se un sorriso, un fuggevole riferimento colto. un' associazione visiva o sonora. La pubblicità che convince è quella che informa divertendo, owero qu possiede un alto grado di qualità formale. Si vanno riducendo gli eccessi n iperbolici, eufemistici, della comunicazione pubblicitaria dell'ultimo dece assiste ad un ritorno del prodotto (non a caso vengono ripresi formule. si stili, della pubblicità televisiva degli esordi, centrata appunto sull'oggetto d mizzare") come interprete di se stesso, delle sue caratteristiche fisiche, funzio rivalutazione del prodotto in quanto tale non viene però effettuata in form monotone. Al contrario, la capacità selettiva dei telespettatori. la loro prefer l'intrattenimento e la spettacolarità, comportano la messa in scena in form

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colare, che armonizzano elementi relativi alla conoscenza di un prodotto con elementi di evasione e divertimento.

C'è un'altra interessante ricerca sulla qualità della pubblicità televisiva, di cui voglio brevemente dar conto qui. Si tratta di un lavoro realizzato da Factory laboratorio di comunicazione del gruppo GPF & Associari e pubblicato dall'UPA ( . Vedi anche apposita scheda) nel 1992, guarda un po', l'anno cririco che fa da spartiacque tra l'epoca dei vitelli falsi grassi e quella dei virelli ptoprio magri. La ricerca, "qualiquantitativa", aveva il fine generale di fornire alle aziende informazioni e riscontri sulle funzioni e le strategie comunicative della pubblicità (evidentemente i consumatori non sono i soli a saperne poco). L'obiettivo generale si articolava in tre obiettivi analitici, cito dal rapporto:

a. Misurare gli orientamenti del pubblico verso le campagne pubblicitarie TV più rilevanti. b. Identificare le campagne televisive sulla base del credito che viene concesso loro secondo l'indice AVICI (ne padetò tta pochissimo in un'apposita scheda intitolata per l'appunto ndA). e. Valurare gli spot nel contesto dei settori merceologici di appartenenza in relazione ai segmenti socioculturali in cui il Monitor 3SC ripartisce la società italiana (paderò anche di questo nella sressa scheda, ndA). d. Ricetcare un collegamento esplicativo puntuale tra gli effetti dei commercial di successo sul pubblico e la struttura oggettiva (scelte espressive/di trattamento e semantiche/di contenuto) dei commercial stessi. La ricerca si è sviluppata in tre fasi: 1. costituzione di un ampio repertorio di spot (77 suddivisi in 8 caregorie di prodotti) selezionati da una giuria di specialisti; 2. ricerca sul campo su un campione di 2500 soggetti (divisi in 4 sottogruppi), coinvolti tramite un questionario strutturato, un test di riconoscimento su un insieme di 20 spot, una valutazione di essi tramite le categorie del modello AVICI; 3. analisi sociosemiologica finalizzata ad individuare la classe dei migliori 5 spot (i cosiddetti "best in show"), lo spot migliore per ciascuna delle 8 caregorie merceologiche, gli spot rappresentativi delle quattro aree socioculturali del modello Monitor 3SC. Mi sono soffermata sull'impianto della ricerca perché mi sembra particolarmente interessante ed accurato, perdipiù riproducibile anche in altri ambiti (lo vedo' bene, ad esempio, in quello educativo/scolasrico), e anche per rendere parrecipi i lettori magari non tanto esperti in materia di metodologie di ricerca che idealmente investono tutti, in quanto potenziali spettatori/consumatori è un po' come frugare di nascosto nei cassetti dell'avversario per scoprirne i trucchi.

mIiI

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UTENTI PUBBLICITÀ ASSOCIATI

'u.P.A. è un'associazione che riunisce le aziende e i soggetti che investono in pubblicità: h ni di tutela sulla qualità e la convenienza degli investimenti, e.quindi di controDa sull'ope pubblicità. Per svolgere meglio i suoi compiti si è fatta promotrice dell'impiego di strumenti zione quantitativa e qualitativa come Auditel. Audipress, Audiradio, ADS (Accertamento D

L

Stampa), INPE (Istituto Nazionale Pubblicità Esterna), della costituzione dell'Isr Autodisciplina pubblicitaria e del lancio di iniziative come Pubblicità Progresso. Qualche riga proposito. Pubblicità Progresso. apprendo dall'oramai indispensabile Dizionario Zanichelli volta un'associazione, fondata nd 1970, che sì occupa di reaJizzare campagne pubblicitarie di coUen.ivo per contribuire a risolvere problemi sociali gravi e scortanti. L'obiertivo fondam questa associazione era ed è quello di sensibiJizzare l'opinione pubblica, come sappiamo pre mente contraria alla pubblicità, sulle potenzialità positive della comunicazione pubblicitaria, capacità di informare e di coinvolgere il pubblico anche in ambiti non commerciali. Teniam che la data di nascita è signifìcativa: Pubblicità Progresso, cioè, compare proprio nel momen la produzione pubblicitaria da artigianato diventa industria al servizio dell'industria. L'es legittimazione appare dunque comprensibile e legirtima.


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Non ho il tempo di soffetmarmi a lungo sui risultati della ricerca, ma quello che mi sembra imponante comunicare sono alcune considerazioni sugli atteggiamenti

del consumatore e sulle caraneristiche principali dello spot di qualità. Allora, per quanto riguarda il primo punto, emerge quella che il rapporto definisce ''l'egemonia dello spettatore maturo", descrivendo l'identità di un consumatore nei termini di una persona "competenre che sa distinguere e discernere la qualità della pubblicità", che adona un approccio "olistico nel senso che nella fruizione della pubblicità attiva ed esprime molteplici istanze O'informazione, l'emozione, lo humour. la delibazione estetica, ecc.)". Gli elementi presi in considerazione dal consumatore per identificare la classe degli spot migliori costituiscono un "mix di emozione e di ragione, di sogno e realtà, di pubblicità e spettacolo". È un altro modo per dire le stesse cose che anche la ricerca di Siri documentava, e che fin qui discutevamo. Per quanto riguarda il secondo punto, le risposte degli intervistati mettono in evidenza alcuni "comuni denominatori" che costituiscono la misura della qualità di un commercialo Questi sono in sintesi: la delicatezza del tono complessivo (quincli assenza di dialoghi esplicitamente reclamistici e dominanza di musiche dolci, avvolgenti oppure del silenzio), la ricercatezza filmica della narrazione, l'originalità dell'idea, l'associazione peninente tra il prodotto e la sua immagine interpretata dalla srona. Per la cronaca, gli SpOt "besr in show" del 1992 sono stati: l. Barilla "Adozione" 2. Scottex Decoré 3. Mulino Bianco "Cucciolata" 4. Eni 5. Golf "Orecchino" Qualcuno li ricorda? Complessivamente. quindi, il tratto caratterizzante la buona pubblicità, oggi, è la leggerezza, cioè il dosaggio equilibrato di informazione ed emozione. Quello della leggerezza è uno dei maggiori filoni del consumo odierno. Fabris, a questo proposito, commenta: "L'orientamento alla leggerezza taglia trasversalmente quasi tutti i settori merceologici. Il light - meno grassi, meno condimen ti, meno calorie, maggiore digeribilità - sta divenendo una sona di genere nuovo nell'ambito dell'industria alimentare. Non sorprende la versione light di alimenti rivolti al consumatore più attento alla salute. Ma illight pervade ormai anche cibi assai lontani da quest'area: i salumi. il panettone, le caramelle, il cioccolato, e via dicendo". E qualche riga più avanti: "Nell'abbigliamento la leggerezza si esprime nell'orientamento al 50ft: probabilmente la tendenza che più caratterizzerà il nostro modo di vestire nei prossimi anni. [u.] Nella casa la leggerezza si esprime con il dilagare di materiali soffici: l'arredo diviene morbido e caldo, le spigolosità tendono a scomparire, i volumi si

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riducono. le strutture si fanno più eteree. Anche l'auto non si sottrae certa questo orientamento. [...] E a sua volta. il trend verso la leggerezza non riflesso del macrorrend sociale relarivo alla promozione dà valori femminili prezzamenro della dolcezza, della genrilezza, delle emozioni". Prendiamo a mo' di esempio alcune recenti campagne pubblicitarie di a bili. È l'ambito nel quale, in passato, si sono investite grandi risorse di spetta fine a se stessa. Poiché l'oggetto automobile godeva di enorme prestigio sem come segno di distinzione sociale, la comunicazione pubblicitaria di massa televisiva appunto. adottava modalità tipiche della rappresentazione dei p elitari, come quelli dell'alta moda, (la cui "interfaccia" naturale è, solitam carta patinata). Il prodono-auto. dunque, veniva essenzialmente mostrato zando rurte le risorse speciali del mezzo relevisivo: il movimenro, gli efferri, nazione, il primo piano, ecc., tutto ciò per mettere in grande evidenza, e con go eccessivo di prosopopea, l'unicità del prodotto in questione. Attualmente mensionarsi della rappresentazione dell'automobile come veicolo segnico d gio sociale fa spazio ai valori intrinseci del prodotto, come la sicurezza, la co le caratteristiche tecniche, l'economicità, ecc., messi in scena con garbo e m il caso delle ulcime campagne della Polo e della Golf per la Volkswage Cinquecento e della Hat Uno per la Fiar (mi perdoni Toscani), della Mier Nissan o della Twingo per la Renaulr. Anche dove si fa ricorso agli effetti speciali, quasi sempre ricorrendo alle glie lucide, fredde e, al rempo sresso, ecciranri, della compurer grafic (a ono naca, come nel caso della Mondeo o della Lancia Dedra), si rappresenra l'aur in modo meno mistico ed univoco, affidando allo spettacolo d'eccezione compito di informare sulle qualità recniche del prodorto. 'Toperazione ardita: si passa da codici di comunicazione estremamente semplici e convenz più frusti fra tutte le categorie di prodotto, a una dimensione extratestuale, zione ironica dei generi, e metalinguistica, di autoriflessione sui modi di co re della pubblicità": sono parole di Paola Righerti, un'esperra del ramo, v lavora come consulente di semiologia, mitOlogia, sociologia della comuni psicologia dei consumi, per società e agenzie pubblicitarie, tratte dal suo Gazza Ladra. La troverete ancora citata nella terza parte di questo lavoro, là parla del come e del perché la "Gazza Ladra" pubblicitatia ruba a rorta di co come, stando a quanto ci raccontano i teorici della letteratura, Eco per es narratori hanno sempre fatto. Il parto tra il consumatore e il pubblicirario si tafforza, visto che sem spesso la pubblicità mantiene ciò che promette: informazione e sapere in spettacolare e divertente. La leggerezza, come nel caso dello Spot Subaro, si come doppio senso, parodia, citazione, insomma come punto di vista par

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tromco. Le formule comunicative impiegate sono molteplici, a seconda dell'orientamento reorico del pubblicirario o dell'agenzia che cura la campagna. In rermini generali, si può scegliere o di privilegiare il prodotto senza irretirlo in una elaborazione formale eccessivamente originale, oppure di attirare l'attenzione proprio a partire dalla suggestione espressiva che emana dall'immagine costruita intorno al prodotto: diciamo che all'estremo del primo indirizzo c'è lo spor di Kinder fitta al latte col bambino che si lamenta e dice: l'Mamma, ho fame!", e all'estremo del secondo quello dei jeans Levi! con la colonna sonora Bombastic di Shaggy il rapper ormai più famoso del mondo, e le animazioni con la plastilina. Tra queste due scuole di pensiero pubblicitario esistono posizioni che mediano. proprio attraverso una forma di spettacolarità leggera e ironica. tra l'esigenza di attrarre e quella di informare. Faccio l'esempio di uno spot da noi praticamente sconosciuto perché è stato realizzato per il mercato americano. È stato inserito in una puntara di Pubblimania dedicara inreramenre al rapporro tra pubblicirà e cinema. A ptoposiro, sapere che quasi rurri i più grandi registi, anche quelli più estranei alla logica delle culture di massa, hanno lavoraro per la pubblicirà? A parre Woody Allen, Federico Fellini, David Lynch, Marrin Scorsese, Roman Polanski, Wim Wenders. e via elencando, lo sapevate che Ingmar Bergman fu tra i primi autori cinemarografici a lavorare per Carosello? Realizzò la bellezza di nove spertacolini per pubblicizzare le virtù igienizzanti e profumanti ("Niente batteri. niente odori!" si azzardava a promettere lo slogan) della saponetta Bris. Vennero proiettari (nonosrante Bergman avesse farro sapere di rinnegarli ormai) nell'orrobre 1992 al Palazzo delle Esposizioni di Roma, nel corso del Festival Nordico, dedicaro alle arri dei paesi scandinavi. Fu uno spettacolo indimenticabile! Chiusa parenresi. Quello che ho scelro è uno spor per un pick-up (uno di quei camioncini americani aperti dietro che si vedono praticamente in tutti i film dove c'è appena appena un po' di campagna) Subaro detto Brar, interpreraro da Rurh Gordon, la deliziosa e affascinante vecchietta di Harold e Maude. È un esempio "esemplare" perché gioca esplicitamente. diciamo che metacomunica, proprio sulle due dimensioni: quella informariva e quella spertacolare, e lo fa giocando quasi tutto sul codice sonoro. Per questa ragione ne posso scrivere senza far vedere nulla. Dunque, siamo in un autosalone dove è esposto l'articolo. La Gordon, in veste di testimoniaI-hostess mostra e commenta a sua volta i commenti della voce fuori scena che illustra le caratteristiche e le qualirà del veicolo (normalmenre urilizzaro per lavoro). È uno spot semplicissimo, confezionato di pochissimi elementi, ma intrecciati così bene da risultare perfetto. Diciamo che la chiave dello spettacolo sta nello scarto di registro tra quello che dice la voce impostata e i commenti d'uso comune dell'attrice e i suoi gesti "tosti". da cowboy texano appena entrato in un bar

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a rinfrescarsi il gargarozzo dopo una giornata passata a marchiare bovini. Pe partecipare al divertimento. riproduco il testo nella doppia traduzione. La Voce: - Slanciato, aereodinamico Lei: "Guardate che roba!" La Voce: - Quattro ruote motrici Lei: ((Come si arrampica! La Voce: - Doppio tetro apribile Lei: "Una vera finestra!" La Voce: - A prova di elementi Lei: "Cioè toSto" La Voce: - Subaro: economica per restarlo Lei: "Per farvi risparmiare, bastardacci" Allora, intanto, mi dispiace per tutti i lettori che non hanno visto il film pretaro dalla Gordon (spero siano pochi): Harold e Maude è ormai un classi pari de Il Laureato e dei Blues Brothers, un film simbolo per almeno due gene di giovani post-sessantottini. Mi dispiace perché hanno perso un film bell ma soprattutto perché sono privati, nel cercare di ricostruire il contesto ne avviene il "dialogo" suddetto, del carattere e della gestualità tipiche del perso di Maude, vecchietta terribile innamorata del giovane Harold. t: chiaro, come scrivevo nelle prime pagine di questo libro, che il dire è legato stretta con il come e con il fare: è un atto complesso e globale. Quindi mi dispiace per tutti i lettori: non vedere, come non sentire, Spazio socloculturale Monitor 3SC testo audiovis PRIVATO

Pubblimania

Pubblifagia

NUOVO

VECCH

Pubbliscopia

Pubblifobia

SOCIALE

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~"CTORY Labo,..torlo di C

..

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AVICI er identificare e misurare gli aspetti qualitativi di serie di commerciaI i ricercawci utilizzano l'indj~

P

ce AVICI: l'acrostico sta per 5 categorie fondamentali suJla base delle quali viene quantificaro il

valore di ciascuna caraneristica per confrontarle tra loro in modo da stilare classifiche tra gli spar. A

per ATIENZIO E. V per VALORIZZAZIONE. I per IDENTIFICAZIONE. C per CONVINZIONE. I per INTERESSE FILMICO. La ricerca Monitor 3SC è un sistema di monitoraggio dei cambiamenti socioculrurali della società italiana, adonaro dalla società GPF & Associati per la prima voha nel 1978: da allora le rilevazioni vengono effenuare regolarmente ogni diciotto mesi, tramite indagini su larghi campioni di popolazione. La ricerca monirorizza gli spostamenti all'interno di 50 correnti socioculwrali; le indicazioni risulcanti vengono rappresentare su quella che viene definira mappa socioculturale. uno spazio bidimensionale diviso in quamo quadranti, ciascuno dei quali individua l'insieme di aneggiamenti, valori e comportamenti degli italiani sulla base della variabile Apertura/Chiusura e di quella Propensione al consumo: l'asse orizzontale della mappa, l'ascissa. descrive un acreggiamenco di apertura Iradicalismo (a Ovest) coorro quello di chiusuraltradizione (a Est). L'asse verticale, l'ordinata, evidenzia la propensione al consumo: massil1fl a Nord, minima a Sud dell'asse. La ricerca QUASAR (Qualiry System in Advercising Research) sulla pubblicità televisiva di cui ho parlato sopra, ha utilizzato la mappa socioculrurale per identificare i diversi atteggiamenti paradigmatici nei confromi della pubblicità: a. Nord·Ovesr '" Pubblimania, ovvero passione e guSto esagerati per la pubblicità, b. Sud-Ovest'" Pubbliscopia, acreggiamemo ctitico e selenivo nei confromi della pubblicità, c. Nord-Est'" Pubblifagia. tendenza ad assumere acritic:amence i messaggi pubblicitari, d. Sud-Est'" Pubblifobia, paura e rifiuto, forse eccessivi, della comunicazione a fini commerciali.


Ricostruire via via il contesto nel testo è davvero difficile. Chiedo petciò pazienza, e spero che gli elementi che ho descritto in termini narrativi, ce esprimere col linguaggio ciò che si vede e come si sente ciò che si dice, por di aiuto. Tutto questo anche per dire che è praticamente impossibile raccontare to uno spar, un videoclip, un videogioco, e videocontinuando, senza pe maggior parte degli intrecci. Se ci pensate bene, il racconto orale rendereb meglio la ricchezza dei rimandi e dei collegamenti tra un codice e l'altr voce o con i gesti si riuscirebbe a descrivere e mimare con buona appros sia il ciò che il come di quel che si vede e si sente. Dove si vede che le con ni sulla presenza fortissima dell'oralità nella pubblicità hanno parecchi e ra fondamenti. Non sempre, però, la piacevolezza e l'efficacia s'incontrano: un messa blicitario può privilegiare l'aspetto estetico, un altro quello funzionale all'i riconoscibilità del prodotto, a scapito della originalirà della forma del mes alcuni casi. il successo di una campagna pubblicitaria può derivare da ele legari al piano della sosranza che a quello dell'espressione. Analizziamo brevemente due esempi di quest'ultimo ripo. Il primo è qu pubblicirà del Dash. I:altro è quello della linea Mulino Bianco della Barilla deriva il successo d'immagine dell'uno e dell'alrro? Nel caso del primo, la sua fortuna è legata all'immarcescibile ricordo Bongiorno prima e di Paolo Ferrari poi, e del loro "Scusi Signora, camb suo Dash?", sul quale generazioni di giovani hanno esercitato iliaco poten rico. Per il caso in questione, nel corso degli anni pochissimo è mutato nel

giatura e nella messa in scena dello spor. L'ambientazione familiare e la tec

finta ripresa in diretta, le leggerissime mutazioni del claim - dal "Dash bianco che più bianco non si può" del 1967 al meno trionfalistico "Das bianco" attuale - sono gli ingredienti fondamentali della ricetta Dash. La

la riperirività, dunque la ritualità, di un messaggio pubblicitario, pur se

possono decretarne il successo d'immagine c, dunque, di vendita, di " mento". per usare un termine sottratto al lessico del markering d'impresa. blicitario di mia conoscenza mi ha rivelato che veramente la formula (normalmente le promozioni offrono almeno due confezioni al prezzo di ziona: Dash vende di più. Si tratta di una comunicazione non bella ma fu Gli spot Dash a me non sono mai piaciuti ma ora. l'ho già confessato, io l ché lo trovo molto buono. Perdi più, la parodia che ne hanno farro la Avanzi e la nuova serie con Fabio Fazio mi sono piaciuti parecchio. e han buito a rinforzare la mia scelta di consumo. Tutto ciò non ha impedito ch volta. davanti agli scaffali di un supermercato, non mi ricordassi qual era

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vo che usavo, e ne acquistassi un altro. Potenza della suggestione pubblicitaria! Ad ingigantire il successo di un prodotto sono tutte le strategie che complessivamente vengono adottate, comprese quindi le sponsorizzazioni, le promozioni televisive, i concorsi a premi, ecc. C'è un intero popolo di consumatori a caccia di gettoni d'oro che, come i bambini, aspettano il loro momento per un dono-risarcimento da un compiaceme Babbo Berlusconi. Si trana della versione popolare e mass mediale dell'utopia dell'uguaglianza per runi, a basso costo come alla Stantia. Ma questa è un'altra storia. Le strategie globali favotiscono l'imporsi di un ptodono. Il secondo esempio, quello della linea Mulino Bianco della Batilla, deve la sua fottuna ad un'idea azzeccata, quella di un "ritorno alla natura", intorno alla quale è stata costruita l'identità di matca. Tuni gli elementi della campagna pubblicitatia, dal nome al marchio, dall'ambientazione degli SpOt alla confezione (il sacchetto suggetisce l'immagine del fattO in casa), dall'indotto "tegalistico" alla sapiente utilizzazione dell'immagine bucolica del mulino, contribuisce a dare corpo all'intenzione ecologica del recupeto delle antiche tradizioni. La vecchia linea Barilla per la prima colazione, ormai in declino, è stata riportata in auge grazie all'intuito di chi ha saputo cogliere la nuova attenzione collettiva per le tematiche ecologiche, legate alle sorti dell'ambiente, al contrasto tra i modelli di vita, urbano e rurale e, di conseguenza, a quello tra produzione industriale e produzione artigianale. Il mix che ne è risultato è divenuto subito un mito, perché ha saputo toccare le corde profonde di un bisogno sociale fortemente sentito. Le campagne simil-disneyiane della Barilla, comprese le ultime con effetti speciali dall'effetto pastorale e dai commenti musicali azzeccatissimi. possono non piacere perché giudicate eccessivamente eufemistiche e artificiali, ma non si può negar loro coetenza, eleganza formale, equilibrio, intelligenza strategica. La pubblicità, dunque. nel suo gioco comunicativo opera continuamente, oltre che nel rispecchiamento (che agisce come sfondo generale nel quale avviene il patto), su altri due stimoli che coinvolgono attivamente gli spettatori: da un lato, le cose che si vogliono sapere o confermare sulle qualità di un certo oggetto, dall'altro, il divertimento provocatO dalla messa in scena. Forma e contenuto. Do you remember?

a come fa la pubblicità a piacere alla gente? Ricapitolando un po'. Nell'ambito delle artività legate al consumo, ciascuno di noi

è circondato da innumerevoli oggetti. di nome merci (la cui natura è sia materiale che immateriale), disponibili ad entrare nel suo orizzonte d'uso, ma decide di entrare in rapporto soltanto con quelli che rispecchiano il suo stile di vita e i suoi modelli di consumo. È sulla base di questi due parametri che ciascuno esprime un diverso

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grado di apprezzamento per un prodotto o per l'altro, e assume atteggiamenti si a seconda del tipo di prodotto e della sua funzione (naturalmente sia mat

che simbolica). Lincrocio tra queste due variabili e le loro declinazioni - live

coinvolgimento e di azione - individua un determinato comportamento di acq Viene comunemente adottato - sia in ambito psicologico che di marketing paradigma di valutazione di quest'ultimo, definito come "learnfeel-do", com dalle tre principali dimensioni degli atteggiamenti da cui derivano i comporta di acquisto: cognitiva/informativa (!earn). affettiva/suggestiva (jèeb e conativa

sionale (do).

L'ord.ine dei tre fattori non è definito e stabile, ma varia a seconda del pro verso il quale il consumatore rivolge la sua attenzione, dell'intensità e delle inte

ni (pur se il più delle volte implicite) del suo sguardo. Ad esempio, una penn

essere un oggetto con forte carica emotiva e simbolica, se si tratta di una stilog

prestigiosa. In questo caso l'atteggiamento principale è quello dell'emozione l'alto coinvolgimento e la sequenza del paradigma è fiel-tearn (think)-do (app gono a quesra sfera oggetti come profumi, abiri, mobili). Ma se si ha a che far una penna a sfera dal rratto variabile e preciso, adatta quindi alla grafica e al di

di precisione, l'atteggiamento nei suoi confronti è prima di tuttO razionale ed nomico: la sequenza del paradigma è quindi learn-do-fiel (altri oggetti di q serie sono televisori, automobili, videocamere, ecc.). Ancora, se la penna in qu ne è una biro economica e colorata, utilizzabile in ogni occasione, l'atteggiam principale è di un buon coinvolgimento emotivo e la sequenza, di conseguen

dofeel-tearn (altri prodotti dell'insieme sono sigarette, dolci, liquori, ecc.). Infi

la penna è una biro tradizionale ed economica viene scelta soprattutto per r pratiche e contingenti (tipo viene acquistata dal tabaccaio sotto casa prima di

re alla posta a pagare dei comi correnti): la declinazione del paradigma in q caso è do, tearn. fiel (derersivi. dadi per btodo, ecc. sono altri prodotti di q ripo). E così via.

Meditate, gente, meditate, quando andate a "giocare" con il programm floppy disc inserito in questo libro. Se ci pensate bene, ciascuna di ques dimensioni può essere associata a uno dei tre tipi di sapere che caratterizz ruolo informativo svolto dai messaggi pubblicitari: i saperi alfabetici corrispon

al do; i saperi enciclopedici alleam; quelli esperienziali al fieL Casetti e Eugen loro saggio "I media in forma" (contenuto nel volume I persuasori non occultI)

niscono questi saperi rispettivamente: "conoscenza pratica", "autoriconoscime "chiave per il mondo". Molti fra voi, e se non fra voi molti dei consumatori che preferiscono i de

ti "hard discount" da socialismo reale, potrebbero a questo puntO obiettar loro della pubblicità non se ne fanno proprio nulla, che quel 30 circa % in p

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prezzo di un prodotto di marca, dovuto agli investimenti in pubblicità dell'azienda, non fornisce alcun sapere: quello che sanno è che risparmiano, e tanto basta. A parte il fatto che il fenomeno (così risulta dalle indagini degli istituti di ricerca sui consumi) qui in Italia sta rallentando di molro il suo sviluppo, e che se pure la motivazione principale alla frequentazione di un magazzino "grandi sconti" è quella del risparmio, una certa percentuale di presenza è dovuta ad una consapevole scelta di consumo povero per dispetto nei confronti delle marche conosciute. A parre il fatto che la distribuzione, sia grande (supermercati) sia piccola (botteghe e negozi) delle grandi marche è nel nOStro paese spesso approssimativa e improvvisata, e che tra le merci degli hard discount se ne trovano anche di buona qualità. A parre che non è detto che a costare di più siano soltanto prodotti rec!amizzati dalla pubblicirà (vedi il caso dei prodotti alimentati biologici e macrobiotici, o quelli appartenenti alla classe delle specialità gasttonomiche locali), e che un bel supermercato, fornito e ben organizzaro o una gustosa botteguccia di quartiere sono decisamente più gradevoli da frequentare . ... A parte tuttO, io mi e vi domando: che cosa sarebbe del nOStrO stile di vita e dell'immagine che costruiamo di noi e vogliamo partecipare al mondo, se non ci restasse altro che frugare tra scatoloni ammonticchiati alla rinfusa, misere e anonime parodie di merci conosciute che fungono da specchio deformante di quelle che siamo abituati a riconoscere sugli scaffali o in televisione, montagne di pezzi di salumi e formaggi tagliati a mezzi chili e impaccherrati in etti di dura plastica irriciclabile, pile di abiri dallo stile indefinibile e dal materiale irriconoscibile? E qui c'è un'altra considerazione da fare. Abbiamo già parlato dei cambiamenti di atteggiamento nei confronti dei consumi: la maggior parre delle persone vogliono spendere meno e bene, sono decisamente più esigenti e critiche nei confronti del gran numero di prodotti messi a loro disposizione dal gran mercato delle marche/non-marche. Contrariamente a quanto si è soliti affermare, i meccanismi di marketing e le logiche della comunicazione pubblicitaria non impongono soltanto i loro principi e le loro decisioni sui consumi, ma devono necessariamente anche adattarsi ai cambiamenti negli atteggiamenti degli individui. Ancora una volta la realtà è più dinamica e complessa di quanto appare nelle rappresentazioni apocalittiche provenienti da più parti: ecco quindi che non soltanto molte aziende, e dunque molte agenzie pubblicitarie, daranno probabilmente ascolto alle invettive di Beppe Grillo (nonostante la maggior parte degli italiani ne siano stati privati per ordine di Mamma Rai), e adatteranno le caratteristiche dei loro prodotti alle nuove esigenze di rispetto dell'ambiente, ma capita che una delle più grandi e "mitiche" aziende italiane abbia recentissimamente avviato un cambiamento di rotta delle sue strategie di vendita: sro parlando ovviamente della Barilla e dell'abbandono del Mulino Bianco, nel senso che lo storico e ormai mitico mulino non serve più

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all'immagine suategica dell'azienda (come passa in fretta il tempo delle appa Solo qualche riga fa mi ero intrattenuta su elementi di semiologia del mulino co, ed ora già non servono più). Nella prima parte di questo mio lavoro av

trovato accenni ai cambiamenti in atto nelle scelte d'immagine dell'azie Parma: da un laro, per quanto riguarda la categoria pasta alimentare sta pers

do l'obiettivo di rilanciare in grande stile (soprattutto internazionale) il marc famiglia, abbandonando l'aria un po' provinciale legata all'abbinamento ttadi le Pasta-Famiglia; dall'altro, per quanto riguarda la linea colazione, merende sotto il marchio Mulino Bianco, ha preso la storica decisione di farla finita co tipo di promozione e di abbassare i prezzi di una percenruale pari al 12% di atruali. Quindi, per ftonteggiare la concorrenza degli hard discount, la Barilla molto saggiamente e astutamente - dà addio al diluvio di gadgers, raccolte "regalie" varie, chiude con la logica: "Rimpinzati di punti, riempi la stanza de

bino di pupazzetti e figurine, e poi casomai se vi avanza spazio e tempo ma un biscottino", e apre alla concorrenza delle non-marche e dei prezzi bassi

scommessa ardita", sostiene sulla Repubblica del 14 febbraio 1996 un an commentatore, "perché da sempre i gadgets sono per l'industria alimenta scelta obbligata.... Tutti quegli oggetti che negli spot della 'bella fattoria' an no la gaia colazione della famiglia tipo imponendo cereali e stili di vita. Ed h

dizionato tanto il mercato che adesso, facendo zapping. s'incontrano sp magnificano più gli omaggi che i prodotti. Ora tutto sembra cambiato". V

finalmente privati di quell'insopportabile simbolo di conservatorismo fam

italiota che era il bianco mulino, e di tutte quelle orribili tovagliette, casette o microforni, panierini, vassoi e teglie portapane, portabiscotti, portapizza, o-c io, simbolo di "donne e madri felici ai fornelli e in cucina per l'eternità". In caso, rinunciare al sogno - visto che addirittura è più reale deUa realtà in qu insistere sull'immagine di famiglie fdici e sorridenti intorno ad un cestino p

ne - è più importante che soddisfare un bisogno. Grazie alla Barilla, dunqu

tanto per permetterci di comprare biscotti risparmiando, ma di averci lib

almeno per il momento (ora bisognerà vedere cosa ci faranno vedere gli spo

nuove campagne). dei legacci ideologici di una tradizione alquanco anacro Eppure, eppure... chi di noi non ha raccolto punti e atteso con ansia l'arr "regalo" profumatamente pagato con numeri strabilianti di confezioni di qu

di quell'altro prodotto? Chi di noi ha resistito al fascino perverso del collezio di probabilmente inutili gadgers?

Non sono domande facili, e le risposte sono comunque un po' inquietanti. Detto quesco, ritornando a bomba al nostro tema, con quali armi la pub

svolge il suo compiro? Cioè come fa ad essere, allo stesso tempo, una fonte att

le di informazione e di divertimento? Faccio notare, se ancora non fosse chia

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ROSSANA

rutti i riferimenti non sono affatto casuali, ma riguardano esclusivamente la buona pubblicità. E allora mettiamola così: quand'è che possiamo parlare di buona pubblicità? Rossana lo dice chiaramente a Cristiano (!ladisco !laducendo da un contesto ad un altro, lo so bene. ma non mi sembra che il risultato sia molto diverso):

CRISTIANO Tamo più di me stesso. ROSSANA

Sta bene, epoi' CRISTIANO E poi... non chiederei di più se mi amaste! - Rossana, di' che mami anche tu! ROSSANA (con una smorfia)

lo volea della crema, voi m'offrite un brodetto' Dite. come mi amate? ... CRISTIANO

Ma... molto. Ve l'ho detto. ROSSANA Qibò? ... Districate, districate la traccia dei vostri sentimenti! CRISTIANO

Stringer nelle mie braccia il tuo seni ROSSANA Cristiano! CRISTIANO lo tamo! ROSSANA (facendo per alzarsi) Ancora! CRISTIANO (vivamente trattenendola) No, non tamo! ROSSANA (tornando a sedere} Fortunatamente! CRISTIANO

T'adorai ROSSANA (alzandosi e allontanandosi)

Oibò! CRISTIANO Sì. sì... divento sciocco!

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ROSSANA (seccamente) Sciocco, sciocco dei tutto! E ciò mi spiace come se diventaste brutto... CRISTIANO

Ma... ROSSANA

Antl4te a ritrovare le parole eloquenti! CRISTIANO fo... ROSSANA

So, mi amate. Addio! (1/,l verso la casa) CRISTIANO No, non immantinenti! lo vi dirò... ROSSANA (spingendo la porta per rientrare in casa)

So tutto... Che mi adorate... Ahime? No! Antl4te' CRISTIANO Ma io... (Ella gli chiude la porta sul naso.) CYRANO (entraro da un momento, senza essere visto.)

Che bel successo, affi!

In linea generale il problema è proprio: come fare per non farsi chiudere la faccia dal !etrore o dallo spettatore? A parte il fatto, e lo vedremo più avant principio gli spettatori fanno zapping durante le interruzioni pubblicitarie stione in gioco è come colpire l'attenzione, il cuore e la memoria. La pubblicità utilizza tutte le risorse - abbiamo detto almeno 100 - off scienza retorica alla ricerca del massimo dell'informazione unita al massim gesrivirà: la sua natura è "ipersintetica", fortemente stringata, scandita da r ci e contratti. In termini molto generali si può dire che un testo pubblici combinazione, più O meno realizzata, di testi appartenenti a più lingue. A del supporto utilizzato (che, a sua volta, come vedremo più avanti, inf meccanismi di riconoscimento e di memorizzazione del messaggio) l'insiem linguistico realizza un mix tra due o più lingue. Nella comunicazione pub a stampa vengono coinvolte la lingua delle immagini e quella delle par pubblicità audiovisiva ciascuna delle due precedenti è integralmente reint dalla lingua dei suoni e da quella cinematografica.

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In un annuncio pubblicitario a due dimensioni s'incontrano l'universo dell'immagine con quello della scrittura, realizzando una collaborazione tra i diversi elementi tale da rendere possibile, allo stesso tempo, un effetto sorpresa (l'informazione) e un contributo comunicativo (il significato). L'immagine, spesso più ambigua e meno concerrualizzabile della lingua scritta, svolge il ruolo essenziale di richiamo memorabile. La funzione fondamenraJe della scrirrura è quella di "ancorare" il messaggio. ovvero di indirizzare la comprensione verso ambiti di senso che altrimenti, affidati soltanro all'immagine, rischierebbero di portare lontano dalle intenzioni comunicative del pubblicitario. Tra le due dimensioni, però, si attivano rapporti linguistici e cerocici svolti da entrambi, per cui si possono verificare, in tutto o in parte, soluzioni discordanti o concordanti. L'effetto è una combinatoria di innumerevoli possibilità. Si può dare il caso) ad esempio, di una immagine e di un testo con funzione denotativa, che soltanto nella sintesi fruitiva realizzano un effetto sorpresa giocato proprio sull'ironia dell'accostamento altrimenti triviale. In una recente campagna pubblicitaria su srampa di articoli in pelle del marchio Bridge, una fila di salsicce e una cartella erano raffigurate appese a ganci da macelleria. L'headline laconicamenre annunciava: "Porco, vacca." Laccostamenro tra i due termini gergali suggeriva ironicamente l'idea della buona qualità e della origine naturale della materia prima utilizzata per confezionare le borse in questione. E ancora, si può avere un'immagine con funzione estetica e un testo con funzio-

Porco. '"acca.

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ne argomentativa: andate a guardarvi sul software l'annuncio PulsarlParper re to da noi, oppure il contrario: sempre sul floppy disc potete esaminate la pu della stampante Ranx XeroxlXioux. E così via, in un gioco di relazioni ling silenziose che acquistano unitarietà proprio attraverso la sintesi comp Prendiamo ancora un altro caso felice (fornmatamenre se ne trovano sempre p so): l'annuncio pet un nuovo telefono cellulare, NEC P 7, di cui si vuole sott la vetsatilità d'uso (anche come fax e modem), la lunga durata, la funzionalità terfaccia (ad esempio, gtande display). Tutte queste cose vengono esposte n copy (come da standard in fondo alla pagina) e siglate dal marchio e dalla fo del telefonino poSto sulla esttema destta del foglio. Fin qui tutto notmale ancora al brodetto. È quel che avviene sopra che anima la scena, ttasform rospo in principe, il brodetto in crema: dall'antenna abbassata del telefon un'onda di parole e di... bottoni di tutti i colori e di tutte le grandezze e f parole dell'headIine (che, come normale eccezione alla regola, non è in cima a na ma va dove vuole la metafora) dicono: "Con NEC P 7 potete attaccarne a doppio", e infatti la batteria non duta 2 ore ma 4. È soltanto riunendo tutt menti della configurazion getto, la sua descrizione, dell'onda e il riuso della del linguaggio f.uniljare ''A bottone" - che il messagg sce: nello stesso tempo, la gerezza diverte e informa. Ci sono poi casi estremi in relazione ad un int .. . meracomUnlC3Zlone sw m smi della pubblicizzazion sua volta, aumenta il tass gestività del messaggio - l ne svolge soltanto una fi.m contatto: come viene di dall'etichetta applicata curva mozzafiato della m p;.,.--.. CM J r ...........-1- ...~ a~ _ diru"_ un ottovolante (un altro a ",--·i"'d"~ ... _ ",,-p'" ..... ..... -,.." .. ""'''dDpfJto. della stessa serie utilizza ... il .. ùf<>'l4 \"Frf".f'urlIp(t.'nlNJWO. oeIIJJtJtol'7.·..... _ _ dopIay: -U_. _ , , _ ilP7J",. _Jlpi;l."~ femminili alttettanto moz p;. .......... doIP7JVml. -~""""""" . _;,..'ltlw'_. ".."..p;.<fJ><Ji.,... "La fotografia serve solo .........; . . ,. ~leggere la notizia". Sto vendo uno degli annun

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campagna Pioneer per lanciare un nuovo Hi-Fi, il cui headline (questa volta nella posizione da manuale) recita: "La notizia è che abbiamo creato un nuovo sistema Hi-Fi da 26 cm con 100 watt di porenza." La ricerca di effetti di spiazzamento nei confronti del fruitore del messaggio produce soluzioni ancora diverse, fuori addirittura della realtà costituita dalla lingua verbale. Sono i casi in cui la scrittura perde la sua identità verbale per diventare immagine (come nella pubblicirà del Cointreau che rrovare riprodotta nel discherro), oppure i casi in cui scompare il testo per lasciare soltanto alla forza espressiva dell'immagine il compito di "ancorarsi" da sola al nome dell'oggetto pubblicizzato (quasi tutte le pubblicirà a stampa dei prodotti deU'alta moda sono confezionare in questo modo), o i casi in cui, come in recenti campagne dei prodotti Sony, la scrittura a caratteri cubitali copre nello stesso tempo anche l'area comunicativa affidata solitamente all'immagine. Nella comunicazione pubblicitaria audiovisiva tutte le situazioni possibili negli annunci a stampa si ristrutturano in funzione del commento sonoro, parlato e musicale. Gli effetti-sorpresa sono affidati agli accostamenti provocati dal flusso dinamico, sonoro e visivo insieme. La scrittura cede al parlato il suo ruolo di ancoraggio al prodotto, svolgendo, attraverso l'intonazione, l'accompagnamento all'immagine, la frequenza delle entrate in scena, la funzione jàtica, di contatto, della lingua verbale. Solitamente (ma anche in questo caso tante sono le regole quante le eccezioni), in un telecomunicato la scritta - che negli annunci a stampa è r headline e qui si chiama supa per quanto riguarda l'aspetto grafico, e claim per quanto riguarda il contenuto - compare alla fine della storia, a riassumerla ed indirizzare l'interpretazione verso il prodotto rappresentato, tecnicamente si chiama pack shot: è l'ultima inquadratura di uno spot, quando si vede il prodotto, la scritta e si sente il sonoro che la esegue: un po' come in un giallo di Agarha Christie quando Poiror riunisce tuni i protagonisti per la rivelazione finale sull'identità dell'assassino. Contrariamente a quanto si è portati a pensare quando si parla dell'attuale come di una civiltà dell'immagine, non soffermandosi a riflettere sul carattere essenzialmente visivo della scrittura presente in tutte le civiltà tipografiche, la nostra è una civiltà più dei suoni e dei rumori, così come dei colori. Ciò spiega, ad esempio, il successo di quegli spot in cui non il suono ma il silenzio (non la negazione del suono, ma il suo necessario complemenro d'ombra) danno unirà alla narrazione. Il caso della pasta Agnesi, da questo punto di vista, è divenuto esemplare. La sospensione del sonoro, creando un improvviso "buco" percettivo, produceva un effetto di rottura del sistema di attese tale da rendere immediatamente riconoscibile lo spot nella massa rumorosa del flusso pubblicirario. La scrirta finale "Silenzio, parla Agnesi", stigmarizzando ironicamente il gioco metacomunicarivo di tuttO lo SpOt, ha assunto una funzione proverbiale, traducendosi così in una formula orale, sonorizzata dall'uso linguistico.

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Come nella pubblicità a stampa, nello spot le funzioni comunicauv immagini e il parlato, con la ptesenza "jolly" della scrittuta, possono e omologia totale o parziale (immagine e parola svolgono in turro O in pane se funzioni), di contrapposizione (immagine e parola svolgono funzioni div esempio, l'una referenziale e l'altra estetica), di complementarietà (imm patlato significano in quanto inscindibilmente uniti). Nel caso dello spot, presenza del suono è ciò che permene al testo di esistere come tale, è la lin traduce le altre in schegge significanti. Il caso della pasta Agnesi, citato mostra come proprio il riferimento ad una lingua comune, quella de appunto, permene di dare significato all'assenza di suono. Come dire, i garantisce la continuità della visione, la sua assenza la sottolinea. Esat come l'assenza di immagine, ad esempio un sipario nero, che nel flusso del ne pubblicitaria è comunque percepita come un'immagine, una unità d Esemplare, a questo proposito, era la prima versione dello spot della Clio: sione estremamente rumorosa, evidentemente sperimentale, risonoriz modo dolce e melodioso nelle versioni successive. Lo spot era costruito sequenza rapidissima di moltissimi frammenti visivi di ambientazione giap ritmata da suoni e rumori riconoscibili come appartenenti all'universo so una metropoli nipponica. La sequenza era interrotta tre volte da fondi quali compariva lo slogan: "lo? Clio", contemporaneamente all'interruzio catena sonora. Sul piano visivo la percezione del cambio di ritmo, il blo movimento, era permessa proprio dall'improvvisa assenza di suono e dall zione con lo sfondo nero. La comunicazione pubblicitaria audiovisiva, dunque, realizza un (urro cibile, in cui il testo si scompone nel susseguirsi delle immagini per ric nell'unità del flusso sonoro, in cui si fanno mobili e continuamente si ridi i confini tra lingua parlata e lingua scritta. Loralità del modo, apparen casuale, con il quale sono associate le immagini s'intreccia con le forme d mento pariato, costruito secondo le modalità della lingua scritta. La scrirru schermo, volatile, ridondante, spesso sonorizzata dal contemporaneo com pariato, s'incontra con la tessitura sonora e musicale, scritta appositam dare linearità, ordine all'apparente caotico alternarsi delle immagini. Lo tempi record che vanno da più rari casi di due minuti, ai più utilizzat secondi, dalle interruzioni delle gare sportive di serre alle incursioni supe "benettoniane" di due secondi, realizza quello che Abruzzese ha definito" ma tattile", una miscela inscindibile di immagini, suoni, rumori, scrirre e nella quale ciascun linguaggio coinvolto supera la sua specificità per ridef una visione d'insieme.

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T

elevisione, di tutto, di ...

Laspirazione pedagogica della televisione di stampo europeo ha resistito quanto ha POtuto contro la diffusione del modello statunitense: dalla storica diffidenza nei confronti di Carosello all'attuale polemica sul rappotto tra tivvù pubblica e tivvù commerciale (come se fosse possibile separare la loro origine dalla loro funzione), spesso si sostiene che quella pubblica deve essere priva di pubblicità per garantire la qualità informativa e culturale dei programmi, liberi così dalle pressioni degli sponsor. Ma che bella pensata' Il fatto è che sarebbe ora di riconoscere che la tivvù può diventare mille volte meglio di com'è, ma non può rinunciare, pena la sua fine (e per quello ci stanno pensando i satelliti e l'interattività digitale), alla sua vera natura. La televisione (ma anche la radio), a differenza di altri media della comunicazione come i giornali, è nata senza contenuti propri e si è affermata come macchina delle meraviglie: negli Stati Uniri sono stati i produttori degli apparecchi ad utilizzare per primi il mezzo per decantarne le virtù. Ed è così, sulla base delle richieste delle aziende-sponsor che sono nati programmi adatti a contenere la pubblicità dei loro prodotri. Per ragioni molteplici, che non è possibile trattare qui, ma che coinvolgono insieme problemi economici, politici e culturali (ovvero dalle motivazioni commerciali degli agenti economici alla nascita di nerwork privati e alle responsabilità delle concessioni delle bande di trasmissione) la declinazione del paradigma televisivo nei termini appena enunciati sta trasformando sempre più freneticamente la televisione tradizionale, scandita da un palinsesto strutturato in modo sequenziale, in una forma pura di televisione, nella quale la programmazione diventa flusso circolare, organizzato secondo una Struttura a cornice: forme diverse di spettacolo si incastrano, si rielaborano, si trasformano, nel corso di programmi contenitore punteggiati da sigle, comunicati promozionali, continue citazioni. Che ne sarebbe di Striscia la notizia senza il telegiornale, di Blob senza La mota della jòrtuna, della Piovra "n" senza il suo promo? Di Alberto Castagna senza la compagnia delle trasmissioni lacrime-e-sangue della "tivvù spazzatura"? Non avrebbero ragione di esistere le telenovela e le soap opera senza gli stacchi pubblicitari. Non sopravviverebbero decine di telepromossi autori di spettacoli televisivi senza il Maurizio Costanzo Show. Non si terrebbe in piedi (a patte gli sgambetti di Marco Giurato) Mara Venier e la sua Domenica in senza le sponsorizzazioni dei giochi telefonici, o la concorrenza della Buona Domenica di Lorella Cuccarini su Canale 5. "Gli apparati televisivi commerciali, dopo aver integrato la sponsorizzazione all'interno dei programmi, tanto che la sponsorizzazione si fa programma, hanno POSto in atto precise tecniche per trasformare i grappoli di spot da rotture del flusso

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televisivo [...} in elementi di punteggiatura", così descrive il fenomeno Ro Grandi nel libro curaro da Fausro Colombo, I persuasori non occulti. La pub televisiva. come un organismo biologico inserito in un sistema vivente, si adat condizioni ambientali per sopravvivere e riprodursi. Il processo di adattament stesso tempo, comporta progressive mutazioni nell'ambiente Stesso. La pub mimetizza la "pubblicitarietà" della sua intenzionalità comunicativa nelle della comunicazione televisiva. La televisione si fa sempre più pubblicitaria. chio aperto dai siparietti di CaroseUo si chiude su palinsesti incorniciati come mei dagli stacchi pubblicitari (intesi come spot, sponsorizzazioni, televendite, Paradossalmente, mentre la tivvù estremizza l'espressione della sua natura merciale, la pubblicità va cercando spazi meno contaminati. Attualmente ogni anno ciascuno di noi fa i conti con circa seicentomila pa televisivi di spOt di ogni tipo: in Italia il rappono tra spOt e annunci pubblic stampa è, diversamente da altri paesi europei, tutto a vantaggio della televisio talmente invadente la pubblicità televisiva da rischiare l'invisibilità: per ragione gli intermezzi vengono studiati e distribuiti con precisione millime aumentano gli stacchi e diminuisce la loro durata (ad esempio, nella trasm Pressingcon Raimondo Vianello gli sracchi da 4 di 3 minuri l'uno dell'anno s sono passati a 6 o 7 di un solo minuto quest'anno, allo scopo di ridurre il risc zapping). Addirireura, l'UPA (vedi scheda apposira) ha soreoposro recenre (esareamenre in dara 30 novembre 1995) alle concessionarie Sipra-Rai e Pub Fininvest una bozza di accordo per ridurre e razionalizzare la presenza della p cità in televisione. Gli utenti pubblicitari avanzano tre richieste: l) interruzio corte (non più di 12 spOt e per non pitl di tre minuti); 2) niente Spot conco all'inrerno dello stesso break; 3) niente posizioni privilegiate (in tesra e in c programma) per le presentazioni delle trasmissioni delle reti televisive. Ce ragioni degli urenri dell'UPA sono più commerciali ed economiche che cu ma il farro che sulla massiccia presenza della pubblicità in televisione siano in da più parti e con diverse ottiche, a protestare è sicuramente molto signifi Dunque il fenomeno dell'affollamenro televisivo della pubblicità è ancora i ma si va lentamente sgonfiando, prova ne è il F.mo che molte aziende, dop valutato negativamente l'impatto della pubblicità televisiva sulle vendite de prodorri (dai dati Auditel risulta un affannaro zapping dei telesperratoti in c denza di ogni stacco pubblicitario), stanno scegliendo altre strade. In questo to il caso Benetton è del tutto particolare, ma abbiamo a disposizione altri e più canonici: quello del caffè IIIy è decisamente inreressanre. [azienda sud visto il risultato poco incoraggiante delle sue campagne televisive, ha rinuncia pubblicità televisiva e ha concentrato gli investimenti pubblicitari sulla stamp una campagna seriale raffinata ed ironica insieme, che ha prodotto in pochi m

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incremento delle vendite di circa il 30%, nonostante si tratti del caffè più COStoso in assoluto, più di quello sciolto delle torrefazioni. Provare per credere: attualmente.

un barattolo da 250 grammi costa dalle 10.500 del supermercato alle 12.000 del bar. Ma la strategia di alta classe della llly è a tutto tondo, alla eleganza della nuova campagna a stampa si unisce la grafica elegante della confezione (scritte oro su fondo rosso e nero), e una iniziativa di più lunga data, ovvero serie annuali di tazzine e di tazze, disegnate da un vero designer, ovvero Maneo Thun, e dedicate alle

opere di un artisra del Novecento (si va da Mirò alla pittura cinese, da Fellini a Naim June Paik per il 1995) sono dorati di dette razze e tazzine lUtti i caffé che servono il caffè Illy; i medesimi sono inoltre abilitati a vendere al dettaglio confezioni da 6 o da 2 tazzine (e solo da 2 tazze) più 2 barattoli grandi di caffè a prezzi assolutamente fuori concorrenza, nel senso che sono paragonabili soltanto a produzioni

raffinare, di rendenza ripo Alessi, o classiche tipo Rosenthal (Guarda anche immagine + scheda La televisione generalista, quella che conosciamo, per intenderei, si adan3 bene ai prodotti di largo consumo, mentre per i prodotti detti di "nicchia" è un mezzo

lJ!III.!ii! ).

del cutro spropositato. Per di più, le trasformazioni in atto - sviluppo delle reti monotematiche via cavo e diffusione dei servizi comunicativi on line - stanno intaccando il potere comunicativo della tivvù. I.:inquinamenro prodotto dal gran numero di spot propinati si va dunque riducendo per effetto sia di una selezione

"naturale" di qualità (solo se belli ed efficaci bucano il video), sia di scelte diverse da parre delle aziende (stanno crescendo insieme pubblicità stampata e radiofonica oltreché digirale). La tendenza in atto è riassunta molto efficacemente da un recente annuncio, rigorosamente a stampa, del Corriere della Sera, due intere pagine di rivista, quasi completamente bianche: su quella di sinistra, al centro, un occhio disegnato a china

e subiro SOtro, piccolina, la scrirta "In pubblicità non c'è bisogno di gridare per farsi vedere", su quella di destra, al centro, soltanto la scritta/marchio Corriere della Sera,

e in fondo un piccolo blocco di testo chiuso in un riquadro bordato di nero, e infine una stringa nera a cararteri bianchi con il claim della campagna "Corriere della Sera. Indipendentemente dagli altri".

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ILLV CAFFÈ

ome potete ammirare in quesro che è solo uno dei molti fin ora pubblicati. lo stile della gna è, nello Stesso tempo. sobrio ed elegante, ironico e raffinare. Il formar (ovvero la co z.ione grafica complessiva di un annuncio) non è sempre uguale perché spesso si sviluppa su d ne, al contrario di questo che ne occupa una sola. La struttura formale di ogni annuncio è però la stessa, basata essenzialmente sulla presenza fissa del fondo ncro, che fa risaltare per COntrasto co della tazzina e il rosso della serina (a proposito del rappono simbolico della coppia rosso/n verete nel software annotazioni più approfondire nelle schede di accompagnamento ai mode Xioux e Cor-Vino). Basata sul meccanismo del contrastO è anche la struttura cerocica: come i emergere il bianco, così l'opposizione ricerc due termini messi a confromo sonolinea im meme le qualità del caffè: forza, gusro, a sapore, etcetera. L'effeno contrasto ne prod ironico perché Ha i due frammenti del vis c'è apparentemente rapporto, e la chiave p lirlo è affidata alla parola che fa da didas emrambi. D'altra pane questo rappono, s denot3tivo, è del ruttO arbitrario, perch azzecca un paracadute con una tazzina di quand'anche il primo sia accompagnato d "anerrate" e la seconda dal verbo "decollate ciazione si stabilisce soltanto sul piano co vo, nel senso che viene accettata come rife iperbolico, amplificato alle predare virtù deno caffè. L'ironia leggera sta dunque og nella sorpresa dell'accostamento metaforic tamente la caratteristica seriale della cam con il gioco della minima variazione, poten siderevolmente il meccanismo dell'ironia. Il cuno, quindi, è all'insegna dell'armonia quilibrio sia nella forma che nella sostanza tamente rispecchiante quel rappono tra co re e contenutO che costituisce la forza de strategia marketing dell'azienda di Trieste.

C


ROSSANA

In pubblicità non c' è bisoh'110 di gridarr per'farsi vedere.

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COJll/lDE DEI.ll SEllA

Un giomaIe autofe\~ non grida mai. Anche quando ,'eflde 667J)(j() copie. Ceno, queso

un !ano che ci rende orgogIìo5i. Siamo però i pruni a

~

che la forza di

Wl

è

giomaIe

non si misuri in numero di copie, ma in ~ e profondità. E noi ne abbiamo da vendm. Corriere dt'llu Serll. Indil,endrult'menlr dngli nltri.

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TERZA PARTE: INTRECCI


CVRANO

Cyrano è innamorato perdutamente di sua cugina Rossana. Lei nutre per lui una grande stima e un profòndo affetto ma non lo ricambia, anzi, ignora il suo amore. Rossana è per Cyrano la sola ragione di vita e l'unica legge quella del suo amore: tutto il suo coraggio e la sua intelligenzA, la sua abilità nelferire allo stesso mocW con le parole e con le armi, il suo dispr= per i elamerini azzimati e senza scrupoli, si alimentano di quell'unica, infinita, illusione amorosa. Cyrano è quel che si dice uno spirito libero: la sua lingua volgare è il verso e il mondo il suo poema. Mdla sfùgge al suo delirio poetico. Suoi sono quei versi divenuti tanto comuni eia essere usati alpari di uno slogan o di una battutaccia: "Ma poi che cosa è un bacio' ... un apostrofò roseo tra le parole t'amo'~ Posto di fronte all'incomapevole, definitivo, rifiuto di Rossana, a Cyrano non resta che accettare di vivere un'esist= parallela a quella reale, prestando la voce e l'arte infinitamente persuasiva del corteggiamento d'amore a Cristiano, un cadetto di Guascogna, di cui non esita a diventare amico eprotettore pur di restare in qualche mocW accanto alla sua amata. Affiderà tutte le sue immaginifiche, disperate speranze a quella sua voce senza volto, deturpato eia un naso filOri dell'ordinario. Fino all'ultimo quando, recitancW al buio, prima di morire, la lettera che, fingencWsi Cristiano, le aveva scritto quattordici anni prima, si rivela a Rossana in tutta la sua bellezza.


C

reo, dunque rubo

Il confine tra arte e pubblicità non è facilmente identificabile: c'è chi esclude a ri che possano esistere incroci tra le due; c'è chi sostiene che la pubblicità sia la forma d'arte tipica dei nostri tempi. Di sicuro, indipendentemente dal fan le si possa attribuire una funzione artistica, la pubblicità ha sempre fatto sue niche espressive più efficaci per comunicare, e in questo modo ha contrib contribuisce a definire le forme della modernità. La sua arte è il furto. E da s ruba immagini e forme, linguaggi, modelli, all'Arte alra. La pubblicità non innocente, e se deve dire qualcosa trova in ogni caso i modi per dirlo, e quand inventa sottrae ad altri le idee e le adana alle sue esigenze. In ogni caso, si può considerare la pubblicità una forma di arte popolare, raffinatamente confezionata, destinata all'intr3ttenimenro. Nel suo libro La p cità serva padrona, Gianluigi Falabrino l'accosta all'opera buffa, alle opere musicals: "Tutte forme di espressione percorse, come la pubblicirà, dall'idealiz ne della gioia di vivere e dalla fede nel lieto fine. La pubblicità nel migliore d ripropone l'estetica divagatoria e sontuosa dell'Orlando Furioso". Non c'è genere che non venga saccheggiato. Gli spot raccontano storie c spirano al cinema, ai fumeni, al tearro, alla lirica, alla televisione, alla pub stessa. Rubano idee, strutture narrative, archetipi, personaggi, ai classici d genere. Fanno il verso alla letteratura, alla satira, alla stOria. "E un fatto evidente a [Utti che essa cita in maniera crescente il mondo altri media: il cinema, la televisione stessa, la moda. il giornalismo, la musica striale e classica, i fumetti. E da ultimo anche se stessa, sia nella versione cine grafica che in quella propriamente televisiva. Siamo qui di fronte a un feno ormai piuttosto chiaro: quello per cui l'intero sistema delle comunicazioni di tende a parlare con insistenza sempre maggiore di se Stesso, dei propri con storici e delle proprie strategie di comunicazione". La citazione è sottratta saggio di Gianfranco Bettetini intitolato "La narrazione allo specchio" e lo t in J persuasori non occulti. una raccolta di contributi tutti dedicati alle caratter e alle tendenze attuali della comunicazione pubblicitaria La pubblicità, per poter raccontare le sue storie-specchio s'impadronisce d ciò che nella realtà emerge come tendenza. mitO, simbolo, luogo dell'immag collettivo, deposito delle maschere sociali. ell'infinito caleidoscopio pubblicitario s'incontrano schegge culturali v di ogni forma e dimensione: le parole di una canzone e la parodia di una f poesia dannunziana, le immagini di un vecchio filmato televisivo e l'animazi un fumetto. una scritta graffita su un muro, un commento radiofonico e il s

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una star del giornalismo televisivo. una scena di un vecchio film visto l'altro ieri e lo stesso ritmo del videoclip pteferito. La pubblicirà ftequenta questi luoghi con l'accanimenro di un segugio, fruga in quei depositi con il sorriso sardonico di una jena. Si aggira svolazzando avida come una "gazza ladri'. La metafora della pubblicità come "gazza ladri' tende molro bene le sue pratiche narrative. In che senso ce lo descrive efficacemente Paola Righelli nel libro che pona proprio quesro tirolo: "Scaglie di stereotipi vecchi e nuovi, schegge di codici e di linguaggi, frammenti di valoti e modelli di riferimenro, purché scintillino, finiscono irrimediabilmente nel coloraro sacco della pubblicità. Ma solo per essere restituiti più lustri che mai ai mezzi di comunicazione di massa. [...] Fruga nelle arri colre e popolari come nel senso comune o nel linguaggio corrente per estrarne il materiale riciclabile e ridistribuirlo in una forma compattata, semplificata, cromata e, ave questo si verifica. inedita e sorprendente".

Varie sono le modalirà urilizzate. Da un laro, la pubblicità si appropria di un genere per urilizzarlo come modello impliciro, dall'alrro, fa largo uso dei rimandi espliciti ad innumerevoli contenuti testuali. Di casi da citare ce ne sono un'infinità, ma mi limito a due, uno per il primo tipo e uno per il secondo. Avete presente quello spot della Ras Assicurazioni in cui un tizio, conciato come Indiana Jones in uno dei suoi film, viene perseguitato da un agente che vuole assicurare le sue spericolate e sbidonate avventure? Bene, quello è un esempio tipico di ripresa di un genere: non soltanto avventuroso in generale, ma avventuroso alla Indiana Jones, in modo che i riferimenti parodistici risultino immediati quindi divertenti. È lo stesso meccanismo che Umberto Eco definisce "dialogismo intertestuale", individuando in esso un procedimento tipico della narrativa postmoderna, soprattutto nell'ambito delle comunicazioni di massa, e che analizza proprio a partire dalla serie di

Spielberg con Harrison Ford. Il film d'awenrura di grande richiamo, ad esempio, dà spesso avvio ad una serie in cui ogni film successivo prevede, da parte dello spettatore, la conoscenza di quanto è avvenuto in quello precedente, perché spesso viene fatto ricorso alla ripresa, in chiave ironica, di frammenti narrativi già utilizzati, che suscitano il riso proprio per il fatto di tradire le attese che gli spettatori hanno ricavato dalla stessa scena già vista. Eco cita il caso di una scena presente sia

in I Predatori dell'Arca Perduta sia in Indiana fones e il Tempio Maledetto: "qui l'eroe incontra non uno ma due nemici giganteschi. Nel primo caso lo spettatore si atten-

deva che, secondo gli schemi classici del film d'awenture, l'eroe fosse disarmalO, e rideva quando scopriva che invece aveva una pistola e uccideva facilmente l'avversa-

rio. Nel secondo caso il regista sa che lo SpettalOre, che ha già ViSIO il film precedente, si attende che l'eroe sia armato, e infatti Indiana Jones cerca subito la pistola. Non la trova, e lo spettatore ride perché viene frustrato nelle attese che il primo film aveva creato" (trovate la citazione nel saggio "L'innovazione nel seriale", nella raccol-

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ta Sugli specchi e altri saggI). Gran parte del successo di un personaggio c Indiana Jones, e io aggiungerei di quasi tutti i personaggi interpretati p Harrison Ford, deriva da quesro continuo gioco dei rimandi ironici (ra le aspe ve degli spettatori e il comportamento dell'attore sul1a scena: quando Harrison è serissimo, eroe senza tregua e tuttO d'un (bellissimo peraltro, odA) pezzo, i gnato a fronteggiare nemici e pericoli assolutamente disumani, proprio in q iperboli sta l'ammiccamento allo spettatore: quando si butta giù nell'acqu almeno cinquecento metri, precipita nella cascata più vanicosa che ci sia, roto massi sui quali precipita e poi ritrova l'equilibrio, guada il corso d'acqua impe e si mette in salvo, illeso, sull'altra sponda, (tuttO questo e molto altro accade fuggitivo), non sta prendendo in giro lo spettatore che si aspetta una finzione 5[ica, bensì lo provoca ad immaginare in un attimo tutte le possibili soluzioni scena meno una, l'ultima, che gli fa esclamare: "Sììì, va bene, fammene v un'altra ancora più impossibile!" L'eroe sa che lo spettatore lo conosce e si as che lui da un momento all'altro ne faccia una più grossa di tutte le altre già vis Ma torniamo al secondo esempio. quello relativo ai rimandi espliciti ad altri Un cartellone presenta un nuovo aggeggio della Pioneer, che serve a ripulire l'in del lettore di cd della Casa, e lo accompagna con la headline: "Nuovo? No, "la con Pioneer". È così voluta la citazione che viene messa tra virgolette perché s meglio: il riferimento, ovviamente, è alla fortunatissima e ormai storica for seriale del detersivo Perlana ("Nuovo? No, lavato con Perlana). In questo caso, rittura, la citazione ha un valore autoreferenziale perché interna al contesto pub tario: è la pubblicità che, non contenta di rubare nei territori altrui, depreda se sa. È evidente che il gioco ha l'effetto di amplificare, non certo ridurre, l'eff della formula ripresa. Tutte e due si avvantaggiano del fatto di giocare apertam con il meccanismo seriale della citazione e della minima variazione. Tutto ciò è prodotto soprattutto attraverso l'uso straniato, ironico e ~ delle citazioni, dei "testi dentro altri testi", per usare un'espressione di ~ (vedi anche scheda). "Il 'testo nel testo' è una costruzione retorica specifica, tr la quale la differenza di codificazione delle varie parti del testo diviene un f evidenziato della costruzione del testo da parte dell'auto te e della sua percezio parte del lettore. Il passaggio da un sistema di comprensione semiotica a un al un qualche confine strutturale interno costituisce, in questO caso, la base della razione di senso. Una tale costruzione. prima di tutto, rafforza il momento di nel testo: dal punto di vista di un altrO modo di codificazione, il testo acquista di elevata convenzionalità, e ne viene sottolineato il carattere di gioco: il sens nico, parodico, tcatralizzato, ecc." Per rendere immediatamente chiara questa plessa affermazione di Lotman, colta dallo stesso testo che ho presentato nella precedente, basta pensare all'esempio dello SpOt Brat Subaro di cui ho parlato

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LOTMAN ono citazioni catturate dall'ultimo lavoro, uscitO postumo, di J. M. Lmman, dal titolo La cultura ~ /~sp/qsion~. Pr~vcdibjlità e imp~vedjbilità, Milano, Feluinelli, 1993. Si tratta di un {esto Strutturalmente "esplosivo" sui rapporti tra i processi di formazione della realtà della cultura e le forme della realtà linguistica elaborate dagli uomini per esprimere artisticamente i primi. t uno studio. ricchissimo di suggestioni, di colpi di scena, di associazioni fulminami, sul1a realtà e sulle lingue per tradurla. t un libro sfuggente e complesso ma affascinante, soprattutto quando si è alla ricerca di densi contributi su temi come formazione del senso, rapporti tra i testi, traducibilità dell'esperienza in lingua e di una lingua in un'altra lingua, considerando che l'accezione che Lorman dà al termine lingua è quella di un sistema complesso e dinamico di esperienza stOrica e rappresentazione di essa attraverso l'espressione.

S


pre nella seconda parte: il senso "ironico, parodico, teatralizzato" di quel deriva proprio dal gioco del "resro nel resto", cioè del doppio registro lin utilizzato per descrivere le caratteristiche del veicolo.

A

che gioco giochiamo?

L'inserimento di un frammento di un testo in un altro produce uno spazio d che spetta allo spettatore riempire attingendo alla sua enciclopedia multi-estuale. Se mi capita davanti lo spot delle scarpe sportive Nike con Micheal intanto io devo sapere chi è lui e che cosa sono loro. Poi, quando da un b parquet della palestra viene fuori un coniglio animato, a metà strada f Bunnye Roger Rabbit, cioè furbo come il primo e sfigato come il secondo, essere in grado di cogliere entrambi i riferimenti per seguire l'intera stor lunga durata di circa un minuto e mezzo, fino a quando il piccolo coniglio simo riesce a divincolarsi dal marcamento serrato dei giganti, e in una v ritmo incalzante ed esplosivo infila la palla con tutto se stesso nel canestro, l'occhio soddisfatto all'occhio nero del siparietto che sigla la chiusura dei c della Warner Bros. Che di scarpe si tratti forse si capisce anche se mi sfuggo gli altri elementi, ma per poter cogliere il senso complessivo del messagg poter esplicitare i riferimenti ad altro: ad esempio, l'associazione implicita tr incalzante dello spot e prestazioni delle scarpe, o quella tra incursione n action della fiction animata e le caratteristiche quasi magiche delle Nike (tra il soprannome di Jordan è proprio "Magie"). Ecco allora che il patto comunicativo tra il pubblicitario e lo spettatore te si attualizza nel gioco interpretativo, a volte neppure del tutto controllato co mente, delle intenzioni parodistiche e ironiche provocate da una citazione. L'effetto di spiazzamento è tanto più forte quanto più imprevista viene p la scheggia inserita. Prendiamo il caso di un recentissimo manifesto del Com Roma destinato ai proprietari di cani, e finalizzato ad ottenere la loro collab ne nella raccolta "differenziata" dei bisogni solidi dei loro beniamini. Fondo bianco, enorme scritta a caratteri neri: CANI & PORCI. Sotto, i lo, il testo vero e proprio del!'annuncio: <'Fa che tutti vogliano bene al tu Raccoglila. Lascia pulito". Firmaro: Comune di Roma. Ora, se il messagg tutto qui non sarebbe abbastanza convincente, divertente, sconvolgente, ris be, anzi, di non essere molto efficace. Ma, c'è un particolare di fondamentale tanza al quale è affidata tutta la pregnanza dell'intero messaggio. Sapete qua quella" &" commerciale non è un carattere di stampa, è la foto enorme di u di cane. Non è geniale? Questa" &" è una scheggia di realtà che colpisce ta

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forte quanto meno ci si aspetta di trovarsela davanti, proprio come succede quando, camminando, immenchenonsidica può capitare di ritrovarsene una sotto le scarpe. Così, l'impiego dell'espressione d'uso comune "Cani e porci" per intendere figurativamente un insieme mal assortito e fastidioso di persone, nell'unione indissolubile di quella" &" sottolinea irrevocabilmente la natura realmente animale del cane e quella metaforicamente animale dell'uomo suo padrone quando non pulisce dove il primo sporca. Geniale davvero. E così sorprendentemente semplice. Un messaggio pubblicitario si presta a livelli diversi di "lettura", a seconda che lo spettatore colga o meno il riferimento ad altri testi. C'è comunque un primo livello di fruizione, diciamo immediatamente funzionale, per cui si coglie il senso generale del messaggio come invito all'acquisto di un certo prodotto presentato in un certo

modo. Ad esempio, indipendentemente dal fatto che il telespettatore conosca la Carmen di Bizet, risulta comunque chiaro che il detersivo per la casa Aiax liquido si propone come il più efficace e il più facile da usare perché "non ha bisogno del risciacquo" . C'è poi un livello estetico, che naturalmente agisce contemporaneamente al primo, che si offre a chi sia in grado di cogliere nella citazione ulteriori elementi di interpretazione. Sempre a proposito dello spot di Aiax liquido, l'uso come colonna sonora di un brano del melodramma suddetto, tra l'altro in una versione "leggerà', permette allo spettatore che conosce la Carmen di cogliere particolari sfumature di senso del messaggio, ovvero come proposta di un modello ideale di donna vivace, dinamica, piena di voglia di vivere e di desideri da realizzare, e quindi disponibile a dare alla casa tutta la cura necessaria ma non sacrificando il proprio tempo. Rimane comunque il fatto che la popolarità del brano citato, la gradevolezza della coreografia offrono a qualunque spettatore una visione piacevole: anche chi, malauguratamente, non si sia mai imbattuto nell'opera, nonostante i suoi recenti passaggi in TV sia nella versione cinematografica di Rosi, sia in più di un allestimento teatrale, resta invischiato nella rete testuale filata sapientemente dal "ragno" creativo. Un pubblicitario-"ragno" pienamente cosciente di quale sia, in un preciso istante storico, il repertorio attivo delle citazioni possibili, perché appunto vaganti nell'atmosfera dell'immaginario collettivo di massa. "Nella memoria di un buon copywriter sono depositati modi di dire, intonazioni, meccanismi verbali, suggestioni, suoni, parole rubate per strada, ritmi rubati agli scrittori, dialoghi di film, le battute di Woody Allen e quelle di Totò, didascalie, frammenti di fumetto, e naturalmente headline viste sugli annuali inglesi e francesi e americani". Così scrive Anna Maria Testa, di mestiere copywriter appunto, nel suo libro La parola immaginata. Va sottolineato che la televisione è, a sua volta, un "ragno" al centro di una ragnatela di flussi spettacolari di ogni genere e derivazione, in sintonia con le ten-

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denze all'apertura, alla moltiplicazione delle versioni, al riuso multimediale, culture di massa. Per questa ragione la maggior parte delle citazioni utilizzate pubblicità sono prese dall'universo televisivo come realtà specifica. e da tutto cui la televisione si fa tramite. Il cinema, ad esempio. Vedere uno degli spot pellicole Kodak, ambientati in un luogo caratterizzato dagli stessi colori metropoli fantascientifica di Biade Runner, magari subito dopo aver assistit sua proiezione. forse riapre le procedure di interpretazione del film, facendo r re, ad esempio, la presenza costante dei giganteschi ed inquietanti cartelloni pu citari, oppure le scelte di ritmi e inquadrature da spOt nella regia di Ridley (interessante caso di allitterazione, che suona quasi come richiamo di un uo suo destino), aurore prima pubblicitario e poi cinematOgrafico. Ciascuna citazione, dunque. amplia il suo orizzonte di senso fino a tOc confini del testo citato, coinvolgendo anch'esso in un dialogo testuale ch amplia. ne articola. ne mescola le letture. Il dialogo tra il "testo nel testo", il che lo ospita rielaborandolo e il testo citaro. può anche essere costruiro in mod da produrre dei veri e propri sconfinamenti.

A

i confini del testo

Sarebbe a quesro punto davvero interessante uscire anche fuori dai confini pubblicità e scorrazzare nei territori dell'arte cercando di ricostruire una mapp resti costruiti proprio seguendo la logica degli sconfinamenti. Seguiamo alcu queste tracce. Sconfinamenti testuali - Un caso letterario esemplare di sconfinamento è tuito, secondo me, daJ romanzo Les fleurs bleues di Raymond Queneau trado Italo Calvino che. guarda caso, nel frattempo sperimentava alchimie di trasf zioni testuali nel suo ultimo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore. fiori blu la vicenda di Cidrolin e quella del Duca d'Auge scivolano sempre pi nell'altra, fino a che s'intrecciano a tal punto da sovrapporsi, e il lettore non c più (e il perverso poetico gioco di Queneau consiste proprio nell'eliminare la sirà delle separazioni) quale delle due storie è quella immaginata come reale e invece imbastita come un sogno. Perché, sembra domandarci Queneau, importanza può avere in un romanzo distinguere esattamente i livelli di rea già è così complicato farlo nella vita reale? Un caso analogo ma di matrice cinematografica è il film di Woody All rosa purpurea del Cairo. Qui s'intrecciano fino a mescolarsi la storia "reale" de sonaggio interpretato da Mia Farrow e la storia stile "cinema nel cinema" protagonista ritrova ogni giorno nel buio della sala cinematografica: l'atto

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film rappresentato nel film fugge dallo schermo, s'innamora della proragonisra del film "reale" e fugge con lei verso una nuova vita. Finzione "reale" e finzione "immaginata" annullano le differenze poste come ipotetici confini, e la sroria diventa tutta un'altra, e il film anche un'occasione per meracomunicare sulla funzione fanrasmarica della narrazione cinematografica, sulle logiche e le regole del gIOco tra autore e spettatore. Un alrro esempio esemplare è cosriruito dal film di Maurizio Nicherri, Ladri di saponette, fin dal titolo un esempio di sconfinamento di testi, generi e contesti: una storia a tanti livelli, specie d.i sC3co!e cinesi di materia che scaldandosi si fonde, che s'intrecciano e si contaminano fino a trasferirsi uno nell'altro. Una storia principale che è soltanto una cornice narrativa che funge da pretesto: Nicheni nei panni di Nichetti viene invitato in televisione a presentare il suo ultimo film nel corso del programma del cririco Claudio Fava nei panni di C. Fava. Una sroria principale che diventa tale nel momento in cui, dopo la presentazione, viene mandato in onda come film: rirolo, Ladri di saponette. Fin qui, quindi, cinema denrro la relevisione. Ma davanti alla televisione si svolge una storia meno importante eppure necessaria: la vita di una famiglia tipo televisiv-dipendente capitata a caso, fra gli zapping frenerici della bimba di casa, davanri al film nel film. E siamo già a rre livelli di realrà ben incasrrari l'uno nel1'alrro. Anzi quamo, conrando l'esplicita cirazione del rirolo, del1'intreccio e dello stile di Ladri di biciclette, del quale il film nel film del nOStrO Nichetti è un perfetto ricalco (ovviamente citazione come omaggio e pretesto narrativo). Il bello, però, deve ancora venire e, guarda caso, arriva con la pubblicità. Stacco pubblicitario, distacco della corrente elettrica. Black-our. E la modella di uno SpOt a colori si tuffa in piscina, e la ritrova svenuta il povero eroe in bianco e nero del film in tivvù. Da questo momento in poi il film è irracconrabile: niente è più come prima. Nichetti nelle vesti del regista scappa dalla tivvù e corre nel suo film per cercare di salvarne la storia. I personaggi del film scappano in tivvù: il figlio a mangiare una merendina in uno spot mentre l'altro bambino la mangia davanti allo schermo televisivo, la mamma a fare la comparsa nella pubblicirà di un derersivo. La modella divenra bianca e nera, e alla fine tutti ritornano felici e contenti nel film, ma con un finale del tutto diverso. E il povero Nichetti resta prigioniero dello schermo. Sconfinamenti generali - Lotman afferma ancora qualche altra cosa a proposito di confini di un testo, e cioè: "L'attualità dei confini è messa in evidenza proprio dalla loro mobilirà, dal farto che con il mutare dell'orienramenro verso quesro o quel codice cambia anche la struttura dei confini". Pensiamo ad altri tipi di sconfinamento come le rrasposizioni cinematografiche di romanzi, oppure alle traduzioni cinematOgrafiche di opere figurative. A questo proposito, non si possono non citare il film di Jean Paul Godard ispiraro a rableaux vivanrs, oppure La ricotta di Pier

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Paolo Pasolini, "traduzione" poetica cinematografica di una Deposizio Pontormo. E infine, tanro per chiudere il cerchio e tornare al nostro tema. gono in mente alcuni degli spot realizzati per la nuova campagna degli elerrr stici Ariston, nei quali famosi affreschi di artisti italiani del Cinquecento si a perdendo lo sporco che li ricopriva, e per l'effetto benefico del lavaggio le tendaggi ritrovano lo splendore dei colori originali. Qui si tratta di un super namento: oltte alla citazione esplicita dell'opera dipinta c'è il richiamo alle so cinematografiche che ho citato, e inoltre c'è l'allusione al restauro degli a antichi, attualmente pratiche assai frequenti a ragione sia delle raffinatissime logie di controllo e ripulitura, sia delle generose contribuzioni di aziende e privati. Oltre alla sorprendente soluzione estetica adottata in questi spot, qu ritrovano elementi di associazione tra la bellezza e 1'efficienza della tec Ariston e la generosità e la qualità degli interventi di restauro sulle opere come a dire: Ariston sta ai vostri panni come la Banca Tal dei Tali sta all'affr Mica poco, vero? Sconfinamenti televisivi - Ho già parlato della tendenza artuale della com zione pubblicitaria a penetrare in varie forme nella programmazione televisi mendo il carattere di punteggiatura spettacolare all'interno di programmi d'i nimento. Sotto questo aspetto ci sono esempi assolutamente straor Prendiamo Teo Teocoli, e l'ultimo anello della catena di intrecci comunica lo riguardano: la campagna pubblicitaria attuale (fin'ora sono comparsi ma comunicati radiofonici) della nuova carta telefonica internazionale emes Telecom Italia. "Srraparla" è l'essenziale ma assolutamente efficace testo della ne che accompagna il ritratto di Felice Caccamo, mitica parodia teocoliana "Biscardone". Nel frarrempo Teo Teocoli ha abbandonato quelli di Mai d ma la sua presenza televisiva è ormai una realtà che va ben oltre il tempo e l delle sue apparizioni in video: si è trasformato in un modello di comuni televisiva e di promozione commerciale. Senza il suo esempio, buona p palinsesti della televisione esplicitamente commerciale non riuscirebbero a re peso della presenza massiccia degli sponsor all'interno dei programmi: ma T un vero acrobata della sponsorizzazione, un grande artista della leggerezza te ed è riuscito a far diventare una sorta di genere specifico il momento dello s Ed ora. anche senza Teocoli, i siparieui teatral-reclamistici di trasmissioni co dire goal, Striscia fa notizia) Scherzi a parte, sono divenuti veri e propri prog preziosi cammei (ho già avuto modo di sottolinearlo) incastonati nella cor programma principale. Nel flusso televisivo che tutto ingoia e risucchia, la pubblicità sta ben quando le serve, ad utilizzare direttamente la materia prima televisiva per c le sue storie-messaggio. È il caso, ad esempio, dello spot di un rimedio contr

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freddare, in cui lo spettatore è immediatamente proiettato all'interno di un frammento eli Beautifulla soap-opera più conosciuta e seguita. campione di successo e di durata. I tealizzatoti dello spot si sono limitati a doppiare la scena selezionata, sostituendo il dialogo tra i personaggi con il testo pet il prodotro da pubblicizzare. In questO caso è saltata la distinzione non soltanto tra il testo citato e la citazione, ma anche tra il testo e la cornice all'interno della quale esso si costituisce come tale. Ovvero, una programmazione televisiva caratterizzata dall'apertura e dalla serialità come, appunto, Beautift! si è prolungata all'esterno fino ad occupate uno spazio altro: la programmazione televisiva, teoricamente cornice all'interno della quale si inserisce il testo pubblicitario, in realtà è divenuta "testo in un altro testo". Proprio casi come quello di cui abbiamo appena parlato mostrano che la citazione può svolgere la funzione di demistificazione e rivelare. se ce ne fosse bisogno. la natura di finzione, di messa in scena, della fiction televisiva. Lepisodio-parodia del Ridge belloccio, stotdito dal raffteddore, plOduce un voluto effello ilOnico, e allira l'attenzione dello spettatore proprio sulla innaturalezza di una rappresentazione. tanto esageratamente proposta come reale da suonare irreparabilmente falsa appena si provi ad intaccare la miticità dei personaggi con un banale raffreddore. Sconfinamenti pubblicitari - In altri casi ancora la citazione dentro un testo pubblicitario svolge una funzione ilOnica e demistificante: è quando la pubblicità (abbiamo già visto almeno un altro caso) assume un valore autoreferenziale, rivelando attraverso intenzionalità metacomunicative una maggiore efficacia del messaggio. Prendiamo il caso di un recente spot del detersivo Ariel in cui viene citata la vecchia formula dell'''uomo in ammollo" degli anni Sellanta. Linvolontario effello comico, provocato allora dalla collettiva certezza sul destino segnato dai reumatismi del pover'uomo, nella nuova versione dell'annuncio pubblicitario viene sostituito da un volontario effetto ironico, provocato appunto dal ricordo della ridicola situazione proposta seriamente nella vecchia versione. Di quel commerciai e della sua moderna parodia si è appropriato ancor più recentemente il cantautore Francesco Baccini: per presentare il suo nuovo album, "Tutto a colori" si è immerso anche lui nell'ammollo fino al collo, rigorosamente in bianco e nero. Ariel la cui promessa commerciale da diversi decenni suona più o meno così: "Toglie lo sporco accarezza i colori", ben si prestava al furto, e ben ha fatto Baccini o chi per lui a cogliere al volo l'occasione per comunicare, con poche parole e una buona dose di ironia, la novità del suo disco: appeso ad asciugare al sole. unico elemento colorato in un mondo tuno di grigi, aspetta di portare un po' di colote e di calore nelle nostre orecchie. Il gioco della comunicazione pubblicitaria si rivela, dunque, insospellabilmente più articolato e raffinato di quanto, ad una critica superficiale, si sarebbe disposti a credere. L'effetto complessivo che si ricava dal continuo intreccio di rimandi e inserimen-

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ti è un grande rimescolamento delle forme della cultura, una contaminazione nua tra forme "alte" e forme "basse" deU'arte, un superamento delle divisio generi, una sovrapposizione di registri e stili della lingua. È un fenomeno c riguarda soltanto la pubblicità: essa contribuisce a mostrarlo sistematic all'opera, rivelando con evidenza ciò che altre forme della cultura conte implicitamente. Ciò che vale per il concerro di tesro e le procedure della sua formazione, non riguarda soltanto i testi di carattere artistico ma, sostiene Lotman, app alla natura stessa della cultura: "La cultura nel suo insieme può essere conside testo. .t. tuttavia eccezionalmente importante sottolineare che essa è un testo o zato in maniera complessa, che si scinde in una gerarchia di 'testi nei test forma un complesso intreccio di testi. Dato che la stessa parola 'testo' includ sua etimologia l'idea dell'intrecciarsi dei fili nel tessuto, possiamo dire che c tale interpretazione restituiamo al concetto di 'testo' il suo significato originari

c

osì fan tutti

Un testo risulta sempre uno spazio di senso organizzato, apparentemente aut e in sé concluso, ma effettivamente sempre aperto a raccogliere intrusion meno esplicite e intenzionali da parte di altri testi. "Il plagio, la citazione, la parodia, la ripresa ironica, il gioco intertestual tipici di tutta la tradizione artistico-letteraria". Ancora una volta è Umberto sorprenderei (la frase è tratta sempre dal saggio citaro qualche pagina sopra) vendo forse abituali convincimenti sulla natura assoluta della creatività a Nella tradizione a cui s'ispirano le pratiche didattiche delle nostre istituzioni tive viene infatti rifiutata l'idea che l'arte possa essere il frutto di continue so sizioni, imitazioni, citazioni, ecc. Si condivide ancora l'idea dell'unicità del to artistico, deUa sua assoluta sacralità. Sarebbe quindi ora di cominciare a in l'ingessata sicurezza che sottostà pregiudizialmente a tali posizioni. Ogni forma d'arre e di espressione è stata ed è in una qualche misura ovvero coinvolta nel gioco degli intrecci intertestuali, delle ripetizioni e dell zioni e minime innovazioni. Insiste Eco, rigirando il classico coltello nella pi concetto di originalità assoluta, rispetto ad opere precedenti e alle stesse re genere, è concerro contemporaneo, nato col romanticismo; l'arte classica vasta misura seriale e le avanguardie storiche han messo in crisi in modi div dea romantica della creazione come debutto nell'assoluro (con le tecniche d ge, i baffi alla Gioconda, ecc.)". Pensiamo soltanto a quel che è capitato nei territori dell'arte figurativa

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splodere deUa Pop Are. Un arrisea come Andy Warhol è riusciro, solraneo per il farro di riprodurle con la sua firma, a far acquisire dignità artistica ad oggetti del tutto anonimi e privi della benché minima aura creativa: come l'ormai mitico e paradig-

marico bararrolo deUa zuppa Campbe/~ oppure la meno conosciura Brillo Box. A proposito di quest'ultima il filosofo americano Arthur C. Daneo, nel suo saggio (Beyond (he Brillo Box), teso a rifondare il rapporro rra High-Arr e Low-Arr ovvero tra arre e pubblicirà, ci racconea una seoria davvero edificanee: nel 1964 Andy Warhol riprodusse in uno dei suoi lavori la Brillo Box, ovvero la confezione deUa spugnetta abrasiva Brillo disegnata da un arrisea informale falliro di nome James Harvey il quale, in mancanza di fama, per non cedere al vizio della fame aveva accettato di mettere la sua arte a servizio dell'arte applicata al commercio. Ebbene, quando si accorse di quel che era successo Harvey cercò, peraltro inutilmente, di

perseguire penalmenee Warhol: proprio a lui che non accerrava l'idea che l'arte potesse cedere alle lusinghe e al ricatto dell'interesse economico e commerciale, era capitato di essere consacrato artista per ciò che rifiutava di considerare arte. Tale contaminazione tra arte-arte e arte applicata viene considerata da Oanto una necessaria e inevitabile cura per "dare vita e sangue all'anemia mortale dell'arte". D'altra parte, come non ricordare che un artista come Toulouse-Laurrec rappre-

senta il paradigma di questa espressione coneaminara deU'arre? In fondo lui dipingeva cartelloni pubblicitari per spettacoli ai café chantanr. I suoi manifesti, assurti

ormai neU'Olimpo dell'Arte figurativa di turri i tempi, rappreseneavano in realtà il trionfo delle nuove culture della modernità, in cui l'informazione e la comunicazione di massa andavano assumendo un ruolo fondamentale. E ancora i futuristi e Piet Mondrian (andate a Teste Creative a guardarvi la ripro-

duzione di uno dei comunicari pubblicitari di Windows 95 o deUo champagne Moet & Chandon, e mi saprete dire) o la scuola del Bauhaus coseituiscono riferimenti storici per ogni forma di estetica della contaminazione trasversale e funziona-

le deU'Arre con l'arre. C'è da fare una considerazione di estrema rilevanza sul ruolo che i mezzi di comunicazione di massa. attraverso il meccanismo della riproducibilità. hanno

avuro sul fenomeno della trasformazione sia delle modalità del fare che del fruire prodorri artistici. Per quanto riguarda i meccanismi della fruizione è indispensabile

sorrolineare che i media deUa riproducibilità hanno comporraro la diffusione di una cultura che veicola senza limiti frammenti colti e popolari, che offrono occasioni di fruizione assolutamente interclassista. Sul versante musicale, ad esempio, lo stesso Scherzo di Paganini può essere ascoltato. in contesti diversi ma nello stesso istante, dal melomane cosi come dall'ignaro

sperrarore di uno Spot pubblicitario. Su quesro tema Alberto Abruzzese sorrolinea lo stretto rapporto che storicamente si è stabilito tra lo sviluppo delle tecnologie ripro-

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duttive del suono e i cambiamenti avvenuti negli usi e nei consumi musica

moderne civiltà industriali: "Già alcune illustrazioni di Grandville e di Darè

no la dimensione ottocentesca della musica 'industrializzata' e 'meccacinizzat vando a sottolineare la fusione progressiva e irreversibile tra orchestra e urbani, strumenti e macchine a vapore, suoni e corpi umani, musica e récla preannuncia così l'elettrificazione dell'esecuzione musicale, la riproducibilità del suono tramite automi. Tra affiches, manifesti e Grandi Esposizioni: m della notte, del divertimento, della trasgressione e pittori d'avanguardia". Tro

brano nel libro intitolato Metafore della pubblicità.

L'apertura dell'opera d'arre a contesti d'uso. esperienze di fruizione com mente diversi da quelli appartenenti ai contesti e alle forme d'origine tra radicalmente lo stesso concetto di arte così come, nelle sue profonde riflessio

forogtafia e sul cinema, aveva nel 1936 rivelato W Benjamin nel saggio L'ope te nellepoca della sua riproducibilità tecnica. Benjamin a proposito della pitru

è un discorso estendibile a tutte le forme d'arre, scriveva: ((Nelle chiese e nei c

del Medioevo e alle corti ptincipesche fin vetso la fine del secolo XVIII, la tic

collettiva dei dipinti non avveniva simultaneamente, bensì mediatamente, s una complessa gradualità e secondo una gerarchia. Se questa situazione si è mata, in tale mutamento si esprime il particolare conflitto in cui la pinura coinvolta attraverso la riproducibilità tecnica del quadro".

Ad esempio, quale diventa la natura e la funzione di un quadto quando porto che lo spertatore ha con esso è mediato dalla sua collocazione in un

diverso dall'originale e finalizzato esplicitamente, come nel caso di un muse prio alla sua conservazione e consacrazione? Sembra strano ora pensarlo in termini, ma la disponibilità "simultanea" di versioni molteplici e su diversi su di una stessa opera, fenomeno al quale siamo oramai abituati tanto da cons

equivalente lo studio in ptesa diretta a quello mediato dalla riproduzione sull na di Un, libro, produce allo stesso tempo rapporti sempre più distaccati ma renteme~te immediati, potremmo dire "democratici". E quell'opera, maga dotta per decorare la parete di un salone aristocratico o il refettorio di un con

destinata quindi ad un pubblico limitato e selezionato secondo criteri di gera

di ruolo, allo Stesso tempo perde r"aura" perché si moltiplica SOtto altre spog

riacquista solo a condizione di mostrarsi in modo mediato e tecnicamente e salmente riproduci bile. Poniamo ancora un altro caso: in che cosa si trasform gie, mettiamo di Mozan, quando non soltanto si riproduce quella presunta c fosse assolutamente vera, ma quando diventa l'emblema indifferenteme Salisburgo. di una marca di cioccolatini ripieni di pistacchio o di un amaro?

ta di problemi estetici e filosofici, altro che facili e definitive condanne sul d della cultura! Indipendentemente dalle critiche filologiche e musicologiche,

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come Amadeus di Milos Forman ha contribuito in modo determinante a creare una specie di Mozarrmania, diffondendo un ritratto mitico del musicista, forse non del tutto veridico ma certamente in sintonia con la sensibilità estetica e culturale dei nostri giorni, improntata all'improvvisazione, alla frammentazione, all'indefinitezza. I meccanismi, le logiche e le poetiche della tiproducibilità tecnica dei prodotti artistici hanno influenzato, e continuano a farlo, le forme stesse della produzione artistica. La fotografia, ad esempio, ha modificato profondamente i modi e le teorie della rappresentazione pittorica. Il cinema, per restare tra gli ambiti analizzati storicamente da Benjamin, ha sconvolto definitivamente i ritmi e i tempi dell'azione teatrale, il concetto stesso di interprete e di attore. "Nasceva così una nuova forma espressiva che aveva in comune con il teatro il carattere di spettacolo collettivo e l'uso degli attori ma che condivideva con il romanzo, più che con il teatro, la fluidità del racconto, la varietà delle ambientazioni, l'adesione realistica alla vita quotidiana, resa possibile proprio all'uso del mezzo fotografico", così descrive il fenomeno Peppino Otroleva nel libro che ho già citaro e che trovate in bibliografia. Il cinema, inoltre, trasformandosi progressivamente in industria culturale e dell'intrattenimento ha contribuito a formare pubblici estesi e trasversali. Eppure, nonostante tutti i cambiamenti e i rivoluzionamenti prodottisi fin qui (arriveremo un pochino più in là a coinvolgere in questo discorso media come la televisione) è diffusa la convinzione che la sistemazione e la divisione dei saperi "alti" in classi di forme e di generi, eliminando per semplice atto di sottrazione quelli "bassi" dal proptio otizzonte, cottisponda alla tealtà dei processi di fotmazione della cultura. Come se questi non si fossero sempre nutriti proprio delle accumulazioni e delle contaminazioni. Pensiamo, soltanto per fare un esempio, all'origine di forme colte di produzione musicale e poetica nel Medioevo, che non potrebbero essere analizzate e comprese senza far ricorso alle influenze che la danza e la musica popolate da un lato, e le ptatiche poetiche orali dall'altro, hanno esetcitato su quelle. Pensiamo ancota all'infinito tepertotio popolare della favolistica e della narrativa d'autore. Pensiamo, infine, tanto per citare il caso più eclatante ed evidente, ai processi di sedimentazione degli usi colti e popolari, sacri e profani, alti e bassi, che hanno dato, e danno continuamente vita, alla lingua alla quale ciascuno appartIene. Il sapere pubblicitario si offre ancora una volta come chiave per comprendere fenomeni della cultuta e dell'atte, sempte esistiti, ma attualmente amplificati dalle tendenze di massa della cultuta, dalle tecniche di tiproduzione delle espetienze della fruizione, dall'articolazione intramediale, oltreché intralinguistica e intertestuale, delle forme attuali della cultura.

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ella serie: serialità ed estetica delle comunicazioni di massa

Ragioni squisitamente commerciali sono alla base del moltiplicarsi di prod seriaJi sia nella cinematOgrafia di consumo sia, in particolare, nella programm televisiva. Mi sono trovata già in più occasioni a soualincare l'intreccio intric le logiche dei palinsesri televisivi e quelle pubblicitarie. Serial polizieschi familiari, siruarion comedy, soap opera, relenovela, ai quali spesso il cinema intrecci, occasioni per commedie saririche. ritmi e ambientazioni, costituisco soltanto prodotti dell'industria della comunicazione di massa, ma forme nuova estetica della "rcsrualità infinita". È una cararrcrisrica che in altri tempi è già appartenuta a forme seriali di n va di consumo come le pubblicazioni a puntate su giornali e riviste. E' Lotman a documentare il fenomeno, descrivendo le modalità di pubblic dell' Evgenij Onegin di Puskin, i cui capitoli venivano pubblicati prima ancor seguente fosse e1aboraro: "Da qui la caratteristica doppia posizione di nell'Onegin: egli è l'autore che crea a proprio atbitrio la sroria dei suoi pets ed egli è anche il contemporaneo di questi personaggi, di cui viene a conos circostanze della vita da racconti e lettere, dall'osservazione diretta della vita (il testo lotmananiano citato è sempre lo stesso). "Il tesro assume i ritmi e i tempi della sressa quotidianità entro la q muove", afferma ancora una volra Umberto Eco (sempre da "I:innovazio seriale"). Si tratta di meccanismi seriali che, ad esempio, i lettori di fumetti scono molto bene: la vita e la morte degli eroi dipendono in buona part richieste, le levate di popolo, i desideri dei lettori. Le procedure narrative dei cartoons popolari non possono prescindere fluenza che su di esse svolgono i fruitori. Lestetica dell' Opera Aperta si es dismisura a considerare il lettore non solranro complice dell'aurore, nell'attiv sarebbe sua propria di interpretazione di un testo, ma vero e proprio autore i ro, una sorta di "ghost writer" di massa, il cui intervento comporta modifich intrecci, invenzione di storie parallele, recupero di personaggi, avvio di perco rativi all'indietro alla ricerca dell'infanzia di un eroe, mescolamenti fra avventure di eroi diversi. In questo modo, allo Stesso tempo, viene assicurata sonaggio la perpetuazione del suo mito. e al lettore la continuazione della s fumeno. infatti, è un genere narrativo che partecipa della SUuttura stabile, dante, iterativa del racconto mitologico (nel quale. come in tutte le forme n svilupparesi in una tradizione orale. il pubblico si aspetta di riascoltare per l' ma volta una storia già conosciuta, con al massimo l'introduzione di alcune tipizzate), e dell'andamento lineare. dinamico, innovativo, del romanw. Po

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dunque dire che i! rempo del miro è ciclico, quello del romanzo lineare (generalizzo soltanto per comodità espositiva!) mentre quello del fumetto, così come molte altre forme narrative di consumo, è seriale, ovvero ciclico e lineare insieme. I personaggi inventati possono acquistare una vita propria) parallela a quella reale. Sempre Eco sosriene che ciò dipende dal "fenomeno del culro", owero dal meccanismo per mezzo del quale personaggi e nuclei narrativi diventano figure nelle quali si condensano qualità. caratteristiche. azioni tipiche. Queste figure diventano intercambiabili) possono spostarsi da uno scenario narrativo all'altro. aumentando quindi I)effetto citazionistico e il "dialogismo intertesruale". Il caso di Indiana Jones è esem lare. Tanto iù se si ensa all'origine di questo personaggio e •.••• •• (vedi anche scheda). Si narra che a George Lucas e 5teven Spielbierg si ritrovarono alle isole Hawaii. e che Lucas, appassionato di fumetti avvenrurosi, di serials televisivi, di film a puntate degli anni '3D, espose a Spielberg la sua idea. Ai due si unì Larry Kasdan, lo sceneggiarore, e l'idea si concretizzò. Ne uscì fuori un film che è stato definito un "pastiche di media". Il personaggio di Indiana, una sorta di James Band non tecnologico, è stato rrarro dal fumerro awenruroso americano classico (quello di Milron Caniff, ad esempio): Spielberg ha srudiaro le sue smorfie proprio rappresenrando!e sorro forma di strisce. Indiana Jones è dunque un personaggio inventato costruito sulle caratteristiche fisiche e psicologiche del tipico eroe avventuroso dei carroons: bello, forte. astuto, coraggioso, che sa prevedere i pericoli e porvi comunque rimedio. Un eroe da culto. insomma. Una antonomasia vivente. una maschera epica, i cui attributi sono fissi, come in ogni tradizione orale che si rispetti. Oralità e serialità condividono in buona misura le stesse regole. Indiana Jones come 1"'Astuto Ulisse". entra e esce non soltanto dai fìlm della serie, ma si ripresenta uguale a se stesso anche quando inrerprera alrri film. I personaggi fittizi, oltre a servire da collante per intrecci narrativi. possono servire a dare una patente di veridicità ad altri personaggi, quando entrano uno nella sroria dell'altro. Eco cita il caso, guarda un po', di Cyrano de Bergerac che, a un certo punro della sroria, incontra un moschettiere che gli porge i suoi elogi: si tratta precisamente di d'Arragnan. Commenta Eco: "Quando i personaggi fittizi possono emigrare da testo a testo. questo significa che hanno acquistato diritto di cittadinanza nel mondo reale e si sono affrancati dal racconto che li ha creati". Il libro da cui traggo queste ultime frasi è Sei passeggiate nei boschi narrativi, l'ultima fatica saggistica di uno dei miei autori preferiti. Tra i sei lavori che compongono l'opera l'ultimo mi sembra il più ricco di stimoli per il discorso che sto facendo. In particolare, sul fenomeno che produce il rrasferimenro di eventi e personaggi invenrari dall'ambito del!a finzione a quello della presunta realtà storica, Eco ricostruisce un caso esemplare, decisamente tragico per

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le implicazioni reali che ha avuto: si tratta del percorso che, a partire dalla dist ne dell'Ordine dei Templari. attraverso una lunga e complicatissima rraspos romanzesca di teorie del complotto rivoluzionario ad opera di sette massonich date da ebtei, porta alla fine del 1800 a mescolare definitivamente realtà e inv ne storica attraverso l'opera di un personaggio storico che avrebbe meritato di un personaggio da romanzo: Petr Ivanovic Rachovskij, che scrive i cosi Protocolli dei Sa"i Anziani di Sion, nei quali si descrivono i progetti di conquis mondo da parte degli ebrei. Il resto è storia purrroppo recente: il resto dei Pro venne pubblicatO e commentato da un monaco itinerante russo, una figura p scua e intrigante. È attraverso questa via che il testo ha viaggiato per l'Europ ad arrivare nelle mani di Hitler... E, come scrive Eco, "Tutti conoscono le p successive" . Passando a casi altrettantO significativi ma fortunatamente non tragici posso evitare di citare almeno due esempi direi paradigmatici, a testimonian fatto che stiamo parlando di tendenze che si moltiplicano in ambiti diversi viene dall'universo del romanw d'autore popolare, l'altro, neanche a dirlo, da lo della pubblicità: l'uno apparriene al mondo della finzione letteraria, l'altro, per i fumetti, a quello della pura e semplice realtà quotidiana. Primo. Autore: 5tephen King, immaginifico. miliardario (sia in senso finan sia in senso editoriale: saranno almeno un miliardo le pagine dei suoi romanz blicati in tirature da Star e in un numero di lingue degne di abitare la biblica di Babele?) interprete di ogni specie di paura ed orrore che gli animi uman capaci di covare. TitOlo: Misery non deve morire. Succo della trama: un aut romanzi popolari di genere giallo-thriller di cui è protagonista seriale rale M decide di concludere la serie facendo morire la sua eroina. Un'infermiera, fan nita di Misery. viene a sapere della morte imminente della sua beniamina e di costringere a tutti i costi il romanziere a continuare la sua serie di storie. E pletamente investita della sua parte di vendicatrice delle esigenze irreprimib lettori, è disposta a tutto pur di convincere lo scrittore a fare il suo mesti romanzo, da cui è stato tratto un bel film di genere thriller-orror, tratta molt il povero scrittore prigioniero della follia omicida dell'infermiera, ma finisce peggio per lei. Una storia esagerata per un fenomeno reale ed esagerato, almeno tra fumettari anche se non cosi sanguinolento. Secondo. Dagli orrori del !Cing, passando per il purificante biancore del M Bianco, realistico luogo di finzione (ahimè, per volontà del bel patron Barilla nato ormai alle erbe rampicanti), meta annosa di intere famigliole munite niccestino. di comitive di biciclanti, e ancora di sposi appena appena merrie arriviamo al divertimento ironico e casareccio della serie infinita d.i spot per l

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uo vero film "culto", sia nel senso della fama e del successo di pubblico, sia nel senso della logica seriale. In questo senso si (rana di un film ad alto tasso di "sgangherabilirà", tanto per abusare un po' della suggestiva terminologia di Eco. l Predatori, iofani, è un film costruito per un verso sulla traduzione cinematografica di storie tratte da fumetti di avventura, per un altro sulla intelligente e divertita opera di ciuso di citazioni cinematografiche. Utilizzando come guida un arricolo pubblicaro nell'ottobre del 1981 su Cineforum, ricostruisco qui di seguito la lista sia delle autocitazioni che delle ahre. Autocitazioni: Vanno da Due!. tale e quale ribaltato. con cavallo che insegue camion e auwffiobile che insegue camion, a Incontri Ravvicinati dd urzo tipo, l'apertura dell'arca e certe banute, a 1.Q SqUilW, per la corrispondenza tra l'avversione che Indiana nutre per i serpenti e quella che il protagonista di Lo squaw ha per l'acqua, a 1941, per il tono generale e, letteralmente, neU'abbordaggio del sottomarino da parte di Jones e nella scatenata reazione a catena nella lotta vicino agli hangar. Citazioni certe e confessate anche da Spielberg: U miniu~ di R~ Sawmon~, I di~ci comandamenti, Il tesoro ddla Sierra Madre, L~ avventure di Don Giovanni con Errol1 Flynn, Gary Cooper e 007, in versione "seria", in versione "gadget" e in versione demenziale alla Casino

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Royal. Citazioni molto probabili: johnny Guitar, storia di Marion e alcune battute del primo dialogo con Indiana, 2001, Odisseo nello spazio, un identico movimento di macchina: il lancio del dattero che uccide la scimmia spiana (e a proposito di citazioni possibili e di "sgangherabililà", un amico mi ha riferito che anche nello spot di Pingui c'è forse un'involontaria allusione a questO film, un'altra opera culto saccheggiata infinite volte. nell'inquadratura dal basso della barretta come se fosse il monolite di 2001), e, naturalmente. Casablanca, ancora per l'atmosfera complessiva e per un dialogo tra Jones e BeUoq che praticamente ne riprende testualmente uno tra Rick e Laszlo. Mi pare abbastanza. non trovate?


pagne Si"~ ora Telecom Italia, con Massimo Lopez nella parre del cond morte nella legione straniera. Ebbene, credo che rurri sappiare che il tormentone "11 relefono allung della campagna più diverrenre e popolare d'Iralia è divenuto rale proprio del successo di pubblico che ha ottenuto: ad ogni spot i creativi devono una nuova soluzione coerente e piacevole per non far morire il condannato per rispondere agli sperratori che relefonano all'azienda per chiedere se qu Lopez sarà fucilato per "davvero". E tutti giù a telefonare per proporre nuo ci, altre soluzioni, varie idee per le nuove serie. Che tutto ciò possa finire in mente a nessuno. Anzi, ci sono tutte le condizioni per dare spazio ad sviluppi della faccenda, compresi gli sconfinamenri rra uno spor e l'altr SOIlO in grado di faccontarvi - è quasi un vero e proprio seoop! - l'intrecc spor che non si farà (si dice per le richieste eccessivamente esose di Lo mancanza di sintonia col suo storico collega di [fio). ma che prevedeva un relefonico tra il Lopez- Telecom e il Solenghi- Lavazza. Dunque, ecco la sroria deUo spor che non c'è: Lopez-condannaro qu telefona addirittura in paradiso e parla direttamente con Solenghi-San quale cerca di convincerlo che in fondo lassù si sta bene, tutto è sereno e t una volta arrivato lì non si troverà male. La chiacchierata continua con che si stupisce che laggiù non abbiano a disposizione neppure un po' di ca che quasi si commuove e immediatamente gliene invia una confC'"Lione. Il cadendo giù precipira sul fucile di uno dei soldati, parre un colpo e la taglia di netto il filo del telefono. La comunicazione si interrompe e, fina capitano Champignon esulta perché sembra davvero arrivato il momento cuzione. Chiama a raccolta tutti i soldati ma non arriva nessuno perché impegnati a trafficare attorno ad una caffettiera, aspettando che sia pron per gustarne una tazzina fumante. Il condannato si salva ancora una volta. caffè. Ovviamente è Lavazza, e l'idea davvero deliziosa. Pare piacesse molt deUa Lavazza, e che anche quello Telecom fosse disponibile alla conramin siccome l'agenzia pubblicitaria è la stessa per tutti e due i prodotti, sembra ro fatta. E invece... Ci mancherà. Un testo seriale è teoricamente infinito perché sottoponibile a pro continue, impercettibili variazioni sullo stesso schema di base. Una serie può accompagnare per tempi indefiniti un telespettatore, instaurando c contatto rassicurante perché fondato su un sistema di aspettative che n infranto. La ripresa del contatto non risulta però noiosa, perché è rivista o da piccolissime variazioni che ne rendono piacevole, e degna di essere visione. I meccanismi della serialità estendono alla sfera della narrazione e pubblicitaria i fenomeni che sono sempre stati di dominio esclusivo de

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narrative serine. A pensarci bene, non trovate addirittura straordinario che un personaggio protagonista di una serie di spot acquisti davvero un nome che lo designa, e che ciò, quindi, lo renda intimo e quasi reale? Ma dove si è mai visto che un'anonima comparsa da spot venga chiamata con un nome proprio? Champignon, chi è costui, che diritti ha di comparire su questa pagina con i panni di un vero Personaggio di racconto?

A

pertura come ripetizione

La caratteristica dell'apertura infinita dei testi come fondamento delle procedure di produzione seriale, ovvero del parallelo o contemporaneo uso della minima innovazione e della ripresa, risulta amplificata ulteriormente dal meccanismo della ripetizione, da un lato, e dal rimbalzare conrinuo dei resri tra i supporti mediai i, dall'altro. Vediamo intanto il primo punto. La ripetizione non dà luogo esclusivamente a copie identiche (in ogni caso, riascoltare più volte una musica o leggere più volte un libro muta in qualche modo le condizioni e gli efferti della fruizione), ma a seconda del contesto e del mezzo vengono prodotte serie di diverse interpretazioni. Nel campo della musica popolare e leggera, ad esempio, molto spesso vari interpreti eseguono uno stesso brano, oppure un autore interpreta in contesti spettacolari diversi lo stesso pezzo. Ogni volta l'esecuzione non è una mera ripetizione, ma introduce varianti più o meno significative ed evidenti, che coinvolgono l'ascoltatore in percorsi percettivi ed interpretativi non identici. In questo modo, il livello informativo di un testo è funzione non soltanto della diade vecchio-nuovo, ripetizione come copia e innovazione come sorpresa, ma dipende proprio dalle sovrapposizioni, dalle intersezioni tra le varianti. Si tratta di un fenomeno che il sistema delle comunicazioni di massa amplia ed articola in modo massiccio. Nella comunicazione pubblicitaria si attivano spesso produzioni in serie: è certamente una scelta di indubbio valore economico, sia in senso finanziario che in senso comunicativo. Sul piano degli investimenti è evidente che riproporre una Stessa serie di spot per un lungo periodo vuoi dire ridimensionare di molto - visti i costi di produzione - i budget da investire. Sul piano della efficacia comunicativa, a una prima analisi, risulta che la riproposizione di uno SpOt identico ha maggiori probabilità di essere ricordato di un alrro che ha un breve ciclo di apparizioni. Ma il ciclo di vita di un annuncio pubblicitario, immerso nell'onda in piena del flusso televisivo, è sottoposto ad un veloce deterioramento. Perché una buona soluzione comunicativa abbia successo duraturo non è sufficiente ripeterla indefinitamente, è necessario introdurre nello schema di base ogni volta piccole variazioni. A testimonianza di questo processo abbiamo già citato due casi particolarmente significativi, quello

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della serie Dash e quello della serie Mulino Bianco. Si possono avere situazioni in cui la memorizzazione e la conseguente pre accordata ad un certo prodotto è ancorata ad una formula compositiva o ling

risultata particolarmente azzeccata. In questi casi viene lasciata immutata la f

e si agisce sul testo in modo da rinnovare continuamente il sistema di att fruitore. In Italia sono divenute memorabili, tanto da diventare espression quoridiano, la formula "Liscia, gassara o Ferearelle?", nell'ambiro della pubb scampa, e quella "Passaparola" del derersivo Perlana. Per anni lo schema del blicità di questi due prodotti è stato riproposto identico: le variazioni hanno

daro, per l'acqua Ferrarelle, le scelre sul personaggio per anronomasia sul qual

tuare le trasformazioni visive, per il detersivo Perlana, l'intreccio narrativo ne ancora viene fatto agire il meccanismo a catena offerro dalla formula. Nella pubblicità a stampa, il gioco delle innovazioni seriali ha comporta troduzione, nello schema base di un annuncio pubblicitario. di due forme li

che con funzioni diverse e complemenrari: una, la headline (lo slogan), è va l'alrea, il pay off(una breve frase conclusiva), è fissa, accompagna per cuna la di una campagna il marchio del prodono in fondo alla pagina o al manifes headline è affidara la funzione conariva di richiamo, al pay offe al marchio e

quella di ancoraggio del prodotto. Il primo garantisce. insieme a rutti gli a menti visivi che compongono l'annuncio. la proposta innovativa. gli altri g la percezione e la comprensione del messaggio nello spazio ampio e articolato campagne per uno stesso prodotto o di campagne per più prodotti di un azienda. Un'altra tecnica della variazione seriale, massicciamente utilizzata. tanto d

vare dubbi sulla sua reale efficacia è l'impiego di testimonia/' personaggi di quali affidare la funzione di richiamo, all'inrerno di uno schema che offre

pochi margini di innovazione. ella maggior parte dei casi. il personaggio o nato a consumare in fretta la sua gloria di testimoniai per poi scomparire ins

breve ciclo di vira del messaggio che lo ha incoronaro, oppure si lega in modo prodoreo che pubblicizza da sovrapporee la sua immagine fissa all'imma perenne dinamismo del prndono che rappresenra. Il rischio è quello di un p

sivo impoverimento delle potenzialità informative, dunque innovative. dei m

pubblicirari affidari a un rescimonial. Il caso del caffè Lava=, da quesro p visca, è esemplare. La presenza di Nino Manfredi, e delle sue domesciche sp condizionato per anni il modo di concepire e realizzare le campagne Lavazza

produrre llna specie di sostituzione del personaggio-mezzo con il prodot Uno non poreva più liberarsi dell'al reo: Manfredi del suo "Più lo mandi giù

rira sù"; il caffè Lavazza di Manfredi e della sua impossibilirà di essere divers

la sua identificazione con la formula. Raggiunta una saturazione informativ

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rirorno, la decisione della Lavazza di liberarsi del replicante Manfredi risulta inoppugnabile. E, detto pet inciso, il ciabattate casalingo di Manfredi eta diventato un rormentone quasi insopportabile. Anche in campo pubblicitario. dunque. la ripetizione non è soltanto la riproposizione di uno Stesso messaggio: è, invece, la rianicolazione di una comunicazione ciclica e seriale continuamente sottoposta al gioco della variazione minima.

A

pertura come rimbalzo

Un ulteriore effetto di amplificazione testuale dei messaggi pubblicitari è prodotto dalla loro "traduzione" da un media all'altro: la rete delle intetfacce attraverso la quale si articolano le comunicazioni di massa comporta ogni volta rielaborazioni specifiche dei messaggi. l passaggi non sono delle semplici ripetizioni perché le caratteristiche tecniche, linguistiche, insieme alle pratiche d'uso. concorrono a ristrutturare il messaggio secondo le logiche e i linguaggi del mezzo. All'identità tra il mezzo e il messaggio proposra dal famoso "adagio" di McLuhan, "il mezzo è il messaggio", si intreccia il concetto, forse più pertinente e completo di interfaccia. in cui interagiscono l'apparato concettuale e materiale della macchina e le competenze di cui è fornito il fruitore. La lettura di una notizia su un quotidiano è cosa diversa dall'ascolto della stessa notizia attraverso la radio, perché i due testi rispecchiano le diverse logiche costruttive dei media attraverso i quali si definiscono e perché attivano in ciascun caso differenti modalità di recezione e . . InterpretazIOne. La comunicazione pubblicitaria è un sistema multimediale, che affida a ciascun mezzo una pane specifica di contatto e di informazione e, allo stesso tempo, sviluppa continue interazioni e intersezioni tra i diversi testi prodotti. I mezzi della comunicazione di massa disegnano continuamente la mappa delle conoscenze del mondo di ciascun individuo: ciò che ciascuno sa della realtà sociale in cui vive dipende da quello che i media rendono pubblico. Essi svolgono (ne ho già parlato precedentemenre) il ruolo di comporre quella che è slata definira "agenda setting", ovvero l'insieme dei fatti e delle informazioni a cui prestare attenzione perché sono quelli di cui si parla, di cui si ha una certa descrizione e rappresentazione: "Vi è quindi una quantità crescente di notizie o di argomenti su cui si concentra il coinvolgimento individuale o sociale che nelle moderne società non scaturiscono dall'esperienza individuale, ma dalla rappresentazione che ce ne forniscono i media" (trovate la citazione nel volumone di Fabris, Pubblicità. Teoria eprass'). I media moderni, la televisione in particolare, rendono possibile quello che nel passato era impensabile: raggiungere un pubblico universale rendendolo pattecipe

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di avvenimend, di rappresentazioni di essi, che altrimenti non soltanto non po bero essere conosciuti, ma che forse non potrebbero esistere come tali. Pens per restare in uno spazio limitato, a cosa sarebbe stato il fenomeno "Tangento in Italia se non ci fosse stata la televisione a descrivere ed interpretare, anche verso i volti compassati o imbarazzati dei personaggi politici coinvolti, la se avvenimenti giudiziari che hanno travolto un certo regime politico. Tutto q che è accaduto in Italia nel corso di questi ultimi due anni è anche e sopra effetto di ciò che la televisione ha mostrato. La figura mitica del giudice Di P liberatore degli angariati da un regime corrotto, manovratore e sfruttator assumo tale ruolo perché ha "bucato il video", rivelando all'opinione pubblica lo che aveva sempre sospettato senza avere la possibilità, e il coraggio, di denun lo pubblicamente. Si è così avviato un processo a catena, in cui si sono intrec percorsi giudiziari a profondi bisogni di chiarezza, di cambiamento e, anche, d detta, che ha sollecitato interesse e attenzione collettivi, discussioni e con profondi con le proprie convinzioni e i propri atteggiamenti, una nuova atten alla politica come diritto delle persone a sapere e poter dire la ptopria. t un sul quale non può non riflettere chi si preoccupa eccessivamente della presenza telecamere televisive nelle aule dei tribunali. Lattenzione del pubblico, le opinioni che si fa, gli atteggiamemi che assum cose di cui discute, sono, dunque, anche funzione dello spazio che i mezzi di c nicazione offrono a dererminati argomenti. La pubblicirà, circolando tra i media e pervadendoli con l'appropriazione potenzialità e caratteristiche comunicative di ciascuno di essi, svolge la funzio rendere visibili i prodotti, di offrire ai consumatori la varietà delle alternative bili tra cui operare una scelta al momento dell'acquisto. Mette in mOStra un pionario di oggetti e di immagini di essi tra i quali i consumatori scelgono che rappresentano meglio i loro bisogni quotidiani. i loro gusti e atteggiam D'altra parte. le ricerche sui consumi mostrano che ogni individuo, per gli ac più frequemi, dispone di una propria lista di ptodotti, dalla quale attinge in abbastanza stabile, e che uno dei meccanismi più frequentemente utilizza orientarsi negli acquisti è la comunicazione interpersonale. cioè lo scambio di gli e di esperienze tra i consumatori. I mezzi di comunicazione, dunque. dallo scambio porta a porta alla televi rivelano l'esistenza di oggetti. di aree di gradimento e di desiderabilità, di cu scuno si appropria a seconda dell'interesse suscitato. Lefficacia dei messaggi pubblicitari, ovvero l'attenzione e la credibilità che vono, dipende e dalle caratterisriche tecniche dei diversi media, e dalle rappre zioni sociali di cui godono. Il mezzo attraverso il quale veicolare un messaggi fondamentale imporranza, non soltanto perché ne determina il formato, lo s

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FRASI CELEBRI SULLA PUBBLICITA La pubblicità è l'arte di insegnare alla geme a desiderare certe cose. Herbert George Wells (1866-1946), serino" ingks~ La pubblicità unisce sempre l'inutile al dilettevole. Ennio Flaiano (I 910-1972), scrinQr~ ~ commtdiografo Dalla sua pubblicità si possono capire gli ideali di una nazione.

Norman Douglas (1868-1952), scritto" ingku Allevata a suon di canzoncine pubblicitarie, la moderna CappuccenQ Rosso non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo. Marshall McLuhan (1911-1980), sociologo Ca1UUUU

La pubblicità è vecchia come il mondo. Infatti, come (Uni sanno, cominciò il serpente a decantare a Eva le vinù della sua ftuna. Cesare Marchi (1923-1993), giornalista ~ saggista

La maggior pane della pubblicità non fa tamo appello alla ragione quamo all'emozione. Erich Fromm 0900-1980) psicoanalista udesco

La pubblicità contiene le uniche verirà affidabili di un giornale. Thomas ]efferson (1743~ 1826), presidente statunitense Siamo proprio sicuri che esiste davvero una vita al di fuori dei cartelJoni pubblicirari? Karl Kraus (I 874-1936) scrittore austriaco

La massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultaneità e la massima portata mondiale. Ecco che cos'è la pubblicità. F. T. Marinetti (1846-1944) scrittore efondatore dt! futurismo So che metà della pubblicità è inutile. Ma non so quale sia la metà inutile. Henry Ford (I 863-1947), industriale summiteme

La pubblicità ha rrasformato la televisione, e oggi dobbiamo senz'aluo tenere presente che lo spirito pubblicitario si è insinuato in ogni forma di comunicazione visiva. Wun Wenders, regisra udtsco Penso ad una comunicazione che, senza pretendere di essere una forma d'arte, non rinunci al sogno, alla sorpresa, all'ironia. Anna Maria Testa, creativa italiana


ritmo e la s[[uttura, ma anche e soprattutto perché ne caratterizza la fruizione, mizzandone, potenziandone l'efficacia comunicativa anche oltre il suo Stesso c nuto. Il mezzo è fonte di autorevolezza: è stato dimostrato che identici ann apparsi su testate diverse, ottengono gradi diversi di attenzione e di credito certo tipo di messaggio, pubblicato su riviste specializzate, otterrà molto prob mente una risposta maggiore, in termini di memorizzazione e di gradimento, se pubblicato su un settimanale popolare. Un annuncio di interesse sociale migliori possibilità di essere notato e preso sul serio se viene pubblicato da un tidiano piuttosto che espoSto soltanto su un manifesto. Una foto di alta moda derebbe di forza espressiva e di esclusività se passasse veloce e indistinta tra gl che affollano il piccolo schermo. Il passaggio di un messaggio da un media all'altro, dunque, contribuis introdurre variazioni e nella sua composizione e nella percezione che il pub avrà di esso a seconda dell'interfaccia a cui è affidato il compito di entrare in co ro con il pubblico. I:interfaccia del medium 'quotidiano', ad esempio, è il com so delle regole tipografiche che ne determinano il formato, l'impaginazione, le tegie di lettura e, ancora, dell'insieme delle idee collettive sul suo ruolo di ve serio, approfondito, di informazione. Mentre sul piano delle caratteristiche che, il quotidiano e il periodico hanno in comune più somiglianze che differ sul piano delle rappresentazioni sociali, non a tutti i settimanali viene attribu stessa autorevolezza e, di conseguenza, varia il livello della considerazione attr dai lettori a un certo tipo di messaggi pubblicitari. È necessario tenere sempre presenti le differenze tra categorie di diversi pro che condizionano le scelte pubblicitarie relativamente ai target da raggiungere immagini degli oggetti da pubblicizzare. In funzione di questi viene scelro i multimediale a cui affidare un certo messaggio. La grossa distinzione da fare prodotti di largo consumo e prodotti e1itaristiei (rutti gli oggetti dell'alta mod esempio, o alcuni modelli di automobili o di orologi) o molto specialistic esempio, nuovi farmaci o macchinari edili). Ciò non toglie che le contamina siano possibili anche [[a questi due ambiti di commercializzazione tanto di cosÌ, è possibile trovare in una pubblicazione specialistica per veterinari la pubb "country" dell'Amaro Montenegro, oppure il pallido riflesso in bianco e nero quotidiano di un trionfante e patinato oggetto "griffato" fotografato in tutto splendore sulle pagine di un settimanale eccellente. Nel campo della comunicazione orchestrata vanno ricordate le campagne di resse sociale, che appunto perché hanno bisogno di raggiungere il pubblico più e variegato possibile utilizzano l'azione integrata di tutti i mezzi a disposizione. Ancora, la visibilità di un manifesto, la più importante caratteristica di q interfaccia pubblicitaria, non ha l'autorevolezza del quotidiano, la mobilità e l

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sonalizzazione dell'interfaccia radio o la pregnanza suggestiva di uno spot. E così via. I rapporti tra media diversi si strutturano dinamicamente secondo gerarchie mutevoli nel tempo. Il ruolo privilegiato che spettava al quotidiano come fonte primaria e autorevole di informazioni, attualmente è stato conquistato dalla televisione, anche se è della stampa il compito di approfondire e articolare l'informazione. La comunicazione pubblicitaria segue lo stesso orientamento, affidando ai messaggi televisivi la funzione di contatto suggestivo con i telespettatori e rimandando agli annunci a stampa la funzione di una informazione più puntuale. Ad esempio, le recenti campagne pubblicitarie della pasta Bari/la prevedevano, insieme alla serie di spot improntati alla filosofia familistica di "Dove c'è Barilla c'è casa", brevi annunci televisivi in cui veniva presentata la proposta di un regime alimentare di tipo mediterraneo, costruito su un modello a piramide nel quale la pasta ha una presenza fondamentale. La piramide alimentare veniva commentata puntualmente dagli annunci a stampa, che dispongono di un maggiore spazio espositivo e della possibilità di una lettura più attenta. Nonostante tutto quello che ho scritto nell'ultimo paragrafo della seconda parte sui limiti della visibilità della pubblicità televisiva, la gerarchia attuale della comunicazione pubblicitaria affida ancora al mezzo televisivo un ruolo centrale, intorno al quale ruetano tutti gli altri mezzi. I pubblicitari chiamano "richiami" gli annunci pubblicitari che fissano su un suPPOrto mediale un frammento, in genere il più dinamico, dello spot di un prodorto. La sintassi del linguaggio utilizzato dallo spot penetra nella confezione di altri tipi di messaggi, e ciò indipendentemente dalla natura autonoma dei supporti mediali utilizzati: i frammenti visivi, l'uso delle scritte, dei colori, le dinamiche del movimento, la riproduzione del motivo musicale (nei comunicati radiofonici), non soltanto richiamano l'audiovisivo, ma sono costruiti come se fossero "frame", ovvero istanti di un telecomunicato. La pubblicità televisiva, dunque, per la centralità che riveste nel sistema della comunicazione commerciale, e per il rapporto di intimità comunicativa ed espressiva che instaura con il mezzo, influenza e condiziona i linguaggi pubblicitari adottati negli altri media. Cefficacia, la leggibilità dei messaggi pubblicitari veicolati da questi ultimi sembrano essere funzione della comunicazione audiovisiva che agisce, dunque, come matrice primaria di significazione. Il sistema della comunicazione pubblicitaria risulta, perciò, sempre più complesso, dinamico, interrelato. Lo è ancora di più se ci si sofferma ad analizzare altri due elementi di "aperturà' nel gioco degli intrecci e delle contaminazioni che caratterizzano la fruizione della pubblicità: 1) il rapporto tra la dimensione semietica del messaggio e quella del prodotto, e 2) l'articolazione multimediale e extramediale della pubblicità, soprattutto nell'ambito dei consumi infantili. 1) Tra l'immagine che il messaggio dà di un prodotto, le caratteristiche funzio-

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nali e qualitative di esso, e i tratti segnici che ne delineano l'identità si artico continui rimandi semiotici. Un prodotto è caratterizzato in primo luogo dal no dal logo, dal marchio, dal design, dalla confezione (packagini) , ma anche dal prezzo, dai punti vendita in cui viene diffuso, dall'immagine nazionale che po de. Tutti questi elementi parlano contemporaneamente dell'oggetto ptodotto ampliano la capacità comunicativa dall'istante in cui compare per la prima v sullo schermo a quello in cui viene prelevato dallo scaffale di un supermercato una boutique. Prendiamo ad esempio il caso del cognac Chivas RegaL Tutto di questo prodo dal nome alla scatola che lo racchiude, dal suo prezzo fino allo spor che lo es parla la lingua del prestigio, dell'esclusività. Che poi si rratti di un prodotto esc vo di massa che, ad ogni ricorrenza natalizia, riempie gli armadi bar di stimati fessionisti, è cosa che non intacca l'immagine di preziosità, di successo, di bella che si collega ad esso. "Illettering, il lago, l'eventuale marchio, rappresentano ulteriori segni conn tivi il nome del prodotto. [...]. Il prezzo, a sua volta, può anche metamorfosar una componente rilevante dell'immagine di un prodotto: si pensi, ad esemp tutti i prodotti di elevata qualità per cui il prezzo elevato costituisce un import avallo", commenta a questo propositO Fabris. Negli ultimi anni si è enormemente affinato ed esteso il senso estetico dei co matori: anche l'oggetto più banalizzato dall'uso richiede una certa dose di este Il consumatore è attratto fortemente da tutti gli elementi - colori, grafica, geom - che concorrono a determinare una certa immagine estetica di un prodotto, o ché di una precisa identità da offrire ai suoi gusti e al suo stile di vita. 2) Loggetto-prodotto articola intorno a sé una rete di segni e di significari ne declinano continuamente l'immagine e il senso. La rete si estende al di qua di là dello schermo, si condensa in tratti simbolici dentro e fuori il messaggi materializza nell'oggetto, nei suoi usi, nella miriade di altri oggetti che a quel collegano per riprodurne l'immagine, il significato. Pensiamo ai gadger che veng venduri insieme alla confezione del prodotto: da Coccolino ai personaggi d Sirenetta, dagli orologi delle squadre di calcio alle radio-palla. Oppure agli og che si possono ottenere con le raccolte di prove d'acquisto: mulini degli ar tovaglie ricamate, pentole di coccio, posate, giacconi impermeabili, zainetti, ecc un tripudio di oggetti che si fanno veicoli di pubblicizzazione dei prodotti di rappresentano l'immagine. Spesso i gadget hanno come destinatari i bambini, a volta veicoli di informazione pubblicitaria e canali di avvicinamento degli ad agli oggetti pubblicizzati anche attraverso le loro richieste. I bambini, cl' altra pane, sono ormai abituati a vivere il loro rappono con la televis come un continuo gioco illusionistico: lo schermO'prestigiatore rira fuori uno dopo l

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CYRANO

oggetti concreti dalle messe in scena televisive e cinematografiche. Non c'è canone animato che non invada ogni angolo di spazio comunicativo fuori dello schetmo, foss'anche una carta di cioccolatino o il laccio di una scarpa. I petsonaggi delle stotie amate dai bambini si moltiplicano, s'ingigantiscono o si rimpiccioliscono per entrare a rutti i costi in un qualche oggetto che li tiptOduca, camminano sulle scarpe, sulle magliette, fiumo bella mOStra di sé sui banchi di scuola, tra diari, astucci e canelle, appaiono in bagno tra gli spazzolini, in cucina tra le stoviglie, in cameta da letto tra le lenzuola, sul paralume, sulle pareti. Danno vita a mondi di carta come figurine. libri, fumeni. o di canone come ambienti teatrali, o ancota di plastica come pupazzetri da collezione. Questa clonazione di replicanti. questa invasione di ultracorpi SOttO le mentite spoglie di oggetti di uso quotidiano. rappresenta ormai una caratteristica dei consumi infantili. È l'ultimo rittOvatO del mercatO dell'immaginario, ptOdotto di largo consumo, e dei sogni formato famiglia. Difficile pensare di poter evitare la contaminazione rintanandosi nei rifugi di carta stampata odorosi di aula scolastica. Difficile porer pensare davvetO che i bambini confondano la realtà con la fantasia perché è saltato il confine tra ciò che è reale e ciò che è rappresentato. Al contrario, proprio perché il confine è saltato i bambini intuiscono che tutto ciò che si descrive è rappresentazione di qualcosa che esiste come tale perché qualcuno lo descrive. È come dire che sono anttOpologicamente e culturalmente ptOnti, grazie alla lotO frequentazione quotidiana delle tecnologie comunicative. ad accogliere l'idea che la realtà sia un insieme multiforme di rappresentazioni "paradigmatiche". le possibili alternative di punti di vista diversi, e "sintagmatiche", i frammenti che compongono un frammento più grande dotato di una apparente e momentanea autonomia. E se non credete neppure una parola di quel che ho scritto qui sopra correte a leggere il libtO + dischetto che, sempre in questa collana, Roberto Maragliano, esimio ptOfessore ordinario di Tecnologie dell'Istruzione, ha scritto sul sistema degli oggetti e dei consumi, reali e immaginifici, dei bambini di anni sei. S'intitola Esseri multimediali (a sua volta citazione e patOdia di Esseri digitali, il titolo del libtO di Nicholas NegtOponte, "guru" della nuova cultura dell'immaterialità elemonica e digitale), e forse lì troverete pane più provocatorio per i vostri denti scettici.

A

che gioco giocherete, o Teste Creative

IllibtO sta per finire: ipotizzando (perché mi fa comodo così, ma mi augutO che no) che non vi siate lasciati andare alla tentazione di leggerlo in modo ipertestuale, cioè non necessariamente lineare e sequenziale quindi non dall'inizio alla fine ma seguendo i richiami che vi "gitta dentro" la curiosità o l'esigenza del momento, è proprio arrivato il punto giusto per presentarvi in modo sufficientemente ampio il

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software che fa pane integrante del libro. Nelle pagine che seguono ne illu l'impianto e il senso, oltreché il funzionamento, in modo che possiare fin da s

farvi idea di quel che potete farci. Ancora meglio sarà se invece avrete dec

seguire, come da Prologo, il mio invito a leggere il testo in forma ipermediale

ché ipertestuale, coinvolgendo quindi libro e software insieme. Troverete, c ancora più gusto nell'usare entrambi. Ma sono cose che ho già detto, e no ragione di ripetermi.

Cominciamo dal primo punto: perché e come ben due dischetri sulla comu zione pubbliciraria.

Sul perché nel Prologo ho anticipato una serie di considerazioni che, mi

svolgano bene il compito di presentare la "filosofi" del software: le riprendo si camente sia per riassumere che per intrecciare nuovi

fili del ragionamento.

Il perché Teste Creative nasce dal presupposro che i messaggi pubblicitari siano

costellazioni di senso e che, per essere compresi ed eventualmente accenati, r

dono il coinvolgimento del fruitore, ovvero del suo interesse, del suo guSto e sue enciclopedie muIrimediali e multigenere. Certamente, quando un pubblic costruisce il suo annuncio ricorre a tutto il suo bel repertorio retorico per cos di un prodotro un'immagine univoca e ben definita. Ci mancherebbe, lo p profumatamente proprio per dare l'idea che quel prodotto sia esattamente

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CVRANO

appare nel comunicato pubblicitario. La cosa interessante, a mio avviso, è rilevare che per colpire l'attenzione e fare centro nella fiducia dello spettatore il pubblicitario deve mettere in campo non soltanto quel centinaio di forme retoriche che ha imparato a scuola, ma si deve sforzare di entrare in sintonia con l'universo di riferimenti conoscitivi ed esperienziali dei suoi interlocutori, giocando, come abbiamo visto, a tutto campo con il futto. A quel punto la palla passa alla testa del fruitore. Solitamente si crede, invece, che tutto il potere sia nelle teste creative dei pubblicitari e nei budget delle aziende che li foraggiano. Dunque, si afferma che i lettori o gli spettatori non possono far altro che subire passivamente gli effetti suggestivi e persuasivi prodotti dai primi. Nelle pagine precedenti, sono convinta di avervi messo a disposizione molto materiale teorico e numerosi esempi che contribuiscono a smantellare simili e diffuse opinioni al riguardo. lo, ovviamente contando anche sulle testimonianze degli autori che ho via via coinvolto nella riflessione, sono assolutamente convinta che senza l'adesione partecipe del fruitore non soltanto non scattino i famigerati meccanismi della suggestione e della persuasione, ma neppure quelli della percezione: nel senso che ciascuno di noi, proprio perché gli stimoli proposti sono esageratamente numerosi, è quasi costretto a selezionare quelli nei quali può proiettarsi ed identificarsi. Il fatto che questa adesione possa non essere del tutto consapevole e critica non deve portare alla conclusione che allora siamo resi passivi per il fatto che scegliamo senza saperlo. D'altra parte, se ci pensate bene, quelli che fra noi sono consumatori di libri o di film o di fumetti o di dischi o di quel che volete, attiva lo stesso tipo di meccanismo quando sceglie ciò che lo interessa. E quando poi si trova a cospetto dell'opera che ha scelto, se questa corrispon...: de alle sue aspettative, o come si dice in termini semiotici "al suo orizzonte di attese", si lascia completamente prendere e trasportare nel mondo che essa ha creato. Si lascia irretire dalla forza suggestiva della messa in scena, sia che si trovi a livello di "lettore empirico" sia che svolga il ruolo di "lettore critico" (tanto per condurre Eco con me fino alla fine). Quando ci lasciamo prendere da un'opera, quale che sia la sua natura, restiamo incastrati nell'intreccio tra le nostre intenzioni, quelle dell'autore, quelle dell'opera stessa. Dentro questo intrico agiscono i complessi meccanismi dell'adesione e dell'interpretazione. Capisco che estendere tali dotte concettualizzazioni a oggetti che già chiamare "opere" pare sacrilego, possa sembrare fuorviante ed eccessivamente eufemizzante, ma non posso davvero evitarlo: per quanto particolari possano essere e pet quanto diversi da un libro o da un film i messaggi pubblicitari ne condividono in buona misura la complessità di artefatti culturali impegnati nel gioco dell'interpretazione. Così come avviene per un libro o per un film, noi scegliamo esattamente ciò che corrisponde complessivamente al nostro stile di vita, ai nostri valori e alla nostra

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cultura. Se una certa signora casalinga decide di acquistare un certo tipo di cac na di cui ha visto il giorno prima la réclame in tivvù, non lo fa soltanto per stata suggestionata dal messaggio, ma per una serie di ragioni, tra loro intre strettamente, che la portano a svolgere una serie di ragionamenti e di valutazio fatto che le condividiamo oppure no è da questo punto di vista del tutto ininf te), dall'intteccio delle quali deriva il suo comportamento d'acquisto. D'altra siccome i comportamenti d'acquisto sono sistemi articolati di ra e valutazioni, non è detto che il fatto che si gradisca un certo m gio comporti necessariamente l'acquisto del prodotto pubblici lo, ad esempio, adoro gli spot della Levi, o della Coca C ritengo veri e propri oggetti di culto, ma normalmente acq altre matche di jeans e bevo poca Coca Cola, perché... ho turt serie di motivi per giustificare il mio comportamento, ma in questo contes sembrano del tuttO ininfluenti. Da quel presupposto fondamentale si snoda turto il libro. Siccome, pe chiave prescelta è di carattere semiotico ed estetico, liste Creative è finalizz coinvolgere l'utente non tanto nel suo ruolo di consumatore reale, ma piutto quello di interprete. Siete dunque chiamati ad usado mettendo in campo tu vostre competenze di fruitori e il vostro piacere di diventate ladri di... pubblic programma non vi insegnerà come interpretare correttamente un annuncio p citario, né a diventare dei creativi: in via indiretta forse anche un po' ques modo diretto e concreto vi permetterà di attivare Jjberamente rutti quei mecca dell'uso e del riuso che reggono il gioco della comunicazione pubblicitaria. Da bione di Giampaolo Fabris: "Naturalmente non è solo la metafora a suscitare q sorta di complicità, di ammirata attenzione: la citazione, l'ironia, lo humour, i pio senso, il calembour, la ricerca estetica, sono fra le moltissime altre possibili di quella compiaciuta attenzione e ammirazione di cui abbiamo detto". Lo scopo principale di Teste Creative è appunto quello di stimolare chi lo far emergere e ad amplificare la struttura reticolare e ipertestuale della comuni ne pubblicitatia, pattendo dal proptio patrimonio di gusti e pteferenze.

Il per-come Ora, come è costruito il programma per permettere di utilizzarlo a questo f Quando lo abbiamo ideato e progettato avevamo un vincolo fondame tutto doveva stare in non più di due floppy disc. E dato che suoni e immag movimento "rubano" uno spazio molto grande avevamo il grande problema d mettere dentro e cosa lasciar fuori, insomma non sapevamo cosa fare della p cità televisiva fatta, come ben sapete, di testi, suoni, immagini appunto in mento.

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Dovevamo scegliere: metterei un po' d.i rutro, riducendo il più possibile il peso eccessivo dei materiali audiovisivi, o ridurre il campo isolando un media e su quello investire il più possibile' Beh, dopo lunghe discussioni abbiamo preferiro la seconda ipotesi, morivandoia con l'esigenza di non privare l'utente della ricchezza di riferimenti, materiali, strumenti che sono necessari per navigare nell'universo pubblicitafiO.

CosÌ. abbiamo puntato la nostra attenzione sul media stampa, decidendo di lavorare sulla pubblicità "bidimensionale" Immagine/Scrittura. In quesro modo potevamo di cerro risolvere il problema economico dello spazio di memoria ma, allo stesso tempo, lavorare con più precisione alla definizione di un modello teorico ed operativo che, partendo da un handicap iniziale. fosse in grado di tenere COOto di tutta la ricchezza che per necessità era rimasta fuori del nostro orizzonte di lavoro. Cerco di spiegarmi. E' evidente che ogni media permette la produzione di forme e oggetti diversi e specifici, non riduci bili gli uni agli altri: un comunicato radiofonico ha caratteristiche e modalità comunicative molto diverse da uno spot o da un annuncio a stampa, e così via. Concentrare l'attenzione soltanto su una di queste forme significa non poter contare sul contemporaneo coinvolgimento delle altre. Con il programma voi potete fare un mucchio di operazioni sulla scrittura e sulle immagini ma non potete, per esempio, intervenire sulla dimensione sonora oppure dinamica (insomma, in questo campo qualcosina potete fare) di un messaggio. Si tratta certamente di un limite: radio e televisioni sono piene zeppe di pubblicità e voi non potete giocarci. Però, .. Perché non pensare di utilizzare le altre forme di comunicazione pubblicitaria come una gigantesca enciclopedia dalla quale ricavare stimoli, idee, soluzioni, alla pari dei film, dei fumetti, dei romanzi, dei programmi televisivi, etcetera? Visto che si parte dal presupposto che la pubblicità si nutre di tuttO quello - strumenti o contenuti - che volta per volta le serve, si può pensare di usare pubblicità sugli altri media come modelli o come metafore di annunci a stampa. Alla fine, l'aver ristretto il campo d'indagine permette però di amplificare enormemente le possibilità di uso e riuso dei mareriali pubblicitari. Bello, no? Ricapitolando: in llste Creative voi potete lavorare esclusivamente sulla pubblicità a stampa, assumendo eventualmenre gli altri modi (spot, annunci radiofonici, manifesti) come rete dalla quale pescare qualcosa che via via vi serva per sottolineare o rinforzare delle vostre scelte. Che so, per esempio. dusare una formula radiofonica per dare un certo stile colloquiale al vostro messaggio. pur se <Ca stampa". Scelro il media bisognava individuare il campo entro il quale organizzare le funzioni e i materiali a disposizione dell'utente. Il problema era: cosa mettere dentro al

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programma. visro che l'universo delle merci e delle proposre pubblicirarie sul m stampa sono praticamente infinite? Ntre lunghe discussioni. Alla fine, restringi restringi, la scelta è caduta s oggerto il cui medium preferenziale è proprio la srampa: la penna e. più in gen gli strumenti della scrittura manuale. Un'altra ragione di questa preferenz anche nel farro che lavorare sugli srrumenri della scrirtura nella pubblicirà a sr offriva una doppia possibilità di ricerca espressiva e comunicativa: giocare c scrittura sia sotto forma di immagine grafica che come contenuto. In questo m le possibilità di interpretazione e di trasformazione offerte all'utente aumenta ancora. Dato, però. che noi intendevamo fin da subito mettere in scena la pubb come grande mercatino del ci-usato, non volevamo utilizzare annunci relativi a dotti già esistenti, così abbiamo inventato appositamente un prodotto imposs in quanto assolutamente fuori tempo massimo: la penna d'oca. Partendo da totale astrazione, un oggetto così ci dava l'occasione di creare campagne sim nelle quali costruirne varie identità, rivestendolo via via di tutti quegli elem (nome, marchio, stile, target presunto, etcetera) che ogni volta servivano a ca rizzarlo in modo diverso. Per costruire le campagne simulate abbiamo ri-usat modelli. selezionari a loro volra dopo lunghi sfogliamenri di pagine di riviste. r vi a vari tipi di prodorri. La selezione era finalizzata a1l'individuazione di confi zioni nelle quali la scrittura, indipendentemente dalI' oggeno rec1amizzato, svo una delle due funzioni che prima ho ciraro. Dunque, riassumendo: in 'Ièste Creative voi potete lavorare partendo da ann a stampa simulati, riguardanti tuni la penna d'oca, inventati sulla base di annunci esistenti. Il gioco consiste sia nel guardare e analizzare le propost abbiamo costruito, sia modificare o produrre voi i vostri messaggi relativi penna d'oca oppure ad altri strumenti di scrittura o, ancora, se non vi basta, ad oggetti presenti in repertorio. Ma è arrivato il momento di descrivervi il programma e dirvi come funzion

Il come-funziona Un software ipertestuale è sempre strunurato a partire da una metafora c caratterizza sia il tipo di "navigazione" possibile, sia i modi di attivazione delle zioni. Che Teste Creative sia un iperresro è fuor di dubbio. Qual è. dunqu metafora che lo caratterizza? Anche questo argomento è stato fonte di lun approfondite discussioni. Dovendo servire fondamentalmente a due scopi, u analisi e di interpretazione e uno di trasformazione, ci siamo dibattuti tra due si: quella di costruirlo intorno al modello "caralogo". quindi sulle operazioni d gliamenro. confronro. lerrura. oppure sul modello "resta", quindi su quelle di

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pero di frammenti di memoria, associazione, elaborazione, produzione. Alla fine, discuti discuti, abbiamo deciso che adottarne una soltanto era limitativo e poco funzionale, quindi, dato che l'oggetto in questione, per sua natura, è aperto e fortemente "interattivo", abbiamo optato per una doppia metafora: appunto, il catalogo e la testa. Il primo rappresenta l'insieme degli oggetti già costruiti, il secondo il laboratorio nel quale disfarli e rifarli a piacimento. Il catalogo e la testa, perciò, sono allo stesso tempo, i due oggetti-ambienti principali attivando i quali voi potete compiere le operazioni previste dal programma. Ricapitolando, una volta fatto partire il programma, dopo il suo inizio e i titoli di testa voi vi ritrovate davanti ad una schermata che vi offre due possibilità parallele: o andare - cliccando sull'immagine che lo rappresenta - all'ambiente catalogo di modelli predisposti da noi, oppure - cliccando sull'immagine della testa (per chi non lo sapesse, si tratta di un frammento di un manifesto di Depero per Campari) - all'ambiente laboratorio di manipolazione. Trattandosi, come dicevo, di un ipenesto, è possibile, in ogni momento, passare da un ambiente all'altro, anzi è decisamente auspicabile perché, in questo modo, vi potete prendere dai modelli già pronti tutto quello che eventualmente vi serve, e portarvelo sul tavolo di lavoro per le modifiche del caso. A questo punto, però, permettetemi di seguire per qualche istante la logica lineare per spiegare meglio quello che succede. Andiamo quindi all'ambiente catalogo.

Il catalogo Dicevo sopra che si va in questo ambiente cliccando sull'immagine rosa con su scritto "PUB", che compare all'inizio. Una volta qui dentro voi potete sfogliare pagina per pagina, complessivamente sono 7, e fermarvi ad esaminare quella che vi interessa. Attenzione, lo sfoglia-pagina va soltanto, e progressivamente, da sinistra a destra quindi, se siete all'ultima e volete andare, che so, alla terza, dovete necessariamente ripassarle tutte. Scelto il modello che in quel momento vi incuriosisce, oltre che guardarlo potete attivare altre due funzioni di approfondimento. 1) Cliccando sull'icona della RAGNATELA, in alto a destra accanto alla pagina si apre una finestra di testo, nella quale trovate il commento a quella configurazione. Si tratta di un testo che analizza complessivamente la struttura, le scelte retoriche, lo stile del messaggio e mette in relazione tutti questi elementi con le caratteristiche presunte del prodotto, il target previsto, le relazioni con il messaggio matrice. Oltre a quello generale sono presenti altri testi associati a singoli oggetti che compongono il modello. Quali sono questi oggetti lo sapete nel momento in cui attivate la ragnatela: sono tutti quelli che vibrano e fanno un rumore come una

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molla tirata. Cliccando direttamente su ciascun elemento nella ragnatela com testo a cui è associatO.

2) Cliccando sull'icona DIAPOSITIVA, al posto della ragnatela compa "striscia" di pellicola fotografica nella quale è riprodotto l'annuncio pubbli originale. Oltre a quello, per ciascun modello sono presenti almeno altti due esempi di pubblicità appartenenti o alla stessa campagna dell'originale, op pubblicità diverse scelte, come vedrete, sulla base di associazioni analogiche.

visualizzare l'ingrandimentO di ciascuno di questi esempi cliccando sopra la duzione piccolina. Per ragioni economiche legate alla memoria dei dischetti stato possibile, purtroppo, realizzare ingrandimenti fotografici di dimension giori: di conseguenza alcuni particolari non si vedono granché. Perdonate non è colpa nostra. Tenete presente un'altra cosa, questa volta legata invece alle limitate dime dello schermo e quindi al pericolo che si sovrappongano troppi oggetri: non è bile visualizzare contemporaneamente il modello, i commenti e gli esempi. O

date insieme il modello e il commento, o il modello e gli esempi; quindi, se

fare il confrontO tra il commentO e gli esempi dovete passare, ogni volta, attr le icone relative. Anche qui, abbiate pazienza e buon lavoro. Restando nello stesso ambiente avete a disposizione alcune altre funzioni:

• • • • •

la possibilità di stampate (icona TIMBRO), quella di ingtandite il modello (icona TELA), la consultazione della bibliografia (icona LIBRI), una guida per l'uso (icona PUNTO DI DOMANDA), e, naturalmente, l'uscita dal progtamma (icona PORTA). In basso a sinistra c'è un'altra icona moltO importante: è quella che vi per

ogni volta che volete, di spostarvi nell'ambiente-laboratOrio. Eccoci dunque a

al Tavolo di lavoro

Seguendo il percorso che ho ricostruitO fino a qui, ci siamo spostati nel l tOrio cliccando sull'icona SCHIZZO ma, come dicevo prima, si può anche a

direttamente dalla prima schermata, cliccando sull'immagine della bella te Depero.

A questO puntO avete a disposizione un mucchio di possibilità, elenca menù di icone in fondo. Vediamole una per una. Icona CATAlOGO: serve per tornare in ogni momento ai modelli già pro

Icona CARTELLA: cliccandoci sopta la cartella si "apre", sulla destra

schermo compare un sottomenù che vi permerre di gestire i materiali pres memoria, ovvero di riprendere i files già salvati (icona busta con la freccia in

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e di mettere in memoria i vostri lavori (icona busta con la freccia in dentro), salvan-

doli dando loro un nome. Oppure potete stampare quello che volete (icona TIMBRO) o, ancora, far parrire come salvaschermo una vostra animazione (icona MACCHINA DA PRESA). Infine, cliccando sulla gomma si ripulisce il piano di lavoro di rurro quello che eventualmente lo ingombra e che. perciò non vi serve più. Icona MACCHINA FOTOGRAFICA: apre la sezione più imporrante delle attività dellaborarorio. Esaminiamo meglio tutte le funzioni e gli strumenti a vostra disposizione per operare le trasformazioni.

Quando cliccate sulla macchina forografica, sempre sulla destra dello schermo compare un sottomenù che vi permette di compiere varie operazioni. Per comodità le divido in due grosse classi: \) il riuso dei modelli, 2) l'accesso ai reperrori.

\) Parrendo dall'alro: le prime rre icone vi danno la possibilità di fare le seguenti cose:

cliccando sulla prima vi porrare sul piano di lavoro rulli gli oggelli del modello che avete scelto, eventualmente per introdurvi variazioni (ad esempio, sposra-

menti, modifiche dei testi, dei colori, animazioni, ercetera). Considerate che

potete spostare e modificare ogni singolo elemento di un modello; cliccando sulla seconda richiamate il formar del modello che vi interessa, eventualmente per riusarlo con altri oggetti e altri testi; cliccando sulla terza potete confrontare il format del modello che volete con un modello base. Dal confronto è possibile passare a tutti i cambiamenti che vi vengono in mente.

2) Proseguendo verso il basso trovate l'icona SCHEDARIO. Cliccando su questa potete accedere ai materiali in repertorio, cioè sfogliare, cercare e

prendere quello che interessa tra le seguenti classi di oggetti: a) immagini, a loro volta divise per temi; b) marchi e laghi; c) slogan, anche questi divisi per genere. Per quanto riguarda questi ultimi, voi potete passare da uno all'altro e quando trovate qualcosa che vi può servire potete temporaneamente portarlo sul J

piccolo "blocco note" bianco in basso. Già qui potere modificare a vostro piacimento il testo, altrimenti cliccate sulla frase e questa comparirà direttamente sul piano di lavoro.

Anche per turri gli altri oggetti vale la sressa regola: basta cliccarci sopra e ve li ritroverete sul tavolo. Infine, per concludere con il sorromenù a cui si accede tramite l'icona MAC-

CHI A FOTOGRAFICA, le ultime due icone le conoscete già: lo SCHIZZO vi ripona all'ambiente di montaggio, il CATALOGO ai modelli.

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Vediamo adesso tutti gli strumenti che avete a disposizione per effettuare

sformazioni. Intamo considerare che turri gli oggerri grafici (immagini e loghi sono essere spostati nello spazio di lavoro. eIa ingranditi

O

rimpiccioliti. tan

deformarli. Addirittura il fondo coloraro può essere modificaro, per esemp sformandolo in una riga. Torniamo adesso al menù principale, quello con le icone in fondo allo sche Con la GOMMA cancellare un elemenro per volra (nell'alrro caso pulire r piano di lavoro). Con l'icona FOGLIO cambiare il colore dello sfondo. Con l'icona ALFABETO modificate il ripo e il colore dei cararreri degli el

ti testuali. Però tenete presente una cosa: mentre si possono modificare i ca anche singolarmente, non si può cambiare il colore di una singola lettera: i StO caso cambia colore tutta la parola.

Con l'icona TELA avere l'ingrandimento del vostro lavoro. Con l'icona CLAK SI GIRA, e qui viene il bello, potere realizzare delle a zioni da utilizzare sia come prove di laboratorio nel corso del lavoro, sia come schermo (che si arriva, lo ricordare?, aprendo la cartella e cliccando sulla MAC NA DA PRESA). Qui non vi sro a spiegare come si fanno le animazioni,

perché è facilissimo, secondo perché è davvero divertente scoprirlo da soli fa un po' di prove. Vi dico soltantO che si possono far muovere più oggetti. sia gini che parole scritte. Una sola raccomandazione: il gioco è divertente e r possibilità sorprendenti, ma non crediate di essere negli studi della Disney.

Prima di chiudere

Spero di essere stata abbastanza chiara nelle mie spiegazioni (vi prego di c che descrivere il funzionamento di un ipertesto supponendo che l'interlocuto sappia minimamente cos'è è davvero difficile), e di avervi così offerto elem informazione tali da aiutarvi a capire cos'è liste Creative e cosa ci si può fare. lo ho fatto quel che potevo, il restO, sono sicura. ce lo metterete voi, in forse maggiore di quantO siamo stati in grado di immaginare noi. Confido g mente sul vostro piacere di mettervi in gioco e buttarvi dentro la cosa senz paura. Non c'è da fare cose giuste o sbagliate, da imparare nozioni o da usarlo modo soltanto. C'è soltanto da provare e riprovare, ogni volta per scoprire quello che avreste potuto inventarvi la volta precedente. Allora, teste creative, datevi da fare. Giocate e leggete, leggete e g Divertitevi e fatemi sapere che cosa pensate del libro. e quello ch combinato con il programma a voi intitOlatO. Penelope vi saluta con affetto.

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EPILOGO

Ma lasciarsi ingannare, dicono, è una sventura. Anzi, non lasciarsi ingannare è la più grande delle sventure. Erasmo, Elogio della pazzia


IL TEMPO

DEI RIPENSAMENTI

Una vocazione davvero cannibalica quella della televisione che manda in onda uno contro la televisione a favore delle favole raccontate da un adulto! Paradossi e potenzialità di un mezzo di comunicazione tanto complesso da potersi permettere il lusso di metacomunicare anche sui suoi stessi limiti.

SpOt

Un gruppetto di bambini dai 6 ai lO anni, seduti sul divano, è sprofondato nella visione ilota e silenziosa di un cartone animato. Arriva il nonno. sorridente e comprensivo, e li invita a spegnere la TV per seguire una delle storie che è intenzionato a leggete dal libro delle favole. "C'era una volta", dunque, "una principessa che...". E i bambini, finalmente recuperari alla realtà meravigliosa della narrazione orale. si emancipano dal potere passivizzante e rincretinente della televisione. Ora, a parte il fatto che forse ai realizzarori dello spor non è mai capitaro di vedere i volti iloti e silenziosi di bambini che ascoltano storie narrate da un adulto. ci pare che un messaggio di questo tipo rappresenti bene le difficoltà di contatto tra

i due mondi: i bambini rapiti dallo schermo non parlano all'adulto, l'adulto non si affaccia allo schermo per condividete almeno un frammento della loro espetienza di telespettatOri. el modo in cui è stato confezionato il messaggio si rispecchia l'ansia e la cattiva

coscienza degli adulti. Ansia per le temute conseguenze sullo sviluppo affettivo e cognitivo di un attaccamentO troppo forte e continuo dei bambini alla televisione. Cattiva coscienza per la funzione. troppo spesso immotivatamente affidata alla tele-

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visione. di baby-sirrer gratuita e immensamente gradita. Da ciò la scelta di a ad una figura ibrida come un nonno. insieme persona di famiglia e baby-si compito di salvare i ragazzini dalla TV Il nonno rappresenta, dunque, il recu una importante funzione pedagogica. quella della narrazione di storie come o ne di immersione in una dimensione immaginaria che si ritiene alimentata p l'ascolto che dalla visione. Una funzione pedagogica certameme fondamema oggi difficilmente proponibile come unico antidoto al presunto isteriliment fantasia infantile a causa della eccessiva ftuizione televisiva. Proprio per questa ragione il messaggio, che assume un valore antonom del conflitto vissuto dagli adulti tra la televisione e il libro, risulta inadeguat ché si fonda sulla contrapposizione irriducibile tra l'universo della comunic audiovisiva della televisione, da una parre. e l'universo della comunicazione della narrazione orale e scritta della pagina stampata, dall'altra. Nella sua funzione esemplare la storia del nonno Tusitala rivela l'insuff delle riflessioni del mondo adulto sulle caratteristiche delle tecnologie comun che complicano il quadro degli strumemi cognitivi a disposizione dei bam oggi. Si dice solitameme che la televisione attema irreparabilmeme alla vira d e uccide la capacità immaginativa. Non conosciamo i fondamenti teorici e mentali sui quali si basano queste affermazioni. Non sappiamo nulla delle felici in cui i bambini godevano della sorrideme disponibilità di adulti racc vale, e di quando cibavano la mente dei sani e raffinati cibi afferri dai libr sappiamo nulla della televisione perché non la si vuole conoscere, e poco o dunque, si sa delle modalità e degli stili di apprendimento che essa sviluppa n vanissimi fruitori. Non si tratta, dunque. di stabilire i primati di una tecnologia intellett un'altra soltanto affidandosi alla tradizione: libro contro schermo. lettura visione. narrazione orale contro flusso audiovisivo. Si tratta di capire che i tra una tecnologia e l'altra sono meno stabili e invalicabili di quanto si sia ab pensare. e che. in ogni caso, non si possono applicare indifferentemente all logiche e le pratiche dell'altra ritenuta fondame. Della televisione si dice ch ruttO diversa dal libro, salvo poi applicare alla TV lo stesso schema logico e stico di stampo tipografico, per cui si parla di testo, di lettura, di comprensi distanziamento critico. E si conclude che, poiché la televisione non è nulla d questo, è soltanto un ostacolo alla conoscenza affidata al testo scritto. La re bile principale, insieme a tutte le altre forme attraverso le quali si arricolano ture giovanili, della difficoltà del fare scuola. Le cose non sono così semplici, perché se è vero che la televisione non è è anche vero che le sue modalità di comunicazione sono caratterizzate da un ra ibrida, che unisce aspetti chiave della recnologia della parola scritta ad

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EPILOGO

chiave della tecnologia della parola orale. Abbiamo già visto, parlando delle caratteristiche della lingua pubblicitaria televisiva, come in essa convivano lingue diverse nelle quali sono presenti sia elementi di oralità (la tidondanza, la volatilità, la circolarità del fluire insieme paratattico e ipotattico del discorso), sia elementi di scrittura (la trasmissibilità dei testi, la linearità, la serialità, la sequenzialità, l'organizzazione preferibilmente ipotattica del discorso). Nella pubblicità, la parola parla insieme alla parola che scrive, la scrittura si unisce alle immagini per associazioni di carattere metaforico, le immagini scrivono una storia oppure si susseguono o s'intrecciano, si perdono e si ritrovano come un refrain, una musica si perde e poi si ritrova nella serialità. nella ripetizione del già sentito. del già visto. E in innumerevoli altri casi la parola, la scrittura, l'immagine, la musica, "scrivono" e "parlano". Sempre di più queste caratteristiche multimediali. intralinguistiche delle forme pubblicitarie e televisive si ritrovano nelle forme della cultura di massa, soprattutto se rivolte ai giovani. Si ritrovano dappertutto fuorché nella scuola, nella riflessione e nella pratica didattica. Da ciò l'estraneità della scuola nei confronti di tutto quello che intacca l'ordine e le gerarchie dei suoi saperi, dei suoi linguaggi. Da ciò la difficoltà dei bambini e dei giovani ad assumere come propri i linguaggi monologici della scuola, a separare ciò che nella loro esperienza è ormai inscindibilmente unito. Riflettere sulle modalità di acquisizione del sapere come se fosse pubblicità significa confrontarsi con molti ripensamenti: sui soggetti che trasmettono conoscenza; sui soggetti che apprendono, entrambi portatori di culture diverse e spesso contrastanti; sugli oggetti della conoscenza. Una triade che rispecchia, nelle articolazioni del patto comunicativo, quella pubblicitatia tta pubblicitario, prodotto, consumatore. Andiamo a ripensare. Primo ripensamento: il tempo dei saperi. Le culture di massa, in cui i giovani, nel bene e nel male, navigano come pirati intelligenti ed esperti, hanno cicli di vita brevi e convulsi, proprio come quelli dei prodotti da vendere. Si consumano, si ripropongono, si trasformano, come mode, secondo disegni di un mercato sempre più attento, sempre più in sintonia con schegge di immaginario condiviso, nel quale confluiscono fantasie mitologiche, interessi scientifici, desideri di evasione e di esplorazione, voglia di gioco e di leggerezza. Il mercato realizza, anticipa, convoglia, articola i frammenti di sapere che i soggetti sentono, con il corpo e la mente, di possedere o desiderare. Tutto è lì. a portata di orecchio e di occhio, di cuore e di pensiero. Passato l'attimo. tutto può disfarsi e scomparire, e il gioco è pronto a ricominciare in un altro campo. Si pensi alla invasione dei dinosauri, all'entusiasmo e all'interesse che hanno provocato, alla passione che hanno acceso nei giovanissimi in particolare, ma anche tra gli adulti in generale. Un universo intero è stato rein-

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ventata, messo in scena in mille forme, sollevando domande, animando giochi mentando un immaginario collettivo incerto e dubbioso di sé e del mondo. patrimonio enorme di conoscenze e di fantasie si è accumulato nelle teste dei ra zini, capitalizzato in un innumerevole serie di oggetti) di visioni. Una ricch incalcolabile accumulata per gioco è rimasta loro esclusivo patrimonio, e improvvisa come si è formata può disperdersi da un momento all'altro, e i dinos

scomparire di nuovo, lasciando il poSto ad altri meravigliosi eroi: Aladd Jasmine, la scimmietta Abu e l'imprevedibile Genio, ad esempio, personaggi di nite nuove avventure, scoperte, fantasticherie. Insieme ad Aladdin, dopo di lui,

ha riempito i sogni, i giochi, gli interessi dei bambini? Dal Re Leone ai P

Rangers, dai Bikers Mice a Pocahontas è stato ed è tuttO un fiorire di riferim immaginari e reali per i nostri ragazzini, e quelli che siamo in grado di citare soltanto alcuni dei "volumi" della loro enciclopedia multimediale senza confi loro saperi sono mobili, disinteressati, caotici e ricchi allo stesso tempo, come i

giochi. Anche il sapere diventa un gioco da ragazzi, solo che li si lasci liberi di e rare a loro modo il mondo. La scuola può partecipare al gioco? Se sì, può sosten chiedendo loro ciò di cui hanno bisogno, seguendo i loro tempi, condividen

loro piacere. Altrimenti) può soffermarsi ad osservarli) attenta e curiosa, ripens alla consistenza dei saperi di cui è depositaria. Cercare il senso di interessi spontanei, condivisi, consumare i saperi che le c re di massa mettono a disposizione invece che tramandare stancamente i saper dizionali alla ricerca disperata dei loro punti fermi, dei loro fondamenti ontolo sempre più sfuggenti, sempre più costosi, in termini di fatica e di tempo, diventare un primo oggetto d'indagine dell'attività di trasmissione culturale.

Secondo ripensamento: il mescolamento dei saperi. Sempre più le culrure di m presentano le cararrerisriche che ho iUustraro a proposiro della pubblicità. Le n

generazioni vivono immerse in un ambiente cognitivo dai confini incerti. le lingu saperi attraversano orizzontalmente e verticalmente spazi e tempi di una fruiz veloce e multiforme. Difficilmente questi saperi possono essere soneposti alle pra

didattiche tradizionali e dunque riordinati in schemi, gerarchie, ravole compara fatti oggetto di procedure di comprensione distaccate e incontrovertibili. Un libro di narrativa di consumo (questa classe, comprensiva di generi fino giudicati non letterari, è sempre più difficile da istituire) raramente oggi è solt

un libro: come minimo sarà anche un film, oppure un'immagine di copertina, citazione pubblicitaria oppure un storia narrata in un programma televisivo. C minimo, perché un libro può vivere mille vite e comparire improvvisamente, g

alla influenza reciproche dei media, alla ribalta del successo e deUa fama. Per rip dere il caso deUa sroria de La lampada di Aladino, può capitare che il ponde

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EPilOGO

testo originale (della cui precisa identità, d'altra parte, potranno essere certi forse soltanto alcuni scrupolosi arabisti) trovi improvvisamente, grazie al film disneyiano, una sua collocazione editoriale di consumo fuori dei circuiti tradizionali di distribuzione: una edizione economica di questa storia può essere reperita direttamente in edicola, al modico prezzo di mille lire. Cerramente il successo della storia "originale" non sarà lo stesso dellibro-sceneggiarura che narra la storia del film. Cerramente, oramai uno non può esistere senza l'altro, entrambi non possono esistere senza il cartone animatO. Si tratta di una tendenza generalizzata. La moltiplicazione delle interfacce a cui si affidano le storie tesse una trama intertestuale che apre un testo ad innumerevoli sue articolazioni. Il patto interpretativo che unisce l'aurore al suo modello di lettore ed entrambi alla molteplicità dei lettori reali diviene il luogo degli incontri con le "traduzioni" e le trascrizioni subite dal testo, un patrimonio interpretativo che il lettore porta in dote nella sua attività di lettura. La contaminazione e il sincretismo plasmano le mille facce dell'esperienza di fruizione delle produzioni multimediali. Il livello massimo di permeabilirà si produce nell'ambiro della produzione rivolta all'infanzia. Luniverso di queste esperienze si presenta come inc1assificabile: superata ogni barriera di linguaggio, di appartenenza a un genere o ad una specifica tecnologia comunicativa, le culture infantili e giovanili si strutturano in un rimescolamento velocissimo e inarrestabile di forme in perenne stato di reciproca contaminazione. Lo schermo televisivo è al centro di tale ragnatela comunicativa e, come in un interminabile spot, in esso convivono forme alte e forme popolari della cultura, intrecci tra i linguaggi, trasposizioni continue di generi. Un personaggio dei fumetti diventa il protagonista di un film, un cartone animato diventa un fumetto, una raccolta di figurine, una compagnia filodrammatica di pupazzi, un gioco da tavola oppure un videogioco. E infatti, dopo Aladdin è arrivato e se ne è andato il Re Leone, dopo aver conquistato col suo regno di storie e di gadgets i territori dell'immaginario infantile. E a sostituire il Re Leone (mentre il suo ricordo continua ad essere alimentato dal film in videocassetta e da un fondamentale videogioco) è infine giunta Pocahontas, accompagnata da intere genie di piccole indiane coraggiose raccontate da innumerevoli libri, infinite raccolte di canti degli Indiani d'Ametica, folle di piccoli procioni e bulldog di peluche, scaffali di mocassini, cinture, parrucche dai lunghi capelli neri, canoe, libri, bambole, diari. E pseudo-Pocahontas simil-Walt Disney. E raccolte di punti per percorrere insieme a Pocahontas, ai suoi amici e a merendine ben poco naturali, i "Sentieri della natura" attrezzati con la tenda o il gilè stile indiano. La parola, come nella pubblicità, è insieme voce, musica e scrittura. L'oggetto libro perde il suo valore di bussola culturale per assumere forme nuove e interconnesse all'intero sistema della comunicazione multimediale. E così scrive Alberto

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Abruzzese in un saggio intitolato "Sfigurare il moderno": "Insisdamo a co preliminarmente la formazione non nel senso oggettivamente restrittivo di zione scolastica o qualificazione tecnica e professionale ma nel senso ben pi rale e fondante di formazione dell'individuo; costruzione di mondi; cost dell'identità personale; produzione di sistemi comunicativi e simbolici neces metabolizzazione individuale e collettiva dei traumi del mutamento; definiz un sistema di regole e credenze per l'orientamento dell'azione sociale. Così c ta, la formazione non può essere interpretata in modi distinti né dalla prod di fiction, giochi. divertimento, né dalla produzione di informazione, perc questi ambiti, queste zone. appartengono a un'unica costellazione di pratich ficami e simboliche, grazie alle quali il soggerto ha modo appumo di 'form stesso". (Vedi bibliogtafia, alla voce A. Piromallo Gambatdella) Se questo è il quadto, si pone il problema di quale consapevolezza ne a scuola e quali disponibilità nutta vetso l'apettura delle sue fromiere tipografi ricchezza e la complessità multi e iper-mediale delle quotidiane esperienze i per quanto possa apparire caotica, approssimativa, volgare, dovrebbe tradursi ricchezza proprio per l'attività didattica. Ripensare la partizione dei saperi scolastici, congelati nelle separatezze d nari, nelle capitolazioni dei libri di testo, nelle forme linguistiche codificare, be essere un secondo oggetto, intrecciato strettamente al primo. di indagi funzione didattica.

Terzo ripensamento: i saperi dei soggetti. Gli individui, quale che sia il lo lo d'istruzione, il loro status sociale e professionale, sono portatori di c espressione delle loro esperienze personali e del loro essere patte imegram coscienza collettiva del proprio tempo. Il ritmo "cardiaco" della coscienza co batte in sintonia con le trasformazioni tecnologiche che, ad ogni istante sto permettono di ristrutturarsi. di mutare il proprio rapporto con gli oggetti, sformare i saperi. Lanicolazione tecnologica della coscienza collettiva del nostro tempo l sempre più estesa, flessibile, dinamica. Le culture di massa esprimono la co sità, anche la confusione, della coscienza collettiva. Gli individui sono sem più chiamati a costituirla utilizzando un numero sempre più grande di ma soprattutto comunicative, che permettono loro di interagire con gli altri dui, di modificare gli oggerti della loro esperienza, moltiplicandone le p d'uso, gli stili fruitivi. A pensarci bene. tutte le macchine comunicative dis no potenzialmente di questa capacità di emancipazione. La stessa vitupera visione fa di ciascuno un cittadino del mondo. sollevandolo dalla sua soli dai suoi stessi limiti culturali. "Oggi, anche un operaio", parola di o

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EPILOGO

"quando viaggia si aspetta di trovare ambienti confortevoli, buoni cibi, onestl trattamenti. Li pretende". Il rapporto con la televisione produce nel telespettatore un atteggiamento di controllo selettivo, una reazione di difesa percettiva. Ciascuno attiva il suo intuito, consulta la sua enciclopedia, ftutto delle sue conoscenze e delle stesse ptatiche della fruizione. Non è facile come si crede ingannare il telespettatore, così come non è facile ingannare il consumatore. "11 sistema televisivo rappresenta la fase avanzata di un tessuto sociale in cui la relazione tra uomini e cose ha raggiunto una ricchezza, ma anche una complessità, esponenziali. Non c'è funzione di potere che i media possano adempiere o vivere senza attraversare la sostanza più profonda degli elementi della comunicazione: produzione di identità e credenza a mezzo di oggetti che costituiscono veri e propri universi simbolici. La capacità tecnica della televisione è stata quella di 'affondare' nelle radici stesse dei desideri umani attraverso una presenza costante e capillare nella vita quotidiana", scrive ancora Abruzzese nel saggio poco sopra citato. 1 dispositivi tecnologici, sempte più diffusi, disponibili, accessibili, facilitano il rapporto con le cose, fondano un nuovo potere di artigianato cognitivo. I confini tra l'io e il mondo, tra il soggetto e l'oggetto della conoscenza, sono continuamente tidisegnati dall'intetazione con le macchine comunicative. 1 bambini, figli della TV, sono i detentori di questo nuovo potere. Lo schermo è la consolle comandando la quale esplorano il mondo. E lo schermo è un articolato e complesso ponte di comando: è, insieme, come schermo televisivo, teatro della messa in scena del reale, come terminale informatico il luogo delle avventure ludiche di formazione attraverso i videogiochi e la videoscrittura. Lo schermo televisivo può interagire con altre macchine - videoregistratori, hifi, videocamere, lettori compact, ecc. - I bambini che hanno la disponibilità di questi mezzi dispongono di molti sapeti, di molte abilità. Sono saperi e abilità in buona parte creati da loro stessi manovrando gli oggetti attraverso l'uso delle macchine. I bambini, i giovani, sanno disporre di questo potere, la loro frequentazione degli schermi dà loro una naturale consapevolezza che l'oggettività del reale non esiste, e che la realtà è il prodotto, fragile ed evanescente, dei rispecchiamenti tra gli schermi. La distanza tra questa istintiva coscienza e l'apparente stabilità, eternità, dei saperi scolastici non potrebbe essere più grande. Si pone dunque il problema di capire se e quanto la scuola riconosca i saperi e la coscienza di essi che i giovanissimi posseggono. Ripensare l'identità culturale, psicologica, dei barobini, il bagaglio delle abilità e delle competenze che la scuola richiede e promuove, anche e soprattutto in funzione dei saperi e delle loro forme posseduti dai bambini, costituisce un terzo oggetto, ovviamente legato ai primi due, di riflessione sui fondaroenti e le pratiche della didattica.

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L'ipotesi generale che sostiene questO mio lavoro è espressa più che sint

mente dal collegamento teorico espresso dal sottotitolo: La pubblicità e il ipertestuale. In questa ottica, la pubblicità assume un pieno valore di metaf della conoscenza e della sressa realtà oggetto di conoscenza. Si presta bene, l'h

anticipato, a fare da modello e da laboratorio per sperimentare e costruire i del sapere non più basati soltanto sull'autorità presunta dei testi. Così come la blicità è un sistema articolato e complesso che presume la cooperazione attiva sul piano affettivo sia sul piano conoscitivo ed esperienziale - degli individui c essa s'imbattono, così il sapere ipertestuale prefigura forme e procedure di c zione della conoscenza fondate sull'esperienza concreta, sulle memorie e le co tenze personali, sull'adesione interessata e partecipe al processo di individuazi "tessitura" degli oggetti cognitivi, sulla libertà di seguire ritmi e stili personali. Certo, essendo enormi i dubbi e le critiche che alimenta, assumere la comu zione pubblicitaria come modello è rischioso ed inquietante, ma è anche quan

più necessario per rifondare i rapporti degli adulti con i giovani e i bambini, e adulti con se stessi. Per trovare o ritrovare il piacere della scoperta, il desiderio

dentificazione e del contatto, il gUSto del dubbio e della critica.

Penelope siamo noi, impegnati tutti come lei, ciascuno per se stesso e in agli altri a disegnare il senso e le direzioni del nostrO cammino, i sogni e i b della nostra esistenza.

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libropiĂš 1 Roberto Maragliano Esseri multimediali. Immagini del bambino di fine millennio

2 Omelia Martini Tele di Penelope. La pubblicitĂ e il sapere ipertestuale

3 Stefano Penge Storia di un ipertesto. Leggere, scrivere, pensare in forma di rete.

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