MATERIALI MAGAZINE L A I C O
L I B E R T A R I O
R I F O R M A T O R E
“
SE TUTTI LAVORASSERO PER IL PROPRIO PANE E NIENTE PIU', CI SAREBBE ABBASTANZA CIBO E TEMPO LIBERO PER TUTTI, I NOSTRI BISOGNI SI RIDURREBBERO AL MINIMO, IL NOSTRO CIBO SI SEMPLIFICHEREBBE. ALLORA MANGEREMMO PER VIVERE ANZICHE' VIVERE PER MANGIARE M.K. GANDHI
”
Antologia 2009 ♦ 2012 a cura di Paolo Allegrezza e Paolo E. Cretoni
MM edizioni
MATERIALI MAGAZINE
1
2 MATERIALI MAGAZINE
MATERIALI MAGAZINE L A I C O
L I B E R T A R I O
R I F O R M A T O R E
Antologia 2009 ♦ 2012 a cura di Paolo Allegrezza e Paolo E. Cretoni
MM edizioni
MATERIALI MAGAZINE
3
materialiriformisti.blogspot.com (web master P.E. Cretoni) Contatti materialiriformisti@gmail.com materiali@me.com su you tube il canale di materialimagazine it-it.facebook.com/materiali.riformisti Hanno scritto su Materiali Magazine paolo allegrezza, paola cimino, paolo emilio cretoni, franco paolinelli, alfonso pascale, antonino saggio, franco scarnati, pier paolo segneri, daria simonetta Progetto grafico federica volpicelli
4 MATERIALI MAGAZINE
INDICE
A sinistra Craxi e mani pulite (29.12.2009) Roma: classe dirigente cercasi (4.6.2010) Caro PD: la costituzione si può cambiare (11.06.2010) Liberi da Repubblica (15.06.2010) Ed, David e l'Italia (30.09.2010) Numeri e PD (30.12.2010) Ma ci si può alleare con Di Pietro? (5.1.2011) Dai verdi tedeschi segnali anche per noi (8.4.2011) Dalla paura al polo della responsabilità (14.05.2011) L'assenza di una vera sinistra radicale (28.05.2011) Il Pd sta con Draghi o con i socialisti europei? (19.06.2011) L'alternativa non è tra Blair e Jospin (12.07.2011) Non c'è nessuno spettro che si aggira per l'Europa (17.07.2011) La verginità di Bindi e Vendola (30.07.2011) Scene di quotidiano populismo (3.8.2011) Il liberismo è di sinistra se (11.08.2011) Il sogno del riformista (17.8.2011) Il paradosso radicale (2.2.2012) Fine degli alibi (22.2.2012) Roma e l'euromediterraneo (16.09.2012) Matteo Renzi: il volto e la maschera (17.09.2012) Regione Lazio: marziani a Roma (20.09.2012) Roma non ha bisogno di icone (27.09.2012) Scambi di altri tempi (5.10.2012) Roma non si muove (per il Pd) (17.10.2012)
13 13 15 16 17 18 19 20 21 25 26 27 28 29 29 30 31 31 33 34 35 38 41 42 43 MATERIALI MAGAZINE
5
Eco Meritocrazia (31.12.2009) Politica ed economia (3.1.2010) Tassare le rendite: voci dal socialismo europeo (31.1.2011) Simulazioni di patrimoniale (4.2.2011) Nucleare no grazie. E poi ? (30.5.2011) Mezzo pollo a testa (11.06.2011) Per gli Usa il problema non è il debito (25.7.2011) Idee per Roma. La Urban green line (10.1.2012) Acque torbide (20.2.2012) Te le do io le olimpiadi (14.2.2012) Quer pasticciaccio de nome Acea (26.5.2012)
Scuola Scuola, Italia (5.2.2010) Scuola, Italia 2 (12.2.2010) Una nuova scuola? (14.2.2010) Più autonomia, più qualità? (17.2.2012) Scuola, Italia 3 (19.2.2010) Sull'università (2.1.2011) Scuola. Numeri utili (3.1.2011) Scuola. Numeri utili 2 (22.1.2011) Tutta colpa del '68? (12.3.2011) I riformisti e la scuola (4.4.2011) La Scuola italiana e quei maestri dimenticati (12.4.2011) Sulla difesa della scuola pubblica. Un discorso di Calamandrei (15.4.2011) Abravanel: parti uguali tra disuguali? (2.8.2011) Sulla scuola chapeau al Pd (3.6.2012) Scuola: altro che 24 ore (25.10.2012) Quindicenni italiani nei test PISA: si può fare di più (28.10.2012) 6 MATERIALI MAGAZINE
49 49 50 51 53 54 55 56 57 59 60
65 65 66 66 68 69 71 72 74 76 78 79 81 82 83 85
Visti, letti A serious man (3012.2009) Il libro di Morando sui riformisti del Pci: una recensione (23.07.2010) Due letture di "Canale Mussolini" (13.9.2010) Quei geniali creativi dell'Oulipo (11.11.2010) La letteratura dell'osceno (9.12.2010) Contro Piacentini (14.12.2010) Alternative editoriali (10.2.2011) Il "Diario" di viaggio dei Red onions (14.3.2012) PPP in salsa sado maso (6.7.2012) Una storia (faziosa) d'Inghilterra di Chesterton (9.7.2012) Un sogno di libertĂ : il 1647 a Napoli secondo Villari (17.8.2012) Leggendo Infinite Jest (21.8.2012)
89 89 95 99 101 102 103 104 106 106 107 109
Maestri Mario Paggi (10.3.2010) Riflessioni sulla lettera di Meneceo a Epicuro (24.3.2011) LibertĂ : una definizione (28.3.2011) Bianchi o Capitini? (19.4.2011) Walter Binni (26.4.2011) Danilo Dolci (22.5.2011) Sinistra e lucida follia? (7.6.2011) Zevi liberalsocialista (25.3.2012) Contro Croce (11.5.2012) Omaggio a Filippo Bettini (31.7.2012)
115 117 121 122 123 124 124 125 126 126
Religione aperta Fede e politica (26.02.2010) Cristianesimo riformista? (17.3.2010)
131 131 MATERIALI MAGAZINE
7
Radcliffe (10.05.10) Dalla creazione allo Ior (6.6.2010) Matthew Fox. Un cristianesimo senza peccato (1.4.2011) Woitjla: un po' di controinformazione (4.5.2011) Innamorati dell'Islam: un'esperienza monastica nel deserto (2.6.2011) Paola Concia, la sua compagna e l'Avvenire (8.8.2011) Per una religione aperta (5.3.2012) Cartoline eretiche (30.5.2012) John Main e il mantra cristiano (15.7.2012) PietĂ verso gli animali (20.7.2012) Testimoni della non violenza: Toyohiko Kagawa (24.7.2012) Giovanni Pioli: non violenza, anti militarismo, religione aperta (28.7.2012) Uriel da Costa: le radici della religione aperta (4.8.2012) Eretici: la "realtĂ nuova" di Tartaglia (14.08.2012) Riformatori religiosi: Luigi Trafelli (8.8.2012)
8 MATERIALI MAGAZINE
132 133 135 136 136 137 138 140 140 141 141 142 142 143 144
MATERIALI MAGAZINE
9
10 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
11
12 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
C
visti, letti
scuola
eco
Craxi e mani pulite Da sottoscrivere le parole di Paolo Franchi sul Corriere di oggi: "Craxi di errori ne commise anche di gravissimi, ma sulla natura della rivoluzione che ne decretò la morte politica, che tutto fu fuorché liberale, qualche ragione l'aveva". Intanto, Di Pietro minaccia Napolitano che (forse) riceverà al Quirinale rappresentanti della Fondazione Craxi che hanno organizzato un convegno. Proprio oggi si torna a parlare del lodo Maccanico del '93, uno degli sfortunati tentativi di evitare la distruzione del sistema politico (prevedeva la sospensione dei processi e della prescrizione fino a fine legislatura). Il Pd per ora, su questi temi, non è pervenuto. pa 29.12.2009
MATERIALI MAGAZINE
13
religione aperta
maestri
Roma: classe dirigente cercasi E’ ora che i riformisti battano un colpo nella capitale. Finora le uniche letture critiche del “Modello Roma” sono venute dal fronte della sinistra tradizionale. Contributi seri che, però, rimangono nei limiti delle vecchie ricette anti-mercato e pubblico-centriche. Avanti di questo passo la prossima candidatura alle comunali 2013 rischia di essere egemonizzata da Vendola e Di Pietro. Il Pd, da parte sua, naviga in pessime acque, con il segretario regionale Mazzoli (dalemiano) dimissionario e in corso la solita guerra tra gruppi. Servirebbe un salto di qualità che scaturisca da un’analisi senza rete delle luci e delle molte ombre del
settennato veltroniano. Tuttavia, non si vede all’orizzonte nessuno in grado di volare alto. Non i vari Gasbarra, Zingaretti, Montino, Marroni, stretti tra la difesa dei propri interessi di ceto politico (indicativo il rifiuto alla discesa in capo dei primi due in occasione delle recenti regionali) e il ridotto appeal. Qualcuno ricorda un editoriale sull’Unità, un’intervista non banale, una presa di posizione non paracula di uno di questi esponenti del Pd romano? Anche il migliore del gruppo, Nicola Zingaretti, non si distingue mai dal birignao piacione alla Rutelli. Per questo a molti è sembrata tutt’altro che peregrina l’accusa di viltà lanciatagli dal sindaco di Firenze dopo la sconfitta della Bonino. Il settennato veltroniano ha fatto tabula rasa della politica, sostituita da un’accorta gestione degli eventi. E ora nessuno sa da dove ripartire. Eppure le condizioni per pensare ad un nuovo progetto ci sarebbero tutte. Il consenso della destra appare tutt’altro che solido, come ha dimostrato la sonora smentita subìta in aprile da Alemanno, mentre tutte le questioni più importanti rimangono aperte. A cominciare dalla mobilità, vera emergenza per chiunque voglia misurarsi con il governo della capitale; proseguendo con la fondamentale questone urbanistica (stop al consumo di suolo), per non parlare dell'ormai drammatica questione ambientale che vede ancora in alto mare una seria raccolta differenziata. Ma ci vogliono scelte coraggiose e anti corporative, lontane anni luce dalla sciagurata mediazione messa in atto da Veltroni nel 2006 con i tassisti. Servizi di livello europeo e meno macchine in circolazione. Una missione che necessita di una classe dirigente. pa 4.6.2010 14 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
15
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Caro PD: la costituzione si può cambiare La retorica sulla Costituzione migliore del mondo sta dilagando. E attecchisce soprattutto nel Pd. Che alla barbarie berlusconiana si debba rispondere con la sindrome da vestali della Carta, tuttavia è assai opinabile. Che poi valga la pena avviare una faticosa operazione di riscrittura della prima parte, per la quale sarebbe necessaria l’elezione di una Costituente, è tutto da dimostrare. Ma perché difendere a priori principi che l’evoluzione liberale del sistema ha dimostrato essere inapplicabili? Il sospetto è che tale difesa ad oltranza faccia il paio con l’adesione all’altra vulgata che dai primi anni ‘90 ha messo solide radici nel centrosinistra. Ci riferiamo al mix di uninominale maggioritario, premierato modello Westminster, primarie per la selezione dei candidati, confermato anche dall’ultima assemblea nazionale del Pd. Né sembrano esservi le condizioni per un dibattito aperto su questi temi, come sarebbe auspicabile. Niente editoriali sull’Unità, né convegni o appelli. Dopo un bel convegno organizzato nel luglio 2008 da Italianieuropei, il nulla. Certo, è più glamour sfogliare la margherita di Santoro o accapigliarsi su massoni e Opus dei. Il silenzio di D’Alema, sostenitore in minoranza del modello tedesco, è tanto indicativo quanto poco condivisibile. Anche perché se non si apre una battaglia politica su temi come questi, riguardanti i principi fondanti di un futuro sistema politico, cosa resta? Il sostegno a Boccia alle primarie pugliesi? pa 11.06.2010
Liberi da Repubblica E’ dalla conclusione del compromesso storico (1979) che la sinistra italiana porta la croce di Repubblica. Da allora è stato un susseguirsi di esami, suggerimenti non richiesti, bocciature clamorose: dall’innamoramento di Scalfari per De Mita, al feroce antisocialismo degli anni ‘80, all’apologia mariosegnista dei primi ‘90, ai siluri contro Amato nel 2001, al sostegno a Rutelli prima e a Veltroni poi. Senza mai azzeccarne una. Repubblica è un Manifesto di successo, senza però l’aristocratico distacco dal potere di Rossanda e dei suoi. Il punto è: cosa dovrebbe fare il Pd per liberarsi di questo fastidioso moscone? Innanzitutto, non tirarsi indietro e rimandare la palla nel campo avversario, punto su punto. Lo ha fatto, purtroppo stancandosi presto, D’Alema nei giorni scorsi. Ci sono prese di posizione che aiutano a costruire l’identità più di tanti discorsi. Perché non mettere a punto una strategia di comunicazione che impegni i giovani leoni democratici in campo (Renzi, Serracchiani, Civati, Amendola) a rispondere giorno per giorno ai santoni di piazza Indipendenza ? Santoni che nel frattempo hanno fatto proseliti in video, egemonizzando con Dandini, Floris, Santoro la “narrazione” televisiva della sinistra. Una chiave comunicativa potrebbe coincidere nello sfilargli l’arma del nuovo, facendoli apparire come i cantori di un progressismo ormai del secolo scorso. Per fare tutto ciò, però, ci vorrebbe un giornale. L’Unità, ad esempio, qualora smettesse di scimmiottare indovinate chi? pa 15.06.2010 16 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
17
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Ed, David e l'Italia Ed Miliband ha 41 anni ed è il nuovo leader del Labour party. E’ stato scelto con primarie alle quali si può partecipare solo con il supporto di almeno 33 parlamentari perché in Inghilterra l’opposizione si fa in parlamento più che sui giornali. Quando era una giovane promessa non ha mai fatto numeri simil Serracchiani la quale pochi giorni fa, con sprezzo del ridicolo, si è proposta in un futuro ticket con Vendola. Il fratello sconfitto, David (45), ha inviato una lettera alla sua constituency di South Shields nella quale ha annunciato la volontà di non assumere incarichi nel governo ombra. David d’ora in poi si dedicherà allo studio della politica internazionale e alla rappresentanza del suo collegio elettorale. David si è messo disciplinatamente al servizio del suo partito, né sembra voglia dare vita a fondazioni o organizzare correnti. Il confronto con i nostri leader è ingeneroso e forse inutile. Ma poiché gli esseri umani hanno gli stessi pregi e difetti a tutte le latitudini, c’è da ritenere che la ragione della differenza tra italiani ed inglesi sia da ricercare nella politica più che nell’antropologia. Finché non avremo un sistema istituzionale (quello inglese da noi è inesportabile, al contrario del tedesco) efficiente che funga da tagliola nei riguardi degli sconfitti, dovremo rassegnarci al trionfo dei personalismi. Insomma, ci dovremo rassegnare a leader scon-
fitti che pretendono di dare la linea o ad auto candidature (lo statuto del Pd esclude Chiamparino dalla gara) noncuranti delle poche regole che ci sono . Da noi nessuno può pronunciare parole come queste di David: “Any new leader needs time and space to set his or her own direction, priorities and policies. Ed needs a free hand but also an open field”. Semplicemente perché non vi è nessuna buona ragione che gli renda conveniente pronunciarle. pa 30.09.2010 Numeri e PD I numeri aiutano a capire la realtà? Secondo noi sì. Viene da chiedersi perché il Pd sia percepito come partito "vecchio". Una ragione c'è ed è molto diversa da quanto sostenuto dai rottamatori, per i quali la colpa sarebbe dei
dinosauri ex comunisti. Un'indagine dell'Osservatorio del Nord ovest del 2008 documenta come il 66,3% dei disoccupati, il 68% dei giovani lavoratori, il 69,8% dei lavoratori autonomi preferisce votare per la destra. Al 18 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
Pd rimane la metà dei garantiti del settore pubblico e privato, rispettivamente il 46,4% e il 47,3% e la metà dei pensionati, il 48,1%. Gli occupati in Italia sono 22.978.000 (Ricolfi). A tempo pieno 14.627.000, a tempo parziale 2.273.000, 6.079.000 sono indipendenti (Istat). Il problema del Pd è che riesce ad attirare una parte soddisfacente ma non maggioritaria dei garantiti e poco, molto poco dall'altra parte. I metalmeccanici in Italia sono 1.624.66 di cui il 40,8% costituito da impiegati (Federmeccanica). La Fiom ha 363.559 iscritti al 2009 (Fiom). Forse non è lì che il Pd deve guardare se vuole risalire la china dei consensi. (Dati, Istat, Fiom, Luca Ricolfi, "Illusioni italiche) pa 30.12.2010
MATERIALI MAGAZINE
19
religione aperta
maestri
visti, letti
Ma ci si può alleare con Di Pietro ? Qualche riflessione sparsa dopo la lettura della biografia di Di Pietro di Filippo Facci. Appartamenti e macchine procurati da amici, prestiti restituiti dopo anni senza interessi, consulenze legali per la moglie, l'incredibile trattamento soft concesso a Pacini Battaglia in piena mani pulite. Tutta roba per la quale Di Pietro è stato assolto in sede di indagini preliminari a Brescia. Ciò che colpisce è la serie di giravolte politiche di cui diamo qualche esempio. Il voto a Forza Italia nel '94 e i successivi contatti con Berlusconi e Previti nella primavera del '94 per fare il ministro, utilizzando Antonio D'Adamo (quello dei prestiti, plurindagato) come suo intermediario. Un anno prima aveva pronunciato la famosa frase riportata da Borrelli. "Io quello lo sfascio", riferita a B. L'avere dichiarato (pri-
mavera '96) di non voler fondare un partito e (elezioni 2008) di voler formare un gruppo parlamentare unico con il PD. Sappiamo com’è andata a finire in entrambi i casi. L'uomo d'ordine che nel '91, unico fra i magistrati milanesi rifiuta di aderire ad uno sciopero indetto dall'Anm, quindici anni dopo rimane folgorato dalle ragioni della Fiom. L'ambientalista anti nuclearista e ambientalista di oggi che nel '96 si intestava la paternità del progetto Ponte sullo stretto. Si potrebbe continuare. La domanda allora è: un compagno di strada del genere può essere accettato in nome della sconfitta di B.? pa 5.1.2011 Dai verdi tedeschi segnali anche per noi La notizia è che i Verdi sono diventati il primo partito tedesco. Attualmente stimati al 28%, contro il 23% dei socialdemocratici e il 30% dei cristiano - sociali, renderebbero teoricamente possibile la nascita di una coalizione di sinistra dagli equilibri opposti rispetto a quelli sperimentati alla fine degli anni '90. La buona notizia per i riformisti è che non conquistano consensi spingendo il pedale sul pedale delle vecchie bandiere di sinistra, da noi tanto care al duo Vendola - Fiom, ma presentandosi come campioni di pragmatismo. I Verdi di oggi, lontani parenti dei Grunen un po' fricchettoni e anti capitalisti dei decenni scorsi, si fanno sostenitori di una via eco compatibile al mercato che riesca a coniugare profitto e ambiente. Come negli esperimenti urbanistici di Berlino o Friburgo, divenuti potenti fattori di attrazione e modello per altre città europee. Una futura giunta riformista ro20 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Dalla paura al polo della responsabilità Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di rabbia e paura. Questa condizione è comprensibile. La grande trasformazione socio-economica, tecnologica e politica che stiamo vivendo a livello globale implica che salga l’età media della popolazione, aumenMATERIALI MAGAZINE
21
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
mana, ad esempio, lì troverebbe ottimi spunti. Dove governano dimostrano che si può essere ambientalisti e non apocalittici, sostenendo la crescita grazie al forte investimento sulle rinnovabili che nel 2050 potrebbe portare a soddisfare l'80% del fabbisogno energetico tedesco. Favorevoli all'Europa, non considerata lo strumento degli appetiti del capitalismo finanziario, la vorrebbero provvista di quella gamba politica che alcune cancellerie europee vedono come il fumo agli occhi. Favorevoli, soprattutto, ad interventi umanitari volti a fermare le stragi di civili e lontani dal pacifismo ideologico ancora parzialmente in voga da noi. In più sono un partito organizzato, con i loro meccanismi di selezione della classe dirigente, lontani dall'essere un movimento personalistico, alla maniera italiana. Insomma, vuoi vedere che dietro il sole che ride spunta un nuovo riformismo utile a tutta la sinistra europea ? pa 8.4.2011
tino le novità in tutti i campi del vivere civile, crescano i problemi ambientali, si allontanino le aspettative di sicurezza e di status promosse dalla pubblicità ed introiettate negli anni del benessere pagato dallo Stato con il debito e, sopra ogni cosa, esploda l’immigrazione. Tutti questi, e probabilmente molti altri, sono fattori ansiogeni e determinano, come ha detto Giorgio Bocca, spaesamento. Alcuni sanno gestire questa condizione meglio, per molti altri diventa rancore, ostilità, rabbia ed a volte cieca violenza. Altri la elaborano tentando di rifugiarsi nella sicurezza dei simboli, come se i vetri scuri del finestrino o degli occhiali potessero isolare il possessore dalla realtà e conservare le sue illusioni di status. Sono stati d’animo vissuti, più o meno, intensamente, in ogni ambito della vita civile, diventando, a loro volta fattori di stress nella vita quotidiana, nel traffico, allo sportello, alla riunione condominiale. Questo stato d’animo privo di fiducia, speranza o fede in un futuro migliore porta a scegliere politicamente chi propone il no, la chiusura, il rifiuto di un progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo. Costoro, nella difficoltà di percepire la portata delle trasformazioni in atto, vedono le Istituzioni, le componenti della società civile che, bene o male, cercano di gestire i difficili processi in atto, come nemiche. Non ne colgono, dove c’è, il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit cui fare fronte con tasse o tagli. Quindi, politicamente, oltre al no scelgono chi irride i portatori di responsabilità, chi si fa un baffo del rigore e delle norme civili. Esaltano, infatti, il modello dell’io prima degli altri, dell’interesse personale come unica risposta alle difficoltà della 22 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
23
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
comunità. Il codice del Polo della Responsabilità dovrebbe essere alternativo a tutto ciò. Il suo cuore dovrebbe, infatti, essere nell’intuire le dinamiche di scala superiore e nel partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, quindi, nel saper vedere le esigenze della comunità oltre quelle individuali. Quanto detto dovrebbe spingere i portatori di responsabilità, quale che sia il loro partito politico di riferimento, a porsi in un’ottica di guida dei processi di alternativa alla paura, al rancore, al prelievo o al danno ambientale come forma di compensazione e vendetta. Ma, vivere questa consapevolezza e non lasciarsi trascinare dalla paura non è facile. Persistere in un atteggiamento di fiducia e responsabilità, quale che sia la propria posizione, nelle Istituzioni, nelle Imprese o nelle Professioni, quindi, tenere le maglie della comunità, assorbendo gli stress prodotti dai problemi esistenti e dalle reazioni alla paura dei problemi stessi non è da tutti. Infatti, la scala e l’idea stessa di assetto sociale possibile non sono ancora evidenti. La società utopica è difficile da immaginare, non è affatto chiara la sua fisionomia tecnologica, culturale, sociale e politica. Inoltre, mentre l’assetto possibile e necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali, la scala della lotta politica è ancora nazionale. Peraltro, a questa scala molte delle realtà sociali la cui inclusione era il fine dei progressisti di ieri, oggi difendono interessi costituiti e questo chiedono di fare ai loro rappresentanti. Le loro organizzazioni tradizionali ed i loro leader si trovano, quindi, nella condizione contraddittoria di richiamarsi a valori progressisti e difendere al contempo interessi consolidati e spesso
corporativi. Gli interessi d’inclusione dovrebbero essere espressi dagli immigrati, ma le capacità di dialogo tra questi e le forze politiche è ancora molto scarsa. Quindi, non è facile avere la lungimiranza necessaria a vedere l’evolvere fisiologico del processo di costruzione dell’assetto possibile. Non è facile mettere in atto la tenacia necessaria a sopportarne i tempi, conservando l’impegno della sua edificazione. Coerentemente, l’immagine del progressista responsabile non va di moda quanto è andata in decenni addietro, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono perlomeno un profitto d’identità, quindi, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica. In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti. Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS chi riesce, comunque, a metterla in atto ed accettarne consapevolmente il carico, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura ed a chi persegue, opportunisticamente e spesso vigliaccamente, il solo, brevi mirante, interesse personale. I primi, infatti, sono chiamati a farsi carico dei problemi vissuti e determinati dai secondi e dentro o fuori dalla politica, meglio o peggio, lo fanno perché è nel loro codice bio- culturale farlo. Sarebbe, quindi, giusto e necessario promuovere la consapevolezza della qualità del loro impegno e delle difficoltà che vivono, perché solo da questo dato può partire un aumento dell’efficienza della loro azione. Evidenziare le condizioni attuali e diffondere la consapevolezza delle oggettive difficoltà esistenti potrà, inoltre, contribuire a costruire l’immagine di chi si presta al compito. Potrà appagarne l’ego, comunque bisognoso di conferme. Peraltro, sarà solo la sicurezza pacata e lungi24 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
L'assenza di una vera sinistra radicale Vi è nel '900 una grande tradizione di pensiero che ha ispirato la sinistra radicale. Il '68 è stato da questo punto di vista una vera fucina filosofica. Foucault, Deleuze - Guattari, Tronti e Negri nei '60 - 70, Agamben, Virno, Negri Hardt oggi, sono esempi, disordinati invero, di una proMATERIALI MAGAZINE
25
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
mirante dei pochi pensanti ad attrarre i molti che cercano un modello da imitare. Sarà la loro superiorità intellettuale e morale a catalizzare il consenso necessario a costruire la società possibile. Poiché il Governo, quando c’è e dove c’è, è sempre espressione dei “migliori”, non interessati al profitto meschino, ma capaci di visioni di lungo respiro. Certamente, non sarà la rissa isterica, né la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti politici che potrà riportare attenzione alla Responsabilità ed ai suoi valori. Detto ciò è evidente come denunciare la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcezze del Re, sempre più nudo, non porta chi vive nella paura a scegliere la costruzione della comunità. Anzi, produce altro stress, altra ostilità e conferma le scelte del no, alimenta i modelli della chiusura e dell’interesse individuale. Avviare, invece, il processo di acquisizione di consapevolezza, evidenziare lo STATUS dei portatori di responsabilità, darà le basi perché chi ha questa forza e queste caratteristiche accolga e sposi il progetto necessario per costruire la società possibile. L’uomo, o la donna, giusti, arriveranno solo quando questa consapevolezza si sarà diffusa. fp 14.05.2011
fondità di pensiero non discutibile. Il movimento no global aveva tentato di riprendere quel filo, ma poi tutto si è perso, sfilacciato nel corso dell'ultimo decennio. In Italia prevale invece il grillismo, una poujade estranea allo spirito anti borghese e anti autoritario di quegli autori. Non a caso nell'ultima campagna amministrativa sono risuonati da quelle parti accenti omofobi e razzisti. Vendola, da parte sua, alterna l'evocazione dell' "altrove" alla pratica stanziale del governo e del rito televisivo. Riteniamo che sia questo corto pensiero, questa mancanza di "nomadismo" nel senso deleuziano, a rendere ininfluente la sinistra che rifiuta la prospettiva riformista. Sinistra di cui vi sarebbe, invece, bisogno. pa 28.05.2011 Il Pd sta con Draghi o con i socialisti europei ? Forse ha ragione Alfredo Reichlin quando, in un articolo sull'unità del 19 giugno, sostiene che le amministrative, e in parte i referendum, ci hanno consegnato un nuovo partito democratico. Non più percepito come un incidente della storia (vi ricordate il refrain della fusione a freddo?), ma soggetto politico su cui finalmente investire. La leadership di Bersani trae la sua piena legittimazione sul campo, laddove non l'avevano conquistata in tanti prima di lui. E poi chi oserà mettere in discus26 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
L'alternativa non è tra Blair e Jospin Non si sente proprio il bisogno di una riedizione della discussione anni '90 tra jospiniani e blairiani. Leggendo il Riformista (meritorio promotore del dibattito) di questi giorni sembra invece essere tornati indietro di un decennio. Oggi non è possibile riproporre né la ricetta tardo welMATERIALI MAGAZINE
27
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
sione che il segretario di un partito del 29% non debba essere il prossimo candidato alla P.d.c.? Di fronte a questa evoluzione degli eventi stride ancora di più la frammentazione presente nel campo riformista: il Psi che non riesce a superare percentuali minime, così pure i Radicali. Entrambi non si potrebbero mai presentare ad elezioni politiche nutrendo la minima speranza di superare il quorum. Ciò vale soprattutto per i socialisti i quali, come ricorda spesso Macaluso, non possono pensare di esistere come forza residuale. E' venuto il momento di fare un salto di qualità unitario, per tutta la sinistra riformista. Se non ora quando? Rimane solo un "piccolo" problema all'orizzonte del Pd che prima o poi andrà sciolto. Attestarsi nella difesa del Draghi's consensus, con tutto il corollario che ne consegue, oppure impegnarsi in una strategia anti Bce in nome degli investimenti pubblici e, aggiungiamo noi, di vecchio, caro tassa e spendi ? In questa direzione va il recente appello dei socialisti europei firmato, tra gli altri, da Bersani e D'Alema, ma certo non condiviso da chi, come Enrico Letta, dichiara di concordare senza riserve con l'analisi dell'ormai ex n. 1 di Banca d'Italia. pa 19.06.2011
farista alla francese, né il liberismo neo tathcheriano che ha fatto le fortune di Tony. Il primo non è sostenibile alla luce della crisi globale, il secondo presuppone interventi su sanità e scuola da noi francamente inimmaginabili. La rotta economica del Pd, Sel e Di Pietro lasciamoli alle loro comode posizioni jospiniane, non può prescindere dal rigore e dal rispetto dei moniti finanziari provenienti da Bruxelles e dalla Bce. Dove siede un Ciampi's boy e allievo di Modigliani come Draghi, non un affamatore del popolo. Un giusto mix di riforme anti corporative (ordini professionali), liberalizzazioni (energia,autostrade, trasporti), riduzione del peso dello stato (province, uffici territoriali di governo e banca d'Italia), welfare a favore dei giovani. pa 12.07.2011 Non c'è nessuno spettro che si aggira per l'Europa Anche il sole 24 ore, dopo il documento firmato da Amato e altri "amici dell'Europa", rilancia la proposta di emissione di bond europei anti crisi. Il che è sufficiente a far esultare chi, come il network per il socialismo europeo critica la subordinazione del PD alle logiche mercatiste della Bce. Magari si potesse ricondurre il tutto ad una nuova manifestazione spietata del capitale, contro cui organizzare l'opposizione. La logica della globalizzazione è, però, lei sì, maledettamente brutale. E ci dice che il problema non sono solo gli speculatori e gli avidi banchieri, ma i sistemi poco efficienti, come il nostro, che non reggono più. E allora viene la parte più scomoda di quel decalogo del Sole: pensioni a 70 anni, privatizzazioni, aumento rette universitarie, abolizione del valore legale del 28 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
titolo di studio, liberalizzazioni. Tutte cose che la sinistra conservatrice (Fiom + Sel) vede come il fumo agli occhi. I conti tornano sempre? pa 17.07.2011
visti, letti
scuola
La verginità di Bindi e Vendola I nuovi moralizzatori, Bindi e Vendola, dovrebbero essere più attenti quando puntano i ditini accusatori. Posto che sia vera la versione fornita da Bindi sulla campagna elettorale veneta dell'89: soldi provenienti da amici e associazioni cattoliche, rimane il piccolo particolare della candidatura in una lista che aveva come capolista Andreotti. Non Dossetti o Lazzati. Riguardo a Vendola: chi nominò Tedesco assessore alla sanità nel 2005, pur in presenza di un evidente conflitto di interessi visto che era in affari nel settore? pa 30.07.2011
MATERIALI MAGAZINE
29
religione aperta
maestri
Scene di quotidiano populismo Se si vuole un esempio di cosa si intende per populismo giustizialista, basta leggere l'editoriale di Paolo Flores D'Arcais sul Fatto di oggi. I dirigenti del Pd vi vengono addirittura descritti come oggetto del disprezzo dei loro elettori disposti, per di più, a votarli sempre meno. La catastrofe, però, non sembra così imminente e non serve essere militanti del Pd per rilevarlo. I democratici, oltre ad avere vinto le amministrative, sono dati dagli ultimi sondaggi tra il 29 e il 30%. Nessuno nega la gravità del doppio scandalo Pronzato - Penati, né il profilo a dir poco
evanescente del Pd, ma serve a qualcosa invocare il grande rogo purificatore? Solo a preparare il terreno alla destra, come dimostra la storia italiana degli anni '90. Populismo giustizialista, quello dei sacerdoti del Fatto. Populista perché evocatore di una mitica spinta dal basso portatrice di moralità contro la corruzione del ceto politico, giustizialista perché non si accontenta di considerare i magistrati funzionari dello stato indipendenti dalla politica (anche quella d'opposizione) per definizione, ma come i protagonisti dell' "Altra Italia". Con tanto di benservito ai tanto evocati principi liberali. pa, pec 3.8.2011 Il liberismo è di sinistra se Anni fa Alesina e Giavazzi pubblicarono un piccolo, prezioso libro in cui chiarivano nozione ed effetti del liberismo. In questi giorni di crisi economica andrebbe ripreso. Tira, infatti, un'aria di restaurazione a sinistra che non produrrà nulla di buono. In Inghilterra, Francia, Germania, i socialisti europei sembra che vogliano recuperare il loro deficit di identità rispolverando il vecchio keinesismo. Che, come dimostra l'esperienza di Obama, di fronte ai nuovi assetti dell'economia globale non funziona. In Italia men che meno, dove i privilegi corporativi, l'elefantiasi del settore pubblico e la sua inefficienza, la scarsa libertà del sistema rendono la torta sempre più esigua. E allora, se non c'è più niente da redistribuire, ci vorrebbe una forte 30 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
iniezione liberista il che non vuol dire affatto dare ai ricchi togliendo ai poveri. La vendita degli asset pubblici, le liberalizzazioni, la riforma degli ordini professionali, della tassazione, del welfare, produrrebbero effetti opposti. Creare ricchezza da destinare a chi ne ha veramente bisogno. Ma c'è bisogno di coraggio nel dire anche cose sgradite alla propria constituency. pa 11.08.2011
Il paradosso radicale Perché i radicali non riescono ad avere un consenso elettorale pari alla forza delle loro idee? E' uno dei paradossi della politica italiana, la presenza di un soggetto politico in MATERIALI MAGAZINE
31
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Il sogno del riformista Un amico ci ha mandato una mail raccontandoci un sogno. Una finanziaria che contenesse poche, sensate misure. Un tetto per i super stipendi pubblici e per le indennità di deputati e consiglieri regionali, l'abolizione delle pensioni per parlamentari e consiglieri regionali, il divieto di cumulo per le pensioni pubbliche, il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'abolizione dell'otto per mille alla Chiesa cattolica (1 miliardo di incasso l'anno quando i preti diminuiscono) e delle esenzioni fiscali, l'abolizione delle province, del finanziamento pubblico a partiti e stampa, la privatizzazione della Rai, delle municipalizzate, la patrimoniale con esclusione della prima casa, un prelievo sugli scudati. Poi si è svegliato. E si è trovato davanti il Pd. pa 17.8.2011
grado di cogliere in anticipo scelte di governo e soluzioni ma non in grado di andare oltre il 2%. C'è voluto il governo Monti per dimostrare la bontà di ciò che i radicali vanno dicendo da qualche decennio: liberalizzazioni, riforma del mercato del lavoro, abolizione del valore legale, amnistia. Persino l'articolo 18, un'antica bestia nera del rapporto tra i radicali e la sinistra, ormai vede registrare ampi consensi sull'impostazione di una ormai lontana e isolatissima proposta referendaria. Una risposta può essere legata al capitale di credibilità dissipato da scelte sbagliate, di impatto fortemente negativo sull'opinione pubblica: dalle candidature Negri e Staller, alla sciagurata apertura di credito al Berlusconi liberale del '94 - 96, all'incoronazione di Capezzone. Sarà il vittimismo, l'eloquio stereotipato, l'allergia all'autocritica? Di là degli errori commessi negli anni, i radicali raccolgono sicuramente meno di quanto meriterebbero, così la contrapposizione tra il buono (Bonino) e il cattivo (Pannella) non spiega tutto. Un tentativo fu fatto nel 2005 con la Rosa nel Pugno, presto naufragata in beghe leaderistiche. Da allora molto ripiegamento identitario e qualche geniale incursione nel campo avversario (i 9 parlamentari strappati al Pd nel 2008). E intanto il paradosso continua. E anche le battaglie vinte o in procinto di esserlo: come quella milanese contro Formigoni. pa 2.2.2012 32 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
33
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Fine degli alibi Uno degli effetti del governo Monti è l'aver messo in crisi le ambiguità, le non scelte che da anni caratterizzano i partiti italiani. Il Pdl liberista che in 16 anni non ha fatto una riforma liberale, il Pd filo Cgil che si ritrova ad appoggiare un governo espressione dell'ortodossia finanziaria tanto indigesta a sinistra. A proposito, ha ragione Veltroni a dire che la vera questione che ha di fronte il Pd è cosa fare non del governo Monti, ma di Monti stesso: baciare il rospo fino al 2013 oppure sposarlo ? E poi c'è la legge elettorale, questione irrisolta dal 1994. Su questo magazine abbiamo ripetutamente espresso il nostro favore per un sistema chiaro che eviti i pasticci. Doppio turno alla francese oppure sistema tedesco. Il Pd vuole, come noto, il francese ma è in totale solitudine, così le probabilità del doppio turno sono pari allo zero. Il tedesco riscuote maggiori consensi, ma contro di esso si è levata l'opposizione degli uninominalisti maggioritari. Vi è poi uno strano paradosso tutto italiano: i liberisti sono uninominalisti, i laburisti sono per il tedesco. Chissà perché, come se un sistema elettorale comporti la definizione di una politica economica, come se il modello renano fosse possibile solo col proporzionale e i paesi anglo - sassoni uninominalisti e maggioritari (Usa e Inghilterra) abbiano avuto solo stagioni liberiste. Così come non c'è nessun meccanismo elettorale che di per sé garantisce stabilità. La stabilità è il risultato del comportamento degli attori politici. Tradotto: se Casini pensa di fare l'ago della bilancia, glielo potrà impedire solo il rigetto di tale prospettiva da parte degli elettori tanto da non renderla conveniente. Nessuna legge, neanche l'uninominale maggioritario garantisce dai
cambi di maggioranza, come le desistenze del '96 hanno dimostrato. Infine, due precisazioni: la Germania tra il 1949 e oggi ha avuto 9 cancellieri, il sistema politico inglese è tripartitico ormai da anni; per cui Clegg può fare lo sgambetto a Cameron quando vuole. Ma non lo farà, semplicemente perché non gli conviene. Che sia vicino anche da noi il giorno in per cui far cader i governi e praticare la finanza allegra divenga impossibile ? Ma gli alibi stanno finendo anche per chi, a sinistra, vuole mantenere viva un'ispirazione liberalsocialista e rifiuta di intrupparsi nel Pd. O si realizza in tempi brevi un soggetto in grado di unire l'arcipelago laico, radicale, lib - lab oppure la sola alternativa al silenzio è l'adesione al Pd. Col naso turato. pa 22.2.2012 Roma e l'euromediterraneo Alberto Negri, su il Sole 24 ore di domenica 16 settembre, cita alcuni dati noti ma poco citati riguardanti l'area euromediterranea. Il Pil dei paesi che vi si affacciano, esclusi quelli europei, equivale a 1444 miliardi di dollari, il 2,5% di quello mondiale. Dal 2005 è aumentato del 23%, il doppio della media mondiale. I 285 milioni che vi abitano possiedono una ricchezza superiore all'India (1,1 miliardi di abitanti) e alla Russia (140 milioni). Un ragionamento che un recente Documento prodotto dal Partito Radicale non violento, transnazionale, transpartito ha sviluppato al World Urban Forum svoltosi dal 1° al 7 settembre a Napoli. Dati che andrebbero ricordati quando si ragiona del futuro delle nostre città affacciate sul mediterraneo: Roma fra tutte. Le sue possibilità di crescita e di creazione 34 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra visti, letti
scuola
eco
di ricchezza sono legate proprio a quanto avviene sull'altra sponda del mediterraneo. A patto che riesca ad essere polo di attrazione per i capitali e le giovani élites euromediterranee, dal Libano al Marocco. Essere città accogliente, il che vuol dire lavorare sul fronte dei servizi, della sostenibilità, dell'offerta culturale, delle opportunità abitative per gli studenti. Pensare, piuttosto che a nuove, disastrose espansioni edilizie come quella prospettata nel quadrante nord ovest (Fiumicino), a programmi di recupero dentro la città. E volare alto, magari attingendo al passato migliore di questa città: dal progetto di Cederna ai Fori, ad un'idea di produzione culturale dal basso sulle orme di Nicolini, ad interventi sulle periferie sull'esempio di Petroselli. Forse allora Roma diventerà città appetibile non solo per i tradizionali tre giorni venduti dai tour operator. E intercettare lo sviluppo dell'euromediterraneo. pa 16.09.2012
MATERIALI MAGAZINE
35
religione aperta
maestri
Matteo Renzi: il volto e la maschera Tra gli attori entrati a pieno titolo nella scena politica nazionale vi è sicuramente Matteo Renzi. Un giovane. Con tanti meriti, diverse qualità politiche e un bel po’ di furbizia a dargli man forte. Una furbizia, però, che appartiene più ai vecchi metodi del sistema partitocratico che a quel nuovo Umanesimo liberale di cui avremmo bisogno. La furbizia non è una virtù, anche se in nel mondo guasto di
oggi, soprattutto negli ultimi anni, pare si sia imposta come una qualità di riferimento per un gran numero di persone e dirigenti politici soppiantando l’intelligenza e l’umano sentire. La cifra principale di Renzi è la furbizia. Almeno questo appare dalla tv. Comunque, il sindaco di Firenze è sicuramente una presenza scomoda per la nomenclatura del Partito Democratico e per l’establishment che cerca di contrastarlo, non solo a sinistra. Ha avuto coraggio a sfidare i vecchi dirigenti, ma chi si occupa della città di Firenze mentre lui è impegnato con la testa e con il camper ad affrontare la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra? Non è una scelta che infonde fiducia. E’ come se avesse sempre bisogno di stare in campagna elettorale, invece che affrontare a tempo pieno il difficile compito di governare un capoluogo di regione così importante. Sono troppi anni che vediamo, davanti ai nostri occhi, sfilare una classe dirigente di furbi, che accumulano incarichi di enorme responsabilità e sommano ad essi ulteriori impegni, coccarde e strapuntini. Questo “distrarsi”, infatti, rispetto alla fiducia ricevuta dagli elettori fiorentini non gioca a suo favore. Con una tale premessa, come possiamo fidarci? Insomma, Renzi è davvero una novità? Ad uno sguardo superficiale, sembrerebbe proprio di sì, eppure c’è qualcosa che traspare dalle sue presenze televisive che ci lascia alquanto perplessi. C’è una distonia tra quanto Matteo dice e quel che arriva allo spettatore tramite il suo sguardo. Come interpretasse un ruolo che non corrisponde al suo vero modo di essere. Eppure, è bravo: si esprime bene, sa fare le battute al momento giusto, avanza proposte interessanti. Anche se fa spesso leva sulla demagogia, come quando 36 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
37
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
chiede il dimezzamento dei parlamentari senza rendersi conto che, così facendo, dimezza quel poco di democrazia rappresentativa che ancora ci rimane. E poi, soprattutto, ha scelto di stare nel campo unico e trasversale della partitocrazia. Ma si tratta, ormai, di un campo secco, desertificato, incoltivabile, non più edificabile perché colpito dal virus di quella “Peste italiana” di cui hanno scritto e parlato i Radicali e Marco Pannella. A mio parere, il cambiamento dell’attuale sistema, che tanto vorremmo mutare, potrebbe concretizzarsi soltanto attraverso una “rivoluzione copernicana”, cioè con un cambiamento dei metodi, che dovrebbero essere necessariamente liberali, e dei meccanismi, che dovrebbero essere democratici oltre che basati sulle attitudini e le qualità delle persone. Insomma, la strada liberal-democratica potrebbe essere quella che riuscisse a passare ad un campo “altro”: dall’attuale campo unico della partitocrazia al campo della Politica. Soltanto allora, forse, potremmo trovare un’alternativa al pantano trasversale del Potere fine a se stesso. Il candidato alle primarie del centrosinistra, lo sfidante di Pier Luigi Bersani, ha scelto di stare tutto dentro al campo partitocratico, quindi non può rappresentare una novità. Al massimo, si candida ad essere l’erede di questo vecchio sistema di Potere. Con la variante anagrafica di essere un giovane. Anche se, ad uno sguardo attento, appare già come un giovane-vecchio. Quando Matteo Renzi passa in tv, infatti, la telecamera ci trasferisce l’immagine di una personalità empatica, ma non simpatica. Mi riferisco a quanto si percepisce dalla tv. Appare come un furbo. Infatti, sul teleschermo, c’è una differenza tra simpatia ed empatia: i protagonisti sono simpatici perché,
seppur tra mille peripezie ed eventuali travagli, anche quando sono detestati, ricercano l’affermarsi di qualcosa di positivo, mentre gli antagonisti possono essere empatici, cioè riescono a catturare l’attenzione del pubblico e si fanno seguire lungo la storia, con una intensa partecipazione, anche se perseguono un fine negativo e, speso, il loro obiettivo non è chiaro o non è dichiarato. In altre parole, quanto dice ed esprime Renzi in tv è spesso condivisibile, ma i sotto testi delle sue parole lasciano intendere che lui non sostiene quelle cose perché le vuole realizzare davvero, non crede in quello che dice. E’ come se fosse l’attore sbagliato per ricoprire quel ruolo o quella funzione narrativa o quel personaggio che si è cucito addosso. Matteo Renzi sarebbe più credibile se fosse se stesso, se dicesse davvero quello che lui sente e pensa, al di là della maschera che mette in scena. Insomma, se Renzi ha come dote personale la furbizia, come appare in tv, allora dovrebbe cambiare copione e difendere quel regime partitocratico che, ora, a parole, afferma di voler sconfiggere. In altri termini, la sceneggiatura che hanno scritto per Matteo Renzi è buona, ma l’attore è sbagliato per quel ruolo. Si capisce che è un giovane-vecchio. Il futuro di cui abbiamo bisogno è “altro”. pps 17.09.2012 Regione Lazio: marziani a Roma Renata Polverini sembra arrivata da Marte: “Non sapevo quanti soldi erano a disposizione del consiglio e dei gruppi”. La partitocrazia sembra sbarcata da Marte. Ma i marziani necessitano degli uomini e della loro energia 38 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
39
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
per poter sopravvivere e rigenerarsi. In più, certe volte, sembra di vivere nel mondo di Matrix. Un mondo all’apparenza reale, ma che è – invece – solo un paravento per nascondere le verità. Siamo sprofondati nel campo del verosimile. Sulla prima pagina del quotidiano l’Opinione di ieri, come titolo di apertura, si leggeva: “Pdl Lazio: e adesso tutti a casa!”. Una esclamazione forte che dovrebbe scuotere le coscienze dei dirigenti politici del centrodestra e gli eletti del Pdl. Quello che è accaduto alla Regione Lazio meriterebbe da una parte molti passi indietro, dall’altra moltissimi passi in avanti. Servirebbero soluzioni drastiche, senza infingimenti, senza ipocrisie ma, soprattutto, servirebbe che qualcuno del Pdl dimostrasse di avere un po’ di coscienza. Intanto, il danno più grave, provocato dall’intera vicenda della Pisana, è l’ormai totale sfiducia dei cittadini nei confronti di questa politica politicante, autoreferenziale, bugiarda, omissiva, bolsa, parassitaria. La questione che è emersa dentro e fuori il Pdl non appartiene alla sfera della politica, semmai dell’antipolitica! Si tratta del sistema marcio della partitocrazia. Un sistema denunciato, spesso in solitudine, dai Radicali e dal Gruppo consiliare della Lista Bonino-Pannella “Federalisti europei”. A tal proposito, il capogruppo dei Radicali in Regione Lazio, Giuseppe Rossodivita, intervenendo in Aula nella seduta straordinaria del Consiglio regionale del Lazio, lunedì scorso, si è rivolto alla Presidente Renata Polverini, esclamando: "Da due anni e mezzo cerchiamo di portare a casa risultati per i cittadini del Lazio. Questa situazione non consente più di andare avanti: si facciano i tagli e poi si vada alle elezioni! Il suo assessore Cetica ha sempre espresso parere negativo
alle proposte di tagli!". Intanto, i programmi televisivi e di approfondimento se ne guardano bene dall’ospitare in trasmissione il Radicale Giuseppe Rossodivita o il consigliere regionale Rocco Berardo della Lista Bonino-Pannella. Gli autori e i conduttori dei talk show preferiscono ingannare i cittadini raccontando la storia rivista e corretta dal regime partitocratico piuttosto che restituire agli elettori quell’oncia di informazione necessaria per capire come stanno davvero le cose. In questa situazione, la fantasia è divenuta una necessità. Allora ho pensato che, forse, gli extraterrestri sono davvero sbarcati a Roma, alla Pisana. Ed hanno un obiettivo: l’azione di annientamento del genere umano attraverso l’annientamento della politica, dello stato di diritto, della democrazia, delle libertà e della legalità. I marziani hanno preso il sopravvento dentro il Palazzo e siedono anche nell’aula del Consiglio regionale della Pisana. E così, le parole di Rossodivita sono state rilanciate dalle agenzie di stampa intergalattica, ma non si sono perse nell’etere. Parole chiare che hanno sferzato l’aula della Pisana: “Sia chiaro una volta per tutte, la Presidente Polverini, la sua Giunta, i Gruppi Consiliari di maggioranza, in alcune occasioni con il concorso dei gruppi consiliari di opposizione, Radicali esclusi - come per la vergognosa vicenda delle Commissioni Speciali che hanno fatto lievitare il numero complessivo fino a 20, per spartirsi poltrone, posti, de40 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
nari ed auto blu - hanno fino ad oggi operato nel senso opposto a quanto ora vanno dichiarando nel disperato tentativo di salvare la loro immagine”. pps 20.09.2012
MATERIALI MAGAZINE
41
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Roma non ha bisogno di icone Deludente intervista oggi al Corriere di Andrea Riccardi, attuale ministro per la cooperazione e fondatore di Sant’Egidio. Alla domanda su chi sceglierebbe tra Alemanno e Zingaretti non ha trovato di meglio che dichiarare di non credere ai salvatori della patria e aggiungere lo stantio elogio della società civile contrapposta alla politica ("la Roma delle professioni è molto ricca"). Perché mai un aspirante sindaco di destra o di sinistra debba essere considerato un salvatore della patria e non un semplice candidato da valutare sulla scorta dei programmi, è un mistero. Così come lascia il tempo che trova il richiamo al mondo delle professioni privo del conforto dei nomi. Unica eccezione indicata da Riccardi il procuratore generale Giuseppe Pignatone, magistrato illustre, ma estraneo alle vicende romane. Ma la considerazione che lascia più stupiti è un'altra. Dovendo citare un modello di Sindaco, Riccardi fa il nome di Gulio Carlo Argan, primo cittadino romano tra il 1976 e il 1979. Figura autorevole, certo. Ma non un campione per l'efficacia dell'azione amministrativa (in specie in campo urbanistico). È allora perché non ricordare Petroselli che la sua autorevolezza se la conquistò sul campo? Basti ricordare Tor Bella Monaca, una delle poche operazioni edilizie non speculative mai compiute a Roma. Oggi ciò che serve non è un'icona
intellettuale, ma un Sindaco, e una classe di governo, coraggiosi. In grado di dire no ai mille appetiti concentrati sull'agro e rendere almeno decenti i servizi pubblici individuando nuovi modelli di gestione alternativi al pubblico uber alles caro a certa sinistra. E se proprio vogliamo giocare alle icone, non ne troviamo nessuna migliore del sindaco che per primo, e con successo, combatté la rendita fondiaria: Ernesto Nathan. pa 27.09.2012 Scambi di altri tempi Nicola Zingaretti ha accettato la candidatura alla Regione Lazio. Si tratta di un gesto di responsabilità che può dare un suo contributo nel contrastare l'atmosfera da Weimar nella quale siamo immersi. Z. ha amministrato bene la provincia, non ha ombre e può ben farsi carico del cambiamento che nel caso delle Regioni non può che partire da una robusta cura dimagrante. Smantellamento della miriade di organi (società controllate, partecipate, agenzie) entro i quali si dirama la spesa regionale. Una robusta cura dimagrante per la quale sarebbe utile ingaggiare un Enrico Bondi, il mitico risanatore di Parmalat. E restituire per quanto possibile la Regione al ruolo che le compete: programmazione, indirizzo, piuttosto che gestione diretta. Tutto bene, allora? Non proprio se la candidatura di Z. aprirà le porte ad uno scambio con l'Udc che porterà in 42 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Roma non si muove (per il Pd) Un brutto, bruttissimo segno il mancato raggiungimento delle 50 mila firme per i referendum consultivi promossi da "Roma si muove". Gli 8 quesiti individuavano questioni MATERIALI MAGAZINE
43
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Campidoglio l'attuale ministro della cooperazione, Andrea Riccardi. Una staffetta che garantirebbe al Vaticano un sindaco cattolico e metterebbe uno scambio delle parti che sa tanto di vecchia politica. Non solo perché a quel punto le primarie diverrebbero una mera esercitazione simili a quelle che incoronarono Prodi nel 2005, ma perché la sinistra giocherebbe ancora una volta la carta dell'accordo con i cattolici. Rifiutando di giocare in proprio la partita per la conquista del voto moderato, come giustamente reclama Matteo Renzi. Riccardi è uno storico, ha il grande merito di aver fondato la comunità di Sant'Egidio, ma non ha il profilo del riformatore di un modello di governo. La città non ha bisogno di sindaci icone come Argan (il modello di Riccardi), ma di amministratori coraggiosi disposti a sfidare le tante lobby che infestano questa città. Per non parlare del pacchetto diritti civili - Imu alla Chiesa cattolica che è facile immaginare quale fine farà con Riccardi sindaco. Per questo la staffetta non ci piace. Se le cose andranno così sarà necessaria una candidatura laica, riformatrice, liberalsocialista. Noi il nome l'abbiamo fatto da tempo, e risponde al profilo di un giovane segretario di partito serio, pragmatico, attento alle questioni amministrative che in questi giorni è impegnato nella raccolta degli 8 referendum per la campagna Roma si muove. Chi sarà? pa 5.10.2012
cruciali per il futuro della capitale, prima fra tutti quella relativa al consumo di suolo. E scrivevano parte consistente di un futuro programma elettorale in grado di qualificare la proposta politica di una futura giunta di sinistra. Rifiutiamo di proposito l'espressione centro-sinistra perché priva di senso sempre, ma a maggior ragione nella realtà romana ove gli eredi della Dc non sono altro che il volto perbenino, senza fasci littori, della destra. Come tutti sanno, a Roma la destra come soggetto ideale e progettuale non è mai esistita, il suo posto è stato sempre occupato da leader e personale politico ai limiti. Un Luparetta's style che non ha mai conosciuto soluzioni di continuità. È altrettanto noto come una malintesa idea della modernità abbia contagiato la sinistra. Niente a che vedere con le imprese dell'altra parte, ma per anni è invalsa l'idea che bisognasse fare accordi, mediare, conciliare, giocare il ruolo degli affidabili. Il modello Roma, secondo un’espressione fin troppo banale. La scelta del Pd di non impegnarsi per "Roma si muove", ne è una conseguenza. Come se temi come l'istituzione del registro dei testamenti biologici o il riconoscimento e il sostegno alle famiglie di fatto, potessero disturbare il manovratore. Meglio sperare che il Vaticano (ma avrà poi così tante divisioni?), non si metta contro. Che Riccardi accetti la candidatura. Che i costruttori e la Camera di commercio non si buttino a destra. pa 17.10.2012 44 MATERIALI MAGAZINE
MATERIALI MAGAZINE
religione aperta
45
maestri
visti, letti
scuola
eco
a sinistra
46 MATERIALI MAGAZINE
eco MATERIALI MAGAZINE
47
48 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
D
visti, letti
scuola
eco
Meritocrazia Dall'Indagine sui redditi e la ricchezza delle famiglie italiane tra il 1998 e il 2004 condotta dalla Banca d'Italia apprendiamo che la possibilità di ottenere un lavoro pubblico aumenta del 44% per chi ha già il padre che lavora nel settore. Il vantaggio goduto in qualità di figlio di dipendente pubblico corrisponde a circa tre anni di istruzione: così, per esempio, un diplomato il cui padre lavora nel settore pubblico ha le stesse chances di ottenere un posto pubblico di un giovane in possesso della laurea triennale, ma il cui padre lavora nel settore privato. Per approfondimenti rimandiamo al bel pezzo di Vincenzo Scoppa su www.lavoce.info. Da quindici anni sentiamo parlare di una rivoluzione liberale che nessuno ha visto. Forse è il momento di parlare di una alleanza per le riforme, non solo istituzionali, al di là degli schieramenti. pa 31.12.2009
MATERIALI MAGAZINE
49
religione aperta
maestri
Politica ed economia Sul Sole 24 ore di domenica 3 gennaio, Richard Freeman, economista di Harward scrive che l'insegnamento che possiamo trarre dalla recessione è chiaro: l'anello debole del capitalismo non è il mercato del lavoro, ma il mercato finanziario. Insomma, per creare stabilità e, quindi, lavoro, non occorre più flessibilità sull'occupazione, ma più controllo sulla finanza. E tutte le discussioni di casa nostra sulla
legge Biagi, sulla flessibilità in uscita, sull'art. 18? Erano il primo tempo di una partita il cui secondo tempo dovrebbe prevedere: revisione del Welfare in favore dei giovani, pensioni, contratto unico, riforma di p.a. e università, liberalizzazioni (servizi pubblici locali, professioni). Un bel programma per un leader politico, di destra o sinistra, desideroso di passare dai tg della sera ai giardinetti. pa 3.1.2010 Tassare le rendite: voci dal socialismo europeo E' in corso da tempo una riflessione all'interno del socialismo europeo sulla crisi apertasi nel 2008 e sul conseguente incremento delle disuguaglianze che ha prodotto. Non si tratta di una dato inedito. Sappiamo da tempo che dagli anni '70 la crescita dell'economia finanziaria e la deregulation che l'ha accompagnata, hanno spostato risorse straordinarie a favore di una sempre più ristretta minoranza (dal 1976 al 2007 per ogni dollaro di crescita, il 58% è andato all'1 % delle famiglie più ricche, dato calcolato dall'economista indiano R. Rajan e citato da S. Fassina in un articolo uscito sull'ultimo delle "Nuove Ragioni del socialismo"). Come riequilibrare la bilancia? Agendo sulla leva fiscale: tasse “verdi”, sulle transazioni finanziarie, sulle banche. In Italia questo dibattito arriva poco e, nel caso del Pd e del resto della sinistra riformista, non riesce a tradursi in proposte chiare innestate su un limpido profilo politico. Sarà perché la discussione porta a parlare inevitabilmente del grande equivoco del dibattito pubblico italiano: le tasse e la loro impossibile riduzione per il ceto medio 50 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
impoverito. Almeno fino a quando avremo gli attuali livelli di evasione, non si pensa a diminuire la spesa pubblica e vendere quote di patrimonio pubblico. Mentre le tre cose si tengono. Per non parlare della riduzione dei costi della p.a., delle necessarie misure anti spreco e anti corporative. Altrimenti, temiamo, che il dibattito dei socialisti europei continuerà ad appartenere ad un altro pianeta. (link al convegno tenutosi a Roma nel novembre scorso) pa 31.1.2011
MATERIALI MAGAZINE
51
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Simulazioni di patrimoniale Torniamo sulla proposta di Veltroni e altri. Con qualche dato in più. Perché una patrimoniale? ll debito pubblico italiano ha raggiunto una cifra ormai prossima ai 2 milioni di miliardi di euro (ad ottobre 2010 ammontava, secondo un dato Banca d'Italia a 1.867,384 miliardi). Ci costa circa 75 miliardi annui di soli interessi. E' stato prodotto, come noto, negli anni '80 e costituisce una delle cause della caduta della prima repubblica. Nella tabella l'escalation del debito pubblico italiano. Anno Debito Pubblico PIL (milioni di €) (milioni di €) 2008 1.665.705 1.575.144 2009 1.762.724 1.519.695 2010 1.841.912 1.553.166 2011 1.897.179 1.580.220 E' evidente che un paese con un simile fardello non solo non può crescere, ma è destinato ad un rapido declino. Che fare allora ?
La patrimoniale La patrimoniale è uno dei pochi temi che mettono d'accordo parti dei diversi poli: Tremonti ne è un sostenitore, come Veltroni e Giuliano Amato. Ma la si può attuare in diversi modi e qui entrano in scena i numeri, come ha osservato Ricolfi in un'intervista al Riformista dell'1 febbraio. In Italia circa il 50% della ricchezza è detenuto da 2,5 milioni di famiglie, il "decimo" più fortunato degli italiani. Se a costoro fosse applicata una patrimoniale di 100.000 euro lo stato incasserebbe 250 miliardi. Per arrivare ad un dimezzamento del debito (la soglia in grado di produrre benefici apprezzabili) ne mancherebbero altri 650. Chi li sborsa? Inevitabile fare entrare in gioco le restanti 16,5 milioni di famiglie unite solo dal fatto di essere proprietarie di case. In media, ognuna di loro dovrebbe pagare 40.000 euro. Posto che le aliquote fossero calibrate sui livelli di reddito e si provvedesse ad una rateizzazione, si tratterebbe in ogni caso di un salasso difficile da far passare per qualsiasi governo. Un'altra proposta, di segno più minimalista, è stata formulata da Giuliano Amato sul Corriere della sera del 22 dicembre 2010. L'obiettivo dichiarato è di portare il debito sotto la soglia di rischio dell'80% del Pil: ponendo la riduzione a carico di un terzo degli italiani, si arriverebbe, nella simulazione di Amato, a 30.000 euro ad italiano da rateizzare in due anni. Fantascienza? Sì, se si guarda all'attuale scenario politico in cui si muo52 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra visti, letti
scuola
eco
vono partiti che non sembrano essere in grado di assumere simili rischi. Scenari Una medicina molto amara. L'unica condizione che la può rendere praticabile è la garanzia della estirpazione del meccanismo che fin qui ha prodotto il debito. Interventi draconiani sulla spesa pubblica, ma non solo. Miglioramento della competitività per attirare investimenti esteri (oggi al minimo in Europa, davanti alla sola Grecia), lotta all'evasione e alla criminalità, responsabilizzazione degli enti territoriali. Insomma, un'altra Italia, difficile da immaginare. Per fare tutto ciò non è sufficiente un governo di maggioranza partorito nell'ambito del bipolarismo. Serve una grande coalizione, la sola a potere gestire un periodo, lungo temiamo, di lacrime e sangue. E allora potremo dire di avere archiviato il berlusconismo. pa 4.2.2011
MATERIALI MAGAZINE
53
religione aperta
maestri
Nucleare no grazie. E poi ? In tema di energia si esprimono con proposte anche molto forti alcuni paesi europei, in particolare la Germania. E l'Italia? Non vi è da noi una politica energetica di lungo o medio respiro. Siamo fermi all'uso massiccio del gas e all'acquisto di energia dall'estero, mentre la ricerca procede a fatica. Certamente, bisogna lavorare in molte diverse direzioni, e spendere milioni nella ricerca (gli investimenti USA nel settore sono notoriamente massicci). Piuttosto che riproporre la vecchia contrapposizione tra interessi lobbistici e comitati “No-tutto”, bisognerebbe in primis studiare, studiare, studiare. Competenze scientifi-
che e tecniche non mancano nemmeno in Italia. Sempre se in troppi non saranno ancora costretti a cercare lavoro e riconoscimento all'estero. Per approfondire, ad esempio, pro e contro del nucleare di quarta generazione segnalo le pagine di un sito volutamente non super partes (ecologiae.com). pec 30.5.2011 Mezzo pollo a testa Inquietanti considerazioni sulla crescita delle retribuzioni nell'ultimo decennio al netto dell'inflazione in un articolo da La Repubblica che fa riferimento ai contenuti del rapporto annuale Bankitalia per il 2010 pubblicato il 31 maggio e di cui si consiglia una consultazione più approfondita. (Cfr., dati su www.bancaditalia.it ). Una prima morale è che davvero è necessario mettersi a studiare un po' di statistica per imparare a leggere bene i dati. Altrimenti si rischia di essere superficialmente irretiti, come nella vecchia storiella del mezzo pollo a testa: vogliono convincerti che va bene così, peccato che tu digiuni mentre l'altro si sbafa un pollo tutto intero. Alcune considerazioni: 1) Tra i dipendenti pubblici rientrano manager, consiglieri e consulenti strapagati, spesso imposti dai politici di turno. 2) Nel settore - paradigmatico - dell'istruzione le retribuzioni crescono meno della metà che in quello dei servizi domestici! 3) Dati fuorvianti vengono diffusi spesso per precedere vessazioni (o peggio) di minoranze o categorie su cui at54 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
tirare lo sdegno popolare. Quali purghe governative sono al varo per il settore pubblico? pec 11.06.2011
MATERIALI MAGAZINE
55
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Per gli Usa il problema non è il debito Il pericolo di un default degli Stati Uniti è in realtà inesistente. Basterebbe un emendamento sul tetto di debito possibile approvato dal Congresso per farlo svanire. Né i mercati sembrano particolarmente preoccupati visto che gli spread sul debito Usa rimangono invariati. Il vero problema riguarda il sistema istituzionale. La possibilità che una componente fondamentalista, i tea party, eserciti il veto su qualsivoglia iniziativa presidenziale, anche se, come nel caso di Obama, ispirata al bene comune. Ciò che non funziona è il famoso sistema di pesi e contrappesi. La ragione è legata al mutamento genetico subito dal partito repubblicano da Reagan in poi. La radicalizzazione del GOP ha fatto saltare il patto tacito che stava alla base del presidenzialismo bicefalo modello Usa: la moderazione. Da allora l'unico modo per rendere effettivamente governabile il sistema è la doppia maggioranza, evento quasi ormai abbastanza raro vista la volatilità politica tipica di tutte le ultime tornate elettorali. In sostanza, ad una vittoria di una parte alle presidenziali, segue un
riequilibrio nelle elezioni di mid term. Il che rende il sistema di fatto ingovernabile. Il tutto ci conferma in una convinzione: il presidenzialismo o non funziona, come negli Usa, oppure assume una deriva cesaristica, come in Francia. Dove il parlamento è una semplice comparsa. Il modello da seguire per noi è un altro ed è quello in vigore in Germania. pa 25.7.2011 Idee per Roma. La Urban green line Urban green line è un progetto di intervento ecologico ed infrastrutturale sulla città di Roma elaborato dalla cattedra di progettazione architettonica di Antonino Saggio alla Sapienza che da anni lavora su questi temi. Si tratta di varie proposte di intervento che valorizzano il tram come mezzo di collegamento inserito nel contesto urbano cui si interconnette attraverso una serie di possibili funzioni. Non solo mezzo di trasporto, ma molto altro. Un'idea forte prodotta in un'università pubblica che, però, ha bisogno di dialogare con la politica. E da cui la politica può trarre linfa vitale. Utopie? Forse no, se si sceglie il percorso dell'ascolto della città, così ben sperimentato da Pisapia a Milano. I riformatori, in particolare, hanno bisogno di volare molto alto e molto basso: nel senso che devono essere capaci di aprirsi a ciò che di meglio la ricerca sulle città propone con l'umiltà di dialogarvi e allo stesso tempo ascoltare i cittadini imparando a comunicare proposte complesse in modo semplice. Su questa capacità di innovazione sulla qualità della proposta e sulla comunicazione, si giocherà, secondo noi, la prossima campagna elettorale amministrativa di Roma. 56 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
Alemanno ha all'attivo un disastro e, probabilmente, pagherà. Ma da sinistra è tempo di proporre un vero progetto amministrativo dopo l'one man show veltroniano. Su tutto ciò abbiamo pubblicato "Per Roma", presso Scriptaweb, un libro che raccoglie contributi di vari specialisti. Idee per il governo della città. pa 10.1.2012
MATERIALI MAGAZINE
57
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Acque torbide Come era ampiamente previsto, la vittoria del referendum sull'acqua ha prodotto uno scenario tanto confuso quanto potenzialmente dannoso. Per le finanze degli enti locali e per l'ambiente. I due quesiti di giugno proponevano l'abrogazione di due articoli del decreto Ronchi - Fitto: sulla liberalizzazione delle modalità di svolgimento del servizio pubblico (23 bis) e sulla possibilità che il capitale investito ottenesse una remunerazione grazie alle tariffe. In sintesi, niente concorrenza e nessun guadagno. Tutto al pubblico e a tariffe ultra popolari. Peccato che questo scenario da fiaba non abbia nessun riscontro nella realtà. Perché? Vediamone alcune ragioni. 1) La normativa europea prevede che i servizi siano svolti in concorrenza e, quindi, l'abolizione del 23 bis ha
un effetto limitato, vista la prevalenza della normativa comunitaria su quella nazionale. 2) Per escludere la remunerazione è necessario costituire enti pubblici che prendano il posto delle attuali Spa (pubbliche o miste pubblico - privato) le quali hanno l'obbligo di fare profitti. Il che è avvenuto solo a Napoli. Ce la vedete l'Acea, con i francesi di Edf e Caltagirone soci di minoranza, divenire ente pubblico? 3) I comuni già ora non hanno soldi per investire nelle infrastrutture idriche, figurarsi se li si priva della possibilità di remunerazione. In tanti comuni turistici della Sicilia, ad esempio, i depuratori non funzionano perché le amministrazioni non hanno i fondi per la manutenzione. Lo stesso Vendola, di recente, ha fatto notare il problema. 4) L'Italia ha una rete idrica particolarmente inefficiente (si calcola che il 40% dell'acqua vada sprecata) il che al sud si traduce in uno spreco intollerabile sul piano ambientale ed economico. Danilo Dolci, il protagonista della battaglia per la diga sullo Jato, in Sicilia, si rivolterebbe nella tomba di fronte a certi dati. Una considerazione finale. Per crescere dal livello dell'emozionalità collettiva a quello dell'esercizio della responsabilità personale e sociale sono possibili diverse buone pratiche. Ma una precondizione indispensabile è quella di superare slogan sempli58 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
cistici e utopistici per cui una certa consuetudine non si tocca, su un privilegio acquisito non si discute altrimenti si scatena l'inferno. Se si vuole riformare qualcosa su tutto si deve discutere e, entro limiti da stabilire non unilateralmente, tutto si può toccare. Quando si toglie di mezzo la ragione del dialogo (che non prevede mai una sola voce, ma due) non si risolve nulla ma si corre il rischio di far prevalere le ragioni dei forconi. pa, pec 20.2.2012
MATERIALI MAGAZINE
59
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Te le do io le olimpiadi La buona notizia è che il governo Monti non ha nessuna intenzione di appoggiare le olimpiadi a Roma nel 2020. La motivazione è che non conviene rischiare i soldi dei contribuenti in un progetto che, la storia insegna, rischia di essere l'ennesimo pozzo senza fondo. Fin qui il governo. Vi è poi un risvolto tutto romano che non può essere trascurato. Dal 1960, al 1990 al 2009 gli eventi sportivi straordinari a Roma si sono sempre tradotti in scempi urbanistici ad uso e consumo della lobby del mattone. Nel '60 l'olimpica che tagliava come una groviera uno dei più estesi parchi urbani italiani, villa Pamphily, nel '90 l'illusione di una nuova viabilità (la stazione fantasma di Farneto - Olimpico ne è il simbolo), nel 2009 gli impianti realizzati in barba alle regole urbanistiche e mai finiti. Opera simbolo: la mega concessionaria sotto Monte Antenne adibita a nuovo centro sportivo del circolo Aniene, tradizionale circolo del generone. Si pensi piuttosto a manutenere la città intervenendo laddove c'è bisogno. Come? Con tre interventi che potrebbero diventare sim-
bolo, questi sì, di un rinascimento romano. La riqualificazone di Tor Bella Monaca da realizzare con concorso internazionale; la destinazione delle caserme di Prati ad edilizia residenziale destinata a giovani coppie; il blocco totale e senza deroghe di progetti edilizi volti al consumo di suolo nell'agro. Alemanno non lo farà mai? E il Pd che ha accondisceso al progetto olimpiadi, che farà? pa 14.2.2012 Quer pasticciaccio de nome Acea Ora abbiamo la conferma di quello che già sapevamo. Il comune di Roma non è obbligato a cedere il 51% di Acea, lo ribadisce un parere del governo chiamato a pronunciarsi da un un'interrogazione parlamentare del Pd Marco Causi. Giubilo a sinistra e commenti stizziti sul fronte Alemanno. E così tutto sembra improvvisamente rimettersi a posto secondo i consolidati schemi della politica italiota, con la sinistra che fa il suo mestiere di difensore ad oltranza del pubblico e la destra che spiana la strada ai soliti noti. Ma è ciò che conviene ai cittadini romani? È lecito dubitarne. Acea, come abbiamo già scritto, è titolare di un colossale debito: 2,29 milioni al 2010 che gravano sulle disastrate finanze comunali (in totale 12,4 miliardi). Se l'azienda fosse messa in vendita ora, il comune ne ricaverebbe una cifra molto modesta: circa 190 milioni di euro. La ragione sta nella bassa capitalizzazione di borsa, in questa fase di crisi economica inferiore al miliardo di euro. Il che si tradurrebbe in un regalo per i compratori, Caltagirone ed eventuale compagnia, beneficiati da un grande affare. L'alternativa pro60 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
61
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
posta dal Pd è non vendere nulla e procedere alla liberalizzazione del servizio di illuminazione pubblica. Una gara cui Acea potrebbe parteciapre e magari vincere. Perdendo, però, gli attuali contratti dati in affidamento diretto che in caso di mantenimento del 51% pubblico le sarebbero revocati. Da ricordare 1) che il servizio di illuminazione pubblica romana pesa per un 2% sul fatturato complessivo dell'azienda che in questi anni ha pensato bene di andare ad investire a Santo Domingo e in Colombia 2) che il consiglio di amministrazione è rigidamente lottizzato, il Pd ha in quota il dalemiano Andrea Peruzy. In sintesi, una volta allontanato lo spettro della privatizzazione nulla impedirebbe di continuare con l'attuale regime. Che dire? Tra lo scivolamento statalista del Pd e il liberismo alle vongole della destra non sembra proprio esserci spazio per un'alternativa veramente riformatrice. Privatizzazione integrale senza svendita e liberalizzazione con il comune restituito al ruolo che gli compete: garante e non gestore. pa 26.5.2012
62 MATERIALI MAGAZINE
scuola MATERIALI MAGAZINE
63
64 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
E’
visti, letti
scuola
eco
Scuola, Italia E' ora di iniziare un dibattito sulla scuola che prescinda dai luoghi comuni sindacali e mediatici. Per gli uni da circa trent'anni, con governi di tutti i colori, c'è "un pesante attacco alla scuola pubblica". Per gli altri la scuola è una sorta di territorio di nessuno in mano a torme di studenti maleducati e docenti depressi. Da una rilevazione Istat del 2007 emerge che la scuola italiana non è sull'orlo di una crisi di nervi, come viene spesso rappresentata. Ha le sue luci e le sue ombre, ma ha anche un numero elevato di studenti e docenti che ne dà un giudizio positivo. Forse bisognerebbe partire da situazioni reali e pensare a come intervenire. Non dappertutto, ma nelle situazioni di maggiore difficoltà (il Mezzogiorno). Introducendo la valutazione degli istituti e incentivi per i docenti che accettano di andare a lavorare in contesti particolarmente difficili. E riescono pure ad ottenere dei risultati. Un approccio da riformisti, insomma, più che da chiacchieroni. pa 5.2.2010
MATERIALI MAGAZINE
65
religione aperta
maestri
Scuola, Italia 2 Se ne parla poco, ma la scuola italiana non ha soltanto un problema di qualità dell'apprendimento. Da anni siamo agli ultimi posti nei Pisa test e da anni abbiamo un elevato livello di dispersione scolastica. E' questa perdita silenziosa di studenti il cancro della scuola italiana. Quasi un terzo degli iscritti alle superiori non riesce a conseguire un diploma. Inutile dire che le percentuali del sud sono doppie o triple rispetto a quelle del nord, in corrispondenza di quasi tutti gli indicatori. Non è con la solita litania
dell'attacco alla scuola pubblica che si affrontano questi problemi. Anche perché abbiamo una delle spese scolastiche più alte fra i paesi europei (97% in stipendi) con un numero di ore annue tra i più ridotti. Di questa emergenza nazionale qualcuno prima o poi dovrà parlare e dire anche cose sgradevoli per quella che forse è l'ultima constituency della sinistra in questo paese: gli insegnanti. Si potrebbe partire da due "piccole" proposte: inserimento di meccanismi premiali per chi lavora meglio e di più, avendo preventivamente fissato gli obiettivi; trasferimento di risorse privilegiato verso i territori più critici con monitoraggio costante dell'investimento. pa 12.2.2010 Una nuova scuola ? Una maggioranza blindatissima ha varato la riforma della secondaria superiore in gran fretta e "sotto ricatto" dei già decisi tagli finanziari. Un riordino degli indirizzi e dei curricula era indispensabile ed atteso, ma si poteva e doveva dargli un senso rispetto a coerenti (e possibilmente condivisi) obiettivi formativi; per non parlare dei probabili tagli decisi all'ultimo minuto solo per gli istituti tecnici e professionali, già abbastanza "bistrattati" nel nuovo ordinamento. Illuminante in tal senso Giovanni Bachelet su "La Discussione" del 5 febbraio 2012. pec 14.2.2010 Più autonomia, più qualità? Ha sollevato reazioni di segno opposto il provvedimento 66 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
67
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
della Regione Lombardia (cfr.,"la Repubblica" del 15 febbraio 2012) che prevede la possibilità per gli istituti di assumere i docenti per l'ampliamento dell'offerta formativa in base a propri bandi. Così l'istituto potrebbe selezionare il personale più idoneo e con il miglior curriculum la per l'incarico da ricoprire. I bandi sarebbero preparati d'intesa fra la Regione e lo Stato. Su questo e su altri problemi bisogna discutere entrando nel merito, per trovare le soluzioni migliori possibili. Ma senza prescindere dal fatto che va garantita la qualità del servizio. Il caso dell'autonomia scolastica. Una grande incompiuta (per un quadro di riferimento, cfr., profilo del prof. Nigro su www.istitutodegasperi-emilia-romagna.it). Ormai sembra preistoria; ma le leggi Bassanini del 1997 prevedevano un trasferimento dei compiti di gestione del servizio alle istituzioni scolastiche, e di questo fa evidentemente parte anche la scelta e l’assunzione del personale. Fino ad arrivare nelle intenzioni del legislatore a quegli organici funzionali delle istituzioni responsabili del servizio: più margini decisionali e di conseguenza maggiori responsabilità dei Presidi che diventano infatti Dirigenti Scolastici (Cfr., Legge n. 59 del 1997, art. 21). Ma in molte operazioni di gestione del servizio i dirigenti si trovano di fronte a scelte obbligate, senza margini. Nei fatti l'autonomia resta una bella intenzione. Proprio quando una discussione costruttiva nel merito è opportuna, sindacati e parte della sinistra anche in questa occasione purtroppo appaiono schierati dalla parte di chi nei fatti non vuole mai cambiare nulla. Eppure una stagione di riforme incisive della PA venne aperta proprio dalla sinistra nel 1997 con le
leggi Bassanini. Può essere ripreso quel processo senza sterili veti incrociati? L'azione dello stato, soprattutto in materia di istruzione e ricerca può restare bloccata dentro la prigione dagli steccati ideologici? Forse con l'attuale governo tecnico si può riportare il timone verso una discussione a largo raggio ma con l'obiettivo di definire scelte concrete per la qualità. pa 17.2.2012 Scuola, Italia 3 La bella inchiesta di Riccardo Iacona sulla scuola rischia di creare più di un fraintendimento. Raccontare la crisi della scuola italiana partendo dai precari che non vengono riconfermati, dalla riduzione dei finanziamenti, dal problema edilizio o dalla denuncia dei trasferimenti monstre che in Lombardia giungono alle paritarie, consente di cogliere solo una parte del problema. Se i soldi vi fossero, se i precari fossero tutti assunti, se gli edifici fossero finalmente messi tutti a norma, se la sciagurata legge sulla parità (voluta da Berlinguer) fosse abrogata, le perfomances della scuola pubblica italiana sarebbero migliori degli attuali, sconfortanti risultati dei Pisa test? C'è da dubitarne perché nulla si sarebbe fatto nella direzione della qualità della didattica che necessita innanzitutto una verifica del lavoro svolto da ogni singola scuola. L'attenzione alla qualità dell'insegnamento, passa per la misurazione. L'unico modo per valorizzare chi lavora bene e spingere chi lavora male ad adeguarsi. pa 19.2.2010 68 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
Sull'università Alcuni dati utili ad inquadrare la questione universitaria. L'Italia investe in educazione terziaria (università, dottorati, master, ecc.) lo 0,7 % del Pil a fronte dell'1,1, di Inghilterra, Francia e dell'1% della Germania. Circa il 30% di meno. Tuttavia, il nostro paese non produce solo il 30% dei laureati in meno, ma il 50% (fonte, Luca Ricolfi, “Illusioni italiche”). Roberto Perotti nel libro del 2008, “L'Università truccata”, aveva già dimostrato come la spesa universitaria italiana per studenti frequentanti è una delle più alte al mondo. La conclusione è che l'Università italiana avrebbe bisogno prima di una seria riforma che elimini inefficienze e rendite (penalizzare le sedi peggiori per qualità della didattica e della ricerca), in un secondo tempo di un aumento dei finanziamenti. pa
MATERIALI MAGAZINE
69
religione aperta
maestri
visti, letti
Leggo con interesse i numeri desolanti. E mi associo al commento. A volte viene un poco la disperazione. L'università italiana si è andata progressivamente distruggendo in un processo circa quarantennale. Ogni nuovo passo, apparentemente plausibile in sé, in mancanza di un insieme di coerenze è divenuto follemente peggiorativo! Ne enumero qualcuno: - la liberalizzazione degli accessi anni 70, risultato grandi numeri ma niente personale né strutture qualificate. - riforma universitaria anni 80, ope legis de facto per ex borsisti assunti al 99% in ruolo intasando per due generazioni il reclutamento. Contemporaneo svuotamento di significato del dottorato (non prevedendo alcun serio canale privilegiato nei concorsi e obbligando i giovani dottori
ad accodarsi a tutti i ricercatori o associati promossi vin precedenza!). - Anni novanta e Riforma Berlinguer. Disattesa ogni serietà al concetto di valutazione e a quello di economia, sostanziale scadimento della educazione universitaria con la norma dei concorsi locali con addirittura tre vincitori per posto. Questa regola, attraverso gli incroci baronali di favori tra sedi, ha creato facoltà universitarie che sono ricettacoli di famiglie locali con percentuali di omonimie di cognomi che superano il 50%. La recente "riforma" ha alcune regole non errate per principio, ma inserite in un quadro già moribondo saranno sicuramente peggiorative! Per esempio, in tutto il mondo che conosco i trentenni hanno contratti privatistici per sei anni e solo dopo fanno i concorsi per essere di ruolo. Ma in Italia già adesso i ricercatori di ruolo in discipline competitive scappano, immaginate ora che non hanno neanche il ruolo e guadagnano 1500 euro quando all'estero il Minimo è 3500! E' solo una delle osservazioni, lasciamo stare il taglio dei fondi, o l'ancora maggiore accentramento di potere agli ordinari. Purtroppo in un processo di decadenza di 40 anni, credo che sia proprio il principio della riforma democratica e "negoziata" che non funzioni più. Vorrei Napoleone che si riunisce tre giorni con gli esperti e ridisegni tutto daccapo! E poi con le guardie lo Imponga cominciando con togliere (come Napoleone fece!) tutte le cariche ai baronetti, rettori, presidi e direttori che sono quasi sempre i custodi di interessi di famiglia invece che di Stato! E' una utopia certo, ma è difficilissimo dire qualcosa di vero se no. Saggio vuole che si metta a tutela l'università, direte voi. Forse sì, in ogni caso non vedo 70 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
come le regole sin qui seguite dalla politica abbiano prodotto alcunché di positivo. Naturalmente, in molti resistiamo con qualche dignità e forse anche utilità per i nostri allievi. Anche io cerco di farlo, cerco di non offendermi troppo per gli sgarbi personali e generali e cerco di lavorare con più serietà e più amore per questo lavoro che posso. as 2.1.2011
MATERIALI MAGAZINE
71
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Scuola. Numeri utili I dati sull'inefficienza dell'università italiana, sintetizzabili nella formula costa molto - rende poco, sono confermati da quelli sulla scuola. 1) L'Italia produce pochi diplomati. A fronte di una media Ocse di 66 diplomati su 100 individui compresi nella fascia 25 - 64 anni, da noi ne abbiamo 44. Venticinquesimi su trenta paesi. 2) Spendiamo il 4,9 % del Pil in educazione, un punto meno della media Ocse che è al 5,8%. Allora andiamo male perché spendiamo poco ? Non sembra. Il costo di un alunno è pari a 7.474 dollari equivalenti e supera quanto si spende in media negli altri paesi (6.081 dollari). Abbiamo 139 insegnanti per 1000 studenti, mentre la media Ocse è di 107. 3) Il problema è nella composizione e preparazione del corpo docente ? In larga parte sì. In Italia, la quasi totalità alla materna e all'elementare, tre quarti alla media e il 60 per cento al superiore è composto da donne. Nella scuola elementare nei paesi Ocse, i maestri maschi sono 20 su 100. Ma è sugli insegnanti "giovanissimi" (con
meno di 30 anni) che si vede la differenza. In Italia, per la struttura dei percorsi formativi dei docenti, i giovanissimi sono praticamente inesistenti al superiore. Nei paesi Ocse se ne contano il 13 per cento. Stessa cosa all'elementare: 1,8 contro 16 per cento. 4) I docenti sono pagati poco? Su 32 paesi (compresi Usa e Australia) siamo al 21° posto. Al 22° e 23° posto ci sono Francia e Svezia. Però entrambe ci superano, rispettivamente di 7 e 10 punti, nel profitto degli studenti in matematica. I carichi di lavoro dei docenti sono, invece, nella media Ocse. Che dire ? La scuola italiana è costosa e in quanto a produttività è messa male. Ancora sicuri, a sinistra, che il problema sia l'attacco alla scuola pubblica? I dati sono tratti dal rapporto Ocse Education at glance (dati 2008) e dalle statistiche oecd – Education. pa 3.1.2011 Scuola. Numeri utili 2 Riprendendo le sollecitazioni giunte da alcuni amici, torniamo sulla questione università e formazione con altri dati. Gli studenti I laureati annui italiani, vecchio e nuovo ordinamento, sono 293.084 (dati 2008). In progressivo calo rispetto ai tre anni precedenti: 301.298 nel 2005, 301.376 nel 2006, 300.135 nel 2007. Altro dato preoccupante riguarda il numero dei laureati in corso: dal 35,6% nel 2005 è sceso al 30,6% nel 2006, al 29,9% nel 2007, al 26,8% nel 2008). Considerando che l'obiettivo principale della riforma del '99 e dei successivi interventi era 72 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
73
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
l'incremento del numero dei laureati e la riduzione del fenomeno dei fuori corso, i dati non sono incoraggianti (cfr., Rapporto CNVSU 2009). Eppure l'Italia ha un numero di studenti frequentanti l'università simile a quello di Francia, Germania e UK (cfr., dati Eurostat 2008). Il problema è che pochi di loro, e con ritardo, giungono alla laurea, come dimostrano i dati comparati. Nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni solo il 18,9% risulta laureato contro una media UE del 29,9. La Francia è al 41,5, la Spagna al 38,9, la Germania al 22,6, la Spagna al 38,9. Peggio di noi fanno solo Turchia, Slovacchia, Romania e Repubblica ceca (cfr., dati eurostat 2007). Le prospettive Una considerazione a parte merita la condizione femminile: in media in Europa le laureate (donne) superano i laureati (uomini) di oltre un terzo. L'Italia si colloca oltre la media dell'Europa occidentale, in linea con i paesi dell'area mediterranea (cfr., Dati Eurostat). Quindi donne più brave, ma poi l'impiego in posti adeguati non segue la stessa proporzione. Il sotto inquadramento femminile supera quello maschile (si veda a proposito del sotto inquadramento la tavola 8 a pag.14 del rapporto ISTAT su giovani e lavoro nel 2009). L'Italia è in netta controtendenza rispetto all'Europa per il collocamento femminile; in aumento la disoccupazione anche per le
neolaureate. (Tavola ISTAT - andamento occupazione 2009) La spesa E' noto che in educazione e formazione spendiamo meno degli altri: il 4,3 del Pil rispetto al 5,59 della Francia, al 4,50 della Germania e al 5,39 del Regno Unito (cfr., dati OECD). Per ogni studente universitario spendiamo 8.725, contro gli 11.568 della Francia, i 13.016 della Germania, i 15.447 del Regno Unito (cfr., dati 2006 in dollari Usa). Per il personale di ruolo (docenti, ricercatori, tecnici amministrativi) la spesa annua è di 7.881.536 euro. (cfr., Rapporto CNVSU 2009). In conclusione, l'Italia spende meno rispetto ad altri paesi europei ma produce risultati molto inferiori. I dati confermano un gigantesco problema di efficienza del sistema. Ne consegue che limitarsi a reclamare carburante per una macchina destinata a sprecarlo, non ci sembra una grande idea. pa e pec 22.1.2011 Tutta colpa del '68 ? Il declino della scuola pubblica ? Tutta colpa di Don Milani, del '68 e di Rodari. La psicologia progressista avrebbe introdotto dalla metà degli anni '60 quei germi di democrazia, dialogo, egualitarismo responsabili del passaggio dal rigore al lassismo. Dopo i ripetuti interventi (e, ahimè, libri) della Mastrocola, oggi tocca ad un filosofo, Tullio Gregory, riproporre la questione sulle pagine del Corriere della sera. Si lamenta la scomparsa dei "maestri", sostiene Gregory, docenti in grado di comunicare ai giovani esperienze di lettura, un sapere fatto di date e dati, di 74 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
75
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
esercizi di memoria, disciplina nell'apprendimento. La pedagogia progressista avrebbe distrutto tutto questo consacrando il diritto dello studente all'ignoranza, demonizzando la valutazione, legittimando il rifiuto di ogni insegnamento normativo, in primis la scrittura in lingua italiana. Che Don Milani fosse un maestro niente affatto lassista è testimoniato dalle testimonianze e dagli studi sulla scuola di Barbiana, dove orari e ritmi di insegnamento erano incomparabilmente superiori a quelli di qualsiasi scuola media pubblica o privata. Che nelle affollate assemblee del '68 circolassero libri e si fosse tutt'altro che digiuni di sapere è cosa nota. Lo testimonia l'esplosione della saggistica nel mercato editoriale di quegli anni e il complessivo incremento dei consumi culturali giovanili. Se poi passiamo al lassismo della scuola italiana di oggi, forse bisognerebbe ricordare i dati sulle bocciature nelle prime classi delle superiori e dei conseguenti abbandoni (soprattutto nel sud). Ma il loro rimpianto è per la scuola ordinata e solida pre '68 o per quei prestigiosi, e sparuti, licei presenti in ogni città italiana? Lì docenti motivati e stimati svolgevano la loro missione educativa. Chi scrive ha frequentato uno di quei licei e appartiene ad una generazione che ha potuto conoscere quella scuola e quei docenti, ancora sulla breccia negli anni '70. Francamente, nessuna nostalgia. Si trattava nella maggior parte dei casi di uomini e donne demotivati, chiusi nel fortino di un sapere archeologico e mai condiviso, alieni dal dialogo e dall'esperienza, requisiti indispensabili dell'apprendimento. A me quelle aule ricordano i "queruli ricinti" di cui parla Parini nel Giorno, dove al posto dei pianti per le staffilate somministrate dai maestri scorrevano fiumi
di noia. Quella scuola non è più riproducibile, per due motivi fra tutti: non vi sono più quegli studenti, il sapere non è trasmissibile con quegli strumenti. L'apprendimento, ci piaccia o no, oggi avviene attraverso le molte strade fornite dalla società dell'informazione. La scuola per poter svolgere il suo ruolo non può negarle, né riproporre un microcosmo da novella accademia dell'Arcadia, mentre fuori tutto cambia. Se vogliamo continuare ad insegnare Ariosto e Tasso, come è giusto fare, dobbiamo porci il problema di come riuscire a farli interloquire con i nostri ragazzi. Non limitarci a reclamare il ritorno all'ordine del buon tempo antico. Niente di strano. Si tratta di utilizzare le risorse della didattica e della pedagogia. Sulle quali ogni buon docente dovrebbe interrogarsi prima di pronunciare un solo verso di Ariosto o Tasso. E allora vuoi vedere che i tanto vituperati Don Milani e Rodari possono tornarci utili? pa 12.3.2011 I riformisti e la scuola E' ora che la sinistra riformista italiana definisca una politica per la scuola al di là delle estemporaneità. Da dove è iniziato la confusione che ha portato in questi anni a non distinguere le politiche della destra da quelle della sinistra sulla scuola? Secondo noi, il vulnus non è scaturito né dalla legge sull'autonomia, né dall'introduzione di criteri di valutazione delle scuole e degli insegnanti. Qui entra in ballo l'Invalsi, l'istituto di valutazione del ministero sottoposto in questi giorni a feroci critiche da parte di tanti docenti che rifiutano la somministrazione dei test. 76 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
77
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Invece, la valutazione è l'unico aspetto dell'esperienza della scuola anglosassone, per il resto scadente, che vale la pena prendere in considerazione. La valutazione, se svolta correttamente, è indispensabile in ogni sistema che non voglia consumarsi nell'autoreferenzialità e quindi nel corporativismo. Nessuno pensa di licenziare chi non raggiunga determinati parametri di apprendimento, ma è necessario che ogni scuola sia consapevole della qualità del suo lavoro ed eventualmente si impegni a migliorarla. E per farlo non vi è altro mezzo che la valutazione. Gli errori compiuti durante la breve stagione riformatrice del primo governo Prodi furono altri: si chiamano legge sulla parità e "concorsone" per la valutazione del merito dei docenti. Nel primo caso si è trattato di un vulnus gravissimo introdotto nel carattere pubblico dell'istruzione che ha spalancato le porte ad un fiume di denaro concesso a scuole private senza alcuna verifica sulla qualità dell'offerta; su questa scia si pone anche lo scandalo mai emerso delle scuole paritarie italiane all'estero. Nel secondo caso si è trattato di un progetto improvvisato, inadatto ad affrontare un tema tanto delicato. Il risultato, come sempre avviene quando i riformisti sbagliano il tiro, è stato un lungo vento demagogico che ha colpito anche le cose buone presenti nella stagione di Berlinguer (l'autonomia), peraltro largamente ispirata dalla Cgil. Ora, è tempo di fare chiarezza e riaffermare il carattere pubblico dell'istruzione e avere il coraggio di rimettere mano alla legge sulla parità, a condizione anche di un prevedibile, duro scontro con le gerarchie vaticane. Superare la logica dei tagli e del killeraggio nei confronti degli insegnanti, insieme ad
un impegno sulla valutazione, l'aggiornamento, l'organizzazione oraria della scuola italiana. E coinvolgere tutta la società italiana in una discussione sul valore pubblico della scuola. Quale tema migliore per la prossima campagna elettorale? Senza difensivismi, senza chiusure particolaristiche. Ricordando i grandi del passato, a cominciare da Don Milani, Gianni Rodari, Danilo Dolci, Mario Lodi che lavoravano per una scuola a misura di studente piÚ che di docente. pa 4.4.2011 La Scuola italiana e quei maestri dimenticati L' ADESSPI (Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana) fu fondata nel '59 da Aldo Capitini e raccolse il meglio della cultura laica e liberalsocialista: Calogero, Binni, Ragghianti, Spini e tanti altri. Oggi abbiamo la Mastrocola oppure gli sproloqui contro l'egemonia della sinistra nella scuola pubblica sul Corriere della sera. Manca una riflessione non ideologica sulla scuola che faccia da contraltare al corporativismo del mondo sindacale, Cgil compresa. Proposte che affrontino argomenti come l'aggiornamento dei docenti, la valutazione del servizio offerto da ciascuna scuola, l'innovazione didattica. Insomma, qualcosa che non riduca il discorso sulla scuola alla solita giaculatoria su tagli e stipendi. Forse è sbagliato il punto di vista. Quegli antichi 78 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
maestri, tra loro anche Don Milani e Danilo Dolci, partivano dalla centralità dello studente. Il resto veniva dopo. pa 12.4.2011
MATERIALI MAGAZINE
79
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Sulla difesa della scuola pubblica. Un discorso di Calamandrei Pubblichiamo il testo del discorso tenuto da Piero Calamandrei al III congresso dell'ADSN (Associazione per la difesa della scuola nazionale), tenuto a Roma il 20 marzo 1950. La questione scuola rappresenterà uno dei punti dirimenti la proposta dei riformisti alle prossime elezioni. E' il caso di aprire la discussione e chiarire il confine tra corporativismo e conservazione e una scuola pubblica più forte. "Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi
teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anatemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice di quelle di stato. E magari si danno premi, come ora vi dirò. O si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico". pa 15.4.2011 80 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
81
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Abravanel: parti uguali tra disuguali ? Roger Abravanel ha dedicato libri e molti articoli al tema della valutazione dei sistemi scolastici. Vi torna oggi sul Corriere. Partendo dalla ormai tradizionale contraddizione tra l'eccellenza dei risultati conseguiti agli esami di stato dagli studenti meridionali rispetto ai coetanei settentrionali e la risaputa disparità nella qualità dell'offerta scolastica, Abravanel propone due cose. Una teoricamente giusta, l'altra sbagliata. 1) Estendere anche all'esame di stato i test Invalsi per valutare su scale oggettiva i livelli di apprendimento conseguiti dagli studenti. Posto che i test siano svolti senza trucchi (garanzia offerta solo da commissioni completamente esterne), avremmo uno specchio fedele di quali scuole non funzionano e di cosa fare per farle funzionare meglio. 2) Creare un sistema di borse di studio che premi gli studenti più meritevoli in termini di profitto scolastico. E qua non ci siamo perché il rendimento scolastico è legato alla provenienza sociale. Chi viene da famiglie borghesi con buon livello d'istruzione ha infinite possibilità in più di conseguire buoni risultati. Né vale l'obiezione riguardo alla scarsa attendibilità delle dichiarazioni reddituali fornite dagli italiani. Che si trovino criteri attendibili, ma gli aiuti devono essere dati a chi ne ha bisogno. Fare parti uguali tra disuguali non si può, lo si diceva dalle parti di Barbiana. pa 2.8.2011
Sulla scuola chapeau al Pd Finalmente il Pd ne ha indovinata una. La posizione critica assunta di fronte all'ipotesi di decreto del governo sul merito scolastico è giusta. Vediamo perché. La priorità della scuola italiana non è premiare i migliori, anche perché i criteri di accertamento del merito sono tutt'altro che chiari. Sappiamo quanto influiscano le condizioni di partenza per cui rischiamo di valorizzare chi è già forte. Almeno non si pensi a "premi" per settore scolastico: le scuole delle aree svantaggiate separate dalle altre, quelle del nord, del centro e del sud. Inutile aggiungere che tutto ciò porterebbe a legittimare per decreto l'attuale apartheid. Se si vuole agire sul fronte della qualità, si individuino le scuole che operano in condizioni di particolare difficoltà e vi si destinino misure specifiche: incentivi ai docenti più esperti che vi si vogliano trasferire, dotazione aggiuntiva di docenti per scomporre le classi e mettere in atto interventi mirati, progettualità, fornitura di attrezzature per la didattica multimediale, interventi sugli edifici. E lì che si annida il nemico pubblico numero uno della scuola pubblica: la dispersione e lì bisogna contrastarla. Gli attuali strumenti di misurazione (i test Invalsi) vanno potenziati e calati meglio nella didattica, dovrebbero servire per capire dove siamo deboli e dove è necessario intervenire. Vi è poi lo strumento del controllo. Se vi sono scuole che non rispettano le regole (e ve ne sono, lo sanno tutti), che si mandino gli ispettori e, se necessario, si rimuovano dirigenti e docenti. Per il resto la rivoluzione potrebbe tradursi in una misura semplice, cavallo di battaglia di Don Milani e della migliore pedagogia anni '60. Aprire le scuole full time, con82 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
tinuare il lavoro didattico il pomeriggio (e l'estate) sottraendo i ragazzi, soprattutto quelli dei ceti meno abbienti che non possono permettersi lezioni d'inglese, di scherma, di tennis, al vuoto delle chat. Non ci sono le risorse ? Che si proceda per interventi campione, naturalmente partendo dalle emergenze. pa 3.6.2012
MATERIALI MAGAZINE
83
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Scuola: altro che 24 ore Le cifre dimostrano un fatto che a noi pare difficilmente contestabile: il problema della scuola italiana non è la mancanza di risorse, la spesa in istruzione del nostro paese è in linea con quanto spendono i paesi Ue (in percentuale sul Pil), 4,4 noi, 5% la media europea. Così pure il numero di studenti per insegnante (11.1. noi, 12.1 la media Ue). Sono dati Eurostat (Key data on education in Europe) pubblicati nel rapporto education at glance 2012, eacea.ec.europa. eu/ education/eurydice/.../key_data_series/134EN.pdf. Fanno riferimento a rilevazioni 2008 perché, come noto, la statistica non prevede rilevazioni in tempo reale. Il punto è che l'efficacia di un servizio non può essere misurata sulla quantità di investimenti fatti. Ciò che bisogna considerare è l'effettiva ricaduta su chi ne fruisce. Se usiamo come indicatori i Pisa test e i livelli di dispersione non possiamo essere soddisfatti. E allora c'è da chiedersi se è utile mettere soldi in una macchina che non ne fa buon uso. Soldi che, peraltro, non ci sono e non ci saranno nei prossimi anni. Per questo non condividiamo la diffidenza verso i privati. Proprio perché mancano risorse, certo entro un
quadro certo di regole, un impegno finanziario da parte delle aziende può essere auspicabile. Sarebbe da augurarsi che gli imprenditori italiani, piuttosto che pensare a guadagni speculativi, destinassero un po' di risorse alla scuola. Cosa vorranno in cambio? Non è difficile immaginare che un'azienda vorrà avere personale qualificato e formato per le sue esigenze. Avviene in tutto il mondo e anche nel nostro paese da anni e non risulta che la libertà d'insegnamento sia venuta meno. Problemi complessi che, però, a nostro parere non vanno affrontati iniziando dall'orario di lavoro e dalle retribuzioni del personale. Compito della scuola non è il mantenimento del personale (stabile o precario) quanto offrire un servizio valido agli studenti. Un buon punto di partenza sarebbe fare nostra la richiesta dell'abolizione del valore legale del titolo di studio che è all'origine dell'attuale omologazione fra istituti. Un altro chiedere l'aumento delle tasse universitarie in base al reddito visto che oggi sono i ceti medio-bassi (la fiscalità generale) a pagare gli studi dei ricchi. Per questi motivi non condividiamo l'ultima evoluzione della protesta in corso. Gli ulteriori dati nel link di seguito sono tratti da la voce.info, un sito di economia di autorevolezza indiscussa: http://www.lavoce.info/articoli/-scuola_universita/pagina1003345.html. pa, pec 25.10.2012 84 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
85
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Quindicenni italiani nei test PISA: si può fare di piÚ I dati 2009 del programma PISA (in attesa di quelli 2012 per la verifica dell'ultimo triennio) raffrontano i livelli degli studenti europei nella lingua madre, in matematica e in scienze. I nostri quindicenni mostrano un sensibile miglioramento rispetto al 2003 e un lieve progresso sul 2006. Tuttavia non si possono suonare metaforiche trombe. Infatti il recupero non colma il divario con gli altri paesi e non mostra il raggiungimento di livelli accettabili. Insomma, ancora arranchiamo nella mediocrità . E dovremmo capire meglio come e dove sono stati ottenuti buoni margini di miglioramento per poter orientare nel modo migliore energie e risorse. Quelli citati sono dati del PISA (http://www.oecd. org/pisa/pisaproducts/pisa2009/pisa2009keyfindings.htm, disponibili anche in italiano sul sito INVALSI) ma segnaliamo un buon resoconto da un sito indipendente: http://noisefromamerika.org/articolo/alcune-primeosservazioni-sui-risultati-test-pisa-2009 pec 28.10.2012
86 MATERIALI MAGAZINE
visti, letti MATERIALI MAGAZINE
87
88 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
T
visti, letti
scuola
eco
A serious man Trasportare il libro di Giobbe nel Minnesota del 1967 alternando racconti yiddish e la voce di Grace Slick. Lo hanno fatto i fratelli Coen nel loro ultimo "A serious man", un film esemplare su come si può raccontare l'identità religiosa. Chissà che il nostro cinema (Bellocchio a parte) non trovi ispirazione per uscire dalla morsa intimismo – denuncia. pa 30.12.2009
MATERIALI MAGAZINE
89
religione aperta
maestri
Il libro di Morando sui riformisti del Pci: una recensione In un volume piacevole e assai documentato dal titolo “Riformisti e comunisti? Dal Pci al Pd. I miglioristi nella politica italiana” (Donzelli, 2010), Enrico Morando ricostruisce il contributo fornito alla sinistra da un gruppo di dirigenti che si richiamavano alla lezione di Giorgio Amendola. Morando è stato un giovane esponente di quel gruppo capeggiato da Giorgio Napolitano. E la rievocazione delle vicende che caratterizzarono il quinquennio 1989-1994 ci aiuta a fare i conti con la memoria. Cosa
sempre utile anche per evitare – come scrive Biagio de Giovanni nell’introduzione - le repliche dure o ironiche della storia. La tesi che l’autore propone è che la componente riformista del Pci-Pds avrebbe potuto svolgere una funzione determinante nel costruire un partito come perno dell’alternativa al centrodestra perché il potenziale innovativo – di cui i suoi esponenti erano portatori – era maturato ben prima della svolta dell’89. Eppure tale contributo non ci fu nella misura che sarebbe stata necessaria se solo in questi ultimi anni si è potuto dar vita al Pd e concludere – almeno per quanto riguarda il nuovo soggetto politico – la lunga transizione avviatasi con la caduta del Muro di Berlino. Morando s’interroga su questa sorta di autolimitazione e individua tre ragioni essenziali del suo manifestarsi: 1) la concezione del partito che fa della sua unità un feticcio, una priorità assoluta a dispetto dello stesso superamento formale del centralismo democratico, e del suo “centro” un luogo politico vocato a governare quasi per diritto naturale da condizionare senza mai sfidarlo con chiare alternative di linea e di personale politico; 2) la scelta di porre l’accento sugli elementi di continuità con il percorso originale del Pci e, in particolare, della destra comunista nel marcare una distinzione con il confuso “nuovismo” di Occhetto, sacrificando però a questa esigenza tattica l’affermazione esplicita di un’idea di partito che assumesse la socialdemocrazia per quella che era nella vicenda europea e cioè un’idea antitetica al comunismo; 3) la riluttanza ad acquisire il socialismo liberale come terreno di ricerca del nuovo partito, confinandolo invece 90 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
91
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
in uno spazio politico e culturale altro da sé con cui confrontarsi soltanto. La parte più utile per l’oggi è ovviamente la terza se dopo vent’anni il nostro paese non ha ancora conosciuto la sua rivoluzione liberale. Ma l’analisi delle due prime ragioni di difficoltà – concezione del partito ed eccesso di continuità – aiuta i più giovani a capire meglio la tortuosità della trasformazione del Pci in un partito effettivamente diverso da quello precedente. Mi soffermerò sul terzo motivo del ritardo per la sua attualità. Morando racconta come i miglioristi – esponenti del Pci che escludevano la prospettiva della fuoriuscita dal capitalismo e agivano per migliorare la situazione esistente propugnando politiche riformiste – cercassero una sintesi tra liberalismo e socialismo democratico. Agivano però con le cautele necessarie per rendere quell’innovazione compatibile con la loro appartenenza a un partito comunista, quasi mimetizzandole. E contribuivano in tal modo essi stessi a non rendere visibili e attrattive la loro ricerca e le loro posizioni dentro e fuori il partito. L’autore ricorda come già nei primi anni ’80 Salvatore Veca avesse incominciato ad offrire gli strumenti culturali per misurarsi con l’individualismo di massa esploso a seguito del ’68 e avesse introdotto nella riflessione pubblica italiana il pensiero di Rawls. Una ricerca che, in coincidenza con la caduta del Muro di Berlino, si riversa nel fortunato volume di Martinelli, Salvati e Veca “Progetto ’89. Tre saggi su libertà, eguaglianza e fraternità” che pone con forza l’esigenza di elaborare una sintesi tra socialismo riformista e liberalismo. Morando richiama, inoltre, le concomitanti ricerche di Ranieri e Minopoli sul pensiero di Edward Bernstein e Carlo Rosselli e sul tenta-
tivo impossibile compiuto da Amendola nel suo percorso politico e culturale di coniugare comunismo e liberalismo, nonché i saggi di Napolitano sull’esperienza della solidarietà nazionale, in cui egli riflette sul tabù della “centralità del lavoro” e sui primi tentativi compiuti da lui stesso nel 1977 di metterlo esplicitamente in discussione per assumere nelle politiche di riforma una visione completa del cittadino non solo come produttore ma anche come consumatore e risparmiatore. Puntigliosamente l’autore conduce la sua indagine sull’evoluzione della cultura politica dell’area riformista ricostruendo la vicenda dell’Alleanza democratica come soggetto politico dell’alternativa di governo, la nascita del Centro di iniziativa del Socialismo democratico e liberale in Alleanza democratica, con Giorgio Ruffolo ed altri esponenti di area laica e socialista, e la scelta del Pds di restringere la coalizione in quella dei Progressisti, un’alleanza di sinistra-sinistra che porterà alla vittoria di Berlusconi nel 1994. E’ in quel frangente che prende corpo tra i miglioristi una discussione sulla natura del partito riformista attorno al quale organizzare il nuovo centro-sinistra: un nuovo partito socialista che si allea con altri soggetti politici o un partito che nel costruire un’alleanza di governo pone le basi per un nuovo soggetto politico che sia esso stesso di centrosinistra? Una divaricazione sulla natura del nuovo partito che però fa salva la politica (la costruzione di un vasto schieramento progressista di centro-sinistra, attorno a un grande partito riformista che ne costituisca l’asse e ne garantisca la guida) e le politiche (oltre il vecchio paradigma socialdemocratico, per coniugare eguaglianza ed efficienza, in una nuova alleanza tra meriti e bisogni), su cui vi era una so92 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
93
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
stanziale unità di vedute. Ma quella divergenza sulla natura del nuovo soggetto politico portò allo scioglimento dell’area riformista, determinando di fatto l’irrilevanza politica dell’iniziativa dei singoli dirigenti. Né si ricomporrà quando nel 2001 Morando presenterà una mozione al congresso di Pesaro per sfidare apertamente Piero Fassino e Giovanni Berlinguer su chiare posizioni liberalsocialiste, proponendo un nuovo soggetto politico coi geni di quello che sarebbe stato il futuro partito democratico. Fu davvero inevitabile far discendere dalla diversità di vedute sulla natura del nuovo partito la scelta di non agire più come componente riformista proprio nella fase in cui si stava per dar vita all’Ulivo e il nuovo centro-sinistra si preparava a governare il Paese? E’ racchiuso, a mio avviso, in quella decisione il succo della vicenda dei miglioristi: il fallimento della loro iniziativa non fu solo il frutto di un’autodifesa e di una sorta di ritrosia a non apparire come quelli che aprivano alla deriva socialdemocratica ma anche l’esito inesorabile – condiviso con la maggioranza del partito - di una presunzione e di un senso di autosufficienza perfino nel promuovere una cultura liberalsocialista. Nel Pci-Pds quella cultura era quasi completamente assente se non in tracce molto limitate che si potevano ritrovare in singole personalità, come Amendola e Napolitano, e in giovani esponenti predisposti all’innovazione che però dovevano alimentare l’ansia di mutamento dialogando e collaborando con forze esterne al partito. L‘errore fu nel non aver ritenuto necessario già in quel momento sciogliere l’esperienza comunista in un nuovo partito che, unificando i diversi filoni riformisti della nostra storia repubblicana, ampliasse le forze culturali da impe-
gnare nella ricerca di una sintesi del liberalismo democratico, cattolico e laico, e del socialismo democratico. Se i miglioristi fossero rimasti uniti anche su questo punto, probabilmente la cultura liberalsocialista si sarebbe affermata più facilmente; ed oggi nel Pd - che comunque è stato creato - non assisteremmo al triste spettacolo di una dialettica interna tutta fondata sulle vecchie culture di provenienza: un modo di stare insieme come separati in casa, coltivando ciascuna parte l’antico vizio della presunzione autoreferenziale. Nel ricostruire il filo del dibattito culturale che ha visto coinvolta l’area riformista del PciPds, Morando affronta un tema di grande interesse su cui si è ancora riflettuto poco: il ’68 come grande occasione perduta dal Pci per rinnovare profondamente la propria cultura politica. Ne ha parlato qualche anno fa Biagio de Giovanni sostenendo una tesi condivisibile: se la Dc di Moro e il Pci di Berlinguer avessero assunto nella propria politica la centralità delle libertà e dei diritti dell’individuo che il ‘68 proponeva, si sarebbero forse collegati con un pezzo forte e nuovo della società italiana e avrebbero contribuito a fare uscire il Paese dall’immobilismo politico e sociale. Non lo fecero. E Craxi, che pure dette l’impressione di aver compreso l’importanza di quella corrente di mutamento che scuoteva il Paese, non si mise in condizione di approfittarne. In un saggio intitolato “Il ’68 delle campagne” avevo anch’io affrontato questo tema, mettendo in risalto le radici agricole della dimensione individuale di massa e l’incapacità della politica di offrire una risposta a quella profonda aspirazione antiautoritaria e libertaria che era emersa a metà degli anni ‘60 nella società italiana - nelle sue diverse pieghe: dalle campagne 94 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Due letture di "Canale Mussolini" Pubblichiamo di seguito 2 testi sul romanzo di Pennacchi. Il primo, già pubblicato, è di Paolo Allegrezza ed ha suscitato la replica contenuta nel secondo, il cui autore è MATERIALI MAGAZINE
95
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
alle fabbriche e alle università - profondamente provata da un processo accelerato e caotico di modernizzazione indotto dai grandi soggetti collettivi del secondo dopoguerra. Morando annota con amara ironia come sia stato Berlusconi, a modo suo, a dare una sponda alla domanda di libertà dell’individuo che veniva da quell’onda lunga. Ma né l’Ulivo né il Pd, se non in alcune sue componenti molto ristrette, contemplano una presenza autentica di cultura liberale e socialista. Eppure la lunga transizione finirà solo quando questi due filoni, oggi dispersi in mille rivoli, daranno finalmente vita ad una nuova cultura politica che sappia gestire quella rivoluzione liberale che il Paese ancora attende da così lungo tempo. Il pensiero politico ed economico di autori liberaldemocratici come Martha Nussbaum, Amartya Sen, Robert Nozick non è mai arrivato nel nostro paese. Manca una riflessione pubblica sui temi della bioetica, sul rapporto tra società dell’informazione e democrazia, sulla relazione tra efficienza e solidarietà, sul pluralismo degli ethos del mercato, da quello utilitaristico fondato sul reciproco vantaggio a quello dell’economia civile fondato sul mutuo aiuto. Ora che i grandi mutamenti del mondo hanno modificato il senso di tante cose, il libro di Morando, insieme ad altri pochi recenti contributi, può aiutarci a riaprire la discussione. ap 23.07.2010
Franco Scarnati. Le successive controrepliche sono in forma di commento. Il tutto preceduto da un'intervista all'autore. Il romanzo di Antonio Pennacchi vincitore del premio Strega, è un libro che affonda le radici nella storia italiana. Racconta la vicenda di una famiglia di coloni padani dall’inizio del secolo al secondo dopoguerra e della loro granitica, irriducibile adesione al fascismo. E’ questo il punto forte della narrazione. La descrizione dal di dentro di come il fascismo fosse compenetrato alla dimensione materiale della piccola borghesia padana (i Peruzzi sono mezzadri). Secondo Pennacchi i Peruzzi, combattenti tra gli arditi nella prima guerra mondiale e successivamente vittime dei patti “vessatori” imposti dalle leghe agrarie socialiste, non potevano non dirsi fascisti. Un’adesione istintiva, come quella di tanti italiani, che gli permise di trovare nel regime la risposta semplificante e comoda ad una realtà che ai loro occhi si andava ingarbugliando troppo. Di qui l’incondizionata fiducia dei Peruzzi nel Duce e nel loro mentore e conterraneo, Edmondo Rossoni. Il gerarca ferrarese dà loro la terra e gli offre l’opportunità di emigrare nell’Agro pontino, appena bonificato. Come novelli puritani chiamati a colonizzare territori selvaggi, i contadini venuti dal nord ingaggiano una dura competizione contro “i marocchini”, gli autoctoni ostili, oppressi quanto e più di loro da una fame secolare. Ma dovranno lottare anche contro la malaria, le alluvioni, gli investimenti sbagliati, le storture della burocrazia di regime. Il punto è che i Peruzzi sono fascisti in carne ed ossa e persino simpatici, con i quali è impossibile non solidarizzare. Il fascista che non ti aspetti. Viene in mente, come loro opposto, il personaggio dello 96 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Caro Paolo, la tua recensione su "Canale Mussolini" non mi ha convinto. E' - il libro dal mio pdv- una rivisitazione del ventennio del fascio e del mito dei fascistissimi, della guerra coloniale, della bonifica per una rivalutazione e riabilitazione MATERIALI MAGAZINE
97
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
squadrista rampante impersonato da Donald Sutherland in Novecento di Bertolucci, un piccolo borghese perverso e disumanizzato che è facile odiare. Anche Pericle Peruzzi, il giovane maschio capobranco, durante una spedizione punitiva uccide un prete in quel di Comacchio. Ma lo fa senza pensarci troppo, rispondendo a quella legge della violenza che regola i rapporti umani di cui lui per primo è vittima. Quell’atto non avrà grandi conseguenze, Pericle continuerà ad essere convintamente fascista ed, anzi, ad ottenere per quei suoi antichi servigi un trattamento di favore per sé e la sua famiglia quando si dovranno assegnare le terre in Agro pontino. E’ qui che il romanzo si dimostra in grado di raccontare una sua “verità” che fa della storia dei Peruzzi la storia di un clan abbarbicato nella difesa del suo interesse. Il contrario di una dimensione epica. In fondo, i Peruzzi sono ben calati nei secoli di storia italiana con il loro pregi e non pochi difetti. E in loro non difetta certo l’opportunismo. Appaiono più vicini agli italiani descritti in film come La grande guerra o Tutti a casa, piuttosto che all’epos, quello sì, di Roma città aperta o de La terra trema, con quella forte scommessa sul ‘noi’. Il che nulla toglie al romanzo di Pennacchi che può essere letto come un capitolo di storia degli italiani dal punto di vista di chi (almeno politicamente) ha perso. pa
del periodo e dei suoi protagonisti, tutti contadini "spontanei", tutto condito in una epopea contadina col/nel mito sacrale della terra e della terra coltivata, pascolata, trainata dalla fatica industriosa della famiglia Peruzzi, nonna e nonnino compreso. Solo che l'eroe della narrazione è lo zio Pericle, riconosciuto stimato e considerato dal fascio locale e non, per meriti acquisiti sul campo, e cioè perché spara sulle case del popolo, ammazza a bastonate il parroco dissidente, (per ordine del fascio, e non solo di quello locale ma per suggerimento dall'alto, che confessa piangente il delitto alla fanciulla che l'aveva sempre respinto e quindi il delitto si colora di rosa e di confetti) ed è pronto a tirar fuori il coltello nelle risse tra poveri. E la voce narrante, un nipote della famiglia, te lo propone con simpatia, come un sano ed energico contadino, buon lavoratore eccetera eccetera, che infila in vicende certo un poco burrascose e movimentate, forse anche deprecabili, ma piene di avventura ed appassionanti, alla fine perché no eroiche (magari con qualche contraddizione che per decenza viene velocemente infilata in commento). E il linguaggio della voce narrante è quello che tiene il tutto, perché è altrettanto "spontaneo", ingenuo, semplice, immediato, direi proprio parlato con frequenti usi dialettali che rendono le vicende e il protagonista e i protagonisti compreso lo zio Adelchi eroe d'Africa- tutto vero autentico condivisibile "simpatico". E questa è l'abilità vera dell'Autore: siamo di fronte a testimonianze vere e proprie che raccontano loro, con la loro voce, la loro appassionante e bella storia fatta di fascio e di terra . E così tutto il famigerato "ventennio" viene impacchettato in una autentica rivalutazione, comprese le migliaia di morti delle paludi 98 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
pontine che vengono citati più che ricordati come "effetti collaterali" della magnifica bonifica fatta dal Duce, altro mito riprodotto a fianco della famiglia Peruzzi. Insomma, il libro e la sua premiazione mi sembrano un'abile operazione culturale e politica della Mondadori. Finito questo "pippardone" devo però precisare che quello che ti scrivo sin qui l'ho ricavato dalle prime trecento pagine, perché il libro non l'ho ancora finito. Il seguito a prestissimo. Inoltre, ti devo aggiungere che la rivista "Left", in una sua recensione del 27 Agosto N.3 dal titolo "L'epos verace di Pennacchi" pag. 59, condivide in sostanza il tuo punto di vista. fs 13.9.2010
MATERIALI MAGAZINE
99
religione aperta
maestri
visti, letti
Quei geniali creativi dell'Oulipo Il 24 ottobre nel 1960, nella cantina del " Vero Guascone" si ritrovarono sette amici matematici che avevano a cuore la letteratura, così nacque OULIPO ovvero " OUVROIR DE LITTERATURE POTENTIELLE". Sette amici erano François Le Linnais , Raymond Queneau, Jacques Bens, Claude Berge, Jacques Ducheteau, Jean Lescure e Jean Queval. Ancora oggi nel gruppo dell' OULIPO, si continuano a trovare e a produrre nuove forme e strutture letterarie. OULIPO è stato fondato per mischiare la matematica alla letteratura. Un esempio di unione tra matematica e letteratura è presente nel poema "Cent mille miliards": 10 sonetti con le stesse rime e una struttura grammaticale tale che ogni verso è intercambiabile con ogni altro verso nella stessa posizione. Un altro esempio è la poesia di Louise de Vilmorin, ove ciascun verso della prima strofa ha la stessa lettura fonetica del
corrispondente verso la seconda strofa: Au long des mois Par la Savoie Six Reines, alors riant, Paraissaient. L'une, saule et nue et tard, osa ces mots: "S'en va l'heure Oh, l'onde et moi" parla sa voix, quot, Sirenes à l'orient paressaient!!! Lune sous les nuèes, ta rose a ses maux sans valeur!!
100 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
Le teorie oulipistiche, hanno influenzato la struttura di alcuni libri di Italo Calvino, come ad esempio la "cornice" utilizzato per legare vari brani di "se una notte d'inverno un viaggiatore". Un altro punto oulipiano è il principio della campionatura della potenziale molteplicità del narrabile che sta alla base de "il castello dei destini incrociati". Calvino, purtroppo, non ha molti eredi nell'attuale scenario della letteratura italiana. pa 11.11.2010
MATERIALI MAGAZINE
101
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
La letteratura dell'osceno Aldo Nove, con "La vita oscena" ha scritto un libro che ci mancava. Mai finora la letteratura italiana aveva rappresentato con tanto nitore il nichilismo contemporaneo, la mercificazione delle relazioni su cui sembra impastarsi quest'ultima stagione della post contemporaneità. Merito di Nove è di avere rifiutato il facile bellettrismo consolatorio di tanti suoi contemporanei in nome di un realismo straniato e sperimentale che deve molto alla lezione di Balestrini. Tanto per fare nomi, una strategia letteraria opposta a quella dei Piperno o delle Mazzantini, incapaci di andare oltre gli scontati sentieri del romanzo borghese. "La vita oscena" è un romanzo di formazione che narra la discesa agli inferi condita di alcol, droga, sesso compulsivo di un giovane io narrante. Siamo nell'Italia degli anni '70 - 80, identica a quella di oggi. In un paesaggio urbano indifferente e disumanizzato in cui la funzione del comunicare ha perso ogni potenzialità. Il protagonista si inabissa in un percorso autodistruttivo che lo porta a sperimentare l'annullamento totale di sé nel consumo. Droga e
sesso diventano così i due idoli di una progressiva discesa nell'abisso dell'incoscienza. Fino alla bellissima scena finale della rinascita dal martoriato ventre materno di un doppio nel cui "sguardo vidi tutta l'ansia tutto l'orrore tutta la speranza tutto l'amore tutta la rabbia tutta l'impazienza tutto il desiderio che nel corso degli anni avevano attraversato il mio cuore". C'è molta pornografia nel libro. Raccontata come una sorta di potente narcotico in grado di lenire le fitte dell'angoscia. E' un tema tutt'altro che raro nella narrativa italiana contemporanea. Dall'intrattenimento frivolo di una Melissa P., ai rifacimenti sadiani (quanto sterili) della Santacroce, alla pornografia come allegoria del consumo e della perdita di senso di Scarpa (Kamikaze d'occidente). Un tema che però necessita di un forte filtro stilistico in grado di decontestualizzarlo, secondo la lezione delle avanguardie novecentesche. Da tutto ciò, dalla coraggiosa disamina del presente condotta con la forza "aperta" e dialogica dell'allegoria può ripartire una nuova ondata della letteratura italiana definitivamente riscattata tanto dal richiamo dell'idillio quanto da quelle, sempreverdi, della fuga dal mondo. pa 9.12.2010 Contro Piacentini In questo clima già abbastanza deprimente di per sé, tra Università assediate dall’esterno e vergognosamente incapaci di alcuna seria autoriforma, politica nazionale in attesa di nuovi rimandi per garantire poteri già logori, mafie e camorre strapotenti, di tutto si sentiva il bisogno eccetto che di questo convegno su Piacentini. Che, ricor102 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Alternative editoriali Vogliamo segnalare un nuovo sistema di produzione di libri, documentari, film offerto dalla rete, sul sito ProduMATERIALI MAGAZINE
103
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
diamolo è stato l’alfiere di una politica urbanistica e architettonica all’insegna del trasformismo, del monumentalismo, della pesantezza classicheggiante in ossequio ai poteri forti da qualunque parte (liberali, fascisti, democristiani) si affacciassero lungo il suo mezzo secolo di attività. Architetto e urbanista inoltre di scarsa originalità (il suo capolavoro è considerato l’Eur di Roma), è stato il grande affossatore della generazione dei razionalisti a cominciare da Giuseppe Terragni e poi proprio nell’Eur con l’estromissione di Giuseppe Pagano e Luigi Piccinato. Tra mille convegni interessanti perché proprio questo? Perché ora? I convegni sono sempre politici, diceva Zevi. E adesso più che mai. Rivendichiamo l’Antipiacentinismo di Ridolfi, di Albini, di Gardella, di Terragni, di Ricci dei più vitali interpreti della cultura architettonica italiana. Rivendichiamo l’Antipiacentinismo delle Torri di Viale Eritrea, del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, delle Unità di abitazioni di Libera! Rivendichiamo l’Antipiacentinismo dell’Asilo Sant’Elia! as 14.12.2010
zioni dal basso. Consente di finanziare un progetto pre acquistandone una copia. Considerando le maglie sempre più ristrette dell'attuale mercato editoriale, per non parlare dell'audiovisivo, si tratta di una possibilità tutta da esplorare. L'individuazione di nuovi strumenti costituisce un passo necessario per chi, come noi, vuole operare fuori dai consolidati meccanismi clientelari e corporativi tanto cari al nostro paese. pa 10.2.2011 Il "Diario" di viaggio dei Red onions Da qualche giorno, sul sedile della mia auto, mi tengo accanto e a portata di mano il “Diario di un uomo qualunque”. Lo so che non si può leggere mentre si guida… infatti, non si tratta di un libro o di un quaderno segreto perché questo Diario non va letto, ma ascoltato. Mi riferisco, in altre parole, al compact disc dei Red Onions: “Diario di un uomo qualunque”. Si tratta di un LP musicalmente legato all’influenza del blues e del rock anni ’70, in tutte le sue varie articolazioni, stretto dalle sonorità di quegli anni mescolate tra loro insieme ad un tocco di modernità che ne libera il suono e lo spirito stesso della band. I Red Onions sono una formazione rock-progessive nata a Perugia nel 2004 dall’incontro umano e artistico dei due chitarristi Leone Pompilio e Davide Grillo. Chi cercasse una originalità musicale dentro il sound dei Red Onions, forse la troverebbe nella particolare miscela dei vari suoni di diversa influenza uniti alla voce del cantante, vera sorpresa di questa giovane rock-band. Protagonista dell’album è il signor Beta, 104 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
105
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
anonimo uomo qualunque, preso come emblema di una collettività schiacciata dalle pulsioni, dagli istinti, dai tormenti dei singoli e della comunità. E’ la storia di un uomo qualunque che non riesce a farsi strada all’interno di una società asservita alle logiche consumistiche indotte alle masse e ridotte all’insoddisfazione personale per i tanti obiettivi, spesso ambiziosi, e mai raggiunti. Ma tutta questa frustrazione narrata nei testi manca di un più forte elemento di speranza e di riscatto e, quindi, finisce con l’incidere negativamente sulla capacità dei testi di farsi scrittura viva e non, come invece appaiono, espressione di suggestioni inanimate. Di conseguenza, le vicende di Beta risultano più raccontate per “sentito dire” che per essere davvero espressione di un sentire profondo, di un sentire dentro le viscere il mondo che ci circonda. Insomma, i testi cantati con grande forza dalla voce solista dei Red Onions sembrano fermi ad una realtà sociale e antropologica, civile e mass-mediatica, di dieci anni fa mentre, oggi, i cambiamenti in corso imporrebbero una percezione della realtà diversa, più vissuta guardando al futuro che rivolta al passato, anche se recente. Per fare un salto di qualità, questa promettente band multietnica avrebbe bisogno di testi più consapevoli dei mutamenti sociali in corso e di una storia più piena di speranza e sogno che di fallimento, più vicina alla luce che alle tenebre. Ma l’idea di mettere in musica la vita di Beta è ottima perché coglie uno spiraglio attraverso cui passa lo stile narrativo che potrebbe appassionare per la sua originalità, visto che l’ascolto delle chitarre e il tocco caratterizzante del basso elettrico accompagnano in maniera intensa il
personaggio lungo il suo percorso esistenziale, quasi come un Virgilio con il suo Dante. Il disco è ben suonato. Del resto, l’esperienza comincia a formarsi in quanto i Red Onions hanno all’attivo già numerose partecipazioni a eventi e concorsi, oltre che ad una compilation di produzione statunitense con il brano “Libero Fuori”. L’ultimo singolo “Canto Metropolitano” è stato accompagnato da un video apparso su numerosi siti e canali televisivi. pps 14.3.2012 PPP in salsa sado maso Piccola consolazione la mancata vittoria allo Strega del romanzo di Emanuele Trevi su Pasolini. Un'operazione furba costruita intorno al tema sempreverde della morte di PPP. Stavolta si parte da Salò e Petrolio per sostenere l'idea di un PPP propenso all'androginia sulla scorta dei misteri Eleusini. A latere la figura erinnica di Laura Betti, custode del fondo Pasolini e sadica interlocutrice dell'autore da giovane. Quale il senso di un'operazione del genere? Nessuno, a parte l'occhiolino strizzato al sado maso. Più utile sarebbe parlare di PPP scrittore e intellettuale e delle sue contraddizioni (non trascurabili, come notò a suo tempo Sanguineti). Ma i santi, meglio se torbidi, sono tanto confortanti e aiutano a vendere. pa 6.7.2012 Una storia (faziosa) d'Inghilterra di Chesterton Ripubblicato, dopo la prima edizione del 2003, Breve storia d'Inghilterra di G.K. Chesterton, (Rubbettino). Non è 106 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra visti, letti
scuola
eco
un testo per specialisti ma l'intervento di uno dei più importanti intellettuali inglesi di primo ‘900 del tempo che sente il bisogno di scrivere per illuminare il lato nascosto, dimenticato della storia del suo Paese. Due i bersagli polemici scelti: il primo si connette alla falsa origine anglosassone del popolo inglese sovrapposta dagli storici dell'Ottocento, con un'abile operazione culturale, al passato romano e cristiano, il secondo concerne il controverso ruolo assunto dall'aristocrazia nel Settecento; se per un verso fu la protagonista della definitiva affermazione del parlamento e della costruzione dell'impero, per un altro legò sempre più le sorti del Paese alla Germania contribuendo al definitivo distacco dell'Inghilterra dalle sue origini cristiane. pa 9.7.2012
MATERIALI MAGAZINE
107
religione aperta
maestri
Un sogno di libertà: il 1647 a Napoli secondo Villari "Un sogno di libertà", il libro che raccoglie e sviluppa pluriennale ricerca di Rosario Villari sul regno di Napoli negli anni della dominazione spagnola, è una lettura indispensabile per capire la storia del mezzogiorno. Un affresco ampio, di ben 665 pagine, alla maniera delle sintesi proprie della storiografia anglosassone. In più con una facilità di scrittura che ne esalta la dimensione divulgativa. Il pezzo forte è costituito dai dodici capitoli nuovi che estendono il lavoro originario uscito nel '67 alla trattazione della rivolta
anti spagnola del 1647. Cosa può trovare nel libro il lettore non specialistico ? Innanzitutto, la traccia di una costante aspirazione alla libertà che trovò nel popolo e nella borghesia cittadina i suoi interpreti. Moto riformatore e rivoluzionario, tra i due vi è continuità, con protagonisti uomini di stato e intellettuali come Tommaso Campanella. Quest'ultimo, ricondotto alla sua dimensione di studioso avveduto e lucido, prima di farsi sostenitore della rivoluzione fu un tenace assertore delle riforme in senso anti feudale, per l'estensione della sfera di intervento e influenza della monarchia. Anche il banditismo si rivela come un fenomeno di lungo corso, altro che espressione di rivolte sottoproletarie come lo si è voluto interpretare in chiave anti risorgimentale. Fu espressione degli interessi del baronaggio, da essi alimentato in chiave anti regia, strumento della difesa del vecchio ordine. È quindi sfatato il mito dell'inerzia meridionale rispetto al potere, mente si conferma quello della difficoltà di dare a questo disagio il volto di un progetto politico. Limite che ha riguardato anche i due più consistenti movimenti politici che il mezzogiorno ha espresso nell'ultimo sessantennio: quello di occupazione delle terre nel secondo dopoguerra e, seppure prevalentemente siciliano, quello anti mafia dei primi anni '90. L'altro elemento riguarda la dimensione esterna della rivolta e della deflagrazione del potere spagnolo. Il moto napoletano del '47 si svolge mentre sta giungendo 108 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra visti, letti
scuola
eco
a termine la guerra dei trenta anni, evento che ridefinisce la geografia politica europea e segnò l'esaurimento di un sistema ormai anacronistico e troppo inefficiente come quello spagnolo dimostratosi, non in grado di reggere al processo di globalizzazione da lui stesso innescato. Anche oggi la pressione della forza esterna spazza via un mondo, ma non è la fine della storia e la definitiva vittoria del capitalismo finanziario, come vorrebbe un certo pensiero apocalittico di moda in questi anni. Si sta giocando una nuova partita al centro della quale vi è il più gigantesco processo di secolarizzazione che l'umanità ha probabilmente conosciuto (come dimostra ciò che sta accadendo in Cina e nel mon- do islamico), in cui entrano in gioco fattori economici, scientifici, religiosi. Toccherà alla politica, sempre in occidente, elaborare un modello di governo all'altezza di questa sfida in grado di proporre una nuova idea di sovranità, non più legata allo schema degli stati nazione. Dalla guerra dei trenta anni uscì vincente quel modello, dal rivolgimento dei nostri giorni potrebbero scaturire nuove forme di governo di livello extra nazionale. pa 17.8.2012
MATERIALI MAGAZINE
109
religione aperta
maestri
Leggendo Infinite Jest Forse David Foster Wallace, prima di morire suicida nel 2008, aveva trovato la chiave per raccontare il futuro presente che ci aspetta. Lo ha fatto con Infinite jest, il romanzo uscito nel '96 e considerato ormai una delle opere fondamentali di questa nostra età liquida. La storia ruota intorno al tema della dipendenza, sviluppato dentro due luoghi claustrofobici: l'accademia di tennis Enfield e
la Casa di recupero Ennet. Individui inebetiti dalle droghe e dalla perdita di senso, immersi in un mondo in cui neanche il calendario è sottratto allo strapotere delle corporations, si aggirano in un nord america sommerso dai rifiuti (ribattezzato ONAN) e per questo assorbito dal Canada. DFW lavora per accumulazione di materiali narrativi segnati dal costante ricorso alla digressione, secondo una modalità che ricorda Joyce. Anche questa volta, come nel primo '900, il romanzo ha colto potentemente la realtà nelle sue pieghe più profonde ed è riuscito a mostrarcela? Come Proust, Svevo, Kafka, Musil, i grandi che ci svelarono la perdita del baricentro, il nuovo orizzonte obliquo e relativo nel quale avremmo dovuto imparare a muoverci. E l'importanza della malattia, si pensi alla centralità di questo tema nella Recherche, per capire il rapporto tra il soggetto e il mondo. Se è così, se il tema della dipendenza e quello conseguente della etero direzione sono la cifra dell'oggi, allora il romanzo di DFW ci può aiutare a demistificare il reale. Come sa fare la grande letteratura. Cominciando dalla messa in discussione, tema caro a DFW, dello strapotere dei saperi specialistici che ingabbiano il reale. E da lì partire, rimettere in campo una qualche ipotesi di liberazione che non può coincidere certo con gli scenari descritti dai vari revival filosofici anti capitalistici sostenuti dalle periodiche ondate dei movimenti. Piuttosto riposizionarsi e ripartire da una scala 110 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
111
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
ridotta, fondata sulla foucoultiana cura di sé e su una costante, inesausta pratica libertaria. Sulle nostre menti e sui nostri corpi. Perché se il futuro è quello immaginato da Infinite jest, allora è proprio della libertà che occorre occuparci. pa 21.8.2012
112 MATERIALI MAGAZINE
maestri MATERIALI MAGAZINE
113
114 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
C
MATERIALI MAGAZINE
115
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Mario Paggi Chissà se oggi, a distanza di dieci anni che sembrano un’era geologica, Walter Veltroni riproporrebbe il pantheon della sinistra presentato al congresso torinese dei DS, nel gennaio 2000.Molto probabilmente no, se non altro perché la spregiudicata sintesi culturale lì tentata non è certo riuscita ad imporsi “come narrazione”, per dirla alla Vendola. Piuttosto che cercare un’improbabile sintesi tra Berlinguer, Don Milani, Lennon e Kennedy sarebbe stato più saggio volgere lo sguardo a casa nostra. A quel novecento italiano appena concluso, più specificamente alla galassia laico - azionista che di contaminazioni fra culture politiche ne aveva tentate, eccome. A dire il vero la considerazione e le citazioni nei riguardi del filone giellista dell’azionismo non erano mai mancate nel dibattito dei postcomunisti. Figure come Foa e Galante Garrone, provenienti dall’esperienza di Giustizia e Libertà, o Bobbio, giunto al Partito d’Azione sulla scia del liberalsocialismo di Calogero e Capitini, godettero di vasto e meritato riconoscimento. Ma la vicenda del P.d.A. non è, come la storiografia più recente ha ampiamente sottolineato, risolvibile nel solo ambito del socialismo liberale. Spicca, nelle varie riscoperte del riformismo novecentesco successivo al 1989, il disinteresse della sinistra italiana nei riguardi del filone liberaldemocratico dell’azionismo, espresso da figure
come Ugo La Malfa, Adolfo Tino, Carlo Ludovico Ragghianti, e soprattutto dal piccolo gruppo di Stato Moderno, la rivista di Mario Paggi edita tra il ‘44 e il ‘49. Eppure, volendo andare alla ricerca di incunaboli e possibili padri nobili del partito democratico, i liberaldemocratici, utilizzando un’espressione nella quale probabilmente molti di loro non si sarebbero riconosciuti, avrebbero pieno titolo ad essere considerati. Sulle pagine de Lo Stato moderno si discusse a lungo della nascita in Italia di un partito democratico ed, anzi, nella mancata evoluzione in quel senso del P.d.A., fu individuata la causa del suo fallimento. La stessa polemica che vide coinvolti Lussu e la componente giellista da una parte, e dall’altra la destra azionista (termine che necessiterebbe di ulteriori specificazioni poiché si trattava di uno schieramento tutt’altro che privo di differenziazioni, come dimostrano le diverse scelte compiute da Paggi e La Malfa all’indomani del congresso azionista del marzo ‘46) ha più di un interesse per i riformisti italiani che sessanta anni dopo sono impegnati nella costruzione di un partito democratico. Perché era posta lì una questione che ancora oggi appare aperta: quale identità per un partito riformista collocato nel campo delle forze progressiste che ambisca a svolgere una funzione maggioritaria? Paggi, nel ‘44, sintetizzò la questione nella felice formula che richiamava al dilemma azionista tra grande partito democratico o piccola eresia socialista (novembre 1944). Sottintendendo la necessità di emanciparsi dall’ipoteca marxista e classista che identificava allora la sinistra socialista e comunista. Dopo il 1989, e dopo la conclusione dell’esperienza della sinistra clintoniana e blairiana, non è più tempo di 116 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
eresie, né di modelli forti cui fare riferimento. La domanda da porre oggi riguarda piuttosto quale partito democratico si voglia costruire. pa 10.3.2010
MATERIALI MAGAZINE
117
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Riflessioni sulla lettera di Meneceo a Epicuro In quanto la filosofia si interroga su ciò che è il Bene per l'uomo e sulle condizioni della sua Felicità, essa ha riflettuto anche sulla Paura, passione che ha animato, anima l'uomo, condizionandone l'azione, il pensiero, le scelte. Nel corso del tempo le paure dell'uomo mutano. In ragione delle sue conoscenze, del cambiamento del mondo in cui vive, egli si sente minacciato da pericoli diversi. La Lettera a Meneceo di Epicuro, che visse tra il 341 a.C. e il 270 a.c., dunque in età ellenistica, vuole essere una sorta di formula per liberare l'uomo dalle paure più comuni: la paura degli dei, la paura della morte, la paura del futuro. Liberato da queste paure l'uomo raggiunge la tranquillità dell'animo, la Felicità. Epicuro fa riferimento ad un'idea di Felicità alla quale è estraneo ogni riferimento alla dimensione politica e sociale dell'uomo, la sua Etica è “a-politica”, in quanto svolta con lo sguardo fermo alla vita interiore dell'uomo. Epicuro persegue un fine individualistico della tranquillità dell'animo e di Felicità. Senz'altro questa impostazione è legata al momento storico- politico in cui la filosofia di Epicuro nasce. Epicuro opera in età ellenistica (III a.c.- I d.c.), apre la sua scuola “Il Giardino” ad Atene nel 306 a.C.: ● Conquista della Grecia da parte di Alessandro Magno:
si spalanca un mondo vastissimo e multiforme, che porta con sé la fine delle forme istituzionali dell'Ellade. ● Morte di Alessandro e frantumarsi del suo impero. ● Creazione dei regni ellenistici. ● Alla democrazia assembleare ellenica si sostituiscono monarchie assolute di stampo orientale. ● L'uomo greco non è più cittadino ma suddito, non è più l'artefice della vita pubblica. ● Decadenza della polis. ● La vita politica non ha più il suo centro entro i confini delle città-stato ma si svolge nei grandi centri cosmopoliti. ● Trasformazioni economiche-sociali: indebolimento del ceto medio: la ricchezza si concentra nelle mani dei pochi asserviti al nuovo potere. ● Avvenimenti di portata mondiale si intrecciano a beghe di corte e locali. Si genera un clima di incertezza, il destino politico dell'uomo, il vivere sociale sembra in balia del caso o comunque di forze su cui l'azione del singolo o del gruppo cittadino non può avere alcuna influenza. Non si ha più fiducia nella possibilità di razionalizzare, di dare ordine alla vita sociale. Lo stato offre ancora al cittadino un luogo in cui vivere ma non più il contenuto della sua vita. Lo sguardo dell'uomo si sposta sulla vita interiore. La filosofia dell'epoca rispecchia questo mutamento, e rintraccia un suo compito nell'andare incontro alle inquietudini dell'individuo, nel dare un messaggio di saggezza e serenità capace di guidare il vivere quotidiano dell'individuo che non ha più questa guida nella sua partecipazione alla vita della polis. L' uomo chiede alla filo118 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
119
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
sofia una visione del mondo funzionale alla sua vita, utile alla sua condotta. L'etica di Epicuro risponde a questo nuovo bisogno, propone la formula per liberare l'uomo dall'inquietudine in cui la storia lo ha trascinato, assecondando questa tendenza a cercare dentro di sé, lontano dal tumultuoso disordine esterno, la soluzione per liberarsi dalle sue paure. Le vicende politiche servono ad Epicuro solo per riconoscere i mali da cui il saggio deve preservare il suo animo per conquistare un'imperturbabile serenità. 1) La Lettera a Meneceo si apre con un'esortazione sia al giovane che al vecchio a filosofare, in quanto la filosofia è riconosciuta come lo strumento che conduce alla salute dell'anima e, dunque, alla felicità. La vita del vecchio si volge più al passato e quella del giovane di più al futuro. E' la filosofia a far sì che il primo non si perda nel rimpianto, suggerendogli di godere dei beni trascorsi. I piaceri, i beni trascorsi sono una certezza della quale bisogna essere grati alla vita. Allo stesso modo è la filosofia a placare l'ansia del giovane, liberandolo dalle paure e da quei turbamenti e desideri che possono renderlo infelice, consentendogli così di non temere l'avvenire. 2) La paura degli dei: Epicuro non nega la loro esistenza, anzi la considera evidente, tant'è che considera ognuno in grado di considerarne l'essenza in base alla nozione innata che ne abbiamo. Il divino è eterno e beato, è perfetto, pertanto del tutto estraneo alle nostre vicende. Concepire gli dei animati nei nostri confronti, mossi da sollecitudini e ansie significherebbe considerarli non
beati, il che sarebbe contrario alla loro perfezione. 3) La morte, altro oggetto di paura, non è nulla per noi. Quando noi siamo non c'è la morte. Quando c'è la morte non siamo più noi. Il non vivere non può essere per noi né un bene né un male, perché bene e male, identificandosi con il piacere e il dolore presuppongono la sensazione, laddove il non vivere, la morte è invece assenza di sensazione. Anche come evento futuro la morte non può essere considerata un male perché non si può considerare male nell'attesa ciò che non è un male quando si dà, quando è presente. Superata la paura della morte, il saggio può godere serenamente la vita, vivere saggiamente, cioè senza avere paura della sua mortalità. 4) L'etica di Epicuro si basa sulle passioni, è la passione che ci consente di distinguere il bene e il male. Il bene coincide con il piacere e il male con il dolore, l'uno è da ricercare l'altro da fuggire. I piaceri però hanno valore diverso, e spetta al saggio, al filosofo metterne in evidenza una discriminazione qualitativa. Vi sono desideri naturali e desideri vani, ovvero desideri ai quali non corrisponde alcun oggetto di soddisfazione nella realtà, in natura, “mulini a vento” : gli onori, il desiderio di potenza, di ricchezze. I desideri naturali, a loro volta, si distinguono in necessari e non necessari. Occorre limitare la soddisfazione ai soli desideri naturali e necessari, in quanto gli altri sono insaziabili, privi di limite e dunque incapaci di condurre al piacere. I desideri che dobbiamo soddisfare sono quelli che, soddisfatti, corrispondono a quel piacere che è la salute del corpo e la tranquillità dell'animo. I desideri naturali e necessari hanno un limite nell'as120 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
Libertà: una definizione Quello che segue è un breve estratto dalla riflessione di Isaiah Berlin sulla libertà (Libertà, Feltrinelli 2010, p. 33), MATERIALI MAGAZINE
121
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
senza di dolore; il piacere di cui parla Epicuro non è il piacere dei gaudenti e dei dissoluti, non corrisponde al processo di soddisfazione del bisogno, ma al bisogno soddisfatto, non ad un piacere in movimento, che è destinato ad essere infinito, ma alla stasi. Il massimo del piacere è posto non là dove il desiderio è più intenso, ma dove esso si è placato. Si raggiunge il massimo del piacere, la felicità quando non c'è più desiderio, bisogno, mancanza, dolore. 5) Chi è consapevole di tutto questo, si è liberato dalle false paure, sa quale è il piacere da perseguire, ha raggiunto la saggezza. Tale saggezza ha una funzione strumentale, è una sorta di ars vivendi, la regola per condurre una vita piacevole che comporta limitare i nostri desideri a quelli elementari, naturali, al necessario per non avere più bisogni, dolore. In questo modo, siamo anche liberi da esigenze per il soddisfacimento delle quali ci esponiamo all'azione della fortuna, alla volontà altrui, a falsi condizionamenti. In questo restringere la propria esistenza ai bisogni primari, trarre il proprio piacere dall'essenziale, in questa semplificazione della propria esistenza che non aggiunge niente al semplice esistere, l'uomo si mostra saggio, può accettare la sua mortalità senza tormento, e vivere senza dolore, trovando in se stesso la ragione della sua felicità. pc 24.3.2011
un utile punto di partenza nella definizione di un liberalismo interessato alla piena realizzazione della persona. "Il senso in cui io uso il termine libertà non comporta soltanto l'assenza di frustrazione (che si può ottenere sopprimendo i desideri), ma l'assenza di ostacoli alle scelte e alle attività possibili, l'assenza di ostacoli lungo le strade che una persona può decidere di percorrere. Una libertà di questo tipo non dipende in ultima analisi dal fatto che io desideri o no di percorrere una certa strada, o fino a dove desidero farlo, ma da quante porte mi sono aperte, dalla misura in cui sono aperte e dalla loro importanza relativa nella mia vita (anche se a rigore può essere impossibile misurare queste cose quantitativamente). La misura della mia libertà politica o sociale è data dall'assenza di ostacoli non solamente alle mie scelte effettive, ma anche a quelle potenziali - ostacoli al mio fare una certa cosa, se per caso scelgo di farla". pa 28.3.2011 Bianchi o Capitini ? Sulla crisi della Chiesa e sulle ragioni dello "scisma silenzioso", proponiamo due contributi utili a sviluppare una riflessione non convenzionale. Un recente intervento di Enzo Bianchi, pubblicato sulla rivista dei gesuiti Jesus, che affronta l'attuale disorientamento nella Chiesa e propone una sorta di tregua dei conflitti e una delle 49 lettere di 122 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
religione di Aldo Capitini, la n. 10 risalente al 1952. Due proposte molto diverse fra loro: la prospettiva del cammino all'interno della Chiesa, nel caso di Bianchi, una riforma religiosa (delle religioni) che superi ogni struttura di potere per aprirsi alla nuova spiritualità della compresenza in Capitini. (Cfr., Oggi alla chiesa manca il respiro di Enzo Bianchi e Lettera di religione n°10 di Aldo Capitini) pa 19.4.2011
MATERIALI MAGAZINE
123
religione aperta
maestri
visti, letti
Walter Binni Abbiamo già parlato di due figure dimenticate del mondo laico, liberale e socialista. Mario Paggi e Aldo Capitini. Ora vogliamo richiamare l'attenzione su Walter Binni, uno dei maggiori critici letterari del secolo scorso, ma anche militante politico. Un liberalsocialista coerente e testardo, antifascista e grande difensore della scuola pubblica. Come ce ne furono altri nel corso del '900: da Danilo dolci, a Bruno Zevi, a Carlo L. Ragghianti a Manlio Rossi Doria, Leo Valiani. La possibilità per i riformisti, per il Pd, di costruire un ethos comune nasce anche dalla capacità di ricordare e riconoscersi in figure come queste. E' in uscita un numero monografico de "Il Ponte" che lo riguarda, mentre nei prossimi mesi si preparano altre iniziative. pa 26.4.2011
Danilo Dolci Dopo Aldo Capitini e Walter Binni, continuiamo i brevi ritratti di liberalsocialisti con Danilo Dolci. Da anni completamente dimenticato, Dolci è stato un profeta della non violenza e del riformismo dal basso. Dal 1952 realizzò a Partinico, nella Sicilia profonda del latifondo, una straordinaria esperienza di "pedagogia civile" che culminò con la realizzazione della diga sullo Jato. Teorico della maieutica come arte (capitiniana) del confronto e della persuasione, fu grande sognatore e grande uomo del fare. pa 22.5.2011 Sinistra e lucida follia ? Riportiamo di seguito il testo di una lettera di Danilo Dolci ad Aldo Capitini del marzo 1954. Dolci e Capitini hanno un posto d'onore fra i "sepolti vivi" del nostro '900. Entrambi portatori di esperienze che avrebbero molto da dire - l'ascolto, l'ottica dal basso, la non violenza, la pratica del digiuno - a chi vuole provare a cambiare le cose (il Pd, i riformisti ?), ma spesso difetta della narrazione. "Trappeto, Caro Aldo sarebbe cosa bellissima che ai primi di settembre tu potessi tenere qui un seminario su Gandhi. Non solo ci saranno molti nostri amici ma alcune centinaia di pescatori e vaccari, braccianti. Si potrebbero far 124 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
stampare pagine di Gandhi, ecc. Oppure potresti parlare di San Francesco e di Gandhi. Inutile dirti che preziosissimo "pubblico" c'è (...) Io da domenica prossima andrò a pescare per due mesi: fin che non potrà esserci altra fonte immediata di vita, per questi pescatori, per quanto mi ripugni voglio essere loro complice. Tuo in Dio Danilo" pa 7.6.2011
MATERIALI MAGAZINE
125
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Zevi liberalsocialista Se vi è stato un intellettuale estraneo alla dissimulazione (anche onesta), questi è Bruno Zevi: «Un libro, una rivista, un organismo culturale, una rubrica su un settimanale, una stazione radiotelevisiva indipendente [...] la devi creare tu, non puoi trovarla già confezionata, altrimenti non ti incarna; e dovrà essere sempre personalizzata, cioè discorde, tinta di eresia, contestataria, affinché si configuri, e ti configuri, in antitesi al vecchio, al ristagno, al corrotto, al logoro, al devitalizzato» (Zevi su Zevi, 1993). E’ l’autoritratto di un intellettuale libertario, protagonista di una lunga avventura guidata da una costante azione di sabotaggio del potere; e di un eretico, restio all'omologazione, all'adesione a schieramenti, a fedeltà a priori. pa 25.3.2012
Contro Croce Edmondo Marcucci fu pacifista, vegetariano, sodale di Capitini nella scelta non violenta. Qui riportiamo un suo commento su Croce in cui si sottolinea come non sempre i liberali siano libertari. "Spesso si fa il nome di Benedetto Croce come quello di un grande intellettuale oppositore del fascismo che con la sua rivista "La Critica" e la casa editrice Laterza costituì un propugnacolo di libertà. Ciò rispondendo alla verità fino a un certo punto. Nel senso che prima del fascismo Croce non si dimostrò un umanitario, un pacifista, un democratico, almeno nei suoi numerosi scritti. Con il suo "storicismo" (apparentato ad una filosofia idealistica riecheggiante Hegel), Croce derise con la sua caustica penna le correnti umanitarie, pacifiste, moralistiche e libertarie della sua epoca, bollandole di astratti relitti illuministici e massonici, idee d'uomini in ritardo con la storia. Nella sua "Filosofia della pratica" scrisse che la guerra "è intrinseca alla realtà", "insita alla vita" e quest'affermazione la ripeté anche nel 1945 e nel 1946. Giustificò persino l'inquisizione cattolica chiamandola "veramente santa", avversò il socialismo, il modernismo cattolico". pa 11.5.2012 Omaggio a Filippo Bettini Il 28 luglio scorso se n'è andato improvvisamente Filippo Bettini. Critico, teorico, agitatore della scena letteraria romana e non solo. Era un esempio di rigore, impegno, 126 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
127
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
generosità. Rimarrà la sua opera a favore dell'avanguardia letteraria e di un'idea non riconciliata di scrittura. Rimarrà il ricordo, per chi vi ha assistito, delle splendide serate nel castello Ottoboni di Fiano Romano, in occasione delle premiazioni del "Feronia", l'anti premio da lui creato. Rimarrà l'impegno degli ultimi anni nella diffusione della poesia internazionale, della sponda sud del mediterraneo in particolare, in occasione della manifestazione estiva all'isola Tiberina. E l'amore per Roma, fuori da ogni tentazione oleografica, come città del dialogo e della pace. Rimarranno la passione divulgativa (e politica) e la tenacia nell'affermazione di una scrittura come voce del mondo e opera collettiva dell'umanità. Secondo la bella immagine di Edoardo Sanguineti. pa 31.7.2012
128 MATERIALI MAGAZINE
129
religione aperta
MATERIALI MAGAZINE
130 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra
S
Cristianesimo riformista ? Nel commentare l'uscita di un inedito di Hans Jonas, Mancuso alza coraggiosamente il tiro. Mette sotto accusa non Bertone o Ratzinger, ma Agostino e Paolo. Al loro cristianesimo impregnato di sfiducia nell'uomo e fondato sulla salvezza unicamente per via della fede, conMATERIALI MAGAZINE
131
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Fede e politica Secondo Vito Mancuso, "Repubblica" del 26 febbraio, la teologia deve essere laica, "cioè abitata dall'aria pulita della libertà di pensiero, unica condizione, a mio avviso, perché l'occidente torni a interessarsi della sua religione." Questa idea della fede come dimensione autonoma da relazioni d'autorità, financo verso il Papa, può dare un contributo alto alla politica. Aiutarla, con la sua testimonianza discreta, a decidere "pensando". Tutto ciò è, però, molto lontano dalle pratiche passate e presenti della curia, il che non è un elemento da poco. Considerando l'importanza che i partiti le attribuiscono e la scarsissima propensione alla critica. Ma c'è anche un altro aspetto: alle donne e agli uomini di questo paese (e dell'occidente) interessa veramente la fede? E, se sì, siamo sicuri che sceglierebbero la fede di cui si fa interprete Mancuso rispetto a quella più rassicurante e meno impegnativa, proposta da altri pulpiti? Viene in mente l'amara considerazione di Sciascia sui siciliani fascisti perché il regime gli avrebbe garantito per la prima volta la più importante delle libertà: la proprietà. Delle altre libertà gliene importava molto meno. pa 26.02.2010
trappone una visione umanista fondata su Pelagio ed ereditata da Pico, Erasmo, Bonheffer, Tehillard. L'uomo può salvarsi anche con le opere che nobilitano la sua appartenenza al creato. Secondo Mancuso da rivedere anche la centralità della croce celebrata da Agostino, Paolo e due millenni di storia della Chiesa. Al suo posto la Gratia creationis che consente di scegliere una vita buona e giusta. Grazia aperta anche ai non credenti. Le tesi di Mancuso possono essere valutate in tanti modi, ma certamente rimettono in discussione l'idea stessa di cristianesimo. E costituiscono una risposta all'interminabile crisi che la Chiesa sta vivendo nelle società occidentali. A suo modo, un riformista. pa 17.3.2010 Radcliffe Segnaliamo un personaggio che all'interno della Chiesa sostiene una teologia dell'accoglienza e della riconciliazione con la contemporaneità. E' Timothy Radcliffe, maestro dell'ordine domenicano tra il 1992 e il 2001. Sostenitore della possibilità di matrimonio per i sacerdoti cattolici, ha detto parole chiare sullo scandalo pedofilia. «Quella attuale è una crisi tremenda per la Chiesa. È... 132 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
molto più che la crisi delle violenze sessuali perpetrate su dei minori da parte di alcuni sacerdoti e religiosi. E' la crisi di tutta la concezione del sacerdozio e della vita religiosa». Vive ad Oxford, fa conferenze in tutto il mondo. Per una volta non ci troviamo di fronte al missionario un po' "matto" o al teologo outsider alla Kung o alla Mancuso. Qui siamo nel cuore del cristianesimo occidentale. Quello che tanto ha a cuore Ratzinger. video_1 su youtube.com (francese) video_2 su youtube.com (inglese) pa 10.05.10
MATERIALI MAGAZINE
133
religione aperta
maestri
visti, letti
Dalla creazione allo Ior La secolarizzazione galoppante della Chiesa si può conciliare con la missione planetaria di aggregazione dell'Uno? Le Scritture descrivono piuttosto bene la prima fase di sviluppo della materia che si organizza in modo sempre più complesso, dando luogo ad un insieme di forme possibili, inorganiche ed organiche, senza una vera soluzione di continuità. Le “giornate bibliche” possono essere lette, infatti, come fasi dell’evoluzione, al culmine delle quali, secondo le Scritture, appare l’Uomo. Questi è tale, e non più animale, in quanto ha “coscienza”. Il suo effetto è di spingere l’Uomo ad organizzare le sue comunità, non accetta più la condizione animale e crea nuovi mezzi e nuove forme sociali per difendersi e crescere. Ma, questo processo, fin dal suo inizio, inverte la polarità dell’evoluzione: dalla diversificazione all’integrazione. Appena apparso, infatti, l’Uomo avvia la crescita numerica delle sue comunità, procede con l'addomesticamento di piante ed animali e costruisce i suoi
villaggi utilizzando quanto la Natura gli mette a disposizione. Con questi mezzi è andato, finora, organizzando società sempre più complesse. Oggi la dinamica del processo inizia a manifestarsi alla scala planetaria. Infatti, è andata crescendo la velocità con la quale si sviluppa l’integrazione, è aumentata esponenzialmente la complessità delle comunità umane, si è proporzionalmente ridotto il numero delle sue unità geo-politiche, è andato crescendo il numero di elementi della Natura integrati nelle comunità a guida umana. Sembra quindi evidenziarsi un fine teleologico del processo: l’integrazione dell’esistente in un Uno di scala superiore. Questi, che si vada sviluppando da un’inseminazione primigenia del pianeta o che emerga dal moto proprio della materia potrebbe essere il risultato atteso della Creazione. Se questa è promossa da colui chi in molti chiamano Dio, l’Uno è suo figlio, eventualmente Lui stesso che si riproduce. Quindi, che sia quello dell’una o dell’altra religione l’Uno di scala superiore potrebbe essere il risultato del processo nelle sue due fasi: incremento di diversità nella prima e reintegrazione nella stessa nell’Uno nella seconda. In altre parole, la prima fase l’evoluzione produce le componenti per l’edificazione dell’Uno stesso. Non sappiamo, però, qual è la scala dell’Uno figlio di DIO, se sia il pianeta, una volta integrato a singola forma di vita, eventualmente pronta a colonizzare le galassie, ovvero se sia quella delle stelle stesse. Comunque, nella consapevolezza del processo, le Chiese si sono fatte carico di guidare le comunità per garantire che lo sviluppo dell’organizzazione dell’UNO proceda in modo omogeneo e sostenibile, senza scarti tali che possano arrestarla, quindi attendendo che l’adattamento della specie uomo continui senza salti nel 134 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
futuro di complessità non ancora raggiunte ma anche senza ritorni a livelli di complessità inferiori, non più idonei alle comunità. Peraltro, le aperture già avviate per arrivare alla riunione delle Chiese d’origine cristiana ed il dialogo avviato con le altre Religioni monoteiste e non solo, indicano come la Chiesa globale sia già in corso di definizione. Data la vastità del compito c’è da chiedersi se l’Istituto per le Opere di Religione ne sia uno strumento indispensabile o meno. fp 6.6.2010
MATERIALI MAGAZINE
135
religione aperta
maestri
visti, letti
Matthew Fox. Un cristianesimo senza peccato E' in questi giorni in Italia Matthew Fox, il teologo statunitense autore di "In principio era la gioia" (1983), costretto alla fine degli anni '80 ad abbandonare l'ordine domenicano. In quegli anni alla guida della Congregazione per la dottrina della fede vi era Joseph Ratzinger. Domenica 3 aprile alle ore 12 parteciperà ad un dialogo pubblico con Vito Mancuso all'Auditorium Parco della musica. Pezzo forte della giornata l'affissione sul portale della basilica di Santa Maria Maggiore delle "nuove" 95 tesi, ricordando quanto fatto da Lutero il 31 ottobre 1517 a Wittenberg. Al centro della riflessione di Fox il rifiuto del peccato originale come caposaldo del cristianesimo, l'idea di una sua comunione con la natura e con gli esseri umani, una spiritualità della libertà. Un cristianesimo anti autoritario e lontano dal potere. Diverso, molto diverso da ciò che è oggi. Temi per i cristiani adulti di oggi. pa 1.4.2011
Woitjla: un po' di controinformazione Sul pontificato di Karol Woityla è tempo di far conoscere alcuni dati, meritoriamente raccolti dalla rivista Adista nel 2003, non emersi dal turbine mediatico di questi giorni. Si tratta del numero impressionante di teologi e religiosi espulsi o ridotti al silenzio tra il 1978 e il 2003. Un'opera di scientifica ed efficacissima repressione che ha silenziato, in nome della "verità", qualsiasi voce osasse esprimere dissenso all'interno della Chiesa. Una venticinquennale operazione repressiva da far invidia ai più spregiudicati dispositivi di controllo mai sperimentati nella storia del potere. Se Michel Foucault fosse vivo vi troverebbe una inesauribile miniera di studi. pa 4.5.2011 Innamorati dell'Islam: un'esperienza monastica nel deserto Un luogo aspro e tenace, scavato nella pietra, disegnato dal vento e dalla luce: un antico monastero in Siria, a 80 chilometri a nord di Damasco, il Monastero di san Mosè l’abissino, risalente al VI secolo, ha ripreso vita da poco meno di una trentina d’anni, grazie a Paolo Dall’Oglio, che vi ha fondato una comunità monastica. Con quali prospettive? Con quali speranze? Superando quali difficoltà? Paolo Dall’Oglio racconta la sua storia di gesuita, diventato poi monaco, proprio perché convinto che è nell’incontro con l’altro che il cristiano mette alla prova se stesso, e profondamente persuaso che il mondo musulmano ha un compito da portare avanti per tutta l’umanità: quello di mostrare la fratellanza di tutti gli esseri 136 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra scuola
eco
umani. A dispetto dei fondamentalismi, a dispetto delle chiusure, a dispetto delle reciproche diffidenze e ostilità. E questo, anche nella Siria che vive lo spettro della guerra civile. A seguire, la vicenda di una comunità religiosa ispirata alla condivisione raccontata dal suo fondatore in una recente puntata di "Uomini e profeti" (Radio 3). pa 2.6.2011
MATERIALI MAGAZINE
137
religione aperta
maestri
visti, letti
Paola Concia, la sua compagna e l'Avvenire Ma chi ha fatto di Woityla uno straordinario fenomeno mediatico utilizzando tutti ma proprio tutti i trucchi ? Chi non ricorda l'interminabile agonia del pontefice, con i particolari raccontati ogni sera da Bruno Vespa? La chiesa cattolica naturalmente, la stessa che ora tuona dalle colonne dell'Avvenire contro le nozze tra Paola Concia e la sua compagna. Nozze celebrate in Germania, dove il matrimonio gay è consentito, e vietate in Italia. Paradossale poi che il quotidiano della Cei se la prenda con la vendita delle foto che mostrerebbe "i peggiori istinti mediatici". Il punto è che i media vanno bene se trasmettono family day e fiction su Don Bosco, meno se danno notizie sulle libere scelte di persone libere. Che dire ? Meglio leggere le parole rivolte alla figlia dal padre di Paolo Concia, un ex dirigente dell'Azione Cattolica: "Neanche per me è stato facile capire e accettare fino in fondo. Quello che però voglio dirvi è che a me né ad altri dovete rendere conto, ma solo l'una all'altra. perché il diritto di amarvi è scritto
più in cielo che in terra. In paradiso i matrimoni non ci sono ma l'amore sì". Quando si dice una lezione di stile. pa 8.8.2011 Per una religione aperta Per una volta parliamo di Dio. Non di religione, chiesa, regime concordatario. Ma proprio di Dio. Del Dio cristiano. Nella società globalizzata Dio sembra interessare poco, una presenza superflua, ingombrante. Fastidiosa come ripeteva l’esausto bambino de “L’ora di religione” di Bellocchio. Da anni si parla di “scisma sommerso”. E’ la tendenza di un numero sempre maggiore di credenti al fare da sé, ritenendo inconciliabile l’apparato dogmatico proposto dalla Chiesa di Roma con la loro coscienza. Il problema è limitato alle gerarchie e all’insostenibilità di certe posizioni in materia di etica e diritti civili? Per non parlare della vicenda pedofilia o dei periodici scandali legati alle finanze vaticane. Proviamo a fare un piccolo esercizio di storia contro fattuale. Immaginiamo che al posto di Joseph Ratzinger vi sia un altro papa, eletto all’indomani della morte di Wojtyla. Chi? Un papa solare, aperto, dialogante, disposto a promuovere un nuovo concilio. Una via di mezzo tra la profezia di Giovanni XXIII e la profondità esegetica di un Martini. Un nuovo, straordinario campione della cristianità. Ebbene, lo scenario cambierebbe? La fede diventerebbe più attrattiva? Assisteremmo ad un nuovo rinascimento cattolico? Probabilmente, no. E la ragione non risiede nella chiesa, ma nella sua ragione d’essere. Dio, appunto. Ha ragione Vito Mancuso quando osserva che l’idea del Dio unico, sovrano, onnipotente non parla più ai nostri tempi. 138 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra MATERIALI MAGAZINE
139
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
eco
Tempi nei quali sta avvenendo una trasformazione antropologica scaturita dalla socializzazione delle tecnologie che non ha pari nella storia dell’umanità. E che ha avuto il suo primo tempo nel processo di liberazione della donna. Il punto è che l’intelletto generale cognitivo, non vuole più a riconoscersi in quella immagine di Dio. Il Dio che rimane in silenzio di fronte alla Shoah in nome di una logica oscura ed imperscrutabile non vale la pena di essere creduto. Il Dio verticale che non interviene nella storia permettendo lo scatenarsi del male. E perché, pur essendo onnipotente, non interviene? Il punto è che le vittime ormai non accettano più la riposta di un bene più grande. Come Primo Levi. Rifiutano il Dio che istituisce l’inferno storico da cui dovrebbe scaturire un riscatto senza fine. E allora per rispondere alle esigenze di libertà e giustizia dell’uomo contemporaneo forse bisognerà pensare ad un'altra idea di Dio. Come quella del Dio scaturito dalla compresenza di cui parlava Capitini. Che si manifesta nell’essere compartecipi della sorte degli ultimi, dei sofferenti, di tutti, viventi e non viventi. In un’armonia nuova e profonda con la natura. Che si manifesta nella religione aperta senza più obbedienti, ma solo persuasi. Il “Dio tutto in tutti”, come lo definiva Capitini. Nella religione aperta Dio non è espunto, cancellato, è semplicemente vissuto in tutti, senza esclusione alcuna. La pratica religiosa verrebbe a coincidere con la pratica di sé, nell'askesis piuttosto che con la codificazione dei comportamenti (M. Foucault, L'uso dei piaceri, storia della sessualità, 2). Aprendosi alle infinite potenzialità della libertà. pa 5.3.2012
Cartoline eretiche Geltrude Maria Cordovana, terziaria benedettina. Ignazio Barbieri, frate agostiniano. Furono gli ultimi due eretici mandati al rogo dall'inquisizione, il 6 aprile 1724. Come Giordano Bruno, furono bruciati vivi sulla pubblica piazza. Erano accusati di quietismo, dottrina dichiarata eretica da Innocenzo XI nel 1687. I quietisti non negavano dogmi, né l'autorità della Chiesa. Non credevano, però, nella liturgia e nelle ritualità della religione ufficiale. Tanto bastò per condannarli. I due sventurati sono citati nell'ultimo saggio di Vito Mancuso, "Obbedienza e libertà" (Fazi, 2012). pa 30.5.2012 John Main e il mantra cristiano Il domenicale del Sole 24 ore è una delle poche luci nel panorama dell'informazione culturale contemporanea. In confronto il supplemento del Corriere, Lettura, sembra l'Intrepido. Gianfranco Ravasi vi parla di John Main. Un monaco benedettino che applicò alla preghiera cristiana la meditazione mantrica. L'aveva appresa durante un lungo soggiorno in Malesia a metà degli anni '50. Da lì scaturì la World community for chiristian meditation, attiva nel mondo anglo sassone, sconosciuta da noi. Il metodo sperimentato da Main consiste nel ripetere come un mantra la parola Maranatha che in aramaico significa "vieni signore". Per 20 o 30 minuti. Studiò anche i classici cristiani, in particolare Cassiano, nelle cui Collationes colse delle affinità con la meditazione orientale. pa 15.7.2012 140 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra visti, letti
scuola
eco
Pietà verso gli animali "L'uccisione degli animali è un esercizio di violenza che abbrevia la distanza all'uccisione dell'uomo, alla guerra. Non per nulla si è detto spesso che il mondo animale si vendica dell'umanità facendola divenire carnefice di se stessa nelle guerre. Nessuno potrebbe negare l'orrore che desta lo spettacolo di un campo di battaglia: acuendo la sensibilità e senza sforzare tanto l'immaginazione, si dovrebbe provare qualcosa di analogo, e non il semplice disgusto, visitando un macello o una cucina con i polli, i conigli, eccetera, scorticati e sanguinanti". (E. Marcucci, Che cos'è il vegetarismo, Edizioni dell'Asino, 2011). Piero Martinetti, Aldo Capitini, Edmondo Marcucci intellettuali militanti libertari, non violenti, anti specisti. Un filone tutt'altro che minore del nostro '900, estraneo al fallimento dei tanti "pensieri lunghi". pa 20.7.2012
MATERIALI MAGAZINE
141
religione aperta
maestri
Testimoni della non violenza: Toyohiko Kagawa Il 10 luglio 1888 nasceva Toyohiko Kagawa, il "Gandhi giapponese", cristiano riformatore, pacifista, attivista sociale. Avversario della politica imperialista giapponese, nel 1940 scrisse un'Apologia per la Repubblica cinese vittima dell'aggressione da parte del suo paese. Studioso di economia agraria, che aveva approfondito a Princeton, si fece promotore di un nuovo metodo di lotta all'erosione del suolo grazie alla diffusione della forestazione. Nomi-
nato al Nobel per la letteratura nel '47 e nel '48 e per la Pace nel '54 e nel '55. Morì nel 1960. pa 24.7.2012 Giovanni Pioli: non violenza, anti militarismo, religione aperta Giovanni Pioli (1877-1969) è un nome che non può mancare nella ricostruzione della storia del pensiero e dell'azione libertari, non violenti, anti militaristi e anti clericali nel secolo scorso. Ex sacerdote, sostenitore del modernismo, in seguito militante pacifista e non violento, vegetariano. Fu autore di un'instancabile opera di diffusione della "religione aperta", utilizzando la formula capitiniana, che lo portò a contatto con il movimento pacifista internazionale. Secondo Edmondo Marcucci, che gli dedica ampio spazio nelle sue Memorie, fu il primo a parlare della W.R.I. (War resister's international) di cui fondò la sezione italiana. Fu fra i primi e più attivi promotori dell'obiezione di coscienza in Italia. Le sue opere si trovano solo nelle biblioteche pubbliche. pa 28.7.2012 Uriel da Costa: le radici della religione aperta Nell'aprile 1640 Uriel da Costa, teologo portoghese ebreo, figlio di conversos, era frustato per 39 volte sul sagrato della sinagoga di Amsterdam. Fu poi costretto a distendersi a terra in segno di umiliazione, mentre la 142 MATERIALI MAGAZINE
a sinistra eco
folla lo calpestava. Pochi giorni dopo si suicidò, sparandosi. Era stato costretto ad abiurare: aveva contestato l'ispirazione divina della bibbia, i dogmi e la ritualizzazione della fede, giungendo alla conclusione della coincidenza tra Dio e natura. Denunciò le religioni organizzate come fonte di violenza e autoritarismo. Sempre ad Amsterdam un altro filosofo farà proprio di lì a poco il suo insegnamento: Baruch Spinoza. pa 4.8.2012
MATERIALI MAGAZINE
143
religione aperta
maestri
visti, letti
scuola
Eretici: la "realtà nuova" di Tartaglia Quello di Ferdinando Tartaglia è un nome che oggi quasi nessuno conosce. E, a dire il vero, neanche negli anni tra il '45 e il '49, quando la sua avventura assunse una qualche rilevanza pubblica, fu popolare. Fu un riformatore religioso, appartenente a quella strana schiera di utopisti che pensarono di riformare non il cristianesimo, ma la religione. Si batterono per una nuova religione universale, la "realtà nuova", secondo la bella definizione che ne diede lo stesso Tartaglia. Fondò e diresse senza risparmio insieme a Capitini il Movimento di religione, un'esperienza tanto elitaria quanto "impossibile" nell'Italia dell'immediato dopoguerra che presto si dissolse. Da allora si chiuse nel silenzio, si sposò e trascorse gli anni gli rimasero fino alla morte (1987) nello studio e in una discreta pratica di carità. Poco prima di morire ottenne la riconciliazione con la Chiesa che l'aveva a suo tempo scomunicato. Ha lasciato una produzione sterminata in larga parte inedita. Fu anche, a suo modo, un intellettuale militante. Impegnato senza calcoli nella diffusione
delle ragioni del rinnovamento spirituale, prima che politico. pa 14.08.2012 Riformatori religiosi: Luigi Trafelli L.T. (Nettuno, 1881 - 1942) fu un matematico, fisico e riformatore religioso. Fautore di un superamento del cristianesimo teistico e dogmatico, consegnò il suo pensiero ad una serie di piccoli saggi, dai quali traspare l'influenza di Tolstoj e l'ispirazione antiautoritaria. XX secolo dopo Cristo: Ubi Christianus (1917); Dottrina di Cristo - Haceldam (1924); Il testamento di Cristo ritrovato e pubblicato (1934); L'encyclique testamentaire de l'ile de déportation et de martyre du Pape Léon (1938). Fu corrispondente di Edmondo Marcucci che lo cita nelle sue Memorie. pa 8.8.2012
144 MATERIALI MAGAZINE
MATERIALI MAGAZINE
religione aperta
145
maestri
visti, letti
scuola
eco
a sinistra
146 MATERIALI MAGAZINE