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Jacques VilleglĂŠ Opere dagli anni ‘60 ai 2000 a cura di Dominique Stella
CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI VICENZA CURATORE Dominique Stella COORDINAMENTO MOSTRA E CATALOGO Maria Yvonne Pugliese SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Giovanna Segalla FOTOGRAFIE DI VILLEGLÉ Shunk-Kender © Roy Lichtenstein Foundation André Morain Fabienne Villeglé Laurent Lecas Frédéric Altman Philippe Bonan STUDIO GRAFICO ED IMPAGINAZIONE Calleidos S.r.l. STAMPA Industrie Grafiche Vicentine S.p.A. LA GALLERIA YVONNEARTECONTEMPORANEA RINGRAZIA Roberto Agnellini Anton Crnkovic Paolo Morsoletto Giancarlo Patuzzi Katia Saggin SPONSOR
Copertina: Métro ligne «Italie», Affiches lacérées, 1965, 11,3 x 13,7 cm
Jacques VilleglĂŠ Opere dagli anni ‘60 ai 2000 a cura di Dominique Stella
Vicenza - 14 aprile / 21 maggio 2011
Jacques Villeglé, Paris 14 février 1961 14ème arrondissement ph. Shunk-Kender © Roy Lichtenstein Foundation
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L’arte è fatta da tutti e non da uno. Lautréamont
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Jacques Villeglé, novembre 1970 Milan, Rotonda della Besana © ph. André Morain
JACQUES VILLEGLÉ Storia del lacerato anonimo di Dominique Stella Jacques Villeglé fa ormai parte della storia dell’arte. Catalogato da tutti come un artista che ha aderito, seppur per un breve periodo, al movimento del Nouveau Réalisme, Villeglé ha legato la sua avventura personale ad una serie di incontri decisivi che gli storici, in seguito, riconosceranno come momenti di confronto essenziali e privilegiati nella vita di un artista. Certo, la sua appartenenza agli “Affichistes” rappresenta un momento fondante della sua avventura artistica, che inevitabilmente va a coincidere con la storia del movimento stesso, al quale Villeglé contribuì in modo determinante, sulla base di una ricerca personale che portava avanti già da diversi anni. Vi è, dunque, un Villeglé pre-affichiste (dal 1945 al 1960, periodo in cui lega la sua avventura artistica a quella del compatriota bretone Raymond Hains); un Villeglé affichiste (dal 1960 al 1968), operante all’interno del gruppo dei Nouveaux Réalistes; e un Villeglé più autonomo, impegnato in una ricerca personale portata avanti senza incrinature, a cominciare dai manifesti prelevati, nel corso degli anni, dalle strade di Parigi e di Buenos Aires. Un Villeglé testimone di un’arte urbana che non si smentisce mai, consentendogli di compiere un lavoro organico costruito attorno a temi specifici che propone una lettura sempre rinnovata del tempo.
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Jacques Mahé de la Villeglé nasce a Quimper (Finistère, Francia) nel 1926. La sua città del cuore, però, è Saint-Malo, dove abitavano i suoi nonni e dove la sua famiglia trascorreva le vacanze – un rituale che l’artista seguita a celebrare, trasferendosi qui ogni anno, nel mese di agosto. Villeglé ha infatti sempre rivendicato un forte attaccamento alle sue origini bretoni che lo legavano, tra l’altro, all’amico Raymond Hains. E proprio in Bretagna nasce il suo amore per l’arte: nel giugno del 1943, mentre si trovava a Vannes (Morbihan) – dove risiede dal 1934 – Villeglé scopre l’Anthologie de la peinture de 1906 à nos jours (1927) di Maurice Raynal, che fino alla fine della guerra sarà la sua principale fonte d’informazione sulla pittura contemporanea. Tra i lavori riprodotti, un’opera di Juan Mirò lo disorienta particolarmente per l’indeterminatezza di una macchia lanuginosa al centro dell’opera e la disinvoltura, leggerissima, del grafismo. Sarà da questa esperienza che nascerà in lui il desiderio di fare l’artista. «Avevo solo un pensiero», racconta Villeglé, «volevo essere un artista ed entrare a far parte dell’ambiente. Ma a quell’epoca non c’era molta informazione a riguardo, perciò mi limitavo a riflettere sul da farsi». Nel settembre del 1944 Villeglé s’iscrive all’École des BeauxArts di Rennes dopo aver frequentato per un breve periodo la Facoltà di Architettura. Nel gennaio del 1945, dopo quattro mesi trascorsi nel dubbio se entrare alla scuola di Belle Arti oppure no, anche Raymond Hains si immatricola allo stesso istituto, iscrivendosi al corso di scultura. Fra i due nasce subito un forte legame, che si interrompe però pochi mesi dopo, quando Villeglé fa domanda di ammissione all’École Nationale Supérieure d’Architecture. Il suo interesse per l’arte, tuttavia, prevarrà. Grazie al libro di Bernard Dorival, Étapes de la peinture française contemporaine, depuis le cubismo, 1911-
1944, l’artista apprende i concetti dell’automatismo psichico surrealista. Lo spirito di cui il libro di Dorival è intriso – uno spirito contraddistinto dalla «prudenza contadina e borghese» dell’anti-intellettualismo vichista che rifiutava, a favore di un umanesimo figurativo, «tanto l’astrazione dell’avanguardia quanto il sogno del Surrealismo» – prefigurava lo statismo culturale della IV Repubblica, ripiegata sul “genio pittorico francese” e il rispetto del “disordine stabilito”, come lo definiva all’epoca Emmanuel Mounier. Nel 1947 Villeglé viene ammesso all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Nantes, nella Facoltà di Architettura, e sarà proprio durante le vacanze estive di quell’anno, trascorse a Saint-Malo, che condurrà i suoi primi esperimenti in campo artistico, raccogliendo sostanzialmente objets trouvés – come fili di ferro o residui del Mur de l’Atlantique – che, senza intervento alcuno, possono essere definite già delle vere e proprie pitture o sculture. Sono questi i primi lavori di Jacques Villeglé. Sull’onda delle opere pittoriche di Miró, un artista che rivendicava il titolo di “pittore-poeta”, Villeglé crea un segno nello spazio che si rivelerà più vicino alla pittura del pittore catalano che a qualsiasi riflessione sull’oggetto, così come i Danseurs realizzati in fil di ferro del primo ricordano il movimento dei “Grafismi-poemi” del secondo. Ciò che crea Villeglé è un disegno nello spazio gravitante su una struttura che egli vuole formale: è infatti soprattutto la forma ad interessare l’artista, forma che lo porta, di conseguenza, a scartare l’Informale come possibile espressione della sua ricerca. Nel frattempo, matura in lui una certa insoddisfazione per Nantes e al contempo la forte attrazione per Parigi: sarà proprio in occasione di un viaggio nelle capitale francese, durante il quale ritroverà l’amico Hains, che l’artista incontra Colette Allendy, vedova del Dott. René Allendy. Colette Allendy dirigeva allora una galleria in rue de l’Assomption 67, ad Auteuil, che in quel momento ospitava una mostra di disegni di Arp, Kandinsky, Magnelli e Miró. Questo incontro si rivelerà determinante: sarà proprio nella galleria di Colette Allendy, sfuggita ai dogmatismi dell’arte astratta, che dieci anni dopo, nel 1957, verrà organizzata la prima retrospettiva degli affiches lacerati di Hains e Villeglé – la mostra fu resa possibile da Yves Klein, che acconsentì a chiudere con otto giorni di anticipo la propria esposizione. Sempre a Parigi, Hains e Villeglé incontrano il poeta Camille Bryen (1907-1977), originario «della città del ponte trasbordatore e dell’angoscia nantese». Assieme a Bryen, Villeglé inizierà a frequentare Wols alla Pergola, alla Rôtisserie Saint-Germain o alla Rhumerie Martiniquaise. I primi esperimenti Nel febbraio del 1949 Villeglé realizza insieme ad Hains Ach Alma Manetro, il primo affiche lacerato. Con questo gesto inizia l’avventura affichiste che nel 1960 confluirà nel movimento dei Nouveaux Réalistes. La singolare complicità che lega Hains e Villeglé si manifesterà in una vivace collaborazione, che contempla le passeggiate degli “agrimensori della strada”, come li definiva Pierre Restany, o dei camminatori attivi di Nantes e Saint-Malo: testimonianze delle loro prime
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Les À-côtés de la Biennale, Affiches lacérées sur bristol, septembre 1961, 12 x 15,3 cm
esperienze da “Affichistes”. E poi Parigi, serbatoio inesauribile dei loro prelievi e scenario dei loro “rapimenti” di cartelloni pubblicitari e propagandisti, sgualciti, sfregiati, lacerati; certificazioni attendibili delle testimonianze della realtà. Da allora, e fino al 1954, i due artisti sviluppano assieme una ricerca che ruota attorno ad interessi comuni, come la poesia sonora, il Lettrismo, la musica concreta, il cinema e, naturalmente, l’affiche, che in quest’ottica appare come la concretizzazione di una ricerca basata sull’intuizione e sull’esplorazione piuttosto che sull’invenzione deliberata e razionale. Villeglé per primo si confronterà con una riflessione sul reale; per lui la realtà diviene strumento e soggetto al tempo stesso, che permette la conversione di un’immagine prelevata dal quotidiano a pratica artistica. Le prime opere di Villeglé e di Hains muovono proprio da questa loro preoccupazione comune: fare arte senza che la manipolazione faccia perdere all’opera il suo status di realtà. Una riflessione, questa, che nasce dalla prima opera realizzata
da Villeglé, dove la distanza fra la realtà dell’object trouvé (il fil di ferro trovato a Saint-Malo) e la sua trasformazione in “disegno nello spazio” è minima. Essa necessita solamente di alcuni gesti inconsci per generare una forma quasi spontanea. È l’idea del décollage, ripresa dallo stesso Villeglé nel suo testo Des Réalités collectives, che farà da base al Primo Manifesto del Nouveau Réalisme redatto da Pierre Restany nel 1960. Scrive Villeglé: «Nel clima di disinformazione proprio del dopoguerra ho preso le distanze dall’atto di dipingere o fare collage. Pensavo che l’assenza di premeditazione e di qualsiasi preconcetto dovesse diventare, non soltanto per me ma universalmente, un’inesauribile fonte d’arte, dell’arte degna dei musei. Il risultato ottenuto dal gesto meccanico e aggressivo di un qualsiasi passante “laceratore di manifesti” doveva essere mostrato e posto sullo stesso piano della tirannia del dono, che nell’uomo colto suscita il bisogno di appagamento plastico». Questa teorizzazione di un gesto che elevava il décollage al rango di opera d’arte si materializza nel 1949, nella prima
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Square de la Charité, affiches lacérées, 15 juin 1960, 8,9 x 17,4 cm
collaborazione fra Villeglé e Hains. Un’esperienza, racconta Alain Jouffroy, che procede «da una passeggiata di Raymond Hains a Saint-Germain-des-Prés, dove voleva girare un film: Saint-Germain-des-prés-colombiens. Hains, in effetti, si comportava da perfetto vagabondo di Parigi: fotografo e cineasta, percorreva in lungo e in largo le strade della città, quando un giorno, alla fine del 1949, guardando un manifesto strappato su una palizzata in fondo a rue de Rennes, nell’area del Supermag, provò quello che i buddisti zen definirebbero satori: l’occhio strappato di una donna lasciava intravedere le lettere del manifesto sottostante. Hains staccò il manifesto e ne parlò subito con Villeglé, che allora si trovava a Nantes – sempre Nantes, la città di Vaché e di Péret –, il quale, immediatamente, arriva alla stessa conclusione dell’amico, nel medesimo spirito di derisione della pittura – quella pittura astratta o semi-figurativa che si faceva allora e che, bisogna dirlo, non apportava granché alle scoperte dei pittori dell’anteguerra».
Hains e Villeglé affineranno il loro metodo nel famoso “rapimento” – datato 1949 – da cui nascerà l’opera Ach Alma Manetro: un grande assemblage di manifesti strappati e incollati – due metri e cinquanta di lunghezza per cinquantotto centimetri d’altezza – “composto, dopo la cancellazione lessicale, per agglutinamento dei frammenti delle parole ancora leggibili: “Bach”, “Alma”, “Métro”». Dopo un breve stage a Nancy presso gli Ateliers de Maxéville di Jean Prouvé, Villeglé contribuisce alla messa a punto delle “lettere deflagrate” (che Hains fotografava dal 1947 servendosi di una griglia di vetro scanalato), oltre a lavorare a diversi film, tra cui Pénélope, Loi du 29 juillet 1881 e Défense d’Afficher. Questa particolare ricerca dei due amici-complici li avvicina al movimento lettrista, favorendo il loro incontro con François Dufrêne. Raymond Hains, che già conosceva il movimento creato da Isidore Isou nel 1945, nel 1947 assiste alla lettura di Isou del Quarto Manifesto Lettrista, intitolato Conclusion sur la pègre
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La Petite châtaigne, affiches lacérées sur bristol, octobre 1962, 8 x 11,6 cm
littéraire de la Résistance et du surréalisme nella sala delle Sociétés Savantes. È in questa occasione che Hains incontra, per la prima volta, Dufrêne. Tuttavia, bisognerà attendere il 1954 prima che Hains e Dufrêne facciano davvero conoscenza (al Café du Dôme). I due artisti sono accomunati dall’utilizzo dei medesimi riferimenti ai fondamenti della scrittura, così come alla storia della poesia e della musica, alla performance sonora delle parole e delle lettere. Sempre nel 1954, in occasione di un recital lettrista, Villeglé incontra Dufrêne, il quale nel marzo dell’anno precedente aveva lasciato il movimento lettrista pubblicando Le Soulèvement de la jeunesse, una sorta di appello alla contestazione, un manifesto al grido automatico contro il Lettrismo purista. È a Dufrêne che si deve la paternità del “cri-ritmo”, forma vocale dell’“ultralettrismo” inventato da Hains e Villeglé. L’ultra-lettrismo nasce dall’esplorazione di nuove tecniche fotografiche messe a punto da Hains: egli sperimenta dapprima il procedimento di sovrimpressione, a cui seguiranno le ricerche condotte a
partire da tecniche di trasformazione o metamorfosi per mezzo di specchi o effetti luminosi, fino agli obiettivi in vetro scanalato che daranno vita ad una serie di opere esposte a Parigi nel 1948 con il titolo generico di Photographies hypnagogiques. L’invenzione dei vetri scanalati simboleggia l’abilità di Hains nell’esplorare casi e occasioni, cogliendoli come opportunità di scoperte. I vetri scanalati traslano il mondo in una nuova realtà – immaginaria, immateriale, impalpabile – che riflette davvero il modo di essere, di pensare e di parlare di Raymond Hains – grande erudito, appassionato di testi antichi delle cui citazioni infiorava le sue conversazioni e le sue opere, sviluppandole all’infinito in un linguaggio codificato e in una mescolanza d’ermetismo e derisione. Avvalendosi di particolari procedimenti ottici, e sulla scia dei risultati conseguiti dalla poesia visiva, nel 1953 Hains e Villeglé pubblicano una piccola opera intitolata Hepérile éclaté, che in un certo senso diventa la replica del poema fonetico Hepérile di Camille Bryen: in una forma deflagrata e avvalendosi
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Ondée, tramée au chef, affiches lacérées sur bristol, 1969, 8,2 x 5,3 cm
del vetro scanalato, l’opera traduce il poema di Bryen in schegge grafiche sulla pagina. Hepérile éclaté rappresenta la definitiva consacrazione dell’autonomia espressiva del mezzo fotografico, in grado, secondo l’espressione di Bryen, di produrre “l’illeggibile”. «Scrivendo Hepérile con parole sconosciute», precisa Bryen, «creavo in modo organico, senza alcun riferimento al vocabolario – questa disciplina delle parole […]. Ecco oggi il primo libro felicemente illeggibile». All’approvazione di Bryen segue questa annotazione di Hains e Villeglé, intitolata Intrusion du verre cannelé: «Non abbiamo scoperto le ultra-lettere. Siamo noi, piuttosto, a scoprirci in esse […]. Il nostro merito – o la nostra astuzia – è stato quello di aver visto delle ultra-lettere dove l’abitudine ci portava a vedere lettere deformate. Infine, ci siamo serviti di trame di vetri scanalati che privano la scrittura del suo significato originario. Attraverso un procedimento analogo è possibile far esplodere la parola in ultra-parole, che nessuna bocca umana sarebbe in grado di pronunciare». Nel 1960 Hains utilizzerà il
procedimento di deformazione delle lettere messo a punto per redigere il titolo della pubblicazione del Primo Manifesto del Nouveau Réalisme, pubblicato a Milano da Guido Le Noci. L’esperienza di Hepérile éclaté si accosta, in un certo senso, al lavoro di François Dufrêne. Entusiasmato dalle ultralettere di Hepérile, Dufrêne si autodefinisce “ultra-lettrista”. Parallelamente alle sperimentazioni di poesia visiva, l’artista sviluppa diverse ricerche sulla musica concreta e sul grido. Egli ricorre sistematicamente al suono inarticolato negando alla parola ogni funzione interpretativa e utilizzando una fonetica ricca di possibilità espressive. È nel 1957 che Dufrêne realizza i suoi primi affiches, utilizzandone però il retro, cioè la superficie aderente al supporto: nasce così il dessous d’affiches. Si tratta di una vera e propria rivelazione che lo porterà ad utilizzare esclusivamente questo materiale come modalità espressiva affichiste. Dufrêne svolgerà inoltre un ruolo determinante negli incontri che legheranno i diversi protagonisti del futuro gruppo dei Nouveaux Réalistes, sia tra loro che tra loro e i membri
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Tramée à dextre, affiches lacérées sur bristol, 1969, 8 x 5,3 cm
dell’Internazionale Situazionista. Dimostrazione, questa, che in quegli anni Cinquanta a Parigi esisteva una vera e propria comunità artistica. In effetti, sarà proprio Dufrêne che nel 1954 presenterà Hains e Villeglé a “Yves Klein il Monocromo” di ritorno dal Giappone. I manifesti lacerati La prima mostra degli affiches lacerati si svolge nell’aprile/ maggio del 1957 alla galleria di Colette Allendy. Tre critici commentano la mostra: Edmond Humeau (“Le Lyrisme des murs”, in Combat, 5 giugno 1957); Michel Courtois (su Arts, 5 giugno 1957); e Pierre Restany (su Cimaise, ottobre 1957). In occasione del vernissage Villeglé incontra per la prima volta Gérard Deschamps (all’epoca diciannovenne), un frequentatore abituale della galleria dove peraltro aveva già esposto. Rendendosi conto che sia la critica che il pubblico non
avevano colto il nuovo approccio pittorico, Villeglé espone i manifesti lacerati così come li aveva strappati dal muro o dalle palizzate. Fa inoltre il punto sulla pratica della lacerazione in quanto manifestazione spontanea nell’articolo “Des Réalités collectives”, pubblicato nel maggio del 1958 in Grâmmes – rivista sottotitolata provocatoriamente “ultra-lettrista”. Isidore Isou gli risponderà sulla rivista di Maurice Lemaître Poésie Nouvelle. Nel febbraio del 1959, conclusa una prima vendita di affiches lacerati di piccolo formato, Dufrêne invita Villeglé a presentare il suo lavoro – dove nel frattempo aveva preso forma il lacerato anonimo – nell’atelier di suo padre, in rue Vercingétorix (la manifestazione ha luogo a giugno). Il lacerato anonimo è una sorta di personaggio mitico, nato dalla credenza in una specie di creazione collettiva. Allo stesso modo, le cattedrali sarebbero state edificate da una volontà comune, per slancio popolare. E così come Omero personifica, come vorrebbe Vico, il popolo greco, il lacéré anonyme
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La Fausse Carrée, affiches lacérées, 1964, 12,5 x 11,8 cm
rappresenta l’insieme di tutti i lacerati anonimi. In definitiva, è la rimessa in questione dell’artista interprete dell’animo popolare e intermediario dell’inconscio collettivo. L’invenzione della palizzata si è sostituita alla pittura; la sociologia industriale e pubblicitaria che ha rivoluzionato il paesaggio urbano diventa realtà artistica esente da qualsiasi interpretazione estetica. Scrive Villeglé: «Presentandolo tale e quale [...], Hains invitava tutti a “guardare il mondo come un quadro”». Cioè così come ci appare, così come nella sua inaccessibilità noi lo immaginiamo. Ma Villeglé va oltre, e per differenziare la sua invenzione dai concetti precedenti battezza una delle sue scoperte Décollage pour le Cinquantenaire de l’Aéronautique. Il décollage doveva designare l’atto di strappare un oggetto incollato o fissato dal suo contesto, e l’arte del décollage consacra proprio questo gesto appropriativo e selettivo, che senza alcuna ulteriore manipolazione (additiva o sottrattiva) scolla l’oggetto dal mondo reale facendolo scivolare in quello fittizio dell’arte. Il termine “décollage”
sottolineava la rottura con le arti di trasposizione – l’arte degli assemblages, di cui il collage è una varietà. È stato dunque utilizzato intenzionalmente e metaforicamente secondo l’accezione moderna dell’aeronautica, e poi in quella più recente dell’economia politica [...]». In quanto frammento di vita urbana, il manifesto scollato rivendica la sua appartenenza al quotidiano partecipando allo spettacolo della strada di cui è l’elemento fondamentale. Il manifesto è parte del nostro ambiente, attiva il nostro inconscio, illustrando contemporaneamente il panorama sociologico moderno. Veri e propri resti archeologici di un passato prossimo, i décollage conservano un forte legame con lo spazio urbano che ne ha testimoniato la genesi, prefigurando una differenziazione quasi ideologica tra le opere dei diversi artisti. Così, i francesi – soprattutto Hains e Villeglé – essenzialmente veicolano una realtà politica e sociale ben illustrata da queste parole di Villeglé: «Questi manifesti che trasporto dal muro della strada al luogo deputato all’arte,
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Transparente fond jaune, affiches lacérées, 1961, 9,2 x 14 cm
li ho percepiti fin dall’inizio come il riflesso coerente e canzonatore (sono bretone, compatriota dei Corbières e dei Jarry: i sarcastici) della realtà morale e amorale, spirituale e terra-terra, religiosa e laica, riflessiva e versatile, cosmopolita e pantofolaia, comune a tutti gli uomini miei contemporanei». Ciò che emerge da queste parole è una critica divertita e al tempo stesso aspra di un mondo di cui i manifesti, vergini di ogni intervento artistico, sono i testimoni ma anche gli attori. L’attore “creatore” interviene nella scelta, non nella realizzazione dell’“opera”: è questo che induce all’anonimato che Villeglé rivendica con l’appellativo di “lacerato anonimo”. Sempre nel 1959, alcuni affiches lacerati, un monocromo blu e una macchina per dipingere, disseminati all’interno e all’esterno del Musée Municipal d’Art Moderne de la Ville de Paris, creano i tre luoghi evenemenziali della prima edizione della Biennale des Jeunes. Tre luoghi che il nuovo incaricato agli Affari Culturali André Malraux ridurrà a due. Ricordando la sua visita alla mostra il giorno dell’inaugurazione Malraux
si dimentica infatti di Yves Klein, menzionando invece la minacciosa macchina di Tinguely (che per poco non lo aveva sporcato di pittura) e gli «affiches lacerati, i più insidiosi readymade». Malraux racconterà questa sua esperienza a Picasso nel libro La Tête d’obsidienne. Il Nouveau Réalisme Nell’aprile del 1960, a Milano, il giovane critico ventinovenne Pierre Restany coglie il particolare momento storico per redigere il Primo Manifesto del Nouveau Réalisme e organizzare, alla Galleria Apollinaire, la mostra “Baptême de l’appropriation”, che legittima a tutti gli effetti l’intuizione avuta dal critico all’epoca della Biennale osservando le opere di “Yves Klein il Monocromo”, Jean Tinguely, Raymond Hains, François Dufrêne e Jacques Villeglé. A questo gruppo iniziale si aggiunge Arman, amico di Restany.
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Métro ligne «Italie», affiches lacérées, 1965, 11,3 x 13,7 cm
Sei mesi dopo, il 27 ottobre del 1960, nell’appartamento di Klein, a Parigi, il gruppo riunito da Restany firma la dichiarazione costitutiva dei Nouveaux Réalistes. Nel dicembre dello stesso anno Mimmo Rotella, di passaggio a Parigi, fa visita ai “rapitori” di manifesti, che allora esponevano per la prima volta con il gruppo dei Nouveaux Réalistes al Festival d’Avant-garde, nel Padiglione americano del Parco delle Esposizione di Porte de Versailles. Rotella aveva conosciuto Restany a Roma – città che il critico francese frequentava abitualmente – dove anche l’artista italiano “decollava” e strappava manifesti. Lo spirito del décollage lo avvicinava indubbiamente ad Hains e Villeglé, nonostante Rotella fosse già un artista affermato. La storia li confonderà tutti e tre – Hains, Rotella e Villeglé –, assieme a Dufrêne, in un unico gruppo, quello degli “Affichistes”, nonostante le diversità che distinguevano e persino contrapponevano i quattro artisti. Tenace difensore «del collettivo, creatore e anonimo» che porterà all’affiche lacerato, Villeglé ha sempre rivendicato questo anonimato,
rifiutandosi, per l’implicita logica costitutiva, di firmare le opere. E l’invenzione del lacerato anonimo, nel febbraio del 1959, risponde proprio a questo concetto, al quale, sia inteso, anche i suoi compagni aderirono seppur in modo meno radicale. Hains era caratterialmente più portato a mettere in luce l’artista come attore di un reale inventato, ispirato dalle forme di una realtà quasi astratta. Le sue astrazioni personificate sono infatti incentrate sulla personalità dell’artista, che al contrario Villeglé nega totalmente nel lacerato anonimo. Questa divergenza, del resto, allontanerà i due amici, ponendo fine, a partire dal 1954, alla loro collaborazione. Quanto a Dufrêne, egli approda solo tardivamente al décollage, a cui giunge dopo le sue esperienze di poesia sonora e di cri-ritmica-ultra-lettrista. Solo nel 1959, infatti, Dufrêne concretizzerà a tutti gli effetti la propria ricerca, adottando definitivamente il retro d’affiche come procedimento e creando uno stile proprio che si rivelerà molto diverso dal décollage, per il solo fatto che l’ignoto diventava un elemento
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En quatre parties, affiches lacérées sur bristol, octobre 1962, 12 x 11,4 cm
determinante della composizione. Lo strappo, infatti, offriva alla lettura solamente la sua impronta negativa, rivelandone tutte le potenzialità d’immagine suggestiva. Il caso entrava maggiormente in gioco in una messa in opera che la lacerazione poteva, a volte, alterare. Il percorso dell’immagine è complesso e la sua morfologia particolare, condizionata da fattori aleatori, come la crosta dei fogli sovrapposti, le trasparenze di colore originate dalla colla, l’impronta stessa delle immagini sul retro della carta. La crosta di manifesti incollati costituisce quell’elemento di base informale che genera l’immagine stessa del quadro. Un’impressione astratta, quasi lirica scaturisce dal lavoro di Dufrêne, segnato da un’impronta pittorica che ricorda le prime opere di Mimmo Rotella. Anche quest’ultimo utilizzava il retro d’affiche, che nel suo lavoro risultava però da un’accumulazione quasi astratta prossima al tachismo. Rotella non è legato agli altri “Affichistes” da nessuna particolare complicità. È solo la vicinanza della sua ricerca a quelle dei francesi, rivelata da Restany, che gli vale l’ammissione
all’interno del gruppo. Rotella era più anziano dei suoi accoliti francesi e, sottolinea Villeglé, più “internazionale”. Questa differenza d’età, che lo ha già visto poeta e pittore, gli conferiva una maggiore esperienza delle pratiche artistiche. Il lavoro di Rotella era radicato nella sua esperienza pittorica e dominato dallo spirito latino. L’artista aspirava ad un riconoscimento che si poneva decisamente agli antipodi rispetto all’anonimato auspicato da Villeglé. E, al di là di ogni teorizzazione, la sua opera rimane legata alla ricerca di un’estetica del bello, perfino del meraviglioso. Il suo personaggio simboleggia pienamente “il maestro” italiano, che si vuole espansivo e brillante, avido di notorietà e riconoscimento. Quindi il gruppo dei Nouveaux Réalistes si costituisce il 27 ottobre del 1960. Villeglé afferma che «il movimento veniva soprattutto da Yves Klein, che voleva fare la Rivoluzione Blu. Ma non si può fare una rivoluzione da soli, e noi eravamo tutti d’accordo nell’accompagnarlo in questa utopia. Alla riunione a casa di Klein c’eravamo noi, i tre “Affichistes”, poi Arman,
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La Pluvieuse, affiches lacérées sur bristol , 1969, 6,2 x 7,5 cm
Tinguely, che aveva portato Spoerri, e Martial Raysse, invitato da Klein. Ma più che un movimento la riunione aveva creato uno spirito di famiglia: i nostri lavori erano comunque molto diversi». Rotella firmerà il Manifesto, così come César. Gli altri – Gérard Deschamps, Christo e Niki de Saint Phalle – li raggiungeranno più tardi. L’Italia, e in particolare la città di Milano, ha svolto un ruolo determinante nella storia del Nouveau Réalisme. Dopo la mostra dei Nouveaux Réalistes nel 1960, la Galleria Apollinaire si fece promotrice di altre manifestazioni legate al movimento, tra cui una dedicata agli “Affichistes” nel 1962 (questa volta partecipò anche Mimmo Rotella). Sempre a Milano, dal 10 aprile al 3 maggio del 1963, Arturo Schwarz riunì i quattro “Affichistes” in una mostra presentata da Pierre Restany e intitolata “L’affiche lacerato, elemento base della realtà urbana”. Così, all’interno del movimento, iniziarono a prolificare esposizioni che col tempo fecero dissociare gli “Affichistes” dagli altri membri del gruppo, costituendone progressivamente l’entità.
Sottolineiamo brevemente il ruolo essenziale svolto dalla capitale lombarda nella storia di questo movimento, che proprio a Milano nasce nel 1960 e che, sempre a Milano, nel 1970 celebra il proprio Banchetto funebre in forma di Ultima cena. Questo ruolo preponderante della città di Milano nella storia recente si spiega con il risveglio del paese all’indomani della seconda guerra mondiale, con la presa di coscienza del suo ritardo culturale dovuto all’isolamento forzato a cui era stato relegato durante il periodo fascista. In ambito artistico, questo desiderio di “aggiornamento” si espresse a Roma, sede delle amministrazioni e delle grandi università, grazie a figure come Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan; e a Venezia grazie a Giuseppe Marchiori e Umbro Appollonio. A Milano, città d’azione e d’industria, la rinascita si fece più pratica, andando ad interessare la rete delle grandi gallerie di prestigio come Il Milione o Il Naviglio, e grazie a critici come Gillo Dorfles e Guido Ballo. È questa l’eco di un conflitto politico che Milano riesce ad intuire all’inizio degli anni Sessanta; la sua affermazione su
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Schiffré-Zürich, affiches lacérées, 8 novembre 1965, 11,4 x 8,3 cm
Parigi, poi, innescherà una battaglia per l’egemonia culturale. Parigi, dal canto suo, forte del proprio dominio culturale e arroccata sul suo stato di città illuminata, ignora volutamente l’apporto fondamentale che arrivava da New York. E, inoltre, trascura Milano, «che presto, grazie al suo dinamismo economico e all’assenza di pregiudizi culturali, emerge come luogo aperto a tutte le controversie e alla rimessa in discussione dell’estetica stabilita. All’inizio degli anni Cinquanta, nel pieno trionfo dell’Informale e del post-cubismo astratto della Scuola di Parigi, la giovane generazione parigina non si riconosceva nei suoi fratelli maggiori consacrati e trovava molte difficoltà a far sentire la sua voce. In questo contesto Milano svolge un ruolo di valvola di sicurezza, permettendo ai giovani occultati di manifestarsi in tutta libertà». Milano non ha però la forza di New York e quando, nel 1962, i Nouveaux Réalistes espongono alla galleria newyorkese di Sidney Janis, il confronto servirà più a Robert Rauschenberg, Jasper Johns e alla Pop Art, che, invocando le teorie iconoclaste di Marcel Duchamp, avrebbero
declassato l’arte europea a ranghi subalterni per intraprendere la conquista culturale del pianeta. Jacques Villeglé: oltre gli “Affichistes” La supremazia dell’arte americana nella scena artistica internazionale confina gli artisti francesi in una sorta d’isolamento parigino. Tuttavia, questo non impedisce a Jacques Villeglé di continuare sulla propria strada. Pur legato da una forte complicità ad Hains e Dufrêne, la sua ricerca si sviluppa in modo autonomo, all’interno di una riflessione connessa in linea diretta alla sua esperienza del lacerato anonimo. È a partire dal 1958 che Villeglé afferma la propria diversità mediante questa pratica, che egli aveva peraltro già esaminato nel testo Des Réalités collectives, insistendo sull’importanza della lacerazione: «La lacerazione rappresentava per me quella guerriglia d’immagini, segni, simboli che avvicinavano l’arte
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Rue de Tolbiac, affiches lacérées sur bristol, octobre 1962, 11,6 x 8,9 cm
alla vita, preannunciando la fine della pittura di trasposizione». Villeglé cercava allora il supporto di una nuova estetica per cui l’abilità dell’artista non contava e in cui il segno espresso sulla tela non risultasse più dal gesto ma, al contrario, da un’elaborazione prestabilita, utilizzata dall’artista come materiale, costituendo così un linguaggio in cui le lacerazioni rendevano illeggibile lo slogan politico o commerciale, che risulta così alienato. Quello che realizza Villeglé è un lavoro di archeologia urbana, di classificazione delle immagini, prelevate sulla base di alcune tematiche che gli permettono di elaborare un’opera creativa vera e propria. L’artista segue un criterio di selezione che stabilisce a seconda del pensiero che vuole sviluppare. Villeglé chiama quest’idea “narrazione”: è un modo di raccontare la sua epoca, che a partire dal 1965 l’artista esplora nella serie degli affiches di un ballo (firmati Mathieu e lacerati). Questi affiches gli offrono l’occasione di elaborare un primo lavoro tematico. «Contro l’appropriazione che lo ha preceduto», commenta Villeglé, «il laceratore si attacca al
cuore purpureo del grafismo, mettendo a nudo, con tre colpi di rasoio, una macchia-scudo di sabbia con tondello e chiocciola rovesciati. A destra: dei volti. A sinistra: una fila uguale con una punta triangolare all’inglese. L’insieme di questi affiches viene esposto da Jacqueline Ranson, in rue Furstenberg, nel febbraio del 1967, con il titolo di: De Mathieu à Mahé». Quando il lavoro di archeologia urbana diventa sistematico, Villeglé comincia un vero e proprio archivio del linguaggio della strada, orientando la sua produzione su tematiche a lui care. Questa archiviazione del quotidiano costituisce un repertorio cronachistico, un pezzo di memoria che l’artista preleva facendosi guidare dall’intuizione. Un’ostinazione quasi compulsiva nel rintracciare i frammenti effimeri della nostra epoca che ricorda l’approccio proprio del collezionista, mai soddisfatto, sempre in cerca di una nuova conquista, che accumula tracce, testimonianze, oggetti, come se questo potesse rallentare il passare del tempo. La stessa passione per la raccolta si ritrova in Villeglé nell’elencazione
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La Trame ondée, affiches lacérées, octobre 1962, 10,7 x 17,2 cm
che fa delle proprie opere, che lo anima a partire dal 1970 portandolo all’elaborazione di un catalogo ragionato del suo lavoro secondo uno sviluppo tematico. Il primo volume di questo inventario viene pubblicato in occasione della mostra “La Peinture dans la non-peinture” (Nizza, luglio 1988; Tolosa, ottobre 1988; Colonia, 1989). Sans lettre, sans figure (catalogue thématique des affiches lacérées) uscirà nel 2004; mentre Villeglé, Politique (catalogue thématique des affiches lacérées) a giugno del 2008. Sempre nella logica delle creazioni a tema, nel 1997 Villeglé inventa, a Martéret, in Lot-et-Garonne, l’Atelier d’Aquitaine. È l’inizio di una nuova serie dedicata alla musica amplificata, La Techno, che annuncia i vari concerti itineranti di gruppi musicali nella provincia, con cui Villeglé mette in collegamento discipline e generazioni diverse. «Una delle mie ambizioni», dice l’artista, «è quella di essere testimone attivo di un’umanità ricca di contraddizioni. È l’anonimo della strada che interviene sui riflessi della cultura dominante». In questa affermazione
si percepisce tra le righe una certa dose di ironia critica, che traduce l’ambizione di una testimonianza impegnata assunta dal lavoro dell’artista. L’Atelier d’Aquitaine è un’iniziativa collettiva, una vera e propria Factory all’aria aperta, attraverso cui Villeglé, con la complicità dei suoi assistenti, agisce nelle strade e nelle piazze delle città, inseguendo e prelevando gli strumenti necessari al suo lavoro. Una modalità operativa che sarà attualizzata a più riprese: quando l’artista viene invitato dal FRAC Corse per la mostra “Décentralisation 3”, a Corte, in Corsica, ad esempio; e nel 2003, quando l’operazione si ripete in occasione di una mostra al Centro Cultural Recoleta, a Gobiemo de la Ciudad de Buenos Aires. Il rapimento diventa allora una sorta di performance, soprattutto a Buenos Aires, dove la crisi in cui era sprofondato il paese aveva limitato l’utilizzo della carta. Raccogliere manifesti diventava in quel caso una causa persa, o quasi, e le opere che ne risultarono assomigliano più ad un puzzle che a un décollage. Dopo queste avventure collettive (a partire dal 2003), Villeglé smette di
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Transparente (3,) affiches lacérées sur bristol, 1963, 8,2 x 11,3 cm
“trappare”, come dice lui, per concentrarsi su un lavoro in cui l’esperienza affichiste muta in ricerca semantica. I segni socio-politici La storia dei graffiti – scritture selvatiche e spontanee incise o tracciate sui muri delle città – rappresenta da sempre l’espressione liberatoria degli anonimi, desiderosi di lasciare un proprio messaggio, sia esso privato o pubblico. Ma esiste una relazione tra questi anonimi incisori e il lacerato anonimo di Jacques Villeglé? Certamente sì, perché nulla di quello che i muri delle città raccontano gli è indifferente. Allevato alla cultura dell’agrimensore di strade, Villeglé considera il messaggio del manifesto alla pari di uno studio semiologico, che permette di leggere e interpretare il linguaggio dei muri. Così, nel 1969, in occasione di una visita in Francia del presidente americano Richard Nixon, Villeglé legge su una
parete della metropolitana parigina il nome di Nixon tracciato con un grafismo particolare. Ricorda l’artista: «Sulle pareti di un corridoio della metropolitana ho visto le tre frecce dell’ex partito socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la croce celtica inscritta nella “O” dei movimenti Jeune Nation, Ordre nouveau, Occident, ecc… Poi, di nuovo, le tre frecce dinamiche, timoniere e pavloviane di Tchakhotine indicanti, senza altro commento, il nome del presidente americano. L’impatto di questi ideogrammi politici riuniti assieme prevaleva su tutti gli altri slogan anti-yankee di allora. Le “A” accerchiate, le “N” rigate, le “O” tagliate in quattro, le “S” striate, le “I” sbarrate due volte, le “V” disposte a stella, la curva delle “G”, falcetta dei Soviet rovesciata, forata dal martello, le “S” raddoppiate come due fulmini paralleli... Questi messaggi sovraccarichi ed emblematici dei bassifondi parigini, massificano quella guerriglia dei simboli che, nel 1931, il leader della propaganda del Fronte di Bronzo aveva immaginato, quando ideò le tre frecce per i giovani operai socialisti in opposizione alla croce
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La Tramée verte, affiches lacérées sur bristol, octobre 1962, 14,6 x 10 cm
uncinata delle Camice nere. La scrittura latina, attraverso l’amalgama – nel senso alchemico del termine – con gli ideogrammi fascisti, capitalisti, socialisti, comunisti o di ultrasinistra, si inscriveva in filigrana nelle pagine bianche della storia». I segni socio-politici di Villeglé suggeriscono un’interpretazione anarchica e allo stesso tempo poetica del mondo. Essi rappresentano un brano di una sostanza vivente che Villeglé ha sostituito alla cultura urbana, restituendola sotto forma di quadri dalla lettura enigmatica, nonostante essi costituiscano, malgrado tutto, un linguaggio e una realtà “altri” – ricordiamo che la scrittura poetica risale ai suoi lavori sulle ultra-lettere o sulle lettere deflagrate: tentativi d’integrazione del gesto in un’opera che lo ha sempre rinnegato, queste produzioni quasi pittoriche e interamente realizzate a mano racchiudono tutte le contraddizioni di un creatore che in esse esprime la propria spontaneità e il diritto, suo come di chiunque altro, di lasciare la propria traccia. Non celando, quindi, alcuna volontà
estetizzante, esse sono la libera espressione di un collezionista che accumula i vocaboli del proprio linguaggio. Che il gesto di Villeglé sia interamente astratto, che la presa sia meccanica o che sia in un certo senso governata, fosse anche per pochi secondi, si tratta pur sempre di un miracolo. La “poetica anonima dello strappo” è quella di un artista che ha saputo, magnificamente e ostinatamente, udire il “grido pittorico” della pelle sacrificata dei muri per donarle nuova vita. La propria. L’opera di Jacques Villeglé, qualunque sia la sua forma, racchiude questa straordinaria forza vitale dell’uomo che egli è, scagliato contro venti e maree (da buon bretone quale è rimasto, anche se oggi è molto parigino) e dotato di un’immensa curiosità, per collezionare, amalgamare e trasformare le informazioni del nostro tempo e del tempo passato, e custodirle all’interno di un’enciclopedia erudita e popolare, enigmatica e poetica, somma d’informazioni raccolte e abbandonate ai casi della Storia.
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Anni ‘60
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Rue de la lingerie, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1966, 33 x 30 cm
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La verticale della Biennale, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1961. 25,2 x 20 cm
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Métro Mabillon, affiches lacérées sur toile, 1964, 23,7 x 18 cm
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Rue des Haudriettes, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1961 20,4x16,3 cm
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Rue Chapon, affiches lacérées sur toile, 1965, 35,4x22,8
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Rue Pastourelle, affiches lacérées sur toile, 1968, 22,7x16,5 cm
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Rue Pavée, affiches lacérées sur toile, 1962, 25,5x17 cm
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Saint Denis, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1963, 22x16,8 cm
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C.C. 240.32, affiches lacérées sur toile, 1965, 29,3x22 cm
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Rue du Temple, affiches lacérées sur toile, 1969, 26x26,5cm
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Ruelle de la Succession, affiches lacérées sur toile, 1964, 25x25,4 cm
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Les Surlendemains, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1965, 22x20cm
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Rue Braque, affiches lacérées sur toile, 1961, 38,5 x 37 cm
Aubervilliers, affiches lacérées sur toile, 1963, 26,2x37,2 cm
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Rue Bleue, affiches lacérées sur toile, 1964, 20,6x26,5 cm
Rue de l’Ave Maria, affiches lacérées sur toile, 1962, 21x33,5 cm
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Rue du Maure, affiches lacérées sur toile, 1963, 23,5x32 cm
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Metro, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile 1965, 19,2 x 27,8
Avenue du Fuji-Yama, affiches lacérées sur toile , 1960, 14 x 22,5
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Rue de Saint Maure, affiches lacérées sur toile, 1960, 15,2 x 20 cm
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Anni ‘70
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Métro République, affiches lacérées sur toile, 1971, 40,8x51 cm
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Rue de Poitou, affiches lacérées sur toile, 1978, 62x81 cm
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Avenue Victoria, affiches lacérées sur toile, 1977, 79,5x58 cm
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Anni ‘80
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Les Rêveuses d’ Ivry, affiches lacérées sur toile, 1989, 89x116 cm
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Boulevard Haussmann, affiches lacĂŠrĂŠes sur toile, 1988, 65x92 cm
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Rue du Bicentenaire, affiches lacérées sur toile, 1989, 74x51,8 cm
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Anni ‘90
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Quai d’ Issy les Moulineaux, affiches lacérées sur toile, 1991, 100x81 cm
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Boulevard de Rouchechouard, affiches lacérées sur toile, 1991, 127x173 cm
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Rue de Gigan Nantes, affiches lacérées sur toile, 1994, 130x89 cm
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Rue de Réaumur, affiches lacérées sur toile, 1993, 68x42,5 cm
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Quai du Président Roosvelt, affiches lacérées sur toile, 1991, 116x89 cm
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Rue de Saint Jacques, affiches lacérées sur toile, 1992, 100x81 cm
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Lycée de Jeunes Filles - Rue de Jean de Bernardi, Marseille - affiches lacérées sur toile, 1998, 108x131,5 cm
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Anni 2000 i segni socio politici
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Le carré magique, Crayon de couleur à l’huile solide sur papier Dalbe extra-blanc 75g/m2, 2003, 42x29,5 cm L’ art est fait par tous et non par un - Lautréamont, Crayon de couleur à l’huile solide sur papier Dalbe extra-blanc 75g/m2, 2003, 42x29,7 cm
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Octavio Paz, Encre de Chine sur papier 160g., 2006, 65x50 cm
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Bernard Frank, Collage, bombage, crayon à l’huile, crayon de couleur sur papier Canson JA, 2006, 75x55 cm
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Jacques Villeglé, 28 septembre 2005, Paris, 45 rue de la Duée © ph.Philippe Bonan
Jacques Villeglé avec Pierre Restany, 1963, Paris, Galerie J ph. Shunk-Kender © Roy Lichtenstein Foundation
Jacques Villeglé avec François Dufrêne let André Morain, 9 juin 1976, Paris, galerie Le Dessin © ph. Fabienne Villeglé
Note biografiche
Arts (sezione architettura). Durante le vacanze a Saint-Malo inizia a raccogliere objets trouvés: fili di ferro o residui del Mur de l’Atlantique che, senza il minimo intervento da parte dell’artista, costituiscono già delle vere e proprie pitture o sculture.
Jacques Villeglé è nato a Quimper (Finistère, in Bretagna - Francia) il 27 marzo 1926. A Vannes (dipartimento di Morbihan, in Bretagna), dove risiede dal 1934, Villeglé scopre, nel giugno del 1943, l’Anthologie de la peinture de 1906 à nos jours (1927, Montaigne Edizioni, Parigi) di Maurice Raynal, che fino alla fine della guerra sarà la sua principale fonte d’informazione sulla pittura contemporanea. Tra le opere riprodotte, in bianco e nero, un Mirò lo sconcerta in modo particolare per l’indeterminatezza della macchia lanuginosa centrale e per la disinvoltura, leggerissima, del grafismo. In questo periodo Villeglé lavora presso lo studio di un architetto abbastanza tradizionalista; tuttavia, grazie a una monografia e a una biografia di Le Corbusier, prende coscienza del fatto che anche l’urbanistica stava attraversando un’evoluzione che egli ignorava completamente.
Nel mese di dicembre Villeglé e Hains visitano in modo sistematico tutte le gallerie di Parigi per sapere “chi è chi”, “chi fa cosa”, “chi espone chi”, ecc. Durante questa ricognizione i due artisti incontrano Colette Allendy (18951960), la vedova del Dott. René Allendy (1889-1942), che dirigeva allora una galleria in rue de l’Assomption n° 67, ad Auteuil. In quel momento la galleria ospitava una mostra di disegni di Arp, Kandinsky, Magnelli e Miró.
Nel febbraio del 1944 Villeglé soggiorna per un breve periodo nella Parigi occupata: i quadri esposti nelle gallerie lo deludono. Al suo ritorno legge Guignol’s Band di L.F. Céline, che lo converte alla letteratura di Drieu La Rochelle, che in quel tempo godeva dell’enorme consenso del pubblico. A settembre Villeglé s’iscrive all’École des Beaux-Arts di Rennes.
Nel febbraio del 1949 Villeglé realizza con Hains Ach Alma Manetro, il primo affiche lacerato.
Alla fine di gennaio del 1945 nasce l’amicizia con Raymond Hains, iscritto anche lui all’École des Beaux-Arts. Poco dopo, Villeglé fa domanda di ammissione all’École Nationale Supérieure d’Architecture. Con Étapes de la peinture française contemporaine, depuis le cubisme - 1911/1944 di Bernard Dorival, Villeglé apprende – nonostante le reticenze dell’autore, che era professore all’École de Louvre – le nozioni dell’automatismo psichico surrealista. Lo spirito di questo libro, fortemente intriso della “prudenza contadina e borghese” dell’anti-intellettualismo vichista – che rifiutava, per un umanesimo figurativo, «tanto l’astrazione dell’avanguardia quanto il sogno del Surrealismo» –, prefigurava lo statismo culturale della IV Repubblica, ripiegata sul “genio pittorico francese” e sul rispetto del “disordine stabilito”, come lo definiva all’epoca Emmanuel Mounier. Dopo aver lavorato quattro mesi presso lo studio di un architetto di SaintMalo, nel gennaio del 1947 Villeglé s’iscrive all’École des Beaux-Arts di Nantes. Risiede dapprima in rue du Bocage, vicino all’ospedale militare dove, tempo addietro, Breton conobbe Vaché. Un aneddoto di cui Villeglé verrà a conoscenza poco tempo dopo leggendo la storia del Surrealismo di Maurice Nadeau. È questo il periodo in cui Villeglé approfondisce le sue conoscenze sul caso oggettivo e sulla scrittura automatica. Ad aprile Villeglé viene ammesso all’École Nationale Supérieure des Beaux-
1948-1949: Villeglé fa avanti e indietro fra Nantes e Parigi. A settembre conosce il poeta Camille Bryen (1907-1977), originario «della città del ponte trasbordatore e dell’angoscia nantese»; con lui frequenta Wols alla Pergola, alla Rôtisserie Saint-Germain o alla Rhumerie Martiniquaise.
A dicembre Villeglé lascia definitivamente Nantes e si trasferisce a Parigi, abbandonando, senza alcun rimpianto, gli studi in architettura. “Intenzionalmente” – nel senso husserliano del termine in quanto “visione” – limita il suo procedimento appropriativo ai soli manifesti lacerati. 1950-54: Dopo un breve apprendistato a Nancy presso gli Ateliers de Maxéville di Jean Prouvé (1901-1984), il creatore dei murs-rideaux, Villeglé partecipa alla messa a punto delle lettere deflagrate – che Raymond Hains fotografava già dal 1947 servendosi di una trama di vetro scanalato – e a diversi film tra cui Pénélope e Loi du 29 juillet 1881 o Défense d’Afficher. Uno stralcio di Pénélope sarà montato, nella primavera del 1960, dall’équipe del Centre de Recherche Image della R.T.F. e divulgato con il titolo di Étude aux allures – nome della composizione di musica concreta con cui Pierre Schaeffer (1910-1995), l’allora direttore del Centro, sonorizzò questo cortometraggio (12 minuti circa, colori, 16 mm). Il nome di Pénélope era stato inizialmente scelto da Villeglé per i colori mediterranei del film e le sue riprese ininterrotte. Da vero “ad-hochista”, sugli scarti sovrapposti delle pellicole egli realizzerà dei graffiti utilizzando la china, che seccandosi andrà via via screpolandosi. Queste pellicole graffiate verranno mostrate all’inizio degli anni Ottanta in una mostra al Centre Georges Pompidou di Parigi (“Paris - Saint-Brieuc 1950-1952”). Primo maggio 1952: Hepérile, il poema fonetico di Camille Bryen edito da PAB (Pierre-André Benoît, 1922-1993), viene scelto per ufficializzare la deflagrazione della scrittura. Hepérile Éclaté, un piccolo volume dedicato a una fauna di ultra-lettere baiadere, ondine scanalate della nuova mitologia,
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Jacques Villeglé avec Raymond Hains, 31 mai 1977, Paris, Centre Georges Pompidou © ph. Fabienne Villeglé
Jacques Villeglé avec César, septembre 1991, Lyon, Halle Tony Garnier © ph. Laurent Lecas
verrà realizzato il 19 giugno del 1953 in occasione di una mostra personale di Bryen alla Galerie Colette Allendy di Parigi. A dicembre, da Chez Moineau, in rue du Four 22, Hains e Villeglé frequentano i lettristi dissidenti, tra cui Bull Dog Brau (1930-1985), Guy-Ernest Debord (1931-1994), Gil J Wolman (1929-1995) e Jean-Michel Mension, che avevano appena fondato la loro prima internazionale, premessa al Situazionismo.
dimentica infatti di Klein, menzionando invece la minacciosa macchina di Tinguely (1925-1991), che per poco non lo aveva sporcato di pittura, e gli «affiches lacerati, i più insidiosi ready-made». Malraux racconterà questa sua esperienza a Picasso nel libro La Tête d’obsidienne (Gallimard Edizioni, Parigi 1974, p. 141). Nel corso dell’anno esce il libro Sur Marcel Duchamp di Robert Lebel (1904-1986): gli affiches lacerati, che fino a quel momento erano stati impropriamente assimilati al collage, saranno d’ora in poi identificati come “ready-made”. E i “rapitori di manifesti” dovranno faticare non poco per far capire quanto l’influenza duchampiana fosse stata assolutamente secondaria nell’elaborazione dell’affiche lacerato.
Nel febbraio del 1954 Villeglé e Hains conoscono François Dufrêne (19301982), del quale, da otto anni, seguivano le pubblicazioni e i recital lettristi. Grazie a Dufrêne, Villeglé e Hains conoscono “Yves Klein il Monocromo” (1928-1962) di ritorno dal Giappone.
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Aprile-maggio 1957: Sfuggita ai dogmatismi degli astrattisti, la galleria di Colette Allendy organizza la prima retrospettiva degli affiches lacerati. A rendere possibile la mostra è Yves Klein, che anticipa di otto giorni la chiusura della propria. Tre critici commentano l’esposizione: Edmond Humeau (“Le Lyrisme des murs”, nel numero di Combat del 5 giugno 1957); Michel Courtois (nel numero di Arts del 5 giugno 1957); e Pierre Restany (in Cimaise, ottobre 1957). Durante il vernissage della mostra Villeglé incontra per la prima volta Gérard Deschamps (all’epoca diciannovenne), un frequentatore abituale della galleria dove tra l’altro aveva già esposto. Rendendosi conto che critica e pubblico non avevano colto il nuovo atteggiamento pittorico introdotto dai manifesti lacerati, così come venivano strappati dai muri o dalle palizzate, Villeglé fa il punto sulla lacerazione in quanto manifestazione spontanea in un articolo intitolato Des Réalités collectives, pubblicato nel maggio del 1958 in Grâmmes, rivista provocatoriamente sottotitolata “ultra-lettrista”. Isidore Isou risponderà alla provocazione nella rivista di Maurice Lemaître Poésie Nouvelle. Conclusa una prima vendita di affiches lacerati di piccolo formato, nel febbraio del 1959 Dufrêne invita Villeglé a presentare il suo lavoro – dove nel frattempo avevo preso forma il Lacéré Anonyme – nell’atelier di suo padre, in rue Vercingétorix. La manifestazione ha luogo a giugno. Sorta di personaggio mitico, il lacerato anonimo nasce dalla credenza in una creazione collettiva. Così, le cattedrali sarebbero state costruite da una volontà comune, per slancio popolare. E così come, secondo Vico, Omero personifica il popolo greco, il lacerato anonimo rappresenta l’insieme dei “laceratori” anonimi. È la rimessa in questione dell’artista interprete dell’animo popolare e intermediario dell’inconscio collettivo. Nel mese di ottobre, alcuni affiches lacerati, un monocromo blu e una “macchina per dipingere”, disseminati all’interno e all’esterno del Musée Municipal d’Art Moderne de la Ville de Paris, creano i tre luoghi evenemenziali della prima edizione della Biennale des Jeunes. Tre luoghi che il nuovo incaricato agli Affari Culturali André Malraux ridurrà a due. Ricordando la sua visita alla mostra il giorno dell’inaugurazione, Malraux si
In risposta alle nuove tendenze emerse dalla prima Biennale di Parigi e grazie all’intermediazione di Alain Jouffroy, nel febbraio del 1960 viene affidata a François Dufrêne una sala del Salon Comparaisons. Dufrêne presenta il lavoro degli “Affichistes” accanto ad alcuni “assemblagisti”, ad una giovane croûtiste, ad alcuni espressionisti barocchi e ad alcuni artisti sperimentali che lavoravano sullo spazio e sul movimento. Ursula Girardon (1926-1989), boulevard Pasteur: primo intermediario a concludere la vendita di un affiche lacerato. Villeglé accompagna Dufrêne negli studi-laboratori di Pierre Henry, in rue Cardinet 80. Su incoraggiamento di Jouffroy, tra i due inizia una collaborazione tecnologica-criritmica. Ad aprile, a Milano, il giovane critico ventinovenne Pierre Restany coglie il particolare momento storico per redigere il Primo Manifesto del Nouveau Réalisme e organizzare, alla Galleria Apollinaire, la mostra “Baptême de l’appropriation”, che legittima a tutti gli effetti l’intuizione avuta dal critico osservando le opere di Yves Klein, Jean Tinguely, Raymond Hains, François Dufrêne e Jacques Villeglé all’epoca della Biennale. A questo gruppo iniziale si aggiungerà Arman, amico di Restany. Sei mesi dopo, il 27 ottobre del 1960, a Parigi, nell’appartamento di Yves Klein, il gruppo riunito da Restany firma la dichiarazione costitutiva dei Nouveaux Réalistes. Di passaggio a Parigi, a dicembre Mimmo Rotella fa visita ai “rapitori di manifesti”, che allora esponevano per la prima volta con il gruppo dei Nouveaux Réalistes al Festival d’Avant-garde, nel Padiglione americano del Parco delle Esposizione di Porte de Versailles. Nel 1961 Villeglé subentra a Dufrêne al Salon Comparaisons (gli verrà riservata una sala fino al 1968): egli invita, oltre ai Nouveaux Réalistes, alcuni giovani artisti Pop americani ed europei, oltre a diversi rappresentanti parigini dell’Arte Povera, dell’École de Nice, del Lettrismo, della Mec Art, Poulet 20 NF e gli “Objecteurs”; insomma, tutti artisti marginali, o il cui
lavoro non corrispondeva alle direttive degli altri organizzatori. La presenza di Villeglé all’interno del comitato direttivo del Salone stimola il gruppo dei “pittori della realtà”: i soggetti delle loro opere passeranno, nell’arco di duetre anni, dalla natura morta (ancora come veniva intesa nel XVII secolo) ai pastiches urbani del Nouveau Réalisme, senza però snaturarsi, rimanendo comunque fedeli ai canoni accademici e al cavalletto, rispettosi del lavoro in quanto tale e, naturalmente, non abbandonando mai la pittura. Nel 1967, prima di dimettersi dal suo incarico al Salon Comparaisons, di cui non condivideva le posizioni tradizionaliste, Villeglé proporrà, assieme a Jean-Louis Brau, di predisporre per il Salone dell’aprile 1968 una “sala hippie”, dove non sarebbe stata esposta nessuna opera plastica. Una proiezione di diapositive ricorderà l’originaria destinazione del luogo, da sempre riservato alla pittura. 17 maggio: Parigi: apertura della Galerie J in rue Montfaucon. Primo contratto. 1961-62-63: Nonostante la dichiarata presa di posizione in merito al primato del “rapire” sul “fare”, il gruppo dei cosiddetti “Affichistes”, per distinguerli dagli altri Nouveaux Réalistes, viene paradossalmente invitato prima all’esposizione “Arts d’Assemblage” (New York, Dallas e San Francisco) e poi a quella intitolata “50 ans de collage” (Saint-Étienne e Parigi). Nel 1963 Robert Lebel e Alain Jouffroy fanno il punto sulla distinzione fra “collage” e “oggetto” in una mostra presso una galleria effimera, a SaintGermain-des-Prés. 1963-64: Mostre personali alle gallerie J di Parigi e Ad Libitum di Anversa. Il direttore del Kaiser Wilhelm Museum di Krefeld (Germania), Paul Wember, acquista un affiche ad Anversa, incoraggiando inoltre il primo acquisto, europeo e istituzionale, di opere di Dufrêne e Hains. Mostre dei quattro “rapitori” presentate da Pierre Restany presso la galleria di Arturo Schwarz a Milano (“L’Affiche lacérée, élément de base de la réalité urbaine”) e la Gres Gallery di Chicago. Nel maggio del 1965 alcuni affiches di un ballo (firmati Mathieu e lacerati) offrono a Villeglé l’occasione di elaborare un primo lavoro tematico. Contro l’appropriazione che lo ha preceduto, il laceratore si attacca al cuore purpureo del grafismo, mettendo a nudo, con tre colpi di rasoio, una macchia-scudo di sabbia. A destra: dei volti. A sinistra: una fila uguale con una punta triangolare all’inglese. L’insieme di questi affiches viene esposto nel febbraio del 1967 da Jacqueline Ranson, in rue Furstenberg, con il titolo: De Mathieu à Mahé. Ad agosto Villeglé inizia a redigere Lacéré Anonyme o Urbi & Orbi, dove argomenta la rilettura moderna dei miti tradizionali e l’ambiguità che essa comporta quando il colpo di fulmine diventa criterio di creazione. Inoltre, Villeglé descrive come il suo collezionare i manifesti lacerati lo abbia fatto diventare lui stesso una “personalità lacerata”. Grazie alla mediazione del patafisico Noël Arnaud, il 20 ottobre Villeglé entra in contatto con Léo Malet (1909-1996), ex surrealista, romanziere, nonché il padre del personaggio di Nestor Burma (detective privato). Già negli anni Trenta Malet si era immaginato una forma di “décollage direzionato” per realizzare oggetti “psico-atmosferici-anamorfici”. Con l’intenzione, non poco maliziosa, di stilare il catalogo ragionato dell’opera di Oberdada Johannes Baader (1875-1954), il 9 novembre Villeglé incontra Carola Giedon-Welcker al Café Odéon di Zurigo. In seguito, dopo la pubblicazione di un articolo sulla rivista Leonardo, farà visita a César Domela (22 aprile 1969), a Raoul Hausmann (17 maggio 1969), a Herta Wescher (29 maggio 1969), a Poupart-Lieussou (7 giugno 1969) e a Jefim Jef Golyschev (16 giugno 1969). Le mostre del Nouveau Réalisme e della Pop Art – primi bilanci dell’attività artistica degli anni Sessanta – e, in seguito, quelle del “Décollage” (o
“Décollagen”) si susseguono a La Haye, Vienna, Berlino, Krefeld, Anversa e Milano. 28 febbraio 1969: Nixon fa visita a De Gaulle. Sulle pareti di un corridoio della metropolitana Villeglé vede le tre frecce dell’ex partito socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la croce celtica inscritta nella “O” dei movimenti Jeune Nation, Ordre Nouveau, Occident, ecc. Poi, di nuovo, le tre frecce dinamiche, timoniere e pavloviane di Tchakhotine indicanti, senza altro commento, il nome del presidente americano. 6-7 maggio: In occasione della manifestazione “Liberté de parole”, organizzata da J.J.Lebel, il primo grafismo sociopolitico viene esposto al Théâtre du Vieux Colombier. Poco tempo dopo sarà pubblicato dagli editori milanesi ed esposto assieme alla valigia N.R. Agosto 1970: Inizia la redazione del catalogo ragionato dell’opera di Villeglé. Tra il 1983 e il 1988, ad occuparsi del catalogo sarà Françoise-Julie Piriou, allora studentessa all’Università dell’Alta Bretagna, sotto la direzione di JeanMarc Poinsot. Ottobre-novembre: Decimo anniversario del Nouveau Réalisme: Galerie Mathias Fels (Parigi) e Rotonda della Besana (Milano). Il critico Otto Hahn (1935-1996) pubblica sulla rivista VH 101, n° 3, alcuni brani tratti dal Lacéré Anonyme, con il titolo di “Le Flâneur aux palissades de la manifestation spontanée”. Prima acquisizione ufficiale in Francia di un affiche di Villeglé ad opera del Fond National d’Art Contemporain. 1971-72: Staatsgalerie di Stoccarda: prima esposizione museale interamente dedicata agli affiches lacerati. La prefazione del catalogo è di Johannes Cladders, futuro direttore del Musée de Mönchengladbach, il quale, in occasione dell’inaugurazione del museo – nel 1981 – dedicherà una sala alle opere dei tre “Affichistes” parigini. Carl Andre realizza il pavimento della sala. Retrospettiva di Villeglé al Moderna Museet di Stoccolma e al Museum Haus Lange di Krefeld (Germania). Mostre personali a Colonia: da Michael Werner e alla Galerie der Spiegel, diretta da Eva (1913-1988) e Hein Stünke (1913-1994). 1974: Preannunciando la pubblicazione della prima versione del Lacéré Anonyme o Urbi & Orbi da parte del Musée National d’Art (luglio 1977), Villeglé ne anticipa alcuni brani sulle riviste Apeiros e A-Beta, e nella collana del Daily-Bull: Les Poquettes volantes. Alla fine dell’anno inizia la realizzazione del film d’animazione Un mythe dans la ville (29 min, colori, 16 mm). La colonna sonora (Couper n’est pas jouer, 1969) è di Bernard Heidsieck. Previa autorizzazione dell’artista, Villeglé utilizza la locandina di una mostra che Jean Dubuffet farà affiggere, nell’aprile del 1976, nei quartieri Halles-Beaubourg-Marais, e un “libro-impubblicabile” commissionato appositamente a Denise A Aubertin. 1976-1977: Villeglé partecipa alla mostra itinerante “Panorama de l’art français 1960-1975”, organizzata da AFAA e presentata ad Atene, Ankara, Istanbul, Téhéran, Bagdad, Damas, Tel-Aviv, Tunis, Rabat e Alger. 1976-1981: Villeglé partecipa alle mostre “Beautés volées” (Musée d’Art et d’Industrie, Saint-Étienne), “Paris-New York” (Centre Georges Pompidou, Parigi), “Dufrêne et Villeglé, affiches lacérées” (Noroît-Arras), “Bryen éclaté” (Nantes), “Paris/Paris 1937-1957” (Centre Georges Pompidou, Parigi), “West-Kunst 1939-1970” (Colonia). In occasione della seconda esposizione del gruppo degli “Affichistes” alla Galerie Mathias Fels di Parigi (marzo/aprile), Villeglé redige il testo in catalogo: Commémoration de la loi du 29 juillet
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1881 per la seconda mostra del gruppo degli “Affichistes” alla Galerie Mathias Fels et Cie di Parigi (marzo-aprile). Michel Lancelot (1938-1996) dedica a Villeglé la trasmissione televisiva Loi du 29 juillet 1881, Villeglé (Realizzazione: Georges Paumier; Produzione: Antenne 2; 20 min, colori, 16 mm). Gennaio 1982: “Les Présidentielles 81 vues par Villeglé”, Centre d’Art contemporain J.&J. Donguy, rue de la Roquette, Parigi. Febbraio-giugno: Guérilla des Écritures: vari interventi su aree riservate all’affissione nelle città di Rennes e Parigi (con la collaborazione di Art Prospect, Bretagna). Aprile 1985: Villeglé è a Rennes per commemorare il centenario dei primi scritti “ontogenici” di Jarry e della creazione di Ubu. Per celebrare l’anniversario di Le Retour de l’Hourloupe (alias Bosse-de-nage), vengono organizzate due mostre: la prima, alla Maison de la Culture, è presentata da Bernard Lamarche-Vadel (1949-2000); la seconda (“Les Affichistes selon Villeglé”), alla Galerie Art&Essai dell’Università di Villejean (Francia), è presentata da Béatrice Salmon.
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Luglio: Villeglé monta nuovamente sul telaio per esporre, nell’ottobre seguente, due affiches già presentati alla seconda Biennale des Jeunes di Parigi (1961) e rimasti in deposito per ventiquattro anni: uno sarà acquistato nel 1987 da Claude Fournet per il Museo d’Arte moderna e contemporanea di Nizza; l’altro, intitolato Carrefour Sèvres-Montparnasse (319 x 810 metri) sarà esposto, prima, nella retrospettiva “Les Nouveaux Réalistes” (Parigi, Mannheim e Winterthur); e in seguito al Magasin di Grenoble (1988), alla Kunstmarkt di Colonia (1989), al MoMA di New York (“High and Low”, 1990); al Ludwig Museum di Colonia (nella mostra “Pop Art”) e al Centro de Arte Reina Sofia di Madrid nel 1992; al Centre Georges Pompidou di Parigi (“Les Années Pop”) nel 2001. Villeglé crea un vero e proprio gruppo finanziario per realizzare il primo volume del catalogo ragionato della sua opera, che viene pubblicato in occasione della mostra “La Peinture dans la non-peinture” (Nizza, dal luglio 1988; Tolosa, ottobre 1988; Colonia, 1989). 1989: Valérie Villeglé dà vita al Secrétariat Jacques Villeglé, un organo preposto all’informatizzazione degli archivi e alla redazione del catalogo ragionato dell’opera di Villeglé, che conta ad oggi 7 volumi pubblicati. Mostre personali al Centro Culturale d’Arte Bellora di Milano, alla Galleria Peccolo di Livorno, alla Galerie Reckermann di Colonia e alla Zabriskie Gallery di New York. 1990: Esce il volume Villeglé, La Présentation en jugement, di Bernard Lamarche-Vadel (Marval Edizioni, Parigi). Nel 1991, grazie agli addetti culturali della Regione del Nord-Passo di Calais e alla tenacia dello stampatore Alain Buyse, vengono organizzate le prime mostre “decentralizzatrici” a Lille e a Douai. 1994: Villeglé viene invitato da Franz-W. Kaiser al Museum Paleis Lange Voorhout nell’ambito di una serie di mostre personali di arte contemporanea francese organizzate da AFAA. 1995: Esce il volume Un homme sans métier (Jannink Edizioni, Parigi; fuori stampa). 28-29 settembre: Su iniziativa della D.A.P. viene proiettato un film su Villeglé nel quadro degli “Archives du XXe siècle” (film co-prodotto da Terra Luna; realizzato da Fabrice Maze; intervista a cura di Philippe Piguet). 1996: Retrospettiva al Centre d’Art contemporain Bouvet-Ladubay, Saumur
(Francia) – intervista a cura di Geneviève Nevejan. 1997: Esce il volume Carrefour Politique (Vers les Arts Edizioni, Calignac Francia). Luglio: Nasce l’Atelier d’Aquitaine a Martéret, in Lot-et-Garonne (Francia). Inizio di una nuova serie tematica dedicata alla musica amplificata: La Techno. Prima mostra di Villeglé al Carré d’Art de Bayonne (Francia, maggio-giugno 1998), presentata da Marie Albet. 1997-98: Villeglé partecipa alle mostre dei Nouveaux Réalistes a Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois; pubblicazione del libro di Catherine Francblin), Colonia (Museum Ludwig), Vence (Francia, NotreDame des Fleurs), Esslingen (Germania, Villa Merkel), Milano (Fonte d’Abisso Arte) e Nizza (MAMAC). 1998: Esce il volume Liens et Lieux, Galerie Départementale du Douven, Locquémeau (Francia) – prefazione di Annie Goëdard-Le Goff. Novembre: Retrospettiva di Villeglé alla Alan Koppel Gallery di Chicago, organizzata in collaborazione con Chloé R. Ziegler (prefazione di Simon Anderson; intervista di Annette Ferrara). 1999: Mostre personali a Colonia (Galerie der Spiegel, “Double Message”); Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois – prima mostra tematica: “Mots 1949/1996”; presentata da Catherine Millet); Poitiers (Confort Moderne, “Villeglé, la Musique amplifiée”; presentata da Dominique Truco, François Dagognet, Alain Jouffroy e Pierre Restany); Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci); New York (Ubu Gallery, “Rétrospective 1959/1998”); Los Angeles (Shoshana Wayne Gallery); Mérignac (Francia, Vieille Église SaintVincent, “Villeglé techno-rapt”; presentata da Dominique Dussol). Pubblicazione di Cheminement 1943-1959 (Les Sept Collines/Jean-Pierre Huguet Edizioni, Saint-Molin-Molette - Francia) 2000: “Micropolitiques” (Le Magasin Centre National d’Art Contemporain, Grenoble). Mostre personali alla Cité de la Musique di Parigi (prefazione del catalogo di Catherine Francblin) e alla Galerie Lucien Schweitzer, Lussemburgo. 2001: L’Atelier d’Aquitaine viene invitato dal FRAC nella mostra “Décentralisation 3”, a Corte (Corsica). Mostre personali a Londra (James Mayor Gallery), Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois – seconda mostra tematica: “Images 1958/1991”; presentata da Catherine Francblin), Los Angeles (Chac Mool Gallery), Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci), Chicago (Alan Koppel Gallery). La biografa di Roger Caillois e Victoria Ocampo, Odile Felgine, dedica a Villeglé una monografia (Ides et Calendes Edizioni, Neuchâtel - Svizzera). 2002: Esposizioni a La Briantais, Saint-Malo, Lille (Francia). Creazione, assieme a Ferdinando Botto Poala, dello spazio AE (stoffe e abiti) e realizzazione del CD-Rom Jacques Villeglé, catalogue raisonné. 2003: Mostre personali a Poitiers (Francia, Musée Sainte-Croix, “Alphabet Socio-Politique”), Vannes (Musée de la Cohue), Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois – terza mostra tematica: “Sans lettre ni figure 1951/1968”; presentata da Hans Ulrich Obrist e Robert Fleck). A febbraio, la Città di Buenos Aires invita l’Atelier d’Aquitaine ad intervenire presso il Centro Cultural Recoleta. 2004: Realizzazione di due arazzi presso l’atelier André Magnat (Aubusson, Francia) e l’atelier Pinton (Felletin, Francia), destinati ai musei di Cognac (Francia). 2005: Esce il volume La traversée Urbi & Orbi (Transéditions Edizioni, Parigi).
Mostre personali a Orchies (Francia, Maison de la Chicorée), Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci), Metz (Francia, Arsenal), Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois – quarta mostra tematica: “Politiques 1957/1991”; prefazione di Nicolas Bourriaud). 2006: Mostre personali a San Francisco (Modernism), Chicago (Alan Koppel Gallery), Quimper (Francia, Le Quartier - Centre d’Art Contemporain), Belgio (Knokke-Zoute, Guy Pieters Gallery), Milano (Galleria d’Arte Tonelli), Monaco (Incognito), Valenza (Francia, Museo della Città). 2007: Mostre personali a Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois – quinta mostra tematica: “La Lettre lacérée”), Padova (Vecchiato New Art Galleries), Art Paris (Guy Pieters Gallery), Lussemburgo (Galerie Lucien Schweitzer), Hannover (Stiftung Ahlers Pro Arte/Kestner Pro Arte). Pubblicazione di due monografie: una editata dalla Galerie Linda & Guy Pieters (biografia di Odile Felgine; prefazione di Arnaud Labelle-Rojoux); l’altra con prefazione di Kaira Cabañas, François Bon e Nicolas Bourriaud (Flammarion Edizioni, nella collana: “La création contemporaine”). Retrospettiva del Nouveau Réalisme (decennio 1950-1960) al Grand Palais di Parigi e allo Sprengel Museum di Hannover. Per l’occasione vengono realizzati uno scrittoio e un tavolino dal vetraio Gilles Chabrier e dal designer René Bouchara, esposti ad artparis. 2008: Retrospettive di Villeglé al Centre Georges Pompidou di Parigi e al Musée départemental d’Art ancien et contemporain d’Épinal (Francia). Villeglé inaugura la Galleria Agnellini Arte Moderna di Brescia e participa alla Gwangju Biennale (Corea).
Esposizioni a Istanbul (Pera Museum), Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci), Chicago (Alan Koppel Gallery), San Francisco (Modernism), Nizza (Biblioteca Louis-Nucéra). Il consiglio generale di Vosges (Francia) commissiona a Villeglé un Mémorial sociopolitique in acciaio corten di 15 x 2 metri per il giardino del museo. Pubblicazione di una monografia di Gérard Durozoi (Hazan Edizioni, Parigi) e di due interviste: una di Marion Chanson (Thalia Edizioni, Ennery - Francia); l’altra di Didier Dauphin (Bookstorming Edizioni, Parigi). Nell’ottobre del 2009 Villeglé è l’invitato d’onore alla mediateca del Centro Culturale di Saint-Louis-de-France (Francia). L’artista realizza un affresco sociopolitico il giorno dell’inaugurazione. In questa occasione, la Galleria Mucciaccia di Roma consacra l’artista con una retrospettiva curata da Dominique Stella. 2010, aprile istallazione di un alfabeto socio-politico in basso rilievo di 3,50 x 3,50 m nel cortile della scuola d’arts plastiques de Châtellerault. Mostra a MiArt, con Agnellini Arte Moderna ; la galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Parigi presenta la sesta mostra tematica La Peinture dans la non peinture. Opere di Villeglé nella mostra inaugurale del Centre Pompidou - Metz, Chefs-d’œuvre? e nella collettiva inaugurale del LaM, Villeneuve d’Ascq. 2011 Mostra a Londra, Alexia Goethe Gallery et Stuart Shave/Modern Art ; a Casablanca e Marrakech, Matisse Art Gallery ; a San Francisco, Modernism; a Vicenza, Yvonneartecontemporanea. Lavora su vari progetti di mobili e sculture.
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Jacques Villeglé avec Mimmo Rotella et Raymond Hains, 6 juillet 1995, Nice, Galerie C. H. Le Chanjour © ph. Frédéric Altman
Bibliografia selezionata
Testi di Jacques Villeglé 1953 1958 1961 1964
1967 1969 1970 1971 1972 1974 70
1975 1977 1980 1981 1982
1983 1985 1986
1987 1988
Hepérile éclaté (in collaborazione con Camille Bryen e Raymond Hains), Lutetia Edizioni, Parigi “Des Réalités collectives”, in Grâmmes - Revue ultralettriste, n° 2, Parigi “Kollektiva Realiteter”, in Konstrevy, vol. XXXVII, n° 2, Stoccolma “Le Choix”, in Temps mêlés, n° 71-73, antidatato 1mo gennaio 1965, Verviers (Belgio) Villeglé présente, De Mathieu à Mahé, Galerie Jacqueline Ranson, Parigi “L’affiche lacérée: ses successives immixtions dans les arts”, in Leonardo, vol. 2, n° 1, gennaio, Oxford / New York “Le flâneur aux palissades de la manifestation spontanée”, in VH 101, n° 3, autunno, Parigi “Om det överlagda valet”, nel catalogo Villeglé, Rétrospective 1949-1971 (prefazione Otto Hahn), Moderna Museet, Stoccolma “Anonymer Abriss”, nel catalogo Villeglé, Rétrospective 1949-1972 (testi di Otto Hahn, Pierre Restany, Paul Wember), Museum Haus Lange, Krefeld (Germania) “Baader” in Apeïros - Raoul Hausmann et Dada à Berlin, n° 6, primavera, Vaduz (Lichtenstein) “Les Boulevards de la créations”, in Apeïros - Villeglé, n° 8, primavera, Vaduz (Lichtenstein) “Les Volantes du ravisseur”, in Daily Bull - Les Poquettes Volantes, n° 42, La Louvière (Belgio) “Aspetti del Dada tedesco: Baader”, in Alpha-beta, n° 2, maggio, Milano Lacéré Anonyme, CNAC - Georges Pompidou, Parigi “Éclatement Lacération Graffiti”, nel catalogo Dufrêne et Villeglé, Centre Noroît, Arras (Francia) Commémoration de la loi du 29 juillet 1881, Galerie Mathias Fels & Cie, marzo-aprile, Parigi “La Mémoire arrachée” (intervista di Jacques Donguy), nel catalogo Les Présidentielles 81, Galerie d’Art Contemporain J & J Donguy, Parigi “L’innocence du choix”, nel catalogo Les Nouveaux Réalistes, Galerie d’Art contemporain des Musées de Nice, Nizza “Affre en soi duf’Rennes”, in Pour François Dufrêne, Association Polyphonix, C.N.G. Pompidou, Parigi Le Retour de l’Hourloupe, Maison de la Culture, Rennes (Francia) “De la manifestation spontanée”, in Pleine Marge, n° 3, maggio, Parigi “Une salle Hippie au Salon Comparaisons”, in Actions, happenings, événements, performances… l’art de l’action en France de 1960 à 1980 (Jean-Philippe Lemée, Tesi di laurea), Université de Rennes 2, giugno, Rennes (Francia) Urbi & Orbi, W Edizioni, Mâcon (Francia) “Décollage/Décollage assisté”, in Canal, n° 3, ottobrenovembre, Levallois-Perret (Francia) “Quand la comtesse tation prend le métro”, in Lotta poetica, n° 2, novembre, Genova (Italia) Catalogue thématique des affiches lacérées, La peinture dans la non peinture, vol. I. (testi di Claude Fournet, Françoise-Julie Piriou), Marval Edizioni, Parigi
1989 1990
1991 1992 1993
1994
1995
1996
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“Tumultueux et rigoriste”, nel catalogo François Dufrêne, Musée de l’Abbaye de Sainte-Croix, Les Sables d’Olonne (Francia) Amalgame, Amalgame, Galerie du Génie, Parigi Catalogue thématique des affiches lacérées, Graffiti politiques, vol. II. (prefazione_: Françoise-Julie Piriou), Marval Edizioni, Parigi Catalogue thématique des affiches lacérées, La Lettre lacérée, vol. III & IV (testi di Daniel Abadie, Michel Giroud), Marval Edizioni, Parigi Catalogue thématique des affiches lacérées, Transparences, vol. X (prefazione: Philippe Piguet), Marval Edizioni, Parigi “Artistes les mots pour le faire” (a cura di Alain Jouffroy, Yves Hélias), in Cahiers du Renard, n° 3, marzo-aprile, Parigi “Ad Hoc Ad Hocratie Ad Hocisme”, in Ad Hoc, n° 5, estate, Bordeaux Décentralisation, Alain Buyse Edizioni, Lille (Francia) “Décollage”, nel catalogo L’Amour de l’art (p. 204), Biennale d’Art Contemporain de Lyon, Lione “L’Hypermnésie créative” (a cura di Régis Debray), in La France à l’exposition universelle de Séville, Facettes d’une nation, Flammarion Edizioni, Parigi “Décollage”, nel catalogo Tinguely zu Ehren, Galerie Littman, Basilea “Une activité papéristique et pusiéreuse”, in Le Collage Art du vingtième siècle (prefazione: Françoise Monnin), Fleurus - Idées Edizioni, Parigi “Á la croisée des écritures”, nel catalogo Et tous ils changent le monde, II Biennale d’Art Contemporain de Lyon, Lione “Hepérile éclaté, L’intrusion du verre cannelé dans la poésie” (in collaborazione con Raymond Hains), in Typoésie (pp. 380-394), Jérôme Peignot Edizioni, Imprimerie Nationale, Parigi L’épigraphie contestataire/Anti-establishment epigraphy, 23 Edizioni, Caen (Francia) “Scénario: le support supertemporel, 1960”, in Anthologie du Cinéma Invisible, Christian Janicot, Arte, Jean-Michel Place Edizioni, Parigi “Catalogue ou l’ambiguïté constitutive” (testo di Gwénaelle Lesné: “Jacques Villeglé, collectionneur de symboles: les graphismes socio-politiques”), in Murmures des rues - Contexte historique, Centre d’Histoire de l’Art Contemporain, Rennes (Francia) Intervista curata da Michel Giroud, nel catalogo Hors Limites - L’art et la vie 1952-1994, Centre Georges Pompidou, Parigi Copertina della collana_“La Guerilla des écritures” (7 volumi pubblicati), L’évidence Edizioni, Fontenay-sous-Bois (Francia) Art Présence, Prix Choc - Opération Monochrome Mahé/ Mahé (in collaborazione con Gilles Mahé), luglio-settembre, Saint-Briac sur Mer (Francia) Un homme sans métier, Jannink Edizioni, Parigi “C’est le début du Nouveau Réalisme”, nel catalogo Raymond Hains, les 3 quartiers (p. 122), Fondation Cartier pour l’Art contemporain, Parigi “Une épigraphie sauvage”, in Rémanences, n° 6, aprile, Bédarieux (Francia) Catalogue thématique des affiches lacérées, Placards de journaux - Mai 68, vol. XIX (prefazione: Alain Jouffroy, Marval Edizioni, Parigi Carrefour politique, Vers les Arts Edizioni (traduzione in inglese), Calignac (Francia)
1999
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Cheminements - 1943/1959, Jean-Pierre Huguet Edizioni (collana “Les Sept Collines”), Saint-Julien-Molin-Molette (Francia) “Lacération cette guerilla des images et des signes”, intervista a cura di Dominique Widemann, in L’Humanité, 20 aprile, Saint-Denis (Francia) “Le Grand Mix - Musique, Art plastique et Société”, in Les Rencontres du Grand Zebrock, Chroma Edizioni, Noisy-leSec (Francia) “Grandes et petites manoeuvres”, nel catalogo Micropolitiques, Magasin, Centre National d’Art Contemporain, Grenoble (Francia) “Catalogue, or constitutive ambiguità”, nel catalogo Jacques Villeglé - Works from 1955-1991, Mayor Gallery, Londra “Retour à Cognac”, in L’Actualité Poitou-Charentes, n° 56, aprile-maggio-giugno, Poitiers (Francia) “Vannes”, nel catalogo Jacques Villeglé ravisseur d’affiches, Musée de La Cohue, Vannes (Francia) “Dada et moi”, in Les Cahiers du Musée National d’Art Moderne, n° 85, autunno, Parigi Catalogue thématique - Sans lettre sans figure, Ides et Calendes Edizioni, Neuchâtel (Svizzera) La Traversée Urbi & Orbi, Transédition Edizioni, Parigi “Baader”, in Dada circuit total, L’Âge d’Homme Edizioni (“Dossiers H”), Parigi François Dufrêne (prefazione), Galerie Véronique Smagghe, Parigi Pour l’Onomaturge, Centre International d’Art Contemporain, Château de Carros (Francia) “Jacques Villeglé, Urbi & Orbi”, in Zur Kunst des Plakatabrisses, Nautilus Edizioni, Amburgo Catalogue thématique - Villeglé- Politique, Ides et Calendes Edizioni, Neuchâtel (Svizzera) “Sigmund, Marcel, Claude et les autres”, in Artpress 2 Que lisent les artistes?, n° 14, agosto-settembre, Parigi
Interviste a Jacques Villeglé 1972 1988 1989 1990 1991 1992 1996 1998 1999
Alain Jouffroy, “L’expérience”, in Mise en page, maggio, Parigi Théo Barbu, “Interview with Villeglé, leading ‘Nouveau Réaliste”, in Artspeak, 1mo giugno, New York Luc Vezin, “Les lacérations anonymes”, in Beaux-Arts Magazine, n° 60, settembre, Levallois-Perret (Francia) M. Flégeau e C. Lerestif (a cura di Jean-Marc Poinsot), “Les Forfaits de Jacques Villeglé”, in Le Déjà là La création artistique, Galerie d’Art et Essai, Rennes (Francia) Bernard Lamarche-Vadel, in La Présentation en jugement, Marval Edizioni, Parigi Jean-Pierre Rehm, in Mars, estate-autunno, Marsiglia Bernard Goy, in Journal of contemporary art, vol. 4, n° 1, estate-autunno, New York Laurence Cabidoche, “Villeglé, voleur et poète”, in L’Off, n° 3 (pp. 43-45), luglio-agosto, Tolosa Eddy Devolder, in +/O, n° 75 (p. 3), ottobre, Bruxelles Geneviève Nevejan, in Jacques Villeglé, B. L. Edizioni, n° 2, Saumur (Francia) Annette Ferrara, nel catalogo Alan Koppel Gallery, Chicago “Portrait”, in Lettre d’Information - Ministère de la Culture
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Finito di stampare nel mese di aprile 2011 Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.