Università IUAV di Venezia Facoltà di Design e Arti Corso di Laurea Specialistica in Comunicazioni Visive e Multimediali A.A. 2009|10 Prima Sessione di Laurea 14 Luglio 2010
Grafica e logopedia Istruzioni per l’uso
laureanda: Sara Poli relatore: Enrico Camplani
ÂŤI limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondoÂť Ludwig Wittgenstein
Ringraziamenti
Desidero qui ringraziare le persone senza il cui prezioso aiuto questa tesi non sarebbe stata possibile: innanzittutto Giulia Porta e Giovanna Berghi, che mi hanno introdotto alla logopedia, poi il mio relatore, prof. Enrico Camplani, per la fiducia e i silenzi-assensi, il prof. Emanuele Arielli per i consigli bibliografici e Adolfo Botta, ottimo disegnatore. Un ringraziamento per la gentile disponibilità va alle maestre e ai maestri della Scuola Elementare Statale “Armando Diaz” di Venezia e al prof. Lucio Vinetti, direttore della Scuola Audiofonetica di Brescia. Un grazie di tutto cuore anche ai centoventi bambini che hanno partecipato al test visivo. Ovviamente ringrazio la mia super-nonna e i miei genitori per il supporto durante i miei studi e un ringraziamento a parte per il mio fratellone, nonché correttore ufficiale di bozze. Un doppio grazie di nuovo a Giulia, “mia amica del cuore” e a tutti gli amici che mi hanno sostenuto, purtroppo a distanza durante questo anno infausto. Infine il ringraziamento più speciale ad Allo, per ogni cosa.
Indice
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Introduzione
12 18 20 22
Cenni di logopedia Cos’è la logopedia I disturbi di cui si occupa La riabilitazione logopedica Gli strumenti visivi in logopedia
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Ricerca di uno stile corretto Una questione di chiarezza Le figure Le scelte tipografiche
54 55 56 66 88 100 108 122 128
Uno studio sperimentale Perché un test Introduzione Metodo e materiali Prima parte: le figure Seconda parte: la tipografia Svolgimento del test Risultati Discussione Conclusioni
134 138
Un’ipotesi progettuale Una collana flessibile Tavole di progetto
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Bibliografia
Introduzione
Il linguaggio è una prerogativa dell’essere umano. Senza di esso egli non sarebbe tale. Eppure la capacità effettiva di comunicare non per tutti è possibile: numerosi sono i disturbi che possono andare a colpirla, rendendo così necessaria una vera e propria educazione meccanismi complessi che regolano il linguaggio. La logopedia è la disciplina che si occupa di ciò. Laddove la comunicazione verbale viene a mancare o in vari gradi compromessa, spesso la comunicazione visiva rappresenta l’unica possibilità di dialogo tra il paziente e il logopedista; ciononostante gli strumenti visivi utilizzati in terapia e valutazione sono spesso assolutamente insoddisfacenti dal punto di vista grafico. Si tratta di materiale che richiederebbe specifiche caratteristiche di comprensibilità e funzionalità finora poco studiate e sviluppate, dando origine, nei casi peggiori, a risultati falsati nei test e maggiori difficoltà nell’apprendimento negli esercizi riabilitativi.
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oggetto di studio e indagine
Obiettivo della mia tesi è tracciare delle linee guida per una accurata e corretta progettazione visiva degli esercizi logopedici in età evolutiva. Ho scelto di concentrare la mia ricerca su un’area specifica (anche se incredibilmente vasta) perché nel trattamento dei bambini sono usati il maggior numero di strumenti visivi e nella maggior parte dei casi, le patologie infantili sono più “semplici” (ovvero più facilmente indagabili) di quelle degli adulti o degli anziani.
struttura della tesi
La trattazione inizia con una breve introduzione alla logopedia, ai disturbi di cui si occupa e ai principali metodi di riabilitazione, e si conclude con una raccolta di comuni errori grafici osservabili in testi in uso e in commercio. La seconda parte è di ricerca sugli elementi grafici che compongono gli strumenti visivi, figure e caratteri, per arrivare all’identificazione dei problemi che regolano la comprensibilità di un’immagine e la leggibilità di un testo. Dagli interrogativi lasciati aperti nel secondo capitolo nasce lo spunto per la ricerca sperimentale i cui risultati sono illustrati nella terza parte. Si tratta di uno studio svolto su centoventi
bambini per indagare le loro preferenze su figure e tipografia, i cui risultati sono in parte sorprendenti. Prendendo spunto da queste ricerche e con la collaborazione di due logopediste della Scuola Audiofonetica di Brescia ho sviluppato nell’ultima parte della tesi una proposta per una collana editoriale di eserciziari utilizzabili in logopedia. Si tratta di un progetto ancora in fase embrionale che penso, tuttavia, possa far intuire come una progettazione attenta della parte visuale degli strumenti logopedici possa portare ad un miglioramento significativo sia per il logopedista, sia, soprattutto, per il paziente.
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capitolo 1: cenni di logopedia
Cos’è la logopedia
La logopedia (dal greco λόγος, parola e παιδέια, educazione) è un ramo sanitario che si occupa della prevenzione, dell’educazione e della rieducazione della voce, del linguaggio scritto e orale e della comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica. La logopedia è una scienza recente (in Italia è stata riconosciuta solo a partire dal 1994) e in continua evoluzione, perciò non possiede ancora delle normative molto precise che ne delimitino il campo d’intervento o soprattutto le metodologie applicate. Essendo una disciplina essenzialmente pratica e che si occupa di un numero di patologie e disturbi straordinariamente ampio e complesso, è molto difficile definire con esattezza in cosa consista la pratica della logopedia, tuttavia è possibile definire il suo scopo: consentire il recupero o l’acquisizione delle capacità comunicative.
il linguaggio: l’abilità umana
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Per linguaggio si intende la capacità di utilizzare un codice comunicativo (composto da simboli riconosciuti da emittente e ricevente) altamente complesso e strutturato in grado di esprimere idee, considerazioni, propositi, memorie, con variazioni potenzialmente illimitate. «Il linguaggio è una abilità complessa e specializzata, i cui principi generali sembrano svilupparsi spontaneamente nel bambino e che viene usata in modo apparentemente automatico senza una conoscenza esplicita della sua struttura logica» (Marini 2001). Nel linguaggio sono distinguibili due fasi: recettiva (che comporta la comprensione del significato dei simboli) ed espressiva, che comporta invece la traduzione dei significati, cioè del pensiero, in simboli). Comprensione ed espressione rappresentano dunque i due processi fondamentali dell’attività linguistica: essi hanno nelle strutture cerebrali la loro base anatomica e funzionale e sono collegati con l’esterno mediante delle “vie di comunicazione” che fanno capo agli strumenti periferici di ricezione e di emissione del linguaggio (apparati uditivo e della fonazione, nel caso del linguaggio parlato). Le condizioni necessarie perché l’individuo possa usare adeguatamente il linguaggio allo scopo di ricevere e trasmettere dei messaggi, sono il fatto che i simboli vengano raccolti dai recettori periferici e avviati ai centri cerebrali corticali; secondariamente che questi simboli, una volta pervenuti al cervello,
area sensoriale della parola (area di Wernicke)
area motoria della parola (area di Broca)
area uditiva
area visivo-uditiva
cavità nasale
labbra lingua denti
faringe laringe trachea
esofago
13 Le aree cerebrali del linguaggio.* Nella superficie supero-laterale dell’emisfero cerebrale sinistro si trovano i centri del linguaggio parlato: le aree motorie (di Broca) e l’area sensitiva (di Wernicke). Alcuni autori considerano le aree auditive e visivo-auditive implicate nella comprensione del linguaggio parlato e di quello scritto.
L’apparato fonatorio.* L’apparato fonatorio è l’insieme delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per parlare.
* schemi adattati da Anatomia del Gray, Zanichelli, Bologna 19983
vengano decifrati, cioè riconosciuti nel loro significato; in terzo luogo che sussista la possibilità di tradurre il pensiero nei simboli (parole) e che queste possano infine essere espresse. «Solo l’uomo fra tutti gli animali possiede la facoltà del linguaggio. Comunicare con i propri simili attraverso un sistema di simboli è la caratteristica più tipica della specie umana. Per questo la mancata acquisizione del linguaggio. un suo arresto di sviluppo, l’alterazione o la perdita di questa capacità è per l’individuo una menomazione grave per le ripercussioni che ha sul piano esistenziale, sociale e culturale» (Mazzacurati 1998).
la figura del logopedista 1 tratto dal Decreto Ministeriale 14 settembre 1994, n. 742, “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del logopedista”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 gennaio 1995, n. 6
competenza e umanità
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«L’attività del logopedista è volta all’educazione e rieducazione di tutte le patologie che provocano disturbi della voce, della parola, del linguaggio orale e scritto e degli handicap comunicativi».1 In Italia la logopedia è riconosciuta come una Professione Sanitaria della Riabilitazione e per essere esercitata è previsto il conseguimento di un diploma di laurea triennale all’interno di una Facoltà di Medicina e Chirurgia. È inoltre necessario il superamento di un Esame di Stato all’abilitazione e la frequentazione di continui corsi di aggiornamento. I suoi principali compiti sono di diagnosi (elabora in équipe il profilo del paziente logopatico), di terapia (di educazione e rieducazione), di supporto (propone l’adozione di ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia), di verifica (controllo periodico dei trattamenti riabilitativi) e di consulenza e didattica. Indubbiamente il logopedista è uno specialista molto preparato, con conoscenze che spaziano dalla medicina alla sociologia, dalla psicologia alla linguistica. Tuttavia, un’ottima competenza teorica è solo la metà di ciò che è richiesto ad un buon logopedista. Una disciplina in cui si lavora a stretto contatto con bambini, anziani o persone colpite da traumi richiede anche doti umane e caratteriali quali sensibilità e pazienza. La terapia logopedica, rispetto ad altre discipline, richiede tempi molto lunghi e continuità, dunque, oltre al paziente, anche il logopedista deve imparare ad aspettare e non sottovalutare anche solo i più piccoli miglioramenti. Inoltre, a causa di questi tempi dilatati e del tipo di riabilitazione, è importante che il terapista instauri un rapporto
di fiducia col malato, ma anche con i suoi familiari o le persone che gli stanno accanto, nelle cui vite necessariamente il trattamento andrà ad influire. La non sempre chiara definizione dei problemi da cui sono afflitti i pazienti richiede allo specialista molto intuito e flessibilità, giacché nonostante l’esperienza è possibile dire che ogni paziente è un caso a sé stante per la varietà e specificità di problematiche che può avere.
un lavoro di équipe
Le competenze di un logopedista si intersecano e si completano con quelle degli specialisti delle diverse discipline che compongono l’équipe di esperti in grado di inquadrare correttamente la problematica del paziente. Oltre alla valutazione del referto medico principale, il logopedista deve continuativamente dialogare con neurologi, foniatri, psicologi, psicomotricisti e all’occorrenza assistenti sociali per delineare la corretta valutazione logopedica del malato che deve essere continuamente aggiornata.
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SOCIOLOGIA neuroanatomia
sociologia della comunicaz.
neuropsichiatria infantile neuropsicologia semantica e lessicologia pragmatica
NEUROSCIENZE
neurochimica
sociolinguistica
semiotica organizzaz. sanitaria neurofisiologia
LINGUISTICA filosofia e teoria dei linguaggi
psicomotricità
psicologia clinica e dell’handicap psicologia generale linguistica generale
PSICOLOGIA
fonologia
psicometria
psicolinguistica
inglese scientifico
fonetica glottologia
musicoterapia
informatica
16 La formazione del logopedista.* La logopedia si occupa di disturbi molto vari e molto complessi, pertanto il logopedista ha bisogno di conoscenze in numerosi ambiti. Le materie di studio affrontate in una laurea triennale comunemente sono: anatomia umana e dell’apparato pneumo-fonoarticolatorio e uditivo, audiologia, biologia applicata,
organizzazione sanitaria, filosofia e teoria dei linguaggi, fisica applicata, fisiologia (generale e dell’apparato pneumo-fonoarticolatorio e uditivo), fonetica, fonologia, foniatria, genetica medica, geriatria, glottologia, informatica, inglese scientifico, linguistica (generale e applicata), logopedia (generale, dei disturbi
cognitivo-linguistici generali, delle disartrie e dell’afasia, nei disturbi comunicativo-linguistici conseguenti a sordità, nei disturbi di linguaggio secondari e nei disturbi di linguaggio specifici e dell’apprendimento, nella patologia vocale, nella patologia delle funzioni orali, nella patologia della fluenza verbale), medicina legale,
statistica medica
anatomia dell’apparato pneumofonoarticolatorio e uditivo
genetica medica patologia generale foniatria
anatomia umana
MEDICINA BIOLOGIA audiologia
fisiologia generale
semeiotica
fisiologia dell’apparato pneumo fonoarticolatorio e uditivo
medicina legale pediatria
geriatria
disturbi di linguaggio dell’apprend.
disturbi di linguaggio specifici
patologia delle funzioni orali
LOGOPEDIA
patologia della fluenza verbale
disturbi di linguaggio secondari logopedia nei disturbi del linguaggio
logopedia generale
metodologie e strumenti di valutazione logopedica
teorie logopediche
logopedia dell’afasia
logopedia delle disartrie
patologia vocale
logopedia nella patologia
logopedia dei disturbi cognitivolinguistici generali
logopedia della sordità
17 metodologie e strumenti di valutazione logopedica, musicoterapia, neuroanatomia, neurochimica, neurofisiologia, neuropsichiatria infantile, neuropsicologia (generale, evolutiva), patologia generale, pediatria generale e specialistica, pragmatica, psicologia (clinica, dell’handicap), psicologia generale (dello sviluppo
e dell’educazione, dello sviluppo del linguaggio), psicolinguistica, psicometria, psicomotricità, semantica e lessicologia, semeiotica, semiotica, sociolinguistica, sociologia della comunicazione, statistica medica, teorie logopediche.
* dati tratti dal programma di studi 2010 del Corso di Laurea in Logopedia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova
I disturbi di cui si occupa
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disturbi foniatrici
Si parla di disturbo foniatrico quando il problema interessa principalmente l’apparato fonatorio e/o uditivo. Sono divisi in disturbi legati alle malattie della voce (che comprendono tutte le turbe vocali dovute ad alterazioni dei tre apparati della fonazione: respiratorio, laringeo e risonatore) o del linguaggio (che comprendono le dislalie meccaniche da alterazioni degli organi periferici del linguaggio come le labbra, la lingua, il palato, i denti, la faringe). Possono avere cause organiche (malformazioni degli organi preposti) o funzionali (in cui non ci siano alterazioni anatomiche). I principali disturbi foniatrici sono: disfonia (disordine o disturbo della voce che può andare dalla raucedine ad una completa afonia), disodie (alterazioni della voce cantata), disartria (disturbo dell’articolazione e dell’emissione della parola, di cui è mantenuta la funzione simbolica), disfagia (difficoltà nella deglutizione), deglutizione atipica (persistenza della particolare deglutizione infantile), dislalie (alterazioni dell’articolazione dovute a malformazioni), balbuzie (disordine della fluenza della parola), difficoltà di linguaggio legate a ipoacusia (problemi legati alla sordità).
disturbi neuropsicologici
I disturbi neuropsicologici si presentano quando non sono interessati gli organi preposti alla fonazione, ma il disagio è completamente o prevalentemente di natura psicologica. Essi sono: disfasia (disordine grave e persistente dello sviluppo linguistico nei bambini), afasia (negli adulti disturbo della comprensione e/o della produzione del linguaggio causata da lesioni delle aree del cervello preposte al linguaggio), aprassia (disturbo del movimento volontario), agnosia (incapacità di dare significato agli stimoli percepiti mediante i sensi), disturbi fonologici (difetti di pronuncia), disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia), disturbi dell’attenzione, ritardi mentali.
disturbi neurocomportamentali
I disturbi neurocomportamentali si presentano quando una problematica cerebrale che interessa numerosi aspetti della vita del malato influisce anche sulle capacità di linguaggio. Essi possono essere causati da traumi cranici o eventi patologici cerebrali, schizofrenie, autismo, demenza.
disodie disartria vocale
ipoacusia
balbuzie disfagia
disfasia dislalie
afasia disturbi foniatrici
aprassia
disfonia
disturbi neuropsicologici
deglutizione atipica
agnosia
disturbi fonologici
disturbi neurocomportamentali disturbi da patologie cerebrali
DSA disturbi dell’attenzione
disturbi da traumi cranici
schizofrenie demenza
ritardi mentali
autismo
19 I disturbi di cui si occupa la logopedia. La logopedia si occupa di un enorme numero di disturbi, diversi tra loro sia per gravità, sia per le cause da cui sono provocati. Un logopedista dev’essere in grado di seguire la riabilitazione dei casi più disparati, tanto di bambini affetti dalla classica “erre moscia”, quanto di un anziano con lesioni cerebrali
causate ad esempio da un ictus. Di fatto, poi, l’esperienza o la passione personale portano ad una maggiore specializzazione solo in taluni disturbi.
La riabilitazione logopedica
Quali siano le pratiche che il logopedista adotta nella riabilitazione di un paziente è un campo di difficile e non chiara definizione. La strategia migliore per la terapia varia completamente in funzione del disturbo del paziente, ma anche rispetto alle caratteristiche del paziente stesso, tanto da poter affermare, ancora una volta, che ogni caso è diverso dagli altri. Tuttavia per comprendere meglio questa disciplina è possibile fare una distinzione molto sommaria e semplicistica dei principali metodi di terapia utilizzati del logopedista, una volta che sia stata fatta una diagnosi dei disturbi del paziente.
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esercizi motori
Gli esercizi motori comprendono tutti quegli esercizi volti a migliorare, riabilitare o insegnare i movimenti corporei inplicati nella comunicazione. Si tratta di pratiche volte a riprodurre azioni più o meno semplici, spesso apparentemente insignificanti, che influiscono sull’uso del linguaggio, in funzione del disturbo del paziente. Ad esempio possono essere esercizi per rinforzare la muscolatura (simulare un bacio allena le labbra), favorire uno sviluppo anatomico corretto (schioccare la lingua tende ad allungare un frenulo linguale troppo corto), regolare la respirazione (allontanare una pallina soffiando consente di esercitarsi con il controllo dell’emissione dell’aria), preparare la mano per la scrittura (tracciare linee rette o cerchi insegna a controllare i movimenti della mano per un fine preciso), etc.
esercizi di produzione
Gli esercizi di produzione sono tutti quegli esercizi in cui si chiede al paziente di usare praticamente in prima persona il linguaggio parlato o scritto. Si può andare dalla pronuncia di un suono alla formulazione di intere frasi o discorsi, e, allo stesso modo, dalla scrittura di una singola lettera, alla scrittura di un discorso o all’eseguire un disegno. Ad esempio si eseguono tipici lavori sulla produzione quando si chiede al paziente di ascoltare un suono e riprodurlo correttamente, scrivere un testo a partire da una serie di figure illustrative, leggere un testo, etc.
esercizi di comprensione
Con esercizi di comprensione ci si riferisce genericamente a tutti gli esercizi che interessano l’aspetto cognitivo del linguaggio o la sua decodifica sensoriale. Nel primo caso non si tratta più solo di semplice “imitazione” di azioni o di segni, ma si richiede al paziente anche la comprensione di ciò che sta facendo. Ad esempio riconoscere le figure corrispondenti alle parole lette, rispondere a delle domande su un testo, descrivere una figura, etc. Nel secondo caso, invece si esercitano le funzioni sensoriali di comprensione, sia nei casi in cui esse siano compromesse (ad esempio nella sordità), sia nei casi in cui non siano allenate (ad esempio nella discriminazione sonora di fonemi o visiva delle lettere).
counseling e molto altro
Inoltre, assolutamente fondamentale per la terapia è tutta una parte di couseling che il logopedista esegue con il paziente (per aiutarlo a gestire il suo disturbo al di fuori dello studio del logopedista ) e con la famiglia del paziente stesso (fornendo un supporto costante e una guida nei comportamenti da seguire per relazionarsi al parente logopatico). Naturalmente in questa distinzione sommaria non rientrano tutta una serie di terapie (dal lavoro sull’attenzione a quello sul rilassamento, dal lavoro sull’auto-stima alla comprensione dei propri errori) che sono parte integrante della terapia logopedica e contribuiscono a renderla una disciplina unica e polivalente.
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Gli strumenti visivi in logopedia
Soprattutto nel trattamento in età evolutiva, la logopedia utilizza moltissimi strumenti visivi con scopi e metodi differenti. Laddove le capacità di comprensione sono compromesse per un deficit fisico o mentale, spesso solo un’immagine è in grado di garantire una comunicazione tra il paziente e il logopedista. E anche dove tali capacità siano nella norma è sempre valido il detto per cui “un’immagine vale più di mille parole” e uno strumento visivo è un supporto molto più efficace di elaborate spiegazioni verbali. Tuttavia si tratta spesso di materiali assolutamente inadeguati da punto di vista grafico. Non si tratta solo di un giudizio estetico, ma anzi soprattutto funzionale, giacché spesso la comprensibilità stessa degli artefatti è compromessa a causa di errori ascrivibili a un’incompetenza grafica del progettista, che spesso è in realtà un logopedista “che sa disegnare bene”. Semplici norme come la corretta disposizione degli elementi nella pagina, la ricerca di un’economia visiva volta ad aumentare la chiarezza, una corretta spaziatura sono completamente ignorate. Inoltre, spesso si tratta di materiali obsoleti (tarati su vecchi testi con riferimenti ad immaginari visivi antiquati), troppo rigidi (non permettono di adeguare l’esercizio alle esigenze di ogni specifico caso) e troppo complessi visivamente (troppi elementi nel campo visivo distraggono). Tutto ciò, oltre ad influire negativamente sull’aspetto tendenzialmente disordinato e sovraccarico che questi elaborati hanno, può nei casi peggiori influenzare lo svolgimento stesso dell’esercizio, andando a falsare i risultati del paziente in fase di valutazione o ostacolandoli durante la terapia.
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23 Figure poco chiare Eccessiva caratterizzazione (1, 6), pezzi di figura mancanti (3), strani incroci di figure (4, 5), disegni troppo ed erroneamente semplificati (2) rendono difficile la giusta identificazione delle immagini.
2. 1.
24 Figure troppo complesse Figure con elementi troppo accentuati (1, 2) o con troppi elementi (3, 4, 8) distraggono il bambino dal vero soggetto della figura. Inoltre troppi tratti identici (5, 6, 9) o colori troppo forti e non diversificati (7, 8) creano una grande confusione visiva.
3.
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Problemi nella rappresentazione della figura umana In questa pagina sono stati raccolti degli esempi di figure umane tratti dal “Test di Denominazione Brizzolara” (Brizzolara D., 1989), uno dei test più diffusi in Italia per valutare le capacità lessicali del bambino (età di riferimento: 4,6 - 10 anni) a cui è chiesto di denominare
delle figure. L’esempio numero 1 è indicativo del pessimo impatto che queste figure hanno sui bambini: le orbite del soggetto sono state riempite da un bambino in fase di valutazione che trovava la figura troppo inquietante e si rifiutava di guardarla.
2.
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Problemi nella rappresentazione della figura umana In quest’altra pagina invece sono state raccolte alcune figure tratte dal “Test di Valutazione del Linguaggio TVL” (Cianchetti C., Sannio Fancello G., Centro Studi Erickson, Trento 1997). Si tratta di uno strumento con cui diagnosticare nei bambini dai 2 anni e mezzo ai sei anni non solo
il grado generale di sviluppo del linguaggio, ma anche l’eventuale presenza di un danno prevalente in uno dei suoi settori funzionali, nonché il grado di correlazione con il possibile deficit cognitivo.
28 Esempi Il testo qui sopra usato in fase di valutazione e verifica dà spesso esiti di comportamenti dislessici anche in pazienti non affetti da questo disturbo. Ciò è dovuto ad un’interlinea troppo schiacciata e ad una giustezza troppo stretta. Nella pagina a fianco, un esempio di sequenza figurata tratta
dallo stesso testo, che presenta problemi sia per quanto riguarda la composizione della pagina e la gerarchia al suo interno, sia in merito alle immagini, troppo confuse e simili tra di loro (l’asino è sempre nella stessa posizione).
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30 Esempi Pagine sovraccariche di segni (che siano essi tipografici o disegni) rischiano di creare un insieme confuso, sono inutilmente stancanti e in sostanza incomprensibili ad una prima osservazione. Ad esempio nella pagina qui sopra è possibile osservare come una scelta tipografica sbagliata e una pagina
troppo nera possano risultare ostiche, sia per la comprensione sia per l’inibizione che possono generare. Nella pagina a fianco troppe figure entrano in relazione tra di loro, andando a creare legami inesistenti. La tipografia inoltre non andrebbe applicata alle immagini figurate per non confondere il bambino.
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32 Esempi Riproporre testi di altre epoche crea immagini visivamente antiquate. Nei casi qui sopra sono inoltre proposti esempi comportamentali completamente sbagliati e pericolosi.
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capitolo 2: ricerca di uno stile corretto
Una questione di chiarezza
Nei libri didattici, ogni aspetto della progettazione del libro dev’essere finalizzato alla più facile comprensione possibile dei suoi contenuti. Mentre in un libro illustrato tradizionale il disegnatore può permettersi la massima libertà creativa per interpretare lo spirito dello sviluppo narrativo (quando addirittura il disegno non nasce di pari passo con la stesura della storia), in un libro educativo è necessario osservare numerose regole che garantiscano la massima facilità di utilizzo possibile e una chiara comprensione da parte del lettore. È quindi facile immaginare come andranno organizzati gli elementi nella pagina: ad esempio andranno privilegiate composizioni ordinate, con pochi contenuti, abbastanza grandi da essere compresi senza sforzi visivi eccessivi. Ma quali sono le scelte più opportune riguardo allo stile in cui questi elementi devono essere realizzati? Ovvero, che stile devono avere testo e immagini per risultare più facilmente comprensibili?
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Le figure
Per definire quali siano le caratteristiche che devono avere delle figure per essere immediatamente intelligibili, è innanzitutto necessario capire quali siano i principali meccanismi che intervengono nel riconoscimento delle immagini a livello percettivo e cognitivo.
la formazione delle immagini
Il modo in cui percepiamo il mondo è molto diverso dalla sua descrizione fisico-geometrica; infatti la realtà percepita non corrisponde semplicemente e in modo univoco agli stimoli registrati dai nostri organi di senso (occhi). Nel fenomeno della percezione visiva sono coinvolti un gran numero di principi molto più complessi che fanno sì che «davanti ad un certo numero di stimoli, non percepiamo un agglomerato di parti indipendenti, bensì delle totalità separate le une dalle altre e in relazione reciproca» (Parovel 2004, p. 41). Tale fondamentale suddivisione avviene innanzitutto distinguendo le unità percettive, ossia le figure, da uno sfondo che le contiene. Inoltre gli elementi individuati come figure vengono organizzati in unità percettive (oggetti) secondo regole ben precise che si ripresentano sempre uguali e che analizzano gli oggetti nella loro interezza (teoria della Gestalt).
il concetto di categoria
Una volta riconosciute percettivamente delle porzioni di spazio come oggetti, come figure, in che modo avviene la comprensione e il riconoscimento di ciò che vediamo? Uno dei più importanti principi del pensiero è la capacità di “categorizzazione”, grazie alla quale ci è possibile creare dei “concetti”, intesi come entità astratte in cui è possibile raggruppare tutte le esperienze. Se ciò non avvenisse ci ritroveremmo immersi in «un mondo multiforme istantaneo e quasi intollerabilmente preciso», così come descritto da Borges in uno dei suoi labirintici racconti “Funes o della memoria”. Il testo parla di un uomo che, in seguito ad un incidente, è in grado di ricordare perfettamente ogni evento della sua vita, senza la capacità di generalizzare: Funes «era quasi incapace di comprendere come il simbolo generico cane potesse designare un così vasto assortimento di individui diversi per dimensioni e forma; ma anche l’infastidiva il fatto che il cane delle tre
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1 tratto da “Funes o della Memoria” in Borges J.L., Finzioni, Einaudi, Torino 1967, p. 97
le categorie di base
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e quattordici (visto di profilo) avesse lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte)» 1. Lo stesso Borges ci dà un giudizio su cosa accadrebbe se l’essere umano non riuscisse a creare categorie: «Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Nel mondo sovraccarico di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati» 1. Dunque senza categorie il pensiero stesso sarebbe negato e le immagini perderebbero completamente il loro valore simbolico, giacché non rappresenterebbero altro se non loro stesse. «La creazione di categorie rende equivalenti cose discernibilmente diverse, consente di raggruppare gli oggetti e gli eventi in classi e di rispondere ad essi in funzione della loro appartenenza ad una data classe piuttosto che della loro unicità.» (Bruner, 1956) Questo comportamento è estremamente vantaggioso perché ci consente di ottenere un gran numero di informazioni sul mondo con un minimo dispendio di risorse cognitive (“principio dell’economia cognitiva”, Rosch 1988 in Ferron 2008). Inoltre il fatto che alcuni insiemi di caratteristiche negli oggetti naturali siano più comuni di altre (“principio della struttura del mondo”, ibidem) consente di mettere le categorie in relazione le une con le altre in un sistema gerarchico di inclusione di classi: la tassonomia. Al più alto grado di generalizzazione c’è il “livello sovraordinato”, in cui sono comprese le categorie che hanno il minor numero possibile di caratteristiche in comune: è il livello di categoria più astratto. Le differenze tra categorie si riducono invece al “livello subordinato” in cui ci sono poche differenze tra i membri appartenenti ad un preciso concetto e quelli di un altro concetto compreso nello stessa “macro-categoria”. A metà tra questi livelli di massima astrazione da un lato e massima connotazione dall’altro, ci sono le “categorie di base” caratterizzate dal fatto che «forniscono il maggior numero di informazioni, possiedono il più alto grado di correlazione fra attributi (cue validity) e hanno, tuttavia, il maggior numero di differenze le une dalle altre» (Rosch, 1976). Il “livello di base” è il livello più inclusivo in cui i membri della categoria hanno forme simili. È principalmente sulle caratteristiche del livello base che formiamo le immagini degli “oggetti prototipici”, ovvero le immagini mentali
livello sovraordinato
mobili
animali
SEDIA
UCCELLO
LIVELLO DI BASE
livello subordinato
Thonet 14
Selene
pinguino
rondine
39 Tassonomia dei livelli delle categorie L’immagine mentale che abbiamo degli oggetti del mondo si situa prevalentemente al livello di base. Quest’immagine si crea a partire dai tratti più caratteristici di una data tipologia (ad esempio, se una sedia è un oggetto su cui ci si siede con un piano d’appoggio e uno schienale appoggiati su quattro gambe, tanto
la sedia Thonet 14 quanto il modello Selene ne sono membri riconoscibili), tuttavia può capitare che alcuni membri delle categorie a livello subordinato siano più tipici di una categoria di base di altri (una rondine ha più tratti in comune con altri uccelli di quanti non ne abbia il pinguino).
Pertanto per alcune categorie atipiche il livello di entrata si colloca al livello subordinato e non a quello di base.
che abbiamo dei concetti-base in cui dividiamo il mondo. È quindi a questo livello che la riconoscibilità della rappresentazione degli oggetti è massima: è, infatti, il livello a cui si situa più di frequente il riconoscimento spontaneo di un oggetto (“livello di entrata”). Inoltre è stato dimostrato come il livello base abbia un ruolo primario nello sviluppo dei bambini, indicando come essi siano in grado di utilizzare correttamente le categorie a questo livello prima di quelle a livello sovraordinato (in Ferron, 2008).
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la prospettiva canonica
Oltre alle proprietà identificabili con quelle del livello base, i “prototipi” hanno anche delle specifiche caratteristiche visive, legate alla maggior quantità e qualità di informazioni portate da una specifico punto di vista. La “prospettiva canonica” è fondamentale per una più chiara decodifica di un’immagine e risponde a caratteristiche precise che si ripresentano sempre uguali anche al variare dei soggetti rappresentati. Per identificare con un nome una figura in modo facile e immediato è necessario che «abbia i contorni disegnati in modo continuo (NdR. non ci siano parti staccate o rovinate), che siano visibili il maggior numero possibile di parti distintive, che le parti siano nella loro posizione più tipica e che essa sia presentata nella sua orientazione canonica (NdR. in termini non scientifici: dritta, non storta). Inoltre, se una figura deve rappresentare una categoria in generale [...], allora il soggetto rappresentato deve avere una forma il più possibile simile agli altri membri della stessa categoria di base; al contrario, se è richiesto il nome di un singolo esemplare, il soggetto dovrà avere una forma distintiva. La forma dovrà essere familiare, e il nome del soggetto dovrà avere un ampio grado di incidenza nel linguaggio corrente.» (Kosslyn, 1990)
forma vs superficie
Se gli studi dimostrano in modo piuttosto univoco quale sia il punto di vista (prospettiva canonica) e quali i requisiti legati al contenuto (appartenenza al livello base) che un’immagine deve avere per essere più facilmente decodificata, non è altrettanto facile capire quali caratteristiche siano necessarie da un punto di vista stilistico. Tecniche di rappresentazione diverse tendono a privilegiare diverse caratteristiche della figura: tendenzialmente la fotografia mette in risalto le qualità della superficie di un oggetto (variazioni
Y
Z
X
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Prospettiva canonica. L’orientamento delle immagini mentali che abbiamo degli oggetti risponde a precise e complesse interrelazioni tra esperienza, utilità e geometria della figura. In generale la vista canonica corrisponde ad una vista 3D dell’oggetto, solitamente dall’alto
e da un punto di vista accidentale (ovvero con l’asse y perpendicolare). Questo tipo di configurazione deve consentire la visione del maggior numero possibile di caratteristiche peculiari e tuttavia rimanere nell’orientamento canonico dell’oggetto.
Non sempre la vista canonica corrisponde alla vista più usuale: ad esempio nel caso di un aereo l’immagine mentale dovrebbe essere quella vista dal basso, ma dagli studi (Blanz et al. 1996) emerge che non è così, essendo più simile a quella vista in figura.
cromatiche, texture, ecc) mentre il disegno si concentra più sulla forma (contorni e rapporti tra le parti). In generale i soli contorni di una figura sono sufficienti per un rapido riconoscimento dell’oggetto (“abbozzo primario”), tuttavia ci sono casi particolari in cui non è così. Oggetti che si riferiscono a un insieme (acqua, sabbia, ecc), oggetti molto complessi formati da tanti elementi (spazzola, tastiera, ecc), oggetti ambigui in quanto caratterizzati da una forma molto simile (pesca/prugna, leopardo/pantera, ecc), punti di vista che nascondono gran parte della figura, non possono limitarsi alla quantità di informazione garantita dai contorni (Biederman, 1988). Inoltre le caratteristiche della superficie danno importanti notizie circa le caratteristiche tridimensionali dell’oggetto (indizi di profondità). Quindi, se è vero che spesso una rappresentazione dei soli contorni è sufficiente per il riconoscimento dell’oggetto e, qualora semplificata ai tratti essenziali, può anzi essere più efficace in termini di rapidità dell’identificazione (Ryan, 1956), una rappresentazione che tenga conto anche delle caratteristiche della superficie garantisce un modello più preciso dell’oggetto.
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INPUT
1. abbozzo primario
2. abbozzo a 2D 1/2
3. modello 3D
RICONOSCIMENTO
mela 43
Modello di riconoscimento di Marr. David Marr (1945-80), una delle figure più influenti per lo sviluppo della scienza cognitiva moderna, sostenne per primo che il riconoscimento è basato su una descrizione strutturale delle parti 3D dell’oggetto stesso, ricavata a partire dall’informazione 2D a dispetto delle sue continue variazioni. La sua proposta fu un modello
a tre stadi, in cui l’elaborazione delle informazioni visive inizia con una rappresentazione dei contorni (abbozzo primario), prosegue con l’integrazione di tali contorni con le informazioni relative ad ogni coordinata (abbozzo a due dimensioni e mezza) e culmina con una descrizione completa della struttura 3D
dell’oggetto (modello a tre dimensioni). Questa gerarchia di stadi prevede un passaggio da una rappresentazione a due dimensioni (i contorni sulla proiezione retinica) ad una descrizione completa della struttura tridimensionale dell’oggetto, passando attraverso un livello intermedio.
Le scelte tipografiche
La chiarezza in ambito tipografico è identificabile con il concetto di “leggibilità”, intesa in generale come facilità di lettura. Essa dipende da numerosi aspetti di natura grafica, ma anche dall’abitudine, dalle mode e dalle capacità del lettore. Non esistono leggi precise o dogmi incontestabili, tuttavia, analizzando la funzione di un artefatto e il pubblico a cui è rivolto, è possibile tracciare delle linee guida per la progettazione.
tipografia per bambini
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«I caratteri non sono intrinsecamente leggibili. È piuttosto la familiarità del lettore con i caratteri a determinarne la leggibilità» (Licko 1990, in Unger 2006, pp. 44, 45). Ciò è vero anche per lettori inesperti come i bambini, perché nel mondo contemporaneo c’è una presenza di tipografia talmente capillare da esporre i bambini ad essa, ben prima che siano in grado di discernerne il significato (capacità che si assume intorno ai 5–6 anni) e talmente massiccia da entrare a far parte delle forme conosciute fin dalla primissima infanzia. Comunque alcuni studi (compiuti soprattutto presso l’Università di Reading nel Regno Unito) e l’esperienza degli educatori in generale hanno contribuito a evidenziare alcune caratteristiche che i caratteri tipografici dovrebbero avere per facilitare la lettura dei bambini. Innanzitutto è importante considerare le qualità espressive (cfr. Parovel 2004, pp. 129–146) legate all’aspetto del carattere: i bambini infatti pongono molta attenzione alle emozioni veicolate dalla forma dei caratteri (Walker 2005) e preferiscono forme arrotondate e tratti mediamente spessi, che vengono percepiti come più “amichevoli”, in contrasto con un aspetto “difficile” e “da grandi” con cui sono percepiti caratteri più allungati e più leggeri nel tratto a parità di peso (Strizver). Un requisito fondamentale per una buona leggibilità è il rapporto tra l’altezza dell’occhio del carattere e quella di ascendenti e discendenti. A parità di corpo sono da preferire per i bambini caratteri dall’occhio ampio e con ascendenti e discendenti che “si staccano” molto (soprattutto le ascendenti, che influenzano la visione della parte superiore delle lettere, riconosciuta come essere la più cruciale per il riconoscimento dei caratteri), così da facilitare la loro identificazione all’interno della parola (Castle, 2004).
linea ascendenti
altezza occhio (x-height)
linea discendenti
Lxbgtap
altezza maiuscole
linea di base
occhiello
i l v y n u
h n r s z q g e c o p b d q 45
Parti di un carattere tipografico La microtipografia determina i rapporti tra le parti dei caratteri tipografici, e di conseguenza la leggibilità intrinseca del carattere.
Glifi problematici Le lettere dell’alfabeto sono composte essenzialmente da cinque tipi di linee primigenie: l’orizzontale, la verticale, la diagonale, la curva concava e la curva convessa. Forme che vengono riconosciute in una specifica area del cervello posta nella regione posteriore sinistra della corteccia cerebrale (Unger 2006).
Ciò crea una possibilità di combinazioni di forme relativamente limitata e perciò alcune lettere sono di fatto molto simili tra loro. Una tendenza particolarmente evidente soprattutto nei caratteri senza grazie in cui alcuni glifi sono ottenuti praticamente a partire dallo stesso disegno.
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Avvicinarsi alla lettura significa iniziare per prima cosa a distinguere agevolmente le singole lettere; ciò è favorito da una buona caratterizzazione dei vari glifi. Le forme di alcune lettere possono essere facilmente confuse le une con le altre a causa di proprietà come specularità (b/d, p/q, n/u) o similitudine (h/n, n/r, c/o) è quindi importante che abbiano alcune piccole difformità nel disegno che evidenzino la loro disuguaglianza. Inoltre tradizionalmente si tendono a preferire caratteri simili alle forme della scrittura a mano (più o meno contemporaneamente alla lettura si impara anche la scrittura), in particolare con a e g senza occhiello (Strizver). Tuttavia questa scelta non è avvalorata da risultati scientifici e anzi i bambini interrogati a riguardo non mostrano nessuna difficoltà nel riconoscere come la stessa lettera a e a o g e g, e sembrano coscienti del fatto che la differenza tra i segni sia data dalle due “tecniche” diverse calligrafia e tipografia (Walker 2005). Per di più questo tipo di caratteri hanno un aspetto molto diverso dai caratteri convenzionali, quindi «se uno degli obiettivi dell’insegnare a leggere ai bambini è che familiarizzino con le convenzioni tipografiche della lettura, allora i caratteri tipografici disegnati apposta per loro, potrebbero non essere la soluzione corretta» (ibidem). La scarsa differenziazione tra alcuni glifi o combinazione di essi è particolarmente evidente nelle font senza grazie, in cui (oltre a quanto già detto) ad esempio, spesso sono quasi identiche la i maiuscola e la l minuscola, accoppiata frequentissima soprattutto nella lingua italiana. Nonostante ciò «i caratteri senza grazie hanno una forma più semplice e vengono pertanto considerati come lettere per principianti, ma viene da chiedersi se le cose stiano veramente così» (Unger 2006, p. 173), giacché «le grazie permettono una maggiore individuazione, una migliore distinzione delle lettere, offrendo quindi un migliore aiuto a chi impara a leggere» (ibidem). Nonostante in ambito tipografico sia diffusa la credenza secondo cui l’uso di un carattere graziato aumenti la leggibilità grazie ai suoi elementi orizzontali che dovrebbero aiutare la coesione tra le parole e quindi la formazione delle righe (ibidem), non esistono studi abbastanza esaurienti sull’argomento e i pochi effettuati tendono ad avvalorare l’ipotesi che non sussistano fondamentali differenze di prestazione tra graziati o bastone (De Lange 1993).
È interessante notare come, ad ogni modo, i bambini abbiano al pari degli adulti una capacità di adattarsi alle lettere davvero incredibile e siano in grado di leggere il più disparato numero di oggetti comunicativi a prescindere dal carattere utilizzato (Walker 2005).
readability/legibility
La leggibilità di un carattere tipografico, comunque, non è sufficiente a garantire la facilità di lettura di un artefatto comunicativo. A questo proposito nella lingua inglese esistono due termini che indicano il concetto di leggibilità: “legibility” legato alla forma dei caratteri e “readability” riferito agli elementi di macrotipografia che aiutano la lettura in modo più ampio. Ad esempio un impaginato può usare un carattere “legible” e tuttavia non essere per nulla “readable”, per il modo in cui il testo è sistemato nella pagina e viceversa. Ancor più della legibility, la readability dipende soprattutto dal modo in cui l’oggetto grafico viene utilizzato: finalità, formato, supporto, ecc sono alcuni degli aspetti da tenere in considerazione. È fondamentale costruire un percorso all’interno del libro, in base al tipo di lettura che si fa di esso: «delle vie di uscita che il lettore spesso non nota coscientemente, ma comunque segue. Una tipografia senza percorsi o senza organizzazione equivale a un disastro.» (Unger 2006, p. 52). Questo principio è ancor più auspicabile in un libro per bambini, in cui una presenza di testo troppo massiccia tende a spaventare i giovani lettori e deve essere evitata anche a partire dalla formattazione del testo. Per quanto riguarda il corpo del carattere (che ad ogni modo deve essere deciso anche in base al formato dell’artefatto e al suo uso), è necessario utilizzare corpi mediamente molto più grandi di quelli che verrebbero utilizzati per un adulto. Infatti un corpo medio-grande (14–24 pt) è percepito dai bambini come più semplice da leggere (Strizver). Lo stesso vale per spaziature generose tra i caratteri e tra le linee di testo: una composizione troppo “nera” spaventa il bambino e lo inibisce (Walker 2005). Per questo stesso motivo è meglio scegliere di evidenziare il cambio di paragrafo nel testo con una riga di spazio vuoto, piuttosto che con un rientro, per lasciare al bambino una pausa visiva. La giustezza della colonna dev’essere più corta rispetto
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abcdefghijklmn opqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ 0123456789
a con un solo occhiello
tratto arrotondato altezza delle ascendenti leggermente maggiore di quella delle discendenti
occhio alto tratto spesso
abbondante spazio bianco
‘g’ senza occhiello
48 Font disegnate per i bambini A sinistra il Montessori di Stefan Hattenbach, una font svedese del 2001 che parte dagli studi di Rosemary Sassoon per arrivare ad un risultato più propriamente “tipografico” rispetto alla font della studiosa inglese. A destra Escolar Portugal del portoghese Paulo Heitlinger,
realizzata nel 2009 per insegnare ai bambini a leggere e scrivere. Questo carattere è stato disegnato per colmare una lacuna nell’insegnamento della scrittura ai bambini sempre più portati al solo utilizzo dello stampatello sia maiuscolo sia minuscolo.
Caratteristiche delle font per bambini Talune caratteristiche dei glifi e proporzioni dei caratteri sono tradizionalmente riconosciute come più adeguate per la composizione di testi infantili. Mentre per la veridicità di alcune di esse (occhio abbondante, spaziatura interna, tipo di tratto) esistono evidenze statistiche, per altre ciò non è confermato.
giustezza 68 caratteri
corpo 11 pt
interlinea 13,2 pt
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era cosí recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.
composizione a blocchetto
spaziatura normale variabile
giustezza 40 caratteri
corpo 16 pt
interlinea 22 pt
Quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali lessi che i boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede.
composizione a bandiera
spaziatura +10
49 Composizioni per adulti e per bambini È evidente il modo in cui deve variare il trattamento di un testo al variare del pubblico a cui si rivolge. Se un testo composto in Adobe Garamond, in corpo 11/13,2 pt giustificato con una giustezza di 68 caratteri è il canone ideale di legibility per un libro destinato ad un pubblico adulto, le stesse proprietà non possono
essere adattate ad un libro per bambini. Lettori inesperti hanno bisogno di composizioni più ariose con un testo ingrandito e spaziato maggiormente.
alle proporzioni ideali utilizzate per gli adulti (tra i 45 e 75 caratteri per riga). La giustezza ideale è calcolata in modo da consentire di leggere intere righe di testo senza girare la testa e muovendo solo gli occhi; ma l’ampiezza del campo visivo di un bambino, a parità di distanza dall’oggetto osservato, è più ridotta rispetto a quella di un adulto. Sarà, quindi, necessario tenere un numero di caratteri inferiore per aiutare il giovane lettore a riconoscere bene le righe senza “perdersi”; anche se non bisogna comunque scendere sotto una certa giustezza per evitargli di dover “saltare” troppo da una riga all’altra. È importante tenere sempre il miglior contrasto possibile tra testo e sfondo, evitando composizioni “in negativo”, che risultano meno visibili. Va inoltre considerato che il colore è uno strumento molto potente nel catturare l’attenzione dei bambini e va usato con intelligenza, ma con più abbondanza rispetto ad un libro per adulti. Infine, riassumendo tutte queste “norme tecniche” in un unico precetto: «il segreto per creare un libro “readable” per i bambini è progettare con attenzione e generosità lo spazio bianco, creando percorsi semplici e tuttavia divertenti» (Strizver).
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capitolo 3: uno studio sperimentale
Perché un test
Nonostante sia stato possibile ricavare le linee guida per la progettazione di cui al capitolo precedente, non esistono sufficienti studi sulla percezione visiva dei bambini, in particolare di quelli affetti da disturbi logopedici. La maggior parte degli studi si basano su precise misurazioni di parametri: velocità di reazione allo stimolo, velocità di riconoscimento, etc. Ciò naturalmente favorisce un approccio oggettivo al problema, ma sottovaluta completamente la complessità della percezione. Un fattore che non viene mai considerato, perché ritenuto (in parte giustamente) come troppo soggettivo, è il piacere estetico. È noto come, se uno stimolo è considerato “bello”, aumenti il tempo di fissazione su di esso, meccanismo che cattura l’attenzione e favorisce la raccolta di un maggior numero di informazioni, contribuendo così alla “conoscenza” e “comprensione” dello stimolo stesso (Desideri e Matteucci 2007). E questo meccanismo è particolarmente riscontrabile nell’infanzia in cui al concetto di “bello” si legano anche altri valori come utile, interessante, emozionante, etc. Il mio test sperimentale nasce dall’esigenza di capire quali siano i giudizi estetici dei bambini in età scolare per fare delle ipotesi sull’efficacia del loro utilizzo in ambito didattico.
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Introduzione
Questo test desidera indagare quale stile sia più opportuno utilizzare nei materiali didattici che vengono usati in logopedia. La prima parte indaga le preferenze dei bambini sulle figure, cioè quale stile di rappresentazione sia loro più congeniale e se la presenza del colore sia importante o meno. La seconda parte pone a confronto quattro caratteri tipografici con diverse caratteristiche: non potendo individuare, con i mezzi a disposizione, il più leggibile in termini di velocità o riconoscimento di parole a livello statistico, ho preferito anche qui optare per un approccio diretto che puntasse al giudizio estetico.
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Metodo e materiali
Somministrare un test a dei bambini è molto diverso da fare la stessa cosa con degli adulti. Se un adulto si sottopone a un test volontariamente e, in una situazione gerarchica esegue degli ordini in modo anche troppo diligente (cfr. Esperimento di Milgram in Cialdini 20053) un bambino a cui il test è “imposto” deve innanzitutto capire lo scopo di ciò che sta facendo (anche il divertimento può essere un buon fine) o non risulterà collaborativo e anzi tenderà a rispondere a caso agli stimoli, falsando i risultati finali.
scelta del target
Il test è stato tarato per essere somministrato a bambini frequentanti gli ultimi tre anni della scuola primaria, con un’età compresa tra gli 8 e gli 11 anni. Si tratta di un campione molto ampio e tuttavia significativo, giacché sono anni in cui lo sviluppo mentale presenta caratteristiche simili: tra i 7 e 12 anni, infatti, il bambino si trova allo “stadio delle operazioni concrete” (Piaget 1967), il gradino precedente al raggiungimento di una forma di pensiero astratto, come quello dell’adulto. A quest’età si raggiunge la piena padronanza di operazioni logiche nella soluzione di problemi nel mondo sensibile. «L’essenziale è che il bambino è ora in grado di riflettere. Invece delle condotte impulsive della prima infanzia, accompagnate da immediata fiducia ed egocentrismo individuale, a partire dai 7 o dagli 8 anni il bambino, prima di agire, pensa, e comincia ad acquistare così la difficile condotta della riflessione» (ibidem, p.48). Eliminare gli estremi consente di avere un campione più omogeneo, in questo modo si evita il rischio di includere nel campione soggetti non ancora pienamente formati (7 anni) o precocemente sviluppati (12 anni). Tuttavia la varietà mantenuta all’interno del campione permette di fare delle ipotesi anche sulle preferenze dei gruppi esterni ad esso: analizzando l’andamento dei risultati è possibile fare delle previsioni sugli esiti che si sarebbero ottenuti variando l’età dei bambini, abbassandola o alzandola.
struttura di base
Il test è articolato in due parti: la prima relativa alle figure e la seconda sulla tipografia. Entrambe le sezioni consistono in una serie di coppie di stimoli da confrontare. Ogni coppia ha lo stesso tema (stesso soggetto per le figure, stesso testo per la tipografia) trattato in modo diverso e viene chiesto
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• • •
sono utilizzati i sensi e le abilità motorie per esplorare e relazionarsi con ciò da cui si è circondati si evolve gradualmente dal sottostadio dei meri riflessi e dell’egocentrismo radicale (l’ambiente esterno e il proprio corpo non sono compresi come entità diverse) a quello dell’inizio della rappresentazione dell’oggetto e della simbolizzazione c’è un passaggio attraverso periodi intermedi di utilizzazione di schemi di azione via via più complessi
• • • • • •
miglioramento delle abilità linguistiche e simboliche il pensiero comincia a svilupparsi per concetti inizia a manifestarsi l’immaginazione l’imitazione viene maggiormente interiorizzata gli eventi e gli oggetti risultano raggrupati in insiemi confusi (sincretismo) il pensiero è egocentrico e centralizzato (il bambino considera i fenomeni solo da un punto di vista e si concentra su un aspetto specifico e limitato del problema).
fase del pensiero intuitivo
• • •
sono costruiti un gran numero di pensieri e immagini piuttosto complessi viene stabilito un rudimentale concetto di classificazione basato sulle esperienze sensoriali piuttosto che su ragionamenti logici il pensiero nel complesso è ancora centralizzato e irreversibile (non considera cioè l’insieme delle operazioni inverse che possono ristabilire la situazione iniziale)
7–12 anni
FASE DELLE OPERAZIONI CONCRETE
• • • • •
prevalgono le operazioni intellettuali come attività mentali il pensiero ha acquistato notevole mobilità: è possibile decentrare, cambiare il punto di vista, e sono comprese le operazioni inverse i concetti di classi e classificazioni sono ben definiti sono usati in modo competente termini relazionali e c’è capacità di seriazione è possibile rappresentare mentalmente fenomeni di una certa complessità e valutarli nel loro insieme (i fenomeni considerati sono però concreti, legati al presente o ad un futuro immediato)
dai 12 anni
fase delle operazioni formali
• • •
la realtà appare come una serie di infinite possibilità il pensiero è ipotetico-deduttivo (concettualizza un problema e lo affronta formulando ipotesi possibili da valutare con l’analisi logica), proposizionale (organizza i dati stabilendo relazioni e connessioni logiche), è in grado di svolgere un’analisi combinatoria (valutando l’intero insieme delle possibilità) e di applicare regole semplificanti (utilizzando il ragionamento senza dovere ricorrere all’esperienza diretta) si presenta particolare interesse nei confronti dei meccanismi del pensiero
0–2 anni
fase senso-motoria
2–4 anni
fase pre-concettuale
4–7 anni
57 Lo sviluppo mentale del bambino* Secondo Jean Piaget (1896–1980), il celebre psicologo e pedagogista svizzero fondatore della epistemologia genetica, lo sviluppo cognitivo del bambino si articola in 5 stadi principali, caratterizzati ciascuno da strutture variabili proprie ovvero «forme di organizzazione dell’attività mentale, considerata
nel suo duplice aspetto motorio e intellettuale da un lato, e affettivo dall’altro e nelle sue dimensioni individuale e sociale» (Piaget 1967).
* tabella adattata da Bonafini 2004/05, pp. 40–49
a ciascun partecipante di scegliere singolarmente quale sia lo stimolo preferito da un punto di vista estetico. Le scelte effettuate vengono successivamente raccolte.
un gioco a premi
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La struttura è molto semplice, non presenta nessun tipo di difficoltà per i bambini e tuttavia correva il rischio di diventare molto noiosa. Per mantenere vivo l’interesse dei piccoli partecipanti e garantirsi così l’accuratezza dell’indagine, è stato necessario escogitare un metodo di analisi meno forzato, trasformare il test in un’attività ludica. Infatti, ad esempio secondo il celebre pedagogista Jean Piaget il gioco è «la più spontanea abitudine del pensiero infantile» e in quanto tale è l’attività in cui il bambino si esprime al meglio, con più motivazione e più sincerità. Il meccanismo di base è quindi stato tradotto in due piccoli librigioco, che “camuffassero” la natura del test. Ogni pagina dei libretti presenta ciascuna una coppia di stimoli giustapposti da confrontare. Al bambino è chiesto di strappare la parte di pagina con lo stimolo che gli piace di meno (delle linee tratteggiate lo aiuteranno nell’operazione), lasciando attaccata quella che lo soddisfa esteticamente. Alla fine del procedimento ciascun bimbo otterrà un libretto con la raccolta di tutte le sue scelte e sarà libero di tenerlo per sé; mentre le porzioni di pagina eliminate dovranno essere raccolte in una busta (su cui è indicata la classe, l’età e il sesso del partecipante) e riconsegnate. Questo procedimento “inverso” (raccogliere i risultati negativi invece di quelli positivi) è stato pensato per motivare i bambini ad effettuare le loro scelte in modo ragionato (minimizzare la risposta affidata al caso) ed onesto (non falsare i risultati per dispetto), grazie ad un meccanismo a premi. È noto come la prospettiva di una ricompensa induca ad assecondare delle richieste (“Reciprocità” in Cialdini 20053 , pp. 29–69). Inoltre, essendo in questo caso il premio costruito in prima persona, ogni vantaggio è nel fare le scelte più sincere e pensate per ricavare da ciò il massimo profitto, con un libretto che possa piacere più possibile al suo “creatore” cioè al bambino partecipante al test. Per quanto riguarda il meccanismo dello strappo come forma di decisione, è stato scelto per assecondare il bisogno dei bambini
busta porta risultati
libretto delle figure
libretto della tipografia
59 Elementi del gioco-test Il test è composto da una busta in formato 120 x 180 mm e da 2 libretti, uno in formato A6 (148,5 x 105 mm) e l’altro in formato chiuso di 105 x 49,5 mm.
60 Procedimento del gioco-test Al bambino viene consegnata una busta contenente una coppia di libretti di dimensioni diverse. Il più grande è il “libretto delle figure”, in cui sono contenute 20 coppie di immagini da confrontare. Il bambino, una volta scelta la sua preferita deve strappare via l’altra e metterla nella busta ricevuta
inizialmente. Una volta terminata la scelta delle figure, il bambino può iniziare ad osservare il “libretto della tipografia” e fare le sue scelte seguendo lo stesso meccanismo usato in precedenza. Alla fine tutti gli stimoli scartati dal bambino saranno contenuti
nella stessa busta, che, dopo essere stata compilata, verrà riconsegnata.
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0. consegna
1. osservazione
! AP STR
2. scelta
altre pagine?
SÌ
NO
3. risultati
4. premio
62 Struttura a gioco del test Mantenere viva l’attenzione dei partecipanti a un test è molto importante per evitare risposte casuali e garantire un impegno costante. Per soddisfare le esigenze dei bambini è stato necessario rendere il test più simile a un libro gioco in cui anche l’esperienza sensoriale è importante.
di avere delle esperienze dinamiche e sensoriali nel gioco. La forza esercitata per strappare la carta e il suono prodotto dalla sua rottura accrescono il piacere ludico del bambino e la possibilità di eliminare fisicamente gli oggetti scartati, oltre a sottolineare il valore della scelta (lo stimolo scelto “viene salvato”, mentre l’altro scompare) dà un senso di potere e responsabilità.
problemi di biases: superstizione e priming
Come gli adulti, i bambini sono portati a ricercare delle leggi o individuarne di fittizie, rifiutando il concetto di “Caso”. Per cui è molto frequente nei bambini un tipo di pensiero “superstizioso”, secondo cui se si compie una determinata azione ne corrisponde sempre una certa conseguenza, anche se non c’è nessun nesso di causa-effetto tra le due o se la predizione non è sempre corretta (un esempio possono essere i comportamenti scaramantici). Si tratta di un “bias”, un tunnel mentale che ci porta a commettere degli errori di giudizio e sospendere il nostro pensiero razionale (Piattelli Palmarini 1995). Per smascherare questo atteggiamento è stato necessario creare più variazioni possibili all’interno del test in modo da evitare qualsiasi fenomeno di “meccanizzazione finalistica”. Ogni tipologia di stimoli (An, Bn, Cn, Dn) è stata confrontata con ciascun’altra (A1-B1, A2-C2, A3-D3, B4-C4, B5-D5, C6-D6), la sua collocazione spaziale è stata uniformemente suddivisa tra parte destra e sinistra della coppia di stimoli contrapposti (A1-B1, C2-A2, B3-D3, etc) e l’ordine delle coppie è stato più possibile vario in modo che mai più di due pagine consecutive presentassero la presenza di una stessa tipologia di stimolo (A1-B1, C2-D2, B3-C3, D4-A4, etc) Apportare la maggiore varietà possibile agli stimoli è stato anche utile per minimizzare possibili effetti dovuti al priming, un fenomeno che si presenta quando uno stimolo precedente influenza la risposta ad uno stimolo successivo. Ad esempio se un bambino nel confronto A1-B1, scegliesse A1, e se anche nella coppia successiva A2-C2, scegliesse A2, probabilmente sarebbe indotto a scegliere di nuovo l’opzione A nella coppia A3-D3, proposta in diretta successione. Anche questo meccanismo è automatico e sfrutta l’attivazione di certi schemi mentali, che a volte possono essere utili perché
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consentono all’uomo di adottare comportamenti simili per situazioni tra loro simili, ma applicati all’interno di un test valutativo potrebbero falsarne irrimediabilmente i risultati.
scelte effetive
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La differenziazione è un aspetto che dev’essere applicato non solo all’ordine di presentazione degli stimoli, ma anche agli stimoli stessi, soprattutto tra le coppie con lo stesso tema. Infatti, se due stimoli differiscono in modo troppo sottile, la scelta di uno o dell’altro sarà pressoché arbitraria, e porterà a risultati non significativi. Viceversa, però, se la caratterizzazione sarà troppo evidente, la scelta risulterà banale, oppure se gli stimoli non avranno nulla in comune, di nuovo sarà dettata dal caso. È quindi importante trovare il giusto equilibrio tra diversità (garantita da una accurata scelta delle tecniche e dei caratteri in esame) e omogeneità (sostenuta dal confronto di temi uguali) nel confronto degli stimoli.
A
B
sx
C
dx
D
sx
dx
D A
B
A
ogni tipo di stimolo dev’essere paragonato a ciascun altro
ogni tipo di stimolo dev’essere posizionato equamente tra parte destra e parte sinistra nella coppia di confronto
A un tipo di stimolo non deve essere ripetuto più di due volte consecutivamente
C D
B
65 Strategie per creare variazioni In un test l’ordine in cui vengono presentati gli stimoli è molto importante. Tre semplici strategie consentono di garantire una sufficiente varietà, tale da evitare possibili problemi di automatizzazione delle scelte.
Prima parte: le figure
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quattro stili a confronto
Le tecniche di rappresentazione prese in esame si basano sulla distinzione operata nello studio classico del 1956 di Ryan e Scwhartz “Speed of Perception as a Function of Mode of Representation” (“Velocità di percezione come funzione della tecnica di rappresentazione”). In questa ricerca gli stili confrontati erano quattro: fotografia, disegno ombreggiato, disegno al tratto, disegno a cartone. Ognuna di queste tecniche presenta precise caratteristiche, classificabili in base a due scale di valori: livello di astrazione inversamente proporzionale al livello di dettaglio e qualità di informazioni sulla superficie opposto a qualità di informazioni sulla forma. Secondo questi parametri, la fotografia si colloca al più alto grado di dettaglio che veicola il maggior numero di informazioni sulla superficie dell’oggetto rappresentato; viceversa il disegno a cartoni è al maggior livello di astrazione e offre solo informazioni cromatiche sulla superficie, mentre privilegia la descrizione della forma. Su valori intermedi sono posti il disegno ombreggiato, meno realistico e meno diagnostico sulle superfici della fotografia e il disegno al tratto più realistico e con più informazioni superficiali del disegno a cartone.
parametri comuni
Per essere correttamente confrontate queste tecniche sono state utilizzate mantenendo dei dettagli in comune, così da focalizzare l’attenzione solo sulle caratteristiche distintive di ogni stile, in modo da evitare che altri fattori possano influenzare il giudizio nel test. Innanzitutto ogni tecnica viene utilizzata sempre nello stesso modo per ogni soggetto: i parametri della fotografia sono costanti, così come gli stili adottati per eseguire i disegni. Questo accorgimento garantisce omogeneità all’interno di una stessa tipologia di immagine; per ottenere uniformità anche tra i soggetti mostrati in tipologie differenti, tutti i disegni sono stati ricavati a partire dalla stessa fotografia. Inoltre, indipendentemente dal tipo di rappresentazione, ogni figura è posta su uno sfondo bianco uniforme e rappresentata al suo livello di categoria di base in una prospettiva canonica. Per quanto riguarda le dimensioni dei soggetti, le figure sono scalate perché essi abbiano circa lo stesso ingombro in ogni stile impiegato e perché, a livello globale, occupino il maggior spazio disponibile nella pagina del libretto-test (74 x 90 mm).
il ruolo del colore
Il ruolo del colore nel riconoscimento degli oggetti è piuttosto ambiguo: il colore ha spesso la funzione di attirare l’attenzione in un contesto di discriminazione, ma la sua combinazione con la forma può generare anche delle situazioni confuse. Però, soprattutto nell’infanzia, esso gioca un ruolo fondamentale nei giudizi estetici: ciò che è colorato è bello, interessante, amichevole, mentre ciò che è monocromatico è brutto, noioso, freddo. Tuttavia, se la scelta cromatica non soddisfa i gusti dell’osservatore esso può anche trovarla fastidiosa e repulsiva. Per queste ragioni nel mio test anche la presenza del colore è oggetto di indagine. Le figure sono proposte sia a colori sia in bianco e nero: nelle coppie in cui sono state paragonate immagini di diverso tipo si hanno le stesse proprietà cromatiche (o entrambe le figure a colori, o entrambe in bianco e nero); nelle coppie in cui sono paragonate le proprietà cromatiche (preferenza per il colore o per il bianco e nero) si utilizza la stessa tecnica di rappresentazione.
scelta dei soggetti
Sono stati scelti venti soggetti, un numero in grado di offrire abbastanza combinazioni all’interno delle coppie di confronto (ogni tipologia viene paragonata a ciascun’altra sia a colori, sia in bianco e nero e le proprietà cromatiche sono testate due volte per ogni tipologia) e allo stesso tempo abbastanza ridotto da non rendere il test noioso e ripetitivo. I temi delle immagini sono stati scelti per essere più familiari possibile ai bambini, in modo da essere già facilmente riconoscibili, al di là delle qualità dello stile scelto per la raffigurazione. La varietà dei soggetti è garantita dalla loro appartenenza a cinque aree semantiche differenti: persone, animali, natura, oggetti, azioni. In questo modo è possibile individuare eventuali scelte influenzate dalle caratteristiche semantiche del soggetto stesso e più che dalla tecnica con cui la sua immagine è realizzata. 67
IN QUALI STIMOLI È PRESENTE UN CERCHIO ARANCIONE?
coppia 1
coppia 2
coppia 3
68 Il ruolo del colore Il colore ha spesso la funzione di attirare l’attenzione in un contesto di discriminazione (primo esempio), la forma può essere meno efficace per la discriminazione (secondo esempio). La combinazione colore–forma può essere addirittura problematica (terzo esempio).
il libretto delle figure
Il risultato di tutte queste scelte è un libro-gioco di dimensioni 148,5 x 105 mm (A6 orizzontale), composto da venti pagine strappabili lungo delle linee tratteggiate, divise a metà da un ulteriore tratteggio. Il libretto è stato confezionato con delle copertine in cartoncino dalle tinte molto accese (per catturare l’attenzione dei bambini) ed è rilegato con punto metallico legato (per essere resistente nonostante gli strappi). Ogni figura è stata stampata su una metà della pagina: ogni immagine è affiancata da un’altra rappresentante lo stesso soggetto, differente o per tecnica di realizzazione, o per proprietà cromatiche.
69
70 Fotografia La fotografia è la tecnica di rappresentazione più realistica. Proprio per questa sua caratteristica di realismo e univocità essa mal si adatta ad utlizzi astratti come in tutti i casi in cui è richiesta generalizzazione, come ad esempio botanica o anatomia. La fotografia garantisce il massimo
delle informazioni circa la superficie degli oggetti rappresentati, ma può essere confusa riguardo ai contorni. Tra le quattro tecniche in esame è la più complessa per il tipo e la quantità di informazioni che veicola.
71 Disegno ombreggiato La tipologia denominata “disegno ombreggiato” fa riferimento alla più classica rappresentazione “dal vero” della tradizione pittorica. La tecnica utilizzata è la matita su carta. Questo tipo di disegno è molto realistico, ciò nonostante trattandosi appunto di un disegno, offre anche qualche spunto di astrazione.
Le informazioni sulla superficie sono molte e addirittura in alcuni casi sono enfatizzate rispetto alla fotografia; inoltre anche i contorni sono leggermente più evidenti.
72 Disegno al tratto. Il disegno al tratto è un disegno dei soli contorni dell’oggetto, tracciati nel modo più fedele possibile rispetto al soggetto rappresentato. È un disegno molto tecnico: trae spunto dalla realtà, ma il grado di astrazione è comunque notevole. Nella versione a colori offre alcune informazioni circa la superficie,
indicando, attraverso delle campiture di diversa luminosità, oltre ai colori stessi delle aree, anche i cambiamenti superficiali dati dalla tridimensionalità degli oggetti rappresentati. Nella versione in bianco e nero, però, nessuna informazione riguardo la superficie è garantita. Il disegno al tratto è molto immediato,
di facile comprensione, ma in soggetti complessi può risultare ostico.
73 Disegno a cartone. Il disegno a cartone è la forma più semplificata di disegno ed è pensata proprio per essere in linea con le classiche illustrazioni destinate all’infanzia. Tra le quattro tecniche in esame essa rappresenta la forma più astratta, dove le uniche forme realistiche sono mantenute quel tanto che è necessario
per garantire l’intelliggibilità del soggetto rappresentato. Le uniche informazioni superficiali sono presenti solo nella versione a colori, in cui c’è una distinzione cromatica tra le diverse aree, che rimangono però totalmente piatte. Il disegno a cartone è quello più semplice, più diretto,
potenzialmente di più semplice comprensione.
FOTOGRAFIA
DISEGNO OMBREGGIATO
superficie: contorno:
superficie: contorno:
realismo: astrazione:
realismo: astrazione:
DISEGNO AL TRATTO
DISEGNO A CARTONI
superficie: contorno:
superficie: contorno:
realismo: astrazione:
realismo: astrazione:
74 Confronto tra tecniche Ogni tecnica di rappresentazione presa in esame ha le sue specifiche peculiaritĂ che la distinguono dalle altre, non solo esteticamente. Inoltre per favorire un confronto equo e il piĂš possibile oggettivo, ogni figura presenta delle caratteristiche simili: tutti i soggetti sono rappresentati su sfondo bianco, ritratti nella loro
vista canonica, dimensionati in modo che occupino tutta la superficie a disposizione. Inoltre tutti i disegni sono stati realizzati a partire dalla medesima fotografia.
NATURA
banana pera fiore albero
ANIMALI
cane cavallo tigre
PERSONE
bambina dottore mago
OGGETTI
libro matita zaino peluche bottiglia scarpa automobile
AZIONI
dormire scrivere mangiare
75 Soggetti del test sulle figure I soggetti delle figure del test sono stati scelti all’interno di cinque categorie semantiche diverse per essere vari e sperimentare le quattro tecniche in ambiti diversi. Sono inoltre tutti soggetti familiari ai bambini per essere immediatamente riconoscibili da loro.
76 Pagine di confronto del libretto delle figure
77
78 Pagine di confronto del libretto delle figure
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80 Pagine di confronto del libretto delle figure
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82 Pagine di confronto del libretto delle figure
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84 Pagine di confronto del libretto delle figure
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Seconda parte: la tipografia
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quattro font a confornto
I caratteri tipografici confrontati nel test sono ciascuno il rappresentante di alcune caratteristiche precise che regolano la leggibilità di una font da parte dei bambini. Tali proprietà sono raggruppabili nelle seguenti categorie di caratteri: disegnato apposta per i bambini; modificato per i bambini dislessici; “per adulti” (cioè non disegnato specificatamente per i bambini); molto diffuso e perciò dall’aspetto più familiare. Rispettivamente secondo questa divisione abbiamo: Sassoon Primary, Foundry PCS, Swift, Century Schoolbook. Non essendoci abbastanza dati su quale tipologia sia la più leggibile tra bastoni e graziati, sono stati scelti due esemplari per ciascun tipo, tutti però ugualmente caratterizzati da occhio ampio e da un disegno aperto.
parametri comuni
Ogni carattere ha una sua specifica dimensione a parità di corpo, per questo motivo alcuni aggiustamenti sono stati effettuati per avere omogeneità nei testi confrontati. È stato scelto come riferimento per avere un’ottima leggibilità il corpo 14 dell’APHont (una font di sistema progettata per gli ipovedenti, caratterizzata da una grandissima altezza della x) e per ogni carattere è stato individuato il corpo corrispondente alle dimensioni dell’APHont da 14 punti, in modo che confrontando porzioni di testo composte con tipi diversi abbiano una grandezza simile. Sempre in quest’ottica, oltre alla dimensione, anche gli altri parametri della composizione sono stati omologati: la spaziatura tra le lettere è sempre leggermente aumentata, così come l’interlinea (corrispondente a 20 punti); la giustezza della colonna è compresa tra i 24 e 40 caratteri.
scelta del testo
Naturalmente la leggibilità di un testo non dipende esclusivamente dalle sue qualità tipografiche, ma soprattutto dal suo contenuto. È stato, dunque, necessario scegliere un testo che non presentasse nessun tipo di difficoltà lessicale per dei bambini in età scolare, e che fosse in grado di mantenere viva la loro attenzione. La scelta è ricaduta su una poesiola del grande autore per l’infanzia Gianni Rodari. “Filastrocca di primavera” ha una struttura a distici in rima baciata per dodici versi, ovvero sei strofe: questa metrica è la divisione ideale per il test, in cui sono necessarie
sei combinazioni per ottenere tutte le possibilità di confronto tra le font.
il libretto dei caratteri
Il testo è raccolto in un libretto-gioco più piccolo di quello delle figure e caratterizzato da un colore diverso della copertina (sempre comunque molto acceso e attraente per i bambini). Ha un formato chiuso pari a 105 x 49,5 mm (ogni pagina stesa è pari a 1/6 di un A4 tagliato parallelamente al lato corto), ogni pagina presenta un taglio tratteggiato in prossimità della rilegatura con un punto metallico in costa. Ogni distico è disposto su una facciata (i versi più lunghi sono stati mandati a capo), in modo che in quella opposta ci sia lo stesso testo, composto con un carattere differente. Le volte delle pagine sono lasciate bianche, cosicché lo strappo dei versi composti con la font scartata non incida sulle altre coppie di stimoli.
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ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 0123456789
Sassoon Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre. Un giorno, sulla striscia d’aiola d’un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore, e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram. Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto.
90 Sassoon Primary. Il Sassoon Primary è il capostipite della famiglia di caratteri Sassoon, disegnata dalla studiosa di calligrafia e tipografia Rosemary Sassoon (in collaborazione con Adrian Williams) a partire dal 1988. Questa font è il risultato di un programma di ricerche sulla lettura e la scrittura nella scuola primaria svolto a partire
dal 1986 presso l’Università di Reading (UK) ed è valso alla sua autrice un riconoscimento honoris causa. Il Sassoon Primary ha un occhio molto alto, è leggermente inclinato ed è caratterizzato dalle sue terminazioni tonde che amplificano ulteriormente la sua forma tondeggiante. Ciascuno dei suoi elementi rispecchia
evidentemente lo studio sulle forme della scrittura dei bambini ed è pensato per insegnare forse la scrittura ancor più della lettura.
ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 0123456789
Foundry Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello Spazio. Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al loro posto, si muovono qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersene sollevare e senza potervisi immergere, come delle ombre, insomma, consistenti, però, e dai contorni luminosi. Così facendo avrete un’idea abbastanza corretta del mio paese e dei miei compatrioti. Ahimè, ancora qualche anno fa avrei detto: “del mio universo”, ma ora la mia mente si è aperta a una più alta visione delle cose.
91 Foundry PCS. Il Foundry PCS è stato disegnato nel 2009 da Elisa Miorin, all’interno della sua tesi sulla “Comunicazione Alternativa Aumentativa” (CAA) nei soggetti affetti da autismo. Il carattere si basa sul Foundry Form Sans, realizzato nel 1999 per la fonderia “The Foundry”. L’originale ha proporzioni leggermente
condensate e a base rettangolare, una forma molto aperta e un occhio molto ampio. Le operazioni di modifica si ispirano al processo che ha dato vita nel 2002 all’APHont, una font di sistema disegnata dalla società “American Printing House for the Blind” a partire dal Verdana di Matthew Carter. Tali modifiche erano volte ad aumentare
la leggibilità del font anche per lettori con problemi di vista o affetti da dislessia e riguardano «la differenziazione tra segni che possono generare ambiguità nella distinzione (per esempio g, q) oppure di rafforzamento di tratti poco marcati (ad esempio il tacco delle lettere a, b, d n, r, oppure il puntino della i e della j)» (Miorin 2009).
ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 0123456789
Swift Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di metter su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affifidata a lui. E lui, Pereira, riflfletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua fifinestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte.
92 Swift Lo Swift è un carattere olandese, disegnato nel 1985 da Gerard Unger. «L’occhio medio è ampio e il disegno compatto, ma le lettere risultano nere e aperte, con terminali e grazie a cuneo a punta troncata» (Bringhurst, 1992) che garantiscono una grande omogeneità orizzontale tra le parole. Lo Swift nasce come carattere
per quotidiani, e infatti anche in corpi molto piccoli mantiene un’ottima leggibilità, garantita dall’abbondante spazio bianco all’interno delle lettere. Il suo aspetto deciso e la sua forma ariosa ne fanno un carattere molto versatile e tuttavia riconoscibile.
ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 0123456789
Century Il signor Trelawney, il dottor Livesey e gli altri gentiluomini mi hanno chiesto di mettere per iscritto tutti i dettagli riguardanti l’Isola del Tesoro, dal primo all’ultimo, senza omettere nulla salvo la posizione dell’isola, e questo solo perché una parte del tesoro non è stata ancora portata alla luce. Perciò nell’anno di grazia 17.. prendo in mano la penna e torno al tempo in cui mio padre teneva una locanda all’insegna dell’ “Ammiraglio Benbow” e al giorno in cui il vecchio uomo di mare, abbronzato e sfregiato da una sciabolata, prese per la prima volta alloggio sotto il nostro tetto.
93 Century Schoolbook. Il Century Schoolbook venne disegnato nel 1919 da Morris Fuller Benton per l’American Type Founders (ATF), a partire dal carattere disegnato dal padre, Lynn Boyd Benton, per la rivista “Century” diretta da Theodore Low De Vinne. Era stato richiesto un carattere adatto a dei libri scolastici e Fuller Benton per la sua
variante si basò su degli studi sulla leggibilità dei caratteri svolti alla Clark University che sostenevano che i giovani lettori identificano meglio le lettere con tratti molto contrastanti. Rispetto all’originale del padre, aumentò l’altezza dell’occhio e lo spessore dei tratti, inoltre ampliò lo spazio bianco all’interno delle singole lettere
e utilizzò una spaziatura maggiore tra le stesse (Shaw). Negli Stati Uniti il Century Schoolbook è tuttora uno dei caratteri più familiari, essendo quello su cui la maggioranza degli Americani ha imparato a leggere; è inoltre stato scelto in tutto il mondo come tratto distintivo da numerosi autori di libri per bambini, tra cui l’italiano Leo Lionni.
giustezza 32 caratteri
APHONT
14 pt
The quick brown fox jumps over the lazy dog. spaziatura +10
SASSOON PRIMARY corpo: 15 / 19 pt spaziatura: +7
Just keep examining every low bid quoted for zinc etchings.
FOUNDRY PCS corpo: 16,7 / 18,5 pt spaziatura: +15
Jaded zombies acted quietly but kept driving their oxen forward.
SWIFT corpo: 15,4 / 19,3 pt spaziatura: +10
A quick movement of the enemy will jeopardize six gunboats.
CENTURY SCHOOLBOOK corpo: 15,6 / 19,4 pt spaziatura: +20
How razorback-jumping frogs can level six piqued gymnasts!
94 Omogenizzazione della tipografia Ogni carattere tipografico ha una sua specifica altezza dell’occhio, spaziatura, interlinea. È stato necessario ridimensionare i caratteri confrontati per renderli tutti simili. Come metro di paragone è stato scelto un testo composto in Aphont, corpo 14, con interlinea aumentata a 18 e spaziatura +10.
interlinea 18 pt
Filastrocca di primavera più lungo è il giorno, più dolce la sera. Domani forse tra l’erbetta spunterà la prima violetta.
A A
B B
Oh prima viola fresca e nuova beato il primo che ti trova,
C C
il tuo profumo gli dirà, la primavera è giunta, è qua.
D D
Gli altri signori non lo sanno e ancora in inverno si crederanno: magari persone di riguardo, ma il loro calendario va in ritardo.
E E
F F
95 Testo del libretto della tipografia La filostrocca* di Gianni Rodari per la sua semplice struttura metrica e per la sua brevità ben si presta all’utilizzo frammentato che se ne fa nel test.
* “Filastrocca di Primavera” in Rodari, G., Filastrocche in Cielo e in Terra, Einaudi, Torino 1960.
Filastrocca di primavera più lungo è il giorno, più dolce la sera.
Filastrocca di primavera più lungo è il giorno, più dolce la sera.
Domani forse tra l’erbetta spunterà la prima violetta.
Domani forse tra l’erbetta spunterà la prima violetta.
Oh prima viola fresca e nuova beato il primo che ti trova,
Oh prima viola fresca e nuova beato il primo che ti trova,
96 Doppie pagine del libretto della tipografia
Il tuo profumo gli dirà, la primavera è giunta, è qua.
Il tuo profumo gli dirà, la primavera è giunta, è qua.
Gli altri signori non lo sanno e ancora in inverno si crederanno:
Gli altri signori non lo sanno e ancora in inverno si crederanno:
Magari persone di riguardo, ma il loro calendario va in ritardo.
Magari persone di riguardo, ma il loro calendario va in ritardo.
97
Svolgimento del test
Il test è stato somministrato nel mese di aprile 2010 ad un campione di 120 bambini a Venezia e a Brescia. Sono stati suddivisi in un gruppo sperimentale di 105 bambini normodotati e in un gruppo di controllo di 15 bambini non-udenti.
gruppo sperimentale
100
Il gruppo sperimentale è stato selezionato grazie alla collaborazione della Scuola Elementare Armando Diaz di Venezia. Il test è stato svolto nei giorni 8 e 9 aprile 2010 tra le ore 8.30 e le 10.30: a quest’ora gli scolari sono riposati e conservano intatte tutte le loro energie. L’indagine ha interessato un totale di 105 bambini, divisi in 6 classi (ogni classe era divisa in due sezioni): 36 di terza, 39 di quarta, 30 di quinta. Il test è stato somministrato collettivamente agli alunni divisi in sezioni: ogni partecipante ha ricevuto un test e lo ha svolto singolarmente, ma nella stessa aula con i suoi compagni di classe, in modo da creare un ambiente dove il bambino potesse sentirsi meno sotto pressione. Era inoltre consentito in parte lo scambio di informazioni. Lo svolgimento del test è stato preceduto da una spiegazione, in cui ai bambini veniva illustrata con termini semplici la finalità dell’indagine («in base ai risultati di oggi verrà creato un libro, che un giorno potrebbe finire tra le mani proprio di uno di voi o di qualche vostro amico») in modo da motivarli a eseguire con consapevolezza le loro scelte (Impegno e Coerenza, in Cialdini 20053 , pp. 71–127). Si è molto insistito sul fatto che non ci fossero risposte giuste o sbagliate, ma che bisognasse rispondere solo in base ai propri gusti, al proprio sentire personale («se a me piace il rosso e alla vostra maestra piace il blu, nessuno può dire chi di noi due abbia ragione: abbiamo ragione entrambe»), cosicché i bambini non si sentissero giudicati (nemmeno dai propri compagni), ma liberi di rispondere con sincerità e spontaneità. Successivamente è stato spiegato il meccanismo del test, con l’analisi di entrambi i libretti, che sono stati consegnati ai bambini insieme alla busta in cui è stato chiesto loro di inserire i fogli con gli stimoli scartati. Per la parte sulle figure si è insistito sul fatto che uno stesso soggetto possa essere rappresentato in modo diverso (mostrando
gruppo di controllo
una coppia di stimoli presenti nel libretto «un cane può essere mostrato così, oppure così, ma rimane sempre lo stesso cane, anche se ci piace di più “fatto” in un modo o nell’altro». Per la parte sulla tipografia, invece, si è introdotto il concetto di leggibilità (legibility), prima parlando della calligrafia («sono sicura che qualche vostro amico abbia una brutta scrittura e che sia molto difficile leggere ciò che vi scrive») e poi mostrando un carattere gotico con la scritta “lettura difficile”, paragonandolo alla scritta “lettura facile” composta in Helvetica («lo stesso accade per le “scritture dei libri”: questa scritta, anche se vi può sembrare più bella e interessante», mostrando la scritta gotica, «è più difficile da leggere, soprattutto se immaginate un intero libro scritto in piccolo e così; mentre quest’altra», mostrando la scritta in Helvetica, «anche se magari sembra più banale, risulta più pratica e più leggibile»). I bambini hanno dimostrato (almeno a questo grado introduttivo) di comprendere il problema, e in questo modo sono stati sensibilizzati al tema della leggibilità, e verosimilmente dovrebbero essere stati portati a fare delle scelte, sì estetiche, ma anche in qualche misura legate a quest’altro parametro. Il meccanismo “contrario” per cui è stato loro chiesto di riconsegnare i fogli con gli stimoli scartati è stato molto marcato («vi conviene staccare ciò che vi piace di meno, in modo che poi possiate tenervi un libretto per voi più bello») e perfettamente compreso (eventuali errori di distrazione sono stati riparati riattaccando i fogli ai libretti e non colpevolizzando il bambino). Lo svolgimento del test ha richiesto in media 30 minuti per ogni sezione di ogni classe. Durante questo periodo alcuni bambini confrontavano le proprie scelte spinti dalla curiosità, apparentemente senza farsi influenzare dai compagni. I casi in cui questa tendenza diventava troppo marcata sono stati richiamati con delicatezza all’ordine («è bello avere gusti diversi: scegliete con le vostre teste e ricordate che avete tutti ragione, nessuno può dirvi che state sbagliando»). Il gruppo di controllo è stato selezionato grazie alla collaborazione della Scuola Audiofonetica di Brescia, un istituto in cui dal 1974 si attua un modello di “integrazione alla rovescia” (realizzato cioè accogliendo i bambini udenti in quella che era la scuola dei sordi
101
anziché inserire i bambini sordi nella scuola degli udenti). Lo studio è stato svolto il 20 e il 23 aprile 2010 a partire dalle ore 8.15. L’indagine è stata condotta su un totale di 15 bambini non udenti con vari gradi di disturbo, ma divisi sempre in base alla classe di appartenenza: 6 alunni di terza, 4 di quarta e 5 di quinta. Il test è stato somministrato singolarmente con la sola presenza mia e di un insegnante di sostegno, che aveva il compito di aiutare i bambini più compromessi a comprendere la spiegazione mediante la Lingua Italiana dei Segni (LIS). Rispetto agli udenti, gli scolari sordi sono più abituati a svolgere attività individuali, tanto da non sentire la pressione di una situazione di “faccia a faccia” con l’esaminatore. Tuttavia, la difficoltà di comunicazione ha creato un clima meno sereno e spontaneo rispetto al test effettuato col gruppo sperimentale. Il test si è svolto in 15 minuti, e le scelte non sono mai state riponderate dai bambini (comportamento che invece era molto frequente nel gruppo sperimentale). Tuttavia questo metodo di svolgimento ha consentito agli scolari di leggere ad alta voce i testi della parte tipografica, sottolineando la facilità e difficoltà di lettura di alcuni caratteri, rispetto alle scelte poi effettuate.
102
GRUPPO SPERIMENTALE – Scuola Elementare Statale “Armando Diaz” di Venezia
classe III
classe IV
classe V
GRUPPO DI CONTROLLO – Scuola Audiofonetica di Brescia
classe III
classe IV
classe V
103 Gruppo sperimentale Il gruppo sperimentale conta un totale di 105 bambini delle ultime tre classi del ciclo primario. La popolazione – di cui alcuni alunni stranieri, immigrati di prima e seconda generazione – è uniformemente divisa tra maschi e femmine.
Gruppo di controllo Il gruppo di controllo, purtroppo molto esiguo, comprende 15 bambini affetti da vari gradi di sordità e a vari gradi di riabilitazione. La popolazione è equamente divisa tra maschi e femmine e tra bambini italiani e immigrati di prima generazione.
Risultati
Il numero dei partecipanti non è purtroppo sufficiente a considerare il test uno studio attendibile da punto di vista statistico e sarebbero necessarie altre indagini, oppure la somministrazione di questo stesso test ad un campione più ampio. Tuttavia già una prima indagine quantitativa dei dati offre alcuni interessanti risultati e spunti di riflessione.
le tecniche di rappresentazione delle figure
108
Il confronto tra fotografia, disegno ombreggiato, disegno al tratto e disegno a cartone privilegia in modo abbastanza evidente la rappresentazione mediante fotografia, mentre boccia drasticamente il disegno a cartone (schema 1 p. 112). La fotografia si guadagna il 35% delle preferenze assolute, in cui il 50% rappresenta il massimo risultato possibile (ogni tecnica di rappresentazione può essere scelta al massimo 6 volte su un totale di 12 stimoli proposti) e ciò significa che è stata scelta il 70% delle volte in cui era disponibile (508 preferenze su 720 voti disponibili) (schema 2 p. 112). Le risposte relative a questa tecnica non presentano nessuna differenza statistica tra campione sperimentale e di controllo (schema p. 113). Analizzando le varie classi spiccano i risultati molto alti e molto bassi ottenuti rispettivamente nella classe quarta e terza dei bambini sordi (schema p. 114); tuttavia non sono cambiamenti significativi a livello statistico. Non ci sono particolari preferenze tra disegno ombreggiato e disegno al tratto, nonostante ci sia una leggera predilezione per quest’ultimo (23% contro 26% a livello generale), particolarmente marcata tra gli scolari non udenti, che non apprezzano molto il disegno ombreggiato (schema p. 113). Il disegno a cartone, spesso considerato il più consono per dei bambini delle elementari, risulta a livello globale il peggiore del test, con solo il 16% delle preferenze (schema 1 p. 112) pari al 32% delle scelte in cui era disponibile (schema 2 p. 112). Il risultato deludente è mitigato dai risultati ottenuti nella terza classe del gruppo di controllo, dove ottiene il 64% delle preferenze nelle coppie in cui può essere scelto, pari al 32% dei risultati relativi, stesso esito ottenuto in quella classe dalla fotografia. Inoltre, analizzando i risultati per i singoli soggetti (schema p. 115) si nota come in “bambina” sia addirittura lo stimolo preferito dal 61% dei bambini.
le proprietà cromatiche delle figure
I risultati sulle qualità cromatiche delle immagini privilegiano in modo schiacciante il colore (schema p. 116). In ciascun gruppo e in ogni classe il colore viene preferito senza esitazioni e senza significative variazioni statistiche, a parte i risultati ottenuti nelle classi quinte che si situano rispettivamente alla massima e alla minima percentuale (schema p. 118). Analizzando i risultati dei singoli soggetti non si notano differenze significative (schema p. 119), attestandosi il colore mediamente intorno all’85% delle preferenze. L’unica eccezione è rappresentata da “dormire” in cui le preferenze ottenute dallo stimolo in bianco e nero raggiungono il 34%, facendo cadere il colore al 66%.
i caratteri
La comparazione di Sassoon Primary, Foundry PCS, Swift e Century Schoolbook ha dato esiti incerti, nonostante sia chiaro come ci siano due font in vantaggio sulle altre, ma praticamente equivalenti tra loro: Sassoon Primary e Century Schoolbook. Il primo si attesta sul 30% (schema 1 p. 120) con una preferenza relativa del 60% (fig. 2c), mentre il secondo ottiene il 32% in generale (fig. 1c) e il 64% relativo (schema 2 p. 120). Mentre non ci sono differenze significative tra i due gruppi (schema p. 121), nonostante la preferenza più accentuata per il Century Schoolbook del gruppo di controllo, ci sono interessanti variazioni tra le diverse classi (schema p. 122). Il Sassoon Primary risulta la font più scelta tra gli scolari delle classi quinte con circa l’80% delle preferenze assolute, mentre il carattere di Fuller Benton si attesta solo tra il 58% e il 46% rispettivamente nel gruppo sperimentale e di controllo. Questa tendenza però è sovvertita al variare dell’età dei bambini, ottenendo in terza il ribaltamento della situazione: il graziato si colloca tra il 70% e l’88% delle preferenze, mentre il bastone tra il 46% e il 56% (schema p. 123). Il Foundry PCS è sempre risultato il carattere meno scelto, con misere percentuali relative intorno al 15%; a parte nella quarta classe del gruppo di controllo, che anzi mostra di preferirlo sia allo Swift sia al Sassoon Primary (schema p. 122).
109
16% 35%
26%
23%
70%
46%
52%
32%
110 FIGURE – Risultati assoluti. Ogni tecnica di rappresentazione può essere scelta al massimo 6 volte su un totale di 12 stimoli proposti per bambino. Il massimo risultato possibile per ogni stile è dunque del 50%.
FIGURE – Risultati relativi. Analizzando le scelte effettive (quelle cioè in relazione al massimo risultato possibile, ovvero 720 scelte) è possibile avere un quadro ancora più chiaro dell’andamento delle preferenze.
fotografia disegno ombreggiato disegno al tratto disegno a cartoni
GRUPPO SPERIMENTALE
GRUPPO DI CONTROLLO
35%
35%
24%
15%
26%
28%
16%
22%
111 FIGURE – Confronto tra gruppi Il confronto dei risultati assoluti di gruppo sperimentale e gruppo di controllo rivela come non ci siano differenze significative tra i due gruppi, a parte per ciò che riguarda l’inversione di risultato tra disegno ombreggiato e disegno a cartoni.
fotografia disegno ombreggiato disegno al tratto disegno a cartoni
GRUPPO SPERIMENTALE
GRUPPO DI CONTROLLO
classe III
classe III
37%
21%
26%
16%
classe IV
34%
32%
10% 26%
classe IV
24%
26%
16%
classe V
35%
32%
40%
16%
29%
15%
classe V
25%
26%
14%
35%
20%
28%
17%
112 FIGURE – Confronto tra classi Il confronto tra le varie classi dei due gruppi a cui è stato somministrato il test non presenta differenze eclatanti, a parte i risultati della terza elementare del gruppo di controllo che in controtendenza con le altre classi ama il disegno a cartoni.
fotografia disegno ombreggiato disegno al tratto disegno a cartoni
COLORE 59%
41%
88%
banana
10%
12%
39%
cavallo
90%
35%
bambina
65%
45%
cane
fiore
61%
55%
automobile
BIANCO/NERO 22%
78%
59%
pera
albero
43%
scarpa
57%
bottiglia
27%
73%
mago 73%
28%
41%
56%
44%
scrivere
113 FIGURE – Risultati per soggetto I risultati per singolo soggetto aiutano a capire meglio i risultati.
fotografia disegno ombreggiato disegno al tratto disegno a cartoni
17%
83%
114 COLORE – Risultati assoluti I risultati assoluti non lasciano dubbi riguardo alla preferenza nei confronti delle figure a colori.
colore bianco/nero
GRUPPO SPERIMENTALE
83%
GRUPPO DI CONTROLLO
17%
87%
13%
115 COLORE – Confronto tra gruppi Il confronto dei risultati assoluti di gruppo sperimentale e gruppo di controllo rivela come non ci siano differenze significative tra i due gruppi.
colore bianco/nero
GRUPPO SPERIMENTALE
GRUPPO DI CONTROLLO
classe III
84%
classe III
16%
classe IV
21%
classe IV
14%
86%
classe V
78%
79%
16%
84%
classe V
23%
3%
97%
116 COLORE – Confronto tra classi In ogni classe è schiacciante la preferenza per il colore.
colore bianco/nero
DISEGNO OMBREGGIATO
FOTOGRAFIA
85%
15%
18%
82%
89%
79%
libro
DISEGNO A CARTONI
DISEGNO AL TRATTO
11%
21%
peluche
matita
dottore
86%
14%
34%
zaino
66%
dormire
15%
85%
mangiare
21%
79%
tigre
117 COLORE – Risultati per soggetto Analizzando i risultati per singolo soggetto si nota come “dormire” sia l’unico stimolo che leggermente si discosta dagli altri in quanto a percentuali. colore bianco/nero
30%
32%
15% 23%
60%
30%
46%
64%
118 FONT – Risultati assoluti Ogni carattere può essere scelto al massimo 3 volte su un totale di 6 stimoli proposti per bambino. Il massimo risultato possibile per ogni font è dunque del 50%.
FONT – Risultati relativi Analizzando le scelte effettive (quelle cioè in relazione al massimo risultato possibile, ovvero 360 scelte) si può avere un quadro ancora più chiaro dell’andamento delle preferenze.
Sassoon Primary Foundry PCS Swift Century Schoolbook
GRUPPO SPERIMENTALE
GRUPPO DI CONTROLLO
30%
31%
15%
13%
23%
21%
32%
34%
119 FONT – Confronto tra gruppi Le differenze tra percentuali ottenute nel gruppo sperimentale e nel gruppo di controllo sono minime.
Sassoon Primary Foundry PCS Swift Century Schoolbook
GRUPPO SPERIMENTALE
GRUPPO DI CONTROLLO
classe III
classe III
23%
18%
35%
24%
classe IV
29%
44%
11% 17%
classe IV
14%
32%
25%
classe V
37%
28%
29%
21%
17%
33%
classe V
13%
18%
29%
37%
13%
27%
23%
120 FONT – Confronto tra classi Il confronto tra le varie classi dei due gruppi a cui è stato somministrato il test mette in evidenza un interessante andamento delle preferenze dei font in rapporto all’età.
Sassoon Primary Foundry PCS Swift Century Schoolbook
numero preferenze 100
80
60
40
20
0 classe III
classe IV
classe V
121 FONT – Andamento risultati per classi Il Century Schoolbook, che risulta la font preferita in terza elementare, perde gradualmente consensi, fino ad essere sorpassata dal Sassoon Primary in quinta. Sassoon Primary Century Schoolbook
Discussione
Come già precedentemente constatato l’esiguo numero dei partecipanti al test non consente di fare un’analisi quantitativa soddisfacente. Ciò nonostante un’analisi più qualitativa dei risultati porta ad interessanti ed inaspettate conclusioni.
inattesa coerenza
attenzione e complessità
122
Innanzitutto, analizzando le scelte di ogni bambino, preso singolarmente è stato sorprendente notare una grande coerenza tra le risposte date. Sinceramente temevo che, non essendo stato rivelato il vero obiettivo del test, ovvero scegliere tra quattro stili ben precisi, ci fosse il rischio che le preferenze si dividessero più o meno equamente tra le quattro tecniche proposte; invece i bambini si sono dimostrati molto coerenti con loro stessi. Perciò, è possibile osservare come certi casi tendessero verso una rappresentazione più oggettiva (scegliendo in prevalenza fotografia o disegno ombreggiato) mentre altri optassero per raffigurazioni più astratte (come disegno al tratto o a cartone) confermando con le proprie scelte sempre una stessa inclinazione. E lo stesso è avvenuto nella parte relativa alla tipografia, in cui spesso è stata accordata una preferenza assoluta ad un solo carattere (3 voti). Passando ad osservare i risultati relativi alla prima parte del test sul confronto tra tecniche di rappresentazione, è evidente che la preferenza per la fotografia sia predominante, anche se non schiacciante. Ciò potrebbe essere dovuto alla natura stessa del test. Trattandosi di un test di tipo valutativo, in cui veniva chiesto loro di effettuare una scelta pressoché istantanea, è possibile fare delle ipotesi sulla natura delle loro decisioni. In processi così rapidi, un ruolo chiave è giocato dalla “velocità di attivazione”, cioè dalla velocità con cui un oggetto o un evento attira la nostra attenzione. Numerosi studi dimostrano come, nonostante richieda più tempo per essere identificato, un oggetto complesso attragga maggiormente l’attenzione in un contesto di discriminazione (Berlyne, 1971). Tuttavia, il grado di complessità dev’essere a un livello intermedio, perché stimoli troppo complessi tendono a “spaventare” l’osservatore, che tenderà ad ignorarli, mentre stimoli troppo banali lo annoieranno e verranno parimenti trascurati. Questo andamento è ben descritto dalla curva di Wundt
GRADIMENTO
complessità dello stimolo (intensità)
NOIA
123 La curva di Wundt La curva di Wundt descrive il rapporto tra la complessità di uno stimolo e il piacere provocato dalla sua osservazione. Il gradimento è massimo a un livello di complessità intermedio. La curva, pur mantenendo un aspetto costante, può variare nella sua collocazione sull’asse x in funzione dell’età e dell’esperienza.
* schema adattato da Berlyne 1971, p. 287
che mostra che «molte forme di stimolazione sono piacevoli se l’intensità è media, mentre si trasformano in spiacevoli quando diventano più intense» (ibidem, p. 286). Nel caso di questo test, quindi, la fotografia corrisponde allo stimolo più complesso rispetto agli altri (offre un maggior numero di informazioni rispetto agli altri stili), ma trattandosi di immagini di oggetti semplici si rimane comunque all’interno della soglia dell’attenzione. Dunque, in base a questo principio si potrebbe pensare che, al contrario, i disegni a cartoni siano stati scartati in quanto troppo semplici per dei bambini di età compresa tra gli otto e gli undici anni. Ad ogni modo è bene ricordare che la curva di Wundt è relativa anche all’età e all’ambiente (inteso come l’insieme di tutte le caratteristiche sociali) dell’individuo, per cui verosimilmente i disegni a cartoni potrebbero incontrare maggiore successo con bambini più piccoli, per cui questo stile non sia ancora diventato banale. Inoltre è opportuno chiedersi come cambierebbero i risultati con figure più complesse, per cui probabilmente la fotografia diventerebbe troppo complessa, mentre un disegno sarebbe più intelligibile. E ancora, non bisogna dimenticare come già accennato prima, che maggior complessità richiede anche maggior tempo di osservazione (ibidem): è bene, dunque, capire quando questo possa essere utile (ad esempio per una più facile memorizzazione) o quando invece sia controproducente, come nel caso della necessità di una comprensione immediata.
analisi antropologica
124
Un’altra ipotesi sulla generale preferenza per la fotografia è di stampo maggiormente antropologico e riguarda la diffusione delle immagini fotorealistiche nella società contemporanea. La generazione di bambini nati a cavallo del millennio (dal 1997 in poi) ha avuto un accesso immediato ad un proliferare di immagini fotografiche a colori, impensabile per qualsiasi generazione precedente. Grazie alle nuove tecnologie, a partire dal personal computer a colori o alla fotografia digitale diffusasi massivamente a partire dai primi anni del Duemila, il medium fotografico è sempre più diffuso. L’abbattimento dei costi delle tecnologie di ripresa e riproduzione del “reale” ha fatto sì che di fatto le tecniche rappresentative fotorealistiche siano molto
più facili da realizzare delle tradizionali tecniche destinate ai bambini, come illustrazione o cartone animato. Ad esempio considerando la televisione come principale mezzo di informazione e intrattenimento negli ultimi quarant’anni, è possibile notare come, se ai bambini cresciuti tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta veniva offerto un vastissimo palinsesto di serie a cartoni animati, ai bambini di oggi vengono proposti soprattutto telefilm. Questa diffusione di immagini fotorealistiche (fotografia, ma anche render) potrebbe aver influito sulla formazione dell’immaginario visivo dei bambini del 2010, contribuendo a creare una maggiore familiarità con la fotografia.
colore e non colore
I dati relativi alle preferenze cromatiche non lasciano adito a dubbi: il colore è senz’altro uno strumento indispensabile per assecondare i gusti estetici dei bambini. Questo risultato è enfatizzato anche da alcune osservazioni che ho potuto fare durante lo svolgimento del test nel gruppo sperimentale. La scelta tra colore e bianco e nero era particolarmente difficile nei casi in cui l’ipotesi acromatica poteva essere vista semplicemente come una differenza di cromia, e non come un’assenza di essa: l’alternativa in bianco e nero di peluche, tigre, zaino, libro, matita sono state percepite come opzioni di colore bianco o di colore grigio dello stesso soggetto, non come soggetti privi di colore. Un altro fatto singolare legato alle proprietà cromatiche l’ho riscontrato nel soggetto “dormire”, in cui l’opzione in bianco e nero ha avuto un grande successo (non superando comunque la versione a colori). Stupita per questo evento, che avevo notato già durante lo svolgimento del test, ho interrogato un bambino sulla motivazione della sua scelta acromatica (avevo notato, che invece le altre scelte indicavano una preferenza per il colore) e la sua risposta un po’ stupita è stata «perché di notte è buio e non ci sono i colori». Una risposta di un acume davvero impressionante!
stimoli problematici
Oltre al soggetto “dormire”, anche altri stimoli hanno presentato delle risposte falsate dalle caratteristiche del soggetto stesso, e non da quelle della tecnica impiegata per rappresentarlo. Come giù osservato, i risultati del disegno a cartone in generale sono molto negativi. Tuttavia, se si osserva in dettaglio l’esito del
125
test per ogni soggetto, si nota che in alcuni casi il paragone è stato sin troppo sbilanciato: “fiore” e “cavallo” mostrano risultati troppo negativi, rispetto alle varie percentuali degli altri confronti. Un’ipotesi potrebbe essere il fatto che in questi due casi il problema non sia da ricercarsi nella tecnica, ma proprio nei disegni stessi, che forse non piacevano ai bambini. Comunque, se ciò può essere comprensibile per il cavallo che è molto diverso nella rappresentazione a cartone, è più strano per il fiore che, al contrario, è abbastanza fedele all’originale. Quindi forse non c’è stato nessun errore metodologico o proprietà nascosta, ma semplicemente il disegno a cartone non ha successo rispetto a tecniche più realistiche. Tuttavia le percentuali di questi due stimoli hanno contribuito in modo significativo al successo di fotografia e disegno al tratto, influenzando notevolmente il risultato finale del test.
il calice di cristallo
Nella parte relativa alla tipografia c’è stato qualche difficoltà in più: mentre il fatto che le figure avessero lo stesso soggetto non era visto come un problema, il fatto che i testi confrontati fossero uguali rispetto al contenuto ha creato qualche perplessità iniziale nei bambini. Pare che anche in questo caso i processi che fanno sì che la tipografia diventi invisibile per esaltare solo i contenuti abbiano funzionato fin troppo bene! Ad ogni modo, una volta fatto notare come i due testi, sebbene utilizzassero le stesse parole, avessero un aspetto diverso, il confronto veniva eseguito con lo stesso impegno adottato nel libretto delle figure. Il problema si ripresentava talvolta nell’ultima strofa della filastrocca, in cui erano confrontati i due caratteri graziati, che, a prima vista per un osservatore non allenato, sembrano identici. Anche in questo caso comunque bastava far notare alcuni dettagli evidentemente diversi, per ottenere una valutazione imparziale e consapevole.
l’inganno dell’espressività
Lo svolgimento del test nel gruppo sperimentale, con un approccio più diretto, mi ha consentito di notare un fatto relativo alle scelte tipografiche, che, benché ipotizzassi, non potevo dimostrare. Il Sassoon Primary ha ottenuto ottimi risultati generali nel test, minacciando quasi il primato del Century Schoolbook: come mai
126
due caratteri agli antipodi sono risultati i più scelti distanziandosi solo per pochi voti? La mia ipotesi è che il Century Schoolbook sia indubbiamente più facile da leggere, ma che il carattere della Sassoon risulti più grazioso e divertente. Ciò sembra essere confermato dal fatto che i bambini sordi del gruppo di controllo, leggendo a voce alta i testi, incontrassero più difficoltà nel leggere il Sassoon Primary rispetto a qualsiasi altro carattere, indipendentemente dal fatto che venisse letto prima o dopo (essendo lo stesso testo ripetuto nelle pagine contrapposte, i bambini leggevano meglio la strofa contenuta nella pagina di destra, che veniva letta per seconda), ma che comunque scegliessero questo come carattere preferito, definendolo con la lingua dei segni “bello”.
variazioni rispetto all’età
Questa ipotesi sull’espressività del Sassoon Primary sembra essere avvalorata anche dall’interessante andamento dei risultati rispetto alle variazioni dell’età. Questa font risulta particolarmente gradita in quinta, mentre ottiene risultati modesti all’abbassarsi dell’età, così come inversamente il Century Schoolbook, quasi ignorato in quinta, è il preferito delle classi terze (schema p. 127). Credo che questa tendenza sia imputabile al fatto che per gli scolari di terza la lettura sia una capacità di recente acquisizione (si impara a leggere intorno ai 5–6 anni) e che in quanto giovanissimi lettori non siano ancora ben allenati a discernere le lettere dell’alfabeto in forme troppo diverse da quelle che sono abituati a leggere. Al contrario gli alunni di quinta sono lettori più esperti e si possono permettere di farsi influenzare nel loro giudizio da caratteristiche non funzionali, ma estetiche, essendo lettori più abili. Tuttavia una conclusione di questo tipo avrebbe bisogno di ulteriori studi e indagini in campioni anche di altre fasce d’età.
127
Conclusioni
Grazie all’analisi qualitativa dei risultati del test di valutazione eseguito è stato possibile delineare alcune norme progettuali verosimilmente “corrette” per la progettazione di una collana di esercizi per bambini logopatici.
lo stile delle figure
128
I risultati del test delle figure segnano la netta preferenza per la tecnica fotografica. Tuttavia per le sue caratteristiche di specificità e realismo non è la tecnica più adatta ad illustrare concetti generali come quelli usati negli esercizi di logopedia. Inoltre, c’è il rischio che se i soggetti rappresentati troppo complessi, la fotografia tenda a generare immagini poco chiare, mentre un disegno consentirebbe sempre di mettere in evidenza gli elementi più importanti, raggiungendo una sintesi visiva infinitamente maggiore e imparagonabile. Bisogna chiedersi, poi che cosa succederebbe in tutti quei casi in cui si presenti la necessità di raffigurare temi di fantasia come una sirena o un alieno? Per cercare di venire incontro alle preferenze dei bambini e alla necessità di creare illustrazioni “astratte”, ho scelto di considerare l’introduzione di una nuova tipologia di immagini, prima non considerata: le figure 3D. Avvalendomi della modellazione digitale è stato possibile creare figure che garantissero una resa fotorealistica delle superfici e delle forme, sfruttando però le infinite possibilità di un modello virtuale e perciò astratto. Considerando il risultato notevole raggiunto nel test dal disegno al tratto (un disegno realistico che però ritrae solo i contorni dell’oggetto) ho scelto di enfatizzare la forma dei soggetti rappresentati con un tratto nero che ne delimita i contorni, rendendoli immediatamente visibili. Il risultato finale è un’immagine ibrida, realistica e disegnata al tempo stesso. Appoggiandosi alla lettura antropologica fatta precedentemente dei risultati, inoltre, sembra che una forma di rappresentazione di questo tipo possa essere la più adatta per dei bambini abituati da sempre a realtà virtuale di videogiochi e animazioni 3D.
superficie fotorealistica
contorni accentuati
ombra
129 Illustrazione 3D La modellazione digitale, grazie alle sue infinite potenzialitĂ , offre la possibilitĂ di creare immagini fotorealistiche, dai contorni accentuati, in modo da garantire il massimo delle informazioni possibili e creare immagini al tempo stesso chiare e interessanti rispetto alla complessitĂ .
lo stile dei testi
130
Per quanto riguarda la tipografia i risultati del test sono meno chiari ed evidenziano la preferenza dei bambini non per uno, ma per due caratteri: Century Schoolbook e Sassoon Primary. Di nuovo ho ritenuto opportuno mediare tra gli esiti del test e le esigenze pratiche e funzionali delle linee guida che sto tracciando. L’andamento dei risultati dei due caratteri e l’esperienza di lettura ad alta voce dei bambini sordi del gruppo di controllo hanno reso possibile la distinzione delle caratteristiche che fanno dei due caratteri in considerazione i vincenti nel test: il Century Schoolbook per le sue doti di leggibilità, data dal suo aspetto familiare e il Sassoon Primary per la sua forma amichevole e aggraziata, ma scarsamente leggibile. Queste peculiarità così diverse mi hanno consentito di operare una distinzione anche nell’uso che ho fatto di queste due font, che comunque ho utilizzato entrambe: il Century per le spiegazioni e i testi correnti e il Sassoon per i titoli e per singole parole. In questo modo vengono sfruttate al meglio le potenzialità di ciascuno, la chiarezza del carattere di Fuller Benton e l’aspetto appariscente di quello della Sassoon, fino ad arrivare ad un giusto rapporto tra buona comprensibilità e approccio amichevole.
Sassoon carattere per attirare l’attenzione: TITOLI SINGOLE PAROLE
Century carattere per favorire la lettura: SPIEGAZIONI TESTI CORRENTI
131 Gerarchia in tipografia La scelta di due caratteri tipografici può essere utile per definire una precisa gerarchia della pagina. Le due font risultanti le preferite nel test rispondono alle diverse esigenze necessarie: il Sassoon Primary attira l’attenzione e ben si presta all’utilizzo in titoli o in testi brevi, mentre il Century Schoolbook
dall’aspetto rassicurante e leggibile è il carattere “migliore” per i testi più lunghi e per le spiegazioni.
capitolo 4: un’ipotesi progettuale
Una collana flessibile
Le ricerche esposte finora hanno delineato con sufficiente chiarezza delle “regole”, o meglio delle “linee guida” da seguire per affrontare correttamente la progettazione di strumenti visivi di supporto alla terapia logopedica. Il concept progettuale di una serie di collane editoriali dedicate alla logopedia nasce da questi studi e dalla preziosa consulenza di Giulia Porta e Giovanna Berghi, due giovani logopediste della Scuola Audiofonetica di Brescia.
necessità da considerare
Uno degli aspetti caratterizzanti della logopedia è la vastità e varietà dei suoi campi di interesse. Unito al fatto che ogni paziente presenta disturbi in proporzione talmente variabile da poterlo considerare come un caso a sé stante, ciò rende un’impresa molto ardua tentare di fare delle classificazioni al suo intento e di conseguenza creare dei testi completi e specifici allo stesso tempo. Le raccolte di esercizi usati dal logopedista devono essere dunque dei mezzi flessibili, in grado di adattarsi alle più diverse esigenze e modificati facilmente qualora ve ne sia la necessità. È buona norma e anzi cosa assolutamente indispensabile che la terapia nello studio della logopedista sia accompagnata da un impegno costante anche fuori da esso, e che quindi i bambini svolgano degli esercizi a casa. Solitamente i compiti da svolgere vengono assegnati mediante delle fotocopie o dei disegni eseguiti dal logopedista stesso sul quaderno del bambino, dando luogo, se il terapista non sa disegnare, a non pochi problemi di comunicazione. Tutto ciò può essere evitato con strumenti facilmente duplicabili, o componibili, in modo che una copia di essi possa essere data al bambino che può godere anche della gioia del colore. Non va infatti dimenticato che, se anche è vero che è decisamente necessaria una generale chiarezza ed economia visiva nei segni, i pazienti a cui ci si rivolge sono bambini, ed è perciò importante comunicare con loro in modo amichevole e giocoso.
concept
Il concept che ho sviluppato consiste in una serie di brevi e specifici fascicoli di esercizi logopedici. Se un problema è troppo complesso è opportuno dividerlo in sotto
134
problemi circoscritti più facilmente affrontabili. Questa è la norma che ho applicato al vastissimo campo di interesse della logopedia. Una classificazione le cui sotto categorie siano il più possibile ristrette consente di dare risposte precise ai singoli problemi. Ogni fascicolo si occupa di un problema molto specifico: l’obiettivo di questa suddivisione sarebbe la possibilità di poter coprire l’intera complessità dei disturbi e comportamenti sbagliati di un paziente, andando a sommare vari piccoli volumi che insieme formeranno un unico quaderno logopedico personalizzato e personalizzabile nel corso del tempo.
struttura editoriale
Il progetto è diviso in tre collane dedicate ciascuna ad un’area della comunicazione. Esse sono “per parlare”, dedicata allo sviluppo e alla rieducazione del linguaggio orale, “per capire” incentrata sullo sviluppo cognitivo e sul recupero uditivo e “per leggere e scrivere”, con esercizi legati a scrittura e lettura. Ognuna di esse è divisa in sotto insiemi che identificano il tipo di esercizio svolto (ad esempio “esercizio di articolazione”, “esercizio per ampliare il lessico”, “esercizi di pregrafismo”, ecc) che a loro volta sono suddivisi nei singoli esercizi classificati o per tipologia di esercizio e, dove è possibile, per grado di difficoltà (ad esempio gli esercizi di articolazione sono suddivisi in esercizi per i singoli fonemi, gli esercizi di comprensione del testo sono divisi per livello).
i fascicoli componibili
Ogni fascicolo consiste in una cartellina di cartoncino contenente dei fogli preforati di formato A4 (come quelli per i raccoglitori ad anelli) che costituiscono gli esercizi ed un cd-rom in cui sono contenute le principali figure degli esercizi, qualora il logopedista decida di inventare una terapia alternativa o complementare a quella proposta. I fogli degli esercizi sono così pensati (non rilegati e forati) per essere usati in modo il più possibile flessibile. Possono essere raccolti dal terapista che andrà a comporre un book personalizzato per ogni bambino, o acquistati dai genitori e tenuti nel quaderno del bambino che avrà anche in questo caso un insieme unico di esercizi tarati sulle sue esigenze. Su ogni cartellina saranno presenti dei consigli per la terapia o delle notizie sul disturbo. Saranno inoltre evidenziati i disturbi per cui ogni volume è consigliato.
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“PER CAPIRE” PANTONE 3125 U C 85 M0 Y 23 K0
“PER PARLARE” PANTONE 214 U C 20 M 50 Y 54 K8
“PER LEGGERE E SCRIVERE” PANTONE 152 U C0 M 55 Y 100 K1
136 Colori identificativi Ognuna delle tre collane principali è identificata da un colore, facilmente distinguibile dagli altri due ma della stessa intensità. Magenta scuro per la collana “per parlare”, azzurro scuro “per capire”, giallo-arancio “per leggere e scrivere”.
Motivi caratteristici Ogni collana è inoltre caratterizzata da un segno grafico identificativo. Ogni collana interessa una specifica area del linguaggio e a ciascuna di esse è collegata nella sua forma visiva un’onda: una sinusoide per la voce, una linea spezzata per le attività cerebrali, un tratto a cuspide per la scrittura.
LESSICO per categoria semantica cruciverba/impiccato indovinelli indicato per: problematiche legate all’apprendimento e alla memorizzazione
ARTICOLAZIONE suddivisione per fonemi indicato per: ritardi di linguaggio disturbi articolatori
PREGRAFISMO linee rette linee curve movimenti di scrittura colorare utile per: bambini che imparano a scrivere casi di disgrafia
COMPRENSIONE DI FRASI coppie minime frasi principali frasi con subordinate indicato per: problematiche che coinvolgono la morfosintassi
LA VOCE respirazione intonazione indicato per: tutte le patologie della voce disfonie disartrie
STORIE CANONICHE lettura e comprensione scrittura da figure domande utile per: migliorare la competenza narrativa in produzione
COMPRENSIONE DEL TESTO storie canoniche storie non canoniche utile per: disturbi di apprendimento migliorare la competenza narrativa in comprensione
PRASSIE ORALI per la bocca per la lingua per i denti indicato per: ritardi di linguaggio problematiche che coinvolgono gli organi fono-articolatori
COMPRENSIONE DELLE SITUAZIONI SOCIALI suddivisione in contesti indicato per: persone con disturbi pragmatici
LIS racconti vocabolario indicato per: la sordità
LESSICO per categorie fonemiche cruciverba/impiccato indicato per: ritardi di linguaggio disturbi articolatori specifici
VELOCITÀ DI LETTURA suddivisione per complessità suddivisione per coppie minime indicato per: dislessia migliorare la decifrazione
137 Struttura editoriale
138 Struttura del fascicolo Ogni fascicolo è costituito da una cartellina di cartoncino contenente dei fogli A4 preforati e un cd-rom.
cd-rom contenente le figure degli esercizi
schede A4 preforate con gli esercizi
310 mm
220 mm
139 Contenuti della confezione Ogni fascicolo presenta in copertina l’indicazione della collana, dell’esercizio e in base al tipo di quest’ultimo una classificazione sulla tipologia dell’esercizio e/o sul livello dello stesso. Sul retro della confezione si trovano gli indici: dei contenuti del fascicolo e dei disturbi trattati dagli altri titoli
della collana. All’interno di ogni fascicolo ci sono una serie di schede A4 preforate con gli esercizi e un cd-rom contenente le figure a colori e solo al tratto utilizzate negli esercizi, per consentire al logopedista di inventare nuovi esercizi a partire da esse. All’interno, sul retro della copertina,
sono anche disponibili alcuni consigli sul disturbo trattato o una breve panoramica delle capacità esercitate dagli esercizi del fascicolo.
Benton Sans Regular 36pt
Sassoon Primary 36 pt
Sassoon Primary Bold 36 pt
grafica identificativa
140 Copertine Le copertine identificano univocamente le collane e presentano le diciture identificative del fascicolo.
collana: categoria esercizio tipologia
COLLANA | sottocategoria | tipologia
ricorrenti Benton Sans 8 pt
esercizio della scheda
Titolo Sassoon Primary 24 pt La spiegazione dell’esercizio è sempre composta a bandiera in Century Schoolbook corpo 15,6/19,4 pt.
spazio delle figure
19,5 mm
spazio dell’ “onda”
trot
ru 141
Gabbie delle schede degli esercizi Ogni elemento della pagina ha un suo posto fisso.
per parlare: articolazione il fonema /r/
142 La collana “Per Parlare” Esercizi per favorire l’articolazione del fonema /r/. Solitamente nell’evoluzione del linguaggio il fonema /r/ è l’ultimo ad essere acquisito, tanto che molti bambini lo producono solo verso i 4-7 anni. Questo avviene perché per l’articolazione di questo suono la lingua deve possedere una buona
tonicità e una buona motricità. Per acquisire il fonema spesso il logopedista consiglia inizialmente degli esercizi di ginnastica della lingua (es. far schioccare la lingua), che sono importanti anche per rendere il bambino più consapevole della propria bocca. Inoltre spesso viene condotto
anche un lavoro di stimolazione vibratoria della bocca e della lingua in particolare facendo produrre al bambino delle pernacchie, a tal scopo può risultare utile anche l’utilizzo di uno spazzolino elettrico.
PER PARLARE | articolazione | il fo nema /r/
R + consonan te
per parlare: articolazione il fonema /r/ Solitamente nell’evoluzione del linguaggio il fonema /r/ è l’ultimo ad e ssere acquisito, t anto c he m olti bambini l o producono solo verso i 4–7 anni. Per l’articolazione di questo suono la lingua deve possedere una buona tonicità e buone capacità motorie, per questo può essere utile inizialmente far compiere al bambino degli esercizi di ginnastica della lingua (es. far schioccare la lingua) e un lavoro di stimolazione vibratoria (es. far produrre delle pernacchie con la bocca). Per i mpostare l a corretta a rticolazione è o pportuno partire d alla l ingua in p osizione p er p rodurre il s uono /t/, per questo m olti b ambini p roducono p er l a prima volta il s uono /r/ a bbinato al suono /t/. Le prime sillabe proposte saranno, quindi, quelle con la combinazione dei suoni /t/ e /r/ (es. TRA) oltre che quelle in cui il suono /r/ si appoggia ad altre consonanti (es. FRA, DRA..), si passerà quindi a proporre il suono anche in forma isolata e lo si allenerà anche all’interno di parole e frasi.
Allenamento gruppo R + consonante Ripassa bene la prima parte e allenati ad attaccarci anche la seconda.
por... por...
porta
bor... bor...
borsa
scar... scar...
scarpa
per parlare: articolazione il fonema /r/
143
PER PARLARE | articolazione | il fo nema /r/
consonante + R
Parole con il gruppo TR Ripeti le parole che ti verranno lette e fai molta attenzione al gruppo TR.
144 Esempi di schede “Il fonema /r/�
tratto
poltrona
giostra
trappola
atrio
mostro
tram
attrice
contro
traccia
catrame
pietra
traffico
vetrina
finestra
triste
vetrata
minestra
tramonto
attratto
astro
tromba
sottratto
nastro
tranquillo
patria
vetro
tre
patrono
litro
treno
controllo
mitra
treccia
contratto
metro
triciclo
ritratto
maestro
trapano
matrigna
canestro
triangolo
strano
incontro
PER PARLARE | articolazione | il fo nema /r/
R + consonante
Allenamento gruppo R + consonante Ripassa bene la prima parte e allenati ad attaccarci anche la seconda.
por... por...
porta
bor... bor...
borsa
scar... scar...
scarpa
145
per capire: storie canoniche comprensione del testo 1
146 La collana “Per Capire” Esercizi per migliorare la comprensione dei testi scritti. Le storie canoniche sono caratterizzate da una struttura precisa e lineare (presentazione dell’ambiente, descrizione di un evento iniziale, risposta interna del protagonista, organizzazione di un piano e soluzione), che può eventualmente riproporsi
ciclicamente nelle storie più complesse. Questa struttura rende più facile la comprensione della storia ed è quindi un utile strumento per il lavoro in ambito narrativo. Le storie canoniche risultano molto importanti per il lavoro di comprensione narrativa:
sarà possibile partire da una richiesta di semplice riordino delle sequenze figurate, fino a richiedere il completamento di un questionario in seguito alla presentazione del testo scritto.
per capire: storie canoniche comprensione del testo 1 Le storie canoniche sono caratterizzate da una struttura precisa e lineare (presentazione dell’ambiente, descrizione di un evento iniziale, risposta interna del protagonista, organizzazione di un piano e soluzione), che può eventualmente riproporsi ciclicamente nelle storie più complesse. Questa struttura rende più facile la comprensione della storia ed è quindi un utile strumento per il lavoro in ambito narrativo. Fin dai 3 anni i bambini iniziano a rievocare esperienze personali e sequenze di azioni routinarie, essendo la mente umana predisposta a dar forma agli eventi tramite la narrazione. In seguito questi semplici racconti si arricchiscono di nuovi elementi e già a 4 anni compaiono le prime storie di fantasia. Se a quell’età ricordano e riproducono una storia già sentita riuscendo a rispettare la trama è solo a 6 anni che i bambini sono in grado di riprodurre semplici storie canoniche, o di costruirle a partire da uno stimolo dato. Dopo gli 8-9 anni la competenza narrativa solitamente è talmente sviluppata da permettere la gestione di storie anche non canoniche.
PER CAPIRE | storie canoniche | comprensione del testo
il gatto Gigi e la botte
La storia Leggi la storia.
Il gatto Gigi e la botte C’era una volta un gatto di nome Gigi, che era molto curioso. Un giorno Gigi vide una grande botte di legno e, curioso di sapere cosa contenesse, saltò sul suo bordo. Purtroppo, il bordo era bagnato e scivoloso e Gigi cadde nell’acqua.
per capire: storie canoniche comprensione del testo 1
Spaventatissimo, Gigi iniziò a miagolare disperato e attirò così l’attenzione della mucca Laura, che pascolava proprio lì vicino. Laura, capìta la situazione, dette subito una forte spinta alla botte e la rovesciò, salvando così il povero Gigi. Laura e da allora divennero buoni amici.
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PER CAPIRE | storie canoniche | comprensione del testo
il gatto Gigi e la botte
La storia Leggi la storia.
Il gatto Gigi e la botte C’era una volta un gatto di nome Gigi, che era molto curioso. Un giorno Gigi vide una grande botte di legno e, curioso di sapere cosa contenesse, saltò sul suo bordo. Purtroppo, il bordo era bagnato e scivoloso e Gigi cadde nell’acqua. Spaventatissimo, Gigi iniziò a miagolare disperato e attirò così l’attenzione della mucca Laura, che pascolava proprio lì vicino. Laura, capìta la situazione, dette subito una forte spinta alla botte e la rovesciò, salvando così il povero Gigi. Alla fine Gigi ringraziò di cuore la mucca Laura e da allora divennero buoni amici.
148 Esempi di schede “Comprensione del testo 1”
PER CAPIRE | storie canoniche | comprensione del testo
il gatto Gigi e la botte
Domande Rispondi alle domande sulla storia.
1.
Chi è il protagonista della storia?
2.
Cosa succede al protagonista? Perchè?
3.
Chi aiuta Gigi?
4.
Come si salva Gigi?
5.
Come finisce la storia?
6.
Ti è piaciuta la storia? Perché?
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per scrivere: pregrafismo le linee rette
150 La collana “Per Scrivere” Esercizi per favorire lo sviluppo dei movimenti che consentono la scrittura. Gli esercizi di prescrittura assolvono l’importante compito di preparare il bambino in alcuni aspetti fondamentali per il processo di scrittura. Tali esercizi risultano molto utili
non solo prima dell’accesso alla scuola primaria, ma anche in seguito, quando il bambino si trova a dover gestire spazi diversi (con righe e quadretti di varie dimensioni) e diversi caratteri.
PER SCRIVERE | pregrafism o | esercizi preparatori
per scrivere: pregrafismo le linee rette Gli esercizi di prescrittura assolvono l’importante compito di preparare il bambino ad alcuni aspetti fondamentali per acquisire la capacità di scrivere. La scrittura è un processo complesso che comporta l’acquisizione di diverse competenze, non ultima la competenza motoria. Infatti un bambino i mpara a scrivere n el m omento i n cui viene raggiunta una certa abilità nella motricità fine e nella coordinazione fine dei movimenti delle dita. È inoltre indispensabile saper programmare adeguatamente il gesto in senso spaziale e temporale per poter posizionare il segno grafico s ulle r ighe c on o rdine, p rocedendo da s inistra a destra. Per far ciò è necessaria la conoscenza dello spazio grafico e del foglio, oltre che la padronanza visiva delle relazioni spaziali tra gli elementi grafici: alto, basso, piccolo, grande, davanti, dietro, sopra, sotto, destra, sinistra, vicino, lontano. La conoscenza spaziale e l’orientamento spaziale costituiscono quindi due competenze indispensabili che devono essere organizzate precocemente, fin dalla scuola materna.
linee rette
Allenamento e poi prova a disegnare da solo.
per scrivere: pregrafismo le linee rette
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PER SCRIVERE | pregrafismo | esercizi preparatori
Allenamento Ricostruisci le linee verticali.
152 Esempi di schede “Le linee rette�
linee rette
PER SCRIVERE | pregrafismo | esercizi preparatori
linee rette
Allenamento Inizia a ricalcare le figure e poi prova a disegnare da solo.
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bibliografia
cenni di logopedia
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testi composti in: Archer Hoefler & Frere-Jones 2008 Atma Serif Alan Dague Green, FontFont 2001 Flama Mรกrio Feliciano 2008 finito di stampare a Venezia nel mese di Luglio 2010