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Con interventi di Paolo Bonanni, Massimo Galli e Fabrizio Pregliasco a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione
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REGIONE
SABATO 7 MARZO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
Il manager finora in forza a Marcolin smentisce, ma tutto è pronto per il suo ingresso come amministratore delegato
Benetton Group, il futuro si chiama Renon capoazienda con altri due manager al fianco LA SVOLTA
assimo Renon. Il self made manager, attuale ad di Marcolin, partito da operaio e transitato in quella scuola-fucina che è Luxottica, cresciuto con i master e diventato un riferimento nel l’occhialeria. È lui, dicono le indiscrezioni, l’uomo scelto da Benetton Group come nuovo amministratore delegato con la mission del rilancio del colosso di Ponzano nel suo storico core business. Un manager scelto fuori dal settore dell’abbigliamento, ma fortemente legato alla produzione, e già questi sono due tratti che connotano la scelta della famiglia Benetton: un manager veneto, profondamente radicato al territorio veneto e a una delle sue eccellenze, giovane, che possa unire la dimensione creativa alla “macchina produttiva”. Renon smentisce, dal canto suo. Per le questioni legate al passaggio dalla Marcolin a Ponzano? Per le clauso-
M
le contrattuali da definire? O perché l’operazione è ancora in tiniere? Ma la due giorni di conclave a Ponzano, fra giovedì e venerdì, lo avrebbe chiaramente designato come l’uomo da cui ripartire a villa Minelli. La scelta era nell’aria, e sarebbe maturata fra giovedì e venerdì, in villa e nei dintorni (effetto coronavirus), e qui starebbe la svolta nella svolta, con una nuovo dimensione più collettiva. L’organigramna pensato a Ponzano vedrebbe infatti due manager a fianco di Renon, e un tutor supervisor a sostenere il nuovo corso: ad accentuare, dicono i bene informati una dimensione di squadra. Un’opzione che sembra altrettanto chiara, dopo il lungo periodo in cui Luciano Benetton, 84 anni, ha assunto il timone del gruppo, traghettandolo dalla crisi più profonda all’uscita dal guado, con una sensibile riduzione delle perdite (da 181 a 115 milioni fra 2017 e 2018) e le operazioni successive di rilancio con la scelta di Castelbajac – e le
nuove collezioni dello stilista “antico” – senza l’impulso all’ e-commerce. E tutto questo in un quadro dominato dalla tragedia del ponte Morandi che ha colpito al cuore l’azienda e costretto i Benetton, azionisti di maggioranza di Autostrade, a far fronte a una valanga di attacchi, dalle istituzioni ai social, con vicende anche clamorose, lettere aperte dello stesso Luciano Benetton comprese, fino al recentissimo divorzio del patron da Oliviero Toscani, per l’infelicissima uscita del fotografo sulla tragedia. E mentre la partita delle concessioni autostradali deve ancora definirsi – l’emergenza coronavirus l’ha riportata indietro nell’agenda di governo – Ponzano rilancia la sfida nel tessile. Dalle radici verso il futuro.— Andrea Passerini Luciano Benetton e, sopra, Massimo Renon
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elezioni reGionali. il teSt SU roUSSeaU
Al ballottaggio Baldin sfida Cappelletti voto bis per il candidato presidente 5S L’ex senatore tende la mano all’amica-avversaria La consigliera regionale: «Un salasso la legge che consente a Zaia tutti gli assessori esterni» PADOVA. Sarà ballottaggio tra Enrico Cappelletti ed Erika Baldin. Chi vincerà la sfida la prossima settimana si potrà presentare come candidato presidente del M5s alle regionali che rischiano di slittare a giugno. Dopo il rinvio del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, è proba-
bile che le consultazioni vengano accorpate a giugno per evitare ulteriori interruzioni alla scuola. Cappelletti e la Baldin non hanno raccolto il 50% più uno dei voti e quindi si va al ballottaggio tra gli attivisti grillini iscritti alla piattaforma Rousseau. Sfida bis anche nelle Marche. Sicura invece l’uscita di scena in Veneto di Jacopo Berti, capogruppo in consiglio regionale, uno dei tre probiviri nazionali chiamati ad applicare le regole agli eletti che non versano le quote. Per lui in incarico a
Roma. Su Facebook, Cappelletti ha ringraziato i sostenitori: «Sento molto la responsabilità del momento. Rappresentare il M5S come candidato alla Presidenza della Regione è un grande onore e anche una grande sfida. Significa dover tirare fuori tutto il cuore, l’entusiasmo e la passione di cui siamo capaci. Significa mai arretrare di un millimetro, significa metterci il massimo impegno con determinazione, nell’interesse dei cittadini del Veneto e della regione che amo. Comunque andrà, io so-
no pronto ad affrontare questa sfida. Ci sarà dunque tra qualche giorno il ballottaggio con l’amica Erika Baldin, Consigliera Regionale uscente, con cui ho portato avanti tante battaglie e che ho avuto modo di apprezzare in tutti questi anni. Faccio a Lei il mio migliore “in bocca al lupo”», scrive Cappelletti. Di «enorme soddisfazione» parla anche Erika Baldin: «Ho visto che si riconosce il lavoro svolto dal M5s in regione negli ultimi 5 anni, sempre a fianco dei territori in tutto il Vene-
Erika Baldin (M5S)
to. A Chioggia abbiamo vinto con il sindaco Alessandro Ferro la battaglia per le case del Lusenzo. Poi ci siamo impegnati nella lotta alla plastica, per la mobilità elettrica e la salvaguardia dell’ecosistema. A palazzo Ferro Fini abbiamo cercato di contrastare le aberrazioni della Lega. L’ultima ri-
guarda la legge elettorale, che non favorisce la rappresentanza dei cittadini e consente a Zaia di scegliere i suoi candidati senza limiti di mandato. Poi si sono aumentati il monte stipendi: la norma che consente di scegliere tutti gli assessori esterni verrà a costare 7 milioni in più a legislatura come indennità. Una mazzata e una vergogna. La Lega ha dovuto fare dietrofront sul gioco d’azzardo e sugli affitti delle case Erp- Ater: la nostra opposizione è stata determinante per cambiare le soglie Isee», dice la consigliere regionale. Erika Baldin è una bandiera del M5s e fin dal 2008 ha fondato a Chioggia il club «Gli amici di Beppe Grillo». Nel 2015 è stata eletta in consiglio regionale con Berti, Brusco, Scarabel e la Bartelle. — Albino Salmaso © RIPRODUZIONE RISERVATA
PRIMO PIANO
SABATO 7 MARZO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
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L’allarme globale: tra sport ed economia il governo
D’Incà: «Si potevano fare le gare a porte chiuse»
di un problema soltanto italiano ma ormai europeo e mondiale». Dispiaciuto anche il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin. «Un’amarezza enorme per il nostro territorio», commenta, «un dispiacere soprattutto per coloro che da anni stanno organizzando questo evento di preparazione ai Mondiali 2021. Non possiamo far altro che prendere atto di questa decisione, dettata dall’emergenza del momento e dalle difficoltà legate al coronavirus che stanno interessando tutto il mondo dello sport. Il movimento italiano dello sci e la nostra montagna perdono un evento importantissimo e di sicuro non mancheranno le ripercussioni a livello economico e turistico. Il danno sarà enorme, incalcolabile. Ma in questo momento le misure di contenimento del virus non permettono decisioni leggere. Vorrà dire che dovremo puntare con ancora più energie a dare lustro ai Mondiali di sci del 2021. Ci impegniamo fin da subito», conclude, «perché Cortina e la montagna bellunese in generale, una volta passata questa emergenza, abbiano la possibilità di recuperare e di essere di nuovo al centro del movimento degli sport invernali». —
CORTINA. E dal Governo interviene il ministro bellunese per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. In una sintetica nota si dichiara amareggiato per l'annullamento delle Finali di Coppa a Cortina. «Sono amareggiato», commenta D’Incà, «per la decisione presa da parte della Federazione internazionale dello sci di annullare le finali di Coppa del mondo a Cortina d’Ampezzo. Ritengo ci fossero tutte le condizioni per potere disputare l’evento a porte chiuse, così come indicato dal Decreto del presidente Conte del 4 marzo in merito agli appuntamenti sportivi e come consigliato dal ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora, dalla Federazione italiana degli sport invernali e da tutti gli enti locali coinvolti». D’Incà offre la sua chiave di lettura: «La situazione legata al Coronavirus è costantemente monitorata dal Governo, ma la volontà, come dimostrato dal Decreto, è quella di non fermare i principali appuntamenti del Paese. Questa decisione, invece, è un segnale non incoraggiante», conclude, «sia a livello economico sia, soprattutto, a livello simbolico per l’Italia e tutta la comunità sportiva internazionale». Con amarezza ma con la consapevolezza che la scelta non dipende dall'organizzazione locale e con la voglia di guardare al futuro in positivo, si punta tutto sui Mondiali di sci alpino del prossimo anno e sui Giochi Olimpici e paralimpici invernali che si terranno fra Milano e Cortina nel 2026. — A.S.
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Il pubblico a Cortina nelle gare di Coppa del mondo femminile del 2019
L’amarezza di Ghedina «La sicurezza era garantita» Il sindaco di Cortina ribadisce l’eccellente lavoro svolto dalla Fondazione Zaia è deluso: «La collaborazione con il Coni, la Fisi e il Comune non è bastata» Alessandra Segafreddo CORTINA. «Cortina avrebbe or-
ganizzato le Finali senza pubblico, in sicurezza per gli atleti e dispiace che non sia stato capito». Amarezza nelle parole del sindaco Gianpietro Ghedina che, come tutti, sperava che le Federazioni dello sci accettassero la proposta di far svolgere l’evento a porte chiuse. «La Fondazione Cortina 2021 che organizzava l’evento come test per i Mondiali del prossimo anno», spiega il primo cittadino, «con il Comune e la Fisi avrebbe fatto un ottimo lavoro, nonostante il periodo difficile legato ai decreti inerenti il coronavirus. Ora dobbiamo iniziare subito a lavorare per riparare al danno sotto il profilo turistico, sportivo ed economico, che questa decisione comporta. Tutto
quello che si poteva fare il Comune, la Fondazione, la Fisi, il Coni e la Regione Veneto lo hanno fatto. Purtroppo non è stato recepito dalle Federazioni straniere». È stato fatto un lavoro di squadra. «Ho tenuto contatti tutti i giorni con il presidente del Coni Giovanni Malagò», dichiara il governatore veneto Luca Zaia, «ho sentito più volte il presidente della Fisi Roda, ho sentito il sindaco Ghedina e abbiamo lavorato in squadra per poter svolgere le Finali di Coppa a porte chiuse. L’esito purtroppo è quello che dobbiamo rinunciare alle gare per l’emergenza coronavirus. La Regione, in accordo con la Fisi, aveva presentato una dichiarazione che testimoniava come Cortina non abbia presenza di persone positive e che comunque la situazione sanitaria è sotto controllo.
Questo però dà anche una dimensione della percezione che c’è all’estero, sui tavoli internazionali, delle nostre comunità e dell’Italia. Quindi, bisogna pensare che è a una emergenza si somma una seconda non meno grave emergenza: quella economica», aggiunge, il presidente, «occorre che, a tutela delle attività, delle imprese, della libera circolazione dei cittadini, sia recuperata sotto il profilo reputazionale l’immagine del Paese, attualmente e per chissà quanto tempo ancora percepito dalla comunità internazionale come un problema. Bisogna assolutamente e urgentemente svolgere un’azione di recupero e che il Governo lavori a fondo, non soltanto e soprattutto sul piano della diplomazia, ma anche con campagne di comunicazione, considerato che non si può parlare
IL SINDACO DI CORTINA GIANPIETRO GHEDINA HA INCASSATO IL NO ALLE FINALI
Il presidente Padrin «Era un test in vista dei Mondiali 2021 Ora puntiamo decisi sulla rassegna iridata per ritrovare prestigio»
la protagonista mancata
L’azzurra Federica Brignone sperava di festeggiare in casa CORTINA. La Regina delle Dolomiti era pronta a festeggiare Federica Brignone, che poteva essere la prima italiana a centrare la Coppa del mondo proprio a Cortina. L’atleta è rammaricata. «Mi spiace davvero», spiega a SportFair la leader della classifica generale con 1.378 punti davanti a Mikaela Shiffrin e Petra Vlhova, «avremmo voluto correre davanti ai nostri tifosi per concludere una grande
stagione che ha visto tutta la squadra esprimersi ai massimi livelli. Si tratta di quattro gare in meno che condizioneranno l’esito della coppa, il rammarico aumenta se penso che in questo periodo stavo sciando molto bene e ogni gara era buona per fare risultato. È un modo inconcludente di finire una stagione, mi spiace anche perché in questo modo chiudo al secondo posto la classifica di supergigante dietro a Corinne
Suter a causa di quel centesimo che mi è costato la vittoria sabato scorso a La Thuile. Per la classifica generale invece può invece succedere di tutto. Ma ciò che veramente mi fa male sarà la mancata celebrazione delle premiazioni, che rappresentano un momento da condividere con l’intero team, così come il piacere di ascoltare l’inno nazionale e i festeggiamenti con i compagni e gli allenatori».
Federica Brignone e Marta Bassino lo scorso anno a Cortina
Ora, visto che la Fis congelerà la classifica generale, la Coppa del mondo sarà assegnata in base alle ultime tre gare in programma ad Are: giovedì 12 marzo si tiene uno slalom parallelo, venerdì 13 un gigante e sabato 14 uno slalom. Brignone è già in loco ad allenarsi con Marta Bassino, in attesa delle compagne di squadra. Nel circuito uomini oggi e domani ci sono due gare veloci di Kvitfjell: discesa e superG. E nel fine settimana successivo ci saranno gigante e speciale di Kranjska Gora, in Slovenia, diventato ultimo appuntamento stagionale. In testa alla classifica c’è il francese Alexis Pinturault con 1.148 punti, lo segue il norvegese Aleksander Kilde con 1.112. – A. S.
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PRIMO PIANO
SABATO 7 MARZO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
L’allarme globale: la sanità in trincea
Medici e infermieri, scatta l’emergenza 732 in isolamento a casa per due settimane Zaia scrive al ministro Speranza: «Cambiare la legge, chi è negativo al tampone e non ha sintomi torni al lavoro in corsia» Albino Salmaso PADOVA. È l’altra faccia del bollettino da guerra coronavirus: i medici, gli infermieri e il personale sanitario confinato in “quarantena” per due settimane. Gli ospedali veneti lanciano l’allarme perché i numeri preoccupano: ieri, alle 16, eravamo a quota 732 operatori in isolamento, con due ricoveri. Il rischio reale è la paralisi di interi reparti. Con il governatore del Veneto Luca Zaia che lancia l’allarme e invita il governo a cambiare la legge per richiamare in servizio tutti coloro che sono risultati ne-
OPERATORI IN ISOLAMENTO DOMICILIARE O RICOVERO AZIENDA S ANITARIA Struttura
Isolamento domiciliare perchè Isolamento domiciliare perchè Ricovero con tampone positivo contatto stretto di caso tampone positivo Me dic i
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B o rgo Ro ma
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Treviso
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Distretto
gativi al tampone e non manifestano sintomi. A Roma il drappello dei parlamentari di centrodestra, con Forza Italia e Toni De Poli in testa, ha chiesto subito al governo di rivedere la norma, mentre la Cgil invita alla cautela e chiede a Zaia di non alimentare la confusione con dichiarazioni in contrasto con la direttiva nazionale che vale per tutte le regioni. La fotografia esce dall’Azienda Zero, la cabina di regia della sanità che conta 9 Usl, due Aziende ospedaliere di Padova e Verona e l’Istituto oncologico (Iov). L’analisi va fatta con la massima attenzione per spiegare il paradosso dell’emergenza: i contagiati da coronavirus, sempre ieri sera alle 19, erano 511 di cui 155 ricoverati nei reparti, compresi i 39 in rianimazione. Gli altri sono tutti a casa e il trend dell’epidemia in Veneto risulta notevolmente più basso rispetto a quello della Lombardia e dell’Emilia nella
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Me dic i Infe rmie ri O S S Altro
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Dipartimento di P rev Ospedale
Co negliano
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Sono 564 gli operatori a riposo forzato dopo «lo stretto contatto con un contagiato»
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Altro
AO P D AO UIV R
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fascia che confina con il Lodigiano. L’altra faccia della medaglia riguarda il personale: su 732 in isolamento appena 111 risultano positivi al tampone, mentre 564 sono a casa dopo uno “stretto contatto” con un contagiato. I medici a riposo forzato sono 119, su una pianta organica di 6.800 addetti in Veneto e quindi un turn over con la mobilità nei reparti forse potrebbe consen-
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tire di superare l’emergenza, se si dovesse prolungare. Il dato più clamoroso riguarda l’Usl 3 Serenissima di Venezia, con 287 operatori in isolamento. A seguire 107 casi per l’Azienda ospedaliera di Verona, 69 per l9Usl 2 Marca Trevigiana (di cui 49 con tampone positivo) e 62 per l’Azienda ospedaliera di Padova. I due infermieri ricoverati riguardano l’ospedale Borgo Roma di Verona e l’ospedale di Treviso.
Per uscire dall’impasse, ieri Luca Zaia ha scritto al ministro della Sanità Roberto Speranza: «Confortato dal parere di eminenti medici e scienziati, da giorni faccio riferimento alla necessità di modificare la norma nazionale che impone la quarantena agli operatori sanitari in perfetta salute, che sono venuti in qualche modo a contatto con malati positivi al coronavirus. Solo in Veneto abbiamo già 732 tra medici,
infermieri e operatori sanitari che si trovano in questa condizione. Proprio ieri ho scritto al ministro Speranza un documento con le nostre proposte di modifica alla regolamentazione introdotta di recente. Auspico che il ministro, con il quale ho un rapporto di leale collaborazione, possa intervenire perché gli organici dei medici e di tutti gli altri operatori non vengano depauperati, pur se nel doveroso rispetto
delle linee di prudenza dettate dalla scienza». Per passare dalle chiacchiere ai fatti, Zaia allega un modello di sorveglianza, del quale si chiede la validazione, per garantire la massima sicurezza agli operatori sanitari con la massima efficienza dei reparti. Il Veneto apre un nuovo fronte: ora la parola passa al ministro Speranza, che ha fatto della prudenza una virtù. —© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il virologo contro la direttiva ministeriale sui contatti tra medici e malati «Così si rischia di minare la capacità di risposta del sistema sanitario»
ti coloro che erano venuti a contatto con i medici malati. Ma, rinunciando a persone fondamentalmente sane, stiamo sguarnendo il servizio. Senza considerare l’ulteriore impatto sociale che hanno queste iniziative: cosa diciamo ai genitori, che abbiamo disposizioni assolutamente inadeguate? Capiamoci: il contesto sanitario non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello di una qualunque altra azienda, dove non c’è la possibilità di testare quotidianamente il personale, cosa che c’è, invece, in ospedale. In certi casi l’impressione è che non ci sia collegamento tra chi sta sul campo e chi fa le direttive. Se non si interviene tempe-
stivamente, saremo costretti a chiudere tutti i reparti, finendo per indebolire la risposta del sistema sanitario». Il suo appello ha suscitato l’apertura del Ministero. «Fortunatamente ho avuto garanzie dal viceministro Sileri, che mi ha assicurato di aver capito l’urgenza delle mie richieste e ha assunto l’impegno di sottoporre la questione al comitato tecnico-scientifico. Sono soddisfatto, l’ho trovata una risposta costruttiva». Quindi qual è la sua proposta? «I sanitari che sono venuti a contatto con un malato vanno testati ogni sera a fine turno prima di tornare a casa dove devono stare in isola-
mento. Se il tampone è negativo e non siamo in presenza di stintomi respiratori, la mattina dopo tornano a lavorare. I test vanno ripetuti tutte le sere a fine turno». Siete in grado di garantire
Crisanti: «Disposizioni perverse Non si possono chiudere i reparti» */5&37*45"
Simonetta Zanetti l rischio, ora, è di restare vittime del paradosso. Ovvero: che per limitare il contagio in modo tale da non intasare gli ospedali con i malati di coronavi-
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rus, si finisca per chiuderli, con l’uguale effetto di non riuscire a garantire cure adeguate ai pazienti. Ed è da questo principio che nasce l’appello di Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Università di Padova, affinché vengano modificate le direttive sul lavoro dei sanitari venuti a contatto
con i malati. Professore qual è il problema? «Le disposizioni ministeriali sono assolutamente perverse e minano la capacità di risposta del sistema sanitario. L’esempio è quello di Padova: dopo i casi che si sono verificati nelle chirurgie pediatriche, siamo stati costretti a mandare a casa tut-
Copia di promopress
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PRIMO PIANO
SABATO 7 MARZO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
L’allarme globale: lotta senza sosta
Medici e sanitari Tra quarantene o contagiati duemila le assenze Spesso i pazienti non denunciano dei contatti a rischio Anche a Roma ospedali in difficoltà per carenza di personale Paolo Russo ROMA. Il coronavirus mette
fuorigioco oltre duemila tra medici e infermieri, alcuni ricoverati e altri in quarantena per motivi precauzionali. Spesso perché il paziente che si ha di fronte ha avuto contatti «a rischio» ma dimentica di dirlo. Il caso delle Molinette a Torino è emblematico. Marito e moglie entrano in ospedale per una banale influenza e poi si scoprono positivi al virus. Nei giorni scorsi era andato a trovarli il figlio, che lavora nella zona rossa di Lodi. Risultato: 30 letti del reparto di medicina generale chiusi e 25 infermieri e almeno sei medici in quarantena. E la Regione non esclude un focolaio piemontese. Situazione nella quale si trovano circa duemila professionisti sanitari, tolti soprattutto dalle trincee degli ospedali del Nord, secondo i calcoli della Federazione degli ordini degli infermieri. Che moltiplica per cinque il numero di quelli che il virus se lo sono preso proprio. Il 12% dei ricoverati, ossia almeno 500 secondo la Lombardia. Tra i 200 e i 250 stima l’Istituto superiore di sanità. A questi si
somma poi una settantina di medici di famiglia contagiati e quindi messi nell’impossibilità di fare da filtro agli ospedali. Un’emergenza nell’emergenza, che ovviamente colpisce di più gli ospedali del lombardo-veneto e dell’Emilia Romagna, dove si contano più ricoveri e contagi. Solo in Veneto tra medici, infermieri
La richiesta di Zaia: facciamo rientrare i professionisti risultati negativi al test e operatori sanitari sono in 450 ad essere costretti a tenersi alla larga dai reparti. Tanto da far chiedere al governatore Zaia di far rientrare nei ranghi i sanitari in quarantena ma negativi al test. Ancora più in difficoltà sono gli ospedali lombardi dove a mancare all’appello sono almeno un migliaio. Sotto stress per eccesso di ricoveri e contemporanee assenze di personale sono in particolare gli ospedali della zona rossa di Lodi e Codogno. Nel primo la fuga dei medici era iniziata anche prima del coronavirus
IN CIFRE
620 I contagi
È il numero registrato ieri in Italia, di nuovo in aumento dopo la leggera flessione di mercoledì. Continuando così tra una settimana sfonderemo quota 8.200. Per capire se il ritmo rallenterà saranno decisivi i prossimi 2-3 giorni
3.5% Tasso di mortalità
È il tasso italiano a fronte del 2.3% cinese. Nella fascia di età tra 0 a 69 anni la mortalità in Italia scende allo 0,5%
523 I guariti in Italia
Cento in più in un giorno: un balzo in avanti che fa ben sperare sia per chi è ammalato, sia per la lotta al virus
Protezioni contro il rischio di contagio per i medici del reparto isolamento dell’Amedeo di Savoia di Torino
e ora con l’emergenza e le assenze forzate si deve sopperire con tripli turni senza riposo. Che non bastano comunque a compensare l’assenza di anestesisti, indispensabili per i pazienti più gravi in rianimazione. Stessa situazione negli ospedali di Codogno e al Giovanni XXIII di Bergamo, dove si deve fronteggiare l’impennata di contagi della
vicina Val Seriana. La Lombardia si consola però con i complimenti degli ispettori dell’Oms. «Benedetta Allegrazzi, responsabile della task force di controllo ci ha chiesto di avere il modello da noi individuato per gestire l’emergenza in modo da poterlo distribuire agli altri professionisti», ha confidato l’assessore lombardo al welfare, Giulio
Gallera. Ma anche nel resto d’Italia non si scherza. Negli ospedali della capitale sono un centinaio i sanitari in quarantena, con gli ospedali San Giovanni, Policlinico Casilino, San Filippo Neri e Sant’Andrea costretti ad andare «sotto giri» per le assenze forzate. Resiste il Sud, per ora solo sfiorato dal coronavirus. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’Italia aveva chiesto agli altri Stati di fornire protezioni da destinare al personale sanitario. Ma tutti hanno paura di rimanere senza scorte
E c’è anche la beffa: i paesi europei si tengono le mascherine IL CASO
dall'inviato a Bruxelles Marco Bresolin
L
a solidarietà degli altri Paesi europei nei confronti dell’Italia c’è, ma soltanto a parole. Alla prima occasione utile per mostrare un gesto concreto verso la popolazione più colpita dal Coronavirus, tutti gli altri governi si sono tirati indietro. Tutti. Venerdì 28 febbraio Roma aveva attivato il meccanismo di protezione civile europeo, chiedendo agli altri Paesi di fornire mascherine protettive da destinare principalmente a medici e infer-
mieri. La Commissione Ue si è subito messa al lavoro per contattare una a una tutte le capitali. Ma a sette giorni di distanza nessuno ha risposto presente. Nessuno vuole mettere mano alle proprie scorte perché l’egoismo di chi teme di ritrovarsi a secco, eventualmente, in futuro prevale sulla solidarietà nei confronti di chi ne ha bisogno ora. Paesi come Francia, Germania, Repubblica Ceca e Lituania hanno addirittura alzato le barriere annunciando il blocco dell’export di materiale sanitario, dentro e fuori l’Ue. Una misura eccezionale che per essere attuata richiede motivazioni serie e deve essere notificata a Bruxelles (Parigi e Berlino lo hanno
già fatto). Il ministro Roberto Speranza ha provato a smorzare le polemiche sollevate dall’opposizione e dagli eurodeputati del Movimento Cinque Stelle. Il titolare del-
Il ministro Speranza evita polemiche Ora si procede a un acquisto collettivo la Salute – che ieri era a Bruxelles – ha chiesto ai suoi colleghi «gesti di solidarietà concreti» e «un coordinamento più forte, veloce e concreto a livello europeo». Ma ha assicurato che «al momento l’Italia non ha un proble-
Turisti con la mascherina in piazza Duomo a Milano
ma di mascherine». Il tema è stato oggetto della discussione durante il vertice straordinario di ieri e Speranza ha lanciato un invito ai colleghi: «Evitiamo una guerra tra di noi». Si procederà quindi con un acquisto collettivo attraverso un appalto congiunto. La Commissione sta raccogliendo i numeri relativi alle esigenze dei singoli Paesi e lunedì il commissario Thierry Breton (Mercato Interno) incontrerà i produttori per analizzare la situazione del mercato e valutare le offerte. Ma al momento ognuno si tiene strette le sue mascherine, a prescindere dal numero di contagi nel proprio Paese. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
L’emergenza a Nordest alla trincea di Unicredit la crisi da coronavirus è una doppia sfida: affiancare le imprese, in particolare le Pmi, nel reggere questo primo urto. E preparare il terreno per la ripresa che l’amministratore delegato Andrea Casini, che condivide con Remo Taricani le responsabilità di gestione dell’Italia (primo mercato del gruppo, più di 5500 addetti solo nel Nordest), vede come possibile già dal secondo semestre.
D
Dottor Casini: sono già emersi problemi di liquidità per imprese e famiglie? «Mi lasci premettere che il Nordest è un territorio di grande forza ed energia, pronto a far fronte a qualsiasi sfida. In questa specifica situazione di oggi sta emergendo tra le imprese una duplice sfida: quella di far fronte a un calo nei consumi e a un rallentamento in molte catene di fornitura. Come UniCredit stiamo intervenendo con soluzioni studiate appositamente per le imprese e i privati annunciate in questi giorni». Quali? «Già il 24 febbraio scorso abbiamo lanciato un «pacchetto emergenza» con la moratoria di 12 mesi sulle rate dei mutui per i privati residenti e per le imprese con sede nei Comuni più impattati dall’emergenza. Tra le misure straordinarie immediatamente predisposte anche la possibilità di valutare in alcune regioni, tra cui Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino, la sospensione di sei mesi delle rate dei finanziamenti e, per le aziende che hanno ritardi nell’importazione, la possibilità di ritardare di 120 giorni i pagamenti a fronte di operazione di import. Infine ci siamo resi disponibili a dare un credito di liquidità per coprire l`eventuale squilibrio. Misure implementate, da questa settimana, con l’azzeramento delle commissioni di prelievo su circuito Bancomat presso gli Atm non UniCredit presenti nei Comuni delle “zone rosse”, a favore di titolari di carte di debito emesse dalla banca, la moratoria di 12 mesi sui canoni leasing per le imprese negli 11 comuni interessati e, previa valutazione sull’effettivo danno subito, la sospensione di 6 mesi del pagamento dei canoni leasing nelle regioni a oggi colpite». Chiedete di allargare la zona rossa con le conseguenti facilitazioni da crisi a tutto il Nordest, la Lombardia e all’Emilia Romagna? «Questa decisione non spetta a noi. Il nostro focus ora è stare vi-
IL VERTICE VENEZIA Anche le banche chiedono che tutto il Veneto diventi zona rossa da crisi economica. E si teme una nuova stretta al credito come dopo il crac Lehman Brothers, per questo la Regione Veneto ha stanziato 20 milioni per ampliare le garanzie per le imprese fondamentali in questa fase per accedere al credito per finanziare il circolante - cioè la cassa - e gli investimenti. Il tutto mentre chi chiede la proroga dei pagamenti viene già radiografato dagli istituti terrorizzati dalla proliferazione di nuove sofferenze che dopo la crisi del 2008 e l’esplosione delle Popolari venete sono arrivate a quote miliardarie in regione. «Gli istituti di credito sono pronti a far scattare le moratorie sui pagamenti dei mutui anche per 12 mesi ma c’è il rischio che queste aziende finiscano in Centrale Rischi e vedano il loro rating peggiorare penalizzandole nell’ottenere nuovi crediti - spiega l’assessore regionale
Susegana Per accedere allo stabilimento bisogna misurarsi la temperatura Electrolux, operai in fila ai cancelli per l’esame con il termoscanner Lavoratori di Electrolux tutti in fila ai cancelli di ingresso a Susegana, per la misurazione della temperatura corporea con il termo scanner da parte di operatori della Croce Rossa. La maggior parte delle tute blu si è detta d’accordo sul controllo. «Ben venga – dice un’operaia – in questo modo ci tutelano». E qualcuno ha scherzato: «Così se non siamo malati, con questo freddo, domani lo saremo». © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista Andrea Casini
«Noi a fianco delle imprese, il Nordest? Supererà la sfida» `«È ragionevole aspettarsi che un recupero L’Ad di Unicredit Italia: «Il costo del denaro basso aiuterà ad affrontare il calo delle vendite» potrebbe arrivare nel secondo semestre» `
cini ai nostri clienti e condividere con loro soluzioni per affrontare le criticità. La nostra rete è sempre pienamente operativa. E non c`è stata nessuna discontinuità sui servizi alla clientela: al di là di due agenzie che abbiamo chiuso nella zona rossa abbiamo mantenuto un`operatività normale anche nelle zone più impattate».
ANDREA CASINI Amministratore delegato Unicredit Italia
Che fate per le imprese turistiche, agroalimentari e di ristorazione? «Oltre alle misure straordinarie già messe in campo, stiamo intervenendo con soluzioni mirate. Abbiamo ad esempio messo oggi a disposizione dei fornitori di Esselunga 530 milioni di euro di affidamenti dedicati alle anticipazioni di pagamento dei crediti commerciali e il sostegno della filiera agroalimentare, così importante per l’economia del Paese. Inoltre vorrei ricordare il nostro programma “Made4Italy”
PRONTE SOLUZIONI MIRATE PER CHI LAVORA NELL’AGROALIMENTARE E NEL TURISMO SUL MODELLO ESSELUNGA
LA NOSTRA RETE PIENAMENTE OPERATIVA, CHIUSE SOLO DUE AGENZIE NELLE ZONE ROSSE, CONSULENZA A DISTANZA POTENZIATA
FONDO SPECIALE Dunque la Regione scende in campo per aprire un ombrello di garanzia per i finanziamenti co-
me già ha fatto nella precedente crisi con il Fondo regionale di garanzia, unico in Italia. Serve ossigeno finanziario per far andare avanti imprese già colpite da cali di fatturato dell’80-90%, poi toccherà alla cassa in deroga dare risorse ai lavoratori che rischiano di perdere, a disposizione in Regione per quest’altra emergenza ci sono circa 50 milioni. Al tavolo con Marcato c’erano 25 istituti nazionali e locali più altre realtà finanziarie come Findomestic. «Anche le banche chiedono che l’intero Veneto sia considerato zona rossa dal punto di vista economico», rileva Marcato: «Ho voluto convocare gli istituti di crredito per due motivi: le banche ci hanno chiesto di avere
E per aiutare le aziende esportatrici? «In questo momento potrebbe essere particolarmente strategico per le Pmi italiane lo sviluppo dell’export digitale e UniCredit propone loro l’accesso al più grande marketplace B2B al mondo con un presidio in 190 paesi nel mondo e con oltre 160 milioni di operatori registrati». Come viene gestito il lavoro nelle vostre filiali in questa emergenza? «Applichiamo tutte le normative sanitarie emanate. In aggiunta abbiamo rafforzato l`utilizzo della consulenza a distanza. Questo è il momento in cui tali strumenti vanno valorizzati ancora di più: abbiamo circa 500mila clienti che già serviamo ma l`allargheremo a un altro milione: 2400 consulenti nelle nostre agenzie e 400 colleghi del nostro Call Center possono essere contattati direttamente dalla residenza dei nostri clienti». Cautele per i vostri dipendenti? Prova della febbre in entrata? «Nei grandi stabili sono previste misure straordinarie per l’accesso dei dipendenti. Più in generale abbiamo incoraggiato sin da subito l’utilizzo, ove possibile, di soluzioni di lavoro alternative come il “flexible working” da noi già attivo dal 2014, che ha permesso a molti nostri dipendenti di gestire anche la chiusura delle scuole. In certi casi siamo intervenuti con permessi retribuiti». Prospettive di durata della crisi dal vostro osservatorio? «È ragionevole aspettarsi un recupero nel secondo semestre. Ad agevolarlo potrebbe essere il favorevole costo del credito, che ha raggiunto i minimi storici sia in termini di tassi che di spread. Queste condizioni potrebbero aiutare le aziende a sostenere cali delle vendite senza forti stress finanziari e a superare così la fase di difficoltà». Consigli per Borsa e investimenti? «In un momento di turbolenza dei mercati finanziari come questo bisogno stare vicini ai clienti che vanno supportati per definire con loro le strategie più opportune. Il nostro ruolo è quello di rassicurare. Ne ho viste tante di queste crisi e il vero rischio sono i comportamenti irrazionali». Maurizio Crema © RIPRODUZIONE RISERVATA
«Credito a rischio, il Veneto allarga le garanzie» allo sviluppo economico Roberto Marcato dopo il vertice in regione con gli istituti - serve un intervento dell’Europa per derogare alle attuali norme sul rating. Faremo pressioni sul governo italiano per ottenere la modifiche delle regole perché siamo di fronte a un’emergenza che è anche peggiore di quella del 2008. La crisi ha colpito subito in maniera pesante turismo, pubblici esercizi, le imprese che esportano, ma rischia di contagiare presto tutta la nostra economia con effetti devastanti».
per favorire un sistema integrato turismo-agricoltura che riserva un plafond di 5 miliardi per le Pmi italiane nel triennio 2019-2021».
REGIONE IN CAMPO L’assessore allo sviluppo Roberto Marcato
regole omogenee a livello nazionale e di potenziare gli strumenti che abbiamo già messo in campo». La situazione è in evoluzione e si teme il peggio. «Ci hanno detto che, a parte i settori più colpiti (turismo, settore alberghiero, esercizi pubblici ed export), non c’è ancora una percezione
99febed0-fc06-4ac2-86b8-c4186a62dd92
LE BANCHE: TUTTA LA REGIONE ZONA ROSSA L’ALLARME DI MARCATO: «PER LE AZIENDE È COME NEL 2008» STANZIATI 20 MILIONI
realistica della crisi e delle sue ricadute – continua Marcato –. La disponibilità ad andare incontro alle imprese c’è, ma è necessario che le aziende stesse segnalino presto le situazioni di difficoltà, per far sì che le banche si attivino per tempo nel supportarle». Dal canto suo la Regione del Veneto «è già disponibile ad estendere le garanzie previste della Sezione Speciale, collegata al Fondo Centrale di Garanzia, portando dal 70% all’80% il livello di copertura - sottolinea l’assessore – la Regione ha già messo 20 milioni, cifra che permette di attivare 200 milioni per l’accesso al credito. Oggi, in piena emergenza da coronavirus, chiediamo al Ministero di aumentare il livello di garanzia. Se dovesse servire siamo disposti ad aumentare anche il fondo». E le piccole imprese chiedono che vengano attivati anche i Confidi: «Serve un protocollo comune», propone Mario Borin, presidente di Sviluppo Artigiano. M.Cr. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
Schiavonia, l’ospedale riapre e punta tutto sulla tecnologia Oggi altri lavori, da domani dovrebbe ripartire `Rimane l’ipotesi di farne un centro provinciale gradualmente l’attività dopo 15 giorni di chiusura per un eventuale picco di ricoveri legati all’epidemia
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L’EPICENTRO
IN DIFFICOLTÁ Ospedali decimati tra casi di contagi e isolamenti per precauzione. Ma si continua a lavorare duro: nella foto grande l’equipe del pronto soccorso diretta dal dottor Vito Cianci
rus, dunque, arriva anche a Camposampiero anche se, con i dati aggiornati a ieri pomeriggio, nessun residente della cittadina risultava contagiato. La preoccupazione sale con il passare del tempo. Anche qui i volontari della protezione civile hanno posizionato all’ingresso dell’ospedale le tende pneumatiche a scopo preventivo in caso di epidemia diffusa . Elisa Fais Luca Marin © RIPRODUZIONE RISERVATA
MONSELICE Oggi i lavori di sistemazione, domani la progressiva riapertura. È questo il piano della Regione per l’ospedale di Schiavonia, epicentro dell’emergenza Coronavirus in Veneto visto che proprio qui lo scorso 21 febbraio è morto il primo paziente colpito dall’epidemia. Quindici giorni dopo l’ospedale al confine tra Este e Monselice non sarà più un luogo blindato e fantasma. L’intenzione è quella di riaprire progressivamente alcuni reparti per riprendere nelle prossime settimane l’attività ordinaria. Negli ultimi giorni l’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin ha avuto diversi contatti con il direttore generale dell’Ulss 6, Domenico Scibetta: sarà proprio l’azienda sanitaria a fornire un quadro più specifico sulle attività che ripartiranno e sulla riorganizzazione complessiva di un ospedale costruito cinque anni fa per mettere assieme quattro vecchie strutture.
L’IPOTESI Questo è il piano a breve termine, ma sullo sfondo resta sempre l’ipotesi che il polo di Schiavonia diventi centro di riferimento per l’intera provincia per i ricoveri dei pazienti affetti da Coronavirus. Lo prevede la Regione in caso di un sostanzioso aumento di ricoveri che non renderebbe più sufficiente i reparti di Malattie Infettive e di Rianimazione dell’ospedale di Padova. «Siamo in emergenza, il ministero della Salute ci ha chiesto di prendere provvedimenti e noi dobbiamo rispondere» ha spiegato lunedì scorso la Lanzarin davanti a 90 sindaci padovani riuniti in prefettura. Nell’ospedale della Bassa Padovana saranno ricavati 50 posti letto, ma il piano regionale non guarda solo a Schia-
di ricevere buone notizie». Positivo anche un cittadino di Mestrino. «Un cittadino di Mestrino è risultato positivo al Covid 19 - spiega il sindaco Marco Agostini –. La persona, ora in buona salute, non ha contratto il virus sul territorio comunale ed è in isolamento domiciliare fiduciario presso la propria abitazione». Da Cittadella arriva notizia di un anziano ricoverato e un 50enne di Fontaniva attualmente in osservazione domiciliare. Situazione analoga è stata comunicata ieri sera a Campodarsego, segnalata dal sindaco Mirko Patron.
I NUMERI
cittadino Cristian Bottaro -. Rivolgo un sentito augurio di veloce e completa guarigione. Non mi è stato comunicato nessun nome e non ho voluto saperlo: la normativa sulla privacy impone l’obbligo del riserbo. Provvederemo a informarvi se ci saranno aggiornamenti, confidando
L’Azienda ospedaliera di Padova vede attualmente ricoverati 39 pazienti affetti da Coronavirus, 14 dei quali si trovano in terapia intensiva. Dal 21 febbraio sono 15 i dimessi e si registra un decesso, quello del 78enne Adriano Trevisan di Vo’. Resta ricoverato l’amico, compaesano, che giocava a carte con lui e che con lui era stato ricoverato a Schiavonia. E.Fa.
I BLOCCHI Per due settimane l’ospedale di Schiavonia, dove venerdì 21 febbraio è morta la prima vittima di Coronavirus, è rimasto chiuso
I PAZIENTI IN BUONE CONDIZIONI LA SCORSA SETTIMANA HANNO COMINCIATO LENTAMENTE AD ESSERE DIMESSI INTANTO L’ULSS HA ANNUNCIATO L’ACQUISTO DEL “ROBOT DA VINCI”, GIOIELLO INNOVATIVO PER LA CHIRURGIA
IL CASO GRANTORTO Sono quattro le persone contagiate in paese stando ai dati ufficiali. Non ci sono nomi, per ovvie ragioni di riservatezza, in ossequio alla legge sulla privacy. «Invito - ha scritto il sindaco Luciano Gavin ai cittadini - a prestare attenzione alle misure igieniche indicate nell’ordinanza della Regione e del Ministro della Salute. Confido che manterremo tutta la calma e la serenità che possiamo radicare nell’impegno massimo alle istituzioni, ad ogni livello, per superare tutti insieme anche questo momento. Vi terrò informati sullo sviluppo della situazione riferendo esclusivamente dati comunicati ufficialmente». Il primo cittadino è abituato a interventi di emergenza e Protezione civile. «Ne ho fatti molti, in passato – dice – ma questa del Covid-19 è una contingenza delicata e complessa. Tuttavia, rispettando la privacy – osserva Gavin - in un momento così difficile, ritengo sarebbe opportuno individuare un nucleo operativo per verificare l’isolamen-
vonia: «Questa è una soluzione, ma non è l’unica - ha ricordato l’assessore -. Stiamo facendo valutazioni anche su altri ospedali. Ipotizzo Camposampiero e Cittadella, o magari Castelfranco. Ma è presto per fare altri ragionamenti».
ECCELLENZA Sempre lunedì diversi sindaci della Bassa Padovana avevano manifestato vibratamente chiedendo di tutelare l’ospedale, ma la Lanzarin ha più volte spiegato le ragioni della giunta Zaia: «Nell’ambito delle azioni che stiamo individuando per ampliare i posti letto in tutta la regione si aggiungerà un servizio prezioso e di vera e propria eccellenza per tutto il sistema sanitario nella lotta e cura al virus. Al mo-
mento - ha spiegato - non c’è necessità di utilizzo perché abbiamo in tutto il Veneto oltre 500 posti che ci garantiscono di affrontare al meglio la situazione, ma il governo ha chiesto di attrezzarci nel caso la situazione peggiori. E noi dobbiamo farci trovare pronti». L’area di Schiavonia fino a poche settimane fa destinata alla “week day surgery” (chirurgia settimanale o giornaliera) cambierà veste e ospiterà 50 posti letto per affrontare un eventuale picco di epidemie. Il reparto in questione è collocato al primo piano e gode di un accesso separato rispetto al resto dell’ospedale. Un blocco a sé stante, dunque, in grado di evitare qualunque contatto con gli altri reparti.
IL SINDACO GAVIN Nessun controllo sulle persone contagiate
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Nella prima settimana molti pazienti erano rimasti bloccati all’interno senza poter uscire e tutti erano stati sottoposti a tamponi. Da cinque giorni i cento pazienti in buone condizioni hanno iniziato a lasciare i reparti, mentre l’Ulss riorganizzava i laboratori nelle altre sedi ospedaliere. L’altro ieri intanto il dg Scibetta ha annunciato un nuovo “acquisto” per l’ospedale di Schiavonia. Si chiama “robot Da Vinci” ed è un «gioiello della chirurgia mininvasiva in sala operatoria, che realizza la perfetta simbiosi tra la macchina intelligente e il medico specialista che ne ha assoluto controllo». Schiavonia riparte anche così. Gabriele Pipia © RIPRODUZIONE RISERVATA
«Noi sindaci, autorità sanitarie ma senza poteri»
LUCIANO GAVIN: «UNA TASK FORCE PER SUPERARE LA PRIVACY ED EFFETTUARE I CONTROLLI»
LE DIMISSIONI
to domiciliare di eventuali persone del nucleo che, ancorché non reso pubblico ma risultando positivo, appartengono allo stesso contesto. Mi spiego: in presenza di casi di positività, dove una persona asintomatica condivide lo stesso tetto ma non ha autocontrollo ottimale,
buon senso e scrupolo e decide di andare al bar, chi controlla che tale soggetto non sia a propria volta elemento di contagio? Non sarebbe forse il caso di prevedere una task force con compiti specifici che, appositamente autorizzata, superi il presupposto normativo della privacy per far attuare le procedure di isolamento per contenimento del contagio? Lo chiedo perché sono le domande che mi vengono poste quotidianamente e sarebbe un conforto anche psicologico». Gavin sottolinea: «Noi sindaci siamo autorità sanitaria di pubblica sicurezza, ma nella fattispecie non abbiamo strumenti. Dal direttore generale dell’Ulss 6 Euganea vengono forniti solo numeri e indicazioni di massima. In paese, però, le voci girano e se la gente vede infermieri con tute e mascherine davanti alla casa di qualcuno fanno congetture e collegamenti e ci sono persone che mi telefonano allarmate, per avvertirmi o chiedere spiegazioni. Una situazione complicata che ci vede inermi in prima linea. Ma credo di interpretare il pensiero di tanti colleghi». Germana Cabrelle
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
L’emergenza a Nordest IL QUADRO VENEZIA I casi di contagio aumentano in tutta Italia, ma non in maniera uniforme. Nel Veneto che ha blindato e svuotato un ospedale (Schiavonia) e isolato un intero paese (Vo’), la curva non ha registrato l’impennata che i più si aspettavano. Al contrario, la diffusione del contagio si sta espandendo in Lombardia. Non solo: tutte le regioni registrano casi di contagio.
I DATI I dati diffusi nel tardo pomeriggio dal capo della Protezione civile nazionale, Angelo Borrelli, vedono 3.916 malati per coronavirus in Italia, con un incremento di 620 persone in più rispetto a giovedì e 197 i morti, 49 in più. In tutto il paese sono 462 i malati ricoverati in Terapia intensiva per coronavirus, 111 in più rispetto a giovedì. E di questi 462 ben 309 sono in Lombardia, che ha avuto un incremento in un giorno di 65 casi. Il dato dei ricoveri in Rianimazione è importante per capire se il sistema sanitario riesce a reggere e a far fronte all’emergenza. La preoccupazione in Lombardia, dove in un giorno i casi di persone contagiate sono aumentati da 2.251 a 2.612, è forte. «O assumiamo un atteggiamento individuale molto responsabile oppure non siamo in grado di valutare quando arriverà la discesa dei casi di contagio», ha detto l’assessore lombardo Welfare, Giulio Gallera. Nessuna regione è indenne: 2.008 i malati in Lombardia, 816 in Emilia Romagna, 511 in Veneto, 139 in Piemonte, 155 nelle Marche, 57 in Campania, 24 in Liguria, 78 in Toscana, 50 nel Lazio, 29 in Friuli Venezia Giulia, 22 in Sicilia, 15 in Puglia, 9 in Abruzzo, 10 in Trentino, 12 in Molise, 16 in Umbria, 4 in provincia di Bolzano, 4 in Calabria, 5 in Sardegna, 3 in Basilicata, e 7 in Valle d’Aosta.
UN DECESSO Ben diversa, rispetto alla Lombardia, la situazione in Veneto dove in un giorno, da giovedì a venerdì, l’incremento di contagi è stato pari “solo” 52, da 459 a 511. I ricoverati sono passati da 130 a 155, di cui 39 in Terapia intensiva (erano 25 giovedì). I decessi sono aumentati da 11 a 12, un’anziana di 85 anni di Treviso. «La crescita non è esponenziale come previsto dagli algoritmi e probabilmente in questa fase la tenuta sul contagio è positiva. Se continua così abbia-
I TAMPONI A VO’ EUGANEO La popolazione di Vo’ mentre effettua i test per il Convid-19 (ANSA)
Il contagio si allarga in Italia In Veneto crescita più lenta In un giorno 620 nuovi malati, quasi 4mila in tutto `Un’altra vittima a Treviso: è una donna di 85 anni Nessuna regione indenne. Zaia: «Qui tenuta positiva» È allarme in Lombardia: ieri altri 400 casi segnalati `
mo speranze di chiuderla velocemente questa partita. Certo è che ci vorranno ancora settimane per capire alla fine come sarà», ha commentato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Da sottolineare che è cambiata la classificazione dei contagi di Sars-CoV 2: i casi non vengono più raggruppati per “cluster” o gruppi (eccetto quello di Vo’ che però tiene conto dei soli abitanti in paese e non di chi abita nelle zone limitrofe) ma per residenza: le province più colpite
sono Padova (118 casi), Treviso (109), Venezia (96). La buona notizia in Veneto è che l’influenza “normale” - che finora ha colpito 389.500 persone, 29.900 delle quali nell’ultima settimana, e un totale di tre decessi - si sta avviando a conclusione.
LA PROTESTA Sempre in Veneto è stata invece disposta la chiusura dei Ceod, i centri per le persone disabili, fino a quando saranno chiuse anche le scuole. Una de-
cisione che ha visto la protesta della Cgil: «La chiusura dei Ceod, delle strutture semiresidenziali e centri sollievo disposta dalla Regione con eventuale
IL GOVERNATORE: «SE CONTINUA COSÌ CI SONO SPERANZE DI CHIUDERLA PRESTO MA CI VORRANNO ANCORA SETTIMANE»
L’andamento delle 5 regioni con più contagi Il numero di casi totali nelle 5 regioni dove il coronavirus è più diffuso Lombardia Emilia R. Veneto Piemonte Marche 2.800 2.600 2.400 2.200 2.000 1.800 1.600 1.400 1.200
L’intervista Andrea Crisanti
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l professor Andrea Crisanti è direttore dell’unità operativa complessa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova.
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Perché il Veneto ha una crescita del contagio più contenuta e più lenta rispetto a Lombardia ed Emilia Romagna? «Le ragioni sono essenzialmente due. Da una parte c’è il fattore sociodemografico: il triangolo Lodi-Bergamo-Cremona ha una densità di abitanti superiore a Padova-Treviso-Venezia e nessuna città veneta è grande come Bologna. Più residenti significano più spostamenti e questo ha un impatto importante sulla rapidità della diffusione. Dall’altra c’è l’elemento della sorveglianza attiva: in Veneto c’è stata una capacità di identificazione precoce che il resto d’Italia non ha avuto e che gli ha permesso di disporre subito efficaci misure di contenimento». Quanto conta la fase iniziale?
«Qui meno abitanti e più test così rallentiamo il contagio» «Moltissimo. Limitare il più possibile il contagio all’inizio è fondamentale per ridurre le dimensioni di un’epidemia. Tanto più in una situazione, com’è questa, in cui tuttora non sappiamo se c’è stato un solo paziente zero o più di uno, cioè quante sorgenti. Decidendo di sottoporre subito al tampone praticamente tutte le persone che avevano problemi respiratori, il Veneto ha effettuato molti più test dell’Emilia Romagna e proporzionalmente pure della Lombardia». Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, 13.023 tamponi in Veneto, 3.136 in Emilia Romagna e 13.556 in Lombardia, che però ha il dop-
«IN REGIONE C’È STATA UNA CAPACITÀ DI IDENTIFICAZIONE PRECOCE CHE IL RESTO D’ITALIA NON HA AVUTO: GIUSTE LE MISURE»
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Fonte: Ministro della Salute
pio degli abitanti. Altre differenze significative? «La tipologia dei cluster. Di fatto in Veneto c’è stato un solo vero e proprio focolaio: Vo’, che però è stato bloccato immediatamente. Gli altri punti sono stati altrettanto circoscritti: penso all’ospedale di Schiavonia e alla Geriatria di Treviso, due strutture in cui il problema è stato originato dal ricovero di un paziente già infettato. Attorno a queste situazioni è stata svolta un’attività a tappeto, che ha permesso di identificare i casi positivi e di mettere in isolamento i loro contatti. Ciò ha permesso una diffusione più lenta che altrove».
lità, attualmente attestato in Veneto sul 2,4%, in Corea del Sud è inferiore all’1%? «Non perché i sudcoreani siano più bravi di noi, ma perché sono più giovani. Il Veneto, così come il resto d’Italia, è particolarmente vulnerabile al Coronavirus per la quota di popolazione anziana fra le più elevate al mondo, seconda solo al Giappone».
Perché allora il tasso di morta-
Anche se anziana e con gravi
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Ci tolga un dubbio, alimentato dalle diverse modalità di catalogazione adottate nei bollettini: si muore “per Coronavirus” o “con Coronavirus”? «Non prendiamoci in giro: la gente muore per Coronavirus».
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3 4 Marzo
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6 L’Ego-Hub
«L’ECONOMIA SI AIUTA FERMANDO L’EPIDEMIA: IL TURISTA NON ANDRÀ A VENEZIA FINCHÉ SA CHE IN VENETO CI SONO ANCORA CASI»
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
Casi confermati (al 06.03) TOTALE REGIONE VENETO 511
84
4
Vo’
Rovigo
50
109
Verona
Treviso
30
96
Vicenza
Venezia
* 118
10
Padova
Belluno
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collegati alla Lombardia *# 3 Casi Assegnazione epidemiologica in corso
7
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deceduti
dimessi
Ricoverati totali
Strutture di ricovero Azienda Ospedale Università Padova
38 Azienda Ospedaliera Univ. Integrata Verona 10 ULSS2 - Ospedale Treviso 49 ULSS3 - Ospedale Mestre 22 ULSS3 - Ospedale Venezia 11 ULSS3 - Ospedale Mirano 3 ULSS5 - Ospedale Rovigo 4 ULSS7 - Ospedale di Santorso 3 ULSS8 - Ospedale Vicenza 8 ULSS9 - Ospedale Legnago 3 Ospedale Sacro Cuore Don Calabria 4 Tot. Regione Veneto 155
(di cui in Terapia Intensiva)
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4 2 39
Nel numero di 11 deceduti sono stati inseriti i 3 che nei precedenti bollettini erano stati collocati fra i decessi non correlati a infezione da coronavirus, in ottemperanza a quanto Þssato da una circolare del Ministero della Salute che chiede che tutti i decessi vengano inseriti nello stesso cluster. I decessi eventualmente non correlati saranno valutati dall’Istituto Superiore di Sanità.
I numeri
52 i nuovi contagi in Veneto ieri, con 25 ricoveri in ospedale
29 i casi positivi in Friuli Venezia Giulia, con 4 pazienti all’ospedale sostituzione del servizio a domicilio pone seri interrogativi su come viene gestita l’emergenza. Anche l’eventuale invio a domicilio degli operatori dovrebbe
prevedere importanti misure di prevenzione in ambienti che sono privati e non controllati come le strutture socio sanitarie e sociali. Non comprendiamo la ragione di questa scelta che scarica sulle famiglie la gestione di persone fragili che hanno inevitabilmente bisogno dell’ausilio di professionisti dedicati e che non è detto possano svolgere queste prestazioni a domicilio».
Vo’ in fila per il tampone «Pronti alla liberazione» Ieri i primi mille esami-bis, oggi e domani `Stasera il lancio di centinaia di lanterne si replica. Aspettando lo stop alla zona rossa con i messaggi dei bambini: «Torna la vita»
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Le tappe
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Il primo focolaio
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Cordone e zona rossa
NEL NORDEST
Salgono invece a 29 i casi di coronavirus in Friuli Venezia Giulia: quattro persone sono ricoverate in ospedale, due a Udine e due a Trieste, mentre gli altri si trovano a casa, in isolamento, e risultano al momento in buone condizioni di salute. Complessivamente, le telefonate per coronavirus dal 22 febbraio a ieri in Friuli sono state oltre 14mila. E intanto l’Alto Adige, pur avendo due soli casi di persone positive al coronavirus, si è trovato inserito nella lista delle mete sconsigliate dal ministero degli Esteri del governo federale tedesco assieme alle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, oltre che al paese di Vo’ Euganeo. Alda Vanzan
Il 21 febbraio Vo’ Euganeo viene identificato come il primo focolaio del Coronavirus in Veneto. Due suoi abitanti risultano positivi e quella sera Adriano Trevisan muore.
Attorno al paese viene stretto subito un cordone sanitario. Il 23 febbraio il decreto del premier Giuseppe Conte lo individua come “zona rossa”: scattano i blocchi.
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DIRETTORE Andrea Crisanti guida Microbiologia e Virologia
nico, che possono proseguire l’isolamento a casa, lasciando il posto in ospedale ai casi più gravi. Le guarigioni vanno invece accertate dopo due test negativi consecutivi».
patologie pregresse? «Nella maggior parte dei casi, ritengo di sì. Le persone oggi, benché affette da gravi patologie croniche, possono avere importanti aspettative di vita, se non vengono aggredite da un virus del genere. Chiaro che però il discorso è diverso se si tratta di un’emorragia cerebrale: quella è un’altra cosa, rispetto ai problemi cardiorespiratori». Da giovedì la Regione Veneto ha indicato le prime guarigioni, dopo che c’erano già state le prime dimissioni. «Non c’è da stupirsi, di Coronavirus si guarisce. Le dimissioni vengono disposte per pazienti, migliorati dal punto di vista cli-
Fino a quando pensa che saranno necessarie chiusure e restrizioni in Veneto? «Le misure dovranno essere assunte in linea con le direttive nazionali. Certamente più rigorosi siamo nelle misure, prima ne usciamo. Quando? Le patologie respiratorie generalmente non si risolvono prima di fine maggio-inizio giugno...». Che ne sarà dell’economia? «Non si aiuta il sistema economico finché non si sconfigge l’epidemia sanitaria. Possiamo lanciare i messaggi più rassicuranti che vogliamo, ma il turista non andrà a Venezia finché sa che ci sono ancora casi di contagio in Veneto». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
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I risultati degli esami
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La ricerca scientifica
Il governatore Luca Zaia dispone che tutti gli abitanti vengano sottoposti a tampone. La prima ondata di esami ne vede 2.800, di cui 89 positivi. I pazienti si dividono tra casa e ospedale.
Grazie a 150.000 euro della Regione, il 6 marzo l’Università di Padova avvia un secondo screening. Comincia così la prima ricerca scientifica al mondo su una comunità rimasta isolata.
L’ATTESA VO’ (PADOVA) È partito il conto alla rovescia a Vo’. Altre 48 ore - salvo proroghe del decreto del Consiglio dei ministri - e il borgo sui colli euganei, dove è avvenuto il primo decesso da Coronavirus, tornerà “libero”. E mentre un migliaio di vadensi ieri - sindaco Giuliano Martini in testa - e altrettanti stamane hanno eseguito il tampone faringeo del secondo maxi screening su base volontaria, che l’Università di Padova sta realizzando nel paese sottoposto dal 24 febbraio alle restrizioni della zona rossa per studiare l’evoluzione del virus, c’è anche chi sta organizzando i festeggiamenti per lo scioglimento del cordone sanitario.
NEL CIELO
Centinaia di lanterne cinesi illumineranno stasera il cielo buio di Vo’, ormai arrivato al penultimo giorno di quarantena. Appeso a ogni fiammella volante ci sarà un messaggio scritto dai bambini del paese, lontani dai banchi di scuola da più di due settimane. Le lanterne prenderanno quota alle 20 da piazza Liberazione, il cui toponimo, oggi più che mai, esprime la speranza di tutti i vadensi di tornare alla normalità. Anche il lancio delle lanterne assume un valore simbolico: «Rispecchia la nostra voglia di libertà e il nostro desiderio di veder volare via questo maledetto virus – spiega Erik Granzon, uno dei promotori dell’iniziativa insieme a Giorgio Paolo Carpanese –. Non vediamo l’ora di riprendere la nostra vita e le nostre attività». La proposta è stata lanciata giovedì mattina ed è subito piaciuta ai residenti: ieri pomeriggio già 130 famiglie avevano prenotato la lanterna proprio da Erik, titolare di un’azienda pirotecnica: «Abbiamo chiesto un contributo di 3 euro l’una – spiega – e il ricavato andrà in beneficenza all’ospedale pediatrico di Padova». E qualcun altro si prepara al vero “capodanno” di Vo’: la mezzanotte di domani, quando i militari toglieranno i blocchi che da 14 giorni isolano il borgo padova-
IL SINDACO MARTINI: «È UN DOVERE MORALE PARTECIPARE A QUESTO STUDIO: POTREMMO AIUTARE A SALVARE VITE»
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DENTRO LA SCUOLA Medici e infermieri mentre effettuano i tamponi alla popolazione all’interno della scuola di Vo’ (LAZZARO/NUOVETECNICHE)
no. C’è chi si sta organizzando per stappare bottiglie - ovviamente di Serprino dei colli euganei proprio ai varchi, per festeggiare la “liberazione”.
LO SCREENING Ma prima di tutto questo c’è da completare lo screening per la ri-
Regione Veneto Auto blu in affanno Palazzo Balbi ricorre al servizio Ncc
cerca sul Coronavirus, con l’acquisizione dei nuovi tamponi. Ricerca che è il frutto di un accordo tra la Regione Veneto e l‘Università di Padova, con il dipartimento di Medicina Molecolare diretto dal professor Andrea Crisanti, che hanno chiesto l’aiuto di Vo’ e dei suoi abitanti per andare alla caccia dei segreti del virus. Nessun’altra realtà, infatti, può permettere già adesso un confronto sullo stesso campione di popolazione a soli 10 giorni di distanza tra primo e secondo test. Da ieri è partito il primo scaglione di test: un piccolo sforzo per i vadensi, una grande opportunità per la ricerca scientifica. E proprio con questo spirito gli abitanti del borgo si sono messi diligentemente in coda - rispettando la distanza i sicurezza di almeno un metro - per eseguire il prelievo. Primo in testa è stato il sindaco Martini, che alle 9 ha fatto il suo ingresso nella scuola, attrezzata a maxiambulatorio, con dottori e infermieri bardati con tenuta “anti-contagio”, pronti per mettersi al lavoro per questa tre giorni di raccolta di campioni. Il primo cittadino sprona i suoi concittadini: «Personalmente sento un grande dovere morale partecipare a questo secondo screening per dare un contributo alla ricerca a debellare questo virus maledetto che ha messo in ginocchio la nostra comunità. Spero che tutti approfittino di questa opportunità. È fondamentale fare questo gesto di solidarietà verso tutti coloro che sono stati colpiti o che possono esserlo in futuro. È importante, potrebbe voler dire aiutare a salvare delle vite». Durante il primo giro di tamponi, le persone che si sono sottoposte al test sono state poco più di tremila. Di questi, 89 sono risultati positivi: «Ma siamo scesi a 84 e il numero diminuisce sempre di più perché i contagi sono finiti e c’è chi si negativizza e guarisce. Ora pensiamo solo alla riapertura del cordone sanitario», evidenzia Martini.
VENEZIA L’emergenza Covid-19 ha messo in difficoltà anche l’autorimessa della Regione Veneto. Come recita un decreto pubblicato ieri sul Bur, gli autisti sono stati sottoposti nelle ultime settimane a prolungati turni di servizio” e così, “per consentire adeguati periodo di riposo al personale”, la Regione ha deciso di avvalersi di un servizio di Ncc, noleggio con conducente. Sono stati interpellati quattro operatori del settore, alla fine la scelta è caduta su una ditta di Mestre che ha fornito i prezzi più vantaggiosi. Ad esempio: Venezia-aeroporto 40 euro, Venezia- Vicenza 150 euro, eventuale del conducente pranzo/cena 20 euro. L’impegno di spesa è 6.093,90 euro. (al.va.)
L’amministrazione di Vo’ ha anche avviato una raccolta fondi ufficiale. Ieri pomeriggio il sindaco ha pubblicato un avviso: “Sentite le numerose richieste di poter contribuire per sostenere il Comune in quest’emergenza, l’eventuale donazione può essere fatta al conto corrente intestato al Comune di Vo’, IT 84 C0103063000000001231082. Grazie perla generosità». Marina Lucchin
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I FONDI
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Primo Piano Lo sport
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Juve-Inter a spalti vuoti Calcio a porte chiuse. E tra le 6 partite che saranno recuperate c’è il derby d’Italia Juve-Inter di domani sera che lascerà traccia sulla lotta scudetto (con la Lazio spettatrice interessata).
Febbre da stadio La Lega di serie A ha chiesto che i club predispongano un servizio medico dotato di scanner per la rilevazione della temperature agli ingressi dello stadio di tutti i soggetti autorizzati.
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
Il mondo dello sci evita Cortina Cancellate le finali di coppa Le principali federazioni nazionali hanno detto `Zaia amareggiato: «Va recuperata la reputazione, che non vogliono mandare in Italia i propri atleti il problema è mondiale ma sembra che sia solo qui»
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LA DECISIONE CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) Cortina d’Ampezzo non ospiterà le Finali della Coppa del mondo di sci alpino 2020, in calendario dal 18 al 22 marzo. Il consiglio di emergenza della Federazione internazionale dello sci, riunito ieri, ha respinto la proposta dell’Italia di gareggiare a porte chiuse, senza il pubblico. Sono risultate troppo forti le pressioni di tutte le federazioni nazionali, come spiega Flavio Roda, presidente della Fisi italiana: «La nostra proposta vedeva il supporto del ministero dello Sport, del Coni, della Regione Veneto e del Comune di Cortina d’Ampezzo. Nel consiglio Fis abbiamo ricevuto tutti voti contrari, ad eccezione di quello dell’Italia. Ogni membro ha motivato la propria decisione di cancellare le Finali con le
limitazioni che i rispettivi governi hanno imposto, in relazione all’epidemia di coronavirus». Sull’annullamento delle undici gare, da disputare in cinque giorni, con i migliori atleti di tutte le discipline, maschili e femminili, come prova generale dei Mondiali 2021, Roda aggiunge: «È una grave penalizzazione per lo sport, che avrà pesanti ricadute economiche per la Fisi e per la Fondazione Cortina 2021. La decisione penalizzerà tutto l’indotto della montagna italiana, le realtà imprenditoriali e associative». La stagione dello sci alpino si concluderà con le gare maschili di Kraniska Gora e quelle femminili di Are.
LA VITTORIA Il taglio delle gare rimanenti prospetta la conquista della Coppa di cristallo da parte dell’italiana Federica Brignone,
che ha un cospicuo vantaggio sulle inseguitrici: «Sono dispiaciuta; avremmo voluto correre davanti ai nostri tifosi, a Cortina. È un modo inconcludente di finire una stagione. Ciò che mi farà star male sarà la mancata celebrazione delle premiazioni». Il governatore veneto Luca Zaia commenta: «La Regione, in accordo con la Fisi, aveva testimoniato come Cortina non abbia presenza di persone positive e che comunque la situazione sanitaria è sotto controllo. Questo però dà anche una dimensione della percezione che c’è all’estero, sui tavoli internazionali, delle nostre comunità e dell’Italia. È una emergenza sanitaria che si somma alla non meno grave emergenza economica. Occorre che, a tutela delle attività, delle imprese, della libera circolazione dei cittadini, sia recuperata la reputazione
AZZURRA Federica Brignone, vincitrice della Coppa del Mondo di combinata
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Limitazioni per i media
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Roma, ai box la Formula E
Oltre a squadre e arbitri potranno accedere agli stadi gli operatori sanitari e di pubblica sicurezza e la stampa (con particolari limitazioni nel rispetto dei decreti).
Annullato il Gran premio di Roma di Formula E del 4 aprile. «Purtroppo dice il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani - non ci è stato possibile trovare una data alternativa».
NUOVI STOP Salta tutto. Non c’è sport che tenga di fronte al rischio di contagio del coronavirus. Le ultime due discipline ad arrendersi sono il ciclismo e il rugby. Stop anche alle attività di vertice: niente gruppo né volate affollate, niente mischie. Dopo l’attività di base si adegua alla necessità di garantire le norme di sicurezza anche quella di vertice. Rinviata la Milano-Sanremo, la regina delle classiche italiane. Sospeso il campionato nazionale ovale. Nel ciclismo è una novità assoluta. Neppure la guerra, neppure l’attentato a Togliatti del ‘48 erano riusciti a fermare le corse. Anzi, l’Italia aveva trovato proprio dal pedale la spinta necessaria per affrontare momenti difficili, e la leggenda vuole che l’impresa di Gino Bartali al Tour de France abbia aiutato a stemperare gli animi e ad evitare lo scoppio di una guerra civile dopo il ferimento del segretario del Pci. Più di una pallottola ha potuto
Calcio e Tv
«La serie A in chiaro». Lega calcio: «Impossibile» ROMA La trasmissione in chiaro della Serie A «costituirebbe un bellissimo segnale verso tutti gli italiani, ma anche un modo per limitare i disagi associati alle misure di contenimento in essere e, addirittura, di cooperare attivamente al raggiungimento delle loro stesse finalità». È il contenuto della lettera inviata dal ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, al presidente della Figc, Gabriele Gravina, per chiedere di valutare le eventuali condizioni per trasmettere in chiaro le competizioni di Serie A almeno della prossima giornata di campionato. Una richiesta che ha subito incontrato la disponibilità della Rai e di Sky, ma anche di Mediaset che ha minacciato ricorsi legali nel caso di “discriminazione”. E questo ha raffreddato gli animi, perché la risposta ala richiesta del ministro è arrivata sì, ma da parte della Lega dei club di Serie A, che detiene i diritti delle trasmissioni: «Pur comprendendo e condividendo le finalità alla base della richiesta del Ministro Spadafora, volta, in un momento di massima emergenza per il Paese, a valutare la possibilità di consentire la libera fruizione televisiva del campionato di Serie A TIM, la Lega Serie A rileva che il quadro normativo vigente, e gli obblighi contrattuali già assunti, non consentono di potervi aderire». © RIPRODUZIONE RISERVATA
ATTESA Uno dei tanti manifesti che annunciano le prossime finali di Coppa del MOndo di sci
Il virus ferma anche la Milano-Sanremo e il campionato di rugby. Il Giro rischia però il virus. Del resto correre a porte o a strade chiuse nel ciclismo è impossibile. E così dopo l’annullamento della “Strade bianche” in Toscana, che si sarebbe dovuta correre oggi, vengono rimandate a data da destinarsi sia la Tirreno-Adriatico (prima tappa prevista mercoledì) che, appunto, la grande classica di Primavera.
CALENDARIO INTASATO Gli organizzatori di Rcs Sport non parlano di annullamento ma MISCHIE RISCHIOSE Fermato per altri due turni il Top 12 di rugby piuttosto di ricollocamento, in una data da concordare con la Federazione ciclistica e l’Uci. Ma sadovrebbe prendere il via il 9 magrà difficilissimo trovare uno spagio da Budapest per concludersi zio in un calendario internazioa Milano il 31, appare a rischio. nale intasato, tra l’altro proprio Insomma, anche la bici vive il nell’anno in cui ci sono le Olimsuo momento di caos. Tanto che piadi. Anche perché non è chiaro Vicenzo Nibali, visto l’annullacome si comporterà il coronavimento della Tirreno-Adriatico, rus nei prossimi giorni. A questo ha deciso di trasferirsi immediapunto lo stesso Giro d’Italia, che tamente in Francia per prendere
STOP ALLA TIRRENO ADRIATICO, NIBALI SI TRASFERISCE ALLA PARIGI NIZZA. BLOCCATI ALTRI DUE TURNI DI TOP 12
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il via domani alla Parigi-Nizza, che si concluderà il 15 marzo. «L’ho deciso con il mio team per mantenere invariato il programma che mi porterà al Giro d’Italia - ha spiegato lo Squalo -. Al momento è importante mettere chilometri e giorni di gara nelle gambe per fare un altro salto di qualità sperando che, al di là delle corse, la situazione in Italia migliori in fretta». Niente sprint né, a maggior ragione, mischie. Il rugby, si sa, non è solo uno sport collettivo ma anche di contatto fisico. Impossibile giocare senza placcaggi e senza mischie. Situazioni potenzialmente fertili per il coronavirus. Così la Fir dopo che giovedì, sentite le società, aveva deciso di far giocare il Top12, ha messo ieri la retromarcia di fronte all’evolversi della situazione generale. Rinviato sia il turno di questa settimana che quello del-
del Paese, attualmente e per chissà quanto tempo ancora percepito dalla comunità internazionale come un problema. Bisogna assolutamente e urgentemente svolgere un’azione di recupero e che il Governo lavori a fondo, con la diplomazia, con campagne di comunicazione».
IL MINISTRO
Il ministro per i rapporti con il Parlamento, il bellunese Federico D’Incà, rileva: «Sono amareggiato per la decisione; ritengo ci fossero tutte le condizioni per potere disputare l’evento a porte chiuse, così come indicato dal decreto del 4 marzo in merito agli appuntamenti sportivi e come consigliato dal ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora, dalla Federazione italiana sport invernali e da tutti gli enti locali coinvolti. La situazione legata al coronavirus è costantemente monitorata dal Governo, ma la volontà, come dimostrato dal Decreto, è quella di non fermare i principali appuntamenti del Paese. Questa decisione, invece, è un segnale non incoraggiante sia a livello economico sia, soprattutto, a livello simbolico per l’Italia e tutta la comunità sportiva internazionale». Fra le numerose prese di posizione sull’annullamento delle Finali, manca ogni commento dalla Fondazione Cortina 2021, che attende il pronunciamento ufficiale della Federazione internazionale, atteso questa mattina, per quanto anticipato ieri dalla Fisi italiana. Per la Fondazione parlerà l’imprenditore trevigiano Alessandro Benetton, che ne ha assunto la presidenza nel maggio 2017. Marco Dibona © RIPRODUZIONE RISERVATA
D’INCÀ: «C’ERANO TUTTE LE CONDIZIONI PER POTER DISPUTARE L’EVENTO A PORTE CHIUSE, SENZA TIFOSI. SONO AMAREGGIATO»
la prossima con il big-match Calvisano-Rovigo. «Una decisione coerente con le misure adotatte dal governo per fare fronte all’emergenza» ha commentato il presidente della Fir, Alfredo Gavazzi. Una decisione che, una volta tanto, sembra mettere d’accordo tutti, come conferma Marzio Innocenti, presidente del Comitato regionale veneto: «Scelta dura ma necessaria e giusta. Non avrebbe avuto molto senso giocare a rugby dovendo rispettare la distanza di un metro. Le attività regionali e di base erano già sospese, ma sarebbe stato difficile spiegare ai nostri tesserati il rischio di giocare mentre nel Top12 si andava regolarmente in campo». L’elenco dei rinvii è lunghissimo e non contempla solo ciclismo e massimo campionato di rugby: anche il torneo di calcio giovanile di Viareggio e il Gp di Formula E a Roma, hanno deciso di fermarsi. Sperando che il virus passi, almeno lui, di corsa. Antonio Liviero © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
L’emergenza a Nordest IL DECRETO VENEZIA Il governo sarebbe pronto ad accogliere la richiesta del Veneto di non far fare la quarantena ai medici, agli infermieri e agli operatori sociosanitari che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva, ma che risultano negativi. La disposizione è contenuta nella bozza di decreto legge per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale alle prese con l’emergenza coronavirus. L’articolo 11 della bozza di decreto - intitolato “sorveglianza sanitaria” - esonera infatti gli operatori sanitari e quelli dei servizi pubblici essenziali dall’isolamento domiciliare a patto che risultino negativi al tampone sul Covid-19. “I medesimi operatori - recita il testo - sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19». Ad avanzare la proposta è stato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: «Si dia ai medici la possibilità di poter operare anche se rappresentano dei contatti con persone positive. Non possiamo mettere in isolamento fiduciario medici per 14 giorni». Secondo il governatore la quarantena dei medici dovrebbe essere su base «volontaria, garantendo tutta una serie di attività come il tampone quotidiano dei sanitari negativi, ma anche di quelli che hanno avuto l’evenienza o un contatto con un “positivo”».
I DATI Complessivamente, in tutto il Veneto, sono 732 i medici, gli infermieri e gli operatori socioassistenziali in quarantena. Di questi, “solo” 111 sono positivi al coronavirus. Poi ce ne sono 2 che sono stati ricoverati. Di altri 564 si sa che sono entrati in contatto stretto con persone positive al virus, mentre ce ne sono 55 in isolamento per motivi non noti. Tant’è, alle 16 di ieri i “quarantenati” erano 732, con la punta record dell’Ulss 3 Veneziana (287), seguita dall’Azienda ospedaliera di Verona (107), l’Azienda ospedaliera di Padova (62), l’Ulss 6 Euganea (56). Sul totale di 732 operatori sanitari, i medici in
I PARLAMENTARI DI FI E UDC RILANCIANO LA PROPOSTA: «RISCHIAMO IL COLLASSO»
IL CASO TREVISO Il contagio è avvenuto sulla pista da ballo, in un club di danze latino americane di Ferrara. Lontano dunque dal reparto di Geriatria del Ca’ Foncello di Treviso, focolaio da cui sembra essere iniziato tutto, almeno nella Marca. Due trevigiani risultati positivi al Covid19 hanno infatti contratto il virus frequentando un locale in Emilia Romagna. Ma nono sono gli unici. Il collegamento, scoperto dai medici dell’Ulss 2, ha aperto un nuovo filone d’indagine, dal punto di vista epidemiologico, in cui rientrano anche altri due pazienti ricoverati nei giorni scorsi a Rovigo: si tratta di un 50enne appassionato di milonga, le cui condizioni sono già in miglioramento e per il quale è scattato dopo il ricovero l’isolamento a casa, e di un 82enne, tuttora sotto osservazione in ospedale, che dopo una serata di ballo latino americano a Ferrara è andato ad allenarsi in palestra, subito chiusa in atte-
Isolamento domiciliare perché contatto stretto
Le assenze in ospedale
1 1
1 -
62 107 32 69
260
25
-
2
287
2
1
-
-
3
24 56 10 23 2 564
5 111
2
3 48 1 55
27 56 48 15 23 1 2 732
Ulss 1 Dolomiti Ulss 2 Marca Trevigiana
Ulss 4 Veneto Orientale
Ulss 6 Euganea Ulss 7 Pedemontana Ulss 8 Berica Ulss 9 Scalicera Ist. Oncologico Veneto Ospedale Negrar Totale Veneto
Totale
12 14 5 49
Az. Osp. Verona
Ulss 5 Polesana
Operatori in Ricovero con isolamento tampone ma non noti positivo altri dettagli
49 92 27 19
Az. Osp. Padova
Ulss 3 Serenissima
Isolamento domiciliare perché tampone positivo
Sanità, 732 in quarantena Zaia: al lavoro i “negativi” Dei 156 medici messi in isolamento solo 32 sono positivi al coronavirus, uno è ricoverato `
quarantena sono 156 ma solo 32 hanno avuto il tampone positivo. Molti di più gli infermieri in isolamento: 317, con 36 positivi. Tra oggi e domani molti operatori sanitari dovrebbero tornare al lavoro: nell’Ulss 3 Veneziana ne sono attesi circa 200.
NO DELLA CGIL Contrario alla proposta di Zaia di far fare ai medici la quarantena su base volontaria è il sindacato Cgil. «O qui si rema insieme per affrontare l’emergenza con senso di responsabilità e sobrietà anche rispetto alla comunicazione e alle procedure, o, diversamente, qui salta tutto», ha detto Ivan Bernini, referente funzione pubblica per la Cgil del Veneto. «Siamo i primi ad essere preoccupati sui riflessi che la diffusione
del virus sta avendo nelle strutture socio-sanitarie della nostra regione - ha aggiunto il sindacalista - sia per le ricadute che possono esserci sulla capacità di tenuta del sistema sia per la salute dei lavoratori di queste strutture. Non abbiamo bisogno né di “prime donne” che ogni giorno lanciano messaggi contraddittori né di coloro che usano l’emergenza per specularci qualcosa. Abbiamo detto fin dal principio azioni univoche, chiare, no a isterismi e improvvisazioni». Le aperture venete al ritorno in corsia degli asintomatici vengono giudicate dal rappresentante della Cgil «dichiarazioni inaccettabili e fuori luogo». Per Bernini «la follia non è lasciare a casa i lavoratori ai quali è stato fatto il tampone per l’esposizione diretta a pazienti
Nella bozza di decreto legge entra la richiesta del governatore per coprire i “buchi”. La Cgil: no
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portatori di virus perché così c’è il rischio di chiudere i reparti. La follia sta nel chiedere ai lavoratori in quarantena di mettersi a disposizione volontariamente per rientrare al lavoro in assenza di sintomi. Tanto più folle in un quadro di incertezza rispetto alla stessa conoscenza del virus ed alla sua alta capacità di trasmissione».
SÌ DI FI E UDC A chiedere di riportare in corsia i medici sani è Forza Italia con il deputato Dario Bond: «Se il sistema sanitario italiano è sotto stress, quello veneto rischia il collasso: a Treviso l’Ulss 2 ha sospeso le ferie. A Feltre sono stati rinviati interventi chirurgici. A Santorso, nel vicentino, 60 dipendenti in isolamento. A Venezia poi
sono fermi circa 300 operatori dell’ospedale. A Padova chiusi tre reparti per contagi e quarantene». Bond e i colleghi parlamentari Raffaele Baratto, Piergiorgio Cortellazzo, Marco Marin hanno chiesto di trasformare il virus in ‘virtus’: «Il Veneto diventi laboratorio di “coraggio” a dimostrazione che le regole non sempre sono valide per tutti e talvolta vanno cambiate». Sulla stessa linea il senatore padovano dell’Udc Antonio De Poli: «È indispensabile trovare una soluzione, magari con un monitoraggio costante h24, perché è evidente che, con le misure precauzionali disposte, si rischia di mettere in crisi un sistema sanitario di eccellenza». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
Tango e milonga a Ferrara, contagio alla festa per trevigiani e polesani I vescovi del Triveneto
«Opportunità per rivedere gli stili di vita»
LA DANZA Due coppie di ballerini di milonga
L’ULSS 2 APRE UN NUOVO FILONE D’INDAGINE EPIDEMIOLOGICA CHE VA OLTRE IL FOCOLAIO DI GERIATRIA
sa di accertamenti.
IL COLLEGAMENTO Ovviamente al momento non si può escludere che altre persone siano rimaste contagiate tramite lo stesso canale. «Abbiamo un altro focolaio collegato a un club di danze latino-americane
L’emergenza determinata dalla diffusione del Coronavirus può rappresentare «un’opportunità di grazia, conversione, verifica e revisione degli stili di vita, come questo tempo di Quaresima richiede espressamente». Lo affermano - in una nota - i vescovi della Conferenza Episcopale del Triveneto, riunitisi ieri a Zelarino (Venezia). I vescovi fanno proprio il messaggio di unità e responsabilità del Paese arrivato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e inviano alle
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popolazioni del Nordest «una parola di fiducia e di incoraggiamento nei confronti di quanti sono più direttamente coinvolti o stanno più soffrendo e patendo, nei diversi ambiti di vita, per gli sviluppi così estesi dell’emergenza in corso». Le comunità cristiane, ricordano, sono oggi molto provate nella ordinaria vita ecclesiale e liturgica, ridimensionata nel rispetto delle disposizioni delle pubbliche autorità. «Ci sorregge, però - affermano -, la convinzione di fede che Dio non fa mancare la sua presenza e il suo aiuto».
PRESIDENTE Luca Zaia
di Ferrara – conferma Anna Pupo, responsabile del servizio Promozione e gestione attività vaccinale dell’Ulss 2 Marca Trevigiana – lì hanno trovato delle persone positive al coronavirus. E abbiamo avuto un collegamento epidemiologico anche qui a Treviso». Fino a questo momento la maggior parte dei contagi emersi nella Marca era collegata al focolaio esploso nel reparto di Geriatria dell’ospedale di Treviso. Adesso le cose stanno cambiando. Ad oggi nella Marca è stata confermata la positività di 109 persone al nuovo coronavirus. Una quindicina di queste, però, non derivano dal cluster del Ca’ Foncello. A Rovigo i positivi sono per ora fermi a 4. «Abbiamo dei contagi che arrivano anche da aree esterne alla provincia – spiega Francesco Benazzi, direttore generale dell’azienda sanitaria trevigiana – ovviamente non si possono fermare le persone. E in alcune situazioni si possono originare dei contagi». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Sabato 7 Marzo 2020 www.gazzettino.it
Casi confermati (al 06.03) TOTALE REGIONE VENETO 511
84
4
Vo’
Rovigo
50
109
Verona
Treviso
30
96
Vicenza
Venezia
* 118
10
Padova
Belluno
#
collegati alla Lombardia *# 3 Casi Assegnazione epidemiologica in corso
7
12
24
deceduti
dimessi
Ricoverati totali
Strutture di ricovero Azienda Ospedale Università Padova
38 Azienda Ospedaliera Univ. Integrata Verona 10 ULSS2 - Ospedale Treviso 49 ULSS3 - Ospedale Mestre 22 ULSS3 - Ospedale Venezia 11 ULSS3 - Ospedale Mirano 3 ULSS5 - Ospedale Rovigo 4 ULSS7 - Ospedale di Santorso 3 ULSS8 - Ospedale Vicenza 8 ULSS9 - Ospedale Legnago 3 Ospedale Sacro Cuore Don Calabria 4 Tot. Regione Veneto 155
(di cui in Terapia Intensiva)
16 3 9 4 1
4 2 39
Nel numero di 11 deceduti sono stati inseriti i 3 che nei precedenti bollettini erano stati collocati fra i decessi non correlati a infezione da coronavirus, in ottemperanza a quanto Þssato da una circolare del Ministero della Salute che chiede che tutti i decessi vengano inseriti nello stesso cluster. I decessi eventualmente non correlati saranno valutati dall’Istituto Superiore di Sanità.
I numeri
52 i nuovi contagi in Veneto ieri, con 25 ricoveri in ospedale
29 i casi positivi in Friuli Venezia Giulia, con 4 pazienti all’ospedale sostituzione del servizio a domicilio pone seri interrogativi su come viene gestita l’emergenza. Anche l’eventuale invio a domicilio degli operatori dovrebbe
prevedere importanti misure di prevenzione in ambienti che sono privati e non controllati come le strutture socio sanitarie e sociali. Non comprendiamo la ragione di questa scelta che scarica sulle famiglie la gestione di persone fragili che hanno inevitabilmente bisogno dell’ausilio di professionisti dedicati e che non è detto possano svolgere queste prestazioni a domicilio».
Vo’ in fila per il tampone «Pronti alla liberazione» Ieri i primi mille esami-bis, oggi e domani `Stasera il lancio di centinaia di lanterne si replica. Aspettando lo stop alla zona rossa con i messaggi dei bambini: «Torna la vita»
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Le tappe
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Il primo focolaio
2
Cordone e zona rossa
NEL NORDEST
Salgono invece a 29 i casi di coronavirus in Friuli Venezia Giulia: quattro persone sono ricoverate in ospedale, due a Udine e due a Trieste, mentre gli altri si trovano a casa, in isolamento, e risultano al momento in buone condizioni di salute. Complessivamente, le telefonate per coronavirus dal 22 febbraio a ieri in Friuli sono state oltre 14mila. E intanto l’Alto Adige, pur avendo due soli casi di persone positive al coronavirus, si è trovato inserito nella lista delle mete sconsigliate dal ministero degli Esteri del governo federale tedesco assieme alle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, oltre che al paese di Vo’ Euganeo. Alda Vanzan
Il 21 febbraio Vo’ Euganeo viene identificato come il primo focolaio del Coronavirus in Veneto. Due suoi abitanti risultano positivi e quella sera Adriano Trevisan muore.
Attorno al paese viene stretto subito un cordone sanitario. Il 23 febbraio il decreto del premier Giuseppe Conte lo individua come “zona rossa”: scattano i blocchi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DIRETTORE Andrea Crisanti guida Microbiologia e Virologia
nico, che possono proseguire l’isolamento a casa, lasciando il posto in ospedale ai casi più gravi. Le guarigioni vanno invece accertate dopo due test negativi consecutivi».
patologie pregresse? «Nella maggior parte dei casi, ritengo di sì. Le persone oggi, benché affette da gravi patologie croniche, possono avere importanti aspettative di vita, se non vengono aggredite da un virus del genere. Chiaro che però il discorso è diverso se si tratta di un’emorragia cerebrale: quella è un’altra cosa, rispetto ai problemi cardiorespiratori». Da giovedì la Regione Veneto ha indicato le prime guarigioni, dopo che c’erano già state le prime dimissioni. «Non c’è da stupirsi, di Coronavirus si guarisce. Le dimissioni vengono disposte per pazienti, migliorati dal punto di vista cli-
Fino a quando pensa che saranno necessarie chiusure e restrizioni in Veneto? «Le misure dovranno essere assunte in linea con le direttive nazionali. Certamente più rigorosi siamo nelle misure, prima ne usciamo. Quando? Le patologie respiratorie generalmente non si risolvono prima di fine maggio-inizio giugno...». Che ne sarà dell’economia? «Non si aiuta il sistema economico finché non si sconfigge l’epidemia sanitaria. Possiamo lanciare i messaggi più rassicuranti che vogliamo, ma il turista non andrà a Venezia finché sa che ci sono ancora casi di contagio in Veneto». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
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I risultati degli esami
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La ricerca scientifica
Il governatore Luca Zaia dispone che tutti gli abitanti vengano sottoposti a tampone. La prima ondata di esami ne vede 2.800, di cui 89 positivi. I pazienti si dividono tra casa e ospedale.
Grazie a 150.000 euro della Regione, il 6 marzo l’Università di Padova avvia un secondo screening. Comincia così la prima ricerca scientifica al mondo su una comunità rimasta isolata.
L’ATTESA VO’ (PADOVA) È partito il conto alla rovescia a Vo’. Altre 48 ore - salvo proroghe del decreto del Consiglio dei ministri - e il borgo sui colli euganei, dove è avvenuto il primo decesso da Coronavirus, tornerà “libero”. E mentre un migliaio di vadensi ieri - sindaco Giuliano Martini in testa - e altrettanti stamane hanno eseguito il tampone faringeo del secondo maxi screening su base volontaria, che l’Università di Padova sta realizzando nel paese sottoposto dal 24 febbraio alle restrizioni della zona rossa per studiare l’evoluzione del virus, c’è anche chi sta organizzando i festeggiamenti per lo scioglimento del cordone sanitario.
NEL CIELO
Centinaia di lanterne cinesi illumineranno stasera il cielo buio di Vo’, ormai arrivato al penultimo giorno di quarantena. Appeso a ogni fiammella volante ci sarà un messaggio scritto dai bambini del paese, lontani dai banchi di scuola da più di due settimane. Le lanterne prenderanno quota alle 20 da piazza Liberazione, il cui toponimo, oggi più che mai, esprime la speranza di tutti i vadensi di tornare alla normalità. Anche il lancio delle lanterne assume un valore simbolico: «Rispecchia la nostra voglia di libertà e il nostro desiderio di veder volare via questo maledetto virus – spiega Erik Granzon, uno dei promotori dell’iniziativa insieme a Giorgio Paolo Carpanese –. Non vediamo l’ora di riprendere la nostra vita e le nostre attività». La proposta è stata lanciata giovedì mattina ed è subito piaciuta ai residenti: ieri pomeriggio già 130 famiglie avevano prenotato la lanterna proprio da Erik, titolare di un’azienda pirotecnica: «Abbiamo chiesto un contributo di 3 euro l’una – spiega – e il ricavato andrà in beneficenza all’ospedale pediatrico di Padova». E qualcun altro si prepara al vero “capodanno” di Vo’: la mezzanotte di domani, quando i militari toglieranno i blocchi che da 14 giorni isolano il borgo padova-
IL SINDACO MARTINI: «È UN DOVERE MORALE PARTECIPARE A QUESTO STUDIO: POTREMMO AIUTARE A SALVARE VITE»
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DENTRO LA SCUOLA Medici e infermieri mentre effettuano i tamponi alla popolazione all’interno della scuola di Vo’ (LAZZARO/NUOVETECNICHE)
no. C’è chi si sta organizzando per stappare bottiglie - ovviamente di Serprino dei colli euganei proprio ai varchi, per festeggiare la “liberazione”.
LO SCREENING Ma prima di tutto questo c’è da completare lo screening per la ri-
Regione Veneto Auto blu in affanno Palazzo Balbi ricorre al servizio Ncc
cerca sul Coronavirus, con l’acquisizione dei nuovi tamponi. Ricerca che è il frutto di un accordo tra la Regione Veneto e l‘Università di Padova, con il dipartimento di Medicina Molecolare diretto dal professor Andrea Crisanti, che hanno chiesto l’aiuto di Vo’ e dei suoi abitanti per andare alla caccia dei segreti del virus. Nessun’altra realtà, infatti, può permettere già adesso un confronto sullo stesso campione di popolazione a soli 10 giorni di distanza tra primo e secondo test. Da ieri è partito il primo scaglione di test: un piccolo sforzo per i vadensi, una grande opportunità per la ricerca scientifica. E proprio con questo spirito gli abitanti del borgo si sono messi diligentemente in coda - rispettando la distanza i sicurezza di almeno un metro - per eseguire il prelievo. Primo in testa è stato il sindaco Martini, che alle 9 ha fatto il suo ingresso nella scuola, attrezzata a maxiambulatorio, con dottori e infermieri bardati con tenuta “anti-contagio”, pronti per mettersi al lavoro per questa tre giorni di raccolta di campioni. Il primo cittadino sprona i suoi concittadini: «Personalmente sento un grande dovere morale partecipare a questo secondo screening per dare un contributo alla ricerca a debellare questo virus maledetto che ha messo in ginocchio la nostra comunità. Spero che tutti approfittino di questa opportunità. È fondamentale fare questo gesto di solidarietà verso tutti coloro che sono stati colpiti o che possono esserlo in futuro. È importante, potrebbe voler dire aiutare a salvare delle vite». Durante il primo giro di tamponi, le persone che si sono sottoposte al test sono state poco più di tremila. Di questi, 89 sono risultati positivi: «Ma siamo scesi a 84 e il numero diminuisce sempre di più perché i contagi sono finiti e c’è chi si negativizza e guarisce. Ora pensiamo solo alla riapertura del cordone sanitario», evidenzia Martini.
VENEZIA L’emergenza Covid-19 ha messo in difficoltà anche l’autorimessa della Regione Veneto. Come recita un decreto pubblicato ieri sul Bur, gli autisti sono stati sottoposti nelle ultime settimane a prolungati turni di servizio” e così, “per consentire adeguati periodo di riposo al personale”, la Regione ha deciso di avvalersi di un servizio di Ncc, noleggio con conducente. Sono stati interpellati quattro operatori del settore, alla fine la scelta è caduta su una ditta di Mestre che ha fornito i prezzi più vantaggiosi. Ad esempio: Venezia-aeroporto 40 euro, Venezia- Vicenza 150 euro, eventuale del conducente pranzo/cena 20 euro. L’impegno di spesa è 6.093,90 euro. (al.va.)
L’amministrazione di Vo’ ha anche avviato una raccolta fondi ufficiale. Ieri pomeriggio il sindaco ha pubblicato un avviso: “Sentite le numerose richieste di poter contribuire per sostenere il Comune in quest’emergenza, l’eventuale donazione può essere fatta al conto corrente intestato al Comune di Vo’, IT 84 C0103063000000001231082. Grazie perla generosità». Marina Lucchin
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I FONDI