Caro A. … … Mi chiedi del lavoro su S. E capisco che avverti come un attrito, una distanza, tra quello che sono io e il mondo di S.: come se noi si abitasse mondi tanto diversi e lontani. In realtà non credo sia così. Forse non è mai così, quando si ha a che fare con il tentativo di tradurre la vita nelle forme. Il lavoro di S. ha molto a che fare con questa traduzione della vita. E dunque ha molto a che fare anche con la morte. Forse con l’intimità della morte alla vita. Non ti nascondo che dentro a S., dentro alle sue cose, al suo sguardo, cerco anche me stesso. Cerco di far uscire un po’ di quello che non so di me. Accade sempre così quando ci si trova a tradurre il lavoro di un’altra persona. Ma sto cominciando anche a chiedermi se questa non sia in realtà una condizione costante in ogni tipo di lavoro. Non siamo forse sempre chiamati a tradurre il discorso di un altro? Procedo per ora molto per sensazioni. Sai che gli architetti sono dei cazzoni, che tendono sempre a fagocitare temi, a dire cose, a triturare, come se fossero pensatori, uomini di lettere, poeti, filosofi. E in questo remix varcano una soglia, entrano in casa e ti parlano direttamente dalla poltrona, mica dai libri. Per questo, oltre ad essere pericolosi, sono anche persuasivi. Oppure solamente presenti. Vedi A., a me sembra che con S. il religioso, il simbolico, il trascendente del sacro, giochi la sua partita contro la macchina. Ma non lo fa demonizzandola. Non prende semplicemente le distanze, schizzinoso e infastidito, né si ripara dentro un recinto che si pretende innocente ed immune. S. non si allontana dal
Caro A.,
mondo, non cerca la salvezza fuori. Ci entra dentro con decisione, ne segna il campo e lo infetta, lo trasfigura. Non c’è nessun rifiuto. Il sacro, il primitivo, l’arcaico, non è in S. semplicemente contrapposto al mondo della macchinazione e dell’assenza totale di significato che si cela nella sua proliferazione infinita e insensata. S. si infila in quel mondo e lo amalgama di forme che vengono da altrove. Anzi con le sue forme, fa di tutto per evocare, a volte persino sfacciatamente, un altrove. (…) (Riguardo a me) dici che io sono un uomo che tende fili leggeri e trasparenti tra cose, forme, strutture e comportamenti. Forse è così. Ma a volte, vedi, ho l’impressione che questi miei filamenti restino come pensieri. Solo pensieri. Che essi rischino altezzosamente di non dire esplicitamente nulla. Rivelano, forse. Spesso sono incomprensibilmente efficaci. Ma nella loro trasparenza, appunto, sono quasi invisibili. E a volte perciò pericolosi. Troppo personali. Troppo interiori. Dove sono gli altri quando tendo questi fili? Come parlo con loro? Come posso accettarli, coinvolgermi in loro? Sono capace di dialogo? Tu mi hai citato una volta un poeta che diceva che noi siamo un colloquio. Ma essere davvero un colloquio è terribilmente complicato. Come se ci fosse bisogno di una potente e violenta passività, per essere, davvero, un colloquio. Essere un colloquio è l’impresa impossibile e necessaria di essere anche gli altri. È in fondo questo quello che sto cercando: gli altri. E io anche un altro con loro, finalmente dissolto nel tempo, nelle relazioni vere dei corpi e delle parole. Una destinazione chiara, una missione, un impegno al cambiamento.
Ecco, vedi, S. mi riporta qui; vorrei che quei miei filamenti agissero in presa diretta. S. è per me questo. S. agglutina il mio immaginario con azioni semplici, fastidiose, ingombranti. Azioni che lasciano il segno. S. comprende che la trascendenza, l’altrimenti dell’essere, non può che esprimersi nell’essere stesso, nella carne, nel corpo. Gli oggetti di S. dicono questa inaggirabilità del corpo, che il significato, per apparire, deve sempre farsi carne, materia, gravità. Mi basta questo, di S., per poter dire che per me è una cura. Fammi sapere. Ciao A
ho ricevuto la tua lettera. Grazie. E meno male che qualche volta ricevo lettere come la tua. Parole che riescono finalmente a farmi pensare, dopo giorni intessuti di violenze e rigidità. Ci sono ancora luoghi come questa tua lettera in cui ricercare cose da guardare con occhi stupiti. Ricordi le mie foto su Instagram? Mi ha colpito molto che ti abbiano colpito. E se hai visto, come scrivi, un’orma indelebile in quelle foto credo tu possa capire qualcosa di più intorno a questo mio lavoro su S., intorno a questo mio tradurlo. E certo hai ragione – e ti ringrazio di avermelo ricordato così lucidamente – a dire che il tradimento di ogni traduzione forse non segna solo la sconfitta, ma anche la potenza, la capacità di creare ulteriori significati, di aprire nuovi mondi e di costruire così tradizioni. S. parla di luoghi e forme e uomini che mi interessano. Parla di qualcosa che è dentro di me. Svela più di tutto quel che è emerso sino ad ora nel mio lavoro; in qualche modo mi smaschera. Di lui mi interessa quel sentimento di solitudine, di disperazione e soprattutto di impotenza. Ti trascrivo qui alcuni miei appunti presi studiando le sue cose. Lui che decide di stare dalla parte di ogni cosa, di ogni uomo. Lui che si devolve all’esistenza e che si consuma. Sopravvive, nel fare e disfare, sino al termine della notte. Brigare la vita, sistemare totem che non servono a niente (ma qualcuno capisce, sempre meno, ma qualcosa capisce). Tutto impastato tra pistole e
polli nei supermercati e fiori negli angoli delle strade di altri luoghi lontani. Capisci? In S., nelle sue forme, nei suoi oggetti, in queste sue azioni, c’è un’inquetudine per la vita che è evidentemente anche un esorcismo per la morte. Pensa ai vasi. Nel linguaggio della Kabbalah si parla del desiderio come di un vaso. Un vaso è come una coppa vuota che necessita di essere riempita. Il vaso è il femminile. È il luogo e lo spazio dell’attesa. È la condizione. È ciò che rende possibile la vita. E la vita è sempre desiderio. Vivere – me l’hai scritto tu – significa essere un corpo che sente. E un corpo che sente è sempre immerso dentro quella sorta di squilibrio che implica necessariamente una mancanza. E il vaso rotto è un desiderio infranto. A
Caro A,
Caro A.,
I vasi – mi chiedi – non sono in realtà sempre necessariamente rotti? L’apertura che consente loro di essere riempiti o di far sgorgare fuori un dentro, non è anche insieme una frattura rispetto all’opaca e densa perfezione delle forme chiuse? Non è quella bocca, che insieme riceve e dona, anche una ferita, un taglio, una lacerazione? Per essere se stesso, per essere la possibilità di un dentro che esce e di un fuori che entra, il vaso deve essere aperto e dunque necessariamente lacerato. La ferita fa parte della sua perfezione.
Grazie dei riferimenti e grazie della comprensione.
E che altro siamo noi? Se cancellassimo la nostra ferita, la nostra incompiutezza, che cosa saremmo? Forse – mi scrivi – dobbiamo pensare insieme la compiutezza e la frattura, la pienezza e la mancanza, la ricchezza e la miseria. Altrimenti – concludi – pensiamo solo simulacri. È così. È proprio così. Forse è proprio per questo che sto lavorando a una slot machine. ‘Slot’ è fessura, è taglio, anfratto in cui insinuarsi. Sto pensando a una macchina che infetta le ferite, che sia in grado di rivelarle, di accostarle. Vorrei che dalle immagini della slot machine emergessero quelle relazioni che costituiscono il fondo oscuro di me che leggo S. Vorrei che un movimento solo apparentemente accidentale o solo apparentemente comandato portasse a manifestazione gli intrecci delle cose, il loro essere sempre l’una lo specchio dell’altra e poi ancora ognuna la superficie increspata nella quale è possibile scrutare l’intenzione di S., il suo mondo di uomo. Ciao A
Mi ha colpito molto la citazione da Hegel: «il privilegio della natura sensibile è di sentire dolore». E mi ha colpito forse ancora di più quello che definisci come un tuo imbarazzo complicato, qualcosa di simile alla paura e alla vergogna. Come se questa proposizione (trascrivo ancora una volta quello che mi hai scritto) contenesse l’essenziale, l’inaggirabile, una qualche forma di verità decisiva relativamente a noi stessi e a un tempo, proprio nello stesso tempo, il rischio di una sua immediata rimozione, di un suo alleggerimento, persino di un suo annientamento. Dolore e privilegio. É questo accostamento – scrivi – che produce un effetto insieme inebriante e nauseante. Tutto questo riguarda molto S. Vivere significa essere un corpo che sente. In quella frase bastarda – così dici – c’è scritto quello che siamo. E tutto quello che dobbiamo provare a capire per essere davvero, fino in fondo, quello che siamo. In S. c’è potente l’idea che il farsi carne è la condizione stessa dell’esistenza. Che non si fugge dalla gravità negandola. Che per esserci c’è bisogno della gravità. Che non c’è nulla fuori di essa. In S. questo basamento, questa forza che àncora alla terra, è spaventosamente enfatizzata. Ma il basamento è sempre anche il luogo da cui si guarda, è lo spazio che si apre alla trascendenza.
S. evoca il sacro nell’ordinario, lo converte; conduce forme archetipiche, arcaiche, dentro un paesaggio domestico, fatto di oggetti d’uso, tecnicamente riproducibili. È un trasloco del sacro, quello di S. Questo trasloco è però anche, sempre,un atto tragico, un sacrificio; costruisce un frammento, una scheggia che emana un’aura e poi butta questo simbolo dentro la negazione stessa del simbolo. È appunto l’evocazione del sacro nell’ordinario. La metamorfosi dell’oggetto rituale in oggetto domestico. Come se questa evocazione del sacro non potesse che testimoniarne la morte. Ma anche solo la testimonianza della morte del sacro è una memoria. Ciao A
Caro A,
Caro A.,
… Mi chiedi poi se tutto questo non sia in realtà un gioco. Non è un gioco, A.
Ti lascio alcune parole di S. un po’ truccate, ora. Ne sei anche tu, peraltro, almeno in parte responsabile.
È una rappresentazione tragica. Come se l’unico modo per avere a che fare con la morte fosse quello di prenderla in giro.
In fondo sono l’inizio. E sono anche la fine.
S. ha vestito la morte di vita. Ha condotto l’irripetibile nello spazio dell’infinita ripetizione. La sua è una potente impresa comunicativa. Quale che sia il significato profondo dei suoi segni, con essi egli ha evidentemente inoculato come un senso di religiosità arcaica nelle forme della comunicazione. È davvero curioso come l’espressione di un uomo così sensibile e raffinato sia così potente, vigorosa, virale: come riesca a invadere il privato toccandolo in maniera equivoca sino nelle camere da letto. S. ha prodotto un parapiglia culturale, delle brecce e degli sconfinamenti nello spazio domestico e borghese. La cultura ha aperto la porta e S. è entrato delicatamente dove poteva, diffondendosi nel sistema sanguigno del mondo della comunicazione sino a non essere più stravagante. Come se ci fosse un’ossessione: rendere la profondità superficiale, portare i significati in mezzi accessibili, a portata di mano; mescolare il mondo delle forme della comunicazione e il mondo dell’arte, desacralizzando questo e consacrando quella. C’è una sorta di consapevole blasfemia in tutto questo. Buona notte Ciao A
Un abbraccio qui (in attesa di quello vero) A
Un’altra faccenda che tutto sommato non funziona mai è anche la cultura dell’immagine nata intorno alla macchina, perché in realtà continuano a funzionare soltanto i vecchi giochi dell’ironia, del feticismo, della religione, della rabbia, dell’angoscia, della follia e della paranoia; tutti i vecchi giochi della gente che è restata fuori da questa civiltà delle macchine, gente che non è riuscita o non ha mai voluto entrare direttamente nel discorso (…)
(…)
queste tracce nei vasi o nei disegni, nelle decorazioni delle culture popolari
Avverto un certo imbarazzo
(...)
(…)
(…)
Uno come me (dico proprio io), per esempio, che tra mille confusioni, nel caos culturale che gli è toccato, briga nel lavoro e tenta di darsi una traiettoria facendo parte di un sistema economico borghese minore, non incisivo quanto l’arte, non quanto la finanza, abbastanza fuori dalle logiche di potere, uno come me può essere capace di cogliere le iniquità orribili, ma è anche abbastanza corazzato per non esaurirsi. Allora, tu lo sai, uno come me o si siede inerme a guardare fuori dalla finestra oppure si aggira a cercare dove può frammenti di realtà possibile. (…) Ci muoviamo in spazi sottili lasciati liberi per disattenzione o forse per calcolo da quelli che i loro giochi li hanno fatti tutti, da quelli che li stanno facendo con furbizia e ferocia senza lasciare posto non dico all’umano, ma almeno allo humour, alla pigrizia, al gioco. (…)
Natura
Ailanthus altissima
Allium ampeloprasum
Artocarpe Artocarpus
Cyperus papyrus
Digitalis purpurea
Dipsacus sylvestris
Asarum caudatum
Bactris major
Bellis perennis
Erica cinerea
Franklinia alatamaha
Fuchsia fulgens
Boswellia serrata
Brasenia schreberi
Camellia japonica
Gladiolus
Glycyrrhiza glabra
Guaiacum officinale
Cereus
Chaerophyllum temulum
Commiphora myrrha
Hoya carnosa
Hyacinthoides non scripta
Hydrangea macrophilla
Lapsana communis
Lupinus polyphyllus
Magnolia grandiflora
Rosa eglanteria
Morus
Musa sp.
Narcissus poeticus
Sabal palmetto
Primula veris
Smilax rotundifolia
Syringa sp.
Sphagnum capillifolium
Rhododendron
Trifolium pratense
Viola pedata
Zantedeschia aethiopica
Paeonia foemina
Quercus lusitanica
Peristeria elata
Ranunculus asiaticus
Roystonea regia
Saribus rotundifolius
Rubus idaeus
Sarracenia purpurea
Eros
01
05
09
13
17
21
02
06
10
14
18
22
03
07
11
15
19
23
04
08
12
16
20
24
25
28
31
34
37
40
26
29
32
35
38
41
27
30
33
36
39
42
Slot machine
A
d1 / d2
30° d3
1800
d3
30° 1200
d1
d3 395
d3
d3
d3 d3
d3 d3
d4
3500
3600
30° d3
30°
Sezione A - A
A
650
835
185
450
1800 900
1825
1800
1900
d2
450
d3
tubolare metallico ø 40 + predisposizione aggancio d1/d2 tubolare metallico ø 30 + predisposizione aggancio d3 tubolare metallico ø 30 + predisposizione aggancio d3 + d4 pannello in multistrato spess. 15 mm + rivestimento in carta naturale tubolari metallici saldati ø 30 + predisposizione aggancio d3
d4
Slot
1.1 Cabinet no.79, E.S. per Friedman BendaGallery, NY, 2006 1.2 villaggio in Birmania, foto E.S., 1962 1.3 piatto in ceramica, E.S. per Galleria Il Sestante, produzione Bitossi, 1961 1.4 interno a Milano, E.S., foto Casali-Domus, 1959 1.5 scena dal film ‘’Il perfido incanto’’, Enrico Prampolini, 1916 1.6 villaggio in Birmania, foto E.S., 1962
1.
4.
1.7 Cabinet n.71, E.S. per Friedman Benda Gallery, NY, 2006 1.8 portafiori e scatola in ceramica, E.S. produzione Bitossi, 1959 1.9 - - -
4.1 Gopuram, occasional table, E.S., 1988 4.2 Birmania 4.3 Geology 10, E.S. per Friedman Benda Gallery, NY, 2007 4.4 Menta, totem in ceramica policroma, E.S., produzione Bitossi per Mirabili, 1964-86 4.5 Birmania 4.6 manifesto mostra Sottsass, serigrafia, E.S., galleria La Bertesca, Genova, 1967 4.7 Independence Monument, Phnom Penh, Cambogia, 1958 4.8 - - 4.9 Tempio azzurro, scultura in ceramica per la mostra Paesaggio per un pianeta fresco, E.S., Stoccolma, 1969 5.1 donne indiane nel deserto del Thar, India 5.2 totem in ceramica smaltata policroma, E.S., per galleria Il Sestante, produzione BitossiMontelupo, 1964 5.3 Torso of a Young Man, Constantin Brancusi, c.1923
2.1 India, foto E.S., 1993
2.
5.4 - - 5.5 donna indiana 5.6 vaso in ceramica, E.S., produzione Bitossi, 1955 5.7 - - 5.8 arakiri dell’architetto, collezione Superbox, E.S., produzione Poltronova, 1967 5.9 decorazione murale a Jaisalmer, India
5.
3.1 Tempio indiano, foto E.S., 1962 3.2 casa a Firenze, E.S., 1967 3.3 The Inhabited House, E.S., Palazzo Strozzi, Firenze, 1964 3.4 vaso, Josef Hoffmann, 1905 3.5 interno, E.S., 1959 3.6 78 Derngate, Northampton: design for the staircase screen in the hall, C.R. Mackintosh, 1916
3.
6.
3.7 Postsparkasse, Otto Wagner, Vienna, 1904-12 3.8 decorazione su laminati plastici, E.S., 1956 3.9 parete in piastrelle di ceramica, disegno E.S., produzione Bitossi, 1959
6.1 scena del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, Pier Paolo Pasolini, 1975
7.
10.
7.1 - - 7.2 villaggio nel deserto del Thar, India 7.3 mobile da soggiorno, E.S. per Poltronova, 1965
10.1 Casablanca, E.S. per Memphis, 1981 10.2 Dea Lakshmi, Induismo 10.3 - - -
7.4 mobile da soggiorno, E.S. per Poltronova, 1965 7.5 ceramica delle tenebre, E.S. per galleria Il Sestante, produzione Bitossi, 1959 7.6 fotografia A.S.
10.4 religioso indiano durante il Kumbh Mela 10.5 piatto in rame smaltato, E.S. per Galleria Il Sestante, foto Enzo Asaia, 1958 10.6 fotografia A.S.
7.7 Yemen, vaso in vetro soffiato, E.S. per Venini 7.8 piatto in ceramica smaltato, E.S. per galleria Il Sestante, produzione Bitossi, 1958 7.9 George Nelson, Marshmallow sofa, 1956
10.7 fotografia A.S. 10.8 alfabeto giapponese 10.9 Kalligraphy, vaso in ceramica, E.S., 1996
8.1 scena dal film “Thais”, Enrico Prampolini, 1917 8.2 “Santa sofia” textile, disegno di Josef Hoffmann prodotto da Wiener Werkstatte, 1910 8.3 scena dal film “L’Inhumaine”, art directors Claus Autant Lara e Alberto Cavalcanti, 1924
11.1 - - 11.2 Cabinet no. 8, E.S. per Friedman Benda Gallery, NY, 1994 11.3 divinità induista Shiva
8.4 fotografia A.S. 8.5 disegni per vasi in ceramica, E.S. 8.6 public art performance, Groupa TOK, Serbia, 1973
8.
11.
8.7 vetrina Goods and Chattels a Londra, foto E.S., 1969 8.8 Superbox per Poltronova, E.S., 1968 8.9 - - -
9.1 casa in Birmania 9.2 Vestiti nell’orto, E.S., c.1966 9.3 fotografia A.S. 9.4 Manhattan, foto E.S., 1969 9.5 fotografia A.S. 9.6 armadi Superboxes, foto E.S., 1966
9.
12.
9.7 Striped Drawer Unit, E.S., produzione Boscaro, 1999 9.8 D51 sofa, Walter Gropius for Fagus factory Alfeld, Bauhaus Weimar, 1922-23 9.9 second floor terrace, Gropius House, Walter Gropius, Lincoln, MA, 1937-38
11.4 - - 11.5 - - 11.6 - - 11.7 Sala delle conferenze all’interno del Folkwang Museum, Peter Barhens, 1906 11.8 An Altar (Very Private): For the Meditation of Personal Memories, with Drawers: In Which to Conserve Leaves and Pedals of Long-Gone Springs Gathered with Nanda Along the Banks of the River Love”, E.S., 1969 11.9 Ziggurat di Ur, Tell el-Muqayyar, Dhi Qar Province, Iraq 12.1 Shri Maha Kali Yantra 12.2 Y29, vaso in ceramica rosa, collezione Yantra, E.S., 1968 12.3 marchio Brigate Rosse 12.4 pozzo di Chand Baori, villaggio di Abhaneri, Rajasthan, India, VII secolo 12.5 - - 12.6 portafrutta in ceramica Y 19, collezione Yantra, per DESIGN CENTRE, E.S., 1969 12.7 fotografia A.S. 12.8 Sri Yantra 12.9 vaso modello Y28, collezione Yantra, E.S., Edizioni Arte Design 1968
13.1 - - 13.2 divinitĂ induista Gayatri 13.3 libreria Carlton, disegno di E.S. per Memphis, 1981 13.4 vaso in vetro soffiato Clesitera, E.S. per Memphis, 1986 13.5 Testa di Cinese, Fortunato Depero, 1930-34 13.6 Boudhanath Stupa, Kathmandu, Nepal 13.7 - - 13.8 Goju-no-to Pagoda, Miyajima Island, Giappone, 1426 13.9 Bottiglia Camparisoda, disegno di Fortunato Depero, 1932 13.
16.
16.1 India, foto E.S., 1977 16.2 Havana 16.3 Miami 16.4 Looking at Yourself Like a Temple Prostitute, E.S., 1987 16.5 - - 16.6 tempio a Pergamo, Turchia 16.7 Villa Karma, Adolf Loos, Clarens presso Montreux, 1903 16.8 Wolf House, E.S., Ridgway, Colorado, 1987-89 16.9 Villa Le Lac, Le Corbusier, Corseaux, Vevey, Svizzera, 1923-24 17.1 interno, E.S., 1960 17.2 Illusionista di campagna, Giuseppe Capogrossi, 1938 17.3 Non tutti possono disegnare la vita come una festa, foto E.S. in Metafore, 1976
14.1 - - -
17.4 Jukebox Wurlitzer 1015, 1946 17.5 lampada da tavolo Asteroide, E.S., 1968 17.6 - - 17.7 Casa Olabuenaga, E.S., Maui, Hawaii, USA, 1989-97 17.8 Paesaggio urbano, Anastasio Soldati, 1946 17.9 - - -
14.
17.
15.1 Three Flags, Jasper Johns, 1958 15.2 soggiorno, appartamento a Milano, E.S., 1959 15.3 divanetto Alleegasse per la stanza della musica del Dr. Hugo Koller, Josef Hoffman, 1912 15.4 Pausania Table Lamps, E.S. per Artemide, 1982 15.5 Disegno per un orologio per W.J. BassettLowke, C.R. Mackintosh, 1915-23 15.6 Tripod Clock, George Nelson per Vitra, 1947
15.
18.
15.7 Galleria del museo dell’arredo contemporaneo, Sottsass associati, Ravenna, 1992-93 15.8 Architettura nello spazio, Enrico Prampolini, 1920 15.9 Giardino chiuso con cipresso, E.S., Galleria Antonia Jannone
18.1 Sottsass Ettore jr, fotografia originale b.n. E.S., 1968
19.1 fotografia A.S. 19.2 Caffettiera in porcellana, Josef Hoffmann, c.1905 19.3 piatto in ceramica per Galleria Il Sestante, E.S., produzione Bitossi, 1961 19.4 Apple, Grapes, Grapefruit, Roy Lichtenstein, 1974 19.5 Studi per Poltronova in laminato plastico Print c.1966 19.6 Kellogg’s corn flakes boxes, Andy Warhol, 1971
19.
22.
19.7 Geometria verticale, arazzo ad “alto liccio” in lana, Luigi Spazzapan 19.8 Composizione Astratta, arazzo ad “alto liccio” in lana, Luigi Spazzapan 19.9 interno, E.S., 1959 20.1 armadio, Josef Hoffmann, 1906 20.2 manifesto mostra Ceramiche Tantriche, galleria La Nuova Loggia, Bologna, 1969 20.3 - - 20.4 fotografia A.S. 20.5 Umkehrende Reihen, Günter Fruhtrunk, 1962-63 20.6 piatto in ceramica, per Galleria Il Sestante, E.S., produzione Bitossi, 1961
20.
23.
20.7 Mickey Mouse, Walt Disney 20.8 Andy Warhol durante le riprese del film “My Hustler”, Fire Island, New York, 1965 20.9 Cinnamon Tea Pot, E.S., 1988 21.1 Cabinet no.73, E.S. per Friedman Benda Gallery, NY, 2006 21.2 - - 21.3 La Prima Stanza, Villa Imperiale di Katsura, Kyoto, Giappone, foto Y. Matsumura, 161563
21.
24.
22.1 Castello in aria, Osvaldo Licini, 1933-36 22.2 Movimento Arte Concreta, serigrafia, Manlio Rho, 1956-57 22.3 disegno di un mobile, E.S., 2003 22.4 vasi in ceramica, E.S., 1958 22.5 Ceramics, Egon Schiele, 1918 22.6 Serie B per Lobmeyr, Josef Hoffmann, 1912 22.7 Flower shell, Max Ernst, c.1956 22.8 Tecnologia del decondizionamento, Pianeta fresco n. 2/3, marzo 1968 22.9 Flowers (Four-foot Flowers), Andy Warhol, 1964
23.1 Phud-Phor, serie Capricci, E.S., 1998 23.2 Indian woman carrying water, India 23.3 - - 23.4 contenitore in ceramica, 1958 23.5 - - 23.6 bibliothèque, disegno di E.S., 1984 23.7 - - 23.8 India, foto E.S., 1987 23.9 Ikea, Enzo Cucchi, 2011
24.1 Cabinet no.74, E.S. per Friedman Benda Gallery, NY, 2006 24.2 Superficie 56, Giuseppe Capogrossi, 1950-52 24.3 - - -
21.4 Naomi bookcase, E.S., 1985 21.5 Composizione, Mauro Reggiani, 1970 21.6 - - -
24.4 Ceramic Clock, George Nelson, 1953 24.5 Palm Spring, tavolo da pranzo per Memphis, E.S., 1984 24.6 An Alpaca Mantel Clock per wiener werkstätte, Joseph Hoffmann, 1910-12
21.7 Il cappello fa l’uomo, Max Ernst, 1920 21.8 Vaso in porcellana Euphrates per Memphis, E.S., 1983 21.9 Quarzo III, litografia, Giuseppe Capogrossi, 1970
24.7 restored Hagia Sophia mosque, da Lokman, Shahnama-i Salim Khan, Istanbul, c.1581 24.8 Copper light fitting, Charles Rennie Mackintosh 24.9 Il pianeta come festival, E.S., 1973
25.1 Istar cabinet, E.S, 1985 25.2 porta di Mam Grawtshang al Sera Monastery, Lasha, Tibet 25.3 - - 25.4 cabinet, E.S., 1948-49 25.5 pagine illustrate da Sbaang, Milano, East 128 n.14, Ettore Sottsass e Fernanda Pirovano, 1965 25.6 Composition XIII (woman in studio), Theo Van Doesburg, 1918 25.7 libreria Max, E.S., 1987 25.8 textile, Josef Hoffmann, 1928-29 25.9 fotografia A.S. 25.
28.
26.1 Parade of gardeners, from Intizami’s Surname 26.2 Architectural Rafts, disegno E.S., 1973 26.3 - - 26.4 A Shiva Lingam with Yoni base 26.5 - - 26.6 portacenere in ceramica, E.S., anni’60 26.7 - - 26.8 Chocolat, totem produzione Mirabili, E.S. 26.9 colonne Dhanari, Lasha, Tibet
26.
29.
30.
28.4 scala per biblioteca, Josef Hoffmann, 1905 28.5 Writing cabinet, Charles Rennie Mackintosh, 1904-05 28.6 Disegno per un orologio per W.J. BassettLowke, Charles Rennie Mackintosh, c.1917-23 28.7 Political Rally, Chicago, Robert Frank in “The Americans”, 1956 28.8 fotografia A.S. 28.9 fotografia A.S. 29.1 fotografia A.S. 29.2 Londra, foto E.S., 1966 29.3 disegno dell’orribile messaggio dell’uomo agli altri pianeti, foto E.S. in Metafore, 1976 29.4 Torso of a young man, Constantin Brancusi, Centre Pompidou, 1923 29.5 L’isola dei morti, Arnold Böcklin, 1883 29.6 Torre rossa, Giorgio De Chirico, 1913 29.7 disegno di E.S. in Architettura attenuata, 2003 29.8 Negozio, Autorimessa, Abitazione, disegno di E.S. in Architettura attenuata, 2003 29.9 Architettura Monumentale, disegno di E.S. in Architettura attenuata, 2003
27.1 Pianeta fresco n.1, Milano Edizioni East 128, 1967-68 27.2 pattern Bacterio, E.S., 1978 27.3 Camouflage, Andy Warhol, 1986
30.1 Agra Totem, E.S., produzione Bitossi, 199495 30.2 Taj Mahal, Agra, India, 1632 30.3 - - -
27.4 vaso Ringhiera rossa, E.S., 1985 27.5 Londra, foto E.S., 1966 27.6 fotografia A.S.
30.4 tazza aurea di Vaphio, XV sec. a.C 30.5 vaso per offerte al tempio 30.6 vaso tornito in terra rossa, E.S. per Bitossi, c.1955
27.7 Londra, foto E.S., 1969 27.8 Londra, foto E.S., 1969 27.9 Londra, foto E.S., 1969
27.
28.1 Asterisk, George Nelson per Vitra, 1950 28.2 fotografia A.S. 28.3 Ball Clock, George Nelson per Vitra, 1948
30.7 Superficie sviluppabile, Anton Pevsner, 1938–39 30.8 Visione spettrale, Anton Pevsner, 1959 30.9 copertina Germana Marucelli + Getulio Alviani - Firenze / New York 1965, foto di E.S., 1965