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DESTINAZIONE CAMPUS Riorganizzazione del polo scolastico di Lugo, attraverso la riqualificazione del’ex acetificio Venturi

Laureanda Eleonora Folli Relatori Alessandro Massarente Filippo Boschi Correlatore Gianluca Frediani

Tesi di laurea AA. 2015/16 UniversitĂ degli studi di Ferrara. Laurea magistrale a ciclo unico in architettura



alla mia famiglia



Indice

Abstract

10

Introduzione

12

Inquadramento 1.

1.1 1.2 1.3 1.4 1.5

2.

2.1 2.2

La realtà lughese

Il territorio lughese e la centuriazione romana Il sistema insediativo e il tessuto storico della città Una passeggiata in centro Viabilità: una struttura funzionale L’area ferroviaria e la zona “Lugo sud”

Il sistema del verde

Una trama di giardini Tondo: il parco dei lughesi

15

16 21 27 33

37

41

42 44

Analisi 3.

3.1 3.2 3.3

Spazi dismessi, degradati

Un problema globale Lugo e le aree dimenticate Pianificazione e previsioni urbanistiche 7

47

48 51 54


4.

L’acetificio Venturi

59

5.

Progetti esistenti

97

5.2 5.3 5.4 5.5

2001 Masterplan LUGO SUD, 2007 Studio di fattibilità, Madonna delle Stuoie, 2010 Masterplan Lugo sud, città solare, 2011 Lugo, supermarket e Casa della Salute, 2017

98 100 101 102 106

4.1 4.2 4.3 4.4

5.1

Una nota biografica sul fondatore Agostino Venturi 60 Dal vino all’aceto: il ciclo produttivo 62 Analisi critica dei manufatti 64 L’azienda raccontata dall’ex dipendente Brusi Giuliano 75

Progetto di riqualificazione “Campus scolastico”,

Il tema della scuola 6.

Architettura scolastica

6.2 6.3 6.4

cos’è cambiato? A colloquio con le esperienze europee Obsolescenza del patrimonio scolastico La normativa italiana

7.

Adolescenti: pedagogia e didattica

133

8.

Dalla teoria alla pratica

141

6.1 Dalle scholae agli istituti comprensivi,

7.1 7.2 7.3

8.1

Il “Sistema preventivo” di Don Bosco Le basi: il metodo Montassori Don Milani e la scuola di Barbiana

L’architettura della pedagogia e la pedagogia

dell’architettura 8.2 La qualità del binomio 8.3 Come applicare la didattica all’architettura? 8.4 Lugo... cosa è stato fatto?

115 116 120 124 126

134 135 139

142 145 148 150


Progetto 9.

Ripensando l’area

155

10. Strategia di progetto

171

9.1 9.2 9.3 9.4

10.1

Il triangolo mancante Connessione: a chi giova? Spunti progettuali Interventi preliminari

157 158 159 168

Un parco per la comunità, un campus per gli

studenti 10.2 Qualcosa è cambiato: aperture e dislivelli

11. L'ex industria fa scuola 11.1

Da acetificio a polo tecnico industriale e

11.2 11.3 11.4

professionale Struttura e organizzazione della scuola Auditorium e palestra: tra studenti e comunità Dettagli architettonici e materiali

172 176

181 182 185 188 190

Conclusioni Bibliografia

195

Ringraziamenti

201

Elaborati grafici

205


Foto aerea della cittĂ di Lugo.

Ph. Folli Raffaele, 12 marzo 2015

8


9


Abstract

Campus per gli antichi romani rappresentava la campagna, la natura, la vita. Nell’ambito di questa tesi, campus definisce l’idea di vitalità di un luogo, pensata per migliorare l’esperienza di studio e di socializzazione di una comunità di giovani studenti e non solo. Destinazione indica sempre uno scopo, una meta. La volontà di realizzazione di una cosa in cui si crede. Questo campus scolastico di Lugo, così come è stato pensato, diventa l’opportunità di concretizzare un ideale di luogo in cui vivere la scuola. In un contesto di questo tipo si pone l’ex “Area Venturi”, caratterizzata dalla presenza di un acetificio dismesso da anni. L’abbandono dell’area offre l’occasione per riflettere sulla riqualificazione di una zona industriale dismessa, collocata in una posizione strategica della città: vicino alla ferrovia, ma al di là della barriera. L’area è marginale, ma non distante dal centro storico, ottima quindi per beneficiare dei servizi della città e allo stesso tempo essere un servizio per il territorio. Possiede dunque un forte potenziale dal punto di vista urbanistico, sia a scala di quartiere che a livello di città. Il progetto che viene proposto prende così in considerazione l’intera area del parco del Tondo, riorganizzandolo in un vero e proprio campus scolastico. Viene ripensato in tutte le sue potenzialità: aule e spazi per lo studio, centri di aggregazione e di svago, aree per lo sport e per il tempo libero. Lo scopo è quello di creare un luogo nel quale possano incontrarsi le diverse realtà già presenti all’interno del parco e 12


mettersi in relazione fra loro. Il progetto architettonico approfondisce l’area al di là della ferrovia, costituita dall’ex Acetificio Venturi, il quale viene trasformato in scuola di secondo grado annessa al nuovo campus. Il percorso parte da una ricerca e analisi della storia dell’azienda e della sua espansione e stratificazione sul territorio: lo scopo è quello di recuperare quanto più possibile i manufatti esistenti, rendendoli un elemento della memoria ancora oggi viva. Partendo dagli studenti, e conservando la memoria delle origini storiche, il progetto cerca di rendersi partecipe della vita quotidiana della gente, permettendo loro di riappropriarsi di questa parte di città attraverso un luogo di incontro e di scambio culturale. Costituirà dunque un nuovo riferimento e un importante motore di sviluppo per Lugo.

13


Introduzione

Quello dell’edilizia scolastica in Italia è un tema certamente molto importante; è stato ed è oggi un argomento di grandi discussioni, a partire dall’appello di Franco Lorenzoni, poi con la successiva risposta “Ecco la scuola che farei” di Renzo Piano, e infine con i provvedimenti e le agevolazioni proposte dal governo e dal Ministero della pubblica istruzione. A livello progettuale, l’edilizia scolastica comporta diverse riflessioni di tipo architettonico, funzionale e pedagogico. Una buona scuola non solo dev’essere funzionale al tipo di attività da svolgersi all’interno, ma deve essere anche gradevole, e garantire flessibilità e adattabilità per alunni e insegnanti in modo da agevolare l’integrazione e la complementarietà degli spazi. La scuola inoltre deve porsi a stretto dialogo con la città: essa si configura come spazio urbano, come centro di cultura per la popolazione, attraverso l’interrelazione tra utenti diretti della scuola e fruitori esterni. Ormai a livello europeo questa è la direzione che si sta prendendo: la scuola non è più solamente finalizzata alla didattica in senso stretto, ma diventa un vero e proprio “centro” di quartiere e della città, dotata di spazi pubblici che si aprono alla comunità. Altro tema molto sentito e importante è quello delle aree industriali dismesse, ovvero luoghi che un tempo erano produttivi e funzionali, ora non più usati e di conseguenza svuotati, abbandonati. Essi si configurano come relitti industriali o archeologie da un certo punto di vista affascinanti in quanto testimoni di 14


una loro storia, ma sono purtroppo edifici inutili, instabili e pericolosi. Oggi ci si sta indirizzando verso politiche di contenimento consumo di suolo e recupero dei vuoti urbani all’interno del tessuto edificato. Questo comporta un ripensamento delle aree e degli edifici in base alle funzioni necessarie alla città e alle vocazioni d’uso possibili per quelle aree o quei manufatti. Veniamo dunque al caso di Lugo: un ex acetificio posizionato in un’area strategica di connessione/divisione tra il centro storico della città e la zona di espansione Lugo sud. Proprio in corrispondenza dell'area, la ferrovia taglia il territorio separando la città in due parti distinte denominate "Lugo centro" e "Lugo sud", e l'area dell'acetificio diventa occasione per riflettere su come ricucire queste due parti. Viene così ripensato in primis il parco del Tondo, in modo da diventare tappeto di connessioni a servizio delle varie strutture: vengono ridisegnati i percorsi pedonali e ciclabili e ideato un ponte di collegamento tra le due parti di città. Nell'area Venturi si cerca di mantenere il più possibile gli edifici esistenti, sfruttando le altezze dei manufatti e alcuni elementi interni, come i camminamenti per lo scarico merci e alcune vasche di contenimento dell'aceto. Il tutto riorganizzato e ripensato per accogliere una scuola secondaria di secondo grado. 15


1

14


La realtà lughese

“Autorilievo” scultura in ferro di Mirta

Carroli. Rappresenta gli antichi attrezzi dell’agricoltura romagnola.

15


1.1

Il territorio lughese e la centuriazione romana

Lugo è una cittadina della Bassa Romagna situata nel settore nord occidentale dell’ampia pianura alluvionale che circonda Ravenna, in posizione quasi baricentrica rispetto ai tre capoluoghi di provincia confinanti (Ravenna, Bologna e Ferrara). Il territorio comunale si trova nell’area delimitata dai fiumi Santerno e Senio, ed è attraversato da una fitta rete di canali. Questi luoghi, un tempo denominati “Romagna Estense”, sono stati più volte riplasmati da interventi di bonifica fino al raggiungimento della configurazione territoriale artificiale odierna. Le prime tracce urbane che si hanno di Lugo risalgono al quinto millennio a.C. e appartengono a un piccolo villaggio neolitico della Cultura di Sasso-Fiorano, ma la testimonianza più forte visibile ancora oggi è di stampo romano. La campagna dove sorge Lugo, come del resto tutto il territorio conquistato dai romani, fu infatti interessato al fenomeno della centuriazione: pianificazione agraria attuata a partire dal 150 a.C. e della quale è evidente, come unico documento tangibile, l’impronta reale sul suolo. La centuriazione era quel “piano regolatore” del territorio voluto e realizzato dallo Stato Romano attraverso la delimitazione dei terreni. Tecnicamente prevedeva la suddivisione perpendicolare del territorio in maglie quadrate uguali. Ogni centuria fig. 1 16

Localizzazione e distanze

dalle principali città limitrofe


Lavezzola

Lugo

Ravenna

Castel Bolognese

fig. 2

Faenza

Tracciati della centuriazione romana e ferrovia

17


fig. 3 Presumibili confinazioni tra il territorio forlivese, faentino e imolese. Ipotesi del dottor Norino Cani. Presumibili confinazini fig. 3 (Il "catasto" romano di Lugo di Romagna e una tra il territorio forlivese, nota sull'enigma del faentino e"faventino imolese. Ipotesi territorio acto corneliense") di Norino Cani.

era divisa in tanti heredium che erano divisi a loro volta in actus quadratus. Tale suddivisione si realizzava in funzione di una assegnazione fondiaria a beneficio di assegnatari di vario genere. Oltre la ripartizione del terreno destinata all’agricoltura, la centuriazione comprendeva anche il regolamento delle acque superficiali ed irrigue, la viabilità interna e gli insediamenti. L’orientamento degli assi principali – il decumano maximus e cardo maximus -, quasi mai coincideva con i punti cardinali, poiché era più logico seguire le caratteristiche geomorfologiche del territorio, mentre altre volte esso si basava su preesistenti vie di comunicazione. Svariati storici e archeologi si sono progressivamente cimentati nello studio di questo assetto territoriale, formulando diverse ipotesi circa le direttrici e gli assi principali ai quali si appoggiavano le varie matrici. Per quanto riguarda la centuriazione faentina, è ben evidente che si appoggia al decumano massimo, costituito dalla via Emilia (realizzata nel 187 a.C.), confinando ad Oriente con quella forlivese, e ad occidente con quella imolese. L’agro centuriato faentino, orientato di circa 28° est, quindi, è grosso modo contenuto tra il fiume Montone e il Santerno, prolungandosi nella pianura fin oltre Fusignano. Infatti l’esame delle carte farebbe intendere che le cinque centurie faentine poggiavano a nord sopra un decumano minimo, costituito dall’attuale Via San Vitale. Su questo decumano piccolo un altro gruppo di 5 centurie proseguiva verso nord, formando così un blocco unico con il 18


decumano massimo faentino. Quasi sicuramente il controllo della zona di bassa pianura era competenza di un altro centro demico, una curia, probabilmente l’attuale abitato di Lugo di Romagna, che si vuole identificare con il misterioso Forum Licinii. Su questo blocco Lughese di centurie si innesta l’ipotesi di accatastamento del dott. Norino Cani, figura nota per il suo più che quarantennale impegno di ricerca storica ed archeologica del territorio, nonchè autore di numerosi fondamentali contributi di studio sulle origini di Lugo e della Bassa Romagna. L’ipotesi del Dott. Cani circa la centuriazione Lughese è che le sue particelle – i quadrati centuriali – fossero tutte numerate utilizzando il sistema bustrofedico1, ed in ciò trovando una straordinaria rispondenza nella toponomastica locale superstite. Numerali che, sempre a detta dell’autore, non sono reminiscenze relative alle unità di superficie assegnate – come oggi si crede - ma riferibili al numero della centuria. In questo modo si spiegherebbe anche la formula del territorio Faventino acto fig. 4

Analisi di un quadrante di centuriazione

1 sistema che procede da destra a sinistra e da sinistra a destra come l’avanzare dell’aratro tirato dai buoi 19


Corneliense presente nei documenti a partire dal secolo VIII, riguardante terreni oggetto di compravendita, collocati a metà tra l’area faentina e imolese, relativo alla divisione tra le giurisdizioni territoriali tra i vari municipi locati sulla Via Emilia.

fig. 5 20

Territorio della provincia di Ravenna


fig. 6

centuriazione romana e densità dell’abitato

1.2

Borgo Brozzi Castello

Fondo Stiliano

SECOLO XII fig. 7

Ricostruzione delle prime fasi di aggregazione urbana1

1 schemi estratti da: “Formazione della struttura urbana di Lugo di Romagna”, Garotti Cristina

Il sistema insediativo e il tessuto storico della città

Se consideriamo come decumano massimo la Via Emilia, Lugo sorgeva sul ventesimo. Da lì la progressione delle centuriazioni si fermava al sito di Fabriago, e questo ci fa capire che oltre questa zona esistevano soltanto valli paludose. Il kardo che identificava Lugo terminava a nord con un porto vallivo. Il trasferimento del primo nucleo abitativo all’attuale si ebbe probabilmente in epoca longobarda (VIII secolo) con il disboscamento di una selva tra Massa e la via Salaria: da qui il toponimo Lucus, bosco, che diverrà definitivo, per indicare l’insediamento, a partire dal X secolo. Da questo momento in poi la conformazione di tale insediamento subì diversi adattamenti. Dopo lo spostamento verso settentrione, nel corso del XIII secolo sorsero le prime fortificazioni. L’abitato era costituito da un castrum (centro fortificato) attorno al quale erano stanziati i borghi di Brozzi e Cento. All’interno della cittadella vi erano anche una chiesa intitolata a San Giacomo, la più antica chiesa di Lugo, e l’ospedale di S. Maria della Scala. Nel 1218 il castrum fu conquistato e distrutto dai Faentini. Negli anni immediatamente successivi il livello di vita dei lughesi peggiorò notevolmente; nei documenti dell’epoca l’abitato è definito semplicemente come villa. Risale al 1224 il primo documento (una Bolla papale) nel quale appare l’antico nome di Lugo. Vi si legge Villam Luci cum curtibus, che in testi cronolo21


gicamente successivi diventa Villa Lugi. La pronuncia gutturale della “g” determina poi l’attuale toponimo. In seguito ad un lungo periodo caratterizzato da alluvioni e condizioni climatiche avverse, l’organizzazione del reticolo era seriamente compromessa. Una fase migliore per la popolazione e per la gestione del territorio riprese alla metà del secolo XIII. I campi furono bonificati dalle acque e il reticolo ortogonale di romana memoria, tipico della centuriazione, fu ricostruito, anche se con dimensioni leggermente diverse. Venne riedificata la rocca nella posizione attuale, e furono costruiti altri edifici caratterizzanti, come: il nuovo ospedale, la chiesa di S. Francesco a sud e il Palazzo del pubblico a est. La presenza di queste infrastrutture delineò l’impianto successivo, ovvero la nascita delle tre principali contrade di Lugo, le quali daranno vita agli omonimi borghi: Limite, Codalunga e Brozzi. Proprio qui i lughesi scelsero di stanziarsi per avere più ampio terreno, conservando comunque il sistema viario cardinale e decumaniale. Verso la fine del XIII secolo, oltre al rafforzamento delle strutture difensive della rocca, venne scavata una ulteriore fossa a sud del borgo del Limite per riparo delle popolazioni della Massa S. Ilaro, esposte alle scorrerie di conquistatori e briganti. Questa zona diveniva così luogo di concrezione spontanea per l’edificato sparso (attratto dalla evidente polarità costituita dall’insediamento matrice) che si poneva lungo il decumano inferiore, parallelamente a Brozzi, dando origine ad un nuovo borgo, detto di Cento. L’embrionale tessuto edilizio, cresciuto linearmente su due decumani, col tempo si sarebbe gradatamente saldato per mezzo dell’espansione del borgo del Limite, unificando l’ossatura della struttura urbana la quale, sorta senza alcuna progettualità, si appoggiò sull’unico riferimento territoriale: la centuriazione. Nella Villa, oramai indicati i quattro borghi, luoghi del futuro sviluppo, si era venuto a delineare l’inconsapevole schema dell’impianto urbano definitivo. L’urbanistica autoritaria estense applicata fino al 1598 (anche se con soluzioni di continuità) gioverà alla Villa che, presto identificata come Terra di Lugo, si consolidava e prosperava tanto rapidamente da necessitare, nel volgere di un secolo, di ben due ampliamenti delle arginature a difesa dell’abitato. 22

Rocca Ospedale di Santa Maria

Palazzo del pubblico San Francesco

Fondo Stiliano

SECOLO XIII

Borgo Brozzi Borgo Codalunga

Borgo del Limite

di

Borgo di Cento

SECOLO XIV

San Giacomo

Borgo Brozzi

Rocca Borgo Codalunga

Borgo del Limite

San Francesco Borgo di Cento

S. Maria

SECOLO XV

di


fig. 8

Alla fine del XVIII secolo la città contava 8.000 abitanti e con il contado superava i 16.000. Il secolo terminò con un evento bellico che a Lugo lasciò tracce profonde: il sacco dei francesi. Nel 1796 l’esercito di Napoleone invase l’Italia. Alla caccia di bottino, le truppe francesi si spinsero fino alla Bassa Romagna. Tutte le città e i paesi incontrati alzarono bandiera bianca: solo a Lugo i napoleonici incontrarono resistenza. La dominazione francese ebbe termine nel 1814. Con la Restaurazione Lugo tornò a far parte dello Stato Pontificio, ritornando nella Legazione di Ferrara. Nel 1817 papa Pio VII concesse a Lugo il titolo di Città, anche in riconoscimento della Pianta della città di Lugo, resistenza armata ai francesi di 21 anni prima.

1827

23


“Pochi mesi dopo la proclamazione del regno d’Italia, Castel Bolognese vedeva la vaporiera correre regolarmente attraverso il suo comune: era il primo settembre 1861 e veniva ufficialmente aperta al pubblico la ferrovia Bologna-Forlì. Ma già mentre fervevano i lavori di costruzione della ferrovia adriatica, nacque il problema del collegamento con Ravenna e il suo importante porto. Il punto era trovare la località più opportuna per allacciare la nuova ferrovia per Ravenna all’Adriatica. L’ing. Carlo Scarabelli di Imola, investito della questione, in uno scritto del 1860 propugnò la soluzione del collegamento a Castel Bolognese, che si rivelò vincente: il 7 dicembre 1861 un decreto governativo sanzionava la concessione per la costruzione della linea Castel Bolognese-Ravenna. L’intera tratta fu aperta il 23 agosto 1863“1 Nell'anno 1863, con con l’avvento l'avvento del del trasporto trasporto su su rotaia, rotaia, venne venne Nell’anno 1863, localizzato lo scalo ferroviario ad est della città, ponendo i prelocalizzata l’ubicazione dello scalo ferroviario a est della città, supposti l'ampliamento e la regolarizzazione del disegno ponendoper i presupposti per l’ampliamento e la regolarizzazione urbano, rimasto praticamente immutato da XVI secolo.dal La stadel disegno urbano, rimasto praticamente immutato XVI zione si La poneva quindi come struttura fondante del nuovo prosecolo. stazione si poneva quindi come struttura fondante gramma di programma sviluppo; il tracciato di due grandi assi di viabilità del nuovo di sviluppo; il tracciato di due grandi (collegamento verso Codalunga e verso Porta S. Maria) delimiassi di viabilità (collegamento verso Codalunga e verso Porta S. tava una vasta parte territorio agricolo aggregato Maria) delimitava unadel vasta parte del territorio agricoloall’urbaaggreno, nel quale si sarebbero insediati prima l’Ippodromo (1869) gato all’urbano, nel quale si sarebbero insediati prima l’Ippoe successivamente l’Ospizio (1883). dromo (1869) e successivamente l’Ospizio (1883). In una maglia ortoIn seguito seguito la la zona zona venne venne lottizzata, lottizzata, seguendo seguendo una maglia orgonale nello stile cittàcittà giardino: un un grande asse diagotogonale nello stiledella di una giardino: grande asse dianale, una sorta di boulevard a modello di molte grandi città gonale, una sorta di boulevard a modello di molte grandi città italiane ed europee, avrebbe dovuto collegare direttamente il italiane ed europee, avrebbe dovuto collegare direttamente il piazzale della stazione con la piazza centrale della città. Tuttavia il viale definì la guida solo per la nuova edificazione, interromil viale definì la guida solo per la nuova edificazione, interrompendosi a metà metà del del suo suo percorso percorso verso verso il il centro centro cittadino, cittadino, e e pendosi a non si realizzò realizzò nessun nessun intervento intervento invasivo invasivo sul sul tessuto tessuto edilizio edilizio non si esistente, preservando l’abitato storico e la sua maglia centuriaesistente, preservando l’abitato storico e la sua maglia centuriale. Nello stesso periodo si decisero complessi lavori di ristrutturazione e consolidamento della Rocca (“polverosa, sgretolata, razione e consolidamento della Rocca (“polverosa, sgretolata, frantumata”), che sarebbe sarebbe poi poi divenuta divenuta sede sede della della Residenza Residenza frantumata”), che municipale, e così pure del cimitero e del “vecchio” Pavaglione. municipale, e così pure del cimitero e del “vecchio” Pavaglione. Dunque la seconda metà del XIX secolo si stava connotando fig. 9 come periodo di intensa operosità: si procedette alla definiziocome periodo di intensa operosità: si procedette alla definizio-

Stazione ferroviaria

fig. 10 Ospizio “Sassoli”, 1883

1 Paolo Grandi, consigliere comunale, storico locale, esperto ed autore di diversi scritti sui treni a Castel Bolognese 24

fig. 11 “Piazza rovinata”, primo decennio del XIX secolo


fig. 12 Lugo, viale degli Orsini

ne dei marciapiedi lungo i corsi principali, alla copertura delle ne dei marciapiedi lungo i corsi principali, alla copertura delle fosse fosse circondariali, circondariali, si si tracciarono tracciarono brevi brevi viabilità viabilità di di raccordo raccordo e e si decise la demolizione e la la ricostruzione ricostruzione della della vecchia vecchia chiesa chiesa di S. Francesco di Paola. Inoltre fu edificato un nuovo quartiere di S. Francesco di Paola. Inoltre fu edificato un nuovo quartiere di tipologia a schiera: la “stecca” di abitazioni di case case operaie, operaie, con con tipologia a schiera: la “stecca” di abitasorta lungolungo l’estensione della strada circondaria di ponente zioni sorta tutta l’estensione della strada circondaria di (oggi via Don Minzoni) sul lembo più esterno all’urbano. ponente (oggi via Don Minzoni) sul lembo più esterno all’urbaDurante la prima guerra mondiale, Lugo diede all’aviazione mino.Durante la prima guerra mondiale, Lugo diede all’aviazione litare nazionale l’asso Francesco Baracca, medaglia d’oro al vamilitare nazionale l’asso Francesco Baracca, medaglia d’oro al lore militare. Nel 1936 fu furono inaugurato l’imponente monumento valore militare. Oltre 400 i militari lughesi morti in guerin dell’aviatore lughese il corso cittadino ful’imponente intitolato a ra onore o a causa della guerra. Nel e 1936 fu inaugurato Baracca. monumento in onore dell’aviatore lughese e il corso cittadino Durante la Seconda guerra mondiale il fronte stazionò lungo il fu intitolato a Baracca. fiume Senio dal dicembre del 1944 al 10 aprile 1945, quando Durante la Seconda guerra mondiale il fronte stazionò lungo il Lugo fu liberata. Risorta rapidamente dalle rovine della guerra, fiume Senio dal dicembre del 1944 al 10 aprile 1945, quando grazie all’operosità dei suoi abitanti ed alla stabilità amministraLugo fu liberata. Risorta rapidamente dalle rovine della guerra, tiva,negli anni successivi Lugo ha rivestito importante ruolo grazie all’operosità dei suoi abitanti ed alla un stabilità amministranell’economia romagnola come centro di scambi e di commertiva, negli anni successivi Lugo ha rivestito un importante ruolo cializzazione i prodotticome agricoli delladiBassa Romagna. nell’economiaper romagnola centro scambi e di commerNel 1969 il nuovo quartiere,agricoli «Madonna diventa il cializzazione per i prodotti delladelle BassaStuoie», Romagna. quarto quartiere di Lugo, dopo Cento, Brozzi e Ghetto. CostruiNel 1969 il nuovo quartiere, «Madonna delle Stuoie», diventa to nell’area dietro la ferrovia, il rione prende il nome dalla chieil quarto quartiere di Lugo, dopo Cento, Brozzi e Ghetto. Cosa parrocchiale che, a sua volta, deriva probabilmente dal fatto struito nell’area dietro la ferrovia, il rione prende il nome dalla che la zona era sempre stata bassa e paludosa. Nei secoli paschiesa parrocchiale che, a sua volta, deriva probabilmente dal sati subito periodiche inondazioni. erano avecrefattoaveva che lainfatti zona era sempre stata bassa. Nei secoliVipassati sciuti giunchi e canne palustri, che venivano usati per costruire va subito periodiche inondazioni, che l’avevano fatta diventare stuoie, da ciò il nome La Madòna dal Stur (in romagnolo). palude. Vi erano cresciuti giunchi e canne palustri, che veniva27 25


no usati per costruire stuoie, da ciò il titolo La Madòna dal Stur (in romagnolo).

fig. 13 Il Pavaglione

26


1.3

Una passeggiata in centro

Oggi Lugo conserva un centro storico di notevole interesse, dove è ben riconoscibile l’impianto dei primi borghi, rispetto alle espansioni moderne. Sono architetture eminenti, punti fondamentali per la comprensione di un itinerario storico-evolutivo, i seguenti monumenti: La Rocca Estense, risalente al XXII secolo, che dall’iniziale ruolo di Fortezza ha subito vari adattamenti, soprattutto di funzione. Oggi ospita uffici comunale e amministrativi, sale convegni e museali, e un bellissimo giardino pensile con Ristorante e area bar di prestigio. Il Pavaglione. Il primo lato (nucleo originario) fu costruito nel XVI secolo, per ospitare milizie e cavalli. Nel corso del 1700 è stato ampliato per divenire il quadriportico che conosciamo ancora oggi, con la caratteristica funzione di agevolare incontri di persone, scambi, mercato, negozi. Pochi mesi fa è stata completata l’ultima fase di ristrutturazione, con nuovo impianto di illuminazione, vialetti e arredo urbano nella parte interna.

fig. 14 Cartoline storiche di Lugo. La rocca

fig. 15 Il porticato del pavaglione

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Il teatro Rossini, del 1758, ha attraversato varie e alterne fasi di sistemazione, degrado, ampliamento, ristrutturazione, abbandono poi di nuovo restauro. Oggi è un punto focale per la vita culturale lughese. Biblioteca Trisi. Anch’essa del XVIII secolo, sorse per ospitare il lascito testamentario di Fabrizio Trisi. L’intento era quello di creare un luogo atto a istruire giovani lughesi e luogo di cultura. Ristrutturata più volte, oggi la biblioteca è anche sede del Centro Culturale Polivalente, e dell’Archivio Storico Comunale. Palazzo ex Banca d’Italia. Di origine settecentesca, con pregevoli fregi, e inferriate in ferro battuto del 1928. Sono nove in tutto: quattro delle quali opera dell’Officina Matteucci, di Faenza. Una curiosità: nel 1957 venne demolito il palazzo accanto alla sede della Banca d’Italia, per far spazio alla costruzione di un palazzo multipiano. Questo avrebbe contrastato fortemente con l’estetica architettonica della storica area settecentesca in cui sarebbe stato inserito. Ma anche Lugo voleva il suo grattacielo, e alla fine lo ebbe: il discusso grattacielo Guerra, oggetto di critiche pesanti da architetti, esperti d’arte e da associazioni ambientaliste. Da qualche anno (e ancora attualmente – 2016-) è in corso di valutazione la sua demolizione. fig. 16 Cartolina di fine ‘800, piazza Trisi

fig. 17 Cartolina di inizio ‘900 con Banca d’Italia e grattacielo

fig. 18 Demolizione del palazzo accanto alla Banca d’Italia

28


Sarebbero da menzionare anche altri edifici, Chiese e Monasteri settecenteschi di vario valore architettonico e storico: ricordiamo in particolare la Chiesa del Suffragio, la Chiesa di Sant’Onofrio e il convento dei Carmelitani, tutti del XVIII secolo. La sede della Cassa di Risparmio (poi Banca di Romagna) del 1927, caratterizzata dal tipico stile del fascio. Più che l’edificio, primo esempio di architettura razionalista nel lughese, la banca riveste importanza particolare per l’orgoglio della città in quanto luogo prescelto per la sede dell’Istituto. Il monumento a Francesco Baracca, conosciuto come Ala di Baracca. Il monumento fu inaugurato il 21 giugno del 1936 alla presenza del Duca d’Aosta e dei massimi gerarchi del regime. E’ interamente rivestito di travertino di Tivoli. La statua in bronzo, alta m. 5,70, è issata su un basamento che reca le date e le località delle vittorie dell’aviatore Baracca, il quale appartenne al corpo Cavalleria e Aeronautica durante la prima guerra Mondiale. Famoso il cavallino rampante col motto “Ad Maiora” e l’Ippogrifo, simbolo distintivo dell’aereo di Baracca, donato molti anni dopo dalla madre alla scuderia Dino e Enzo Ferrari di Maranello. fig. 19 Sede della Cassa di Risparmio

fig. 20 Monumento a F. Baracca

fig. 21 Piazza F. Baracca oggi

(sotto)

29


Il più recente “highlight” di Lugo, eccellenza nel panorama dei monumenti cittadini, è la Meridiana dei Popoli. Opera dell’artista e light designer Mario Nanni, la struttura monumentale è sorta nel 2014 nei pressi dell’incrocio tra Cardo e Decumano. E’ il frutto di un concorso per la realizzazione di un’opera a celebrazione dei valori fondanti la Repubblica e la Costituzione e a ricordo delle lotte di liberazione e dei valori dell’Europa e vuole essere un punto di incontro per tutti i popoli. Il monumento è una grande porta in acciaio alta 21 metri, simbolicamente la porta nord di Lugo verso Ferrara da cui proveniva la famiglia Estense, sulle cui facce sono scritte date, nomi e testi importanti per la storia di Lugo. In basso, all’interno della porta, un bronzo che rappresenta la Costituzione italiana; in alto invece un uovo, simbolo di perfezione e di fiducia nel futuro. La meridiana utilizza la luce solare durante il giorno ed è dotata di un sistema di illuminazione notturna. La sua altezza, che supera quella della Torre di Uguccione nella Rocca Estense, la mette in dialogo con la sommità dell’ala del monumento a Francesco Baracca, dall’altro lato della Rocca stessa.

30


fig. 22 La Meridiana dei Popoli

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ALFONSINE

FERRARA

BOLOGNA

RAVENNA

FAENZA

fig. 23 Impianto urbano 32


fig. 24 Autostazione

1.4 Viabilità: una struttura funzionale Se ripensiamo all’assetto viario impostato in epoca romana, si Se ripensiamo all’assetto viario impostato in epoca romana, si può riconoscere ancora molto bene nella Lugo di oggi la quapuò riconoscere ancora molto bene nella Lugo di oggi la quadratura ee la il sistema lageometria geometriadell’impianto dell’impiantod’origine. d’origine.Anche Anche il sisteviario contribuisce a definire la maglia di eredità romana di ma viario contribuisce a definire la maglia di eredità romana questo territorio: siasia le strade principali, cheche le suburbane di di questo territorio: le strade principali, le suburbane campagna, rendono evidente la la geometria di campagna, rendono evidente geometria all’interno all’interno della delquale sono presenti sia aree urbanizzate, che rurali. La rete ferla quale sono presenti sia aree urbanizzate, che rurali. La rete roviaria al contrario taglia questa perfetta griglia e spezza la ferroviaria al contrario taglia questa perfetta griglia e spezza città in in due poli distinti. I sottopassi esistenti sono pochi e la la città due poli distinti. I sottopassi esistenti sono pochi e parte al di là dei binari è nettamente scollegata dal centro, nola parte al di là dei binari è nettamente scollegata dal centro, nostante la vicinanza fisica. In definitiva, allo stato attuale "Lugo che sarebbe in realtà immediatamente vicino. In definitiva, allo sud" la parte di città cheè maggiormente soffre unaincarenza stato èattuale “Lugo sud” la parte più penalizzata quanto di si collegamenti con ilper centro urbano. trova svantaggiata servizi e collegamenti. Come miglioramento di questa situazione situazione si si sta sta già giàpensando pensando ad un sovrappasso carrabile nella via Provinciale Cotignola, in ad un sovrappasso carrabile nella via Provinciale Cotignola, in modo da poter chiudere il passaggio a livello di Via Piano Caricatore. Rimane il problema dei passaggi pedonali, i quali sono catore. Rimane il problema dei passaggi pedonali, i quali sono notevolmente distanti fra loro. La stazione ferroviaria è un nodo caratterizzato da diversi flusLa stazione ferroviaria è un nodo caratterizzato da diversi flussi di auto private, pedoni e cicli, è raggiungibile velocemente si di auto private, pedoni e cicli, è raggiungibile velocemente dal centro e, al di là dei binari, è servita dal parcheggio scamdal centro e, al di là dei binari, è servita da parcheggio scambiatore. biatore. Poco Poco distante distante troviamo troviamo l'autostazione, l’autostazione, recentemente recentemente spostata più a sud, nella zona di maggior concentrazione delle spostata più a sud, nella zona di maggior concentrazione delle scuole, in quanto la maggior parte dei veicoli sono a servizio scuole, in quanto la maggior parte dei veicoli sono a servizio degli inoltre, consente di degli studenti. studenti. Questa Inoltre, nuova grazie collocazione, alle modifiche apportate nella 35 33


liberare i viali dal traffico dei pullman, con conseguente snellinuova viabilità, i veicoli riescono ad avere più libertà di transito. mento della circolazione. A livello funzionale, le aree di Lugo oggi si presentano piuttoA livello urbano,inle funzioni di Lugourbane sono distribuite in modo sto eterogenee base alle funzioni che esse rivestono. equilibrato nelle varie zone, ognuna con laedilizio, propriadi identità. Più precisamente, all’interno del tessuto impianto Più precisamente, all’interno del tessuto edilizio, di impianto ortogonale su cardo e decumano, le funzioni scolastiche, terortogonale su cardo e decumano, le funzioni scolastiche, terziarie e di servizio sono strettamente connesse con l’abitato, ziarie e le di funzioni servizio amministrative sono strettamente connesse con l’abitato, mentre trovano sede all’interno dei mentre le funzioni amministrative trovano sede all’interno dei palazzi storici della città, ad eccezione di alcuni uffici decentrati palazzilastorici della città, ad eccezione di alcuni uffici decentrati verso zona di espansione a nord-ovest. La zona del centro è verso la zona di espansione a nord-ovest. La zona del centro è in parte pedonale, come piazza F. Baracca e piazza dei Martiri, in parte pedonale, come piazza F. Baracca e piazza dei Martiri, ma mantiene molte aree di accesso carrabile, con parcheggi di ma mantiene molte aree di accesso carrabile, con parcheggi di servizio alle funzioni commerciali. servizio alle funzioni commerciali. Il polo scolastico si concentra nella zona del parco del Tondo, Il polo scolastico si concentra nella zona del parco del Tondo, non lontano dalle stazioni degli autobus e ferroviaria, con qualnon lontano dalle stazioni degli autobus e ferroviaria, con qualche sede sparsa all’interno del tessuto storico, mentre le aree che sede sparsa all’interno del tessuto storico, mentre le aree sportive (campi da tennis, Pala Banca di Romagna, ecc…) trovasportive (campi da tennis, Pala Banca di Romagna, ecc…) trovano spazio principalmente a nord-est, verso Bagnacavallo. no spazio principalmente a nord-est, verso Bagnacavallo. A livello produttivo, le funzioni artigianali e industriali sono lofig. 25 Nuovo edificio A livello produttivo, le funzioni artigianali e industriali sono localizzate nel quadrante nord-occidentale della città, verso Ferpolifunzionale in via Foro calizzate nel quadrante nord-occidentale della città, verso Ferrara. Boario rara.

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fig. 26 Le funzioni del centro e la viabilitĂ scolastica

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1.5 L'area ferroviaria e la zona "Lugo sud" Il quartiere di Madonna delle Stuoie, coinvolto nel progetto del nuovo campus scolastico, si è formato nel secondo dopoguerra a fianco degli insediamenti produttivi sorti a ridosso della stazione ferroviaria. Esso nasce nel momento in cui il "programma di fabbricazione" individua in tale luogo i cosiddetti "villaggi operai": un'insieme di insediamenti residenziali per lo più degli anni Quaranta e Sessanta del Novecento, costruiti lungo l'impianto centuriale, debolmente interconnessi tra loro e separati dal centro storico dalla linea ferroviaria. Si tratta dunque di un quartiere con scarsa qualità di infrastrutture e privo di una chiara connotazione urbanistica. Per questo motivo è diventato uno dei principali oggetti di attenzione nei piani urbanistici, in quanto rappresenta una grossa potenzialità per la città di Lugo. Le attività produttive presenti in queste zone comprendono alcuni manufatti dismessi (come l'acetificio Venturi), altri in via di ricollocamento (ad esempio la ex Cepal), e altri tuttora funzionanti. Si tratta di un quartiere che necessita di un miglioramento della qualità ambientale e architettonica, oltre che urbana, e di una più equilibrata distribuzione di servizi e di infrastrutture per la mobilità. Il PSC individua qui una prevalenza di tipologia residenziale, mentre lungo la spina ferroviaria riscontra una maggior concentrazione di insediamenti produttivi. Questi ultimi dovrebbero essere oggetto di interventi di riqualificazione, dove gli edifici dismessi o obsoleti vengono necessariamente sostituiti con nuovi impianti residenziali e spazi collettivi. Per le attività produttive ancora attive, invece il PSC ne assicura la permanenza fino al momento della dismissione, senza forzarne il trasferimento. Tutta l'area è ricompresa in un più ampio ambito di riqualificazione urbana denominato "Ambito 4"1, che ha come obiettivo la sua tutela fino all'approvazione di un PRU, capace di confe-

fig. 27 Veduta aerea dell'area ferroviaria

1 Ambiti normativi ai sensi della L.R. 20/2000. Gli ambiti urbani da riqualificare sono le parti del territorio urbanizzato che necessitano di politiche di riorganizzazione, per favorire il miglioramento della qualità ambientale e architettonica dello spazio urbano, ed una più equilibrata distribuzione dei servizi, dotazioni territoriali o infrastrutture per la mobilità, oppure che necessitano di politiche integrate volte ad eliminare le eventuali condizioni di abbandono e di degrado edilizio, igienico, ambientale e sociale che le investono. 39


rire valore e sviluppo al territorio in linea coerente con l'incremento del settore sud di Lugo. Negli ultimi anni sono stati fatti diversi miglioramenti, come il sottopassaggio carrabile di accesso alla città e, in prossimità del fabbricato della stazione ferroviaria, il sottopassaggio ciclo-pedonale. In via di realizzazione c'è un ulteriore sottopassaggio a scala di quartiere (al posto dell'attuale passaggio a livello) e un cavalcavia in direzione Bagnacavallo. Queste infrastrutture, affiancate a un nuovo progetto di mobilità, daranno all’area una sua identità urbanistica, consolidando il suo ruolo di area residenziale. In materia di verde esistente, l’analisi effettuata ha messo in luce una notevole presenza di verde privato, generalmente perimetrato all’interno di villini o condomini, e aree di verde pubblico attrezzato più concentrate in zone periferiche ma comunque estese e ben organizzate. Inoltre l’area verde pubblica attrezzata più estesa presente nel centro cittadino è proprio il giardino del Tondo, a ridosso della stazione, e cuore pulsante attorno a cui si sviluppa il polo scolastico superiore ed altri servizi per la popolazione di tutte le età: asilo nido, edifici scolastici superiori, centro sociale e clinica per anziani, attività sportive all’aperto, palazzetto, palestra e punti ristoro. Tutta la parte sud dell'abitato è invece coronata da campi coltivati, classificati come verde agricolo. All’interno del tessuto abitativo, sono presenti pochi edifici a servizio del quartiere: la chiesa parrocchiale, qualche negozio e bar. La principale attrezzatura collettiva è costituita dal campo sportivo di Madonna delle Stuoie. Esso è collocato all’incrocio tra via Madonna delle Stuoie (già via Piano Caricatore) e via Rivali S. Bartolomeo, nell’angolo opposto all’acetificio “Venturi”. Sorto nel 2000 come piccolo punto di aggregazione a servizio del quartiere, il campo è oggi un centro molto attivo nel quale si organizzano spesso eventi, come la “24 ore di calcio" (manifestazione benefica organizzata dalla societa di calcio) e tornei di pallavolo, o attività, come il centro ricreativo estivo per bambini. Il tutto è gestito dalla Società Campi da gioco e Stuoie Sport, che, assieme al punto ristoro "Maracanà", coordina i vari enti. Gli spazi e le dotazioni presenti sono: - campo da calcio regolamentare (5300 m²) 40


- tensostruttura polivalente (360 m²) - campo da racchettoni e da beach volley (280 m²) - campo da calcio a sette (970 m²) - are verde con giochi (340 m²) - pista da skateboard (90 m²) - punto ristoro "Maracanà" (300 m²)

fig. 28 Campo sportivo di Madonna delle Stuoie

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2 38


Il sistema del verde

“Parco del Tondo�, ingresso 39


2.1

Una trama di giardini

Caratteristica positiva della città di Lugo è la vastità di verde nella quale è immersa e circondata. Se pensiamo infatti alla densità dell’abitato, ci accorgiamo subito che è cosparso di tante piccole aree verdi che danno respiro al costruito. Questi giardini non hanno grandi dimensioni, ad eccezione dei due parchi (Tondo e Loto) che ricoprono aree più vaste. Tutti sono caratterizzati da un tema specifico connesso alla morfologia o alla funzione che svolgono, o ancora alle attrezzature di cui sono dotati. In totale sono circa 20 e sono localizzati in tutta Lugo: dallo storico giardino pensile all’interno della rocca, fino al recente parco del Tricolore in viale Europa, a nord della città. Di seguito vengono riportati alcuni esempi delle aree più significative o particolari. Giardino a quattro zampe Si trova nei pressi del centro intermodale, in via della dogana, ed è la prima area verde in cui poter far correre in libertà i nostri amici a quattro zampe. E’ stata attrezzata adeguatamente a tale scopo e recintata, in modo che i cani possano scorrazzare senza restrizioni. Recentemente sono state eseguite nuove piantumazioni ed è stata donata una panchina da un cittadino amante dei cani. Il giardino ombroso Si tratta di un giardino di quartiere in via Marche, attrezzato con strutture gioco per i bambini di età superiore ai tre anni e con possibilità di svolgere attività sportive per i più grandicelli. Alcune panchine permettono la sosta sfruttando la grande ombra data dalla fitta massa arborea. Il giardino dello shopping Questo giardino si trova a ridosso del Centro Commerciale “Il Globo”. Quest’area verde è stata progettata pensando ai “piccoli” del quartiere che magari accompagnano la loro mamma a fare la spesa. Risulta facilmente raggiungibile anche in bicicletta, grazie alla rete di piste ciclabili di recente realizzazione. fig. 29 Parco del Loto

fig. 30 Skatepark di via Colombo

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Il giardino dei pioppi cipressini Questo giardino, in via XX settembre, fu scelto dai ragazzi del quartiere come loro campetto per il calcio, per cui si tenne questo come punto cardine nella risistemazione e lo si arricchì semplicemente con alberi ed arbusti al fine di renderlo più sicuro rispetto alla vicinanza con la carreggiata stradale. Attualmente ha acquisito maggior pregio grazie alla realizzazione, sul confinante muretto di recinzione della scuola materna, di un murale realizzato da una architetto ravennate e due ragazze sue allieve. Inoltre sono state collocate nuove strutture per permettere il gioco e la socializzazione extra scolastica. I giardini dello skate Parliamo del parco comunale in via Cristoforo Colombo. Nato con una semplice rampa in legno, ormai lo si può considerare un vero e proprio skatepark. Da qualche mese infatti è stata installata una nuova struttura in cemento armato dotata di tutti gli elementi tipici di una pista da skate. I dislivelli vanno dai 20 ai 70 cm rispetto al piano di campagna, e ha uno sviluppo esterno di circa 110 metri. Qui i ragazzi hanno la possibilità di esercitarsi e divertirsi con lo skateboard, disciplina nata negli U.S.A., ma nota e praticata da tempo anche in Italia.

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fig. 31 Parco del Tondo

2.2

Tondo: il parco dei lughesi

Questo spazio è la seconda area verde più grande della città, ma da sempre viene considerato dai Lughesi “il parco” per antonomasia, grazie al suo ruolo centrale nella vita sociale e per la sua ricchezza storica. Nato intorno al 1860 come stadio a forma di circo (da qui il nome datogli spontaneamente dai lughesi), venne utilizzato nei primi anni come ippodromo e velodromo, poi successivamente come stadio, finendo in seguito per diventare un semplice parco. Fu oggetto di sistemazione a partire dall’inizio dell’anno 1989: vennero costruiti percorsi pavimentati, e furono collocati arredi diversi e strutture gioco per grandi e piccoli. L’area è stata anche ben delimitata da una recinzione realizzata su tutto il perimetro, compreso un grande cancello, che permise di regolamentare l’accesso. Questo perché in anni precedenti, purtroppo, il parco aveva conosciuto momenti di degrado sia nella manutenzione che, inevitabilmente, nelle sue frequentazioni. Il parco oggi offre ospitalità a qualunque fascia di età e numerose sono le iniziative di animazione che vengono realizzate: da quelle musicali a quelle sportive. L’opera più recente è di quest’anno: sabato 30 aprile 2016 è stato inaugurarto il nuovo bar del parco del “Tondo di Lugo” che è stato già operativo per la stagione estiva 2016. Il bar è gestito dalla Cooperativa San Vitale, che ha predisposto un programma di formazione per 46 42


fig. 32 Nuovo bar del parco

l’inserimento lavorativo di ragazzi con disabilità. Ecco un estratto fra i numerosi articoli usciti sulla stampa locale: «Questo luogo in questi ultimi anni è stato alla ribalta della cronaca per fatti negativi - ha sottolineato il primo cittadino -; oggi con questo progetto voltiamo pagina e lo facciamo favorendo iniziative culturali e ludiche, affinché il parco possa essere sempre più vivo e ospitale, nonché epicentro per le attività all’aria aperta di tutta la comunità e delle diverse realtà che qui convivono”.». All’interno del parco sono disposti a corona una serie di fabbricati che ospitano attività pubbliche, per lo più scolastiche, estendendosi su una superficie di 1,4 ha. Il parco, trattato a verde, ospita al suo interno alcuni campetti sportivi e zone per attività all’aperto. Un notevole afflusso di persone scaturisce dai due istituti superiori che si trovano all’interno dell’area del Tondo: Il polo liceale e il polo tecnico professionale. Verso la stazione si trova poi un edificio adibito ad asilo e a scuola di formazione professionale. Infine, dislocati in zone limitrofe, troviamo altri edifici come: il palazzetto dello sport, un circolo ricreativo e un esercizio di ristorazione.

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3 48

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Spazi dismessi, degradati

Acetificio Venturi, interno Ph. Gianni Guerrini

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3.1 Un problema globale Per “aree industriali dismesse” si intendono quelle che “riguardano specifiche aree territoriali a vocazione industriale di rilevanza regionale o nazionale soggette a diffuso o totale abbandono produttivo”.1 Queste aree sono spesso percepite dalla popolazione come zone degradate e pericolose, o a causa della poca stabilità delle strutture fatiscenti ancora presenti, oppure perchè per colpa di persone incivili diventano delle vere e proprie discariche a cielo aperto. Se la vegetazione non viene controllata, sono inoltre un habitat ideale per un certo tipo di fauna poco apprezzata da chi abita nelle vicinanze, per sicurezza, igiene e estetica. Questi spazi o contenitori non vengono più usati per le attività per le quali sono stati pensati e realizzati e sono in attesa di utilizzazioni. In Italia la questione della dismissione ha attraversato diversi periodi che dagli anni Ottanta ad oggi possono essere divisi in tre fasi principali: - negli anni Ottanta troviamo la prima fase, dove vi è una presa di coscienza da parte delle istituzioni e dei ricercatori della dimensione e complessità del fenomeno - la seconda fase riguarda invece gli anni Novanta, quando si inizia a pensare a queste aree come opportunità per intervenire su parti di città o su intere aree urbane degradate e congestionate attraverso progetti e programmi di recupero; quindi la loro presenza è fondamentale per lo sviluppo delle città - la terza fase è quella del nuovo Millennio, in cui vengono valutati gli interventi di recupero realizzati o quasi terminati Quindi si è passati dal considerare il fenomeno della dismissione un problema drammatico della città, a una risorsa da sfruttare per trasformarla e riqualificarla, fino a riconoscere a queste aree, nel XXI sec, il ruolo di catalizzatori di interventi per il rilancio urbano. 1 Definizione data nel disegno di legge n. 1836 “Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse” 50


Una volta compresa l’importanza delle risorse territoriali e ambientali offerte dal riutilizzo di queste zone sorge un altro problema: quale sia la tipologia d’uso più adatta da attribuire alle aree oggetto di studio. Le alternative sono tante: fra queste la realizzazione di infrastrutture e servizi, oppure di zone destinate a verde pubblico o anche la destinazione ad un uso polivalente. In base alla funzione scelta cambia anche il tipo di intervento da operare e il costo da sostenere. Sicuramente la loro presenza comporta una perdita di identità, di connotazione spaziale e di legame funzionale con il tessuto urbano nel quale sono inserite. Queste aree dovrebbero essere oggetto di una riqualificazione che attribuisca loro una nuova destinazione d’uso, in funzione delle caratteristiche intrinseche e delle relazioni con il contesto nel quale si collocano. Nel caso fossero presenti elementi significativi di archeologia industriale se ne può prevedere il riuso, salvaguardandone la memoria storica. L’intreccio del tessuto urbano nuovamente ritrovato e il conseguente miglioramento della qualità della vita, se eseguite nel rispetto dell’identità storica del contesto, avranno dunque buone probabilità di essere apprezzate sia nell’immediato, che nel lungo periodo. In Europa possiamo trovare numerosi esempi di riqualificazione di aree industriali dismesse; uno dei più famosi è l’intervento dei Docklands a Londra. Si tratta di un’insieme di ex aree portuali affacciate sulle rive nord del Tamigi. Negli anni della rivoluzione industriale erano piuttosto sfruttate perchè il transito delle merci avveniva quasi esclusivamente via fiume. Man mano son diventati quartieri degradati dove vivevano soprattutto operai e marinai. Negli anni Settanta del Novecento, i docks furono abbandonanti completamente, poiché le strutture erano ormai obsolete e non adatte a ospitare navi da carico sempre più grandi, e le attività vennero trasferite nella zona di Tilbury. Questo diede il via ai processi di riorganizzazione e ripensamento delle aree, con lo scopo di recupero ambientale e paesaggistico. A metà degli anni ‘80 si raggiunge il culmine del processo di riconversione con la definizione del progetto di salvaguardia di Canary Wharf. Oggi la riqualificazione dei docks è ancora in corso. un altro esempio conosciuto è la riqualificazione del Parco di Duisburg Nord, all’interno del programma di riqualificazione 51


promossa dall’ IBA Emscher Park in Germania. Tutto ciò parte dalla riqualificazione ecologica del fiume Emscher, fino ad arrivare alla realizzazione del grande parco paesistico esteso all’intero bacino fluviale. I 230 ettari erano occupati dalle industrie siderurgiche Meiderich della società Tyssen. In Italia possiamo certamente nominare il caso Bicocca, quartiere di Milano dove avevano sede gli stabilimenti della Pirelli. L’intervento ha richiesto circa un ventennio, soprattutto a causa del profondo inquinamento del luogo, e oggi l’area ospita spazi espositivi, cinema multisala, polo universitario, integrati ad aree verdi, aree residenziali, servizi pubblici e parcheggi. Il consumo di suolo si può dunque limitare, cercando di risanare e convertire il patrimonio di spazi e manufatti che attendono di essere considerati. Le operazioni di recupero non sono di certo semplici, sia dal punto di vista del valore storico (conservare o non conservare?) sia da quello funzionale: ci deve essere un rapporto equilibrato con il contesto, in quanto non sempre infatti ci sono fondi a sufficienza o procedure di stanziamento possibili per poter procedere alla realizzazione di progetti già esistenti. Per questi motivi è fondamentale la collaborazione tra enti pubblici e singoli privati, sia nel confronto di idee che nel supporto economico.

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fig. 33 Ex cantine Valli, Lugo

3.2

Lugo e le aree dimenticate

A Lugo le aree dismesse sono per la maggior parte localizzate lungo la ferrovia, dove nel ‘900 avevano trovato sede gli edifici industriali. Un esempio che subito viene in mente ai lughesi è l’acetificio Venturi, posizionato in corrispondenza della stazione ferroviaria. Poco più a sud troviamo, sempre al di là dei binari (rispetto al centro cittadino), la ex Cepal, in parte utilizzata da una ditta ortofrutticola. Quest’area -di circa 100.000 mq- comprende dunque sia edifici con valore storico, considerati archeologie industriali, sia nuovi stabilimenti per lo svolgimento del lavoro con le dimensioni adatte alle attrezzature odierne. Poco distanti troviamo anche le ex cantine Valli e più a nord, vicino al complesso dell’ospedale, vari edifici dismessi e abbandonati. Alcune ex aree produttive si trovano anche nei pressi del centro storico, come gli edifici di via Macello Vecchio, oppure, proseguendo verso S. Agata, i manufatti di via Cardinale Bertazzoli e via Luigi Rizzo. Nella città di Lugo le aree dismesse occupano circa l’1% del territorio. Questo in sè non sarebbe da considerarsi un dato preoccupante, il problema è che sono quasi tutte concentrate al di là della ferrovia, la cosiddetta “Lugo sud”, quartiere in espansione. Queste potrebbero dunque divenire aree importanti dove localizzare funzioni preziose per il quartiere e che 53 49


possano dargli valore. Nella pianta sono state mappate le aree dismesse o comunque da riqualificare, e si è voluto dare maggior risalto a quelle situate nei pressi della ferrovia. Come si può ben notare, queste ultime costeggiano i binari nella parte sud ad eccezione di due edifici. Possiamo identificare: 1. Ex cantine Valli 2. Area CEPAL 3. Ex acetificio Venturi 4. Area Bucchi 5. Ex cantine fig. 34 Aree industriali dismesse 54 50


fig. 35 Ex cantine Valli (1)

fig. 36 Ex CEPAL (2)

fig. 37 Ex cantine (5) 55 51


3.3 3.3 Pianificazione Pianificazione e e previsioni previsioni urbanistiche urbanistiche L'articolo 5.3 del Piano Strutturale Comunale definisce le sudL’articolo 5.3 del Piano Strategico Comunale definisce le suddette aree come "Ambiti da riqualificare" riconoscendo come dette aree come “Ambiti da riqualificare” riconoscendo come priorità il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione della stopriorità il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione della storia di Lugo attraversoilun piano recupero. ria d Lugo attraverso piano didi recupero. Art. 5.3

Territorio urbanizzato: ambiti da riqualificare (AR)

1. Definizione. Per ambiti urbani da riqualificare si intendono le parti del territorio urbanizzato che necessitano di politiche di riorganizzazione territoriale, che favoriscano il miglioramento della qualità ambientale e architettonica dello spazio urbano ed una più equilibrata distribuzione di servizi, di dotazioni territoriali o di infrastrutture per la mobilità ovvero che necessitano di politiche integrate volte ad eliminare le eventuali condizioni di abbandono e di degrado edilizio, igienico, ambientale e sociale che le investono. 2. Determinazioni del PSC. Il PSC individua: - un ambito da riqualificare AR (1), nel capoluogo, fra la ferrovia e la via Provinciale Cotignola, comprendente un’attività produttiva ad elevato impatto incompatibile con i tessuti residenziali adiacenti; - un ambito da riqualificare AR (2), nel capoluogo, in adiacenza a via Piano Caricatore, comprendente tessuti prevalentemente residenziali; - un ambito da riqualificare AR (3), nel capoluogo, nell’ambito posto immediatamente a sud della stazione ferroviaria, comprendente diverse attività produttive, alcune di vecchio impianto, da trasformare, nonché una porzione adiacente di tessuto urbano misto da mantenere e qualificare; - un ambito da riqualificare AR (4), nel capoluogo, tra le vie Bertazzoli e Bonoli, comprendente modesti insediamenti produttivi e artigianali non coerenti e non più compatibili con i tessuti residenziali adiacenti; - un ambito da riqualificare AR (5), nel capoluogo, in adiacenza alla ferrovia, lungo la via Felisio, corrispondente ad un’attività produttiva non coerente e non più compatibile con i tessuti residenziali adiacenti; - un ambito da riqualificare AR (6), nel capoluogo, a sud di viale 56 52


de’ Brozzi, corrispondente a un modesto insediamento produttivo-artigianale non coerente e non più compatibile con i tessuti residenziali adiacenti; - un ambito da riqualificare AR (7), nel capoluogo, lungo il circondario nord, tra le vie Macello Vecchio e Giotto, costituito da un vecchio insediamento del consorzio agrario.1 Nel Regolamento Urbanistico Edilizio viene inoltre specificato che sugli edifici di interesse storico-architettonico o pregio storico- culturale e testimoniale sono ammessi soltanto gli interventi denominati nel POC. Negli altri casi sono specificati gli interventi possibili. Nelle porzioni che ospitano prevalentemente attività produttive manifatturiere, qualora non siano previsti interventi nel POC, non sono ammessi interventi di cambio d’uso. Sono ammessi per intervento diretto i seguenti interventi edilizi: - MO, MS, RRC, RE, D, nonché ogni altro intervento necessario alla prosecuzione dell’attività produttiva in condizioni di sicurezza e per la riduzione degli impatti ambientali. Nelle altre porzioni, con destinazione in atto prevalentemente a residenza o attività commerciali, terziarie e di servizio, qualora non siano previsti interventi nel POC, sono ammessi interventi di cambio d’uso per uno degli usi di cui al precedente art. 4.2.8 comma 1. Sono ammesse inoltre le medesime possibilità di intervento edilizio diretto di cui agli ambiti Auc.4. Dopo l’attuazione degli interventi previsti nel POC, e in assenza di ulteriori previsioni del POC stesso, sono ammessi interventi edilizi di cui al precedente comma. Gli interventi di cambio d’uso (CD) sono ammessi esclusivamente per gli usi previsti nel PUA o nel progetto unitario approvato.2 Il caso dell’acetifcio Venturi ricade sotto l’articolo dei poli funzionali, dove “gli interventi da effettuare sono da definire, ai sensi del PSC, attraverso la sottoscrizione di un accordo territoriale.”3 1 2 3

Art. 5.3 del POC Art.4.3.1 del RUE Art. 4.3.2 del RUE 57 53


“Nel solo caso dei Poli funzionali n.2 ‘Stazione di Lugo’ e del n. 4 ‘Centro merci intermodale’ sono ammissibili anche interventi di realizzazione di nuovi edifici,all’interno dell’ambito delle parti già urbanizzate, purché dettati esclusivamente da esigenze strettamente funzionali alle attività già oggi insediate ed entro un limite massimo complessivo di 3.000 mq di SC, esclusivamente in attesa dell’Accordo Territoriale della Provincia di Ravenna.” All’interno dello studio “Progetti di conservazione e trasformazione della città. Lugo 2020”, sono state svolte delle analisi approfondite sullo stato attuale di “Lugo sud”, la zona al di là dei binari. Vista l’estensione e l’eterogeneità di questo territorio, si è deciso di dividerlo in più ambiti: • Ambito A: aree produttive da riqualificare • Ambito B: il nuovo campus scolastico • Ambito C: la ferrovia e l’ambito della stazione • Ambito D: il tessuto residenziale • Ambito E: tessuto agricolo della centuriazione A fianco vengono riportate le estensioni delle superfici in ettari. Di queste aree prenderò in considerazione solamente l’ambito B che tratta del “campus scolastico”.

58 54


Stato attuale. Il progetto del “campus scolastico” nasce dall’esigenza di riorganizzare il sistema scolastico lughese attraverso la costituzione di un polo integrato dell’istruzione e dei suoi servizi, migliorando la qualità e quantità dell’offerta formativa lughese e ampliando il più possibile l’utilizzo delle strutture scolastiche da parte dell’intera collettività. L’area scolastica già esistente attorno ai giardini del Tondo, completata dall’ex Acetificio Venturi, al di là della ferrovia, suggerisce l’opportunità di creare un sistema con due parti in continuità fisica e morfologica. L’area interessata dal progetto del campus comprende attualmente: - edifici scolastici esistenti (Liceo Scientifico e ITC); - casa di riposo e Centro Sociale il Tondo; - asilo nido, giardino pubblico, un esercizio pubblico di proprietà privata; - aree di proprietà delle Ferrovie; - sede della polizia stradale - ex Acetificio Venturi, un tempo destinato alla trasformazione dei prodotti vinicoli secondo la tipologia produttiva che l’economia agricola esprimeva negli anni ‘40. Lo sviluppo che ha portato alla conformazione attuale non deriva da un progetto organico ma dalla necessità continua di creare nuovi spazi produttivi in un’area ritagliata tra gli insediamenti residenziali. Anche quest’area è ricompresa in un più ampio Ambito di Riqualificazione Urbana denominato “Ambito 4”, che ha l’obiettivo di salvaguardarla fino all’approvazione di un PRU, capace di ricondurre l’intero ambito ad un disegno complessivo organico e coerente.

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4 60

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L’acetificio Venturi

Acetificio Venturi, piano di carico con carrucola

Ph. Gianni Guerrini 61 57


4.1

Una nota biografica sul fondatore Agostino Venturi

Agostino Venturi nacque a Bagnacavallo il 30 agosto 1877, ma visse a Lugo con la famiglia nel periodo della sua adolescenza. Di famiglia di agricoltori, con due fratelli e tre sorelle, si dedicò fin da piccolo al lavoro della terra, con la passione per la sperimentazione. La viticoltura esercitò sempre su Agostino uno speciale fascino, e a 16 anni ottenne risultati di successo nelle tecniche di lavorazione del vigneto di famiglia, ottenendo una produzione triplicata rispetto allo standard. A 18 anni tentò la vinificazione delle uve di produzione dei vigneti. Nella modesta cantina del fondo “Madonna del Molino” il lavoro aumentò di anno in anno, fino a spingerlo ad acquistare il terreno in Rivali S.Bartolomeo. Da qui, il buon andamento della sua azienda gli diede la spinta per tentare il passo verso l’imprenditoria come industriale. Fu in questo delicato momento che subì la perdita, uno dopo l’altro, del padre e di due fratelli, uno dei quali con tre bimbi di cui poi Agostino dovette occuparsi. Non si scoraggiò mai, e proseguì l’opera iniziata. Presto potè contare sulla collaborazione dei tre nipoti nell’azienda. Iniziò nel 1915 la costruzione di quello che divenne il più imIniziò nel 1915 la costruzione di quello che divenne il più importante stabilimento acetario d’Italia ed uno dei più importanti stabilimenti enologici nazionali. Persona precisa ma possibilista, imprenditore stimato ed equiNegli anni successivi Venturi mise a punto nuove vie di produlibrato, mise a punto nuove vie di produzione che portarono ad zione che portarono ad altissimi risultati nel panorama dell’inaltissimienologica risultati nel panorama dell’industria enologica italiana. dustria italiana. questo campo campofu fupioniere pionieredelle delleinnovazioni innovazionipiù piùardite ardiAnche in questo te più e più fortemente combattute. Superò difficoltà e traversie e fortemente combattute. Superò difficoltà e traversie dodovute al contingente momento storico (la crisi del 1928-29). vute al contingente momento storico (la crisi del 1928-29). L’espansione del suo stabilimento industriale lo portò ad aprire L’espansione del suo stabilimento industriale lo portò ad aprire delle dipendenze anche ad Alfonsine, Bologna e S.Potito. fig. 40 Agostino Venturi. Fotografia delle dipendenze anche ad Alfonsine, Bologna e S.Potito. Morì nel 1943, all’età di 66 anni. Morì nel 1943, al'età di 66 anni. Ancora oggi Agostino Venturi viene ricordato dai suoi concittadini con gratitudine e ammirazione. 62 58

tratta dal libro “In memoria di Agostino Venturi, 1943.”

fig. 41 Lettera al Sig. V. Gallina per riallacciare

i

contatti

commerciali in anni post

crisi (1930).


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4.2

Dal vino all’aceto: il ciclo produttivo

Situata a sud dell’abitato, l’area Venturi si trova al di là dei binari, in corrispondenza della stazione ferroviaria. L’area triangolare ha una dimensione di circa 2500 mq sulla quale posa un impianto produttivo dismesso e la palazzina della polizia stradale. Nei primi tempi di sviluppo dell’azienda, essere ubicati in corrispondenza del raccordo ferroviario era un vanto non da poco, fig. 42 Foto aerea degli anni ‘90. tale da essere specificato anche nel logo della ditta. Si nota lo stabilimento La vicinanza alla ferrovia permetteva un più facile scambio di Venturi già in disuso e lo prodotti, dall’arrivo del vino in botticelle all’esportazione dell’ascalo merci in via di ceto finito, e consentiva anche il transito di particolari tipologie spostamento.

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di macchinari. L’impianto originario del 1915 era costituito da edifici a navate affacciati su via Rivali S. Bartolomeo, chiamata così per il canale che vi scorreva a fianco. Purtroppo i bombardamenti della guerra nel 1945 rasero al suolo lo stabilimento, ma senza indugio venne ricostruito pressochè uguale, con l’aggiunta nel tempo, in base alle esigenze, di ulteriori fabbricati. Gli edifici sono costituiti da coperture voltate con struttura in cemento armato e tamponamento in laterizio, mentre all’interno, le vasche che contenevano il vino o l’aceto sono interamente in cemento. Oggi troviamo molto poco di ciò che era presente all’interno dei manufatti. Il percorso rialzato dove venivano scaricate le merci è stato per una buona parte distrutto, e sono stati eliminati anche i binari della ferrovia. Le vasche alte sono rimaste pressochè intatte, mentre di quelle a terra c’è rimasto poco. L’accesso all’area avveniva in via Rivali, in corrispondenza del quale vi erano la palazzina degli uffici e la postazione di controllo delle quantità di materiale in transito; inoltre, all’interno dei locali del piano superiore venivano svolte le analisi chimiche per il controllo qualità dei prodotti (dai tecnici addetti: Brusi Giuliano e Padovani Piero). Nelle pagine seguenti verranno analizzati i singoli manufatti, attraverso schede di approfondimento, seguendo in ordine gli edifici da nord a sud.

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4.3 Analisi critica dei manufatti Nello schema sopra sono indicati gli edifici dell’area e le intenzioni progettuali. Verrà infatti mantenuta una buona parte dei manufatti industriali e demolite solo quelle parti che per conformazione o per disposizione non sono coerenti con il progetto, oltre a presentare caratteri di minor valore e riconoscibilità nell'ambito del complesso architettonico. A destra invece possiamo vedere la disposizione all’interno dell’area degli edifici. Si nota come, rispetto alla foto degli anni ‘90 siano stati fatti lavori di urbanizzazione con strade e parcheggi nella striscia tra l’ex acetificio e la ferrovia. Fanno parte del progetto di scavalcamento della ferrovia con sottopassaggi carrabile e pedonale. 66

fig. 43 Vista prospettica del complesso di edifici fig. 44 ortofoto dell'area


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Fabbricato A FUNZIONE ORIGINARIA: magazzino dei materiali per l’imbottigliamento e deposito dei prodotti finiti. FUNZIONE ATTUALE: dismissione DIMENSIONE: 506 mq (SUL) STATO CONSERVATIVO: buono STRUTTURA / MATERIALE: telaio in cemento armato e laterizio INTENZIONE DI PROGETTO: l’edificio viene mantenuto e rifunzionalizzato a servizio della comunità e degli studenti.

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Fabbricato B FUNZIONE ORIGINARIA: magazzino e zona di concentratori per il mosto. FUNZIONE ATTUALE: dismissione DIMENSIONE: 683 mq (SUL) STATO CONSERVATIVO: buono STRUTTURA / MATERIALE: telaio in cemento armato e laterizio INTENZIONE DI PROGETTO: vengono mantenute le tre navate principali e demolito il corpo retrostante. Vengono mantenute le altezze e sfruttate per i laboratori.

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Fabbricato C FUNZIONE ORIGINARIA: deposito aceto (nelle vasche) FUNZIONE ATTUALE: dismissione DIMENSIONE: 766 mq STATO CONSERVATIVO: discreto STRUTTURA / MATERIALE: telaio in cemento armato e laterizio INTENZIONE DI PROGETTO: viene demolito l’edificio, mentre si mantengono le tracce delle vasche, per cortili e zone di ricreazione per gli studenti.

Fabbricato D FUNZIONE ORIGINARIA: contenitore di tini e acetificatori (tradizionali e rapidi) a sud, mentre nelle navate più a nord avveniva l’imbottigliamento FUNZIONE ATTUALE: dismissione DIMENSIONE: 2037 mq STATO CONSERVATIVO: buono STRUTTURA / MATERIALE: telaio in cemento armato e laterizio, vasche in c.a. INTENZIONE DI PROGETTO: l’involucro dell’edificio viene mantenuto completamente e rinforzato, per permettere luci più grandi. All’interno verranno poste la palestra e l’auditorium a servizio della comunità e degli studenti.

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Fabbricato E FUNZIONE ORIGINARIA: cantina, lavorazione FUNZIONE ATTUALE: deposito per varie associazioni. DIMENSIONE: 2020 mq STATO CONSERVATIVO: discreto STRUTTURA / MATERIALE: telaio in cemento armato e laterizio, vasche in c.a. INTENZIONE DI PROGETTO: vengono mantenute le navate principali dell’edificio e demolite le aggiunte, come tettoie o altri spazi filtro. Sarà l’ingresso della scuola.

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Fabbricato F FUNZIONE ORIGINARIA: sede di uffici, laboratori di analisi e garage privato. FUNZIONE ATTUALE: abitazione del custode. DIMENSIONE: 228 mq STATO CONSERVATIVO: buono STRUTTURA / MATERIALE: cemento armato e laterizio INTENZIONE DI PROGETTO: demolizione

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Fabbricato G FUNZIONE ORIGINARIA: abitazione della famiglia del proprietario Agostino Venturi, e successivamente sede della Polizia Stradale FUNZIONE ATTUALE: dismissione DIMENSIONE: 455 mq STATO CONSERVATIVO: discreto STRUTTURA / MATERIALE: cemento armato e laterizio INTENZIONE DI PROGETTO: demolizione

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L'azienda raccontata 4.4 L’azienda raccontata dall'ex dall’exdipendente dipendente Brusi Giuliano perito chimico chimico dell’acetificio dell’acetificio VentuIntervista a Brusi Brusi Giuliano Giuliano1-- perito ri negli ultimi anni della sua sua attività. attività. Appassionato di vini fin da bambino, nel 1967 Giuliano si reca Appassionato di vini fin da bambino, nel 1967 Giuliano si reca in vari stabilimenti di Lugo in cerca di lavoro, ma la Venturi lo in vari stabilimenti di Lugo in cerca di lavoro, ma la Venturi lo cattura fin da subito, e lui valuta seriamente di rimanervi. cattura fin da subito, e lui valuta seriamente di rimanervi. All’inizio sembrava dovesse restarci per pochi mesi, ma quanAll’inizio sembrava dovesse restarci per pochi mesi, ma quando l’enotecnico Verna Mario sciolse il suo contratto per aprire un acetificio in proprio a Bagnacavallo, Giuliano fu assunto in un acetificio in proprio a Bagnacavallo, Giuliano fu assunto in via definitiva come perito chimico dell’azienda. via definitiva come perito chimico dell’azienda. Nel frattempo figlio difiglio Agostino Venturi2Venturi , era venuto a manNel frattempo ilVenturi, di Agostino (il fondatore care nel ’67 circa. Negli anni Settanta lo stabilimento vantava deceduto nel 1943), era venuto a mancare nel ’67 circa. Negli la posizione di più famoso e rinomato acetificio Italia e all’eanni ‘70 lo stabilimento vantava la posizione di inpiù famoso e stero. Venturi non aveva figli; aveva solo nipoti non interessati rinomato acetificio in Italia e all’estero. Venturi non aveva figli; all’azienda. Così fu accettata un’offerta di acquisto da parte di aveva solo nipoti non interessati all’azienda. quattro imprenditori lughesi che comprarono lo stabilimento a Così fu accettata un’offerta di acquisto da parte di quattro imun costo bassissimo: 250 milioni lire dell’epoca. valoprenditori lughesi checirca comprarono lo di stabilimento a unIlcosto re effettivo in realtà 24.000 mqIldivalore superficie tobassissimo: circa 250comprendeva: milioni di lire dell’epoca. effettivo tale, grandi giacenze di vino e di aceto, una notevole dotazioin realtà comprendeva: 24.000 mq di superficie totale, grandi ne di attrezzatura e macchinari, fra cui un’imbottigliatrice nuova giacenze di vino e di aceto, una notevole dotazione di attrezin acciaio inox all’avanguardia per l’epoca, che chiudeva circa zatura e macchinari, fra cui un’imbottigliatrice nuova in accia40.000 bottiglie al giorno e del valore di circa un centinaio di io inox all’avanguardia per l’epoca, che chiudeva circa 40.000 milioni dialLire. Gli acquirenti dunque erano quattro conosciuti bottiglie giorno e del valore di circa un centinaio di milioni imprenditori: Bongiovanni, assicuratore, il quale si ritirò dopo di Lire. Gli acquirenti dunque erano quattro conosciuti imprenpoco; Zanzi, già gestore di un distributore benzina; Guidani, ditori: Bongiovanni, assicuratore, il quale di si ritirò dopo poco; rinomato costruttore e proprietario della fabbrica di ceramica Zanzi, già gestore di un distributore di benzina; Guidani, rinoLa Faenza; e Bosi,eproprietario concessionaria mato costruttore proprietariodella dellalocale fabbrica di ceramicaFiat La e della Sirea di Barbiano. Faenza; e Bosi, proprietario della locale concessionaria Fiat e In 13 Sirea anni l’investimento della di Barbiano. iniziale di 250 milioni fruttò fino a diventare 1 miliardo e 200 milioni di lire solo per il marchio! A In 13 anni l’investimento iniziale di 250 milioni fruttò fino a diquesto punto la ditta di Ghemme in fase di crescita ventare 1 miliardo e Ponti 200 milioni di lire(NO), solo per il marchio! A aziendale e affermazione del proprio marchio a livello nazioquesto punto la ditta Ponti di Ghemme (NO), in fase di crescita nale, valutòe l’ipotesi di acquistare e inglobare Venturi. aziendale affermazione del proprio marchiola aditta livello nazioNel 1980 i figli di Guido Ponti acquistarono l’acetificio lughese, nale, valutò l’ipotesi di acquistare e inglobare la ditta Venturi. concretizzando il progetto del padre e con l’intento di portarne Nel 1980 i figli di Guido Ponti acquistarono l’acetificio lughese, concretizzando il progetto del padre e con l’intento di portarne fig. 45 Ingresso di una vasca ilIntervista nome.del 30 maggio 2016, Lugo di Romagna fig. 46 Nel 1980 lo stabilimento di avanti 1 Nella strategia di riordino del marketing dell’azienda, Ponti fece 2 Agostino Venturi, fondatore dell'azienda deceduto nel 1943 Lugo diventa Ponti 77 73


avanti ililnome. Nella strategia di riordino del e marketing dell'asparire marchio Venturi da tutte le etichette le collaboraziozienda, Ponti fece sparire il marchio Venturi da tutte le etichette ni produttive, come: Conad, Despar, Upim, De Rica, e molti ale le collaborazioni produttive, come: Conad, Despar, Upim, De tri. Dal 1980 il nome Venturi scompare quindi definitivamente. Rica, ieprodotti molti altri. Dal 1980 il nomecon Venturi scompare Tutti vennero rinominati marchio Ponti. quindi L’acedefinitivamente. Tutti i prodotti vennero rinominati con marto era sempre lo stesso, anche la lavorazione, ma cambiava il chio Ponti. L’aceto era sempre lo stesso, anche la lavorazione, nome. Oggi, come è noto, l’azienda Ponti è leader nella produma cambiava nome.aOggi, è noto, l’azienda Ponti è leazione di acetoilanche livellocome mondiale. der nella produzione di aceto anche a livello mondiale. L’aceto L’aceto è un prodotto da porsi sullo stesso piano di tutti gli alL’aceto è un prodotto da porsi sullo stesso piano di tutti gli altri tri alimenti, per la sua importanza nella dieta umana. L’imporalimenti, per la sua non importanza nella dieta umana.quantitativo, Importanza tanza logicamente va intesa sotto l’aspetto che non va intesa sotto l’aspetto quantitativo, come la carne, il come la carne, il pane, i grassi ecc., ma qualitativo, in quanto pane, idigrassi ecc., ma qualitativo, in quanto risulta di complerisulta complemento indispensabile all’alimentazione stessa mento indispensabile all’alimentazione stessa dell’uomo, per il dell’uomo, per il pregio dei suoi costituenti ad azione nutritiva pregio dei suoi costituenti ad azione nutritiva e bio-regolatrice. e bio-regolatrice. I composti che si riscontrano negli aceti di vino possono essere e inorganica. di natura organica ed inorganica.Questi elementi oltre a rivestire funzione di integrazione alimentare, favoriscono la digestioQuesti elementi oltre a rivestire funzione di integrazione aline dei cibi ed esercitano un’azione proficua per l’organismo. mentare, favoriscono la digestione dei cibi ed esercitano un’azione proficua per l’organismo. Le parole di Giuliano Brusi, con ricordi ancora freschi nella sua memoria, e di esperienza autentica vissuta in prima persona, ci Le parole di Giuliano Brusi, con ricordi ancora freschi nella sua aiutano a capire meglio la attività produttiva della Ditta Venturi memoria, e di esperienza autentica vissuta in prima persona, ci e a darcia capire delle risposte suiattività molti produttiva interrogativi cheDitta riguardano aiutano meglio la della Venturi proprio loro prodotto: l’aceto. e a darciil delle risposte sui molti interrogativi che riguardano proprio il loro prodotto: l’aceto. «Iniziai a lavorare come perito chimico all’acetificio Venturi per«Iniziai un motivo molto semplice: nell’aceto, nel vino, c’è a lavorare come perito chimicocome all’acetificio Venunaper regolamentazione molto importante. Il vino, turi un motivo moltosanitaria semplice: nell’aceto, come nel vino,per c’è fare l’aceto, andava sottoposto le volte all’esame MAF una regolamentazione sanitariatutte molto importante. Il del vino, per3 del laboratorio di Bologna; venivano a Lugo, prelevavano fare l’aceto, andava sottoposto tutte legiù volte all’esame del MAF1i campioni, sigillavano la vasca e verificavano se eraprelevavano idoneo opdel laboratorio di Bologna; venivano giù a Lugo, no. Il mio compito era dunque controllare preventivamenipure campioni, sigillavano la vasca e verificavano se era idoneo te l’aceto, da nonera rischiare checontrollare non andasse bene e oppure no.inIl modo mio compito cdunque preventivaavere perdite Inoltre questo non l’unicobene conmente l’aceto, economiche. in modo da non rischiare che nonera andasse trollo che subivaeconomiche. l’aceto: veniva analizzato anche a prodotto finie avere perdite Inoltre questo non era l’unico conto e imbottigliato. trollo che subiva l’aceto: veniva analizzato anche a prodotto fiNel 1970, vista la quantità di controlli fare, fu di necessario nito e imbottigliato. Nel 1970, vista ladaquantità controlli asda 3 1

MAF: Ministero dell'Agricoltura e Foreste MAF: Ministero dell’Agricoltura e Foreste 78 74

fig. 47 Etichetta a marchio Ponti


sumere un ulterioreassumere analista: entrò Piero Padovani², portato da fare, fu necessario un ulteriore analista: entrò Piero 2 Bosi. , portato da Bosi» . Padovani «Cos’è l’aceto? L’aceto è una malattia del vino, non è altro che l’ossidazione dell’alcol etilico ad acido acetico (con ossigeno). La reazione è indotta da batteri (acetobacter) che mangiano l’alcol etilico trasformandolo in acido acetico, sviluppando calore. La condizione è che non ci siano antibiotici, cioè deve essere senza bisolfiti (il bisolfito è un antibiotico). Infatti, affinché il vino non diventi acido, mettevano la “cordella” di zolfo nelle damigiane. Oppure si facevano anche i trattamenti alla vite, una volta effettuati tramite “soffietto”, che soffiava zolfo3, portato a spalla fra le viti. «Se il vino viene prodotto con questi sistemi, non si riesce però a produrre l’aceto, perché si impedisce un ambiente ideale per gli acetobacter. Avendo usato antibiotici (bisolfiti) gli acetobacter muoiono. Quindi ci vuole un vino che non sia stato trattato con il meta-bisolfito. Questo insieme al potassio non è altro che lo zolfo che veniva dato con il soffietto. Quello dato con il soffietto era proprio zolfo puro; l’altro si sviluppa con i sali come meta-bisolfito, ma si sviluppa comunque lo stesso zolfo, sempre in acqua. Questo non ci deve essere. E cosa si usa? Si usa il vino che sia acescente. «Per fare l’aceto non si usa il vino buono. Solo Sasso faceva così. L’aceto Sasso era il migliore, e probabilmente è ancora il migliore (io facevo le analisi a tutti), specialmente il Sasso Rosso. Sasso faceva una scelta di qualità, aveva un prodotto di pregio, non gli importava avere dei costi più alti. Al cliente la bottiglia di aceto dura un mese o due, non importa se costa mezzo euro in più. Sasso ha fatto sempre una logica di qualità. Mentre Venturi, e Ponti dopo, guadagnavano sulle quantità. Ponti aveva solo l’ “Aceto Antico” di qualità. Questo aceto era di qualità, e si poteva confrontare con quello Sasso. Cirio non era invece confrontabile con Sasso, perchè l’aceto era di diversa tipologia. Cosa faceva Sasso per produrre questo aceto di qualità: andava dai contadini, anche qui in giro, e diceva: “Voi mi dovete fare il vino

fig. 48 Pubblicità dell’aceto Venturi fig. 49 L’aceto speciale di Venturi

2 3

Piero Padovani, Solarolese, chimico, collega di Giuliano Brusi per 20 anni. Alla chiusura dello stabilimento nell ’89, Padovani verrà trasferito a Treviso. Accadeva negli anni ante-guerra. Era zolfo puro. Contro le muffe e attacchi batteriologici era il più efficace di tutti 79 75


per l’aceto; quindi voi non mettete bisolfito Lasciate che diventi acido”. Quindi questo cosa vuol dire: Sasso usava vino buono, ma colpito dall’acidità; che era quello che andava bene, perché l’acetobacter cominciava già a lavorare e trovava l’ambiente ideale. Messo negli acetificatori era uno spettacolo. Quindi si partiva già dal vino buono che faceva un prodotto buono. «Mentre noi, Ponti, tutti, non partivamo da un prodotto buono, ma da un prodotto già acescente, cioè, noi avevamo dei raccoglitori che portavano il loro vino quando non era vino buono. Andavano in giro per l’Italia a raccogliere il vino andato a male, nel senso non vendibile come vino, tipo botti smezzate, damigiane, tutti i residui, dai piccoli produttori. Dalla provincia di Lecce provenivano tantissimi raccoglitori, che arrivavano anche con due cisterne al giorno a volte. I piccoli produttori, e anche i cittadini, invece di buttarlo via portavano il vino ai raccoglitori, e al raccoglitore più grande, questo faceva il deposito, poi alla cisterna, e questa lo portava su. Ecco, questa era la prassi. Così il vino costava poco, tanto sarebbe stato da buttar via. Sasso invece si rivolgeva ai contadini, si faceva tenere parte il miglior vino, non bisolfito, e lo usava per il suo aceto. «Poi ti racconto un’altra cosa di Sasso. L’aceto è il prodotto della acetificazione batterica, da alcool etilico ad acido acetico, sviluppando CO2, acqua e calore. La resa: se tu hai 8° di alcolici (un vino che ha 8°), ha circa una resa dell’80% (nel sistema tradizionale). Quindi più o meno diventa un 6½. Per legge, gli aceti sono di due grandi categorie: gli aceti normali e gli aceti speciali. Gli aceti normali hanno 6° di acidificazione. Questo dato era riportato sull’etichetta. Ora, se io sono arrivato a 6,5°, perché sono partito da un vino che mi ha reso l’80%, non è che regalo mezzo grado, lo porto con l’acqua a 6 gradi. E quindi sviluppo tutto l’alcool, e lo porto a 6. Nell’aceto è ammesso il taglio con l’acqua. «Ma non faceva così Sasso! Sasso partiva non da 8, ma da 9 o 10. Gli lasciava una parte di alcool, che è quella che gli dava armonia. Perchè un po’ d’alcol, assieme all’acidità, gli dà una rotondità, lo rende molto piu rotondo e più buono, un po’ come l’aceto balsamico. E’ più fragrante, più importante. In più se arrivava anche a 7½ , non ci metteva dell’acqua, lo lasciava così. Quindi capisci che il prodotto della Sasso era decisamente migliore al nostro, al nostro normale. Poi noi facevamo lo “speciale”, e facevamo così anche noi. Anche noi lasciavamo 80 76


fig. 50 Tini in legno per

l’invecchiamento del vino

della produzione dell’aceto Sasso.

l’alcol per dargli quella fragranza, e se arrivava a 7½, perché 7 era il minimo, lo lasciavamo così. Perchè qui (aceto speciale) dovevi competere sulla qualità; invece qui (aceto normale) dovevi competere con la quantità. Questo lo davi alla grandi catene, alla Coop ecc., che ti pagavano poco. Noi facevamo dalle 30.000 alle 40.000 bottiglie al giorno. Ogni bottiglia - finita – dava circa (allora) 10 lire di guadagno. Sembra poco, però…. Guidani si metteva lì davanti e contava: “10, 20, 30, ...” Le bottiglie andavano velocissime! E lui si metteva lì e si rendeva conto del suo guadagno. «Non so se tu abbia mai visto un imbottigliamento. è molto bello da vedere. Il prodotto finito, l’aceto, va a finire in una cisterna. Dalla cisterna va a finire nell’imbottigliatrice, una 81 77


specie di macchina tutta in acciaio inox con un bel contenitore, e da lì sopra c’è tutta una serie di beccucci. Non so se tu abbia mai visto, tipo quello dell’acqua minerale … » «Sì, ho visto quello dell’imbottigliamento della birra» «Ecco, è uguale. Ci sono tutti beccucci. Poi dopo c’è il mezzo che mette l’etichetta, quello che mette il tappo, quello che chiude, e tutto quanto; poi alla fine addirittura c’è quello che mette nei cartoni, mette nei pallets, ci mette la plastica, l’imballatrice e l’uomo con il muletto, e così via. Noi avevamo una roba così già 60 anni fa. «Quando sono entrato io nel ‘68: era stato appena abbandonato il sistema del recupero delle bottiglie. La bottiglia dell’aceto finito veniva riportata al negozio, che in cambio ti scontava qualcosa. Le bottiglie quindi tornavano allo stabilimento; lo stabilimento era attrezzato per lavare le bottiglie e ripartire, ma non era così facile, perché l’aceto fa la “madre”; facendo la madre non era così facile pulire le bottiglie. Allora si usava la soda caustica, le lavava e poi venivano risciacquate. Ma il problema era che nel beccuccio poteva capitare che non si risciacquava bene, e potevano rimanere tracce di soda. Fatto stà che alla fine, un po’ per questo motivo, un po’ perché era complicato, poichè bisognava avere una lavatrice e tutte queste cose, e poi perché la gente non voleva più avere il “vuoto a rendere” ma preferiva il vuoto a perdere; ovvero questo sistema del vuoto a rendere, che era usato anche per il vino e tante altre 82 78

fig. 51 Acetificio Venturi, vasche di

deposito del vino, con

percorso calpestabile sopra


cose, da un certo momento non si è più fatto.» «In realtà è un sistema molto usato oggi in Germania. Rendi il vuoto, e ti vengono scontati dei soldi»

fig. 52 Acetificio Venturi, area tini.

Erano disposti a lato,

lasciando un corridoio di percorrenza al centro.

«Da noi si faceva, ma non si fa più, perché comportava per i negozi molto disturbo: spazio in più, l’organizzazione dei resi, poi per lo stabilimento il lavaggio, risciacquo con acqua calda, la lavorazione e altro. Molti inconvenienti insomma. Allora si è passato all’uso delle bottiglie nuove e via. Quella è stata una rivoluzione che è iniziata dagli anni ‘70, quando si è smesso il sistema a rendere, per tutti i prodotti: dalle bibite, al vino, all’aceto. Si stava andando verso la civiltà dei consumi. Una cosa che non serve più si butta via. Il rifiuto, è una cosa da rifiutare, da buttare via.«Io ho lavorato nell’ufficio Ambiente, quando lavoravo in Comune, e mi occupavo anche della raccolata differenziata. Anzi, il mio ufficio è stato uno dei primi nella provincia di Ravenna a promuovere la raccolta delle lattine. Siam passati dal mezzo chilo a testa degli anni ‘50/’60, a un chilo, poi adesso un chilo e mezzo: noi tutti i giorni consumiamo a testa un chilo e mezzo di roba da rifiutare. Incredibile. Poi dopo per fortuna è cresciuta un bel po’ la coscienza ecologica che ci porta a differenziare. Io lo faccio personalmente, ma vedo che lo fanno tanti. Portiamo all’isola ecologica periodicamente carta, ferro, vetro, ecc. Ti danno 5 centesimi al chilo; si fa. «Ma io mi occupavo di queste cose negli anni ‘80, e da noi era una novità assoluta: era molto complicato farlo capire 83 79


alla gente. In Svizzera lo facevano già da 20 anni. Non solo, ma in Svizzera, se tu compravi una cucina, aveva i settori dove poter mettere carta .. vetro ...ecc. In questo modo ti incentivava. Qui da noi non c’era quella cultura del recupero, dell’ambiente. Noi eravamo molto indietro rispetto alla Svizzera, alla Germania, ai paesi del Nord. Allora, nel nostro stabilimento si smise di portare il reso delle bottiglie. Era difficile pulire le bottiglie, e il sistema finì. «L’aceto. L’acetificazione avviene lavorando un vino, dal quale la resa in gradi alcool (gradi acetici/ gradi di aceto) è di circa l’80%. Tu hai 10°, ne fai 8°. In realtà da 10° non va bene. Perchè si sviluppi bene la reazione di acetificazione, c’è bisogno del vino che sia predisposto, che non abbia antibiotico, e anche che non abbia una gradazione troppo alta, perché la gradazione per l’acetobacter è un tossico. Quindi va molto meglio un vino da 8° che uno da 10°; e poi la temperatura giusta, e l’ossigeno. Perchè gli acetobacter sono aerobi, e hanno bisogno di ossigeno per sviluppare. «Allora: dalla damigiana in casa, che lasci due/ tre mesi: prendi una botticella di vetro, più che di legno, aperta sopra perché ha bisogno di ossigeno, magari con una garzina per impedire che entri qualcosa, riempita a metà - per avere più ossigenazione - con vino di gradazione d circa 8/9 gradi. Vino possibilmente con poco bisolfito (quello dei contadini va meglio), lo metti al caldo, vedrai che dopo un po’ si sviluppa. Una volta, prima del sistema industriale, era quello il sistema che si faceva: detto il sistema di “Orlèans”.

fig. 53 Schema indicativo di una fabbrica tipo Orlèans

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fig. 54 Schema dell’acetificatore a trucioli

Si prendevano dei tini, si metteva lì il vino, e si aspettava. Con la rivoluzione che seguì le scoperte di Pasteur, quando si capì cos’erano i batteri, si partì con i sistemi industriali; questi sistemi portarono enormi vantaggi. Ho sentito dire che quando Agostino Venturi nel 1915 fece lo stabilimento, mi hanno detto che nel 1919/20 fece venire dalla Germania il primo di questi sistemi industriali, che praticamente dava progressi enormi rispetto al sistema delle botticelle. Con il nuovo sistema si arrivava all’aceto in una settimana circa, anziché dover aspettare 2/3 mesi. Faceva la differenza …. «Il nostro non so se l’han demolito, o se c’è ancora, era da 3.000 quintali. Era una cosa grandissima, da 3.000 quintali, tutto in muratura, rivestito in anti-acido. Il sistema dell’acetificazione industriale, se immagini di avere un tino, (disegnando) si fa un ripiano, qui si aprono due fori. All’interno qui è riempito con una massa di trucioli, saggina, raspi. Il vino è da qui. La pompa manda su, e con la forza della pressione questo vien fatto girare e il vino si spande come una specie di pioggia, e gira a spruzzo, incontrando più ossigeno, Con questo sistema, detto “tradizionale” nel giro di una settimana, tutti i gradi di alcol si sviluppano in aceto. Vantaggi e svantaggi del sistema tradizionale: se qui sotto metti un supporto che abbia un odore o un sapore, ad esempio dei rami di tamerice, si può dare aroma all’aceto. Il difetto è che se lavori il tutto a 38°, l’aroma del vino si perde, per reazione esotermica. La resa di questo sistema è di circa l’80%. Problema: nella massa del riempimento, la temperatura superava i 40°, e rendeva difficile il controllo del raffreddamento. 85 81


«Il sistema tradizionale viene utilizzato ancora in moltissimi casi. In quanto è tradizionale, ed ha un costo abbastanza limitato. Infatti si lavorava bene finché non si inquinava: succedeva però che, poiché ci sono circa 100 tipo di acetobacter, non tutti sono quelli che producono l’aceto buono. Se capitare di inquinare la massa con dei batteri non buoni. (come noi quando prendiamo una polmonite, e prendiamo l’antibiotico che uccide i batteri cattivi ma anche quelli buoni) Occorreva togliere tutto e rifare da capo. E questo era un problema. «L’evoluzione di questo risale al 1954. E’ il sistema Frings. Era un sistema tedesco. Noi ne abbiamo copiati 4, perché l’originale costava una pazzia. Funzionava così: qui dentro non c’è supporto: è pieno di vino completamente. Qui all’interno c’è 86 82

fig. 55 Schema di un acetificatore a fermentazione sommersa Frings.


una turbina che fa muovere velocemente tutta la massa del vino completamente. L’ossigeno viene insufflato di continuo dalla turbina. Questo sistema aveva vantaggi e svantaggi: i tempi veloci: parti dal vino, e la mattina dopo questo è gia aceto. La lavorazione avviene a 30 gradi, invece che a 38°. Così l’aroma del vino buono di partenza si conservava tutto. Lo svantaggio era che il prodotto usciva però piuttosto torbido - occorreva chiarificarlo - mentre con il sistema tradizionale l’aceto ottenuto era più limpido e più bello. In entrambe le lavorazioni occorreva comunque fare la chiarifica, ovvero togliere dall’aceto quelle sostanze che con il tempo lo degraderebbero. «La differenza fra il vino del contadino e il vino di una cantina. A parte i luoghi comuni, in entrambi i casi ci può essere il buono e il cattivo. Di sicuro il vino del contadino non ha la possibilità di essere trattato e spogliato. Il vino dentro ha: sostanze organiche, gomma, pectina, mucillagini, tutte queste cose qui che degradano il vino. Prendi il vino del contadino, ed è buonissimo, ma buonissimo fino ai primi caldi. In settembre /ottobre, novembre, quando è fresco, l’odore vinoso è meraviglioso, straordinario, quasi quanto quello di un Brunello. Ma quando cominciano ad arrivare i primi caldi, tutte queste sostanze che sono dentro, sono quelle che degradano il vino. Una cantina invece queste sostanze gliele toglie. Adesso poi nelle cantine hanno altre cose: fanno lavorare in atmosfera controllata, fanno lavorare a temperatura ottimale, usano miscele selezionate di lieviti; perché mentre nell’aceto ci sono gli acetobacter, nel vino sono i lieviti che trasformano il glucosio e il fruttosio della sostanza zuccherina del mosto in alcol etilico. Nella cantina viene fatto con delle miscele selezionate. Oggi si usa la genetica anche in questo, e si utilizzano dei lieviti selezionati. Viene trattato e spogliato e si mantiene per anni e decenni, a seconda dei vini. Sostanze che vengono messe per abbattere queste gomme, pectine, mucillagini, sostanze organiche ecc. Vengono usate delle sostanze varie: la caseina, la gelatina; viene usata una argilla che si chiama bentonite. Questa va a combinarsi con le proteine che sono nel vino e va a fare delle catene pesanti, più pesanti della pressione superficiale del vino, per cui vanno a fondo. Quindi c’è un precipitato: sopra rimane la parte chiara e sotto tutte queste sostanze vengono tirate giù. «Si usano queste sostanze: caseina, albumina, gelatina e bentoniti, e anche altre sostanze complesse, carbone. Se vuoi 87 83


far schiarire, usi il carbone. Qui noi avevamo la possibilità di far diventare bianco l’aceto rosso. L’aceto bianco, di quelle etichette lì. Ecco questo ad esempio era aceto di vino bianco. Era proprio decolorato, nell’indistria conserviera ad esempio sono in aceto che sembra acqua. Ma è aceto normale decolorato con il carbone. Decolora senza togliere le altre prpprietà, e toglie il colore. «Queste sostanze, dicevo, erano messe per fare precipitare e fare diventare bello, e soprattutto perchè si conservi, l’aceto. Il problema più grosso è il ferro. Dato che noi usavamo dei vinacci ossidati (a parte Sasso che usava vino buono) noi avevamo vino con molto ferro. Quando in un vino c’è molto ferro si formano delle malattie che si chiamano “casse ossidasica” che danno una certa torbidità: questa andava tolta, perché se tu metti in bottiglie l’aceto, questo deve mantenersi almeno un anno, e se tu andavi a vendere un prodotto torbido, non lo vendevi, o tornava indietro. E cosa veniva usato per togliere il ferro? Il famoso ferro-cianuro di potassio. Hai mai sentito dire: “Ma mettono il cianuro nel vino!” E’ vero, ma non è il cianuro, è ferro-cianuro, un’altra cosa: il cianuro ferrico. Questo faceva precipitare a fondo togliendo il ferro. Io, essendo un Chimico, sotto la responsabilità dell’enotecnico Montanari Pietro, con tanto di registri, facevo, assieme a Piero, i controlli dei prodotti lasciando poi i risultati a disposizione delle autorità. Era dunque rarissimo che ci fossero dei problemi. In ogni caso si combinava direttamente, e non ho mai sentito parlare neanche di malori dei cantinieri. Però sentir nominare il cianuro come trattante del vino! In realtà era un prodotto che usato nella maniera corretta non dava problemi. Anche gli oppiacei, ad esempio, se li usi in quantità eccessiva sono una droga, oppure nella maniera giusta sono farmaci». «Ho capito. Nel libro4 comunque trovo tutto» «Si, certo. Il discorso sull’acetificazione, formule chimiche, spiegate, il sistema d’Orleans, e i vari processi sono spiegati qui abbastanza bene, Ci sono anche tutte le ricette di Veronelli con l’aceto. E’ fatto bene. «Per quanto riguarda Venturi, noi facevamo la bellezza 4 A.A. V.V., “L’aceto. Tecnologia industriale e tradizionale, impiego nell’industria conserviera, utilizzazione in cucina.”, edizioni aeb Brescia, 1979 88 84


fig. 56 Acetificio Venturi, area di ingresso camion/treni e deposito vino.

di 100.000 quintali all’anno di aceto. Poi facevamo anche il vino, ma quello era considerato una cosa secondaria. 100.000 quintali all’anno! Noi lo vendevamo sia in bottiglia che in cisterna, e lo davamo a quelle attività conserviere, tipo a quelli che fanno i carciofini, le cipolline, anche quelli che fanno le anguille marinate a Comacchio. A Comacchio c’è una azienda che mandava anguille marinate in tutto il mondo. Erano scatole, belle scatole, che venivano esportate anche in Giappone. Noi a loro fornivamo l’aceto. «Da notare che nell’aceto vive un parassita, che si chiama “anguillula”. Quelli che lo fanno in casa, nelle botticelle di legno spesso e volentieri c’è. E’ un millimetro, un millimetro e mezzo, ed è come un anguilla: si chiama anguillula per questo. 89 85


Ne vedi centinaia anche in un bicchiere, e te le mangi. Fortuna è che quando arrivano allo stomaco non fanno niente. Ma noi non potevamo averlo. Se ti arrivava un caso di infezione con anguillula, ci beccavamo una denuncia. Quindi con la filtrazione riuscivamo a separare tutte queste impurità. «L’aceto, dunque, prima dell’imbottigliamento, subiva un’ultima filtrazione con cartoni sterili. Cioè c’è un sistema, per cui sottoponi le bottiglie a una pioggia di acqua calda, a 90°, si scaldava e quindi tu uccidevi gli acetobacter rimasti, quelli che se lasciati lì farebbero la madre. Vanno eliminati, altrimenti fanno l’aceto torbido. Li uccidevi o con la pastorizzazione (col caldo), ma si è visto molto meglio trattenendoli con i filtri. Perchè si è visto che la pastorizzazione cambiava colore e cambiava gusto; cioè lo cuocevi in prativa. Se scaldi una cosa a 80°, non diventa certo più bello. Oggi vengono sempre usati i cartoni, non più il sistema a caldo. Nei vini devi eliminare i lieviti, nell’aceto devi eliminare l’acetobacter. «Quando si dice: usano la madre per fare l’aceto. E’ assurdo, è come dire che vai al cimitero per trovare i vivi!! Qualche parente in visita ci sarà anche, ma se devi prendere un campione di popolazione viva è meglio andare in piazza che al cimitero. La “madre” fra l’altro aveva un batterio particolare che si chiamava xilinum: questo mangiava l’aceto prodotto e lo ri-trasformava in acqua! Il processo tornava indietro! La madre va eliminata, va buttata via oppure si ha la reazione al contrario. Ci vuole l’ossigeno, e 30°. Occorre il luogo più caldo che hai in casa. E soprattutto deve essere nella damigiana, perché nelle botticelle, negli interstizi, si insinua l’anguillula. Anche questa peggiora la qualità dell’aceto: non è bellissimo. L’aceto fatto in casa ha questi problemi. Negli stabilimenti industriali non succede: lì stanno molto attenti. Ci può essere qualche anguillula, ma lo filtrano subito». «Se rimane lì peggiora l’aceto» «Certo, l’anguillula peggiora l’aceto, fa calare la gradazione: non c’è nessun interesse, neanche economico, a non eliminarlo. Tu pensa che noi lì avevamo qualcosa come 40/50 tini. Si andava dai 300 fino agli 800 ettolitri. C’erano dei tini da 700 ettolitri. Quelli da 700 ettolitri erano alti 5 metri, 5 metri e mezzo. Grandissimi, una cosa meravigliosa. 90 86


«Tu pensa che uno dei nostri operai …. senti cosa fece. Allora l’aceto, appena prodotto, era caldo; per la reazione esotermica era caldo. Lui andò in cima a questo tino. Il tino normalmente era chiuso di sopra, però aveva il “passo d’uomo”, ovvero un’apertura usata per lavarlo, eccetera. Lui l’aprì per prendere un campione, poi dopo scapuzzò (inciampò) e cadde dentro direttamente nell’aceto. Erano 5 metri! » «Ma quanti gradi è l’aceto?» «8 gradi» «Con che temperatura?» «La temperatura non era alta, era circa 35°. Lui arrivò in fondo, toccò il fondo con i piedi – 5 metri ! – si diede una spinta e rivenne su. Ebbe la fortuna di centrare esattamente quell’unico buco che c’era nel tetto quando arrivò su mise le mani così … Un miracolo! Solo mezzo metro più in là, dava una zuccata e rimaneva là dentro marinato per sempre. Si è salvato per il rotto della cuffia! «Quindi ti dicevo: 100.000 quintali all’anno. Dei tini ce n’erano credo 40/50, normalmente tenevano i 400 quintali, però ce n’erano anche da 700 / 750 quintali. Poi c’erano 6 acetificatori, di cui uno era tradizionale, era quello in cui facevamo lo “speciale”, e gli altri erano i “rapidi”. «E poi c’era ancora, usato per parecchio tempo poi abbandonato, quello del 1919, grandissimo, tutto quanto – 3.000 quintali – tutto quanto in materiale refrattario. Dissero (i vecchi che lavoravano lì ancora) che vennero i tedeschi direttamente con il treno, e stettero qua dei mesi, per costruirlo, perché si portarono tutte le pietre refrattarie dalla Germania. Per farlo tutto in pietra refrattaria, di acide – se pensi all’aceto - e lo costruirono loro. Arrivarono al raccordo ferroviario, con dei vagoni, e stettero qui dei mesi finché lo fecero. Ed era una cosa, nel 1919, assolutamente innovativa e straordinaria. C’era Agostino. Tu pensa che a Lugo c’era una decina di acetifici, però gli altri erano tutti artigianali. Il più grande era solo il nostro». «Una decina?» 91 87


«Una decina. C’è stato un momento in cui, subito dopo la guerra, o subito prima della guerra, c’erano 8 o 10 acetifici. Uno era di Emiliani, e adesso c’è ancora. Lui si chiama Emiliani Romeo (il titolare), e l’ha chiamato Emiliano-Romagnolo. E’ a San Potito». «L’ho sentito nominare; c’è ancora oggi! E poi ho trovato un altro acetificio, Venturi, nella zona del Cesenate.» «Fa aceto anche lui?» «Sì, fa sottaceti, quindi non aceto puro, fa cose legate all’aceto. Cercando acetificio Venturi, o aceti dell’Emilia Romagna, ho trovato anche questo Venturi. Ci sarà un collegamento, ho pensato.» «Sì, ho visto anch’io. E’ un po’ di anni che c’è, ma non è collegato. Io mi ricordo che andavamo a visitare un altro stabilimento a Cesena, Arrigoni. C’era una pubblicità che diceva: “Vuoi comprare questa cosa? No, a scatola chiusa compro solo Arrigoni”. Questo Arrigoni faceva sottaceti e una serie di cose. Prendeva l’aceto da noi. Noi avevamo una decina di etichette, di vario tipo». «Lo facevate anche per la Coop?» «Per la Coop mi sembra di sì. Per la Coop l’abbiamo fatto per vario tempo. L’abbiamo fatto per tante ditte. Tanti volevano … ci davano loro la specifica. Volevano ad esempio che aggiungessimo parti ulteriori. Prendi ad esempio il marchio Coop, è abbastanza garantito, perché oltre a rispettare la legge, ci guardano anche loro, il che è più restrittivo. Perchè guarda, in Italia funziona bene poca roba. Ma se c’è una cosa che funziona è la legislazione sugli alimenti. Almeno per quello che conosco io, se non è degenerata adesso, la legislazione sugli alimenti funzionava bene, perchè c’erano controlli seri, curati, e c’era anche da andare in galera! Mica si scherzava. Io fui preso per quello. Quando andai lì, Venturi aveva un bel plico così di multe, perché quando prendi il vino così, non sai cosa c’è dentro. Non si può fare così senza controlli. Noi controllavamo e facevamo quello che occorreva fare per procedere con l’acetificazione. 92 88


«Io son passato a lavorare per l’acqua (Hera). Poi ho fatto il corso da sommellier, e mi è servito anche per lavorare con l’acqua. Perchè quando alleni il palato, sempre ti serve. «Una cosa interessante. C’è stato un momento, negli anni credo ‘80, in cui l’Italia fu colpita da un’epidemia di colera. Si è visto che il vibrione del colera è assolutamente intollerante all’aceto. Cioè dove c’è l’aceto, il colera non c’è. Noi davamo l’aceto a Montecatone e a strutture delicate, dove ci sono persone che non devono correre dei rischi. In giro per l’Italia, la gente, saputo che l’aceto è sanificante, si usa per tutto. L’aceto diluito al 50% con acqua, si usa per pulire il frigorifero, i rubinetti, ecc. Dell’aceto della letteratura ce n’è poca, ma pensa che -si diceva - nel Medioevo, e forse anche al tempo dei Romani, ma sicuramente nel medioevo, quando facevano le campagne militari, non è che loro avevano modo di lavarsi tanto. Nei carriaggi avevano delle gran botti d’aceto, in modo che la sera prendevano un mestolo poi se lo rovesciavano addosso così, e via». «Certo, anche contro i pidocchi ..» «Quando si faceva un incursione contro il nemico, la prima cosa che si faceva era distruggere le scorte d’aceto, in modo tale che non potevano più lavarsi e disinfettarsi e di conseguenza il proliferare di malattie e infezioni era immediato. «Pensa che l’aceto si usava anche nel dopoguerra come bevanda dissetante, specialmente nelle zone dove l’acqua si superficie era contaminata dal punto di vista batteriologico. Allora per evitare di ammalarsi facevano la cosidetta “acetella”, cioè prendevano una bottiglia, mettevano tre, quattro dita d’aceto, la riempivano d’acqua, e così non si ammalavano, Poi magari non era l’ideale per chi soffriva di acidità di stomaco. L’acetella aveva aceto al 20/30% e teneva lontane le malattie. «L’aceto nel suo piccolo aveva queste funzioni qui. Quando non c’era altro si usava per disinfettare, per lavare, per sgrassare, ecc. E’ un ottimo sgrassante. «Dal punto di vista, invece, dell’aceto balsamico? Si faceva sempre lì alla Venturi?» «Beh, l’aceto balsamico di chiama di Modena, e si può fare solo a Modena. Oppure c’è anche quello di Reggio Emilia. 93 89


Se la tirano molto, Reggio con Modena. Non so se tu hai studiato com’è l’aceto balsamico». «Sì, un po’, ma mi spieghi pure.». «Di aceto Balsamico ce ne sono due grandi tipologie. La tipologia di quello che compri alla Coop, da 2, 3 euro: quello non è altro che mosto, con dell’aceto che gli davamo noi, e quindi era la base per poter mescolare il mosto con questo aceto, particolarmente ricco di sostanze estrattive. Per inciso: l’estratto secco è il cosidetto corpo dell’aceto o corpo del vino. È quello che rimane in un litro di prodotto dopo che hai fatto evaporare quello che c’è. C’è anche nell’acqua; nell’acqua si chiama residuo fisso. «Faccio una divagazione, però è interessante. Per inciso, anche di vini e di acqua ce ne sono di tanti tipi. Anche di vino: c’è il Tavernello, il Barolo, non è uguale. Acqua minerale: c’è l’acqua Fiuggi, e la Levissima, la Sant’Antonio, e altre leggere leggere leggere -che hanno pochissimo residuo fisso. E ci sono quelle che ne hanno moltissimo, come l’Uliveto per esempio, o come la Ferrarelle. Cos’è il residuo fisso? E’ quello che viene trascinato dall’acqua cadendo. Allora: cade l’acqua di pioggia, dalla montagna, va giù e arriva fino alla sorgente. Se tu prendi l’acqua dall’alta montagna, c’è poca mineralizzazione, perché fa un percorso breve, si mineralizza poco. E’ per quello che l’acqua di montagna ha poco residuo fisso. Si va dal 39/40 alla Levissima con 75. La Ferrarelle è sui 120. Allora si dice “Prendo l’acqua minerale”: dipende! Dipende dai problemi che hai. Se hai l’osteoporosi non puoi prendere la Levissima. Se hai problemi digestivi, hai bisogno di un’acqua che sia mineralizzata, come l’Uliveto. Ma non va bene se hai problemi renali. In questo caso occorre un’acqua leggera. Questo per dirti che il residuo fisso, o il corpo del vino che è l’estratto secco, è quello che rimane dopo che hai fatto evaporare a 180° un litro. E quindi o ce n’è poco o ce n’è tanto, dipende da quello che c’è. «Per fare l’aceto balsamico ci vuole un aceto che abbia molto di questo corpo. Deve essere una sostanza tosta, vedi che è bello denso. Quindi deve essere tosto. E quello lì è aceto balsamico, chiamiamolo di Modena, IGP, e tutto quanto, ecc, soggetto a dei controlli. Ma chiamiamolo aceto balsamico normale. Invece l’aceto balsamico tradizionale è quello delle fa94 90


fig. 57 Botticelle di acetificazione

mose botticelle. Si inizia riempiendo la prima (la più capiente) di vino, poi dopo lungo periodo di tempo si trasferisce il contenuto alla seconda, e nella prima si versa altro vino. Praticamente man mano si passa il contenuto alla botte più piccola -di solito sono circa 10/15 botticelle di legno pregiato (rovere, frassino...)- dove sopra sono le più grandi, poi più piccole, più piccole... fino ad arrivare all’aceto balsamico finito. Questo è un processo che minimo dura 12 anni! Lì non è aceto che viene messo insieme al mosto, è mosto che si sviluppa fermentando in 12 anni! Addirittura ce ne sono anche da 25 anni! Ma 100 cc. costano 30/40 euro. E quello non è fatto per condire le insalate, è fatto per le pietanze raffinate, da usare col contagocce!»

per il balsamico tradizionale 95 91


«E’ tipo la glassa?» «No, è molto migliore della glassa, infinitamente migliore della glassa! La glassa è un prodotto che è stato elaborato, con aggiunte. Quello lì invece è proprio naturale. E si è formato così in 12 anni, 15 anni, dal mosto. Quindi c’è una particolarissima famiglia di acetobacter, che riescono a lavorare in quelle condizioni lì; perchè anche lo zucchero gli da fastidio ai normali, ma quello lì risulta così e ci mette così tanto tempo. Però dà un prodotto che è straordinario. E quindi quello lì si usa per il gelato, si usa per la carne. Tu hai un bel filetto e ci metti 10 gocce di quello lì è una meraviglia assoluta. Costa 30/40 euro 100 cc! Quella lì è la famosa acetaia che le famiglie nobili della zona lasciavano alle loro figlie quando si sposavano: era una dote. Era la cosa più preziosa che avevano. E’ successo che con il terremoto ne sono andate distrutte, e qualcuno ormai si suicidava! Che avevano delle acetaie di centinaia di anni. Tutti gli anni producono pochi litri di questa roba, pochi litri! «Poi è talmente controllato, perché anche se io ho la mia acetaia, non mi posso mica fare il mio imbottigliamento, oppure me lo vendo, chiamandolo Brusi; no no. Lo devo conferire al Consorzio, dell’aceto balsamico tradizionale di Modena o di Reggio (che se la tirano uno con l’altro; uno ha l’etichetta di un tipo, uno ce l’ha argento, uno ce l’ha aragosta …Sono buoni tutte e due, però il più famoso è quello di Modena – Spilamberto è la zona precisa.) e loro conferiscono tot litri, e lo imbottigliano loro dopo averlo sentito. Lì c’è una squadra di sommelier che dicono: “Sì, questo ha il diritto di diventare...”. «E’ allora una delle perle assolute dell’enologia mondiale che abbiamo solo noi. Una cosa straordinaria. Noi abbiamo certe cose! In Italia non siamo capaci di valorizzare certe cose belle che abbiamo, dai monumenti ai nostri vini che in realtà sono di una varietà straordinaria, che neanche i Francesi… ! I nostri sono migliori!» «Sono d’accordo. Grazie!»

fig. 58 Acetificio Venturi, vasche di deposito aceto

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97 93


5 98

94


Progetti esistenti

Idee di progetto, “Campus scolastico� Bottino, Pini, Boschi, 2001.

99 95


5.1

Progetto di riqualificazione “Campus scolastico” 2001

L’area della stazione ferroviaria di Lugo, marginale rispetto al centro storico ed elemento di separazione del quartiere Madonna delle Stuoie, è stata oggetto di molti studi e atti della pubblica amministrazione della città. Con la Legge del 3 luglio 1998, n.19, Norme in materia di Riqualificazione Urbana, la Regione Emilia Romagna intese favorire e promuovere la riqualificazione delle città, attraverso il risanamento delle aree degradate e il riuso delle aree dismesse, individuando nel Comune l’ente territoriale portatore degli interessi prevalenti nel campo delle politiche di recupero e di riuso del patrimonio edilizio. Nei primi anni del 2000 è iniziato il coinvolgimento delle ferrovie per la ridefinizione della viabilità di collegamento con il quartiere (costruzione del sottopasso che oggi si può vedere realizzato) e con la possibile rifunzionalizzazione e rivalutazione di alcune aree di proprietà delle FS. Inoltre si era definito un accordo con la provincia per l’edilizia scolastica e si stavano valutando possibili accordi con le proprietà. Per quest’ultimo furono incaricati alcuni professionisti esterni (Boschi, Bottino, Pini), per svolgere una verifica tecnica. Il loro lavoro di approfondimento tematico doveva definire un programma di riqualificazione urbana per il riutilizzo di aree dismesse adiacenti lo scalo ferroviario e studio complessivo ed integrativo della aree adiacenti. Il loro obiettivo era sia di riorganizzare e consolidare lo spazio del Parco del Tondo, potenziandone l’uso collettivo, che di realizzare, nella sede dell’ex acetifico Venturi, un’area attrezzata polifunzionale con lo scopo di dotare il quartiere delle attrezzature e servizi commerciali e sociali di cui è carente. La funzione primaria doveva essere quella scolastica di ampliamento utile alle scuole già esistenti a Lugo, integrata ad un piccolo centro commerciale a scala di quartiere. fig. 60 Schema di intervento 100 96


101 97


5.2

Masterplan LUGO SUD, 2007

Si tratta di un progetto realizzato dallo studio Lelli & Associati con la collaborazione di Bruno Minardi che prevede la riorganizzazione dell’area dismessa e la rivisione di tutta la viabilità circostante. “Il nuovo tessuto urbano, completamente pedonalizzato per via di un grande parcheggio interrato, comprende: piazze, negozi, torre di appartamenti, una scuola superiore, una palestra, una biblioteca di quartiere. Obiettivo è creare un centro di servizi ad un quartiere ora dimenticato attraverso interni urbani di diversa misura concatenati tra loro con portici continui.”

fig. 61 Pianta e vista 3D del

progetto Lelli&Associati

102 98


5.3

Studio di fattibilità, Madonna delle Stuoie 2010

Il progetto curato dallo studio Liverani e Calamelli parte dal concetto di prolungamento del campus scolastico all’interno dell’area Venturi. Qui gli edifici sono disposti in maniera perimetrale nell’area triangolare. I parcheggi sono disposti a 45° rispetto alla linea ferroviaria, in maniera da sfruttare il parallelismo con le vie centuriali. fig. 62 Planivolumetrico Liverani e Calamelli

“Il fronte verso la ferrovia costituisce la quinta prospettica rispetto al punto di osservazione posto lungo la via Tagliani, ma diventa scena urbana se il punto di osservazione è posto in corrispondenza della stazione ferroviaria.”

103 99


5.4

Masterplan Lugo sud, città solare 2011

“Come possiamo lavorare assieme per il futuro di Lugo? Due masterplan: Lugo Centro e Lugo Sud.” Il gruppo TRA architetti di Torino ha lavorato su questo tema a Lugo; lo scopo era indirizzare la città su azioni di trasformazione per consolidarne il ruolo di centralità della Bassa Romagna. L’insieme di linee strategiche ed azioni è stato costruito attraverso il coinvolgimento dei cittadini e degli attori economici in un percorso di interazione durato nove mesi. Da qui sono

104 100

fig. 63 TAV 4_Masterplan Lugo sud


scaturiti i due masterplan, i quali rafforzano l’equilibrio tra città e campagna, migliorano la vivibilità del quartiere al di là dei binari, e danno una nuova vita alle aree dismesse lungo la ferrovia, dove sono stati introdotti servizi e nuove funzioni private di interesse pubblico. Inoltre all’interno del progetto pilota “Lugo Sud Città Solare” sono stati individuati quattro casi studio per la determinazione delle dispersioni e delle prestazioni energetiche, in modo da ipotizzare interventi mirati alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

fig. 64 TAV 5_Lugo sud, città solare

Analisi alla scala di quartiere Consumo annuale per riscaldamento

4

31.612.000,00kWh

Emissione CO2

8360,00t

Tonnellate equivalenti di petrolio Consumo di gas metano

5.911,00t 4.300.000,00m3

Costo annuale riscaldamento edifici

3.400.000,00€

Analisi alla scala familiare Consumo annuale per riscaldamento

26.350,00kWh

Emissione CO2

6.970,00kg

Costo annuale riscaldamento edifici

1

2

2850,00€

3 Caratteristiche della riqualificazione 1 - Realizzazione isolamento a cappotto 2 - Sostituzione dei serramenti esterni 3 - Installazione di generatori di calore a condensazione ad elevata efficienza 4 - Installazione di impianto solare termico per la produzione di acqua calda

Analisi Pre - Riqualificazione

sanitaria

Analisi alla scala di quartiere

Bilancio Intervento alla scala familiare

Realizzazione Isolamento a Cappotto

19.200.000,00€

Investimento iniziale

Sostituzione dei Serramenti

10.100.000,00€

Δ consumo annuale per riscaldamento

Sostituzione dei Generatori di Calore

3.750.000,00€

Impianto Acqua Calda Sanitaria

4.800.000,00€

Totale Intervento

37.850.000,00€

Consumo annuale per riscaldamento

9.000.000,00kWh

Emissione CO2

2150,00t

Tonnellate equivalenti di petrolio

1.688,00t

Costo annuale riscaldamento edifici

875.000,00€

31.000,00€ -18.850,00kWh -5170,00kg

Δ emissioni di CO2 Risparmio annuale per riscaldamento

2.100,00€

Risparmio annuale per la produzione di acs

200,00€

Risparmio annuale complessivo

2.300,00€

Rientro dall’investimento iniziale

16anni

2.500,00€/anno

2.000,00€/anno

1.500,00€/anno

+1.400,00€/anno

1.000,00€/anno

Analisi alla scala familiare Realizzazione Isolamento a Cappotto

500,00€/anno

16.000,00€

0,00€/anno

Sostituzione dei Serramenti

8.500,00€

-500,00€/anno

Sostituzione dei Generatori di Calore

2.500,00€

-1.000,00€/anno

Impianto Acqua Calda Sanitaria

4.000,00€

-1.500,00€/anno

31.000,00€

-2.000,00€/anno

Totale Intervento

-750,00€/anno -200,00€/anno -400,00€/anno

riscaldamento acqua calda sanitaria

-2.500,00€/anno

Consumo annuale per riscaldamento

7.500,00kWh 1.800,00kg

Emissione CO2 Costo annuale riscaldamento edificio

750,00€

Analisi Post - Riqualificazione

-2.850,00€/anno -3.000,00€/anno

energia elettrica

-400,00€/anno -3.500,00€/anno

-300,00€/anno

energia elettrica producibile tramite impianto fotovoltaico

Masterplan Lugo Sud Progetto Definitivo - maggio 2011

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5.5 Lugo, supermarket e Casa della salute, 20171 Il quartiere Madonna delle Stuoie riprende vita col progetto di recupero dell’area che una volta ospitava l’Acetificio Venturi. Siamo ancora nella fase preliminare ma, se non si verificheranno particolari intoppi, entro primavera 2019 dovrebbero sgomberare i cantieri per la realizzazione del nuovo supermarket Conad, affiancato da spazi commerciali, abitazioni e servizi sanitari, a partire dalla Casa della salute. IL CAMPUS SCOLASTICO La spa Lugo Immobiliare (nella compagine societaria la Fondazione Cassa di risparmio e Banca del monte di Lugo gioca un ruolo di primo piano) alcuni anni fa aveva acquistato l’area «Agostino Venturi» (circa 20mila mq). L’idea era quella di realizzare un piccolo centro commerciale con spazio per un supermercato Conad, una filiale della Banca di Romagna e una farmacia. Sul terreno era prevista anche la realizzazione, con l’ovvio interessamento della Provincia, di un plesso scolastico nuovo di zecca per gli istituti tecnici lughesi. Una proposta in linea col progetto del «campus» a ridosso della stazione ferroviaria. Complice la crisi e terminato il ruolo propulsivo della Provincia, l’idea è tramontata. LA CASA DELLA SALUTE 1 Articolo del 28 gennio 2017, La Bassa Romagna, http://www.settesere.it/it/ n13630-lugo-supermarket-e-casa-della-salute-allex-acetificio-venturi.php 108

fig. 65 render di veduta dalla ferrovia


Sembrava fatta per la Casa della salute, prezioso elemento della riorganizzazione Ausl: nel novembre 2013 venne sottoscritto l’accordo tra Comune di Lugo (sindaco Raffaele Cortesi) e l’Ausl (Andrea De Dorides, direttore Ausl) che prevedeva la realizzazione di una nuova ala del PalaBancadiRomagna per ospitare il nucleo di cure primarie e diversi uffici Asl. Un progetto costoso, sia per l’Asl che per il Comune, che non ha avuto seguito. Poi le rotte e i timonieri, in città, sono cambiati.

fig. 66 schema assonometrico dell’organizzazione compositiva

IL PROGETTO Tutto passerà attraverso l’Immobiliare Stuoie, partecipata da Lugo Immobiliare e dalla società immobiliare del gruppo Conad. Gli edifici esistenti, dagli ex capannoni all’ex sede della Polstrada (oggi a Palazzo Ceccoli Locatelli), verranno abbattuti. Il cuore del complesso sarà il nuovo supermercato Conad di circa 2500 mq: un edificio a un piano rialzato di circa due metri rispetto alle strade circostanti. Sotto al supermercato, verrà realizzato un parcheggio seminterrato. Lungo via Rivali San Bartolomeo, invece, verranno realizzate sette palazzine di varie dimensioni, che ospiteranno negozi, uffici, servizi e abitazioni: tutte costruzioni a un piano (oltre al piano terra), eccetto la prima e l’ultima della fila: quella all’angolo con via Taglioni (all’incirca all’altezza della vecchia sede Polstrada) e quella all’incrocio con via Piano caricatore: in questo caso i piani sono, nel complesso, tre. Tra questi edifici troveranno spazio anche la Casa della salute e i servizi sanitari di Asl e Comune. A collegare le palazzine commerciali al supermercato ci sarà 109


una galleria coperta, da cui si potrà accedere dall’esterno o dal tapis roulant che conduce al parcheggio interrato. L’intera area sarà circondata e percorsa da piste ciclopedonali che salgono dolcemente verso il supermercato. L’incrocio tra via Piano Caricatore e via Taglioni verrà regolato con una nuova rotaroria (36 m di diametro) su cui si affaccerà anche via 2 Giugno. Oggi si parcheggia (in parallelo al senso di marcia) su entrambi i lati di via Piano Caricatore e via Rivali San Bartolomeo. Il progetto, oltre alla demolizione delle mura, prevede la sistemazione di 78 parcheggi, perpendicolari alle strade sopra indicate, ai margini della lottizzazione.

fig. 67 vista a volo d'uccello 110


Sindaco Ranalli, meglio dare la precedenza alla Casa della salute che al campus scolastico? «Come scritto nel programma di mandato, abbiamo voluto superare l’idea di realizzare la Casa della salute al Palazzetto: questa soluzione ci permette di recuperare un’area ferma da 35 anni e non consumare nuovo terreno vergine. Il progetto del campus scolastico, complice il blocco dei trasferimenti statali alle province, era divenuto irrealizzabile e probabilmente non sarebbe stato sufficiente a concentrare tutte le scuole superiori attorno alla stazione ferroviaria. Così abbiamo puntato su altre priorità: nuovi servizi, a partire da quelli sanitari, a Madonna delle Stuoie». Un’operazione a costo zero per il Comune?

fig. 68 Sindaco Davide Ranalli

«Se realizzare la Casa della salute al Palazzetto avrebbe impegnato circa 2,5 milioni di euro di fondi comunali, con questo progetto utilizzeremo questa cifra per altri invstimenti ed incasseremo anche gli oneri d’urbanizzazione, che dobbiamo ancora quantificare. L’Immobiliare Stuoie, proprietaria del lotto, cederà al Comune un appezzamento di terreno, che gireremo all’Asl per la costruzione della Casa della salute assieme a diversi uffici Asl (dipartimento salute mentale, neuropsichiatria infantile, guardia medica). La stessa Immobiliare realizzerà per il Comune di Lugo, sullo stesso lotto, la sede degli uffici comunali 111


dell’area Welfare». Cosa succederà a Palazzo Tamba? «Andremo a liberare i locali di via Garibaldi, che potranno ospitare un nuovo contenitore culturale o l’archivio storico comunale, che oggi si trova alla biblioteca: un’operazione che apre, in altre parole, nuovi spazi culturali». Perché tanto riserbo fino ad oggi? «Siamo in una fase preliminare e il progetto deve passare attraverso lo screening ambientale e alla pianificazione territoriale, oltre alla condivisione con i consiglieri comunali, che sono già stati informati: la prossima settimana convocherò i capigruppo in consiglio e in queste settimane sottoporrò il progetto alle associazioni di categoria, al Tavolo delle imprese e soprattutto alla cittadinanza di Madonna delle Stuoie. Un percorso partecipato che valeva la pena attivare con un progetto in mano, che vogliamo condividere con tutti, a partire dai residenti. Il progetto preliminare potrebbe ancora andare incontro a diverse modifiche». Quando potrebbe vedere la luce il nuovo progetto? «Se lo screening ambientale e l’adeguamento agli strumenti urbanistici non andranno incontro a particolari ritardi, l’intero comparto potrebbe essere ultimato entro la primavera 2019». Questa legislatura sarà ricordata per l’attenzione riservata a Madonna delle Stuoie? «Stiamo lavorando per dare nuovi servizi e garantire la sicurezza idraulica del quartiere con importanti interventi: oltre alle nuove fognature, arriveranno un lungo fossato e una vasca di laminazione per il deflusso delle acque. Ma stiamo portando avanti altri importanti progetti, dal Pavaglione alla mobilità ciclopedonale nel capoluogo e nelle frazioni. Vorrei che questa legislatura venisse ricordata per un’amministrazione che, in pochi anni, ha cambiato il volto di Lugo». 112


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Il progetto prevede la riqualificazione dell'area, con conseguente adeguamento delle infrastrutture e aumento dei parcheggi. Vengono inseriti ambulatori sanitari, uffici della P.A., alcuni appartamenti e un centro commerciale con supermercato. l'intero complesso darà una maggiore visibilità e qualità al quartiere di Madonna delle Stuoie diventando dunque polo centrale della zona. Il centro commerciale inoltre garantisce un'alleggerimento economico da parte del comune di Lugo, in modo da poter realizzare l'opera, ma dà un notevole impatto ambientale all'area, la quale si ricorda essere di natura prevalentemente residenziale. Come considerazione personale, vorrei ora proporre una riflessione su tre diversi piani di attenzione: 1. Lugo deve custodire il proprio ruolo di responsabilità nel panorama provinciale, a livello di coordinamento amministrativo e organizzativo del comprensorio. Deve quindi saper bilanciare le proprie competenze e prestazioni rispetto agli altri due poli Faenza e Ravenna, in modo da mantenere un giusto equilibrio in questa tripartizione del territorio provinciale. In quest'ottica sarebbe auspicabile mantenere un ordine e un rigore delle funzioni, consolidandole e potenziandole, anche nella logica della collocazione urbana, contrariamente alle politiche progettuali di dislocazione e decentramento. L'ospedale di Lugo, ad esempio, si trova nel centro cittadino in un'area sufficientemente ampia da poter annettere ulteriori ambulatori e reparti, sfruttando gli edifici dismessi presenti nella suo perimetro. Lo stesso vale per gli uffici pubblici: un'eccessiva dispersione in locali distanti tra loro crea necessariamente un ritardo di procedura nelle pratiche amministrative e nella pubblica gestione del territorio. 2. Lugo non deve perdere la propria fisionomia agricola, di paese immerso nella campagna (si ricorda l'importanza del tracciato centuriale di epoca romana e dello storico mercato del bestiame). Concetti come "km 0", o "commercio ecosostenibile", sono concreti punti di forza su cui orientarsi e concentrare sempre nuove energie. La realizzazione in quest'area di un ennesimo centro commer114


ciale rappresenta l'antitesi di questo pensiero, e va in direzione opposta rispetto alla sensibilizzazione dei consumatori per il buon cibo, il benessere e la salute. 3. Lugo non deve diventare un "paese per vecchi", piĂš di quanto non lo sia giĂ . Realizzare scuole all'avanguardia, con adeguati servizi annessi (come ad esempio un campus scolastico), porterebbe gradualmente a un incremento della fascia giovane della popolazione. Verosimilmente questo incremento potrebbe avere come effetto la creazione di luoghi culturali come cinema, teatri, centri per attivitĂ ludiche, sportive, musicali ecc... incentrate appunto su un'utenza giovanile.

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Architettura scolastica

Esami di maturitĂ , liceo scientifico di

Lugo, luglio 2010

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6.1 Dalle scholae agli istituti comprensivi, cos’è cambiato? La storia dell’educazione scolastica, del concetto di istruzione e, di conseguenza, la storia dell’organizzazione degli spazi e delle persone che rendevano possibile tutto questo, ha inevitabilmente visto molti cambiamenti presso la nostra civiltà nel corso dei secoli. Tentiamo di vedere in breve almeno i punti più significativi di questo percorso. In Età romana gli studi erano approssimativamante impostati come segue: a partire dallo stadio elementare, utile per apprendere le competenze di base (si imparava a leggere, scrivere e far di conto), si passava poi all’approfondimento dello studio della lingua latina e si imparava quella greca; si studiava la letteratura di queste due lingue e le prime nozioni di storia, geografia, fisica e astronomia. A livelli di istruzione superiore si poteva perfezionare l’eloquenza, la retorica, e ogni altra disciplina umanistica. Il tutto avveniva generalmente a livello privato con discussioni pubbliche soltanto in età adulta. Il termine schola per identificare il luogo dell'insegnamento nasce con Carlo Magno, nel tempo assume anche una connotazione laica. Accanto alle sedi parrocchiali o episcopali sorsero in quella breve parentesi scuole miste dove si potevano studiare i classici oltre ai testi sacri. Poi si tornò per molto tempo alle sole scuole confessionali. Nell’alto Medioevo fulcro della lezione scolastica era il Monastero, che comprendeva fra le altre strutture ricettive anche la scuola destinata ai figli dei contadini (perché i figli dei feudatari o delle famiglie più in vista studiavano in casa propria, seguiti da precettori privati). Nelle città esistevano di norma scuole diocesane (da cui sarebbero poi sorte le università). Nell’Età moderna crescono le scuole cittadine dei mercanti e si sviluppa la nuova cultura umanistica. Lutero nel 1524 dichiarava che «in due o tre anni si potrebbero istruire tutti i ragazzi in modo che a quindici o diciotto ne sappiano di più di quanto se ne sapeva prima con tutte le 118


scuole superiori o conventi». Sorgono molte scuole laiche. La Chiesa Cattolica cercò di rispondere alla diffusione delle scuole luterane con varie iniziative, tipo attività di assistenza, scuole e confraternite che si occupavano di istruzione e non soltanto religiosa. Verso la metà del Cinquecento il progresso scolastico conosce una pagina oscura della sua storia: con il documento “Index librorum prohibitorum” il Concilio di Trento pone un freno alla ricerca scientifica (ne fanno le spese Galileo Galilei e Giordano Bruno). Quanto alle scuole, il Concilio istituì i “seminari” per l’istruzione dei chierici destinati a controllare l’istruzione dei ceti privilegiati, trascurando però quella dei ceti subalterni, ai quali si riservava il catechismo. L’Ordine dei Gesuiti, fondato nel 1534, diede rigore all’organizzazione delle sue scuole tenendo conto anche della esperienza delle scuole protestanti. Prevedeva l’organizzazione in classi, gli orari, i programmi, la disciplina, la divisione in sei anni di “studia inferiora” e tre di “studia superiora”, nei quali apprendere grammatica, poesia, retorica e filosofia. La svolta del pensiero sulla scuola e un'idea più solida e scientifica di una collocazione nella città dei luoghi per la cultura e l'educazione si ha nel periodo dei "Lumi". Nel corso del 1700, con la rivoluzione francese, si afferma una nuova idea della scuola: l’istruzione primaria deve essere pubblica (aperta sia ai maschi che alle femmine), obbligatoria e gratuita. I luoghi di insegnamento devono essere distinti da quelli del culto. Prendono piede biblioteche e musei civici, università e scuole "popolari" comunali ancora accanto al "precettorato" e alle scuole ecclesiastiche. In Italia, il Regno di Sardegna è stato il primo a dar vita alla nuova politica scolastica con l’istituzione di scuole laiche statali di vario grado. Con il nuovo secolo, attraverso la rivoluzione industriale, si verifica il consolidamento delle classi sociali, e la tendenza a mantenere una forte divisione tra coloro che potevano accedere ad una scuola di buon livello e coloro che non se lo potevano permettere, relegandoli ad uno status sociale basso. La nota Legge Casati è la prima a definire un vero sistema dell'istruzione in Italia, anche se applicato in modo disomogeneo con in sud. 119


La formazione dei primi stati nazionali e il maggior peso politico dei borghesi convinse la classe dirigente della necessità di offrire alla popolazione un’istruzione, quale modo per permettere la nascita di un sentimento nazionale e la condivisione dei valori della modernità. Le nuove fabbriche necessitarono sempre più di operai che fossero perlomeno in grado di leggere e scrivere e per questo si investì molto sull’istruzione pubblica. L’insegnamento di maggiore importanza in tutte le scuole fu quindi l’alfabetizzazione. In seguito, considerato il periodo storico, si diede maggiore importanza all’acquisizione di una mentalità scientifica piuttosto che di conoscenze umanistiche. Il ruolo del maestro fu visto come centrale in quanto formatore di persone. Con queste premesse, nel corso del XIX e XX secolo, e fino ai nostri Istituti Comprensivi, l’Istituzione scolastica riorganizza se stessa su diversi piani e con risultati progressivi. Essenzialmente i traguardi prefissati, e via via conseguiti con esiti alterni in tempi successivi, riguardano le seguenti problematiche: - Estensione del diritto allo studio a tutte le fasce sociali, a maschi e femmine, a cittadini immigrati di prima e seconda generazione. Definizione delle regole riguardanti l’età dell’obbligo scolastico. - Lotta all’analfabetismo, all’abbandono scolastico. Alfabetizzazione: da Manzi (Non è mai troppo tardi) a RAI educational. - Diversa interpretazione dello strumento della bocciatura (come recupero di saperi, non fallimento). 120

fig. 70 evoluzione dell'istruzione in Italia


- Attenzione verso le problematiche del disagio (e soluzioni da trovare). Riconoscimento di diverse strategie di apprendimento, non considerate in passato (disgrafia, dislessia, autismo, ...) Tempi di attenzione, rispetto e integrazione della disabilità, bisogni dell’alunno. Personalizzazione del percorso di apprendimento. - La valutazione. I curricoli. I programmi. Coinvolgimento delle famiglie (dai decreti delegati in poi) - Ricerca e attuazione di collegamenti con il mondo circostante: realtà, territorio, progetti locali. Rapporto con il mondo del lavoro (progetti professionali, stage scuola/lavoro …) e relativa regolamentazione. - Risorse economiche nella scuola dell’autonomia. Arricchimento dell’offerta formativa. - Aggiornamento delle attrezzature. Dai sussidi didattici e audiovisivi, alla modernizzazione informatica. Tecnologia e rivisitazione degli strumenti didattici (LIM, e-book, ...). - Esigenza consapevole dell’aggiornamento costante e regolare del corpo docente. Progetti Europei. - Reclutamento di forze giovani e aggiornate. Concorsi e soluzioni nell’assegnazione degli incarichi di ruolo/ e non. Riforma delle classi di concorso. - Adeguamento dell’edilizia scolastica. La scuola come luogo sicuro, accogliente, vitale e propositivo. Luogo che deve facilitare e promuovere i processi di socializzazione, cittadinanza e formazione delle competenze degli studenti, uomini e donne di domani. 121


6.2 A colloquio con le esperienze europee Oggi la maggior parte dei Paesi hanno sistemi di educazione formale in linea di massima obbligatori, nei quali gli studenti progrediscono attraverso la frequenza di varie tipologie di scuole. I nomi di queste ultime variano da paese a paese ma comprendono generalmente: 1) la scuola elementare per l’educazione primaria dei bambini; 2) la scuola secondaria di primo grado; 3) la scuola secondaria di secondo grado e l’università. Ecco una schematizzazione veloce sul panorama storico dei sistemi scolastici europei. Francia 1947: viene proposto un sistema di scuola comprensiva 1975: viene varata una riforma riguardante i programmi della scuola elementare, e la semplificazione della formazione professionale. 1992: importante riforma sull’unione della scuola materna a quella elementare, che favorisce le madri lavoratrici. Riorganizzazione anche della scelta tra biennio tecnico/professionale ed biennio/triennio del liceo. Germania Nella scuola tedesca il percorso formativo ha un paio di caratteristiche fondamentali: 1) la scelta del percorso scolastico, e quindi della professione, ad un’età molto bassa (10 anni) 2) i tre indirizzi possibili di scelta e progressione degli studi: la Hauptschule (basicamente tecnica), la Realschule (scuola tecnica/professionale) e il Gymnasium (liceo). Spagna 1970: fine del Franchismo, e passaggio ad un periodo di riforme economiche e dell’istituzione scolastica. L’obbligatorietà scolastica venne portata a 14 anni, ai quali seguivano o un liceo comprensivo (bachillerato) oppure la formazione professionale. 1990: la scuola diventa obbligatoria e gratuita fino a 16 anni (come in Italia) 122


Regno Unito 1918: vengono istituite le LEA, gruppi locali formati da insegnanti, imprenditori, genitori, studenti (Local Education Authorities -LEAs-, 96 in tutto il paese, che amministrano tutto il sistema e si occupano di garantire che l’istruzione pubblica gratuita venga fornita in modo adeguato). 1938: il governo propone un sistema di tre scelte. Grammar School (Licei), Technical School (Istituti Tecnici) e Modern School (Istituti Professionali) A questi si affianca la Public School che, malgrado il nome, è la scuola privata d’élite per eccellenza. 1944: l’obbligo viene alzato a 16 anni. 1964: viene fondato il Ministero della Pubblica Istruzione, che ebbe soltanto un ruolo di coordinamento e controllo a fianco delle LEAs fino agli anni ‘80. 1988: Education Reform Act ha introdotto un programma comune a tutte le scuole per quel che concerne le materie fondamentali: inglese, matematica e scienze. Viene definito il National Curriculum. Il lungo governo Thatcher sviluppò una politica di accentramento del potere decisionale, aumentò il rapporto tra scuola e lavoro, realizzando scuole tecniche e professionali. Oggi le fasi dell’istruzione scolastica sono tre: 1) Primary Education (Istruzione primaria): riguarda la fascia di età che va dai 4/5 agli 11 anni. L’obbligo scolastico parte dai cinque anni, ed è suddivisa in tre tipi: infant (5 -7 anni),junior (7- 11 anni) e junior e infant (5 -11 anni) 2) Secondary Education (Istruzione Secondaria): l’istruzione secondaria copre la fascia dagli 11 ai 16 anni, età a cui termina l’obbligo scolastico 3) Tertiary Education (Istruzione Terziaria): l’istruzione superiore non è obbligatoria, ma una percentuale vicina al 90% del totale degli studenti continua a frequentare la scuola fino ai 18 anni, quando si consegue il diploma, necessario per iscriversi all’università. Svezia Il sistema nordico, il più progressista in Europa, è ritenuto da molti il modello ideale e il più adatto ad affrontare le nuove sfide della globalizzazione. Esso si basa su di un sistema comprensivo che vede tutti gli studenti seguire lo stesso identico percorso formativo fino a 16 anni. La scuola e l’università svedese hanno dalla loro un forte rapporto con il mondo del lavoro, soprattutto 123


con le aziende del territorio che dettano le regole del mercato e dell’istruzione, investe molto fin dai primi anni sulla manualità, su visite all’azienda e gli stage. Vi è una forte componente di integrazione di coloro che hanno lasciato il percorso formativo per andare a lavorare, fino a 25 anni possono frequentare gli istituti assieme ai loro compagni molto più piccoli e l’ente locale si occupa di domandare periodicamente se sono interessati a continuare gli studi. Alcune aziende importanti hanno sponsorizzato degli istituti a numero chiuso in cui è possibile entrare facilitando subito l’ingresso nel mondo del lavoro. Ovviamente questo è il sistema che va per la maggiore, ma anche in Svezia, come in tutti gli altri paesi, ci sono scuole più generaliste e università non-professionalizzanti. La Svezia vanta soprattutto, però, la riuscita della sperimentazione delle “Vittra International Schools”, le scuole private svedesi che stanno rivoluzionando l’idea di insegnamento e apprendimento. Punto fondante dell’idea è la realizzazione di spazi aperti, ben illuminati, con molte aree condivise durante le attività didattiche, perchè “una potenziale mente aperta deve essere accolta in uno spazio adeguato e che le somigli.” La preside della Vittra School Telefonplan, Jannie Jeppesen spiega che “L’ambiente influenza l’apprendimento e deve evolversi per allinearsi al progresso della società”. Italia Nel 1792, in seguito alla Rivoluzione francese, la scuola venne definita pubblica, obbligatoria e gratuita, infatti sia i maschi che le femmine dovevano accedervi. Inizialmente, essa era divisibile in quattro livelli di istruzione nettamente distinti: elementare, medio-inferiore, medio-superiore (al quale si affiancarono i licei) e universitario. Nel 1810, Gioacchino Murat decretò l’obbligatorietà della scuola primaria italiana nel Regno di Napoli, obbligo peraltro scarsamente osservato e non completamente osservato anche ai giorni nostri in parecchie zone dell’Italia meridionale. L’obbligo scolastico comunque fu fatto effettivamente osservare (con le accennate eccezioni di alcune zone del meridione) a partire dagli anni Trenta del secolo XX. Negli anni Sessanta del XX secolo fu la RAI che, tramite la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, cercò di alfabetizzare almeno una parte del milione di italiani ancora analfabeti. Nel se 124


condo dopoguerra l’obbligo scolastico fu portato a quattordici anni e, poco prima dell’anno 2000, a 16 anni. L’ordinamento scolastico fu profondamente riordinato nel 1923 dal ministro Giovanni Gentile, valente studioso che fu nominato ministro dell’Istruzione per un breve periodo nel governo di Benito Mussolini, con una profonda riforma che rimase in vigore sino agli inizi del XXI secolo. Negli anni Sessanta (del 1900) fu gradualmente resa obbligatoria la frequenza dei tre anni della scuola media inferiore per i bambini dagli undici ai quattordici anni, essendo abolite le scuole di avviamento commerciale e di avviamento industriale in vigore precedentemente. Si abolirono altresì le classi sesta, settima ed ottava della scuola elementare, che ancora erano in funzione nei piccoli centri (spesso in pluriclasse, cioè con una sola maestra che curava l’insegnamento per più classi contemporaneamente, data la scarsità del numero di alunni dei piccolissimi centri). Oggi abbiamo la scuola primaria da 6 a 11 anni, la scuola secondaria di primo grado (da 11 a 14) poi le varie scuole superiori, essenzialmente Licei, Istituti Tecnici e istituti professionali. Dai quali è possibile poi accedere all’Università, con criteri di selezione o test di ingresso variabili a seconda delle facoltà e dei vari anni.

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6.3 Obsolescenza del patrimonio scolastico Dalle considerazioni e dalle analisi viste fino a questo punto (la scuola nella storia e la scuola oggi nei paesi europei) emerge un quadro non rassicurante della realtà scolastica in Italia ai nostri giorni. Molto è stato fatto, ma molto rimane da fare. Se pensiamo infatti alle risorse che l’utenza scolastica possiede, ci si rende conto facilmente che spesso nè gli spazi, nè le attrezzature sono adeguate allo svolgimento della didattica. In ogni caso, sia gli aspetti positivi sia gli elementi di maggiore criticità sono il prodotto di problemi stratificati nel tempo, nel corso dei decenni passati. Si pensi infatti al periodo di realizzazione degli edifici che ancora usiamo oggi: il 4% di essi è stato costruito prima del 1900, e più del 60% delle scuole, in un periodo che va dal 1961 al 1980, quindi è in servizio mediamente da oltre quaranta anni. Il Rapporto Legambiente 2014 registra una scarsa produzione di nuovi edifici scolastici: quelli realizzati fra 2001 e 2013 costituiscono appena il 3,3% del totale del campione indagato, che essendo costituito dai soli edifici presenti nei capoluoghi di provincia, presenta probabilmente indici addirittura più favorevoli di quelli dell’intero stock. A fronte del mutare delle concezioni scolastiche, i modelli esistenti presentano dunque livelli di qualità non più adeguati e e hanno bisogno di trasformazioni che consentano il ripristino delle condizioni minime richieste. L’edificio scolastico, in quanto luogo di formazione, deve rispondere ai requisiti funzionali e distributivi richiesti dalle modalità di conduzione dell’attività didattica. Il sistema formativo in relazione al quale sono state emanate nel 1975 le norme italiane per l’edilizia scolastica è diventato obsoleto parallelamente all’evoluzione e alla diffusione degli strumenti tecnologici di comunicazione. Il computer, il web, i sistemi digitali multimediali si sono progressivamente diffusi nei contesti lavorativi e nella vita quotidiana, e la scuola si è trovata ad essere più arretrata della società per la quale formava i giovani. L’introduzione delle nuove tecnologie nella didattica e le innovazioni introdotte dalla circolabilità dei titoli di studio in ambito europeo, che prevede una strutturazione della didattica “per competenze”, richiedono una ridefinizione degli “ambienti di apprendimento”, e a ciò deve corrispondere una riorganizzazione degli spazi nei quali si svolgono le attività scolastiche. 126

fig. 71 cronologia edifici scolastici


La scuola deve proporsi come ambiente accogliente, ricco di stimoli, attraente, che diventa centro di relazioni e si fa percepire ed apprezzare come luogo dove imparare è coinvolgente e gratificante. L’attenzione quindi si allarga dal controllo dei parametri funzionali e dotazionali e delle condizioni di comfort fisico-ambientale, alle implicazioni che lo spazio didattico può avere rispetto alla sfera affettiva, sociale e cognitiva di uno studente, di qualunque età. Come afferma il pedagogista Loris Malaguzzi1, lo spazio ha il ruolo di “terzo insegnante” e l'obiettivo principale è quindi quello di fare una scuola amabile dove stiano bene ragazzi, famiglie ed insegnanti, dove lo scopo dell'insegnamento non è produrre apprendimento ma produrre condizioni di apprendimento. “Le aule tradizionali coi banchi dovranno trasformarsi in laboratori, consentire la didattica per gruppi di dimensione variabile, essere attrezzate con sistemi informatici e multimediali diffusi e interattivi. Tutti gli spazi dovranno essere flessibili perchè le attività saranno mutevoli, e la scuola dovrà essere in grado di espandersi e contrarsi in funzione delle condizioni di frequenza degli allievi. Gli edifici scolastici non sono più limitati ad un uso antimeridiano, ma in essi si svolgono attività lungo tutta la giornata, destinate all’integrazione formativa per gli allievi e per la comunità esterna, che vi trova un punto di riferimento come incubatore sociale.”2 Dal punto di vista ambientale, l’edificio deve diventare esso stesso un “educatore alla sostenibilità” attraverso la qualità delle soluzioni progettuali e costruttive che esibisce. Ogni scuola, come sostiene Renzo Piano, dovrà essere un presidio di sostenibilità, quindi costruita con leggerezza, con materiali che hanno la proprietà di rigenerarsi in natura. "Nell’atrio si potranno poi collocare dei contatori giganti che mostrino ai ragazzi quanta energia si consuma e quanta se ne produce."3 1 In viaggio coi diritti delle bambine e dei bambini, Reggio Children Editore, Reggio Emilia, 1995 2 da “Innovazione ecosostenibile come terzo educatore nel progetto dell’edificio scolastico. Una metodologia per il progetto” di Mariarosaria Arena, all'interno de Incontri dell'annunziata. Giornate di studio sull'innovazione tecnologica, Giangemi editore, Ascoli Piceno, 2010 3 Ecco la scuola che farei, Articolo di Renzo Piano sulle scuole innovative, Il Sole 24 Ore, 11 ottobre 2015 127


6.4 La normativa italiana Oggi, nel nostro paese, a più di quarant’anni dall’emanazione della normativa per l’edilizia scolastica1 si assiste ad un rinnovato interesse nei confronti del tema della nuova scuola, manifestato anche attraverso lo strumento dei concorsi internazionali di architettura, introducendo gli psico-pedagoghi quali figura di supporto alla progettazione. Le riforme scolastiche, dalla seconda metà del Novecento ad oggi, sono state molte. Quello che è certo è che il livello di analfabetismo ha raggiunto livelli minimi rispetto ad un secolo fa. Tutti (maschi e femmine) hanno la possibilità di seguire il proprio percorso di studio, dalle scuole elementari alle università, senza particolari distinzioni. Ciò è un punto positivo, ma anche una grande responsabilità: essendo la scuola di tutti, va trattata con grande attenzione, sia dal punto di vista dell’insegnamento, che da quello progettuale. Come scrive J. Delors nel libro “Nell’educazione un tesoro”2, i pilastri su cui si deve basare l’educazione all’interno di una scuola sono: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare a 1 D.M. 18/12/ 1975 - Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica. 2 Rapporto pubblicato nel 1996 dalla commissione dell’UNESCO coordinata da Jacques Delors “Learning: the treasure within” tradotto in italiano con Nell’educazione un tesoro, Armando Editore, Roma, 1997. 128


vivere insieme e imparare ad essere. Sulla base di queste, e di altre considerazioni, si sta cercando oggi di riformare la scuola. Recentemente sono state pubblicate alcune buone norme sulla progettazione e l’uso degli spazi scolastici da enti come il MIUR3 e dall’INDIRE4 ai fini di rendere la scuola un ambiente sano, sicuro, ma anche fruibile, e accattivante per chi la vive: studenti, insegnanti e tutta la comunità cittadina del contesto nel quale la scuola è inserita. Prendiamo in esame i provvedimenti recenti più importanti. MIUR “Se la scuola cambia e si rinnova, allora devono cambiare anche gli edifici e gli spazi educativi, secondo nuovi criteri per la costruzione degli edifici scolastici e uno sguardo al futuro, ai nuovi spazi di apprendimento coerenti con le innovazioni determinate dalle tecnologie digitali e dalle evoluzioni della didattica. Sono questi i principi ispiratori delle nuove Linee Guida per le architetture interne delle scuole varate oggi, su proposta del ministro Francesco Profumo, dopo il parere della Conferenza Unificata. Tra gli obiettivi di fondo, garantire edifici scolastici sicuri, sostenibili, accoglienti e adeguati alle più recenti concezioni della didattica, sostenute dal percorso di innovazione metodologica intrapreso grazie alla progressiva diffusione delle ICT nella pratica educativa. Le Linee Guida rinnovano i criteri per la progettazione dello spazio e delle dotazioni per la scuola del nuovo millennio. Per questo motivo si discostano dallo stile prescrittivo delle precedenti, risalenti al 1975. La nuova logica, infatti, è di tipo “prestazionale”, e rende i criteri di progettazione più agevolmente adattabili alle esigenze didattiche e organizzative di una scuola in continuo mutamento. Vengono dunque riconfigurate la architetture interne, proponendo una concezione dello spazio differente da un modello di organizzazione della didattica rimasto ancorato alla centralità della lezione frontale. 3 MIUR: Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca 4 INDIRE: Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, fondato nel 1925 da Giuseppe Lombardo Radice, poi divenuto istituto nazionale solamente nel 2001 129


Le Linee Guida appena approvate propongono invece spazi modulari, facilmente configurabili e in grado di rispondere a contesti educativi sempre diversi, ambienti plastici e flessibili, funzionali ai sistemi di insegnamento e apprendimento più avanzati. Se infatti cambiano le metodologie della didattica, superando l’impostazione frontale, anche la realizzazione degli edifici scolastici dovrà rispondere a parametri e criteri architettonici e dell’organizzazione dello spazio del tutto nuovi. La predisposizione e l’approvazione delle nuove Linee Guida si inserisce all’interno di un percorso, seguito dal Miur, iniziato con un’approfondita ricognizione internazionale, presentata nell’ambito del convegno “Quando lo spazio insegna” del 16 maggio 2012. In quella occasione è stata avviata una ricerca di soluzioni operative che consentano un’effettiva rigenerazione del patrimonio scolastico, per renderlo più adatto all’evoluzione tecnologica e rispondente ai criteri di sicurezza. Un impegno, questo, che si è poi concretizzato anche attraverso la (recente) direttiva firmata dal ministro Profumo, che prevede lo stanziamento di 38 milioni di euro da destinare alla costruzione di nuove scuole attraverso lo strumento del fondo immobiliare e nel rispetto delle nuove Linee Guida.”5 5 Comunicato stampa del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Roma, 11 aprile 2013, scaricabile al sito http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/ d/d/workspace/SpacesStore/8130e730-2e8c-4b03-ab12-e37ab5d59849/cs110413_all1. pdf 130

fig. 72 bando di concorso per la progettazione di scuole innovative


INDIRE - Quando lo spazio insegna “La scuola italiana può oggi vantare un consolidato percorso di innovazione metodologica anche grazie all’introduzione delle della tecnologia nella classe, aprendolo poi all’utilizzo di netbook o tablet in comunicazione tra loro. Tuttavia, laddove con le ICT6 è stato possibile scardinare la dimensione temporale della lezione in classe, lo spazio fisico dell’aula si dimostra essere ancora troppo rigido e standardizzato. La fluidità dei processi comunicativi innescati dalle ICT si scontra con ambienti fisici che risultano essere sempre più inadeguati poiché indistinti per obiettivi e finalità didattiche. La scuola della società della conoscenza richiede spazi modulari e polifunzionali, facilmente configurabili e in grado di rispondere a contesti educativi sempre diversi. La classe Lo spazio della classe si offre in forme modulari per prestarsi a una varietà di configurazioni, dai modelli più tradizionali ai modelli di lavoro in gruppi, con arredi pensati per favorire un’agile composizione e scomposizione dell’ambiente e per accompagnare l’alternarsi delle diverse attività e fasi di lavoro.

6 Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (in inglese Information and Communications Technology, in acronimo ICT), sono l’insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano i sistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di informazioni (tecnologie digitali comprese). 131


Lo spazio di esplorazione Questo è l’ambiente in cui lo studente sviluppa un approccio laboratoriale confrontandosi con l’esperienza attraverso strumenti specifici. Osservare, raccogliere dati, analizzare, sperimentare, manipolare, elaborare sono alcune delle attività che gli alunni potranno svolgere in questo spazio. Strumenti e attrezzature in grado di abilitare questo approccio “hands-on” potranno essere specialistici per determinati ambiti disciplinari o trasversali a più ambiti. Lo spazio individuale Questo è l’ambiente in cui lo studente sviluppa un personale percorso di apprendimento in sintonia con i propri tempi e ritmi, con le proprie attitudini e propensioni. Nello spazio individuale lo studente può riflettere sulle informazioni ricevute, svolgere ricerche in autonomia col supporto di strumenti cartacei e contenuti digitali; può avere un confronto individuale con i propri docenti anche per definire percorsi di rinforzo o di recupero. Lo spazio informale Questo è lo “spazio per la pausa”, l’ambiente dedicato ad attività non strutturate, senza orari, che possono avere luogo in punti diversi. Questo spazio può essere vissuto in una moltitudine di modalità: da quelle più classiche, come ripassare o studiare insieme, a quelle di svago come ad esempio distendersi a leggere un libro anche non inerente a materie scolastiche; oppure si può giocare al computer o guardare video su un tablet, ascoltare musica sul proprio lettore Mp3, rilassarsi esplorando gli spazi esterni.” Circa un anno fa è stata redatta una nuova legge sul sistema nazionale di istruzione, la cosiddetta “Buona scuola”7, alla quale è stata annessa la possibilità di una consultazione on-line per un periodo di due mesi, dove ogni cittadino potesse dire la sua riguardo i provvedimenti proposti. Lo scopo della consultazione è stato quello di migliorare e rafforzare “La Buona Scuola”, intesa non come sondaggio o rilevazione demoscopica di tipo campionario, bensì come progetto 7 Legge 13 luglio 2015, n 107 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti 132


di collaborazione, di condivisione di un percorso, di apertura all’operosità costruttiva. ‘La Buona Scuola’ mette al centro l’autonomia scolastica dando gli strumenti finanziari e operativi ai dirigenti per poterla realizzare. Le scuole avranno più risorse economiche: viene raddoppiato il loro Fondo di funzionamento. Ma anche più risorse umane: ogni istituto avrà in media 7 docenti in più per realizzare i propri progetti e per l’arricchimento dell’offerta formativa. La legge prevede un finanziamento aggiuntivo di 3 miliardi a regime sul capitolo istruzione e un piano di assunzioni per la copertura delle cattedre vacanti e il potenziamento della didattica. I concorsi per gli insegnanti tornano ad essere banditi regolarmente: il primo sarà indetto entro l'1 dicembre. Per gli studenti è prevista un’offerta formativa più ricca che guarda alla tradizione (più Musica e Arte), ma anche al futuro (più Lingue, competenze digitali, Economia). Le scuole superiori potranno attivare materie opzionali per rispondere meglio alle esigenze educative dei ragazzi. L’alternanza scuola-lavoro sarà garantita a tutti nell’ultimo triennio delle scuole superiori, licei compresi, si potrà fare anche all’estero e nelle istituzioni culturali. Grazie ad un finanziamento ad hoc, sarà attivato un Piano nazionale per la scuola digitale, con risorse per la didattica e la formazione dei docenti. L’intera comunità scolastica sarà coinvolta nell’elaborazione del Piano dell’offerta formativa, il documento costitutivo dell’identità culturale e progettuale di ogni istituto. Continua l’investimento dello Stato sull’edilizia scolastica, con fondi per gli interventi di manutenzione, ma anche per la costruzione di strutture innovative.8

8 LA BUONA SCUOLA. Il provvedimento in sintesi, MIUR, Roma, 09 luglio 2015, visualizzabile al sito http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/focus090715 133


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Adolescenti: Tra pedagogia e pedagogia e didattica didattica

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7.1 Il “sistema preventivo” di don Bosco L’ideale del buon cristiano e dell’onesto cittadino rimarrà sempre la meta dell’impianto metodologico di Don Bosco, nella molteplicità dei contenuti, dei processi e dei mezzi educativi. Se da una parte si richiede all’educatore serietà di impegno, dall’altra egli deve operare in un clima d’amore. Il punto d’incontro delle dinamiche educative si trova nel concetto della comunità-famiglia. Gli educatori, infatti, devono parlare ai giovani, dare consigli e correggere amorevolmente. “Fate conto che quanto io sono, sono tutto per voi, giorno e notte, mattino e sera, in qualunque momento. Io non ho altra mira che di procurare un vostro vantaggio morale, intellettuale e fisico. Ma per riuscire in questo ho bisogno del vostro aiuto. Io non voglio che mi consideriate tanto come vostro superiore quanto come vostro amico”. 1 Don Bosco comprende l’esigenza più profonda del giovane è la gioia, la libertà, il gioco; d’altra parte è convinto che il cristianesimo sia la più sicura fonte di felicità. Creava perciò un ambiente ricco e vario, ma denso di spiritualità. Don Bosco affascina i ragazzi che si sentono trascinati ad essere come lui. “L’educazione è cosa di cuore: tutto il lavoro parte da qui, e se il cuore non c’è, il lavoro è difficile e l’esito è incerto. Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati”. Gli educatori di Don Bosco, quindi, devono amare ciò che piace ai giovani: in questo modo i giovani ameranno ciò che piace ai superiori. Bisogna che si rompa la barriera della diffidenza, perché senza familiarità non vi può essere confidenza e quindi educazione. È questa la forza del Sistema Preventivo di Don Bosco. L’educatore deve presentarsi senza maschere, per quello che è, amico tra amici; deve essere pronto ad affrontare ogni fatica. Il metodo di Don Bosco richiede, quindi, massima attenzione alla sensibilità giovanile e alle sue esigenze e potenzialità, richiede grande coinvolgimento educativo, presenza personale e amichevole tra i giovani, che stimola, guida la maturazione della personalità. Principio attualevivo più che mai davanti alle emergenze educative del terzo millennio. 1 Braido P., Don Bosco educatore scritti e testimonianze, 3a ed., (Fonti, Serie prima, 9), LAS, Roma 1997, pagg. 363-271. 136

fig. 73 Don Luigi Bosco (Castelnuovo Don Bosco 1815 - Torino 1888)


7.2 Le basi: il metodo Montessori In tutto il mondo esistono asili nido, scuole dell’infanzia, primarie, scuole superiori e collegi ispirati al “metodo Montessori”. Il modello educativo di Maria Montessori può essere considerato il prodotto di un lungo iter di ricerca contrassegnato da alcuni punti salienti. La pedagogia montessoriana si basa sull’indipendenza, sulla libertà di scelta del proprio percorso educativo (entro limiti codificati) e sul rispetto per il naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino. I punti caratterizzanti dell’approccio educativo, secondo quanto codificato dall’Associazione Montessori Internazionale e dalla Società Americana Montessori (AMS) sono: - le classi di età mista per fascia di età (0-3, 3-6, 6-12, 12-18), in modo da stimolare la socializzazione, la cooperazione e l’apprendimento tra pari; - la libera scelta del discente del proprio autonomo percorso educativo (quindi delle attività da svolgere e di quanto tempo dedicare loro), all’interno di una gamma di opzioni predisposte dall’insegnante; - blocchi orari di lavoro didattico lunghi e senza interruzioni (idealmente di tre ore); - un’organizzazione delle attività educative predisposte, dei laboratori, degli ambienti e dei materiali didattici a disposizione, che favorisca l’apprendimento per scoperta e per “costruzione” delle conoscenze poste nella zona di sviluppo prossimale di ogni singolo discente (sulla base di un modello psicopedagogico costruttivista); - il materiale didattico specializzato che consente: l’apprendimento per scoperta, l’utilizzo raffinato dei sensi, l’autocorrezione. Il metodo Montessori è un esempio di applicazione ante litteram dell’Educazione secondo il metodo problem-posing (Paulo Freire)1 e della psicologia costruttivista. Se vogliamo prendere in esame però l’età dell’adolescenza, dobbiamo soffermarci meglio sulle teorie montessoriane del terzo livello di fig. 74 Maria Montessori (Chiaravalle 1870 - Olanda 1952)

1 Paulo Freire (Recife, 19 settembre 1921 – São Paulo, 2 maggio 1997) è stato un pedagogista brasiliano e un importante teorico dell'educazione. 137


sviluppo, ovvero che hanno come destinatari di osservazione gli adolescenti di età compresa fra i 12 e i 18 anni circa. L’adolescente, un “neonato sociale” Nella letteratura psicologica dei nostri giorni, l’adolescenza è descritta come l’età difficile per eccellenza, ma anche come l’età “cruciale” e decisiva nella formazione psicologica dell’uomo: una fascia di età in cui, dietro alle difficoltà dei cambiamenti e della improvvisa mutazione dell’identità corporea, si celano grandi timori, ma anche grandi possibilità di sviluppo e forti potenzialità creative. La Montessori identifica l’adolescenza come “il periodo più difficile della vita”, caratterizzato da una vera e propria metamorfosi evolutiva. Ne coglie pertanto il carattere di crisi e di sostanziale “indeterminatezza”, aspetti evidenziati anche negli studi psicologici e sociali più recenti. Rispetto al precedente stadio della fanciullezza, l’adolescente è dominato da esigenze sociali ed etiche del tutto nuove: avverte il bisogno di “rafforzare la fiducia in se stesso” e la necessità di costruire una nuova identità individuale, ma appare emotivamente indifeso e fragile. Si apre alla vita sociale della quale avverte l’esigenza, e di fronte alla quale si pone come un “neonato sociale” con un prepotente bisogno di vivere e produrre socialmente. Quello dell’adolescenza è anche il “periodo sensibile” per lo sviluppo di sentimenti di giustizia e di dignità personale. Maria Montessori ritiene importante identificare le condizioni ambientali adatte a creare per l’adolescente una alternativa alla dipendenza dall’adulto. Si tratta di porre gli adolescenti “in condizioni di vita normale” che impediscano loro di diventare quei “nani psichici” che sono il prodotto dei condizionamenti errati posti dall’adulto. Se infatti l’adolescenza è “il periodo più difficile”, essa è anche il periodo in cui si manifesta una “energia umana da cui dipende l’avvenire”. La studiosa ne evidenzia pertanto anche la fondamentale condizione di preziosa risorsa per il futuro dell’umanità e si riferisce ad un “nuovo adolescente”, posto nella condizione di manifestare i propri caratteri creativi, che possono emergere soltanto all’interno di un ambiente che risponda ai suoi bisogni. Per contro, le possibili “deviazioni” dell’adolescente rispetto alla sua reale natura, e così le sue reazioni, le chiusure, le ri138


bellioni, le instabilità comportamentali sono forme di risposta ad un ambiente inadeguato, caratterizzato da una reazione con l’adulto di tipo subordinato, che non gli consente di rivelarsi per quello che effettivamente è; caratteri che sparirebbero se fosse in un ambiente adeguato. La scuola per l’adolescente E’ a partire da questa analisi di tipo psicologico e sociologico, che la Montessori passa a definire quali funzioni debbano essere assegnate al processo formativo e quale struttura debba assumere la scuola secondaria. Innanzitutto la riflessione parte da quelli che lei ritiene essere i principali limiti della scuola secondaria: evidenzia che essa “non risponde alle necessità dell’adolescente, né a quelle dei tempi in cui viviamo”; ne denuncia l’impostazione, per la quale gli studenti “sono costretti a lavorare per dovere, per necessità, non per interesse”2, e pertanto “il meglio delle loro energie individuali viene sprecato”; ne individua i principali limiti nell’assenza di collegamento tra cultura e vita reale; non ne condivide gli obiettivi, i quali non tengono conto in alcun modo di quegli elementi di ordine psicologico, sociologico e storico che ella pone al centro della sua analisi. Pertanto, ritiene che riformare la scuola secondaria non comporti soltanto una riformulazione di programmi e di metodi, ma richieda anche la necessità di procedere ad una nuova organizzazione sociale dello studio e del lavoro. “Poiché siamo di fronte ad un cambiamento radicale nella sua persona – afferma – dobbiamo renderci conto che è necessario un cambiamento radicale nella sua educazione”. Due piani di intervento: individualità e osservazione dei bisogni. La formazione dell’adolescente diviene “il vero centro” di tutta l’educazione, il centro nel quale si deve ricercare “la chiave da offrire all’umanità” per la sua formazione integrale. Lo schema di riforma della scuola secondaria si basa pertanto su alcuni presupposti irrinunciabili: - una reale considerazione delle esigenze proprie del periodo adolescenziale: costruzione della propria identità sociale, necessità di rafforzare la fiducia in se stesso. - l’importanza di fornire una chiara consapevolezza della realtà sociale nella quale l’adolescente si trova a dover operare, per 2 Montessori M., Dall'infanzia all'adolescenza, introduzione, revisione e note di Clara Tornar ; traduzione di Monica Salassa, Angeli, Milano, 2009 139


cui il senso complessivo della scuola secondaria dovrebbe essere quello di “vera e propria scuola di esperienza sociale”. - importanza del “far cultura” nel senso più ampio e profondo del termine, giacché, come tiene a sottolineare la studiosa, “la preparazione culturale deve essere ampia, completa, profonda, non soltanto per gli intellettuali”. - necessità di costruire competenze di tipo trasversale, in grado di potenziare gli individui mettendoli in condizione di operare concretamente anche in situazioni imprevedibili. All’interno di questo schema, la scuola secondaria è vista come “una scuola sperimentale di vita sociale”, un “centro di studi e di lavoro”: una vera e propria comunità autogestita basata su una alternanza di fasi di studio e di lavoro scandite da ritmi stabiliti dai ragazzi stessi. La Montessori ritiene che la collocazione ideale di questo tipo di comunità debba essere la campagna, lontana dalla famiglia, in un luogo tranquillo, possibilmente una fattoria, dove possa essere concesso ampio spazio di attività nel contatto con la natura. La denominerà Erdkinder. Il programma delineato da Montessori sarà noto come programma di Laren, dal nome della località Olandese dove la pedagogista periodicamente risiedeva. L’esperienza “pilota”, avrà luogo con la istituzione del Montessori Lyceum Amsterdam, nel quale sarà realizzata una sorta di “sperimentazione urbana” del progetto, alla quale la stessa Montessori assicurò la supervisione nei periodi in cui risiedeva in Olanda. Che cosa ne è degli sviluppi successivi del progetto? Il “compromesso urbano” come sarà definito anni dopo dal figlio Mario, è oggi sviluppato soprattutto in Olanda e in Germania, mentre in italia le poche esperienza sono state di breve durata. Ma ciò che risulta particolarmente interessante oggi è il movimento di studio e di ricerca concentratosi intorno al crescente interesse per la scuola secondaria Montessori, come dimostra la recente costituzione del “Center for Montessori adolescent studies”, finalizzato a realizzare attività volte alla formazione degli insegnanti per la realizzazione del programma Montessori per adolescenti.

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7.3 Don Milani e la scuola di Barbiana «Invece a Barbiana i ragazzi siederanno attorno ai tavoli. Saranno eliminati pulpiti e cattedre. La scuola, nata il giorno stesso dell’arrivo del Priore, prenderà lentamente una forma sempre più circolare.» Nel progetto della scuola di Barbiana, Don Milani2 porta una visione innovativa del fare scuola: il tutto parte da un principio sintetizzato nel motto inglese “I care”. Egli fondava il suo metodo educativo sulla cooperazione tra maestro e alunno, ma anche sul legame tra compagni, dove i più grandi insegnavano ai più piccoli. In questo modo l’educatore Milani riusciva a sviluppare negli allievi l’autonomia, la riflessione critica, la comunicazione, la conoscenza e le abilità. Un modo di intendere la scuola, e un pensiero nuovo, che nascevano in una società in cui il diritto all’istruzione non era ancora esteso a tutti, ma che, proprio per questo era una necessità e un bisogno primario dell’uomo. Un metodo estremamente attuale, nel quale il ragazzo era messo a contatto con le esperienze dal vivo, era spinto a sperimentare e conoscere le cose da solo. Da quella “Lettera a una professoressa” in cui i ragazzi di Barbiana e il loro Priore denunciavano un metodo didattico non favorevole alle classi più povere, arriva ancora oggi quell’I care che dovrebbe costituire lo slogan riassuntivo di uno stile di fare scuola con il cuore, orientato alla presa di coscienza civile e sociale, improntato al valore dell’accoglienza, in una società complessa e in costante cambiamento, per insegnare a ogni alunno ad apprendere e a vivere con gli altri. «Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Nè cattedra, nè lavagna, nè banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva scuola e si mangiava.»3

fig. 75 Don Lorenzo Milani (Firenze 1923 - 1967)

2 Don Lorenzo Milani Comparetti è stato un presbitero ed educatore italiano. Nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la curia di Firenze, venne mandato a Barbiana, minuscolo e sperduto paesino di montagna nel comune di Vicchio, in Mugello, dove iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva. 3 da “Lettera a una professoressa” , di Scuola di Barbiana, Libreria editrice fiorentina, Firenze, 1996 141


“Si può scegliere di non visitare un museo, ma tutti hanno il diritto e il dovere di andare a scuola.”

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Dalla teoria alla pratica

“La scuola che farei” di Renzo Piano 143 129


8.1 La pedagogia dell’architettura e l’architettura della pedagogia «Uno dei principali motivi dell'attuale crisi della tipologia edilizia, e cioè l'evoluzione delle esigenze proprie di ciascuna attività urbana, si identifica, per quel che riguarda il problema della scuola, con l'evoluzione del pensiero pedagogico in tutte le sue implicazioni, da quelle di carattere teorico-generale fino all'atteggiamento nei confronti del "valore" che, rispetto all'esperienza didattica, assume l'ambiente in cui questa si svolge. Il problema pedagogico, infatti, e le esigenze che esso pone appaiono come matrici dirette dell'architettura della scuola e si ritrovano, più o meno correttamente risolte, in tutti gli esempi di realizzazioni e di progetti.»1 Nel 1966 Uberto Siola pubblicava un testo fondato su una ricerca avviata nel 1963 (assai prima del '68), dove venivano affrontate tematiche estremamente attuali: il rinnovamento degli spazi dell'apprendimento sulla base del rapporto tra pedegogia e architettura; il superamento del funzionalismo superficiale razionalista; l'attenzione al valore urbano della scuola, come elemento inserito nella città. Riflessioni importantissime e valide ancora oggi, più di 40 anni dopo. Nonostante ciò, l'evoluzione della pedagogia e della didattica negli ultimi decenni sono state significative. Entrambe, applicate all'architettura, hanno il compito di portare a maggiore perfezione l’elaborazione di modelli per l’azione educativa e strumenti per realizzarla: «Se il sapere pedagogico offre indicazioni sulle ragioni per cui una scuola esiste e sul senso che vuole darsi, il sapere didattico crea la mediazione tra finalità e percorso, ovvero descrive il fare scuola quotidiano, le scelte contestualizzate, i metodi e gli strumenti di cui ha bisogno per portare a compimento il proposito pedagogico.»2 Pedagogia e architettura si sono incontrate a scuola per costru1 U. Siola, Tipologia e architettura della scuola, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1966, pag. 123 2 Weyland B. e Attia S., Progettare scuole tra pedagogia e architettura, Guerrini scientifica, Milano, 2015 pag. 19 144


ire e offrire proposte pedagogico-didattiche adeguate. Devono sapere integrare le esigenze degli studenti con le risposte architettoniche e le soluzioni adottate. In questo ambito la scuola ha un posto privilegiato: è la protagonista della pedagogia dell’età moderna e le maggiori espressioni del pensiero educativo del nostro tempo si riferiscono ad essa. Nella terminologia scientifica, il grande contenitore della scienza dell’educazione è composto da quattreo settori: - Pedagogia Generale, che si occupa di sviluppare concetti e proposte; - Storia della Pedagogia, che ci offre i riferimenti necessari per comprendere l’evoluzione del pensiero sull’educazione e le problematiche attuali; - Didattica e Pedagogia speciale, che raccolgono, validano, sperimentano strumenti e modelli per l’azione educativa; - Pedagogia Sperimentale, che si concentra sui metodi di ricerca. L’architettura, anche quando si applica alla scuola, progetta e costruisce ambienti in cui vive l’essere umano. John Ruskin ne sintetizza così le finalità e caratteristiche fondamentali: «L’architettura è l’arte di disporre e di adornare edifici, innalzati dall’uomo per qualsivoglia scopo, in modo che la loro semplice vista possa contribuire alla sanità, alla forza, al godimento dello spirito.» 3 L’architettura offre innanzitutto risposta alle necessità biologiche dell’uomo quali la protezione e la sicurezza, risponde quindi alle domande che ogni epoca si pone e risente delle variazioni culturali, economiche e sociali che accompagnano l’uomo. Anche l’architettura, come la pedagogia, è un particolare modo di leggere e intervenire sulla realtà e, in questo caso, risente dell’insieme dei pensieri, delle ricerche e delle azioni che storicamente hanno riguardato la concezione degli ambienti tradizionalmente deputati all’istruzione. 3 Ruskin J., Lectures on Architecture and Painting, 1854, pubblicazione attuale a cura di Cook T.E., Wedderburn A, The word of John Ruskin, Cambridge University Press, Cambridge, 2010 145


Se l’architettura è comunicazione, quindi un testo scritto, un testo che le persone leggono e che discutono, criticano, apprezzano, spesso anche inconsapevolmente4, essa in quanto tale comunica i valori che l’architetto ha interpretato vivendo, ascoltando e capendo la società, la storia, i problemi dell’uomo. Nell’architettura scolastica troviamo quindi interessanti chiavi di lettura di come si sta evolvendo il pensiero sui luoghi dell’educazione. L’architettura, come la pedagogia, non offre una semplice risoluzione dei problemi, perchè altrimenti si tradurrebbe in edilizia. Propone una visione che supera i bisogni e le richieste specifiche e che interpreta il sentire di un certo tempo con un approccio rivolto al futuro. L'evoluzione rapidissima del fare scuola pone continuamente in discussione gli edifici, che non sono mai abbastanza flessibili. Occorre perciò riconoscere una "quinta dimensione" che è quella del web, da considerare oltre allo spazio e al tempo, comunque presenti e vivi nell'architettura. La scuola come spazio fisico è irrinunciabile, dove, oltre all'apprendimento, esistono relazioni interpersonali del vedersi, del dialogare, del confrontarsi. Per questo gli elementi pedagogici e didattici non sono da considerare "esterni" all'architettura, perchè sono determinanti rispetto alle questioni spaziali della scuola.

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Eco U., La struttura assente, Bompiani, Milano, 1968 146


8.2 La qualità del binomio1 Il binomio pedagogia e architettura offre qualità all’investimento sul progetto della scuola e apre a interessanti prospettive per una serie di ragioni che qui vi descriviamo. 1. Innanzitutto consente di ragionare più compiutamente sulla complessità sociale, storica e culturale odierna considerando con maggiore attenzione il ruolo della memoria e del passato. La scuola è tradizionalmente il luogo in cui si consegnano le chiavi della cultura, garantendo l’accesso a tutto ciò che gli uomini hanno capito, scoperto, inventato, trovato nel passato. Nella scuola si trovano gli elementi di tutto ciò che siamo stati, a partire dai quali si presuppone di costruire il tempo che verrà. In architettura il riferimento al passato è un atto dovuto, imprescindibile, tant’è vero che si sostiene sia “un atto di memoria proiettato nel futuro”2. La sfida in questo ambito però è quella di elaborare il passato per fare proposte attuali, sostenibili, innovative. 2. In secondo luogo il binomio consente di riflettere sulla concretezza e sulla materialità della scuola. In architettura costruire è usare ciò che si ha a disposizione, impiegando i molti linguaggi della materia. L’attenzione è molto concentrata sulla qualità dei materiali, sul loro significato intrinseco, su come questi vengono percepiti e vissuti. In ambito scolastico la materia ha invece una valenza astratta. Costruire pedagogie significa lavorare sulle materie prime della conoscenza; attuare didattiche significa parlare i linguaggi delle materie di studio, conoscerne le diverse qualità. La scuola come insieme di oggetti fisici, fatta di materiali concreti, non è oggetto di specifica attenzione. La qualità del binomio si ravvisa nel dialogo sulla materia visibile e invisibile e sul provare a intendersi sulle ragioni che portano l’architetto ad impiegare con entusiasmo, per esempio, il cemento armato a vista, e l’insegnante a coprirlo con mille disegni dei bambini. fig. 76 Illustrazioni del libro "Progettare scuole, tra pedagogia e didattica"

1 Weyland B. e Attia S., Progettare scuole tra pedagogia e architettura, Guerrini scientifica, Milano, 2015, pagg. 20-21 2 Frediani G., Architettura è, Cluva, Venezia, 2011 147


3. In terzo luogo un aspetto fondamentale che si genera dall’intersezione è costituito dall’attenzione ai rapporti tra cose e persone. In architettura costruire significa costringere i materiali a una relazione reciproca, tra distanze, vicinanze e lontananze, muovere materiali nello spazio per dare forma al vuoto tra gli elementi. In pedagogia, e soprattutto per quanto riguarda la scuola, la relazione consiste nei diversi accenti con i quali si combinano tra loro l’insegnante, l’allievo e il sapere. L’edificazione di una scuola consente di costruire un sistema di relazioni in cui dalla triade insegnante-allievo-sapere nasce il quadrato con un insieme di discorsi e risonanze che conducono all’inclusione dello spazio nella definizione e organizzazione della relazione educativa. 4. Un ulteriore elemento che qualifica il rapporto tra pedagogia e architettura è dato dal coraggio di scegliere. In architettura il compito è quello di tracciare i confini tra gli elementi, di stabilire limiti e conseguenze, di dividere uno spazio in un dentro e un fuori, in un ambiente che viene prima e uno che arriva dopo. Anche per quanto riguarda l’azione didattica il sapere viene accuratamente selezionato, analizzato, confezionato in unità di apprendimento specifiche e con appositi materiali di apprendimento, mentre si cerca di dare forma al modo di conoscere. Tutte queste azioni comportano una scelta e sono determinate da uno specifico orientamento progettuale sia in campo architettonico che in ambito didattico. Gianluca Frediani indica ai suoi studenti che “progettare è un faticoso atto di rinuncia, rinuncia a tutto il non necessario. La rinuncia è sempre un fatto doloroso. Ma è quel dolore che assegna valore alla scelta. Essere esclude.”3 Ebbene, il compito di questo tempo per la scuola è quello di scegliere il proprio profilo pedagogico e di saperlo giustificare e sostenere nell’azione educativa e didattica, che non può che rinfrangersi inevitabilmente sugli spazi scolastici. Nel nostro dialogo escludere significa acquisire identità in ambienti da vedere, sentire e toccare. Progettare una scuola, e non solo costruirla, è una scommessa mai scontata. E’ una partita sempre aperta. Una successione 3

Frediani G., Architettura è, Cluva, Venezia, 2011 148


infinita di atti. E’ un progetto per il tempo che verrà. In questo senso rimane infinitamente aperto e inconcluso, e si basa fondamentalmente sulla fiducia nelle potenzialità straordinarie della consapevolezza e responsabilità come espressione dell’impegno di dirigenti insegnanti, di architetti e amministra tori per realizzare i nuovi luoghi della cultura e per la comunità. Definire la relazione tra spazio e didattica, trovare soluzioni di ampio respiro culturale all’utilità del progetto scuola, cavalcare la sfida dell’illusione e della continua metamorfosi dei punti di vista sulle cose e puntare su scelte chiare, ben definite, che escludono tutto ciò che "non è", proporsi di costruire ambienti illuminati e multiprospettici, moderni e sostenibili, che abbiano rispetto per la memoria delle cose e delle persone e si fondino sull’interrogazione silenziosa e aperta delle tracce, immaginando il tempo che verrà: tutti questi sono i propositi entro i quali si colloca il dibattito tra pedagogia e architettura.

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8.3 Come applicare la didattica all’architettura scolastica? Si dice che la scuola di oggi è noiosa. Il problema però non è rendere la scuola divertente, bensì fare una scuola interessante, (da inter - esse, essere dentro) e cioè portare dentro le cose. E’ bello vedere i ragazzi motivati, in movimento per qualcosa che “li aggancia”. Interesse per l’apprendimento. La scuola deve essere a servizio del discente.1 Lo studente interessato all’apprendimento, coinvolto e partecipe, che cresce in personalità e autonomia, ha il diritto di avere una scuola che gli fornisca gli strumenti di cui ha bisogno. La scuola deve dare le opportunità allo studente, soggetto del processo educativo, di preparare e coltivare i sogni della propria vita. Essa, insieme alla famiglia, ha un ruolo centrale ed insostituibile per la formazione ed educazione dei più giovani, e questi hanno il diritto di essere interessati a ciò che gli viene proposto, non subire passivamente la propria formazione. C’è bisogno di scuole equipaggiate, scuole che possano davvero offrire agli studenti adeguate attrezzature, strumenti, e soprattutto adeguati spazi. Innovare non significa riempire le aule di LIM e Tablet: si tratta proprio di ripensare all’aula come spazio fisico e architettonico. Viene spontaneo dunque chiedersi: come deve essere un’aula nel XXI secolo? Come deve essere ridisegnata per ospitare una didattica innovativa? Purtroppo non c’è una risposta univoca e precisa. Di sicuro un grande aiuto lo si è tratto dai pensieri di pedagogisti, educatori, insegnanti, e da tutte quelle figure che operano all’interno dell’ambiente “scuola”. Non esiste però un’unica conformazione che possa essere proposta come ideale per l’aula tecnologica. I diversi modi di configurare un’aula e gli elementi che la compongono sono molteplici, ma devono essere soprattutto funzionali alle esigenze didattiche (nel rispetto dei programmi, dei curricoli e delle indicazioni nazionali), adeguati alle tecnologie utilizzate in classe, e variabili in base alle diverse attività, progetti, azioni laboratoriali poste in essere. La modularità e variabilità sono i criteri che devono essere te1

Riflessione del Dr. Gianluca Lo Presti, psicologo 150


nuti presenti nell’individuazione delle caratteristiche dell’aula del XXI secolo, in modo che essa sia di volta in volta modificabile e riconfigurabile a seconda delle esigenze. Flessibilità diventa dunque la parola chiave, che di conseguenza porta spazi aperti, luminosi, versatili e dinamici (elementi come pareti mobili, strumenti, devono poter essere spostati e ricollocati facilmente), fatti per il lavoro in piccoli gruppi, la costruzione collaborativa della conoscenza, l’integrazione tra ambiente fisico e virtuale (online). L’aula sarà così un vero e proprio ambiente di apprendimento, dove gli studenti diventano soggetti attivi e non più oggetti passivi alla lezione. “L’obiettivo principale della scuola è quello di creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto.”2 È di Renzo Piano il modello di scuola innovativa voluta dal Governo con la Riforma della Scuola. Il prototipo cui ispirarsi nella redazione di prossimi progetti è semplice, sostenibile e attento alla socializzazione. Si tratta di un modello di scuola su tre livelli, ideato in collaborazione con il pedagogista Franco Lorenzoni, dove il piano terra sarà la connessione con la città, il primo quello che ospita gli spazi di studio e il tetto è il luogo della libertà e dell’esplorazione. Troppo spesso la scuola, come scriveva Maria Montessori, è stata l’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fino a quando è capace di vivere nel mondo dei grandi senza dar fastidio. (vedi allegato pag.150)

2 Jean Piaget (Neuchâtel, 9 agosto 1896 – Ginevra, 16 settembre 1980) è stato uno psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero, esperto nella psicologia dello sviluppo. 151


8.4 Lugo... cos’è stato fatto? 8.4 politiche Lugo...del cos’è stato fatto? Nelle comune di Lugo c’è stata e c’è tuttora una particolare attenzione alle scuole, sia a livello comunale, che Nelle politiche delutili comune di Lugo c’è stata e c’è tutt’ora una riguardo ai servizi al bacino di utenze studentesche. particolare attenzione alle scuole, sia a livello che Il comune di Lugo infatti fa parte di un più vastocomunale, comprensorio riguardoad ai servizi utili al bacino di utenzedi studentesche. assieme altri 8 comuni della provincia Ravenna. Il comune di Lugo infatti fa parte di un più vasto comprensorio Questo territorio, denominato “Bassa Romagna”, si trova nel assieme ad altri 8 comuni della provincia di Ravenna. cuore della Provincia di Ravenna, abbraccia una superficie di Questo territorio, Romagna”, si trova nel quasi 480 kmq, e sidenominato compone dei“Bassa Comuni di: Alfonsine, Bagnacuore della Provincia di Ravenna, abbraccia una superficie di cavallo, Bagnara di Romagna, Conselice, Cotignola, Fusignano, quasi 480 kmq, e si compone dei Comuni di: Alfonsine, BagnaLugo, Massa Lombarda e Sant’Agata sul Santerno, per un totale cavallo, Bagnara di Romagna, Conselice, Cotignola, Fusignano, di oltre 100mila abitanti. Lugo, Massa Lombarda e Sant’Agata sul Santerno, per un totale L’unione amministrativa, sorta nel 2008, permette ai comuni di di oltre 100mila abitanti. darsi forza in molti ambiti tra i quali il commerciale e l’educatiL’unione amministrativa, sorta nel 2008, permette ai comuni di vo, dove Lugo spicca per quantità e qualità dei servizi. darsi forzascolastico, in molti ambiti tra i quali il commerciale e l’educatiIn ambito la cittadina in esame è l’unica ad avere le vo, dove Lugo spicca per quantità e qualità dei servizi. scuole superiori, di conseguenza la popolazione studentesca è fig. 77 Scuole a Lugo In ambito scolastico, la cittadina in esame è l’unica ad avere le fig. 78 Unione dei Comuni della di notevole importanza. Bassa Romagna scuole superiori, di conseguenza la popolazione studentesca è di notevole importanza. 152 Gli edifici scolastici esistenti sono:


Gli edifici scolastici esistenti sono: - Polo liceale (liceo scientifico, classico, linguistico, scienze applicate e scienze umane), localizzato all’interno del parco del Tondo, in viale degli Orsini. - Polo tecnico (ragioneria, geometri, ITI), localizzato in parte all’interno del parco del Tondo, con affaccio principale su via Lumagni, in parte nel centro storico. - Polo professionale (servizi sociali e IPSIA) dislocato in sedi separate all’interno del tessuto storico della città.

fig. 79 fig. 80

Abaco delle scuole superiori esistenti Schema strategico di spostamento delle scuole

In anni recenti le politiche comunali di miglioramento della qualità degli spazi vanno nella direzione di uno spostamento e conseguente concentrazione delle strutture nella zona in questione. In questo modo si riuscirebbe a snellire e liberare edifici del centro storico attualmente utilizzati, i quali necessitano di ristrutturazione e nuove destinazioni d’uso. Contemporaneamente si potrebbe creare un campus scolastico altamente accessibile e dotato di attrezzature competitive a livello intercomunale, razionalizzando nello stesso tempo l’offerta scolastica. Prendendo in esame ad esempio il liceo “Ricci Curbastro”, esso conta più di un migliaio di studenti, dei quali il 40% provengono da Lugo, il 48% dal distretto sopra descritto e la restante parte da altri comuni della provincia di Ravenna o province 153


Lugo, Massa Lombarda e Sant’Agata sul Santerno, per un totale di oltre 100mila abitanti. di oltre 100mila abitanti. L’unione amministrativa, sorta nel 2008, permette ai comuni di L’unione amministrativa, sorta nel 2008, permette ai comuni di darsi forza in molti ambiti tra i quali il commerciale e l’educatidarsi forza in molti ambiti tra i quali il commerciale e l’educativo, dove Lugo spicca per quantità e qualità dei servizi. vo, dove Lugo spicca per quantità e qualità dei servizi. In ambito scolastico, la cittadina in esame è l’unica ad avere le In ambito scolastico, la cittadina in esame è l’unica ad avere le scuole superiori, di conseguenza la popolazione studentesca è scuole superiori, di conseguenza la popolazione studentesca è di notevole importanza. di notevole importanza. Gli edifici scolastici esistenti sono: Gli edifici scolastici esistenti sono: - Polo liceale (liceo scientifico, classico, linguistico, scienze ap- Polo liceale (liceo scientifico, classico, linguistico, scienze applicate e scienze umane), localizzato all’interno del parco del plicate e scienze umane), localizzato all’interno del parco del Tondo, in viale degli Orsini. Tondo, in viale degli Orsini. - Polo tecnico (ragioneria, geometri, ITI), localizzato in parte - Polo tecnico (ragioneria, geometri, ITI), localizzato in parte all’interno del parco del Tondo, con affaccio principale su via all’interno del parco del Tondo, con affaccio principale su via Lumagni, in parte nel centro storico. Lumagni, in parte nel centro storico. - Polo professionale (servizi sociali e IPSIA) dislocato in sedi se- Polo professionale (servizi sociali e IPSIA) dislocato in sedi separate all’interno del tessuto storico della città. parate all’interno del tessuto storico della città. confinanti. Oltretutto la vastità del bacino del Liceo di In anni recenti le politiche comunali di d’utenza miglioramento della Lugo causa un notevole pendolarismo della popolazione stuIn anni degli recenti le vanno politiche comunali didimiglioramento della qualità spazi nella direzione uno spostamento e dentesca, che utilizza treno o pullman per gli spostamenti. qualità degli spazi vanno nelladelle direzione di uno spostamento e conseguente concentrazione strutture nella zona in queSecondo le statistiche aggiornate ad ottobre 2014, l'utilizzo del conseguente concentrazione delle strutture nella zona in questione. In questo modo si riuscirebbe a snellire e liberare edifici mezzo pubblico risulta preponderante. Infatti ben l'80% degli stione. In questo modo si riuscirebbe a snellire e liberare edifici del centro storico attualmente utilizzati, i quali necessitano di studenti che non risiedono nel Comune di Lugo usufruiscono del centro storico attualmente utilizzati, i quali necessitano di ristrutturazione e nuove destinazioni d’uso. abitualmente pullman. particolare le percentuali ristrutturazionedietreno nuoveosidestinazioni d’uso. Contemporaneamente potrebbeIncreare un campus scolastidei mezzi scelti sono: 16% per il treno e 84% per l'autobus. Contemporaneamente si potrebbe creare un campus scolastico altamente accessibile e dotato di attrezzature competitive a Si deduce quindi che la stazione degli autobus è particolarco altamente accessibile e dotato di attrezzature competitive a livello intercomunale, razionalizzando nello stesso tempo l’ofmente utilizzata, molto più della stazione ferroviaria, e neceslivello intercomunale, razionalizzando nello stesso tempo l’offerta scolastica. sita essere in posizione strategica soprattutto per le scuole. fertadiscolastica. Prendendo in esame ad esempio il liceo “Ricci Curbastro”, esso Prendendo in esame ad esempio il liceo “Ricci Curbastro”, esso conta più di un migliaio di studenti, dei quali il 40% provenconta più di un migliaio di studenti, dei quali il 40% proven138 138

fig. 67 Unione dei Comuni della fig. 67 Bassa Unione dei Comuni della Romagna Bassa Romagna fig. 68 statistiche studenti a Lugo fig. 68 statistiche studenti a Lugo

fig. 81 Stazione degli autobus fig. 81 Provenienza degli studenti 154


Sezione Tecnica - ITCG G. Compagnoni Settore economico: - Indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing - Amministrazione, Finanza e Marketing con Esa.Bac TECHNO - Articolazione Sistemi Informativi Aziendali - A.F.M. con articolazione Relazioni Internazionali per il Marketing - Indirizzo Turismo Settore tecnologico: - Indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio Sezione Tecnica - ITIS G. Marconi Settore tecnologico: - Indirizzo Meccanica, Meccatronica ed Energia articolazione Meccanica e Meccatronica - Indirizzo Elettronica ed Elettrotecnica articolazione Elettronica

Liceo scientifico “Ricci Curbastro” con sezione annessa di liceo classico “Trisi-Graziani”: - Indirizzo scientifico - Indirizzo scienze applicate - Indirizzo scienze umane - Indirizzo classico - Indirizzo linguistico

fig.83

Schemi distributivi del polo liceale e del polo tecnico 155


9 156 140


Ripensando l'area Ripensando l’area

Vista tridimensionale dello stato di fatto Vista tridimensionale di Lugo 157 141


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9.1 Il triangolo mancante Alla luce delle analisi finora effettuate, dopo aver attraversato la storia di Lugo, del suo territorio centuriato e dell’acetificio, è ora giunto il momento di affrontare una serie di riflessioni che condurranno alla strategia progettuale. Poniamo dunque la nostra attenzione non solo sul triangolo dell'area Venturi, ma su tutta la zona del parco del Tondo e le frange lungo la ferrovia. Molte sono le potenzialità e le idee che questa parte di città suggerisce, ma è opportuno che tutto ciò che si pensa, pianifica, progetta e realizza sia il tassello di un disegno più grande, generale, che comporti un miglioramento della qualità della vita dei cittadini ed un loro riconoscimento del senso di appartenenza allo spazio che abitano, quello che quotidianamente scandisce i ritmi delle loro vite, le loro abitudini. Bisogna quindi cercare di integrare le esigenze della città con quelle dei singoli abitanti del quartiere, e metterle a sistema in una proposta progettuale. Seguendo e analizzando i piani della città di Lugo, mi trovo ad essere in linea con gli obiettivi di riconnessione e ricucitura al fine di creare un luogo centrale, un nuovo polo attrattivo che possa riconnettere Lugo sud al centro. Lo scopo diventa quindi quello di passare da un luogo che divide, come la ferrovia e l’acetifico dismesso, ad uno che connette, da uno spazio chiuso e recintato, ad uno aperto e permeabile, creando le condizioni affinché si sviluppino incontri, relazioni, e si generino cultura e socialità. Le vie da percorrere possono essere molteplici e di diverso genere, in quanto i servizi mancanti sono più di uno: sono necessari spazi pubblici ad uso di quartiere, spazi commerciali, spazi legati all'istruzione, alla sanità e allo svago. Dal punto di vista urbanistico torna molto utile lo studio svolto su Lugo sud nel 2011. L'obiettivo è chiaro: in questo studio si definisce «... un nuovo layout che persegua l'integrazione funzionale e fisica con il quartiere di Madonna delle Stuoie, ed in particolar modo con l'area sportiva.»1

fig. 84 scuole a Lugo e servizi connessi

1 Masterplan Lugo Sud, Lugo Innova, 2011 scaricabile al sito http://www.lugoinnova.it/uploads/Tav4_masterplan_lugo_sud.pdf 159


9.2 Connessione: a chi giova? Quella dell'ex acetificio è un'area periurbana, che sfuma dalla città alla campagna. «Non si tratta nè di spazi urbani, nè di spazi rurali: sono gli spazi di frangia laddove la città sembra esaurire la sua forza e la campagna non riuscire ancora a riconquistare la sua dignità.»2 Sono zone senza una funzione specifica, minacciate da interventi speculativi che andrebbero a spostare l'indefinito limite tra urbano e ruralità sempre più verso l'esterno. In particolare, questa zona del periurbano si trova nel quartiere della stazione, generalmente ritenuto un’area poco sicura e di degrado sociale, per posizione e convinzioni sul "modo di vivere" i luoghi di transito. Tutto ciò è fortemente condizionato dai limitati servizi offerti ai cittadini e dall’incapacità strutturale del luogo di gestire flussi discontinui di utenti. Bisogna evitare che uno spazio pubblico, quindi per definizione “di tutti”, diventi di fatto “di nessuno” e quindi generi nei frequentatori sensazioni di disagio e insicurezza come di disinteresse e non appartenenza. Di fatto, i percorsi di connessione vengono attraversati il più velocemente possibile, le aree di sosta utilizzate solo in alcuni orari corrispondenti a quelli di maggiore traffico e frequentazione, i servizi non utilizzati se non per emergenze. Sostanzialmente l’attesa del treno si trasforma in una sosta forzata e malvissuta dai viaggiatori, mentre i cittadini delle aree limitrofe, nei loro spostamenti, cercano percorsi alternativi a quelli contigui alla stazione frequentando solamente il “viale” e il “piazzale” d’ingresso. L'area a ridosso della ferrovia viene vista come un punto di "conclusione" dei percorsi urbani (stazione - centro città), e non come un elemento di legame che permette di ricucire i due brani di città. Se ben strutturato, quindi, questo allaccio rappresenterebbe la saldatura ideale sia per i quartieri limitrofi, che per la città.

2 Agnoletto Matteo, Guerzoni Marzo (a cura di), La campagna necessaria: un'agenda di intervento dopo l'esplosione urbana, Macerata, Quodlibet, 2012 160


9.3 Spunti progettuali Dal punto di vista della progettazione, gli spunti dai quali partire sono stati di diverso genere: dall'attenzione alla forma, al dettaglio dei singoli lucernari. Tutto pensato nell'ottica di chi abiterà la scuola e gli spazi circostanti: insegnanti, studenti, ma anche genitori e fruitori al di fuori dell'orario scolastico. Di seguito i principali progetti dai quali ho tratto ispirazione in ordine cronologico di realizzazione. Umberto Riva Scuola elementare e media, Faedis, 1977-79

fig. 85 Vista delle scuola a Faedis

Il complesso è stato costruito con il programma degli aiuti del governo USA dopo il terremoto in Friuli del 1976. L'area a disposizione si trova immediatamente a nord del paese ; per ragioni economiche e tecniche si è scelto di ubicare il complesso scolastico nelle fasce di terreno di minor pendenza e più vicine al paese, costeggiate dalla strada comunale. Da notare la cura per la progettazione delle sezioni degli edifici. La copertura a doppia falda è realizzata in capriate di cemento armato che consentono sia la creazione di ambienti di servizio nella maggiore altezza creata dalla parte centrale del colmo, sia una più ricca articolazione spaziale degli ambienti. La struttura è mista in c.a. e laterizi. I muri di tamponamento sono in laterizio con interposta camera d'aria; la superficie muraria è segnata orizzontalmente da corsi aggettanti di cemento. 161


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fig. 86 Planimetria della scuola fig. 87 Dettaglio tecnologico

La scuola elementare è un edificio a un piano, di altezza interna variabile da 2,40 m sulle fronti a 5,40 m in corrispondenza del colmo di apertura, con 7 aule disposte in serie. La chiusura a vetri di tale fronte ha andamento articolato, arretrato nelle zone di confine tra aule, cosÏ da creare spazi di collegamento che possono essere chiusi o aperti secondo le esigenze didattiche. I servizi, l'atrio, la segreteria e gli spazi interciclo si trovano sul fronte ovest, verso la nuova strada di progetto. L'archivio, la biblioteca insegnanti, gli uffici supplementari si trovano nella zona soppalcata che attraversa longitudinalmente l'edificio sfruttando l'altezza creata dalla copertura sopra il corridoio.

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Shibukawa Eder Architects Vienna, senior high school neulengbach (lower Austria 2010)3 La caratteristica principale di questa scuola è il dialogo tra gli spazi interni ed esterni. All'esterno, la scuola presenta diverse tipologie di giardini e terrazze da poter essere destinati alle più svariate attività. I sei piccoli cortili del piano terra sono connessi sia fisicamente sia visivamente ai due grandi cortili dei primi piani. Il risultato di questa aggregazione è l'accesso di una grande quantità di luce naturale negli ambienti interni, insieme alla creazione di collegamenti diretti con l'esterno quasi da ogni punto dell'edificio. Inoltre, ognuno di questi piccoli cortili del piano terra si affaccia su luoghi diversi come la mensa, la stanza multifunzionale, l'aula di chimica e di biologia. Queste diverse entità sono state trattate come aree tematiche e si comportano come dirette estensioni delle classi verso l'esterno, o come aree per la ricreazione. L'accesso alla scuola da parte degli studenti avviene tramite un percorso collocato a sud, caratterizzato dalla presenza di diversi tipi di alberi e zone per la sosta. L'edificio non è stato progettato esclusivamente per le attività didattiche, ma anche per servire in altri modi la comunità locale. Per tale motivo è dotato di due ingressi distinti, e le aule sono organizzate in modo tale da poter essere suddivise in maniera flessibile, per usi multifunzionali. 3 http://www.domusweb.it/it/notizie/2012/11/08/shibukawa-eder-architects-scuola-superiore.html 164

fig. 88 Vista sui terrazzi interni fig. 89 Plastico fig. 90 Piante della scuola


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White Arkitekter Bråtejordet Skole, Strømmen, Norvegia, 2010 La Bråtejordet Skole è una nuova scuola secondaria costruita in una vecchia città industriale, Strømmen (circa 20 chilometri da Oslo, in Norvegia). Il passaggio dalla città alla classe avviene tramite quattro spazi distinti: Tunet (il cantiere), Platået (l'altopiano), Boksen (la scatola) e Rommet (camera). Tunet è la zona di transizione, dove si lascia la comunità circostante e si entra nel cortile della scuola vera e propria. Fiancheggiata da alberi fornisce una demarcazione chiara ed è divisa in campi che alludono al paesaggio agricolo circostante, con uno spazio sociale che incorpora panche pic-nic e un sop-

fig. 91 Piante della scuola fig. 92 Vista dell'atrio di ingresso 167


palco a gradinate nella zona riparata dal piano a forma di "L" dell'edificio. Il livello successivo, Platået, è all'interno dell'atrio della scuola, che sorge su un plinto all'altezza di un metro al di sopra della strada. Ampie sezioni di pareti a vetrata offrono una vista su tutto il paesaggio circostante e gli alti soffitti sono animati da una serie di lucernari che inondano la stanza con la luce del giorno. Laboratori di progettazione, di musica, una biblioteca e gli uffici amministrativi sono dislocati attorno a questo nucleocentrale, creando così uno spazio dinamico che funziona come hall, mensa e sala riunioni. Il livello superiore, Boksen, è diviso in zone per ciascun gruppo di età; incorpora le sale insegnanti ed ha scale di accesso separate a seconda della destinazione. Qui, i punti di vista dalle fininestre sono ben pensati e incorniciano scorci di paesaggio che entrano nell'ambiente, pur mantenendo una ridotta dimensione creando un ambiente più mirato per lo studio. Infine, Rommet è la homeroom. Rappresenta il punto di aggregazione e di smistamento dei vari spazi contigui, con servizi igienici e armadietti degli studenti. Le aule sono disposte intorno ai bordi dell'edificio, rivolto verso nord-est e nord-ovest per massimizzare il guadagno solare e lontano dai campi da gioco per ridurre al minimo le distrazioni. L'edificio ha una pianta a forma di "L" che racchiude il cortile sud. Inoltre si caratterizza per la forma a zig-zag del tetto, che crea un forte effetto skyline, con forte riferimento alla storia industriale di Strømmen. Con questi presupposti, l'aspettativa di funzionalità a lungo termine è garantita.

fig. 93 Palestra della Bråtejordet 168

Skole


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9.4 Interventi preliminari Prima della realizzazione di qualunque intervento, dovrà essere condotta un'indagine al fine di stabilire se siano o meno necessari interventi di bonifica dagli ordigni bellici. Essendo un'area vicino alla stazione ferroviaria e fortemente colpita nel periodo della guerra, questa è una verifica prioritaria e necessaria. Essa consiste in una serie di azioni che vanno dalla ricerca, al disinnesco, tramite rimozione ed allontanamento, fino alla neutralizzazione, mediante brillamento, di tutti gli ordigni bellici (proiettili, mine, bombe, e altri residuati bellici) presenti nell'area. L'eventuale bonifica dovrà rispettare sia le leggi dello stato, che i regolamenti militari vigenti; inoltre prima dell'inizio dei lavori, l'appaltatore dovrà richiedere le necessarie autorizzazioni e prescrizioni alla Direzione Generale Militare competente. Le fasi del lavoro da svolgere per effettuare la bonifica sono le seguenti: • rimozione della vegetazione, nel caso in cui la presenza della stessa ostacoli il corretto utilizzo dell'apparecchiatura • esplorazione dell'area tramite metal-detector • scavo per il recupero degli ordigni bellici rinvenuti • rimozione degli stessi secondo le procedure BONIFICA DI SUPERFICIE4 La bonifica di superficie viene in genere eseguita, come da norme emanate dalle Autorità Militari, su tutte le aree di cantiere. Il lavoro consiste nella ricerca, localizzazione ed eliminazione di tutte le masse ferrose e di tutti gli ordigni e manufatti bellici esistenti fino a m 1,00 di profondità dal piano di campagna originario. Le zone da esplorare vengono suddivise in campi e successivamente in strisce, che vengono esplorate con appositi apparati rilevatori di profondità. Tale bonifica comprende lo scoprimen4 DECRETO 11 Maggio 2015, N. 82 Regolamento Per La Definizione Dei Criteri Per L'accertamento Dell'idoneita' Delle Imprese Ai Fini Dell'iscrizione All'albo Delle Imprese Specializzate In Bonifiche Da Ordigni Esplosivi Residuati Bellici, Ai Sensi Dell'articolo 1, Comma 2, Della Legge 1° Ottobre 2012, N. 177. (15G00096) (GU Serie Generale N.146 Del 26-6-2015) 170


to, l'esame e la rimozione di tutti i corpi e gli ordigni segnalati dall'apparato e presenti fino alla profondità di m 1,00. BONIFICA DI PROFONDITA’ La bonifica in profondità è indispensabile nei casi in cui si verificano movimentazioni di terreno oltre la quota stabilita per la bonifica in superficie e quindi inferiormente a m 1,00 di profondità dal piano di campagna e dove si esegue la compattazione dei rilevati o la realizzazione di opere a carattere permanente. Questo tipo di bonifica viene applicato fino ad una profondità variabile che va solitamente da 2,00 a 8,00 m dal piano di campagna originario. La bonifica in profondità, previa bonifica superficiale, viene effettuata suddividendo le aree d'interesse in quadrati aventi il lato pari a m. 2,80, al centro dei quali, tramite trivellazioni non a percussione, vengono praticati dei fori capaci di contenere la sonda dell'apparato rilevatore. Per impedire ingressi indesiderati, l’area di lavoro viene recintata.

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Strategia di progetto

Vista a volo d'uccello dell'area di progetto 173


10.1 Un parco per la comunità, un campus per gli studenti Ogni edificio scolastico va considerato parte di un continuum educativo, inserito in un contesto urbanistico e sociale, non come entità autonoma. Per questo la scelta di intervenire sull’intero parco del Tondo e non solo all’interno dell’area Venturi. L'idea di progetto è dunque concepita nel rispetto del luogo nella sua totalità e si inserisce in un'operazione di ricucitura del territorio. Il contesto naturale viene salvaguardato in modo da dare più valore al parco del Tondo. Esso viene mantenuto uguale nel rispetto della sua storicità, ma viene rinnovato nei percorsi e in alcune funzioni, per dare maggior fruibilità a un maggior numero di persone. Esso infatti non viene concepito solo come parco pubblico per lo sport, o di passaggio, ma è l’integrazione di più ruoli che esso svolge per la sua posizione strategica. Diventa una piattaforma di connessione tra l'area nuova e le varie scuole già presenti, oltre a collegare anche gli edifici circostanti. Ciò si inserisce in un ambito di riflessione più ampio di scuola nel territorio, e scuola diffusa promosso dai provvedimenti del 2015. «Il punto di partenza della scuola diffusa è la convinzione che i saperi non sono chiusi nelle aule scolastiche, né che solo lì 174

fig. 94 Concentrare e riorganizzare


possa concentrarsi tutta la conoscenza, ma che questa viva anche attorno a noi, nei vari contesti in cui si rivela: nelle biblioteche, nei conservatori, nei teatri, nelle varie iniziative culturali, così come nei luoghi di lavoro, nei negozi, nelle fabbriche, nelle aziende, nei parchi e nelle campagne. La scuola spesso propone una conoscenza frammentata, teorica, lontana dalle forme intellettive in cui i giovani apprendono. La scuola diffusa va nella direzione di una cultura integrata con l’esperienza, con la vita reale, con l’ambiente nel suo complesso visto in tutte le sue potenzialità.»1 A livello didattico è bene che la scuola integri i programmi delle varie materie con stimoli esterni, che arrivano dalle diverse realtà presenti nella città, e costituiscono dunque un collegamento dall'interno verso l'esterno. Ne è un esempio l'alternanza scuola-lavoro, dove i ragazzi vivono l'esperienza del lavoro, sperimentandone tutti i temi ad esso connessi: la responsabilità, la fatica fisica, il mettersi in gioco, il rapporto con i colleghi, le soddisfazioni, ecc... Ciò viene messo in pratica seguendo diversi criteri: a) si assegna un lavoro direttamente collegato al percorso scolastico degli studenti (ad esempio, una scuola tecnica per geometri potrebbe prevedere nel piano dell’offerta formativa alcuni laboratori all’interno di studi di progettazione, oppure cantieri, o altro, così come per le altre scuole orientate al mondo del lavoro); b) si propone un lavoro non dipendente dalla formazione degli studenti, ma ritenuto interessante come percorso di ricerca (ad esempio un istituto liceale potrebbe organizzare percorsi di formazione in ambienti “complessi di relazioni” non professionalizzanti, al fine di sviluppare competenze di abilità sociali). «Il tempo-scuola sarà diversamente organizzato per dar tempo agli alunni e alle alunne di riflettere, di apprendere significati, non riempiendosi di pseudo-contenuti disciplinari frammentari e spesso scollegati dai saperi del nostro patrimonio culturale. L’impegno formativo di noi insegnanti dovrà fare in modo che 1 da UNA “BUONA SCUOLA” … DIFFUSA SUL TERRITORIO, a cura dell’Associazione “Paesaggi Educativi” 175


l’apprendimento sia motivato e direttamente collegato alla sperimentazione in laboratorio, alla riflessione in gruppo, alla condivisione del sapere, in quanto si sa che la pura trasmissione di nozioni è già causa di demotivazione, di disagio degli studenti, come ben ci dimostra il quadro di aumento di dispersione scolastica che verifichiamo con i dati oggettivi nazionali.»2 La scuola si apre in questo modo al territorio in quanto sostanzialmente cadono le barriere che separano gli spazi dell’apprendimento, dilatandosi invece nel territorio. Lo stesso processo di apertura avviene anche al contrario. Ovvero la scuola si apre per dare la possibilità ad enti esterni di usufruire degli spazi scolastici. Diventa quindi un collegamento a doppio senso: i ragazzi vivono esperienze al di là delle quattro mura dell'aula, e la città entra nella scuola per sfruttare gli spazi esistenti. In quest'ottica l'edificio scolastico non è più da concepire come privo di connessioni esterne, o chiuso in sè stesso, ma diventa a tutti gli effetti una parte di città attiva a tutti gli orari del giorno, e non solo in orario scolastico, appunto perchè si arricchisce di nuove funzioni. Quali sono i vantaggi di una scuola diffusa? - una scuola di questo genere rende attivi gli studenti quotidianamente, li fa sperimentare, agire sulle conoscenze, rispettando le loro individuali differenze culturali. - È una scuola che concepisce il sapere non staccato dal mondo e che valorizza il mondo perché lo sa collegare al sapere, al passato e al progetto del futuro. - L’edificio scolastico non è concepibile come una “grande caserma”, ma inteso come “alveare”, fucina vitale, perché si distingue per la pluri-funzionalità, la dinamicità e la vivibilità di diversi settori come spazio-scuola (una biblioteca, un corridoio sono già spazio-scuola). - Una scuola di questo tipo è anti-dispersione, perché punta 2 da UNA “BUONA SCUOLA” … DIFFUSA SUL TERRITORIO, a cura dell’Associazione “Paesaggi Educativi” 176


sugli interessi, desideri e bisogni di studenti e studentesse. Dove è possibile attuarla? 1. Nei paesi collinari che rischiano di essere abbandonati, nello specifico per le piccole comunità, la scuola diventa “il centro” e mantiene l’aggregazione e la memoria della cultura locale, dandole nuova vitalità e prospettive economiche (v. esempi di scuola diffusa nel Cilento). 2. Nelle periferie delle grandi città dove gli spazi formativi della strada diventano vitali per accogliere ed integrare giovani demotivati che rischiano di essere assorbiti da contesti marginali. A questo proposito è interessante ciò che è stato organizzato in grandi città metropolitane americane, a partire da Chicago, dove la scuola diffusa è diventata un modello di inclusione sociale di successo. Torniamo alla nostra realtà, un ottimo esempio di realizzazione si può trovare a Livorno nel progetto “Scuola e Città”. Questo propone una vasta gamma di iniziative volte a sostenere le scuole di ogni ordine e grado e le famiglie nella relazione educativa. Il programma si avvale della collaborazione di diverse associazioni ed enti pubblici e privati, proponendo appunto questi due tipi di progetti: "Il Territorio nella Scuola” e “La Scuola nel Territorio”.

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10.2 Qualcosa è cambiato: aperture e dislivelli Consideriamo ora il punto centrale di questo pensiero: il parco deve divenire una piattaforma forte di interscambio fra varie funzioni. Gli accessi alle varie strutture che insistono sull'area verde, dovrebbero essere messi in relazione fra loro da una rete di link virtuali e connessioni reali. Al momento attuale un grave problema di quest'area è proprio l'assenza di tali legami: effettuare un semplice attraversamento o una passeggiata da un'estremo all'altro del parco, rappresenta un problema per via delle barriere concrete (cancelli chiusi o reti metalliche), ma anche di degrado sociale. Questo è l'aspetto da superare. Apertura e luce, pulizia e assenza di "angoli bui" dovrebbero diventare il cardine della nuova visione e fruibilità di questi spazi. L'obiettivo è quello di riuscire a rendere più attraente un'area troppo spesso associata all'idea di scomodità, di scarsa praticità per entrare e uscire, e di costante dubbio sulla sicurezza. Non è difficile immaginarlo in una nuova veste, ad esempio con bambini che giocano serenamente in un prato pulito, con vegetazione contenuta e ben curata. Immaginare nonni seduti tranquillamente su panchine, o impiegati che scelgono di trascorrere una mezz'oretta di pausa in un contesto rilassante e rigenerante rispetto allo stress della giornata di lavoro. Dovrebbe essere soprattutto un luogo di scambio e di benessere per gli studenti, o di passaggio nel tragitto verso la scuola. La stazione degli autobus si trova in una posizione idonea al pas178

fig. 95 Connettere fig. 96 Recuperare


saggio e alla sosta nel parco. Tutto ciò va riorganizzato nel rispetto delle aree private, pubbliche e semipubbliche. A questo proposito vengono ripensate tutte le barriere di chiusura e di confine. In alcune zone, dove indispensabile, viene lasciata la recinzione metallica, mentre lungo i perimetri delle scuole, la barriera viene sostituita da dislivelli, pendenze e alberature, in modo da mantenere ovunque una continuità visiva e dare uniformità all'insieme. In questo modo le strutture non si percepiscono più come una serie di isole chiuse che galleggiano nel parco, ma come un'insieme di strutture e collegamenti che creano un'unico sistema. I percorsi vengono completamente ridisegnati, seguendo le linee di passaggio dei flussi maggiori. Essi sono pensati per la fruizione continua di persone e per la sosta delle stesse in aree definite. I servizi vengono dunque inglobati nel sistema dei percorsi, allargando i vialetti in determinati punti, e arricchendo gli stessi di un migliore arredo urbano e una più completa illuminazione. I percorsi e le aree di sosta saranno così ben visibili a qualsiasi orario, sicuri, ombreggiati e attraversabili sia a piedi che in bicicletta. Negli spazi adibiti a parco giochi, è utilizzata solitamente una pavimentazione in gomma antitrauma. Lo scopo è invogliare la gente a passare dal parco, sia per un passaggio veloce, sia per una breve sosta, sia per una più lunga permanenza. Inoltre nei periodi estivi, come già succede, incrementerebbero gli eventi e le attività all'interno del parco: scuole di ballo, concerti, mercatini, attività sportive.

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Masterplan

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L'ex industria fa scuola

Vista dal grattacielo 183


11.1 Da acetificio a polo tecnico industriale e professionale Nelle ipotesi di conversione di un ex edificio industriale confluiscono tantissime idee anche contrastanti fra loro. I fattori influenti da tenere\ in considerazione sono numerosi e di diversa importanza. In primis, l’esigenza da soddisfare è quella di riconnessione e ricucitura dei due tessuti abitativi: Lugo centro e Lugo sud. Essi sono infatti separati dalla ferrovia che taglia il territorio, e connessi con due passaggi carrabili e uno ciclo-pedonale. Il triangolo dell’acetificio deve diventare dunque l’occasione per una connessione diversa dai semplici passaggi; questi servono fisicamente per oltrepassare una barriera, la scuola diventa invece il motivo per cui qualcuno deve oltrepassare quella barriera. Pur disponendo dei mezzi, se non vi è una motivazione, non si è invogliati ad usufruire di quei mezzi. Torniamo dunque al discorso della scuola diffusa: un semplice edificio scolastico ad uso esclusivo degli studenti in orario di lezione non darebbe modo al quartiere di riappropriarsi di quello spazio, bensì continuerebbe ad essere un'isola chiusa in se stessa. Se invece la si arricchisce di tutti quei servizi parascolastici utili anche alla cittadinanza in orari diversi della giornata, allora si viene a creare un polo di flussi continui e di frequentazione variegata. Vi sarebbe dunque più di un motivo per far ripartire un tassello 184

fig. 97 Concept


di città con una scuola. I giovani sono la motivazione principale. Dare vita ad un'area dismessa con una scuola, porta innanzitutto come conseguenza uno svecchiamento immediato dell'area, e di riflesso anche un indotto più vivace: gli studenti devono andare a scuola, e parallelamente necessiteranno anche di luoghi di incontro e servizi, come bar, cortolerie, ecc... Inoltre la costruzione di una scuola tecnica e professionale in un ex edificio industriale è sicuramente di stimolo agli studenti rispetto ai contenuti delle loro discipline. L'edificio si comporta così da "terzo educatore" (“The Third Teacher”, come viene definito in un famoso libro pubblicato negli Stati Uniti nel 2010)1, concetto che ultimamente ha assunto un'importanza sempre maggiore. Il filo conduttore è molto semplice: la struttura dell’edificio scolastico diventa un ulteriore motivo di apprendimento, in aggiunta ai temi trattati e alle modalità di spiegazione dell'insegnante. In altre parole gli spazi, le aule, i laboratori, i corridoi, la forma materiale dell’edificio, i colori delle pareti, la qualità dell’illuminazione, gli arredi, il contesto in cui è collocato: tutto questo crea l’ambiente dove lo studente apprende, vive, fa esperienze, entra in relazione con gli altri. Il “terzo educatore”, quindi, gioca un ruolo decisivo nel determinare la qualità degli apprendimenti. C'è inoltre da dire che il quartiere di Madonna delle Stuoie ospita, a pochi metri dall'area Venturi, un centro sportivo ben attrezzato e con molteplici campi da gioco. Questo potrebbe gravitare intorno al campus scolastico, e arricchirne così il valore. Ecco quindi chiarita la straordinaria funzione di connessione che l'area Venturi potrebbe assumere.

1 OWP/P Cannon Design, Inc.,VS, The Third Teacher: 79 Ways You Can Use Design to Transform Teaching & Learning, Furniture,Bruce Mau Design, Abrams, NY, 2010 185


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11.2 Struttura e organizzazione della scuola Come detto precedentemente, la struttura riqualificata dell'ex acetifcio ospita alcuni indirizzi del polo tecnico-professionale: quelli più legati all'industria e all'uso di macchinari, quindi ITIS e IPSIA. Vista la crescita della popolazione studentesca, e la disponibilità di spazi, il progetto della scuola comprende 3 sezioni per l'ITIS e 2 per l'IPSIA, oltre a laboratori e officine indispensabili per lo svolgimento delle attività scolastiche. Molto importante quindi è il legame fra gli spazi e la didattica; infatti la progettazione dell'edificio si è basata su principi didattico-pedagogici studiati nella prima fase del lavoro. La convinzione di partenza è pensare l'aula non come unico spazio per l’apprendimento, ma come ambiente modulare, polivalente, multimediale, che permetta la realizzazione di una didattica flessibile e diversificata, capace di rispondere ai diversi bisogni di apprendimento degli studenti. Per la progettazione del nuovo edificio sono state seguite una serie di linee guida proposte da vari enti:

fig. 98 Schema funzionale della scuola fig. 99 Sezione prospettica

1. L’Aula Polivalente Multimediale. È necessario superare il concetto attuale di aula, che si basa su una didattica della trasmissione delle conoscenze. Si tratta di pensare quindi a uno spazio aperto e flessibile, potenziato attraverso l’aggregazione modulare, ottenuta con pareti mobili. Parliamo, cioè, di un’aula laboratorio, dove sia possibile costruire ambienti di apprendimento innovativi e adottare metodologie didattiche differenziate, incentrate sulla partecipazione attiva dello studente, sulla lezione frontale/interattiva, e su attività di gruppo o di ricerca individuale.

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2. I laboratori. Fondamentale è il potenziamento e lo sviluppo dei laboratori. Qui infatti lo studente può acquisisce varie competenze operative. In particolare è necessario operare su due fronti: - potenziare i laboratori di base per favorire l’integrazione delle competenze trasversali; - potenziare i laboratori specialistici di produzione, centrali per sviluppare un rapporto di collaborazione sistemica tra scuola, profili professionali, imprese, mercato del lavoro, ricerca e innovazione. 3. Gli Spazi per gli studenti. Nella scuola ci devono essere spazi dedicati che permettano lo scambio e la socializzazione tra gli studenti al di fuori dell’attività di apprendimento. Bisogna partire dall’idea che lo studente è una risorsa portatrice di conoscenze, di emozioni, di relazioni; non solo "una testa da riempire dall’alto". Si tratta di pensare a spazi attrezzati per le relazioni interpersonali, lo studio, il relax e il potenziamento della creatività. 4. Gli Spazi per gli insegnanti. Nel nuovo ambiente di apprendimento lo spazio per gli insegnanti deve essere funzionale, che non sia solo la classica aula dei docenti. È necessario uno spazio che rafforzi l’identità professionale del docente, un luogo per lo studio, per la preparazione del materiale didattico e per l'archiviazione delle prove svolte. Parallelamente l'opportunità di attimi di relax, di confronto con i colleghi, pausa caffè, ecc... 5. Scuole aperte. È importante costruire scuole aperte, che siano un punto di riferimento per il territorio; “civic center” non solo per le attività di apprendimento, ma anche per attività formative, ricreative e culturali da svilupparsi in una struttura aperta l’intera giornata. L’idea è quella di una scuola che faccia sistema, faccia rete e che favorisca i processi di integrazione nel territorio.

fig. 100 Schemi di riutilizzo vasche fig. 101 Sezione fig. 102 Pianta piano terra 188


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11.3 Auditorium e palestra: tra studenti e comunità Sulla scia della teoria delle scuole aperte, e ribadendo il concetto della scuola diffusa, l'interrelazione con il territorio verrà concretizzata da iniziative quali ad esempio: corsi dell'università per adulti, approfondimenti pomeridiani, potenziamento di lingue, partite sportive, conferenze, riunioni e presentazioni di progetti vari. L'auditorium e la palestra hanno infatti un ingresso indipendente, pur rimanendo collegate all'edificio scolastico. Esse rimangono dunque a servizio della comunità durante tutta la giornata, e non solo in orario scolastico. La palestra è comprensiva di spogliatoi, infermeria e depsito attrezzi, è orientata in senso ortogonale rispetto agli altri edifici, perchè mantiene l'impronta degli edifici precedenti. Viene però ricostruita nel sistema portante e nelle coperture, in modo da dare un'altezza adeguata agli spazi (min. 7m). Le dimenisioni sono regolamentari per contenere un campo da pallacanestro. L'auditorium è predisposto per contenere 350 posti a sedere, con idonee uscite di sicurezza e vie di sfollamento. Il palco misura 13m di larghezza e 9m di profondità e mantiene l'altezza dei percorsi rialzati di 1.20m. Dietro le quinte sono presenti i camerini con bagno annesso e una stanza di deposito materiale. Dalla sala a gradinate si accede alla sala prove, posizionata sopra gli spogliatoi, come si può vedere nella sezione sottostante. Non avendo affaccio diretto sull'esterno, sono state pensate per le sale prove delle aperture in copertura, quindi con lucernai, come nell'atrio della scuola. Essi danno dunque aria e luce sufficiente per lo svolgimento delle attività. fig. 103 fig. 104 fig. 105

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Sezione prospettica su auditorium e palestra Sezioni C-C' e D-D' Pianta piano primo


E C

C'

D

D'

E'

Sezione C-C'

Sezione D-D'

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11.4 Dettagli architettonici e materiali Asili nido, scuole primarie e secondarie, scuole superiori, ogni istituto ha le sue particolari esigenze ma tutti hanno in comune alcuni requisiti di fondamentale importanza. Essi devono rispondere a requisiti di sicurezza, pulizia, benessere ed estetica, in modo da rendere divertente, coinvolgente, e dinamico l'ambiente di studio. A questo proposito le pavimentazioni sono state pensate in gomma, materiale resiliente ma naturale, facilmente pulibile con semplici sistemi di manutenzione, e resistente. Inoltre offre caratteristiche di fonoassorbenza e coibenza termica. Per quanto riguarda il funzionamento bioclimatico dell’impianto sono stati pensati alcuni accorgimenti al fine di migliorare le prestazioni energetiche dell’intero edificio. Per il recupero delle acque meteoriche si prevede l’accumulo e il recupero delle stesse per usi compatibili, quali la ricarica delle cassette dei wc e l’irrigazione degli spazi verdi di pertinenza. Il riscaldamento viene fatto radiante a pavimento, il che risulta un’ottima soluzione per poter riscaldare spazi ampi che accolgono un’utenza a cui siamo certamente tenuti a prestare attenzione, i ragazzi. I locali tecnici sono stati previsti nel blocco laterale tra le aule e la palestra, e nella parte retrostante le scale nel nuovo impianto verso la ferrovia. Sono provvisti di un’ingresso/uscita in contatto diretto con l’esterno per motivi di sicurezza.

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fig. 106 Sezione prospettica sull'atrio principale e la zona bar


Per una maggiore riconoscibilità delle aule, sono stati pensati infissi di colore diverso. Le porte quindi riprenderanno i colori dei loghi delle due scuole (arancione per l'ITI e verde per l'IPSIA), mentre i laboratori avranno, come le sale insegnanti, un colore neutro. Le parti rialzate, quindi tutti i camminamenti a quota 1,20 m sono rivestiti in legno, in quanto le gradinate fungono anche da sedute. Tale materiale rende ciò più gradevole e confortevole. Tutto l'edificio, sia internamente, che esternamente viene intonacato per dare continuità ai manufatti recuperati con quelli di nuova costruzione, e per mantenere l'immagine, nelle parti recuperate, dell'ex acetificio. Seguendo questa linea, le coperture vengono pensate in lamiera zincata con doppia aggraffatura andando a creare un unico corpo continuo ondulato. Gli infissi sono aperture di dimensione regolare, i quali mantengono la stessa altezza delle forature precendti, ma raddoppiando di numero. Per aggiungere luce e dare una maggiore apertura alle aule viene pensato un sistema di illuminazione e areazione dalla copertura. In corrispondenza delle nicchie di ingresso delle classi viene così ribassato il soffitto, ponendo un sistema ribassato di infissi. Essi saranno: opalini (i due verticali) e opaco (quello orizzontale). In tal modo viene garantita un'apporto di illuminazione sia all'interno dell'aula, che sul corridoio. In alto gli infissi sono dotati di una griglia automatizzata si che apre e chiude grazie ad un sistema di rilevamento umidità e temperatura.

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Conclusioni

L'area dell'ex Acetificio a Lugo è da anni oggetto di studio per ripensarne l'assetto. A partire dal 1989, anno della sua dismissione, si sono susseguite diverse proposte e intenzioni progettuali di vario tipo, che tuttavia non vengono mai realizzate. Le motivazioni sono le più svariate: dalla mancanza di copertura finanziaria, ai problemi di natura tecnica e amministrativa. Le conseguenze sono un progressivo svuotamento dell'area, non solo per quanto riguarda l'interesse dell'amministrazione, ma anche dal punto di vista demografico e e di servizi. Per più di una decina d'anni l'area rimane così “congelata”. Si susseguono cambi di proprietà, ma sempre senza portare a termine nulla, per mancanza di risorse. Solo nel 2007 la proprietaria Liliana Guidani vende l'acetificio alla società "Lugo Immobiliare" e si ricomincia a pensare alla riorganizzazione dell'area. Questa volta non si tengono in considerazione gli edifici ormai degradati e si propone un progetto completamente nuovo che comprende piazzette, negozi, una scuola, e alcuni appartamenti. Stesso principio per le intenzioni dello studio di fattibilità del 2010 dove alla scuola e al centro commerciale si aggiungono una farmacia e si ripristina la sede della Polizia Municipale. La serie di progetti sia architettonici che urbanistici proposti indicano che l'area ha moltissimo potenziale da offrire, anche se oggi è sottovalutata e non utilizzata. 194


L'area è infatti collocata in una posizione strategica della città: vicino alla ferrovia, anche se al di là della barriera; inoltre, nonostante sia marginale, non è distante dal centro storico. La sua posizione, in definitiva, è ottima per poter beneficiare dei servizi della città e allo stesso tempo costituire essa stessa un servizio per il territorio. La tesi proposta mira a ricucire i due brani di città, partendo dall'area Venturi e sfruttando il tema funzionale. Con la creazione di un unico campus scolastico, il parco del Tondo diventa dunque un'unica struttura connettiva forte, in grado di scavalcare la barriera ferroviaria. In quest'ottica vengono ripensati i collegamenti all'interno del parco e inserito un sovrappasso ciclo-pedonale all'altezza del nuovo complesso scolastico. La netta cesura della ferrovia si traduce così in opportunità che aggrega studenti, docenti, persone che a vario titolo gravitano sulla scuola e gli abitanti dei quartieri limitrofi. Interessante sarebbe proseguire lo studio sulle aree poco distanti in via di dismissione, per poterle rivalorizzare in maniera altrettanto positiva ed efficace, nella speranza che questo spunto di sensibilizzazione trovi terreno fertile negli obiettivi futuri del comune di Lugo.

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Crediti fotografici • • • •

Archivio dell’Ufficio Urbanistico, Lugo (foto storiche) Raffaele Folli (foto aeree) Gianni Guerrini (archeologie industriali) Lorenzo Gaudenzi (centro storico di Lugo)

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Sitografia • Informazioni e statistiche sulla città di Lugo e sulle scuole: http://www.labassaromagna.it http://curba.racine.ra.it http://www.comune.lugo.ra.it http://www.comuni-italiani.it/039/012/ http://www.iispololugo.gov.it http://www.lugoinnova.it/cosae.htm • Leggi e decreti: http://www.indire.it/quandolospazioinsegna/ http://www.gazzettaufficiale.it http://www.scuoleinnovative.it http://www.istruzione.it • Per mappe, spunti progettuali, e altro: http://books.google.it http://naturalia-bau.it http://www.bing.com/maps http://www.google.it/maps

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Ringraziamenti

Ci terrei a ringraziare i Professori che mi hanno seguito in questa tesi, a partire dal Prof. Massarente sempre accurato e attento nelle indicazioni, poi il Prof. Boschi per il sostegno e le critiche costruttive con cui mi ha seguita in questi mesi. Grazie al Prof. Frediani per avermi indirizzato e avviato a questo lavoro di ricerca sul campus scolastico, e grazie a tutti i professori del Laboratorio che in varie misure hanno contribuito a dare spunti o consigli. Grazie alla Prof. Fabbri che mi ha accolta per qualche lezione nel Laboratorio di Restauro, e grazie alla Prof. Maramotti per la sua disponibilità a seguirmi nel tema pedagogico, per la sua sensibilità e grande umanità. Ringrazio i funzionari del comune di Lugo, in particolare quelli dell'ufficio urbanistico per la gentilezza e la disponibilità, l'Arch. Tampieri, l'Ing. Nobile e l'Arch. Luminasi per i preziosi consigli, lo studio di architettura Liverani e Calamelli, per i rilievi degli edifici e il Geom. Zambrini per avermi aperto e mostrato l'area Venturi. Uno speciale ringraziamento va al Sig. Brusi Giuliano e al Sig. Padovani Piero, per la loro frizzante simpatia, per la voglia di raccontarmi il funzionamento dell'azienda in cui lavoravano, e per la passione che mi hanno trasmesso nel seguire le loro storie.

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Grazie ai miei genitori, ai quali dedico questo lavoro di tesi, per avermi sempre sostenuta in qualsiasi mia scelta. Grazie per avermi sempre appoggiata e per avermi insegnato ad affrontare gli ostacoli col giusto spirito. Come dimenticare i brindisi dopo aver passato scienza e tecnica!?! Grazie Raf, per la bella complicità che negli anni siamo riusciti a creare, per le mattine da "coinquilini" in casa nostra e per le sbadilate di cultura cinematografica che mi infondi! Grazie a nonna Pia, perchè da grande voglio diventare come te, sempre carica e scattante in ogni momento! Grazie a nonna Teresa che non ha mai dubitato delle nostre capacità e ci ha sempre spronato a dare il massimo con orgoglio e fiducia nei suoi nipoti. Grazie a tutti i miei zii, zietti, cugini e cuginetti, perchè senza di voi che famiglia sarebbe!?! Grazie agli amici di Ferrara, perchè in questi anni avete reso più leggere le nottate di lavoro e perchè con voi mi sono proprio divertita (nelle feste, nei viaggi, e nel semplice stare assieme). Grazie a casa Ariosto per le meravigiose mangiate e serate varie, grazie a via del Campo, e a tutti i coinquilini di lì passati, grazie al mitico 105 perchè l'ultimo appartamento non si scorda mai! Grazie a Mauro, Dani e Luca, davvero insostituibili. Grazie ai plotter, alle chiavette perdute e alle mille prove di stampa! Grazie ad Alle, Vero, Luca, Marco, Lucio, Andre, Linda, Silvia, Ludo, Vale, e tutti gli architetti con cui ho condiviso risate, delusioni, stanchezza e soddisfazioni. Grazie Fra e grazie Marco, per i viaggi, per le serate, per le sciate, per l'ospitalità, perchè tre soggetti del genere erano per forza destinati a condividere una grande amicizia! E grazie Tim perchè dove o trovi un'erasmus così? Grazie a tutti gli amici di Dresda, per avermi fatto vivere una delle esperienze più belle della mia vita. Grazie agli amici indiani, ai compagni di viaggio e a quei due matti che organizzano e vivacizzano questa avventura! 204


Grazie a quelli del Liceo, compagni di classe e professori, per il bel rapporto che si era creato e che ancora oggi continua ad eserci. Grazie agli amici di casa, sempre fedeli e insostituibili punti di riferimento. Grazie alle mie donne, Vale, Ila e Fra, perchè sgallinare con voi è sempre la cosa più divertente! Grazie a Rowen per le tante chiacchierate, grazie a Kamo perchè non smetterò mai di chiederti consigli, grazie a Giaco, Dom, e tutti i draghi per le presine e i mah jong al circolo! Grazie al Zircul e a tutti quelli della pallavolo per i splendidi "San Michele" e l'adrenalina che trasmettete ad ogni partita! Grazie a tutti i ragazzi della parrocchia, grazie ai preti, Don Marco, don Claudio e don Tiziano per avermi accompagnata in periodi diversi della vita, e per continuare a farlo. Grazie al coro, perchè per quanto possiate farmi arrabbiare, poi mi date sempre delle grandi soddisfazioni, e grazie ai miei ragazzi di seconda, perchè siete una ricarica di energia formidabile ed è una vera gioia essere vostra catechista! Grazie a Nick, che più di tutti ha subito i miei "perdo la testa", perchè con tenacia, pazienza e sensibilità riesci sempre a farmi ragionare. Grazie per tutto quello che mi dai e semplicemente per esserci.

Lascio un ultimo saluto a nonnina, nonno Franco e nonno Palì perchè se ci fossero stati, anche loro mi avrebbero fatto le congratulazioni con gioia e... beh... direi che può bastare. Grazie a tutti!

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