MASTER'S THESIS

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PALERMO - SCUOLA POLITECNICA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA LABORATORIO DI LAUREA: RECUPERO COMPATIBILE DELL’ARCHITETTURA STORICA

PROGETTO DI RECUPERO DELLA MASSERIA CASALOTTO A PIANA DEGLI ALBANESI

RELATORI: PROF. GIOVANNI FATTA PROF.SSA TIZIANA CAMPISI CORRELATORE: PROF. GIUSEPPE GIAMBANCO

ALLIEVA ING.: ELEONORA NASELLI



A mia madre



INDICE

PREMESSA

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1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE 1.1 IL COMUNE DI PIANA DEGLI ALBANESI 1.2 CENNI SULL’ANALISI TIPOLOGICA DELLE MASSERIE IN SICILIA

3 7

2. ANALISI STORICO-COSTRUTTIVA 2.1 NOTIZIE SUL FEUDO CASALOTTO 2.2 IPOTESI EVOLUTIVA DELLA FABBRICA

11 16

3. ANALISI FUNZIONALE 3.1 DESCRIZIONE DELLO STATO ATTUALE 3.1.1 LA RESIDENZA PADRONALE 3.1.2 I FIENILI 3.1.3 I CORPI STALLA 3.1.4 GLI ALTRI CORPI 3.2 IL RILIEVO GEOMETRICO-DIMENSIONALE 3.2.1 PIANTE, SEZIONI E FRONTI ARCHITETTONICHE

20 22 24 26 28 31 31

4. ANALISI COSTRUTTIVA DELLA MASSERIA CASALOTTO 4.1 STRUTTURE DI FONDAZIONE 4.2 STRUTTURE PORTANTI IN ELEVAZIONE 4.3 PARTIZIONI INTERNE: DIVISORI E CONTROSOFFITTI 4.4 STRUTTURE DI COPERTURA 4.5 COLLEGAMENTI VERTICALI 4.6 ARCHI E VOLTE 4.7 APERTURE

43 44 46 47 49 52 55

5. ANALISI DEL QUADRO FESSURATIVO E RELATIVI INTERVENTI 5.1 DESCRIZIONE DEL QUADRO FESSURATIVO 5.2 PROGETTO DEGLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO 5.3 INTERVENTI SULLE MURATURE 5.4 CONFERIMENTO DEL COMPORTAMENTO SCATOLARE

61 67 71 75


6. IL PROGETTO DI RECUPERO E RIFUNZIONALIZZAZIONE 6.1 SCELTA DELLA DESTINAZIONE D’USO 6.2 GREENWAYS: STRUMENTO DI VALORIZZAZIONE TERRITORIALE 6.3 LE IPPOVIE IN ITALIA E SICILIA 6.4 L’IPPOVIA ARBRESHË 6.5 IL COMPLESSO IPPOTURISTICO 6.6 IL PROGETTO ARCHITETTONICO 6.7 GLI IMPIANTI TECNOLOGICI

79 83 84 88 93 96 116

7. APPROFONDIMENTI ARCHITETTONICO-COSTRUTTIVI 7.1 DIMENSIONAMENTO DELLA STRUTTURA DI COPERTURA 7.2 VERIFICA DI STABILITÀ DELL’ARCO A TUTTO SESTO 7.3 PROGETTO DEI TIRANTI PER IL CONSOLIDAMENTO DELL’ARCO

121 140 147

BIBLIOGRAFIA

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PREMESSA Il presente elaborato rappresenta il frutto di uno studio sulla Masseria Casalotto, al fine di analizzarne i caratteri costruttivi e proporne un progetto di recupero compatibile con gli aspetti architettonici e paesaggistici. Si propone per la masseria una rifunzionalizzazione in complesso ippoturistico, con annesso percorso equestre, che possa valorizzare la fabbrica originaria; questa sorge nel territorio di Piana degli Albanesi, paese della Provincia di Palermo, la cui fondazione si fa risalire al XV secolo. Immersa in un ambiente rurale, e precisamente alle falde del monte Kumeta, la Masseria è sita in un'area totalmente incontaminata. Nella prima fase di studio è stata condotta un'attenta ricerca di fonti storiche; a tal fine sono stati consultati diversi archivi, tra i quali l'Archivio di Stato di Palermo e quello Storico Diocesano di Monreale. Tuttavia, non è stato possibile ricostruire con sufficiente precisione la successione di eventi storici che hanno interessato la masseria. Nella seconda fase si è passati ad un approfondito studio dello stato di fatto della masseria (rilievo geometrico-dimensionale e materico-costruttivo dei luoghi), con approfondimenti matericocostruttivi e analisi delle condizioni di degrado; tale fase è risultata particolarmente impegnativa per via dei numerosi dissesti riscontrati e del degrado antropico che ha fortemente compromesso la lettura dell’impianto e dei volumi originari. ************************ 1


La tesi segue il seguente sviluppo logico-espositivo: - nel primo capitolo si procede all’inquadramento territoriale e ambientale in cui si trova la masseria. Viene altresì svolto un breve esame tipologico delle masserie in Sicilia; - il secondo capitolo espone l’analisi storico-costruttiva della fabbrica, con alcuni riferimenti al feudo Casalotto di appartenenza, alle famiglie proprietarie e concessionarie che si sono susseguite nel tempo; - il terzo capitolo, invece, analizza la masseria descrivendone lo stato di fatto e documentando il lavoro di rilievo geometrico-dimensionale e materico-costruttivo dei luoghi; - il quarto capitolo descrive i caratteri costruttivi della fabbrica, passando in rassegna i principali sistemi tecnologici e strutturali, avendo cura di descriverne i materiali costituenti; - il quinto capitolo affronta l’analisi dei dissesti e dei cinematismi in atto, con la relativa proposta di interventi essenziali di riabilitazione strutturale, nel rispetto dei caratteri architettonico-costruttivi del manufatto; -

il sesto capitolo, invece, espone l’ipotesi di recupero e di ri-funzionalizzazione della masseria;

-

il settimo ed ultimo capitolo contiene gli approfondimenti strutturali di una singola porzione della masseria, con la proposta di alcuni interventi di consolidamento e ripristino.

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1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE


1.1 IL COMUNE DI PIANA DEGLI ALBANESI Il comune di Piana degli Albanesi è il centro più importante tra le comunità albanesi in Sicilia. Venne fondato nel XV secolo quando, a seguito dell’invasione della penisola Balcanica da parte dei turchi ottomani, numerosi gruppi di profughi albanesi lasciarono la loro terra cercando rifugio e nuove speranze di vita nelle vicine coste dell’Italia Meridionale. In Sicilia, dunque, ma anche in altre regioni italiane, come la Calabria, vennero fondate diverse comunità. Il comune di Piana degli Albanesi è ancora oggi il più grande insediamento e, con i suoi seimila abitanti circa, può essere considerato una delle maggiori comunità “arbreshe”, dove lingua, cultura e tradizione sono ancora vive e si tramandano di generazione in generazione. Il centro abitato di Piana degli Albanesi è situato a circa 25 km da Palermo, su un altopiano montuoso che termina in una conca in cui giace un grande lago artificiale edificato nel 1921. Il lago oltre che caratterizzare il Paese, apporta un grande contributo anche ai limitrofi paesi siciliani nei periodi di siccità e soprattutto nei mesi estivi1. L’area interessata è nota come Piana dei Greci, denominata così per l’osservanza del rito grecobizantino che ancora oggi viene celebrato. Questa si estende in direzione sud-est ed è circondata da ben quattro maestose montagne (Kumeta, Pizzuta, Maganoce e Xeravulli) quasi a proteggere la piccola comunità e la vita di questa.

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Aa. Vv., 1991, Piana degli Albanesi, Grafiche Renna, Palermo.

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Flora e fauna garantiscono un paesaggio naturalistico unico: sono infatti presenti vari siti naturalistici come la grotta del Garrone e le Neviere che rappresentano una meta di energiche passeggiate ed intense escursioni per gli appassionati del trekking e non solo.

Fig.1.1.1_Paesaggio di Piana degli Albanesi

La nascita di Piana degli Albanesi non può non essere considerata parallelamente all’organizzazione delle campagne. Infatti, quando tra il 1482 e il 1485 numerosi “arbreshe” giunsero in tale territorio allora amministrato dalla Mensa Arcivescovile di Monreale, venne chiesto al cardinale Juan Borgia il diritto di soggiorno sulle terre di pertinenza della città, formata da due 4


grandi feudi: Merco e Dingoli. Tale territorio era allora suddiviso in diverse contrade quali: Argomazit, Xeravulli, Lasi e Casalotto. Da alcuni Riveli del 1616 si evince che per raggiungere la città il sistema di attraversamento e di accessibilità era costituito dalle mulattiere che - tra Palermo e Corleone passavano rispettivamente dai feudi di Merco e di Dingoli.2 A partire dal XVII sec. inizia il processo di urbanizzazione delle campagne che avanza oltrepassando i due feudi con lo sviluppo e l’edificazione di alcuni bagli quali: Maganoce, Duca e Saladino, che costituirono il primo sistema di presenze edilizie di supporto per l’attività agricola. Già nel 1850 tale sistema di bagli risultava essere abbastanza arricchito con la presenza di nuovi insediamenti rurali come Guadalami, Ducco e Casalotto3.

Fig.1.1.2_Mappa n.332 Catasto borbonico Archivio Mortillaro di Villarena, 1837

Fig.1.1.3_Stralcio aerofotogrammetrico del 1849-1852, scala 1:20.000

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Aa. Vv., 1991, Piana degli Albanesi, Grafiche Renna, Palermo. AA. VV., 2003, Norme tecniche di attuazione allegate al P.R.G. del Comune di Piana degli Albanesi.

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La Masseria Casalotto, oggetto di questo studio, è ubicata appena fuori il centro abitato nella parte meridionale del paese. L’accesso è disponibile tramite una strada comunale secondaria che si diparte dalla strada principale la quale collega il Paese alla Diga di Piana degli albanesi.

Fig.1.1.4_Rilievo fotografico con drone della Masseria Casalotto

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1.2 CENNI SULL’ANALISI TIPOLOGICA DELLE MASSERIE IN SICILIA Il termine “masseria” risuona al giorno d’oggi quasi obsoleto. Questi antichi aggregati rurali posti di solito a grande distanza dai centri abitati, comprensivi di podere, casa colonica e servizi, nascevano in passato come depositi alimentari e abitazioni per contadini, massari e baroni4. Il territorio siciliano, per via della vastità delle sue campagne, è particolarmente ricco di masserie. Infatti, vagando per le grandi distese campestri si intravedono strutture rurali che si inseriscono in maniera armoniosa nel paesaggio. Nella maggior parte delle masserie siciliane, pur essendo abbandonate o degradate per la mancata manutenzione, si può scorgere un profilo quasi reale di quella che un tempo era la vita che trascorreva tra pastorizia ed agricoltura; la scelta del sito infatti dipendeva molto dalla vicinanza a terreni fertili, a vigneti e alla presenza di fonti idriche5. Generalmente, le masserie che sorgono sul territorio di Piana degli Albanesi, si sviluppavano perimetralmente ad un ampio cortile nel quale si aprivano le abitazioni, i granai e le stalle; inoltre, in alcune di esse venivano edificate anche piccole cappelle rurali. La casa padronale, sopraelevata, dominava tutta la masseria. Purtroppo solo alcune di queste fabbriche hanno mantenuto uno stato di conservazione soddisfacente, mentre altre hanno subito dei lavori di ristrutturazione che ne hanno totalmente cambiato l’impianto. 4 5

G. Palazzo, G. Valdini, 1997, Bagli e Masserie – Luoghi di Sicilia (KalòS n°5-6/1997), Palermo. M. L. Germanà, 1995, L’architettura rurale tradizionale in Sicilia: conservazione e recupero, Publisicula Editrice.

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Molte di tali masserie, che un tempo erano considerate veri e propri centri di vita agricolo-pastorale, sono oggi in uno stato di semi abbandono. In genere a queste veniva attribuito la denominazione della contrada in cui erano ubicate tra cui ad esempio la Masseria Casalotto, la Masseria Rossella o la Masseria Kaggiotto.6 Spesso oggi il termine “masseria” e il termine “baglio” vengono considerati sinonimi, ma in realtà quest’ultimo rappresenta una tipologia architettonica rurale diversa che fa riferimento ad uno “spazio scoperto cinto da mura”. Infatti la provenienza di questa tipologia architettonica risale al concetto di vallum fortificato romano che costituiva inizialmente il cortile fortificato esterno al castello; successivamente, la corte interna con connotazione essenzialmente difensiva7. Solo dopo il XV secolo, il concetto di baglio inizia a delinearsi come quel complesso edilizio che offre le sue strutture alle attività produttive extraurbane, proteggendole con le sue mura dalle incursioni di banditi o malfattori. Elemento comune alle due tipologie architettoniche è pertanto la corte interna, generalmente di forma quadrangolare e circondata su tutti i lati da edifici. Anche il concetto di masseria ha subito notevoli cambiamenti nel corso del tempo. Partendo infatti dalla massa della Sicilia romana che rappresentava la grande proprietà terriera composta da un aggregato di fondi rustici; il termine si riferiva anche alle numerose massae, patrimonio fondiario della Chiesa, dislocate per tutta l’isola e affidate ad affittuari, fino ad arrivare alla massaria di età sveva che non svolgeva più la funzione di residenza del proprietario e della sua famiglia, ma veniva utilizzata come sede per il personale alle dipendenze di un magister. 6 7

Aa. Vv., 1991, Piana degli Albanesi, Grafiche Renna, Palermo. G. Valussi, 1968, La casa rurale nella Sicilia occidentale, Leo S. OLSCHKI – Editore, Firenze, pag.79.

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Solo nei primi anni del secolo scorso la masseria assunse il ruolo di azienda agricola vera e propria e definendo così un vero e proprio modello architettonico.8 Ad ogni modo, grazie alla loro posizione, queste hanno sempre fatto da guida allo sviluppo delle principali attività, come agricoltura e pastorizia. Si ritiene opportuno qui ricordare che, sulla base di vari fattori, come le modalità costruttive, le forme di occupazione dello spazio e il rapporto ambientalistico con le dimore rurali circostanti, si possono individuare ben quattro possibili tipologie di masserie in Sicilia: - la masseria elementare, tipica dei territori trapanesi. Questa è un tipo di baglio adibito alla produzione di colture legnose, ulivi e viti, con la presenza dunque di appositi locali come frantoi e cantine; - la masseria compatta dei vasti latifondi dell’entroterra siciliano, caratterizzata dalla presenza della corte con gli edifici disposti in maniera perimetrale, tra cui spicca la dimora padronale e attorno alla quale si localizzano le case dei contadini; - la masseria con corte, invece, tipicamente ubicata nella zona meridionale delle Madonie e nella zona del Nisseno, distribuita nei pressi dei centri abitati, in cui giornalmente si recavano i braccianti per espletare le attività lavorative. Questo tipo di masseria rappresentava il centro della produzione e della vita lavorativa in quanto i proprietari terrieri soggiornavano nei palazzi della città e si recavano presso il feudo solo durante il periodo del raccolto9.

O. Milella, 1992, Torri e Masserie nel “giardino mediterraneo”, Gangemi Editore G. Pasciuta, G. Perrone, S. Perrone, M. Turturici, 1994-1999, Bagli e Masserie di Sicilia, Regione Siciliana – Assessorato Agricoltura e Foreste. 8 9

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Infine, vi è un’altra tipologia di masseria, quella a villaggio, costituita da cortile e mura perimetrali e circondata da capanne di paglia, in cui il nucleo principale si distingue subito dalle minuscole costruzioni che vengono realizzate in posizione meno elevata diramandosi sempre di piĂš dal corpo centrale. La decadenza di questo tipo di insediamento, simbolo di una forma di economia e di societĂ ormai obsoleta, fu segnato a partire dagli inizi del XIX sec. dal disgregamento del latifondo. Diverse masserie come la Masseria Casalotto, con l'estinzione o la parcellizzazione dei feudi, persero dunque il loro carattere di polo della vita contadina e pastorale, rimanendo spesso nell'aperta campagna in totale stato di abbandono e decadimento.

Fig.1.2.1-2_Esempi di masserie sicule

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2. ANALISI STORICO-COSTRUTTIVA


2.1 NOTIZIE SUL FEUDO CASALOTTO La Masseria Casalotto, una delle più grandi e imponenti masserie della sua area, si insedia alle falde del monte Kumeta, non troppo lontana dal centro abitato e contemporaneamente in un contesto essenzialmente rurale. La fabbrica prende il nome dal feudo in cui viene ospitata, ossia il feudo Casalotto, costituito sotto l’amministrazione della Mensa Arcivescovile di Monreale. L’origine e la costituzione di quest’ultima si deve interamente al re Guglielmo II il Normanno, fondatore della Abbazia Benedettina, del Duomo e dell’Arcivescovato di Monreale. Proprio Guglielmo II, con brillante modernità, istituì un Fondo Mensa, che non riguardava l’esercizio dei poteri civili, giudiziari ed ecclesiastici dell’Arcivescovo, bensì la sola gestione patrimoniale e finanziaria dei beni immobiliari da lui stesso assegnati, per un totale di settantadue feudi con i corrispettivi diritti angarici riconosciuti e messi in atto dalle leggi dell’epoca. Questi feudi venivano assegnati da Guglielmo II ed erano divisi in camperie, alle quali erano assoggettati. Tali “camperie” erano espressione della giurisdizione che gli Arcivescovi concedevano in un corrispettivo annuo (“in gabella”) ad un campiere o baglivo. Quest’ultimo vigilava il territorio e aveva la facoltà di catturare gli animali che pascolavano abusivamente obbligando i proprietari ad un eventuale indennizzo per danni. Le sei camperie della Sicilia occidentale erano: quella di Monreale che comprendeva quindici feudi; quella di Piana dei Greci con due feudi (Merco e Dingoli); Balletto con ventisette feudi tra cui il feudo di Casalotto di Galletti; Alcamo con tredici feudi; Calatrasi con sei feudi, ed infine Bisacquino con nove feudi.

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I feudi, a loro volta, si dividevano in varie classi: da un lato i feudi nobili, sotto il pieno dominio della chiesa e nella completa amministrazione degli arcivescovi poiché non concessi a nessuno (ad esempio Montagnola, Ficuzza e Fegotto); dall’altro i feudi censionali, cosi detti in quanto concessi dalla chiesa dietro pagamento di un canone pecuniario annuo. Tra questi si ricordano il feudo Ginestra, Renda, Guadalame e appunto il feudo Casalotto di Galletti10.

Fig.2.1.1_Mappa del territorio dell’Arcivescovato di Monreale con individuazione del Feudo Casalotto di Galletti.

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G. Schirò, 1984, Monreale. Territorio, popolo e prelati dai Normanni ad oggi, Edizioni Augustinus, Palermo.

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Le fonti storiche ampliamente analizzate riguardano la sola descrizione del feudo e della relativa gabella che i diversi enfiteuti pagavano all’Arcivescovato. Ciò nonostante, l’unica notizia riguardante un edificio situato all’interno del feudo Casalotto la ricaviamo dalla descrizione dello stesso, fatta da Don Michele del Giudice nel 1702 all’interno della sua opera “Descrizione del real tempio, e monasterio di Santa Maria Nuova, di Morreale”. Da questa si evince anche che il primo contratto di enfiteusi del feudo, fatto dall’Arcivescovato, fu in favore della famiglia Galletti.

Fig.2.1.2_Estratto dell’opera “Descrizione del real tempio, e monasterio di Santa Maria Nuova, di Morreale” di Don Michele del Giudice, 1702.

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I Galletti, famiglia nobile di origine pisana, a causa delle persecuzioni da parte dei Visconti, si trasferì in Sicilia dove venne investita di numerosi feudi. Tra i personaggi che si distinsero nella famiglia Galletti vi è Alessandro Galletti, senatore in Palermo negli anni 1502-3, 1505-6, 1510-11 che ricevette in enfiteusi il feudo Casalotto dall’Arcivescovado di Monreale. Successivamente, come si evince dalla medesima opera del Del Giudice, nel 1574 l’Arcivescovo Luigi De Torres donò il feudo Casalotto ad Alessandro Platamone, barone di Cutò. I Platamone furono un’altra famiglia nobile attiva nel panorama politico del Regno di Trinacria nel XV secolo. Bernardo, milite napoletano, fu il primo Platamone ad arrivare in Sicilia al seguito di Eleonora d'Angiò nel 1302. Tra i membri della famiglia Platamone spicca Gaspare il quale ricoprì la carica di senatore di Palermo negli anni 1705-6, 1714-15 e maestro razionale di cappa corta del Real Patrimonio11. Oggi, a seguito della quotizzazione dei feudi, la proprietà della masseria risulta frazionata tra diverse famiglie locali quali Petta, Cuccia, Riolo, Capaci ed altri. Tali famiglie, durante il secolo scorso, in virtù della Legge 26 maggio 1965, n°590 “Sulle disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice”, avendo diritto di prelazione sui beni confinanti con i loro terreni agricoli, acquistarono 11

Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/mango/pitrù.htm.

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parti della Masseria Casalotto dalle ultime famiglie nobili di cui si hanno notizie certe, ossia i Burgio e i Colonna.

Fig.2.1.3_Estratto dell’atto di enfiteusi del feudo Casalotto a favore di Alessandro Galletti, 1504. Fondo Mensa, busta n.345, Archivio Storico Diocesano di Monreale.

Fig.2.1.4_Estratto del regesto a nome di Alessandro Platamone, relativo all’ex feudo Casalotto di Galletti. Fondo Mensa, busta n.166, Archivio Storico Diocesano di Monreale.

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2.2 IPOTESI EVOLUTIVA DELLA FABBRICA L’analisi materico costruttiva del sito, unitamente alle saltuarie informazioni archivisticobibliografiche, hanno permesso di formulare alcune ipotesi evolutive sulla fabbrica. Lo studio della porzione della masseria in cui si riscontrano numerosi dissesti, unita all’esame dei materiali utilizzati ha portato ad ipotizzare che la costruzione di questa fabbrica sia avvenuta a partire dalla fine del XVIII sec. Successivamente a metà del XIX sec. è stata definita e configurata nella sua forma di masseria a corte, ed infine durante gli anni ’60 dello scorso secolo, sono stati realizzati gli ultimi corpi di fabbrica più piccoli e difformi alle tecniche costruttive storiche, che hanno generato la configurazione attuale del complesso rurale.

Fig.2.2.1_Ipotesi evolutive della fabbrica

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3. ANALISI FUNZIONALE


Nello sviluppare il progetto d’intervento di recupero della masseria Casalotto si è proceduto eliminando le superfetazioni dell’impianto che impedivano la percezione dell’assetto volumetrico originario della masseria. Gli interventi quindi sono stati indirizzati al mantenimento del sistema costruttivo preesistente e dei materiali costitutivi. Al fine di raggiungere il suddetto scopo è stato necessario procedere ad una serie di sopralluoghi volti ad una migliore conoscenza degli spazi della masseria e del relativo impianto. Durante i sopralluoghi si è rivolto un particolare sguardo agli elementi costruttivi e funzionali dei corpi, affinché risaltassero nella realizzazione dell’impianto finale.

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Fig.2.2.2-16_Foto ambientali di stato di fatto della Masseria.

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3.1 DESCRIZIONE DELLO STATO ATTUALE La masseria Casalotto è realizzata con struttura portante in muratura. L’area presenta una pendenza pari all’11% circa. Si tratta di una masseria a corte in cui spicca la residenza padronale costituita da due elevazioni. La casa padronale è attorniata da diversi edifici ad una sola elevazione; la costruzione presenta una conformazione planimetrica rettangolare, che forma al centro una vasta corte interna della stessa forma. Alla corte vi si accede attraverso un fornice segnato dal portale con arco a sesto ribassato in blocchi di pietra, tutt’oggi percorribile. A causa del progressivo frazionamento del latifondo, della tradizionale masseria di origine feudale rimangono più le sue vecchie strutture che le sue funzioni, modificate sulla base delle diverse esigenze di chi oggi ne fa uso. Infatti, data l’inabitabilità della costruzione, gli ambienti che un tempo fungevano da abitazione per gli operai e gli impiegati del feudo sono stati riadattati dai pastori e dai braccianti che ivi giungono quotidianamente dal centro vicino. Sicché, le principali funzioni che distinguono l’interno della masseria oggi sono: cinque fienili, cinque stalle, sei magazzini e un piccolo caseificio; la porzione relativa alla casa padronale si presenta in stato di completo abbandono.

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Attualmente la fabbrica risulta suddivisa in ambienti di dimensioni ridotte che, nel complesso, si presentano in avanzato stato di degrado provocato dalla prolungata mancanza di manutenzione, ascrivibili prevalentemente a danni da umiditĂ e diffusa presenza di vegetazione superiore infestante, che ne hanno colpito la struttura e hanno comportato il crollo di porzioni murarie e di intere coperture.

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3.1.1 LA RESIDENZA PADRONALE Il corpo dell’abitazione padronale è l’unico ad essere costituito da due elevazioni fuori terra. Esso si sviluppa per un’altezza di 7,50 m circa. Vi si accede dalla corte interna per mezzo di un vano porta, realizzato con tavole di legno ed elementi in ferro. Questo immette in un ambiente caratterizzato dalla presenza di un arco e da una copertura composta di due volte a crociera. Quasi in linea con la porta d’ingresso vi è una scala, innestata su una volta rampante e con una copertura a volta a botte. Entrambe sono realizzate con mattoni sottili in fogli a giunti sfalsati e legati con malta. La scala in muratura con finitura della pedata in mattoni sottili di laterizio ha il compito di collegare il primo livello al successivo che è costituito da tre ambienti. Due di questi, i più piccoli, al tempo del loro utilizzo erano adibiti ad uso cucina e camera da letto, mentre il terzo era un soggiorno. Il volume presenta una forma pressoché quadrata, di lato 6 metri circa in pianta. Solo due sono i lati liberi: uno si affaccia sulla corte interna in direzione nord-est, mentre l’altro ha un’esposizione nord-ovest. Le aperture che interessano queste fronti non presentano tipologie affini tra loro se non per l’utilizzo di infissi in legno a due ante con persiane. L’apertura più 22


interessante è sicuramente il balcone che si protende verso la corte, realizzato con un’unica lastra lapidea incastrata nella muratura portante e munito di parapetto a ringhiera. Il solaio di piano - che si presenta in discrete condizioni - è sorretto dalle volte realine di mattoni in foglio sottostanti a cui è stato posto un rinfianco in materiale sciolto, un successivo strato di livellamento e allettamento, e infine una pavimentazione in mattoni sottili di cotto. La copertura a tetto lignea presenta una capriata “palladiana” con catena in ferro, su cui si appoggia l’orditura principale di travi in legno. A questa si appoggiano, a loro volta, un’orditura secondaria di listelli in legno, pianelle in laterizio e un manto di copertura con coppi siciliani.

Fig.3.1.1.1_La residenza padronale a due elevazioni vista dalla corte

Fig.3.1.1.2_Vista dalla seconda elevazione della residenza padronale

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3.1.2 I FIENILI Numerose sono state le modifiche della masseria apportate nel corso del tempo. A dispetto dell’originaria destinazione, la proprietà è oggi variamente divisa tra più proprietari. Per evitare sconfinamenti, sono state prese delle misure atte a dividerne gli ambienti; alcuni degli archi a tutto sesto in conci di arenaria e malta, che prima si attraversavano per passare da un ambiente all’altro, sono stati resi ciechi

tramite

posizionamento

la di

realizzazione

e

tamponamenti

il in

blocchetti di cemento. Gli ambienti così divisi sono stati adibiti a stalle per animali da pascolo e fienili. Riguardo ai fienili, in particolare, la masseria ne presenta cinque; a questi se ne sono aggiunti altri tre in epoca recente, ricavati tramite la realizzazione di due soppalchi presso i rispettivi corpi stalla. I cinque fienili originari presentato una forma rettangolare e in pianta misurano ognuno 8,50x3,50 mt. circa. Ai primi due corpi stalla vi si accede tramite un’apertura che prospetta all’esterno, con infisso e telaio lignei, oggi in pessime condizioni. Il terzo corpo si trova in prossimità dell’ingresso; dalla 24


presenza di una mangiatoia in calcestruzzo al suo interno può ipotizzarsi che, per un certo periodo, questo corpo abbia svolto la funzione di ricovero per animali. Sul lato lungo del vano che si prospetta alla corte interna vi sono due porte. Sul lato corto che si prospetta all’esterno si trova invece un vano finestra di dimensioni piuttosto ridotte. Al quarto corpo si accede, invece, tramite due aperture: una lignea e una in ferro, poste rispettivamente una sul lato corto che si prospetta all’interno della corte, l’altra sul lato corto che si prospetta all’esterno. Il quinto ed ultimo corpo adibito a fienile risulta superfetazione: esso presenta struttura intelaiata in calcestruzzo armato. La copertura dei fienili è un ulteriore elemento di distinzione tra questi. I primi quattro corpi, così come i corpi stalla, presentano una copertura a due falde, oggi in discrete condizioni. Questa è composta da una principale orditura in travi lignee, una seconda orditura in travetti lignei e un manto di copertura in coppi siciliani. La copertura dell’ultimo corpo, invece, è stata realizzata con una falda in latero-cemento la cui realizzazione risale alla seconda metà del XX secolo.

Fig.3.1.2.1_Vista interna di un fienile

Fig.3.1.2.2_Vista interna di un soppalco utilizzato per il deposito di fieno e mangimi per animali 25


3.1.3 I CORPI STALLA Così come i fienili, anche i corpi stalla della masseria

sono

cinque,

facilmente

individuabili dalla presenza di mangiatoie in muratura e canali di scolo. Presentano forma

planimetrica

forma

rettangolare

piuttosto allungata, ciascuno di dimensioni 8,50x3,50mt circa. All’interno di questi ambienti vi sono una serie di archi a tutto sesto, realizzati in conci di pietra arenaria e malta che li dividono. L’arco in muratura dei primi due corpi è aperto. All’interno di questi si individuano una porta e una finestra marcate da cornici lapidee, con infissi e telai lignei in pessime condizioni, che prospettano all’interno della corte. L’arco all’interno del terzo corpo, è stato chiuso con una partizione interna verticale in blocchetti di cemento, dividendo l’ambiente da quello limitrofo. All’interno di questo terzo corpo si trova un soppalco ligneo di precaria stabilità, destinato al deposito di fieno e mangimi per gli animali. Anche il quarto e il quinto corpo sono caratterizzati dall’inserimento recente di un solaio con travi in acciaio, tavelle e massetto in calcestruzzo, finalizzato al deposito di fieno e mangimi per gli animali.

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Il quinto corpo stalla è raggiungibile attraverso un’apertura a tutta altezza, con arco ribassato di scarico in conci lapidei sbozzati, ricavata dalla muratura portante. Infine, tutti i corpi sopra descritti, presentano una copertura a due falde, oggi in discrete condizioni, composta da una principale orditura in travi lignee, una seconda orditura in travetti lignei e un manto di copertura in coppi siciliani.

Fig.3.1.3.1_Vista di due corpi stalla dalla corte interna

Fig.3.1.3.2_Vista interna di un corpo stalla

Fig.3.1.3.3_Vista di alcuni corpi stalla e di un fienile dall’esterno

Fig.3.1.3.4_Vista interna di una stalla con partizione interna verticale ed orizzontale

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3.1.4 GLI ALTRI CORPI Tra gli altri corpi che fanno parte della masseria vi sono quattro depositi,

due

magazzini

e

un

caseificio. Il primo corpo adibito a deposito si trova in prossimità dell’ingresso, opposto al terzo corpo adibito a fienile. Ha una forma pressoché rettangolare, di dimensioni 7x3 metri circa in pianta, cui si accede attraverso una porta in ferro che prospetta all’esterno. La copertura di questo ambiente in origine presentava una falda con inclinazione uguale al corpo speculare. Successivamente la copertura ha subito una variazione di inclinazione, opposta a quella originaria, tramite la disposizione di una prima orditura lignea, su cui si appoggia una seconda orditura in tavolato e un manto di copertura in coppi. Il secondo corpo adibito a deposito presenta una forma rettangolare piuttosto allungata, di dimensioni 15x4 m circa in pianta. Le pessime condizioni in cui si trova la copertura a una falda e la presenza di un’invasiva vegetazione non ne hanno permesso l’accessibilità, ma è possibile individuare la presenza di due capriate lignee, ormai crollate, su cui si appoggiavano due orditure lignee e un manto di copertura in coppi. 28


Gli ultimi due corpi adibiti a deposito sono caratterizzati da copertura a falde composta da un’orditura principale lignea, una seconda orditura in travetti lignei e un manto di copertura in coppi, si differenzia per la presenza di una sola falda nel primo vano e di due falde nel secondo. Il complesso consta altresì di due magazzini: questi presentano una forma pressoché rettangolare, rispettivamente di dimensioni 6,00x3,00 m circa e 6,00x4,00 m circa in pianta. Il secondo magazzino è stato ricavato dalla realizzazione di una partizione interna verticale in pannelli in cartongesso che divide questo vano dal corpo adibito a caseificio. Cosi come nel primo magazzino, l’apertura da cui vi si accede è una porta a doppia anta in ferro. Le coperture di entrambi i magazzini si compongono di un’orditura principale lignea, un’orditura secondaria in tavolato e un manto di copertura in coppi. Infine vi è il caseificio. Questo ha una forma rettangolare e dimensioni 7,80x4,60 metri circa in pianta. All’interno del corpo si trovano un arco in muratura cieco e due aperture: una porta di accesso in ferro a due ante e una finestra con telaio, infissi lignei e inferriata in tondini.

Fig.3.1.4.1_Vista esterna di un deposito inaccessibile a causa del crollo della copertura e di un’invasiva vegetazione

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Fig.3.1.4.2_ Vista interna di un deposito

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Fig.3.1.4.3_ Vista di due magazzini dall’esterno


3.2 IL RILIEVO GEOMETRICO-DIMENSIONALE Il rilievo geometrico-dimensionale ha permesso la restituzione della geometria sia dei singoli corpi che costituiscono il manufatto che dei suoi singoli elementi costruttivi. Durante il sopralluogo sono stati realizzati diversi schizzi di campagna della fabbrica su cui sono state annotate le misurazioni prese in situ. Tali misurazioni sono state ottenute grazie a strumenti tradizionali, quali il metro rigido e la rotella metrica, e a strumenti avanzati, quali il distanziometro laser e la livella laser. Terminata la fase delle misurazioni, è stato possibile riportare al computer i dati acquisiti, con un software di tipo CAD. Sono stati così realizzati gli elaborati caratteristici di un rilievo come piante, sezioni e fronti architettoniche. In particolare, per l’esecuzione delle fronti si è fatto uso del raddrizzamento fotografico attraverso il software Adobe Photoshop. Una volta acquisiti i vari scatti fotografici, si è proceduto al foto-raddrizzamento delle immagini, dal quale si sono ottenuti diversi fotopiani. Infine si è proceduto con l’unione di questi, in modo da ottenere un mosaico. Così facendo si sono generate singole immagini, somma di fotografie che sono diventate proiezioni ortogonali ad una determinata scala e quindi misurabili. 3.2.1 PIANTE, SEZIONI E FRONTI ARCHITETTONICHE Di seguito si riportano gli elaborati grafici riguardanti le piante le sezioni e le fronti architettoniche del rilievo della masseria Casalotto.

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Fig.3.2.1.1-24_ Pianta prospetti e sezioni di rilievo 42



4. ANALISI COSTRUTTIVA DELLA MASSERIA CASALOTTO


Sono stati individuati e rilevati gli elementi tecnici, e laddove non è stato possibile rilevarli, si è cercato di integrare le conoscenze con lo studio delle tecniche costruttive della tradizione locale e con l’analisi delle tipologie costruttive affini. In particolare sono stati analizzati: - Strutture verticali portanti: di fondazione e in elevazione; - Strutture orizzontali: solai di piano e di copertura; - Collegamenti verticali: scala interna; - Strutture spingenti: archi e volte; - Aperture, cornicioni, balconi, intonaci ed infissi, pavimentazioni interne ed esterne.

4.1 STRUTTURE DI FONDAZIONE Sulle fondazioni della masseria non si è potuto pervenire ad informazioni o testimonianze ben precise sicché è stato necessario procede per ipotesi. Sulle basi delle metodologie e della trattatistica storica di strutture simili all’oggetto di studio si è dedotto che il complesso sia costruito su fondazioni dirette e continue, realizzate prolungando le armature superiori al di sotto del piano di campagna con filari di conci lapidei aventi la stessa disposizione che caratterizza la muratura in elevazione.

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Fig.4.1.1_Ipotesi di fondazioni della fabbrica.

4.2 STRUTTURE PORTANTI IN ELEVAZIONE La testimonianza del fatto che la masseria abbia subito diverse fasi evolutive nel corso del tempo è data dalla presenza di differenti tessiture murarie. Gli apparecchi murari dei corpi della masseria risalenti alle prime due fasi presentano una disposizione ordinata di pietrame informe di varia pezzatura. In particolare, si trovano bozze di pietra calcarea di colore grigio e bozze di pietra arenaria di vario colore (giallo, rosso, bruno), estratte da cave. Alcune di queste bozze sono state grossolanamente squadrate affinché fosse possibile un miglior combaciamento delle facce. Questa tecnica è solitamente finalizzata ad eliminare l’uso delle scaglie di pietrame e adoperare la giusta quantità di malta di allettamento che avvolga ogni singolo

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pezzo e colmi gli interstizi.12 La malta, di spessore 5-8 mm circa, oggi risulta particolarmente degradata e, solo in alcuni casi, rifinita con uno strato superficiale a base di calce. La malta decoesa, contemporaneamente ad alcuni problemi a livello strutturale, ha comportato il crollo di una porzione di muratura di un corpo risalente alla prima fase di costruzione della fabbrica. In corrispondenza dei cantonali e degli stipiti delle aperture sono stati utilizzati conci squadrati e ben ingranati, di grandi e medie dimensioni.

Fig.4.2.1_Apparecchiatura muraria di pietrame informe lungo filari orizzontali in pietra calcarea e arenaria

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L. Caleca, 1978, Architettura Tecnica, Cartografica M. Giordano, Palermo, pag. 110.

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4.3 PARTIZIONI INTERNE: DIVISORI E CONTROSOFFITTI Per definizione le partizioni interne, aventi funzione limite dei volumi dei vari ambienti, non portano ulteriori carichi a parte il peso proprio e sono sorrette da ulteriori strutture atte a sostenerle. Tra queste si differenziano le partizioni interne verticali e le partizioni interne orizzontali. Nella masseria, in particolare, del primo gruppo fa parte la divisione realizzata in blocchi di cemento alleggerito e malta che chiudono i diversi archi in muratura presenti nella masseria, frazionandone gli ambienti. Sempre del primo gruppo fa parte la divisione realizzata in mattoni pieni che si trova al secondo piano della casa padronale.

Fig.4.3.1_Partizione interna verticale in blocchi di cemento

Fig.4.3.2_Partizione interna verticale in mattoni

La seconda elevazione dell’abitazione padronale presenta un controsoffitto realizzato con travi in acciaio e tavelloni, presenti negli ambienti cucina e camera da letto. Nelle stalle, si riscontrano infine sistemi di controsoffittatura realizzati con travi lignee e presumibilmente tavole leggere o incantucciato. 46


Fig.4.3.1_Partizione interna verticale in blocchi di cemento

Fig.4.3.2_Partizione interna verticale in mattoni di laterizio

4.4 STRUTTURE DI COPERTURA Le coperture presenti nella masseria sono del tipo a singola o a doppia falda. Elemento comune delle strutture portanti di queste coperture è l’orditura principale, che sulla base della sua disposizione si definisce “orditura alla piemontese”. In questo caso, le travi lignee, di diametro 1520 cm, si dispongono parallelamente alla linea di colmo e in alcuni vani si appoggiano su capriate di cui, come visto nell’analisi funzionale, solo una è ancora integra.

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Fig.4.4.1_Capriata Palladiana

Fig.4.4.2_Dettaglio 1 della capriata

Fig.4.4.3_ Dettaglio 2 della capriata

In base alle orditure successive è possibile individuare varie tipologie di copertura: -

con orditura secondaria in listelli lignei di sezione 5x3 cm circa, su cui si appoggiano pianelle in laterizio e a sua volta il manto di copertura in coppi di laterizio;

-

con orditura secondaria in listelli lignei di sezione 5x3 cm circa, su cui si appoggia direttamente il manto di copertura in coppi di laterizio;

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-

con orditura secondaria in tavolato con spessore 2,5 cm, su cui si appoggia direttamente il manto di copertura in coppi di laterizio.

Nel fienile situato all’interno della corte si trova un’ultima tipologia di copertura; si tratta di una copertura ad una falda composta di travetti in calcestruzzo armato di 9/12 cm, pignatte in laterizio 40x16x25 cm, rete elettrosaldata di diametro 0,8 cm, cappa in calcestruzzo di spessore 4 cm e manto di copertura in coppi di laterizio.

Fig.4.4.4_Foto e restituzione grafica della copertura di un fienile

Fig.4.4.5_Foto e restituzione grafica della copertura di un magazzino

Fig.4.4.6_Foto e restituzione grafica della copertura del fienile situato all’interno della corte

4.5 COLLEGAMENTI VERTICALI L’unico collegamento verticale si trova nella residenza padronale. Una scala interna in muratura di pezzame, larga 110 cm, con finitura della pedata in mattoni sottili di laterizio di forma quadrata, costituisce il solo accesso al piano sopraelevato. A copertura della rampa vi è una volta a botte

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“realina”, realizzata con mattoni in foglio disposti a giunti sfalsati e legati con malta, presumibilmente di gesso. La scala è impostata su una volta rampante di mattoni in foglio, su cui è stato applicato uno strato di finitura di intonaco.

Figura 4.5.2_Arco rampante su cui si imposta la scala

Fig.4.5.1_La scala interna che porta al piano superiore della residenza padronale

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Figura 4.5.3_Particolare dei gradini della scala interna


Figura 4.5.4_Restituzione grafica della scala interna

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4.6 ARCHI E VOLTE Sovente si trova nei corpi adibiti a stalla, fienile e magazzino una particolare tipologia di arco in muratura. Innestati nella muratura portante, questi archi sono composti da conci di pietra arenaria e malta fino al piano di imposta; mentre i piedritti sono realizzati con conci di arenaria compatta, sommariamente squadrati, con una sezione alla base maggiore rispetto al piano di imposta e infine intonacati. Lo stato di conservazione degli archi non è ottimale, anzi, su di essi è possibile riscontrare numerose lesioni.

Figura 4.6.1_Restituzione grafica arco in muratura 52


All’interno della masseria vi sono inoltre due volte a crociera. Queste costituiscono il calpestio degli ambienti posti al secondo livello. Le volte sono state realizzate con mattoni in foglio e malta, rinfianco in materiale debolmente coeso, sopra cui è stato inserita una pavimentazione di mattonelle in cotto.

Figura 4.6.2 Restituzione grafica volta a crociera

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Figura 4.6.3_Tipologia di arco in muratura ricorrente nella masseria

Figura 4.6.4_Piedritto di arco in muratura

Figura 4.6.5 Volta a crociera degli ambienti del primo livello della residenza padronale

Figura 4.6.6 Particolare della volta a crociera realizzata con mattoni in foglio e malta

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4.7 APERTURE Le aperture che caratterizzano la masseria si distinguono in base alle dimensioni, alle geometrie e agli apparecchi decorativi presenti. Si sono volute riportare quelle di maggiore interesse, di cui sono state realizzate una sezione orizzontale, una verticale e una vista frontale. Ăˆ possibile notare come, quasi sempre, si riscontra un arco di scarico lapideo e un architrave ligneo. Altro carattere comune è dato dalla presenza delle inferriate nei vani finestra, di diversa tipologia. Di seguito sono riportate le principali tipologie analizzate. Tipologia di apertura: F1

Ubicazione: prospetto Nord-Est. Descrizione: apertura vano finestra quadrangolare, con cornice lapidea in conci di arenaria, sommariamente squadrati e a vista. Architrave in legno ormai degradato, visibile dall’interno.

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Tipologia di apertura: F2

Ubicazione: corte Nord-Est, balcone seconda elevazione dell’abitazione residenziale Descrizione: balcone con ringhiera in ferro semplice e lastra di pietra innestata nella muratura.

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Tipologia di apertura: P1

Ubicazione: fronte Nord-Est, arco d’ingresso. Descrizione: apertura vano d’ingresso ad arco ribassato in conci di pietra calcarea fino al piano d’imposta. I piedritti sono realizzati con conci di pietra calcarea, sommariamente squadrati, di dimensioni maggiori. Presenta un architrave in legno visibile solo dall’interno e lunetta sopraluce in ferro.

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Tipologia di apertura: P2

Ubicazione: corte Sud-Est, ingresso corpo stalla. Descrizione: apertura vano porta priva di cornice lapidea in conci, con volta a botte ribassata a copertura del pianerottolo. Arco di scarico in conci lapidei sbozzati e infisso ligneo ad un’anta e sopraluce in ferro con motivi decorativi.

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Tipologia di apertura: P3

Ubicazione: corte Sud-Est, ingresso corpo adibito a fienile. Descrizione: apertura vano porta con stipiti monolitici squadrati e a vista. Presenta un arco ribassato di scarico in conci lapidei sbozzati che genera una volta a botte a copertura del pianerottolo. Porta d’ingresso lignea ad un’anta con tavole chiodate ai montanti. Sopraluce con grata in ferro costituita da barre disposte in asse e chiodate tra di loro.

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Tipologia di apertura: P4

Ubicazione: corte Nord-ovest, ingresso corpo stalla. Descrizione: apertura vano porta con cornice lapidea in conci di pietra calcarea, sommariamente squadrati e a vista. Porta di ingresso lignea ad un’anta con tavole chiodate ai montanti. Architrave ligneo visibile dall’interno.

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5. ANALISI DEL QUADRO FESSURATIVO E RELATIVI INTERVENTI


5.1 DESCRIZIONE DEL QUADRO FESSURATIVO La complessa analisi fin qui condotta e descritta del complesso rurale della masseria Casalotto, ha reso necessario approfondimenti di tipo strutturale volti a riconoscere le cause degli evidenti dissesti al fine di individuare una serie di interventi filologicamente corretti, come richiesto dalle esigenze di conservazione dell’edilizia storica. Tale studio è risultato piuttosto complesso e delicato, a causa di diversi fattori. Da un lato, vi è stata la difficoltà nel caratterizzare opportunamente i materiali costituenti le murature, le quali presentano i maggiori dissesti; dall’altro, vi sono stati problemi relativi all’individuazione di un opportuno schema statico su una fabbrica che si è configurata nello stato attuale, tramite l’avvicendarsi di diversi momenti storici e quindi attraverso l’impiego di materiali differenti e con tecniche costruttive appartenenti ai diversi periodi. Come già anticipato, l’elemento strutturale che presenta le più evidenti forme di dissesto sono le apparecchiature murarie. Queste presentano un quadro fessurativo che merita di essere analizzato e correttamente interpretato. Le lesioni che usualmente si manifestano negli edifici possono essere riassunte nelle seguenti famiglie: -

strutturali da esercizio;

-

strutturali da crisi (formazione di cerniere plastiche, degrado progressivo da strutture iperstatiche ad isostatiche);

da ritiro o da viscosità; 61


-

da movimento per dilatazioni non consentite causa assenza di giunti;

-

da assorbimento differenziato di umiditĂ ;

-

per cedimenti della fondazione;

-

per vibrazioni, terremoto;

-

per espansione di parti interne (corrosione di barre, tubi non ben isolati);

-

dovute a specifiche del luogo (condizioni climatiche, incendi, etc.)

I criteri di valutazione ed interpretazione del quadro fessurativo, per pervenire a una diagnosi corretta, sono principalmente due, ovvero: -

individuazione dello stato tensionale agente sulle membrature murarie;

-

conoscenza delle tensioni caratteristiche che identificano i corrispondenti dissesti.

Sulle costruzioni in muratura, intervenire mediante il rilievo diretto dei dissesti e quindi il rilievo del quadro fessurativo, permette di definire la forma dei meccanismi in atto, che non può che avvenire mediante calcoli di previsione. In questo caso si è proceduto attraverso il rilievo diretto delle lesioni, descrivendone la topografia, le dimensioni e la profondità . Successivamente le lesioni sono state classificate e distinte in funzione dei seguenti parametri fondamentali: -

direzione orizzontale A tal proposito le lesioni sono state individuate nelle piante geometriche della masseria evidenziandone la direzione di avanzamento;

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direzione verticale


Attraverso dei foto-inserimenti all’interno delle sezioni geometriche della masseria, le lesioni sono state classificate in base alla loro propagazione ascendente o discendente; -

profondità Questo parametro ci ha permesso di individuare le lesioni che attraversano l’intera sezione muraria classificate come lesioni passanti e non passanti.

-

dimensioni Ultimo, parametro di classificazione è stato il dimensionamento delle lesioni, distinguendone a tal proposito tre tipologie ovvero quelle con ampiezza inferiore ad 1 mm (colore verde), definita anche fessura capillare, quelle con ampiezza compresa tra 1 mm e 5 mm (colore blu) ed infine le più interessanti quelle con ampiezza maggiore di 5 mm (colore rosso) le quali presentano contestualmente una non planarità dei lembi.

A seguito di questa prima fase di rilievo, si è proceduto attraverso una lettura del quadro fessurativo ed alla determinazione dei possibili cinematismi in atto. Da questa lettura si è palesemente evidenziata un differente grado di equilibrio della muratura tra i diversi corpi di fabbrica costituenti la masseria. Come si evince anche dal precedente quadro materico e graficizzazione muraria (Tav.6a) vi è una notevole differenza tra il corpo posto sul lato sud-est dell’insediamento ed il simmetrico corpo situato sul lato nord-ovest. Tale differenza, probabilmente, sta alla base di un altrettanto differente staticità dei manufatti. Infatti le conseguenze vengono evidenziate dal quadro fessurativo che caratterizza i due corpi di fabbrica (Tav.7b).

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Di seguito viene mostrato parte dell’analisi effettuata all’interno del corpo sud-est della masseria che risulta maggiormente interessato da fenomeni di dissesto e sul quale si concentreranno i successivi interventi di consolidamento.

Figg. 5.1.1-2. Planimetria e pianta delle copertura del complesso rurale con individuazione del corpo oggetto di analisi.

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Fig. 5.1.3_Pianta del piano terra del corpo sud-est della masseria con individuazione delle lesioni e della loro direzione orizzontale.

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Fig. 5.1.4_Sezioni geometriche della Masseria con foto-inserimenti e classificazione delle lesioni.

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5.2 PROGETTO DEGLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO Il valore del costruito storico che caratterizza la Sicilia, e in generale l’Italia, porta a considerare sempre di più la tutela e la conservazione dell’opera originale all’interno del percorso progettuale degli interventi che mirano a garantirne la sicurezza. Tale valore non si individua solo nel caso di edifici monumentali, ma anche in tutti quegli esempi di edilizia che assumono prestigio in quanto testimonianza forte della civiltà, come i centri storici medioevali o l’edilizia tradizionale rurale. Tra questi ricade anche l’oggetto del presente studio in cui, una volta effettuata l’analisi conoscitiva dello stato di fatto, tenuto conto del quadro fessurativo e del quadro materico delle murature, si è effettuata un’analisi dei vari possibili meccanismi di collasso in atto di seguito riportati.

Fig. 5.2.1_ Meccanismo di ribaltamento della parete nord e della parete ovest

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Fig. 5.2.2_ Meccanismo di ribaltamento della parete nord e della parete est

Fig. 5.2.2-3_ Schematizzazione del meccanismo di ribaltamento delle pareti di cui sopra.

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Questo ha permesso l’individuazione di eventuali carenze localizzate, ed un dimensionamento puntuale degli interventi di consolidamento, giustificando e rivalutando anche soluzioni leggere o tradizionali quali catene, cordoli in legno o muratura, staffe di ancoraggio, strutture lignee di controventamento verticali e orizzontali, etc. A tal proposito è importante progettare presidii congrui con il tipo di struttura su cui si interviene in modo da mantenere inalterate le caratteristiche tecnico-strutturali originarie dell’edificio. In particolare è bene sottolineare i pericoli che si possono verificare con l’introduzione di elementi strutturali particolarmente rigidi o in grado di creare concentrazioni di tensione (iniezioni armate, elementi rigidi in acciaio e in calcestruzzo come i cordoli perimetrali alle coperture, etc.) inseriti in strutture murarie dotate comunque di una discreta duttilità. In questi casi, infatti, le tensioni si concentrano nelle zone di contatto tra gli elementi di diversa rigidezza e si possono avere rotture localizzate in corrispondenza degli interventi di consolidamento effettuati. Si è ritenuto quindi necessario consolidare nel rispetto della conservazione, ovvero seguendo quei criteri che ormai rappresentano le linee guida nella pratica del restauro: -

Tendenza al minimo intervento

-

Ricerca della compatibilità (meccanico-strutturale, fisico-chimica e costruttiva)

-

Reversibilità

-

Rispetto dell’autenticità

-

Controllo dell’impatto visivo

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Trattandosi di una fabbrica storica in muratura, oltre a realizzare la progettazione degli interventi volti alla conservazione del manufatto, si è tenuto conto della sua messa in sicurezza. Il compromesso che rende possibile la combinazione tra sicurezza e conservazione si può ottenere percorrendo la via dell’intervento di miglioramento sismico, individuando “cosa conservare e da qui far scaturire il come conservare con sicurezza.”13 Oggi le nuove norme tecniche (DM 14 gennaio 2008 e la relativa Circolare 2 febbraio 2009 n.617) propongono ancora questo approccio suddividendo gli interventi in tre differenti categorie: l’adeguamento (interventi finalizzati a conseguire livelli di sicurezza previsti per i nuovi edifici), il miglioramento (interventi finalizzati ad aumentare la sicurezza della struttura esistente) e le riparazioni locali (interventi che migliorano le condizioni di sicurezza preesistenti). Indipendentemente da tali normative, gli interventi proposti per il recupero della masseria Casalotto sono innanzitutto finalizzati alla limitazione o riduzione significativa delle gravi carenze, legate ad errori di progetto e di esecuzione, al degrado, a danni, a trasformazioni, e ad altri fattori. Successivamente, si prevede un possibile rafforzamento della struttura esistente.

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A. Giuffrè, 1999, Sicurezza e conservazione dei centri storici, “Il caso di Ortigia”, Edizione Laterza, Siracusa.

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5.3 INTERVENTI SULLE MURATURE Per quanto riguarda le murature “l’intervento deve mirare a far recuperare alla parete una resistenza sostanzialmente uniforme e una continuità nella rigidezza, anche realizzando gli opportuni ammorsamenti qualora mancanti”.14 Si è valutato la rispondenza degli apparecchi murari riscontrati in loco alla cosiddetta “regola d’arte”. Una cattiva qualità muraria infatti ne accelera il rischio di ribaltamento, favorisce la disgregazione del muro e impedisce la conservazione della stabilità a causa del fenomeno della fessurazione. Pertanto, laddove la muratura della fabbrica in esame è risultata essere ben lontana dalle regole del buon costruire, e di conseguenza non più capace di esprimere un efficace grado di portanza ed efficienza strutturale, sono stati considerati interventi atti a fornirle tale comportamento. In particolare si è ritenuto necessario intervenire nei seguenti modi: -

risanamento superficiale di murature ben connesse nello spessore murario. Muri ben strutturati ma poveri di malta sulle facce esterne, possono essere risanati scarnendo gli interstizi tra le pietre e quindi sigillando accuratamente le connessioni con malta di calce idraulica e sabbia (o con coccio pesto), inzeppando bene le commessure di grosso spessore con zeppe lapidee, ricoprendo poi il tutto con intonaco.

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A. Giuffrè, 1999, Sicurezza e conservazione dei centri storici, “Il caso di Ortigia”, Edizione Laterza, Siracusa.

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L’obiettivo di tale trattamento consiste nel ripristinare il contatto tra le pietre sulle facce esterne, dove si concentra lo sforzo in caso di tendenza al ribaltamento. Quindi è necessario usare una buona malta posta in opera con cura e ben costipata; -

consolidamento di murature che presentano assenza di nuclei e comenti di malta, sia sul paramento che ancor più nello spessore murario. In alcuni tratti il muro è costituito da un buon assortimento di pietre ben ammorsate, ma la malta che ne garantiva il contatto risulta particolarmente degradata.

Fig. 5.3.1-2_Muratura con malta decoesa del fabbricato in esame.

In tali condizioni la muratura presenta al suo interno notevoli cavità che è opportuno colmare con iniezioni di malta idraulica a base di calce, iniettata a bassa pressione; le facce esterne devono essere preventivamente scarnite e le commessure sigillate con malta di calce per 72


evitare la fuoriuscita della malta di iniezione. Le iniezioni di malta dovranno essere eseguite a interassi pari all’incirca allo spessore del muro, perforando la parete per circa l’80% dello spessore e, dopo lavatura con acqua, iniettando la malta con un tubicino a partire dal fondo del foro.

Fig. 5.3.3_Fasi operative dell’intervento di iniezione di malta.

L’efficacia di tali iniezioni, tuttavia, non è sempre risolutiva. Per tale ragione l’intervento precedentemente descritto dovrà essere accompagnato da un intervento di consolidamento puntuale al fine di evitare altre occasioni di crolli di porzioni di muratura. In particolare verrà previsto l’introduzione di elementi trasversali ovvero conci diatoni (nel caso di crolli e ricostruzioni) o ancora diatoni artificiali.

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Fasi operative: Fase 1: Esecuzione dei fori sulla parete tramite strumenti a carotaggio continuo. Pulire i fori con aria compressa per asportare polveri e detriti residui.

Fig. 5.3.4_Rappresentazione dei diatoni artificiali

Fase 2: Realizzazione dei diatoni mediante iniezione all’interno dei fori di malte fluide a base di silicati, previa chiusura di una estremità del foro per evitare il disperdersi della malta.

Per quanto riguarda le porzioni di muratura crollate ne è stata prevista la ricostruzione. Tale operazione sarà eseguita riutilizzando sulla parte esterna e fino alla metà dello spessore del muro - lo stesso materiale presente in sito. Nella restante metà verrà realizzata una nuova muratura di mattoni legata con malta di calce idraulica, ben ammorsata trasversalmente e accuratamente accostata alle murature limitrofe (scuci-cuci, solo per murature da intonacare). Anche in questo caso verranno realizzati diatoni artificiali per conferire maggiore solidità.

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Fig. 5.3.5_Intervento di ripristino di muratura crollata a mezzo di intervento di scuci-cuci

5.4 CONFERIMENTO DEL COMPORTAMENTO SCATOLARE Per un buon funzionamento di una struttura in muratura è fondamentale studiarne il comportamento scatolare. Tale comportamento si può ottenere irrigidendo adeguatamente gli orizzontamenti della fabbrica. Così facendo è possibile ridistribuire, in funzione della rigidezza delle pareti, le azioni orizzontali su di esse, conferendo alla struttura resistente un comportamento al sisma più omogeneo possibile. L’irrigidimento degli orizzontamenti deve essere inoltre collegato alle pareti murarie affinché la struttura non continui a deformarsi. Così facendo le pareti risultano tutte collegate, impedendo quel pericoloso moto fuori piano che può causare la perdita della struttura. Per ottenere tale comportamento, sulla sommità delle pareti della masseria verrà

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realizzato un cordolo strutturale in muratura armata denominato “cordolo alla Giuffrè” costituito da mattoni pieni del formato di 5,5x12x25 cm.

Fig. 5.4.1_Miglioramento prodotto dal cordolo in muratura armata. In questo modo la copertura si modella aderendo alla nuova configurazione della parete ruotata per effetto del cinematismo strutturale.

La soluzione tecnica proposta consiste nella realizzazione di quattro filari di mattoni disposti in modo da incorporare una gabbia metallica costituita da armature longitudinali e staffe, disposte con un passo di 1,5 teste di mattone, tale da consentire l’ingranamento trasversale e longitudinale dei laterizi in modo piuttosto agevole. Il cordolo di sommità in muratura armata, così realizzato, garantisce un’interazione ottimale con la muratura di supporto e soprattutto una deformabilità verticale che gli consente di scaricare i pesi sulle murature sottostanti evitando il cosiddetto “effetto trave” caratteristico dei cordoli in cemento armato. In questo caso il cordolo che dovrebbe distribuire i carichi in modo uniforme sulla muratura sottostante, trasmetterà azioni concentrate alle estremità per cui si comporterà come una trave, scaricando così la muratura sottostante. La funzione strutturale dei cordoli consiste nella ripartizione dei carichi verticali creando così le condizioni per una reciproca collaborazione fra le murature e contrastando il ribaltamento delle

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pareti fuori dal piano, grazie alla flessibilità che determina una buona aderenza con la muratura anche in condizioni dinamiche. Il cordolo in muratura armata si scosta da quelli in calcestruzzo armato non solo nel principio costruttivo, ma anche nel funzionamento statico. Esso contiene le stesse armature prescritte dalle norme con la differenza che viene realizzato a strati piuttosto che attraverso un getto di calcestruzzo. In questo modo viene ridotta la resistenza a taglio tra un filare e l’altro rendendo l’elemento strutturale molto più flessibile. In relazione allo spessore della muratura l’assemblaggio dei laterizi varia.

Fig. 5.4.2_Effetti prodotti dal crdolo in c.a.

La tipologia canonica a tre teste prevede un primo filare di mattoni posti in direzione longitudinale (per costa) per consentire il posizionamento delle armature inferiori. Il quarto filare presenta le stesse caratteristiche e consente di disporre le barre superiori, mentre i due filari intermedi hanno la funzione di connettere tra loro i paramenti. Il passo regolare dei mattoni, disposti alternativamente di costa e di testa, permette di lasciare i vuoti atti al posizionamento delle staffe di collegamento che chiudono la gabbia metallica. L’interasse delle staffe va a coincidere con una testa e ½ di

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mattone, per fare in modo che la costruzione risulti semplificata e il risultato qualitativamente migliore. Le armature restano confinate nella parte centrale del cordolo e contribuiscono a migliorarne la flessibilitĂ senza compromettere la funzione statica.

Fig. 5.4.3_ Cordolo all Giuffrè con individuazioni delle fasi realizzative

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6. IL PROGETTO DI RECUPERO E RIFUNZIONALIZZAZIONE


6.1 SCELTA DELLA DESTINAZIONE D’USO Il Piano Regolatore Generale del Comune di Piana degli Albanesi, specifica che […] le sedi storiche della produzione agricola ed estrattiva, individuate nello specifico elenco Allegato "E” alla tavola di Piano 1.1 devono essere mantenute nella loro configurazione spaziale e tecnico-formale consolidatasi storicamente. Per questi edifici di interesse ambientale sono previsti interventi di risanamento conservativo, così come definito alla lettera c), dell'art. 20, della legge reg. n. 71/1978, salvo che per le superfetazioni (parti aggiunte prive di valore storico architettonico e ambientale), per le quali in caso di intervento è prescritta la demolizione ed esclusa la ricostruzione”[…]15 Nello specifico la Masseria Casalotto, considerata anch’essa una delle sedi storiche per la produzione agricola, ricade all’interno di una porzione della zona territoriale omogenea "F" destinata ad attrezzature ricettive turistico-alberghiere del Comune di Piana degli Albanesi. A tal fine, il legislatore ha previsto una rifunzionalizzazione del manufatto destinandola ad attività ricreative e culturali connesse alla destinazione di zona.

Amministrazione comunale di Piana degli Albanesi, Norme tecniche di attuazione allegate al P.R.G. del Comune di Piana degli Albanesi, 2003, pp. 15-30-31. 15

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Fig.6.1.1_Stralcio del PRG di Piana degli Albanesi. In giallo l’individuazione della ZTO “F” ed in rosso la Masseria Casalotto.

La Direttiva 43/92/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali, della flora e della fauna, nota come Direttiva Habitat, mira allo scopo principale del mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze socio-economiche e culturali del territorio. La direttiva, recepita in Italia con D.P.R. n°357/1997, prevedeva la realizzazione di una rete ecologica definita “Natura 2000”. È costituita da vari siti, denominati ZPS (zone di protezione speciale) e SIC (siti d’importanza comunitaria). In particolare le aree SIC fanno riferimento a “[…] siti che nella regione biogeografiche cui appartengono, contribuiscono in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat o una specie in uno stato di conservazione soddisfacente […]”16. In base a questa direttiva europea è stato istituito il SIC denominato “Lago di Piana degli Albanesi” 16

www.minambiente.it

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univocamente individuato dal Codice ITA020013. All’interno del suddetto SIC ricade interamente l’omonimo promontorio su cui sorge la Masseria Casalotto. Tra gli obiettivi strategici del piano di gestione del suddetto SIC, è stata prevista anche la realizzazione di un progetto di riattivazione della stessa Masseria; in particolare era stata preventivata la realizzazione di un centro visite e di una foresteria.
L’intervento prevedeva il recupero dell’edifico nel rispetto delle sue valenze storico architettoniche, la realizzazione degli impianti tecnologici e gli arredi 17.

Stralcio aero fotogrammetrico scala 1:10.000 con individuazione delle zone SIC e ZPS

AGRISTUDIO s.r.l., Piano di gestione SIC Codice ITA 020013 “Lago di Piana degli Albanesi”, 2009.

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Dunque, la proposta di recupero e di ri-funzionalizzazione del manufatto ha come obiettivo principale quello di valorizzare il luogo sotto l’aspetto paesaggistico, culturale, nonché sotto l’aspetto economico mantenendo, ove possibile, l’architettura storica, il sistema costruttivo originario ed i materiali impiegati. Tra le utilizzazioni compatibili con questo tipo di architettura sicuramente quelle legate al turismo rurale, come agriturismo e/o foresteria, sono le più idonee, in quanto garantiscono, in un certo senso, una continuità con le attività originarie dei luoghi. Una nuova destinazione d’uso quindi oltre a contribuire allo sviluppo del territorio sotto i diversi aspetti già accennati, sicuramente rappresenta un’opportunità di recupero per il manufatto stesso che diversamente verserebbe in uno stato di completo abbandono. Inoltre il progetto di recupero e la rifunzionalizzazione rappresentano un’opportunità per i fruitori della struttura, per conoscere una realtà storica in estinzione, quale è quella dell’architettura rurale, legata alle diverse attività del passato. Infine le scelte progettuali sono state fortemente influenzate dalla posizione in cui sorge la Masseria, dominante rispetto alla bellezza paesaggistica del Lago di Piana degli Albanesi, appena fuori dal centro abitato. Queste caratteristiche offrono l’opportunità per la realizzazione di un complesso ippoturistico valorizzandone cultura, storia, tradizioni e sistemi ambientali.

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6.2 GREENWAYS: STRUMENTO DI VALORIZZAZIONE TERRITORIALE Le Greenways sono sistemi lineari di spazi verdi che si sviluppano lungo elementi come corsi d’acqua, vecchi tracciati stradali e ferroviari in disuso oppure percorsi sentieristici, collegando risorse puntuali del territorio come emergenze naturali, beni storici e architettonici. Il movimento moderno delle greenways è nato negli Stati Uniti nella seconda metà del XX secolo. Nel 1990 lo scrittore Charles Little teorizza che le fasce verdi dentro e fuori dai centri urbani sono in grado di favorire attività ricreative e di offrire iniziative di recupero di parti urbane dismesse con lo scopo di incrementare la qualità ambientale della città. Egli classifica le greenways in cinque tipologie: - greenways urbane lungo i fiumi che spesso rientrano in programmi di riqualificazione di corsi d’acqua trascurati e inquinati; - greenways con funzione ricreativa, dotate di sentieri e itinerari spesso relativamente lunghi, che si appoggiano su elementi naturali quali corridoi verdi, canali, linee ferroviarie dismesse, o su corridoi utilizzati per l’impianto di servizi pubblici; - greenways con significato ecologico, di solito localizzate lungo gli assi fluviali, utilizzate per le migrazioni, lo scambio biologico tra le specie e gli studi naturalistici; 
 - Itinerari storici e paesaggistici, che si sviluppano lungo strade e corsi d’acqua fruibili dai pedoni e dai ciclisti; - sistemi o reti di greenways, di solito basati su forme naturali del territorio, come valli e creste montane, o dall’unione di Greenways e spazi aperti di vario tipo già esistenti per creare

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un’infrastruttura verde a scala locale o regionale18. Da questa classificazione emerge la grande flessibilità del concetto di greenway e una sua applicazione declinata nelle diverse realtà locali in modo da adattarsi alle caratteristiche del territorio e alle esigenze dei suoi utenti. In Italia la realizzazione di greenway si è confrontata con un territorio dedicato prevalentemente all’attività agricola e ricco di testimonianze di edificato rurale storico. 
Le greenways, nate come sviluppo ed evoluzione delle aree verdi, oggi possono essere considerate come "strumenti" della pianificazione per la riqualificazione non solo su scala territoriale, ma anche urbana, coinvolgendo emergenze sia naturali che antropiche e relazionando in tal modo città e territorio circostante. Fortunatamente l’Italia e, in particolare, la Sicilia offrono tutti i presupposti per lo sviluppo del cosiddetto turismo soft, alternativo al turismo di massa. Un esempio ideale per incentivare tale forma di turismo è l’equiturismo, con la conseguente individuazione di percorsi eco-culturali percorribili a cavallo ma anche a piedi o in mountain bike, ovvero le cosiddette ippovie, che ben si avvicinano al concetto di greenway.

6.3 LE IPPOVIE IN ITALIA E SICILIA L'ippovia è un itinerario (quasi mai asfaltato) percorribile a cavallo, che attraversa e raggiunge luoghi naturali come parchi, riserve, boschi, colline e valli. Spesso costeggia laghi e fiumi, e raggiunge luoghi culturali come aree archeologiche, costruzioni, dimore storiche e borghi. 18

Charles E. Little, 1990, Greenways for America, Baltimorale

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In Italia, sulla scia di questo spirito, sono nate negli anni diverse associazioni atte a promuovere, sviluppare e organizzare diverse attività connesse all’uso sociale del cavallo. Basti pensare, per esempio, alla E.N.G.E.A. (Associazione Nazionale Guide Equestri Ambientali) che nasce come associazione sportiva dilettantistica per la promozione e divulgazione della pratica sportiva ricreativa a cavallo e del turismo equestre ambientale. Oggi questa associazione vanta anche una scuola di formazione per guide equestri ambientali, ma soprattutto è stata riconosciuta come ente certificatore per le cosiddette Ippovie Italiane Certificate® caratterizzate da un sistema qualificato che possiede queste peculiarità: - basso impatto ambientale; - sostegno all’economia locale; - protezione dell’ambiente; - qualità e sicurezza. Anche la Sicilia, con il progetto “Ippovia Sicilia 2005” promosso dall’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, attraverso l’ufficio Speciale delle Montagne, si è inserita all’interno di questa rete in continua evoluzione. Infatti il territorio siciliano gode di ben quattro Ippovie Italiane Certificate, ovvero:

- Parco delle Madonie: Le “Dolomiti di Sicilia” - Lunghezza: 140 km - Dislivello: da 400 a 1980 m. slm - Punti Sosta: Agriturismi, B&B, Az. Agricole, Alberghi - Caratteristiche percorso: Collinare, montano

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- Transiciliana per l’Etna: Madonie, Nebrodi, Alcantara, Etna -

Lunghezza: 220 km Dislivello: da 150 a 1800 m. slm Punti Sosta: Alberghi e rifugi Corpo Forestale Caratteristiche percorso: Collinare, montano su terreno vulcanico

- L’ippovia dei tre parchi: Etna, Nebrodi, Alcantara -

Lunghezza: 140 km Dislivello: da 350 a 1700 m. slm Punti Sosta: Agriturismi, B&B, Az. Agricole Caratteristiche percorso: Montuoso vulcanico

- L’ippovia dei sette laghi -

Lunghezza: 105 km Dislivello: da 250 a 700 m. slm Punti Sosta: Agriturismi, B&B, Az. Agricole Caratteristiche percorso: Collinare

In relazione alle caratteristiche e alle difficoltà degli itinerari, ai fattori climatici ed ambientali, esse assumono gradi diversi di difficoltà (molto facile, facile, media, difficile, molto impegnativa). Per queste ragioni l’Associazione Alpi e Parchi ha messo a punto un Indice di Classificazione Ippovie Certificate “ICIC” e ha redatto un relativo manuale applicativo che si basa sull’osservazione di 12 86


caratteristiche dell’ippovia stessa che sono: Caratteristiche tracciato, Dislivello, Distanza [km], Abbeverata, Pendenza, Inclinazione versante, Larghezza, Guado, Segnalazioni, Punto di sosta dei cavalli, Quota punto di sosta e Sosta cavalieri. Lungo il percorso vanno previsti dei posti tappa, ossia stazioni di sosta attrezzate, possibilmente distanti tra loro non più di 20–40 km, dove il cavaliere e il cavallo possono trovare assistenza, ristoro e la possibilità di pernottare (in foresterie, agriturismo, casolari privati o pubblici rifugi). In particolare vengono definiti “posti tappa” tutte quelle strutture di accoglienza che abbiano le seguenti caratteristiche minime: -

6 posti letto 1 bagno con doccia 1 cucina attrezzata 1 locale da pranzo 6 poste per la sosta dei cavalli

In relazione ai vari confort offerti, è stata inoltre messa a punto una graduatoria e redatta una tabella di classificazione dei posti tappa con 4 relative “posizioni”.19 A onor del merito, grazie soprattutto alle peculiarità del territorio siciliano, numerose aziende private locali hanno dato luogo ad altrettante iniziative di equiturismo. Tra i vari itinerari proposti da codeste aziende, Piana degli Albanesi riveste una tappa fondamentale grazie al patrimonio paesaggistico, culturale, storico ed enogastronomico del luogo degno di nota.

19

ENGEA per le Ippovie.

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Fig.6.3.1_ Azienda agricola Traina, brochure Rotta dei mille: Prizzi, Corleone, Ficuzza, Piana degli Albanesi, Palermo

6.4 L’IPPOVIA ARBRESHË Come già ampliamente descritto, Piana degli Albanesi posta a un'altitudine di 740m slm., è adagiata su un altopiano che termina in una conca su cui poggia il bacino dell’omonimo lago formando una sorta di anfiteatro naturale. Il territorio gode di una suggestiva posizione geografica. Per le sue peculiarità etniche, culturali, religiose, storiche e ambientali si inserisce nel variegato panorama siciliano come contesto ad alta valenza paesaggistica. Questo territorio, immerso in una complessa e originale cornice incontaminata, che comprende il lago, i monti e le tipiche contrade rurali offre una fauna e flora di primario interesse naturalistico, e si appresta ad ospitare diverse attività turistiche come appunto l’equiturismo.

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Fig.6.4.1_Vista di Piana degli Albanesi dalle pendici di monte Maganoce

Queste caratteristiche ci suggeriscono l’inserimento di Piana degli Albanesi all’interno della vasta rete di ippovie già presente nel territorio siciliano sfruttando i percorsi sentieristici esistenti i quali presentano tutte le caratteristiche necessarie per essere riconosciute a livello nazionale. Infatti all’interno del territorio di Piana, esistono una serie di percorsi contemplati tra i beni territoriali del WWF. Tra questi vi sono gli itinerari escursionistici denominati Sentiero Italia e (proprio nell’ultimo biennio Piana è stata inserita all’interno di un itinerario) Itinerarium Rosalie, realizzato attraverso il PSR Sicilia 2007-2013, ovvero un cammino religioso e naturalistico che collega il Santuario di Santa Rosalia di Montepellegrino e l’Eremo di Santo Stefano di Quisquina, e che porta alla scoperta dei luoghi in cui ha vissuto e si è rifugiata la Santa.

Fig.6.4.2-3_Serre orientate della Pizzuta, itinerarium Rosalie.

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Considerando dunque le principali caratteristiche che dovrebbero possedere le Ippovie Italiane Certificate, ciò che qui si propone è quella di integrare la rete regionale con un’ippovia per la conoscenza del territorio di Piana degli Albanesi denominata L’Ippovia Arbreshë. Il percorso dell’Ippovia Arbreshë, di circa 26,00 km., sfrutta in parte i sentieri già individuati e battuti dalle altre iniziative precedentemente citate, si estende attorno al centro abitato del Comune, e si sviluppa lungo le dorsali dei monti Pizzuta e Xëravulli per concludersi lungo le sponde del lago. Una delle caratteristiche principali è che si tratta di un percorso a rete chiusa, pertanto avrà il luogo di inizio e fine coincidenti ovvero proprio la Masseria Casalotto oggetto del progetto di recupero e rifunzionalizzazione come complesso ippoturistico.

- L’ippovia Arbreshë - Lunghezza: 26,00 km - Dislivello: da 721 a 1042 m. slm - Punti Sosta: Agriturismi, rifugi forestali, Masseria Casalotto - Caratteristiche percorso: Montuoso

Fig.6.4.4_L’Ippovia Arbreshë

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Il primo tratto del percorso, di circa 8,70 km., è caratterizzato soprattutto dal “salto di quotaâ€? che prevede il passaggio da una quota iniziale di 720,00 m. slm della masseria, sino a raggiungere una quota di 1042 m. slm della Portella del Garrone. Questo tratto presenta prevalentemente percorsi in terra battuta. Si sviluppa per una prima parte in direzione ovest sino a raggiungere la quota di 853,00 m.slm in corrispondenza del Memoriale sulla Strage di Portella della Ginestra, per poi proseguire in direzione nord lungo il versante ovest del monte Pizzuta. Lungo il percorso sono garantite aree di sosta e ristoro sia per il cavallo che per il cavaliere.

Fig.6.4.5_Primo tratto: da Masseria Casalotto (721 m slm) a Portella del Garrone (1042 m slm)

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Il secondo tratto del percorso, rispetto al primo, risulta lungo quasi il doppio del primo. Infatti, proseguendo lungo il sentiero principale all’interno delle Serre orientate della Pizzuta, in direzione nord-est, questo si sviluppa prevalentemente in discesa attraverso il bosco di Argomezët, sino a raggiungere la quota più bassa del territorio 610,00 m. slm, ovvero la quota delle sponde del lago di Piana degli Albanesi. Proseguendo lungo queste, si accede quasi nella parte finale del tragitto, all’interno della struttura in corrispondenza della diga di Piana degli Albanesi, caratterizzata da una galleria scavata ai piedi del monte Maganoce. Infine proseguendo lungo la cresta della diga, ci si immette, per un brevissimo tratto di circa 1 km, sulla strada provinciale Piana degli Albanesi-Diga da cui decorre una mulattiera che termina proprio davanti all’ingresso principale della Masseria.

Fig.6.4.6_Secondo tratto: da Portella del Garrone (1042 m slm) alla Masseria Casalotto (721 m slm)

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6.5 IL COMPLESSO IPPOTURISTICO Contestualmente alle scelte relative al progetto di recupero e rifunzionalizzazione della masseria Casalotto, sono stati considerati gli aspetti funzionali che un complesso ippoturistico esige. Per questo, tenuto conto dei requisiti minimi richiesti per questo tipo di strutture, sono state individuate all’interno della masseria, due macro zone, corrispondenti ai nuovi ambienti destinati alle diverse attività da svolgervi all’interno. In particolare, tenuto conto delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche della masseria, sono state individuate le seguenti zone funzionali: -

SCUDERIE

-

'CASA' DEI CAVALIERI

La zona destinata ai cavalli s'individua all’interno di un corpo di fabbrica limitrofo alla masseria, accanto al quale s'innesta un paddock, in modo da concentrare insieme tutte le aree dedicate alle attività equestri. Si è valutato l’inserimento di codesto corpo di fabbrica all’interno del progetto di rifunzionalizzazione, seppur non presentando gli stessi caratteri storico-architettonici della masseria, poiché ben si allinea con le attività per cui è destinato, ed essendo in continuità con quelle attuali, ovvero box stalla.

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Per quanto riguarda la zona che dovrebbe ospitare i cavalieri, questa è stata individuata all’interno degli originari corpi di fabbrica della masseria Casalotto. A seguito di un intervento di smantellamento delle evidenti superfetazioni operate negli anni ed in particolare degli ultimi corpi di fabbrica edificati, sono stati individuati all’interno del complesso rurale una serie di ambienti che ospiteranno le diverse funzioni che questo tipo di attivitĂ richiede, restituendo in tal modo il carattere formale originario dell'edificio.

Fig.6.5.1-2_Planimetria generale del Complesso ippoturistico con individuazione delle macro aree; in blu la casa dei cavalieri, in rosso la scuderia.

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In merito agli interventi di demolizione previsti, questi rappresentano delle vere e proprie superfetazioni palesemente rintracciabili in quanto si tratta di corpi di fabbrica, piuttosto che di pseudo interventi di “ristrutturazione�, che contrastano con lo stile architettonico originario. In particolare si tratta di un piccolo corpo di fabbrica situato nella zona nord-ovest della masseria, che funge da appendice alla casa padronale dove un tempo fu individuato un locale w.c.; un altrettanto piccolo corpo destinato a fienile edificato all’interno della corte, addossato al prospetto sud-est interno; ed infine un intervento di sopraelevazione con contestuale cambio di inclinazione della falda di copertura, realizzato sul corpo adiacente il fornice di ingresso sul lato sinistro.

Fig.6.5.3-4_Viste assonometriche con individuazione delle Superfetazioni da eliminare

Fig.6.5.6-7_Foto dei corpi da demolire

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6.6

IL PROGETTO ARCHITETTONICO

Dopo questa prima fase di progettazione in cui sono state delineate le linee guida dell’idea progettuale, si è cercato di dare forma ad un progetto che come scopo principale abbia quello di salvaguardare l’architettura storica, da un lato conservando i materiali e le tecniche costruttive del passato, dall’altro inserendolo al contesto socio-culturale e paesaggistico con cui ci si è rapportati. Pertanto di seguito verranno descritte tutte le scelte progettuali adottate, ovviamente in conformità alle vigenti normative. CORPO PRINCIPALE DELLA MASSERIA Come già anticipato, la zona destinata ad ospitare i cavalieri è stata individuata all’interno del corpo di fabbrica principale della Masseria Casalotto. Considerata la configurazione spaziale e volumetrica della fabbrica, nonché i requisiti minimi previsti per questo tipo di strutture, sono stati individuati i seguenti ambienti: -

La foresteria I due corpi di fabbrica simmetrici, posti rispettivamente a sud-est e nord-ovest del complesso rurale, ospiteranno gli ambienti della foresteria. In base ai requisiti minimi imposti dalla normativa igienico-sanitaria per gli ambienti ad uso civile, per ciascuno dei due corpi sono stati individuati n.2 alloggi con posti letto per tre persone ed annesso locale w.c. e n.1 alloggio con letto matrimoniale ed annessi locale w.c. ed una piccola zona living.

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-

Il ristorante Nella parte centrale del corpo di fabbrica principale della masseria, in relazione proprio alla sua posizione in pianta rispetto ai restanti ambienti, è stato individuato il ristorante. Questo è stato pensato come un luogo usufruibile anche da utenti esterni alla foresteria, per questo motivo si configura come un unico ambiente con doppio accesso sia dalla corte interna che dal lato ovest del fabbricato, in cui sono stati ricavati all’incirca n.66 coperti. Sul lato destro della sala ristorante si trova il vano di accesso al locale cucina con annessa dispensa e servizi per i dipendenti; questi ultimi ambienti presentano entrambi accesso diretto dall’esterno per poter permettere un agevole carico e scarico di materiale. Inoltre dal lato sinistro della sala ristorante verranno aperti due vani sulla muratura, assicurandone un’adeguata cerchiatura, dai quali si accederà al soggiorno collettivo con annessi servizi. Il soggiorno potrà deliziare gli ospiti di un adeguato relax assicurato anche dalla relativa vista che da questo ambiente si potrà godere. Infatti attraverso un camminamento esterno in lastricato di pietra compatta, si potrà accedere alla zona solarium e piscina, il tutto immerso in uno scenario unico offerto dalla vista sui monti circostanti e ovviamente sul lago.

-

La casa padronale La casa padronale è stata pensata come alloggio privato dei proprietari del complesso nonché gestori dell’attività. In particolare il piano terra, pensato come open space, potrebbe identificarsi come zona di accoglienza degli ospiti della foresteria nonché un soggiorno privato dal quale si diparte la scala per accedere al piano superiore.

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Il secondo piano infine ospiterà la camera da letto padronale con annesso bagno, avente doppio affaccio, uno ad est direttamente sulla corte e l’altro sul prospetto nord. -

Zona solarium-piscina Sulla parte sud del complesso è stata individuata un’ampia zona relax con piscina scoperta e solarium perimetrale. Il solarium è suddiviso in due zone, una che rappresenta il bordo piscina, di circa 2,50 m di larghezza con pavimentazione in doghe di legno composito, e l’altra in leggera pendenza costituita da un ampio tappeto verde con annesso parco giochi per i più piccoli. A servizio della piscina sono state pensate tre docce esterne nascoste tra i contrafforti della struttura principale, ed un locale tecnologico che verrà realizzato sotto il piano del solarium e della piscina. È stata possibile la realizzazione di tale locale al di sotto della piscina poiché verranno realizzate alcune opere di presidio necessarie per colmare l’originario andamento altimetrico di questa zona. L’accessibilità al locale tecnologico sarà garantita da una scala esterna posta a ridosso del solarium. La zona relax inoltre sarà adeguatamente isolata dalla zona destinata alle attività equestri attraverso un sistema di schermatura con essenze arboree autoctone in forma di quinte o schermature alberate.

-

Servizi La struttura ospiterà inoltre una serie di ambienti di servizio come un locale lavanderia/stireria e un altro locale destinato al deposito e alla manutenzione di mountain

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bike. Questi due ambienti sono stati individuati all’interno dei due corpi di fabbrica adiacenti al fornice di accesso alla corte. -

La corte La corte interna della masseria, seppur con la sua modesta pendenza, è stata pensata come il fulcro dell’intero complesso in continuità alla sua funzione originaria. Infatti, l’accesso principale ad ogni ambiente avverrà dalla corte, la quale ospiterà al centro una seduta circolare in legno, dalla quale si potrà godere dell’ombra di un albero a chioma larga. Inoltre, è stato individuato un angolo lettura.

I materiali per le finiture interne ed esterne sono stati scelti ricercando una certa continuità con il passato e contestualmente in modo da garantire prestazioni di confort e benessere adeguati per questo tipo di attività. Sulle fronti esterne della masseria sarà ricostituito l’intonaco, previa rimozione dell’esistente ormai decoeso e ammalorato, assicurando l’utilizzo di un tipo di intonaco traspirante a base di calce e lasciando a vista la muratura costituente la fronte sud-est. Le pareti interne subiranno lo stesso trattamento ad eccezione dei conci degli archi, i quali verranno completamente liberati dall’intonaco ancora esistente e successivamente lasciati a vista previa pulitura. Per quanto riguarda gli infissi la scelta progettuale è ricaduta nell’impiego di infissi in legno, nell’ottica di coniugare tradizione e tecnologia. I livelli di confort saranno ulteriormente assicurati dall’utilizzo di vetrocamera basso emissivo.

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Le coperture verranno completamente ripristinate attraverso la stesura di una serie di strati ed elementi funzionali che garantiscono il benessere negli ambienti sottostanti. In particolare, il pacchetto prevede: la struttura principale, costituita da travi di legno lamellare di sezione pari a 20x24 cm (come successivamente calcolata), un successivo strato di tavolato costituito da perline in legno di abete, un strato di barriera al vapore, un strato di isolamento assicurato da pannelli in polistirolo espanso, successivo strato impermeabilizzante ed infine il manto costituito da coppi in laterizio. Nel ripristino delle coperture si avrà cura di assicurare un’adeguata ventilazione alla testa delle travi per evitare eventuali problemi di ammaloramento. Infine, per quanto concerne la pavimentazione verrà ripristinata quella esistente in mattoni d’argilla se in buono stato di conservazione; negli ambienti che ospiteranno la foresteria, invece, verrà realizzata una pavimentazione in listoni di legno. Mentre per la pavimentazione della corte si è pensato di ripristinare quella esistente in passato, di cui si ha traccia dalla presenza di due catene in blocchi di pietra compatta, attraverso la realizzazione di un selciato con guide e campi realizzati con la medesima pietra. CORPO STALLA Il corpo stalla si presenta in pianta con forma rettangolare delle dimensioni 9,40 m x 15,20 m. La struttura portante è del tipo intelaiata in calcestruzzo armato, copertura piana, un accesso carrabile posto su uno dei due lati corti e tre finestre poste rispettivamente sui lati lunghi. Il progetto di rifunzionalizzazione del suddetto corpo prevede, oltre all’individuazione al suo interno degli ambienti destinati alle attività equestri, un’attenta integrazione del manufatto al contesto e al 100


resto della masseria. Pertanto, è stata prevista la realizzazione di una copertura curva avente struttura portante in travi di legno lamellare a sezione piena ammorsate ai pilastri in calcestruzzo armato della struttura originaria attraverso apposite staffe in acciaio zincato ed opportunamente controventate con tiranti anch’essi d’acciaio. Il pacchetto di copertura prevedrà un manto in doghe di legno, con involucro esterno anti-materico ed impermeabilizzante con finitura superficiale di colore adatto al contesto esterno. Inoltre, la porzione di copertura con esposizione ad est, ospiterà un piccolo impianto fotovoltaico del tipo ad isola (stand-alone), costituito da n.64 pannelli dalle dimensioni di 1,60 m x 1,00 m; questo tipo di impianti non sono connessi ad alcuna rete di distribuzione per cui sfruttano direttamente sul posto l'energia elettrica prodotta e accumulata in un accumulatore di energia. Nel caso specifico per l’accumulatore di energia è stato previsto apposito locale tecnologico, adiacente al locale tecnologico a servizio della piscina. Infine, le chiusure esterne verticali del corpo stalla verranno interamente rivestite con doghe di legno, adeguatamente assicurate alla muratura, attraverso uno strato di supporto costituito da un sistema di montanti e traversi in acciaio. Con le stesse doghe sarà rivestito anche il portone d’ingresso. Al suo interno il corpo stalla ospiterà dunque gli ambienti necessari alle attività equestri, ovvero n.5 box/stalla, un ambiente per il servizio mascalcia, un fienile e due ripostigli per i filamenti. All’esterno invece, grazie alla pensilina della copertura, è stata individuata una zona per la sosta del cavallo comprensivo di abbeveratoio ed un adiacente paddock di forma rettangolare dalle dimensioni di 16,00x10,00 m; questo delimitato da una staccionata costituita da paletti di castagno dal diametro di cm.10 adeguatamente infilzati al terreno avendo cura di proteggere la superficie della porzione

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di legno da innestare mediante impermeabilizzanti fluidi. Gli ambienti fin qui descritti sono stati progettati in conformitĂ alle norme per la tutela del cavallo adottate dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ovvero il Codice per la Tutela e la Gestione degli Equidi.

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PLANIMETRIA GENERALE


PIANTA PIANO TERRA


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Fig.6.6.1-20_Planimetria generale, pianta, prospetti e sezione del complesso ippoturistico

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Fig.6.6.21-26_Render esterni del complesso ippoturistico

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Fig.6.6.27-30_Render interni del complesso ippoturistico

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GLI IMPIANTI TECNOLOGICI

Un qualunque progetto di restauro e rifunzionalizzazione di un edificio appartenente all’architettura storica non può prescindere dal fatto di doversi confrontare con un organismo architettonico che è giunto fino a noi con caratteristiche d’uso, materiche, energetiche e di significato ormai consolidate. Pertanto ogni aspetto, compreso quello tecnologico, in relazione alle nuove attività che verranno svolte al suo interno dovranno essere adeguatamente considerate. Proprio il tema degli impianti tecnologici ed in particolare quello relativo al risparmio energico degli edifici, ha assunto negli ultimi decenni un’importanza sempre crescente ed ha costituito uno dei primari obiettivi di istituzioni, nazionali ed internazionali. In merito a questo delicato argomento, il recente aggiornamento del D.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”, operato dalla L. n° 90 del 2013, ha reso di fatto “condizionata” la deroga per la sua applicazione ai beni culturali, nonché, ai fini della tutela paesaggistica alle ville, ai giardini, ai parchi che si distinguono per la loro distintiva bellezza ed ai complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, tra cui i centri ed i nuclei storici20. Infatti, sulla base della nuova normativa, il decreto si applica esclusivamente per:

- l’attestazione della prestazione energetica; - l'esercizio, la manutenzione e le ispezioni degli impianti tecnici.

20 LEGGE 3 agosto 2013, n. 90 116


L’esclusione dall’applicazione della norma suddetta è opportunamente prevista solo nel caso in cui si accerti: “[...] previo giudizio dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, (ovvero gli organi periferici del Ministero) [che] il rispetto delle prescrizioni implichi un'alterazione sostanziale del loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici.”21 Come si evince, non si tratta di una completa esclusione dall’ambito di applicazione, infatti restano valide le disposizioni in merito alle prestazioni energetiche e alla manutenzione, mentre il resto rimane oggetto di valutazione da parte degli organi competenti. Ancor più importante è la necessità di raggiungere un livello di confort e di benessere con particolare riferimento agli aspetti termo-acustici, illuminotecnici e di qualità dell’aria che nel loro insieme costituiscono la cosiddetta qualità dell’ambiente interno, anche detta IEQ, Indoor Environmental Quality. Si fa strada dunque l’esigenza di differenziare dal semplice discorso di “ristrutturazione tecnologica”, la peculiare natura dell’intervento sugli edifici storici, che rientra a pieno titolo nel campo del restauro ed è mosso soprattutto da ragioni di cultura e dalla volontà di conservazione e perpetuazione, nella loro autenticità, delle antiche testimonianze edilizie. In merito alla necessità di intervenire in questi ambiti attraverso i moderni sviluppi dell’impiantistica, si sono sviluppate diverse tecniche come ad esempio la cosiddetta tecnica “a secco”. Ovvero impiegando materiali ed apparecchiature meno invasivi possibile evitando dunque interventi murari.

21

D.lgs. 19/08/05, n.192 Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia, art.3, comma 3-bis.

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Da qui nasce l’importanza di un preventivo rilievo dettagliato dello stato di fatto dell’edificio ed il continuo aggiornamento con gli sviluppi tecnologici. IMPIANTO TERMICO Fatte queste doverose premesse è necessario procedere alla progettazione degli impianti prendendo dunque in considerazione tutte le caratteristiche che il sito in questione presenta. In particolare considerata la disposizione spaziale delle attività all’interno del complesso rurale in esame, si è pensato di installare in prossimità del locale tecnologico, sulla porzione di terreno antistante il corpo stalla, un sistema geotermico a bassa entalpia. Per questo è stata prevista la realizzazione di un pozzo di pochi centimetri di diametro ed una profondità variabile dai 70 ai 150 metri dentro il quale verrà inserita una sonda geotermica verticale realizzata in materiale plastico. Il funzionamento di tale impianto consiste in uno scambio gratuito di calore con il terreno. Infatti durante l’inverno quando il terreno ha una temperatura mediamente superiore a quella esterna, il fluido glicolato contenuto nelle sonde geotermiche, scendendo in profondità, sottrae energia dal terreno, ritornando in superficie ad una temperatura leggermente più alta che viene utilizzata nel ciclo termodinamico della pompa di calore geotermica installata all’interno del locale tecnologico. La pompa di calore permette di raggiungere temperature di acqua di 35÷40 °C per alimentare l’impianto di riscaldamento a bassa temperatura, e una temperatura di circa 55÷60 °C per la produzione di acqua calda sanitaria. L’impianto di riscaldamento previsto per la foresteria ed il ristorante, sarà realizzato mediante un sistema di pannelli radianti a pavimento che presenterà una struttura di tipo A con disposizione della 118


tubazione a spirale. In questo caso l’impianto prevedrà la stesura di uno strato isolante al di sopra dello strato portante dell’edificio o, come nel nostro caso, al di sopra di uno strato di regolarizzazione; successivamente, viene posata la tubazione che viene annegata completamente nello strato di supporto costituito dal massetto. Infine, potrà essere realizzato qualsiasi tipo di pavimentazione come strato di rivestimento finale.

Fig.6.7.1_Schematizzazione impianto geotermico

Fig.6.7.2_Simulazione impianto di riscaldamento a pavimento

IMPIANTO ELETTRICO L’impianto elettrico sarà alimentato dagli accumulatori di energia del sistema fotovoltaico a servizio dell’attività che, oltre i pannelli fotovoltaici e gli accumulatori, comprenderà anche un invert C.C./C.A., per la conversione della tensione continua in uscita dal pannello in una tensione alternata più alta (in genere a 400 volt per impianti con potenze oltre i 5 kW come nel nostro caso),

119


all’uscita del quale verrà posto il quadro generale dal quale partiranno le singole linee a servizio della piscina del corpo stalla e ovviamente della masseria. Infine, per quanto concerne la progettazione degli impianti di distribuzione si è ritenuto necessario intervenire seguendo i criteri guida di questo progetto: -

Tendenza al minimo intervento

-

Conservazione della materia

-

Controllo dell’impatto visivo

In particolare l’impianto previsto sarà di classe 2, in conformità alle vigenti normative D.M. 37/08 e Norma CEI 64-08, ovvero un impianto per unità immobiliari con dotazioni per una maggiore fruibilità. All’interno degli ambienti della masseria verranno differenziate le linee dei vari ambienti ed in particolare la linea dei locali di servizio come la cucina e la lavanderia, che presenteranno una linea sottotraccia con interruttori e prese adatte a questo tipo di ambienti. Mentre la linea che servirà la sala ristorante ed il salone collettivo, gli alloggi e la corte esterna, sarà a vista, e verranno utilizzati materiali a norma e che meglio si adattano agli ambienti che dovranno servire.

120



7.

APPROFONDIMENTI ARCHITETTONICO-COSTRUTTIVI


7.1 DIMENSIONAMENTO DELLA STRUTTURA DI COPERTURA Il dimensionamento della struttura principale, ovvero le travi principali, della copertura, si basa sulla verifica agli “stati limite” in conformità a quanto riportato al D.M. 14/01/2008 - Norme Tecniche per le Costruzioni e Circolare C.S.LL.PP. 2/2/2009 n.617. La porzione di copertura calcolata è relativa al corpo di fabbrica posto sul lato meridionale della masseria Casalotto, la quale, come già ampiamente evidenziato, risulta essere la copertura maggiormente colpita da fenomeni di crollo legati ai gravi dissesti in cui versa l’intero corpo di fabbrica. Per questo motivo si è proceduto con la progettazione ex novo, piuttosto che intervenire localmente, per evitare interventi dispendiosi ed in questo caso poco risolutivi.

Fig.7.1.1_Prospetto nord del corpo di fabbrica in esame.

121


Per prima cosa, una volta definita la geometria del manufatto e della relativa copertura, si è progettato il cosiddetto pacchetto di copertura ovvero l’insieme degli strati ed elementi funzionali che la compongono. Durante questa fase si è tenuto conto delle prestazioni di sicurezza, di benessere nonchĂŠ energetiche necessarie al fine di rispondere efficacemente alle esigenze richieste dagli ambienti sottostanti in funzione degli utilizzatori.

Fig.7.1.2_Pianta della copertura oggetto di intervento. 122


Il pacchetto di copertura prevede la seguente stratigrafia: − − − − −

Orditura principale con travi di legno lamellare incollato (200x240 mm.) Perline di abete 25 mm Freno al vapore (sd=5mm) Strato coibente in polistirene espanso e guaina bituminosa all’estradosso sp.120 mm Manto di copertura con coppi e contro-coppi in laterizio

Fig.7.1.3-4_Pacchetto di copertura

Caratteristiche dei materiali Legno lamellare incollato Si considera l’uso di legno lamellare di classe di resistenza GL24H in accordo con “UNI EN 1194:2000: Strutture di legno – legno lamellare incollato – classi di resistenza e determinazione dei valori caratteristici” si ottengono i seguenti valori: fm,k fc,90,k

= 24 N/mm2 = 2.7 N/mm2 123


fv,k Eo,mean gmean Ď k

= 2.7 N/mm2 = 11600 N/mm2 = 720 N/mm2 = 380 kg/m3

I valori caratteristici di resistenza del legno lamellare, sopra riportati, cosĂŹ come riportati dalla norma europea UNI EN 14080, sono stati desunti da indagini sperimentali eseguiti su campioni di prova avente altezza della sezione trasversale pari a 600mm. Di conseguenza, per elementi avente altezza inferiore, come nel caso in esame, i valori caratteristici fm,k, fc,90,k, sono stati incrementati tramite il seguente coefficente moltiplicativo. đ?‘˜" = đ?‘šđ?‘–đ?‘›

600 â„Ž

*+,-

1,1

Carichi e combinazioni di calcolo Le azioni agenti sono: − Peso proprio degli elementi strutturali (G1) e peso proprio degli elementi non strutturali (G2), classificati secondo la normativa come carichi permanenti; − Carichi variabili uniformemente distribuiti legati alla destinazione d’uso dell’opera; − Azione della neve; − Azione del vento. Le combinazioni delle azioni, per la determinazione dei carichi totali agenti sull’elemento da verificare, indicate al punto 2.5.3 delle NTC 08, sono le seguenti:

124


-

Combinazione fondamentale (SLU): γG1G1 + γG2G2 + γQ1Q1 + γQ2Ψ02Q2+ γQ3 Ψ 03Q3 +….

-

Combinazione caratteristica o rara (SLE): G1 + G2 + Q1 + Ψ02Q2+ Ψ 03Q3 +….

-

Combinazione frequente (SLE): G1 + G2 + Ψ11Q1 + Ψ22Q2+ Ψ 23Q3 +….

-

Combinazione quasi permanente (SLE): G1 + G2 + Ψ21Q1 + Ψ22Q2+ Ψ 23Q3 +….

Dove : G1= peso proprio degli elementi strutturali G2= peso proprio degli elementi non strutturali Q= azioni variabili I valori dei coefficenti parziali di sicurezza valgono rispettivamente: -

Per i carichi permanenti strutturali si considera un coefficiente pari a γG1=1.3 ;

-

Per i carichi permanenti non strutturali si considera un coefficiente pari a γG2=1.3 (Nel caso in cui i carichi permanenti non strutturali, ad esempio carichi permanente portati, siano compiutamente definiti si potranno adottare per essi gli stessi coefficienti validi per le azioni permanenti)22;

-

Per i carichi variabili si considera un coefficiente pari a γQ =1.5

Infine i valori dei coefficienti di combinazione valgono: 22

NTC D.M. 14/01/2008, Tabella 2.6.I coefficienti parziali per le azioni o per l’effetto delle azioni di verifiche SLU.

125


Categoria Ψ0j Ψ1j Ψ2j Vento 0.6 0.2 0.0 Neve (a quota <1000m s.l.m.) 0.5 0.2 0.0 Pesi propri •

Peso delle travi (elementi strutturali) −

Sezione trave

Peso specifico23

200x240 mm 6,00 kN/m3

Il peso a metro della trave vale quindi: G1 = (0.20m • 0.24m • 6.0 kN/m3)=0.29 kN/m

Peso del pacchetto di copertura (elementi non strutturali) − Copertura di tegole

60.0 kg/m2

− Telo traspirante

0.5 kg/m2

− Strato coibente in polistirene espanso e guaina bituminosa

35.0 kg/m2

− Perline di abete 25 mm

12.0 kg/m2

totale

107.5 kg/m2

Il peso del pacchetto copertura vale: G2 = 1.07 KN/m2 A vantaggio di sicurezza si fa riferimento ai pesi specifici dei materiali strutturali di cui al DECRETO MINISTERIALE 16/01/1996 Norme tecniche relative ai Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi. 23

126


Carico variabile Dalla tabella 3.1.II del DM 14/01/2008 si evince che, per coperture accessibili per sola manutenzione, bisogna aggiungere ai carichi un carico variabile Qk1 Qk1 = 0,5 kN/m2 Carico neve Il carico neve è valutato secondo la seguente espressione: qs = µi • qsk • CE • Ct Dove: µi coeff. di forma della copertura qsk valore caratt. del carico neve al suolo CE coeff. di esposizione Ct coeff. termico

127


Per cui, secondo la normativa, il valore caratteristico della neve al suolo qsk è pari a 1,44 kn/m2

128


Calcolo coefficienti:

129


Poichè si effettua una verifica statica si considera la combinazione piÚ sfavorevole ovvero il carico maggiore qs = 0.93 kN/m2 130


Carico vento La pressione del vento è data dall’espressione: p = qb ce cp cd Dove: -

qb pressione cinetica di riferimento đ?‘ž0 = đ?œŒ ∗ đ?‘Ł02 2

− vb velocitĂ di riferimento = vb,0 + Ka (as-a0)= 31 m/s − Ď densitĂ dell’aria= 1.25 kg/m3 ce coeff. di esposizione

0.6 kN/m2

Cp coeff. di forma

1

Cd coeff. dinamico

1

1,71

Dalle direttive della norma tecnica si è effettuato il calcolo del coefficiente di esposizione. Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza z sul suolo del punto considerato, dalla topografia del terreno, e dalla categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione. Esso è dato dalla formula: ce (z) = kr2 ct ln (z/z0) [7+ ct ln (z/z0)]

per z > zmin

ce (z) = ce (zmin)

per z > zmin

Considerando che la categoria di esposizione relativa alla zona in cui sorge la struttura e in funzione della topografia del terreno, è la categoria III, si uttilizza la seconda formula per determinare il coefficente di esposizione: ce (z) = ce (zmin)

131


Per categoria III e classe di terreno D kr = 0,20 z0= 0,10 zmin= 5 m si considera pertanto il valore medio di ce sulla falda, cioè ce=1,71 Per il calcolo del coefficiente di forma si è fatto riferimento alla Circolare C.S.LL.PP. 2/2/2009 n.617 e riportano di seguito i dati desunti. Pressioni esterne per elementi sopravento, con inclinazione sull’orizzontale 20° < α < 60°

cpe=(+0,03*α) -1

Falda con pendenza a pari a 33°, vento ortogonale alla direzione del colmo Pressioni interne per costruzioni che hanno (o possono anche avere in condizioni eccezionali) una parete con aperture di superficie minore di 1/3 di quella totale: cpi = ± 0,2 In base ai valori di cpe e cpi si possono avere due situazioni diverse, in base a quanto specificato dalla circolare n. 617 del 02/02/2009:

132


133


Determinazione dei carichi

Fig.7.1.5_Schematizzazione dei carichi sulla copertura

Considerando un interasse delle travi pari a i = 0.86 m si avranno i seguenti carichi: qG1 = 0.29 KN/m qG2 = 1.075 KN/m2 • 0.86 cosα = 0.90 KN/m qk1 = 0.5 KN/m2• 0.86 cosα = 0.42 KN/m qk3= 0,93 KN/m2• 0.86 cosα = 0.78 KN/m 0.26 KN/m2• 0.86 cosα = 0.22 KN/m qk2= 0.75 KN/m2• 0.86 cosα = 0.63 KN/m 134


Poiché il carico del vento è benefico sulla trave in legno perché è sottrattivo rispetto agli altri carichi agenti, per la combinazione dei carichi si sceglie il carico di entità minore che dà luogo alla situazione più sfavorevole. Combinazione dei carichi SLU (combinazione fondamentale) qSLU = γ G1 G1 + γ G 2 G2 + γ Qk 1 QK1 + γ Qk 2 ψ O 2 QK2+ γ Q 3 ψ O 3 QK3 = 3.05 KN/m

γ G1 = γ G 2 =1.3

γ Qk 1 = γ Qk 2 = γ Q 3 =1.5

ψ O 2 =0.6

ψ O3 =0.5

SLE (combinazione rara, frequente e quasi permanente) (combinazione rara)

qSLU =G1 + G2 + QK1 + ψ O 2 QK2+ ψ O 3 QK3 =2.13 KN/m

ψ O 2 =0.6 (combinazione frequente)

ψ O3 =0.5

qSLU =G1 + G2 + ψ 11 QK1 + ψ 22 QK2+ ψ 23 QK3 =1.19 KN/m

ψ 11=ψ 22 =ψ 23 =0 (combinazione quasi perm.)

qSLU =G1 + G2 +

QK1 + ψ 22 QK2+ ψ 23 QK3 =1.19 KN/m

ψ 22 =ψ 23 =0

135


Calcolo delle sollecitazioni

q

l Fig.7.1.6_Schematizzazione della trave soggetta a carico distribuito di L = 4.05 m

Considerando la trave appoggiata-appoggiata, le sollecitazioni saranno le seguenti: -

il taglio è massimo agli estremi TA=TB=ql/2

-

i momenti flettenti sarà nullo all’estremità e massimo in mezzeria Mmax= ql2/8 SLU

136

SLE (rara)

SLE

SLE (quasi

(frequente)

perm.)

TA=TB

6.17

4.32

2.41

2.41

Mmax

6.25

17.50

9.77

9.77


Fig.7.1.7_Schematizzazione dei diagrammi di taglio e momento flettente a cui è soggetta la trave

137


A questo punto sono state effettuate le verifiche secondo quanto prescritto dalle NTC 08. In particolare la sezione della trave è soggetta a due verifiche di resistenza e ad una verifica di deformabilità. Verifiche di resistenza In particolare le verifiche sulla resistenza sono state eseguite tenendo in considerazione la classe di durabilità del carico; ovvero, la norma definisce le seguenti cinque classi di durabilità del carico: Istantaneo, Breve durata (meno di 1 settimana), Media durata (1 settimana-6 mesi), Lunga durata (6 mesi-10 anni), Permanente (più di 10 anni). In base a queste classi la norma inoltre definisce dei coefficienti correttivi kmod attraverso i quali vengono corrette le resistenze caratteristiche del legno, questo per tenere conto dell’influenza negativa che hanno la durata del carico e l’umidità, sulle proprietà resistenti del legno.

dove:

138


Considerato che per entrambe le classi di durata del carico risulta đ?œŽ7,8 ≤ đ?‘“7,8 , le verifiche di resistenza si ritengono soddisfatte. Verifica di deformabilitĂ Per concludere il dimensionamento della trave di copertura si è effettuata l’ultima verifica che riguarda lo stato limite alle condizioni effettive di esercizio. Di norma tale verifica consiste nell’accertarsi che le deformazioni dell'elemento considerato non superino dei limiti prestabiliti. A tal proposito l’EUROCODICE 5 mettono a disposizione alcuni valori di confronto, in questo caso la deformabilitĂ massima dovrebbe risultare: đ?›ż7<=

5 đ?‘ž ∗ đ??żC đ??ż = ∗ ≤ 384 đ??¸ ∗ đ??ź 300

Considerato che:

dove:

Considerato che la deformabilitĂ massima in mezzeria risulta minore dei limiti consentiti, anche in questo caso la verifica si ritiene soddisfatta.

139


7.2 VERIFICA DI STABILITÀ DELL’ARCO A TUTTO SESTO La porzione di fabbrica di cui precedentemente si è dimensionata la struttura di copertura, allo stato attuale è costituita al suo interno da un unico ambiente, suddiviso da n.3 archi a tutto sesto in muratura a sostegno della copertura. Tali archi sono stati realizzati secondo le tecniche costruttive e mediante i materiali appartenenti all’edilizia storica, descritte in precedenza. Durante la fase di analisi della struttura portante della Masseria, si è preso atto del complessivo quadro dei dissesti che particolarmente caratterizza il suddetto corpo di fabbrica. Il quadro fessurativo infatti dimostra alcuni dei cinematismi che sono in atto per via dell’avanzato stato di degrado in cui versa l’intero complesso e che potrebbero portare ad un imminente collasso delle murature come già presente in alcune porzioni di esso.

Fig.7.2.1_Pianta del corpo di fabbrica posto a sud-est, con individuazione delle lesioni. 140


In particolare la nostra attenzione si è focalizzata nello studio del cinematismo che coinvolge la parete portante nord del manufatto e i corrispondenti archi posti ortogonalmente ad essa. Uno fra tutti presenta già un quadro fessurativo abbastanza preoccupante in cui sono state rilevate due lesioni passanti ascendenti, con un’aperura > 5 mm.

Fig.7.2.2_Sezione con foto inserimento della parete oggetto di intervento

Tali lesioni sono posizionate quasi simmetricamente rispetto al centro dell’arco e la loro cuspide iniziale è in corrispondenza del giunto tra il 4° ed il 5° concio, ovvero all’altezza del piano alle reni inclinato di circa 30° dal piano orizzontale in corrispondenza dell’imposta dell’arco.

141


Fig.7.2.3_Schematizzazione della sezione con individuazione del piano alle reni.

Queste lesioni sono ovviamente collegate ai meccanismi di rottura dell’arco che corrispondono esattamente a quelli proposti nel XVIII° secolo da Lorenzo Mascheroni e successivamente dimostrati attraverso la statica grafica da Édouard Méry nel XIV° secolo.

Fig.7.2.4_Schematizzazione del meccanismo di rottura proposto da Lorenzo Mascheroni. 142


Lo studio dunque dimostra, attraverso il cosiddetto metodo grafico di Mery, l’effettiva presenza di questi meccanismi di rottura e successivamente propone un intervento di consolidamento localizzato per cercare di ripristinare la staticità dell’arco. Il metodo si applica quando sono soddisfatte le seguenti ipotesi: - L’arco è a tutto sesto e di spessore costante; - L’arco deve avere luce non eccessiva (indicativamente, non oltre 8-10 m); - L’arco deve essere costituito da un materiale omogeneo approssimabile con un corpo rigido; - I carichi agenti devono essere simmetrici rispetto all’asse di simmetria dell’arco; - Le sovrastrutture gravanti sull’arco devono dare luogo a un riempimento che possa essere considerato incoerente. La posizione dell’arco da verificare è quella compresa nel settore fra 30° e 90°, mentre la porzione al di sotto della lesione alle reni è considerata solidale con il piedritto. Inoltre considerata la simmetria della struttura, la verifica può essere eseguita su metà dell’arco scomposta nei sui conci sui quali si proietta la quota parte di competenza del carico gravante sull’arco; in particolare si ritiene che le strisce così ottenute non siano collaboranti, così da porsi in condizioni di maggiore sicurezza. Di ciascun concio e di ciascuna striscia di competenza si determina il peso proprio e si individua il baricentro. Per semplicità il concio viene considerato di forma trapezoidale, rettificando i lati curvi e approssimandoli così a due lati rettilinei paralleli.

143


Fig.7.2.5-6_Individuazione delle porzioni di muratura sopra i conci e le relative forze peso applicate ai baricentri.

Ripetendo il procedimento per tutti i conci, e conoscendo la geometria dell’arco e il peso specifico del materiale si è in grado di associare ad ogni baricentro cosĂŹ individuato la forza peso corrispondente. Si tratta poi di considerare le strisce di competenza di ogni concio, ripetendo il calcolo della relativa forza peso applicata al corrispondente baricentro. Noti tutti i pesi si determina la risultante delle forze agenti su ciascuna porzione (peso del concio, peso del riempimento ed eventuale sovraccarico) e la relativa retta di applicazione.

144


Considerata dunque una sola forza per ogni porzione, della quale è nota la retta d’azione, si può̀ passare alla costruzione della curva delle pressioni. Costruiamo il poligono delle forze assumendo un polo arbitrario H e individuiamo la posizione della risultante R di tutti i pesi. Dividiamo lo spessore dell'arco in tre parti (terzo medio). Per l'equilibrio dell'arco, la risultante R si scompone secondo due forze aventi direzioni passanti per il terzo medio superiore in chiave (punto C0) e per il terzo medio inferiore alle reni (punto C1).

Fig.7.2.7-8_Costruzione del poligono per l’individuazione del punto di applicazione della risultante.

145


La prima direzione è nota in quanto orizzontale, l'altra si ricava una volta trovato il punto di intersezione G con la risultante. Costruiamo ora il poligono funicolare con polo in H1 (vedi figura 7.2.10); tale poligono è unico e si definisce curva delle pressioni, che descrive l'equilibrio dell'arco. Se la curva delle pressioni si mantiene all'interno della striscia dei terzi medi, tutte le sezioni sono soggette a sola compressione (cento di pressione interno al nocciolo) pertanto l'arco è stabile, diversamente come nel caso in esame in cui la curva delle pressioni risulta in alcuni tratti al di fuori del terzo medio, l’arco risulta instabile. Questo pertanto è il motivo della presenza delle lesioni di cui sopra.

Fig.7.2.9-10_Costruzione del poligono funicolare ed individuazione della curva delle pressioni. 146


7.3 PROGETTO DEI TIRANTI PER IL CONSOLIDAMENTO DELL’ARCO Accertata dunque la presenza del meccanismo di rottura dell’arco, si è proceduto mediante la progettazione di quegli elementi che assolvono il compito di sostenere la muratura e quindi di conseguenza ripristinare le condizioni di stabilità all’arco. Pertanto la soluzione più idonea a tal scopo è l’installazione di una doppia catena metallica posta parallelamente alle due facce dell’arco, alla stessa altezza delle reni in modo da contrastare al meglio i cinematismi in atto. Affinché una catena metallica contribuisca al miglioramento della capacità resistente di una struttura in muratura e in generale ne impedisca i diversi meccanismi di ribaltamento, è necessario effettuare il corretto dimensionamento dei suoi componenti. La massima azione di trazione che un tirante è in grado di sopportare dipende infatti dalla resistenza offerta dalla barra d’acciaio, dal capochiave e dalla muratura limitrofa. È lecito allora affermare che le catene devono assicurare ai pannelli murari e di conseguenza all’arco un determinato livello di azione stabilizzante. Tale azione deve permettere alla struttura di resistere secondo meccanismi che impediscano o procrastinino il ribaltamento. Questi concetti, che corrispondono alla progettazione di un intervento che dia luogo ad un’opportuna gerarchia delle resistenze all’interno della struttura, stanno alla base delle scelte progettuali. Per raggiungere tale obiettivo si eseguiranno dunque le seguenti verifiche: -

Verifica a trazione del tirante in base alla quale si dimensionerà il tirante;

-

Verifica a punzonamento della muratura su cui insiste la piastra capochiave, definendone la geometria;

147


-

Verifica a flessione retta e taglio della sezione della piastra considerandola come una mensola (metà piastra) soggetta alla forza concentrata del tirante.

Calcolo delle reazioni di chiave e di reni La spinta trasmessa attraverso i conci dell’arco, in corrispondenza delle reni (30°), può essere scomposta nelle due componenti orizzontale e verticale. Per la determinazione di tali componenti facciamo riferimento alla schematizzazione del semiarco riportato sullo schema seguente:

Fig.7.2.11_Schematizzazione del semiarco per la determinazione della componente orizzontale della spinta.

Le reazioni vincolari sono state calcolate imponendo l’equilibrio alla rotazione rispetto al terzo medio inferiore della sezione alle reni (punto C1). 148


Si ha dunque:

ΣX = 0 Σy = 0 ΣM = 0 (C1)

E quindi:

Verifica a trazione e dimensionamento catena A questo punto considerato che la componente orizzontale della spinta equivale alla tensione a cui saranno soggette le catene complessivamente, imponendo la condizione di verifica a trazione delle stesse, si ricava l’area minima del profilo d’acciaio da installare. Successivamente verrà stabilito il reale dimensionamento della catena consultando i sagomari relativi ai profili d’acciaio in commercio. Considerando di utilizzare un tipo di acciaio S235 di classe 1, avente tensione di snervamento fyk = 235N/mm2, coefficiente parziale di sicurezza per l’acciaio γM0=1,05, la verifica a trazione, secondo la normativa, consiste nel verificare che:

149


đ?‘ G8 ≤1 đ?‘ H,I8 Dove: Ned= forza di trazione di calcolo Nt,Rd= resistenza a trazione di calcolo che deve essere assunta pari a: đ?‘ H,I8 =

đ??´đ?‘? ∗ đ?‘“đ?‘Śđ?‘˜ đ?›žđ?‘€0

Quindi segue: đ??´đ?‘? = đ?‘ H,I8 ∗

OP+ QRS

---> [37350 * (1,05/235)] = 166,90 mm2

A fronte di questi risultati, consultando i sagomari dei profili commerciali, sono state adottate le seguenti scelte progettuali: 2 Ό 21,3 (spessore 3,2 mm) Verifica a punzonamento muratura e dimensionamento piastra capochiave Per il dimensionamento della piastra capochiave per l’ancoraggio delle catene, verrà effettuata una verifica di resistenza del muro nei confronti della penetrazione della piastra stessa a causa di un eccesso di pressione di contatto. Anche in questo caso, tenuto conto della reale condizione della muratura, si assume un livello di conoscenza LC1, che porta all’adozione di un fattore di confidenza FC = 1,35 (Tabella C8A.1.1, Circ. n.617 del 2/2/09) e all’utilizzo dei valori minimi di resistenza riportati nella Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.

150


Fig.7.2.12_Tabella C8A.1.1, Circ. n.617 del 2/2/09

Quindi secondo la normativa avremo: đ?œŽI =

đ?‘“7 ≤ đ?œŽP đ??šđ??ś ∗ đ?›žV 151


Dove: ĎƒR= resistenza a compressione di calcolo della muratura; fm= resistenza media a compressione della muratura; ĎƒM= tensione esercitata dalla piastra sulla muratura pari a đ?œŽP =

W XY

Quindi segue: đ??´đ?‘? = đ?‘‡ ∗

\]∗ O^ Q7

---> [37350 * (1,35*2/2,6)] = 38.788,6 mm2 ≥ 387,886 cm2

A fronte di questi risultati e considerando una lunghezza minima della piastra tale che riesca a comprendere l’intero spessore dell’arco pari a 70 cm., sono state adottate le seguenti scelte progettuali: Profilo UPN 180 (18 cm x 70 cm = 1260 cm2) Verifica del profilo capochiave L’ultima verifica che si eseguirĂ riguarda il profilo UPN. Una volta determinata la classe di appartenenza del profilo progettato, ovvero profilo in acciaio S275 di Classe 1 (sezione compatta), verrĂ applicato un metodo di analisi plastico. Secondo tale metodo, si assume la completa plasticizzazione della sezione della quale si potrĂ calcolare il momento plastico Wpl ipotizzando il materiale elastico infinitamente plastico. A questo punto è stato schematizzato il profilo come una mensola (metĂ profilo) caricato con un carico concentrato pari a T, di queste sono state calcolate le relative reazioni vincolari.

152


Fig.7.2.13_Schematizzazione del profilo e relativi diagrammi di taglio e momento flettente.

Imponendo le seguenti equazioni di equilibrio si ha:

ÎŁy = 0 ÎŁM = 0 (C1)

153


E quindi: đ?‘‡đ?‘Ž = −đ??š = −

37350 = 18676 đ?‘ 2

đ?‘€đ?‘Ž = đ??š ∗ đ?‘Ž = (37350/2) ∗ 300 = 5602802 đ?‘ đ?‘šđ?‘š2 Le verifiche allo SLU che sono state eseguite sono relative alla sollecitazione di flessione retta e la verifica a taglio. Verifica a flessione retta In questo caso si deve verificare che: đ?‘€f8 ≤1 đ?‘€],I8 Dove: MEd= momento di calcolo; MC,Rd= resistenza di calcolo a flessione che risulta pari a: đ?‘€],I8 = đ?‘€Yg,I8 =

đ?‘ŠYg ∗ đ?‘“R8 = 5866666,67 đ?‘ đ?‘šđ?‘š2 đ?›žP+

Considerato che: �f8 5602802 = = 0,95 ≤ 1 �],I8 5866666,67 la verifica a flessione retta si ritiene soddisfatta. Verifica a taglio In questo caso si deve verificare che:

154


đ?‘‰f8 ≤1 đ?‘‰],I8 Dove: VEd= forza di taglio di calcolo; VC,Rd= resistenza di calcolo al taglio, che risulta pari a: đ?‘‰],I8 = đ?‘Ąđ?‘¤ ∗ â„Žđ?‘¤ ∗

đ?‘“R8 3

= 200686,9 đ?‘

Considerato che: �f8 18676 = = 0,093 ≤ 1 �],I8 200686,9 la verifica a taglio si ritiene soddisfatta. Particolari costruttivi

Fig.7.2.14_Particolare costruttivo capochiave.

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