L'antica Fornace di Ghiare di Berceto (Parma)

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La scelta di illustrare l ’esperienza del Workshop “Recuperiamo l’ex Fornace di Ghiare di Berceto” come argomento di tesi, nasce dall’ interesse personale verso quella parte del lavoro dell’ architetto in cui si incontrano studio teorico e lavoro pratico, temi che al meglio sono stati affrontati nell’ esperienza del Workshop-cantiere a Berceto. Nel periodo di Tirocinio formativo svolto presso lo studio dell’Architetto e Ingegnere Francesco Fulvi, ho avuto la possibilità di conoscere e confrontarmi personalmente con il progetto dell’Ex Fornace di Ghiare di Berceto, maturando quindi un certo interesse verso questa struttura e, maggiormente verso il tema del Restauro architettonico finalizzato al recupero e al riuso di tutti gli edifici di pregio abbandonati nel corso degli anni, il mio coinvolgimento e il mio interesse verso questo Workshop-cantiere infatti è stato immediato, guidato dalla volontà di conoscere la parte di lavoro più pratica della professione dell’ architetto: quella in cui non si agisce solo sui disegni per studiare e progettare una struttura, ma ci si confronta fisicamente con essa lasciando la propria impronta e conoscendo sempre più approfonditamente l’opera in questione. L’importanza di lavorare in un cantiere vero, in cui si entra in contatto con ciò che si vuole riportare in vita, è a mio avviso fondamentale per la formazione di un futuro progettista: conoscere i materiali, non più solo a livello teorico, di studio, ma poterli utilizzare sull’opera stessa, lascia una traccia indelebile nella memoria perché l’insegnamento non si avvale solo di parole, ma di gesti e di rumori che difficilmente verranno dimenticati; imparare a vivere nel cantiere e muoversi in esso è un’esperienza che non tutti gli studenti posso vantare: non si tratta solo di visitare un cantiere, non si tratta di vederlo da lontano o semplicemente camminare in esso, significa invece mettere sé stessi a pieno servizio della struttura, significa accrescere le proprie conoscenze e mettersi in gioco e, soprattutto serve a sentirsi davvero parte del progetto: perché una volta che si è toccato con mano cosa significa lavorare nello spazio progettuvale, la visione che si ha di esso è nuova, è migliore, è completa.

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INDICE DEI CAPITOLI

1. Presupposti e finalità del workshop......................9 2. Stato di fatto dell’opera prima degli interventi.................................................................13

3. Storia dell’Ex Fornace...........................................35 4. L’Organizzazione.....................................................47 5. Il Contributo dei Professionisti, le Lezioni Teoriche...................................................................55 Modulo Teorico-Pratico: Gli Interventi sulle Strutture........................................57 Operazione Pratica: Restauro dei Pilastri e delle Murature.............59 Modulo Teorico-Pratico A: I Leganti, gli Aggregati, le Malte..............................71

Modulo Teorico-Pratico B: Il Rilievo Materico e le Analisi di Laboratorio........77 Operazione Pratica: Il Cuci-Scuci......................................................85 Modulo Teorico-Pratico C: Le Volterrane..........................................................91 Modulo Teorico-Pratico D: Progettazione e Realizzazione di un Percorso Espositivo Temporaneo......................................................................................95 Modulo Teorico-Pratico E: Diagnostica sulla Fornace........................................99 Presentazione: Il contributo dell’Archeologia al Restauro: Contesti Urbani ed Extraurbani.......................................................................101

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6. Diffusione e Risonanza nei Media.......................105 7. Conclusioni...........................................................111

Ringraziamenti.......................................................119 Bibliografia...........................................................121

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Capitolo Primo : Presupposti e Finalità del Workshop

Il tema proposto dal Workshop “Ricostruiamo l’Ex Fornace di Ghiare di Berceto” ha permesso agli studenti di confrontarsi con una parte del lavoro dell’Architetto che non tutti hanno la possibilità di toccare con mano: l’ esperienza in cantiere. In cinque giorni, dal 28 Luglio al 1 Agosto, studenti laureati e non hanno lavorato duramente, fatto del loro meglio per aiutare la Fornace a tornare ad essere protagonista della valle. Lavorare fisicamente, agire direttamente, mettersi a disposizione della comunità, del Comune e del Pubblico sono tutte componenti che negli anni di studio non vengono sempre affrontate; cogliere un’ occasione come questa significa avere la possibilità di conoscere ancora meglio il proprio lavoro, non solo attraverso uno schermo, ma con le proprie mani. Il Workshop-cantiere ha messo a disposizione di un vecchio gigante dormiente, la Fornace di Ghiare di Berceto, le forze di studenti e docenti affinché questo possa tornare in vita e servire ancora una volta la comunità, naturalmente, con scopi e finalità diverse, ma ravvivando un paese e una valle per costruire un nuovo futuro per un monumento cosi imponente. Il presupposto alla base di questo progetto è la collaborazione e il reciproco scambio tra docenti e professionisti, che hanno tenuto lezioni teoriche durante i giorni del Workshop, hanno insegnato agli studenti tutto ciò che poteva servire loro per affrontare e lavorare su una struttura cosi danneggiata dal tempo, così lo scopo è di riportare la Fornace di Ghiare di Berceto al suo stato originale, dare di nuovo valore ad un’ architettura dimenticata negli anni. Questo è un tema legato a quel ramo dell’ architettura che è il Restauro Architettonico: non a caso sono stati chiamati professionisti esperti per insegnare agli studenti a rapportarsi con la Fornace: la docente Elisa Adorni della Facoltà di Architettura di Parma, l’Archeologo Filippo Olari e l’Architetto Giulia D’Ambrosio; le loro lezioni hanno avuto come tema principale il rapporto tra l’ opera antica e l’intervento materico-progettuale. Lavorare su un monumento, su un’ architettura, significa rispettarne l’identità: riportarlo in vita vuol dire spesso restauralo e questo presuppone un’ approfondita conoscenza della storia e dei materiali, come le malte ad esempio, il loro impiego nel passato ci è stato tramandato e oggi è fondamentale conoscere i loro utilizzi, la loro composizione, studiarle a fondo prima di ogni intervento di recupero.

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Le esperienze di lavoro dei professionisti chiamati a tenere le lezioni sono servite agli studenti non solo come insegnamento fine a se stesso, ma come esempio da seguire: nella fase di restauro di alcune porzioni danneggiate, il coinvolgimento di questi professionisti ha permesso di vedere come si restaura fisicamente un’ opera, ma non solo. Vedere come si lavora su un manufatto, ha permesso anche di capire come la professione di Architetto non si limiti solo al lavoro in ufficio, un architetto deve sapere la teoria e la deve anche saper mettere in pratica, questi non è solo un teorico che lascia che il lavoro in cantiere sia gestito da altri, ma conosce le tecniche e le modalità migliori per approcciarsi al restauro di un edificio. Il fine di questo Workshop era duplice: da un parte, c’ era bisogno di forze per mettere a nudo la struttura della Fornace e aiutarla a tornare come un tempo, mentre dall’altra, si trattava di portare in cantiere i futuri Architetti di domani, di accompagnarli in un’ esperienza unica che permettesse loro di conoscere una parte del loro lavoro che non avrebbero visto cosi attentamente nel solo ambito universitario. Se la finalità del Workshop può essere distinta in due volontà diverse, lo scopo da qui fino alla fine sarà solo uno: riportare alla vita la Fornace, renderla vivibile dalla comunità, renderla utile, e qui in sintesi, ridarle il ruolo di protaginista della valle.

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Fotografia del gruppo di lavoro

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Capitolo Secondo: Stato di Fatto dell’Opera prima degli Interventi

Cominciando a entrare in modo piĂš approfondito nel progetto, si analizza ora la planimetria generale:

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Da questa planimetria si riesce ad intuire come la Fornace domini la maggior parte del panorama della valle, è stata costruita a breve distanza dalla stazione di Ghiare di Berceto, quindi la struttura permetteva di essere raggiunta facilmente e infatti questo fece sì che esse diventasse un vero e proprio polo lavorativo per la zona. Ancora oggi la struttura è imponente, ben visibile quando ci si avvicina al paese, e la sua presenza è ancora molto sentita dagli abitanti di Ghiare. La Planimetria, ricostruita dallo studio di Francesco Fulvi, mostra l’ estensione della Fornace nella valle di Ghiare di Berceto e anche quali siano i confini della proprietà pubblica rispetto al paese e alla sua espansione nelle vicinanze della fabbrica; infatti ad oggi la Fornace è il fabbricato di maggiori dimensioni della valle limitrofa; il paese sviluppatosi attorno a questa è comunque di modeste dimensioni rispetto allo spazio che si puo vedere attorno. La posizione strategica e il suo funzionamento verranno esplicati meglio nella realzione storica a seguire. Lo stato in cui l’Ex Fornace di Ghiare di Berceto si trovava al momento dell’inizio dei lavori mostrava segni di degrado avanzato dovuto al suo abbandono negli anni precedenti e in particolare la zona di intervento del Workshop è stata limitata al piano Terra e al Primo piano della parte meno danneggiata della struttura; questa è la zona collegata al primo di tre capannoni, quello recentemente restaurato: la copertura nuova progettata dall’Architetto Francesco Fulvi ha permesso di lavorare in sicurezza e al riparo dalle piogge. La parte retrostante si trova anche ora in pericolo di crollo e quindi non è stata oggetto di intervento nel periodo del Workshop; osservando l’ edificio in pianta sono visibili le zone in cui è stato possibile intervenire evidenziate in Giallo, mentre il prospetto e le fotografie mostrano l’aspetto della Fornace al momento dell’arrivo in cantiere.

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Le piante del Piano Terra e del Primo Piano ci mostrano come la struttura portante della Fornace sia costituita da una serie di pilastri, i quali si estendono ovvimante fino alla copertura, che dividono ritmicamente in campate tutta l’estensione del fabbricato; il nucleo invece della struttura è rappresentato dalle murature di sostegno dei camini, originariamente quattro ma ad oggi sopravvissuti solo due: non si conosce la motivazione precisa, ma si suppone che gli ultimi due camini vennero smantellati probabilmente in seguito, quando la Fornace smise di produrre cemento; infatti nel caso in cui fossero crollati per un cedimento o un incidente, la struttura apparirebbe maggiormente dannaggiata nella porzione di fabbricato in cui si trovavano. Il colore Giallo identifica quindi le zone di intervento in cui è stato possibile lavorare in sicurezza sulla struttura mentre il Rosso mostra la nuova zona fruibile dopo i lavori ; come si nota, la maggior parte delle attività si sono concentrate nella porzione di fabbricato costituita dai porticati creati dai pilastri portanti su entrambi i piani, questo perchè per scelta progettuale, si è ritenuto che la zona in questione fosse la più adatta ad ospitare al più presto delle manifestazioni locali permettendo così agli abitanti del luogo di tornare a visitare e vivere parte della Fornace.

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Pianta Piano Terra

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Pianta Piano Primo

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Riportando prospetto e fotografie della zona di intervento sopra citata, proseguiamo con la descrizione dello stato di fatto del fabbricato: sono visibili, in prospetto, due dei quattro camini presenti ad oggi, mentre quelli mancanti sono sottolineati da i due basamenti in rame costruiti come impronta a memoria degli originali. I grandi pilastri proseguono dai primi livelli, zone di intervento del Workshop, fino alla sommitĂ della copertura nuova realizzata in legno e tegole, ventilata e termicamente isolata, costruita durante il primo appalto concesso per restaurare la Fornace; al piano terra osserviamo invece la campate create dal passo dei pilastri, il loro stato di degrado e la composizione materica che le caratterizza.

Rilievo Materico e di Degrado

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Basamento di uno dei camini mancanti ricostruito in rame La ricostruzione del basamento delle due ciminiere mancanti permette una vista panoramica molto suggestiva della valle; già ad oggi è possibile risalire una parte del camino e raggiungere questo punto, tramite una scala temporanea, trovandosi così nel punto più alto raggiungibile di tutta la struttura. Progettati e costruiti negli esatti punti in cui erano state costruite le antiche ciminiere, questi basamenti in rame hanno la funzione di ricordare l’antica struttura, non pervenuta ad oggi, che si presume essere stata smantellata nel corso degli anni e non crollata, poichè il crollo di due camini di queste dimensioni avrebbe provocato danni molto maggiori alla struttura.

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Fotografia di Stato di fatto al primo giorno. Fotografo Francesco Fulvi Il prospetto rappresentante il degrado della zona di intervento, mostra come questo, ad oggi, fosse concentrato soprattutto ai piani Terra e Primo, in cui parti di stratificazioni precedenti nel corso degli anni avevano cominciato a cedere lasciando intravedere la muratura originaria: mattoni pieni e pietra della zona, una combinazione che si ritrova in tutta la struttura. La stratigrafia delle malte e, in alcune zone di vero e proprio cemento, era stata a sua volta rivestita da un intonaco chiaro, bianco, ma anche decorata con un intonaco grigio ad indicare una sorta di basamento: nei pilastri era sottolineato con un intonaco sempre di colore grigio questo basamento ideale, mentre in tutta la lunghezza proseguivano poi semplicemente intonacati di bianco. In generale erano proprio i piani Terra e Primo quelli con maggior bisogno di essere puliti e restaurati, poichè la parte retrostante al porticato non era in sicurezza non vi si poteva accedere nonostante necessitasse anche questa di intervento. Le parti superiori come i livelli a Secondo e Terzo piano, sottolineati anche essi come il Primo dai parapetti di costruzione successiva e non originale della Fornace, avrebbero richiesto uguale attenzione, ma ovviamente per ragioni di tempo e forza lavoro, non era possibile restaurare anche essi al meglio e quindi ci è concentrati sui primi livelli: la scelta è ricaduta su questa porzione di fabbricato perchè con la costruzuine della nuova copertura del capannone adiacente alla Fornace, lo spazio può essere utilizzato in sicurezza una volta pulito e restaurato, e diventare fruibile dalla comunità che potrà organizzare poi attività sociali in un luogo coperto e vivibile.

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Analizziamo ora lo stato di fatto della nuova copertura realizzata nel mese di Maggio 2014, la quale ha ospitato i lavori di restauro della Fornace di Ghiare di Berceto, progettata dall’Architetto Francesco Fulvi e oggetto del Secondo Appalto per il fabbricato. L’ ispirazione alla base di questa nuova copertura va ricercata nelle capriate dei capannoni successivi al primo, i quali ancora oggi sono costituiti dalle antiche capriati risalenti all’epoca di costruzione del fabbricato, il 1911, e la volontà è stata quella di mantenere un legame con il passato, cercando di restarvi fedeli quanto possibile; ovviamente per motivi strutturali, e per problemi quali il carico delle nevi e la sicurezza, non è stato possibile progettare una copertura identica a quella del 1911, ma comunque l’ idea era quella di progettare le nuove capriate tenendo conto del loro legame con le antiche.

Nuova Copertura del primo capannone

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Capriate orginali del capannone adiacente

Nuova copetura, vista dall’interno Una delle differenze maggiori tra questi due tipi di capirate è data dallo spessore del legno utilizzato per realizzarle: le capriate antiche hanno uno spessore molto inferiore rispetto alle nuove, questo perchè oggi è necessario calcolare più variabili e più fattori per progettare una copertura sicura; il legno utilizzato per la costruzione delle nuove capriate è quindi più spesso perchè la copertura deve sopportare i carichi delle nevi, delle piogge e gli strati di isolamento pensati per rendere in un futuro questo spazio ben protetto.

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Un’ altra differenza importante è data dalla conformazione della copertura: al fine di rendere più interessante e suggestivo il progetto, la copertura nuova presenta una porzione in vetro su tutta la sua lunghezza: in origine il progetto prevedeva che l’ intera metà della copertura fosse vetrata, ma attraverso una serie di compromessi si è giunti al progetto definitivo realizzato in cui la luce entra nel capannone grazie a questa porzione rendendolo luminoso e permettendo cosi anche una visuale verso l’ alto, ai camini. La scelta di restaurare quindi la parte di struttura nelle immediate vicinanze di questo capannone risulta evidente: con una nuova copertura a proteggere lo spazio e i primi due livelli restaurati e puliti, sarà possibile in breve tempo utilizzare questo spazio per scopi pubblici, cominciando quindi a utilizzare parte dell’ ambiente della Fornace sin da subito. Ovviamente lo spazio sarà fruibile solo nei mesi più caldi e miti, almeno finchè non sarà possibile concludere il progetto di questa parte di fabbricato chiudendolo e rendendolo uno spazio caldo e accogliente tutto l’ anno.

Fotografia di Davide Grossi

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Un altro ambiente importante che nel corso del Workshop è stato utilizzato è la parte superiore del fabbricato, l’ultimo livello, oggetto del Primo Appalto di progetto.

Livello superiore, fotografia di Francesco Fulvi La copertura è in legno, termicamente isolata e ventilata e protegge il nuovo solaio e calpestio anche esso in legno; questo spazio è uno dei più suggestivi perchè offre la vista di un panorama unico sulla valle della zona; le idee progettuali sono molte e infatti questo è uno dei luoghi più puliti, restaurati e meglio conservati del fabbricato.

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Vista Panoramica dal livello superiore Le opere di restauro di questo ultimo livello sono terminate e restano da effetturarsi solo quelle di progetto per il futuro, in cui si prevede di chiudere questo spazio tramite gradi vetrate che non lo esporrebbero più alle intemperie. Questo livello è divisio in due zone dal corpo centrale della fabbrica, ma comunque questo sono collegate da passaggi intermedi a questo e permettono di raggiungere anche l’altra porzione di terrazzo identica a questa ma con un affaccio diverso, sulla zona retrostante al fabbricato e ad oggi in stato di abbandono. La descrizione dello stato di fatto al momento dell’inizio del Workshop si conclude poichè molte zone, comunque rilevate e studiate da parte dello Studio 4S dell’Architetto Fulvi, non sono state oggetto di lavoro nel corso della durata dei lavori di questa esperienza. Di seguito si allegano alcuni disegni, opera dello Studio 4S di Francesco Fulvi, utili a comprendere meglio la struttura della Fornace; le piante del Piano Terra e del Piano Primo sono riportate rispettivamente alle pagine 16 e 17.

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Pianta Piano Secondo

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Pianta Piano Terzo

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Pianta Piano Quarto

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Pianta Piano Quinto

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Prospetto Principale

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Prospetto Posteriore

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Prospetto Nord

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Prospetto Sud

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Sezione Lunga A-A

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Capitolo Terzo: Storia dell’Ex Fornace

Il cementificio Marchino a Ghiare di Berceto, dovrebbe essere stato costruito intorno agli anni 1911-1912 dalla S.C.I.C.C. (Società Casalese Industria Calce Cementi) – a seguito di un accurato studio effettuato dalla medesima che riguarda una Relazione di geologia applicata e una Relazione su un nuovo impianto per produzione di Calce e Cementi a Ghiare di Berceto progettato Marchino & C., datati 1910. In tali documenti sono riportati i validi elementi per la costruzione di un nuovo stabilimento per la produzione di calce e cemento in quanto, la Società Marchino & C., cercava all’epoca di diversificare le zone produttive di cementi nel Nord Italia. I terreni sui quali è sorto lo stabilimento e dove è stata aperta la cava di Prà Dà Cà, vennero acquistati dalla S.C.I.C.C. Marchino, per mezzo del proprio presidente Adolfo Tardy, il 5 ottobre 1910.

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Successivamente fu aperta una nuova cava nelle terre di Monte Buso (Monte Gazzo) che venne abbandonata nel 1937. I rilievi sugli appezzamenti, allegati al rogito di acquisto, vennero eseguiti dall’Ing. Piero Marchino che venne coinvolto fin da subito nella realizzazione dello stabilimento. La scelta di Ghiare di Berceto derivò essenzialmente per la scoperta, in località Filagni sul monte, in dialetto denominato “mont di prà va Cà”, di giacimenti calcarei dai quali si poteva estrarre un’ottima marna cementizia e, inoltre, l’estrazione sarebbe risultata discretamente facile ed economica anche per la vicinanza della cava al futuro stabilimento. Altri aspetti di rilevante importanza per l’installazione del cementificio furono la prossimità dello stabilimento alla ferrovia e la sua buona ubicazione rispetto alla zona di smercio del prodotto ed a un porto marittimo che permetta l’esito nelle zone di possibile esportazione. Inoltre la società Marchino si assicurò una concessione gratuita di estrazione d’acqua dal fiume Taro già attualmente goduta dai cedenti, cui poté prodursi con opportune opere la forza idroelettrica, in misura preventivata superiore ai bisogni massimi dello Stabilimento, per modo che l’eccedenza potesse essere venduta a nuove industrie che si potevano collocare dei pressi dello Stabilimento, o trasportata a non grandi distanze; è questo nuovo elemento che ha giovato all’estrema riduzione dei costi di produzione. Nello stabilimento non furono mai attrezzate le opere per lo sfruttamento idroelettrico del Taro, ma l’energia elettrica venne prodotta con la combustione del carbone e, successivamente, vi fu l’allacciamento all’elettrodotto pubblico tramite la centralina elettrica che si trovava nella parte più alta dello stabilimento, adiacente al magazzino del carbone. Nell’immagine successiva vediamo l’ubicazione della Fornace rispetto al paese e la sua vicinanza rispetto al fiume Taro.

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Il cementificio, riconoscibile sulla sinistra, occupa gran parte del paese di Ghiare di Berceto e per tutta la sua attività ha fatto sì che molti operai in cerca di un’ occupazione scegliessero questa zona per lavorare; la prossimità della stazione ferroviaria alla Fornace, rappresentò poi un forte incentivo per coloro che abitavano lontani da essa aumentando quindi l’ interesse per la fabbrica.

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Interessante è la presenza di una seconda Fornace nelle vicinanze, situata vicno a Ghiare: la Fornace in questione si occupava della produzione di gesso, si presenta anche questa in condizioni critiche e con problemi strutturali e di degrado, ma è di rilievo perchè di epoca antecedente alla Fornace di Ghiare e architettonicamente simile; la prenseza delle quattro ciminiere, benchè di ridotte dimensioni, la avvicina alla compozione della Fornace oggetto di restauro del Workshop.

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Tornando ad occuparci della Fornace do Ghiare di Berceto, dal punto di vista architettonico, la fabbrica che venne costruita in pietra locale e mattoni, si stagliava e, si staglia tutt’ora imponente, nell’ abitato di Ghiare di Berceto per i suoi quattro camini, anche se attualmente ne rimangono solo due, e fu impostata per la funzionalità produttiva a “gradinata” e, quindi, lavorazione tutta in discesa. Il nucleo originario dell’ impianto coincide, in gran parte, con gli edifici ancora oggi esistenti: il magazzino del carbone, i forni, le tettoie del clinker, l’ edificio per la macinazione con il deposito per l’insaccamento e il fabbricato degli uffici amministrativi; in origine il numero dei forni previsti era sei, anziché i quattro poi costruiti. In questo modo, la passerella per il carbone si sarebbe trovata in posizione baricentrica rispetto alla fornace, e la fornace stessa allineata con le tettoie del clinker e l’ edificio del mulino.

Assonometria esplicativa della composizione a “gradinata” dell’impianto

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Per quanto riguarda invece la fase di trasporto, il calcare giungeva alla Fornace dalla cava tramite una teleferica, seguiva così per tutto il corso della lavorazione una via in discesa dai forni alle tettoie di stagionatura, ai molini, ai silos, ed infine al vagone ferroviario, che con opportuno binario di raccordo poteva raggiungere direttamente la ferrovia ed essere immesso nello Stabilimento. La costruzione della teleferica iniziò nel 1911; nel febbraio del 1912 furono completate le fondazioni per il ponte protettore sulla ferrovia, protezione che serviva a contenere eventuali cadute di massi sulla linea ferroviaria. La teleferica funzionò ininterrottamente fino al 1932, anno in cui ci fu la prima chiusura della fabbrica, applicava per il suo movimento il principio del contrappeso rappresentato dall’uso di carrelli a bascula. Sopra il montante principale erano poste delle fascine in modo che attutissero un’eventuale caduta di materiale sullo stesso e, il cavo utilizzato per il funzionamento della teleferica, era costituito da un’intelaiatura interna in canapa intrecciata a cavi d’acciaio in modo che tale canapa servisse da lubrificante e impedisse la formazione d’eventuale ruggine. Nel secondo dopoguerra, tale teleferica, fu definitivamente smantellata assieme al montante probabilmente per utilizzare l’acciaio e la ghisa per altri scopi.

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Il materiale veniva caricato nei crogiuoli insieme al carbone, i cui magazzini erano posti nella parte piÚ elevata dell’impianto e comunicavano con i forni attraverso una passerella collegata ai palchi inferiori della fornace.

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Nella fabbrica, che lavorava a ciclo continuo con turni giorno e notte, erano occupati circa cinquanta operai di cui molte erano donne le quali si occupavano prevalentemente alla cernita del prodotto e alla manutenzione dei sacchi di iuta.

Il lavoro era assai poco salutare, in quanto non esistevano depuratori e il paese era ricoperto di polvere di cemento. Era prodotto cemento del tipo Portland che si ottiene mediante macinazione di clinker con aggiunta di gesso dosato nella quantità necessaria per regolarizzare il processo d’idratazione. Il clinker Portland è, in pratica, il prodotto della cottura senza alcuna correzione della marna da cemento e, per tale processo produttivo, furono utilizzati inizialmente dei forni rotatori verticali a marcia continua alimentati a carbone. Il processo di raffinazione delle materie prime e del cemento si articolava in tre fasi: frantumazione, macinazione intermedia e macinazione fine. I materiali scavati si presentano generalmente in grossa pezzatura perciò era necessario un primo lavoro di sgrossamento mediante frantumazione per portare il materiale alla dimensione adatta per la macinazione; il prodotto che ne derivava era cotto, come detto, nei forni e questa fase è senza dubbio l’operazione più importante della fabbricazione del cemento; dalla sua perfetta esecuzione dipende, nella maggior parte dei casi, la qualità del prodotto.

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Per ottenere una cottura regolare, era necessario soddisfare alcune condizioni fondamentali, valide ancora oggi anche se con qualche modificazione: per prima cosa occorreva porre molta cura affinchĂŠ la miscela avesse la composizione richiesta, alla quale la chimica aveva assegnato dei limiti, che non dovevano essere trasgrediti nĂŠ per eccesso nĂŠ per difetto. Alla luce di questi parametri si stabilivano le proporzioni dei due, o talvolta piĂš, componenti per ottenere i migliori risultati, compatibilmente con la composizione delle materie prime; una seconda condizione era che i materiali fossero finemente macinati e ben omogeneizzati: il grado di finezza piĂš opportuno da conferire ai materiali non poteva essere fissato esattamente uguale per tutti, ma era condizionato alla loro natura fisica e alla loro struttura mineralogica.

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Dopo una fiorente produzione dello Stabilimento, dal 1919 al 1922, iniziarono in tutto il nord Italia agitazioni e scioperi nel campo agricolo ed industriale volte alla rivendicazione di diritti e del miglioramento delle proprie condizioni di lavoro. Anche nello stabilimento di Ghiare gli operai si mobilitarono con diversi scioperi e agitazioni contro la decisione della Società di ridurre i salari. Le vertenze si risolsero con la formulazione di un nuovo Regolamento Disciplinare Interno relativo allo stabilimento di Ghiare di Berceto nel 1922. Nel 1929 venne installata una linea elettrica che dallo stabilimento raggiungeva le cave, sia quella di Prà Dà Cà che quella di Monte Buso; il tracciato seguiva la strada verso Berceto a sud per poi passare sotto l’ancora oggi presente sottopasso ferroviario e raggiungere le cave lungo lo stesso percorso della teleferica. Se si analizzano le operazioni della società sul finire del 1929, dall’apertura di una nuova cava, all’acquisto dei terreni con relativa concessione di sfruttamento a Casacca, sembrava che vi fossero previsioni di espansione e potenziamento per lo stabilimento. Nella realtà, la crisi economica che scoppiò a livello mondiale alla fine dello stesso anno, portò ad un netto ridimensionamento e ad un lungo declino del cementificio di Ghiare. Inoltre, le nuove normative riguardanti le caratteristiche meccaniche dei cementi, introdotte dal 1927, portarono ad un sempre più difficile sfruttamento del cemento greggio (prodotto esclusivamente con la cottura di marna cementizia); in questa ottica si iniziarono, anche nello stabilimento di Ghiare, le miscelazioni con cemento proveniente da diverse cotture e con altri inerti. Nel 1932 la crisi continua a danneggiare la Fornace: la cava non forniva più materiale di qualità, gli operai incominciarono a scioperare perché non erano pagati, finché la fabbrica fu chiusa. Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica ormai chiusa, servì come centro di raccolta e di smistamento dei prigionieri di guerra. Quando i costi di spedizione del materiale greggio a Ghiare divennero insostenibili, alla fine del 1932, i lavori furono sospesi; tecnicamente lo stabilimento rimase sempre potenzialmente attivo, per poter riprendere la produzione qualora se ne fosse presentata la necessità. In questa logica venne sempre eseguita la manutenzione dell’impianto e dei macchinari presenti. E’ ipotizzabile che lo stabilimento abbia assunto, già dalla fine del 1930 un ruolo marginale rispetto agli altri stabilimenti Marchino; il materiale semilavorato proveniente dai forni di Casale (o da altre fornaci Marchino, sufficientemente vicine da rendere conveniente la spedizione), arrivava a Ghiare per essere macinato,

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miscelato e confezionato per poi proseguire il suo tragitto verso la Liguria e le zone di smercio nel Tirreno. Questo ruolo è desumibile dai rendiconti sul materiale spedito e ricevuto, da e per Ghiare, dove le quantità di cemento risultano fortemente ridotte rispetto al cemento che veniva prodotto dai forni verticali. Nel 1937 venne dismessa la cava di Monte Buso mentre si mantenne aperta quella di Prà Dà Cà. Nella seconda metà degli anni ’30 e durante tutta la Guerra non è possibile rintracciare altre informazioni sullo stabilimento, ma sappiamo che i tedeschi portavano i prigionieri nella fabbrica con i camion nell’attesa di inviarli in Germania con i treni. Le donne del paese andavano nelle famiglie a raccogliere cibo da portare ai prigionieri. il 7 luglio del 1944 Ghiare subì il suo più disastroso bombardamento, ma l’obiettivo sicuramente ricercato, la Fornace, non fu colpito, e ciò non avvenne mai durante tutta la guerra. Nel secondo dopoguerra, si cercò di riaprire la fabbrica con una gestione a cooperativa prendendo da esempio uno stabilimento a Pontremoli (MS), ma gli iniziatori furono sconsigliati perché non c’era convenienza economica. Le fasi successive dello stabilimento, rimasto sostanzialmente invariato dal punto di vista strutturale negli edifici principali, vedono cambiare il materiale di lavorazione che passa dal cemento al marmo, dalla plastica al poliuretano, ecc.. Nel 1967, lo stabilimento con annesso terreno, vennero venduti dalla UNICEM all’imprenditore Gatti Sergio ad esclusione dalla vendita di tutti i mobili, i macchinari e attrezzi di qualsiasi specie e natura. L’acquirente, anche per i suoi eredi ed aventi causa, si obbligò in modo assoluto a non esercitare negli stabili acquistati, direttamente o per interposta persona, industria ed attività concorrenti con quella esercitata dalla società venditrice ovvero la produzione ed il commercio di cementi, calci e leganti idraulici di ogni specie e di altri prodotti affini. Sotto la proprietà Gatti, rispettando la clausola del rogito, lo stabilimento venne utilizzato per la lavorazione di materiali lapidei. E’ probabile che i forni non siano stati coinvolti in eventuali trasformazioni, concentrando l’utilizzo dell’impianto soprattutto nei grandi locali delle tettoie del clinker, dell’edificio dei mulini e del deposito dei sacchi. Nel 1976 il tribunale civile di Parma emise un decreto di trasferimento degli immobili di proprietà di Gatti Sergio componenti l’ex stabilimento, a favore di

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privati. Al 2010 il comparto risulta essere frazionato in due porzioni: la Fornace continua ad essere di proprietà pubblica mentre la restante parte è in mano a privati.

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Capitolo Quarto: L’Organizzazione

Entrando sempre più nelle logiche che hanno portato ad organizzare il Workshop “Recuperiamo la Fornace di Ghiare di Berceto”, vediamo ora come è stato gestito il laboratorio in sé, dalle varie questioni di suddivisione dei tempi, dei compiti alle lezioni e alle figure professionali intervenute. Per diffondere e far conoscere questa esperienza al maggior numero di studenti sono stati fondamentali i Social, come Faceboook, che con la loro grande capacità di condivisione hanno portato più di Sessanta studenti a iscriversi al Workshop; anche i siti specializzati di architettura hanno accolto e portato alla conoscenza di molti il Workshop. Grazie al contributo della ProLoco, organizzazione legata al contesto di Ghiare di Berceto, e del Comune di Berceto è stato possibile organizzare le giornate e lavorare nel sito della Fornace. Per l’ alloggio degli studenti sono state messe a disposizione la Canonica della chiesa locale e la scuola, entrambe a pochi metri dal cantiere, allestite grazie al contributo della Protezione Civile che ha ceduto in prestito brandine per la notte e docce esterne. Provenienti da Parma, da Bologna, da Milano, da Torino, gli studenti hanno avuto la possibilità di venire a contatto con il lavoro in cantiere tramite internet, attraverso un efficace manifesto che racchiude l’organizzazione delle cinque giornate di lavoro.

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La dettagliata descrizione delle attività delle varie giornate è esplicativa della importanza che hanno il momento teorico e quello pratico nell’ esperienza a Ghiare, infatti sono suddivisi in modo che gli studenti potessero imparare una parte teorica prima di mettere in pratica qualsiasi azione di lavoro manuale. Una delle finalità del Workshop era quella di trasmettere al gruppo di studenti, laureati e non, alcune conoscenze che non sempre nelle università sono protagoniste degli insegnamenti; il lavoro in un cantiere di recupero e restauro richiede di avere capacità che si apprendono con l’ esperienza e il lavoro in esso, ma comunque era necessario che il gruppo di giovani architetti si confrontasse, anche se per un periodo limitato, con le teorie e la pratica del lavoro. Le lezioni teoriche sono state tenute da diversi professionisti, non solo architetti, che hanno messo a servizio degli studenti le loro conoscenza nei rispettivi campi di interesse e di studio; le giornate in cantiere erano state pianificate in modo da suddividere la fase di studio e di teoria e quella di lavoro pratico in momenti distinti del giorno: al mattino le lezioni teoriche e nel pomeriggio l’attività pratica. Ovviamente questa divisione del lavoro non si presentava in modo cosi netto, spesso le lezioni teoriche, non coprendo tutto l’ arco della mattinata, lasciavano il posto al lavoro pratico; anche quest’ ultimo però, cedeva dei momenti alle lezioni teoriche: spesso nel lavorare sulle superfici, era necessario chiedere conferme ai professionisti e in questo scambio di idee prendevano forma delle brevi lezioni teoriche a spiegazione del perché era necessario agire in un modo o in un altro. La prima giornata è cominciata con la descrizione del programma del laboratorio, la presentazione dei professionisti che sarebbero stati presenti in cantiere e ha visto la presenza del Sindaco del Comune di Berceto Luigi Lucchi, che ha evidenziato il legame tra la Fornace e la valle in cui è sita, definendone l’importanza in termini storici e sociologici: l’ intenzione del Comune è quella di rendere l’Ex Cementificio Marchino un luogo di aggregazione e di studio per la comunità, auspicando che questo possa riprendere il suo ruolo di catalizzatore per la valle, riportando giovani e vita nella zona come era successo agli inizi del Novecento con la sua apertura. L’ ìmpegno messo in gioco dagli esperti , dalle personalità del luogo e dagli studenti è stato determinante per restituire parte della Fornace alla comunità, con la speranza che la diffusione di ciò che si è fatto in questo Workshop possa convincere possibili investitori a partecipare alla ricostruzione del Cementificio, mantenendo intatti gli sforzi di queste cinque giornate, continuando a riportare in vita questo sito.

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Nel manifesto è ben visibile come le giornate sono state organizzate in modo da affrontare ogni giorno un tema, un modulo diverso di insegnamento sempre legato ai temi del restauro e alle competenze di chi ha tenuto la lezione teorica del giorno: sicurezza, lavorazione delle malte, analisi di laboratorio, studio delle volterrane, progettazione e studi diagnostici sono stati i temi protagonisti delle varie giornate in cantiere; i temi presentati sono fortemente legati al lavoro in cantiere e allo studio della Fornace e sono stati fondamentali alla comprensione del sito, del luogo di lavoro, dei temi del restauro e più in generale dell’attività delle varie personalità che compongono lo studio di un’architettura del passato.

Conferenza con il sindaco di Berceto, Luigi Lucchi in sede comunale.

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Capitolo Quinto: Il Contributo dei Professionisti, le Lezioni Teoriche Le lezioni teoriche che hanno introdotto gli studenti al lavoro in cantiere, e più in generale, hanno fatto conoscere loro l’ aspetto più pratico della professione, sono state presentate da diverse figure del panorama lavorativo della provincia di Parma; chiamati dall’ Architetto Fulvi, hanno tenuto ognuno una lezione diversa in base alle loro competenze e al loro lavoro, mostrando spesso le loro esperienze dirette e il loro coinvolgimento nel cantiere di Ghiare. Gli Architetti: Francesco Fulvi, Roberto Bruni, Elisa Adorni, Giulia D’Ambrosio; l’ Archeologo Filippo Olari, il Geologo Giovanni Michiara sono state le personalità del mondo del lavoro che sono intervenute nelle lezioni teoriche nei loro campi di lavoro e sono stati coloro che presenti in cantiere hanno agito come guide per gli studenti, aiutandoli nella comprensione della storia della Fornace, dei problemi che ad oggi la indeboliscono e delle soluzioni da mettere in atto per raggiungere il fine preposto: restaurare il più possibile le zone predefinite per riportare la Fornace al suo aspetto originario e renderla un luogo di aggregazone sociole ed economicamente attivo per la comunità. Entrando nel merito delle lezioni teoriche che hanno insegnato agli studenti quelle nozioni fondamentali per lavorare in cantiere, iniziamo ora a trattare i temi affrontati in queste lezioni e vediamo come le informazioni sono state utilizzate nel modulo di lavoro pratico sulla Fornace. Le lezioni teoriche sono state fondamentali per ampliare la conoscenza sulla Fornace, la sua storia e, in modo più mirato, hanno permesso di acquisire le competenze di base per poter mettere mano alla struttura stessa sotto la supervisione dei professionisti incaricati, i quali erano sempre presenti in cantiere per mostrare come affrontare un problema e mettere in pratica le tecniche apprese nel corso degli anni di lavoro; questo scambio continuo tra studente-docente non si è limitato alle sole ore di lezione frontale tenute al mattino, ma è durato per tutta la giornata perchè le figure di riferimento erano i professionisti e con la loro esperienza sul campo hanno consigliato e mostrato agli studenti come agire sulla struttura in modo pratico. Il Workshop ha avuto al duplice funzione di insegnare e far mettere in pratica le nozioni apprese, senza femarsi alla sola teoria, insegnando così ai ragazzi a stare in un cantiere e, più in generale, a considerare la professione di Architetto non solo come studio teorico e lavoro al computer, ma anche come lavoro manuale, di conoscenza del cantiere e degli oggetti, delle componenti dei materiali e del loro utilizzo, nozioni che le lezioni universitarie permettono di acquisire sulla teoria, ma non dal punto di vista pratico.

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Durante il primo giorno, una volta sistemate le questioni di organizzazione, amministrazione e saluti, è intervenuto il sindaco di Berceto, Luigi Lucchi, che ha parlato con passione del Comune di cui è rappresentante e ha introdotto alla storia della Fornace nei suoi anni di lavoro, concludendo con i ringraziamenti per i ragazzi per il loro lavoro nella struttura. La prima lezione introduttiva è stata tenuta dall’ Architetto Roberto Bruni che ha presentato ufficialmente la struttura e parte della sua storia, concentrandosi maggiormente sugli studi effettuati in cantiere e sulle modalità di comportamento da tenere all’ interno per lavorare in sicurezza e in ordine: la regole di comportamento sono intuibili e sono di generale conoscenza, come la necessità di proteggersi sempre con il caschetto da cantiere e l’ utilizzo dei guanti da lavoro e calzature antinfortunistiche; benchè assicurati, era comunque necessario ribadire che le norme di comportamento erano doverose da parte degli studenti, per non ferirsi e lavorare in tranquillità. In questa lezione introduttiva si è quindi cominciato ad entrare nel progetto e nei suoi sviluppi, nella sua storia, nel suo degrado e con la visita generale guidata da Francesco Fulvi si è visto di persona tutto ciò che fino a quel momento era stato solo raccontato: un tour del cantiere nelle sue zone sicure, con l’ architetto che si occupa da anni del restauro del manufatto è certamente un’ esperienza obbligatoria per chi vuole conoscere a fondo la struttura, perchè dalle parole e dai racconti dell’Architetto Fulvi si è potuto imparare molto sulla Fornace, dalla lavorazione dei materiali all’ epoca, ai danni successivi, alle opere già messe in atto per il suo restauro e in generale si è capito come la comunità del luogo senta vicina questa struttura e abbia voglia di vederla di nuovo protagonista della valle. Terminati quindi tutte le attività preliminari, cominciamo ad entrare veramente in quello che è il tema di questa Tesi di Laurea: le esperienze di Recupero e Progettazione sulla Fornace.

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Modulo

Teorico-Pratico: Gli Strutture

Interventi

sulle

Una volta mostrata la parte di Fornace in sicurezza e su cui si sarebbero concentrati i lavori, si è passati alla spiegazione teorica su come intervenire su essa utilizzando gli strumenti proprio del lavoro in cantiere e mostrando come poterli maneggiare, benchè sarebbe poi stata l’ esperienza maturata nei giorni, la migliore insegnante. I lavori di restauro si sono concentrati come detto sui primi livelli, il Piano Terra e il Piano Primo nel loro affaccio sulla porzione collegata al capannone principale perchè questa parte è quella in sicurezza, mentre la parte posteriore non è ancora stata messa in sicurezza per cui si presenta a rischio crollo; la scelta di restaurare questa parte è data anche dal fatto che grazie alla nuova copertura del capannone (descrizione da pagina 21) è possibile che questo sia l’ ambiente che più facilmente potrà essere utilizzato al più presto, quindi riportare ordine e pulizia qui sarebbe stato utile perchè l’ avrebbe reso fruibile prima di altri ambienti. A questi piani, i lavori di restauro sono stati indirizzati alla pulizia dei pilastri, delle murature, degli archi e delle volterrane su entrambi i livelli: attraverso l’ utilizzo degli attrezzi da cantiere e dei ponteggi è stato possibile raggiungere lo scopo predefinito, aumentando così la superficie calpestabile della fabbrica e quindi quella utilizzabile in sicurezza. Vediamo ora tutti i lavori eseguiti dagli studenti, cominciando proprio dal restauro delle murature del fabbricato per arrivare poi a tutti i piccoli interventi di restauro puntuale su porzioni più piccole.

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Operazione Pratica: Restauro dei Pilastri e delle Murature La maggior parte del lavoro pratico sulla Fornace è stata indirizzata verso il restauro dei pilastri e delle murature dei piani Terra e Primo, dove era importante riportare la struttura originale alla luce, dopo che straficazioni di malte e intonaco la avevano coperta interamente, in modo che questa parte fosse utilizzabile al più presto per manifestazioni di paese. Gli interventi messi in atto per restituire l’ immagine vera della struttura muraria della Fornace sono stati possibili grazie agli insegnamenti del cantiere, all’ utilizzo degli strumenti messi a disposizione e della volontà dei ragazzi che, man mano che la struttura tornava alla luce, si sono impegnati sempre più a fondo, cominciando a considerare la struttura anche come una sfida personale: fare il possibile, lasciare la propria impronta e riportare ai giorni nostri il vero volto dell’ ex Cementificio Marchino. Durante gli interventi sono anche state riscoperte nicchie, archi e strutture nascoste da anni sotto gli strati di intonaco e polvere: queste piccole scoperte sono certamente state motivo di orgoglio per chi ha lavorato ore e ore per farle emergere dalle polveri, e sono state anche importanti dal punto di vista dei rilievi fatti in precedenza, che ora diventeranno ancora più precisi. Vediamo come sono stati portati avanti i lavori e cosa è emerso da queste fasi di pulizia e restauro, mostrando l’ avanzamento dei lavori dalla fase iniziale alla resa finale: i cambiamenti sono ben visibili, testimoniano l’ impegno messo in gioco in cinque gioni di lavoro, testimoniano la voglia di mettersi a lavorare, di scoprire un’altra faccia del mestiere, di imparare a conoscere meglio i materiali. Il presupposto base del lavoro è come detto all’inizio, la cooperazione, il lavoro di gruppo, di team, l’ aiuto reciproco e l’ impegno indirizzato tutto verso la struttura, guidati dalla volontà di essere partecipi di un progetto vero, reale, tangibile che coinvolga tutti, laureati e non, professionisti e studenti, tutti uniti con le proprie competenze a servizio di un edificio che la comunità del luogo sente molto vicino. Iniziamo dal principio: i primi interventi sulla struttura.

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I Pilastri

Come detto in precedenza, i lavori di pulizia e restauro sono partiti dal piano terra dove parte del lavoro da svolgere in cantiere rigurdava la situazione dei pilastri che presentavano segni di degrado degli intonaci, spesso giĂ disgregatisi negli anni e in altre zone invece ancora da eliminare.

Dalla fotografia risultano evidenti le zone degradate e gli intonaci rovinati dagli anni di abbandono, essendo questa zona rimasta soggetta alle intemperie per lungo tempo: ricordiamo che la Fornace si presentava totalmente rivestita con intonaco bianco e colorato in grigio chiaro, ovvimente aggiunte successive agli anni di costruzione, che quindi doveva necessariamente essere eliminato per mostrare l’originale struttura in mattoni pieni e pietra del luogo. Ecco le fasi di lavoro e la resa finale del restauro e della pulizia.

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Avanzamento dei lavori e strutture montate in cantiere

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Un altro elemento della struttura da eliminare, erano i parapetti, strutture aggiunte nel corso degli anni e non originali del fabbricato: smatellati dai ragazzi e riprestinati nella loro forma passata e spartana costituita da due travi di legno incastrate nella muratura.

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Gli interventi effettuati dai ragazzi sono stati di rimozione degli intonaci attraverso l’ utilizzo di mazzetta, scalpello, spazzole presenti in cantiere, una volta imparata la tecnica si sono messi in gioco impegnandosi al massimo facendo così rinascere la struttura, eliminando le stratificazioni e ripulendo dai detriti il luogo del cantiere. I pilastri rappresentano una delle peculiarità della Fornace perchè si elevano fino alla sua sommità sorreggendo tutti i carichi, copertura compresa; gli spazi sono gestiti e suddivisi dalle campate create dai pilastri e saranno oggetto di progetto, poichè la loro presenza scandisce lo spazio e crea una interessante area sotto il piano primo che potrà essere gestita in futuro.

Fotografie di Francesco Fulvi

La struttura originale è ripristinata: la murature dei pilastri sono tornate alla luce come erano in passato e i parapetti hanno ripreso la loro conformazione come nel periodo di costruzione.

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Confronto tra il primo giorno e l’ultimo, al termine dei lavori: le stratificazioni sono state eliminate e la Fornace ritorna ad essere come un tempo.

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Le Murature

Dato che la struttura doveva essere ripulita nei piani predefiniti, anche i muri sono stati oggetto di restauro su questi: sempre con l’ utilizzo di mazzetta e scalpello, sono stati rimossi gli strati di materiale che avevano modificato l’ aspetto originale della Fornace.

Piano Terra Fotografie di Francesco Fulvi)

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L’ avanzamento dei lavori

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Al Primo piano i lavori di pulizia e rimozione hanno portato alla luce le cavità di sfiato delle ciminiere, purtroppo non è stato possibile aprirle poichè gli strati di cemento e pietrisco non hanno ceduto ai tentativi di liberare le cavità .

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Confronto tra il prima e il dopo i lavori nei due livelli

L’ avanzamento dei lavori (Fotografie di Francesco Fulvi)

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Modulo Teorico-Pratico A: I Leganti, gli Aggregati, le Malte

Il Modulo A, trattante il tema della composizione delle malte, è stato presentato il secondo giorno del Workshop dall’ Architetto Giulia D’Ambrosio, professionista esperta nel trattamento delle Malte e della loro composizione, che ha intrattenuto gli studenti con la spiegazione dell’ utilizzo, della composizione, della classificazione, degli usi delle malte sia nel corso della storia che oggi; la lezione in particolare ha fatto luce su quelle che sono le basi per la conoscenza e l’ utilizzo di questo materiale in cantiere. La Malta è infatti l’ impasto ottenuto mediante miscelazione omogenea di leganti , sabbia e acqua in proporzioni opportune a seconda degli impieghi previsti. Per creare una buona malta è necessario che i suoi componenti rispettino determinate caratteristiche compositive: l’Acqua deve essere limpida e scevra di impurità, la migliore è acqua potabile, la Sabbia è lo scheletro della malta e conferisce resistenza meccanica e riduce il ritiro dell’impasto e può essere Naturale se estratta dal letto dei fiumi , torrenti , laghi o mare e lavata per evitare effluorescenza ed effetti nocivi, o Artificiale se ottenuta per frantumazione meccanica di rocce o di scorie, inoltre le sabbie migliori per le malte sono quelle silicee. Dimensioni dei granuli di sabbia (mm) e impieghi: < 0,1 per finiture lisce 0,2 - 0,5 per malte da intonaco 0,5 - 1 per malte da muratura 1- 7 per getti di piccoli elementi Per quanto riguarda invece i Leganti, questi sono materiali ottenuti dalla cottura di particolari rocce, appositamente preparati che uniti all’acqua generano un impasto plastico capace di assumere, attraverso reazioni chimiche irreversibili, una consistenza litoide e di acquisire buona aderenza alle superfici con cui viene a contatto. Se combinati in vari modi portano alla creazione di diversi impasti: • Legante + acqua = Paste, stucchi, boiacche • Legante + acqua + sabbia = Malte • Legante + acqua + sabbia + ghiaia = Calcestruzzi o conglomerati Si classificano poi in base alla loro capacità di presa, infatti se i loro impasti fanno presa in presenza di aria si parla di Leganti Aerei altrimenti se i loro impasti, dopo la presa, possono indurire anche in presenza di acqua sono Leganti Idraulici.

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I Leganti sono stati e sono tutt’ora una componente fondamentale per tutte le costruzioni, nel corso dei secoli hanno quindi subito più evoluzioni per adeguarsi alla nuove tecnologie e alle sperimentazioni architettoniche; ad oggi la loro evoluzione è cosi strutturata: • il Gesso : legante aereo, cotto in forni a temperature modeste tra i 130 e 170 °C, composto con acqua e sabbia diventa una malta molto plasmabile ma per nulla resistente al dilavamento da pioggia o in generale all’acqua a causa della sua enorme solubilità. I suoi impieghi sono documentati in epoca fenicia ed egizia grazie alla sua facile plasmabilità e reperibilità. Successivamente utilizzato solo in interni e decorazioni. • La Calce Aerea e Idrata : legante aereo, si ottiene dalla cottura della pietra calcarea CaCo3 (carbonato di calcio) a temperature intorno ai 900 °C in appositi forni. La materia è purissima più del 90% è carbonato di calcio. • la Calce Idraulica Artificiale : con la scoperta della pozzolana nella baia di Napoli e nelle terre circostanti il Vesuvio, con presenza di silice e allumina, intorno al X sec. a.C. già dai Fenici, ma sopratutto utilizzata in seguito dai Romani, la calce aerea acquista proprietà idrauliche. Da cui il “calcestruzzo romano” (grassello di calce, sabbia pozzolanica, acqua e rottami di mattoni o pietra sbriciolati) che diede modo di costruire malte resistenti meccanicamente e resistenti nel tempo; in alternativa o insieme alla pozzolana il cocciopesto veniva usato per migliorare le prestazioni del grassello. Pozzolana, cocciopesto, caolino cotto, farina fossile, scorie di forgiatura, scorie di altoforno sono tutti materiali ricchi di silice reattivo. • la Calce Idraulica Naturale : la sua scoperta è attribuita al britannico John Smeaton che nel 1750 che la produsse e utilizzò nella costruzione di un faro marino; tuttavia si usava già empiricamente da due secoli. E’ una roccia calcarea con impurità argillose, marne ( circa l’11%), molto diffusa in natura nel territorio che grazie proprio alla presenza di materia argillosa rende possibile la reazione di indurimento in presenza di acqua in piccole o grandi quantità. Viene cotta in forni a temperatura di circa 1000 °C in cui si susseguono reazioni chimiche sia a temperature inferiori dove la marna inizia a reagire formando silice e allumina e poi aumentando il calore la calce si decompone combinandosi con i prodotti della precedente reazione. Oggi la calce idraulica in commercio chiamata artificiale è ottenuta miscelando il moderno cemento portland con calce aerea o polvere di calcare a cui possono essere aggiunti degli additivi chimici per aumentare le prestazioni di plasmabilità e plasticità, mentre la calce idraulica in commercio definita naturale è in realtà prodotto artificiale ottenuto da un processo industriale basato sulla cottura di calcare argilloso o di miscele di calcare e argilla.

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• il Cemento Portland : tra fine ‘700 e inizio ‘800 grazie a studi e ricerche di francesi e inglesi (Vicat e Parker e Aspdin) si scoprirono i ruoli giocati nella calce da silicati e alluminati. Il contenuto di argilla fu aumentato al 40% con miscele artificiali di calcare ed argilla da inviare in forno per temperature tra i 1000 e i 1500 °C. Si ottenne così da cemento portland il clinker che non aveva bisogno di essere spendo grazie alla passa presenza di calce; inoltre venne aggiunto al cemento portland il gesso per diminuire la velocissima reazione di indurimento dopo la miscelazione con acqua: questo fu permesso grazie alle invenzioni tecnologiche di forni che cuocevano a temperature superiori e a macchina come la betoniera che permettevano di impastare materie diverse rendendo l’impasto compatto. Cambiano quindi anche le tecniche di costruzione con casserature temporanee. Ecco nascere il calcestruzzo odierno dove si aggiungono ghiaie di granulometrie diverse per amalgamare gli elementi e creare coesione tra le parti; la resistenza meccanica raggiunta supera tutte le prestazioni precedenti a scapito di una traspirabilità del materiale e la durabilità dell’odierno calcestruzzo è messa a dura prova quando si trova in presenza dell’acciaio sensibile all’acqua.

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Una volta compresa la composizione delle malte, possiamo quindi classificarle per Componenti e per Impiego: Per Componenti: • Malte Aeree : malte di gesso o calce spenta; • Malte Idrauliche : artificiali o naturali, le loro caratteristiche principali sono la porosità, l’adesione alle superfici e l’attitudine a trattenere l’acqua; Una volta indurite assumono una struttura finemente porosa che le rende permeabili all’aria. Vengono usate per intonaci interni ed esterni. La loro resistenza meccanica è generalmente molto più elevata di quella delle malte aeree; • Malte Cementizie : raggiungono rapidamente valori di resistenza meccanica maggiori delle malte precedenti, hanno migliori doti di permeabilità e di durata nel tempo; • Malte Composte (o Bastarde) : calce e gesso, calce e cemento, cementizie con calce idrata, sono confezionate con due o più leganti diversi per avere la migliori caratteristiche di tutte le componenti; • Malte Addittivate • Malte Pronte o Miscelate Per Impiego: • Malte per Muratura • Malte per Intonaci • Malte per Sottofondi • Malte Grasse: molto ricche di legante , eccessivo ritiro durante la fase di indurimento quindi cavillature e fessure; • Malte Magre : povere di legante e scarsamente resistenti; • Malte di Gesso : gesso e acqua in parti uguali , si lavora in piccole quantità perché indurisce rapidamente e si usa o per strato di finitura o per decori e stucchi. solo per uso interno; • Malte di Calce Aerea : l’indurimento avviene per reazione con l’anidride carbonica presente nell’aria. Il processo di asciugatura e carbonatazione è molto lento e graduale, avviene dall’esterno verso l’interno delle murature e in spessori elevati più essere particolarmente difficoltoso. Sono malte facilmente lavorabili, con limitata resistenza meccanica; sono tipici difetti di queste malte i calcinaroli (noduli che si formano da un veloce spegnimento della calce) e le ragnatele (piccole cavillature nelle malte grasse per effetto del ritiro). Hanno notevoli capacità di traspirazione favorendo la permeabilità d’acqua nella muratura.

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La lezione di teoria dell’ Architetto D’Ambrosio ha permesso di acquisire le nozioni base per creare una malta efficace e in generale per comprendere la sua composizione, la sue caratteristiche e il suo utilizzo in modo da poter agire sul fabbricato consapevolmente e, considerando che sono stati messi in atto lavori di ricostruzione di alcune parti danneggiate, la lezione è stata utile per introdurre gli studenti all’utilizzo delle malte in cantiere. Vediamo ora come sono state miscelate le malte nella parte pratica che ha seguito alla lezione, come gli insegnamenti e la presenza costante dei professionisti abbiano guidati gli studenti passo passo.

Studente durante la lavorazione della Malta

Due tipi di Malta ottenuti variando la colorazione della sabbia

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Le prove fatta successivamente alla lezione teorica sono servite a mostrare come la composizione della malta si rifletta sulla sua resa finale e come si comporta in termini di presa e colore, infatti ad esempio l’ utilizzo della calce idrata ha creato una calce molto più chiara delle precedenti.

Per quanto riguarda i lavori di ricostruzione di alcune porzioni danneggiate, è stata utilizzata Malta in proporzione 1:2, cioè miscelando una porzione di acqua e due porzioni di calce; in particolare in cantiere era a disposizione per i lavori il materiale seguente, ed è stato utilizzato dagli studenti nei lavori di “cuci-scuci” spiegati in seguito.

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Modulo Teorico-Pratico B: Il Rilievo Materico e le Analisi di Laboratorio Collegata a modulo teorico sulle Malte, la lezione successiva è stata tenuta dalla Professoressa Elisa Adorni, docente all’ Università degli Studi di Parma impegnata nel campo del restauro architettonico e in particolare insegnante del modulo di “Litologia e geologia per l’architettura” in cui spiega e analizza i vari materiali che possono comporre una struttura; la sua esperienza in questo campo è stata riportata nella lezione tenuta sulla Malte, il rilievo materico e le analisi di laboratorio che si possono effettuare nello studio preliminare di un fabbricato e di seguito, sintetizzando i contenuti della sua lezione, spieghiamo perché è necessario eseguire i rilievi materici e le analisi di laboratorio dei campioni di una struttura oggetto di studio. Nel campo del restauro architettonico, di qualsiasi edificio in analisi, bisogna comprendere il significato di restauro e conservazione, concetti che stanno alla base del lavoro di un architetto impegnato in questo ambito: infatti nel progetto di restauro è necessario tener conto dell’ importanza che ha la storia del manufatto con cui ci rapportiamo in modo da rispettare il più possibile la sua struttura e i suoi componenti, cosi che studiando la composizione di una muratura si possano mettere in atto interventi che rispettino la costruzione senza alterarla: un intervento su un’ architettura del passato non potrà utilizzare materiali di ultima generazione ove possibile mantenere quelli originali e le analisi di laboratorio ci forniscono i dati necessari a fare questo, mettendo a disposizione la composizione dei materiali antichi e aiutandoci a riprodurli. L’ intervento teorico della professoressa Adorni inizia con la presentazione della prima analisi da effettuare su una struttura: il Rilievo Materico-Patologico. Questo primo livello di studio mostra graficamente il grado di deterioramento della struttura avvenuto negli anni e classifica il degrado di questa in diverse categorie: • • • • • • •

Deterioramento naturale Biodeterioramento (vegetazione, infestante, depositi organici) Depositi superficiali (croste, nere, strati incoerenti di polveri, concrezioni) Erosione/Scagliatura Rigonfiamento Esfoliazione Fessurazione

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Ecco un esempio di Rilievo Materico-Partlogico effettuato sulla Fornace di Ghiare di Becerceto dallo Studio 4S di Francesco Fulvi al momento dell’ inizio dello studio e dei lavori sul fabbricato: il colore rosso identifica le zone di degrado dei materiali, dove sono crollate alcune parti della fabbrica, dove ha ceduto lo strato di intonaco e in sostanza rivela la parti che hanno bisogno di essere restaurate e recuperate al più presto; infatti l’ intero corpo della Fornace presentava tutti i diversi gradi e tipi di degrado elencati in precedenza ed era necessario dall’inizio prevedere delle opere di studio e recupero di tutta la struttura. Ad oggi la parte retrostante della Fornace non è stata sistemata e presenta ancora molte zone in stato di degrado e alcune in pericolo di crollo.

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Per riuscire a comprendere la composizione del materiale è necessario studiarne un campione originale, prelevando quindi una porzione di oggetto per studiarla in laboratorio permettendone cosi lo studio completo e puntuale; lo studio di un campione avviene in diverse fasi e richiede diverse competenze. Il prelievo di un campione e la preparazione per la sua analisi sono tecniche ‘invasive’, in quanto esigono l’asporto di una porzione di materiale dal manufatto, per quanto piccola: rispetto al campione, queste indagini possono essere ‘distruttive’, cioè richiederne la distruzione, in fase di esecuzione, oppure ‘non distruttive’, e allora consentono l’esecuzione di più indagini sul medesimo campione che vanno correttamente pianificate in un programma diagnostico che deve includere: • diverse forme di raccolta delle informazioni (le vicende storiche dell’edificio, l’osservazione diretta, il dialogo con esperti di altre discipline, ecc.) • il tipo e il numero di campioni • l’ordine di esecuzione delle indagini Il prelievo dei campioni deve essere attentamente programmato, in relazione al problema da indagare, alle analisi da eseguire, alle condizioni dell’opera, sulla base di alcuni criteri: • numero minimo dei campioni • riduzione al minimo delle perturbazioni del campione in fase di prelievo e prima dell’ esecuzione dell’indagine • rappresentatività massima del problema oggetto di indagine • scelta dei punti di prelievo • dimensioni minime dei campioni Esistono diversi modi di prelevare il campione, in base all’indagine che si intende eseguire e al problema che si intende chiarire e si classifica in tre categorie: • Prelievo Globale, quando si intenda studiare manufatti organizzati per strati (policromie, finiture superficiali, etc.) o stratificazioni dovute al degrado e consiste nell’asportazione di una porzione continua di materiale che contenga tutti gli ‘strati’ da studiare (carotaggi o microprelievi); • Prelievo Selettivo, consiste nella scelta di un solo ‘strato’ o fase, o tipo di alterazione (usando il bisturi, piccole lame o scalpelli); • Prelievo Multigraduale, prelievi selettivi in sequenza, condotti a profondità discrete e significative per il tipo di informazioni che si cerca di raccogliere.

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ModalitĂ di Prelievo di un Campione

Prelievo di un Campione da una muratura Una volta raccolti i campioni che si vogliono analizzare si passa alla fase di analisi di questi attraverso diverse tecniche a disposizione in laboratorio che ci restituiscono la composizione precisa del materiale oggetto di studio; le tecniche a disposizione oggi sono varie e nella lezione la Professoressa Adorni le ha elencate e spiegate agli studenti, tecniche che un giorno potranno infatti sperimentare in prima persona.

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La Microscopia Ottica è un metodo di osservazione diretta di oggetti di dimensioni assai ridotte, che mette in evidenza particolari in genere invisibili ad occhio nudo. Il microscopio ottico è costituito da sistema di lenti che produce una immagine ingrandita del campione. Per ottenere un alto ingrandimento (~ 1000x) si realizza un doppio sistema di lenti; nel campo del restauro, risulta molto utile il basso ingrandimento (10-40x) e, in genere, non si va oltre il 500x. Essa utilizza la luce naturale o artificiale incidente sul campione (luce riflessa), o quella emessa o trasmessa dal campione (luce trasmessa). I metodi di illuminazione del campione sono diversi in base alla sostanza da esaminare: • a campo chiaro, in luce trasmessa (per oggetti traslucidi) • in luce polarizzata trasmessa, per osservazioni mineralogiche, petrografiche, cristallografiche • in luce polarizzata riflessa.

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La Microscopia Elettronica invece, è un metodo di osservazione indiretto, applicato ad oggetti molto ridotti e con il quale si possono raggiungere ingrandimenti estremamente elevati. Esistono due tipi di microscopia elettronica: • in trasmissione (TEM) (fino a 1.000.000x) • a scansione (SEM) (fino a 100.000x) L’esame SEM si basa sul principio per cui il campione bombardato da un fascio di elettroni ad alta energia può essere retroriflesso dalla superficie analizzata; il pennello di elettroni scandisce sistematicamente in senso orizzontale e verticale il campione, ricoprendolo interamente cosi che l’immagine percepibile costituisca una ricostruzione elettronica del campione, basata sul modo diverso di riflettere il fascio da parte del campione, dovuto alla sua natura e geometria, e non un suo ingrandimento diretto.

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La Diffrattometria a Raggi X è un’indagine distruttiva, applicata a campioni ridotti in polvere che sfrutta la capacità dei raggi X di attraversare corpi opachi e di rivelarne le caratteristiche interne basandosi sulla proprietà per cui gli atomi di una sostanza attraversata dai raggi X agiscono come ostacoli diffrangenti. Se gli atomi o le molecole sono disposti in modo disordinato si avrà diffusione (fenomeno per cui un fascio luminoso viene riflesso in tutte le direzioni) del fascio di raggi, se invece sono ordinati, si avrà diffrazione (fenomeni di propagazione delle onde elettromagnetiche che non si accordano con la legge di propagazione rettilinea delle onde nei mezzi omogenei). Studiando le modalità di diffrazione del fascio di raggi, è possibile risalire alla caratterizzazione microstrutturale di una sostanza. La diffrattometria è impiegata per l’individuazione di sostanze cristalline (ad. es. per l’analisi petrografica o la determinazione di sali).

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Infine abbiamo le Analisi Chimiche che comprendono un insieme esteso di metodi, sia qualitativi sia quantitativi, che consentono di stabilire la presenza e il tenore di un determinato elemento all’interno di un campione; queste, in genere, sono distruttive, in quanto prevedono la trasformazione del campione in altre sostanze, o la sua scomposizione (analisi) negli elementi componenti. Un possibile metodo da utilizzare è la Spettroscopia ICP- AES. Tutte le varie analisi riportate e spiegate dalla Professoressa Adorni sono importanti per conoscere un edificio nel momento in cui questo necessita di essere restaurato perchè ci forniscono sempre più informazioni e completano lo studio e l’analisi preliminare prima di effettuare un vero e proprio intervento; in generale l’importanza degli studi preliminari permette di evitare errori nella fase di progettazione, perchè conoscendo a fondo l’edificio e i suoi materiali, sappiamo come agire per restaurarlo nel pieno rispetto della sua composizione storica e materica.

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Operazione Pratica: Il Cuci-Scuci Introdotta quindi la teoria sugli studi e le analisi dei materiali, e considerando che questo tipo di strumentazioni non erano presenti in cantiere, passiamo alla descrizione della parte pratica di cui l’ Architetto Elisa Adorni si è occupata in prima persona: il restauro di porzioni di struttura danneggiate dal tempo e dal degrado. Come detto, la Professoressa Adorni è docente a Parma nell’ambito del laboratorio di Restauro e ha tenuto anche in cantiere, al momento del lavoro manuale, una lezione inerente appunto alla sistemazione di quella parti di struttura che sono state danneggiate dal corso degli anni di abbandono della struttura; la sua lezione sul campo ha rigurdato in particolare la situazione dei pilastri del piano terra dove porzioni di mattone o pietra risutavano scalfiti e non più integri.

La porzione di pilastro in questione era particolarmente danneggiata e necessitava di essere restaurata; questa operazione di chiama in gergo “Cuci-Scuci” e si compone di due fasi: la prima ha come scopo la rimozione del materiale danneggiato con l’ utilizzo di scalpello e mazzetta in modo da rendere omogenea la superficie per proseguire con la fase due, nella quale viene scelto il materiale da inserire per ricostruire la porzione, in base a colore, dimesione e, se possibile, dovrà essere un materiale presente in cantiere o molto simile all’ originale. Vediamo punto per punto come è stata esguita l’operazione di Cuci-Scuci.

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I pilastri della Fornace sono composti da due materiali, mattoni pieni e pietre del luogo e questi si alternano con una scansione precisa su tutti i pilastri e per tutta la loro altezza nella struttura; individuate quindi le zone con necessitĂ di restauro, come detto la prima fase consiste nella rimozione delle pietre o dei mattoni danneggiati.

Questa operazione è fondamentale per poter livellare la superficie su cui innestare poi il materiale successivo, e infatti ha richiesto particolare cura perchè qualora non fosse ben levigata, la porzione da inserire per ricostruire il pilastro non si potrebbe posizionare in modo corretto e quindi non risultare omogenea con il resto del pilastro.

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Inizia ora la seconda fase del restauro della porzione, la ricostruzione del pilastro. Terminata la fase di livellatura e pulizia della zona, si passa alla scelta della pietra e in questo caso anche del mattone, da inserire per ricostruire il pilastro senza che questa risulti un’ aggiunta successiva: grazie alla selezione di pietre e mattoni lasciate sul sito del cantiere e risalenti al periodo della costruzione, è stato possibile utilizzare materiale appartenenti alla stessa tipologia e composizione originale di tutta la Fonace.

Scelta e verifica della dimensione del mattone sostitutivo La scelta dei materiali che hanno ricostruito la nuova porzione di pilastro è stata particolarmente accurata perchè questi non avrebbero dovuto sporgere o sembrare innaturali nella muratura originale e infatti sono state eseguite più prove prima di scegliere definitivamente quali fossero la pietra e il mattone più idonei.

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Una volta scelti la pietra e il mattone migliori, che si innestassero al meglio nella porzione, si conclude l’ opera di ricostruzione utilizzando la malta per ricreare l’ angolo di pilastro mancante avendo così ricucito insieme tutta la struttura.

Si procede bagnando la porzione e il materiale nuovo e poi con l’ aiuto di una cazzuola si sitema la malta su entrambi per assicurare una presa migliore e si spinge la pietra il più possibile in modo che non sporga dal pilastro e risulti il più omogena possibile con tutta la muratura.

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L’ aspetto finale del pilastro si presenta così: senza incongruenze con l’ esistente, omogeneo e restaurato.

Stato della ricostruzione al momento e suo aspetto nei giorni successivi Queste piccole operazioni di restauro della muratura sono state eseguite in più punti danneggiati, dove gli studenti hanno messo in pratica gli insegnamenti della Professoressa Adorni sotto la sua supervisione, e hanno così ricostruito parti di struttura che altrimenti avrebbero contribuito a dare un senso di decadimento alla Fornace; con questa lezione sul campo si è visto come sia importante per un Architetto saper lavorare con i materiali del cantiere, saper maneggiare gli strumenti e saper decidere quali strategie adottare per completare una piccola opera come questa. Le lezioni teoriche hanno fornito le basi per utilizzare e studiare un materialie, ma è stata la parte di pratica a insegnare come mettere a servizio di una struttura le conoscenze acquisite.

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Modulo Teorico-Pratico C:

Le Volterrane

Il modulo teorico sullo studio e il recupero delle Volterrane è stato presentato da Francesco Fulvi nell’ ambito della sua lezione sulla storia della Fornace e gli sviluppi del progetto seguiti dal suo studio nel corso degli anni; parte della relazione storica del Capitolo Terzo (da pagina 35) comprende ciò che l’ Architetto Fulvi ha raccontato insieme a altre nozioni più dettagliate. Iniziando quindi con cenni storici circa la nascita e i processi di lavorazione della Fornace, Francesco Fulvi ha spiegato le caratteristiche principali della fabbrica, la cronologia degli avvenimenti fino alla sua chiusura e ha approfondito alcune parti come ad esempio gli studi sulle Volterrane.

Volterranee del Piano Terra, già pulite e liberate dalle stratificazioni Le Volterrane sostengono i solai di tutti i piani, e in particolare sono state pulite e riportate alla luce (come in foto) quelle dei piani di intervento, cioè il piano Terra e il piano Primo; costituite da mattoni pieni e travi di ferro, queste si presentavano nascoste da uno strato di malta e intonaco bianco che le ricopriva completamente nascondendone quindi la composizione. Nella foto qui riportata è possibile vedere come la pulizia della struttura riveli l’ originale composizione delle Volerrane portando così armonia alla composizione, facendo sì che sia evidente la loro appartenenza ai primi anni del Novecento.

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La maggior parte dei lavori di pulizia e messa a nudo delle Voleterrane è stata possibile ma in alcuni punti si è deciso di non intervenire nella rimozione degli strati di cemento e intonco perchè la porzione scoperta denunciava possibili danni e instabilità che erano contenuti dalle stratificazioni di materiale di rivestimento, e per tanto i lavori in quella parte sono stati interrotti per non compromettere la struttura e sono rinviati fino al compimento di studi più approfonditi. Anche le strutture della parte posteriore della Fornace presentano diversi stadi di instabilita, per cui non sono stati oggetto di lavoro nel corso del Workshop, infatti richiedono prima di essere messi in sicurezza. Le procedure di pulizia delle Volterrane si sono svolte in due fasi, prima sono state predisposte delle strutture di sostegno, posate in corrispondenza delle travi di ferro, che ne hanno aumentato la resistenza soprattutto per rendere più sicuri i lavori al piano Primo.

Porzione con problemi statici

Condizione della struttura: incrostazioni e stratificazioni di materile

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La seconda fase del lavoro consisteva nella pulizia vera della struttura, avvenuta utilizzando la strumentazione di cantiere, con cui gli studenti hanno scrostato ed eliminato la parte di malta e intonaco facendo sĂŹ che la struttura originale e la composizione in mattoni pieni fosse di nuovo visibile.

Rimozione della malta e dell’intonaco: la struttura è rivelata

Pulizia completa: mattoni e travi a vista

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Modulo Teorico-Pratico D: Progettazione e Realizzazione di un Percorso Espositivo Temporaneo

La Progettazione è ciò di cui si occupa in primis un Archietto, lo studio, la conoscenza del sito, dei materiali, sono alcune delle operazioni preliminarie necessarie per progettare sia un edificio, sia per restaurarlo e recuperarlo; in questa ottica si sono inserite le esperienze spiegate e raccontate nella pagine precendenti, ma un’ ulteriore operazione di progettazione è stata affrontata in questo Workshop: la realizzazione di un percorso espositivo temporano è stata da sempre una delle idee che hanno guidato Francesco Fulvi e Roberto Bruni nei loro anni di studio e collaborazione per la ricostruzione della Fornace. L’ importanza della creazione di un percorso progettato e pensato all’ interno della struttura, sta nel fatto che si reputa rilevante evocare la storia e raccontarla proprio mettendo i visitatori a contatto con il manufatto, lasciando che esplorino e conoscano la struttura direttamente da essa, dai sui muri e dalle sue imperfezioni, essendo però guidati da un percorso ben studiato. Il compito di un gruppo di ragazzi è stato proprio quello di pensare e realizzare questo percorso, utilizzando i materiali trovati in cantiere , tutto sotto la guida dell’Architetto Bruni che li ha aiutati a entrare maggiormente nel progetto della Fornace e ha convogliato le idee dei ragazzi nella realizzazione di alcuni elementi di sbarramento e direzionamento dei percorsi studiati. L’ Architetto Bruni è una delle personalità maggiori del lavoro dei giorni in cantiere, il suo spessore come figura professionale è stato evidente a tutti, la sua capacità di dialogare, citare altri autori, portare avanti un discorso storico ha fatto si che molti studenti si chiedessero se lo avrebbero mai incontrato nell’ ambito universitario: la sua figura è quella di un professionista che non solo lavora ai progetti, ma abbraccia più ambiti del sapere, infatti non di rado nei suoi discorsi ha citato altri architetti o studiosi; il suo contributo maggiore risiede nella sua capacità di catalizzare l’ attenzione degli studenti e spiegare loro comeil progettista non debba solo occuparsi di disegni, ma deve anche avere sete di conoscenza in più campi, per diventare una figura professionale completa e culturalmente preparata. Altro grande contributo è la sua conoscenza di tutta la struttura della fornace, e infatti anche lui come Francesce Fulvi, ha potuto dare sempre più nozioni e anche aneddoti sulla Fornace e questo manifesta ancora come entrambi loro siano protagonisti in questo progetto, che li coinvolge e unisce sempre.

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Fase di studio e progettazione Vediamo alcuni esempi di elementi mobili e temporanei studiati e realizzati dal gruppo di lavoro.

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Una volta assimilate grazie all’ esperienza di Roberto Bruni, alcune caratteristiche e funzioni che si vogliono far emergere dal progetto, si è passati alla fase di lavorazione pratica delle strutture che avrebbero dovuto fungere da sbarramento per alcuni locali non accessibili perchè non sicuri, e di direzionamento per i percorsi futuri.

I materiali con cui sono stati costruiti gli elementi progettuali sono stati reperiti direttamente sul luogo, utilizzando alcune rimanenze di cantiere delle varie fasi di costruzione della Fornace e quindi a costo zero: la fase di progettazione è quindi servita non solo ad elaborare le idee, ma anche a pensare a quali materiali si avevano a disposizione per realizzare le componenti del percorso di progetto.

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Elementi di sbarramento progettati e costruiti in loco dagli studenti

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Modulo Teorico-Pratico E: Diagnostica sulla Fornace Il modulo di Diagnostica sulla Fornace è stato presentato da un’altra figura professionale che è gia stata impegnata nei lavori sulla struttura: Giovanni Michiara, Geologo che si occupa di diagnostica applicata al patrimonio storico architettonico e alle strutture edilizie in genere. Il coinvolgimento del geologo Michiara è dovuto alla sua precendente esperienza con la struttura, avvenuta durante lo studio diagnostico da lui eseguito per approfondire i problemi e la condizione generale della Fornace negli anni dei primi progetti e appalti; il suo contributo assume quindi maggiore importanza perchè porta con sè la testimonianza personale del lavoro da lui eseguito in prima persona. La lezione ha spiegato le modalità di lavoro di una parte di studio della struttura poco conosciuta in ambito universitario, la diagnostica: attraverso definizioni e slide esemplificative, il Geologo Michiara ha spiegato di cosa si occupa e come sono stati eseguiti i lavori sulla struttura della Fornace, ha spiegato quali sono tutte le prove possibili da realizzare per studiare la struttura e darne quindi una visione più specifica. Le prove sperimentali previste dalla normativa sono: utilizzo dei Martinetti Piatti, studio della caratterizzazione delle Malte e prove della resistenza al taglio. • Martinetti Piatti consentono la caratterizzazione meccanica dei materiali costituenti la muratura, fornendo un utile supporto progettuale negli interventi di consolidamento statico; in particolare, i dati che si possono acquisire sono: lo stato di sollecitazione esistente nella muratura, il modulo di deformabilità e la resistenza a compressione.Il principio è l’inserimento nei giunti di malta di un martinetto idraulico collegato ad una pompa oleodinamica; prima di fare il taglio nel caso del martinetto singolo è necessario mettere i capisaldi di misura ed effettuare la misura, si dà poi pressione al martinetto fino al ripristino della misura originaria.

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• Caratterizzazione delle Malte Osservazioni al microscopio petrografico e SEM+EDS dei campioni di malta per determinare: Tipo di legante, Tipo di aggregato, Rapporto legante/aggregato. Osservazioni al microscopio petrografico e SEM+EDS dei campioni di malta per determinare: - Tipo di legante - Tipo di aggregato - Rapporto legante/aggregato

• Prove della Resistenza al Taglio si esegue facendo slittare orizzontalmente un elemento di laterizio isolato lateralmente dal resto della muratura:ì si procede per incrementi progressivi della pressione del martinetto, registrando la deformazione; quando si raggiunge la rottura del legame tra l’unità esaminata e il giunto di malta, si ha uno spostamento continuo del mattone con un carico orizzontale costante. Le prove effettuate con i martinetti piatti sono state utili nel caso della Fornace per eseguire la diagnosi della struttura, permettendo così con una spesa iniziale di ragionare in modo più puntale sulla struttura e sui suoi punti deboli facendo in modo di guidare al meglio il progetto già in fase preliminare.

Il Geologo Michiara mostra agli studenti la porzione di fabbricato su cui ha eseguito le prove sopra descritte

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Presentazione: Il contributo dell’Archeologia al Restauro: Contesti Urbani ed Extraurbani Archeologo Filippo Olari L’ Archeologo Filippo Olari, originario di Berceto, ha partecipato con un’ interessante presentazione al Workshop illustrando il contributo del suo campo di studio a quello del restauro dell’ architettura. I collegamenti sono tanti, più di quelli che si possono immaginare fermandosi solo ad un’ analisi superficiale, queste due materie sono figlie della stessa spinta sociale, la conoscenza e il progresso della storia umana. Gli studi di una materia come l’Archeologia sono profondamente connessi con quelli dell’ Architettura perchè entrambe indagano le strutture al fine di conoscerle e capirle sempre meglio, certo è che l’archeologia deve compiere un passo in pù perchè prima di studiare l’ architettura del passato, la deve scoprire, la deve disseppellire, ripulire e solo successivamente studiare: queste operazioni non sono banali e non sono affatto distanti dagli studi architettonici, i rilievi materici e delle strutture sono parte del lavoro da attuarsi per studiare la struttura e ancor prima, servono a far capire all’ esperto dove cercare determinate caratteristiche, ad esempio una porta, una scala possono essere più facilmente portate alla luce se si riesce ad intuire dove potrebbero trovarsi in base ai dati già raccolti. Gli studi e le tecniche di approccio di una materia come l’ archeologia che si occupa di manufatti antichi, si servono comunque delle moderne tecnologie e dei metodi di rilievo che utilizzano gli architetti nei loro lavori; inoltre spesso è grazie agli studi archeologici che è possibile avere tutti i materiali e le nozioni necessarie a progettare con coscienza e giudizio, prevenendo errori dati dalla scarsa conoscenza di un luogo e quindi aiutando in sostanza a valorizzare un progetto. La presentazione dell’ Archeologo Olari ha fatto luce si quelli che sono i temi e i possibili collegamenti tra queste due discipline, in particolare nel campo del restauro architettonico, infatti attraverso una serie di esempi ha chiaramente spiegato quale sia la sua posizione in merito a questo tema: il contributo dell’archeologia ai lavori e ai progetti di restauro serve per aiutare a creare un progetto consapevole e non appossimativo, volto alla protezione e alla valorizzazione del manufatto storico in cui si agisce. Esempi citati: - Castello di Montemiscoso, Ramiseto (RE) - Castello di Bosco, Corniglio (PR) - Riqualificazione di Piazza Sant’Antonino (PC)

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Filippo Olari ha cominciato la sua presentazione con una serie di immagini di siti di scavo archeologico in cui si è trovato coinvolto e da queste ha dato la sua interpretazione del collegamento presente tra Archeologia e Architettura e della reciproca influenza e contributi scambiati, infatti queste due materie di studio hanno in comune più fattori: lo studio della storia dell’ architettura nel corso degli anni, lo studio dei metodi di lavorazione degli antichi, delle disposizioni delle piante delle case, dei palazzi, l’ influenza che il periodo storico ha sulle architetture datate, l’ organizzazione dei dati che devono essere comprensibili a tutti e perciò elaborati in un linguaggio unificato rappresentato dal rilievo architettonico e in generale ogni tipo di analisi storica che è possobile effetturare su un manufatto. Questi diversi campi di interesse e sviluppo in cui si incontrano le due materie di studio sono solo un esempio della connessione che vi è tra loro, infatti sia un archeologo che un architetto devono conoscere la storia di un manufatto per studiarlo e ancor prima, per trovarlo se sepolto: conoscendo dalle fonti storiche possiamo sapere dove si poteva trovare un determinato palazzo o corte, è possibile provare a localizzarla, per cui le fonti sono un aspetto fondamentale nello studio di un archeologo; da parte invece degli studi di un architetto con inclinazioni verso il restauro, queste fonti sono comunque importanti perchè spesso descrivono il manufatto come era al tempo di chi l’ ha documentato e danno quindi una visione veritiera e attendibile che fornisce ultieriore materiale di studio per la conoscenza di questo edificio e anche per il suo restauro nei termini del rispetto dell’ aspetto originale di esso. Il contributo dell’ archeologia ai progetti di restauro è importante se si pensa di dover agire su un manufatto di cui si conosce poco: gli studi storici che può effettuare un archeologo sono certamente più precisi di quelli che un architetto potrebbe fare da solo, l’ interdisciplinarietà è fondamentale in tutte le materie di studio, ma qui si concretizza anche in lavoro fisico: un architetto che deve occuparsi del restauro di un castello ad esempio. di cui conosce poco, potrebbe cadere in errore durante la progettazione, perchè manca di alcune conoscenze storiche e umanistiche che invece possiede un archeologo; per cui con la professionalità di entrambe sarà possibile pensare e progettare un piano di restauro più rispettoso della struttura, che dimostri la conoscenza di questa, approfondendone la storia e quindi riuscendo a darle maggior valore, permettendo a chi vedrà il progetto finito di capire meglio l’ edificio. La presentazione dell’ Archeologo Olari ha quindi spiegato le dinamiche di lavoro della sua professione e le modalità con cui le sue specifiche conoscenze possano risultare utili ad un architetto nel suo percorso di progetto di restauro di un edificio, mostrando come i contributi non siano né pochi né banali, ma anzi molto utili per avere una visione più completa e precisa di un’ opera architettonica in modo da restituirla alla comunità senza errori e con interpretazioni progettuali.

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Archeologo Filippo Olari durante la sua presentazione

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Capitolo Sesto: Diffusione e Risonanza nei Media

Come accennato nel Capitolo Quattro, dove si descrive l’ organizzazione del Workshop, la diffuzione di questo è stata possibile grazie all’ utilizzo dei social media che nella società odierna rappresentano il mezzo più potente per raggiungere il maggior numero di utenti; la grande partecipazione di studenti provenienti da più parti di Italia è stata favorita dalla diffusione su diversi canali del manifesto dell’ evento e anche successivamente alla sua conclusione, restano sempre i Media la forma di divulgazione principale dei risultati ottenuti. La risonanza che ha avuto il Workshop è dimostrata dagli articoli scritti in diverse testate giornalistiche e quotidiani Online come: - Parmatoday.it - Parma.Repubblica.it - Videotaro.it - TvParma.it - Parmaonline.info - Parmadaily - La Gazzetta dell’ Emilia - Corriere.it I Media hanno diffuso in rete articoli in cui hanno spiegato ai loro lettori gli scopi e le modalità di questa iniziativa e in questo modo si è potuta conoscere la situazione della Fornace di Ghiare di Berceto, la sua storia e gli interventi che hanno coinvolto i ragazzi partecipanti: l’ interesse dimostrato negli articoli di giornale ha contribuito a riportare attenzione sul un manufatto che è involucro di una parte di storia umana del territorio parmense. L’ interesse per il luogo non ha coinvolto solo testate giornalistiche e quotidiani online, ma anche trasmissioni televisive che si sono dimostrate attente e incuriosite da un laboratorio pratico in cui studenti italiani si sono impegnati per portare avanti i lavori di restauro di un edificio dei primi anni del Novecento; la trasmissione su Rai, ‘‘Unomattina’’, attraverso il suo programma estivo, “Dolce Casa”, ha invitato i ragazzi e i professionisti a parlare dell’iniziativa intrapresa nel Workshop attraverso un collegamento con la piattaforma Skype proprio in cantiere, lasciando anche intervenire diversi ospiti tra cui l’ archietto Massimiliano Fuksas presente in studio a Roma che ha commentato cosi il lavoro svolto di cui si riporta in seguito un articolo su Parmadaily.it in alcuni frammenti.

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‘‘L’intervento di Massimiliano Fuksas, presente in studio a Roma, culmina nell’ encomio più importante. Quando infatti gli è stato chiesto se, ai giorni nostri, la soluzione per il recupero degli edifici abbandonati o le opere d’arte di grande valore risieda anche nel volontariato, l’architetto romano ha risposto: “In parte sì, ma non c’è da nascondere il vero problema: servono comunque risorse” e ha descritto il Workshop dell’ ex-Fornace di Ghiare di Berceto come “un atto positivo, a fronte della drammatica situazione che vive attualmente il nostro paese.’’ Fuksas ha ricordato la fatica spesa da quella cospicua mole di ragazzi italiani nel tentativo di partecipare alla vita del giovane architetto, persone costrette ad andare in giro per l’Europa alla ricerca di lavoro: “Mi arrivano tutti i giorni delle lettere commoventi – ha raccontato – a cui so di non poter dare risposta. Ecco perché eventi come questo fanno bene: perché c’è una forma di reazione sin dal periodo universitario, a livello formativo”. Fuksas ha infine concluso il suo intervento ringraziando pubblicamente in diretta tutti gli organizzatori del Workshop per aver fatto formazione e tutti i ragazzi per la loro attiva partecipazione: “La Formazione è importante – ha sottolineato il creatore della Nuvola – e se riusciamo a fare Formazione in Italia bisogna soltanto dire grazie a tutti coloro che partecipano, al sindaco e al comune che ha avuto questa grande sensibilità”.

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L’ intervento dell’architetto Massimiliano Fuksas avvenuto grazie al programma televisivo UnoMattina, è importante perchè porta l’ attenzione su uno dei temi fondamentali per l’Università italiana e anche quello più centrale del workshop: la formazione dei giovani. Questo argomento è delicato ma centrale perchè è la base della vita dell’ architetto, una figura professionale che non smette mai durante il suo lavoro di migliorarsi, apprendere: l’architetto deve avere fame di conoscenza, deve essere curioso, deve avere la spinta per migliorarsi continuamente e la formazione che riceve di base è fondamentale per tutto questo; insegnare ai ragazzi a vivere in cantiere non è semplicemente mostrare loro come lavorano i professionisti che si occuperanno materialmente della costruzione di un loro progetto, ma si concretizza in una esperienza che ricorderanno sempre come il momento in cui hanno conosciuto davvero un progetto, l’ hanno vissuto, ne hanno fatto parte e soprattutto hanno potuto imparare e sperimentare nozioni che spesso si studiano e si conoscono solo dai libri di testo. I complimenti che ha espresso l’ architetto Fuksas in questo suo intervento sono certo motivo di orgoglio per tutti, perchè dimostrano come il lavoro e l’ evento non siano serviti solo per restaurare una struttura, ma anche per aiutare i giovani architetti a formarsi personalmente attraverso un’ esperienza di cui non si sente spesso parlare perchè difficile da organizzare, e che in questo caso è stata molto aiutata dalla disponibilità del Comune e della ProLoco della comunità. Come lo stesso Fuksas ricorda, non è il volontariato la risposta ai problemi degli edifici italiani, serviranno comunque impegno e iniziativa da parte del Governo per ristabilire una situazione economicha che permetta anche in Italia di occuparsi attivamente nel recupero degli edifici dismessi e abbandonati, ma comunque la disponibilità di studenti e professionisti dimostra che c’ è volontà da parte delle istituzioni di tornare a lavorare.

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Alcuni esempi di Articoli di giornale riguardanti la Fornace

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Capitolo Settimo: Conclusioni

La conoscenza della Fornace di Ghiare di Berceto è quasi completa, dallo stato di fatto, alla storia, agli interventi fino ad arrivare al suo stato attuale dove possiamo vedere i cambiamenti dovuti al vari lavori di restauro e pulizia della struttura; ma una conoscenza totale della fabbrica la si matura con mesi di studio, dopo aver rilevato e disegnato ogni sua parte e ogni suo dettaglio, comunque fino ad adesso una visione di insieme delle sue componenti può definirsi terminata e analizzata grazie al Wokshop Partendo dai presupposti alla base di questa esperienza siamo arrivati a capire le motivazioni che hanno portato Fransceco Fulvi ad organizzare tale iniziativa, infatti nei giorni passati a contatto con l’ architetto, è stato ben chiaro quale sia il suo coinvolgimento con il progetto, il suo impegno, i suoi studi su esso, e quindi si è arrivati ad avere una buona visione di insieme della Fornace proprio grazie alla sua esperienza diretta. Successivamente attraverso i disegni dello stato di fatto precedente agli interventi del Workshop, è stato possibile rendersi conto della condizione iniziale della struttura, dei suoi punti deboli, della sua composizione, delle stratigrafie, dei degradi: nei disegni è descritto ciò che noi studenti ci siamo trovati davanti il primo giorno che abbiamo messo piede in cantiere, il primo incontro con la struttura che avremmo dovuto aiutare a tornare in vita. Dai disegni si è anche potuto constatare la vastità del sito, la sua estensione, vedendo come una struttura così imponente richiede un lavoro massiccio di studio e lavoro manuale per essere conosciuta al meglio e restaurata. Attraverso il racconto della sua storia, sono state ripercorse tutte le tappe che l’ hanno portata ad oggi ad essere così degradata: dal principio, quando la Fornace è stata costruita, ai suoi anni di fiorente produzione, al declino, abbiamo imparato a conoscere l’ edificio e la sua complessità, la sua storia ha fatto luce sulle condizioni in cui era prima dei lavori di restauro ma ci ha anche stupito per il suo aspetto: nonostante la struttura sia stata vessata da smantellamenti di strutture, intemperie, terremoti, nevi, indebolimento delle strutture, degrado generale, questa è ancora in piedi, ancora aspetta di essere riportata al suo stato orginale e ancora aspetta di tornare ad ospitare nuove forme di lavoro, di essere destinata ad altri impieghi, di essere di nuovo catalizzatrice per i giovani e in generale, di tornare a vivere attraverso le persone che potranno visitarla e ammirarla a fine lavori.

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Terminati tutti gli studi sulla struttura, sono stati passati in rassegna tutte le lezioni e tutti gli interventi messi in atto nel corso dei cinque giorni di laboratorio in cui professionisti e studenti hanno collaborato, osservato l’ avanzamento dei lavori e il loro risultato e capito come la cooperazione, il reciproco scambio, l’ interazione e l’ interdisciplinarietà abbiano contribuito a fare una passo avanti nelle operazioni di restauro della struttura dell’Ex Cementificio Marchino. Appresi quindi tutti gli sviluppi del lavoro, si è potuto vedere come l’ interesse verso il sito sia stato immediato da parte dei Media del luogo e anche della Nazione, come questi abbiano contribuito alla diffusione dell’ iniziativa messa in atto a Ghiare di Berceto e come abbiano commentato positivamente il lavoro dei docenti e degli studenti, in un’ ottica sempre focalizzata all’ apprendimento e alla costituzione di una figura professoinale sempre più completa e preparata. Infine, non resta che vedere in sintesi quale sia lo stato di fatto ad oggi del sito, della fabbrica, della struttura stessa, attraverso fotografie che mostrano come il lavoro svolto sia stato utile e determinante per avanzare nel restauro dell’ opera in questione.

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Fotografia di Alberto Maieli che testimonia l’ impegno economico dell’ Unione Europea nella ricostruzione della Fornace Marchino.

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l’impegno profuso durante il Workshop ha effettivamente aiutato la Fornace a ritornare parte integrante della comunità attraverso le dimostrazione di metri quadri fruibili aggiunti grazie ai lavori di restauro. al Piano Terra, in Giallo, le zone già utilizzabili in precedenza mentre in Rosso, quelle aggiunte grazie ai lavori: sono stati recuperati 135 mq solo al piano Terra, e sono ora utilizzabili in sicurezza e puliti da ogni maceria.

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Al Piano Primo, gli interventi di rimozione e pulizia delle superfici hanno permesso di recuperare altri 95 mq di superficie calpestabile e sicura, per un totale di 230 mq ripristinati sui due livelli.

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Pilastri restaurati

Muratura, volterrane e pilastri restaurati al Primo Piano

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Francesco Fulvi impegnato nei lavori di restauro dei parapetti

I nuovi parapetti, fedeli agli originali: travi di legno semplici

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Il plastico della Fornace, realizzato da Francesco Fulvi e i tirocinanti del suo studio.

Luci e ombre sotto la copertura del primo capannone

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ringraziamenti

La parte finale di questa tesi sperimentale non è affatto difficile da scrivere, non implica alcuna documentazione, descrizione o ricerca storica, i ringraziamenti sono vari, sono molti e sono in generale rivolti a tutti: ogni persona conosciuta in cinque gioni nel piccolo paese di Ghiare di Berceto ha contriuito a rendere questa una delle esperienze più formative e gratificanti che io abbia mai vissuto; non cambierei nulla di questa esperienza, né le brande, né i compagni che russano, né le interminabile file per il bagno e nemmeno le docce gelate, non cambierei nemmeno la polvere respirata di quei giorni. Il mio primo ringraziamento è rivolto a tutti, indistintamente, a chi mi ha passato uno scalpello, a chi gli occhiali protettivi, a chi mi ha fatta ridere, a chi mi ha insegnato qualcosa, a chi mi ha corretta. Ringrazio tutti voi che avete reso questo Workshop ancora migliore e divertente. Particolare attenzione meritano alcune persone, a cominciare con coloro che hanno diviso le loro giornate e serate con me, persone che non conoscevo che mi hanno tenuto compagnia con tutta la loro simpatia e disponibilità: grazie per ogni risata. A voi va il merito di aver resto questa esperienza qualcosa in più di un campo scuola, mi avete accompagnata e senza di voi so che sarebbe mancato qualcosa. Altro particolare ringraziamento va a Roberto Bruni, che come ho scritto precedentemente nel capitolo Quinto e nel modulo teorico-pratico D, è una delle personalità più brillanti mai conosciute, è un uomo che ispira solo a guardarlo, che si ascolta sempre con piacere, come un insegnante non solo di architettura, ma che ti coinvolge in molte campi della cultura in generale; a te Roberto va il mio ringrazimento perchè ogni volta che abbiamo parlato, mi hai sempre lasciata con qualcosa in più. Alla mia relatrice, Elisa Adorni, dico grazie per la pazienza, per i consigli, per i sorrisi, per la disponibilità e per avermi aiutata in questa tesi nonostante sia per una laurea triennale; la ringrazio e l’ anno prossimo a lezione verrò con la consapevolezza di aver già avuto un grande insegnamento da lei, uno che a lezione non avranno tutti, l’ aver lavorato insieme su una struttura facendomi capire quanto ci sia da studiare per ogni lavoro di restauro non solo nella teoria, ma sporcandosi le mani.

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Infine, il ringraziamento maggiore va a te, Francesco, a te che da aprile, dal primo giorno di tirocinio, mi hai accolta e guidata come pochi hanno avuto la fortuna di esser stati in uno studio di architettura; a te va il mio più profondo grazie, perchè di persone come te ce ne sono poche, perchè chiunque ti abbia conosciuto in cinque giorni in un cantiere ha capito quanto tu ami la tua professione ma ancora di più quanto tu ami i tuoi studenti: non ho molti dubbi nel definirti una delle persone che più mi ispirano, un mentore, qualcuno a cui guardare sempre e su cui so di poter contare; grazie per aver organizzato questa esperienza, per aver chiamato tutti i professionisti ad insegnarci ognuno qualcosa di nuovo, grazie per la tua professionalità, per le tue competenze, ma soprattutto grazie per aver condiviso con tutti noi questa esperienza, rendendola ancora migliore grazie alla tua compagnia e la tua grande umanità, due cose per cui chiunque ti ammira.

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Bibliografia

Per i testi di approfondimento teorico del Capitolo Quinto (da p. 55): Adorni E., Il Rilievo Materico e le Analisi di Laboratorio, 2014, presentazione. Bruni R., La sicurezza in cantiere, 2014, presentazione. D’ Ambrosio G., I Leganti, gli Aggregati, le Malte, 2014, presentazione. Fulvi F., Storia e Struttura della Fornace di Ghiare di Berceto, 2014, presentazione. Michiara G., Diagnosi Strutturale: Workshop – recupero Fornace di Ghiare di Berceto, 2014, presentazione. Olari F., Il contributo dell’Archeologia al Restauro: contesti urbani ed extraurbani, 2014, presentazione.

Il Capitolo Terzo ‘‘Storia dell’Ex Fornace’’ è stato scritto utilizzando due diverse relazioni storiche che lo Studio 4S di Francesco Fulvi ha redatto per le presentazioni del progetto agli Enti Pubblici, di cui qui sono stati sintetizzati i contenuti.

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Per la citazione degli articoli di giornale trattanti il tema del Workshop a Ghiare del Capitolo Sesto: Villa M., Se l’ Appennino ha un futuro: restauro e riconversione dell’ex cementificio di Ghiare di Berceto, in “Architettura e Design”, 2014, articolo online su www.gazzettadiparma.it.

Redazione ParmaToday., Ex-Fornace di Ghiare di Berceto, i ragazzi del Workshop ospiti a Unomattina, in “ParmaToday”, 2014, articolo online su www.parmatoday.it.

Redazione Il Mattino di Parma, Ex-Fornace di Ghiare, l’Architetto Fuksas a Uno mattina loda il Workshop degli studenti, in “Il Mattino di Parma”, 2014, articolo online su www.il mattinodiparma.it

Redazione de La Gazzetta di Parma, Ingegneri e Architetti di domani restaurano l’Ex-Fornace di Ghiare, in “Gazzetta di Parma”, 2014, quotidiano in stampa.

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