Il cerchio mitico. Le eroine del mito si raccontano

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Alberto Cristofori Debora Vitulano

IL CERCHIO MITICO Le eroine del mito si raccontano



A. Cristofori - D. Vitulano

Il cerchio mitico

Le eroine del mito si raccontano Responsabile editoriale: Beatrice Loreti Art director: Marco Mercatali Responsabile di produzione: Francesco Capitano Redazione: Carla Quattrini Impaginazione: Morena Massacesi Illustrazioni: Simona Trozzi Foto: Shutterstock, Archivio La Spiga © 2021 Eli – La Spiga Edizioni Via Brecce, 100 – Loreto tel. 071 750 701 info@elilaspigaedizioni.it www.elilaspigaedizioni.it Stampato in Italia presso Tecnostampa - Pigini Group Printing Division - Loreto - Trevi 21.83.020.0 ISBN 978-88-468-4160-5 Le fotocopie non autorizzate sono illegali. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore.


Alberto Cristofori Debora Vitulano

IL CERCHIO MITICO

Le eroine del mito si raccontano

Ăˆ vero che voi evocate i morti? E. Salgari, Il Corsaro Nero


Il Cerchio Mitico

Indice Prologo ............................................................................................ 5

1. Elena......................................................................................... 7 2. Cassandra................................................................................ 18 3. Polissena.................................................................................. 28 Focus: Gli Dei dell'Olimpo ......................................................... 39 4. Pentesilea................................................................................. 40 5. Ifigenia - Elettra - Clitemnestra.......................................... 49 6. Penelope................................................................................... 61 Focus: La famiglia ........................................................................ 71 7. Calipso...................................................................................... 72 8. Nausicaa................................................................................... 83 Focus: L'ospitalitĂ ......................................................................... 93 9. Circe.......................................................................................... 94 10. Medea....................................................................................... 107 11. Arianna.................................................................................... 121 Focus: I mostri .............................................................................. 135 12. Fedra......................................................................................... 136 13. Antigone - Ismene................................................................. 144 14. Callisto..................................................................................... 159 Focus: Le Metamorfosi ............................................................... 168 Epilogo............................................................................................. 169 Dossier Il mito.............................................................................................. 170 Le fonti............................................................................................ 172

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Prologo Per chi arriva a Napoli dal mare, la vista è semplicemente meravigliosa: al centro del golfo si leva, imponente, il Vesuvio, che sembra minacciare la città e i paesi che si affacciano sulla costa, ignari del pericolo alle loro spalle. A destra si allunga la Penisola sorrentina, con l’isola di Capri, aspra e rocciosa, ma piena di case e, nella stagione giusta, di fiori. Sulla sinistra, dopo la grande macchia variopinta della metropoli che si inerpica dal porto alle colline, la costa prosegue dolce e pianeggiante fino a Pozzuoli, per riprendere il suo carattere montuoso verso Capo Miseno, che sembra chiudere il golfo in un abbraccio, accennando alle altre isole maggiori, Procida e Ischia. Flavia, la giovane archeologa protagonista del nostro racconto, sbarca proprio a Pozzuoli, con gli occhi pieni di tutta quella bellezza, ma anche stanchi per la brezza marina e per il sole. È infatti una caldissima giornata di luglio. Flavia lascia il porticciolo e si dirige al Lago d’Averno, un piccolo specchio d’acqua di forma quasi circolare, formato dal cratere di un antico vulcano. Non avrebbe niente di particolare quel laghetto, se non fosse che a poca distanza dalle sue rive, secondo l’antico poeta Virgilio, l’autore dell’Eneide, si trovava l’antro della Sibilla Cumana – una galleria scavata nella roccia, dove viveva la profetessa famosa per aver guidato l’eroe troiano nel regno dei morti. Flavia viene proprio per visitare questo antro. Dopo aver camminato una buona mezz’ora, la giovane archeologa si inoltra in quella specie di galleria naturale con il sollievo che si può immaginare: finalmente potrà godersi un po’ d’ombra e di fresco! Invece, appena entrata, Flavia si sente spossata, quasi confusa: l’improvviso passaggio dal caldo afoso dell’esterno alla bassa temperatura dell’antro le rallenta i movimenti e l’umidità le fa mancare il respiro. Man mano che avanza, la galleria scende verso il basso, con una serie di gradini coperti da un velo d’acqua

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che le paiono più scivolosi che mai. E le lampadine che dovrebbero indicarle il cammino hanno una vibrazione insolita, come se fossero sul punto di spegnersi. Anzi, a un tratto si spengono e Flavia si sente precipitare in un pozzo nero. Si risveglia immediatamente. È un po’ dolorante, un po’ acciaccata, ma senza nulla di rotto. Sì, riesce a rimettersi seduta. Meglio aspettare un momento, però, prima di rialzarsi del tutto. Il casco protettivo le ha difeso la testa, ma non bisogna rischiare. E intanto gli occhi si abituano all’oscurità e Flavia può guardarsi intorno. Il terreno su cui è seduta è coperto d’erba verde e fresca, morbida. Strano. E in lontananza si sentono delle voci. Ancora più strano… Flavia ascolta attentamente per indovinare la provenienza di quei suoni, poi si rimette in piedi e si dirige verso di loro. Lo scenario che si trova davanti è decisamente straordinario. Al suo sguardo si rivela un vasto giardino, con alberi, fontane, padiglioni, fiori. Una ventina di donne siedono in cerchio sul prato, chiacchierando. Flavia le fissa incantata e, dopo alcuni istanti, anch’esse la notano e si zittiscono, guardandola con fare interrogativo. La prima a rompere il silenzio è la più bella fra loro. La donna più bella che Flavia abbia mai visto, o anche solo potuto immaginare, per la verità. Il corpo sinuoso, la pelle liscia e delicata, i lunghi boccoli dorati, i lineamenti morbidi ed eleganti e due occhi cristallini. Tutto in lei trasuda armonia, proporzione, freschezza. “Chi sei?” le domanda. “Mi chiamo Flavia, sono un’archeologa. Stavo facendo un sopralluogo nell’antro della Sibilla Cumana e sono caduta… forse il caldo, la stanchezza… Ma che posto è questo? Com’è possibile che ci sia un giardino del genere sottoterra? E voi chi siete?” Le donne scoppiano a ridere tutte insieme e di nuovo la più bella prende la parola: “Se non hai fretta di andartene, possiamo raccontarti le nostre storie. È da parecchio tempo che non riceviamo visite dal mondo dei vivi, sai…”

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Elena Il mio nome è Elena. La mia vita mortale è finita da più di tremila anni, ma i ricordi sono vivi nella mia mente come se fossero trascorsi pochi giorni. Quaggiù, sai, il tempo non esiste… Ti accorgi di come mi guardi? Così mi guardavano tutti, fin da quando ero bambina. Perché ero bella, capisci? Bellissima. Molto più bella di qualsiasi altra donna. Lo sono stata dal momento in cui sono nata, si può dire. E tutte mi invidiavano, e tutti mi ammiravano, per questo. Senza capire fardello che la mia bellezza non era è una parola derivata dall’arabo e inun dono, ma un fardello pedica un grosso peso che si porta sulle santissimo, che ha distrutto spalle. Trova almeno due sinonimi di questa molte vite, compresa la mia. parola: Ma è meglio che vada con ......................................................... ordine, perché sul mio con......................................................... to sono state dette e scritte talmente tante menzogne…

La nascita La prima menzogna riguarda la mia nascita. Ufficialmente sono figlia di Leda e di Tindaro, signori di Sparta, ma in realtà il mio vero padre è Zeus. Sì, proprio lui, il re dell’Olimpo. Una notte, Zeus, famoso per avere un debole per le donne giovani e belle com’era allora mia madre, si trasformò in cigno e le fece visita in camera da letto, mentre il marito non c’era. Leda, stregata dal dio, non poté opporsi e giacque con lui, prima dell’arrivo di Tindaro.

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Quella notte mia madre rimase incinta di entrambi, l’uomo e il dio. A causa dell’influsso di Zeus, mia madre non partorì come una donna normale ma come un cigno: depose quattro grandi uova da cui vennero alla luce altrettanti bambini, due maschi e due femmine. Di questi, due erano umani, figli di Tindaro – Castore e Clitemnestra – e due – io e Polluce – erano semidei e figli di Zeus. Non so dirti se mio padre fosse a conoscenza di questo segreto: di sicuro non ne parlò mai e ci amò sempre tutti allo stesso modo. Man mano che crescevo, in ogni angolo dell’Egeo si spargeva la voce della mia sovrumana bellezza. E io iniziai a pagare le conseguenze di questo dono non richiesto quand’ero appena una ragazzina. Teseo, re di Atene, e il suo amico Piritoo, re dei Lapiti, dopo essere rimasti entrambi vedovi, decisero di rapire due ragazze di origine divina. E indovina chi fu la prima sventurata? Esatto, proprio io. Stavo tranquillamente facendo dei sacrifici agli dei appena fuori città, quando i due mi catturarono, per poi tirare a sorte chi doveva tenermi con sé, come se fossi una semplice schiava. A vincere fu Teseo, ma per fortuna i miei fratelli, Castore e Polluce, vennero a salvarmi e mi riportarono a casa.

Le nozze Dopo qualche anno, i miei genitori decisero che ero ormai pronta per il matrimonio. La dea Fama sparse la voce in tutti i regni circostanti e in men che non si dica mi ritrovai sommersa da proposte. Praticamente ogni principe acheo non sposato chiese la mia mano, uomini di ogni stirpe ed età. Uomini che non avevo mai visto e, in alcuni casi, di cui non avevo neanche mai sentito il nome. La rivalità fra i miei pretendenti diventò così accanita che Tindaro iniziò a temere che potesse scoppiare una guerra.

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A trovare una soluzione fu Odisseo, un nome che sicuramente conoscerai: astutamente, Odisseo suggerì a mio padre di far giurare a tutti i pretendenti di aiutare colui che sarebbe diventato mio marito se qualcuno avesse tentato di rapirmi. Tindaro pose questo giuramento come condizione obbligatoria per chiedere la mia mano e tutti accettarono. Come dicevo, mio padre mi voleva bene e lasciò che fossi io a scegliere l’uomo che avrei dovuto sposare, una cosa per nulla scontata in un’epoca in cui i matrimoni combinati erano la regola, soprattutto fra le casate reali. Io, in verità, avrei preferito restare con la mia famiglia e sposarmi un giorno per amore, ma sapevo che una simile richiesta era troppo perfino per un padre comprensivo come Tindaro. Dopo aver valutato attentamente tutti i miei pretendenti, scelsi Menelao, un principe miceneo che a causa di una congiura aveva dovuto lasciare la sua terra e aveva trovato rifugio a Sparta insieme al fratello Agamennone. Menelao era più grande di me, ma era ancora giovane, forte, e aveva modi gentili ed educati. Il suo aspetto e la sua personalità, insomma, non mi dispiacevano. In più, a suo vantaggio giocava il fatto che non avesse più un regno, il che significava che non avrei dovuto lasciare la mia casa per trasferirmi chissà dove. Così ci sposammo e quando Tindaro morì, diventammo re e regina di Sparta. I primi anni del matrimonio furono relativamente felici: non posso dire di aver amato Menelao, ma era un compagno gradevole, che si rivelò poi anche un buon re e un buon padre per nostra figlia Ermione.

Il rapimento Un giorno, mentre Menelao era in viaggio verso l’isola di Creta, un principe straniero chiese di potersi fermare una notte nel nostro palazzo, stremato da una missione com-

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plicata. Si presentò come Paride Alessandro, uno dei figli di Priamo ed Ecuba, sovrani di Troia. Era un giovane molto bello, ma fin dal primo momento avvertii in lui una minaccia. Ero abituata a essere guardata con desiderio dagli uomini, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che mi metteva particolarmente a disagio. Tuttavia, per mantenere buoni rapporti diplomatici con rifocillato Troia, accettai di ospitarlo, è il participio passato del verbo “rifodiedi ordini perché l’equicillare”. paggio della sua nave veCerca sul dizionario il significato precinisse rifocillato e lo invitai so del verbo, poi inventa una frase che a cenare con me. Durante il lo contenga: banchetto mi raccontò la sua .......................................................... storia. Sua madre Ecuba, quando era incinta di lui, aveva sognato una fiaccola che dava alle fiamme Troia. Il suo fratellastro Esaco, esperto nell’interpretazione dei sogni, vi aveva letto un presagio funesto: il bambino sarebbe stato la rovina della città. Per questo, con lacrime di disperazione, Priamo ed Ecuba avevano affidato il neonato a un pastore, perché lo abbandonasse sul monte Ida. Quello obbedì, ma dopo cinque giorni tornò dal bambino in preda al rimorso e, incredibilmente, lo trovò ancora vivo, allattato da un’orsa. Purtroppo, decise di adottarlo. Cresciuto come un semplice pastore, Paride ricevette un giorno una visita dal mio padre divino, Zeus, che lo incaricò di eleggere la dea più bella tra Era, Atena e Afrodite. Eris, dea della discordia, aveva creato una mela d’oro con incisa la scritta “Alla più bella” e per dirimere la disputa fra le tre dee, nessuna delle quali si riteneva inferiore alle rivali, Zeus aveva scelto proprio quell’ignoto pastorello. Ahimè, i concorsi di bellezza erano truccati anche a quel tempo!

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Per ottenere la vittoria, Era gli promise l’intera Asia, Atena saggezza e gloria militare, Afrodite la donna più bella del mondo come moglie. Paride Alessandro scelse Afrodite. Non appena il mio ospite pronunciò queste parole, sentii un brivido corrermi lungo la schiena. Paride continuava a raccontarmi di come si fosse recato a Troia per partecipare ai giochi funebri indetti annualmente in memoria del principe creduto morto, cioè lui stesso; di come si fosse distinto in tutte le gare e alla fine fosse stato riconosciuto grazie al sonaglio col quale era stato abbandonato; e di come fosse stato poi accolto a braccia aperte dai genitori pentiti. Ma io non lo ascoltavo più. Le parole “la donna più bella del mondo” continuavano a riecheggiarmi nella mente come la più terribile delle maledizioni. Decisi così di affogare le mie ansie nel vino e vuotai la mia coppa. Fu l’inizio della fine. Caddi come in uno stato di trance: non controllavo le mie parole e i miei movimenti, e non riuscivo a togliere gli occhi da Paride, che improvvisamente mi sembrava di amare alla follia. Fu così che, quando mi propose di seguirlo a Troia e di diventare sua moglie, acconsentii senza pensarci due volte, come se Menelao, Ermione e Sparta non fossero mai esistiti. Afrodite, per mantenere la promessa fatta a Paride, mi aveva versato nel vino un filtro magico. Protetti dall’oscurità della notte, salpammo di nascosto alla volta di Troia. Lì fui accolta con grandi onori sia dalla famiglia reale che dal popolo, e in men che non si dica eravamo marito e moglie. Ancora sotto l’effetto dell’incantesimo di Afrodite, mi sembrava di amare Paride, ma non ero felice: vivevo come prigioniera del mio stesso corpo.

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La guerra Intanto Menelao, scoperto l’accaduto, aveva convocato tutti i principi che un tempo gli avevano giurato fedeltà per volere di Tindaro. In breve tempo si radunò un esercito enorme, che salpò alla volta di Troia. A niente valsero i tentativi di risolvere la questione diplomaticamente diplomaticamente: gli Achei “diplomazia” è un termine del linchiedevano di restituirmi e i guaggio politico e indica l’arte di Troiani non volevano sentitrattare con abilità questioni comre ragioni. Scoppiò così una plesse e spinose, di affrontare i conguerra tremenda, che avrebbe flitti in maniera pacifica. portato una quantità inimmaChe rapporto c’è fra questa parola e ginabile di dolore, morte e di“diploma”? Trova la risposta ragionanstruzione e sarebbe durata per do con l’aiuto di un buon dizionario. dieci lunghi anni. Non ripercorrerò qui tutte le fasi di quel conflitto, perché Omero ne ha già parlato molto meglio di me nella sua Iliade. Ti racconterò invece qualcosa che Omero ha omesso, perché non poteva esserne a conoscenza: la mia sofferenza. Pur essendo incapace di oppormi alla volontà di Paride, al fianco del quale – purtroppo – si erano schierati anche il padre e i fratelli, mi rendevo conto di essere la causa del conflitto, anche se sospetto che da entrambe le parti ci fossero interessi di natura economica e politica. Ogni volta che dalle mura della città vedevo cadere un uomo, acheo o troiano che fosse, mi sembrava di avere le mani sporche del suo sangue. In più, i Troiani avevano preso a odiarmi, incolpandomi per le loro disgrazie e giudicandomi una donna degenerata, che aveva abbandonato il marito e la figlia ancora bambina per fuggire con uno straniero appena conosciuto. Non potevano immaginare che io ero una marionetta nelle mani degli dei al pari e forse anche più di loro.

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L’evento che mi arrecò più dolore fu la morte di Ettore, perché non riuscivo a sopportare l’idea che suo figlio Astianatte, poco più che un neonato, crescesse senza un padre. Ogni volta che lo guardavo, così piccolo e indifeso fra le braccia di sua madre Andromaca, mi ritornava in mente la mia Ermione, rimasta come orfana, con entrambi i genitori al di là dell’Egeo. Allora l’amore materno vinceva la magia e piangevo. E sempre a Ermione pensai quando aiutai Odisseo, che per ben due volte si introdusse travestito nella città assediata. Mi dissi che forse, se avessi aiutato gli Achei a vincere, la guerra sarebbe finita e io sarei potuta tornare da mia figlia. Paride, dal canto suo, non sembrava avere alcun senso di colpa e combatteva per lo più a distanza, scagliando le sue infallibili frecce. L’unica volta che fu coinvolto in uno scontro corpo a corpo fu contro il mio legittimo sposo Menelao: il duello avrebbe dovuto porre fine al conflitto, ma Paride, proprio nel momento in cui stava per essere ucciso, fu tratto in salvo da Afrodite. La morte però giunse anche per lui. Dopo essere riuscito a uccidere il leggendario Achille con una freccia guidata da Apollo, fu ferito a morte da Filottete, un eroe acheo, e proprio con una freccia. Buffo, vero? Del resto, gli dei hanno sempre avuto un gran senso dell’umorismo. Rimasta vedova, sposai Deifobo, uno dei fratelli di Paride. Non mi importava nulla di lui, ma quando mi chiese di sposarlo pensai che così sarei stata più al sicuro. Il nostro, tuttavia, fu un matrimonio breve, perché poco tempo dopo gli Achei riuscirono a conquistare Troia e io consegnai loro mio marito. Ancora una volta, lo feci nella speranza di poter riabbracciare la mia Ermione.

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Il ritorno a Sparta Dovevo ancora superare la prova più ardua, però: ottenere il perdono di Menelao. Quando mi si parò davanti con la spada sguainata, credetti davvero di morire, ma non mi arresi: usai la mia bellezza, che non era stata per niente intaccata dagli anni, per convincerlo ad ascoltare la mia versione dei fatti. Gli spiegai di Afrodite e del filtro magico e lui mi credette e mi perdonò. Ci lasciammo alle spalle Troia in fiamme e salpammo insieme alla volta della nostra Sparta. Fu un viaggio lungo e complesso, ma alla fine ritornammo a casa. Nostra figlia era ormai una giovane donna, che un giorno avrebbe regnato su Sparta al posto dei suoi genitori. Era l’unica mia consolazione e non l’ha mai saputo. Perché anche lei, come la maggior parte dei nostri sudditi, continuava a considerarmi una traditrice. E in ogni caso, avrei potuto mai tornare a essere davvero felice? L’orrore della guerra troiana mi perseguitò fino alla fine dei miei giorni.

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Comprensione 1 Verifica la comprensione della vicenda rispondendo alle seguenti domande. • Come mai il filtro di Afrodite non fa effetto? • Chi è il vero padre di Elena? • Dove trascorre l’infanzia Paride? • Perché Paride dichiara che Afrodite è la più bella delle dee? • Come fa Paride a sedurre Elena? • Che cosa accade a Elena dopo la morte di Paride? • Perché Menelao, alla fine della storia, perdona Elena?

Analisi 2 Elena ha sposato Menelao n perché era innamorata di lui n perché fra tutti i pretendenti era il migliore n perché i suoi genitori gliel’hanno imposto n perché non c’era nessun altro pretendente 3 Elena dichiara di aver aiutato più volte gli Achei, durante la guerra di Troia. Come giustifica questo comportamento? ………………………………………………………………… 4 Quali sono le due ragioni principali per cui Elena soffre, durante la guerra di Troia? n Il rimpianto per la figlia lontana n Il senso di colpa per aver tradito Menelao n Il senso di colpa per i tanti guerrieri che muoiono a causa sua n L’amore infelice per Paride n L’ingiustizia subita da parte di Afrodite n I maltrattamenti che subisce da parte dei Troiani

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