4 minute read
Melma di Nico Vascellari
DALLA TERRA ALL’ALDILÀ
L’Aldilà è il ticchettio di un orologio amplificato da un microfono e una cassa. L’aldilà è una luce sopra la testa dopo un passaggio attraverso il buio e il vuoto. È l’amplificazione della presunzione dell’essere umano di fermare e misurare la vita, scandirla sovrapponendo il tempo umano al tempo della natura.
Advertisement
Nico Vascellari (1976, Vittorio Veneto) porta avanti una ricerca che affronta, sin dagli esordi, pratiche diverse, dalla performance alla scultura, dall’installazione al disegno, dal video all’esplorazione del suono. Attraverso un approccio e uno sguardo antropologico, le sue opere analizzano la relazione tra uomo e natura, intrecciando la dimensione personale a quella collettiva.
Da Buio Primario – la prima personale dell’artista veneto a Firenze nel 2003 – a Melma, la mostra a cura di Sergio Risaliti inaugurata il 24 giugno al
Forte Belvedere, a cui seguiranno diversi interventi in alcuni dei luoghi più prestigiosi del patrimonio storico-artistico della città. Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e il Museo Novecento ospiteranno a ottobre una serie di opere, tra cui una nuova installazione per l’Arengario, una performance site-specific ideata dall’artista per il Salone dei Cinquecento e una serie di lavori nella sede delle ex-Leopoldine. Un legame con Firenze che ritorna.
Durante Buio Primario Vascellari si chiuse per una settimana in una struttura di legno provando a rivivere l’esperienza sensoriale della talpa, portando con sé delle scorte di cibo e grandi vasi in terracotta progettati dallo stesso artista per raccogliere i bisogni fisici. Insieme a queste scorte anche del materiale per disegnare, delle macchinette fotografiche usa e getta e una videocamera. L’idea era quella di rivivere la sensazione di buio, di costrizione e isolamento dentro alla tana di una talpa. Chi entrava in galleria poteva sentire l’artista strisciare dentro all’installazione, oppure il rumore dei segni che lasciava sul legno. È capitato anche che qualcuno passasse di notte a “controllare” che l’artista fosse davvero lì e di ricevere delle conferme attraverso dei flash.
“Vedere al buio per l’uomo significa soprattutto non vedere o, perlomeno, vedere solo cose che la mente proietta sullo sfondo nero dalla retina, immagini rilasciate e proiettate dalla memoria.”
La natura e il mondo animale sono elementi con cui Vascellari si è sempre misurato e per i quali ha sempre portato un enorme rispetto, essendo anche vegetariano da quando aveva 15 anni.
L’artista definisce la Melma un portale magico e magma primordiale e mentre l’uomo guarda al cielo esplorando nuovi mondi ci si scorda che sta rovinando il pianeta su cui viviamo.
Ecco quindi che le nove opere scultoree in alluminio della serie Horse Power (2023) sono il frutto della fusione tra macchina e animale. In realtà ognuno di questi animali è utilizzato come logo da una diversa casa automobilistica. Le sculture prima di essere fuse in alluminio sono state realizzate in cera e lasciate modellare dal calore dei motori su cui sono state appoggiate.
Animali contaminati dalla mano dell’uomo, alcuni di essi ridotti a carcasse, anzi carcasse di animali che inglobano carcasse di automobili ed esposte sul bastione della Fortezza, quasi in contrasto con la bellezza del panorama della città. Apparizioni issate su piedistalli, o meglio palcoscenici portatili per concerti, proprio come quelli usati da Nico Vascellari durante le sue esibizioni, essendo anche front man dei Ninos du Brasil. Basamenti ricoperti di terra, pronti ad accogliere gli agenti atmosferici che bagneranno, asciugheranno e modificheranno le zolle: forse si depositerà un seme e germoglierà nuova vita ai piedi delle sculture, sicuramente insetti e altri animaletti cammineranno e strisceranno indisturbati quasi come fossero loro stessi delle opere d’arte.
“Ho sempre parlato dell’arte come una pesca a mani nude nel fango, dove è possibile trovare ciò che non conosci ma che tenti di riconoscere. A livello sensoriale, ricorda uno stato prenatale, perché è dalla terra, dall’humus, che viene plasmato l’umano. Melma come condizione esistenziale.”
Il percorso esterno della mostra è scandito anche da suoni che sembrano provenire dal sottosuolo, in realtà sono gli audio di due video esposti all’interno delle cannoniere, Fossil of Experience (2023) e Horse Power (2019). Ed è un muro di suono quello che ci accoglie nella prima sala al piano interrato e ci conduce tra sculture, collage e il video Visita Interiora Terrae (2020), in cui Vascellari si fa sedare, imbracare e poi sollevare con una fune da un elicottero per sorvolare un paesaggio montano tra nebbia e foreste. Visivamente una citazione dell’inizio della Dolce Vita di Fellini in cui un elicottero traporta in cielo una scultura di Cristo benedicente, e a livello sensoriale una perdita di coscienza come quella subita ad esempio dai grandi pachidermi che vengono soccorsi, sedati e poi trasportati in elicottero. L’artista che si abbandona, che si immerge nel paesaggio con tutto il corpo, a occhi chiusi come uno sciamano. E poi una costellazione di occhi di animali che appaiono dal buio di una foresta.
Buio e luce. Per accedere alla seconda parte del percorso espositivo – con oltre trenta opere, molte di queste inedite all’interno della Palazzina rinascimentale – è necessario percorre delle scale e uscire all’esterno per trovarsi di fronte alla facciata su cui è installata Falena (2022), una scultura che richiama la forma del sole e composta da più di cento falci placcate in oro. La falce simbolo del lavoro e delle lotte operaie ma anche simbolo che unisce vita e morte; la falena animale notturno costantemente alla ricerca di luce. Un percorso tra luce e buio, tra sotto e sopra, che come una talpa scava e solleva la terra, esce dal buco per trovare la luce. Alziamo gli occhi, cercando di capire cosa ci sia sopra la nostra testa, in cielo e oltre; troviamo quei raggi di falce che brillano al sole, collocati proprio sotto l’orologio del Forte Belvedere. Luce e tempo, elementi che da sempre l’essere umano cerca di controllare e riprodurre.
“La presunzione umana è la nostra malattia naturale e originale. Tra tutte le creature l’uomo è la più fragile e la più soggetta alle calamità; nello stesso tempo, è la più meravigliosa. Egli si sente e si vede situato qui, tra la melma e lo sterco del mondo, legato e inchiodato alla parte peggiore, più morta e stagnante dell’universo, all’ultimo livello del creato, il più lontano dalla volta celeste, con gli animali della peggior condizione; e va con l’immaginazione a piantarsi al di sopra del cerchio della luna; a mettere il cielo sotto i propri piedi.” Michel De Montaigne, Saggi, 1580