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IL PUNTO DEL TURISTA
Paolo
Nel caotico affrettarsi mattutino di chi corre verso il centro della mia città per ripopolarlo dopo la notte in cui esso dorme tranquillo e libero dal peso delle piccole formichine umane che ammorbano piazze, monumenti e portici con un continuo ed inutile vociare o che si rintanano negli uffici dove trascorreranno la giornata lavorativa immersi nella produzione di chissacche od ancora di chi semplicemente si predispone per lo struscio ed il caffè mattutino sedendosi ai tavoli dei più rinomati bar e bistrots cittadini (gestiti da vere e proprie icone dello a cura di Massimo Della Pena star system) c’è pochissimo spazio per accorgersi degli altri. Nessuno ha voglia, davvero voglia, di fermarsi per scambiare un saluto, un’opinione o per chiedere, con doverosa sincerità, come vanno le cose alle altre formichine che si affannano a rincorrersi ed a rincorrere il tempo, perennemente affannate ed in ritardo per non si sa bene quale appuntamento. Così, lentamente ed inesorabilmente, si è persa l’abitudine di comunicare con gli altri,: si è passati da un freddo ma pur sempre percepibile “buongiorno” o “Ciao”, ad un cenno del capo, (minor sforzo in opsseuo all’entropia) sostituito dall’ancor più economica e meno impegnativa abitudine di “far finta di niente” tanto c’è la mascherina e posso sempre dire “nonl’horiconosciuto”. E così, così… nessuno parla, nessuno guarda, nessuno ti conosce, nessuno si ferma, nessuno disturba e così tutti siamo diventati l’uno per l’altro nessuno. In questo oceano di indifferenza resiste, mitico, inossidabile, un unico ed ultimo baluardo. Un esemplare in via d’estinzione di ciò che dovrebbe essere, o meglio possedere, l’uomo: ovvero l’umanità. Umanità intesa come espressione di capacità empatica, di volontà di porsi in contatto, non superficiale, ma profondo con gli altri per provarne a comprendere sensazioni, sentimenti, paure, affanni, gioie, solitudini, amori e dolori. Questo esemplare di panda umano che dovrebbe essere protetto è Paolo. Paolo è un uomo dall’età indefinibile: ad occhio e croce lo collocherei in una fascia di
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età che va dai quarantacinque ai sessantacincque anni. Staziona quotidianamente, vestito in modo pulito e curato, sotto i portici della città, sulle spalle uno ziano, anch’esso pulito ed ordinato. Sempre in piedi. Lo sguardo rivolto alla gente, il volto buono, gli occhi sinceri. Paolo non è un vero e proprio clochard. Non chiede carità, non sollecita elemosina. Lui è lì. Ti saluta. Solitamente chiama tutti “egregio”. È un uomo certamente istruito e colto. È in grado di dialogare con tutti e parlare di tutto. È l’archetipo della categoria cantata da Lucio Dalla in “piazza Grande”. Cortese, affabile, disponibile. Tutti lo salutano. Credo sia l’unico che conosca davvero tutti. Dotato di una simpatia vera e contagiosa è capace di regalare battute straordinarie, ricche di umanità e di saggezza. Se piove, Paolo è lì, con il suo ombrellino attaccato allo zaino; se c’è il sole Paolo è lì, con un sorriso luminoso che rischiara la giornata. Se sei stanco, preoccupato o triste, Paolo lo vede e lo capisce: ti ferma, ti chiede come va (perché gli interessa davvero) e poi ti rassicura dicendoti “vedrai che andrà meglio, non preoccuparti”. Se ti vede passare una volta in più del dovuto od in orari strani rispetto ai tuoi soliti passaggi ti chiede cosa stia succedendo e… se gli racconti qualcosa ti ascolta, davvero. Non si dimentica. Se vai in farmacia si preoccupa della Tua salute, ti chiede dei tuoi figli. Se vai dall’ottico Ti chiede come mai, se sta peggiorando la Tua vista e se gli racconti che le mascherine ti stanno convincendo a metterti le lenti a contatto (così gli occhiali non si appannano più anche perchènonlihai) non se lo dimentica. Tanto che, passate due settimana dalla conversazione sulle tue scelte “oculistiche” ti
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chiede, vedendoti con gli occhiali “ e con le lenti a contatto come va?” Paolo è così: nessuno di noi conosce il suo cognome o la sua storia: ognuno di noi la immagina come vuole. A lui non interessa e, per quanto mi riguarda non ho nessuna intenzione di chiedergliela. Paolo è un uomo sereno. Un pezzo insostituibile della vita di ognuno di noi. La mattina lo cerchiamo, vogliosi di incontrare i suoi occhi e il suo saluto. Se non c’è, se non lo incontriamo mentre cammina sotto i portici ci preoccupiamo. Se non ci saluta lo chiamiamo. Lui è certamente quel che resta della volontà di ascoltare, di capire, di occuparsi degli altri. Paolo, in un mondo che corre affannosamente e senza motivo, rappresenta e manifesta la necessità di fermarsi, di ricavare tempo per gli altri, che poi, a ben vedere, significa ricavare tempo per sé stessi. Paolo sa aspettare, ascoltare, gratuitamente. Paolo non chiede, non pretende, non è mai irritato e se gli dici non ho niente da darti ti risponde non importa.
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Gli basta sapere che ti ricordi di lui, che ti dispiace non avere con te gli spiccioli che senti il bisogno e non l’obbligo di dargli. Paolo scherza, mi dice: “con te devo mettere il pos perché non hai mai contanti.” Paolo lo sa che è così. Sa che è vero. Che i contanti glieli dà di solito Paola cui dice: “a tuo marito non lo racconto che mi hai dato dei soldi, così magari stavolta, se ha qualche euro, me li dà anche lui” facendo occhiolino e sorridendo con il sorriso proprio di chi sa che la sera riderai della sua battuta, ammirandone sagacia ed intelligenza. Interrogandoti sulla sua non comune capacità di capire, di conoscere, di penetrare l’animo delle persone. Di tollerare e rendere i tuoi difetti, la tua sbadataggine quasi pregi, vestendoli di un manto di incomparabile ed impagabile ironia. Paolo è così: un faro d’umanità in un mondo di indifferenza. Un’umanità contagiosa che attorno a lui o da lui si espande e si attacca a chi gli si avvicina e … non si scolla. Paolo è Paolo.
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Compare al mattino e scompare la sera. Paolo è il nostro amico. Amico di un’intera comunità i cui membri non si conoscono ma che si riconoscono quali suoi amici. E così al mattino c’è la gara per offrigli il caffè (spesso offerto dagli stessi baristi), gli impiegati di banca gli portano gli abiti (sempre belli ed in ordine perché Paolo merita rispetto), tutti si fermano a salutarlo, tutti gli parlano ma in realtà è lui che ascolta, che ci ascolta. Paolo è così. Così importante che quando sai che non lo vedrai per un periodo sufficientemente lungo (settimana bianca – ponti – vacanze) ti senti in dovere di provvedere a lui, di garantirgli la possibilità di essere Paolo anche per gli altri, anche durante il periodo della tua assenza. E così non gli fai né elemosina né carità: semplicemente lo accudisci. Così come lui si prende cura di te, di noi, per tutte ed in tutte le mattine del tuo lavoro. Così gratuitamente, costringendoti per cinque minuti ad uscire dal tuo ruolo di operosa formichina per entrare in quello di Uomo. Paolo è capace di occuparsi degli altri.