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B/eau della diga Sidi Mohammed Ben Adbellah



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Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Adbellah

LAUREANDE Anna Cestari Elsa Montecchi

RELATORI Luca Emanueli Gianni Lobosco CORRELATORI Alessandro Cambi Massimo Tondello

Università degli Studi di Ferrara – Dipartimento di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura – Sessione straordinaria Marzo a.a. 2014/2015



Indice Abstract Premessa

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Parte prima Bouregreg un’identità da riconquistare

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1_ L’importanza dell’acqua 1.1 L’acqua nella cultura islamica 1.2 L’importanza dell’acqua nei paesi arabi moderni 1.3 L’importanza dell’acqua nel Marocco d’oggi 1.4 Le politiche delle grandi dighe

17 19 29 32 34

2_ Due città e un fiume 2.1 Un unico progetto di sviluppo 2.2 L’espansione urbana e la cintura verde 2.3 Un nuovo territorio per “altri” turismi 2.4 I progetti di sviluppo della Valle del Bouregreg

37 39 44 47 55

3_ Le Barrage e il suo bacino 3.1 Le dighe in Marocco 3.2 La diga Sidi Mohammed Ben Abdellah 3.3 L’ABHBC e le zone di protezione 3.4 I centri di pericolo per l’acqua

59 60 61 65 69

4_ I dintorni della diga 4.1 Le unità geografiche 4.2 Le aree urbane 4.3 Le aree agricole 4.4 Le infrastrutture

73 74 75 77 81

5_ Geologia e climatologia 5.1 Il bacino idrografico limitrofo 5.2 L’identificazione dei suoli 5.3 Temperature e precipitazioni 5.4 Criticità dell’area

85 86 89 91 94

6_ L’ambiente biologico 6.1 Fauna e popolazione animale 6.2 La copertura vegetale 6.3 Gli ambienti da proteggere 6.4 Criticità dell’area: l’eutrofizzazione

99 100 101 107 109


Parte seconda B/eau: un’identità riconquistata

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1_La nuova rete turistica 1.1 I Sistemi 1.2 I Poli 1.3 I Connettori

121 123 126 127

2_Descrizione dei Sistemi 2.1 Il sistema: l’Oued Bouregreg 2.2 Il sistema: l’Oued Grou 2.2.1 L’Oued Grou

131 133 137 141

3_Descrizione degli elementi 3.1 I Moli 3.2 I Ponti galleggianti 3.3 Le piattaforme galleggianti

149 150 152 153

4_Conclusioni

157

PARTE TERZA 1_Glossario

161

2_ Bibliografia

164

3_Sitografia

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4_FarFromFaf 4.1 Maroc: authenticité e modernité 4.2 Avenue de France, Agdal 4.3 Sulle rive del Bou Regreg 4.4 Intime speculazioni 4.5 Stati (d’animo) di paesaggio

167 168 171 175 179 183

5_Ringraziamenti

189

6_Tavole

195



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Abstract

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Abstract L’area di progetto si trova a 12 km dalla capitale marocchina Rabat nel bacino idrico della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah, costruita nel 1974 dal Re Hassan II per sopperire all’aumento della richiesta di acqua potabile per un’area estesa da Casablanca a Kenitra (9800 kmq). Il progetto potenzia la centralità dell’acqua, soggetto principale di questo paesaggio, concentrando le energie su di essa. Lo scopo è quello di creare un’infrastruttura di stampo turistico in grado di organizzare e controllare le attività esistenti, incrementandole attraverso l’attivazione di una rete che permetta di ricreare le connessioni fisiche e sociali preesistenti alla costruzione della diga non trascurando le problematiche ambientali specifiche del luogo, adattandosi alla morfologia esistente ed enfatizzandone l’unicità. La rete pone l’attenzione sulla centralità dell’elemento acqua che diventa quindi linea guida per la percezione e la conoscenza dell’intero paesaggio. Sovrapporre. Attivare. Percepire. Sono le tre parole chiave intorno alle quali ruota questo progetto. Si riprendono e rileggono le tracce andate perse a causa della creazione della diga e si sovrappongono al nuovo ambiente. Queste diventano l’impronta su cui si attiva la rete che costruisce una diversa organizzazione del territorio. L’insieme delle connessioni proposte favorisce, attraverso l’elemento acqua, una diversa percezione del paesaggio.


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Premessa

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Premessa Siamo state diverse volte sulla nostra area di studio. Volevamo scoprirla e, se possibile, conoscerla. Volevamo, in un certo senso, catturarla, per poterla portare con noi una volta tornate in Italia. Abbiamo passato giornate intere a camminare lungo il bordo dei suoi fiumi, a parlare con i pochi abitanti che ancora vi svolgono una qualche attività, a remare nelle acque del bacino in compagnia di un simpatico pescatore, a salutare i pochi turisti che vi transitavano. Giornate autunnali, come quel luogo, e tiepide, come quel luogo. Eravamo arrivate con la determinata convinzione di sottometterlo alle nostre esigenze funzionali ma siamo state soggiogate dal suo fascino melanconico. Ci siamo accorte, progressivamente, che eravamo di fronte a un luogo senza identità o, per meglio dire, a un luogo cui l’identità era stata sottratta. Un luogo ferito dalla diga, dall’eutrofizzazione, da tutti i divieti che lo costringevano a essere solo un serbatoio d’acqua, ruolo certo encomiabile, ma riduttivo rispetto alla sua ricchezza potenziale di vero e proprio habitat naturale. Un luogo che reclamava una nuova identità. Abbiamo capito allora che il nostro progetto doveva cercare, prima ancora che porsi l’obiettivo di “attivare un polo turistico” di ridare una nuova identità a quel luogo, farlo tornare a essere “qualchecosa”. Non si trattava tanto, e solo, di donargli una nuova connotazione funzionale ma di farlo esistere per quello che era e per quello che ancora poteva donare. Da queste intenzioni è nato il nostro progetto. Anna Cestari Elsa Montecchi


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Premessa

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Parte prima

Bouregreg: un’identità da riconquistare

Bouregreg non è più un luogo, è solo una funzione. E’ un vastissimo bacino idrico sottoposto a ferrei controlli e suddiviso in zone di protezione, che lo sottraggono a quasi tutte le attività umane. L’acqua che lo invade, gli alberi, i cespugli e i prati che lo circondano, i pochi animali che ancora lo vivono e i ruderi disseminati qua e là, sembrano essere lì solo per testimoniare di un passato che non è più. A volte, curiosi turisti occasionali lo frequentano, più spesso, famiglie in cerca di svago e relax domenicali. C’è forse un altro futuro per questo luogo?


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L’importanza dell’acqua

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1 L’importanza dell’acqua L’acqua è uno degli elementi al centro di questo progetto. L’acqua come vita e come cultura. L’acqua come elemento vitale e come elemento fisico naturale. L’acqua come elemento del paesaggio e come elemento produttivo. L’acqua come strumento di lotta politica e come una delle sfide più impegnative che l’uomo deve, e dovrà, affrontare nei prossimi anni. L’acqua e l’assenza d’acqua, come origine di uno dei più grandi problemi che affliggono buona parte del mondo, e anche il Marocco: la desertificazione, un processo climatico-ambientale, spesso causato o accelerato dalle attività umane, che coinvolge la superficie terrestre portando alla degradazione dei suoli, alla scomparsa della biosfera (flora e fauna) ed alla trasformazione dell’ambiente naturale in deserto. L’acqua, comunque sia, come un bene da difendere, come la terra.


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1.1 L’acqua nella cultura islamica Egli è Colui che dall’acqua, ha creato una specie umana e la ha resa consanguinea ed affine. (Corano, 25:54) Non sanno dunque i miscredenti che i cieli e la terra formavano una massa compatta? Poi li separammo e traemmo dall’acqua ogni essere vivente. (Corano, 21:30) E’ evidente, in numerosi passi del Corano, che l’acqua è un tema portante nella cosmogonia e iconografia islamica, così come nella liturgia e nella vita quotidiana è argomento ricorrente. L’acqua per il mondo islamico non è quindi solo divina; per la comunità dei fedeli (Ummah) essa ha significati pratici che vanno ben al di là del simbolismo religioso; l’acqua è dispensatrice di vita e materiale sostentamento. E’ all’origine di tutti gli esseri viventi sulla terra, la sostanza con cui Allah ha creato l’uomo. L’acqua è un dono di Dio; ogni credente ha diritto a essa così come agli altri elementi fondamentali per la sussistenza: il fuoco e l’erba (intesa come pascoli che, in ambiente desertico, simboleggiano il necessario sostentamento per gli animali). Nessuno può appropriarsi di un bene creato da Dio in un modo che possa arrecare danno (o la limitazione di quel medesimo bene) ad altri; un detto del Profeta recita: “...Tre sono coloro verso i quali Dio non volgerà lo sguardo nel giorno della Resurrezione e ai quali toccherà un castigo doloroso: l’uomo che, pur avendo avanzato dell’acqua lungo la strada, la nega al viandante; …” Il libero accesso all’acqua da parte dell’uomo (e quindi il diritto di averne in congrua quantità) è stato nel tempo declinato dalla dottrina islamica più puntualmente, arrivando a specificare una priorità nelle diverse necessità: 1. Anzitutto vi è il diritto al bisogno primario di dissetarsi dell’uomo; 2. Vi è poi quello dei propri animali; 3. Infine il diritto all’irrigazione dei propri campi. Il diritto all’acqua non è una prerogativa solo dell’uomo, tuttavia. Egli non è l’arbitro del destino degli esseri viventi, è invece il custode del creato, con ben precise responsabilità; così anche gli animali e le piante hanno il diritto di non morire di sete, dimostrando quindi un inaspettato taglio “ambientalistico” dell’insegnamento coranico.


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Nella tradizione islamica troviamo poi una ricca letteratura sulle priorità nei bisogni da soddisfare, sulla possibilità di acquisire diritti sull’acqua, di sfruttare le fonti, di poterla vendere o, ancora, su come gestire i pozzi e le sorgenti, incrociando quindi norme giuridiche con norme igieniche (con proibizioni di attività umane per prevenire la contaminazione delle acque) e sociali (equa ripartizione delle risorse idriche). Vediamo di approfondire i temi sopra indicati: acqua come dono di Dio; la conservazione dell’acqua e i risvolti ambientalistici. Nell’Islam la relazione tra l’uomo e l’acqua è parte dell’esistenza quotidiana, basata sulla convinzione che ogni cosa sulla terra adori lo stesso Dio. Il legame tra acqua e vita è più volte citato nel Corano: “Allah fa scendere l’acqua dal cielo e, suo tramite, rivivifica la terra che già era morta”. (Corano, 25:54). Quale dono di Dio l’acqua appartiene alla comunità e, perlomeno allo stato naturale, nessun individuo può esercitare dominio su di essa o privarne l’accesso ad altri. Non solo. L’uomo, quale essere vivente che domina sulle altre specie, ha obblighi verso di esse e verso il creato in generale: è responsabile del benessere degli altri. L’idea di purificazione, di raggiungimento di un’armonia tra l’elemento materiale e spirituale nel rapporto con Dio trova le stesse radici nel rapporto con la natura: i rituali di abluzione che precedono la preghiera necessitano di acqua incontaminata. Il fedele ha l’obbligo di non inquinare le fonti idriche e da qui le moltissime prescrizioni circa la corretta gestione (e preservazione) delle sorgenti e dei pozzi. Il concetto di “conservazione”, quindi, si lega con quello del ruolo dell’uomo sulla terra: egli non è il padrone delle risorse che Dio gli ha concesso; pur potendo disporne a suo piacimento, egli ne è però il “custode”. Egli dovrebbe agire in modo da non compromettere la disponibilità delle risorse naturali da parte delle future generazioni. Il Profeta avrebbe detto che colui il quale scava un pozzo nel deserto, deve poi permettere a ogni animale di dissetarsi. La funzione di custode o garante gli impone quindi un comportamento che sia rispettoso verso se stesso, verso gli altri e verso la natura in generale. Proprio perché uomo, e quindi fallibile, tale armonia può venire meno; da qui il ruolo delle istituzioni nel ripristino e mantenimento del giusto


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equilibrio nello sfruttamento delle risorse. Quale religione che non considera l’esistenza terrena come semplice strumento per raggiungere la vita eterna e che, al contrario, esalta il pieno godimento nella permanenza dell’uomo su questa terra, l’Islam non poteva non prescrivere obblighi e divieti che fossero coerenti con il “retto” vivere dell’uomo nella natura; le punizioni e i premi previsti per i comportamenti servono ad indirizzare l’uomo ad un’etica ambientale che ben si inserisce nell’idea che tutto il creato appartiene a Dio e che ogni azione deve essere finalizzata all’armonia. Il premio in questa vita è un’esistenza libera da ogni privazione (il che, in un ambiente desertico, implica anzitutto abbondanza di acqua). La punizione è la sete, l’aridità, la sterilità e tutto ciò che simbolicamente è ad essa associato); ma anche l’alluvione (collera divina), la devastazione. Il corretto utilizzo delle risorse (e la moderazione), quindi, non è legato solo ai tempi di carestia o scarsità, ai bisogni dell’uomo; è un concetto superiore, valido in ogni tempo: “Mangiate e bevete, ma senza eccessi, che Allah non ama chi eccede” (Corano, 7:31). Muhammad prescrisse chiaramente il rituale delle abluzioni, ponendo anche un limite al numero massimo consigliato (consentito): tre. In questo limite gli studiosi hanno voluto vedere un ulteriore richiamo alla moderazione, alla conservazione delle risorse e la condanna di ogni spreco. Il Corano, come abbiamo visto, ammette che in particolari condizioni (assenza o scarsità di acqua o di acqua pulita) è ammessa la purificazione rituale mediante l’utilizzo di sabbia o terra. Naturalmente la letteratura islamica trova in tali prescrizioni un solido argomento a favore della presunta natura “ambientalistica” della propria religione; anche volendo considerare questa interpretazione un po’ faziosa (le vere ragioni potrebbero essere legate alle necessità reali di stabilire un’armoniosa convivenza tra le famiglie o tribù in un ambiente inospitale come quello desertico, alla prevenzione o eliminazione di conflitti nella comunità), è tuttavia innegabile che l’islam ponga particolare attenzione alla conservazione della natura. Oggi questa è un’attenzione sicuramente apprezzabile. (Brani tratti da Acqua e Islam, opera cit. in bibliografia).


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L’africa della desertificazione

1990 2010

75% 25%

(mln) 5 10 15 2

Marocco Senegal C. d’Avorio Ghana Nigeria

Aree In via di desertificazione Aree desertiche Fonte: Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO)

Camerun Fonte: ONU

L’africa e l’aumento di popolazione

L’africa e il problema dell’acqua

Nel 2030 popolazio problemi d 1990 2010 (mln) 5 10 15 20 25 30 40 80 120

Marocco

Agricoltura 10% Industria 20% Uso domestico 70%

Senegal

A

In

U

C. d’Avorio Ghana

Si avvicina scarsi Scarsità fisica d’a Scarsità economi

Nigeria

esertificazione e

0 25 30 40 80 120

L’africa e l’aumento di popolazione

Camerun Fonte: ONU

Fonte: Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO)

L’africa e il problema dell’acqua Nel 2030 il 47% della popolazione vivrà con problemi di scarsità d’acqua Agricoltura 10% Industria 20% Uso domestico 70%

Agricoltura Industria Uso domestico

Si avvicina scarsità fisica Scarsità fisica d’acqua Scarsità economica d’acqua Fonte: Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO)


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1.2 Il problema dell’acqua nei paesi arabi moderni Circa il 2,5% dell’acqua presente sulla terra è acqua dolce ma solo circa l’1% è disponibile allo stato naturale (il resto è inglobata nelle calotte polari o nei ghiacciai) e di questa solo una parte (un terzo, cioè circa lo 0,3% dell’acqua dolce disponibile sulla terra) si trova nei fiumi e nei laghi. Di tale ultima, piccolissima, frazione è stato calcolato che solo l’1% è disponibile nell’area del Nord Africa e Medio Oriente. Si ritiene che l’acqua dolce disponibile per il consumo umano vari tra i 12.500 km cubi e i 14.000 km cubi per ogni anno. A causa della rapida crescita della popolazione della terra la disponibilità pro capite è diminuita da 12.900 metri cubi per anno nel 1970 a 9.000 metri cubi nel 1990 e meno di 7.000 metri cubi nel 2000. Si prevede che la disponibilità di acqua dolce continuerà a diminuire arrivando a 5.100 metri cubi pro-capite per anno nel 2025. Questa quantità potrebbe risultare sufficiente a soddisfare i bisogni dell’intera popolazione mondiale se fosse distribuita equamente. Il problema dell’acqua è sempre stato un argomento al centro dell’attenzione dei governi dei Paesi Islamici e molti dei concetti espressi dalle “Regole di Helsinki”, basate su un equo e sostenibile uso delle risorse idriche, trovano riscontro nella tradizione islamica, come visto nel paragrafo precedente: - Diritto all’utilizzo da parte di ogni membro della comunità delle risorse naturali: l’acqua è un dono di Dio; ogni credente ha diritto ad essa così come agli altri elementi fondamentali per la sussistenza per rispondere ai propri bisogni che sono anzitutto quello di dissetare se stesso e i propri animali e quello di irrigare i propri campi. - Utilizzo equo e ragionevole delle risorse: tutto quello che si oppone al concetto di equità è sostanzialmente peccato ed è condannato da Dio. - Proibizione di recare danno a se stessi, ad altri o alla natura: l’uomo non è il padrone delle risorse che Dio gli ha concesso ma solo il “custode”; ha dei doveri verso il creato. - Obbligo di di problemi elaborazione coinvolgimento

cooperazione e consultazione nella risoluzione collettivi: la shura, quale meccanismo di di decisioni per l’autorità, prevede il della comunità per i temi di che la coinvolgono.


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- Regole precise sulla proprietà dell’uso delle acque: i diritti sono codificati da secoli di tradizione giuridica, sebbene con differenze tra le varie scuole. Questa coincidenza tra i principi di gestione dei problemi, interni e internazionali, e quelli che la tradizione islamica ha elaborato sull’acqua, viene oggi considerata molto utile nell’approccio di policy-making dei paesi arabi. Ma come avviene questa? Le risorse destinate all’agricoltura; l’autosufficienza alimentare. L’acqua destinata alla produzione agricola, come si può immaginare, assorbe gran parte del fabbisogno di un paese. Quello che non si sa è che questa percentuale va oltre il 60% mediamente. Nel caso dei paesi arabi essa raggiunge quote ben superiori: più dell’80 %; tale valore non deve stupire in quanto nei paesi aridi o semiaridi la percentuale di acqua destinata all’irrigazione risente pesantemente del tasso di evaporazione. L’industria e il consumo domestico assorbono solo circa il 15 %. Alcune politiche dei decenni passati (tra cui quelle promosse dalle grosse organizzazioni internazionali) hanno poi spesso aggravato il bilancio idrico: progetti di sostegno agricolo, basati sull’introduzione di nuove varietà vegetali (anche non endemiche) e sulla meccanizzazione dei fattori produttivi hanno quasi sempre portato ad un vertiginoso aumento delle risorse impiegate in agricoltura a scapito degli altri settori, causando il prosciugamento delle falde, senza contare la contaminazione delle stesse data dall’introduzione di fertilizzanti chimici. La cosiddetta “rivoluzione verde” ha inoltre cercato di allargare la coltivazione in aree ambientalmente meno adatte; ma la salinizzazione, la desertificazione ed il degrado del suolo dovuti ad un eccessivo sfruttamento hanno spesso annullato l’iniziale successo di tali interventi portando alla perdita di terreni. Le colpe non sono però tutte da attribuire alle politiche di condizionamento delle organizzazioni internazionali; da sempre sul fronte interno il settore agricolo ha goduto di privilegi in termini di sovvenzioni dirette, accesso al credito facilitato, incentivi all’acquisto di macchinari e forniture di energia a prezzi ridotti. L’autosufficienza alimentare è sempre stata un obiettivo primario, soprattutto per paesi con grossi deficit di produzione agricola (come


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quelli della regione araba); si gli incentivi alla produzione sono infatti serviti a colmare (o ridurre) il gap tra la produzione e il consumo interno. Quello che non si è pensato, tuttavia, è che tali politiche agricole hanno accentuato molto la crisi idrica: incentivando la produzione a tutti costi, anche in colture a basso valore aggiunto (perlopiù ad alto tenore di irrigazione) la maggiore richiesta di acqua è andata a scapito dei settori domestico e industriale. Pensando di raggiungere l’autosufficienza alimentare (spesso un’utopia) si è preferito produrre da sé prodotti che, comprati sul mercato mondiale, avrebbero permesso un risparmio di costi e, in termini di acqua impiegata, un uso più razionale ed efficiente. La sovvenzione dei consumi idrici agricoli (ad esempio attraverso tariffe molto più basse di quelle relative ai consumi urbani) ha inoltre disincentivato un utilizzo parsimonioso delle risorse tranne in alcuni casi isolati dove l’utilizzo di impianti moderni (ad esempio “a goccia”) permette un risparmio notevole; l’incidenza della produzione alimentare sui consumi globali della regione risulta così eccessivo. Alcuni paesi hanno iniziato a capire che una riallocazione di risorse è necessaria, in particolare la riduzione della quota destinata all’agricoltura a favore di quella di consumo privato al fine anche di scongiurare fenomeni di mercato nero già presenti in alcune realtà urbane. Certamente può essere difficile abbandonare l’idea di raggiungere l’autosufficienza alimentare; se però si pensa che il fabbisogno medio stimato annuo di acqua per abitante (per tutti gli usi, compreso il cibo) è di circa mille metri cubi a persona e che in termini di disponibilità idrica tale valore è già un’utopia per molti paesi arabi (la media della regione è ormai sotto tale soglia), si capisce come perseguire a tutti i costi tale autosufficienza diventi un inutile spreco di risorse. La riallocazione trova anche il suo fondamento morale nella precisa indicazione che il Profeta Muhammad avrebbe dato circa le priorità nei diritti sull’acqua: consumo umano, anzitutto, poi animale e infine agricolo.


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1.3 Il problema dell’acqua nel Marocco d’oggi La situazione idrica in Marocco è forse tra le più solide tra tutte quelle dei paesi arabi. I risultati del Regno in questo settore, tra cui la riforma istituzionale e legislativa, la costruzione di dighe e l’adozione del Piano nazionale per l’acqua, costituiscono un modello per i paesi africani e arabi. Nonostante questo il Marocco, conscio di camminare nel campo delle risorse idriche su un crinale stretto quanto mai pericoloso, ha deciso di fare di questo settore una delle priorità che il Regno. E l’ha fatto, con un nuovo piano nazionale per l’acqua (2014) che si occupa di tutte le questioni relative alla gestione delle risorse idriche e fornisce risposte “precise” per tutte le sfide del settore per sostenere importanti progetti realizzati in Marocco e le politiche di sviluppo settoriali. La politica idrica del Marocco poggia oggi su tre pilastri: - il controllo della domanda di acqua; - lo sviluppo dell’offerta attraverso la mobilitazione delle risorse d’acqua convenzionali e non convenzionali, riduzione dell’acqua persa attraverso la creazione di piccole dighe e laghi per sostenere lo sviluppo locale, il sostegno dell’utilizzo diretto dell’acqua piovana, la dissalazione dell’acqua di mare e l’utilizzo delle acque reflue dopo il riciclaggio; - la conservazione e la protezione delle risorse idriche che consiste nel preservare l’ambiente e ridurre i rischi legati all’acqua attraverso il riciclo delle acque reflue dopo il loro trattamento, la lotta all’inquinamento industriale e il mantenimento delle acque sotterranee. Un importante passo che il governo marocchino si accinge a fare è quello d’individuare dei partner con i quali realizzare dei bacini di piccola e media portata, costituendo quindi, in un settore sino a oggi di stretta pertinenza dello Stato, la base per un’interazione tra pubblico e privato. Il rapporto tra Amministrazione centrale e collettività locali non va al meglio, perché queste ultime pagano una difficoltà a onorare impegni ratificati da tempo, ma lo Stato marocchino non intende recedere dal perseguimento del suo obiettivo primario, quello del migliore utilizzo possibile delle risorse idriche. Il quadro generale mostra però qualche diseguaglianza, legata alle caratteristiche geomorfologiche di alcuni


Il costo complessivo del Piano nazionale per l’acqua (PNE) è stimato in 220 miliardi di dirham, di cui il 41% per la gestione della domanda, il 9 % saranno assegnati alla lotta alle inondazioni mentre il 7 % sarà destinato alla dissalazione dell’acqua di mare. Le fonti di finanziamento di tale piano saranno mobilitate tanto dal settore pubblico che privato. Il Marocco dispone attualmente di 139 grandi dighe con una capacità totale di 16,6 miliardi di m3, e altre 12 dighe con una capacità di 3 miliardi di m3 sono in costruzione. Inoltre sono in fase di realizzazione 13 impianti di depurazione delle acque e altri progetti per la dissalazione dell’acqua di mare (10 milioni di m3 / anno), che richiedono soluzioni alternative per superare lo stress idrico e diversificare le risorse.

Aumento della desertificazione

Aumento della popolazione

Aumento della necessità d’acqua

160

139 130

140 120 98

100 80

67

60

2015

2010

27

2000

20

1990

9 13

1970

20

1980

40

1950 1960

a

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regioni del Regno - soprattutto al sud - dove le carenze idriche sono evidenti e oltremodo penalizzanti per la popolazione e le attività produttive.

Numero di dighe

della popolazione

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1.4 Le politiche delle grandi dighe Dagli anni ’60 del secolo scorso l’intervento statale nelle economie deboli e gli indirizzi nelle politiche di aiuto ai paesi in via di sviluppo sono stati spesso effettuati tramite la realizzazione di grandi opere; tra queste, in campo idrico, la costruzione delle grandi dighe ha avuto particolare successo. I motivi che hanno portato alla loro costruzione sono ovviamente quelli di una maggior razionalizzazione dell’offerta di acqua, di una captazione destinata ad aumentare le risorse disponibili; tuttavia esistono anche motivi secondari e non nascosti: da quelli economici e sociali (sostenere l’economia con grosse commesse per la costruzione delle strutture, appalti per la manutenzione) a quelli politici e di immagine (sia sul fronte interno, per consolidare il consenso popolare alla leadership, sia su quello internazionale). C’è il sospetto tuttavia che altri interessi ci possano essere dietro la politica delle grandi opere; se in passato il finanziamento ai paesi detentori di risorse energetiche (come l’Egitto) poteva celare la volontà di approvvigionamento di tali risorse o di espansione di influenza economica (si pensi alla Guerra Fredda ed alle strategiche alleanze comprate con tali aiuti), oggi il motivo potrebbe essere quello di acquisire il controllo del mercato mondiale dell’acqua. Alcuni autori ne sono convinti: “il controllo comunitario (dell’acqua) è venuto meno quando gli stati hanno assunto il controllo delle risorse idriche. (...) Un mezzo particolarmente diffuso per trasferire il controllo dalle comunità ai governi centrali, e per colonizzare fiumi e popolazioni, è stato quello delle dighe”. Tralasciando gli effetti sul clima, sulla resa delle culture e sull’efficacia effettiva in termini di recupero di nuove risorse idriche (che tuttavia molte evidenze tendono a bocciare) e concentrandoci solo sulle conseguenze immediate di tali opere, non si può negare che esse siano sempre state accompagnate da disagi sociali fortissimi (spostamento d’intere popolazioni rivierasche) e aumento delle tensioni internazionali (nascita di dispute territoriali sull’utilizzo dei bacini artificialmente creati oppure drastica riduzione dei flussi a disposizione dei paesi a valle). La minaccia di costruzione i nuove dighe è diventata un argomento di politica internazionale, un’arma da impugnare quando ci si siede al tavolo delle trattative per la spartizione delle risorse idriche. Le grandi dighe vengono costruite per deviare l’acqua dei fiumi dal loro


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corso naturale: alterare il corso di un fiume significa modificare anche i modelli di distribuzione dell’acqua in un bacino, soprattutto se sono previsti trasferimenti di inter bacino. Lo spostamento dell’allocazione idrica il più delle volte provoca conflitti interstatali che rapidamente degenerano in dispute tra stati.

Le maggiori dighe del Marocco Desertificazione

1953

Bine el Oudane

1967

Mohamed V

1971

Mansour Eddahbi Hassan Addakhil

1973 1974

Idriss 1er

1975

Al Massira

Sidi Mohamed Ben Abdellah

1978

Oued el Makhazine

1996

Al Wahda

2000

Hassan II

Fonte: Ministère Délégué Chargé de l'Eau

Alluvioni

Elettricità

Potabile

Agricoltura

Industria


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Due città e un fiume

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2 Due città e un fiume La zona costiera che si estende da Kenitra, a nord, fino a El Jadida, a sud, su circa 250 km, ha la più grande concentrazione demografica del Regno, con una popolazione di 7,3 milioni di abitanti nel 2004. Questa zona, comprendente la capitale amministrativa, Rabat, ed economica, Casablanca, oltre ai più grandi centri industriali del paese, è dotata da molti anni, di una pianificazione a lungo termine per l’approvvigionamento di acqua potabile che si avvale principalmente del complesso idrico del Bouregreg, il cui bacino è oggetto di questo progetto. La prossimità del complesso idrico alle città di Rabat e Salé e ai nuovi centri satellite, crea un conflittuale, ma interessante, incontro tra aree urbane e un ambiente naturale fortemente compromesso dalla diga.


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2.1 Un unico progetto di sviluppo Rabat e Salé rappresentano un rilevante esempio di città gemelle. Esse sono separate solo dal Oued Bouregreg, il fiume che le bagna, prima di gettarsi nell’Atlantico, ognuna su una diversa sponda. Ma prima di distendersi lungo le sue rive, le due città hanno preferito svilupparsi lungo la costa atlantica. Solo quando questa soluzione si è dimostrata non più percorribile e il litorale non ha più offerto occasioni di sviluppo, le due città hanno incominciato ad ampliarsi verso Est, verso l’interno collinoso, invadendo così la zona agreste, destinate normalmente all’agricoltura. Per controllare questo processo d’estensione nasce, nel 1971, il primo piano urbano, lo SDAU (Schéma Directeur d’Aménagement Urbain). Questo documento è arrivato in un momento in cui i comuni erano solo due: Rabat e Salé, e l’obiettivo era quello di coprire i territori delle prefetture di Rabat, Salè e Temara, dove il contesto territoriale in questione beneficiava della disponibilità di una importante riserva di suolo pubblico. Le strutture urbane che propone si basava sulla natura lineare e discontinua dello sviluppo urbano precedente lungo i grandi assi viari, ed è scandito dai grandi progetti specifici come la cintura verde di Rabat, la protezione della valle Bouregreg, il corridoio verde e le circonvallazioni urbane. L’ambiziosa organizzazione generale del territorio SDAU del 1971 si fondava sullo sviluppo di tre prefetture basato su tre tipi principali di trame: - La struttura urbana L’obiettivo era di ripristinare i comuni esistenti di Rabat e Salé in una logica di prefetture, aggiungendo Temara come embrione di un emergente agglomerato. - La trama viaria strutturante Considerato lo sviluppo urbano della città in una logica di linearità costiera, sostenere, supervisionare e controllare l’espansione urbana in corso; poi per sviluppare il suo potenziale. Quest’approccio pone l’accento sull’interesse particolare per la fascia costiera, e lascia presagire, in termini di valori, le sfide future che siano ambientali o economiche, turistiche o terriere. - La trama di spazi verdi e naturali


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Secondo la stessa terminologia della carta grafica, vi è descritto e delineato due tipi di spazi verdi: aree boschive / parchi urbani e aree agricole o siti naturali protetti. Questo SDAU preconizza: - La conservazione e lo sviluppo degli spazi verdi - La protezione dei siti naturali (Oulja Guich e terreni) - La cintura verde di Rabat - La tutela della valle Bouregreg - Il corridoio verde - E’ chiara la volontà del progettista, e dell’amministrazione, di preservare e proteggere il patrimonio naturale esistente e rafforzarlo; di seguito usarlo come strumento di strutturazione dell’area coperta dal documento. Ogni prefetture progettata è chiaramente definita da aree naturali da proteggere, e orientano la proliferazione urbana indirizzandola dalla costa verso l’interno. Le aree urbane, così ben delimitate e definite, beneficiano di un verde penetrante a partire dagli spazi naturali tra le prefetture. Prima di iniziare l’analisi della SDAU 1995 è impotante segnalare che la sua elaborazione si è svolta su un periodo relativamente lungo; vale a dire 1985-1995, quando è stato approvato con decreto n 2.94.346 20 gennaio 1995, n BO 4292 del 1° febbraio 1995. Si tratta di un documento che definisce gli obiettivi e gli orientamenti di sviluppo della sua area d’intervento per un periodo di 25 anni dalla data di approvazione della Legge n ° 12-90 del 17 giugno 1992.

Rabat-Salé e le diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Fonte: Ministère de l'Urbanisme et de l'Aménagement du Territoire

1150

1915

1941

1955


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Questo piano aveva il compito di soddisfare due requisiti: - quello di pianificare, controllare e supervisionare lo sviluppo di un’area urbana in pieno cambiamento urbano, economico, demografico urbani e, quindi, anche ecologico e ambientale mantenendo il più possibile le sue qualità e il suo potenziale; - quello di esprimere, attraverso le sue politiche e la sua programmazione, l’immagine della capitale del paese. Il SDAU 1995 opera su un territorio già coperto dal SDAU 1971 e diversi PA e cade, quindi, nella sua interezza, in linea con quello precedente documento sostenuto. Riconoscendo che le orientazioni dello SDAU 1971 erano state prese in considerazione principalmente nella città di Rabat; per contro, esse si son viste molto rapidamente superate dalla grandezza dei cambiamenti ed espansioni, sia urbane sia demografiche, a Salé e Temara. In effetti, in termini di spazi verdi e di aree naturali, si segnala l’affiliazione dello SDAU 1995 con quello del 1971 soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo lineare e discontinuo delle aree urbane lungo le strade principali e ripetizione di progetti strutturanti, come la cintura verde di Rabat, la protezione della valle Bouregreg, il corridoio verde, la conservazione delle cinture verdi; e in generale la tutela del patrimonio verde.

1972

1971-1974

Costruzione della Diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

1990

1994

2006

Necessità di bloccare espansione delle città: SDAU

Necessità di aumento di portata: sopraelevazione della diga


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2.2 L’espansione urbana e la cintura verde Fortemente impregnato della struttura territoriale del documento precedente, le basi di sviluppo dello SDAU 1995 si basano sul mantenimento dello sviluppo lineare e discontinuo dell’agglomerazione e ponendo le sue diverse entità urbane entro i perimetri naturali definiti dal patrimonio naturale, sia forestale. La posizione è stata adottata allo stesso tempo per rispondere alle sollecitazioni di conservazione e tutela del patrimonio e per il grande potenziale naturale nell’area di intervento. Infatti, come si può leggere attraverso le analisi, l’organizzazione spaziale del territorio è stata dettata dai seguenti imperativi naturali: - Le foreste esistenti da proteggere; - I fiumi e il loro perimetro di protezione; - La protezione delle falde acquifere sotterranee. Questo piano naturalmente aveva come quadro di riferimento, tre obiettivi generali: - Controllare lo sviluppo e contrastare la speculazione immobiliare; - Organizzare la difesa dei siti, dei paesaggi e delle risorse naturali. In particolare le acque sotterranee per l’acqua potabile; - Migliorare la circolazione e i trasporti; Nel suo approccio globale, il SDAU 1995 aveva individuato sei aree di sviluppo per accogliere grandi progetti; cinque dei quali rientrano nelle prefetture in fase di studio. Questi, per la loro grandezza, inducono misure obbligatorie in materia di tutela delle aree naturali. Queste cinque aree includono: - Settore Rabat prevede di ospitare la lottizzazione Al Buostane per una capacità di 280 ettari, e il tavolato Akrach copre 925 ettari. - Salé Bouknadel sud-ovest: secondo lo SDAU fatto oggetto di diversi progetti di sviluppo e costruzione conseguente (Tabriquet, la sede A Mohammed V e Sidi Abdellah Hay Arrahma); ma il cui potenziale rimane l’aeroporto e la fascia costiera; - Kenitra: questo settore ha un importante ambiente agricolo; secondo SDAU, non è soggetto ad estensione, come previsto dal SDAU precedente, ma mantiene le sue disposizioni per quanto riguarda la protezione delle acque sotterranee da Maamora e la foresta;


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- Skhirate Temara: per cui SDAU prevede di preservare la superficie agricola e la cintura verde pel limitare la crescita a 30000/35000 abitanti; - La nuova città di Bouknadel: questo settore ha un potenziale ambientale e paesaggistico enorme. Sulla scala degli obiettivi globali strutturanti il territorio, e al fine di raggiungere il duplice obiettivo di controllare la città lineare preservando le aree naturali; le orientazioni generali del SDAU per gli spazi verdi urbani e naturali, erano: - Mantenere e preservare le esistenti cuciture naturali, consistenti nei fiumi fra Rabat, Salé e Temara; - Proporre strutture emblematiche per la capitale; - Delimitare la foresta demaniale e le aree agricole potenzialmente importanti per la loro protezione; - Delimitare il terreno accidentato e siti incostruttibili da proteggere; - Mantenere la cintura verde prevista dal SDAU 1971 tra Rabat e Temara; - Progettare una cintura verde tra Salé e Bouknadel; - Proteggere le risorse idriche;


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2.3 Un nuovo territorio per “altri” turismi L’area di studio detiene indiscutibilmente una concentrazione di paesaggi notevoli. Le aree urbane e peri-urbane sono di un’alta qualità del paesaggio; ma rimangono comunque molto degradate o nascoste. Il paesaggio della conurbazione è ricco d’importanti risorse naturali e paesaggistiche per il lori valori e le loro potenzialità, sia sotto il profilo ambientale, ecologico o turistico. In effetti, basta guardare la storia dei luoghi per dare inizio a una “logica” di sviluppo, secondo quanto è stato osservato nell’analisi dei documenti di pianificazione in materia di territorio (il litorale, il fiume, la foce, le foreste, le cinture verdi, la valle del Bouregreg, i laghi, le oued, il SIBE); ma persistono evidenti handicap di accessibilità e il collegamento per il pieno sviluppo di queste risorse: carenze nel sistema della mobilità, la totale assenza di corridoi verdi, di percorsi ecologici, di piste per biciclette e pedoni, dei percorsi per passeggiate, la mancanza di strutture, di servizi, attività segnaletica. Quello che più colpisce nella percezione del territorio, è proprio il fatto che queste entità identificate appaiono frammentate, senza collegamenti tra di loro. In effetti, tutte le attrazioni turistiche sono distribuite linearmente lungo il litorale tra il Temara e Skhirate. Questo non aiuta e invita a esplorare della regione. Quindi possiamo dire che la diversità dei paesaggi della conurbazione, non è percepita come tale; e quindi, il paesaggio non è evidenziato e messo in valore. E’ quindi importante orientare i visitatori in particolare ma anche i cittadini in generale, verso tutti gli elementi del territorio della conurbazione con progetti integrati di design, mobilità e/o reti di trasporto pubblico e gli spazi verdi/pubblici. Si dovrebbero a tal fine sviluppare diversi aspetti per l’istituzione di un vero processo di pianificazione. A livello territoriale: - Sviluppare gli aspetti naturali; - Sottolineare l’identità dei territori; - Produrre un progetto di mobilità ecologica; - Stabilire una strategia integrata per gli spazi d’uso e turistici quotidiani;


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- Stabilire un sistema di segnaletiche coerenti; - Creare una rete tra spazi urbani e spazi extraurbani “rimarchevoli”. A livello dei perimetri urbani: - Riqualificare le periferie urbane con l’articolazione dei vari spazi rilevati (giardini “famigliari”, e “comunitari”); - Riabilitare gli spazi verdi esistenti ma degradati; - Riconsiderare le assegnazioni delle aree non edificabili, i terreni agricoli incolti e i terreni liberi; - L’integrazione di piccoli spazi residuali nelle trame urbane; - Promuovere il ritorno del “viale urbano”; - Ripristinare le classi di giardini; - Ridefinire l’arredo urbano e di conseguenza la loro attuazione; - Evidenziare e riqualificare i bordi delle città; - Intervenire nella realizzazione di autostrade e lungo i binari della ferrovia; - Sviluppare progetti di design che considerano l’esistente in tutte le sue componenti; - Realizzare reti tra gli spazi verdi urbani e quelli extraurbano notevole. Tutto questo, oltre a migliorare la vita dei cittadini della conglomerazione deve servire a sviluppare un turismo che non mira solo alle grandi città e al litorale ma è aperto ad esplorare nuove offerte territoriali. Il turismo occupa un posto speciale nella struttura economica e finanziaria del Marocco e rappresenta un importante leva per l’accelerazione della crescita socio - economica. Il turismo è il vero motore della crescita, con evidenti impatti in ogni settore dell’attività economica. Secondo contribuente al PIL nazionale e il secondo creatore di posti di lavoro il turismo contribuisce in modo indicativo alla creazione di ricchezza e alla riduzione della disoccupazione e della povertà con una domanda turistica mondiale pari a circa il 12% del PIL. Il turismo ha un posto rilevante anche come fonte di arrivo di moneta dagli altri Stati, accanto ai trasferimenti di marocchini che vivono all’estero. Le entrate generate da non residenti che hanno soggiornato in Marocco sono state, nel 2014 (esclusi i trasporti internazionali), di quasi 57,2 miliardi di dirham. Il 2014 si è concluso


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con 10,3 milioni di turisti, un incremento del 2,4% rispetto al 2013. Il turismo internazionale è in continua evoluzione in Marocco e questi progetti aprono a nuovi turismi.

Rabat

117 kmq 577827 ab

Salé

87 kmq 890403 ab

Ain Al Aouda 4 kmq 25105 ab

Oum Azza 1 kmq 10530 ab

El Menzeh 4 kmq - ab

Tnine Sidi Azzouz 4 kmq - ab

Essehoul 0,2 kmq 500 ca ab

Sidi Allal El Bahraoui 4 kmq 9884 ab

Village El Aarjate 0,4 kmq - ab

Technopolis 1 kmq - ab

Sala Al Jadida 3 kmq 19959 ab


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2.4 I progetti di sviluppo per la valle del Bouregreg Nonostante l’area urbana Rabat – Salé abbia conosciuto ormai da più di cinquant’anni un’espansione verso est il fiume Bouregreg non è mai stato davvero fatto oggetto di un progetto che lo ricollocasse all’interno di un tessuto territoriale completamente trasformato. Da sempre considerato, fin dallo SDAU del 1971 un elemento da salvaguardare e parte del progetto di cintura verde, non ha conosciuto, forse perché interessato da inondazioni, nessuna attenzione particolare. Solo nel 2006 è stato lanciato un grande progetto per lo sviluppo della valle del Bouregreg tra le città di Rabat e Salé, dalla foce fino allo sbarramento della Diga. E’ un grande progetto per il Marocco che riguarderà, alla sua conclusione, 6.000 ettari di terreno. Il progetto, che è gestito da un ente pubblico creato per l’occasione, l’Agenzia per lo Sviluppo del Bouregreg Valle AAVB, dovrebbe migliorare la comunicazione tra i due città. Per la realizzazione della prima sequenza di trenta ettari, l’Agenzia si è unita ad Al Maabar Jordan Investments Company di Abu Dhabi, per creare una città di cultura, il turismo e il tempo libero: Bab al Bahr. L’obiettivo di questo ambizioso progetto è quello di costruire in questa zona, in parte interessata da inondazioni e debolmente utilizzata fino a ora se non a pezzi, nuovi quartieri multifunzione ed assicurare inoltre la transizione tra le due città, sviluppando le potenzialità dell’asse navigabile con il nuovo porto turistico e il patrimonio architettonico delle due città. Sei fasi sono previste, due dei quali sono iniziati nel 2009. Il primo, chiamato Bab Al Bahr, per un importo di 750 milioni di dollari d’investimenti e comprende lo sviluppo di un programma immobiliare misto di circa 560 000 m2 di superficie piana. Le strutture, situate sulla sponda sinistra del fiume, tra la sua foce e il ponte di Hassan II, includono strutture residenziali e alberghiere di qualità, la Città delle Arti e dei Mestieri, dedicata alla conservazione di artigianato e un porto turistico. E’ anche prevista la costruzione di un nuovo ponte con una maggiore altezza per permettere, assieme a un più profondo dragaggio del fiume, di accogliere grandi navi. Per i pescatori professionali di Rabat e Salé, cacciati dalle trasformazioni in corso, è in corso di costruzione un nuovo porto presso la foce del fiume nella parte di Rabat.


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La seconda fase prevede la realizzazione di un quartiere parzialmente lacustre nella zona compresa entro il nuovo ponte Hassan II e la linea ferroviaria Rabat-Salé per un investimento iniziale di 2,5 miliardi di dollari.

Amenagement de la Vallèe du Bouregreg

Bab al Bahr - sequenza 1 Al Saha Al Kabira - sequenza 2 Kasabat Abi Oued - sequenza 3 Sahrij Al Oued- Sequenza 4 Al Menzah Al Kabir - Sequenza 5 Macharif Hssain- sequenza 6

Sequenza 1 Sequenza 2 Sequenza 3 Sequenza 4 Sequenza 5 Sequenza 6

Progetto Immobiliare, nuovo porto Gran Teatro di Rabat Risistemazione della zona umida Riqualificazione della piana alluvionale Riqualificazione per eco-turismo Protezione dell’ambiente


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3 Le Barrage e il suo bacino L’area urbana di Rabat e Salé, con tutte le città satellite che le circondano, si stanno espandendo, come abbiamo visto, verso est e si stanno progressivamente avvicinando al complesso idrico di Bouregreg. La cintura verde solo in parte può contenere e ammortizzare l’impatto ambientale di questo inevitabile incontro. La diga e il suo bacino sono destinati essenzialmente alla produzione d’acqua potabile per l’alimentazione umana e, per questo, soggetti a una rigorosa legislazione, così come tutte le zone di protezione che li circondano. Quest’area è dunque terreno d’incontro tra l’urbano e il rurale, tra l’artificiale e il naturale, e pone problemi ambientali comuni a molte aree di confine. L’ultima sequenza del grande piano per lo sviluppo della valle del Bouregreg si arresta esattamente in corrispondenza della diga, e pertanto quest’area non è ancora oggetto di nessuna particolare attenzione.


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3.1 Le dighe in Marocco Dal 1920, le autorità coloniali francesi, consapevoli degli sforzi della Prima Guerra mondiale, individuano nel Marocco un paese che può offrire loro la possibilità di compensare il grande deficit che si è venuto a creare nel volume nella produzione agricola nazionale. Nell’ambito delle varie campagne del Marocco, la Francia occupa progressivamente le grandi pianure marocchine che potevano fornire prodotti agricoli. Le regioni occupate avevano tutti i vantaggi di un’agricoltura promettente per gli investitori coloniali e il compito di coltivare i terreni fu svolto dai coloni francesi, incoraggiati dalla propaganda. Il Marocco, con il suo potenziale idrologico e la fertilità delle sue terre, mancava di adeguate infrastrutture che potessero fornire irrigazione alle sue grandi pianure, tra cui la pianura di Tadla, la piana di Doukala Abda, della Chaouia e quello delle pianure Atlantiche, considerate come aree facenti parte del Marocco utile. L’introduzione di servizi moderni ha avuto inizio con la costruzione delle prime dighe e la creazione di grandi bacini idrici, con l’obiettivo di fornire acqua potabile, acqua per l’irrigazione e per la produzione di energia elettrica. A partire dagli anni ‘50, i governi marocchini incominciano a mettere in campo una vera e propria politica di progettazione e costruzione di dighe. Ma la vera rivoluzione è portata avanti durante il regno di Re Hassan II (1961-1999) con l’obiettivo, di raggiungere un milione di ettari irrigati entro la fine del secolo. Questa politica è visibile dal piano quinquennale 1968-1972, in cui gli investimenti pubblici legati all’irrigazione sono il 41% (2.088 miliardi di dirham) del bilancio previsto. La costruzione di grandi opere è di gran lunga l’azione preferita dal governo per raggiungere questi obiettivi, 400 milioni di dirham l’anno sono spesi per la costruzione di dighe, mentre il sostegno dato alle piccole e medie infrastrutture idrauliche è decisamente inferiore. L’acqua è in primo luogo per l’agricoltura: nei primi dieci anni del 2000, la superficie agricola irrigata è stata di circa 550 000 ettari ma le dighe riforniscono d’acqua anche le città e le fabbriche.


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3.2 La diga Sidi Mohammed Ben Abdellah La grande diga Sidi Mohammed Ben Abdellah (SMBA) si trova appena a valle della confluenza del Oued Bouregreg e Oued Grou. Il sito corrisponde a un restringimento del fiume che attraversa un massiccio primario costituito di un’alternanza di quarziti scistose e scisti quarzose. I lavori di costruzione sono stati eseguiti tra il 1971 e il 1974, sopraelevata nel 2006 è tutt’oggi oggetto di nuovi lavori di sopraelevazione. L’Oued Bouregreg, il fiume principale che l’alimenta, drena un bacino di forma ellittica (grande asse orientato nord / sud ovest / est). Questo bacino è costituito essenzialmente da colline e alture impermeabili la cui copertura vegetale è assai importante. L’Oued Bouregreg è costituito dalla riunione, a una ventina di chilometri dalla sua foce, di due letti principali: l’Oued Bouregreg, a nord, drenante su una superficie di 3980 km², e l’Oued Grou, a sud, drenante su una superficie totale di 5700 km2, alimentato anche da due affluenti, l’Oued Wadi e l’Oued Korifla. Il complesso idrico del Bouregreg, destinato principalmente, come detto, alla produzione di acqua potabile è il maggior impianto di una zona comprendente altri tre complessi adduttori. Bouregreg: Capacità: 9 m3/s, realizzato in tre tranche, nel 1969, 1975 e 1983. Daourat: Capacità: 5,7 m3/s, realizzato in tre tranche, nel 1983, 1991 e 1998. Fouarat: Capacità 1,3 m3/s, realizzato nel 1934, con estensioni e riabilitazioni nel 1987 e 1991. Sidi Saïd Maachou: Capacità 2 m3/s, realizzato nel 1953 (gestito da un concessionario privato Seor).


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Il complesso di produzione di acqua potabile e industriale del Bouregreg, che tratta le acque raccolte nel bacino della diga di Sidi Mohammed Ben Abdellah, è gestito dall’ONEP (Office National de l’Eau Potable). La sua capacità attuale è 446 milioni di m3 e potrà aumentare fino a quasi un miliardo di m3 dopo la sopraelevazione i cui lavori sono in corso. Esso è costituito, oltre che dalla diga stessa, dalle seguenti infrastrutture: 1 – La torre di presa. L’acqua dalla diga è prelevata attraverso una torre di presa, immersa nel serbatoio vicino alla confluenza dei fiumi Oued Bouregreg e Oued Grou. Questa torre ha sette paratoie a saracinesca di cui quattro sono funzionanti mentre le altre tre sono in corso di preparazione, essendo legate ai lavori d’innalzamento della diga. Questa torre è collegata a una galleria di alimentazione, forata nel basamento, di 2,6 m di diametro, che si trova sulla riva sinistra del bacino e che fornisce acqua alla stazione di pompaggio a circa 3 km a valle, avente un diametro di 2,6 m. Esso è protetto da una valvola di guardia 1,60 x 2,70 m. alla sua estremità, a monte, mentre un’autoclave è situata alla sua estremità a valle.


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2 - La stazione di pompaggio e di scarico tubi. La stazione di pompaggio è destinata a rifornire d’acqua grezza pre-clorata l’impianto di trattamento a 2,8 km a valle sotto carichi statici da 100 a 130 metri secondo l’altezza del livello d’acqua della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah. Le acque compresse transitano attraverso tre condotti di ghisa sferoidale 1x1400 2x1600 mm di diametro, per una lunghezza di 2,8 km, progettati per una capacità di 14 m3 / s.


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3 – L’impianto di trattamento delle acque. La stazione di depurazione di Bouregreg di capacità nominale di 9 m3/s, è composta di tre unità di produzione di acqua potabile: S1 (1 m3/s, realizzato nel 1969), S2 (3 m3/s, realizzato nel 1976) e S3 (5 m3/s realizzato nel 1983). L’acqua grezza preclorata raggiunge un capolinea comune alle tre unità di trattamento.

Il controllo della qualità dell’acqua prodotta e distribuita dal complesso Bouregreg nella regione costa atlantica è assicurata da due laboratori decentralizzati con l’assistenza del laboratorio della sede centrale. A ognuno di questi laboratori sono date le risorse e le attrezzature scientifiche per eseguire tutte le analisi necessarie nel campo dell’acqua. Questo processo prevede il monitoraggio della qualità dell’acqua in tutte le fasi di produzione e di trasporto, dall’assunzione di acqua grezza nel bacino fino ai punti di consegna ai distributori. Questo sulla base degli standard marocchini di qualità dell’acqua d’alimentazione umana, delle buone pratiche accettate in materia, e in sintonia con le linee guida internazionali.


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3.3 L’ABHBC e le zone di protezione La diga e il bacino sopra descritto fanno riferimento all’agenzia ABHBC (Agence du Bassin Hydraulique du Bouregreg et de la Chaouia). L’Agenzia del Bacino del Bouregreg e della Chaouia si estende su una superficie di 20.470 km² (quasi il 3% del territorio nazionale) ed è strutturato come segue: - Bacino del Bouregreg: 10.597 km²; - Bacino dei fiumi costieri: 5087 km²; - Altopiano della Chaouia: 4.594 km². I principali dati socio-economici dell’Agenzia sono i seguenti: - Popolazione: 7 milioni di abitanti; (9 milioni nel 2020 e 10,2 milioni nel 2030), - Tasso medio di crescita: 1,5%; - Superficie irrigabile: 970.000 ha; - Superficie irrigata: 38.000 ha; - Attività industriale sviluppata (70% dell’attività nazionale); L’Agenzia a fronte di una forte domanda di acqua dispone di un potenziale idrico limitato e un ineguale sistema di distribuzione delle risorse idriche. Per la diga Sidi Mohammed Ben Abdellah, l’Agenzia stila un regolamento in cui, partendo dall’analisi dell’esistente, definisce e delimitate le zone di protezione delle aree circostanti il bacino. Le analisi del Bacino idrico del Bouregreg - Chaouia hanno portato a proporre un perimetro di protezione del serbatoio d’acqua secondo le norme introdotte dalla Legge Acqua 10-95 e suo decreto, relativo alla delimitazione delle zone di protezione e dei perimetri di salvaguardia e d’interdizioni. Le zone di protezione sono uno degli strumenti messi in campo dall’Agenzia per eliminare o ridurre le minacce di risorse di acqua potabile. Il loro compito è sia curativo che preventivo. In generale, la loro installazione è considerata uno degli strumenti più importanti che lo Stato implementa per garantire ai cittadini l’acqua potabile di qualità e in quantità sufficiente. Come parte della loro funzione protettiva, queste zone contribuiscono a consolidare le riserve d’acqua e, quindi, a promuovere lo sviluppo economico e sociale delle regioni che dipendono dalla risorsa protetta. Attraverso la definizione del loro ambito d’applicazione territoriale,


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esse sono uno strumento efficace in vista di una pianificazione regionale che prevede lo sviluppo di una regione determinata tenendo conto delle risorse disponibili. Per contrastare la minaccia, l’importanza della zona di protezione diminuisce man mano che ci si allontana dalla risorsa di proteggere. L’Agenzia ha diviso l’area del bacino in tre diverse zone: - Zona di protezione immediata, che corrisponde al livello dell’acqua alta; questa zona deve essere espropriata, e fa parte delle risorse idriche pubbliche. - Zona di protezione di vicinato, che tollera determinate attività a determinate condizioni. - Zona di protezione a distanza, che tollera più l’attività, a condizione di controllare il loro impatto sull’ambiente della diga. Zona I (zona di protezione immediata). Deve assicurare la protezione contro l’inquinamento immediato dell’acqua. Sono vietati nella zona di protezione immediata tutti i tipi di attività che non sono destinati per la protezione della fascia costiera, il lavoro della diga e del serbatoio, compreso l’accesso che non serve tali obiettivi. Il rispetto del divieto di accesso alle persone non autorizzate, o a chi non agisce nel senso di cui sopra, è strettamente monitorato. I proprietari dei terreni che fanno parte delle zone di protezione sono tenuti ad accettare le eventuali misure adottate nell’interesse della tutela delle acque, in particolare: - Misure di rimboschimento con specie adatte; - La protezione delle superfici di macchia e altre vegetazioni; - Barriere intorno ad alcune zone; - L’accesso alla loro terra da persone autorizzate. Zona II (zona di protezione di vicinato). Deve fornire una protezione contro l’inquinamento e altri danni derivanti da varie attività e dallo sviluppo umano, la cui vicinanza potrebbe mettere a rischi particolari le acque. Sono vietati nella zona di protezione di vicinato i piani di sviluppo del suolo, di superfici o aree per l’edilizia, come le residenze e villaggi turistici, e inoltre la costruzione di grandi impianti che possono costituire una minaccia per l’acqua, come: - La costruzione e l’espansione di fabbriche sotto l’agricoltura, silvicoltura e vivai, così come impianti industriali, le piccole imprese e strutture turistiche;


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- La costruzione e l’espansione dei cantieri; - La costruzione d’impianti sportivi e di club equestri. La costruzione e l’ampliamento del tiro a segno. L’organizzazione di eventi motoristici; - L’installazione di nuovi cimiteri; - L’estensione delle strade esistenti; - Qualsiasi trattamento di superfici (macchia, boschi, ...) nel settore agricolo; - La costruzione o l’ampliamento dell’allevamento intensivo di bestiame; - La cultura di mais. (Il raccolto di mais è quella che produce più azoto è l’inquinante più importante dei nostri corsi d’acqua e delle acque sotterranee. Richiede molti di erbicidi, insetticidi e acqua). Questo elenco non è esaustivo. Tuttavia, in questa zona, si può tollerare di costruzioni per l’espansione delle piccole aziende agricole e habitat rurale. Zona III (zona di protezione a distanza). Deve garantire la protezione delle acque contro i danni gravi, in particolare contro quelli persistenti o difficili da rimuovere come sostanze inquinanti chimiche o da inquinamento radioattivo. Dovrebbe anche servire come strumento per la lotta contro l’eutrofizzazione. Nella zona di protezione a distanza, sono vietati: - Costruzione, ampliamento e rilevanti modifiche a strutture che costituiscono una minaccia per le acque; - Costruzione, l’ampliamento o la rilevante alterazione di edifici all’interno di aree urbane, dove le acque di scarico defluiscono nel serbatoio, e non vengono scaricate in impianti di depurazione, o raccolti in fosse settiche chiusi. L’elenco non è esaustivo.


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Perimetri di protezione (ABHBC - Agence du Bassin Hydraulique de Bouregreg et de la Chaouia)

Zona di Protezione Immediata

Zona di Protezione di Vicinato

Rimboschimenti con specie adatte

Espansione dell’habitat naturale

Protezione delle superfici di macchia e altre vegetazioni

Protezione delle superfici di macchia e altre vegetazioni

Barriere anti-erosione

Espansione di piccole aziende agricole

Accesso persone autorizzate

Accesso libero

Zona di Protezione a Distanza Vietate tutte le costruzioni, gli ampliamenti e modifiche a strutture che costituiscono una minaccia per le acque. Vietato l’ampliamento e la costruzione di aree urbane dove le acque defluiscono nel serbatoio e non scaricate in impianti di depurazione


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3.4 Centri di pericolo per l’acqua Le potenziali minacce per l’acqua potabile, la pressione della concorrenza tra la protezione del bene pubblico e gli altri interessi “personalistici”, sono in tutti i rami delle attività umane. Le zone di protezione dovrebbero servire a tutelare l’acqua dai tanti pericoli ambientali legati a: - Le città e lo sviluppo degli habitat; - L’agricoltura, silvicoltura, pesca; - Il traffico; - Il turismo, la ricreazione, la caccia; - Le imprese minerarie; - La costruzione; - Le attività di difesa e militari; - Il commercio e l’industria; - La ricerca e la scienza. Le zone di protezione dovrebbero servire a regolare le attività umane attraverso vincoli vari, divieti, obblighi da tollerare, nei settori: - Forestale; - Agricolo; - Allevamento; - Spargimento letame; - La lotta contro l’aumento dei parassiti con sostanze chimiche; - Immagazzinamento di cereali e foraggi; - Consumo di sostanze liquide sul bordo delle acque; - Abbeveramento animale; - Costruzioni per la pesca; - Impianti; - Estensione degli edifici esistenti; - Le aziende che gettano prodotti nocivi per l’acqua; - Costruzione; - Proprietà agricole; - Progetti di edilizia abitativa; - Case e edifici forestali; Un reale centro di pericolo è il traffico motorizzato: - Prodotti nocivi per l’acqua; - Acque di scarico; - Strade e altre vie di comunicazione; - Installazione di traffico e il trasbordo delle merci;


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- Trasporto di merci pericolose per l’acqua; - Condotte a lunga distanza per i prodotti nocivi per l’acqua; - Aeroporti in punti rilascio forzato; - Percorsi di avvicinamento e corridoi di volo del traffico aereo; - Il traffico su strada pedonale. Altri centri di pericolo sono rappresentati da: - Stoccaggio del combustibile e olio combustibile; - Lo stoccaggio di prodotti nocivi per l’acqua; - Impianti per la movimentazione e sbocchi per i prodotti nocivi per l’acqua; - Impianti di trattamento delle acque reflue; - Destinazione delle acque usate; - Depositi per prodotti nocivi per acqua; - Depositi d’immondizia; - Sport e relax; - Lavaggio auto, cambio olio; - Parcheggio; - Cimiteri; - Estrazione di minerali non metalliferi; - Uso di esplosivi.


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4 I dintorni della diga Se dal centro del bacino idrico si ha la percezione che il mondo urbanizzato sia lontanissimo, in realtà esso preme ai suoi confini, sia da Ovest che da Nord e Sud. Solo la presenza dei rilievi montagnosi dell’Atlante attenua la pressione a Est. Soprattutto a Ovest il grande agglomerato urbano composto dalle città Rabat, Salé e Temara e dai loro satelliti spinge con sempre maggior forza invadendo le aree agricole cuscinetto che si stanno sempre più assottigliando. Non sono solo i centri abitati a occupare lo spazio ancora libero ma anche l’industria e le infrastrutture viabilistiche (ricordiamo su tutti il grande raccordo autostradale di Rabat). L’area del bacino si trova sempre più al centro di un sistema urbano con il quale non può più evitare di misurarsi.


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4.1 Le unità geografiche Il bacino Bouregreg è suddiviso in quattro principali unità geografiche: - Il Pallier inferiore, che rappresenta la parte più bassa del tavolato centrale marocchino, caratterizzato da una pendenza discendente verso l’oceano Atlantico. - Il Pallier intermedio, che si trova tra i 600 e i 900 m. di altitudine, sopra la NGM, a Sud e a Ovest dell’Haut Pays, nella regione delle agglomerazioni di Tiddas e di Ezzhiliga. - L’Haut Pays, che si trova a un’altitudine tra il 1050 e il 1350, sopra la NGM, nella regione delle agglomerazioni di Moulay-Bouzza e di Aguelmous. - La Depressione orientale, tra l’Haut Pays e la ricaduta occidentale del Medio Atlante, che si trova nella regione delle agglomerazioni di Mrirt e di Sidi Lamine. Il versante inferiore subisce l’influenza dell’altopiano del Massiccio Centrale, in cui i tre principali fiumi hanno scavato profonde valli e ripide d’erosione che hanno formato diversi altopiani parziali. Noi distinguiamo quattro regioni principali: - Altopiano occidentale nei pressi di Ain el Aouda. - L’altopiano tra N’khila, Oued Kourifla e Oued Grou. - L’altopiano tra Shoul, l’Oued Bouregreg e l’Oued Grou. - L’altopiano che termina nella Maâmora a nord dell’Oued Bouregreg. Mentre l’erosione ha formato delle rive relativamente ripide sul bordo dei Oueds Grou e Oued Kourifla, le regioni lungo l’Oued Bouregreg sono molto più ampie e con pendii molto meno ripidi. Uno studio realizzato nel contesto della creazione di una foresta di protezione per la diga, presenta le unità geomorfologiche determinate come segue: Altopiano (o tavolato). Bordo dell’altopiano. Versanti di pendenze ripide. Versanti di pendenze medie. Versanti in rilievi ondulati. Basse terrazze delle grandi vallate.


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4.2 Le aree urbane Il territorio oggetto di questo studio è segnato dalla vicinanza della zona urbana di Rabat - Salé, con la formazione di una corona di periferia urbana e la satellizzazione (Oum Azza, Aine Aouda, Sidi Yahya El Menzeh, etc.) L’analisi dell’allargamento delle aree urbane al livello d’Aine Aouda, mostra chiaramente l’esistenza di diversi fronti d’urbanizzazione; solo l’esistenza di piste naturali a nord d’Aine Aouda, limita l’estensione dell’urbanizzazione. L’estensione a est (comune di Oum Azza) deve essere limitato e regolamentato, data la vicinanza dei limiti di protezione BSMBA. Questi agglomerati o centri di attività possono essere una fonte d’inquinamento per il bacino d’acqua della diga SMBA. Essi sono: • Ain el Aouda. Il centro di Ain Aouda si trova a cavallo tra il bacino di Akrache e quello di Oued Kourifla. Va ricordato che il primo si getta a valle della diga, per contro, il secondo è uno dei tributari del serbatoio della diga SMBA. Questo centro ha una popolazione di 25,105 abitanti (RGPH 2004). Questa concentrazione è il risultato dello sviluppo d’importanti attività economiche al suocentro. Oltre al business del pollame (pollo da carne e galline ovaiole), il centro dispone di un essere tessuto industriale in corso di sviluppo. Questa espansione dei siti industriali si potrà realizzare verso est (verso il bacino) sfruttando la piattezza del terreno. Le principali fabbriche identificate durante la visita in loco sono: - Industria farmaceutica (produzione di farmaci); - Impianto di lisciviazione industriale (in costruzione); - Fabbrica di cablaggi. Il centro d’Ain Aouda ha una rete fognaria che si getta nel fiume Akrach. Nel caso dello sviluppo industriale verso est del centro, questa costituirà una fonte d’inquinamento per il mantenimento della diga di Sidi Mohamed Ben Abdellah. Infatti, il deflusso delle acque, come la fuoriuscita di rifiuti industriali, può dirigersi verso il bacino della diga. • El Arjat Il centro di El Arjat si trova a nord del bacino, dal lato del fiume Bouregreg. Al livello dell’altopiano di Maâmoura, questo centro


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si trova sulla Strada Rabat-Fes. L’attività di ristorazione è molto sviluppata in questo centro. Si ricorda che questo centro non ha nessun sistema fognario e vengono utilizzate solo le fosse settiche. Le acque usate in questo centro possono costituire una fonte d’inquinamento per il bacino. • Sidi Allal El Behraoui Il centro di Sidi Allal El Bahraoui, si trova all’ingresso per l’autostrada Rabat-Fes. Questa città, posta a nord del Oued Bouregreg, sta sperimentando un spettacolare sviluppo urbano (favorito dalla sua vicinanza a Rabat). L’estensione di questa città può essere più a sud (verso l’Oued Bouregreg), che costituisce una potenziale fonte d’inquinamento. • Nuovi progetti e attività turistiche lungo il bacino La novità principale, costruita vicino al bacino, è il progetto Technopolis. Nonostante la vicinanza del progetto al bacino (circa 1 km a nord), si può considerare questo progetto non come una fonte di inquinamento, per due motivi: - La natura non inquinante delle attività di questo progetto: questo centro è dedicato alle nuove tecnologie e offshoring. - Il consolidamento di questo centro a valle della diga: la prossimità di Technopolis al polo urbano di Salé, promuove l’istituzione di un sistema fognario che può essere collegato a quello della città. Inoltre, l’esistenza di un’antica strada inondata con la creazione della diga (Strada da Salé a El Jadida, a sud) costituisce un punto di accesso al bacino. Questo punto, per la sua vicinanza al polo urbano di Rabat-Salé, è una destinazione preferita per molte persone e famiglie in cerca di svago e relax. Le persone frequentano questo posto soprattutto il weekend, e possono generare rifiuti al bordo del bacino. Altri si divertono a nuotare nel serbatoio.


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4.3 Le aree agricole Secondo gli studi ONEP l’agricoltura nei versanti del bacino, e secondo la suddivisione geografica in precedenza presentata, può essere descritta come segue: - Il Pallier inferiore. Colture di cereali su una vasta superficie sulle pianure dell’altopiano, vigneti e, in misura minore, si possono trovare pascoli e foreste e l’esistenza d’importanti centri agricoli. - Il Pallier intermediario. Pascoli dominano la sua parte occidentale. La parte settentrionale della cintura è occupata da campi di colture non irrigate. - L’Haut Pays e la Depressione orientale. Pascoli estesi con transumanza, su terreni vulcanici si trovano colture di cereali e frutteti. Questa variegata offerta è minacciata dalla progressiva perdita di terreni agricoli dovuta alle varie forme di urbanizzazione. L’espansione urbana occupa le aree periferiche e le ricche terre agricole sono le prime a pagare questo fenomeno. Le operazioni immobiliari costituiscono i maggiori consumatori dello spazio agricolo. L’espansione urbana nelle aree agricole sottopone quest’ultime a una forte pressione sulla terra e rende evidente la loro vulnerabilità davanti ai meccanismi di urbanizzazione diffusa. La strategia nazionale per abitazioni rurali, offre una combinazione di habitat rurale, promuovendo una pianificazione intermedia, con il rinforzamento dei centri come alterativa all’esodo rurale. Il problema dell’urbanizzazione dei terreni agricoli costituisce una sfida di sviluppo del territorio. Le linee guida della strategia di pianificazione nazionale che promuove un’equa distribuzione della ricchezza, solidarietà regionale e lo sfruttamento razionale delle risorse naturali per lo sviluppo sostenibile del territorio, può servire come un quadro di discussione approfondita sui vari aspetti che solleva. La strategia 2020 di sviluppo rurale ha anche mostrato la necessaria articolazione urbano / rurale in termini di attività, d’occupazione e d’insediamenti umani. Infatti, una volta che si mira a migliorare le condizioni di vita rurali (attrezzature, infrastrutture e miglioramenti dei redditi della popolazione, compresa l’agricoltura multifunzionale) la città non presenta più lo stesso appeal. Così, l’area di studio mantiene una forte vocazione agricola e dell’allevamento del pollame; con una superficie agricola utile


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(SAU) di 24.740 ettari a livello dell’altopiano Aine Aouda. L’apertura all’urbanizzazione di questo territorio deve integrare il sistema produttivo locale; l’integrazione dell’agricoltura nel sistema urbano, permette una migliore interazione tra sfera rurale e quella urbana. In effetti, quest’agricoltura urbana, si distingue dall’agricoltura rurale profonda, per la sua integrazione nel sistema produttivo ed ecologico urbano. Può anche essere integrat nello sviluppo di abitazioni, tenendo conto della ottimizzazione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici. L’obiettivo della ricerca è quello di sviluppare i territori sostenibili, resilienti e inclusive, dove ci sono relativamente pochi i conflitti di uso del suolo tra agricoltori e abitanti delle città. Così, le politiche pubbliche attuate dagli attori locali in questo campo dovrebbero includere la sostenibilità delle risorse naturali, la sicurezza alimentare nelle città di domani e la regolazione di uso del suolo conflitti tra territori urbani e l’attività agricola. L’agricoltura urbana, in crisi da diversi anni, troverà certamente delle forme di adattamento che potrebbero garantire la sua continuità e le potrebbero consentire di svolgere pienamente il suo ruolo di strumento in grado di organizzare il tessuto urbano, di contribuire alla diversificazione delle forme d’occupazione del suolo, preservare gli spazi aperti, garantire alla metropoli la sicurezza alimentare di domani e, ancora, il mantenimento dell’interazione tra area urbana e zona rurale.


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4.4 Le infrastrutture e altro Il progetto autostradale per bypassare, a una distanza di 40 km, la città di Rabat, attraversa la regione economica di Rabat-Salé-ZemmourZaer, una delle più attive del paese, con le sue tre prefetture (Rabat, Salé e Skhirat-Temara). Questo progetto è, nel contesto nazionale della rete autostradale marocchina, un importante tassello, in quanto crea un nuovo collegamento autostradale diretto tra le tre autostrade già operative: Casablanca / Rabat, Rabat / Tangeri e Rabat / Fez . Il tracciato ha origine dall’autostrada già esistente Casablanca – Rabat, a circa 5 km da Junction Skhirat, il percorso attraversa poi Oued Yquem e strade provinciali RP 3300 e RP 4026, in seguito circonda il nuovo insediamento urbano di El Menzah, e poi attraversando Oued Akrach – Bouregreg, a valle della diga di SMBA, la zona finale del progetto integra l’attuale tangenziale tra lo svincolo di accesso alla Sala Al Jadida e l’interscambio tra le due autostrade, Rabat - Fes e Rabat Tanger. La zona d’incrocio tra l’Oued Akrach e l’Oued Bouregreg offre una notevole vista ambientale grazie alla vicinanza della diga. Il tracciato autostradale è stato disegnato seguendo la linea di spartiacque per fare in modo che nessun rifiuto della strada arriva alla diga. Nel troncone che attraversa il comune di Oum Azza, tra il bivio con la strada regionale n° 4025, che collega Rabat a Aine Aouda, e lo scambiatore di Ouled Jamaa (vicino alla discarica), il percorso autostradale evita il sito della discarica e corre lungo le due linee elettriche di 125 Kv. Il tratto che bypassa la nuova città di El Menzah è caratterizzato dall’inevitabile passaggio di parte della foresta di El Menzah e la vicinanza della nuova città di El Menzah. In conclusione, il passaggio dell’autostrada tangenziale Rabat all’altezza del comune di Oum Azza, rischia di creare una barriera artificiale nel paesaggio; l’effetto dei tagli causerà disagi al traffico e spostamento della popolazione locale. Infatti, le opere progettate per la zona dell’altopiano d’Aine Aouda comprendono la realizzazione di un viadotto su l’Oued Bouregreg, un interscambio all’altezza della RR 4026, un ponte sopra la strada della discarica pubblica, e uno scambiatore di Oulad Jamaa, all’estremità


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sud-ovest del comune di Oum Azza; Altri fastidi ai residenti sono legati al movimento dei veicoli (rumore, la crescita delle emissioni), all’alterazione della qualità e della coesione del paesaggio agricolo, ai viaggi più lunghi per gli agricoltori e alla frammentazione di alcune aziende agricole. Gli effetti d’urbanizzazione che modificano l’equilibrio e il funzionamento attuale sono limitati, perché i progetti di sviluppo sono già fortemente attivati (nuova città di Tamesna città di El Menzeh, ecc). Il progetto di autostrada porterà soprattutto un valore a questi sviluppi, facilitando gli scambi tra i comuni attraversati, Skhirat, Ain Attig, Mers El Kheir, Sidi Yahya Zaer, El Menzeh e Oum Azza. La Strada R401 che collega Rabat a Rumani, attraversa l’Oued Kourifla alla fine del bacino. Dopo la sopra elevazione la strada è praticamente sul bacino. Questo costituisce un punto di vulnerabilità quanto al rischio di fuoriuscita di sostanze inquinanti a seguito d’incidenti ai veicoli che trasportano materiali tossici o pericolosi. La stessa osservazione vale per la Strada R407 che collega Arbaa Shoul a El Mâaziz. Questa strada attraversa l’Oued Bouregreg a monte del bacino. Inoltre, la qualità del paesaggio del sistema del bacino e la sua vicinanza alla capitale, ne fanno un punto di attrazione per l’installazione di gigantesche abitazioni (ville) private, spesso per degli stranieri. Queste residenze si trovano posizionate sul bordo del bacino per ottenere una vista panoramica. Tre case sono state avvistate sulla riva sinistra del Oued Kourifla (tra Ain Aouda e la diga), e uno in costruzione nei pressi del centro Ain Aouda.


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5 Geologia e climatologia Sul piano geologico l’area di studio si trova sull’unità strutturale del mésetien e dell’Atlas, caratterizzata da un solco ercinico penepiano seminterrato e coperto da strati secondari, terziari e quaternari. Il sito in questione si trova nella parte settentrionale della Meseta marocchina. Quest’ultima è limitata a nord dal corridoio sud Rifain, a est dalla catena Atlas, a sud dalle Jbilets e a ovest dall’Oceano Atlantico. Il primario, soprattutto scisto e arenaria, è sormontato, in discordanza dalla Permo-Triassico, caratterizzata dalla presenza di terre rosse a gemme di sale e gesso. Quest’ultima è sormontata in discordanza dal Cretaceo principalmente marno-calcareo. I terreni drenanti l’Oued Bouregreg e dei suoi affluenti, sono prevalentemente formati da serie di Paleozoici e basso contenuto di calcare. Vi è una predominanza di scisti primari iniettati di filoni doleritici spesso mineralizzati. Intercalate tra gli scisti si trovano dei banchi di quarzite o di arenaria, dove la potenza dei banchi varia da pochi metri ad alcune decine di metri. Per contro, i calcari di età scolare sono meno abbondanti e presente con bassi volumi. Le rocce granitiche che affiorano sono essenzialmente tre gamme distinte: nord-ovest di Aguelmous, a sud di Rommani (granito Zaers) e West Oulmes. Sulle basi di formazioni primarie, in alcuni punti, una copertura sedimentaria variamente estesa sotto forma di un complesso detritico argilloso del Permotriassico accompagnato da strati di basalto frammentati dall’erosione (Asse Merchouch-Rommani / MaazizKhémisset). Al termine si trovano le formazioni recenti nel Nord e Nord-Ovest. Dal punto di vista strutturale, il solco primario penepiano base è molto tettonizzato, mentre la copertura secondaria, terziaria e quaternaria è sub-tabulare.


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5.1 Il bacino idrografico limitrofo Il confine del bacino idrografico limitrofo si trova a dieci km da Rabat, la sua superficie è di 536 km2. In realtà, la storia geologica di questo bacino limitrofo ha un primo periodo in cui si assiste alla formazione e riempimento del bacino subsidente attraverso lo smantellamento della catena ercinica, seguito da un periodo dove l’appiattimento diventa quasi perfetto in tutta l’area e questo si traduce in una sedimentazione argilla. Poi una trasgressione marina è iniziata con il messiniano, depositando marna nelle depressioni dello spartiacque. Dopo la regressione messiniana, un lungo periodo di erosione ha avuto luogo nella regione, che ha portato a un appiattimento significativo dei rilievi. Dopo l’orogenesi alpina ha portato a un innalzamento della base e la formazione del bacino subsidente, che sarà poi invaso da trasgressioni successive. La sedimentazione marina risultante include della calcarenite che poi va a superare le marne messiniane. Questo processo termina con un episodio sabbioso riportato nel Pliocene, e che segna il ritiro del mare. Infine, il Quaternario è segnato da un aumento quasi continuo delle terre emerse, il cui risultato è la formazione del rilievo attuale con i depositi alluvionali. Per descrivere le caratteristiche del bacino idrografico limitrofo è utile dividere il bacino, seguendo la morfologia, in quattro zone o tavolati (altopiani) diversi. - Il Nord di Oued Bouregreg; - Inter Oued Bouregreg; - Inter Oued Grou – Oued Kourifla; - L’Ovest di Oued Kourifla. Il basamento di quest’area è formata da rocce dell’era Paleozoica, formate da un’alternanza di arenarie e scisti dall’età cambriana a quella dell’ordoviciano inferiore. Questo è ricoperto in grande parte dalla formazione di Salé, costituito da marna grigia sabbiosa (facies regressive), marna grigia, marna sabbiosa (facies di confine) e sabbia gialla talvolta contenente dei livelli conglomeratici. Il Nord di Oued Bouregreg: Questa zona è composta di depositi deltizi e costieri associati sotto forma sabbie a matrice carbonate, sabbia e ghiaia coperte con calcareniti di facies costiere che formano una sequenza regressiva.


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Infine, troviamo la formazione di Maâmora costituita da depositi della pianura alluvionale (limo, sabbia e ghiaia). Inter Oued Bouregreg – Oued Grou: Questa zona è simile a quella nel nord Oued Bouregreg. Il basamento è anch’esso costituito da rocce primarie formate da un’alternanza di arenaria e scisti dell’ordoviciano inferiore, sormontati da livelli gresopelitici micacei a cuscini lavici, con la presenza di aree di calcaree a selce. In seguito superate dalla formazione di Satour (strati alternati di banchi di arenaria e di pelite) sormontate in parte dalla formazione di Ain el Klab. Alla fine arriva la formazione marnosa di Salé che affiora molto di più sul lato del Bouregreg, sormontata dalla formazione della Maâmora. Una caratteristica si presenta al livello dei margini del pianoro nei pressi di Oued Grou. È la presenza di una faglia post-viséenne che colpisce le terre primarie. Questo difetto è di direzione NWSE. Inter Oued Grou-Oued Korifla: La litostratigrafia è differente rispetto alle due unità precedenti. Le formazioni primarie che rappresentano il basamento sono costituite in gran parte da: - La formazione di Satour; - La formazione di Ain El Kalb, caratterizzata dalla presenza di peliti a piccoli banchi detritici e lenti conglomeratiche e arenaria; - La formazione del Oued Kourifla costituita da un’alternanza di peliti e di banchi di pietra arenaria, peliti a noduli ferruginosi, una barra comprendente un banco di quarzite e un banco calcareo, dei filoni e colate basaltiche, e infine livelli di calcare e conglomerati; - - La formazione del’Oued Mechraa costituita dall’alternanza di peliti, arenarie quarzoso, arenarie carbonate, micro-conglomerati e calcare, ed è sormontata dalla formazione di Bourzim: alternanza di arenarie e peliti. Questo basamento è sormontato da formazioni terziarie che sono rappresentate principalmente dalla formazione di Zaers, sotto forma di depositi marini e costieri e, in seguito, dai depositi del Pliocene rappresentati dalla formazione di Maâmora. Questo è coperto, in certi luoghi, da un deposito di pleistocene, rappresentato da un suolo a pisolite ferruginosa.


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L’Ovest di Kourifla: Il primario, che è rappresentato in gran parte lungo le rive del Oued Kourifla, consiste essenzialmente della formazione del Oued Kourifla. Andando verso l’est di questa zona, troviamo il terreno cenozoico, rappresentato dalla formazione di Maâmora, parte del quale è coperto con terreno a pisolite ferruginosa (Pleistocene) che copre la superficie dei tavolati paleozoici.


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5.2 Identificazione dei suoli Lo studio per la definizione dei perimetri delle zone di protezione per il mantenimento della diga SMBA, condotto dall’ONEP, ha dettagliato le condizioni del suolo nel bacino della diga. I principali tipi di terreno presenti nel bacino versante inferiore SMBA sono riportati nella seguente lista: - I terreni grezzi e i terreni poco sviluppati; - I terreni “vertisol”; - I terreni “calcimagnésiques”; - I terreni “isohumiques”; - I terreni bruniti; - I terreni “fersiallitiques”; - I terreni idromorfi. Si tratta di nomi di classi e gruppi secondo la classificazione Francese (CPC, 1967). Riportiamo di seguito, un commento per quanto riguarda questi terreni. - I terreni grezzi e i terreni poco sviluppati. Questi tipi di terreno si trovano principalmente sulle rocce del basamento paleozoico e soprattutto sull’arenaria primaria del Bouregreg e sugli scisti del Oued Grou e del Oued Kourifla. Questi suoli sono distribuiti su pendii ripidi con pendenze che superano il 25%. Questi suoli ricevono continuamente alluvioni che scendono lungo i loro versanti. I profili di questi suoli sono poco sviluppati. - I “vertisols”. Si tratta del più raro dei terreni del basso bacino del Oued Bouregreg. Si trovano in piccoli isolotti rocciosi piccole sulla superficie dei tavolati di Merchouch e di Ain Aouda. La roccia madre è di natura calcarea arenaria. - I terreni “calcimagnésiques”. Questi suoli sono situati sui versanti che sormontano le valli, incassati nei terreni calcarei del Miocene e Pliocene. Sulle cime di cordoni di dune s’incontrano essenzialmente i suoli marroni calcarei spesso erosi. Il profilo di questi terreni è debolmente o moderatamente differenziato. - I terreni “isohumiques”. Questi suoli appaiono sotto forma di unità cartografiche complesse associate con dei suoli “calcimagnésiques” sui bacini del Bouregreg. Il loro profilo è più differenziato dei terreni sopra descritti. Hanno una texture limonoargillosa omogenea. La struttura è granulosa o grumosa associata con struttura nuciforme che riflette una forte attività biologica. La


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porosità totale è spesso superiore al 50%. - I terreni bruniti. Questi terreni sono principalmente distribuiti su rocce primarie, sulle pendici dei versanti del Oued Grou e del Oued Kourifla. Sono coperti di Matorral o utilizzati per la cerealicoltura su pendenze moderate e forti (8-20%), - I terreni “fersiallitiques”. Questi suoli sono sparsi lungo gli altopiani e soprattutto sul pianoro di Sehouls e di Maâmora Si trovano sulle terrazze fluviali lungo l’Oued Bouregreg, l’Oued Grou e l’Oued Kourifla e nelle depressioni di Arbâa Es Sehoul e del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah. I profili di questi terreni sono caratterizzati da un orizzonte strutturale di spessore variabile. - I terreni idromorfi. Nel confine spartiacque della SAMBA, troviamo un’area di dieci chilometri di terreni saturi d’acqua e, soprattutto, sugli altipiani di N’Khila e di Sidi Bettache. In genere sono localizzati sulle terrazze fluviali e sulle basse pendenze del 2-3%, dove l’acqua si raccoglie durante la stagione invernale. Il planimetria (studio ONEP-GTZ) della carta dei suoli ha permesso d’identificare le proporzioni dei principali gruppi o classi di suolo. Si è costatato che i terreni “fersiallitiques” e il suolo grezzo e poco sviluppato, sono dominanti. I terreni “fersiallitiques” hanno un orizzonte di superficie di tessitura sabbiosa che appoggia su un orizzonte strutturale argilloso. Questa situazione favorisce l’erosione ipodermica come se lo strato di sabbia “scivolasse” sul pavimento di argilla. In realtà, questo può essere dovuto alla grande differenza tra le due strutture stratificate per quanto riguarda la velocità di bagnatura e capacità di ritenzione idrica dalle due strutture sovrapposte.

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Arenaria Marna

Livello Piezometrico

Sabbia Argillosa Sabbia


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5.3 Temperature e precipitazioni Temperature. L’analisi delle temperature annuali indica che la regione di Rabat appare come una delle più temperate del Marocco. Il clima dell’area in esame è di tipo mediterraneo temperato dolce e umido dato dall’influenza dell’Atlantico. Questa influenza diminuisce più ci si allontana dalla costa verso l’interno e temperature variano proprio in rapporto a questa distanza. L’area del bacino di Bouregreg Est, è influenzata dalla presenza del rilievo e in particolare verso la regione di l’Oulmes e di Moulay Bouazza. La stagione calda è compresa nel periodo tra aprile e ottobre, la stagione fredda corrisponde al periodo tra novembre e marzo. La zona di montagna registra delle temperature estreme con record di più 33.8° C in estate e di meno 3° C in inverno. La zona costiera resta moderata, con una temperatura media che non scende mai sotto 12° C in inverno e non supera mai i 24° C in estate. Come comportamenti generali si può dire che l’ampiezza tra massimi e minimi della temperatura aumenta con la continentalità. L’umidità di quest’area si aggira intorno al 64%, principalmente in estate, autunno e inverno ma in generale rimane abbastanza costante tutto l’anno. I venti dominanti arrivano da ovest in inverno. In primavera e autunno arrivano da nord e da sud, solo i venti da est sono trascurabili durante la stagione umida. Precipitazioni. Per quanto riguarda la distribuzione spaziale delle precipitazioni sul bacino del Bouregreg, una mappa di curve isoiete è stata redatta nel quadro dello studio di valutazione delle acque superficiali nella zona azione del ABHBC, per il periodo 1933-2002. - La zona delle pianure costiere di Rabat-Skhirat: l’altitudine in questa zona è in genere inferiore a 140 mNGM, la piovosità media annua è compresa tra 400 e 500 mm. - La zona degli altopiani del Bouregreg centrale: l’altitudine in questa zona varia 140-500 mNGM, la piovosità media annua è compresa tra 320 e 400 mm. - La zona dei rilievi del Bouregreg est: si tratta di una zona montuosa a un’altitudine superiore a 500 mNGM che può anche raggiungere in certi luoghi i 1250 mNGM (Oulmes), le precipitazioni in questo settore sono importanti, e variano da 400 mm a 550 mm.


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L’analisi delle curve isoiete, permettono d’affermare che la direzione principale delle perturbazioni oceaniche (Ovest-Est) dipendono dai rilievi dell’Atlante che incidono enormemente sulla formazione degli episodi pluviali. In effetti, quando i venti caricati d’umidità soffiano ordinariamente dall’Oceano Atlantico, dall’Ovest verso la terra a Est, incontrano le barriere montagnose dell’Atlante, le masse d’aria umida hanno la tendenza ad alzarsi, e il conseguente raffreddamento può produrre la formazione di una nuvola e provocare le precipitazioni. Queste precipitazioni orografiche si presentano in forma di pioggia sul lato sopravvento della barriera montuosa, il che spiega l’elevata piovosità al livello delle stazione di Moulay Bouazza, a 1020 m di altitudine. Inoltre, intasamento prodotto sul tragitto di masse d’aria umida dalle montagne genera, sul lato sottovento, una zona relativamente scarse precipitazioni. L’aria discendendo su questo versante riscalda per compressione e la sua umidità relativa diminuisce (effetto di Fœhn); può anche tradursi in un regime di venti caldi e secchi che danno origine a zone semiaride. Questo fenomeno può essere osservato alla stazione Ouljet Haboub, non lontana da My Bouazza che di 15 km (distanza piana) e, tuttavia, la piovosità media è 306 millimetri contro 545 millimetri in My Bouazza. D’altro canto, è stata studiata la distribuzione media mensile della pioggia totale annuale in due stazioni: una stazione che rappresenta il regime d’altitudine (Tsalat) e, un altro, rappresentativo del regime della pianura (Aguibat Ezziar). Il grafico sottostante illustra questa distribuzione: La stagione delle piogge coincide con la stagione fredda, di solito dura tra novembre e aprile con due massimi molto marcati nei mesi di dicembre e di febbraio. L’estate è la stagione secca e le piogge estive, in genere in tempesta e in particolare presso l’area dei rilievi montagnosi, rappresentano in generale meno del 10% della pioggia annuale totale. Per le sue caratteristiche morfologiche, geologiche, e il suo regime pluviale, la zona di studio è suscettibile di essere esposta a eventi di piena violenti. Il regime pluviometrico d’Oum Azza è abbastanza comparabile a tutti i bassi tavolati atlantici dei paesi dietro a Rabat, queste zone ricevono circa 500 mm d’acqua/anno e piovono in 70 giorno in media all’anno, con importanti irregolarità durante l’anno. Queste precipitazioni sono ripartite sui mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio, Marzo e


Geologia e climatologia

Aprile. I mesi tra Maggio e Ottobre sono i più secchi.

Venti 0°

337.5°

22.5° 45°

315°

67.5°

292.5°

90°

270°

112.5°

247.5°

135°

225° 157.5°

202.5°

0

180°

1.5

3.1

5.1

8.2

m/s

Mutazioni Annuali 1975 1978 1981 1984 1987 1990 1993 1996 1999 2002 2005 2008 0

500

1000

1500 mm

Mutazioni mesili Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo 10 15 20 25 30 °C

10 20 30 40 50 60 mm

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5.4 Criticità dell’area Sismicità. L’altopiano d’Ain Aouda non è apparentemente influenzato da alcun avvenimento tellurico importante. Per contro il primario è ampiamente pieghettato con una direzione delle pieghe Nord/Sud, dei tuffi ripidi e degli assi delle pieghe orizzontali. In effetti, le scisti primarie affiorano lungo le valli e sono tagliate da faglie verticali Nord/Ovest e Sud/Est. Per l’applicazione del Regolamento di Costruzione antisismico, R.P.S.2000, il territorio nazionale è diviso in zone secondo il loro grado di sismicità. Zona I: sismicità trascurabile. Zona II: sismicità bassa. Zona III: sismicità media. L’area di Ain Aouda / Oum Azza si trova in una zona a bassa sismicità. Movimenti del terreno. Il dilavamento è un processo naturale associato all’incisione lineare di acqua. Questo fenomeno è stato osservato in terreni sensibili all’azione cinetica dell’acqua piovana, in particolare sui pendii ripidi del territorio di Oum Azza. Anfratti si scavano in ogni periodo delle piogge e quando la loro influenza cresce, gli argini crollano, e mobilitano una grande quantità di materiali. Ciò è aggravato dal calo della vegetazione naturale, a causa dell’eccessivo sfruttamento dell’uomo della foresta e il rifiuto degli agricoltori di rimboschire le aree sensibili. Alcune frane superficiali si osservano al livello dei pendii ripidi; la rottura è generata dall’azione combinata della gravità, delle forze idrauliche e dal cambiamento delle condizioni d’equilibrio. Questi movimenti causano una dislocazione molto variabile del materiale mobilitato. Nel territorio di Oum Azza, i versanti instabili sono localizzati al livello delle forti pendenze, come indicato nella mappa dei vincoli ambientali. I terreni pianeggianti non presentano alcun movimento di massa. Protezione contro le inondazioni. Nessun sito inondabile è stato identificato nel comune di Oum Azza e di Aine Aouda dall’Agenzia del bacino idraulico di Bouregreg e di Chaouia (ABHBC). Tuttavia, la presenza di molti dayas in questi territori ha suscitato particolare attenzione e il principio per la loro tutela deriva proprio dalla legge sulle acque. Infatti, queste zone umide sono coinvolte nel determinare lo stato ecologico dei corpi idrici, per i loro ruoli di trattamento, per la fauna e la flora che ospitano e per il loro ruolo come regolatori dei regimi d’acqua, o di “spugna” contro le inondazioni.


Geologia e climatologia

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Geologia e climatologia

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L’ambiente biologico

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6 L’ambiente biologico La caratterizzazione dell’ambiente biologico nell’area di studio ha portato all’identificazione di un numero di unità che sono in forma di mosaici complessi e ripetitivi. In totale tre unità distinte sono state identificate in base al loro grado d’artificializzazione: Le unità poco artificializzate che non hanno (o poco) subito una notevole pressione antropica. Si tratta di specie forestali naturali; la palma nana che circonda le pendici del Oued Bouregreg, e le pianure umide. La ritenzione del BSMBA offre un notevole impatto ambientale; Le unità moderatamente artificializzate includono tutte le aree coltivate, aree di rimboschimento d’alberi d’eucalipto e di pino, a basso contenuto di biodiversità; Le unità completamente artificializzate riguardano le cave, le discariche pubbliche e le aree urbanizzate, la zona industriale e le aree in costruzione.


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6.1 Fauna e popolazione animale La classifica del valore ecologico e paesaggistico delle unità e la loro analisi ha permesso di distinguere le unità di maggiore interesse, come segue: - La fauna delle dayas: una fauna piuttosto ricca e diversificata, che comprende crostacei, insetti e anfibi; - La fauna degli oueds: gli insetti che possono crescere lungo i fiumi sono gli eterotteri, gli effimeri, i tricotteri, i ditteri e i coleotteri. Tra i vertebrati la rana sembra essere la specie più abbondante con i discoglossidi, rospi e raganelle. Tantissime sono le specie limicole che abitano i luoghi fangosi, paludosi e che popolano i fondi melmosi delle acque dolci. Oltre a queste specie i corsi d’acqua e il bacino, nonostante la diga e dell’inquinamento, sono ricchi di pesci, tra le più importanti ricordiamo l’alosa, e i crostacei come il granchio violinista. L’area è naturalmente frequentata da diverse specie di uccelli tra cui diverse gabbiani, egrette garzette, svassi, trampolieri bianchi, aironi guardabuoi, aironi cinerei, folaghe maculate, morette tabaccate, corrieri piccoli occhioni e, sempre più presenti nel panorama del Bouregreg, le cicogne bianche. Anche i mammiferi sono presenti, spesso al pascolo, nell’area in questione: soprattutto bovini e ovini (pecore).


L’ambiente biologico

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6.2 La copertura vegetale Per quanto riguarda la flora, la maggior parte delle unità è occupata da culture a cereali. Alberi e arbusti sono individuati, in particolar modo, lungo le siepi che confinano con i sentieri e in alcuni appezzamenti. Si nota anche lo sviluppo dell’arboricoltura. Vi sono poi zone libere al pascolo e zone incolte che comprendono la maggior parte dei terreni degradati e si trovano principalmente nelle colline e ai pendii della valle. Secondo un’indagine fatta sul terreno, la vegetazione è costituita principalmente da palme e vegetazione erbacea. I pascoli forestali sono gestiti come zone libere per il pascolo a causa delle loro pessime condizioni e della loro produzione di foraggio. Questi pascoli e incolti sono sfruttati dalle mandrie dei comuni rurali limitrofi per un periodo di almeno 8 mesi all’anno, mentre quelli lontani sono utilizzati nel periodo compreso tra marzo a maggio. La maggior parte del territorio ha una copertura forestale che è costituita da macchia, terreni non boschivi e per delle specie arboree predominanti. Ci sono importanti unità composte da specie naturali, la catena di sughero (piedi sparsi) e il cedro; e delle specie secondarie, tra cui il lentisco, olivastro, tizgha, palma e cisto. Il rimboschimento d’eucalipti e pini su terreni demaniali e privati, permettono un’eccezionale rigenerazione degli ambienti forestali. L’area di studio è sede di nessuna zona protetta, e si deve segnalare che l’unica area protetta vicino è il SIBE (Sito d’interesse ecologico e biologico) di Maâmora; tutti gli altri SIBE si trovano a decine di chilometri, la più vicina è la Oued Cherrat (Forest Ben Slimane). Questa grande ricchezza di foreste, che sono di natura e dimensioni diverse, offrono una moltitudine di vantaggi e funzioni per i comuni urbani e rurali e per la gente della regione. Per le popolazioni delle città, le foreste hanno un ruolo paesaggistico, ricreativo, ambientale ed economico (produzione di legno e sughero, ghianda, etc.). Per i comuni rurali e le loro popolazioni, il ruolo delle foreste è soprattutto quello economico perché fornisce l’alimentazione del bestiame, la produzione di legno e sughero, il raccolto della ghianda, la produzione di miele. Le foreste creano insomma posti di lavoro e garantiscono loro una possibilità di guadagno.


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La foresta Maâmora Questa foresta, che è considerata la più grande foresta di querce da sughero (60.000 ha), ed è caratterizzata da funzioni economiche e sociali importanti, ha un ruolo chiave nella conservazione delle risorse genetiche, e nella tutela dell’ambiente e serve come spazio ricreativo principale per le quattro grandi città: Rabat, Salé, Kenitra e Khemisset con una popolazione di circa 2 milioni di abitanti. La vegetazione della Maâmora, secondo Sauvage e Metro 1955, è composta da tre formazioni: - La foresta bassa di Juniperus phoenceaou Juniperaie (cedro rosso); - Le macchie di lentiscus Pistachia (pistacchio); - La foresta di Quercus suber (quercia da sughero) che è la specie dominante. Le infrastrutture e l’urbanizzazione: la foresta è considerata come riserva di terra per la realizzazione delle infrastrutture necessarie. Il terreno e i fattori climatici: la siccità è in crescita e, in combinazione con la natura sabbiosa del terreno generano gravi danni alla foresta. Nell’ambito dei progetti di gestione forestale intrapresi dall’Alto Commissariato delle acque e delle foreste e la lotta contro la desertificazione, una parte intera è stata riservata per la ricreazione e il tempo libero. La foresta di Shoul La foresta di Shoul fa parte anch’essa alle grandi foreste di querce da sughero atlantiche. E ‘delimitata a nord e nord-ovest dal Bouregreg, sud e sud-ovest da Oued Grou e ad est e ad ovest da terreni agricoli comuni rurali di Moulay Idriss Aghbal e Ain Aouda. La foresta ha una grande biodiversità composta di querce da sughero, di thuya, di matorals, di cisto e mirto. Gli studi hanno identificato diversi gruppi di piante: - Gruppo delle Quercia di sughero: la maggior parte della foresta è composta da un puro boscho di querce da sughero, con l’eccezione di alcuni casi in cui incontriamo il mamorensis Pirus; - Gruppo di Callitraie: personifica la presenza di Thuya e occupa le pendici rocciose dei Oued Bouregreg e Oued Grou; - Gruppo Oleo-Lentisco: si localizza in basse pendenze vicino ai bacini dei Oued Bouregreg e Oued Grou; - Gruppo delle Mirtacee: si tratta di un piccolo raggruppamento che si trova nella parte occidentale dove troviamo anche quercie da


L’ambiente biologico

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sughero a bassa densità con arbusti (mirto e lentisco) e il matorral (cisto); - Le piantagioni artificiali: coprono una superficie di 980 ettari composti di eucalipto e legno tenero, principalmente Pino. La foresta di Korifla Sud La foresta di Korifla Sud con una superficie totale di 6.000 ettari, si trova a cavallo tra due comunità rurali all’interno dell’area di studio (Sidi Yahya Zaërs e Oum Azza) e fuori dall’area di studio (Had Brachoua). Questa foresta che cade sotto il dominio forestale è costituita da diverse specie di cui le principali sono il Thuya, l’eucalipto e il pino.


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L’ambiente biologico

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6.3 Gli ambienti da proteggere Il regime giuridico di protezione delle acque dall’inquinamento è regolato dalla Legge 10-95 sulla protezione delle acque. Importante citare l’articolo 2: “... Sono parte delle risorse idriche pubbliche ai fini della presente legge, tutti i corpi idrici, sia di superficie sia nel sottosuolo; i corsi d’acqua di tutti i tipi e le fonti di tutti le nature; i laghi, gli stagni, le saline e anche le lagune ... Sono considerati come facenti parte di questa categoria anche le parti che, senza essere coperte in modo permanente con l’acqua, non sono suscettibili nell’arco dell’anno ordinario, d’uso agricolo, a causa del loro potenziale in acqua ...“ Le dayas presenti sul territorio fanno parte di questa categoria e devono essere protette come le risorse idriche pubbliche. Valorizzare queste zone umide nello sviluppo urbano non vuol dire necessariamente costruire; si comprenderà facilmente che queste aree sono di scarso interesse per la costruzione dato il loro carattere paludoso e le loro posizioni in aree inondabili, per contro, esse costituiscono delle zone umide di grande importanza. La presenza periodica o permanente di acqua può anche costituire una risorsa importante per valorizzare queste aree nella pianificazione urbana e l’integrazione delle trame paesaggistiche legate all’acqua. Dei perimetri detti di salvaguardia, possono essere stabiliti attorno ai bacini idrici pubblici, come delle fonti; pozzi; perforazioni; impluvi ... Dei perimetri di protezione devono essere delimitati, nelle stesse condizioni, intorno a tutti i bacini serbatoi delle dighe, dei serbatoi interrati, e intorno a tutte le opere di raccolta, derivazione e distribuzione. All’interno di questo perimetro sono vietati tutti i depositi, impianti o attività diverse da quelle strettamente necessarie per il funzionamento e la manutenzione dei punti d’acqua. Le fosse settiche dovranno essere rimosse e sostituite con fosse impermeabili a svuotamento fisso e periodico o da una connessione con una stazione di trattamento situata all’esterno del perimetro di stretta protezione.


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6.4 Criticità dell’area: l’eutrofizzazione Il fenomeno di eutrofizzazione è una delle più importanti criticità dell’area. Per quanto riguarda le conseguenze dell’eutrofizzazione sulla qualità delle acque destinate alla produzione di acqua potabile, è noto che: 1 - Il fenomeno dell’eutrofizzazione influisce negativamente sull’intera catena di trattamento di purificazione dell’acqua. 2 - La qualità dell’acqua grezza dipende dalla qualità dell’acqua trattata. 3 – Le caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche dell’acqua prodotta e distribuita per il consumo umano devono rispondere alle norme nazionali per l’acqua potabile. 4 - Qualsiasi deterioramento della qualità dell’acqua grezza si traduce in un aumento dei costi di trattamento dell’acqua potabile. Così l’eutrofizzazione influisce negativamente sul processo di trattamento dell’acqua potabile, inclusi i seguenti livelli: - Pre–clorazione. L’aumento della biomassa vegetale endogena aumenta la richiesta di cloro e aumenta la probabilità di formazione di sottoprodotti della clorurazione (trialometani). Questa biomassa genera anche un aumento del pH. - Coagulazione. L’incremento pH favorisce la dissoluzione di una parte del coagulante (allume), che può precipitare successivamente nella rete di distribuzione, aumentando così la torbidità dell’acqua e promuovere la formazione di nidi di sviluppo batteriche. - Filtrazione. Molte alghe causano un intasamento dei filtri “veloce” alla sabbia, riducendo in tal modo il periodo di funzionamento tra due lavaggi. - Il trattamento di rimozione del ferro e del manganese. L’eutrofizzazione crea spesso le condizioni favorevoli per la liberalizzazione di ferro e manganese dai sedimenti, che richiede l’introduzione di un forte agente ossidante nella catena di elaborazione (ozono, biossido di cloro o permanganato di potassio) o utilizzare la filtrazione su un materiale attivo per questo scopo. - Eliminazione di gusto e odore. Molte specie di alghe sono responsabili della comparsa di vari gusti e odori in acqua (odori di erba, pesce o odori settici). La rimozione di questi sapori e odori richiede l’uso di carbone attivo in polvere o in grani molto costosi, o l’ossidazione tramite ozono o, infine, la combinazione di queste due tecniche. - La rimozione di solfuro d’idrogeno. Le regole marocchine


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richiedono la totale assenza d’idrogeno solforato. Quando non è possibile catturare un acqua libera da questo elemento, dovrebbe essere trattata con aerazione e clorazione con il rischio della formazione di polisolfuri al gusto di terra. Un pH compreso tra 7,5 e 8 unità, permette di minimizzare la formazione di questi polisolfuri. Le soluzioni adottate dall’ONEP per combattere il fenomeno, sono: - L’ottimizzazione del livello di assunzione d’acqua. Scegliere il livello di assunzione dove l’acqua grezza ha la migliore qualità e quindi meno difficoltà per il suo trattamento. - L’evacuazione parziale autunnale di acque di fondo: Questa operazione serve per eliminare l’acqua dagli strati profondi di scarsa qualità (ricchi di nutrimento, sostanze organiche, ferro e manganese, che generano una forte domanda di ossigeno). - Acqua stratificazione artificiale dell’acqua. Questa soluzione prevede di iniettare aria nel serbatoio in primavera per estendere la miscelazione termica dell’acqua. - Soluzione biologica. L’introduzione di avannotti di carpa argentata dalla Cina (carpa argentata) che consumano alghe planctoniche. Queste azioni hanno consentito notevoli risparmi sui costi di trattamento e di migliorare la qualità gustativa dell’acqua prodotta. Oltre a queste misure (di cui sopra) prese a livello del bacino, trattamenti specifici sono di tanto in tanto in corso di realizzazione: - Iniezione di carbone attivo. - Potassio permanganato d’iniezione (KMnO4), per la rimozione di manganese.


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2


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Identità del luogo: connessioni fisiche e sociali

i fisiche e sociali

Perdità dell’identità: disconnessione

ione

Necessità di una nuova Identità: la rete

Perdità dell’identità: disconnessione

Necessità di una nuova Identità: la rete

Necessità di una nuova Identità: la rete


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Parte seconda

B/eau: un’identità riconquistata

B/eau è un’isola, fatta di acqua, di alberi e di prati, dove gli abitanti delle grandi aree urbane, o semplici turisti, possono trascorrere ore serene e spensierate. L’aria è luminosa e calda. Vi è un notevole affollamento di figure e persone. Gente che passeggia, che è seduta a terra, che mangia o legge, che pesca. Sull’acqua del lago si vedono barche che passano, rematori che remano e, al largo, sulle grandi Jatte, altri si tuffano nelle grandi piscine. Una scena di vita campestre vissuta con allegria e spensieratezza, vi è un’aria lieve e rilassata che ispira sensazioni piacevoli.


B/eau

Ken itra

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lè Sa

Technopolis Rabat

Jatte Bleu Oued Bouregreg

Barrage Sidi Mohammed Ben Abdellah

Salè

at Rab

Jatte Jaune

Jatte Vert Oum Azza

Oued Grou

La Forêt de Ghabet

Ain Aouda

N

Punti già utilizzati

Punti di nuova attivazione

Jatte Rouge


La nuova rete turistica

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1 La nuova rete turistica Il progetto ha come obiettivo la creazione di un dispositivo turistico integrato (domestico e inbound) che utilizza l’acqua come centro e cuore di una rete infrastrutturale, costruita ai margini o all’interno di essa, e mira a ripristinare quelle connessioni fisiche e sociali preesistenti alla costruzione della diga. Per mettere in atto questi obiettivi il progetto assume il lago artificiale, creatosi a seguito della creazione della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah, e tutte le aree circostanti, come ambito del proprio intervento (d’ora in poi chiamato Unicum) e lo suddivide in tre parti (d’ora in poi chiamate Sistemi).


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B/eau

B/eau L’unicum

Oued Bouregreg

Barrage

Oued Grou


La nuova rete turistica

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1.1 I Sistemi I tre sistemi, individuati seguendo criteri legislativi, morfologici e percettivi, sono: Le Barrage L’Oued Bouregreg L’Oued Grou Le Barrage è un sistema esclusivamente di transito. Le ragioni di questa limitazione sono legate alla vigente legislazione, rigidamente proibitiva, che non permette soste o attività di nessun tipo nei pressi della diga. Non può dunque svolgere nessun’altra funzione che quella di collegare i due sistemi L’Oued Bouregreg e L’Oued Grou e di offrire, al visitatore di passaggio, l’occasione per una vista panoramica della diga e dei luoghi intorno ad essa. Per questi motivi il progetto, pur comprendendo nel suo Unicum anche Le Barrage, s’incentra quasi totalmente sui due Sistemi L’Oued Bouregreg e L’Oued Grou, simili dal punto di vista legislativo ma differenti da quello morfologico. Le loro distinte caratteristiche paesaggistiche offrono al visitatore esperienze percettive molto diverse ma accomunate dalla costante presenza dell’acqua, vero elemento unificante e qualificante l’intero progetto. L’Oued Bouregreg (enclosure system), è un grande bacino dalla classica forma circolare, circondato da un territorio omogeneo dalla scarsa pendenza e da dolci declivi che, con una bassa vegetazione, arrivano fino all’acqua. Questo offre, in qualsiasi punto si ponga il visitatore, una visione d’insieme senza ostacoli né interruzioni. L’Oued Grou (panoramic system) è invece caratterizzato dall’incrocio di due corsi d’acqua (Oued Grou e Oued Korifla) circondati da un territorio articolato, con diverse pendenze e una vegetazione generosa e molto varia. Questo offre al visitatore punti di vista sempre differenti e una continua variazione del paesaggio che non annoia mai l’occhio.


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B/eau


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B/eau

1.2 I Poli In ognuno di questi due Sistemi sono attivati punti di scambio e/o luoghi delle attività funzionali, d’ora in poi chiamati Poli. I Poli sono divisi in Principali e Secondari. I Poli Principali, uno per ognuno dei due sistemi, svolgono la funzione di filtro tra il “fuori” sistema e il sistema, e quella di connettore tra tutti gli altri Poli Secondari del sistema. I Poli Principali sono, per queste ragioni, quelli più attrezzati in termini di servizi e di attività. I Poli Secondari, cinque per ogni sistema, completano la rete di punti di servizi turistici e si appoggiano su una serie di luoghi esterni al sistema che fanno da attrattori per i flussi (paesi, foreste, cave, etc.). Un terzo livello di poli, chiamati Poli Terziari, è presente in ognuno dei due sistemi. Si tratta di quattro piattaforme galleggianti (d’ora in poi chiamate Jatte) ancorate al largo e raggiungibili tramite barche a remi. Ogni Jatte è attrezzata con piscina e aree di ristoro e relax per bagnanti.


La nuova rete turistica

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1.3 I connettori La Rete dell’Unicum si costruisce pertanto a partire dai Poli, principali, secondari e terziari. I Poli Principali sono collegati con il fuori sistema esclusivamente via terra. La strategia del progetto non prevede l’apertura di nessun nuovo collegamento via terra con le città di Rabat, di Salé, di Kenitra e di Ain Aouda, ma il semplice potenziamento di quelli già esistenti. I due Poli Principali sono collegati tra loro via acqua da un grande traghetto a pannelli solari (d’ora in poi chiamato Beau bac) che, passando per il Sistema di transizione Le Barrage, garantisce il collegamento tra i due sistemi principali dell’Unicum. Questo traghetto ha una velocità di 6 nodi e impiega 45 minuti per coprire le 6,4 miglia nautiche che separano il Polo di Oued Bouregreg da quello di Oued Grou, con una capacità di trasporto di 100 persone max. Questo è il primo livello di connessione interno alla rete. Tutti i Poli, Principali e Secondari, interni a un sistema, sono collegati tra loro da due piccoli traghetti a pannelli solari (d’ora in poi chiamati Bachot Bouregreg e Bachot Grou) che procedono nelle due direzioni. Sono dunque quattro i piccoli traghetti che navigano nei due Sistemi. Questa tipologia di traghetto ha una velocità di 8 nodi e ha una capacità di trasporto di 40 persone max. Questo è il secondo livello di connessione interno alla rete. Tutti i Poli Principali e quelli Secondari, di entrambi i sistemi, sono collegati con le Jattes tramite le barche a remi. Ogni Polo è dunque dotato di moli con attracchi per imbarcazioni a nolo, o con conducente, il cui prezzo è trattato, come nella tradizione marocchina, a riva. Le barche a remi vanno a una velocità media di 2 nodi e hanno una capacità di trasporto di 5 persone max. Questo è il terzo livello di connessione interno alla rete. Esistono poi collegamenti via terra interni ai Sistemi. Queste strade di terra battuta, ricavate sui tracciati preesistenti, servono a collegare i Poli con gli attrattori, non sono percorribili da mezzi motorizzati privati. Oltre agli spostamenti pedonali sono incoraggiati e promossi gli spostamenti con due mezzi di trasporto tipici dell’area: l’asino e il cavallo. Anche carretti trainati sempre da asini sono a disposizione


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B/eau

per piccoli gruppi. Questo è il quarto livello di connessione interno alla rete, l’unico che non è legato all’acqua. Beau Bac

6 nodi 100 persone

Bachot Bouregreg e Bachot Grou

8 nodi 40 persone

Le Barche a Remi

2 nodi 5 persone

I Percorsi Terrestri

4-6 km/h 1 persona

5-7 km/h 1 persona

2-3 km/h 1 persona

4 km/h 5 persone


Descrizione dei Sistemi

Beau Bac e il sistema di transizione

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B/eau


Descrizione dei Sistemi

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2 Descrizione dei Sistemi Il progetto applica le Reti ai Sistemi Oued Bouregreg e Oued Grou, adattandola alle distinte particolarità morfologiche dei luoghi. I Poli Principali e Secondari, sono stati individuati o per le loro specificità ambientali e paesaggistiche o perché soddisfano importanti requisiti funzionali. Alcuni di questi luoghi sono stati scelti per l’interesse che hanno da sempre suscitato nei visitatori attratti dal loro particolare fascino; altri per le originali viste che offrono e che spesso sono raggiungibili solo via acqua; altri per gli edifici preesistenti ancora riutilizzabili, altri per i servizi che possono mettere a disposizione del sistema nel settore della ristorazione e del piccolo commercio di prodotti tradizionali.


La Forêt de Maâmora

Le fleuve

La promenade

Le jardin

Oued Bouregreg

La Carrière

B/eau

Attracco barche a remi Attracco Bachot Bouregreg Attracco Beau Bac Stallo cavalli/asini Parcheggio automobili e pullman

2,3

km

-3

4

m

in

69

m

in

in

27 m

La Forêt de Maamora 4 km

in

7m

-1

in

0m

in

m

NM

6 -1

n mi

9 min

9 1,

Jatte Bleu

NM -

4

-6

1,1

12 0

km

Jatte Rouge

Oued Bouregreg

-1 6

m in

La Plage

1,9

km 5

-1 in

m

12

- 4 min NM

1

Le Jardin

30 min

NM

0,5

min

La Carriere

2 km 0, 5

NM - 4 min in 0,7 N M - 6 m

in

0m

-3

60

min

24

min

La Promenade

Punti già utilizzati

Punti di nuova attivazione

Bachot Bouregreg

Strade carrabili

Barche a Remi

Strade per mezzi di emergenza

Beau Bac

Percorsi sterrati

in

Ex cava di argilla

m

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6,4

NM

5 -4

Foresta della Maamora

N

0

0,2

0,4

1 km


Descrizione dei Sistemi

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2.1 Il sistema: l’ Oued Bouregreg L’ordine di presentazione dei poli corrisponde a quello delle fermate del traghetto solare Bachot Bouregreg, che facilita e velocizza i movimenti all’interno del sistema. Il polo principale, dove abbiamo parcheggi per i mezzi motorizzati, stallo per gli animali (cavalli/asini), molo per il traghetto solare grande Bac Bouregreg, molo per il traghetto solare piccolo Bachot Bouregreg e molo per le barche a remi, è: Oued Bouregreg. Polo caratterizzato dalla sua funzione strategica all’interno del sistema omonimo grazie alla sua posizione e ai collegamenti rinforzati con la superstrada Rocade S, che facilitano l’arrivo di grandi flussi dalle città. Questo ne fa il Polo con il maggior numero di servizi ricettivi di tutto il sistema. Da questo punto si snodano i collegamenti d’acqua con il resto della rete. Area totale: 71’454 mq.


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B/eau

I poli secondari, dove abbiamo solo lo stallo per gli animali, il molo per il traghetto solare piccolo Bachot Bouregreg, e il molo per le barche a remi, sono: Le jardin. Polo caratterizzato dalle ampie dimensioni e dall’originale morfologia dell’area: una penisola semi circolare che si protende nel lago con lievi pendenze che digradano morbidamente verso l’acqua. E’ il luogo perfetto per rilassarsi in riva al lago, fare picnic, pescare e passeggiare nella particolare vegetazione, composta principalmente da cespugli, e tra mucche e cavalli che pascolano in libertà e si abbeverano direttamente nel lago. Area totale: 160’000 mq. La carrière. Polo caratterizzato principalmente dalla presenza di una ex cava di argilla nei suoi dintorni. Un percorso di circa 1 Km, da compiersi a piedi o con asini o cavalli, conduce alla cava attraverso un panorama vario e sorprendente. Una montagna d’argilla si erge al termine del percorso come una piramide tronca. In futuro, in questo luogo, potrebbe essere attivato un laboratorio di ceramica artigianale che offre corsi giornalieri per i turisti. Area totale: 11’000 mq. La promenade. Polo caratterizzato dalla particolare vegetazione che emerge dalle acque, testimonianza della situazione precedente alla costruzione della diga, e che rende le passeggiate sulla sponda del lago molto suggestive. Il polo è ben collegato e permette l’arrivo dei mezzi di soccorso. In futuro, con un eventuale aumento dei flussi turistici, ha le qualità per essere attivato come Polo Principale, con le stesse caratteristiche dell’Oued Bouregreg. Area totale: 34’000 mq. La plage. Polo caratterizzato dalla spettacolare vista di tutto l’Oued Bouregreg, delle sue rive e del fiume Bouregreg, che in questo punto vi s’immette. Una lunga spiaggia di terra rossa incornicia un’area dalla bassissima pendenza che favorisce le attività ricreative legate all’acqua come la pesca o l’esplorazione del fiume con piccole imbarcazioni a remi. Caratteristica di quest’area è anche la presenza di edifici preesistenti recuperabili ai fini delle attività suddette. Area totale: 115’000 mq. La forêt Maâmora. Polo caratterizzato dalla vicina presenza della celebre Maâmora, vastissima foresta di sugheri nei pressi di Salé. Quest’area è punto di partenza per un percorso (2.3 Km.), che


Descrizione dei Sistemi

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conduce, a piedi o con asini e cavalli, nel suggestivo cuore di questa incantevole foresta; o, di un secondo percorso che conduce ai poli di Oued Bouregreg (4.5 Km.) e Le jardin (5.5 Km). Il punto è ben collegato via terra quindi permette l’arrivo dei mezzi di soccorso. Area totale: 7’700 mq. I Poli Terziari, collegati ai poli con barche a remi, sono: La Jatte rouge, posta al centro del lago Bouregreg. La Jatte bleu, posta al centro del lago Bouregreg.


La Forêt de Shoul

L’île

La Forêt de Ghabet

Le Cap

Oued Grou

Oum Azza

B/eau

Attracco barche a remi Attracco Bachot Grou Attracco Beau Bac Stallo cavalli/asini

M N

in 5m -4

Le Cap

0,8 in

1

NM

m

-8

-7

mi n

6, 4

Parcheggio automobili e pullman

Jatte Jaune

L’île

1,8 N

Oum Azza

min 15

1k m

-

1N M

-8

in 19 m

3 km

2,3 NM -

20

m in

0,7 NM

-6

min

m 12

La Forêt de Shoul

in

Oued Grou

30min

1

min

min

in 5m

24

15

n mi

m1, 6 k

min 48

M-

Jatte Vert

km 1

136

1,5

m

k

La Forêt de Ghabet

- 22

min

45 m

in 18

n

m i

Punti già utilizzati

Punti di nuova attivazione

Strade carrabili Strade per mezzi di emergenza Percorsi sterrati Bachot Bouregreg Barche a Remi Beau Bac

Foresta di Ghabet Foresta della Maamora

N

0

0,2

0,4

1 km

- 45 min

90


0 min

Descrizione dei Sistemi

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2.2 Ilsistema: L’Oued Grou Il Polo Principale, dove abbiamo parcheggi per i mezzi motorizzati, stallo per gli animali (cavalli/asini), molo per il traghetto solare grande Bac Bouregreg, molo per il traghetto solare piccolo Bachot Grou e molo per le barche a remi, è:

36 min

L’Oued Grou. Polo caratterizzato dalla sua posizione strategica all’interno del sistema, perché facilmente raggiungibile via terra dagli assi stradali preesistenti che favoriscono l’afflusso di turisti dalle città limitrofe. Questo ne fa il punto principale del sistema, da dove si snodano tutti i collegamenti via acqua con il resto della rete: attracco del traghetto Beau bac, prima fermata del traghetto Bachot Grou e partenza delle barche a remi. Area totale: 145’828 mq.


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B/eau

I Poli Secondari, dove abbiamo solo lo stallo per gli animali, il molo traghetto solare piccolo Bachot Grou e il molo per le barche a remi, sono: La Forêt de Ghabet. Polo caratterizzato dalla particolare conformazione montuosa del territorio e dalla presenza della foresta Ghabet che ne fa un punto di partenza ideale per vari percorsi di trekking, di cui alcuni preesistenti. Il punto è ben collegato via terra e quindi permette l’arrivo dei mezzi di soccorso. In futuro, con un eventuale aumento dei flussi turistici, ha le qualità per essere attivato come punto di snodo principale, con le stesse caratteristiche dell’Oued Grou. Area totale: 135’817 mq. La Forêt de Shoul. Polo caratterizzato anch’esso dalla presenza, nelle sue vicinanze, dell’originalissima foresta dello Shoul. Un percorso di 3 Km. collega quest’area con una foresta di sugheri ed eucalipti che offre inoltre passeggiate tra le dayas, depressioni del terreno che si riempiono d’acqua nei periodi piovosi. Le dayas sono un rifugio per numerose specie d’animali e, in particolare, molti uccelli acquatici tra cui le cicogne. Area totale: 64’500 mq. La petite île. Polo caratterizzato dall’isolotto prospicente. Infatti, esso esiste esclusivamente come base per raggiungerla dalla terraferma grazie a barche a remi attraccate al suo molo. L’isolotto occupa una posizione centrale nel sistema e le sue variazioni altimetriche offrono una grande ricchezza di panorami. I ruderi di edifici preesistenti saranno ristrutturati per creare un luogo di ristorazione prossimo a una vasta area per picnic. Area totale: 64’500 mq. Le cap. Polo caratterizzato dalla strana articolazione dell’area, formata da due isolotti e da un promontorio. Questa conformazione morfologica, unita alla quasi totale assenza di vegetazione e a pendenze molto lievi, ne fa un luogo ideale per organizzare picnic, pescare e rilassarsi. La sua posizione garantisce inoltre una grande ricchezza di panorami e vedute di buona parte del sistema Oued Grou. Area totale: 75’200 mq. Oum Azza. Polo caratterizzato dalle vicinanze del piccolo paese (1.6 Km.) da cui prende il nome. Gli scambi tra il polo e il paese dovrebbero,


Descrizione dei Sistemi

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con il tempo, intensificarsi, soprattutto nel settore della ristorazione e del piccolo commercio di prodotti tradizionali, favorendo con questo lo sviluppo dell’economia locale. Il paese è ben collegato via terra e quindi garantisce l’arrivo dei mezzi di soccorso. Area totale: 27’440 mq. I Poli Terziari, collegati ai poli con barche a remi, sono: La Jatte jaune, posta sul lato sinistro de La petite île. La Jatte vert, posta sul lato destro de La petite île.


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B/eau


Descrizione dei Sistemi

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2.2.1 L’Oued Grou “Omnis ars naturae imitatio est.” Seneca, Epist., 65, 3 Il Polo principale di arrivo del sistema Oued Grou si trova nella regione di Oum Azza, a nord-ovest della foresta del Shoul, ad est del Commune di Oum Azza e a nord di Ain Ouda, il maggiore centro rurale della regione. Situato a 65 metri sopra il livello del mare, l’area di progetto si estende per un totale di 146 kmq. Si tratta del crinale di una collina che prima dell’innalzamento delle acque era un continuum con la collina stessa, la quale cima è diventata ora un isolotto. Il progetto ha come primo obiettivo l’attivazione di un polo principale all’interno di ogni sistema. Oued Grou è stato scelto perché è il punto attualmente più accessibile; diventa quindi necessario rafforzare il collegamento via terra per permettere a persone, animali ed automezzi di scendere fino alla riva del lago. L’assetto principale è quindi determinato dalla sovrapposizione di un nuovo percorso nordsud che riprenda le antiche tracce percorse da uomini e animali, è realizzato attraverso la tecnica della terra stabilizzata che utilizza il terreno proprio del luogo aggiungendo silicati all’impasto per conferirgli stabilità ed impermeabilizzazione. Giunti sulla riva del lago il percorso s’interrompe perché sommerso a causa dell’ultima operazione di innalzamento della diga, che ha provocato la scissione della connessione fra la cima della collina e il suo crinale. Si forma così un isolotto, che ha la necessità di essere collegato al resto del percorso per poter permettere al turista di accedere al molo che collega al resto del sistema; questa disconnessione è risolta con un ponte di barche galleggiante, che collega l’isolotto alla sua lingua di terra seguendo l’abbassarsi o l’innalzarsi del livello dell’acqua. Il crinale individua due versanti: quello esposto a nord-ovest, solido perché ricco di vegetazione e quello esposto a sud-est, il quale presenta problematiche di erosione legate all’esposizione ai raggi del sole e all’innalzamento del livello dell’acqua e quindi molto più arido rispetto all’altro. Individuato il versante sud-est come più delicato, il progetto attraverso lo studio dei livelli in pianta e in sezione si pone l’obiettivo di ricreare un ambiente consono alla crescita e alla


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B/eau

proliferazione di piante autoctone che favoriscano la percezione di benessere da parte del fruitore, lasciandolo libero di godere dal proprio angolo di percezione preferito. Vengono perciò definiti dei terrazzamenti disegnati con trame triangolari che determinano la struttura fondamentale; realizzati con la tecnologia di terre rinforzate Terramesh Verde®, questi terrazzamenti permettono di creare percorsi che collegano i vari livelli diversificando le linee guida attraverso la lettura morfologica, consentendo quindi di generare spazi per la libera sosta e la circolazione. Questo sistema è stato scelto per il particolare rispetto per l’ambiente, la sua struttura può essere integrata con l’ambiente naturale circostante attraverso varie tecniche di bioingegneria. La capacità di filtraggio del riempimento di roccia permette la penetrazione della vita nel suolo, l’acqua, l’aria, e di interagire quindi con l’ambiente in modo naturale. Le strutture del sistema Terramesh® possono essere costruite con a disposizione terreno di riempimento e roccia in loco, riducendo il minimo del materiale importato. La modularità dell’unità rende conveniente i tempi di costruzione. L’idea di un assetto a trama triangolare, che si adatti a tutte le sfilacciature e ai bordi in conformità con la superficie e che muti secondo la diversa pendenza topografica, rendendo possibile un uso educativo e ricreativo di questi spazi. Questo meccanismo di progetto permette di raggiungere un certo controllo delle forme del futuro paesaggio. Le piantagioni subentrano poi per il rafforzamento del sistema costruttivo e come ordine inerente all’utilizzo degli spazi. Lavorando il terreno come materiale, si prende essenzialmente ciò che già esiste. Grazie a questi terrazzamenti è infatti possibile avere una base solida su cui tracciare il nuovo percorso attraverso un’operazione di sovrapposizione, percorso che diventa la via principale attraverso la quale è possibile accedere al molo, cardine di collegamento per tutto il sistema. Da questo punto, aperto sull’intero sistema Grou, è possibile avere una visione preferenziale di questo paesaggio e decidere se dirigersi verso uno dei suoi punti d’interesse oppure raggiungere l’Oued Bou. E’ lungo questo percorso che si svolgono le azioni principali: nel punto di arrivo sulla lingua di terra ci sono i parcheggi per le macchine, oltre ad una zona di sosta prevista per il riposo e l’abbeveraggio degli animali. Da qui è possibile accedere all’info-point, per ottenere mappe e informazioni sulle possibilità offerte dall’intero sistema e acquistare i biglietti per il Beau Bac e per il Bachot Grou.


Descrizione dei Sistemi

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Le tecniche adottate permettono quindi di modellare il paesaggio secondo precise linee, lette e desunte dai segni che le forze naturali e antropiche esercitano (e hanno esercitato), su di esso. L’intersezione dei diversi livelli in pianta e in sezione genera la possibilità di creare ambienti che favoriscano la biodiversità : al primo livello troviamo infatti le piante alte, gli eucalipti, nel secondo gli arbusti e nel terzo piante di copertura del suolo.


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Il sesto d’impianto Il sesto d’impianto è la disposizione geometrica delle piante, con relative interdistanze. La disposizione geometrica adottata è quella del sesto a quinconce, dove le piante sono disposte a intervalli regolari secondo un reticolo a maglie triangolari. La disposizione delle piante è sfasata in modo che ogni pianta si trovi al vertice di un triangolo isoscele rispetto alle due piante contrapposte del filare adiacente. In ognuno dei livelli grazie a questo tipo di sesto è possibile avere più tipi di specie che possono coesistere disegnando il paesaggio senza rubarsi nutrimento l’una con l’altra: al primo livello quindi troviamo una maggioranza di eucalipti ma anche la possibilità di avere arbusti e piante di copertura del suolo, al secondo livello arbusti e piante di copertura del suolo e al terzo livello, più esposto, solo piante molto resistenti che sono appunto quelle di copertura del suolo. La matrice compositiva capace di generare questo tipo di paesaggio e costruita grazie all’utilizzo della sequenza di Fibonacci, dove ogni numero è somma dei suoi due precedenti; leggendola a ritroso è quindi possibile avere sesti d’impianto formati da triangoli isoscele con lati di misura corrispondenti al numero che ha generato il suo successivo, dando così la possibilità di avere sul medesimo livello sesti d’impianto che s’intrecciano creando un paesaggio della biodiversità. Questo metodo progettuale consente oltretutto di godere della proprietà dell’interscalarità. Specie: -alberi: Eucalyptus: Gli impieghi prevalenti delle specie di eucalipti riguardano l’uso farmacologico e fitoterapico dell’olio essenziale, l’utilizzo del legno come legna da opera o da ardere o per la fabbricazione della carta, l’allestimento di apprestamenti protettivi (frangiventi) e, infine, come pianta ornamentale e in floricoltura per la produzione di fronde. -arbusti: Chamaerops humilis var. argentea André: è una pianta della famiglia delle Arecaceae, unica specie del genere Chamaerops. Usi: Ornamentali: questa specie di palma è largamente usata come pianta ornamentale, specie per formare grandi cespugli, favorendo la tendenza naturale della pianta a formare numerosi stipiti. L’uso era particolarmente diffuso nell’epoca dei giardini romantici (fine ‘800) e continuò sino ad oggi. Artigianali: La fibra ottenuta dalle foglie viene utilizzata per la fabbricazione di scope, ventagli, funi, ceste, panieri, stuoie, cappelli e corde. Ecologicamente è molto utile contro l’erosione e la desertificazione, si rigenera dopo gli incendi con


Descrizione dei Sistemi

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successivi ricacci. Eryngium: appartenente famiglia delle Apiaceae, comunemente note come calcatreppole, dall’aspetto di piccole erbacee biennali o perenni, spinose e con fioriture ad ombrella (simili ai capolini dei cardi) molto appariscenti. L’habitat per questo genere è molto vario, dal litorale marino a zone tipicamente montane e comunque sempre terreni piuttosto aridi. Usi: Il giardinaggio si è subito interessato a questo genere per la splendida bellezza di alcune sue specie. Viene coltivata per l’importanza decorativa dei capolini, ma anche per le colorazioni inusuali dei fusti. I fiori che compaiono in estate sono invece di colore blu cobalto brillante, quasi metallico. Genista Linifolia: la fioritura è molto abbondante con gradevoli effetti ornamentali. Usi: Molto utile giardinaggio a bassa manutenzione in prossimità della costa. Adatto anche per la forma siepi o media, in zone soleggiate, secche. -Piante di copertura del suolo: Briza Maxima, Anthoxanthum doratum, galium viscosium, halimium halimifolium, cistus salvifolius


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terrazzamenti Barrette metalliche di rinforzo Elemento antierosivo

Elemento in rete metallica doppia torsione

Pannello di rinforzo in rete elettrosaldata

Singolo elemento confezionato in stabilimento con la piega utile per la messa in opera, compreso barrette di rinforzo, geosintetico, pannello di rete elettrosaldata di rinforzo a staffe triangolari.

Apertura e rotazione delle staffe triangolari e fissaggio delle stesse al telo di base.

Riempimento con terreno fino al livello desiderato.

Piegatura della parte terminale lungo l’ultima barretta di rinforzo, posizionamento dell’elemento successivo e legatura al precedente con punti metallici in acciaio inox, inserimento di una geogriglia.


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Descrizione dei Sistemi

La successione di Fibonacci La successione di Fibonacci

1 1 2 3 5 8 13 21 34 55...

1 1 2 3 5 8 13 21 34 55... Il sesto a quinconce

genesi del sistema di controllo

la successione Il sesto a quinconce

genesi del sistema di controllo

la successione

La successione di Fibonacci 1 1 2 3 5 8 13 21 34 55...

Il sesto a quinconce

genesi del sistema di controllo

la successione

studio di sezione studio di sezione

alberi - arbusti - piante copertura del suolo

studio di sezione

alberi altezza massima 20 m alberi - arbusti - piante arbusti - piante copertura del suolo copertura del suolo

arbusti - piante copertura del suolo piante copertura del suolo

arbusti 200cm < x < 80cm piante copertura del suolo piante copertura del suolo 80cm < x < 0cm

alberi altezza massima 20 m

alberi - arbusti - piante copertura del suolo arbusti - piante copertura del suolo

alberi altezza massima 20 m

arbusti 200cm < x < 80cm

piante copertura del suolo 80cm < x < 0cm

arbusti 200cm < x < 80cm

piante copertura del suolo

piante copertura del suolo 80cm < x < 0cm corridoio incolto corridoio incolto

corridoio storico corridoio storico

corridoio incolto corridoio culturale corridoio culturale

corridoio verde

corridoio storico

corridoio verde

corridoio d’acqua corridoio d’acqua

corridoio culturale

corridoio verde corridoio d’acqua




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B/eau


Descrizione degli elementi

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3 Descrizione degli elementi Come abbiamo già detto la particolarità di questo bacino è il variare periodico dell’altezza dell’acqua. Una difficoltà del progetto è proprio quella di superare un margine terra - acqua che varia, nell’arco dello stesso anno, anche di tre metri in altezza. Secondo le diverse pendenze dovute alla morfologia del luogo il variare dell’altezza dell’acqua può interessare anche superfici molto grandi. Questo incide sulla progettazione di tutti gli elementi della rete che sono in rapporto con essa e che devono, pertanto, assecondare questi movimenti. La rete contempla tre tipi di elementi a diretto contatto con l’acqua: - I Moli - I Ponti galleggianti - Le Piattaforme (Jattes)


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3.1 I Moli I moli hanno la funzione di attracco per barche a remi e traghetti solari e sono progettati con due soluzioni differenti, secondo la pendenza del luogo in cui sono inseriti. - Per pendenze minori al 15% - Per pendenze maggiori del 15% Per pendenze minori al 15% la soluzione trovata prevede una passerella molto flessibile formata da elementi galleggianti Polyethylene (50 x 50 x 40 cm). In rapporto alla funzione del molo la larghezza può variare. Questa variazione di larghezza si ottiene assemblando cubi in base alle necessità. Questa soluzione permette una grande adattabilità al terreno quando il livello dell’acqua è basso e un buon grado di galleggiamento quando l’acqua si alza. Questi elementi in Polietilene sono collegati tramite pedane scorrevoli a un molo galleggiante più fisso e stabile. Quest’ultimo è composto di una pedana di legno impermeabilizzato e acciaio inox (il galleggiamento è permesso da elementi in calcestruzzo alleggerito) collegata, tramite anelli saldati a pali che permettono lo scorrimento dell’elemento galleggiante bloccando il movimento orizzontale. L’altezza dei pali dipende dalla profondità del fondale, e dunque varia in rapporto al cambiamento del livello dell’acqua.

68 m

65 m

Cubi in Polyetilene

Pali in legno


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Descrizione degli elementi

Per pendenze maggiori al 15% la soluzione varia. La pedana in cubi è sostituita da elementi più rigidi formando un molo discontinuo che prevede galleggianti in calcestruzzo e la passerella in legno e acciaio inox. La seconda parte è sempre più rigida ma varia dalla precedente soluzione. All’estremità più prossima al molo discontinuo viene bloccato il movimento orizzontale tramite il sistema Seaflex, calibrato a seconda delle necessità. L’altra estremità, invece, è bloccata tramite pali telescopici. I pali telescopici sono formati da due elementi che scorrono uno dentro l’altro in modo da evitare la vista in superficie ma comunque di assecondare la variazione dell’invaso.

68 m

65 m

Passerella di accesso in legno e acciaio inox

Elementi in calcestruzzo alleggerito rivestiti in legno e acciaio inox

Sistema di ancoraggio Seaflex

Pali Telescopici


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3.2 I Ponti galleggianti I ponti galleggianti servono in quei punti dove si ha la necessità di una continuità di percorso. Questo può accadere sia in caso di secca (periodo estivo) che in caso di allagamento (periodo invernale). Il ponte galleggiante è quindi formato da elementi galleggianti in calcestruzzo alleggerito (2,5x6x1 m) a sostegno di elementi rigidi in legno impermeabilizzato e acciaio inox che costituiranno la passerella per il passaggio dei pedoni. Questi elementi uniti e montati possono coprire la distanza desiderata (somma di elementi rigidi di 12 m). Gli elementi centrali sono incernierati all’appoggio galleggiante in modo da poter assecondare il movimento dell’acqua e appoggiarsi al suolo in modo agevole. Gli elementi situati alle estremità saranno fissati al suolo al livello massimo dell’acqua e le passerelle rigide appoggiate al successivo per permettere la copertura per qualsiasi inclinazione.

68 m

65 m

Elementi in calcestruzzo alleggerito

Struttura di acciaio inox con rivestimento in legno che compone la passerella


Descrizione degli elementi

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3.3 Le Piattaforme galleggianti (Jatte) Le piattaforme galleggianti hanno principalmente la funzione di piscine, e rappresentano una risposta ai divieti di balneazione presenti nell’area. Sono collocate in mezzo all’acqua, lontane da riva e in posizioni da dove è possibile avere una vista panoramica particolarmente interessante. Queste sono un vero e proprio luogo d’attrazione e sono pensate anche in funzione dei flussi delle barche a remi. Per il turista sono un luogo di relax, dove può passare anche l’intera giornata. La presenza forte nella vita quotidiana di questo luogo della religione pone immediatamente la questione della divisione delle Jattes per sesso. A livello progettuale viene scelto di porre due Jattes per ogni Sistema (La Jatte rouge, La Jatte bleu, per l’Oued Bouregreg e La Jatte jaune e la Jatte vert per l’Oued Grou). Nel Sistema Bouregreg quindi le Jattes vengono divise per sesso : la Jatte Rouge accessibile solo al sesso femminile mentre la Jatte Bleu per quello maschile. Nel Sistema Grou, invece, l’accesso alle piattaforme è possibile per entrambi i sessi in modo da incentivare anche il turismo inbound. Questa differenza quindi è solo funzionale mentre il design rimane invariato. Il particolare design scelto per queste piattaforme dipende da due motivi: 1) La struttura verticale ad arco di cerchio serve per proteggere dai venti (provenienti principalmente da ovest), per contenere i locali di servizio, per sostenere il trampolino (per i tuffi in piscina). 2) La struttura orizzontale circolare e piatta è pensata in modo da poter offrire un bagno, in piscina, ma facendo sentire il bagnante in mezzo al lago. Ma anche permettendo l’attracco delle barche a remi lungo il suo perimetro. In questo caso i maggiori problemi sono legati alla variazione del livello dell’acqua e alla necessità di utilizzare materiali funzionali agli scopi previsti ma, nello stesso tempo, non inquinanti. Le piattaforme saranno in calcestruzzo alleggerito impermeabilizzato, e rese galleggianti grazie a galleggianti in calcestruzzo alleggerito. Ogni piattaforma è doppiamente ancorata al fondale. Il primo sistema di ancoraggio funziona tramite catene in acciaio inox agganciate alla piattaforma e sul fondale, bloccate da elementi in calcestruzzo di dimensione 50X50X50 cm. Il secondo è il sistema Seaflex, che si aggancia agli stessi elementi.


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Questo doppio sistema è stato scelto per due motivi: 1) Per permettere una stabilitĂ maggiore e uno spostamento limitato; 2) Per garantire un alto grado di sicurezza (nel caso succedesse qualche cosa ad uno dei due sistemi l’altro mantiene comunque la piattaforma in posizione).

Jatte Bleu Jatte Rouge

Jatte Jaune Jatte Verte

N

4m

Sistema d

Sistema d


Descrizione degli elementi

1 2 3

5,80 m

7m

di ancoraggio in catene in acciaio Inox

di ancoraggio Seaex

4m

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Conclusioni

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B/eau


Conclusioni

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conclusioni Il progetto verrà realizzato in tre fasi. La prima prevede l’attivazione dei poli principali e quelli secondari per entrambi i sistemi. La seconda porterà i primi a saturazione per l’aumento di flussi e la terza quindi prevede l’accensione di un altro punto per sistema che prenderà le stesse caretteristiche dei poli primari originali. A queste tre fasi si fanno corrispondere anche i rimboschimenti con specie adatte a seconda dei punti in modo da completare la cintura verde prevista dalla SDAU e creare una protezione per l’area. L’intenzione progettuale è quella di andare a ridare un’identità al luogo ma imponendo dei limiti di flussi, di aree, di costruito che permettano il controllo dell’area e delle sue problematiche, cercando di unire la necessità antropica a quelle ambientali e funzionali del bacino stesso cioè dare acqua potabile. Il progetto si inserisce in un contesto già in forte modifica allacciandosi ai progetti in costruzione (quello della valle del Bouregreg e il sistema infrastrutturale che prevede la costruzione dell’autostrada) e ai piani vigenti nella regione. La costruzione dell’autostrada, che sarà completata nel 2030, avrà un significativo impatto ambientale e sui flussi che quindi saranno più agevolati a raggiungere il luogo. Anche il completamento del progetto del Bouregreg sarà necessario per una continuità di protezione ambientale e di percorsi turistici che si andrebbero a riallacciare con l’impianto turistico sul lago del Bouregreg.



3


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Glossario

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Parte terza

1 glossario Clastico - In petrografia, roccia clastica, roccia sedimentaria costituita da detriti derivanti da degradazione meccanica e chimica di rocce preesistenti, di natura e dimensioni diverse, cementati (rocce c. coerenti) o no (rocce c. incoerenti). Si distinguono: rocce c. psefitiche, costituite di elementi grossolani, dello spessore medio di almeno qualche millimetro (accumuli detritici, ghiaie, ciottolami, se sciolti; conglomerati, brecce, puddinghe, se cementati); rocce c. psammitiche, a grana media, delle dimensioni da qualche millimetro a 1/16 di mm circa (sabbie, sabbioni, se sciolti; arenarie, se cementati); rocce c. pelitiche, a grana finissima (argille, marne, loess). Dayas – Grandi pozze d’acqua sorgiva (o stagni temporanei) che si formano nei periodi umidi in diverse aree del Marocco. Deltizio – Del delta (fluviale), a forma di delta: foce deltizia. Dilavamento – Operazione, effetto del dilavare. In particolare, in geografia fisica, azione erosiva, con asportazione del materiale eroso, esercitata dalle acque meteoriche non ancora incanalate in solchi, scorrenti su terreni in pendio. Discoglossidi – In zoologia, famiglia di anfibî anuri con lingua discoidale che comprende specie di modeste dimensioni, a vita completamente acquatica, o capaci di trattenersi per un breve tempo sul terreno. Doleritico – Di dolerite, che ha riferimento alla dolerite: basalto d.; struttura doleritica. Eutrofizzazione - In ecologia, il processo per cui una massa d’acqua (per es. un lago) diventa più eutrofica, sia per mutazione naturale sia per fertilizzazione artificiale, per es. da inquinamento; quest’ultima, detta eutrofizzazione colturale, è dovuta, fondamentalmente, ad accumulo di grosse quantità di sali fosforici provenienti da detersivi o da fertilizzanti, e di composti azotati presenti nei fertilizzanti stessi e nelle acque luride, ed è causa delle cosiddette fioriture di fitoplancton.


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B/eau

Facies - In petrografia, particolare aspetto di una roccia o di una formazione sedimentaria, risultante dall’insieme dei suoi caratteri tipici (struttura, presenza e natura di fossili, ecc.) che ne riflettono la diversa genesi; così, si ha una facies continentale, lacustre, marina, fluviale, lagunare, secondo che la roccia o il sedimento abbiano origine da depositi in terra ferma o nelle acque di laghi, mari, fiumi, lagune. Isoieta – In geofisica, linea che congiunge i punti della superficie terrestre in cui l’altezza delle precipitazioni atmosferiche in un dato periodo di tempo raggiunge lo stesso valore. Meseta ‹meséta› – Altopiano, tavolato; pianerottolo. In geomorfologia, il termine, generalmente al plurale (mesetas), indica i residui di un altopiano strutturale diviso in varî blocchi, senza però che questi abbiano molto rilievo rispetto al piano di base. Messiniano – Termine di cronologia geologica (corrispondente al pontico) adoperato in Italia per indicare il piano più elevato del periodo miocenico; i suoi depositi, generalmente di origine marina lagunare evaporitica, contengono gesso e zolfo. Nuciforme – Che ha la forma di una noce. Ordoviciano - Termine di cronologia geologica indicante il periodo dell’era primaria compreso tra il cambriano e il siluriano, considerato però da alcuni studiosi come il sotto periodo inferiore del siluriano, con terreni costituiti prevalentemente da scisti e calcari con graptoliti e con trilobiti. Oued - Fiume. Pelite – Termine poco usato in luogo di roccia pelitica. Pisolite – In mineralogia, aggregato di cristalli granulari o fibrosi, a forma di piccola sfera avente le dimensioni di un pisello: p. di calcite, di aragonite. Subsidenza (o Sussidenza) - In geologia, movimento di abbassamento di una regione, e in particolare del fondo di un bacino sedimentario (in genere marino) che tende a cedere e ad abbassarsi sia per il peso dei


Glossario

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sedimenti che vi si accumulano sia a causa del continuo movimento della crosta terrestre. Scisto – In petrografia, nome generico (anche roccia scistosa) di una roccia metamorfica caratterizzata da una disposizione regolare, in piani grossolanamente paralleli, dei componenti minerali lamellari o fibrosi, che le conferisce una più o meno facile divisibilità secondo tali piani, detti perciò piani di scistosità. Gli sc. cristallini derivano da rocce eruttive (ortoscisti), sedimentarie (parascisti) o miste (metascisti) per processi metamorfici di varia natura, conservando la composizione chimica e mineralogica della roccia di origine quando la trasformazione sia stata esclusivamente di carattere strutturale; sono ulteriormente divisi nelle famiglie degli gneiss, micascisti, calcescisti, calcefiri, filladi, in base alle rocce da cui derivano (v. le singole voci), o qualificati in base al contenuto: sc. talcosi, marnosi, bituminosi, ecc. Per gli sc. argillosi, v. argilloscisto. Uadi - In geografia fisica, letto normalmente asciutto dei corsi d’acqua che, in forma di solchi ampî e poco profondi (perché riempiti da detriti), dal tracciato spesso assai complicato, solcano il Sahara e altre regioni desertiche; in seguito alle rare e violente piogge, vengono rapidamente inondati e, altrettanto rapidamente, tornano a prosciugarsi.


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2 Bibliografia Letteratura BEN JELLOUN Tahar, Marocco, romanzo, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2010 CANETTI Elias, Le voci di Marrakech, Adelphi Editore, Milano, 1983 ZAYD Nasr Hâmid Abû, Una vita con l’Islam, Il Mulino, Bologna, 2004 Letteratura storica BRIGNON Jean, MARTINET Guy, ROSEMBERG Bernard, Histoire du Maroc, Hatier, 1967 CAILLE Jacques, La ville de Rabat jusqu’au protectorat français, Editions Frontispice, Casablanca, 2016 HOURANI Albert, Storia dei popoli arabi, Mondadori Editore, Milano, 1992 TERRASSE Henry, Histoire du Maroc des origines à l’établissement du Protectorat français, Éditions Atlantides, Casablanca, 1949; réédition Éditions Frontispice, Casablanca, 2005 Letteratura specialistica AA.VV, AFRICA Big Change (catalogo della Mostra: Africa Big Change, Triennale di Milano, 2014), Editrice Compositori, Bologna, 2014 AA.VV, Marocco, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 2002 FABBRI Pompeo, Paesaggio e reti. Ecologia della funzione e della percezione. Franco Angeli Editore, Milano, 2010 FARINA Almo, Il paesaggio cognitivo. Una nuova entità ecologica, Franco Angeli Editore, Milano, 2006 ROOSE Éric, SABIR Mohamed, LAOUINA Abdellah, Gestion durable des eaux et des sols au Maroc, IRD Éditions, Marsiglia 2010 TROVATO Maria Gabriella, Il paesaggio della prossimità nelle realtà urbane del Marocco, Gangemi editore, Roma, 2004 TURRI Eugenio, Il paesaggio e il silenzio, Marsilio Editore, Venezia, 2004 TURRI Eugenio, Il paesaggio e il teatro, Marsilio Editore, Venezia, 1998 Documenti AA.VV, Plan d’amenagement special de la vallee du Bouregreg, ROYAUME DE MAROC Agence pour l’amenagement de la Vallee du Bouregreg, Rabat, 2009 GALLINI ZITTI Pietro (prova finale di), COSTANTINI Cristina (relatrice), L’acqua e l’Islam, Università degli Studi di Bergamo, Facoltà di Scienze Umanistiche, 2006/2007


Bibliografia / Sitografia

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3 Sitografia http://www.tourisme.gov.ma http://www.bouregreg.com http://perspective.usherbrooke.ca/bilan/tend/MAR/fr/SP.POP.TOTL. html http://www.kopf-solardesign.com http://divisare.com http://www.landezine.com http://www.abhbc.com http://www.ingemar.it http://www.gmiotto.it http://www.seaflex.net http://www.terrestabilizzate.it http://www.maccaferri.com http://www.maroc-tourisme-rural.com http://www.rabat-tourisme.org http://www.onep.ma http://www.abhbc.com


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4 FarFromfaf Gennaio 2015, mansarda. Divano tre piazze, computer alla mano, uno di quei momenti in cui pensi ancora di avere tutto il tempo del mondo per esplorare, conoscere, osservare. E così, nasce, spontaneo, da un pensiero labile, uscito dalle labbra quasi fosse un desiderio latente da tempo. E la domanda: “Perchè non il Marocco?” - barlume negli occhi - “E perché no.” Il ricordo di un viaggio ormai lontano nel tempo, la mente che rievoca persone, luoghi, odori, sapori, usanze, sensazioni ed emozioni. Quasi fosse un racconto di Ben Jelloun Tahar, il Marocco si presentava ai nostri occhi come il luogo dove avremmo avuto la possibilità di vedere le cose attraverso il filtro di una cultura che non era la nostra, con gli occhi di chi ha la volontà di mettersi alla prova. Rabat è la risposta ai nostri pensieri. Capitale del paese, con la forte presenza del suo regnante, viene riconosciuta anche come capitale culturale. Riflette i nostri interessi, concentrati in quei luoghi dove l’impronta dell’uomo e l’incontaminato si incontrano, prendendo come elemento centrale l’acqua, fondamentale per la nascita e la crescita di Rabat e della cultura del suo popolo.


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4.1 Maroc: authenticité et modernité

Dopo secoli di colonizzazione da parte di alcuni Stati Europei, l’attuale situazione del Marocco è stata condizionata a partire dal 1956, anno in cui Francia e Spagna dichiarano l’indipendenza dalla colonizzazione e fa ritorno, dopo l’esilio, il re Mohammed V al quale succederà il figlio Hassan II nel 1961. Nonostante la debolezza del suo potere, è Hassan II che da inizio al processo di modernizzazione dell’intero Paese, con azioni eseguite attraverso una politica di forza. In continuità con la volontà di modernizzazione del padre, l’attuale regnante Mohammed VI dichiara la sua intenzione di appianare le tensioni fra monarchia e popolo. Proprio per questo alla sua gente appartiene attualmente un profondo senso di venerazione nei suoi confronti, soprattutto a Rabat, dimora del Re. La storia di questa città inizia sulle rive dell’Oceano Atlantico


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parallelamente alla sua gemella Salé e separata da essa dal fiume Bou Regreg. Questa storia inizia nel 1150 con la costruzione della Kasba degli Oudaia, cittadella fortificata su un promontorio roccioso nel punto dove le acque del fiume toccano quelle dell’Oceano. Nel corso dei secoli, le due città hanno avuto uno sviluppo lineare lungo la costa, espandendosi successivamente verso l’entroterra. Questa espansione ha avuto bisogno di essere frenata negli ultimi anni (1995-oggi) con la realizzazione di una corona verde che circonda le due conurbazioni, per la quale la città di Rabat si è meritata l’appellativo di “Ville Verte”, diventando emblema del rinnovamento odierno. I simboli di questa modernità sono ben visibili nell’ultimo intervento alle porte delle vecchie medine: una linea tramviaria che collega le due città in maniera longitudinale. Il contrasto è molto evidente nei passaggi fra la medina, divisa con delle mura dalla città coloniale e l’attuale aristocratica periferia. Percorrendo il cuore della medina, gli stretti cuniculi, i forti odori del cibo cucinato per strada e delle loro spezie, i venditori che ammassano la loro merce di seconda mano nel centro della strada impedendo quasi il passaggio, e le grida di richiamo, gli sguardi incuriositi. Ciò che poi riunisce il tutto succede quando, all’ora della preghiera in tutte le vie risuona il canto del muezzin e tutto questo trambusto trova pace. Appena usciti dalle mura della medina si ha come uno shock: non più strade strette ma grandi viali, non più piedi nudi ma taxi impazziti. Tutto questo dovuto all’espansione coloniale che ha imposto ad una città la sua impronta culturale ed urbanistica. Continuando il percorso verso la periferia, i viali cominciano a trasformarsi in superstrade, ti addentri e sembra di nuovo di aver cambiato: sono i luoghi post colonizzazione. Quello che ci si trova davanti sono i grandi palazzi del settore terziario, delle istituzioni e governative inserite nel contesto residenziale dell’alta borghesia, rappresentata da uomini in cravatta, bar e ristoranti di stampo occidentale; un’altra città rispetto alla medina a pochi chilometri di distanza non solo per l’architettura ma per lo stile di vita.


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di richiamo, gli sguardi incuriositi. Ciò che poi riunisce il tutto succede quando, all’ora della preghiera in tutte le vie risuona il canto del muezzin e tutto questo trambusto trova pace. Appena usciti dalle mura della medina si ha come uno shock: non più strade strette ma grandi viali, non più piedi nudi ma taxi impazziti. Tutto questo dovuto all’espansione coloniale che ha imposto ad una città la sua impronta culturale ed urbanistica. Continuando il percorso verso la periferia, i viali cominciano a trasformarsi in superstrade, ti addentri e sembra di nuovo di aver cambiato: sono i luoghi post colonizzazione. Quello che ci si trova davanti sono i grandi palazzi del settore terziario, delle istituzioni e governative inserite nel contesto residenziale dell’alta borghesia, rappresentata da uomini in cravatta, bar e ristoranti di stampo occidentale; un’altra città rispetto alla medina a pochi chilometri di distanza non solo per l’architettura ma per lo stile di vita. Immagine di questi progressivi cambiamenti sia dal punto di vista temporale che spaziale sono le tre torri che svettano sempre più in lontananza: la torre di Hassan, simbolo della religione, la torre delle telecomunicazioni, sintomatica di un nuova volontà di modernità e quella della nuova Biblioteca Nazionale del Regno del Marocco, emblema della cultura.


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4.2 Avenue de France, Agdal

Rabat, 13 ottobre 2015 Sono ormai dieci giorni che viviamo in questa città, esattamente ad Agdal. Si tratta di un quartiere nato durante la prima espansione del dopoguerra: noto per le sue università, è riconosciuto come una delle zone più ricche del Marocco, abitato soprattutto da studenti, immigrati francesi e gente di alta estrazione sociale. Cinque e mezza, canto del muezzin. Sono le otto di mattina, entra la luce calda del mattino accompagnata dall’incessante vocio della gente per strada. Parlano arabo, non sappiamo cosa dicano ma tengono compagnia, se non vengono sommersi dal rumore dei clacson e dei motori delle macchine. Ci vestiamo e scendiamo in strada. Il parcheggiatore, con la casacca catarifrangente impartisce ordini ad un uomo in giacca e cravatta sulla sua ford fiesta nera. Una signora attraversa di


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fretta la strada, ha le mani occupate dai suoi due figli, vigila il traffico mentre intrattiene una conversazione al telefono, incastrato nel Hijab. Ci sediamo al Venice Ice, il bar all’angolo sotto casa. Solito ordine: “Deux espresso et un jus d’orange.” Come noi molte persone se ne stanno sedute di fronte ad un café au lait ad osservare la gente di Avenue de France e a scambiarsi battute. Ogni giorno, passano bambini che offrono fazzoletti di carta in cambio di qualche Dhiram, una signora con il ventolin in mano spera di attirare l’attenzione e intenerire la gente lì seduta. Un ragazzo pulisce le scarpe degli uomini incravattati, andando loro a prendere le sigarette in cambio di qualche spicciolo in più. Arriva poi il giovane delle noccioline. Croccanti, fresche, sfuse in sacchetti di plastica, scricchiolano sotto i denti liberando in bocca un sapore che non ha niente a che vedere con quelle confezionate dei nostri supermercati. Ne prendiamo un po’, il ragazzo si appoggia e le avvolge in fogli di carta. 5 Dh. (50 centesimi, il cambio Euro-Dhiram è circa 1:10). Se ne va felice. Ci alziamo, entriamo a pagare. Il cameriere sorride e gli lasciamo cinque Dh di mancia. La strada, Avenue de France, è sempre caotica: gente, macchine, tram, motorini. E’ una strada a quattro corsie, con il tram nelle due centrali. Incernierata nell’architettura minimalista, vediamo pochi tratti puri, semplici, geometrici. Il bianco è il colore predominante, l’intonaco di questa tinta caratterizza la maggior parte dei muro di questi edifici. Solo alcune soglie delle residenze più abbienti sono decorate ma sempre con motivi geometrici semplici, gli stessi che troviamo sul dorso delle carte da ramino. Prendiamo il tram, scendiamo ad …. e ci troviamo di fronte alla Bibliothèque Nationale du Royaume du Maroc. Entriamo. E’ un edificio dalle grandi vetrate che permettono di avere una buona illuminazione anche attraverso dei lucernai che si aprono e chiudono automaticamente in base all’irraggiamento solare. Sulla cime svetta la torre della conoscenza, costruita appositamente per mantenere una temperatura tale da conservare gli scritti più antichi. All’ingresso, forniamo i documenti e lasciamo gli zaini. Ci addentriamo verso la sala lettura attraverso dei corridoi che


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fiancheggiano delle corti interne nelle quali al centro scorre l’acqua: elemento centrale in ogni edificio di culto, come nelle madrasa, nelle moschee e nell’architettura vernacolare marocchina. Mentre ci addentriamo fra gli scaffali alla ricerca d’informazioni per la nostra ricerca, il custode si avvicina a noi e ci propone di fare un giro per la biblioteca. Come una vera guida turistica ci racconta i segreti della storia e della costruzione dell’edificio, proponendoci una romantica gita a Chella, sito archeologico romano alle porte di Rabat. Rifiutiamo gentilmente, sarà per un’altra volta, ringraziamo e usciamo. Torniamo a casa, è ora di cena. Simon ci prepara la tajine, carne e verdura. Ci mettiamo intorno al tavolo seduti sul divano. Il piatto viene posto in mezzo, il pane diviso per tutti. Ne stacchiamo un pezzettino. Immergiamo il pane nel piatto, tutti insieme e gustiamo il cibo. “Shukran” prima di iniziare è cortese. Condividere la cena tutti dallo stesso piatto è un rito che trova la sua origine nell’animo profondamente ospitale di questo popolo. Nette sono le differenze fra le persone provenienti dall’antica medina e chi invece può permettersi un appartamento moderno in quel di Agdal. Ma anche qui, le rigidezze si fanno sentire. Il fatto di non poter uscire sole la sera ci fa sentire un po’ in gabbia. Questo paese ha molto da offrire ma ci sono dei compromessi cui dover sottostare. Ci sono regole non dette, colori nascosti, forma mentis confusionarie. Ribellioni interne taciute, contrasti fra chi parla preferibilmente francese e chi fa del dialetto arabo la propria bandiera. Tutto però sembra rimanere come non detto, protetto da un velo, nascosto nella propria intima dimensione. Il trascorrere della giornata e delle emozioni è come il labirinto della vecchia medina, costruito tutt’uno con la roccia sulla quale da secoli vive e alla quale è incollato. Roccia e intonaco. Anima e velo. Pane, menta e un po’ di zuppa. L’arte del contrattare per la sopravvivenza propria e minima dell’altro, il bisogno di un equilibrio, una via di mezzo per riuscire a portare il pane a casa. Labirinto dove vince sempre la legge del più forte; così, succede anche ad Agdal. La lotta non è per portare il pane a casa –


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si sta bene – ma far fronte ai contrasti emozionali, politici e culturali che possono scaturire dall’incontro con la modernità. Ricordiamo che il Marocco ha acquisito l’indipendenza solo nel 1956. Non resta che rifugiarsi alla Kasbah, antico regno dei re di questa terra, percorrendo il lungomare per poi sedersi sulla cima dell’acropoli marocchina e stare ad osservare. I colori, riconoscere i profumi, cercare uno spiraglio, respirare l’aria fresca dell’oceano. Cogliere uno sguardo. Ricambiare con un sorriso. Godersi un raggio di sole caldo sul viso. Andiamo.


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4.3 Sulle rive del Bou Regreg

Guidare per le strade di Rabat non è per niente semplice, esiste da qualche parte un codice della strada, ma nessuno pare prenderlo in considerazione. Corsie? Semafori? Rotonde? Prendiamo la macchina che abbiamo noleggiato, una Peugeot nera. Affrontiamo il traffico mattutino, tra clacson e urla, navigatore alla mano. Imbocchiamo la Route Akreuche e tentiamo di uscire dalla confusione della città. Man mano il paesaggio si modifica, la città alle spalle, la confusione sostituita dal silenzio. Questa strada affianca la Valle del Bou Regreg, come già detto il fiume che divide Rabat e Salè, percorrendo la quale si possono intravedere le sue acque blu e le sponde erose da millenni di storia.


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Questa valle a partire dal 2006, è diventata il centro dell’attenzione per riqualifica delle due città che separa, per la sua importanza dal punto di vista ecologico e ambientale, in modo che non sia più visto come semplice luogo di transito o discarica. E’ un progetto immenso che comprende un’area totale di 6000 ha, diviso in cinque “sequenze”, unite da quattro obiettivi comuni: protezione dell’ambiente della valle, iniziativa sociale e azione cittadina, preservazione e riabilitazione del patrimonio e per migliorare le condizioni di vita della popolazione urbana. Il Marocco negli ultimi anni sta dimostrando un grandissimo interesse nei confronti dei propri luoghi, dei patrimoni ambientali e storici e sta consapevolmente maturando una buona consapevolezza nella protezione degli stessi. Questo si può vedere anche nella decisione di sopperire all’aumento di richiesta energetica dovuta all’accelerazione dello sviluppo economico e sociale, soprattutto attraverso le energie rinnovabili, con l’ambizione di ottenere un tasso del 42% entro il 2020. Le sponde del Bou Regreg sono sotto i riflettori dei grandi progetti del governo che chiama architetti del calibro di Zaha Hadid per la progettazione di nuovi quartieri legati allo sviluppo culturale (è prevista la realizzazione di un teatro di Zaha Hadid proprio sulla riva del fiume di Rabat). Purtroppo il reale problema di queste sponde è che vengono usate nella maggior parte dei casi come discariche o semplicemente come pattumiere dalla gente che le vive. Tutto ciò è conseguenza dal malcostume e dall’ignoranza che purtroppo c’è nelle zone più emarginate e povere, dove alle persone non interessa dell’ambiente al di fuori del recinto della propria casa e dove diventa quindi difficile applicare politiche ecologiche che coinvolgano tutta la popolazione. Si tratta di un reale problema per l’ecosistema di questo fiume: esso è ancora percepibile come giardino incontaminato nel quale il delicato ecosistema resiste e ancora può essere conservato


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come tale. La presenza di specie animali e vegetali che abitano questo luogo, come le cicogne, uccelli che necessitano di un ecosistema particolarmente delicato per poter sopravvivere; il governo ha cominciato un’operazione di sensibilizzazione a partire dall’estuario e prevede di raggiungere buoni risultati anche nell’entroterra entro il 2030. Addentrandoci verso l’area a monte del fiume Bou Regreg, verso il suo bacino, importantissimo per la fornitura di acqua potabile da Kenitra a Casablanca, ci lasciamo alle spalle il caos cittadino ed esploriamo piccolissimi centri isolati, dove la situazione non cambia, anzi peggiora. Percorrendo le strade di compagna che costeggiano il fiume e successivamente circondano il lago della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah (costruita nel 1974) e addentrandosi nelle piccole vie sterrate si scoprono piccoli villaggi o semplici baracche isolate. Proprio qui calza a pennello la descrizione di Ben Jelloun “davanti alle baracche, montagne di spazzatura mai raccolta. Asini e cani cercano li qualcosa da mangiare e migliaia di sacchi di plastica sono incollati sulle immondizie.” Fortunatamente non è sempre così. Parcheggiamo la macchina in fondo ad una strada sterrata. Avvertiamo il brivido dell’emozione della scoperta, attorno a noi il muro del cortile di un’abitazione dipinto di rosa, la terra rossa, la vegetazione bruciata dal sole, qualche asinello con le zampe legate per essere libero senza poter scappare via. Il paesaggio si presenta a noi in veste solitaria e quasi si avverte il suo voler rimanere incolto e lontano dalle possibili usurpazioni che la gente ve ne può fare. “Lasciatemi libero” sembra volerci dire, o “abbiate cura di me”. Pochi passi e ci troviamo di fronte al lago, esattamente nel punto d’incontro fra i due principali fiumi che alimentano questo bacino. Le colline scendono più o meno dolcemente sotto il pelo dell’acqua, lasciando intravedere lingue di terra che appaiono verdi nella stagione invernale e brulle in quella estiva. Godiamo del panorama dal nostro punto di arrivo, fortunatamente quello più alto: in lontananza, nella lingua di terra che divide i due fiumi, intravediamo due macchine


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parcheggiate e qualcuno che pesca o semplicemente se ne sta seduto a godersi la pace che questo luogo emana. Una strada ripida e interrotta da un letto naturale per il deflusso delle acque piovane porta fino alle rive del bacino. Ci addentriamo fino a metĂ strada, non eravamo pronte, torneremo.


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4.4 INTIME SPECULAZIONI

Il tempo di “tirare le somme” è giunto. Siamo quasi alla fine di questo incredibile sogno, le serate si fanno nostalgiche, le giornate si accorciano, il sole non scalda più come un mese fa. E’ la notte di Halloween ma che importa, si tratta solo di una scusa per fare festa, a noi non interessa. Siamo a casa, stanche e affamate per la lunga giornata, il tortuoso viaggio in macchina, le pericolose strade percorse. Simon cucina per noi il cous cous, (anche se non è venerdì, piccolo strappo alla regola) è la prima volta che lo mangiamo da quando siamo qui. Meglio, preferiamo degustare i piatti tipici preparati a casa piuttosto che in un ristornate qualsiasi. Profumano di convivialità, ormai ci vogliono bene e ci coccolano cucinando per noi piatti tipici e prendendosi cura del nostro sorriso. La cultura marocchina è così, si presta molta attenzione all’altro, nell’augurargli buona


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fortuna per gli impegni della giornata, una buona doccia, che Allah benedica questa cena. Ieri era il turno della Rfissa o Mdheussa, una specialità che viene preparata solo nelle feste oppure una volta ogni tre mesi al massimo. Ieri non era festa, ma poco importa, era per noi. Hajar (la ragazza di Simon) decora il piatto per il cous cous, Elsa si addentra in cucina ed esclama “Wow!”. E’ affamata, probabilmente potrebbe finire tutto senza aspettare l’ora della cena. Siamo pensierose, questo paese ci ha sorpreso, inquietato, spiazzato. Eravamo alla ricerca dei suoi segreti (siamo appena all’inizio) e abbiamo scoperto noi stesse sotto sfaccettature che non conoscevamo, non volevamo vedere o che semplicemente abbiamo soffocato. Qui, abbiamo conosciuto persone che ci hanno spiazzato nascondendo abilmente i propri segreti, non lasciando trapelare nulla come un marito che nasconde la propria amante alla sposa. Non ti è dato di sapere cosa realmente accada negli animi, relazioni complicate nelle quali tutte le volte subentrano la famiglia e la religione a complicare le cose. Già, perché qui non si da importanza all’individuo: è il nome della famiglia che conta. “Un solo pesce marcio, e anche tutti gli altri membri sono contaminati”, si sa. L’individuo è un mistero muto. Non lascia trapelare nulla. Nessuna spiegazione, nessun segno che possa indicarci la strada per concepire l’animo e ciò che nasconde dentro i suoi macigni e dietro suoi silenzi. “Esiste solo la famiglia, la grande famiglia, quella che da senso alle cose, quella che traccia le linee dei cammini, quella che decide e serra i ranghi” -(Thar Ben Jelloun, “Marocco, romanzo”)- quella che non ti permette di liberarti dalle relazioni scomode, la famiglia ha deciso di sposare quella, poi subentra la religione; hai venticinque anni, hai fatto una scelta, ora non puoi più tornare indietro o diventa estremamente complicato farlo. Ma i divorzi in Marocco aumentano, segno che lo status


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mentis sta evolvendo verso la “modernità” (quale tipo di modernità, quella dei sentimenti corrotti e delle false promesse, delle leggi sul divorzio e l’aborto e i matrimoni gay, una bella conquista ma siamo ancora un po’ lontani) o meglio, verso la cultura occidentale che permette tutto sempre più ma allo stesso tempo gioca altre trappole. Molto spesso, è questione di esercizio. La modernità obbliga a rendere partecipe il resto del mondo delle propire scelte (lo sono i social network); qui, in Marocco, le ragazze gli uomini hanno bisogno di parlare, aprirsi. Tirare fuori loro stessi, le loro preoccupazioni, ciò che li tormenta. La pluralità di animi delle persone che vivono in questo paese e le capacità di cambiare faccia in rapidità e secondo la necessità di sentimento di chi si ha davanti è paragonabile al rapido cambiamento che caratterizza il paesaggio. Da nord a sud dell’intero paese e in maniera ancora più incisiva se si pensa di percorrere una strada che dai centri periferici porta alla città: steppa e foresta si alternano senza preavviso, dal lato sinistro della strada bidonvilles, profumi di spezie e carne fresca cotta alla brace, dall’altro, nuovi blocchi di abitazioni residenziali costruite secondo la corrente minimalista marocchina ma con alla base la sola volontà di speculazione: costruire spendendo poco e guadagnando molto. Sembra quasi che al concludersi di questa esperienza le somme siano per la maggior parte negative. Non lo sono, semplicemente ci stanno dando molto da pensare. Abbiamo amato i piccoli borghi rurali, le case sparse e isolate sugli altipiani in mezzo ai campi aridi, la vegetazione che cresce sporadica sul versante sud e quella che rigogliosa sboccia in quello nord. Il paesaggio muta con le stagioni: la stessa lingua di terra si presenta verde ed erbosa in inverno e secca, arida in estate. Mentre ci guardiamo attorno, fuori dalla città, lontano dal caos e dalle contraddizioni più evidenti, notiamo una piccola baracca costruita con legno e pelli di pecora. Un uomo anziano si siede accanto, è magro e sdentato, probabilmente possiede


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solo una gallina. Gli passiamo accanto, si accorge di noi, ci chiede la carità. Fermiamo la macchina, gli allunghiamo 5 Dh, quasi piange per la commozione. Ci benedice, siamo commosse e imbarazzate, acceleriamo e andiamo oltre. Dopo venti metri, fermiamo bruscamente la macchina, raccimoliamo tutte le monete dai nostri portafogli. 50 Dh. Scendiamo, gli andiamo incontro e gli facciamo un dono. Quasi non ci crede, probabilmente il nostro gesto potrà permettergli di vivere dignitosamente per il prossimo anno, forse più, il suo Dio solo sa quanto ci abbia benedetto. 5 euro per noi non sono nulla, la felicità negli occhi di quell’uomo non ha valore materiale. Continuiamo per la nostra strada sterrata. Abbiamo bisogno di esplorare, questo paese necessita di essere scoperto, compreso, messo alla prova. Per farlo, dobbiamo essere forti, non farci sottomettere dalle contraddizioni e far valere le ragioni dei sentimenti trasparenti e della logica.


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4.5 Stati (d’animo) di Paesaggio

In questo mese abbiamo avuto la possibilità di conoscere Rabat. Conoscere, forse, è una parola troppo pretenziosa perché in così poco tempo è difficile poter dire di aver conosciuto una città, e con essa un paese, un popolo. Diciamo che questo periodo ci ha permesso semplicemente di aprire uno spiraglio nel nostro muro d’ignoranza (nel senso vero del termine: “chi ignora”) e gettare uno sguardo su un mondo molto diverso che quello che pensavamo di conoscere. Diciamo allora che ci ha fatto capire quanto poco conoscevamo Rabat. E questo ti fa impazzire di curiosità e vorresti capire quello che c’è oltre quello che hai appena incominciato a intuire, a percepire. E’ come quando mangi per la prima volta un piatto che non conosci, pieno di sapori e spezie. Nella tua bocca il primo assaggio è una bomba di sensazioni, ma è solo dopo,


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cucchiaiata dopo cucchiaiata che riesci a capirne a coglierne le sfumature di sapore, a separarne gli ingredienti, a farti un’idea di ciò che te lo rende così appetitoso. Ecco, adesso noi siamo esattamente a questo punto, con un ricco e succulento piatto davanti e ci auguriamo, assaggio dopo assaggio, di scoprirne, prima o poi, l’ingrediente segreto. La professoressa dell’ENA (école nationale d’architecture), Iman Benkirane, che ci sta seguendo in questo percorso di tesi, nel salutarci, sorridendo ci ha detto: “sono contenta che torniate in Italia, staccarvi da qui vi aiuterà a capire meglio”. Sul momento non abbiamo dato troppo peso a queste sue parole, eravamo completamente in preda alla generale tristezza da ultimo giorno, ma dopo un poco ci sono ritornate alla mente e ci hanno dato molto da pensare. Iman si riferiva semplicemente alla tesi o forse ha visto delle nostre facce un senso di confusione, di smarrimento più profondo? Siamo tornate da più di una settimana e le sue parole sembrano diventarci ogni giorno più chiare. Tutto ciò che abbiamo vissuto, tutto ciò che ci è successo, ci fa pensare. Le persone che abbiamo incontrato, i luoghi che abbiamo visitato ci danno da pensare. Tutto ciò che vivi in queste esperienze, impone, per essere capito, o almeno intuito, una riflessione supplementare che richiede un grande sforzo, un impiego di energie enorme. Lo scorso Febbraio, dopo il primo breve soggiorno a Rabat, poco più di una settimana, eravamo ritornate con impressioni così elementari che a ripensarci oggi ci fanno quasi ridere. Parti la prima volta per un paese nuovo, culturalmente molto diverso e inevitabilmente pieno di pregiudizi e ne rimani incantato; torni dopo una permanenza ben più lunga e significativa con la consapevolezza di capirne sempre meno. Forse stai maturando un’idea del tutto nuova di quel luogo ma questa idea non è ancora chiara e sicuramente non è abbastanza solida da cancellare tutti i tuoi dubbi e gli interrogativi. E allora? Come tutto questo può influire sul tuo progetto, adesso che sei qui, lontano dal luogo del tuo intervento. In


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che modo trasformare questi tuoi conflitti interiori in un valore aggiunto del tuo progetto? L’obiettivo che la nostra tesi si pone è la progettazione di una rete turistica nel lago del Bouregreg, dove si situa la diga Sidi Mohammed Ben Abdellah. Il compito principale era dunque capire cosa potesse attirare la gente della città e delle vicinanze in questo luogo cosi fascinoso ma anche così isolato, in modo da farne il perno del nostro intervento. In realtà quel luogo, anche se per molti versi sarebbe proibito, viene, per quanto poco conosciuto, utilizzato largamente. Agli abitanti di Rabat l’idea di scappare un po’ dal trambusto, dai clacson, dallo smog cittadino piace. Il lungo fronte oceano, tempestoso e impetuoso, costeggiato da strade trafficate, è certamente molto frequentato dagli abitanti della capitale (e della vicina Salé) ma quando gli è possibile, preferiscono luoghi tranquilli, isolati, dove possono in certi versi anche sfogare le proibizioni della città senza sentirsi giudicati. A pochi chilometri da Fez, ad esempio, esiste un luogo dove la gente va per prendere acqua termale. Ormai è diventato quasi un luogo di villeggiatura. Le famiglie, o gruppi di amici, arrivano prendono l’acqua, e vanno ad accomodarsi su teli disposti sul prato, probabilmente già predisposti dal bar che si affaccia sulla piccola strada a pochi metri di distanza. Bevono tè alla menta, mangiano noccioline o quello che si sono portati, i bambini giocano correndo tutto intorno, gli adulti chiacchierano distesi o semplicemente osservano. A Rabat, uno dei posti più frequentati è la foresta della Maamora che con i suoi 134.000 ha di sugheri e di eucalipti ospita soprattutto durante i fine settimana gli abitanti delle città di Rabat e Salé che arrivano per fare picnic e scampagnate. E’ meno organizzato di quello di Fez, qualche strada l’attraversa e qualche tavolo da picnic in legno è sparso casualmente in mezzo agli alberi per sedersi all’ombra. Si arriva in macchina, si


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parcheggia di fianco al tavolo, dove poi ci si siede tutti insieme. C’è chi porta l’acqua, chi qualche cosa mangiare. Ti passa di fianco un cane randagio che spera in qualche avanzo o briciola. Qualche metro più in là, un’altra famiglia. Probabilmente sono arrivati in camper (parcheggiato dietro) e rimarranno lì tutto il giorno. Si sentono le loro risate e il suono delle loro chitarre mentre sulla strada, a pochi metri di distanza, passa una signora su un carretto trainato da un asinello. Il nostro progetto deve trarre ispirazione, sotto molti punti di vista, da questi luoghi che hanno sviluppato, senza snaturarsi, una naturale vocazione turistica. Deve proporsi, senza imporsi.


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5 RINGRAZIAMENTI Grazie a Luca Emanueli e Gianni Lobosco per averci sopportato e supportato fino all’ultimo in questo percorso anche quando sembravamo perse nelle divagazioni. Grazie ad Alessandro Cambi per averci spronate a fare meglio. Grazie a Massimo Tondello per averci aiutato a rendere il nostro progetto realizzabile. Grazie a Marco Stefani per esserci stato con la sua presenza e il suo pensiero. Grazie a Iman Benkirane per averci seguito nel mese in Marocco e averci fatto capire l’importanza del nostro progetto. Grazie a Daniele Pini per averci inizialmente indirizzate in questa esperienza.

Grazie al Marocco per averci fatto scoprire una parte di se e di noi. Grazie ad Hajar e Simo per averci ospitato e averci fatto conoscere le molte sfaccettature del mondo marocchino.

Anna e Elsa


194

B/eau

GRAZIE A mio padre, ho mantenuto la prima promessa. A mia madre perché è la mia forza. A zio Stefano, perché è il mio modello. A zia Silvia, per come mi sorride. A zia Elisa, perché mi trasmette la sua freschezza d’animo. A zia Elena, per essermi sempre vicina. A nonna Carla, perché mi ha trasmesso il valore della Cultura. A nonno Ernesto, per i suoi racconti. A Stefano, per i venerdì d’ispirazione. Alle mie cugine Giada e Melissa, per avermi sempre incoraggiata a dare il meglio. Ai fratelli di mio padre, perché è la mia famiglia.


195

Alla fezza, perché siete la mia fortezza. A Piv, amico di una vita. A Silvia, per essere stata con me dall’inizio alla fine di questo percorso. A Lucie, perché mi ha spronata a crescere. A Chiara F., perchè da quando è arrivata niente fa più così paura. A Laura, perché mi da la forza di tenere la testa alta. Ad Hanna per la sua grandissima sensibilità. A Meri, per avermi tenuta con se. A Chiara P. per le parole giuste. A Frenki, per le nostre risate. A Michi, per la sua dolcezza. A Giusi, per avermi insegnato la geometria euclidea. A Enrico, miglior motivatore di sempre. Agli altri della Faf, perché da ognuno ho imparato qualcosa. A tutta la Casetta, il perché non lo posso scrivere. Ad Elisa, per tutta la carica che mi trasmette. Ad Alice, perché sfottere la Noli è più divertente di studiare. A Kina, perché è insostituibile. A Carey, perchè mi trasmette la passione per il disegno. A Ramona, per avermi sempre ascoltata e sostenuta. E infine ad Elsa, compagna, amica, sorella. Grazie per aver stretto i denti nei momenti più bui e averci creduto, sempre, dando il massimo. Perché ciò che conta è il bene che ci vogliamo.


196

B/eau

GRAZIE

A tutta la famiglia, italiana e svedese, per il sostegno costante e incondizionato e per l’amore che mi avete dato. In particolare a mamma e a papà, perché senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile, perché siete stati la mia spina dorsale, perché ci avete creduto con me e avete creduto in me.


197

A Patty e Bea per essere cresciute con me e avermi fatta crescere, perchè siete e sarete sempre. A Ceci per aver condiviso con me le nostre passioni e molto di più. Agli O’connor perché basta un fischio. A Frenki per aver condiviso con me la stanza, il mio disordine fisico e mentale e tutto il resto in questi ormai sei anni. A Ryn per essersi seduta di fianco a me quel primo giorno di disegno e non essersi più allontanata. A Gni perchè da sempre sei una spalla su cui contare A Fiz per perchè non posso farne a meno. A Sil per la sua dolce generosità. A Cla e a Enri per quell’aereo preso insieme, per la vostra amicizia che da quel giorno è stata indispensabile. A Artur perché “A good Friend comes for a tea, a best friend comes for an Aperol” A Laura e Hanna per la vostra incredibile dolcezza. A Giusi per la grande capacità di ascoltare e capire. Agli amici Piacentini, Cas, Paolo, Cisco, Forna per il tempo passato insieme. A voi dell’Osteria degli Angeli per questi ultimi mesi, per i pranzi e le cene insieme. A voi di FarFromFaf per aver voluto condividere queste esperienze. Grazie ai Brasiliani e ai Marocchini che ho incontrato nei miei viaggi e avermi lasciato ognuno a modo suo qualche cosa in più. Grazie a tutti i “Ferraresi” che hanno camminato con me in questo percorso e l’hanno reso così speciale. Grazie ad Anna per avermi portato con lei in questa esperienza ma soprattutto in questi anni, per avermi fatto conoscere la forza ma anche le debolezze. Per essere compagna di tesi ma soprattutto amica.


198

B/eau


Bibliografia / Sitografia

6 TAVOLE

199


B

Attivazione turistica del bacino

L’area di progetto si trova a 12 km dalla capital Ben Abdellah, costruita nel 1974 dal Re Hassan un’area estesa da Casablanca a Kenitra (9800 k

Il progetto potenzia la centralità dell’acqua, so su di essa. Lo scopo è quello di creare un’infras le attività esistenti, incrementandole attraverso fisiche e sociali preesistenti alla costruzione de del luogo. Adattandosi alla morfologia esistente tralità dell’elemento acqua che diventa quindi l gio.

Sovrapporre. Attivare. Percepire. Sono le tre paro Si riprendono le tracce andate perse a causa de paesaggio. Queste sono l’impronta su cui si atti mento acqua.

B/eau

Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

Relatori: Luca Emanueli / G


B/eau

o della diga Sidi Mohammed Ben Adbellah

le marocchina Rabat nel bacino idrico della diga Sidi Mohammed n II per sopperire all’aumento della richiesta di acqua potabile per kmq).

oggetto principale di questo paesaggio, concentrando le energie struttura di stampo turistico in grado di organizzare e controllare o l’attivazione di una rete che permetta di ricreare le connessioni ella diga non trascurando le problematiche ambientali specifiche e ed enfatizzandone l’unicità. La rete pone l’attenzione sulla cenlinea guida per la percezione e la conoscenza dell’intero paesag-

ole chiave in base alle quali questo lavoro presenta gli interventi. ella creazione della diga, rileggendole, sovrapponendole al nuovo ttiva la rete che permette una diversa percezione attraverso l’ele-

Gianni Lobosco

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

B/eau


L’ACQUA: UNA NECESSITA’ GLOBALE Il problema dell’acqua in Africa L’africa della desertificazione

L’africa e l’aumento di popolazione

La desertificazione costituisce un serio pericolo per le regioni aride e secche del pianeta, che costituiscono quasi il 50% delle terre emerse. Il continente più colpito è l'Africa dove oltre i due terzi delle terre coltivate sono a rischio.

L’africa e il problema dell’acqua

L’Onu prevede che nel 2100 saremo 11 miliardi, questa crescita sarebbe per più della metà in Africa. 1990 2010 10%

(mln) 5 10 15 20 25 30 40 80 120

75%

Marocco

25%

20%

Senegal C. d’Avorio

Si avvicina scarsità fisica

Ghana Aree In via di desertificazione

Nigeria

Aree desertiche

Camerun

Scarsità fisica d’acqua

Fonte: ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite)

Fonte: Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO)

70%

Scarsità economica d’acqua Fonte: Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO)

La soluzione del Marocco La costruzione di dighe in Marocco Rabat 139 130

140 120 98

100 80

67

60 27

2015

20

2000 2010

9 13

1990

20

1980

40

1970

Aumento della necessità d’acqua

160

Numero di dighe

Aumento della popolazione

La situazione idrica in Marocco è forse tra le più solide tra tutte quelle dei paesi arabi. I risultati del Regno in questo settore, tra cui la riforma istituzionale e legislativa, la costruzione di dighe e l’adozione del Piano nazionale per l’acqua, costituiscono un modello per i paesi africani e arabi. Nonostante questo il Marocco, conscio di camminare nel campo delle risorse idriche su un crinale stretto quanto mai pericoloso, ha deciso di fare di questo settore una delle priorità del Regno. E l’ha fatto, con un NUOVO PIANO NAZIONALE PER L’ACQUA (2014) che si occupa di tutte le questioni relative alla gestione delle risorse idriche e fornisce risposte “precise” per tutte le sfide del settore per sostenere importanti progetti realizzati in Marocco e le politiche di sviluppo settoriali.

1950 1960

Aumento della desertificazione

Dal 1920, le autorità coloniali francesi individuano nel Marocco un paese che può offrire loro la possibilità di compensare il grande deficit nella produzione agricola nazionale. Le regioni occupate avevano i vantaggi di un'agricoltura promettente per gli investitori coloniali e il compito di coltivare i terreni fu svolto dai coloni francesi, incoraggiati dalla propaganda. Il Marocco, con il suo potenziale idrologico e la fertilità delle sue terre, mancava di adeguate infrastrutture. A partire dagli anni ‘50, i governi marocchini incominciano a mettere in campo una vera e propria politica di progettazione e costruzione di dighe. Ma la rivoluzione è portata avanti durante il regno di RE HASSAN II (1961-1999) con un piano quinquennale 1968-1972 con l'obiettivo, di raggiungere un milione di ettari irrigati entro la fine del secolo.

Fonte: Ministère Délégué Chargé de l'Eau

Le maggiori dighe del Marocco

Pertinenza della Diga Sidi Mohammed Ben Abdellah Desertificazione

Alluvioni

Elettricità

Potabile

Agricoltura

Industria

9800 kmq

1953 1967 1971

Es

Bine el Oudane Mohamed V Mansour Eddahbi Hassan Addakhil

1973

Idriss 1er

1974

Sidi Mohamed Ben Abdellah

1975 1978

Al Massira

1996

Al Wahda

2000

Hassan II

Kenitra Rabat

Oued el Makhazine

Casablanca

Fonte: Ministère Délégué Chargé de l'Eau

Fonte: Agence du Bassin Hydraulique de Bouregreg et de la Chaouia (ABHBC)

Il Bacino della Diga Sidi Mohammed Ben Abdellah Rabat-Salé e le diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

1150

1915

1941

1955

La costruzione della Diga Sidi Mohammed Ben Abdellah (SMBA) va a pari passo con l’espansione delle città di Rabat e Salè. Queste nascono sull’oceano atlantico dove sfocia l’Oued Bouregreg, lungo in totale 240 km, Rabat sulla sponda sinistra e Salè sulla destra. Le prime espansioni avvengono lungo la costa dell’Oceano per poi successivamente espandersi lungo le sponde del fiume. Nel 1994 viene redatto lo SDAU, piano ancora in vigore che prevede la creazione di una cintura verde che blocchi l’espansione delle due città entro il bacino della Diga SMBA prevede di città satellite nei pressi.

Fonte: Ministère de l'Urbanisme et de l'Aménagement du Territoire

B/eau

Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Espansione lungo la costa dell’Oceano Atlantico

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

Relatori: Luca Emanueli / G


Nel 2030 il 47% della popolazione vivrà con problemi di scarsità d’acqua.

Agricoltura

Tangier

Industria

Uso domestico

Nador Idriss 1er Mohamed V

Al Wahda

Kenitra Rabat

Hassan II

Idriss 1er

Fes

Sidi Mohammed Ben Abdellah

Casablanca

El Jadida

Al Messira Safi

Bine el Ouidane

Marrakech

Hassan Addakhil

Ouarzazate

Essaouira

Mansour Eddahbi

Agadir

Gianni Lobosco

N

0

1972

1971-1974

1990

Costruzione della Diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Espansione lungo il fiume Bouregreg

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

25

50

125 km

1994

2006

Necessità di bloccare espansione delle città: SDAU

Necessità di aumento di portata: sopraelevazione della diga

Cintura Verde: creazione di città satellite

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

L’Acqua: una necessità globale


INQUADRAMENTO TERRITORIALE Turismo in Marocco Turismo inbound

Nazionalità del turismo inbound

2000

4,2 milioni

2004

5,4 milioni

2008

7,8 milioni

2013

10 milioni

Obiettivo Vision 2022 2022

12 milioni

Arrivi all’ Aeroporto Internazionale Rabat-Salè

Francesi

3 435 000

Spagnoli

2 115 000

Britannici

549 000

Belga

589 000

Olandesi

554 000

Tedeschi

547 000

Americani

220 000

Italiani

394 000

Marocchini residenti all’estero

4 723 000

Rocad

2000

49 611

2010

166 578

2011

167 513

2012

165 599

Salè

2013

216 177

2014

328 844

Aeroporto Internazion

Stazione Ferroviaria Rabat Ville

Fonte: Ministère du Tourisme, Royaume du Maroc

Stazione Ferroviaria Rabat Agdal

Sala Al Jadida

Techn

Progetti in corso Rabat

Autostrada

Amenagement de la Vallèe du Bouregreg

Bab al Bahr - sequenza 1 Al Saha Al Kabira - sequenza 2 Kasabat Abi Oued - sequenza 3 Sahrij Al Oued- Sequenza 4 Al Menzah Al Kabir - Sequenza 5 Macharif Hssain- sequenza 6

Sequenza 1 Sequenza 2 Sequenza 3 Sequenza 4 Sequenza 5 Sequenza 6

Progetto Immobiliare, nuovo porto Gran Teatro di Rabat Risistemazione della zona umida Riqualificazione della piana alluvionale Riqualificazione per eco-turismo Protezione dell’ambiente

Foresta di Temara

2030

2030

Lanciato nel 2006, è un progetto per lo sviluppo della valle del Bouregreg tra le città di Rabat e Salé, dalla foce fino allo sbarramento della Diga che riguarderà, alla sua conclusione, 6.000 ettari di terreno.

Il progetto dell’autostrada rientra in un progetto più grande che prevede maggiori collegamenti tra le città di Rabat e Salè e i collegamenti verticali lungo il fiume Bouregreg

Oued Akrach

Oum Azza

Foresta di Gh

Legislazione Vigente

El Menzeh

Perimetri di protezione (ABHBC - Agence du Bassin Hydraulique de Bouregreg et de la Chaouia)

Ain Aouda

Oued Kori

Percorsi principali di collegamento al bacino Progetto di riqualificazione del Bouregreg

Zona di protezione Immediata Zona di protezione di Vicinato Zona di protezione a Distanza N

0

Zona di Protezione Immediata

Zona di Protezione di Vicinato

1

2

5 km

Zona di Protezione a Distanza

Divieto di balneazione Restauro dei ruderi

B/eau

Controllo del pascolo

Controllo del pascolo

Risistemazione dell’assetto stradale

Risistemazione dell’assetto stradale

Rimboschimenti con specie adatte

Espansione dell’habitat naturale

Protezione delle superfici di macchia e altre vegetazioni

Protezione delle superfici di macchia e altre vegetazioni

Barriere anti-erosione

Espansione di piccole aziende agricole

Accesso persone autorizzate

Accesso libero

Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Vietate tutte le costruzioni, gli ampliamenti e modifiche a strutture che costituiscono una minaccia per le acque.

150 m 100 m 50 m

Vietato l’ampliamento e la costruzione di aree urbane dove le acque defluiscono nel serbatio e non scaricate in impianti di depurazione o raccolti in fosse settiche chiuse.

0m

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

Relatori: Luca Emanueli / G


Collegamenti al Bacino della Diga

Foresta della Maamora Aeroporto Internazionale

de S 10%

Mezzi Pubblici Ottimi

50%

nale di Rabat-Salè

40%

Scarsi Inesistenti Situazione della carreggiata

Village El Aarjate

35%

Ottima Discreta 35%

Panoramicità

10%

Sidi Allal El Bahraoui

Ottima

25%

nopolis

Insufficiente

65%

Discreta Scarsa

Stazione ferroviaria Rabat Ville Oued Bouregreg

Mezzi Pubblici 40% 35%

Ottimi Scarsi Inesistenti

25%

Situazione della carreggiata 35%

Ottima Discreta 35%

Insufficiente Panoramicità

15% 15%

Ottima 70%

Discreta Scarsa

Foresta del Shoul

Stazione ferroviaria Rabat Agdal

Essehoul

Mezzi Pubblici

Tnine Sidi Azzuz

40% 35%

Scarsi 25%

Situazione della carreggiata

Oued Grou

habet

Ottimi Inesistenti

Ottima

35%

Discreta 35%

Panoramicità

15%

Ottima

15% 70%

ifla

Insufficiente

Discreta Scarsa

Recettori Turistici

Rabat

117 kmq 577827 ab

Salé

87 kmq 890403 ab

Ain Al Aouda 4 kmq 25105 ab

Oum Azza 1 kmq 10530 ab

El Menzeh 4 kmq - ab

Tnine Sidi Azzouz 4 kmq - ab

Essehoul 0,2 kmq 500 ca ab

Sidi Allal El Bahraoui 4 kmq 9884 ab

Village El Aarjate 0,4 kmq - ab

Technopolis 1 kmq - ab 10 Esagerazione x10

19 km

Gianni Lobosco

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

1

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

Sala Al Jadida 3 kmq 19959 ab

Inquadramento Territoriale














IL POLO PRINCIPALE: L’OUED GROU Il Funzionamento dell’Oued Grou Tipologie di Percorsi

Funzioni e Attività

A

A’

B

B’

Percorso Principale

1.

I Parcheggi

a. 200 posti auto

Il percorso principale realizzato in terra stabilizzata è quello ch permette di raggiungere tutte le funzioni dal parcheggio al ponte gelleggiante. Viene illumato nelle ore serali da lampioni a pannelli solari a led di altezza 2,5 metri.

900 m

Come polo principale l’Oued Grou prevede l’arrivo dei flussi e quindi è dotato di parcheggio per automobili per agevolare il funzionamento della rete.

C

C’

2.

Incolto

Passeggiate

b.

3 km I percorsi incolti sono perfetti per passeggiate sia a piedi che a cavallo o in sella ad un asino. Il servizio è dato direttamente dalla gente del luogo che mette a disposizione i propri mezzi.

Percorso in terra stabilizzata che attraversa la zona lasciata completamente allo stato brado. L’illuminazione non è prevista in modo da mantenere inalterato l’equilibrio della fauna.

3.

Lungo il Margine

Pesca

c.

D Il percorso si trova tra il corridoio verde e l’acqua permettendo all’osservatore di godere il panorama a stretto contatto con l’elemento acqua. Illuminato da led a incasso a pannelli solari con puntatore Wall Washer verso il parapetto in bamboo.

300 m

4.

D’

Il diretto contatto con l’acqua permette di svolgere attività come la pesca.

Il Ponte

50 m

5.

Vengono costruiti strutture in legno per contenere funzioni come: info-point, servizi igienici, nolo di canoe e zona ristoro.

Gli Spazi di Sosta e Scambio

440 mq

e.

340 m

Canottaggio

Il percorso che va al molo incontra aree di sosta con sedute che permettono di godere del panorama e riposarsi. L’illuminazione serale è prevista da led a incasso a pannelli solari con puntatore Wall Washer verso il parapetto in bamboo e verso le sedute.

E’ possibile il nolo di canoe per godersi il bacino da più punti di vista.

Verso il Molo

6.

Osservazione

f.

Il percorso che va al molo si va a sovrapporre al percorso originario e segue il pendio dell’isola. Il percorso è costituito in terre stabilizzate per mantenere il suo aspetto originale e rendere l’intervento poco impattante. Illuminato da led a incasso a pannelli solari con puntatore Wall Washer ai due lati.

La presenza di cicogne e aironiattira l’occhio dell’osservatore che può dedicarsi al Bird-Watching.

1.

B/eau

Servizi

d.

Il ponte di barche permette di collegare la lingua di terra con l’isolotto dando la possibilità al turista di passeggiare in mezzo all’acqua. Nelle ore serali viene illuminato grazie a lampade solari flottanti a led suggestionandolo con luce soffusa ancorate e allo stesso ponte.

Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

f.

e.

c.

a.

d.

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

3.

2.

Relatori: Luca Emanueli /


Morfologie di progetto Sezioni scala 1:1000

80 75 70

a.

c.

1.

65 60 55 50 45

80 75 70 65

b.

d.

b.

6.

60 55 50 45

80 75 70 65

b.

60 55

f.

4.

50 45

80 75 70 65 60

2.

55

5.

50 45

135 130 125 120 E

115 110 105

E’

100 95 90 85 80 75 70 65 60 55 50 45

6.

4.

b.

Gianni Lobosco

c.

5.

6.

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

b.

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

6.

f.

5.

Il polo principale: Oued Grou


A CONTATTO CON L’ACQUA Molo pendenza <15%

Oum Azza

Per pendenze minori al 15% la soluzione trovata prevede una passerella molto flessibile formata da elementi galleggianti Polyethylene (50 x 50 x 40 cm). In rapporto alla funzione del molo la larghezza può variare. Questa variazione di larghezza si ottiene assemblando cubi in base alle necessità. Questa soluzione permette una grande adattabilità al terreno quando il livello dell’acqua è basso e un buon grado di galleggiamento quando l’acqua si alza. Questi elementi in Polietilene sono collegati tramite pedane scorrevoli a un molo galleggiante più fisso e stabile. Quest’ultimo è composto di una pedana di legno impermeabilizzato e acciaio inox (il galleggiamento è permesso da elementi in calcestruzzo alleggerito) collegata, tramite anelli saldati a pali che permettono lo scorrimento dell’elemento galleggiante bloccando il movimento orizzontale. L’altezza dei pali dipende dalla profondità del fondale, e dunque varia in rapporto al cambiamento del livello dell’acqua.

11%

68 m La Foret de Maamora

33 m

9%

La Plage 68 m

65 m 10%

20 m

65 m

La Carriere

30 m Le Jardin

La Carriere

Le Jardin 68 m

11%

27 m

6%

19%

16%

16 m

L’île 68 m

19%

65 m

16 m

19%

La P

Oued Bouregreg 68 m

Oum Azza

50 m

65 m

La Forêt de Shoul

65 m

Mini-fingers il legno di Eucalipto, Acciaio inox e galleggiante in Polietilene

Pianta scala 1:500

Per pendenze maggiori al 15% la soluzione varia. La pedana in cubi è sostituita da elementi più rigidi formando un molo discontinuo che prevede galleggianti in calcestruzzo e la passerella in legno e acciaio inox. La seconda parte è sempre più rigida ma varia dalla precedente soluzione. All’estremità più prossima al molo discontinuo viene bloccato il movimento orizzontale tramite il sistema Seaflex, calibrato a seconda delle necessità. L’altra estremità, invece, è bloccata tramite pali telescopici. I pali telescopici sono formati da due elementi che scorrono uno dentro l’altro in modo da evitare la vista in superficie ma comunque di assecondare la variazione dell’invaso.

Le Cap 68 m

65 m

La F

Oued Grou

65 m

La Plage

La Foret de Maamora 68 m

68 m

65 m

27 m

15%

Molo Pendenza >15%

Le Cap 68 m

16%

65 m

19 m

18%

Pianta scala 1:500

il l

68 m

Sezione scala 1:500

Sezione scala 1:500

65 m Sezione scala 1:500

Sezione scala 1:500

Pali in legno Elementi galleggianti di Eucalipto in calcestruzzo impermeabilizzato alleggerito rivestiti in legno di Eucalipto e acciaio inox

Cubi in Polietilene

Passerella Elementi galleggianti di accesso in calcestruzzo in legno di Eucalipto alleggerito e acciaio inox rivestiti in legno di Eucalipto e acciaio inox

Les Jattes

Sezione scala 1:200

Le piattaforme galleggianti hanno principalmente la funzione di piscine, e rappresentano una risposta ai divieti di balneazione presenti nell’area. Sono collocate in mezzo all’acqua, lontane da riva e in posizioni da dove è possibile avere una vista panoramica particolarmente interessante. Queste sono un vero e proprio luogo d’attrazione e sono pensate anche in funzione dei flussi delle barche a remi. Per il turista sono un luogo di relax, dove può passare anche l’intera giornata. Il particolare design scelto per queste piattaforme dipende da due motivi: 1) La struttura verticale ad arco di cerchio serve per proteggere dai venti (provenienti principalmente da ovest), per contenere i locali di servizio, per sostenere il trampolino (per i tuffi in piscina). 2) La struttura orizzontale circolare e piatta è pensata in modo da poter offrire un bagno in piscina, facendo sentire il bagnante in mezzo al lago e permettendo l’attracco delle barche a remi lungo il suo perimetro.

Parapetto di funzione anti-vento Jatte Bleu Jatte Rouge

Servizi - Trampolino Piscina 4m

Jatte Jaune Jatte Verte

Passerella

Attracco N

Sistema di ancora

Sistema di ancora

Pianta scala 1:500

B/eau Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

Relatori: Luca Emanueli / Gianni Lobosco


Il Ponte Galleggiante

Forêt de Ghabet 68 m

%

65 m

19 m

Oued Bouregreg

La Promenade

e 68 m

65 m

L’île

17 m

%

La Forêt de Shoul

Promenade

%

La Forêt de Ghabet 68 m

65 m Oum Azza

17 m

Mini-fingers legno di Eucalipto, Acciaio inox e galleggiante in Polietilene

o

I ponti galleggianti servono in quei punti dove si ha la necessità di una continuità di percorso. Questo può accadere sia in caso di secca (periodo estivo) che in caso di allagamento (periodo invernale). Il ponte galleggiante è quindi formato da elementi galleggianti in calcestruzzo alleggerito (2,5x6x1 m) a sostegno di elementi rigidi in legno impermeabilizzato e acciaio inox che costituiranno la passerella per il passaggio dei pedoni. Questi elementi uniti e montati possono coprire la distanza desiderata (somma di elementi rigidi di 12 m). Gli elementi centrali sono incernierati all’appoggio galleggiante in modo da poter assecondare il movimento dell’acqua e appoggiarsi al suolo in modo agevole. Gli elementi situati alle estremità saranno fissati al suolo al livello massimo dell’acqua e le passerelle rigide appoggiate al successivo per permettere la copertura per qualsiasi inclinazione.

Le Cap

Oued Grou

Pianta scala 1:500

68 m

68 m

Sezione scala 1:500

65 m

65 m

Sezione scala 1:500

Sistema di ancoraggio Seaflex

Elementi in calcestruzzo alleggerito

Pali Telescopici

5,80 m

Struttura di acciaio inox con rivestimento in legno di Eucalipto che compone la passerella

Parapetto in listelli di legno di Eucalipto Pavimentazione in legno di Eucalipto impermeabilizzato

14 m

4m Struttura galleggiante in calcestruzzo alleggerito

aggio in catene in acciaio Inox

aggio Seaflex

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

Colonne di ormeggio in acciaio Inox

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

1 2 3 Tessuto filtrante

A contatto con l’acqua


LA RETE (IN)VISIBILE B/eau Il progetto della rete verrà realizzato in tre fasi. La prima prevede l’attivazione dei poli principali e quelli secondari per entrambi i sistemi. La seconda porterà i primi a saturazione per l’aumento di flussi e la terza quindi prevede l’accensione di un altro punto per sistema che prenderà le stesse caretteristiche dei poli primari originali. A queste tre fasi si fanno corrispondere anche i rimboschimenti con specie adatte a seconda dei punti in modo da completare la cintura verde prevista dalla SDAU e creare una protezione per l’area. L’intenzione progettuale è quella di andare a ridare un’identità al luogo ma imponendo dei limiti di flussi, di aree, di costruito che permettano il controllo dell’area e delle sue problematiche, cercando di unire la necessità antropica a quelle ambientali e funzionali del bacino stesso cioè dare acqua potabile. La rete deve essere quasi invisibile e dare valore alle qualità del luogo.

L’île

Jatte Jaune

La Forêt de Ghabet

La Forêt de Ghabet

Oued Grou

Oum Azza

Oum Azza

Le Cap

Il progetto si inserisce in un contesto già in forte modifica allacciandosi ai progetti in costruzione (quello della valle del Bouregreg e il sistema infrastrutturale che prevede la costruzione dell’autostrada) e ai piani vigenti nella regione. La costruzione dell’autostrada, che sarà completata nel 2030, avrà un significativo impatto ambientale e sui flussi che quindi saranno più agevolati a raggiungere il luogo. Anche il completamento del progetto del Bouregreg sarà necessario per una continuità di protezione ambientale e di percorsi turistici che si andrebbero a riallacciare con l’impianto turistico sul lago del Bouregreg.

B/eau

Attivazione turistica del bacino della diga Sidi Mohammed Ben Abdellah

Univesità degli studi di Ferrara / Dipartimento di Architettura / a.a. 2014-2015

Relatori: Luca Emanueli /


Gianni Lobosco

Correlatori: Alessandro Cambi / Massimo Tondello

Laureande: Anna Cestari / Elsa Montecchi

La Forêt de Shoul

La Forêt de Shoul

Jatte Vert

Jatte Bleu

Jatte Rouge

La Forêt de Maamora

Oued Bouregreg

La Plage

La Promenade

Le Jardin

La Carriere

La Carriere

Barrage Sidi Mohammed Ben Abdellah

La Forêt de Maamora



conclusioni Progettare sui limiti, questa è stata la sfida e la maggiore difficoltà di questo progetto. Progettare sui limiti fisici del luogo, sulle sue barriere naturali e artificiali ma, soprattutto, su quelli imposti da una ferrea legislazione, carica di divieti. La nostra intenzione non è mai stata quella di contraddirli, o di negarli, quanto di dimostrarne la loro permeabilità, la loro disponibilità, nonostante tutto, a essere attraversati. Per questo abbiamo concepito una rete quasi invisibile, che solo il movimento del visitatore rende evidente, e che, in assenza di esso, sembra non esistere. Solo lo spostamento nello spazio disegna i tracciati che, come le onde dietro le piccole barche a remi che solcano il bacino, si richiudono immediatamente dietro di loro. Per questo abbiamo cercato di lavorare non a saturare, non avremmo nemmeno potuto, ma se possibile a togliere. Perché fosse solo l’esperienza percettiva del visitatore a dare corpo al paesaggio, a riempirlo di significati, a dare un senso all’essere li. Per questo abbiamo pensato al nostro visitatore come a qualcuno che cerca in quei luoghi proprio quei limiti e che, chiunque esso sia, non può che accettare la responsabilità di essere lì.



Qu’est-ce

que c’est B/eau!



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