CHRISTIAN DIOR

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CHRISTIAN DIOR

hristian Dior è uno dei più grandi couturier del XX. Nato a Granville, in Normandia, nel 1905, il giovane Dior interruppe gli studi in Scienze Politiche per collaborare con l’amico Jean Bonjean nella sua galleria d’arte parigina. Lavorò poi per Le Figaro Illustré, occupandosi delle pagine di moda e, come disegnatore, vendeva i suoi schizzi a diverse maison. Nel 1938, venne assunto da Piguet e, successivamente, dall’atelier di Lucien Lelong, dove iniziò a far emergere alcuni elementi fulcro del suo stile. Persona chiave, nella costruzione del sui successo, fu Marcel Boussac, imprenditore tessile, che finanziò l’apertura della casa di moda nel 1946, in Avenue Montaigne. Pierre Cardin era il suo primo tagliatore.

L’austerità nel dopoguerra e la penuria di materia prima stridevano con la voluttuosità della figura femminile immaginata dal sarto. Metri e metri di stoffa - ben 25 per un abito da sera – ricoprivano la donna Dior di romanticismo. Immediate le polemiche e le proteste nei confronti di questa moda, considerata antipatriottica ed estremamente cara. Ancor più forti, tuttavia, si levarono i plausi dopo

il suo primo defilé il 12 febbraio 1947. Una data memorabile che segnò il successo inarrestabile della maison, ponendola nell’Olimpo delle griffe. L’allora direttrice di Harper’s Bazaar, Carmel Snow lo definì “a new look” e l’America si innamorò di Christian. Furono nobilitati nuovamente il corsetto e la guêpière, lontani ricordi dopo l’intervento di Poiret o Coco Chanel. La silhouette “Corolle”, elaborata

da Dior, prevedeva una vita sottilissima contenuta in una minuta giacca-corpetto dalle maniche a tre quarti, con spalle morbide e arrotondate, petto alto, abbinata ad una gonna dalla lunghezza midi, svasata e vaporosa, rinforzata dal tulle, come un fiore in sboccio. Il look era poi completato da cappelli dalla forma a piatto, lunghi guanti e tacchi alti. L’innovazione risiedeva in un inaspettato ritorno al

passato per linee e forme, abbinato ad una geometria sapiente che forgiava i tessuti. Ebbe una grandissima influenza per la moda successiva e l’idea di lusso, con broccati e ricami, fu l’apripista per couturier come Balmain o Fath. Figure arricchite da preziose lavorazioni di pizzo e tricot e da pois neri, bianchi o rosa, un heritage ripreso nell’estate 2009 con pois su color cammello e svolazzanti ruches.


Era il Re Mida dei tessuti e delle linee. In tante fotografie, lui, ai piedi delle modelle, sembrava un fedele adorante verso la sua Madonna. Le sue creazioni erano in continua evoluzione: con la collezione pe-47, Christian Dior usò stampe leopardate su un abito da giorno e per uno da sera. Una passione animalier, che lo portò ad utilizzare la pelliccia del felino come inserto sui polsi dei

paletot o decorazione per i cappellini. Poi, negli anni ’50 di nuovo la stampa leopardo sul raso, nei toni del blu acceso, con accessori abbinati. La mente corre alla sensualità felina di Ava Gardner. Nel 1948 è la volta della gonna raccolta nella parte posteriore, l’anno successivo, la stessa diventa affusolata e poi viene accorciata. La silhouette muta, ricordando una H, con la vita ancor più strizzata.

Nel 1955, gli abiti e si forgiano di spalle strette, vita meno stretta e gonne svasate, per forme ad A e poi ad Y, con gonne strette e spalle larghe, enfatizzate da blusotti ampi. Vanno per la maggiore i colli a V. A coronare il vezzo femminile, fiocchi, tacchi a spillo e scarpe appuntite, cappellini, guanti e avvolgenti stole.

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Le sue donne avevano il fascino delle dive, come Rita Hayworth in Gilda, i suoi capi erano adorati, tra le tante, da Gina Lollobrigida, Evita Peron e dalla nobiltà inglese come la Duchessa di Windsor. Erano seguaci del Dior-pensiero, distinguibili dagli accessori, dalle acconciature come lo chignon basso e con linee inconfondibili. Sacerdotesse della maison erano Marguerite Carré e Raymonde Zehnacker, la musa Germaine “Mitza” Bricard. La sua maestria risiedeva nella perizia delle cuciture e nello studio del taglio in un gioco di sovrapposizioni e di accurata ricerca del particolare, per trasformare l’abito, apparentemente semplice, in qualcosa di strutturalmente complesso.

Nel frattempo, si delinea la robe-sac, idea ripresa successivamente come per il vestito in alpaca grigio del 1958, considerato elemento di transizione tra le rotondità degli anni ’50 e le linee dritte degli anni ’60. Nel 1957, in passerella propone morbide sahariane color kaki. L’autunno/inverno prevedeva la linea fuseau allungata e delicata, libera da costrizioni. Lo stesso anno, Christian Dior muore a Montecatini. Al suo funerale, a Parigi, una marea di persone e fiori. Aveva lasciato un impero che spaziava dall’Haute Couture ai profumi, come Diorissimo e Miss Chérie, ai gioielli e accessori, con numerose boutique sparse nel mondo.


Inoltre, aveva contribuito a riposizionare, nel dopoguerra, il baricentro della moda portandolo nuovamente a Parigi. Yves Saint Laurent, il delfino di Dior, prese le redini creative della maison alla morte del fondatore. Nel 1958 divenne artefice della collezione Trapezio, successivamente, per l’ai‘58/’59, creò l’abito da sera “Barbaresque”, caratterizzato da volumi e sbuffi. Nel 1960, Marc Bohan sostituisce Saint Laurent, chiamato alle armi. Rimarrà alla maison

per quasi trent’anni. Con lui, si forma l’idea del tubino e della gonna che cinge la vita. Nella collezione pe-1966 compare un abito prendisole in pizzo bianco ultratrasparente, con bikini sotto. Una mise audace, ma in linea con lo spirito degli anni. Nel 1967, sono le righe a predominare per un look baiadera dell’abito da sera, con spalla scoperta, tra l’azzurro, il rosa, verde, arancione e fuchsia. Idea ripresa anche negli anni ’70 per le bluse e poi da Galliano.

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Con Bohan, pietre e strass impreziosiscono i capi. Appartengono alla sua era chez Dior alcuni sontuosi abiti da cerimonia, dai richiami opulenti ed esotici – come i colori, giallo o albicocca - realizzati per Grace Kelly, Jackie Kennedy, la Principessa Soraya, Elizabeth Taylor, l’Imperatrice Farah Pahlavi e Maria Callas. Vi sono anche quelli disegnati per il teatro, come per le opere di Françoise Sagan. Sempre nel 1967, la prima collezione prêt-à-porter “Miss Dior” e la linea baby. Nel 1970, nasce Christian Dior Monsieur, che vedrà alternarsi talenti creativi come Patrick Lavoix, Hedi Slimane, che rinnova l’idea dell’uomo Dior con un look sofisticato e la silhouette slim, e dal 2007, Kris Van Assche. Negli anni ’70 compare l’idea dell’oro e della luminosità, come per l’abito in mussola, a tunica, con ampio spacco e spalline sottili del 1976 per l’A.I. Negli anni ’80, abiti sacchetto con grandi fiocchi o cinture a cingere i fianchi, come quello a grembiule del 1980, a righe bianche e nere, con ruches e colletto bianco. Sul finire del decennio, la griffe Dior presenta l’immagine della femme d’affaires, con tailleur dalle spalle rinforzate e gonne sopra il ginocchio. Dopo l’ingresso nel colosso Lvmh nel 1988, Gianfranco Ferré è chiamato a sostituire Bohan, mentre la prima boutique apre a New York, nel 1990. Con l’architetto-stilista rivive la magia dell’impeccabile bellezza Dior. Egli fa propria la storia del marchio, riproponendo, secondo la sua ottica, l’eterea femminilità della maison e importando l’idea, tutta italiana, dell’alta moda pronta. Il prêt-à-porter, non sarà dunque più prodotto in atelier. Firmata Ferré è la nascita di due grandi fragranze: Dune e Dolce Vita.


Nel luglio ’89 il primo abito in passerella è nero con l’abbottonatura sulla schiena. Per l’inverno, Ferré rivisita il look militare da alta uniforme. I primi anni ’90 sono caratterizzati dalle ampie spalle che sagomano la figura femminile.

Nell’alta moda di Dior del ‘93, la pelle riveste un ruolo importante, con Christy Turlington avvolta in un cappotto lungo e con un cappello simile ad una tuba. La svolta, eclettica e ironica, avviene con l’avvento nel 1996 dell’inglese John Galliano.

La sua prima sfilata è a 50 anni dalla nascita del marchio. Il visionario pirata Galliano, stagione dopo stagione, ricostruisce un’epoca storica, attraverso defilé-spettacolo a metà strada tra l’onirico e il surreale. Nel 1997, in passerella vi sono echi

mediorientali con accenni di nude e gioielli fatti ad abito. Nel duemila, nuovamente ispirazione al nudo, con l’uso del color carne e con un abito bianco, con laccio nero sciolto dalla caviglia in su. Un richiamo alle ballerine di Can Can.

Per l’alta moda pe- 2007, dame orientali per un new look scultoreo, abiti-kimono, con inserti origami e plissettature, in una palette policroma dal fuchsia, al bianco, dal blu elettrico al verde dégradé. Stampe che ricordano le pitture di Katsushika Hokusai. Per l’ai-2008/09, rivi-

vono la silhouette corolla e quella ad A, in bianco o nero, con impalpabili trasparenze e pizzi. Nell’ai-2010/11, i fiori sono nuovamente protagonisti. Tra arditi accostamenti di colore, iris, rose e tulipani divengono, tridimensionalmente, vaporose gonne in chiffon e organza. Berretti marine,

shorts e stampe esotiche per uno stile American anni ’40. Questo il prêtà-porter dell’estate 2011. Atmosfere British, tweed colorato e tartan, per l’inverno 2011-12, ispirata a Wallis Simpson, immancabili le preziose lavorazioni e il pizzo. Che siano ispirate al porpora cardinalizio, alla Cina anni

’20 o a Isadora Duncan, le creazioni di Galliano sono un inno alla couture teatrale. Anche gli accessori lasciano il segno, con it bags dai nomi storici per il marchio, come “Gipsy”, “Lady”, “Granville”, “Miss Dior” e “New Lock”, caratterizzate sempre dalla classica lavorazione artigianale.

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I profumi Dior sono una certezza sublimata dalle bellezza di testimonial come Natalie Portman per Miss Dior Chérie e Charlize Theron per J’Adore. Recentemente è calato il sipario su Galliano in Avenue Montaigne: tra applausi e lacrime si conclude, con la presenza in scena delle petites mains - mute fondamenta della maison - l’epoca di un genio creativo. Si apre un nuovo capitolo per la griffe del Gruppo LVMH. Per l’alta moda ai-2011-12, lo staff creativo della Maison, con la “Rose Moderne”, ha omaggiato la migliore tradizione sartoriale internazionale. Una collezione celebrativa, colorata e preziosa, con cappelli scultura e millefoglie di tulle e taffetas.


9 A CURA DI ELVIRA CUOMO MATRICOLA A03000660


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