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La scoperta della vitamina B9
Giusi Sanci*
Con il termine folati (vitamina B9) ci si riferisce ad un gruppo di sostanze chimicamente correlate all’acido folico (acido pteroil-L-glutammico). L'acido folico svolge un ruolo fondamentale nella vita degli eritrociti, nel metabolismo degli aminoacidi, nella sintesi degli acidi nucleici, e inoltre in molte reazioni metaboliche alle quali partecipa anche la vitamina B12 [1]. EO essenziale per il buon funzionamento del cervello, per la salute mentale ed emozionale, stimola l’appetito e le funzioni del fegato. L’assorbimento dei folati avviene tramite un processo attivo mediato da un carrier, mentre ad alte concentrazioni il processo è passivo. Questo processo si svolge principalmente nel digiuno, ed è inRluenzato dal pH [2].
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Poiché l'uomo non è in grado di produrre i folati, è indispensabile assumerli con la dieta [3].
I folati si trovano nelle carni, in particolare nelle frattaglie, e in alimenti di origine vegetale come legumi, pomodori, arance e vegetali a foglia. Sono presenti negli alimenti fattori che possono variare la biodisponibilità . Se l’apporto di acido folico è insufRiciente nell’uomo si osserva una riduzione della sintesi di DNA e RNA, determinando l’anemia megaloblastica.
Frequente è la carenza di folati nelle donne in gravidanza, e rappresenta un fattore di rischio per la comparsa della spina biRida nel nascituro [4], una malformazione della spina dorsale.
Un apporto di folati Rino a 5 mg/die è considerato privo di effetti collaterali. Tuttavia, superato tale limite si ha l’effetto di mascherare un’eventuale carenza in vitamina B12, la quale può avere effetti neurologici irreversibili; pertanto si consiglia di non eccedere [5] [6]. Il fabbisogno giornaliero è di 200 mcg [7].
Assunto nella dose di almeno 400 mcg al giorno Rin dai primi giorni di gravidanza (ma ancor meglio prima) per tre mesi previene la spina biRida [8]; proprietà ormai riconosciuta dalla medicina, è infatti inclusa nell'elenco dei medicinali essenziali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nei Paesi sviluppati, la carenza di folati è molto rara: si riscontra soprattutto nei gruppi di popolazione economicamente meno privilegiati, come ad esempio la fascia d’età degli anziani, e si manifesta con l'anemia megaloblastica.
La carenza di folati può essere causata da un’inade- guata introduzione con l’alimentazione o da un aumentato fabbisogno (es. in gravidanza e in allattamento), da un alterato assorbimento e metabolismo, o dall’assunzione di alcuni farmaci [9].
In caso di carenza di folati può veriRicarsi un accumulo di omocisteina per mancanza diretta o indiretta di metiltetraidrofolato.
Le cellule che si dividono rapidamente sono partico larmente vulnerabili ad una mancanza di folati [10]. Tale deRicit determina, come detto, una sintesi difettosa di DNA nelle cellule che si dividono, particolarmente evidente nel midollo osseo, con conseguente anemia megaloblastica e la carenza nell’embrione con un aumento del rischio di malformazioni [11].
Alcune malattie alterano l’assorbimento dell’acido folico, come la celiachia, la malattia di Crohn o la gastrite.
Il fumo di tabacco e l’assunzione anche moderata di alcol riducono l’assorbimento dei folati [12].
Stati carenziali di folati spesso subclinici e asintomatici, si veriRicano in seguito a trattamenti con alcuni tipi di farmaci, ad esempio chemioterapici antiblastici, come il metotrexato, ma anche con anticonvulsivanti come la difenilidantoina e la carbamazepina, contraccettivi orali o chemioterapici [13].
Mutazioni della metionina sintetasi ed in modo particolare della 5,10-metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR) sono oggi ritenute le più frequenti cause dell’alterato metabolismo dei folati e della conseguente iperomocisteinemia. Inoltre, è spesso associata a carenze di altri oligonutrienti (zinco, vitamina B12) [14].
La scoperta della vitamina B9 risale al 1939, dopo una serie di studi riguardanti la cura di un'anemia provocata artiRicialmente nei polli. Questo nutriente fu inizialmente isolato dai vegetali e denominato fattore di Willis, dal nome della sua scopritrice Lucy
Willis [15], un'ematologa inglese, la quale osservò che l'anemia era più frequente nelle donne in gravidanza di basso ceto sociale, costrette a vivere in condizioni di ristrettezze economiche. Questo portò la studiosa a concentrarsi sui deRicit nutrizionali che individuò come possibili cause dell'anemia. La Willis notò per esempio che somministrando Marmite (un estratto di lievito) si osservava un netto miglioramento del quadro anemico, evidenziando cosı̀ il potere terapeutico dell'acido folico, di cui il lievito è ricco. Lucy Wills nasce nel 1888 a Sutton ColdRield, nei pressi di Birmingham. Cresce in una famiglia colta e benestante: entrambi i genitori la incoraggiano, sin dalla più tenera età , a coltivare liberamente i suoi interessi. Dopo aver frequentato un istituto privato, a 15 anni si iscrive al Cheltenham College for Young Ladies, una delle prime scuole britanniche a offrire corsi in scienze e matematica per le studentesse, discipline Rino a pochi anni prima esclusivamente maschili. Successivamente frequenta il Newnham College di Cambridge, dove nel 1911 si laurea con lode in botanica e geologia. Successivamente si iscrive alla London School of Medicine, scuola medica femminile del Regno Unito, dove si laurea nel 1920. Wills concentra i suoi interessi sull’ematologia, disciplina che studia il sangue con lo scopo di individuarne, analizzarne e curarne le malattie. In quegli anni Margaret
Balfour, una dottoressa che lavora presso l’HafRkine Institute di Bombay, sta indagando sulle ragioni per cui molte donne incinte soffrono di una forma grave e spesso mortale di anemia, l’anemia macrocitica, caratterizzata dalla produzione di pochi globuli rossi di grosse dimensioni. Balfour contatta Wills e la coinvolge nella sua ricerca. Fra il 1928 e il 1933 Wills
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salire alle cause scatenanti dell’anemia una serie di osservazioni sulle donne che ne sono affette. Si concentra sullo studio delle condizioni di vita e delle abitudini alimentari. Dopo aver scartato ogni ipotesi alternativa, constatato che a sviluppare l’anemia in gravidanza sono soprattutto le donne di ceto sociale basso, ipotizza che la causa sia da ricer care nella carenza di speciRiche vitamine nella dieta. Con l’obiettivo di individuare le sostanze in grado di compensare questa mancanza, Wills conduce numerosi esperimenti su ratti albini, a cui somministra gli stessi alimenti presenti nella dieta delle donne di Bombay, aggiungendo di volta in volta speciRiche vitamine. Non ottiene tuttavia i risultati sperati. Wills oscilla tra la frustrazione e la rassegnazione. Rivolge allora le sue sperimentazioni sulle scimmie, Rinché , un giorno del 1931, ha un’intuizione destinata a segnare un punto di svolta. Una delle cavie manifesta i sintomi dell’anemia in modo particolarmente grave; constatata l’inefRicacia di tutti i trattamenti provati sino a quel momento, e non avendo nulla da perdere, Wills prova qualcosa di completamente diverso: acquista una confezione di Marmite, crema spalmabile a base di estratto di lievito. Salata e dalla consistenza appiccicosa, diffusa soprattutto nel Regno Unito e in Nord Europa, Marmite è apprezzata per essere ricca di vitamine, tanto che i soldati impegnati nella prima guerra mondiale la mangiavano per rimettersi in forze. Wills la somministra alla scimmia e si accorge che la salute dell’animale migliora rapidamente; realizza cosı̀ che la sostanza tanto cercata si trova proprio nella crema spalmabile comprata al mercato. La scienziata effettua quindi numerosi altri test, stavolta aggiungendo Marmite direttamente alla dieta delle donne di Bombay affette da anemia. Accertato in via deRinitiva il netto miglioramento delle condizioni di salute e condotte ulteriori analisi, Wills giunge alla conclusione che la sostanza risolutiva presente nell’estratto di lievito non è una delle vitamine ipotizzate, ma “un altro fattore”, scrive in un articolo del 1933: «non ancora identiRicato, presente sia nelle proteine animali che in Marmite». Nel 1941 la misteriosa sostanza contenuta nei barattoli di Marmite, inizialmente chiamata “fattore di Wills”, viene isolata all’interno delle foglie di spinaci dal ricercatore statunitense Henry K. Mitchell e ribattezzata folato, forma naturale dell’acido folico (da folium, termine latino per foglia); la sintesi fu poi ottenuta due anni dopo.
Nel 1943 fu ottenuto in forma pura l'acido pteroilglutammico, mentre la struttura fu deRinita nel 1946.
Bibliografia
1. Cfr. Ferracin A., Severino S., Balzan S., Tutta C., In2luenza dell’alpeggio sulle vitamine liposolubili nei prodotti lattiero-caseari. Tesi di laurea, Università di Padova, A.A. 20062007, pp. 32-33.
2. Selhub J., et al., Intestinal transport of 5-methyltetrahydrofolate. Am J Physiol. 1984 May;246(5 Pt 1):G515-20. doi: 10.1152/ajpgi.1984.246.5.G515. PMID: 6720951.
3. Cfr. Ferracin A., et al., op. cit.
4. Ibid.
5. Ibid.
6. Miller D.R. & Hayes K.C., Vitamin excess and toxicity. In: Hathcock J.N. (ed.) Nutritional toxicology, Academic Press, New York, vol. II, pp. 81-133.
7. http://sinu.it/2019/07/09/vitamine-livello-massimotollerabile-di-assunzione-ul/
8. Cfr. Mariani Costantini A., Cannella C., Tomassi G., Fondamenti di nutrizione umana. Il Pensiero ScientiRico Editore, 1999, pp. 303-307.
9. Ibid.
10. Ibid.
11. Morris M.S., Jacques P.F., Rosenberg I.H., Selhub J., Circulating unmetabolized folic acid and 5-methyltetrahydrofolate in relation to anemia, macrocytosis, and cognitive test performance in American seniors. Am J Clin Nutr. 2010 Jun;91(6):1733-44. doi: 10.3945/ajcn.2009.28671. Epub 2010 Mar 31. Erratum in: Am J Clin Nutr. 2010 Oct;92(4):1002. PMID: 20357042.
12. https://www.iss.it/malformazioni-congenite/-/asset_publisher/hQSlHEwC5XGJ/content/1-acido-folico-efolati-cosa-sono
13. Ibid.
14. Ibid.
15. Wills L., Clutterbuck P.W., Evans B.D., The Lancet, 311-314; A new factor in the production and cure of certain macrocytic anaemias . Nutr Rev. 1979 Feb; 37(2):49-51. doi:10.1111/j.1753-4887.1979.tb02203.x. PMID: 107494.