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La maternità surrogata come problema etico e giuridico
Aldo Rocco Vitale*
Il mondo contemporaneo, diversamente dalle epoche ad esso precedenti, può essere inteso come il prodotto di almeno due distinte, ma cooperanti forze: il tecnicismo e l’economicismo.
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Il primo è da intendersi come l’idea, sostanzialmente diffusa ad ogni livello della società , per cui tutto ciò che è tecnicamente possibile è e dev’essere altresı̀ lecito, prima in senso morale e poi anche in senso anche giuridico.
Il secondo è la tendenza sempre più pervasiva a sfruttare economicamente ogni aspetto dell’esistenza, sulla base dell’idea per cui non soltanto tutto ha un prezzo, ma che su tutto si possa trovare un accordo economicamente soddisfacente per tutte le parti coinvolte prescindendo dalle eventuali ripercussioni etiche o da quelle giuridiche.
La sinergia tra queste due potenti forze produce almeno tre conseguenze, cioè la convinzione che non vi siano limiti, specialmente di carattere etico o giuridico, all’agire umano, il quale agire viene sempre più inteso come sostanzialmente onnipotente; lo sviluppo di prassi scientiKiche, biologiche e mediche improntate da un non indifferente livello di spregiudicatezza, soprattutto in riferimento alla mancanza di quelle cautele e di quelle accortezze che sarebbe ne- cessario usare per la salvaguardia della dignità umana; l’idea per la quale il diritto è un mero strumento dell’economia e della volontà dei singoli o dei gruppi più inKluenti, soprattutto in senso Kinanziario, cosı̀ che non possono essere riconosciuti limiti di ordine giuridico che non siano altresı̀ legalmente superabili sulla base dell’assunto, di carattere ideologico, per cui il diritto coincide esclusivamente con la norma legale, per cui è sempre sufKiciente mutare la norma per ottenere la giuridicità di un comportamento o di un’azione.
Senza dubbio il tutto non è una novità , essendosi già proposto come schema di base delle più note controversie di carattere bioetico Kino ad oggi poste all’attenzione della comunità scientiKica e dell’opinione pubblica.
Cosı̀, infatti, è accaduto per l’interruzione volontaria di gravidanza, come anche per la procreazione medicalmente assistita, e altre differenti problematiche quali il matrimonio egualitario, cioè quello tra persone del medesimo sesso, la legalizzazione delle sostanze stupefacenti, il Kine vita con i suoi risvolti in relazione alle pratiche dell’eutanasia e del suicidio medicalmente o farmacologicamente assistito.
Le predette dinamiche, quindi, non sono inedite all’interno del recente panorama bioetico.
Il tema della maternità surrogata (da ora MS), senza dubbio complesso e articolato, e impostosi lentamen- te, ma inesorabilmente sulla scena dell’opinione pubblica con alcuni più o meno noti “casi-guida” che hanno tentato e tentano ancora di forzare la disciplina giuridica vigente in Italia [1], si inserisce in questo cosı̀ articolato scenario, meritando ancora d’essere oggetto di riKlessione.
Il problema
Il tema della MS è cosı̀ vasto da non poter essere ridotto ed esaurito, ovviamente, in un cosı̀ breve spazio all’interno del quale, tuttavia, si possono tracciare quanto meno i perimetri generali dei proKili più problematici di ordine etico e giuridico.
I problemi giuridici che trovano scaturigine nella pratica della MS sono molteplici, ma, tra tutti, ne emergono almeno tre che possono essere considerati come principali: la rivendicazione del diritto al Kiglio; la deKinizione dello status personale dei soggetti coinvolti nell’operazione; l’applicazione della disciplina dei contratti nell’ambito dei rapporti famigliari. Per ciò che riguarda il diritto al Kiglio, esso appresenta una delle ultime frontiere giuridiche affermatesi negli ultimi tre decenni e perfezionatesi, specialmente, con la diffusione della MS dapprima tra le coppie eterosessuali come prosecuzione del loro diritto all’autodeterminazione riproduttiva, e inKine tra le coppie omosessuali come ulteriore cristallizzarsi dei cosiddetti “nuovi diritti”, secondo la formula coniata oramai tempo addietro da Stefano Rodotà [2]. In questo senso alcuni interrogativi si impongono inevitabilmente: è davvero giuridicamente concepibile un diritto al Kiglio? Contro chi potrebbe essere fatto valere? Contro il proprio partner? Contro la società ? Contro lo Stato? Se esiste un diritto al Kiglio in capo a chi ne rivendica la titolarità , esiste un corrispettivo dovere di fornire il Kiglio in capo agli altri consociati o alla collettività ?
La rivendicazione del diritto al Kiglio è giuridicamente non conKigurabile per almeno due ordini di ragione.
In primo luogo, perché non si può vantare un diritto “rivendicativo” nei confronti di altri esseri umani cosı̀ come lo si rivendica nei confronti delle altre cose esistenti quali, per esempio, i beni immobili.
Gli altri esseri umani, infatti, essendo persone sono al di fuori della sfera dell’ordinario dominio che l’ordinamento riconosce ai singoli in relazione ai loro beni e averi, sia in ragione dell’originaria libertà costitutivamente fondata sull’essere persona di ogni essere umano, sia in virtù della circostanza per cui l’essere persona conferisce all’essere umano quella dignità che lo rende indisponibile e inappropriabile sia da parte degli altri quanto da parte di se stesso medesimo.
In secondo luogo, poiché il Kiglio, Kinanche quello nato secondo un piano volontario predisposto da una coppia, compiuto perKino con le più moderne metodiche di procreazione medicalmente assistita, è e rimane sempre un soggetto di diritto, cioè un titolare di autonoma sfera di dignità giuridica, e non diviene mai un oggetto di diritto come un qualunque bene compra-vendibile.
Il diritto al Kiglio, dunque, non può in alcun modo essere né conKigurato, né rivendicato (tanto dalle coppie eterosessuali quanto da quelle omosessuali) poiché contrasta direttamente con la natura giuridica del Kiglio medesimo.
Il secondo problema giuridico che principalmente emerge dalle pratiche di MS è quello relativo alla deKinizione dello status personale dei soggetti coinvolti. La MS, infatti, spesso presuppone il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita le quali, a loro volta, implicano spesso anche la donazione dei gameti da parte di soggetti terzi, scelti magari in virtù di alcune loro caratteristiche Kisiche, rispetto alla stessa coppia committente (venendosi peraltro ad integrare la pratica della fecondazione eterologa con quella della selezione eugenetica).
La situazione può essere talmente articolata da vedere coinvolti i seguenti numerosi soggetti: la coppia committente; la donna che dona o vende il proprio ovulo per la “produzione” dell’embrione; l’uomo che dona o vende il proprio seme per la “produzione” dell’embrione; la donna che conduce la gravidanza [3].
Anche in questo caso alcuni interrogativi appaiono inevitabili.
Come si stabilisce con precisione lo status giuridico personale di tutti questi soggetti? Chi è effettivamente il genitore del nascituro? Si dovrà seguire il cosiddetto criterio del favor legis, cioè quello per cui saranno la legge o il contratto a stabilire i ruoli genitoriali prescindendo da ogni legame biologico, affettivo ed esistenziale, o si dovrà seguire il cosiddetto criterio del favor veritatis per cui invece si terrà conto dei legami biologici ed esistenziali? Potranno tutti potenzialmente rivendicare lo status genitoriale? Potrebbe essere un giorno il Kiglio a stabilire chi e quanti genitori riconoscere? Cosa accade nel caso di separazione della coppia committente una volta avviato, ma non ancora concluso, l’iter previsto dai contratti di MS?
Le pratiche di MS, moltiplicando le Kigure genitoriali, in sostanza ne adespotizzano il ruolo, con un vulnus giuridico a molteplici livelli, poiché coinvolge lo status personale del singolo individuo, la famiglia come istituto giuridico di rilievo costituzionale, la certezza del diritto e dei rapporti tra consociati in genere e tra famigliari in particolare.
Il terzo problema di ordine giuridico riguarda la applicabilità ai delicati rapporti umani di carattere famigliare, della disciplina dei contratti che per sua natura riguarda i rapporti patrimoniali e le cose. Ovviamente, anche in questo caso dei quesiti sono inevitabili.
Cosa accade, per esempio, se la coppia committente, tra la stipula del contratto di MS e il parto si separa e non vuole più il nascituro? Cosa accade, per esempio, se è la stessa gestante a ripensarci decidendo di trattenere il nascituro e di non cederlo alla coppia committente? Cosa accade se volesse decidere di abortire? E se, invece, la coppia committente, esperite le eventuali attività diagnostiche necessarie, scoprisse malformazioni nel feto e non volesse conseguire un “prodotto difettoso” intimando alla madre surrogante di interrompere la gravidanza? E se quest’ultima non volesse interrompere la gravidanza? Si tratterebbe di inadempimento contrattuale? Dovrebbe un risarcimento alla coppia committente?
Da questa pur sintetica ricognizione si colgono tutte le difKicoltà giuridiche della pratica della MS, la quale appare, dunque, essere più in contrasto con l’ordinamento, con le norme e con i principi generali del diritto che ad essi conforme e aderente.
Oltre i proKili strettamente giuridici, tuttavia, vi sono anche quelli etici.
Anche nella prospettiva etica le criticità non sono poche, ma soprattutto ne emergono almeno due, di cui una in relazione ai principi, e l’altra in relazione alle persone coinvolte.
La MS, infatti, si fonda sostanzialmente sull’adozione assoluta del principio utilitaristico, sostituendo con questo ogni dimensione deontologica della medicina, ogni tutela della dignità della persona, ogni applicabilità del principio di precauzione.
Non a caso, infatti, dietro la pratica della MS vi è una vera e propria Kiorente industria la quale fattura miliardi di dollari in tutto il mondo, mettendo a rischio la salute delle donne che vengono coinvolte in un simile processo produttivo [4].
In relazione alle persone coinvolte, la MS rende gli esseri umani non più che mere dispense biologiche, la donna un mero contenitore a pagamento, il Kiglio un prodotto commerciale da scambiare contro un prezzo, e, inKine, il medico un mero esecutore senza alcuna dimensione etico-scientiKica che lo induca ad agire oltre il mero guadagno, cioè in scienza e coscienza.
In questa direzione, infatti, non si può non constatare quanto, proprio attraverso la MS, l’umanità della donna venga irrimediabilmente strumentalizzata, specialmente per Kini economici e quindi violata nella sua dignità .
La dignità viene violata, infatti, ogni volta che si attribuisce un prezzo a qualcosa che, come la persona, per sua natura non può avere un prezzo, come ha insegnato un Kilosofo laico, protestante e illuminista del calibro di Immanuel Kant [5].
La MS, sia nella sua variante dell’utero in afKitto, sia nella sua variante gratuita dell’utero in comodato, costituisce sempre e comunque una lesione della dignità della donna poiché la rende strumento per la soddisfazione dei desideri riproduttivi di alcuni e delle velleità economiche di altri [6], con veri e propri scenari già in atto da incubo distopico [7].
Ecco perché nell’ordinamento italiano non può essere riconosciuta e legalizzata, proprio come ha riconosciuto, del resto, la stessa Corte di Cassazione allorquando con la sentenza n. 24001/2014 ha cosı̀ sancito: «Il ricorso all'utero in afKitto è contrario alla legge italiana per motivi di ordine pubblico e tale limite non è stato messo in discussione dalla sentenza 162/2014 della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa. La l. n. 40 del 2004 esclude infatti la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata, che consiste nel portare a termine una gravidanza su committenza. L’unico modo per realizzare progetti di genitorialità priva di legami biologici con il minore è quindi quello dell'adozione».
Conclusioni
Alla luce di tutto quanto Kin qui considerato emerge con estrema chiarezza non solo la destrutturazione dei rapporti famigliari di cui la MS è sostanzialmente causa, ma emerge anche quanto diffusa sia la mentalità scettica nei confronti di una dimensione fondativa del diritto rimesso soltanto all’arbitrio dei singoli.
La MS si offre come banco di prova ideale per constatare se il diritto sia ancora riconosciuto per la sua natura o sia diventato soltanto la legittimazione formale dei desideri di alcuni e degli interessi economici di altri, mascherando il tutto dietro la erronea convinzione per cui al mutare dei tempi debbano altresı̀ mutare la natura e la funzione del diritto, privato di una sua verità costitutiva poiché ridotto a prassi, cioè rimesso ai marosi della politica, dell’economia e della storia, dimenticando la preziosa lezione di S. Agostino per cui «gli uomini credono che non vi sia giustizia, perché vedono che i costumi variano da gente a gente, mentre la giustizia dovrebbe essere immutabile. Ma essi non hanno compreso che il precetto: non fare agli altri ciò che non vuoi che sia fatto a te, non è cambiato mai, è rimasto costante nel tempo e nello spazio» [8].
La situazione è peraltro aggravata da una concezione totalmente economicistica del diritto, per cui non è più l’interesse economico disciplinato dal diritto, ma il diritto disciplinato dall’interesse economico, potendosi cosı̀ accogliere, in conclusione, le riKlessioni di Michael Sandel il quale ha giustamente chiesto: «Vogliamo una società in cui ogni cosa è in vendita? Oppure ci sono certi beni morali e civici che i mercati non onorano e che i soldi non possono comprare?» [9].
Bibliografia, sitografia e note
1. Ulteriori approfondimenti più tecnici in Vitale A.R., Escursioni biogiuridiche in tema di maternità surrogata. Medicina e Morale, 2/2016, pp. 167-186.
2. «Si parla di un diritto di procreare o di un diritto al Kiglio; del diritto di nascere e del diritto di non nascere; del diritto di nascere sano e del diritto di avere una famiglia composta da due genitori di sesso diverso, del diritto all'unicità e del diritto ad un patrimonio genetico non manipolato. Andando avanti ci si imbatte nel diritto a conoscere la propria origine biologica e nel diritto all'integrità Kisica e psichica, nel diritto di sapere e non sapere; nel diritto alla salute e alla cura, e nel diritto alla malattia o nel diritto a non essere perfetto, con i quali si vuole sottolineare l'inaccettabilità di parametri di normalità , l'illegittimità di discriminazioni o di stigmatizzazione legate alle condizioni Kisiche o psichiche. InKine, diritti dei morenti, diritto di morire con dignità , diritto al suicidio assistito. Se, poi, si guarda alla fase precedente alla nascita, si trovano i diritti sui gameti, i diritti dell'embrione, i diritti del feto. E, dopo la morte, rimane aperta la questione dei diritti sul corpo del defunto, soprattutto nella prospettiva dell'espianto di organi»: Rodotà S., I nuovi diritti che hanno cambiato il mondo. La Repubblica, 26 ottobre 2004 (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/10/26/ nuovi-diritti-che-hanno-cambiato-il.html).
3. A dire il vero può essere presente anche un soggetto in più , in quanto le recenti tecniche biologiche consentono di ricavare un ovulo tramite l’apporto di due donne; pratica proprio recentemente autorizzata dal Ministero della Salute britannico: http://www.parliament.uk/documents/ commons-vote-of K ice/ July-2014/22%20July%202014/21.HEALTH-Gov-REspMitrochondrial-donation.pdf
4. Si consideri, infatti, che il fruttuoso mercato della surrogazione nella sola India fattura ben 3 miliardi di dollari all’anno: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/26/ utero-in-afKitto-in-india-e-boom-clienti-anche-dallesteroma-madri-no-hanno-tutele/454192/
5. «Nel regno dei Kini tutto ha un prezzo o una dignità . Ciò che ha un prezzo può anche essere sostituito da qualcos’altro, equivalente; invece, ciò che non ha alcun prezzo, né quindi consente alcun equivalente, ha una dignità »: Immanuel Kant, Fondazione della metaDisica dei costumi. Bruno Mondadori, Milano, 1995, p. 183.
6. «L’uso sempre maggiore delle tecniche di fecondazione in vitro ha fatto crescere in molti Paesi una Kiorente attività commerciale attorno alle maternità surrogate»: Jeremy RiKkin J., Il secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era. Baldini&Castoldi, Milano, 1998, p. 63.
7. Si stanno creando delle vere e proprie “surrogacy farms”, cioè delle “fattorie della surrogazione” in cui le donne vengono “messe in batteria” in apposite cliniche che lucrano sui cospicui guadagni: http://www.tempi.it/maternitasurrogata-fattorie-umane-india
8. S. Agostino, De doctrina christiana, III, 14,22.
9. Sandel M., Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato. Feltrinelli, Milano, 2013, p. 202.