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La chiesa del Carmine Maggiore a Palermo
Ciro Lomonte
Imercanti della gioia. Forse negli ultimi duecento anni si è andata af@ievolendo la percezione della natura squisitamente commerciale di Palermo. La città è stata un emporio marittimo sin dalle origini dell’antica Sys, con un porto mercantile piuttosto esteso per quell’epoca, @iumi navigabili, una piana fertilissima, un territorio ben protetto dalla ghirlanda di alture. Tutte caratteristiche determinanti nell’in@luenzare l’esuberanza teatrale dei suoi abitanti, il loro amore per i viaggi e le avventure, la loro ospitalità , il loro travolgente buonumore.
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I palermitani, come tutti i navigatori, sono guidati da punti di riferimento luminosi: la stella polare e la stella del mattino. Palermo in particolare è una città di Maria, “stella del mattino”, “con la luna sotto i suoi piedi”. ER stata capitale del Regno di Sicilia, il cui popolo è appassionatamente devoto alla Madonna. Prima i monaci bizantini contribuirono a mettere l’Isola sotto il manto dell’Odigitria, poi gli ordini mendicanti estesero capillarmente l’attaccamento all’Immacolata Concezione ed alla Regina del Rosario.
Palermo, prima ancora di essere divisa in quattro “mandamenti” con il taglio di via Maqueda, aveva quattro mercati distribuiti a distanza simile dall’attuale cuore della città preindustriale: Ballarò a sud ovest, il Capo a nord ovest, la Vucciria a nord est, la Fieravecchia a sud est. Lı̀, rispettivamente, posero il loro convento gli ordini che si mantenevano con la questua: carmelitani, agostiniani, domenicani, francescani.
Il Monte Carmelo (לֶמרַכַה רַה, Har HaKarmel, Mount Carmel, letteralmente «il vigneto di Dio») è una catena montuosa lunga 39 km e larga 7 o 8 km, che si trova nell’Alta Galilea. Pare fosse meta di anacoreti cristiani sulle orme del profeta Elia, devoti della Madre di Dio, qui detta Madonna del Carmelo. Lı̀ ebbero origine nell’XI secolo i frati carmelitani, come ordine eremitico contemplativo, poi trasformato in Occiden- spostarono innanzitutto in Sicilia, fondando il primo convento nel 1235 nella città di Messina. Nello stesso anno l’Ordine si insediò a Palermo. Chiese e conventi della “Famiglia del Carmelo” sorsero nelle principali città dell’intera Sicilia con comunità di frati, suore di vita contemplativa, suore con diaconie apostoliche speci@iche, laici carmelitani (istituto secolare, terz’ordine, movimento carmelitano) animati dal “carisma del Carmelo”. Una delle @igure di maggiore spicco fra le vocazioni siciliane del Carmelo fu S. Alberto, della famiglia degli Abate (Erice, 1240 – Messina, 1307).
Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra.
Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano.
Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale.
Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice.
Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla ride@inizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo.
Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo.
Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma.
Nel 2017 e nel 2022 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi, di cui è stato eletto Segretario Nazionale nel 2018.
ER autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea.
Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena).
IL FARO DELL’ALBERGHERIA
Le origini della chiesa del Carmine Maggiore e dell’annesso convento risalgono all’insediamento dei frati carmelitani a Palermo nel quartiere Albergheria. Il rione si chiama cosı̀ perché ospitò gli abitanti ribelli di Centorbe e Capizzi, trasferiti o “albergati” da Federico II di Svevia (I di Sicilia). Nella parte centrale del quartiere è ubicato il mercato di Ballarò , nome di origine incerta, probabilmente derivante dal nome di un villaggio musulmano nei pressi di Palermo, dal quale provenivano merci pregiate e spezie.
La tradizione, supportata dalle indagini stilistiche e dalle analisi recenti, attribuisce all’ordine carmelitano la costruzione di varie chiese in epoche diverse e nella stessa ubicazione:
• XII secolo, primitiva cappella della Pietà ;
• XIII secolo, cappella della Pietà ;
• 1243, chiesa dell’Annunziata;
• 1627-1693, chiesa del Carmine Maggiore, quella attuale.
Sul lato destro dell’altare della Madonna del Carmine una porta conduce all’antica “Cappella della Pietà”, luogo di culto (secondo la tesi dello storico Antonio Mongitore) risalente al 1118 e in seguito regalato ai Carmelitani stanziatisi a Palermo. La tradizione vuole che questa primitiva cappella, sia stata donata dalla Contessa Adelasia, Regina di Gerusalemme, ai romiti che seguivano le orme del profeta Elia sul Monte Carmelo. La Cappella presenta gli stili di due epoche diverse: la prima, tipica del XII secolo, riguarda gli archi a tutto sesto alla maniera romanica che sostengono la copertura.
Un successivo rifacimento della Cappella comportò l’inserimento di costoloni nella volta alla maniera gotica, con il caratteristico “Agnus Dei” nella chiave pensile di epoca successiva. Interessanti sono gli affreschi del “Redentore” e dei profeti “Elia” ed “Eliseo”. Detentore del patrocinio della cappella era la famiglia Tricotti.
Nel 1243 per necessità di culto venne costruita a ridosso della “Cappella della Pietà” una seconda chiesa molto più ampia dedicata alla Santissima Annunziata come tutte le prime chiese fondate dai Carmelitani in Occidente, per il forte legame che essi avevano con Nazaret, luogo della casa della Madonna e dell’annuncio dell’Incarnazione del Cristo. Successivamente venne chiamata pure Madonna del Carmine. Questa seconda chiesa aveva un orientamento corretto, ribaltato rispetto all’attuale: l’ingresso si trovava al posto dell’attuale abside e relativo coro. Dell’impianto rimangono i ruderi posti sul @ianco destro dell’attuale chiesa e le due colonne lungo il portico del chiostro.
La costruzione della chiesa attuale venne condotta a partire dal 6 marzo 1627 e fu conclusa nel 1693, con alcune interruzioni, sotto la direzione di Mariano Smiriglio. L’edi@icio si presenta a forma di basilica a croce latina e tre navate, sorretta da 12 colonne di ordine tuscanico in pietra di Billiemi. La semplice e disadorna facciata fu aggiunta nel 1814. Nella nicchia sopra il portale centrale è collocata la statua della “Vergine del Carmelo”, opera settecentesca. Nella navata principale, sul sof@itto campeggia l’affresco “Il dono dello scapolare” opera di Giovanni Patricolo del 1814, unica porzione degli affreschi pervenuti.
NAVATA DESTRA
Prima campata. Cappella di Sant’Andrea Corsini. La cappella è dedicata al Santo carmelitano Andrea Corsini, vescovo di Fiesole, raf@igurato nel quadro a olio, dove appare genu@lesso ai piedi della Madonna nella tela dal titolo Apparizione della Vergine a Sant’Andrea
Corsini, opera di Pietro Novelli del 1630. La parete di destra è ornata da una tela raf@igurante San Biagio e in quella di sinistra da una tela raf@igurante San Calogero. La cappella è di patrocinio della famiglia Hernandez - Vallegio.
Seconda campata Cappella delle Sante Maria Maddalena de’ Pazzi e Teresa d’Avila. La cappella prende il nome dal quadro in essa riposto. La pittura è di Giacomo Lo Verde, trapanese, discepolo di Pietro Novelli. Nel quadro è raf@igurata la Madonna del Carmelo con due sante mistiche carmelitane: S. Teresa d’Avila e S. Maria Maddalena de’ Pazzi. Nella parete di destra è raf@igurato San Brocardo in atto di imporre la veste monacale a S. Angela, regina di Boemia. Sulla parete di sinistra la Vergine Santissima che appare a S. Pier Tommaso che predice la perpetuità dell’Ordine Carmelitano. Le due tele sono anteriori al 1715. La cappella è di patrocinio della famiglia Lusinno.
Terza campata. Ex Cappella di Sant’Alberto. Dedicata @ino al 1884 a S. Alberto degli Abate. Disfatta per l’apertura di una porta laterale, adesso tamponata. Sulle pareti laterali sono eretti due monumenti sepolcrali: quello di destra è @into, quello di sinistra costituisce la Cappella sepolcrale della famiglia Rosselli che racchiude le ceneri di Giovanni Battista Rosselli. Dall’anno 2000 conserva il simulacro del carmelitano Beato Franco Lippi di Sarteano da Siena.
Quarta campata. Cappella di S. Caterina d’Alessandria. Inizialmente dedicata a S. Maria Maddalena de’ Pazzi, in seguito prende il nome della martire alessandrina S. Caterina il cui simulacro, scolpito in marmo bianco di Carrara, è opera di Antonello Gagini. La martire è rappresentata in atto di schiacciare con il piede una testa virile e barbuta, simbolo dell’eresia, da lei combattuta @ino al martirio, rappresentato nella ruota dentata posta al suo @ianco sinistro. Sul piedistallo è riportata la data 1521 sormontata dallo stemma carmelitano. Il simulacro era collocato nella precedente chiesa dell’Annunziata. Dello stesso scultore è presente un’acquasantiera del 1521. Nella volta e ai lati sono presenti affreschi sulla storia di Sant’Elia profeta: la Vocazione di Eliseo, Salita in cielo sul carro di fuoco, Nuvoletta di Elia. La cappella è adorna di stucchi, attribuiti a Giacomo Serpotta da Donald Garstang. La cappella è sotto il patrocinio della famiglia Cipolla.
Quinta campata. Cappella della Madonna dell’Udienza. Secondo un’antica tradizione carmelitana, il titolo nasce dal fatto che, dopo la Pasqua, la Vergine Maria “dà ascolto”, da qui il termine udienza, alle suppliche dei suoi fedeli. Queste preghiere sono fatte per sette mercoledı̀, celebrati dopo la Pasqua in attesa della Pentecoste. Il simulacro della Vergine Maria dell’Udienza è ornato da colonne tortili di ordine ionico che inquadrano all’interno la statua di marmo bianco di Carrara, raf@igurante la Madonna che regge in braccio il Bambino Gesù , opera di Domenico Gagini. Alla base è scolpito lo stemma dell’Ordine Carmelitano. Sulla parete sinistra si osserva il sepolcro in cui sono sepolti alcuni membri della famiglia Meneces. Alle pareti, due tele raf@igurano la Natività di Gesù e l’Assunzione della Vergine Maria al cielo
Navata Sinistra
Prima campata. Ex Cappella di Sant’Elia. Dal 1855 la cappella si presenta nel corso dell’anno chiusa da una grande porta di legno. All’interno si conserva il simulacro della Madonna del Carmelo. La statua lignea del 1598 è stata rivestita d’argento dall’artista Giuseppe Castronovo nel 1729. All’interno, ci sono ancora tracce della primitiva cappella e ingenue pitture recenti.
Seconda campata Cappella di San Spiridione. Della originaria Cappella della Madonna delle Grazie, del 1665, non ci sono più tracce. In seguito denominata Cappella di Sant’Anna, e ancora dopo destinata a S. Teresa del Bambin Gesù , oggi collocata in una nicchia nell’altare della Madonna dell’Udienza. L’altare presenta una lavorazione di marmi mischi, due colonne tortili policrome e balaustra che adornano la marmorea parete intarsiata e policroma eseguita da Francesco e Gerardo Scuto nel 1667. Sulla parete sinistra è presente la statua lignea di Elia scolpita poco prima del 1668, proveniente dalla successiva cappella. Sulla parete destra è realizzato il monumento di marmo bianco di don Giacomo La Matina Dottore in Sacra Teologia. Il quadro posto al centro dell’altare ritrae S. Spiridione, vescovo orientale di Trimitonte, Cipro.
Terza campata. Ex Cappella del Beato Franco da Siena di patrocinio della nobile famiglia Giuffredi della quale si scorgono due stemmi marmorei, fra cui è incastrata una piccola nicchia che conteneva le reliquie di S. Alberto degli Abate. Nella parete opposta, vi è un’acquasantiera risalente al 1300, di marmo bianco con la vaschetta a forma di conchiglia sostenuta da una colonna tortile ornata da testine di ange- li alati e da cordoni, sia all’estremità sia alla base. In alto sulla destra, una targa commemorativa ricorda il parroco di S. Nicolò all’Albergheria Don Domenico
Pizzoli, per avere custodito la chiesa dopo la soppressione degli ordini religiosi.
Quarta campata. Cappella del Sacro Cuore. Originariamente dedicata a S. Angelo martire carmelitano, ove il Santo è raf@igurato in una tavola del 1529. Oggi prende il nome dal simulacro del Sacro Cuore di Gesù racchiuso in una nicchia. Sulle pareti sono presenti due tele raf@iguranti la vita del profeta Elia. La parete di destra il dipinto Sant’Elia destato dall’Angelo che lo raf@igura mentre lo invita a mangiare, a bere e proseguire il suo lungo cammino. Sulla parete sinistra la Visione di Sant’Elia che intravede la nuvoletta, dalle sembianze di mano d’uomo che sale dal mare. La tradizione dei Padri ha letto in quella nuvoletta l’Immacolato concepimento della Madonna. La cappella è patrocinio della famiglia Valguarnera.
Quinta campata Cappella della Natività o Cappella di San Giuseppe. Nell’altare di marmo policromo è presente una tela risalente al XVI – XVII secolo, identi@icata da Mariny Guttilla con la Nascita nel Carmelo, attribuita da Agostino Gallo a Gioacchino Mercurio. La tela collocata in una cornice di stucco indorato formato da doppie lesene scanalate con capitelli corinzi e coronata da timpano triangolare ornato da putti. La tela raf@igura la Vergine Maria che tiene adagiato fra le proprie braccia il divin Pargoletto e un angelo sul suo capo riporta un cartiglio con le parole:
“Gloria in excelsis Deo”. Alla sinistra della Madonna è presente S. Giuseppe mentre i pastori sono prostrati attorno in atto d’adorazione. La cappella è chiusa da una balaustra di marmo cipollino, patronato della famiglia Scuderi - Riggio.
TRANSETTO
Absidiola sinistra, Cappella di Gesù Bambino. Costituiva l’antico passaggio alla sagrestia soppresso nel 1727 per realizzare la cappella “deposito” del simulacro argenteo della Madonna del Carmine. La cappella attuale fu costruita nel 1855 grazie a benefattori, dedicata a Gesù Bambino. Il tempietto sopra l’altare custodiva il Gesù Bambino poi trafugato. Il frontale dell’altare marmoreo è costituito da un paliotto in @into marmo che custodisce un grande presepe. Sull’elevazione dell’altare campeggia il quadro dell’Immacolata d’autore locale del XVIII – XIX secolo.
Transetto sinistro, Cappella della Madonna del Carmine. L’altare è costituito da coppie di colonne tortili che riportano nella parte superiore ornamenti in stucco di @iori, fogliame e @igure umane, nella parte inferiore delle scene bibliche della vita della Madonna. In alto la statua di Dio Padre in mezzo a Papa Dionisio con la croce in mano e Papa Benedetto V con la tiara. Le opere in stucco furono eseguite dai fratelli Giuseppe e Giacomo Serpotta fra il 1683 e il 1684. Sull’altare troneggia il dipinto raf@igurante la Madonna del Carmelo con scene di vita dei Primi Carmelitani, del Monte Carmelo, dell’Approvazione della Regola, La venuta in occidente, La liberazione delle anime dai Purgatorio, opere di Tommaso De Vigilia del 1492.
Absidiola destra, Cappella dell’Immacolata. Costituiva il passaggio all’antico convento attraverso una porta murata nel 1856 erigendo la cappella dedicata all’Immacolata, ef@igie venerata all’interno della nicchia di legno dorato posta nell’altare marmoreo. Due angeli reggono il monogramma, l’opera lignea è attribuita a Girolamo Bagnasco.
Transetto destro, Cappella del Santissimo CrociLisso. ER una struttura quasi identica a quella della Cappella della Madonna del Carmine posta sul lato opposto. Sono presenti colonne tortili che riportano nella parte superiore ornamenti in stucco di @iori, fogliame e @igure umane, nella parte inferiore delle scene bibliche. In alto le statue di Papa Telesforo che tiene in mano un calice e Papa Zaccaria. All’interno delle colonne tortili, Giuseppe e Giacomo Serpotta raf@igurano scene della Passione di Gesù , opere eseguite fra il 1683 e il 1684. Esempio di leggiadria d’espressione e pregevole @inezza d’arte. Al centro il Cristo CrociLisso scolpito in legno, poggiato su di un drappo dorato con motivi @loreali, opera attribuita a Girolamo Bagnasco. Ai piedi del Croci@isso un ovale raf@igurante l’Addolorata, primitiva sede della statua oggi collocata in fondo alla chiesa all’interno di una custodia lignea.
ABSIDE
Sullo sfondo dell’abside è collocato un altorilievo lavorato a stucco e legno dorato, riproducente su una raggiera di luce l’Agnello di Dio ritto e vittorioso sul
Libro sacro coi sette sigilli. In basso è collocato il coro monastico in noce, scolpito nel 1674, da ignoto scultore siciliano. Dietro l’altare una lastra marmorea chiude la sottostante cripta usata come sepoltura dei frati. Alle pareti del presbiterio sono presenti due opere del XV secolo raf@iguranti Sant’Angelo Martire e Sant’Alberto degli Abate carmelitani, dipinti di controversa attribuzione. Una scuola di pensiero ne attribuisce la paternità a Tommaso De Vigilia, un’altra a Pietro Ruzzolone. Documentata una pala d’altare raf@igurante lo Spasimo, opera realizzata da Antonello da Palermo nel 1538.
ORGANO
Le notizie sull’organo partono dal 1620. Nel 1856 lo strumento venne ricostruito per volontà di Angelo Amoroso dall’organaro Salvatore Briulotta. Esso si trova nel braccio sinistro del transetto, su cantoria a lato dell’arco absidale; a trasmissione meccanica con consolle a @inestra, dispone di 21 registri su due manuali e pedale. L’organo antico, pur essendo suonabile indipendentemente, costituisce il primo manuale del moderno organo Tamburini, del 1968, il cui restante materiale fonico (8 registri) è situato sulla cantoria simmetrica nel transetto di destra, entro cassa espressiva.
Sacrestia
Nel primitivo impianto la sacrestia era ubicata negli spazi dell’odierno coro. Nel 1855, sacri@icando due celle e corridoio del Convento, si ottiene l’attuale sagrestia ove sono presenti un semplice armadio in mogano di Gioacchino Valenti del XIX secolo, un altare marmoreo settecentesco dedicato alla “Madonna dell’Itria”, dal quadro posto sull’elevazione raf@igurante la Madonna incoronata dagli angeli e ai piedi S. Alberto degli Abate con il giglio in mano e S. Benedetto da Norcia del XVI secolo. Un altro dipinto orna la sacrestia e raf@igura l’“Immacolata” circondata da angeli, l’autore è di scuola siciliana del XVII secolo e risente vagamente di modelli novelleschi. La parete in comune con la chiesa è ornata da due paliotti del XIX secolo: uno di manifattura siciliana e l’altro di manifattura italiana, un croci@isso del XVII – XVIII secolo anticamente posto al centro dell’abside della chiesa. Un lampadario a diciotto bracci di bottega artigiana del 1859 e una statua del Cristo Risorto in legno a grandezza naturale del XVII – XVIII secolo completano l’arredo.
CUPOLA
Nel 1680 (i lavori furono diretti da frate Angelo La Rosa, religioso carmelitano) furono costruiti il tamburo, la calotta semisferica e il lanternino. I pilastri sono ornati da quattro statue di stucco raf@iguranti Mosè , Elia, S. Giovanni Battista e Giona, opera di Vincenzo Messina del 1681. L’intradosso della calotta è rivestito di stucchi ornamentali costituiti da festoni di @iori e frutta. Le quattro @inestre del tamburo sono ornate di putti, vasi e @iori in stucco.
La parte esterna, ricca e singolare, la rende unica nel suo genere non solo a Palermo ma anche in tutta la Sicilia. Spiccano quattro coppie di colonne ioniche scanalate di pietra. All’interno di ogni coppia si trovano quattro Atlanti, quattro personaggi tozzi e muscolosi in atto di reggere la cupola modellati in stucco – come il resto dei decori – da Angelo La Rosa, Andrea Surfarello e Gaspare La Farina.
L’esterno della cupola è rivestito da maioliche smaltate con colori vivaci, tipicamente siciliani. ER diviso in quattro sezioni, su ogni spicchio della calotta sferica è posto in evidenza lo stemma carmelitano. La composizione è sormontata dal lanternino, con una piccola cupola, una sfera, una croce sommitale.
CAMPANILE
Il campanile attuale non è l’originale. Ne sono esistiti diversi, dei quali s’ignorano le linee architettoniche. Il 1620 è l’anno al quale risalgono le notizie del primo campanile. Nel 1670, con la costruzione della nuova chiesa, il campanile è rifatto. Nel 1740 sono stanziati nuovi fondi per la costruzione di un terzo campanile. Demolito quest’ultimo, nel 1883 è ricostruito nelle semplicissime e rustiche linee attuali.
CONVENTO
Il convento è chiamato Carmine Maggiore per essere stato fondato per primo, perché è il più grande e più importante tra gli altri cinque conventi carmeli- tani esistiti in città Nell’arco di otto secoli è stato costruito tre volte: Duecento, prima metà del Cinquecento, 1938 (ultima costruzione con funzioni di “Casa di Accoglienza”).
CHIOSTRO
Il chiostro attuale risale alla costruzione del secondo convento. D’epoca cinquecentesca con colonne ioniche di marmo bigio riproducenti gli stemmi dei casati patrocinanti o di frati benemeriti che hanno contribuito alla costruzione. Nel XX secolo il chiostro è stato restaurato con la ricostruzione di parte delle colonne. Sul portico meridionale si conserva un portale di marmo dalle linee architettoniche dell’antico convento del 1500, sull’arco sono presenti tre stemmi gentilizi - carmelitani. Sopra l’architrave è riportata la data 1582.
L’ESORDIO DI SERPOTTA
A Palermo la decorazione architettonica è sempre stata legata nei secoli alla gioiosità tipica dell’arte siciliana. Le materie prime vennero scelte in base alla loro preziosità ed alle capacità di lavorazione degli artigiani. Il marmo fu materiale privilegiato dagli ordini religiosi più ricchi. Quelli mendicanti ripiegarono sulla tecnica dello stucco, che imitava la scultura lapidea con stratagemmi che richiedevano considerevole maestria e, allo stesso tempo, con la leggerezza degli apparati scenogra@ici ef@imeri mista alla durevolezza degli ornamenti di massello. Le sculture di stucco avevano un’anima di legno a cui si dava corpo con la canapa. Attorno a questo scheletro gli artisti modellavano con il gesso le forme de@inite delle statue o dei decori veri e propri. Il colpo d’ala era costituito dallo stucco, uno strato epidermico di un millimetro di spessore, composto di calce e polvere di marmo, che si faceva asciugare più rapidamente con piastre di metallo riscaldato, conferendo alle super@ici il caratteristico candore, brillante come il marmo. Bisognava essere molto abili per realizzare il tutto in tempi brevi, perché il gesso – una volta essiccato – perdeva la propria duttilità . Questa tecnica straordinaria, diversa dall’arte del levare tipica del legno e del marmo, consentiva di dare foggia a santi, angeli, putti, allegorie, grottesche, mascheroni. A cavallo fra il XVI e il XVII secolo fu molto attiva nella zona di Castelvetrano la bottega di
Antonino Ferrara. Fra il XVII e il XVIII secolo si impose invece a Palermo la famiglia dei Serpotta, che arrivò ad eguagliare l’eleganza di Gian Lorenzo Bernini seppure con lo stucco.
Il più capace, da tutti i punti di vista, fu senz’altro Giacomo Serpotta (1656-1732). Figlio di Gaspare (1634-1670), scultore e decoratore @inito sulle galere per debiti, dovette guadagnarsi da vivere sin dalla più tenera età . Nel 1679, quando aveva 23 anni, gli nacque Procopio (anche lui sarebbe divenuto un artista dello stucco) dalla relazione con una giovane che egli non volle mai sposare. Il suo desiderio infatti era quello di essere accolto fra i gesuiti, sogno che non gli venne mai permesso di realizzare. Bisogna tener conto che i grandi artisti credenti di quell’epoca erano sacerdoti o religiosi oppure restavano celibi, perché ritenevano che l’arte da sola non fosse un cammino sicuro per la santità . Oltretutto, pur essendo uomini di cultura, rimanevano campioni delle arti manuali, i quali – dal punto di vista delle convenzioni sociali – non potevano chiedere la mano di ragazze dell’alta società , con le quali avevano maggiore sintonia intellettuale che con le donne del popolo.
Giacomo Serpotta fu un grande genio della scultura in stucco, di respiro internazionale, pur avendo vissuto sempre a Palermo. I suoi principali capolavori sono le decorazioni avvolgenti degli oratori di congregazioni, confraternite e compagnie laicali, semplici aule rettangolari con un vano per il presbiterio e il vestibolo al lato opposto. L’addobbo decorativo si compone di elementi @igurativi: putti con testa grossa, capelli sof@ici e ricciuti, braccia e gambe paffute con piegature e addome pronunciato, sera@ini con ali slanciate, @igure allegoriche, cartigli, grottesche e conchiglie, alternati a piccole scene istrioniche, in scatole prospettiche dette “teatrini”, con il fondo arretrato e le pareti inclinate in modo da aumentarne l’apparente profondità . I puttini, in particolare, sono bambini che manifestano con giochi esuberanti l’infanzia spirituale di fronte alle vicende più serie della Storia della Salvezza, come a dire che il volontarismo non è strada sicura verso il Cielo. Gli esseri umani, di fronte a Dio, possono scoprirsi bambini piccoli, capaci di un affetto e una @iducia @iliale. Le maestose composizioni serpottiane erano riferite all’esegesi dei testi sacri e delle virtù attribuite ai titolari di chiese e oratori. La grande invenzione di Giacomo Serpotta è stata l’avere conferito a tale decorazione una sorprendente raf@inatezza. Le @igure allegoriche partecipano alle scene rappresentate, con vivacità , realismo ed una resa plastica di straordinario effetto, che riesce a coinvolgere l’intero ambiente.
Quella del Carmine Maggiore è la prima grande opera di Giacomo Serpotta (qui con il fratello Giuseppe), in cui si raggiunge in modo geniale una simbiosi fra architettura e scultura. Era il 1683, Giacomo aveva 27 anni. Gli altari della Madonna del Carmine e del SS. Croci@isso sono mirabilmente arricchiti da una fasto- sa architettura incentrata sulle due coppie di monumentali colonne tortili: nei girali di queste sono alloggiate mirabilmente @igurazioni realizzate a stucco dai fratelli Serpotta con scene della Vita della Madonna e della Vita di Cristo. Le piccole @igure si rincorrono completando e proseguendo il vortice delle spire delle colonne, soprattutto nelle scene riferite alla Passione ed alla Morte di Gesù , modellate lungo le convessità del supporto. Figure di uomini, animali, mitologiche e simboliche, proseguono @ino in alto a formare i capitelli delle colonne. Sulle trabeazioni sporgenti dei due complessi altari si trovano statue sedute. L’altare della Madonna è una sintesi del mistero della Chiesa: dalle Storie della Vergine si passa alle statue sedute dei ponte@ici S. Benedetto V e S. Dionisio (con putti che reggono i simboli del ponti@icato) ed alla lunetta, incentrata sulla @igura dell’Onnipotente a braccia aperte, il tutto contornato da sera@ini e cherubini alati. Sull’opposto altare del Croci@isso, sono assise le statue di S. Zaccaria e di S. Telesforo. Alla base delle colonne sono posti quattro rilievi rettangolari con scene di Cristo davanti al sommo sacerdote, Flagellazione, Deposizione e Donne al sepolcro Giuseppe Serpotta eseguı̀ altri stucchi per la parete d’ingresso, mentre Giacomo fornı̀ gli stucchi per la cappella di S. Caterina, penultima del lato destro. Ma questa era solo l’alba di una lunga stagione ricca di capolavori.