Comunicare la fotografia digitale in Rete

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LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM

Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione Anno Accademico 2003/2004

“Comunicare la fotografia digitale in rete” Tesi di Laurea in Progettazione e Produzione Multimediale

A cura di Emanuele Barboni Matricola 150763 Relatrice Prof.ssa Susanna Sancassani

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“ Ai miei genitori, e a tutti quelli che hanno creduto in me�

Emanuele

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Indice

INTRODUZIONE AL LAVORO pag. 1

Parte prima

1- NASCITA DELLA FOTOGRAFIA TRADIZIONALE pag. 4

1.1 Tutto inizia con la camera oscura 1.2 I padri dello sviluppo fotografico

pag. 5 pag. 7

1.3 Talbot e la nascita della fotografia moderna

pag. 15

2) FOTOGRAFIA REFLEX VS FOTOGRAFIA DIGITALE pag. 18

2.1 Confronto tra tecnologia analogica e innovazione digitale

pag. 19

2.2 Al momento dello scatto pag. 20 2.3 Supporti di memorizzazione pag. 21 2.4 Tecniche di stampa e trattamento pag. 21 2.5 Caratteristiche tecniche della camera digitale e novitĂ pag. 22

3) FOTOGRAFIA E NET ART pag. 28

3.1 Accenni sulla storia della Net Art pag. 29 3.2 Il controverso rapporto Net Art/Fotografia digitale pag. 30

4) LA FOTOGRAFIA SU INTERNET pag. 33

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4.1 Dal testuale al visuale pag. 34 4.2 Nuove metodologie di acquisizione, modifica e distribuzione dell’immagine. pag. 36 4.3 Pubblicare immagini su Internet: il problema dei formati pag. 42 4.4 Il formato JPEG pag. 44 4.5 Il formato GIF pag. 47 4.6 Il formato PNG pag. 48 4.7 Il formato SWF (Macromedia Flash) pag. 49 4.8 Quale formato quindi? pag. 49 4.9 Programmi di ottimizzazione delle immagini destinate ad Internet pag. 50 4.10 La questione copyright su Internet pag. 51

Parte seconda

5) FOTOGRAFI CELEBRI E WEBSITES: INTRODUZIONE pag. 55

5.1 Come i grandi fotografi si rapportano con la rete pag. 56 5.2 Analizzare le home page di dieci celebri fotografi: criteri di scelta e griglia di analisi pag. 56

6) FOTOGRAFI CELEBRI E WEBSITES: ANALISI DEI SITI WEB pag. 58

6.1 ANTON CORBIJN E LE CELEBRITA’ POP/ROCK pag. 59 6.2 DAVIDE GAZZOTTI E LA STREET PHOTOGRAPHY pag. 63 6.3 ELLIOT ERWITT, IL MAESTRO DEL RITRATTO pag. 68 6.4

ERNST HAAS E IL REPORTAGE DI GUERRA pag. 74

6.5

WILLIAM CLAXTON, IL FOTOGRAFO DEL JAZZ pag. 79

6.6

GREG GORMAN E IL RITRATTO IN BIANCO E NERO pag. 84

6.7

HELMUT NEWTON, IL NUDO D’AUTORE pag. 90

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6.8

IMOGEN CUNNINGHAM E IL MONDO FLOREALE pag. 95

6.9

OLIVIERO TOSCANI, LO SHOCK NELLA PUBBLICITA’ pag. 99

6.10 ROBERT MAPPLETHORPE, NATURA MORTA E FIORI pag. 102 6.11 Osservazioni pag. 108

Parte terza

7) PROGETTO PERSONALE DI WEBSITE FOTOGRAFICO pag. 113

7.1 Introduzione alla realizzazione del progetto personale di un galleria fotografica per Internet pag. 114 7.2 Equipaggiamento tecnico pag. 115 7.3 “La comunicazione presso l’ università IULM” pag. 117 7.4 La scelta della tecnologia Flash pag. 118 7.5 Rielaborazione e fotoritocco degli scatti pag. 124 7.6 Completamento del lavoro e riflessioni personali pag. 127 Parte quarta Conclusioni pag. 129 Immagini tratte dal progetto fotografico pag. 134 Ringraziamenti pag. 148

Bibliografia e sitografia pag.150

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INTRODUZIONE AL LAVORO

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La scelta dell’argomento di questa tesi di laurea è il risultato di una grande passione iniziata nel 1999, quando i miei genitori mi hanno regalato il primo vero pc desktop. Da allora regna in me un grande interesse per il campo della tecnologia, del Web design e della fotografia digitale. Una passione che è stata portata avanti, coltivata con continui aggiornamenti e nottate intere passate davanti al monitor continuando a sbagliare per imparare a fare qualcosa di buono.

La scelta della materia di discussione della tesi, dunque, non poteva che ricadere nel campo della Progettazione e Produzione Multimediale. Inizialmente l’idea era quella di trattare l’argomento Net-Art, e le nuove frontiere della arte creata per la rete, ma in un secondo momento, deciso a coniugare la mia passione per la fotografia con il lavoro appena abbozzato sull’arte digitale, io e la relatrice (professoressa Susanna Sancassani) abbiamo optato per uno scritto che abbracciasse sotto diversi aspetti il campo della fotografia digitale in relazione alla diffusione della tecnologia Internet. Nasce così il progetto di tesi “comunicare la fotografia digitale in rete”, un elaborato che si divide in tre parti ben distinte tra di loro e che cerca di analizzare tre diversi aspetti del fenomeno, da punti di vista tra loro opposti. La prima parte tratta il campo della fotografia dal punto di vista scientifico e storico, analizzando il percorso che ha portato alla nascita e allo sviluppo della fotografia tradizionale, dalle prime intuizioni del filosofo Aristotele sulla luce, sui colori e sul senso della vista, alla massima espressione tecnica raggiunta negli ultimi anni dalla fotografia reflex. Verrà poi analizzato il binomio fotografia reflex/digitale, cercando di estrapolare analogie e differenze che intercorrono tra questi due “movimenti di pensiero”. Oggigiorno infatti ci troviamo di fronte ad una coesistenza forzata tra due tecnologie, della quale una rappresenta la logica evoluzione dell’altra, che non vogliono assolutamente perdere la loro identità e la loro dignità nel campo dell’arte, e che continuano a fomentare dibattiti tra innovatori e tradizionalisti. Sempre all’interno della prima parte dell’elaborato verrà fatto un veloce accenno al mondo della Net Art, cercando di sottolineare il sottile rapporto che intercorre tra una forma espressiva tanto innovativa e con regole ancora poco definite e la fotografia, forma espressiva che ha fatto delle regole e del rigore, ma anche della creatività e del genio, il proprio punto di arrivo. Segue il capitolo relativo alla fotografia su Internet, che tratta di due

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questioni fondamentali per lo sviluppo e la diffusione dell’immagine in rete: la questione dei formati da utilizzare on line e la ferita ancora aperta relativa alla tutela dei copyright per le immagini su Internet. La seconda parte del lavoro si propone di vedere e analizzare il fenomeno dal punto di vista di dieci grandi fotografi che hanno deciso di essere presenti su Internet attraverso un sito Web. I siti in questione, scelti in modo da garantire un certo assortimento tra le caratteristiche degli artisti (sesso, nazionalità, soggetti prediletti e tecnologia utilizzata per la realizzazione), verranno presi in analisi dal punto di vista tecnico e stilistico attraverso una griglia di analisi elaborata ad hoc. Le parti principali prese in analisi sono la homepage, la sezione portfolio o galleria fotografica e i feedback inviati dai visitatori. Verrà inoltre osservata la presenza di eventuali forme di tutela delle immagini degli artisti. La terza parte, quella più sperimentale, pratica e innovativa, tratta di un progetto personale di Webfolio (portfolio per Internet) contenente alcuni dei miei migliori scatti digitali. Il tema della galleria multimediale è “la comunicazione all’Università Iulm”. Le foto, rigorosamente in bianco e nero, verranno poi ritoccate, sistemate e ottimizzate attraverso programmi di grafica e fotoritocco, per poi essere presentate on line su un sito dedicato realizzato con la tecnologia Flash.

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NASCITA E SVILUPPO DELLA FOTOGRAFIA TRADIZIONALE

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1.1 Tutto inizia con la camera oscura

Possiamo considerare l’invenzione della camera oscura, elemento principale del processo fotografico, come il punto di partenza della storia della fotografia. In realtà quella della camera oscura non è stata una vera e propria invenzione. L'occhio umano, infatti, è costruito sullo stesso principio della camera oscura: la lente dell'obbiettivo corrisponde al cristallino e il foro di entrata della luce alla pupilla, al di là della quale si trova la “camera oscura dell'occhio”, sul cui fondo vi è la retina, dove si proiettano, rovesciate, le immagini del mondo esterno. Le immagini vengono percepite dal soggetto diritte per merito di un complesso meccanismo messo in atto dal cervello. Praticamente ogni apparecchio fotografico sfrutta le caratteristiche della camera oscura per ottenere l’impressione fotografica. Possiamo verificare l’effetto “camera oscura” durante le ore più luminose del giorno all’interno di una stanza poco illuminata. Se all’interno filtrano raggi solari dalle persiane, noteremo sul muro antistante la finestra una proiezione ribaltata delle immagini presenti all’esterno, come ad esempio una strada. Sembra che il primo ad aver concepito la camera oscura sia stato Aristotele, addirittura nel IV secolo a.C. allo scopo di osservare un'eclissi di sole. Nel 1039 l'erudito arabo Alhazan Ibn Al-Haitham la usò anche lui per osservare un'eclisse. Nel 1515 Leonardo da Vinci, studiando la riflessione della luce sulle superfici sferiche descrisse una camera oscura che chiamò Oculus Artificialis (occhio artificiale). Ma la "camera oscura" venne utilizzata soprattutto dagli artisti del Rinascimento per proiettare, su pareti o su tele, immagini che servivano da falsariga per realizzare un disegno o un dipinto. Si sa ad esempio che Raffaello ne fece ampio uso e con lui tutti quegli artisti che avevano necessità di riprodurre ampie prospettive con un fedele disegno dei paesaggi. Nel 1550 il filosofo e fisico pavese Girolamo Cardano ottenne un'immagine più nitida applicando al forellino anteriore della "camera oscura" una lente convessa, antenata dell'obiettivo fotografico. Tre anni dopo, il fisico napoletano Giambattista Della Porta descrisse, nel suo libro “Magía naturalis”, un apparecchio con lente e con specchio riflettore per il raddrizzamento dell'immagine sul piano orizzontale superiore, costituito da un vetro smerigliato. E' il principio dei moderni, apparecchi reflex. (Giambattista Della

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Porta previde anche l'uso e l'evoluzione della "lanterna magica", antenata del proiettore cinematografico). Non bisogna poi dimenticare il veneziano Daniele Barbaro, il quale nel libro "La pratica della prospettiva", pubblicato nel 1568, descrive una "camera oscura" munita di lente biconvessa, utile per il disegno prospettico. Gli studiosi italiani del Rinascimento contribuirono in modo notevole a porre i fondamenti ottici della moderna fotografia. Nel Seicento divenne frequente l'uso della “camera obscura portabilis”: una scatola con una lente da una parte (per l'entrata della luce) ed uno schermo di vetro smerigliato dall'altra, in modo da poter vedere l'immagine dall'esterno della camera. Nel 1620 Giovanni Keplero usava una specie di tenda da campo come “camera oscura”. Una lente ed uno specchio sulla sommità della tenda rinviavano l'immagine su un piano all'interno. Keplero poteva così effettuare i suoi rilievi tipografici. Gli artisti del seicento facevano uso della camera obscura (come veniva allora chiamata) non soltanto per i ritratti ma anche per disegnare paesaggi. Una camera oscura gigante fu costruita per tale uso nel 1646 ad Amsterdam dall'olandese Athanasius Kircher. Le dimesioni erano tali che il disegnatore (ed eventualmente un suo aiutante) poteva entrare all'interno della camera oscura. Su una parete un piccolo buco consentiva alla luce di passare andando a riprodurre il paesaggio esterno sulla parete opposta. Il disegnatore in piedi tracciava su un grande foglio steso sulla parete i tratti del paesaggio. Il disegno veniva poi completato nello studio dell'artista. Kircher intuì anche che il fenomeno poteva avvenire anche al contrario in proiezione ed ideò la cosiddetta “lanterna magica” un proiettore di disegni che fu l'antenato dei proiettori cinematografici moderni. Finalmente, nel 1685, il tedesco Johann Zahn realizzava una "camera oscura" a reflex che perfezionava quella descritta da Della Porta. Aveva nell'interno uno specchio, collocato a 45 gradi rispetto alla lente dell'apertura, che rifletteva l'immagine su un vetro opaco. Ponendo un foglio da disegno sul vetro, era possibile disegnare l'immagine così proiettata, ricalcandone i contorni visibili in trasparenza. Zahn costruì in seguito una macchina più piccola e di uso meno complicato, trasportabile ovunque. Uno strumento di grande ausilio per disegnatori tecnici e pittori che continuò ad essere usato per almeno due secoli. Esso si basava sullo stesso identico principio grazie al quale funzionano oggi le moderne

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fotocamere reflex. In queste ultime lo specchio è stato sostituito da un penta-prisma di cristallo.

1.2 I padri dello sviluppo fotografico

Potremmo risalire fino ad Aristotele, vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, e alle sue osservazioni sulla luce, sui colori e sul senso della vista; oppure al vescovo santo Alberto Magno il quale senza saperlo anticipò nel sec. XIII la teoria chimica dell'annerimento prodotto sugli oggetti dal nitrato d'argento. Potremmo ricordare tanti altri, da Vitruvio a Plinio il Vecchio dal monaco e fisico inglese Ruggero Bacone (il primo a chiarire il fenomeno della camera oscura), al monaco francese Guglielmo di St. Cloud il quale si servì della camera oscura per osservare l'eclisse solare del 5 giugno 1285. E, naturalmente, Leonardo Da Vinci. Tutti, in un certo senso furono preparatori di quelle indagini teoriche che condensarono i presupposti dell'invenzione. La nascita della fotografia è legata anche agli esperimenti della scienza da cui nacque la chimica, cioè all'alchimia. Alla fine del Medioevo, gli alchimisti, facendo riscaldare il cloruro di sodio (o sale da cucina) insieme con l'argento, avevano scoperto che dal sale si liberava un gas, il cloro, il quale combinandosi con l'argento, provoca la formazione di un composto, il cloruro d'argento, che è bianco nell’oscurità, ma che diventa violetto o quasi nero quando è esposto ai raggi del sole. L'inglese Robert Boyle, uno dei fondatori della Royal Society, già nel 16° secolo aveva notato che il clorato d'argento diventa scuro in certe circostanze, ma aveva creduto che a causare il mutamento di colore fosse l'aria e non la luce. Nei primi anni del 1600 l'italiano Angelo Sala aveva poi rilevato che la polvere di nitrato d'argento viene annerita dal sole, senza riuscire però a portare a termine alcuna applicazione pratica del fenomeno. Un analogo influsso della luce fu riscontrato su altre sostanze, soprattutto sul bromuro di argento, sull'ioduro d'argento e sull'asfalto o "bitume di Giudea". Era quindi naturale che, ad un certo punto, nascesse l'idea di utilizzare la singolare proprietà dei raggi luminosi di ottenere immagini sulla superficie di sostanze chimiche sensibili alla luce. Nel Settecento, illustri chimici tentarono di risolvere il problema, ma più che immagini riuscirono a ottenere contorni di immagini, cioè silhouette. Questo nome deriva infatti da

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Stefano Silhouettes, iniziatore della moda di farsi fare il ritratto, o meglio la caricatura, per mezzo di un pezzo di carta scura, tagliata con le forbici sul contorno della propria immagine e incollata su carta chiara. Il procedimento, che il chimico tedesco Johann Heinrich Schulze (1687-1744), iniziatore di un nuovo ramo della scienza, la fotochimica, battezzò già nel Settecento con il nome di “fotografia” (dalle parole greche luce e scrittura), era il seguente: su una pìastra metallica, o su un foglio di carta ricoperto di cloruro d'argento ed esposto alla luce, si posava il corpo di cui si voleva ottenere la silhouette, una mano per esempio. Le parti coperte dalla mano restavano bianche e il resto della piastra si anneriva, lasciando il contorno esatto della mano. Ma quando la mano veniva tolta, anche la sua immagine si anneriva e si cancellava. Era il 1727. Mentre questi esperimenti, che oggi appaiono quanto meno ingenui, si moltiplicavano ma senza alcun risultato pratico (spesso anzi erano pretesto per divertimenti da salotto), uno scrittore francese, Tiphaigne de la Roche (1729-1774) pubblicava nel 1760 un racconto, che oggi chiameremmo di fantascienza, intitolato Giphantie (dall'anagramma del suo nome di battesimo) e nel quale descriveva un meraviglioso Eden a nord della Guinea. Qui un esploratore è accompagnato da una guida molto sapiente, la quale espone in perfetto stile scientifico quelle che, a distanza di un secolo, diverranno le teorie fondamentali della fotografia. "I raggi di luce, i quali vengono riflessi da corpi diversi, formano un’immagine e disegnano i corpi sopra ogni superficie lucida come fanno sulla retina dell'occhio, sull'acqua o sul vetro. Gli spiriti primigeni sono riusciti a fissare queste fuggevoli immagini: hanno composto una materia sottile, molto viscosa, capace di indurirsi e dì essiccarsi, con la quale un ritratto può essere fatto in un batter d'occhio". E qui, la pagina del racconto si avventura in una precisazione a dir poco sorprendente. Aggiunge infatti la guida: "Spalmano di questa materia un pezzo di tela e lo pongono di fronte all'oggetto che pensano di ritrarre. La tela agisce innanzi tutto come uno specchio e riflette tutte le figure vicine e lontane la cui immagine può essere trasmessa dalla luce. Ma, a differenza di quanto può fare lo specchio, la tela, per mezzo dello strato viscoso, conserva l'immagine". La tela doveva poi essere trasportata in un locale buio dove la vernice, asciugandosi nel termine di un'ora, assicurava un'immagine indelebile, di grande bellezza e perfezione. Non sappiamo se l'autore del libro abbia avuto qualche sogno premonitore o se il libro abbia fatto scalpore. I suoi lettori l'avranno forse considerato come

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un piacevole azzardo di fantasia, ma ne saranno rimasti sorpresi e pensosi, e proprio per l'incanto dell'intuizione, quanti si interessavano alle teorie della luce e alla riproduzione delle immagini della realtà. C'era in Giphantie (si stenta a credere che sia stato scritto nel 1760) tutto ciò che in seguito sarebbe diventato di conoscenza comune.

La fotografia sarebbe potuta nascere già molto prima di quanto essa effettivamente vide la luce. Le fondamenta su cui essa si sarebbe basata erano già note da tempo. La camera oscura era conosciuta fin dai tempi di Aristotele e l'effetto delle sostanze chimiche che sarebbero state poi usate era in parte già noto. Ciò che venne a mancare fu quel particolare connubio di mezzi tecnici, intuizioni, casualità e fortuna che più tardi si è poi verificato. All'inizio dell'800 capitò anche all'inglese Thomas Wedgwood (1771-1805) di mancare il bersaglio per poco. Con l'aiuto dell'amico Sir Humphrey Davy, Wedgwood, che era figlio di un noto ceramista, riuscì ad ottenere deboli immagini su pelle bianca sensibilizzata col nitrato d'argento. Non riuscì però a fissarle in modo stabile e le sue 'fotografie' potevano essere viste solo furtivamente alla luce di una candela. Appena esposte alla luce semplicemente svanivano. Nella sua relazione presentata nel 1802 alla Royal Society britannica Wedgwood scrisse:"La copia di un'immagine immediatamente dopo essere stata ripresa deve essere mantenuta in un luogo oscuro. Può essere esaminata nella penombra, ma solo per pochi minuti". Wedgwood fu sfortunato: morì tre anni dopo (a soli 37 anni) senza poter portare a termine i suoi studi. Ancora qualche anno e forse sarebbe riuscito nell'intento di rendere stabili le sue immagini, eliminando la sensibilità del nitrato d'argento all'ulteriore azione della luce. E la paternità della fotografia sarebbe stata sua. Il fissaggio delle immagini ottenute con sistema foto-chimico restava un problema ancora tutto da risolvere nel 1814, anno in cui Joseph Nicéphore Niepce, nella sua casa di campagna a Gras, presso Chálon-sur-Saóne, sperimentava un nuovo sistema per semplificare l'incisione sul metallo. Niepce, che dal 1801 si era dedicato interamente alle ricerche scientifiche, aveva concentrato il suo interesse sulla litografia, il procedimento di stampa a mezzo di pietra incisa inventato dal tedesco Alois Senefelder intorno al 1796 e

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introdotto in Francia (dove era già noto agli inizi dell'Ottocento) nel 1814 dal conte Charles Philippe Lasetvrie du Saillant. Subito Niepce pensò di perfezionare quel sistema tipografico. Anzitutto sostituì la pietra con una lastra di stagno. "Poi - racconta un suo biografo - gli venne in mente di sostituire anche la matita tipografica e allora un'idea strana, fantastica, si impadronì di lui: trovare un mezzo per indurre la luce a fare il disegno". Si sa quel che vale un'idea fissa, quando non è del tutto chimerica. Ma quella di Niepce sembrava esserlo e per realizzarla ci volle tutta la sua prodigiosa tenacia. Niepce, d'altronde, malgrado la stranezza del suo proponimento, non era un visionario. Si rendeva conto dell'enorme difficoltà dell'impresa, ma aveva ragioni molto positive per credere che essa non fosse assurda. Ed ecco come riuscì, dopo aver costretto il sole a disegnare, a impedirgli di distruggere la propria opera. Prendeva una lastra di rame argentato, la ricopriva di un sottile strato d'asfalto (il cosiddetto bitume di giudea, usato dagli incisori perché molto resistente agli acidi) e la collocava in una cassetta di legno, che funzionava da camera oscura, di fronte a una tavola disegnata o dipinta. Dopo una giornata, le parti dello strato di bitume che erano rimaste "impressionate", cioè esposte all'azione della luce riflessa dalle zone più chiare del dipinto, erano diventate bianche le altre non mutavano colore, cioè restavano nere. Allora Niepce immergeva la lastra in un bagno d'essenza di lavanda che scioglieva il bitume non impressionato, lasciando intatto quello reso bianco dalla luce. Sulla lastra di rame argentato restava così soltanto il bitume che riproduceva la immagine in negativo. Niepce chiamò il procedimento da lui inventato eliografia. Questo primo risultato non era, come abbiamo detto, lo scopo finale cercato dall'inventore. Niepce voleva preparare lastre per stampa. Perciò egli spandeva, sulla lastra trattata, un acido destinato a incidere le parti del metallo messe a nudo, ma che non poteva attaccare le parti ancora ricoperte dal bitume. Questo veniva poi tolto e le parti da esso protette, presentavano, in rilievo la riproduzione (sempre in negativo) del disegno. La lastra era così pronta per la tipografia. Ben presto però Niepce fu tentato di applicare il suo procedimento alla fotografia. Inizialmente seguì la linea di Schultze e del chimico inglese Thomas Wedgwood: riprodusse cioè disegni e stampe resi trasparenti spalmandoli con oli e vernici e applicandoli su lastre ricoperte di sostanze sensibili alla luce. Poi cominciò a usare la camera oscura per ritrarre immagini dal vivo. Il 5 maggio 1816 così scriveva al fratello

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Claude: "Ho messo il mio apparecchio sulla finestra aperta della stanza dove lavoro, dirigendolo verso la piccionaia. Ho fatto l'esperimento nel mio solito modo e ho ottenuto sulla carta bianca quella parte della piccionaia che si vede dalla finestra ed una debole immagine anche di questa, che era meno illuminata". Ventitre giorni dopo, il 28 maggio, applica all'obiettivo un rudimentale diaframma che renderà più nitida l'immagine. Per cinque anni Niepce lavora accanitamente alla ricerca di materie più sensibili all'azione della luce tentando di tutto: il nitrato al cloruro d'argento, il perossido di manganese, il cloruro di ferro, ìl "safran de Mars", il fosforo, la cocciniglia. Il 3 settembre 1824 riesce infine a fissare solo i contorni di un paesaggio. E finalmente nel 1826 quella che può essere considerata la prima vera fotografia proprio da quella finestra dove un decennio prima aveva posto il suo apparecchio. Posa di ben otto ore su una lastra di peltro per eliografia, spalmata di bitume di giudea e posta all'interno della sua camera oscura con diaframma. E alla fine l'immagine era lì sotto i suoi occhi. La prima fotografia del mondo era impressa, in positiva diretta, su una lastra di peltro lucidata. In quel momento Niepce realizzava il suo sogno, che era stato anche quello di quanti lo avevano preceduto: il sogno antico e affascinante di disegnare senza pennelli, direttamente con la luce. L'anno dopo si reca alla Royal Society di Londra per una dissertazione sul suo procedimento chiamato “eliografia”. Ma si rifiuta di svelarlo per intero e per difetto di documentazione quanto egli ha comunicato non è accolto agli atti. Tornato da Londra avvilito ma indomito Niepce incontra Louis-Jacques-Mandé Daguerre. Daguerre riesce a interessare alle sue ricerche un insigne fisico e astronomo, Domenico Francesco Arago, insegnante al Politecnico di Parigi, che appena ventitreenne era stato chiamato a far parte dell'Accademia delle Scienze. Ed è Arago, persona influente e politicizzata, che, il 19 gennaio 1839, comunica all'Accademia delle Scienze l'invenzione di Daguerre limitandosi a citare la collaborazione da parte di Niepce. L'annuncio suscita grande entusiasmo e la fortuna di Daguerre cresce in modo rapidissimo, mentre la figura di Niepce resta in ombra. Daguerre viene nominato ufficiale della Legion d'Onore, l'imperatore d'Austria gli regala una grande medaglia d'oro ornata di brillanti, varie Accademie d'Europa lo eleggono loro membro onorario. I procedimentí del dagherrotipo acquistati dallo Stato francese e resi pubblici, rendono, dietro richiesta di Arago, una pensione annua di seimila franchi a Daguerre e di quattromila agli eredi di Niepce.

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Nella sua mostra personale espone bellissime vedute di Parigi - per la prima volta compare la figura umana nel paesaggio, sia campestre sia cittadino - che entusiasmano il pubblico. Niepce non possedeva un grande gusto artistico, anche se si sforzava nelle sue nature morte di farlo trasparire. Daguerre invece ha innato il senso della composizione. E' un fotografo nato, illuminato da una serie di circostanze favorevoli. Insieme al cognato Giroux, un cartolaio parigino, Daguerre farà brevettare speciali apparecchi per il dagherrotipo; un altro socio, Chevalier gli fornirà le lenti per gli obbiettivi. Daguerre farà molta fortuna e vivrà di rendita per il resto della vita in una lussuosa villa di campagna, venerato come un maestro e occupato fino all'ultimo nel perfezionare i suoi procedimenti. Ma l'annuncio dato all'Accademia delle Scienze da Arago nel lontano 1839 aveva anche suscitato proteste. Erano stati in molti a rivendicare la priorità dell'invenzione. Il parroco tedesco Hofmeister disse di esservi arrivato cinque anni prima: ìl francese Gauné addirittura dodici anni prima; gli inglesi Towson e Reade, rispettivamente nel 1830 e 1836. Chi veramente aveva fatto molto per la fotografia, rimase in disparte. Si trattava di Hippolite Bayard e del già citato Niepce. Bayard era un modesto impiegato al Ministero delle Finanze di Parigi ed era tanto riservato e umile che i colleghi non sapevano nulla dei suoi esperimenti serali a lume di lucerna. Quando si sparse la notizia dell'invenzione di Daguerre nel 1839, egli si decise a rendere noti i risultati degli esperimenti condotti diversi anni prima: aveva ottenuto immagini fotografiche positive direttamente dalla camera oscura, su carte al cloruro d'argento. Il 24 giugno dell'anno stesso dell'annuncio di Arago, espose al pubblico, nelle vetrine di un magazzino di Parigi. trenta fotografie dal vero. Ma non ottenne larga fama. Pare che Arago, grande amico e padrino di Daguerre, l'abbia ricevuto per convincerlo dello scarso valore delle immagini su carta da lui ottenute. Si dice anche che Arago sia arrivato a dare al povero Bayard una mancia di 600 franchi perché lasciasse perdere, invitandolo a dedicarsi anche lui al dagherrotipo. Insieme ad Hippolite Bayard non ottennero nè successo nè gloria anche Nadar, Disderi e altri "Precursori della fotografia". Alphonse Giroux, cognato di Daguerre, costruì e smerciò con enorme successo un apparecchio per dagherrotipia la cui etichetta portava scritto: "Nessun apparecchio è

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garantito se non reca la firma del signor Daguerre e il sigillo del signor Giroux". L'apparecchio, che misurava cm. 30 x 37 x 50 (quindi non era molto maneggevole), era corredato di alcune lastre sensibili e dei prodotti occorrenti per la stampa. Costava 400 franchi e una dagherrotipia di piccolo formato veniva pagata da 80 a 120 franchi. Un francese contemporaneo riferisce: "I negozi d'ottica erano affollati di appassionati che spasimavano per gli apparecchi di dagherrotipia e si vedevano dovunque macchine puntate su edifici. Ognuno voleva registrare la vista dalla propria finestra ed era fortunato colui che al primo tentativo riusciva ad ottenere il profilo delle cime dei tetti contro il cielo. Tutti andavano in estasi sui comignoli, contavano e ricontavano ogni tegola e i mattoni dei camini, si meravigliavano nello scorgere addirittura il cemento fra i mattoni. In una parola, tutto era così nuovo, che anche la minima prova dava una gioia indescrivibile ". Nella sola Parigi, nel 1847, furono vendute 2000 macchine e mezzo milione di lastre. In Francia e in Inghilterra i dagherrotipisti eseguivano ritratti le cui dimensioni andavano dai 4 cm. per 5, ai 17 cm. per 22. Tali ritratti venivano poi montati su cornici di cartapesta o su astucci di metallo dorato e venduti ad un prezzo tra le due e le cinque sterline per lastra. Mentre i dagherrotipisti di professione accumulavano fortune, turisti, scrittori e artisti portavano nei loro viaggi, la macchina magica: ne ricavavano immagini ricordo e illustrazioni per le loro opere. Dopo che il procedimento di Daguerre venne reso pubblico nel 1839, il dagherrotipo diventò una vera e propria mania. Molti pittori abbandonarono tavolozza e pennelli per dedicarsi con assai maggior fortuna al nuovo mestiere di dagherrotipista. Quello che si cercò di ritrarre, nella maggior parte dei casi, furono gli effetti pittorici dei paesaggi. Gli appassionati del dagherrotipo furono dominati, insomma, dall'ambizione prevalente di riuscire a ottenere dei "bei quadri", si preoccupavano meno di andare a ritrarre gli aspetti della vita quotidiana, anche se i ritratti di quel tempo rimangono documenti vivi ed autentici dell'epoca. Eppure, fin dagli inizi, Niepce, Daguerre e i loro seguaci avevano dimostrato che la fotografia è un'arte a sè, che ha poco o nulla in comune con la pittura. Essa, ma lo si capì solo molto più tardi, è un mezzo per raccontare con immediatezza, o per creare immagini che il pennello non è capace di inventare. Alcuni dei migliori ritratti eseguiti con la nuova tecnica furono opera di un miniaturista di Amburgo, Carl F. Stelzner. Del 1843 è il dagherrotipo che ritrae un gruppo del Circolo Artistico

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di'Amburgo durante una gita in campagna. Insieme con un altro dagherrotipista, Hermann Blow, Stelzner ritrasse, nel 1842, il terribile incendio che distrusse un intero quartiere di Amburgo. Fu quello il primo "reportage" fotografico della storia. Daguerre in realtà non inventò la fotografia. L'avevano inventata molti altri prima di lui. Non si sforzò neppure tanto a studiare, a sperimentare. Ebbe una grande fortuna, perché riassunse, in una sintesi perfettamente aggiornata, le teorie altrui. La fatidica "mela" gli cadde in testa al momento giusto, in modo funzionale. Così Daguerre, da un giorno all'altro, diventò famoso legando al proprio nome l'intera storia della fotografia anche se in realtà con lui non era ancora vera fotografia, ma dagherrotipia, cioè un perfezionamento dell'eliografia di Niepce. Ma già si gridava al miracolo e nasceva una mania collettiva. Mentre le prime immagini realizzate da Niepce in unico esemplare erano piuttosto confuse e bluastre, i dagherrotipi avevano il pregio di apparire in qualche modo “colorati”. Ripresi in un unico esemplare su una lastrina argentata riflettevano la luce con cui venivano illuminati. I colori dei dagherrotipi però erano immaginari in quanto non appartenenti alla lastra osservata (che si limitava ad avere parti scure brunite e parti chiare argentate) ma determinati solo dalla qualità della luce con cui si effettuava l'osservazione, cosicché ci si poteva convincere di scorgervi colori che in realtà esistevano solo nell'immaginazione. Per di più alcune di queste immagini erano riprese su un supporto dorato per cui il colore della pelle risultava molto somigliante. Per questo motivo il tradizionale nudo artistico fu fra i soggetti preferiti. I dagherrotipi di nudo però erano costosi e rari (anche a causa del particolare soggetto). Spesso, per consentire una lunga posa senza 'mosso', la modella veniva prima ritratta a mano, nel modo più somigliante possibile, poi il dagherrotipo si otteneva fotografando il quadro. Si tentò allora di rendere più certi e stabili i colori anteponendo alla lastra metallica un vetro sottilissimo sul quale i colori venivano riportati a mano con le tradizionali tinte ad olio, ma ciononostante il colore nelle fotografie continuava ad essere un'opinione. Nonostante i suoi notevoli limiti e la indubbia macchinosità del procedimento, che oggi ci inducono al sorriso, tuttavia il metodo di Daguerre ebbe un grande successo e l'uso del dagherrotipo si diffuse rapidamente, in particolare per ottenere ritratti (allora molto in voga) molto somiglianti e reali. I nuovi ritrattisti dagherrotipisti aprirono i loro studi in tutte le maggiori città del mondo, alcuni esercitavano la professione in modo ambulante, come

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risulta dalla pubblicità dell'epoca. Anche in Italia la dagherrotipia si diffuse rapidamente; il primo manuale tecnico, tradotto dal francese, è del 1840. Il successo delle immagini di Daguerre e dei suoi numerosi seguaci comunque non durò a lungo. E la notevole somma che lo Stato francese aveva speso, complice l'affarista Arago, per sovvenzionare Daguerre affinché il suo procedimento fosse libero da brevetti, si rivelò ben presto una spesa inutile. Pur rappresentando soluzioni di indubbio interesse scientifico e di grande richiamo anche dal punto di vista pratico, il processo di Niepce, la dagherrotipia e i procedimenti consimili differivano abbastanza profondamente dai moderni procedimenti fotografici. Essi infatti davano direttamente un’immagine positiva (cioè con i chiari e gli scuri corrispondenti a quelli del soggetto), unica, invertita e da cui non si potevano ottenere copie. D'altronde l'immagine ottica stabile, economica e di veloce esecuzione, oltre che di dimensioni variabili, facilmente riproducibile e adatta ad essere usata per la riproduzione di altre immagini, non poteva essere la miniatura meccanica di Daguerre se essa era persino più costosa di certe miniature fatte a mano. Inoltre doveva registrarsi sulla carta che da tempo immemore ed ancor oggi, è il meno costoso dei supporti grafici.

1.3 Talbot e la nascita della fotografia moderna

Pochi anni dopo fu l'inglese William Henry Talbot a porre le basi della fotografia chimica così come la intendiamo oggi, cioè quel procedimento che tramite un negativo permette di ottenere una o più stampe positive su carta. Nel 1833 Talbot era in vacanza sul Lago di Como e si divertiva a fare disegni con l'aiuto di una camera oscura. “Riflettevo sull'immutabile bellezza dei quadri che la Natura offre” - racconterà poi – “e che le lenti della camera oscura riproducono sulla carta....quadri favolosi che però si dissolvono in un baleno. Fu facendo questi pensieri che mi venne in mente come sarebbe stato bello fare in modo che le immagini naturali si imprimessero da sole sulla carta rimanendovi fissate per sempre". Talbot si mise al lavoro spinto da questa affascinante idea e nel 1839 rese note le prime conclusioni dei suoi studi, presentando il primo vero processo fotografico che fu denominato in inglese Talbotype (poi tradotto talbotipia in italiano). Tale procedimento ed il

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suo successivo perfezionamento chiamato Calotype (calcotipia), presentato nel 1841, erano fondamentalmente basati su un processo negativo-positivo con il quale si potevano ottenere, grande novità questa, anche molte copie dalla medesima posa. Sia il negativo che la stampa positiva erano costituiti da una carta impregnata di cloruro d'argento (ioduro d'argento nella Calotipia). Fondamentale era stata la scoperta che il sale d'argento, non alterato dall'azione della luce, può essere sciolto in diverse soluzioni (sale da cucina all'origine e più tardi acido gallico). Con la carta ai sali d'argento di Talbot l'immagine della macchina fotografica si impressionava in negativo. Bastava però rifotografare il negativo di carta per invertire l'immagine, traducendola cosi in positivo. Esperimenti di annerimento della carta in vari modi sensibilizzata erano già stati tentati nel XVII secolo, riuscendo talvolta ad ottenere "silhouette" bianche su nero senza intervento manuale. La calotipia Talbot rese finalmente popolare, cioè economico, il ritratto mettendo seriamente in crisi i pittori moltissimi dei quali abbandonarono i pennelli e impararono la nuova tecnica, come in Italia Tommaso Cuccioni, ad esempio, già celebre incisore. I nuovi fotografi ex pittori ci tenevano però ad assicurare che fra immagine manuale e immagine ottica non esisteva nessuna sostanziale differenza e nei "marchi" di allora, bellissimi, i simboli delle due arti sono combinati. Infine la calotipia consentì per la prima volta l'ingrandimento automatico del negativo. La carta veniva resa trasparente come fosse una "pellicola" ungendola con vasellina. Il contributo di Talbot per il progresso della fotografia fu notevole ed importante. Ma egli scrisse modestamente: "Non credo di avere perfezionato un'arte, i cui sviluppi non è possibile al momento prevedere con esattezza. Penso invece di aver dato ad essa solo un inizio. Credo di avere costruito fondamenta sicure e sarà compito di mani ben più abili delle mie erigere i piani superiori". Le immagini su carta, ottenute con il procedimento negativo-positivo da questo "scienziato dilettante" (com'egli stesso amava definirsi), non possedevano però, per quanto riguarda i colori, la suggestione di quelle immaginifiche figure “metalliche” di Daguerre. Erano semplicemente della tinta eventuale della carta sulla quale apparivano, modellata dal chiaroscuro prodotto dall'annerimento più o meno intenso del cloruro d'argento. In compenso però si potevano dipingere più facilmente a mano, di quanto si riusciva sui sottili vetrini coprenti i dagherrotipi. Possedevano poi l'inestimabile vantaggio della potenziale tiratura in un numero illimitato di esemplari. Lo stesso negativo originale poteva infatti essere rifotografato, cioè copiato in positivo con la macchina

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fotografica medesima, quante volte si voleva. E anche su carta sottilissima, quasi trasparente, che, se veniva colorata sul dorso, rivelava le tinte senza mostrarle e solo se attraversata dalla luce, come una vetrata.Le tappe successive furono i processi all'albumina (1847), al collodio (1851) e alla gelatina (1873), che permisero di usare come supporto per la sostanza sensibile una lastra di vetro e successivamente anche una sottile pellicola trasparente al posto della carta. Ovviamente le prime emulsioni erano di scarsissima sensibilità e quindi richiedevano un tempo di esposizione estremamente lungo, pertanto le ricerche furono orientate per un lungo periodo verso la scoperta di emulsioni sempre più sensibili. Nel 1864 infatti, B. J. Sayce e W. B. Bolton introdussero per la prima volta il bromuro d'argento nella emulsione colloidale e nel 1871 Charles Maddox sostituì il collodio con la gelatina. Infine Desiré Charles Monckoven impiegò una soluzione ammoniacale nella fabbricazione delle lastre secche. Negli anni successivi alcuni intuirono le grandi potenzialità di documentazione della fotografia usandola nel corso di avventurosi viaggi di ricerca, i cui risultati costituiscono oggi un patrimonio prezioso per la conoscenza di usi e costumi ormai scomparsi. Nell'Ovest degli Stati Uniti, dove vasti territori selvaggi erano stati appena strappati agli indiani, a partire dal 1860, inizia la documentazione della cosiddetta Grande Frontiera. L'arrivo di avventurosi fotografi avviene al seguito delle spedizioni governative. Sono fotografi quali Eadweard Muybridge (noto anche per i suoi studi sul movimento), Fredrerick S. Dellenbaugh e William Henry Jackson. Nel 1871 Dellenbaugh, a proposito del suo viaggio nell'Ovest, scrisse: 'La macchina fotografica racchiusa nella sua custodia, una cassa robusta, era un peso grave da portare fin sulle rocce, ma questo era niente se paragonata alla cassa in cui c'erano i prodotti chimici e le lastre. E ancora quest’ ultima sembrava una piuma di fronte a quella specie di organetto che fungeva da camera oscura'...

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FOTOGRAFIA REFLEX VS FOTOGRAFIA DIGITALE

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2.1 Confronto tra tecnologia analogica e innovazione digitale

La vera differenza fra una macchina fotografica digitale e una tradizionale a pellicola risiede nel fatto che la macchina digitale non utilizza pellicola per registrare un'immagine. Tuttavia, questa unica fondamentale diversità influenza tutti i dispositivi all'interno della macchina, dall'obiettivo all'esposimetro. Proprio come farebbe una macchina fotografica tradizionale, la macchina digitale registra un'immagine per mezzo di un obiettivo che focalizza la luce su di un piano focale. In una macchina a pellicola, la luce viene fatta convergere da una lente attraverso un'apertura e un otturatore, fino a raggiungere una porzione di pellicola posizionata sul piano focale. Chiudendo e aprendo l'apertura, e variando il tempo di apertura dell'otturatore, un fotografo può controllare come la pellicola viene esposta. Il controllo dell'esposizione permette al fotografo di cambiare il livello al quale la macchina congela l'azione, di controllare quanto accuratamente la pellicola registra le informazioni sul contrasto e sulla saturazione, e quali parti dell'immagine risultano a fuoco. La macchina digitale funziona allo stesso modo, ma invece di una porzione di pellicola sul piano focale, si ha invece un particolare chip detto CCD. Inoltre la maggior parte delle macchine digitali non hanno un vero e proprio otturatore meccanico. Quando si scatta una foto con una macchina digitale, il CCD campiona la luce che passa attraverso l'obiettivo e la converte in segnali elettrici. Si tratta di segnali molto deboli che devono essere prima amplificati e poi inviati a un convertitore analogico-digitale che trasforma i segnali in numeri. Questi numeri vengono poi passati a un computer interno per l'elaborazione. Una volta che esso ha calcolato l'immagine finale, i dati della nuova immagine sono archiviati in una scheda di memoria.

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Possiamo fare una breve descrizione delle principali caratteristiche e differenze che intercorrono tra un dispositivo tradizionale e uno di tipo digitale, per poi entrare nello specifico delle innovazioni della camera digitale nel prossimo paragrafo.

2.2 Al momento dello scatto

REFLEX: il fotografo deve impostare correttamente l’apparecchio per la messa a fuoco e aver preventivamente montato sull’apparecchio gli obbiettivi (ad esempio uno zoom o un grandangolo). La fotografia non sempre risulterà come il fotografo l’aveva immaginata: il risultato finale si avrà solamente in un secondo momento con la stampa, solo allora sarà possibile determinare la correttezza dell’esposizione e la riuscita completa dell’immagine. DIGITALE: uno dei vantaggi offerti dalla camera digitale consiste nel poter visionare l’immagine al momento dello scatto. Praticamente tutte le nuove macchine fotografiche digitali montano infatti sulla parte posteriore dell’apparecchio un monitor LCD che permette la visione sia precedente allo scatto, fungendo da secondo obbiettivo, sia in un secondo momento, per visualizzare immediatamente le immagini scattate. Questo permette un notevole risparmio in termini di tempo e di spazio di memoria, in quanto il fotografo è in grado di valutare in tempo reale la correttezza dello scatto, e può eliminare 1

Nell’immagine viene descritto il processo di acquisizione dell’immagine mediante sensore CCD.

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quelli venuti male salvando spazio sul supporto di memorizzazione. Inoltre il monitor LCD offre una visione della scena molto ampia e precisa, garantendo precisione al momento dello scatto. Praticamente tutte le funzioni della classica reflex sono riprodotte in chiave moderna su gran parte delle macchine fotografiche digitali, con l’aggiunta di alcune opzioni molto utili. Ad esempio con una digitale possiamo decidere il bilanciamento del bianco, il tempo di esposizione, l’utilizzo o meno di un apporto di luce aggiuntiva, la luminosità dell’immagine ecc.

2.3 Supporto di memorizzazione

REFLEX: come detto, le macchine reflex memorizzano su pellicola l’immagine. La scelta del tipo di pellicola adatto allo scopo prefissato è molto importante, in quanto la resa finale può essere pregiudicata da una errata scelta della stessa. Essendo antecedente al momento dello scatto, la scelta del tipo di pellicola limita molto la gamma di opzioni utilizzabili, limitando le proprietà delle fotografie a quelle concesse dalla sensibilità del rullino. Ad esempio se carico un rullino ad un ISO molto alto per scattare foto notturne avrò scarsi risultati in ambienti luminosi. Inoltre il classico rullino permette di scattare un numero molto limitato di fotografie, solitamente non più di 36/40. DIGITALE: la macchina digitale utilizza come periferica di memorizzazione schede di memoria di piccole dimensioni. Solitamente estraibili e dalla capacità variabile (8Mb, 16Mb, 64Mb, 128Mb…), permettono la memorizzazione di un numero molto più elevato di scatti. Le schede di memoria non pregiudicano le scelte stilistiche dell’artista, essendo in grado di memorizzare qualsiasi tipologia di file: a colori, in scala di grigi…

2.4 Tecnica di stampa e trattamento

REFLEX: la stampa tradizionale delle diapositive avviene in uno studio di stampa, attraverso il procedimento della camera oscura. Non sono permessi ritocchi se non

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attraverso programmi specifici e solo dopo il completamento del processo di stampa. Non è inoltre possibile selezionare preventivamente le fotografie da stampare. DIGITALE: una volta terminati gli scatti la macchina fotografica digitale viene connessa ad un computer per il download delle foto. L’utente sarà in grado di stampare immediatamente le foto mediante una stampante inkjet o laser, dal proprio computer di casa e con la medesima qualità della stampa fotografica. Per quanto riguarda il trattamento delle immagini, esse possono essere perfezionate con programmi appositi prima della stampa. L’utente può sempre decidere quale foto stampare, salvando le migliori ed eliminando le altre.

2.5 Caratteristiche tecniche della camera digitale e novità

Il sensore CCD e la risoluzione delle immagini

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Ingrandimento di un sensore CCD, elemento portante della struttura interna di una fotocamera digitale.

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Sulla pellicola tradizionale l'immagine è formata dai sali di cloruro d'argento. Semplificando si può dire che, una volta che la pellicola è stata esposta alla luce, quindi una volta fatta la fotografia, essi si aggregano e più sono piccoli e “fitti” più l'immagine sarà dettagliata. Le fotocamere digitali usano invece al posto della pellicola degli elementi elettronici detti CCD costituiti da altri piccolissimi elementi sensibili alla luce chiamati pixel. Sono appunto i pixel i diretti responsabili della formazione dell'immagine. E' evidente che più ce ne sono e meglio è, nel senso che se essi sono molti e “fitti” la pellicola elettronica sarà in grado di riprodurre immagini con molti dettagli, se invece sono relativamente pochi allora l'immagine apparirà piuttosto frammentata ed offuscata. Ne deriva quindi che la qualità dell'immagine che una fotocamera digitale è in grado di fornire è direttamente proporzionale al numero dei pixel che compongono il CCD ed è proprio in base al numero di tali elementi che si può capire quanto buona sia la macchina fotografica. Possiamo dire che fondamentalmente esistono quattro categorie di macchine fotografiche digitali: per chi non ha alcuna esigenza di qualità (fino ad un milione di pixel), per i fotoamatori meno esperti (da uno a due milioni di pixel), per i fotoamatori più esperti (da 2 a 4 milioni di pixel), per i professionisti con esigenze di alta qualità (oltre i 4 milioni di pixel). Oltre ad una serie di altre caratteristiche elettroniche, come il numero dei bit, il numero dei pixel costituisce quindi il principale fattore per stabilire il valore tecnico di una macchina fotografica digitale. Ci si potrebbe chiedere a questo punto quanti pixel in linea teorica ci vorrebbero nell'elemento sensibile CCD perché una macchina digitale sia in grado di riprodurre un'immagine con la stessa qualità di una pellicola da 35mm. Potremmo ragionare così: 24x36 mm = CCD da 2400x3600 pixel = 8,64 milioni di pixel. Il ragionamento vale solo in linea teorica. Per la sua nuova reflex digitale Canon dichiara di avere raggiunto la stessa qualità della pellicola fotografica con un CCD di oltre 11 milioni di pixel. Sarà vero ma prima di crederci bisognerà vedere i risultati; peccato che la fotocamera non sia certo accessibile a tutte le tasche con un costo che supera i 10.000 euro. Il sensore è il cuore di ogni fotocamera digitale. E' il chip elettronico che assorbe la luce e la traduce in un file digitale. La densità del sensore determina la qualità di riproduzione di una fotocamera. Le fotocamere digitali hanno sensori da uno, fino a cinque megapixel, il che significa che dispongono di milioni (il suffisso "mega" in "megapixel" significa un milione) di fotorecettori sensibili alla luce. I fotorecettori convertono in un file

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digitale la luce che attraversa l’obiettivo della fotocamera. Più recettori ci sono sul sensore, più alta sarà la risoluzione dell’immagine; aumentando la risoluzione dell’immagine, aumentano le dimensioni della fotografia risultante. La maggior parte delle fotocamere di alta qualità attuali usa un sensore detto CCD (Charge Coupled Device), mentre le fotocamere economiche di fascia bassa usano un sensore di tipo CMOS (semiconduttore ad ossido di metallo). I chip di tipo CMOS sono più semplici ed economici da produrre ma non raggiungono la qualità d’immagine tipica dei CCD. Il termine "risoluzione" si riferisce al numero di pixel presenti in un’immagine. Pixel significa "picture element" (elemento componente l’immagine) e rappresenta l’unità più piccola di un’immagine digitale. Per capire meglio che cosa sia un pixel basta guardare una fotografia a colori su un giornale attraverso la lente d’ingrandimento. Si vedrà che l’immagine è composta di piccoli punti vicinissimi tra loro; nelle immagini digitali è la stessa cosa, ma i pixel sono molto più piccoli. Le fotocamere VGA (Video Graphics Array) sono tradizionalmente le meno costose sul mercato. Il sensore di una fotocamera VGA registra solamente 300.000 pixel, che sono organizzati in righe e colonne. Un’immagine VGA ha 640 righe e 480 colonne di pixel, in pratica ha una risoluzione di 640x480. Un’immagine di 640x480 pixel va benissimo se si guarda sullo schermo del computer o su un sito Internet, e si può stampare senza problemi in formato 10x15. Se si cerca di ingrandirla oltre il formato 10x15 cm, la qualità peggiora notevolmente, poiché i 300.000 pixel che formano l’immagine non contengono abbastanza informazioni da consentire un ingrandimento. Le fotocamere XGA (Extended Graphics Array) e quelle da un megapixel, registrano da 700.000 a 1.300.000 pixel. Una fotografia con questa risoluzione può essere stampata in formato 13x18 cm ma, come per le fotocamere VGA, aumentare ulteriormente le dimensioni di stampa causa una notevole perdita di qualità dell’immagine.

Le ottiche

Quando si parla di ottiche di una fotocamera, si intendono sia le vere e proprie lenti sia tutte le parti elettroniche e meccaniche adibite alla messa a fuoco e all’apertura e chiusura del diaframma.

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L’obiettivo

Sotto molti aspetti, questa è la parte più importante della fotocamera, per una semplice ragione: qualunque immagine o soggetto che viene fotografato deve prima di tutto passare attraverso l’obiettivo. Se questo è di scarsa qualità, non importa quanti megapixel o altre qualità abbia la macchina fotografica: la fotografia sarà scadente. Le lenti presenti negli obiettivi attuali sono in plastica o in vetro. La maggior parte delle fotocamere digitali economiche ha lenti in plastica. Essendo più morbida del vetro, la plastica viene facilmente graffiata. Anche in buone condizioni, una lente in plastica non produce immagini della stessa qualità di quelle prodotte da lenti in vetro; questo semplicemente perché la plastica, dal punto di vista ottico, non è altrettanto trasparente del vetro. Le lenti in plastica tendono a far apparire le fotografie come se fossero state scattate in un giorno di foschia.

Lenti asferiche

Le fotocamere digitali più costose adottano lenti asferiche in vetro. Sebbene il termine asferico sembri estremamente specialistico, esso significa "non rotondo". Le lenti asferiche producono immagini migliori, riducendo la leggera distorsione causata dalle normali lenti sferiche.

Il sistema di messa a fuoco

Le fotocamere digitali moderne hanno un’ampia varietà di sistemi di messa a fuoco. Se una fotocamera ha un obiettivo a fuoco fisso, ciò significa che non ci sono parti in movimento all’interno del sistema ottico: la lente è sempre ferma al suo posto e non può essere regolata. Un obiettivo a fuoco fisso va bene per primi piani, paesaggi, fotografie normali, ma non è esattamente il massimo poiché non può essere manualmente regolato,

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ad esempio, per mettere a fuoco un oggetto in primo piano e lasciare lo sfondo fuori fuoco. Un obiettivo a fuoco fisso limita parecchie scelte creative. Autofocus significa che il sistema di messa a fuoco e’ motorizzato e si regola autonomamente per ottenere la migliore fotografia possibile, cosicché il fotografo non deve muovere nemmeno un dito. Un obiettivo autofocus sa quanto è lontano il soggetto dal centro della lente e regola automaticamente il sistema ottico in modo da mantenerlo sempre a fuoco. Ci sono però casi in cui si possiamo avere altre necessità: per esempio si può desiderare di avere un oggetto in primo piano leggermente sfuocato e lo sfondo a fuoco. Per ottenere questo e altri effetti, serve una fotocamera che abbia la possibilità di lavorare con messa a fuoco manuale. Sono due i modi in cui le fotocamere gestiscono la messa a fuoco manuale: alcune hanno programmi prestabiliti, altre sono completamente manuali. Con un programma di messa a fuoco, si può scegliere se mettere a fuoco il paesaggio di sfondo o un soggetto di primo piano. La maggior parte delle fotocamere che dispongono di questo tipo di programma dà la possibilità di scegliere tra quattro o cinque modalità prestabilite. Se invece si ha necessità di un maggior controllo sulla messa a fuoco, quello che serve è una fotocamera che permetta di operare in completo fuoco manuale.

I supporti per salvare le immagini

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La maggior parte delle fotocamere digitali salva le foto su schede di memoria removibili (CompactFlash, SmartMedia, Memory Stick e SD sono le più diffuse). Le sottilissime SmartMedia card sono fisicamente più piccole e consentono un salvataggio delle immagini

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Supporti per la memorizzazione di immagini digitali

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un po’ più veloce, ma la loro capacità massima di 128MB non è paragonabile a quella dei moduli CompactFlash di 512MB, al top della gamma. Una nuova possibilità è data dalle Memory Stick di Sony, che hanno delle dimensioni veramente esigue, però sono disponibili solo per poche fotocamere. Le Memory Stick da 64MB sono dotate di un circuito interno che in futuro renderà possibili funzioni come la protezione delle copie basata sull’hardware e il file locking. Attualmente la maggior capacità disponibile per memory stick è pari a 128 megabyte. Le nuove schede SD (Secure Digital) di Panasonic hanno il pregio dei essere grandi come un francobollo e di poter raggiungere elevate capacità di memorizzazione.

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FOTOGRAFIA E NET ART

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3.1 Accenni sulla storia della Net Art

La Net Art, nata in Europa e in Russia all'inizio degli anni novanta, si è sviluppata grazie ad un network di mailing list, di Web ring e d'incontri veri e propri; come evidenzia Tilman Baumgartel, uno dei migliori teorici in questo settore, questo è il primo fenomeno artistico dalla fine della seconda Guerra Mondiale che vede come protagonisti non solo artisti americani e dell'Europa dell'Ovest ma anche artisti provenienti da quei Paesi un tempo compresi nel Patto di Varsavia. Come Dada, pare che anche questo termine sia stato scelto dal destino; la leggenda narra che, nel Dicembre del 1995, Vuk Cosic, uno dei pionieri della net culture europea, abbia ricevuto da un mittente anonimo un messaggio, indecifrabile a causa dell'incompatibilità del software. L'unico frammento che pareva avere un senso era : [...] J8~g # | \;Net.Art{ -^s1 [...]. La rete stessa sembrava così offrire a Cosic il nome per l'attività che da tempo svolgeva ed egli, stupito ed entusiasta, iniziò ad usare il nuovo termine. Dopo alcuni mesi, Cosic inviò il messaggio a Igor Markovic che riuscì a decifrarlo correttamente; il testo era una sorta di vago "manifesto" in cui l'autore accusava le tradizionali istituzioni artistiche, dichiarando la libertà d'espressione individuale e l'indipendenza degli artisti sulla Rete. Tuttavia, il termine Net.Art, involontariamente coniato, era ormai comunemente accettato e usato. Questo misterioso "manifesto", che è andato perso nella tragica distruzione dell’hard disk di Markovic nel 1996, probabilmente rappresenta solamente l'ennesima leggenda metropolitana circolante su Internet. Magari però, tra qualche tempo, ritroveremo proprio questa leggenda in tutti i manuali d'arte che ci racconteranno di questa nuova forma artistica con tanto di nomi, cognomi e generazioni degli artisti e così via, inscatolando in tal modo la Net. Art nella storia dell'arte. Da un punto di vista strettamente ontologico il termine Net Art delinea l’insieme di forme artistiche e correnti espressive che sono nate e si sono sviluppate in concomitanza con lo sviluppo della rete Internet. La Net Art, conosciuta anche con il termine Web Art, esiste quindi solo ed esclusivamente su Internet e per Internet, unico punto di contatto tra artista e fruitore, e fa del potente medium il proprio nido. Esiste un legame indissolubile tra Internet e Net Art, in quanto gli artisti che operano in questo ambito vanno oltre il sistema e la concezione tradizionale di arte, usufruendo dei nuovi spazi offerti dallo sviluppo tecnologico degli ultimi anni nel campo Internet, e lo rendono terreno fertile per la

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sperimentazione di nuove modalità di espressione artistica. Bisogna inoltre ricordare che la corrente Net Art, pur avendo solo poco più di un decennio di vita, è riconosciuta a livello internazionale dai maggiori festival di arte e di nuove tecnologie, oltre ad essere apprezzata dalle istituzioni storiche del panorama artistico tradizionale.

3.2 Il controverso rapporto Net Art/Fotografia digitale

Abbiamo ora spiegato cosa è la Net Art, ma un argomento tanto innovativo e controcorrente necessita di alcune precisazioni: cercheremo di analizzare più a fondo il fenomeno cercando di spiegare cosa la Net Art non è. La Web Art esclude categoricamente dal suo ventaglio espressivo qualsiasi forma di digitalizzazione di opere preesistenti. Come abbiamo detto la Net Art è l’arte di Internet, da distinguere in maniera netta dall’arte su Internet. Sono escluse dunque da questa corrente espressiva opere d’arte digitalizzate, fotografate, riprodotte e rese disponibili in rete, ad esempio in siti che offrono la possibilità di visitare musei on line o gallerie d’arte che propongono la visione di opere non concepite per la rete, riproposte in formato digitale solamente in un secondo momento. La Net Art non abbraccia nemmeno Web projects, riviste artistiche on line, gallerie virtuali. Quando si traspone un’opera d’arte tradizionale (scultura, dipinto, fotografia…) su Internet parleremo di Art on the Net, corrente opposta alla Net Art, in quanto tratta di opere che non sono nate per valorizzare le caratteristiche specifiche di Internet, ma esistono per altre motivazioni artistiche. La fotografia digitale in rete fa parte quindi della corrente Net artistica? La risposta è sicuramente no . Avremo però occasione di proporre nelle prossime righe alcune riflessioni che evidenzieranno alcuni punti di contatto tra Net Art e fotografia, nello specifico fotografia digitale. Partendo dal presupposto che la fotografia tradizionale nasce e si sviluppa come forma artistica autonoma, che in realtà ben poco ha a che fare con l’arte di Internet, negli ultimi anni il mondo delle immagini ha avuto modo di entrare in contatto con il mondo della rete Internet. Credo non esista nessun designer del Web che esclude a priori dalle proprie facoltà espressive le immagini digitali, se non per scelta stilistica. Abbiamo visto come l’immagine sia parte integrante di una qualsiasi pagina Web,

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quindi la fotografia avrà pure la propria autonomia artistica e intellettuale, ma viene talvolta concepita anche per il Web. Ciò non significa che la fotografia fa parte della corrente Net Art, ma che può e viene integrata come forma artistica in rete. Andando più a fondo, e ragionando sulla fotografia digitale vera e propria, quella nata solo da qualche anno, la questione diventa sempre più controversa. Come vedremo una delle differenze fondamentali tra fotografia reflex e fotografia digitale sta nella differenza di formato di acquisizione. Se nella reflex abbiamo il rullino a catturare le immagini, e la stampa su carta è la naturale conclusione di un servizio fotografico qualsiasi, nella digitale abbiamo invece un sensore che traduce in bit le immagini del mondo reale, e le immagini non necessariamente necessitano di un processo di stampa per essere apprezzate. Le immagini scattate con una fotocamera digitale quindi non esistono se non sottoforma di bit su un supporto di memoria. Con questo voglio dire che la fotografia digitale, saltando a piedi pari il processo che rende analogico, tangibile lo scatto, ha la possibilità di entrare in una dimensione che resta in tutto e per tutto informatizzata, adatta quindi alla fruizione sul sistema che più di tutti rappresenta l’informatizzazione, ossia Internet. Farò qualche esempio per spiegare meglio la mia teoria. Un fotografo tradizionale scatta dieci fotografie ad un paesaggio, si reca in camera oscura e sviluppa gli scatti. Dopo questo processo di sviluppo egli avrà in mano dieci stampe su carta fotografica che potrà ritenere particolarmente degne di nota per la loro valenza artistica. Questi scatti potranno entrare a far parte, se il fotografo è particolarmente bravo e fortunato, di una mostra d’arte contemporanea. Gli scatti saranno quindi opere d’arte, ovviamente tradizionale e non compatibile con la Net Art . Poniamo un altro esempio. Un giovane artista digitale, particolarmente esperto di grafica e di Internet, decide di fare dieci fotografie digitali ad un paesaggio per un progetto artistico che avrà luogo solamente su Internet. Si reca sul posto e, dopo un intero pomeriggio di prove, torna a casa soddisfatto con la memoria della propria fotocamera piena di fotografie in formato .jpeg che il nostro artista non vede l’ora di analizzare ed elaborare per il proprio progetto artistico. Ricordiamo che si sta parlando di un progetto nato e sviluppato per il Web, e per nessun altro mezzo di comunicazione. Dopo l’acquisizione su computer degli scatti, vengono scelti i migliori e, dopo una attenta analisi, vengono ritoccati in Photoshop in modo da poter esibire lo stile e le facoltà del giovane artista. Dopo questa ultima operazione gli scatti vengono messi on line, in un sito

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dedicato al progetto. Ci troviamo ora di fronte ad un problema di fondo: il progetto dell’artista digitale ha le credenziali per far parte dell’espressione Net artistica? A parere mio si. Si perché il progetto è stato elaborato innanzitutto per il medium Internet, e per nessun altro, usufruendo delle potenzialità che questo mezzo dà (l’unico medium sul quale può essere fruita una immagine jpg, infatti, è Internet) . Inoltre il processo che ha portato alla messa on line delle fotografie non tocca nemmeno minimamente il campo dell’arte tradizionale. Certo, di fotografia si tratta, ma digitale. Le immagini non sono state stampate, quindi, seppur belle, non sono entrate a far parte della fotografia tradizionale come forma artistica. Quindi il percorso che ha portato gli scatti del fotografo digitale su Internet senza passare attraverso la forma contingente classica della fotografia tradizionale entra, a parer mio, in tutto e per tutto nel campo della Net Art. Ricordiamo un’altra volta le intenzioni dell’artista: un progetto nato e sviluppato esclusivamente per il Web. E’ interessante accennare brevemente il caso di uno dei maggiori esponenti della fotografia digitale e del fotoritocco

su Internet: Fred Miranda. Fred Miranda

(www.fredmiranda.com) scatta ed elabora immagini principalmente fruibili su Internet. Si pone in quel limbo tra Net Art, fotografia digitale e fotografia tradizionale nel quale è molto difficile distinguere le separazioni concettuali tradizionali.

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LA FOTOGRAFIA SU INTERNET

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4.1 Dal testuale al visuale

Da quando Internet è diventata medium alla portata di tutti, è iniziata una vera e propria invasione delle fotografie digitali, che rendono i contenuti del Web più appetibili, grazie alla loro forte capacità espressiva e iconica. Milioni di immagini su Internet e addirittura motori di ricerca specializzati nella ricerca di immagini nella Rete, con lo scopo di aiutare il navigatore nella spiegazione e fruizione dei contenuti, ad integrare il testo, a valorizzare la parte grafica di un sito. Torna utile alla nostra analisi una citazione dal testo di Franco Carlini “Lo stile del Web” : […] La tendenza, dunque, sembra chiara: un progressivo spostamento delle parole scritte alle immagini, dal testuale al visuale. Avviene in modi diversi, a seconda dei media considerati, ma il fenomeno è netto e generalizzato. Lo sbilanciamento riguarda sia le “quote di mercato” rispettive, cioè la percentuale di popolazione che consuma testi o visioni, sia il peso sociale e culturale dei due poli. Questa tendenza ha suscitato preoccupazione e allarme, specialmente nel mondo intellettuale, che è più legato alla parola scritta. Oppure speranzosi tentativi di accreditare l’idea che in fondo la rete Internet e il computer segnino il ritorno, sia pure in forma digitale, dell’importanza della parola. Eppure questa contrapposizione tra parole e immagini non è così fondata. Talora è superficiale, talora addirittura concettualmente fragile. […]

Intanto, per comodità di ragionamento, può valere la pena di schematizzarla in una tabella a due colonne:

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PAROLE

IMMAGINI

Razionale

Emotivo

Astrazione

Sensazione

Mediato

Non mediato

Artificiale

Naturale

Attivo

Passivo

Simbolico

Percettivo

Distanza

Immersione

Guardare a

Guardare attraverso

Moderno

Post-moderno

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Franco Carlini, “Lo stile del Web, parole e immagini nella comunicazione di rete”, Einaudi 1999. (Pagine 128-129)

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Elitario

Popolare

Testo

Grafica

Ipertesto

Realtà virtuale

Libro

Televisione

Uno spostamento progressivo e inesorabile, dal testo scritto all’immagine, anche e soprattutto su Internet. La tabella proposta da Carlini offre interessanti spunti per una analisi ancora più approfondita del fenomeno immagini su Internet. La prima antinomia evidenziata, testo razionale e immagine emotiva, sottolinea la capacità delle immagini nel coinvolgere il fruitore in maniera maggiore rispetto al testo. Anche su Internet, dove il tempo sembra sempre essere troppo poco e la fruizione di parti di testo è svelta e non attenta, serve dunque un mezzo che contribuisca a rendere la lettura a schermo meno stancante e noiosa, mezzo riconducibile alla presenza di immagini esplicative. […] Il testo scritto richiede un’elaborazione per essere formulato e una interpretazione per essere capito. Invoca attività cerebrali alte, di tipo linguistico e culturale. E’ prodotto della mente e parla alla mente. Per contrasto l’immagine non domanda – almeno in apparenza – alcuno sforzo particolare di decodifica. Sembra che piova direttamente nel cervello, come un evento sensoriale. La sua comprensione è pressoché istantanea e non richiede di solitocce si faccia ricorso a idee precedentemente depositate.

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La seconda antinomia evidenziata, attivo e passivo, è legata alla precedente. Un qualsiasi testo scritto per essere compreso necessita di una attività di decodifica, spinge dunque il lettore a impegnarsi attivamente nell’operazione di lettura dei contenuti. Un testo mette alla prova sempre in maniera attiva anche la capacità di astrazione del soggetto. L’immagine nella sua natura viene percepita passivamente, portatrice di significati che non necessitano di una codifica in quanto non codificati in un linguaggio arbitrario come il testo, ma manifesti al primo sguardo, insiti nella figura stessa. Passività quindi nella fruizione dell’immagine dovuta alla mancanza pressoché totale di sforzo per la comprensione della stessa. Distanza e immersione caratterizzano di nuovo il confronto tra fruizione on line di testo e di immagini. Come detto, il testo è scritto e codificato e 5

Franco Carlini, “Lo stile del Web, parole e immagini nella comunicazione di rete”, Einaudi 1999. (Pagine 129-130)

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necessita di decodifica per essere compreso. Questo causa un certo distacco, poca immersione del lettore nell’ambiente testo. Come detto è necessaria uno sforzo della capacità di astrazione per comprendere un testo, capacità di astrazione che non sempre fa corrispondere i propri risultati con quelli sperati dall’autore. Una immagine invece è lì, presente e comprensibile a tutti in maniera omogenea. Non richiede alcuno sforzo percettivo, garantisce immersione del fruitore in un significato che non può essere frainteso perché chiaro e davanti agli occhi di tutti. Facciamo un esempio. Un azienda che si occupa di componenti meccaniche realizza per la fruizione on line un sito con il proprio catalogo di prodotti. Se questo catalogo è realizzato solamente in versione testuale sarà molto difficile per il futuro cliente ordinare delle parti meccaniche senza avere sotto il proprio sguardo una immagine chiara del prodotto. Sul catalogo potrà trovare “tubazione PVC colore blu notte”, ma difficilmente la propria concezione del colore blu notte sarà la stessa del produttore. Un problema del genere è facilmente risolvibile inserendo una immagine del prodotto in questione nel catalogo. E’ prevedibile, nello sviluppo futuro della comunicazione su Internet, una sempre maggiore e imponente presenza di immagini di ogni tipo ad integrare parti di testo sempre più concise e schematiche. Da qui l’importanza sempre maggiore del fotografo, che dovrà sempre più realizzare scatti esplicativi e chiari, che possano portare il navigatore dritto al nocciolo del significato.

4.2 Nuove metodologie di acquisizione, modifica e distribuzione dell’immagine

Con la diffusione massiccia negli ultimi anni del mondo informatizzato del World Wide Web, sono nate e divenute in breve tempo di uso comune un considerevole numero di periferiche informatiche specialistiche, in passato utilizzate esclusivamente da artisti, professionisti dell’editoria o registi cinematografici per scopi professionali. Iniziano dunque ad entrare in ogni casa periferiche come scanner, fotocamere digitali, Webcams e schede di acquisizione grafica e di montaggio video. Questo processo di avvicinamento alle nuove tecnologie da parte dell’utente informatico medio, o meglio non esperto del settore, è dato innanzitutto da un importante abbassamento dei prezzi del cosiddetto hardware di ultima

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generazione, rivisitato dalle case produttrici internazionali in chiave domestica, alleggerito, semplificato e adatto quindi anche all’utente alle prime armi. La diffusione di Internet ha creato un ventaglio di nuove modalità comunicative, in particolare dal punto di vista della distribuzione e diffusione ad ampio raggio delle immagini che, per tradizione, è sempre stato compito riservato del settore della carta stampata. Quante volte i nostri nonni ci hanno mostrato le foto di loro da giovani, consumate, ingiallite e senza più nemmeno i bordi, custodite per decenni con cura e mostrate ad ogni cena natalizia? E chissà cosa direbbero ora i nostri nonni di fronte al miracolo della fotografia digitale, che non perde in qualità nemmeno dopo cento anni, della facile distribuzione di materiale fotografico su Internet e dei supporti cd-rom, scrigni ben più sicuri dei loro antichi portafotografie ricamati a mano. Con Internet diventa facile scattare fotografie e renderle accessibili ad un numero virtualmente illimitato di fruitori da ogni parte del mondo, ed oltre che essere facile, cambia il modo di rapportarsi al mondo della fotografia anche casereccia o domestica, nasce in molti casi una sorta di mania, di voglia di esserci, di narcisismo elettronico che spinge l’utente a distribuire on line il proprio materiale. Un altro aspetto importante della distribuzione delle fotografie su Internet sta nel mettere in contatto utenti lontani tra loro, che hanno come unico denominatore comune una connessione telefonica e un computer. Internet risulta quindi una possibilità semplice ed interessante per condividere momenti ed emozioni, nella forma dell’immagine digitale posta on line e quindi fruibile, nella maggiore parte dei casi, da amici e parenti lontani, oltre che da curiosi navigatori del Web che accidentalmente o volontariamente si ritrovano a sfogliare le pagine del nostro sito fotografico, della nostra Web Gallery. Torniamo per un attimo all’aspetto più strettamente tecnico legato alla diffusione di fotografie nella rete. Abbiamo detto che la diffusione di questo fenomeno in enorme crescita è legata a doppio filo alla diffusione di strumentazioni hardware molto complesse che, richiedendo solamente un computer ed una connessione ad Internet, permettono la conversione in digitale di immagini e scatti fotografici preesistenti o addirittura, come nel caso delle macchine fotografiche digitali, forniscono un file, un prodotto digitale ex novo, che non necessita di conversione ed è già pronto per la condivisione attraverso Internet. Prima ancora del grande boom delle macchine digitali di fascia media dedicate ad un pubblico non professionista, il cui successo può essere fatto risalire a gennaio 2004

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secondo alcune statistiche di vendita, l’unico strumento utilizzato per la trasposizione in digitale di elementi fotografici era lo scanner. I pionieri dell’immagine su Internet, anche anni e anni addietro, si sono serviti di macchine per la scannerizzazione di immagini per la diffusione delle stesse in formato digitale. Lo scanner è una periferica solitamente collegata al personal computer attraverso la porta USB o USB.2, di forma piatta e dalle dimensioni medie di un foglio A4 o A3 alto circa 5-10 cm che funziona con lo stesso metodo di una fotocopiatrice tradizionale, solo che invece di stampare immagini su fogli di carta, attraverso un sensore luminoso mobile è in grado di trasporre in digitale una immagine bidimensionale, una pagina di giornale ad esempio, in modo da ottenere un file grafico su pc che in un secondo momento potrà essere perfezionato attraverso software di fotoritocco. Certo in passato le forme erano più generose, i meccanismi più macchinosi (ora basta un clic del mouse, ma i primi modelli funzionavano a manovella), ma il concetto resta sempre quello di base: una lastra di vetro trasparente ed un coperchio, un sensore che scorre esaminando da cima a fondo l’immagine sul piatto e un processore che converte i colori e le forme reali in bit. Scannerizzando con buona risoluzione una immagine saremo in grado di ottenere in formato digitale una copia perfetta della pagina originale. Chiaramente la riuscita di una buona immagine digitale, sia per la stampa che per Internet, mediante questa periferica di acquisizione è determinata da diverse variabili, prima tra tutte la fonte. Una delle indicazioni chiave riguarda le caratteristiche dell’immagine originale, che può essere un’illustrazione da digitalizzare oppure un file gia in forma digitale generato da altri strumenti. Il modo in cui i dati giungono al computer fornisce molte informazioni, sia riguardo al livello di qualità che si può ottenere da un’immagine, sia riguardo ai passaggi necessari per preparare l’immagine stessa per la stampa. I fattori che influenzano la qualità delle immagini acquisite con uno scanner sono molteplici. Tra questi vi sono il tipo di originale che viene digitalizzato, le caratteristiche tecniche dello scanner, le dimensioni dell’originale, la risoluzione di scansione e tutte le elaborazioni a cui viene sottoposta l’immagine durante il processo di scansione. Inoltre, se si vuole ottenere un’alta qualità delle immagini digitali generate dallo scanner, e importante possedere già prima della scansione il maggior numero possibile di informazioni riguardo l’output finale del progetto e i parametri di stampa, come ad esempio le dimensioni di output e la frequenza della

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resinatura. Se si tengono presenti tutti questi fattori si potrà ottenere una scansione di alta qualità. Le caratteristiche tecniche di un originale influenzano anche il tipo di elaborazione che sarà necessaria per la versione digitale, sia durante il processo di scansione, sia durante il successivo utilizzo di un programma di elaborazione delle immagini. I loghi e le illustrazioni a tinte piatte, ad esempio, sono acquisiti meglio al tratto o in scala di grigi; per la scansione di un’immagine gia stampata e invece necessario un filtro di deretinatura al fine di rimuovere la retinatura esistente. Inoltre, nella versione digitale tutte le immagini devono essere contrastate per renderle più nitide. Le pellicole negative presentano una forte dominante di colore (una tinta indesiderata che sovrasta le altre e altera gli equilibri cromatici) che deve essere compensata dallo scanner o mediante una successiva correzione del colore. Esistono attualmente in commercio tre tipologie di scanner: a tamburo, a letto piano e per diapositive. Gli scanner a tamburo sono stati considerati a lungo le macchine ideali per la produzione di lavori di qualità come materiale pubblicitario, riviste di alto livello e riproduzioni d’arte. La loro sofisticata tecnologia, basata sui fotomoltiplicatori, consente di catturare anche le tonalità meno intense da qualunque tipo di originale che sia posizionabile sul cilindro; sono in grado di digitalizzare sia digitali opachi sia originali trasparenti con alta profondità di colore e inoltre permettono di ottenere risoluzioni estremamente elevate, che consentono di ingrandire molte volte anche originali di piccole dimensioni senza che questi perdano qualità. La maggior parte degli scanner a tamburo e anche caratterizzata da sofisticati controlli gestiti da programmi proprietari che permettono all’utente di elaborare automaticamente le immagini per la stampa durante il processo di scansione. In passato gli scanner a tamburo si potevano trovare solo presso i fotolitisti, mentre oggi sono disponibili anche in configurazioni con dimensioni da scrivania che possono essere collegate facilmente a sistemi Macintosh o a PC con Windows. Gli scanner a letto piano utilizzano la tecnologia CCD, la cui qualità può variare notevolmente a seconda della tipologia di costruzione e della qualità dei sensori adottati. Gli scanner di basso e medio livello tendono a essere sensibili ai rumori di fondo, che possono dare origine a distorsioni nell’immagine digitale, visibili come linee di scansione o pixel di colore ”sbagliato”. Esistono anche scanner basati sulla nuova tecnologia CIS, che e molto economica ma non offre una buona qualità. Gli scanner a letto piano di alta qualità

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che vengono utilizzati in alcuni service di stampa, invece, utilizzano sensori CCD che sono meglio isolati dai rumori di fondo e che quindi producono scansioni più pulite. Questo tipo di scanner e particolarmente adatto per la digitalizzazione di originali opachi, come le stampe fotografiche e i bozzetti. Gli scanner a letto piano di media e alta qualità sono anche in grado di digitalizzare originali trasparenti, ma solo con quelli di altissima qualità si riescono a ottenere risultati paragonabili a quelli di uno scanner a tamburo o per diapositive. Al giorno d’oggi gli scanner a letto piano di media e alta qualità offrono risultati accettabili per l’impiego nella maggior parte dei documenti a colori di tipo commerciale e per Internet.

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Gli scanner per diapositive, sebbene si basino sulla tecnologia CCD come gli scanner a letto piano, utilizzano sensori più sofisticati e sono in grado di fornire risoluzioni molto elevate, caratteristica che li rende particolarmente adatti alla scansione di originali trasparenti anche di piccole dimensioni. Molti di questi scanner sono caratterizzati da una gamma dinamica sufficientemente ampia da consentire l’acquisizione di gran parte delle tonalità presenti in un originale trasparente. Nella maggior parte degli stampati a colori di uso commerciale, infatti, e difficile trovare grandi differenze tra un’immagine acquisita con uno scanner a tamburo e un’immagine acquisita con uno scanner per diapositive dotato di sensori di alta qualità. Gli scanner per diapositive di medio e alto livello correggono automaticamente le dominanti di colore delle pellicole negative. 6

Scanner a letto piano di fascia media

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La diffusione di questo utilissimo strumento, che come detto in precedenza solo da pochi anni è diventato una periferica di uso corrente per gli utilizzatori domestici, ha certamente favorito la nascita e lo sviluppo delle immagini in rete. Qualsiasi tipo di immagine che siamo in grado di trovare su Internet o è “nata digitale” attraverso strumenti appositi, vedi videocamere, Webcams o macchine fotografiche digitali, o è stata scannerizzata. Ci rendiamo quindi conto che i mezzi per l’acquisizione e la digitalizzazione dell’immagine per Internet non sono molti, anche se il numero di foto e immagini che popolano il Web è pressoché infinito. Con l’aiuto di uno scanner abbiamo dunque la possibilità di rendere digitale una immagine che tradizionalmente avremmo chiamato analogica, bidimensionale e unica. A parte gli utilizzi relativi alla diffusione del prodotto su Internet, l’utilizzo dello scanner può essere utile anche per l’acquisizione e la catalogazione su supporto rimovibile di vecchie fotografie, in modo da evitare le spiacevoli conseguenze che il tempo può apportare alla stampa fotografica (ingiallimenti, erosioni o smarrimenti involontari), creando una copia di backup dei nostri scatti migliori che saranno sempre di alta qualità, sempre custodite su un supporto che non teme il passare dei decenni (un DVD, un cdrom), sempre stampabili in un numero qualsiasi di copie, sempre modificabili e totalmente slegate dalla presenza del negativo originale. Se lo scanner ha fatto praticamente da apripista per la diffusione delle immagini sul Internet, certo facilitate da un linguaggio versatile e non troppo complesso come l’HTML per la creazione di pagine Web, la vera sfida del digitale in rete viene, solo da pochi anni, dalle case produttrici di macchine fotografiche. Praticamente tutte le grandi aziende che per decenni si sono occupate di fotografia tradizionale reflex, si sono accorte degli enormi guadagni che un mercato innovativo come quello della tecnologia fotografica digitale avrebbe portato. Escono dunque sul mercato intorno al 2000 le prime vere e proprie macchine fotografiche digitali da 1 Mp, primi rudimentali modelli di apparecchiatura non professionale destinata al grande pubblico, e non più a cerchie ristrette di appassionati o fotografi professionisti. La macchina digitale funziona dal punto di vista dell’utente esattamente come una reflex tradizionale, con l’aggiunta di opzioni e possibilità aggiuntive. Già nel 2004 si sostiene che le vecchie macchine a pellicola saranno sostituite definitivamente da quelle digitali, ormai semplici da usare, economiche e in grado di scattare foto ad altissima risoluzione. Ma gli esperti guardano ancora più in là e, se pur

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sono certi di questa crescita per il 2004, sono altrettanto convinti che dopo il prossimo anno ci sarà un periodo di stallo. “Per continuare a fare profitti a lungo termine – dicono gli esperti - sarà necessaria una combinazione di dimensioni, tecnologia, forza del marchio e abilità nel procurare i principali ricambi”. "Ho la sensazione che i produttori di apparecchi digitali stiano godendosi ora la fase più piacevole del mercato – ha commentato Ryohei Takahashi, analista di Ubs. Potrebbe accadere che soltanto le industrie più grandi abbiano i requisiti per sopravvivere". Ubs stima che le vendite del 2004 raddoppieranno rispetto all'anno precedente toccando i 50 milioni di pezzi, con una previsione di 65 milioni per il prossimo anno. Prevedendo che i consumatori sostituiscano i loro apparecchi ogni 4 anni e che la penetrazione sui principali mercati di Europa, Usa e Giappone toccherà il 70%, le macchine digitali dovrebbero salire sino a 73 milioni di pezzi nel 2005. Ma se i prezzi scenderanno del 15%, Ubs stima che l'industria toccherà l'apice il prossimo anno. E gli analisti concordano sul fatto che nel medio termine saranno i ribassi dei costi di produzione e la velocità nello sviluppare le innovazioni le chiavi della sfida tra concorrenti nel campo delle macchine fotografiche digitali. Intanto Kodak alcune settimane fa ha annunciato di aver interrotto la produzione di pellicole per dedicarsi interamente allo sviluppo di apparecchiature fotografiche digitali e Canon ha rilasciato un comunicato stampa nel quale ha detto di essere quasi pronta a mettere in vendita quasi 20 nuovi modelli di macchine fotografiche digitali, nel tentativo di aggredire il conteso mercato delle foto digitali. "Produciamo macchine fotografiche da 67 anni – ha detto Takashi Oshiyama, capo della divisione immagini digitali di Canon. Nel 2004 distribuiremo almeno 12,5 milioni di macchine fotografiche compatte, quasi il 50% in più rispetto agli 8,5 milioni di questo anno ”. Sony punta a venderne 10 milioni entro il prossimo marzo. Macchine fotografiche digitali, dunque, per tutti i gusti. L’estrema facilità di utilizzo di queste apparecchiature è data anche dall’esperienza che ognuno di noi ha avuto con le macchine fotografiche tradizionali. Molto simili ad una compatta, hanno alcuni elementi aggiuntivi che ampliano le possibilità artistiche e selettori per l’esposizione che vanno a sostituire macchinosi obiettivi e meccanismi in passato regolati a mano.

4.3 Pubblicare immagini su Internet: il problema dei formati

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La creazione di un sito Internet, anche grazie al sempre maggior numero di programmi che permettono un editing visuale è diventata un'impresa alla portata di praticamente tutti gli utenti. Come è facile immaginare però, la facilità con cui chiunque può creare pagine Web, porta ad una crescente diffusione di materiale di scarsa qualità e, al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare, non solo nei siti "amatoriali". Bene o male credo sia capitato a tutti almeno una volta, giungendo ad un nuovo sito, di scontrarvi con tempi di caricamento talmente lunghi da suggerirvi di abbandonare il lido appena scoperto in favore di altre mete. Quello che forse non avete immaginato è che tale lentezza, spesso, non è causata dalla qualità e velocità della connessione remota, ma dal numero e dalla dimensione delle immagini di un sito che, per apparire più bello, ingrassa le sue dimensioni in termini di Kb (unità di misura di un file, in questi caso si tratta di file immagine) fino ad affondare sotto il suo stesso peso nel mare di Internet. Quando si lavora su immagini che andranno pubblicate in Internet, occorre pensare che il dispositivo di output sarà il monitor del computer. Il monitor e un dispositivo che ha una risoluzione di output molto bassa (72/96 dpi) e che adotta il sistema RGB per rappresentare i colori. Prima di parlare dell’elaborazione delle immagini e bene chiarire un concetto fondamentale che regola la visualizzazione e i trasferimenti in rete: poiché Internet si basa sulla rete telefonica e sui modem, ha un velocità di trasferimento dei dati molto bassa. Anche con una connessione dedicata di tipo ADSL, e perfino con le connessioni tramite sistemi in fibra ottica, il trasferimento dei dati tra due computer via Internet avviene a una velocità che non può essere nemmeno paragonata a quella con cui le informazioni sono lette o scritte su un disco fisso locale di un computer. Questo significa che, mentre per il settore della stampa non esiste nessuna differenza tra un file da 20 MB e uno da 21 MB, in Internet non si parla nemmeno di immagini di tali dimensioni, considerate assurde perché richiedono diversi minuti (con le connessioni più veloci) per il trasferimento. In Internet, e soprattutto per le pagine del World Wide Web, si lavora sul filo dei kilobyte e quindi ogni minima variazione di dimensione può fare la differenza. Qualsiasi tipo di immagine destinata alla pubblicazione nel World Wide Web, quindi, deve avere la dimensione più bassa possibile. Questo permette di caricare l’immagine in pochi secondi e quindi di non rallentare il processo di visualizzazione dell’utente. Se cosi non fosse

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l’immagine impiegherebbe troppo tempo per la visualizzazione e l’utente potrebbe spazientirsi e cambiare sito come si fa con il telecomando quando c’e la pubblicità. Su Internet occorre tenere conto delle sostanziali diversità che esistono tra un computer e l’altro. Quando si progetta una pagina, non ci si deve riferire solo alla propria risoluzione video o al proprio sistema, ma occorre tenere conto anche delle caratteristiche di visualizzazione di tutti i potenziali utenti. Ad esempio, forse un grafico utilizza un monitor da 21 pollici alla risoluzione di 1.600 X 1.200 pixel, ma la maggior parte degli utenti di Internet lavora alla risoluzione massima di 800 X 600 o 1.024 X 768 pixel. In definitiva, i formati più adatti alla pubblicazione e alla visualizzazione a monitor per immagini presenti su Internet sono il GIF (Compuserve - Graphics Interchange Format), formato al quale si sta affiancando faticosamente il PNG (Portable Network Graphics), ed il JPEG (Joint Photographic Experts Group); questi due formati, con approcci opposti, consentono di ridurre la dimensione delle immagini filtrandole attraverso algoritmi di compressione: diminuendo la quantità di informazione contenuta all’interno del file immagine, certo non tanto da comprometterne una corretta visualizzazione, i formati di compressione permettono di ottenere buoni risultati dal punto di vista grafico e dei colori, pur diminuendo drasticamente il peso specifico dell’immagine, che rappresenta il maggiore ostacolo per i navigatori, soprattutto se dotati di connessioni piuttosto lente (ad esempio a modem 56k). Scegliere accuratamente il formato adatto per ogni immagine da pubblicare non risulta sempre immediato e la scelta non si limita all'algoritmo da utilizzare, ma si estende ad un ampio ventaglio di possibilità di elaborazione precedenti al salvataggio del file.

4.4 Il formato JPEG

Il formato JPEG utilizza per la compressione un algoritmo cosiddetto lossy, ovvero con perdita di informazione, ottenuto approssimando l'immagine con la DCT (discrete cosine transformation), una interpretazione in frequenza dell'immagine effettuata su quadratini di 8x8 pixel, e memorizzando solo un numero definito di coefficienti. In virtù dell'algoritmo utilizzato, questo formato si presta bene a comprimere immagini con sfumature continue, mentre produce effetti di disturbo nei tratti discontinui (repentini cambiamenti da un colore

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ad un altro). Ciò fa del JPEG un efficace formato per comprimere immagini provenienti dal mondo reale, come foto o dipinti, permettendo di ottenere un rapporto di compressione anche di 40:1 con perdita di informazione accettabile, mentre lo rende inadatto a comprimere vignette, schizzi e disegni o immagini con retino. Esiste anche una poco conosciuta versione progressiva del JPEG, che consente di effettuare il download delle immagini per approssimazioni successive; questo formato permette di mostrare una versione sfocata dell'immagine (e quindi del sito) prima di aver terminato il caricamento, con attenuazione della waiting sindrome da parte dell'utente. Ma anche questo metodo non risolve totalmente il problema della pubblicazione di fotografie su Internet, in quanto l’utente deve comunque aspettare un certo numero di secondi prima di vedere apparire correttamente a schermo l’immagine desiderata. Una immagine di tipo digitale è rappresentata da un file che aumenta di dimensione a seconda del numero di colori contenuti nello scatto e dalla dimensione della fotografia. Se fotografiamo uno sfondo dalle mille sfumature, quindi, otterremo un file di grande dimensione a causa dell’elevato numero di informazione contenute nella immagine scattata. Per questo motivo ad esempio una immagine scattata in bianco e nero o in seppia occupa uno spazio inferiore sulla scheda di memoria rispetto ad una immagine che spazia su una gamma di colori vastissima a milioni di colori. I produttori di macchine fotografiche digitali hanno quindi impostato nella griglia del menu di tutte le macchine una opzione di salvataggio che consente la possibilità di scegliere il formato più adatto nel quale l’apparecchio dovrà salvare gli scatti. Questa soluzione risulta utile non solo per economia a livello di spazio di memoria occupata, ma anche rispetto agli obiettivi e alle finalità che diamo noi stessi alle nostre foto. Ad esempio la macchina fotografica con cui scatto, una Minolta Dimage E203 a 2 Megapixel effettivi di sensore CCD, con una scheda di memoria Secure Digital da 8 Mb, è in grado di immagazzinare 17 immagini a risoluzione 1600x1200 pixel, 26 immagini alla risoluzione di 1280x960 pixel e 60 immagini a 640x480 pixel. Dunque, una bella differenza di numeri dalla risoluzione più bassa a quella più alta. Ma, anche se i migliori fotografi consigliano sempre di scattare a risoluzioni alte, non è detto che per un servizio fotografico per foto che appariranno esclusivamente su un sito Internet di amatori io debba necessariamente scattare alla risoluzione di 1600x1200 pixel, ossia alla risoluzione massima indicata per il modello in questione. Potrebbe bastare scattare le foto a 640x480

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pixel, otterrò così un altissimo numero di scatti a bassa risoluzione e di dimensioni adatte per la visualizzazione su Internet. Le mie immagini invece di pesare 500 o 600 Kb avranno un peso inferiore, intorno ai 40-60 Kb ognuna, indicato per l’upload ed il download su Internet. Se avessi scattato le mie foto ad alta risoluzione per il servizio fotografico per Internet in questione, mi sarei trovato in difficoltà nel momento in cui avrei dovuto pubblicare il mio lavoro in rete. Il risultato sarebbe dunque stato un sito lentissimo a caricarsi con immagini di dimensioni gigantesche che superano di gran lunga le dimensioni di un qualsiasi monitor. Certo, le immagini ad altissima risoluzione possono e devono essere disponibili on line, ma per altri scopi. Prendiamo l’esempio precedente del sito Web fotografico: una corretta prassi in termini di usabilità Web, come abbiamo detto, porterebbe a pubblicare immagini ad una risoluzione non alta per facilitare l’utente nella navigazione e nella visualizzazione delle pagine contenenti immagini. Ma se per un qualsiasi motivo il Webmaster vuole rendere disponibili le immagini in formato stampabile, ossia effettivamente traducibile in colore e nitidezza attraverso una stampa su supporto fotografico, sarebbe giusto fare l’upload anche, e non solamente, delle immagini scattate ad alta risoluzione, per renderle disponibili a chi effettivamente ha intenzione di usufruire di questo tipo di servizio. Molto utile in questo caso, ossia nel rapportare la volatilità del Web con esigenze di materiale grafico sufficientemente valido in termini di quantità di byte, l’utilizzo all’interno delle Web galleries delle thumbnails. La thumbnails (dall’inglese “miniatura”) rappresenta un modo intelligente per dare una anteprima al navigatore dell’immagine in questione. Di dimensioni molto ridotte (ad esempio 100x100 pixel), dal caricamento piuttosto rapido e omogeneo, la thumbnail incasellata in una tabella può dare una visione generale della immagine alla quale viene linkata, ossia l’immagine di grandi dimensioni, il file originale in formato alta risoluzione.

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Praticamente tutte le macchine fotografiche oggi in commercio salvano su supporto di memoria i files scattati in formato jpeg. Questa scelta è valida per una serie di motivi: innanzitutto un esiguo numero di immagini totalmente decompresse, diciamo al naturale, occuperebbero ben presto una scheda di memoria pur capiente, come ad esempio da 64 Mb. Ricordiamo che immagini salvate in formati con perdita inferiore di qualità, come ad esempio il formato TIFF, possono occupare anche 2Mb per una piccola immagine delle dimensioni di 500x700 pixel.

4.5 Il formato GIF

Le immagini che sembrano fatte apposta per il formato JPEG, ossia immagini ad alto o altissimo numero di colori, come le fotografie scattate con una macchina fotografica digitale, mal si prestano, in genere, ad essere compresse in formato GIF, non tanto per l'algoritmo utilizzato (una variante dell’LZW), quanto per la limitazione di questo formato ad un massimo di 256 colori, limitazione che costringe ad un ingente uso di retinature (diethering). Viceversa il formato GIF è adatto a comprimere quelle immagini che già di per sé contengono un numero limitato di colori. Il GIF inoltre, utilizzando un algoritmo lossless, ovvero senza perdita di informazioni, si presta perfettamente a comprimere quelle immagini che con il formato JPEG produrrebbero antiestetici effetti di bordo. Una cosa che

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A: thumbnail con link a immagine di dimensioni maggiori. B: dimensioni del file ad alta risoluzione e risoluzione in

pixel

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molti ignorano a proposito del formato GIF è che tale formato non consente solo di salvare immagini con 256 colori, ma qualora il programma usato lo consenta (per esempio Adobe Photoshop o Paint Shop Pro), con 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128 o 256 colori. Il numero di colori nella palette (la palette dei colori rappresenta graficamente la varietà di colori disponibili per l’immagine) non ha niente a che vedere con il numero di colori effettivamente usati nell'immagine, infatti un file può usare 2 colori ed avere una palette di 256 elementi. Ridurre il numero di colori consente risparmi di dimensioni anche maggiori con effetti più o meno accettabili sulla qualità se l'immagine contiene più colori di quelli effettivamente utili a descriverla. E' il caso delle immagini seguenti, la prima utilizza 256 colori, la seconda solo 32, senza apprezzabile perdita di qualità, e la terza, anche se con qualità nettamente inferiore, riesce a contenere la dimensione del file sotto i 3 KB.

1. GIF 256 colori, 14.1 KB

2. GIF 32 colori, 5.76 KB

3. GIF 8 colori, 2.93 KB

Similmente alle immagini compresse in formato JPEG progressivo, ma con meno problemi di compatibilità, è possibile creare immagini interallacciate che consentono una visualizzazione progressiva (a tendina) man mano che l'utente effettua il download.

4.6 Il formato PNG

Introdotto da pochi anni, e stato sviluppato specificamente per Internet, nell’ottica di favorire il trasferimento via rete. Presenta alcune caratteristiche particolari: un formato vettoriale e quindi scalabile senza perdita di qualità e offre una dimensione limitata dei file poiché utilizza una compressione senza perdita di dati. Nonostante le sue interessanti caratteristiche, questo formato per le immagini non è ancora largamente utilizzato,

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probabilmente perché e stato introdotto da poco; tuttavia, per chi desidera creare immagini per le pagine Web sfruttando al meglio tutti gli strumenti disponibili, la conoscenza di questo formato e fondamentale.

4.7 Il formato SWF (Macromedia Flash)

Formato d'immagine realizzato con il software Macromedia Flash. In realtà si tratta di file multimediali che contengono animazioni, suoni, immagini bitmap e vettoriali. Per la sua riproduzione necessita di un plug-in proprietario Macromedia. Questo software di grafica vettoriale permette di realizzare immagini, ma anche interi siti Web totalmente diversi da quelli realizzati in HTML. Flash permette di creare un vero e proprio filmato animato, dotato di scene e frames , e di inserire all’interno di questo video immagini di ogni tipo. Il risultato finale, per quanto riguarda le immagini presenti nel Movie, saranno foto di alta qualità schermate, racchiuse all’interno di un film, dunque non scaricabili o selezionabili. Per questo in molti indicano lo standard SWF come il più indicato per la presentazione di immagini coperte da copyright, in quanto il programma di default non permette il download delle immagini. Macromedia Flash può essere inoltre utilizzato come editor grafico, permettendo l’esportazione dei lavori nei più diffusi formati.

4.8 Quale formato quindi?

Come abbiamo detto, in linea di massima, useremo il formato JPEG per comprimere le immagini provenienti dal mondo reale attraverso, per esempio, la digitalizzazione di una fotografia o di un dipinto, viceversa ricorreremo al GIF per comprimere quasi tutti gli altri tipi di immagini, disegni, vignette e in generale tutte quelle immagini contenenti un numero limitato di colori e contrasti elevati. Il formato SWF, che come detto non è una tipologia di formato di immagine, bensì un formato dedicato alla creazione di presentazioni multimediali per Internet mediante Movies, può essere considerato una buona soluzione nel caso ci sia la necessità di tutelare le immagini pubblicate in maniera efficiente e sicura.

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4.9 Programmi di ottimizzazione delle immagini destinate ad Internet

I programmi utilizzati per l’elaborazione delle immagini per Internet sono sostanzialmente quelli impiegati per il ritocco fotografico: in cima alla lista si trova Photoshop, che consente di esportare nei formati GIF, JPEG e PNG e di applicare la trasparenza, di scegliere la qualità ottimale del formato JPG e anche il tipo di compressione, di applicare la scala colore scegliendo il numero di colori e le opzioni di visualizzazione, e molto altro. A partire dalla versione 6 e stato introdotto il comando Salva per il Web che riunisce tutte le opzioni disponibili per il salvataggio delle immagini nel formato più adatto al loro utilizzo in Internet. Tuttavia, mentre nel campo della stampa e dell’editoria tradizionale Photoshop e il leader incontrastato tra i programmi di elaborazione delle immagini, nel campo di Internet la situazione e un po’ diversa, perché esistono altri software nati appositamente per favorire la scelta di tutte le opzioni più utili, o che presentano un’ampia gamma di funzionalità dedicate a Internet. Tra i più noti si possono citare Paint Shop Pro e Macromedia Fireworks. Adobe ha cercato di correre ai ripari sviluppando il programma ImageReady, offerto in abbinamento a Photoshop; si tratta in effetti di una sorta di Photoshop in miniatura, che offre le identiche funzionalità presenti in Photoshop senza funzioni inutili per il mondo di Internet. Con ImageReady e possibile creare, ottimizzare e animare le immagini per il Web. La sezione che si occupa della compressione e del formato permette numerose possibilità (qualcuna in più rispetto a Photoshop) e l’intero programma mostra parametri molto utili dedicati al mondo di Internet (un esempio e la visualizzazione in una barra al di sotto dell’immagine con la dimensione e il tempo necessario a trasferire il file in rete). Macromedia Fireworks e stato sviluppato pensando ai professionisti della grafica Web, a chi si occupa di realizzare pagine Web e quindi ha la necessita di creare una serie di strumenti come pulsanti di navigazione, roll over e cosi via, oltre che, naturalmente, di elaborare tutte le immagini nel modo più efficiente possibile per Internet. Il programma e ricco di funzionalità e consente di lavorare sia su immagini bitmap, sia su immagini vettoriali. Il formato d’elezione per le immagini da elaborare con Macromedia Fireworks e il

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PNG, a testimonianza del fatto che si tratta di un programma moderno e al passo con i tempi. Naturalmente chi utilizza magari da anni programmi come Photoshop o simili per lavorazioni di stampa e vuole integrare le lavorazioni per Internet può tranquillamente continuare a servirsi dei propri strumenti di lavoro, chi invece si dedica esclusivamente al mondo di Internet e non utilizza programmi di elaborazione per la stampa può indirizzarsi su applicazioni come Macromedia Fireworks.

4.10 La questione copyright su Internet

La legge disciplinante il diritto d’autore, la numero 633/41, regolamenta tale diritto relativo alle immagini ed in particolare alle fotografie. Infatti, sono protette da suddetta legge tutte le opere dell’ingegno di carattere creativo incluse le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia. Ai fini dell’applicazione normativa, il legislatore considera fotografie le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale sociale, ottenute con il processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa ed i fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Nell’espressione “fotografie”, non possono ritenersi incluse le fotografie di documenti, scritti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili. In merito a questo ultimo aspetto, si è pronunciata nel 2000 la Suprema Corte di Cassazione Italiana , stabilendo nella sentenza n. 8425, che una fotografia per assurgere al ruolo di opera fotografica deve presentare valore artistico nonché connotati di creatività escludendosi dunque tutela per le fotografie aventi esclusivamente mera finalità riproduttiva (godono invece di tutela le fotografie che riproducono un oggetto materiale). La questione nel merito vedeva parti in giudizio una società di commercializzazione di prodotti per forniture ospedaliere, ed un fotografo. La prima aveva commissionato a questo ultimo a realizzazione di un catalogo raffigurante i propri prodotti. Il fotografo aveva successivamente rivendicato il proprio diritto d’autore sulle fotografie, diritto negatogli dalla società in base al fatto che era stata la stessa a fornirgli i prodotti poi fotografati.

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La Suprema Corte, bensì, riconosceva il diritto d’autore al fotografo, in quanto le fotografie realizzate dal fotografo, non potevano essere assimilate a fotografie aventi mera finalità riproduttivo documentale, in quanto ancorché non creative avevano comunque finalità di promozione commerciale e non meramente commerciale, comportando un impiego di creatività, pur se marginale, da parte del fotografo. La distinzione, operata in sede legislativa, è dettata dall’attribuzione all’ingegno che il fotografo può impiegare nella realizzazione di una fotografia ad alto contenuto espressivo, rispetto ad una mera riproduzione senza alcun elemento di iniziativa dell’autore come appunto una riproduzione documentale.

La legge italiana riconosce al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia salvo per i ritratti. In tale ipotesi la legge prevede una prevalenza del diritto all’immagine di colui che viene ritratto, il quale conserva ogni diritto sulla propria immagine (anche in tal caso vige una eccezione, in quanto non occorre il consenso del diretto interessato qualora si tratti di casi in cui la riproduzione dell’immagine sia giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, o da necessità di giustizia, o di polizia, o di scopi scientifici didattici o culturali o qualora la riproduzione sia collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico). Ed ancora: il diritto esclusivo dell’autore sulla fotografia, ha durata ventennale dalla produzione della stessa. È da prendersi in analisi anche una ipotesi ricorrente, ovvero la realizzazione di una fotografia su commissione. In tal caso, essendo la stessa il risultato di un adempimento contrattuale, il diritto esclusivo spetta al datore di lavoro. La sentenza di cui abbiamo in precedenza trattato, si pronuncia anche in merito a questo aspetto legislativo. Essa, infatti, stabilisce che

[…] alle fotografie effettuate nel corso ed in adempimento di un contratto di lavoro subordinato, il diritto esclusivo su di esse entro i limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto, compete al datore di lavoro, mentre nell’ipotesi di contratto di lavoro autonomo, tale diritto compete al committente solo quando le cose fotografate siano in suo possesso, non rilevando al fine del riconoscimento del diritto del committente, che tali cose ancorché non in suo possesso, non siano neppure in possesso del fotografo, bensì di un terzo […]

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(nel merito, le fotografie erano state fornite al fotografo direttamente dalle case produttrice dei prodotti).

Un dato normativo essenziale, cui indubbiamente occorre tener conto, è il passaggio di ogni diritto connesso alla fotografia qualora l’autore ceda i negativi o altro analogo mezzo di riproduzione della foto stessa. Affinché una fotografia possa trovare una tutela assoluta, ovvero ogni diritto sia riconducibile al suo creatore, occorre che gli esemplari della stessa riportino sempre: il nome del fotografo o nel caso di fotografo che operi su commissione, il nome della ditta o del committente; la data dell’anno di produzione della fotografia; se trattasi di fotografia di un’opera, il nome dell’autore dell’opera. Qualora venga meno una di questa indicazioni, è concessa la riproduzione della foto senza alcun obbligo di corresponsione di alcunché all’autore. Tale fotografia è libera da qualsiasi incombenza del terzo.

Veniamo alle ipotesi di violazione del diritto dell’autore della fotografia, per riproduzione non autorizzata e dunque abusiva. La tutela potrà scindere in difesa civile e difesa penale. Da un punto di vista civilistico, colui che si ritenga leso nell’esercizio del diritto di utilizzazione economica, può agire giudizialmente sia affinché sia rimosso o distrutto lo stato di fatto da cui risulta la realizzazione (pensiamo ad un sito cui può essere imposto di rimuovere certe immagini) nonché al fine di ottenere il risarcimento del danno. Una particolarità è che tale diritto non è esercitatile dall’autore nell’ultimo anno della durata del diritto (tanto per intendersi il diciannovesimo anno a partire dalla realizzazione della foto). Un’altra azione giudiziale molto importante, è quella inibitoria, ovvero una azione con la quale si richiede la cessazione di un comportamento lesivo del proprio diritto, e rappresenta uno strumento di tutela preventiva. Da punto di vista penalistico, invece, il diritto d’autore è tutelato mediante sanzione che può comportare il pagamento di una somma fino a poco più di 2000 €. Le condotte punibili sono: riproduzione, diffusione, vendita, messa in vendita senza consenso dell’autore. È prevista la pena della reclusione sino ad un anno ed una multa sino a 500 € circa, se tali condotte sono compiute sopra un’opera non destinata alla pubblicità ovvero con usurpazione della paternità dell’opera, o anche qualora sia compiuta deformazione,

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mutilazione o altra modifica dell’opera se ne risulti offesa all’onere o alla reputazione dell’autore.

Spesso in Internet è facile incorrere in errori connessi all’illecito utilizzo di immagini, specialmente in merito alle fotografie. Quindi bisogna tenere conto di cosa sia sta utilizzando per il proprio sito, verificandone la provenienza affinché soprattutto, non si debba poi affrontare un obbligo al risarcimento del danno.

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FOTOGRAFI CELEBRI E WEBSITES: INTRODUZIONE

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5.1 Come i grandi fotografi si rapportano con la rete

Una attenta analisi dei siti Web dedicati ai più grandi fotografi del nostro secolo permette di capire un po’ meglio come questi grandi artisti si rapportano con il mondo Internet. La Rete nel mondo della fotografia d’autore può essere considerata un ottimo mezzo per la promozione di un artista: non a caso la quasi totalità dei siti presi in analisi fungono da negozio on line per la vendita delle opere. Spesso i siti vengono presi in gestione dalle fondazioni dedicate al fotografo, che gestiscono i rapporti con l’esterno e si occupano della cura del marchio. Durante le ricerche effettuate su Internet ho notato che, oltre ai siti Web ufficiali degli artisti, nascono attorno ad un artista numerosi altri siti creati da fan e appassionati: anche questa può essere considerata una forma di pubblicità per il fotografo, che in questo modo diffonde il proprio nome e le proprie opere in formato digitale.

5.2 Analizzare le homepage di dieci celebri fotografi: criteri di scelta e griglia di analisi

La scelta dei siti Web di fotografi da analizzare è il frutto di una dettagliata analisi del settore fotografico on line. E’ stata fatta una scelta che garantisse un alto grado di assortimento sia dal punto di vista della nazionalità dei fotografi, sia dal punto di vista dei soggetti trattati. Ogni fotografo analizzato è caratterizzato da uno stile fotografico ben preciso, che lo ha reso famoso per la propria peculiarità. Sono stati scelti esclusivamente siti Web con dominio .com o nazionale come .it oppure .co.uk o .org, evitando quindi redirect o siti amatoriali, e garantendo l’ufficialità e la paternità del sito al fotografo stesso. La griglia di analisi dei siti sarà unica per tutti gli esempi qui trattati, e verterà principalmente sull’analisi della homepage, della galleria fotografica e della sezione contatti (per valutare il feedback con l’utente finale).

Segue griglia di analisi siti Web fotografi.

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Parti del sito in analisi

Parte introduttiva

Analisi Homepage

Homepage

Nome, Cognome

Sito Web vettoriale/statico

Portfolio/gallery

Indirizzo sito Web

Presenza/assenza lingua italiana Presenza/assenza logo del

NazionalitĂ

fotografo o della compagnia artistica

Biografia

Soggetti prediletti dal fotografo

Analisi Feedback

Analisi sezione fotografica del

artista/navigatore

sito

Presenza/assenza contatti in homepage Percorso, facilitĂ nel raggiungere eventuali contatti o di inviare feedback

Presenza/assenza portfolio

Presenza/assenza categorie e descrizione delle stesse Stile e eventuale tabellamento immagini Presentazione generale immagini Presenza/assenza didascalia immagini

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Presenza/assenza di immagini in homepage Stile generale, presentazione del sito

Tutela copyright Presenza/assenza mezzi di difesa per tutela copyright

Se presenti, descrizione


FOTOGRAFI CELEBRI E WEBSITES: ANALISI DEI SITI WEB

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6.1 Anton Corbijn e le celebrità Pop/Rock -

Fotografo: Anton Corbijn

-

Indirizzo sito Web: http://www.corbijn.co.uk/

-

Nazionalità: Olandese

-

Biografia: Anton Corbijn nasce nel 1955 a Strijen, Olanda. Nel 1972,

affascinato dal mondo musicale, durante un concerto dal vivo scatta le sue prime fotografie. Nel 1979 l’amore per la musica lo spinge a trasferirsi a Londra dove entra subito in contatto con le band ed il sound più originale del momento (Post Punk, Joy Division, Magazine, PIL Ltd., ecc.). L’amore per la musica diviene amore per la fotografia. Dopo il 1985 fotografa principalmente personaggi del mondo dello spettacolo, sia per ricerca personale che per numerose riviste e magazines (Vogue, Rolling Stones, Details, Icon, The Independent Magazine, W Magazine, Harpers Bazaar, LA Style, Entertainment Weekly, Stern, Wiener, Actuel, Elle, Glamour, Max). Appaiono i suoi primi ritratti di musicisti e attori (U2, REM, Lee Hooker, Ferry, Rolling Stones, Cave, Depeche Mode, ecc.). Parallelamente inizia a girare come regista i suoi primi video-clip (a tutt’oggi oltre 60) per gli artisti più disparati (Nirvana, Joni Mitchell, Front 242, Henry Rollins, Metallica, Naomi Campbell, Depeche Mode, Johnny Cash, U2, David Silvian, Nick Cave). Nel 1994 realizza un cortometraggio per la BBC dal titolo “Some Yo Yo Stuff”. Viene premiato con un MTV award per il video dei Nirvana “Heart Shaped Box”. Nel 1994 vince il Dutch Photography Award. Nel 1998 collabora alla campagna per la rielezione del Primo Ministro Olandese Wim Kok, lavorando inoltre per la pubblicità (BMW e Tag Heuer). Ha pubblicato cinque libri fotografici: Famouz (1989), Allegro (1991), Star Trak (1996), 33 Still Lives (1999), Werk 2000). Nelle immagini di Corbijn i soggetti sembrano distratti, solenni, alle volte sorridenti ma allo stesso tempo appaiono velatamente costretti nei confini della loro celebrità. Sembrano ritratti di persone serie, sincere, catturate in momenti di tranquillità, ben lontane dalla loro condizione di personaggi pubblici. “Mi considero un fotografo decisamente tradizionale”, dice Corbijn. “Credo che la forza delle mie foto stia principalmente

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nello stato d’animo e nelle sensazioni che riesco a catturare nelle persone che incontro. Ma tecnicamente non credo di essere all’avanguardia.....Il mio segreto? Una Hasselblad, due obiettivi, una sacca, e il sottoscritto” La fotografia per Corbijn ha sempre rappresentato una opportunità di rottura. Fotografando Corbijn lotta non solo contro l’inafferrabilità del reale, ma soprattutto contro l’ambiguità insita nel miscuglio di delusione creato dal flusso dell’immaginario. Dal momento in cui l’autenticità come idea originaria è stata da tempo superata, Corbijn ha iniziato una battaglia che avrebbe solo potuto perdere, una battaglia contro la predominanza di immagini dell’uomo che vengono realizzate meccanicamente senza coinvolgere l’anima. In realtà egli è alla ricerca della bellezza e della verità nell’uomo, ben conscio che queste possono esistere solo nel regno della percezione emotiva. Il fatto poi che i soggetti scelti per questa sua ricerca siano persone in grado di controllare e canalizzare sul palcoscenico o sullo schermo vere emozioni, ha reso ancor più difficile il suo obbiettivo.

Soggetti prediletti dal fotografo

Corbijn, pur essendo un artista che spazia tra diversi stili e tecniche, è stato reso famoso per le sue fotografie di personaggi celebri della scena musicale pop e rock.

Analisi Homepage

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-

Sito Web statico HTML con utilizzo di javascript.

-

La lingua italiana non è presente. Il sito è tradotto solo in lingua inglese.

-

La homepage si apre in una finestra mediante un javascript, diversa

rispetto a quella a cui porta il link originale del sito, la quale resta nera. L’idea per il menu è molto originale: la scelta è limitata a solo 6 sezioni, tra le quali spicca “photography”, i link sono disposti in maniera casuale sullo schermo e lo stile è volutamente trascurato, street style. Sullo sfondo appare una immagine in bianco e nero molto evocativa di una mano. Il tono della homepage è scuro e l’unica presenza di colore è rappresentata dal roll over sui links, come detto rappresentati da scritte in stile scomposto. -

E’ presente un logo dell’artista in stile japanese nella parte in alto a

destra della homepage. -

L’unica immagine presente in homepage è quella utilizzata come sfondo,

che mostra una mano. -

8

Il sito si presenta volutamente trascurato, street style e minimalista.

Homepage del sito www.corbijn.co.uk

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Analisi Feedback artista/navigatore -

In homepage non è presente alcun riferimento per contattare l’artista.

L’unica maniera per trovare un indirizzo e-mail del fotografo è seguire il percorso homepage/anton corbijn dove troviamo nella parte bassa della pagina un riferimento all’agenzia del fotografo con contatto e-mail e indirizzo della sede.

Analisi sezione fotografica del sito

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-

Nel sito, nella sezione photography raggiungibile dalla homepage, è

presente una piccola galleria fotografica divisa in quattro sezioni: brown, blue, black e color. Il numero di immagini spazia da un minimo di quattro ad un massimo di sei, e le foto, tutte di minute dimensioni, sono divise per tonalità di colore. La maggior parte rappresenta fotografie artistiche di musicisti famosi. -

Le categorie fotografiche sono quattro e rappresentano una divisione

concettuale per tonalità di colore: black, brown, blue e color. 9

Sezione Photography del sito di Anton Corbijn

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-

Le immagini si presentano di piccole dimensioni, fredde e scomposte. In

linea di stile con il resto del sito. -

Non è presente alcun tipo di tabellamento o ordine di visualizzazione

delle immagini. Poste tutte nella parte centrale, risulta confusa la disposizione tra immagini verticali e immagini orizzontali. -

Le immagini non presentano alcuna didascalia o integrazione testuale.

Tutela copyright -

Non è presente alcun tipo di forma di tutela delle immagini presenti nel

sito. Esse, infatti, possono essere scaricate senza alcun problema.

6.2 Davide Gazzotti e la Street Photography -

Fotografo: Davide Gazzotti

-

Indirizzo sito Web: www.davidegazzotti.com

-

Nazionalità: Italiana

-

Biografia: nato nel 1969, ingegnere, emotivo, distratto, passionale e

viaggiatore. Amante delle arti e fotografo di strada, ha iniziato a scattare fotografie sin da quando era bambino: inizialmente per svago e divertimento, poi per passione. Ad un certo punto alcuni suoi amici si sono resi conto che poteva avere un futuro come fotografo professionista, così lo costrinsero a fotografare qualsiasi situazione si trovasse sul suo cammino. Dopo alcune collaborazioni con fotografi locali specializzati in matrimoni, che gli hanno procurato i primi introiti per comperare una attrezzatura professionale, Davide Gazzotti si iscrive alla facoltà di Ingegneria Elettronica e inizia la sua carriera lavorativa nel campo dell’ICT, pur continuando a scattare e a realizzare lavori in Italia. Ha frequentato corsi di specializzazione e workshops tenuti da da

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fotografi italiani ed internazionali (Giuseppe Vergoni, Gianni Berengo Gardin, John Goodman).

Soggetti prediletti dal fotografo

Gazzotti è un fotografo di strada, minimalista, che cerca di cogliere in momenti di lucida quotidianità elementi e spunti originali. Spazia dalle riprese nei pub a scatti effettuati durante gite, sempre caratterizzati da una sensazione di movimento e velocità. Gran parte dei suoi scatti migliori sono stati fatti nella città di Amsterdam, descritta in maniera eccelsa in tutte le sue sfumature, rendendo particolari e originali situazioni ordinarie. La sua è una fotografia mossa, non nitida, sottile, sfuggente.

Analisi Homepage

10

10

Homepage del sito www.davidegazzotti.com

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-

La homepage è realizzata in Flash. I link esterni al sito sono

principalmente editati in HTML, linguaggio più semplice ed immediato che garantisce un caricamento delle immagini più veloce rispetto a Flash. -

Il sito si presenta solamente in lingua inglese.

-

Nella homepage non è presente alcun logo, piuttosto uno slogan a

grandi caratteri scritto in bianco e nero nella parte in basso a destra della pagina: “Davide Gazzotti fine art street photography”. -

Nella pagina iniziale è presente come sfondo una bellissima immagine in

bianco e nero rappresentante una piazza. Utilizzando la tecnologia Flash è possibile esplorare l’immagine ciccando sui link. Posando il cursore su un qualsiasi elemento della barra del menu, infatti, viene attivato un comando per cui lo sfondo, dando un effetto di movimento, cambia, pur rimanendo la stessa immagine. Questo trucco, che dà l’impressione di un video, è resa ponendo su una pagina delle dimensioni di 700 per 500 pixel una immagine molto più grande, e muovendola mantenendo fermo il resto della pagina. Non siamo noi dunque a muoverci, e nemmeno la pagina Web, bensì lo sfondo, l’immagine, che resta sempre la stessa ma viene di volta in volta esplorata in una sua frazione particolare. Molto bello l’effetto di zoom reso in questa maniera. -

Lo stile è molto fresco, ordinato, artistico. La scelta del bianco e nero

come sfondo risulta molto azzeccata anche in funzione della bellissima immagine utilizzata. La barra del menu, ben chiara nella parte inferiore della pagina, risulta assortita pur senza dilungarsi troppo, e le categorie (visions, streets, works, news, guests, contacts) risultano di facile accesso e con contenuti chiari e concisi. L’homepage, e lo si scopre solo in un secondo momento, non è altro che un punto di partenza verso una miriade di links esterni al sito (ad esempio www.noorizon.it ), contenenti molte informazioni e un numero molto alto di gallerie fotografiche on line realizzate dallo stesso Gazzotti. I link esterni al sito sono anch’essi in lingua inglese.

Analisi Feedback artista/navigatore

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-

La sezione contatti è facilmente raggiungibile dal bottone apposito nella

barra del menu, e risulta esplicativa indicando contatti e-mail, indirizzo dell’artista e numeri di telefono. Molto interessante la proposta di inserire commenti relativi alla galleria, al sito o via e-mail presente nella parte inferiore di tutte le pagine Web contenenti immagini. E’ presente infatti questa scritta: […] post your comments on this gallery, this Website or by e-mail […]

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con relativi collegamenti presenti sui termini gallery, website e e-mail. Emerge dunque una alta predisposizione del fotografo all’interazione con i visitatori del proprio sito, proponendo di continuo possibilità di commento.

Analisi sezione fotografica del sito

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-

Davide Gazzotti propone nel suo sito una serie di links esterni che

contengono un grande numero di gallerie fotografiche espressamente concepite ed elaborate da Gazzotti. Un ampio menu permette di scegliere rapidamente la

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Sezione Agoraphobia del link esterno al sito www.noorizon.it sezione dedicata a Gazzotti intitolata “Agoraphobia”

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galleria desiderata, introdotta nella parte superiore al collegamento da una breve descrizione della stessa in inglese. -

E’ presente nel menu principale una chiara distinzione tra le varie gallerie

di foto. La scelta è molto ampia, e spazia da concept works come Agoraphobia, Pub Crawling e Street Life sino ad arrivare ad una lunga lista dei lavori realizzati in passato dal fotografo, che propongono diversi soggetti e tecniche di rappresentazione. Una volta entrati nella sezione scelta (nell’immagine Agoraphobia) ci troviamo di fronte ad una pagina Web dalle tonalità scure, tra il grigio ed il nero, dove le miniature poste nella parte centrale della pagina risaltano particolarmente, essendo l’unico elemento grafico con diverse tonalità di colore. -

Le immagini vere e proprie, raggiungibili dal collegamento presente su

ogni miniatura visualizzata, si aprono in una blank window (una finestra a parte) delle dimensioni corrispondenti alla misura dell’immagine creando un effetto di nitidezza e chiarezza. -

Le thumbnail sono ben editate, di piccole dimensioni per garantire veloci

tempi di caricamento della pagina. Tutte di forma quadrata o rettangolare, sono posizionate in orizzontale una al fianco di un’altra in modo chiaro e pulito. -

Non è presente una didascalia per ogni immagine, bensì una descrizione

generale della galleria nella parte superiore o a destra delle miniature di immagini. Ad esempio: […] Amsterdam unique mood, in my first journey inside myself over there […]

nella sezione fotografica street life dedicate alla città di Amsterdam.

Tutela copyright

13

Street Life www.davidegazzotti.com

72

13


-

Tutte le immagini del sito, pur essendo coperte da copyright, sono

scaricabili gratuitamente. In fondo ad ogni pagina appare un messaggio ben chiaro sull’utilizzo di immagini da parte di terzi: [...] Images on this page and on all related pages shall be considered copyrighted. Use of any photo without written permission shall be considered a violation of this copyright […]

14

inoltre […] Images in the visions and street life section are copyrighted by nature, but they are available for free in digital format for personal, educational and no-profit use only. Please contact the author to ask for your personal free permission statement […].

Un dovere morale non copiare o distribuire le immagini illegalmente o senza l’autorizzazione dell’autore, sostiene il disclaimer a fondo pagina del sito di Gazzotti. Con l’espressione “queste immagini sono coperte da diritti di copia per natura” il fotografo si avvale del diritto d’autore inizialmente come diritto insito nell’atto della fotografia stessa, ovvero il diritto naturale viene ancora prima del diritto giuridico delle opere proposte sul sito. Continua sostenendo la libera consultazione delle immagini digitalizzate (quindi non delle copie originali) di piccole dimensioni, praticamente non stampabili e a bassa risoluzione, presenti sul sito per fini personali, di educazione e no–profit. Gazzotti dunque acconsente alla diffusione e alla libera consultazione delle proprie immagini, utilizzando Internet come strumento di promozione e marketing. Acconsente in definitiva alla diffusione del prodotto entro i limiti della consultazione, limitando i possibili abusi trasferendo on line immagini il cui unico impiego può essere la visione su monitor, date le dimensioni e la qualità offerta.

6.3 Elliott Erwitt, il maestro del ritratto

14

www.noorizon.it

73


-

Fotografo: Elliott Erwitt

-

Indirizzo sito Web: www.elliotterwitt.com

-

Nazionalità: Francese

-

Biografia: Nato il 26 luglio 1928 a Parigi, Elliott Erwitt visse la sua

infanzia a Milano. La famiglia tornò a Parigi nel 1938 ed emigrò a New York un anno dopo trasferendosi poi a Los Angeles nel 1941. Si interessò di fotografia già adolescente. Nel 1944 ancora studente alla Hollywood High School iniziò a lavorare in un laboratorio commerciale fotografico. Nel 1948 partì per New York dove s'incontrò con Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker. L'anno 1949 lo passò a viaggiare in Francia e in Italia prima di dare il via alla sua carriera di fotografo professionista a New York. Ammesso nell'esercito statunitense nel 1951, Erwitt continuò a svolgere il suo mestiere di fotografo in Francia e in Germania. Nel 1953 Robert Capa gli propose di raggiungere Magnum. Membro della prestigiosa agenzia da allora, Erwitt è stato più volte eletto presidente dell'organizzazione. Figura di primo piano della fotografia di stampa - un ambiente molto competitivo- Erwitt ha partecipato a numerosi reportage, illustrazioni e fotografie pubblicitarie nel mondo intero da più di quarant' anni. Proseguendo il suo lavoro fotografico, Erwitt nel 1970 ha debuttato nel cinema. Dei suoi documentari possiamo citare "Beauty Knows No Pain" (1970), "Red, White and Bluegrass" (1973) realizzati con l'aiuto dell’American Film Institute e "Glass Makers of Herat" (1977) che ha ricevuto svariati premi. Erwitt ha anche prodotto 17 programmi comici e satirici per il canale televisivo americano a pagamento Home Box Office. Musei e gallerie del mondo intero, quali il Museum of Modern Art di New York, lo Smithsonian Institute di Washington, l'Art Institute di Chicago, il Museo di Arte Moderna di Parigi, la Kunsthaus di Zurigo e la Photokina di Colonia, hanno accolto le mostre personali di Elliott.

I soggetti prediletti dal fotografo

74


Erwitt, nel corso della sua carriera, ha avuto la fortuna di poter fotografare molte celebrità: da Arnold Shwarzenegger nel 1977 a Marylin Monroe nel 1955. Reso celebre per i suoi ritratti sia di esseri umani che di cani, nel sito offre la visione di bellissimi scatti divisi in ulteriori sezioni, tra le quali istantanee, bambini e mani. A proposito dei soggetti preferiti di Erwitt: […] Erwitt, il più celebre ritrattista di cani nella storia della fotografia, sottolineava I vantaggi di scegliere questi animali come modelli affermando che questi animali sono meno costosi degli esseri umani e spesso più accattivanti e particolari, nonchè meno soggetti alle mode. I cani si rivelano perfetti per pubblicizzare scarpe e stivali, in quanto attirano naturalmente lo sguardo verso il basso. In altri scatti che ritraggono i cani insieme agli esseri umani con un approccio più filosofico, Erwitt mira a sottolineare tanto l’animalità dell’uomo quanto la spiccata umanità dell’animale. Lo scopo principale delle sue immagini, con o senza cani, è suscitare un commento e fornire una chiave d’interpretazione. Tra i libri di Erwitt, caratterizzato da un notevole eclettismo sin dalla giovinezza, ricordiamo “Observations on American Architecture” (1972). […]

15

Analisi Homepage

15

Ian Jeffrey, “Il mondo della Fotografia” Edizione Phaidon 2003.

75


16

-

Sito Web completamente realizzato in Flash

-

La scelta di lingue disponibili per la visualizzazione del sito Web di Erwitt

è decisamente ampia: inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, cinese e…latino! Al clic del bottone “Latin” si apre una pagina con una simpatica frase in inglese: “Still awaiting the Vatican translation. Rome was not built in a day”

17

con un bottone inferiore al testo che permette di cambiare lingua. -

Nell’intro, ma non nella homepage vera e propria, è presente uno slogan

al fianco del nome del fotografo: “for life-like snaps. -

Una volta entrati nella homepage, alla sinistra del menu, sono presenti

5/7 immagini che variano ad ogni roll over del mouse intermezzate da un effetto alpha (dissolvenza incrociata tra due o più immagini, effetto creato con Flash). -

Il sito di Erwitt si presenta totalmente in scala di grigi, con l’eccezione di

una sottile riga orizzontale nella parte inferiore delle pagine, a distanziare menu e resto della pagina, di colore giallo/verde.. E’ uno stile ordinato e pacato, anche se a volte propone spunti ironici. 16

Homepage www.elliotterwitt.com

76


Analisi Feedback artista/navigatore -

Nella homepage troviamo nella barra dl menu un link apposito dedicato

ai contatti. Al click del mouse si apre una pagina contenete l’indirizzo e-mail dell’artista, e indirizzo e telefono dell’agenzia Magnum Photos.

Analisi sezione fotografica del sito

18

-

Nel sito è presente un notevole numero di fotografie, raggiungibili

attraverso l’apposito collegamento portfolio presente nella homepage. -

Le varie categorie/gallerie sono selezionabili una volta entrati nella

sezione portfolio. Si tratta di 6 sezioni ben distinte tra di loro, che comprendono: bambini, mani, ritratti, istantanee, phototoons e filmini (una simpatica selezione di eclettiche sequenze di foto, a formare una sequenza di fotogrammi che 18

Portfolio online di Erwitt

77


creano a loro volta l’effetto di un mini film). La descrizione dei contenuti che troveremo non è presente se non nel titolo della sezione stessa. -

Le immagini presenti nella sezione fotografica del sito di Erwitt si

presentano nitide, di dimensioni notevoli e di alta qualità, ma non selezionabili né scaricabili. Tutte in bianco e nero, il sito offre la possibilità di assistere ad uno slideshow selezionando l’apposito bottone nella parte destra della pagina. -

Le thumbnail sono di piccole dimensioni, 16 per pagina, disposte in

maniera ordinata e orizzontalmente su una barra nella parte inferiore della pagina. Al click del mouse, dopo una breve fase di caricamento dell’immagine, la versione della stessa ma di dimensioni maggiori viene caricata nel corpo centrale della pagina. -

Ogni immagine viene integrata da una breve didascalia che indica

autore, anno e titolo dello scatto.

Tutela copyright -

Sin dalla homepage del sito, nella parte inferiore della pagina, possiamo

notare un simbolo di copyright che, al roll over del cursore del mouse, apre una finestra che cita: […] Tutte le immagine fotografiche presenti in questo sito sono sotto il copyright di Elliot Erwitt. Nessuna immagine o file può essere riprodotta, scaricata, copiata o modificata (né attraverso il digitale né attraverso qualsiasi altra possibile tecnica). Le didascalie non possono essere alterate se non previa autorizzazione di Elliot Erwitt o di un rappresentante di Magnum Photos […]

19

Risulta ben chiara l’intenzione del fotografo di mostrare, ma non di diffondere il proprio materiale, anche se in formato digitale. A partire dalla informativa sul diritto di copia qui sopra trascritto, continuando per la scelta della tecnologia Flash per la realizzazione dell’intero sito, la quale non permette lo scaricamento 19

Homepage www.elliotterwitt.com

78


delle immagini essendo trattate non come elemento aggiunto della pagina Web (linguaggio HTML), bensì come elemento inscindibile della stessa, racchiuso, schermato. Nella tecnologia Flash il tasto destro del mouse permette esclusivamente di selezionare opzioni di playback (riavvolgimento del filmato ecc) e zoom. Citata in diversi casi l’agenzia Magnum Photos, che insieme all’artista detiene proprietà dei diritti d’autore delle opere.

6.4 Ernst Haas e il reportage di guerra -

Fotografo: Ernst Haas

-

Indirizzo sito Web: www.ernst-haas.com

-

Nazionalità: Austriaca

-

Biografia: Ernst Haas, nato a Vienna nel 1921, si iscrive alla facoltà di

medicina, ma durante il periodo bellico è costretto ad abbandonare gli studi. Dal 1949 al 1961 è membro dell'agenzia Magnum. Nel 1961 il Museum of Modern Art di New York gli dedica una mostra. Nel 1971 pubblica il libro “La creazione”, un'interpretazione per immagini della Genesi, che rivela i suoi personali codici di visualizzazione. Muore a New York nel 1986. Ernst Haas scopre molto presto la sua passione per la fotografia, a quanto afferma, già da bambino. Comincia a diventare famoso quando lavora come fotoreporter freelance per le riviste «Der Film» e «Heute» intorno al 1950. Queste fotografie, pervase di grande tensione, ritraggono l'arrivo del treno su cui viaggiano i soldati tornati dalla guerra. Poco dopo entra a far parte dell'agenzia Magnum. A partire dal 1951, Haas usa prevalentemente materiale a colori e lavora come collaboratore indipendente per riviste come «Life», «Look», «Vogue» e «Holiday». Realizza così immagini di una città magica, servizio su New York, e Magico colore in movimento, reportage sportivo. Haas prende sempre più le distanze dalla fotografia giornalistica sensazionalistica; nel 1964 produce i Giorni della Creazione per il film di John Huston “La Bibbia”, mentre il relativo libro “La Creazione” viene pubblicato nel 1971. Il fotografo viennese sperimenta a questo punto anche le

79


tecniche audiovisive. Come rivelano “Show floreale” del 1983 e la raccolta di immagini dal titolo “Fiori”, i particolari botanici sono un soggetto importante dell'opera dei suoi ultimi anni. Poco prima di morire improvvisamente nel settembre dei 1986, Haas presenta la sua produzione audiovisiva “Astratti”. Vi è, nella biografia di Ernst Haas, una ricorrenza di casualità piuttosto sorprendente. A Vienna, nell'immediato dopoguerra, studia fotografia al Graphische Lehr und Versuch Anstalt, ma la sua visione è troppo trasgressiva rispetto ai moduli d'insegnamento e gli viene consigliato di ritirarsi dal corso. Segue allora il proprio istinto e cerca le sue immagini nelle strade di una città ridotta ad un cumulo di macerie, soffermandosi su inconsueti episodi che descrivono con incisività delicate speranze o sofferte esperienze. Un'imprevista attesa alla stazione ferroviaria lo coinvolge all'arrivo del treno che riporta dalla Russia i prigionieri di guerra. Il momento è toccante, evidente è la tensione dei sentimenti che si alternano tra gioia, delusione e fiduciosa volontà. Quelle poche immagini, con il titolo “E le donne stanno aspettando...”, saranno pubblicate nel 1949 sulla rivista "Heute" del governo militare degli Stati Uniti nei territori occupati. Robert Capa, che dirige a Parigi l'appena nata agenzia Magnum Photos, rimane colpito dalla rara qualità del suo lavoro e invita Haas a unirsi all'ancora minuscolo gruppo di fotografi. Oggi Haas è considerato uno dei pionieri, e dei grandi maestri, della moderna fotografia a colori, come pure l'inventore del "mosso" quale soluzione visuale per rendere gli stati emotivi. Nel 1953 la rivista "Life" pubblica il suo servizio “Magic Images of New York”, dedicandogli ventiquattro pagine che affascinano i lettori e il mondo della fotografia: in realtà, per quella serie, Haas aveva utilizzato il colore quasi per disperazione. Giunto nella metropoli americana nel 1951 con un contratto di "Life", provava una profonda frustrazione nell'impossibilità di restituire con il bianco e nero le sensazioni che la città gli ispirava.

Soggetti prediletti dal fotografo

80


Ernst Haas è diventato celebre grazie ai suoi reportage , in particolare quelli dedicati al ritorno in patria dei prigionieri austriaci dai campi di concentramento dell’Europa orientale durante la seconda guerra mondiale. Pioniere della fotografia moderna a colori, dopo anni dedicati al reportage d’impatto, negli anni ’50 inizia ad immortalare momenti e situazioni, attratto dall’intensità della vita di strada e trovando spunto in grandi metropoli come Londra e New York, magicamente rappresentate nei suoi scatti.

Analisi Homepage

20

-

Il sito Web è stato sviluppato in Flash con utilizzo di javascripts per

aprire, al click del mouse le pagine in una new window. -

Il sito si presenta solo in lingua inglese.

-

Nella homepage è presente una scritta a grandi caratteri “Ernst Haas

1921-1986” nella parte inferiore della pagina.

20

Homepage del sito www.ernst-haas.com

81


-

Nella pagina iniziale è presente una sola immagine rappresentante una

metropoli “by night” allineata verticalmente al centro e orizzontalmente a destra, sopra il menu. -

Il leitmotiv del sito è il bianco, colore che si presenta in ogni pagina come

sfondo, e che occupa gran parte della visuale a schermo anche a causa della mancanza di lunghe parti di testo, in maniera maggiore nella homepage. Il menu propone accattivanti animazioni al click del mouse, come ad esempio una linea che corre verso la parte sinistra dello schermo sino ad aprire un ulteriore menu, per la scelta delle sottocategorie. Il menu principale è composto da solo quattro categorie: “by Haas”, “on Haas”, “the Studio” e “links”, che portano a loro volta ad altre sottocategorie inerenti alla tematica principale. Dai toni tenui e rilassanti, effetto causato dall’utilizzo di colori come il bianco, il verde chiaro e il beige, il sito di Haas propone un assortimento abbastanza povero di contenuti, spesso limitati a elenchi o brevi paragrafi di testo. Il sito è stato prodotto nel 2001, quindici anni dopo la morte del fotografo, dai collaboratori di Haas per celebrare, come si legge nell’intro, un grande fotografo del ventesimo secolo.

Analisi Feedback artista/navigatore -

Purtroppo si riscontrano molte difficoltà nel trovare un contatto e-mail con

lo Studio. Solo casualmente, senza la presenza di alcuna indicazione, ciccando sulla scritta “Ernst Haas 1921-1986” si attiva un comando che attiva, se installato, il programma di invio e ricezione di posta elettronica. Solo navigando affannosamente partendo dal menu, al percorso “the studio”/”about us” è possibile trovare l’indirizzo e-mail e il numero telefonico della sede.

Analisi sezione fotografica del sito

82


21

-

Nel

sito

sono

presenti

due

categorie

di

galleria

fotografica

rappresentante le opere di Haas: “color galleries” e “b&w galleries”. -

La prima categoria è divisa in diverse sottocategorie, che definiscono il

soggetto degli scatti: Abstracts, America, Asia, Creation, Europe, Flowers, Motion e, ovviamente, New York City. La categoria b&w, invece, è suddivisa nelle seguenti categorie: Abstracts, America, Asia, Europe, New York City, Portraits e Vienna. -

Le immagini si presentano nitide e di medie dimensioni, senza l’apporto

di miniature, all’interno di un Flash Movie che permette alla galleria di scorrere lentamente in avanti ponendo il mouse nella parte destra della galleria, e di tornare indietro se posto nella parte sinistra della stessa. Questo autorizza una visualizzazione non totalmente lineare delle immagini, permettendo di far scorrere le immagini che non interessano e di soffermarsi su quelle che invece attirano la nostra attenzione. -

Le immagini si presentano ben incasellate in una fascia di colore beige

che occupa circa 1/3 della schermata, situata nella parte orizzontale/centrale della pagina.

21

Sezione “color galleries” dl sito www.ernst-haas.com

83


-

Al roll over del mouse sull’immagine appare, nella parte superiore, una

didascalia che indica il titolo dell’opera, la località dove è stata scattata, l’anno di sviluppo, le dimensioni e l’edizione di stampa.

Tutela copyright -

Per quanto riguarda la tutela del diritto d’autore in questo sito, lo

strumento usato per evitare infrazioni sta nella tecnologia stessa nel quale il sito è stato concepito. La produzione in Flash, infatti, permette di creare un sito Web “schermato” sottoforma di filmato vettoriale, che impedisce in ogni modo, se non approvato dall’autore, lo scaricamento di immagini o addirittura del testo contenuto. Anche la funzione attivabile attraverso il click del tasto destro dl mouse in un filmato Flash viene disattivata. Le immagini presenti sul sito sono dunque protette e non divulgabili.

6.5 William Claxton, il fotografo del Jazz -

Fotografo: William Claxton

-

Indirizzo sito Web: www.williamclaxton.com

-

Nazionalità: Americana

-

Biografia: William Claxton nasce in California, iniziando a fotografare sin

da ragazzo. Già dalle sue prime foto in locali jazz, Claxton cerca di immortalare i musicisti da angolazioni insolite, che mostrino il lato umano e la personalità del performer. Sin dagli anni ’50 è il massimo rappresentante della Jazz Photography.

Soggetti prediletti dal fotografo

84


Claxton è stato in grado di immortalare con particolarissimo stile e ingegno i mostri sacri del jazz, da Charlie Parker a Chet Baker, passando per miti del cinema come Steve Mc Queen e artisti del calibro di Andy Warhol.

Analisi Homepage

22

-

Il sito presenta una attenta integrazione tra HTML e Flash.

-

Il sito è in lingua inglese

-

E’ presente solamente il nome del fotografo nella parte superiore della

pagina. -

Una grande porzione di pagina, quella centrale, è dedicata ad uno

slideshow di immagini in bianco e nero che si alternano ogni dieci secondi. In basso a destra vengono esposte le specifiche dell’immagine. -

Si tratta di un sito molto bello, accogliente, ricco di contenuti e concepito

con molta intelligenza. E’ l’unico sito analizzato che offre la possibilità di scegliere il sottofondo musicale per la navigazione: questa opzione ha l’effetto di

coinvolgere

in

maniera

attiva

il

visitatore,

permettendogli

una

customizzazione della visita. Le immagini sono tutte ad alta risoluzione, sia quelle in bianco e nero che quelle a colori, e per essere un website realizzato in 22

Homepage dinamica del sito di Claxton

85


Flash, risulta leggero e di facile navigazione. La fase di caricamento con connessione a 56Kb/s è abbastanza svelta. I contenuti sono molti, e non sono divisi esclusivamente in categorie standardizzate, vengono infatti introdotti elementi come “Clax Speaks” e gallerie tematiche che vivacizzano l’aspetto del sito. Lo stile è pulito, i colori sono di tonalità scure, principalmente blu e nero, con l’utilizzo del bianco e del grigio solo in particolari occasioni.

Analisi Feedback artista/navigatore -

I contatti sono facilmente raggiungibili mediante il bottone apposito

situato nella barra del menu. Al click del mouse si apre una pagina nella quale vengono indicati numero di telefono, sito web e contatti e-mail della Demont Photo Management, che si occupa della tutela e distribuzione delle opere di Claxton. Nella stessa pagina viene indicato anche un link al sito ufficiale della casa di distribuzione.

Analisi sezione fotografica del sito

86


23

-

E’ presente un ricco portfolio di immagini in bianco e nero e a colori.

-

Sono presenti sei sezioni: “Jazz”, “Fashion”, “Celebrity”; “Mc Queen”,

“Chet Baker” e “Recent Works” . -

Nella parte destra della pagina troviamo una serie di thumbnails ben

editate. Le miniature raffigurano una sola sezione della fotografia in questione, che si aprirà in maniera integrale (e di dimensioni maggiori) nella parte centrale del documento. -

Le immagini, non tutte della medesima forma, sono rappresentate in

maniera abbastanza chiara e lineare. -

Ogni fotografia è accompagnata da una didascalia, dove viene indicato il

nome del soggetto fotografato e, solo in alcuni casi, il luogo e l’anno.

Tutela copyright

Il sito di Claxton offre interessanti spunti di analisi sul tema della tutela del copyright, proponendo una intera pagina dedicata alla spiegazione dei termini di utilizzo dei contenuti del sito. Il punto di partenza che porta a questa pagina 23

Sezione fotografica del sito di Claxton

87


(esterna, in HTML, testo bianco su sfondo nero) è situato nei pressi della scritta fissa “All Images Copyrighted 2003 William Claxton” in basso a sinistra del Movie principale. […] These

are the terms and conditions that you must follow if you use our site. Your use of our

site indicates your acceptance of these terms and conditions.

Your use of the content

You may use the Content for your personal, non-commercial home use only. This means that you may view, browse through, and listen to the Content on your computer. Except for music and video, you may also download or copy one copy of the Content on a single computer for your personal, non-commercial Home use, provided you retain all credits and copyright notices associated with the Content. Excepting these limited uses, you may not reproduce, distribute, transmit, or otherwise exploit the Content in any way. In particular, you may not include the Content in any other publication or product, or any other Web site or computer network. In addition, you must abide by all other terms, conditions, and restrictions contained in any other agreement associated with the Content throughout our site.

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All photographs displayed in the William Claxton Photography web site are for viewing purposes only. None of the contents text or photographs of the William Claxton web site may be

88


reproduced in any form or by any electronic or mechanical means, including information storage and retrieval systems, without permission in writing from William Claxton Photography.

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Our site and the content therein are provided to you on an "as is". We make no warranties of any kind, either express or implied, including but not limited to, the implied warranties of merchentability, fitness for a particular purpose, or non-infringement, to the fullest extent permissible pursuant to applicable law.

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24

6.6 Greg Gorman e il ritratto in bianco e nero -

Fotografo: Greg Gorman

-

Indirizzo sito Web: www.gormanphotography.com

-

Nazionalità: Americana

-

Biografia: i lavori di Greg Gorman documentano la peculiare ossessione

per la fotografia caratteristica delle celebrità del ventesimo secolo. La sua è una fotografia senza tempo, non confinata in precisi limiti artistici: ogni scatto dà un'immagine della natura umana in tutta la sua infinita peculiarità, oltre che restare una sorta di testamento del singolo personaggio. "Per me la fotografia ha successo quando non risponde a tutte le domande", dice Gorman, "e lascia 24

Questa citazione e le seguenti sono state prese dalla sezione “rights” del sito.

89


qualcosa da desiderare". Per oltre venti anni Gorman ha continuato a coltivare l'arte della fotografia, creando ritratti e lavorando per importanti campagne pubblicitarie e riviste. Greg ha sviluppato e reso proprio uno stile unico nella professione del fotografo. Nato nel 1949 a Kansas City, Missouri, Greg ha frequentato la Kansas University specializzandosi in foto giornalismo.

Soggetti prediletti dal fotografo

Gorman è divenuto celebre per le sue capacità di ritrattista. Ha avuto occasione di scattare fotografie ad un grandissimo numero di rappresentanti artistici del nostro secolo, da musicisti come David Bowie ad artisti come Warhol, passando per scrittori celebri, attori ed atleti. Gorman scatta esclusivamente in bianco e nero e le pose sono nella grande maggioranza dei casi costruite, e cerca nei giochi di luce un risultato sempre intrigante.

Analisi Homepage

90


25

-

Sito che presenta una curata integrazione HTML/Flash.

-

Il sito si presenta in lingua inglese.

-

Nella homepage non è presente nessuna tipologia di logo. Troviamo

però nella sezione superiore della pagina, in bianco su una banda grigia, il nome del fotografo che accompagna tutta la navigazione. -

L’impatto della homepage sul visitatore è netto: prevalenza imponente

dell’immagine sul testo e toni scuri. Troviamo infatti due grandi immagini che occupano una buona porzione della pagina, entrambe in bianco e nero e affiancate tra di loro. Quella che occupa la parte sinistra della pagina raffigura una donna, sulla destra invece il soggetto è maschile. -

Il sito si presenta molto introspettivo, freddo. La presenza delle immagini

in bianco e nero, il testo che non va mai oltre il grigio determinano un certo distaccamento artista/visitatore, anche se questa scelta stilistica è determinata dal fatto che Gorman fotografa quasi esclusivamente in bianco e nero. Troviamo quindi in questa pagina iniziale del sito una traccia dello stile 25

Homepage di Greg Gorman

91


fotografico di Gorman, un vero e proprio marchio di fabbrica che, ad una analisi più attenta, anticipa i contenuti grafici del sito. Tutte le foto della sezione dedicata, infatti, sono in bianco e nero e il tono del sito resta omogeneo in tutte le sezioni visitabili. L’unica pecca è che non è presente nelle pagine alcun tipo di barra di scorrimento laterale, fattore che limita notevolmente il navigatore nella visione della schermata nel caso di risoluzioni differenti del monitor,

Analisi Feedback artista/navigatore -

Nella homepage in stile minimalista non è visibile un contatto di tipo

diretto (telefono o e-mail, ad esempio). Per raggiungere la sezione contatti è sufficiente fare un click sul tasto “contacts” presente e ben visibile sulla barra del menu.

92


26

Aperto il collegamento, si presenta una pagina ricca di informazioni su come contattare il fotografo. Nello specifico sono presenti l’indirizzo, l’e-mail, il numero di telefono e di fax. Caratteristica peculiare di questa sezione è però un box situato sotto le precitate informazioni, che permette di inviare in maniera diretta un messaggio al fotografo. I tre campi da compilare per inserire il messaggio sono nome, numero di telefono ed e-mail. Sotto troviamo un box che permette di scrivere un messaggio, affiancato dal pulsante di invio. Notiamo così come per Gorman sia importante valutare i feedback con i propri visitatori e potenziali clienti, inserendo nel proprio sito la possibilità di scrivere direttamente a lui e nel momento stesso della visita, il che garantisce immediatezza e semplicità di utilizzo, oltre a scavalcare il problema che si presenta inserendo un semplice link “malto:” determinato dalla presenza/assenza sul terminale di

26

Sezione dedicata ai contatti. Particolarità della sezione è il form per l’invio di messaggi all’artista direttamente dal sito.

93


un programma integrato per l’invio/ricezione di posta elettronica (ad esempio Eudora o Outlook Express).

Analisi sezione fotografica del sito

27

-

Nella barra del menu sono presenti due tasti che riportano ad una

visione delle fotografie di Gorman: la sezione “Folio” e la sezione “Images”. La prima richiede una registrazione mediante inserimento di un login, ed è dedicata esclusivamente ai clienti. La seconda, “Images”, porta ad una ricca galleria di immagini, contenente più di cinquecento files. E’ ulteriormente divisa in sei sezioni: “Volume one”, “Volume two”, “Prospectives”, “Inside life”, “As I see it” e “Just between us”, delle quali le ultime due sono in fase di costruzione. Le immagini rappresentate corrispondono a quelle presenti sulle pubblicazioni 27

Folio digitale del fotografo.

94


stampate da Gorman. Nella parte inferiore della pagina è presente una barra contenente le opzioni di navigazione all’interno dello slideshow, che permette di procedere sia in maniera sequenziale con la visione delle immagini, sia di saltare da una immagine all’altra mediante inserimento del numero di foto interessato. -

Le sei categorie rispecchiano, come detto, i concept books pubblicati da

Gorman. Il tema principale resta sempre quello del ritratto in posa artistica. -

Le immagini si presentano singolarmente e di medie dimensioni. La

qualità risulta molto curata, e un effetto alpha di dissolvenza introduce ogni scatto. -

Le immagini si caricano all’interno di una fascia, sempre di tonalità scura,

nella parte centrale della pagina. Sono tutte ben editate e le dimensioni risultano coerenti nel susseguirsi delle immagini. -

In basso a destra è sempre presente il nome del soggetto rappresentato,

l’anno e la città dove sono avvenuti gli scatti.

Tutela copyright -

Il sito, come detto realizzato in Flash, non permette il downlad delle

immagini, limitando la visita ad una semplice visione delle numerose immagini. Non è presente alcuna indicazione sul diritto d’autore.

Helmut Newton, il nudo d’autore -

Fotografo: Helmut Newton

-

Indirizzo sito Web: www.newton-autoerotic.com

-

Nazionalità: Tedesca

-

Biografia: Helmut Newton, oriundo tedesco con passaporto australiano e

residente a Monte Carlo nel Principato di Monaco, è senza dubbio un

95


cosmopolita che coltiva con piacere questa immagine. Il fatto che numerose delle sue foto siano realizzate in suite di albergo, fa parte sicuramente di questo atteggiamento. Newton studia con la fotografa berlinese Yva, famosa per le sue fotografie di moda, per i ritratti e i nudi. Dopo l'apprendistato trascorre parecchi anni in Australia e a Singapore e poi vive e lavora a Parigi per 25 anni. Lavora per l'edizione francese, inglese, americana e italiana di «Vogue», ma anche per «Elle», «Marie Claire», «Jardin des Modes», «American Playboy», «Nova» e «Queen». Inoltre realizza regolarmente grandi servizi fotografici per «Stern» e «Life». Oggi sono pochi i fotografi che, come Newton, riescono a polarizzare l'attenzione del mondo dell'arte, diviso fra la cerchia dei fan che ammirano le sue fotografie e gli oppositori accaniti che vogliono squalificarlo, bollandolo come fenomeno di moda o accusandolo di misoginia. In realtà Newton ha creato un nuovo stile della fotografia di moda, di cosmetici e di nudo, che sicuramente ha un successo tanto grande perché rivela una sensibilità profonda per i segni dei tempo. La fusione fra l'auto-rappresentazione offensiva e la sottomissione volontaria da un lato e la predilezione per donne alte, dall'ossatura sfaccettata, ben auto-determinate, coglie nel vivo il dilemma in cui si dibattono ancora le donne e il movimento femminista: influire sulla società con il proprio ruolo e tuttavia non rinunciare all'identità tradizionale di donna; oppure vivere il difficile e doloroso processo di ricerca di una nuova identità. Le donne mascoline, l'inclinazione all'androgino costituiscono una risposta all'identità non ancora trovata nel nuovo ruolo femminile. Le fotografie di Newton mostrano le sfaccettature più disparate dei tipi di donna che si sono sviluppati in questa situazione. Poiché non lo fa con spirito critico, ma con voluttà, Newton si è attirato le critiche pungenti del movimento femminista.

Soggetti prediletti dal fotografo

Come detto, Helmut Newton è stato reso celebre dai suoi nudi d’autore. L’artista, che si definiva “professional voyeur”, ha avuto grande successo anche

96


per la realizzazione di alcuni ritratti. Newton resta inoltre uno dei più grandi fotografi di moda del ventesimo secolo.

Analisi Homepage

28

-

Sito Web creato in HTML con l’ausilio di alcuni Javascripts per la resa di

particolari effetti di testo. -

Sito in lingua inglese.

-

In alto a sinistra è presente una immagine del fotografo ad indicare la

paternità del progetto. -

Oltre la sopraccitata immagine di Newton, ogni bottone della barra dei

menu utilizza come sfondo una immagine evocativa del contenuto della sezione. -

Questo sito non è il vero e proprio sito ufficiale di Helmut Newton, bensì il

documento di un progetto realizzato dal fotografo in collaborazione con Volkswagen per l’uscita del nuovo modello “New Beetle” . il progetto, intitolato “Autoerotic”, comprende una serie di scatti (in totale nove) realizzati da Newton 28

www.newton-autoerotic.com

97


a Milano. La scelta di analizzare questo sito è il risultato di una ricerca in Internet che non ha portato ai risultati sperati. Il sito “ufficiale” del fotografo era infatti povero di contenuti e focalizzato esclusivamente sulla vendita delle opere dell’artista, oltre che essere poco curato nella grafica. In linea generale il sito si presenta chiaro, totalmente in scala di grigi ad eccezione di alcune immagini. La barra del menu nella parte superiore della pagina è anche essa chiara e limita la scelta a sei categorie, tra le quali spicca la sezione “Gallery” contenente gli scatti relativi al progetto.

Analisi Feedback artista/navigatore -

Non essendo il sito promozionale o espositivo dell’artista, non vi era la

necessità di riportare alcun tipo di contatto. Nel sito, che si presenta come la documentazione di un evento, non sono presenti né indirizzi e-mail, né di altro tipo.

Analisi sezione fotografica del sito

98


29

-

La sezione “Gallery” presenta una selezione di nove fotografie in bianco

e nero rappresentanti il punto di vista del fotografo nei confronti dell’automobile Volkswagen. -

L’unica categoria, quella relativa al progetto “Autoerotic”, include una

breve descrizione sulle motivazioni che hanno spinto Newton a effettuare questo servizio fotografico. -

Le nove immagini, come detto tutte in bianco e nero, sono rappresentate

da delle miniature di 150x190 pixel. Al click del mouse si apre una finestra a parte che permette di visionare le fotografie in dimensioni maggiori. La qualità di compressione è buona, e permette una visione abbastanza precisa dei particolari. -

Le immagini sono incasellate in una tabella composta da due righe e tre

colonne, che offre una visione chiara e d’insieme. -

Le immagini non presentano didascalia.

Tutela copyright 29

Visone delle fotografie di Newton in una finestra separata.

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-

Le immagini sono disponibili gratuitamente per il download. Come citato

nella sezione “Inspiration” del sito: […] The real show stopper: the photos were also on the Internet and everyone could download a motif on 30.10.2000 - the day before Helmut Newton's eightieth birthday! […]

Già donate a mostre d’arte, le foto sono state donate anche ai navigatori di Internet, permettendone il download il giorno prima del compleanno di Newton.

Imogen Cunningham e il mondo floreale -

Fotografo: Imogen Cunningham

-

Indirizzo sito Web: www.imogencunningham.com

-

Nazionalità: Americana

-

Biografia: nata a Portland, Oregon, nel 1883 e deceduta a San

Francisco, California nel 1976, Imogen Cunningham entra a far parte della storia della fotografia come una donna dall’occhio sensibile e riflessivo. Immaginate lo spazio fotografato come una scatola poco profonda che la forma riempie mantenendosi vicina alla superficie dell’immagine: l’effetto che ne risulta è al tempo stesso concreto e decorativo. La forma potrebbe essere un oggetto qualsiasi provvisto di superficie variegata e continua: un corpo umano, un macigno, una foglia. Il nome di Imogen Cunningham è spesso associato a quello degli “straight photographers” degli anni ’20 e ’30, come Ansel Adams ed Edward Weston, in quanto anche lei fu tra i fondatori, nel 1932 del gruppo californiano f.64. I suoi numerosi scatto di boccioli, stami e pistilli, sovente realizzati tra le piante grasse, i fiori e i cactus del suo giardino, dimostrano quanto per la fotografa fosse rilevante il tema della fertilità. La Cunnigham cominciò a fotografare intorno al 1901, lavorando occasionalmente con Edward S. Curtis, ma mise a punto la sua estetica e i suoi temi soltanto all’inizio degli

100


anni ’20. Tra coloro che la influenzarono era solita citare Gertrude Kasebier e l’incisore giapponese Utamaro.

Soggetti prediletti dal fotografo

Imogen Cunningham aveva particolari doti nel fotografare la natura, in particolare il variopinto mondo delle piante e delle rappresentazioni floreali. Si è però confrontata con molti altri soggetti, tra i quali il nudo e l ritratto.

Analisi Homepage

30

-

Sito Web realizzato completamente in HTML con l’ausilio di frames.

-

Il sito si presenta in lingua inglese.

-

Non è presente alcun logo che si riferisca all’artista.

-

Nella parte destra del frame principale troviamo una serie di fotografie in

bianco e nero dell’artista, che si susseguono una sovrapposta all’altra con un 30

Homepage del sito della Cunningham

101


effetto di dissolvenza incrociata. Purtroppo viene trascurata la differenza tra immagini orizzontali e verticali, creando disordine all’interno della animazione. -

Questo sito, rinominato “Imogen Cunningham Trust”, è il sito di una

piccola organizzazione dedicata alla famosa fotografa, che detiene i diritti sulle opere dell’artista e organizza eventi e mostre fotografiche. Il sito si presenta scarno e poco curato. Il frame dedicato al menu e quello principali utilizzano addirittura due tipi di carattere diversi; non si trova coerenza nemmeno nelle scelte cromatiche, presentando alcune pagine su sfondo bianco e alcune altre su sfondo verde. La presenza dell’immagine nel frame centrale amplifica la sensazione di confusione data dal resto del sito, essendo male editata e creando una animazione non coerente.

Analisi Feedback artista/navigatore -

In homepage non sono presenti contatti. E’ possibile però contattare

l’organizzazione ciccando nel frame del menu Contact the Trust: nella sezione centrale appare un indirizzo e-mail ed un numero di fax per eventuali contatti.

Analisi sezione fotografica del sito -

Il portfolio non è presente. Le fotografie possono essere richieste

solamente via e-mail o su supporto cd-rom a pagamento. Cita infatti il sito: […] We are offering reproduction photographs in electronic form for publication. We are currently offering full-size scanned photographs from Trust prints in JPEG format at 300dpi, These are generally between 500kb to 1000kb. We are presently offering these scanned images via email and on a CD-ROM (additional charges apply for the CD-ROM).In the future, we will be offering a downloadable electronic scanned photographs from our Website. Please note: You need to know the downloadable file size that you can receive via email. You may wish to request from the Trust that only one

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scanned photograph be sent at a time. The price for repros varies according to the use and market. Please contact us with the particulars of your use: one-time or multiple use, publication, production run, and all other pertinent details pertinent. The correct title and print information (IPTC) will be embedded in the scanned photograph under File/File Info in Photoshop. If the length of the title is more than 31 charactors, please refer to this information for proper titling of the image. We require copyright notification with all publications of Imogen Cunningham prints: Please credit as follows: © Imogen Cunningham Trust.

(Print

Title

and

Year).

Please

contact

us

for

more

details.

Email:

31

trust@imogencunningham.com […]

Nessuna immagine sul sito, quindi: -

Nessuna categoria di immagini.

-

Nessuna immagine presente.

-

Nessun tabellamento delle immagini.

-

Nessun tipo di didascalia.

Tutela copyright -

La guerra per la tutela del copyright su Internet ha la sua massima

espressione in questo tipo di sito, che si pone vistosamente contro la diffusione di materiale on line. Le problematiche legate all’assenza di immagini su un sito del genere sono molte: generalmente prima di acquistare delle immagini d’autore un cliente desidera visionare il materiale che va acquistando. Il sito della Cunningham offre la possibilità di acquistare le immagini via e-mail o su supporto cd-rom, ma non di visionare delle anteprime delle stesse. Certo il problema della diffusione illecita delle immagini coperte da diritti d’autore viene scavalcato, ma vengono introdotte così tipologie di fruizione non adatte ad un medium come Internet. La Cunningham Trust ha molta cura delle immagini dell’artista e dei diritti sulle stesse, cita infatti a grandi caratteri nella homepage:

31

Sezione “Reproduction Rights” del sito http://www.imogencunningham.com/

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[…] Imogen Cunningham established the Trust to preserve her negatives and to facilitate the use of her photographs. […] […] All materials on this Website are copyrighted. Should you with to publish any of them, please contact us. […]

Oliviero Toscani, lo shock nella pubblicità -

Fotografo: Oliviero Toscani

-

Indirizzo sito Web: www.olivierotoscani.it

-

Nazionalità: Italiana

-

Biografia: Oliviero Toscani è nato a Milano il 28 febbraio 1942. Figlio

d'arte, suo padre, Fedele Toscani, fu il primo fotoreporter del Corriere della Sera. Dal primo giocattolo ricevuto, una macchina fotografica "Rondine" della Ferrania, alla scuola frequentata (la Kunstgewerbeschule di Zurigo, dove Toscani si diploma a venti anni con un punteggio fuori dal comune), la sua vita è segnata dalla fotografia. Gli inizi professionali sono caratterizzati da alcuni reportage che mettono sapientemente in luce alcune caratteristiche peculiari della sua generazione attraverso il ritratto di personaggi, comportamenti e mode del momento. Sono gli anni dei capelli lunghi e dell'esplosione del rock, nonché del fermento che contrassegna la società civile, la stessa che partorirà al suo interno personalità come Don Milani o come, per restare nel campo dello spettacolo, Lou Reed. Toscani è comunque sempre lì, pronto con la sua macchina fotografica a rendere testimonianza degli avvenimenti, delle tendenze e dei gusti. Il suo talento emerge con prepotenza e infatti viene subito notato da riviste di moda e di costume come Vogue, Elle e Harper's, che se lo contendono nelle loro scuderie. Il celebre fotografo è ormai riconosciuto internazionalmente come la forza creativa di alcune tra le campagne pubblicitarie mondiali di maggior successo, tra cui si possono annoverare le campagne di Esprit, Valentino, Chanel, Fiorucci e Prenatal. Dal 1982 al 2000 Toscani ha trasformato Benetton in uno dei marchi più conosciuti a livello mondiale, offrendo alla compagnia la sua immagine istituzionale, l'identità e la strategia di

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comunicazione, sviluppando al tempo stesso la sua presenza sul Web. Toscani ha inoltre creato Colors, il primo magazine globale al mondo, e Fabrica, una scuola internazionale d'arte e comunicazione che ha realizzato campagne originali per conto delle Nazioni Unite, Procter & Gamble and La Repubblica. Nel 1992 ha realizzato un servizio fotografico in Somalia, nel campo profughi di Baidoa, pubblicato su riviste italiane, tedesche e americane. I lavori di Toscani sono stati esposti nelle Biennali di Venezia e di Sao Paolo e in numerose altre importanti manifestazioni nel mondo, ottenendo diversi premi tra cui quattro "Lion d'Or" al Festival di Cannes, il Grand Pix dell'UNESCO, i Grand Prix degli Art Directors Club di New York, Tokyo e Milano e infine il "Grand Prix d'Affichage". Al momento Oliviero Toscani è il direttore creativo della rivista Talk del gruppo Miramax, per la quale ha sviluppato un identità visiva totalmente nuova. Dopo oltre trent'anni di innovazione nei campi della pubblicità, della carta stampata, della televisione e del cinema, sta ora dedicando il proprio talento creativo e comunicativo ad un altro medium: Internet.

Soggetti prediletti dal fotografo

Toscani si è sempre occupato di fotografia pubblicitaria, ottenendo i migliori risultati nella campagna per Benetton durante gli anni ’80 e ’90.

Analisi Homepage -

Sito Web realizzato completamente in Flash.

-

Sito Web solo in lingua italiana.

-

Nella homepage è presente solo il nome del fotografo.

-

La homepage di Toscani si presenta come una sorta di mini filmato con

una serie di immagini che appaiono e scompaiono in modalità random sul modello di una pellicola fotografica. Le immagini sono di piccole dimensioni e

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difficilmente visualizzabili. Non è presente alcun tipo di link che porti ad una visualizzazione concreta dell’immagine. -

Il sito si presenta dinamico e chiaro, ma la presenza di una sola

categoria, quella dedicata alla biografia dell’artista, ne limita di molto il valore.

Analisi Feedback artista/navigatore -

Una delle tre categorie selezionabili è rappresentata dalla voce “Mail”,

che purtroppo si limita ad aprire (se installato) il programma predefinito di invio e ricezione di posta elettronica. Nessun altro riferimento è presente né in homepage, né nelle categorie del menu.

Analisi sezione fotografica del sito

32

32

L’originale e coloratissima homepage del sito di Toscani.

106


-

Il portfolio è la homepage stessa del sito.

-

Non è presente alcuna distinzione in categorie di immagini.

-

Le immagini risultano piccole, di bassa qualità e persino di difficile

visualizzazione. -

Le immagini risultano incasellate in sei pellicole fotografiche.

-

Non è presente alcun tipo di didascalia delle immagini.

Tutela copyright -

Nessun indizio sulla tutela dei diritti d’autore (non esistendo un vero

portfolio professionale, probabilmente non era necessario specificarne i punti).

Robert Mapplethorpe, natura morta e fiori -

Fotografo: Robert Mapplethorpe

-

Indirizzo sito Web: www.mapplethorpe.org

-

Nazionalità: Americana

-

Biografia: nato nel 1946 a New York e deceduto per AIDS nel 1989 nella

sua città natale, Robert Mapplethorpe voleva in un primo tempo diventare musicista, ma opta poi per la pittura che studia al Pratt Institute di Brooklyn. Nel 1968 conosce la cantante Patti Smith con la quale nel 1970 si trasferisce nell'oggi leggendario Chelsea Hotel di Manhattan. Influenzato dall'amico John McEndry, curatore della sezione grafica di stampa e fotografia del Metropolitan Museum of Art di New York, Mapplethorpe comincia a interessarsi a questa arte e a collezionare vecchie fotografie. Mentre all'inizio crea soltanto montaggi con materiale fotografico di repertorio, nel 1972 inizia a fotografare con una polaroid. I temi di genere quali nature morte, ritratti e nudi e i temi classici come i fiori, tutti raffigurati in composizioni rigide e con un livello di precisione

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fotografica straordinaria, diventano i soggetti preferiti di Mapplethorpe. Suscita scalpore soprattutto per i suoi nudi in cui, spesso con una durezza addirittura arrogante e brutale, tematizza erotismo e omosessualità. La libertà con la quale affronta il sesso maschile in particolare e il fatto che, nello stesso tempo, egli non si preoccupa di nascondere le proprie inclinazioni omosessuali, ha portato addirittura al sequestro delle sue fotografie in occasione di una mostra.

Soggetti prediletti dal fotografo

I temi affrontati con maggiore successo dal fotografo sono quelli riguardanti le nature morte, i ritratti e i nudi (principalmente maschili) in posa.

Analisi Homepage

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-

Sito realizzato totalmente in HTML con l’ausilio di frames.

-

Il sito si presenta in lingua inglese.

-

Nella homepage non è presente alcun logo. E’ però presente il nome

della fondazione, in tonalità rosee al centro della pagina. 33

Homepage di Mapplethorpe.

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-

L’homepage offre un’immagine in bianco e nero molto bella., centrata

nella parte superiore della pagina. Consiste in una serie di 4 fotografie rappresentanti un uomo di colore da quattro diversi punti di vista. -

Il sito, seppur nella sua semplicità, si presenta chiaro e ricco di contenuti.

I toni restano sempre coerenti alla scala di grigi e le immagini di Mapplethorpe sono spesso presenti nella struttura grafica delle pagine.

Analisi Feedback artista/navigatore

All’interno dell’intero sito non risulta la presenza di alcun tipo di contatto con la fondazione. Nel frame dedicato al menu però è presente un modulo d’iscrizione alla mailing list del sito, per aggiornamenti regolari sull’attività della fondazione.

Analisi sezione fotografica del sito

34

34

Sezione “Selected Works”

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-

E’ presente un ricco portfolio dedicato alle opere migliori dell’artista. La

sezione, intitolata “Selected Works” offre infatti una selezione di dieci scatti per ogni sottocategoria presente -

Le categorie nella quale sono divise le fotografie dell’artista sono sette:

“Flowers”, “Nudes: Male”, “Nudes: Female”, “Portraits”, “Statuary”, “Self Portraits” e “Unique”. Molto interessante il fatto che la fondazione dà uguale spazio ad ogni sezione, offrendo agli ospiti del sito, come detto, un numero predefinito di foto. Per l’accesso alle sezioni “Nudes: Male”, e “Nudes: Female” è necessario ciccare “OK” su una finestra di Explorer, la quale ha la funzione di avvisare il visitatore della presenza di immagini per adulti nella sezione che sta per aprirsi. La categoria “Self Portraits” offre inoltre una visione d’insieme dell’immagine vera e propria dell’artista, caratteristica mancante nella pressoché totalità dei fotografi presi in analisi. E’ possibile navigare all’interno delle diverse categorie attraverso i link appositi sulla barra dei menu. E’ anche presente sotto ogni immagine una freccia per la visione dell’immagine successiva e di quella precedente. -

Le immagini sono tutte di medie dimensioni, indicativamente delle

dimensioni di 300x300 pixel. In ogni pagina viene presentata una sola immagine, il che permette il visitatore di focalizzarsi sulla fotografia in maniera maggiore, senza essere distratto da altre foto. -

Come detto abbiamo una sola immagine per pagina, che si carica nella

parte superiore sinistra del frame centrale. -

Nella parte appena inferiore dell’immagine è sempre presente il titolo o il

personaggio raffigurato nell’immagine, con al fianco l’anno di pubblicazione.

Tutela copyright

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35

-

Per quanto riguarda la tutela del copyright, in questo sito abbiamo la

possibilità di osservare una tecnica non ancora vista durante l’analisi degli altri siti Web: quella che, mediante uno script, impedisce al navigatore di utilizzare il tasto destro del mouse e le sue basilari funzioni, come ad esempio “Salva immagine con nome…” e “Proprietà” comunemente usate per la navigazione in Internet. Al click del tasto destro appare questo messaggio: “Sorry, you cannot right-click on images”

La fondazione spera di tutelare le immagini di sua proprietà presenti sul sito impedendone il download in questo modo, ma nella progettazione di questo metodo ho trovato una falla che permette di scaricare ugualmente le immagini: è vero che il tasto destro del mouse non è attivabile, ma è vero anche che Microsoft Windows di default, dopo aver lasciato pochi secondi il mouse fermo sull’immagine, visualizza in automatico delle icone che permettono il salvataggio e l’invio per posta elettronica dell’immagine. Il sistema utilizzato si

35

“Sorry, you cannot right-click on images”.

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dimostra poco efficiente, permettendo ugualmente a chiunque il download delle fotografie di Mapplethorpe.

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6.11 Osservazioni

Abbiano analizzato e approfondito l’analisi dei dieci siti Web, ora è tempo di trarre alcune conclusioni su questa ricerca. L’80% dei siti analizzati presenta una galleria fotografica dedicata alle opere dell’artista, gran parte è integrata da sottocategorie che garantiscono una netta divisione per soggetti fotografati. Se pensiamo alle finalità di un sito web di un fotografo, non dovremmo stupirci di tale dato. Infatti in questi casi il sito web diventa una vera e propria vetrina commerciale oltre che esposizione artistica. Gli unici due Websites che non sono forniti di portfolio sono quelli di Imogen Cunningham e di Oliviero Toscani, entrambi però forniti di immagini in homepage. Quello di Toscani nello specifico ha un portfolio, ma non può considerarsi tale in quanto si identifica con la stessa homepage del sito. Inoltre le immagini sono in movimento e di piccolissime dimensioni, fanno parte più di un apparato scenografico che fa da cornice al sito più che di un portfolio. Non è possibile quindi applicare per il sito di Toscani le caratteristiche tecniche utilizzate per l’analisi di un portfolio.

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36

Il 50% delle photo galleries analizzate è stata realizzata con tecnologia Flash, il che dimostra che il valore delle immagini fotografate si traspone anche su Internet, tenendo conto che un Flash Movie non permette di esportare o salvare immagini. L’altro 50% dei siti è realizzato in HTML con l’ausilio di scripts, e permette al navigatore di effettuare il download delle immagini contenute nella sezione gallery, ad eccezione del tentativo presente nel sito di Robert Mapplethorpe, che fa uso di un comando per la disattivazione del tasto destro del mouse, il quale permette di salvare una immagine con nome sul pc.

Il 100% delle homepage analizzate contiene almeno una immagine e un riferimento al nome dell’artista o della fondazione, o riprende il nome del sito e il 36

A sinistra: relazione tra l’assenza di un portfolio, il formato del sito web e la presenza di immagini in home page. A destra: relazione tra la tecnologia di realizzazione del sito web e il lovello di tutela del copyright.

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60% è realizzato in bianco e nero. Questa scelta stilistica è molto utilizzata nel mondo della fotografia, spesso a riprendere le preferenze dell’artista che fotografa principalmente in bianco e nero.

E’ interessante notare come la maggioranza dei siti web analizzati presenta una pagina dedicata alla tutela dei copyright, dove vengono spiegate le possibilità di utilizzo dei contenuti del sito. Le modalità di tutela del diritto d’autore sono applicate mediante diversi strumenti, alcuni ricorrenti, alcuni utilizzati in un solo caso. Lo strumento più utilizzato è sicuramente la tecnologia Flash, che elimina a priori la possibilità di salvataggio del file e delle immagini. Abbiamo poi l’esempio del sito in HTML di Robert Mapplethorpe, che mediante l’utilizzo di uno script disattiva la possibilità di salvare le immagini e i contenuti testuali presenti nel sito, ma che un utente esperto può tranquillamente raggirare attraverso semplici trucchi. In questo caso sarebbe stato intelligente progettare il sito web in Flash. Abbiamo poi l’esempio del sito di Imogen Cunningham, che per tutelare i copyright non espone online le fotografie, ma permette di ottenerle via mail o via posta su supporto cd-rom attraverso un form di richiesta. Questa scelta di tutela a parer mio risulta azzardata, in quanto l’interazione con il visitatore perde in immediatezza. Inoltre, come è possibile fare richiesta di immagini che non si sono magari mai viste? Ho trovato inusuale e non comunicativo il sito della Cunningham, tra le altre cose l’unico sito analizzato senza immagini (a parte Toscani, ma per altri motivi), proprio per questo motivo. La totale assenza di immagini lo rende un sito poco attraente.

Passando al polo opposto, ho avuto la possibilità di apprezzare siti web in Flash di ottima fattura. Le homepage di William Claxton e di Greg Gorman sono davvero intriganti, chiare ed eleganti. Il primo ha la particolarità di avere moltissimi contenuti, sia testuali che visuali, fatto atipico per un sito Flash. Inoltre solo nel sito di Claxton abbiamo la possibilità di accompagnare la navigazione con un sottofondo musicale. Claxton permette addirittura di scegliere il pezzo che preferiamo mediante un menu a discesa.

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Sono rimasto affascinato dal sito di Greg Gorman. A parer mio è un sito davvero ben fatto, chiaro, con molti contenuti, e le scelte stilistiche applicate al sito denotano una certa classe del fotografo. La scelta del bianco e nero, in questo caso risulta perfetta. Sono rimasto invece deluso in particolar modo dal sito del fotografo italiano Oliviero Toscani. Si tratta di un sito che a primo impatto risulta animato e gradevole, con una presentazione accattivante, ma che in realtà si dimostra totalmente privo di contenuti. Appare come un sito non terminato, lasciato a metà, e nulla ha a che fare con gli altri websites presi in analisi.

Per quanto riguarda i siti realizzati in Flash, come quello di Toscani, Gorman, Claxton e Haas, ho notato che i tempi di caricamento non superano mai un minuto alla velocità di connessione di 56 Kb/s. Come detto nella parte dedicata alla tecnologia Flash, risulta evidente l’importanza e la necessità di avere tempi di caricamento piuttosto brevi, per non annoiare il visitatore.

L’analisi relativa al feedback artista/visitatore ha dimostrato la netta importanza di raggiungere, seguendo un percorso sempliceed intuitivo, lo spazio dedicato ai contatti. Fa eccezione il sito di Ernst Haas, dove la sezione dedicata ai contatti è particolarmente difficile da raggiungere. Praticamente tutti i siti, se non nella homepage, hanno una sezione dedicata ai contatti. I due siti da questo punto di vista più interattivi sono quelli di Davide Gazzotti e di Greg Gorman. Nello specifico la sezione “Contacts” del sito di Gorman propone un form per l’invio diretto di messaggi all’artista direttamente dal sito, a garantire autenticità e immediatezza dei commenti. Un caso analogo si è presentato nel sito di Davide Gazzotti, dove sotto ogni immagine è presente un link per l’invio di commenti. Molti siti si sono affidati al classico collegamento “malto:”, che apre in automatico il programma di posta elettronica predefinito, ma che risulta inefficace nel caso in cui sul pc del navigatore non sia presente un programma di questo tipo.

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Nei siti realizzati in HTML, vi è una prevalenza di immagini in formato jpg, a garantire qualità in termini di visualizzazione e velocità di caricamento. Purtroppo nessun sito tra quelli analizzati propone una vera e propria area download per scaricare le immagini o i files sorgente in formato stampabile.

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PROGETTO PERSONALE DI WEBSITE FOTOGRAFICO

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7.1 Introduzione alla realizzazione del progetto personale di un galleria fotografica per Internet

La scelta di proporre nella terza parte di questa tesi un progetto personale inerente al campo del Web design è la logica conseguenza di un percorso che fa del punto di vista la propria colonna portante, e che scorre nelle pagine di questo lavoro. La fotografia inizialmente vista esternamente da un occhio tecnico, storico, specifico, come nella prima sezione. Scelta pressoché necessaria per introdurre l’argomento ad un lettore che probabilmente poco o nulla ha sentito parlare di questo mondo. E per iniziare a capirlo, ad assaporarlo era necessario partire dalle basi del fenomeno. La fotografia quindi vista in terza persona: “la fotografia digitale nasce nel…il sensore ha queste caratteristiche… ecc.” Nella seconda parte il tema viene trattato invece dal punto di vista del fotografo, la celebrità che ha deciso di utilizzare la rete per comunicare sentimenti, emozioni ma anche tecnica, strumenti, storia. Una maggiore soggettività rispetto alla sezione precedente, un entrare sempre più nell’intimo, nella filosofia, nella personalità di chi, per mestiere o per passione, fotografa. In questa terza parte dalla terza persona si passa alla prima persona: io, Emanuele, come vedo il mondo della fotografia? Quale mezzo migliore per descriverlo se non un progetto fotografico personale? Certo, sono solo agli inizi. Le mie fotografie nulla hanno a che vedere con gli scatti dei fotografi analizzati nella seconda sezione, ci tengo a chiarirlo. Ma se non si inizia in qualche maniera non si finisce, non si impara. Propongo dunque un mio progetto di galleria fotografica per Internet, fatta di scatti digitali che hanno come tema la comunicazione in Università, tema scelto con la professoressa Sancassani, inerente al corso di laurea che ho frequentato e che ora volge

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al termine. Una galleria che, oltre ad essere un buon esercizio di tecnica e design, vuole rimanere anche un ricordo dei momenti passati allo Iulm.

7.2 Equipaggiamento tecnico

Chiaramente i mezzi a mia disposizione rientrano nella media: non credo si possa parlare di equipaggiamento di tipo professionale, anche a causa degli elevatissimi costi delle apparecchiature. Mi sono avvicinato al mondo della fotografia digitale circa tre anni fa, con una Epson PhotoPC 700 che monta un sensore ad 1 solo Megapixel. La risoluzione massima offerta da questa fotocamera è di 1280 x 960 e il supporto di memoria è di tipo compact Flash con una capienza di soli 15 Megabyte. Lo zoom fisso, non di tipo ottico ma digitale, che non garantisce alte prestazioni né in termini di qualità dell’immagine né in termini di visualizzazione a distanza, è di 2 x (ossia la distanza tra obiettivo e immagine può essere dimezzata). Il passaggio ad una fotocamera con prestazioni di qualità più elevata è avvenuta solo pochi mesi fa: dopo essermi “fatto le ossa” con la fotocamera Epson mi sono fornito di una Minolta DiMage E 203, con sensore a 2 Megapixel, zoom ottico 3 x, digitale 2 x e risoluzione massima di 1600 x 1200 pixel.

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Il supporto di memoria è di tipo Secure Digital, più capienti di dimensioni ridotte, e può contenere fino a 64 Megabyte di immagini. Con questa fotocamera ho effettuato il servizio preso in analisi per questa tesi. Per realizzare dei buoni scatti è necessario un treppiede, che garantisca stabilità in caso di scatti senza flash a lungo tempo di otturazione, permettendo di evitare che le fotografie risultino mosse. Il treppiede in mio possesso ha come estensione minima 30 cm circa, e come massima circa 150 cm. Permette infatti di spaziare tra diverse modalità di estensione e direzione, creando in alcune situazioni originali effetti prospettici. Per il lavoro ho utilizzato inoltre un treppiede di tipo snodabile, caratterizzato dalla possibilità di rotazione della macchina fotografica a 360 gradi, che garantisce stabilità e originalità della prospettiva. Questo piccolo treppiede, la cui estensione

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La fotocamera Konika/Minolta DIMAGE E203 utilizzata per la realizzazione delle fotografie

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massima è pari a 30 cm circa, è dotato di attacco a morsa che permette di montare lo strumento su supporti fissi tipo tavoli, sedie, ringhiere.

7.3 “La comunicazione presso l’Università IULM”

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Una scelta pensata, dunque, quella del soggetto da fotografare per la sezione riguardante il progetto personale di galleria fotografica. Il corso di laurea che ho frequentato mi ha dato spunti, elementi importanti per poter intraprendere un percorso di questo tipo. Cercherò, e non è detto che ci riesca in maniera efficiente e completa, di presentare negli scatti il mio punto di vista sulla vita in Università: momenti rubati alla quotidianità dello studente, magari in una pausa 38

Intro della presentazione fotografica realizzata.

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tra una lezione e l’altra, magari aspettando in Istituto di Comunicazione il proprio turno per parlare con un professore, magari mentre sta tornando a casa con un’amica, magari mentre studia. Il filo conduttore di tutte queste fotografie è la comunicazione. Mi piacerebbe essere in grado di immortalare momenti in cui è presente comunicazione, non solo verbale ma anche non verbale. Gesti, smorfie che dicano qualcosa. Che siano comunicative. D’altronde se qualcosa ho imparato da questa Università è che non è possibile non comunicare. Il gioco sta nello scovare i momenti giusti e di fermarli in uno scatto, che non è cosa da poco. La serie si compone di 22 scatti, realizzati tra il 20 Aprile e il 29 Aprile 2004, divisi in due sezioni intitolate “Inside” ed “Outside”. Si tratta di una distinzione di tipo spaziale e concettuale. Le fotografie incluse nella sezione “Inside” rappresentano momenti catturati in ambienti chiusi dell’Università: in aula, nei corridoi, in istituto. In una Università di comunicazione altamente tecnologica come lo IULM sono molteplici le espressioni di tipo comunicativo che si incontrano normalmente ogni giorno. Si tratta di scatti contraddistinti da un tipo di comunicazione usuale, comune, standardizzata. Vedremo ragazzi e ragazze che navigano su Internet attraverso un pc portatile, che leggono comunicati ufficiali, che interagiscono con un professore, che chiacchierano al bar…Nella sezione “Outside”, invece, il tema della comunicazione viene trattato in maniera meno convenzionale, talvolta ironica. Vengono raccolti scatti in ambienti esterni, realizzati al parco nei pressi dell’Università, nell’atrio, sulle scale antincendio. E se prima le ambientazioni e le tematiche comunicative erano principalmente di tipo “ufficiale”, in questa seconda sezione vedremo il risultato di una ricerca di una comunicazione più sottile, meno immediata, meno mediata da strumenti di comunicazione standard come il computer o il linguaggio verbale, ma ugualmente efficace.

7.4 La scelta della tecnologia Flash

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Il fine del progetto di ricerca fotografica realizzato è, ricordiamo, quello della pubblicazione on line di un Webfolio fruibile su Internet. Questo scopo induce a prendere a priori delle decisioni tecniche e stilistiche relative al formato di pubblicazione. La scelta del formato SWF, fruibile su Internet mediante un plugin (Flash Player) integrato con il browser, è data dalla necessità di trovare una sorta di compromesso tra il “peso” del file finale e le opportunità grafiche date dal linguaggio Flash. Per un progetto di questo tipo infatti il linguaggio HTML sarebbe stato insufficiente per quanto riguarda le opportunità grafiche. Il formato Flash infatti permette di creare interazione e effetti grafici molto interessanti, oltre che animazioni vettoriali con effetti di dissolvenza e bottoni con particolari effetti di roll over. Trattandosi di una presentazione fotografica “d’autore”, assume grande rilevanza anche il contenitore, la cornice della 39

Visualizzazione di immagini all’interno del Webfolio realizzato.

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galleria. Deve essere ben integrata con i contenuti, sostenere il tono delle immagini: ne va della credibilità dei contenuti. Ho scelto di lavorare in Flash Ver.5, pur utilizzando abitualmente la versione MX, in quanto la versione 5 risulta più maneggevole e veloce. Ho creato in un primo momento un Movie contenente una animazione con effetto alpha contenente il titolo del lavoro: “Communication @ IULM”. Lo stile del testo in questione è scomposto, con parti di testo sfasate tra di loro e di dimensioni crescenti/decrescenti con giochi di corsivo/grassetto e di allineamento del testo. Ho optato per questa scelta stilistica perché attratto da un tipo di comunicazione non completamente manifesta, ma che richiede un leggero sforzo interpretativo per essere compresa: obiettivo di questa parte introduttiva del lavoro è immergere da subito

il

visitatore

nell’ambiente

interattivo,

ottenendo

un

maggiore

coinvolgimento. A parte questo, sono sempre stato affascinato dallo stile calligrafico di tipo futurista: non che questo ne sia valido esempio, ma in un certo qual modo potrebbe ricordare lo stile degli scrittori appartenenti a questa corrente culturale. Come sfondo è stata utilizzata una fotografia in bianco e nero scattata nell’atrio dell’Università, scurita per una visione più contrastata delle immagini appartenenti alla galleria. La foto utilizzata come sfondo è stata precedentemente ritoccata per ottenere un effetto blur di movimento, con lo scopo di dare una visione mossa e non particolareggiata della realtà che rappresenta, sempre con lo scopo di non distrarre il visitatore dalla visione delle fotografie pur garantendo un buon effetto visivo. La galleria si presenta completamente in scala di grigi, come abbiamo visto in molti siti Web di fotografi celebri, a richiamare lo stile fotografico delle immagini: i giochi di luce ed ombra sono il tema principale della cornice. La scelta del bianco e nero è stata inoltre determinata dal sentimento associato alle immagini fotografate: il mio corso di studi sta finendo, e al bianco e nero viene spesso associata una sensazione di malinconia, di antico, di passato. La scelta di mantenere i toni in secondo piano molto scuri è determinata dalla volontà di non distrarre il fruitore con una

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cornice troppo luminosa o addobbata, per permettere una visione migliore e più precisa delle immagini che, non dimentichiamo, sono il fulcro di una Web gallery. Una banda superiore di colore nero ed una inferiore delle stesse dimensioni sono utilizzate per l’inserimento di nome, cognome e numero di matricola. Le immagini si aprono nella parte centrale del filmato. Per ogni immagine visualizzata appare, in un blocco di testo posizionato sulla destra di colore scuro, il titolo e la sezione alla quale appartiene, oltre che il numero progressivo. Sono presenti quattro pulsanti di forma rettangolare con effetto roll over: Inside, Outside, Top e Next. E’ possibile passare all’immagine successiva anche cliccando nell’area di presentazione della fotografia. Questo permette di visionare in maniera sequenziale le immagini, ma anche di saltare ad una particolare sezione con un semplice click del mouse. La numerazione progressiva delle fotografie aiuta il visitatore nel determinare la posizione nel quale si trova. Il sito è completamente trattato in lingua inglese. Questa scelta è stata fatta in funzione del fatto che l’inglese è oramai diventata ufficialmente la lingua di Internet: i contenuti testuali del folio sono comunque molto pochi e di facile interpretazione. La scelta della lingua inglese è determinata anche da una scelta stilistica personale: da sempre infatti ho intitolato le mie fotografie e i miei lavori digitali in lingua inglese, lingua che dal mio personale punto di vista offre particolari opportunità di interpretazione, quindi adatta alla descrizione di un’opera. Nella parte destra del Movie abbiamo come immagine fissa una scritta alla quale è stato applicato un effetto alpha. Il testo in analisi, scritto con il medesimo stile del titolo introduttivo, accompagna il visitatore per tutta la navigazione. Si tratta della scritta “Interactions”, che ad una visione più attenta nasconde moltissimi significati di tipo simbolico, al di là della classica traduzione letterale con il termine italiano “Interazioni”. Proprio per la sua presenza costante all’interno del sito, ho voluto fortemente che fosse ben chiara e che avesse una posizione privilegiata all’interno della pagina. “Interactions”, quindi

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interazione e comunicazione, termine che funge da sottotitolo unico alle ventidue immagini. Ma anche, volendo, “Interactions in action”, ossia interazione in azione, accoppiamento di termini, gioco di parole a puntualizzare la tematica trattata. Non si tratta di scatti relativi ad una banale interazione, bensì, come detto , interazione in azione, in movimento.

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Questo significato “subliminale” può essere scoperto leggendo più volte con attenzione la parola e osservando lo stile, la dimensione e la disposizione del testo. Le sezioni di parola “IN” e ACTION” sono messe maggiormente in evidenza sia per l’uso del grassetto, sia per le dimensioni dei caratteri. Il visitatore coglierà dunque in prima istanza, attraverso un semplice esercizio di composizione mentale delle sezioni di parola, il termine Interaction. Se ne sarà capace, solo in seconda istanza, sarà in grado di cogliere anche l’evidenza del “IN ACTION”, giungendo al risultato finale sopra accennato. Questo significato racchiude però un altro importante dato relativo allo stile delle immagini. Tutte le 40

Screenshot della scritta “Interactions” presente nel Movie.

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fotografie scattate sono caratterizzate da un senso di movimento, di azione, che richiama allo stile della “Street Photography” di Davide Gazzotti: spesso i soggetti risultano mossi, sfalsati, immortalati nel preciso momento dell’azione comunicativa, in azione quindi. Questo risultato è dato da un particolare utilizzo della camera digitale che verrà spiegato in seguito. Abbiamo descritto le modalità di costruzione e le scelte stilistiche relativo al folio per Internet, ora entreremo più nel dettaglio delle problematiche di pubblicazione e della tutela del diritto d’autore per una galleria fotografica di questo tipo. Il file SWF creato con Macromedia Flash 5 offre come possibilità di pubblicazione moltissimi formati, tra i quali SWF, JPG, GIF, HTML e PNG. Chiaramente nel nostro caso è obbligatoria la pubblicazione in SWF, trattandosi di un filmato e non di una immagine statica a singolo frame. Il file finale potrebbe risultare particolarmente pesante (intorno ai 4 Mb) se nelle opzioni di pubblicazione imposteremo la qualità delle immagini a livelli molto alti, indicativamente 90/100 e 100/100. Il peso del file si riduce considerevolmente impostando una qualità di pubblicazione delle immagini leggermente inferiore. Il risultato sarà perciò una pagina Web contenente un filmato Flash dal caricamento abbastanza veloce. E’ quasi d’obbligo creare un preloader che indichi il livello di caricamento del filmato, per non scoraggiare l’utente durante la fase di caricamento. Trattandosi di un file SWF, la tutela del diritto d’autore è insita nella tecnologia di realizzazione stessa. Come abbiamo visto precedentemente nell’analisi dei siti Web di artisti, non è possibile scaricare immagini da un filmato SWF: ciò impedisce la diffusione illecita delle immagini dell’autore. Nel caso in cui il mio lavoro venga pubblicato all’interno di un più vasto sito Web, penso che opterei per la libera diffusione delle mie immagini a scopo didattico o per uso personale, magari attraverso una richiesta scritta via e-mail per la richiesta di invio delle fotografie desiderate in formato jpg stampabile. Come detto precedentemente, la scelta di pubblicare il Webfolio in formato SWF è stata determinata da una scelta stilistica e non relativa alla tutela del diritto d’autore.

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Mi ritengo favorevole alla diffusione attraverso Internet dei miei lavori, chiaramente non a scopo di lucro: per questo renderei disponibili per il download le immagini in formato digitale.

7.5 Rielaborazione e fotoritocco degli scatti

Chiaramente le immagini presentate in questo progetto non sono solo frutto di un particolare “occhio” fotografico. Hanno tutte subito un post trattamento mediante un programma di fotoritocco, nello specifico Adobe Photoshop ver. 7 e Ulead Photoimpact XL con relativi plugins per il bilanciamento del colore. Le fotografie sono state scattate direttamente in bianco e nero (è più corretto il termine “scala di grigi”) dalla macchina fotografica digitale. Una volta importate sul personal computer, sono state aperte con i programmi sopra elencati e, attraverso una serie di operazioni, ottimizzate e ritoccate. La prima operazione, forse la più importante del processo di ritocco, consiste nel determinare le dimensioni effettive dell’immagine. La mia fotocamera scatta ad una risoluzione di 1600x1200 pixel, adatta alla stampa ma non alla pubblicazione in Internet. I file di queste dimensioni possono infatti raggiungere le dimensioni di 2/3 Mb a seconda della risoluzione, formato impensabile per una corretta visione su Internet. Per scopi di pubblicazione on line è consigliabile ridurre le dimensioni in pixel e la risoluzione orizzontale e verticale. Otterremo mediante questi passaggi un file leggermente meno particolareggiato (ricordiamo che la compressione jpg è lossy, ossia a perdita di informazione) ma molto più leggero ed adatto ad una visione a schermo (mediamente intorno ai 96 dpi). In un secondo momento sono stati regolati i valori di luminosità e di contrasto. Non tutte le fotografie presentano la stessa esposizione alla luce e lo stesso contrasto: per presentare una raccolta fotografica omogenea è assolutamente necessario equalizzare tutte le immagini su livelli simili tra di loro, in modo da

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non creare uno sbalzo tonale tra la visione di una immagine e l’altra, anzi, creando una certa coerenza e continuità nel flusso di immagini. A dire il vero ho preferito intervenire prima dello scatto piuttosto che dopo: ho prestato moltissima attenzione alle impostazioni della fotocamera per realizzare degli scatti il piÚ possibile vicini alla mia idea del soggetto, per intervenire solo in maniera marginale in un secondo momento. Ho inoltre utilizzato un treppiede snodabile di piccole dimensioni per ottenere prospettive particolari. Gli effetti di movimento e i giochi di luce presenti nelle fotografie non sono il risultato di un processo di fotoritocco ma sono frutto di determinate impostazioni della fotocamera.

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Esempio di immagine presente nella galleria. Il soggetto in primo piano risulta volutamente sfalsato: questo effetto è dato da una impostazione di apertura/chiusura dell’otturatore piuttosto lunga.

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Nello specifico le impostazioni standard che ho utilizzato per ottenere l’effetto di nitidezza in primo piano e movimento in secondo piano sono state queste:

-Tipo di immagine bianco e nero: la scelta stilistica è stata presa a priori per una questione di gusti personali. Inoltre per rappresentare un qualcosa che sta finendo (il mio corso di studi) mi è sembrato adatto adottare questa tipologia espressiva.

-Bilanciamento del bianco notturno: questa opzione crea immagini molto contrastate.

-Assenza totale del Flash: è la scelta che maggiormente influenza lo stile fotografico. L’assenza del flash determina tempi di esposizione maggiori, quindi la macchina non immortala l’istante come avviene con il Flash, ma immobilizza il movimento che intercorre tra l’apertura e la chiusura dell’otturatore, che per la mancanza di luce risulta più lunga in termini di secondi.

-Compensazione dell’esposizione -2/+2: a seconda del luogo e del tipo di illuminazione che ho trovato, ho cercato di mantenere i valori costanti aumentando o abbassando la compensazione dell’esposizione, per ottenere foto illuminate in maniera simile tra di loro.

-Assenza totale dello zoom digitale: lo zoom digitale sgrana l’immagine, è quindi sconsigliabile il suo utilizzo.

-Utilizzo dello zoom ottico moderato: nel progetto ho preferito offrire immagini che dessero una visione d’insieme. Ho quindi utilizzato molto poco anche lo zoom ottico.

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-Tempo di esposizione medio/lungo: come detto, l’assenza di una fonte di illuminazione artificiale come il flash determina tempi di esposizione medio/lunghi e crea particolari effetti di movimento.

7.6 Completamento del lavoro e riflessioni personali

La realizzazione di questo progetto personale nel campo della fotografia digitale ha richiesto circa tre mesi di lavoro tra progettazione, fase fotografica e realizzazione della galleria in Flash. In questo lasso di tempo ho scattato circa 500 fotografie, delle quali solamente ventidue sono state scelte e inserite nel folio. La maggior parte degli scatti sono stati realizzata aprile e maggio, durante i corsi di specializzazione nel campo della radio che ho frequentato. I soggetti rappresentati sono nel 70% dei casi amici conosciuti durante il corso. Per la realizzazione degli scatti all’interno dell’università è stata necessaria l’autorizzazione scritta dell’Ufficio Affari Internazionali. Credo che dagli scatti risulti evidente lo stile che contraddistingue le immagini: uno stile mosso, attivo, non costruito e spontaneo. Sono rimasto molto colpito dall’analisi dei lavori pubblicati on line da Davide Gazzotti, e credo che la visione delle sue fotografie abbia influenzato il mio stile fotografico.

E’ stata una esperienza molto edificante sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista umano. Ho avuto infatti la possibilità di perfezionare e ampliare le mie conoscenze e la mia tecnica, ma ho avuto anche l’opportunità di coltivare un’esperienza personale molto interessante: ho conosciuto nuove persone, ho cercato di entrare nel loro punto di vista, le ho osservate per molto tempo e ho colto in loro alcuni aspetti della comunicazione che prima mi erano ignoti. Ho

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imparato ad osservare da diverse angolazioni, sia pratiche che mentali, la vita in UniversitĂ .

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CONCLUSIONI

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La fotografia ha una lunga storia, fatta di esperimenti e continui perfezionamenti tecnici, artistici, stilistici. Nel corso dei secoli si è evoluta non solo come strumento tecnico, ma anche come movimento culturale, artistico, con una propria storia e propri parametri di stile, al pari della pittura o del cinema moderno. Si sono ottenuti risultati tecnici sbalorditivi. Molti artisti hanno utilizzato in maniera eccelsa questo mezzo, mettendone in evidenza le notevoli facoltà espressive e comunicative. La macchina fotografica reflex ha fatto la storia della fotografia moderna, e forse per questo motivo molte personalità si ritengono “puriste” del genere: la reflex ha dato tanto alla cattura delle immagini, e per questo chi sente parlare di tecnologia digitale applicata alla fotografia storce un po’ il naso.

Ma i tempi corrono, e la tecnologia avanza, si migliora, e viene applicata a tutto. Ricordiamo l’impatto innovativo delle nuove tecnologie nel cinema, nella televisione, nell’arte. Il tradizionale che si rinnova. Nel nostro caso la fotografia che abbandona (anche se non integralmente) le proprie origini analogiche per fare il grande salto verso il digitale, che abbandona la pellicola per entrare nel mondo dei bit.

La nascita della fotografia digitale come mezzo espressivo

raggiungibile da un vasto pubblico non è un fatto casuale, bensì la chiara conseguenza di uno sviluppo tecnologico e culturale. Per molti aspetti l’introduzione del digitale ha rivoluzionato in maniera pressoché totale il mondo della fotografia. Non risulta difficile ascoltare lunghe discussioni tra i puristi del genere reflex e gli innovatori del digitale.

Nel 2004 la tecnologia digitale è entrata ufficialmente nel campo della fotografia, modificandone le caratteristiche e in un certo senso ampliandone le modalità espressive. Tutti ne erano certi: in questa era di innovazioni tecnologiche prima o dopo anche la fotografia avrebbe subito dei cambiamenti, e così è stato.

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E’ certo che, ad oggi, il digitale nella fotografia non ha ancora raggiunto i livelli di qualità offerti dalla modalità reflex, ma bisogna pensare che in termini di tempo la tecnologia digitale si sta migliorando e sviluppando rapidamente di anno in anno, e che le basi per un perfezionamento della tecnica sono già ben solide, nonostante la giovane età di questa tecnologia di tipo fotografico.

Il punto principale da cui partire per passare "serenamente" dalla fotografia tradizionale a quella digitale, o quantomeno, per avvicinarsene, è senz'altro quello per cui fotografia digitale e tradizionale rappresentano un mezzo e non un fine, l'unico scopo infatti è l'acquisizione dell'immagine. Naturalmente la qualità di questa ultima è una componente primaria e indispensabile. Possiamo tranquillamente dire che la rivoluzione digitale ha portato enormi vantaggi per chi opera nel campo della fotografia: principalmente risparmio di tempo e denaro, in secondo luogo la possibilità di avere a disposizione soluzioni diverse nella stessa fase di ripresa. Non è da sottovalutare il fatto che, con la tecnica digitale, sono ridotti al minimo i rischi di danneggiare i lavori (graffi sulle pellicole, prese di luce, sviluppi errati etc.). Tanti altri sono i vantaggi (velocità di trasferimento, verifica immediata dei risultati, facile archiviazione e gestione dei dati) ma sopratutto il fatto, per un fotografo, di essere completamente indipendente. Chi possiede una fotocamera digitale, un computer e una buona stampante non ha bisogno d'altro. Per quanto riguarda la qualità dell'immagine, l'unico svantaggio è che per raggiungere i livelli della fotografia tradizionale i prezzi sono ancora elevati, ma questo, come detto, è solo una questione di tempo.

La macchina digitale è uno strumento eccezionalmente integrato con Internet. Come dimostrato nell’arco del lavoro, la fotografia digitale risulta come il mezzo più adatto e diretto per la cattura e la diffusione dell’immagine in Rete.

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L’avanzata delle nuove tecnologie e l’imporsi di nuovi formati grafici hanno permesso un processo di adattamento dell’arte fotografica con il medium Internet, creando un connubio inscindibile che ha come usuale realizzazione il sito Web.

Sono convinto che in futuro si realizzerà completamente il processo di integrazione tra arte digitale e arte tradizionale. Non bisogna a parere mio temere che una forma di espressione artistica sovrasti l’altra, in questo caso il digitale che mette a repentaglio la dignità della fotografia classica, bensì vedere l’avvento di questa nuova tecnologia come un’opportunità. Con i nuovi mezzi messi a disposizione dalla tecnologia digitale sarà possibile migliorare quello che è stata la fotografia reflex, senza però mettere in disparte il grandioso bagaglio di nozioni, tecnica e storia che essa ha lasciato. In fondo, come abbiamo scritto nella parte relativa il confronto tra le due correnti di pensiero, la macchina fotografica digitale funziona come la macchina reflex, cambiano solo le modalità di impressione.

Lo scopo della fotografia è sempre stato quello di catturare un momento in una immagine: di certo il digitale ha lo stesso fine, solo che intimorisce molti perché introduce nuove forme espressive, correndo il rischio di lasciare nel dimenticatoio secoli di cultura fotografica. Ma il fine è sempre lo stesso, e sono certo che nei prossimi anni questo connubio inizierà a dare i suoi frutti.

Non dimentichiamo che in commercio sono già disponibili apparecchiature denominate Reflex Digitali. Si tratta di macchine fotografiche che hanno il corpo macchina di una tradizionale reflex, con l’aggiunta di alcune caratteristiche essenziali e utilissime classiche delle digitali. Nulla del passato viene perduto, quindi, e si aggiungono nuove forme e nuove opportunità.

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Questo lavoro di ricerca mi ha permesso di esplorare e approfondire il fenomeno della fotografia digitale e del suo rapporto con la Rete. Da appassionato sono stato molto contento di poter affrontare un tale argomento, soprattutto per il fatto di aver avuto la possibilitĂ di realizzare un progetto personale

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IMMAGINI TRATTE DAL PROGETTO FOTOGRAFICO

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”INSIDE”

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Group working

The answer

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Learning interaction

Problem solving

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Waiting

M@ilbox Part 1

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M@ilbox Part 2

The radio workshop

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My coffee

Breaking news

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The break

Goodbye

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“OUTSIDE”

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Cigarette time

A break @ Iulm 5

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Me and my friends

Ninja Girl

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Rainy day

Rainy day part two

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Press idea

Meeting

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Sunny day

Lunch time

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RINGRAZIAMENTI

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Vorrei ringraziare in primis mia madre e mio padre, per aver sempre creduto in me anche nei momenti piĂš grigi.

Ringrazio mio fratello Lorenzo e la sorellina Gaia, per la gioia che mi regalano ogni giorno.

Grazie alla mia piccola Lolly per tutte le volte che ha saputo capirmi, per tutte le volte che mi ha rinfrancato e per l’amore che ogni giorno mi dimostra.

Un saluto particolare agli amici piĂš speciali, che da sempre mi sono vicini, che mi hanno dato sempre una mano, che mi sopportano e supportano.

A tutti gli amici e le amiche dello Iulm, in particolar modo a quelli incontrati in questo ultimo periodo ai corsi di specializzazione sulla radio, per avermi regalato una boccata di aria fresca, per il calore e l’affetto che hanno dimostrato.

Grazie a Susanna Sancassani per aver permesso la realizzazione di questa tesi di laurea, e per aver colto con entusiasmo le mie idee.

Grazie a tutti voi, per averci creduto.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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BIBLIOGRAFIA

Siti che funzionano: quando il Web design non significa disegni sul Web (Sofia Postai, 2001)

Scrivere, linkare, comunicare per il Web (Enrico Pulcini, 2000)

Lo stile del Web, parole e immagini nella comunicazione di rete (Franco Carlini, 2000)

Immagini digitali, terza edizione (Ihrig, 2002, Ed. Mc Graw-Hill)

Il mondo della fotografia (Phaidon Press 2003)

Fotografia Digitale (PlayPress Publishing 2002)

SITOGRAFIA

Fotografi •

www.corbijn.co.uk

www.davidegazzotti.com

www.ellioterwitt.com

www.ernst-haas.com

www.williamclaxton.com

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www.gormanphotography.com

www.newton-autoerotic.com

www.imogencunningham.com

www.olivierotoscani.it

www.mapplethorpe.org

Risorse multimediali •

http://www.fotografi.org/

http://www.photoshot.com/

http://masters-of-photography.com/

http://www.neural.it/

http://www.bestusaphotographers.com/

http://www.photoworkshop.com/

http://www.fotochepassione.com/area-digitale.htm

http://web.tiscali.it/visualphoto/

http://www.worth1000.com/

http://www.net-art.it/

http://www.noemalab.org

http://www.mediamente.it

http://www.the-artists.org/

http://www.virgilio.it

http://www.google.com

http://www.altavista.com

http://www.e-culture.it

http://www.centoiso.com

http://www.webstudio22.com

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