Nisimazine Alba 2009 #4

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Alba Nisimazine

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20.03.2009

Una gazzetta speciale pubblicata da NISI MASA, network europeo del cinema giovane A daily gazette published by NISI MASA, European network of young cinema

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istribuire copie di Nisimazine alle persone in coda al Cineplex può trasformarsi in un’esperienza piuttosto educativa. Soprattutto quando un gruppo di gentili anziane signore sono in prima fila per un film indipendente iraniano, opera di un regista al debutto con una storia ambientata in una zona di confine fra Iran e Iraq. Questo ci può dire qualcosa sul festival di Alba – a parte l’ovvio fatto che Alba sia una bella città, specialmente quando bagnata dalla luce del sole di una primavera imminente- e ci dice che il pubblico, qui, ha acquisito un gusto per il cinema; una conferma della presenza stessa del festival. In verità, non è poi così insolito per festival in piccole città proiettare film più popolari per il proprio pubblico. L’opinione generale (piuttosto dettata dai pregiudizi) sostiene che le comunità più piccole non siano il posto migliore dove il nuovo possa fiorire, per lo meno in campo artistico. Per colui che visita per la prima volta il Festival di Alba, questo si rivela una bella sorpresa: un festival umile e appassionato che ha creato e mantenuto un’abitudine salutare per un genere di cinema differente. Credo quindi di dover contraddire le dichiarazioni rilasciate nella nostra intervista, pubblicata sul secondo numero, da Bruno Fornara: ha detto d’aver tentato di comporre un programma di richiamo sia per il grande pubblico sia per i cosiddetti ‘specialisti’. La cosa curiosa (e rimarchevole) è che qui sembra si tratti delle stesse persone.

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anding out copies of Nisimazine to the people standing in line at the Cineplex can turn out to be quite educational. Especially when a group of very nice old ladies are the first in line for an independent Iranian film by a first-time director, with a story set in the Iran-Iraq border zone. That tells you something about the Alba Festival - apart from the obvious fact that Alba is a beautiful city, especially when bathed in the sunlight of a very near springtime - it tells you that audiences here have an acquired taste for films, and that’s probably the result of the ongoing presence of the festival itself. Actually, it’s not uncommon for festivals in smaller towns to screen a more mainstream kind of films to their audiences. General (and quite prejudiced) opinion states that smaller communities are not the best place for the new to flourish, or at least not regarding art. But for a first-time visitor, the AIFF has turned out to be a happy surprise: a humble yet passionate festival which has created and maintained a healthy habit for a different kind of cinema. So I guess I have to contradict Bruno Fornara’s statements from the interview we published in our second issue: he said he tried to come up with a programme that would appeal to the larger audiences on one side but also to the socalled ‘specialists’. The curious (and great) thing is that here, apparently they’re both the same.

Agustín Mango

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PHOTO BY JOHANNA SCHUH

FOTO DEL GIORNO / PICTURE OF THE DAY

« Masahide Junior: A star was born »

FILM DEL GIORNO / FILM OF THE DAY WONDERFUL TOWN Aditya Assarat (Tailandia/Thailand, 2008)

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ella prima scena di Wonderful Town le onde s’infrangono sulla spiaggia. Na si risveglia dai suoi sogni mentre riposa sul banco dell’hotel di cui si occupa. L’hotel della sua famiglia si trova a Takua Pa, in Tailandia, zona devastata qualche anno fa dallo tsunami. La città è stata ricostruita ma l’acqua ancora s’insinua nelle vite degli abitanti – attraverso la pioggia costante, il fiume che trascina via la morte e l’inesorabile forza delle onde, inesorabile quanto il destino di Na. Questo destino conduce Ton all’albergo. Un architetto di Bangkok che arriva per supervisionare la costruzione di un resort sulla spiaggia. Descrivendosi come un uomo “normale” decide di soggiornare all’albergo di Na. Qualcosa di prevedibile quindi accade: i due solitari iniziano una storia romantica e s’avvicinano nonostante siano molto diversi – lei un’innocente giovane donna dalla campagna, lui un giovane uomo perduto in mezzo alle macchine e alla folla di Bangkok. Ma come Ton afferma “nessuno o moltissima gente, non è lo stesso?”

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EDITORIALE / EDITORIAL

n the first scene of Wonderful Town, waves break on a beach. Na awakes from her dream, resting on the counter of the hotel she takes care of. Her family hotel is located in Takua Pa in Thailand, which was devastated by a tsunami several years ago. The town has recovered, but the water still interposes itself between the inhabitants’ lives – through the constant raining, the river that carries death away, and the inexorable strength of the waves; as inexorable as Na’s destiny.

This destiny brings Ton to the hotel. An architect from Bangkok, he comes to supervise the construction of a resort on the beach. Since he defines himself as a “regular” man, he decides to stay at Na’s hotel. That’s when something predictable happens: the two loners start a romantic fling and get close even though they are so different – she is an innocent young woman from the countryside; he is a young man lost in the middle of all the cars and people of Bangkok. Like he says, “no one or a lot of people, isn’t it the same?”

Ma le onde vanno e vengono e ben presto i residenti della città, compreso il fratello ribelle di Na, cominciano a intromettersi nella loro relazione. Ogni cosa accade in modo molto sottile, dallo sbocciare della storia d’amore fino all’insorgere della disapprovazione e questo è, probabilmente, uno dei pregi principali del film. Un’altra qualità è che affronta – in modo velato – la storia recente di un paese distrutto da un disastro naturale. Il regista tailandese Aditya Assarat trasmette il suo messaggio con la tipica delicatezza orientale, usando come metafora l’acqua, meravigliosi paesaggi e una storia d’amore quasi impossibile.

But waves come and go, and soon the small town’s residents, including Na’s rebellious brother, begin to bother their relationship. Everything happens subtly, from the blooming of the romance to the disapproval it causes, and this is probably one of the film’s major achievements. Another quality of the film is that it deals - in a veiled way - with the recent history of a country ruined by a natural disaster. Using water as a metaphor, beautiful landscapes, and an almost impossible romance, Thai director Aditya Assarat conveys his message with typically oriental delicacy.

Assarat ha cominciato la sua carriera dirigendo cortometraggi, molti dei quali proiettati in festival in giro per il mondo. Nel 2005 ha presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival 3 Friends. Con Wonderful Town il regista ha vinto il VPRO Tiger Award all’International Film Festival Rotterdam e cinque trofei al XVIII Subannahongsa Award, il più importante premio tailandese.

Assarat began his career directing short films, many of them shown at festivals all around the world. In 2005 he released 3 Friends, which premiered at the Toronto Film Festival. With Wonderful Town, the director won the VPRO Tiger Award at the International Film Festival Rotterdam, and five trophies at the 18th Subannahongsa Awards, Thailand’s most important film award. Martha Lopes


CRITICA / REVIEW TREELESS MOUNTAIN So Yong Kim (Corea del Sud, USA /South-Korea, USA 2008)

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Attraverso gli occhi di una bambina di sei anni Through the eyes of a six-year-old

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’intreccio di Treeless Mountain può facilmente ricordare Nobody Knows di Hirokazu Kore-eda, in cui alcuni bambini venivano abbandonati a se stessi nel loro appartamento dalla madre. Ma il film di So Yong Kim, in cui due sorelline, Jin e Bin, sono lasciate dalla madre a casa della zia, assomiglia in verità ad un altro film coreano recente: Secret Sunshine di Lee Chang-dong. Entrambi traggono la propria forza da una narrazione interamente dedicata ai loro protagonisti.

he storyline of Treeless Mountain reminds us of Hirokazu Kore-eda’s Nobody Knows, in which a group of children is abandoned in their apartment by their mother. But So Yong Kim’s movie, in which two sisters, Jin and Bin, are left by their mother in an aunt’s house, actually resembles another recent Korean movie: Lee Chang-dong’s Secret Sunshine. Both films get their soul from a narrative entirely dedicated to their main characters.

In Treeless Mountain, tutto quello che non fa parte del mondo di Jin non ha alcun interesse. La macchina da presa è sempre molto vicina alla protagonista di sei anni. Si tratta del più grande pregio del film: saper investigare il punto di vista di Jin su quel che sta accadendo. E ci sono due Jin totalmente differenti: una all’inizio, con la vita di una bambina normale che va a scuola; e un’altra alla fine, che vive nella fattoria dei nonni e che deve vivere senza madre. Durante il film, siamo al suo fianco a ogni istante, quasi come se lei stesse dirigendo il proprio percorso sullo schermo.

In Treeless Mountain, nothing that is not part of Jin’s world is of any interest. The camera is always very close to the six-year-old protagonist. This is the greatest strength of the movie: knowing how to go deep into Jin’s vision of what’s happening. And there are two totally different Jins: one at the beginning, with a normal kid’s life, going to school; and another at the end, living on her grandparent’s farm, having to carry on with life by herself. During the film we are by her side for every minute, almost as if she is directing her own journey onscreen.

Sarebbe facile definirlo un film realizzato sotto l’influsso del Neorealismo, ma si tratterebbe di un’affermazione poco accurata, giacché qui si tratta del realismo di una bambina. Questo significa che, se c’è sofferenza, c’è anche un bel po’ di fantasia. Treeless Mountain è uno di quei film che conducono a chiedersi cosa sia accaduto ai loro protagonisti. Come sarà Jin tra dieci, vent’anni? Questo tipo di relazione tra spettatori e personaggi è uno dei più gratificanti.

It would be easy to call this a film made under the shadow of neo-realism, but this would be an inaccurate statement, since here it is the realism of a child. This means that, if it has suffering, there is also a great deal of fantasy. Treeless Mountain is one of those movies that make you wonder about its characters. How is Jin going to be in ten, twenty years? And that kind of relationship between spectator and character is one of the most gratifying of all.

João Cândido Zacharias

-------------------------------------------------------------------------------Per presentare Mubobi (Naked of Defenses), il cineasta giapponese Ichii Masahide, sua moglie – attrice anche nel film - e loro figlio sono ospiti del festival. Non avrebbe potuto essere altrimenti dal momento che il primo nato di questa famiglia è stato la ragione del film. In order to present Mubobi (Naked of Defenses), the Japanese director Ichii Masahide, his wife Sanae Konno - also actress in the film - and their son came the festival. It couldn’t be any different, since the first-born of this family was the motivation to do the film.

INTERVISTA / INTERVIEW

ICHII MASAHIDE & SANAE KONNO You started your career as a comedian, and your other film, Hayabusa (Dog Days Dream), is a comedy. Mubobi on the other hand is a drama. Do you intend to keep this versatility? Ichii: I don’t actually like to draw a distinction between comedy and drama. So in both cases what really counted for me was the fact that I was constructing portraits of people. That’s what I’ll keep on doing, sometimes with a little humour.

Hai iniziato la tua carriera come comico e il tuo primo film Hayabusa (Dog Days Dream) è una commedia. Invece Mubobi è un film drammatico. Sei intenzionato a mantenere questa versatilità? Ichii: In verità non amo tracciare una netta distinzione fra commedie e film drammatici. In entrambi i casi ciò che realmente era importante per me era il fatto che stavo costruendo ritratti di persone. E questo è ciò che continuo a fare, talvolta con un po’ di humour.

un qualche sollievo. Sapevo che non potevo fare molto ma potevo mostrare loro come superare questo lutto. Ed ero intenzionato a fare un film che sarebbe stato accettato da donne che avevano avuto un aborto naturale. Un’altra ragione del perché ho scelto questo elemento è che l’aborto naturale rappresenta l’opposto della gravidanza.

Mubobi tratta di femminilità e maternità in un modo davvero profondo. Come è stato scrivere questa sceneggiatura? Ichii: Il punto di partenza di questo film è stata la gravidanza di mia moglie e desideravo intensamente filmare il momento del parto. Non credo ci siano così tante differenze fra uomini e donne. Ma, alla luce dell’esperienza che ho avuto, devo ammettere che ci sono alcuni aspetti che la sensibilità femminile affronta in modo differente. Per questo la collaborazione con mia moglie è stata essenziale.

(A Sanae) Cosa ha significato per te il condividere queste esperienze così personali nel film? Sanae: Sono la moglie del regista, sono colei che meglio poteva comprenderlo, quindi anch’io tenevo davvero molto al film. Riguardo alla scena del parto, è stata realizzata in modo tale da dare un’idea del cambiamento che l’altra protagonista ha subito. Mostra il dolore e la forza coinvolte nel parto. E vuole anche restituire l’importanza della vita stessa. Nel mondo, in questo momento, in particolare in Giappone, il valore della vita viene sottostimato, e ciò si vede in fenomeni come l’aumento di omicidi e suicidi. Il film può anche far pensare alla propria nascita e alla propria famiglia.

La vicenda dell’altro personaggio, la donna che aveva vissuto l’aborto, è stata anch’essa ispirata da fatti reali? Ichii: Durante la creazione ho subito l’influenza di donne che avevano vissuto la dolorosa esperienza dell’aborto. Ho pensato aiutarle a trovare

Come hai girato la scena del parto? Si trattava di un vero parto? Ichii: Sì, si trattava di mia moglie che partoriva.

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Mubobi talks very deeply about feminine and maternal feelings. How was it to write this script? Ichii: The starting point of this film was the fact that my wife was pregnant, and I really wanted to film the moment of the birth. I don’t think there are that many differences between men and women. But, in the light of the experience I had, I have do admit that there are some issues of sensitivity that women deal with differently. So the collaboration of my wife was essential. The story of the other character, the woman who had the miscarriage, was also inspired by real facts? Ichii: During the process it also had the influence of other women around me who

had lived the painful experience of miscarriage. I thought to contribute and give them some relief. I knew that I couldn’t do that much, but I could show how they could overcome this pain. And I intended to do a film which women who had a miscarriage would accept. Another reason why I chose this element was the fact that miscarriage represents the opposite of pregnancy. How did you film the birth scene? Was it real? Ichii: It was really my wife giving birth. (To Sanae) How was it for you to share your personal experience in the movie? Sanae: I’m the director’s wife, I was the one who understood him, and so I also cared a lot about the movie. As for the birth scene, it was made to give the idea of the change that the other woman had been through. It also shows the pain and the strength involved in giving birth. And it conveys the importance of life itself. In the world at this moment, especially in Japan, the value of life has been underestimated, through phenomena like homicides and suicides. The film could also make you think about your own birth, and your family.

Martha Lopes


D I N O

R I S I

FOCUS

Se oggi fossi 30 anni più giovane, mi sarei divertito a girare un film sui ‘mostri’ che sono ora in circolazione”. Nel 2002 – all’età di 85 anni – Dino Risi, meglio conosciuto come il maestro della commedia all’italiana, espresse il desiderio di fare un film sul Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Secondo Risi, Berlusconi era un ‘magnifico carattere cinematografico’, un ‘vero ’mostro confrontato ai mostri quotidiani, mostriciattoli che ritrasse nel suo film ad episodi I mostri (1963) e più tardi I nuovi mostri (1977), co-diretto con Mario Monicelli ed Ettore Scola. Lamentò pure l’attitudine dei registi italiani affermando “Gli americani l’avrebbero già fatto”. Risi si domandava perché il cinema italiano non avesse lo stesso coraggio di affrontare la realtà contemporanea. Accusò i registi di raccontare solo le proprie storie private quando in quegl’anni v’era una tale ricchezza di argomenti. Si domandava perché le cose andassero così. Erano spaventati dal potere? Temevano di essere esclusi? Volevano essere cortigiani o davvero non vedevano oltre se stessi? Le affermazioni rilasciate da Dino Risi nel 2002 paiono sottoscrivere l’idea generale del programma They have a dream: Passione politica e civile fra Italia e Stati Uniti. Il festival ha cercato di dimostrare come il cinema americano è sempre stato più efficace nell’espressione delle idee politiche in confronto al cinema italiano. Secondo Bruno Fornara, uno dei curatori del festival, il titolo della sezione avrebbe dovuto essere: “Loro (gli USA) hanno un sogno e noi (l’Italia) no”. Malgrado la sua dichiarazione precedente di essere troppo vecchio, Risi confessò nel 2005 al Corriere della Sera di aver scritto una soggetto con il titolo provvisorio L’arrampicata in cui Berlusconi si riconosce lontano un miglio. Lo propose a diversi produttori i quali lo trovarono tutti molto divertente ma alla fine nessuno era interessato. Risi scherzò dicendo che l’unica soluzione sarebbe stata se Berlusconi stesso fosse stato il produttore. Ma sarebbe passato solo un anno per l’arrivo del primo film su Berlusconi: Il Caimano, diretto da Nanni Moretti. Il film tratta in verità anche le difficoltà sul fare un film su Berlusconi. Fu distribuito appena prima le elezioni del 2006. Risi apprezzò molto il film nel quale veniva citato due volte. L’anno scorso Dino Risi è morto a 91 anni. Il Festival di Alba proietta due dei suoi film più politicamente connotati: Una vita difficile (1961) e In nome del popolo italiano (1971). In passato, Risi non è stato considerato un cineasta impegnato dall’intelligentsia di sinistra, ma, in verità, è stato un maestro nel cogliere l’aria dei tempi e nel porre l’Italia di fronte ad uno specchio, affrontando temi seri e importanti con leggerezza e ironia. Dietro il suo caratteristico approccio dolceamaro si celava una critica sociale tagliente. Pochi giorni dopo la chiusura del festival, gli spettatori italiani potranno vedere in sala un film di Enrico Oldoini da lui stesso definito il ‘terzo capitolo’ della saga dei film a episodi di Risi I mostri e I nuovi mostri. Il titolo di questo nuovo film non sarà una sorpresa: I mostri oggi. In 17 episodi anche questo ‘seguito’ metterà alla berlina i vizi, paure e debolezze dell’Italia contemporanea. La sua attenzione,

però, sarà sull’aspetto sociale e non su quello politico. Sarà quindi improbabile che tra i mostri di Oldoini ve ne sia uno che si chiama Berlusconi. Ad ogni modo, il 27 marzo si potrà verificare se I mostri oggi sarà all’altezza dei suoi graffianti predecessori.

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If today I was thirty years younger, I would have enjoyed making a film about the ‘monsters’ that are now in circulation.” In 2002 - at the age of 85 - Dino Risi, best known as the master of the commedia all’Italiana, expressed his wish to make a film about Italian Prime Minister Silvio Berlusconi. According to Risi, Berlusconi was a ‘magnificent cinematographic character’, a ‘real’ monster compared to the little, daily monsters he portrayed in his omnibus film I mostri (1963), and later in I nuovi mostri (1977) which he codirected with Mario Monicelli and Ettore Scola. He also lamented the attitude of Italian filmmakers, saying: “The Americans would already have done it.” He wondered why Italian cinema didn’t have the same courage to face contemporary reality. Risi accused them of only telling their own intimate stories, while there was such a wealth of themes at the time. He wondered why this was the case. Were they afraid of the power? Did they fear to be excluded? Did they want to be courtiers or did they really not see beyond themselves? Risi’s statements in 2002 seem to underwrite the general idea behind the They Have a Dream: Political and civil passion between Italy and the USA programme. The festival has tried to demonstrate how American Cinema has always been more successful in expressing political ideas in comparison to Italian Cinema. According to programmer Bruno Fornara, the title of the programme actually should have been: “They (the USA) have a dream and we (Italy) don’t”. Despite his earlier declaration of being too old, Risi confessed in 2005 to the Corriere della Sera to having written a treatment with the provisional title L’arrampicata in cui Berlusconi si riconosce lontano un miglio (which can be translated as: “You can see Berlusconi’s social climbing from the moon”). He proposed it to several producers, who all seemed to find it very funny, but in the end none were interested. Risi joked that the only solution would be if Berlusconi produced the film himself. But in fact it would only take a year for the first Ita-

lian movie about Berlusconi to arrive: Il Caimano, directed by Nanni Moretti., which is actually also a film about the difficulties of making a film about Berlusconi. It was released just before the elections in 2006. Risi was very pleased with the film, in which he got mentioned twice. Last year Dino Risi died at the age of 91. The Alba Festival is screening two of his most politically-oriented films; Una vita difficile (1961) and In nome del popolo italiano (1971). In the past he was not regarded as a very socially-committed filmmaker by the leftist intelligentsia, but actually Risi was a master in grasping the mood of the times, holding up a mirror to Italy by approaching serious and important issues with lightness and irony. Sharp social commentary was masked behind a characteristic bittersweet approach. Shortly after the festival, Italian moviegoers will be able to go and watch in regular cinemas a film by Enrico Oldoini that has been proclaimed the ‘third chapter’ to Risi’s omnibus films I mostri and I nuovi mostri. Its title won’t be a surprise: I mostri oggi (Monsters today). In 17 episodes this ‘sequel’ will also parody the vices, fears and weaknesses of contemporary Italy. Its focus however will be on the social aspect and not on the political. Hence it won’t be very probable that one of Oldoini’s monsters is called Berlusconi. In any case, on the 27th of March one can find out if I mostri oggi matches its sharp predecessors.

Gerdien Smit

DENTRO IL FESTIVAL / INTO THE FESTIVAL

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a prima metà del festival è già scorsa via. Molti incontri, laboratori e lezioni di cinema hanno avuto il loro svolgimento ad Alba. Ma non è ancora finita! Oggi due importanti nomi della letteratura italiana e del mondo della sceneggiatura – Domenico Starnone e Francesco Piccolo – parleranno al pubblico. Terranno un lezione intitolata “Scrittori per il cinema, scrittori al cinema”. Più tardi durante la serata, il filosofo, psicologo e professore universitario Umberto Galimberti condurrà una conversazione sul suo più recente libro, L’ospite inquietante - Il nichilismo e i giovani. Il libro, che sostiene la tesi che i giovani d’oggi soffrono di un nichilismo diffuso, sarà messo in relazione con il tema portante del festival di quest’anno. Il libro di Galimberti solleverà interessanti domande sulle vite dei giovani d’oggi, non solo in Italia ma ovunque nel mondo. E forse attraverso la prospettiva del cinema alcune di esse potranno trovare una risposta. Guardare film non serve a nulla se non vi è riflessione. E il programma del festival si muove in questa direzione a vele spiegate.

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he first half of the festival has already gone. Lots of meetings, workshops and masterclasses have already taken place in Alba. But there is more to come! Today, two very important names of Italian literature and screenwriting - Domenico Starnone and Francesco Piccolo - will talk to the public. They will lecture a class entitled “Movie writers, writers at the movies”. Later in the evening, the philosopher, psychologist and university professor Umberto Galimberti will present a discussion on his latest book, L’ospite inquietante - Il nichilismo e i goivani (which could be translated as The disquieting guest - Nihilism and young people). The book, which defends the thesis that young people nowadays suffer from a widespread nihilism, will be put in comparison with this the main theme of this year’s festival. Galimberti’s book brings up interesting questions on the lives of today’s youth, not only in Italy but all over the world. Maybe, through the perspective of cinema, some of them can be answered. Watching movies is nothing if there is no reflection. And in this field the festival programme is moving forward with full energy.

João Cândido Zacharias

PROGRAMMA DEL GIORNO TODAY’S PROGRAMME 9:30 Fondazione Ferrero Scrittori per il cinema, scrittori al cinema Lezione di cinema di Domenico Starnone e Francesco Piccolo Movie writers, writers at the movies Masterclass by Domenico Starnone and Francesco Piccolo 14:30 Cityplex 2 Il TorinoFilmLab presenta Wonderful Town TorinoFilmLab presents Wonderful Town 16:00 Cityplex 2 They Have a Dream: Dalla parte della realtà: narrazioni a confronto Conversazione con i registi Guido Chiesa e Marco Ponti e con lo sceneggiatore Nicola Lusuardi. Modera Bruno Fornara They Have a Dream: On the side of reality: narrations and confrontation Conversation with directors Guido Chiesa & Marco Ponti and screenwriter Nicola Lusuardi. Moderated by Bruno Fornara 18:30 Sala Ordet L’ex magistrato Gherardo Colombo presenta In nome del popolo italiano Former Magistrate Gherardo Colombo presents In nome del popolo italiano 21:00 Fondazione Ferrero L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani Conversazione con Umberto Galimberti The disquieting guest. Nihilism and Youth Conversation with Umberto Galimberti


Nisimazine ALBA

20. 03. 2009 / # 4

CRITICA / REVIEW

A daily gazette published by the association N I S I M A S A with the support of the Alba International Film Festival and the Youth In Action programme of the European Union EDITORIAL STAFF Director of Publication Matthieu Darras Editors in Chief Paolo Bertolin, Jude Lister

THE BEST MAN (L’amaro sapore del potere) Franklin J. Schaffner (USA, 1964)

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edendo questo film, diretto da Franklin J. Schaffner, diventa palese che nulla è cambiato nell’atteggiamento politico dagli anni ‘60. Nel mezzo di un congresso di partito per la scelta del candidato presidenziale, due uomini sono in corsa per divenire “the best man” (il migliore). William Russell (Henry Fonda) sembra essere il più integerrimo, nonostante gli scandali creati dalle sue avventure extra coniugali. Inizialmente, si rifiuta di giocare sporco al fine di sconfiggere il suo avversario più potente/quotato, Joe Cantwell (Cliff Robertson). Ma, come sempre, nessuno può avere fiducia nei politici. Joe, d’altro canto, è evidentemente è una macchina da guerra della politica che pratica la filosofia del “fine giustifica i mezzi”. Secondo presidente uscente, Art Hockester (Lee Tracy) – sorta di mentore per entrambi i candidati – Joe e Russell giocano con la politica come lui gioca a polo.

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atching this film, directed by Franklin J. Schaffner, it becomes obvious that nothing has changed in political behavior since the 60s. In the middle of a party convention to select its presidential candidate, two men are in the running to be “the best man”. Despite the scandals involving his extra marital affairs, William Russell (Henry Fonda) seems to be the one with the most integrity. At first he refuses to play dirty

games to defeat his biggest opponent, Joe Cantwell (Cliff Robertson). But as usual, no one can be trusted in politics. Joe on the other hand is clearly a political street fighter who practices a “means justify the end” philosophy. According to the former President, Art Hockester (Lee Tracy) – a kind of mentor for both candidates – Joe and Russell are playing with politics as he used to play polo.

The Best Man is a very talkative film which shows political parties’ strategies in constructing images and increasing numbers of voters. Using long yet fast-paced and ironic dialogues, the scenes are generally structured in order to never take the side of either protagonist, or judge whether they are behaving correctly or not. An effective and precise portrait of political games and the power of rhetoric.

Translators Mirtha Sozzi, Paolo Bertolin Layout Maartje Alders Contributors to this issue Estela Cotes, Martha Lopes Agustín Mango, Ilkin Mehrabov Mark Racz, Johanna Schuh Gerdien Smit, João Cândido Zacharias Printer L’Artigiana S.N.C. Corso Bra, 20 - 12051 ALBA (Cn) ITALY Tel +39 0173 362353 Alba InternationAL Film Festival 2009 Tel - Fax +39 011 4361912 info@albafilmfestival.com

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Estela Cotes

L’amaro sapore del potere (The best man, 1964) è un film ricco di dialoghi che mos-

tra le strategie adottate dalle fazioni politiche per costruire l’immagine dei propri candidati e conquistare più voti. Utilizzando dialoghi lunghi, ma veloci e ironici, le scene sono generalmente costruite in modo da non assumere mai le parti di nessuno dei due o giudicare se si comportino correttamente o no. Un ritratto preciso ed efficace dei giochi politici e del potere della retorica.

RITRATTO PORTRAIT

SAMM HAILL AY

Mark Racz

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amm Haillay è il produttore di Better Things, uno dei film che probabilmente lasceranno il segno al Festival di Alba. Ha lavorato con il regista Duane Hopkins per anni. Si sono conosciuti a Newcastle, dove entrambi frequentavano la scuola di cinema: “Abbiamo scoperto d’avere gli stessi gusti: amavamo e odiavamo gli stessi film, soprattutto in termini di grammatica cinematografica. Ero iscritto al corso di scrittura ma quando Duane mi mostrò il suo album di disegni del suo corso di belle arti compresi che poteva articolare visivamente quel che io stavo pensando e volevo essere sicuro che sarebbe diventato regista. Stavo già producendo prima di saperlo.” La coppia ha lavorato su diversi cortometraggi acclamati dalla critica, inclusi Love Me or Leave Me Alone e Field. Come Better Things, tutti questi film si occupano della vita di persone (specialmente di giovani) che vivono nell’Inghilterra rurale. Samm afferma che il cinema, in particolare la scena britannica, tende a ignorare quest’area: “Sia Duane che io siamo cresciuti in aree rurali e non abbiamo mai davvero visto questo mondo sullo schermo cinematografico. Si tratta di un’area sottoutilizzata. Ritenevamo che sarebbe stato interessante prendere temi che sono d’abitudine visti al cinema sullo sfondo

d’ambienti urbani e ricollocarli, giacché capitano anche in aree rurali.” La difficoltà nell’ottenere finanziamenti per i film d’autore indipendenti è un problema ben noto a Samm. Ha faticato molto per finanziare Better Things; alla fine, v’erano sette diversi finanziatori per il progetto. Ciononostante, Samm pensa che gli sforzi siano giustificati perché: “ C’è sicuramente un pubblico per questo tipo di cinema e il costante interesse nel Regno Unito lo ha dimostrato (...). Inoltre, sento che è molto importante che film più ‘culturali’ riescano a coesistere a fianco dei film d’intrattenimento (…). Voglio essere sicuro che il cinema di creazione rimanga vivo nel Regno Unito; con registi come Steve McQueen, Duane Hopkins, Andrea Arnold, Daniel Elliott e Alicia Duffy in attività abbiamo buone possibilità di prosperare.” Il successo sicuramente arriverà per i cineasti indipendenti, se si troverà il giusto amalgama di talento e capacità imprenditoriale: “In primo luogo si tratta dell’artista con cui lavori. Se il film è realizzato nel migliore dei modi, allora troverà per certo un pubblico, anche se non si tratta di un film commerciale. Ad ogni modo, oltre a questo, bisogna pensare a come lo si lancia, a quale festival si tiene

la prima, chi scriverà le recensioni e per quale rivista/giornale, come prendere accordi con gli esercenti e come distribuire i DVD?“

themes that are usually only seen in urban environments in cinema and relocate them, as they happen in rural areas too.”

Samm ha cominciato a interessarsi al cinema sin da tenera età, quando guardava i film della collezione del padre, ed era “affascinato da come suono e immagine giustapposti possano porre sotto interrogativo la condizione umana in un modo che altre forme d’arte non conoscono”. In seguito, ha scoperto cineasti che lo hanno influenzato, come Nicolas Roeg e Stanley Kubrick. Nondimeno, Samm al momento vuole concentrarsi esclusivamente sull’insegnamento presso una scuola di cinema britannica e sulla produzione, visto che “ci sono persone che possono farlo meglio di me, quindi se credo nel loro talento dovrei cercare ed essere sicuro che abbiano il tempo e lo spazio di cui hanno bisogno per esprimere le proprie idee e offrire una visione del mondo. Sono sempre alla ricerca di nuovi talenti con cui lavorare e modi creativi di realizzare film”.

The difficulty in obtaining financing for independent, art-house movies is a wellknown problem for Samm. He had a hard time funding Better Things; in the end there were 7 different financiers for the project. Nevertheless, Samm thinks that the efforts are justified because: “ There is definitely an audience for this type of filmmaking and the steady interest in the UK has shown this.(...) Moreover, I feel it is very important that more ‘cultural’ films are able to sit alongside the entertainment movies (…) I want to ensure that cultural creative filmmaking remains alive in the UK, and with directors such as Steve McQueen, Duane Hopkins, Andrea Arnold, Daniel Elliott and Alicia Duffy active there is a very good chance that we will be able to prosper.”

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amm Haillay is the producer of Better Things, one of the movies that will probably make a big impact at this year’s Alba Festival. He has worked with director Duane Hopkins for years. They met in Newcastle, where both were attending film school: “We found a common interest in films we liked and disliked, mainly in grammar. I was on the writing course but when Duane showed me his sketchbooks from his fine art courses I realised that he could visually articulate how I was thinking and I wanted to ensure that he got to direct. I was producing before I knew it.” The duo worked on several critically-acclaimed shorts, including Love Me or Leave Me Alone and Field. Alongside Better Things, these movies all deal with the lives of people (especially youngsters) living in rural England. Samm feels that cinema, mainly the British scene, tends to ignore this area: “Both Duane and I grew up in rural areas and we had never really seen this world on the cinema screen. It is an under-used area in drama. We felt it would be interesting to take

Success will definitely come for indie filmmakers, if the right mixture of talent and entrepreneurial skills is found: “Primarily it’s about the talent that you work with. If the film is executed to the highest standard then it will find an audience, even if it’s not a mainstream one. However on top of this you have to think about how you position it, which festival will you premiere at, who will review it and for which magazine/newspaper, how you will get screens and how will you get the DVD out there?” Samm became interested in cinema from an early age, when he used to watch his father’s movie collection, and was “fascinated by how sound and image juxtaposed could question the human condition in a way that other art forms could not”. Later on, he came across influential filmmakers, such as the likes of Nicolas Roeg and Stanley Kubrick. Still, Samm wants to exclusively focus on teaching at a British film school and producing for the time being, as he thinks that “I know there are people who can do this better than me, so if I believe in their talent I should try and ensure that they have the time and space they need to execute their ideas and offer a world-view. I’m always looking for new talent to work with and find creative ways of making films”.


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