Il Geometra Bresciano - n.1 del 2015

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IL GEOMETRA BRESCIANO

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IL GEOMETRA BRESCIANO Rivista bimestrale d'informazione del Collegio Geometri della provincia di Brescia

Il quadro della pittrice prof. Livia Cavicchi, esposto nella sede del Collegio Geometri di Brescia, sintetizza con efficacia la multiforme attività del geometra nei secoli. Direttore responsabile Bruno Bossini

Sommario

EDITORIALE - Perchè ai giovani conviene iscriversi all'Albo 2

SICUREZZA CANTIERI - Modelli semplificati per la redazione del PSC (Parte 2) 44

Redazione Lara Baghino, Stefano Benedini, Nadia Bettari, Mario Comincini, Alfredo Dellaglio, Giovanni Fasser, Piero Fiaccavento, Stefano Fracascio, Francesco Ganda, Franco Manfredini, Gabriele Mercanti, Giuseppe Mori, Fulvio Negri, Matteo Negri, Matteo Panni, Giovanni Platto, Andrea Raccagni, Nicolò Sarzi Sartori, Marco Tognolatti, Simonetta Vescovi

INTERVISTA - La Cassa dei Geometri pronta alle sfide impegnative della nuova previdenza 4

AGRICOLTURA Condizionalità 2015 per gli operatori agricoli 60 Acque pubbliche e private 63

Hanno collaborato a questo numero Beppe Battaglia, Andrea Botti, Alessandro Colonna, Aldo Di Bernardo, Marcello Di Clemente, Antonio Gnecchi, Stefano G. Loffi, Alessandro Rizzi, Franco Robecchi, Alessandro Ruffoni, Valeria Sonvico, Giuliano Vacchi, Giuseppe Zipponi

DAL COLLEGIO DI BRESCIA Videoconferenza sulle tematiche di orientamento al percorso scolastico 18 Un sentito ringraziamento a Francesco Lonati 19

Segretaria di redazione Carla Comincini

Direzione, redazione e amministrazione 25128 Brescia - P.le Cesare Battisti 12 Tel. 030/3706411 www.collegio.geometri.bs.it

DAL CONSIGLIO NAZIONALE - Protocollo d'Intesa tra CNGeGL e Consiglio Nazionale del Notariato 12 DALLA CASSA DI PREVIDENZA - Contribuzioni minime e rivalutazioni per il 2015 16

DAL COLLEGIO DI SONDRIO Tra acqua e pietra La strada da Colico a Riva (Parte 1) 20 Un aneddoto e... l'I.M.U. sui terreni agricoli montani 26

URBANISTICA Il nuovo costo di costruzione dal 1 gennaio 2015 66 Commento al decreto "Sblocca Italia” in materia urbanistica edilizia (Parte 1) 68 Vincolo Idrogeologico, addio... 77 CATASTO - La riforma del catasto, luci ed ombre 78 ESTIMO-VALUTATORI - REV L'indicatore europeo di qualità per il valutatore immobiliare 80 PREVENZIONE INCENDI - Regole tecniche di Prevenzione Incendi per le attività non soggette al controllo dei VV.F. 81

DAL COLLEGIO DI LODI - Francesco Agello, l’idrovolantista più veloce del mondo 30

TECNICA - Architettura cimiteriale architettura del paesaggio 84 GEOLOGIA - Misure dirette della permeabilità dei terrene e delle rocce 88

Concessionario della pubblicità Emmedigi Pubblicità Via Arturo Toscanini, 41 - 25010 Borgosatollo (Bs) Tel. 030/6186578 - Fax 030/2053376

SCUOLA Istituiti i CPIA per la scuola serale per geometri del “Tartaglia” 32 Fondazione Giovanni Agnelli: pubblicata la graduatoria 2015 degli Istituti Tecnici 34

Stampa IGB Group/Grafo Via Alessandro Volta, 21/A - 25010 San Zeno Naviglio (Bs) Tel. 030/3542997 - Fax 030/3546207

FORMAZIONE - Seminario al “Tartaglia” sulle tematiche della tutela paesistico-ambientale 36

Di questa rivista sono state stampate 6507 copie, che vengono inviate a tutti gli iscritti dei Collegi di Brescia, Lodi, Sondrio.

LEGALE Responsabilità dell'appaltatore per vizi e difetti nei contratti di appalto 38 Contratto preliminare e tutele legali connesse 41

Editing e impaginazione Francesca Bossini - landau Fotografie Studio Eden

N. 1 – 2015 gennaio-febbraio Pubblicazione iscritta al n. 9/75 del registro Giornali e periodici del Tribunale di Brescia il 14-10-1975 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia

CULTURA Profumo di zagare dal “Tartaglia” 93 L'importanza dei particolari nella qualità dell'ambiente costruito 96 Alla scoperta degli edifici con i tetti di paglia e canna in un viaggio in Ungheria 102 Novità di legge Aggiornamento Albo

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Associato alI’USPI Gli articoli firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano né la rivista né il Collegio Geometri. È concessa la facoltà di riproduzione degli articoli e delle illustrazioni citando la fonte. Gli articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

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EDITORIALE Bruno Bossini

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o avuto modo di presenziare recentemente alla riunione che, ogni anno, il Presidente programma per il doveroso saluto del Collegio ai neo-geometri che hanno superato l’esame di Stato e quindi sono in possesso dei requisiti per iscriversi all’Albo. L’occasione mi ha suggerito alcune riflessioni sui profondi mutamenti organizzativi e strategici che, nel tempo, hanno interessato il nostro Collegio sul tema dell’accessibilità all’Albo e migliorato di gran lunga i suoi rapporti con quei nuovi geometri che intendono iniziare la loro attività professionale. Anche oggi, come è sempre stato, le motivazioni che spingono all'iscrizione continuano ad essere le stesse. C’è sempre da una parte il desiderio di trovare un lavoro retribuito in un ambito attinente gli studi effettuati, e dall’altra la convinzione di avere acquisito un grado di preparazione professionale tale da potersi misurare con profitto in un mondo come quello della libera professione, che pure in gran parte resta per molti ancora sconosciuto. C’è anche, quasi sempre, la speranza di poter dare inizio alla propria attività con collaborazioni presso studi o strutture comunque legate alla professione in modo da potersi, sin dall’inizio, garantire la necessaria autonomia economica. Sono però cambiati, ed a mio parere in meglio, i mezzi con i quali il Collegio ora si relaziona con i novelli geometri. Ai miei tempi, parliamo di 2 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Perchè ai giovani conviene iscriversi all'Albo

parecchi lustri fa, gli aiuti che il Collegio dei Geometri era in grado di offrire ai neo-iscritti per favorire il loro avvicinamento alla professione risultavano molto scarsi. Essendo infatti la sua struttura operativa essenzialmente impostata sulla gestione delle così dette attività istituzionali (tenuta dell’Albo, vigilanza sulle attività professionali, liquidazioni parcelle ecc...), era molto poco tempo il tempo che poteva dedicare a far conoscere i vantaggi dell’iscrizione all’Albo e di fatto l'attenzione verso i giovani risultava alquanto limitata. Questi ultimi dovevano quindi in gran parte “arrangiarsi” da soli, e se in quest’ottica i “figli d’arte” (ossia quelli provenienti da famiglie di imprenditori edili o di professionisti del ramo) potevano facilmente risolvere il problema in casa propria, a tutti gli altri restava in concreto la sola possibilità di rimboccarsi le maniche in cerca di conoscenze ed opportunità di lavoro, spesso affidandosi all’aiuto di qualche collega anziano che, testata la loro effettiva capacità operativa ed il loro impegno, avrebbe poi avuto il modo di farli conoscere al Collegio e quindi di proporne l’iscrizione all’Albo. È ciò appunto che è capitato anche a me che – devo ammetterlo – ho avuto al riguardo una grossa fortuna: quella di incontrare sulla mia strada il Beppe Tedoldi Zatti, indimenticato geometra e topografo, fra i più considerati in città e provincia. Da lui ho avuto modo di apprendere i

primi rudimenti del rilievo plano-altimetrico, utilizzando per le prime prove in campagna i suoi strumenti topografici (il distanziometro Salmoiraghi ed il teodolite Wild) e di impratichirmi all’uso del primo calcolatore informatico da me conosciuto (il mitico portatile Hewlett Packard) per la risoluzione delle poligonali ma anche per i primi calcolo di c.a.. Sono stati mesi importanti per la mia formazione professionale, in quel delicato passaggio dalla teoria alla pratica che ha confermato la mia predisposizione per quel mestiere di geometra che avevo scelto già dopo la scuola inferiore iscrivendomi al Tartaglia. Ora il Collegio è in grado “accompagnare” i giovani neo-geometri che mostrano interesse ad accedere alla

professione con ben altre opportunità e molti più sono i mezzi a sua disposizione per dare risposte certe alle loro aspettative. Per cominciare, già molto tempo prima dell’iscrizione all’Albo, durante il quinquennio di studi, si affianca all’attività didattica con azioni promozionali ed informative sulla Categoria e sugli aspetti più salienti dell’attività professionale. In seguito, nel periodo del post-diploma, si fa carico di curare i corsi per praticanti in modo tale da avvicinare i futuri geometri con maggiore profitto alla prova dell'esame di Stato. Dopo di esso, resta sempre a loro disposizione per ogni notizia inerente alla libera professione con tutte le precisazioni relative all’attività del Collegio e quella degli Enti Nazionali di Categoria. In particolare fornisce

Queste le agevolazioni economiche per i neo-diplomati che si iscrivono all'Albo Collegio Provinciale • Quota di iscrizione agevolata al Collegio provinciale (con un'età inferiore ai 28 anni al momento dell'iscrizione): 150 euro / anno (per i primi due anni)

Cassa di Previdenza Nazionale I geometri che iniziano la professione e si iscrivono per la prima volta alla Cassa entro il 30° anno di età, godono delle seguenti agevolazioni per i primi cinque anni di iscrizione: • il contributo soggettivo obbligatorio minimo è ridotto a ¼ per i primi due anni di iscrizione e a ½ per i successivi tre anni. In particolare, per l'anno 2015, corrisponde rispettivamente a: 687,50 euro e 1375,00 euro • il contributo integrativo non è dovuto nella misura minima dai neo-diplomati che sono tenuti a versare alla Cassa la sola autoliquidazione nella misura del 5% annuo sul volume d'affari effettivamente prodotto. • Il contributo di maternità è dovuto nella misura intera ed è pari per il 2015 alla somma di 15 euro.


EDITORIALE

CATEGORIA E CULTURA ei giorni scorsi è stato presentato, presso il Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, il libro sullo studio storico del quartiere denominato “Carmine”, quartiere attiguo a Piazza Loggia per la quale l’anno scorso è stato presentato un libro riguardante gli ultimi cinquecento anni di storia per la principale piazza bresciana (Piazza Loggia). Il Collegio Geometri di Brescia dedica molto impegno per diffondere cultura fra i propri iscritti e non, con la realizzazione di pubblicazioni per far conoscere, a chi lo desidera, la “brescianità” della gente bresciana degli ultimi cinquecento anni. Le nostre pubblicazioni ci vengono richieste da molti cittadini, anche stranieri. La storia del Carmine rileva molte contraddizioni rispetto alle credenze popolari. Andare al Carmine aveva un significato ben specifico. Dire Carmine significava dire zona di

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ai futuri iscritti informazioni e chiarimenti sui costi fissi annuali ai quali andranno incontro durante l'attività con le relative facilitazioni economiche per i primi 5 anni ( vedi box a lato). Per tutti gli iscritti – e quindi a maggiore ragione per i neo-geometri – il Collegio poi, nell’ampia sua attività formativa, organizza durante l’anno corsi di specializzazione professionale in tutti settori della pratica professionale. Ragione per cui la sicurezza dei cantieri, la certificazione energetica, la bioedilizia, le attività di mediazione o amministrazione condominiale, le norme sull’anti acustica e sulla prevenzione incendi, il costante aggiornamento sulle attività catastali ecc. costituiscono argomento di trattazione si può dire giornaliera presso la sua sala tematica. Va aggiunta a questa sua importante attività formativa la proposta dei seminari che normalmente si tengono presso l’istituto "Tartaglia", organizzati quali ulteriore momento di aggiornamento professionale, con tutte le opportunità di conoscenza sulle procedure operative del nostro quotidiano operare. Non va poi dimenticato, quale ulteriore ambito di qualificazione tecnica, il sito internet – molto seguito dagli addetti ai lavori – che quotidianamentevieneaggiornato ed arricchito con i riferimenti di tipo legale urbanistico e tecnologico, così essenziali nella moderna attività di progettazione. Non ultimo il bimestrale dal

quale scriviamo, con le sue comunicazioni, i suoi ragguagli tecnico pratici e le costanti sollecitazioni di tipo culturale, anch’esse necessarie per il bagaglio di preparazione di ogni professionista che si rispetti. C’è infine a disposizione dei giovani il lavoro delle Commissioni del Collegio con il loro costante approfondimento sulle tematiche settoriali e con l’interpretazione delle normative sulla professione che, insieme al contributo tecnico offerto dagli esperti incaricati dal Collegio, costituisce un'ulteriore opportunità di aggiornamento professionale. Ma il Collegio non si limita a garantire ai giovani un'attività formativa. In alcuni casi – e ciò vale sopratutto per i neo-iscritti – riesce a procurare anche opportunità di lavoro. Ogni volta che gli enti pubblici ne fanno richiesta, infatti, si attiva per stipulare convenzioni ad hoc che garantiscono a molti giovani ge-

malaffare ma non era così, al Carmine si trovavano quelle attività artigianali particolari che non si trovavano altrove, quell’artigianato economicamente povero, ma capace. Nella gente del Carmine si trovava la brescianità che ha partecipato all’irredentismo ed all’italianità, senza avere nulla in cambio, dando persino la vita. Non lo facevano per soldi, ne per potere e tanto meno per l’assegnazione di un feudo. Da sfatare l’idea negativa del Carmine, riscoprendo le molte positività. A tutti gli iscritti e collaboratori, in modo particolare alla dott.ssa Francesca Bossini e prof. Vittorio Nichilo per le pubblicazioni citate, ai geometri italiani operanti a qualsiasi livello, vadano i migliori auguri, dal Collegio di Brescia e i miei personali, di Buona Pasqua. Il Presidente Giovanni Platto

ometri un impegno professionale a tempo determinato. Esperienze di lavoro oltromodo utili ed importanti, queste, per creare le basi di una loro futura attività nella libera professione. Allaqualeattività,perconcludere, oggi più di ieri i giovani geometri possono avvicinarsi con ulteriore sicurezza anche grazie alla facilità con la quale i ragazzi interloquiscono con gli strumenti digitali, con il web e con tutte le opportunità di aggiornarsi in tempo reale che oggi risultano essere determinanti nell’operatività quotidiana. Sono tutte motivazioni, quelle esposte, che al di là del pur naturale pessimismo legato al perdurare della crisi economica e di tutti i freni che essa pone a nuove iniziative lavorative, devono comunque indurre i giovani geometri a “provarsi” nella libera professione. Non fosse altro che per le difficoltà e le criticità che il lavoro dipendente in questo momento

storico sta “pagando” rispetto ai tempi passati nei quali, come ben sappiamo, lo stipendio fisso costituiva la garanzia massima per tutti gli addetti ai lavori. L'attività della nostra libera professione, ne siamo certi, non mancherà di regalare loro anche soddisfazioni economiche soprattutto se riusciranno a specializzarsi in quei settori che risultano più richiesti nell’economia del mercato. L’invito ad iscriversi all’Albo è è dunque rivolto a tutti i neo-abilitati all’esame di Stato, ma in particolare a quelli fra loro che credono nel mestiere del geometra, che hanno voglia di mettersi in gioco e intendono sperimentare sul campo la capacità di inventarsi il proprio futuro, in una professione come la nostra che necessita, per restare al passo con i tempi, di rinnovarsi giorno per giorno anche e sopratutto grazie al loro impegno e alla loro determinazione. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 3


INTERVISTA

La Cassa dei Geometri pronta alle sfide impegnative della nuova previdenza Cala il numero degli iscritti e chi resta denuncia un reddito minore: non è un buon segno per la categoria e, di conseguenza, anche per la nostra Cassa autonoma di Previdenza. Sale infatti la percentuale dei contributi sul fatturato di ogni iscritto e allo stesso tempo diminuisce il valore delle nuove pensioni erogate, soprattutto in virtù del nuovo sistema di calcolo, contributivo e non più retributivo come vuole una legge ormai erga omnes. Naturale, pressoché scontato che tra i geometri italiani si apra un vivace dibattito, non più ristretto all’ambito dei delegati della Cassa ma aperto agli interrogativi ed alle proposte di tutti, Presidenti di Collegio, gruppi di colleghi, semplici iscritti. Un dibattito che recentemente ha preso più volte la forma di lettere e petizioni inviate ai Collegi ed al presidente della Cassa, Fausto Amadasi, che proprio in queste ultime settimane ha risposto alle molte sollecitazioni arrivate sulla sua scrivania con una lunga lettera. Una missiva inviata a tutti gli iscritti che rappresenta un punto fermo ed insieme l’avvio di una nuova fase di discussione nel confronto che anima la categoria. Prendendo lo spunto, meglio dando per acquisiti i contenuti e gli argomenti che il Presidente ha condensato nella sua lettera, abbiamo deciso di chiedere ad Amadasi la disponibilità per un’intervista che come ogni anno, più o meno sempre in questo periodo, da qualche stagione “Il Geometra Bresciano” propone per un giro d’orizzonte più ampio sui problemi e le prospettive del nostro ente previdenziale. E quello che segue è proprio il frutto d’una lunga chiacchierata tra il nostro direttore Bruno Bossini ed il Presidente della Cassa. 4 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

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aro Presidente, torniamo ad incontrarci in quest’inizio d’anno e la temperie economica, la situazione del Paese e della categoria continuano ad essere difficili. Temo che anche la Cassa ne soffra… “La nostra professione sta pagando un conto davvero pesante alla crisi economica ed in particolare al blocco pressoché totale dell’attività edilizia. Ed è evidente che a soffrirne è anche la nostra Cassa di previdenza che vede ridursi in maniera significativa le contribuzioni ed il numero degli iscritti. Fortunatamente però qualche segnale di inversione di tendenza, qualche segno di miglioramento cominciamo a coglierlo qua e là”. Finalmente! Ecco una buona notizia: dal tuo punto privilegiato di osservazione la crisi oggi appare meno pesante di qualche mese fa? “Sì, per ora si tratta di segnali sparuti anche se significativi ed inoltre sta emergendo una mappa a pelle di leopardo, con aree che paiono essersi rimesse in movimento ed altre ancora ferme. È il Sud in particolare che mostra i maggiori segnali di vivacità, la Campania, la Puglia, alcune grandi città mentre il Nord sta ancora soffrendo, se si eccettua Milano che grazie all’Expo evidenzia qualche elemento positivo”. Come ti spieghi questa, per certi versi sorprendente, ripresa a due velocità? “Non ho una lettura univoca, ma la mia impressione è che il Nord, che ha sperimentato una delle maggiori crisi indu-

striali degli ultimi decenni, fatichi a far riprendere proprio quel comparto, così come in molte realtà si pagano ancora oggi scelte urbanistiche eccessivamente espansive dei decenni precedenti. Il Sud, ripeto, a macchia di leopardo appare più vivace, ha una struttura economica più varia, vede i geometri impegnati al servizio delle energie rinnovabili, dell’agricoltura e del turismo, settori un po’ meno colpiti dalla crisi rispetto all’industria. Al Nord, se si eccettua Milano, qualche segnale positivo arriva solo dal Trentino e da talune aree dell’Emilia, ma nel complesso il quadro resta grigio, molto grigio”. E quest’inversione di clima economico complessivo già si vede anche nei flussi della Cassa? “No, per il semplice motivo che gli effetti contributivi di questa nuova attività si avranno in capo a due, tre anni entro i quali contiamo di poter contabilizzare un significativo recupero dei versamenti da parte dei colleghi. In sostanza il nostro inverno previdenziale è destinato a durare ancora per qualche tempo, più o meno prevediamo fino al 2018”. Proviamo a quantificare questa pesante riduzione di contribuzione che la Cassa deve affrontare in seguito alla crisi. “In sostanza dal 2008 ad oggi la contribuzione prevista alla Cassa si è ridotta del 22%. In pratica il valore assoluto non è cambiato, ma sono stati vanificati, meglio non incassati, i frutti di quei provvedimenti


INTERVISTA

di incremento percentuale della contribuzione che erano stati previsti proprio per far fronte al buco previdenziale ereditato dalle gestioni antecedenti alla privatizzazione (1994) quando per anni, con il sistema di calcolo retributivo, pagavamo assegni che non avevano un adeguato montante contributivo alle spalle. Fin dalla presidenza Savoldi ed anche su sollecitazione dei Ministeri vigilanti anticipando le varie riforme varate dal Parlamento e dai Governi, la Cassa ha messo in campo un percorso fatto di maggiori contribuzioni per garantirsi la sostenibilità nei prossimi decenni (e come ricorderete il Ministro Fornero ha imposto alle Casse autonome una sostenibilità di mezzo secolo!). Questi provvedimenti, che si sperava a-

vrebbero dovuto assicurarci un deciso recupero di sostenibilità, ci hanno consentito almeno di affrontare questa fase estremamente negativa mantenendo inalterato il rapporto tra contributi e prestazioni perché le aliquote sono cresciute come ogni geometra sa bene, ma sono diminuiti sensibilmente i redditi. Se guardiamo al bilancio qual è grosso modo la differenza tra entrate, cioè contributi, ed uscite, cioè assegni di pensione e costi generali di gestione? “Il 2014 si è chiuso con una sostanziale parità, anzi con un piccolo avanzo positivo dell’ordine dei 7/8 milioni di euro. In buona sostanza abbiamo 480 milioni di contribuzioni e quasi altrettanto di spese per le pensioni; il 2015, anche grazie all’aumento al

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INTERVISTA Bruno Bossini, direttore de "Il Geometra Bresciano”.

5% del contributo integrativo, dovrebbe far emergere una positività meno risicata. Ma il problema più grave che la crisi ha fatto emergere e che si porrà anche per i prossimi anni riguarda le morosità, ovvero il mancato versamento dei contributi dovuti”. Vogliamo dare qualche dato? “Il nostro monte contributi l’ho appena detto: siamo attorno ai 480 milioni. Ebbene, negli anni passati abbiamo sempre avuto una morosità attorno al 7/8%, da quando c’è questa crisi devastante che colpisce duro tantissimi colleghi, facciamo i conti con una morosità più che doppia, siamo attorno al 20%”. Proprio sulle morosità si concentrano anche molte delle critiche dei colleghi intervenuti a vario titolo con lettere e petizioni nel dibattito che anima la categoria. Molti si chiedono se in un periodo tanto difficile abbia avuto senso aumentare la percentuale della contribuzione, se non si dovessero prevedere sconti e maggiori rateazioni… “Ho letto tutte le petizioni e le lettere dei colleghi, ma, pur apprezzandole, mi pare non colgano il cuore del problema. L’incremento delle percentuali di contribuzione non è stata una scelta estemporanea di Consiglio di Amministrazione e delegati, ma l’inevitabile ottemperanza alla legge Fornero ed alla esigenza di sostenibilità della Cassa per i prossimi 50 anni. Se non avessimo deliberato gli aumenti, l’avrebbe fatto il Ministro al posto nostro, togliendoci qual poco o quel tanto di autonomia che an6 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

cora abbiamo. La Cassa ha sfruttato fino in fondo ed a favore dei colleghi quel piccolo ambito di discrezionalità che la legge lasciava; per questa ragione ad esempio gli aumenti sono stati scaglionati negli anni, cosicché solo nel 2018 arriveremo al 15% del reddito ed al 5% dell’integrativo sul fatturato (per una contribuzione complessiva calcolabile dunque attorno al 22% contro una aliquota del 33,70 % , a regime per la gestione separata INPS). Altre possibilità semplicemente non c’erano”. Su sconti e rateazioni invece si poteva fare di più? “Lo sconto non esiste, non è nel novero delle possibilità. Mi sento invece di dire con chiarezza che abbiamo fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità sul versante delle rateazioni delle morosità, con un impatto non indifferente sui nostri conti. Ad oggi abbiamo rateizzato per un lungo termine, ovvero sino a 54 rate mensili (4 anni e mezzo) la bellezza di 630 milioni di contributi scaduti. E per farlo abbiamo impiegato il 25% del nostro patrimonio, dal momento che il mancato introito immediato andava immediatamente coperto per far fronte al pagamento delle pensioni. Non è poco, garantisco: non è poco!”. Proviamo a guardare dentro questa morosità: ad esempio quant’è il debito medio? Quanto di questo debito complessivo è ancora esigibile? “La maggior parte ha un debito tra i 10 ed i 15 mila euro che originano rate non pesan-

tissime. C’è poi invece una quota che noi definiamo di morosi cronici, spesso legata a posizioni border line, a colleghi che hanno situazioni personali difficili: malattie, problemi in famiglia, persone che sono emigrate, altre coinvolte in fallimenti o crack d’ogni tipo, questioni aperte con la giustizia, insomma un panorama variegato che corrisponde più o meno all’1% degli iscritti (ovvero meno di 1.000 colleghi) per i quali, non potendo contrattare una rateizzazione, dobbiamo prendere altri provvedimenti e cominciare a considerare il credito inesigibile. Nel complesso comunque sono circa 3.500 i grandi morosi, ovvero

coloro che da almeno 5 anni non presentano alcuna dichiarazione e non pagano alcun contributo”. È un numero importante e sul quale mi pare sia aleatorio ipotizzare il recupero del credito. “Non v’è dubbio ed è per questo che noi calcoliamo attorno al 3-4% le sofferenze a rischio dei nostri crediti. Ma anche questa situazione porta con sé un problema contabile: infatti anche se noi abbiamo prudentemente costituito un fondo per la svalutazione di questi crediti, resta il fatto che servirà del tempo prima che ciascun credito possa essere considerato definitivamente inesigibile. E


INTERVISTA Un momento dell'intervista.

fino ad allora noi dobbiamo comunque computarlo come esigibile ed avere la sostenibilità del prossimo mezzo secolo anche per quella ipotetica pensione”. Altro argomento sollecitato da più iscritti è il valore dell’assegno di pensione: un tempo arrivava più o meno l’80% dell’ultimo reddito percepito, oggi siamo molto al di sotto, anche se negli ultimi anni molti hanno visto crescere la loro contribuzione… “Anche questo è un processo ineludibile ed a suo modo scontato. Quando la pensione era calcolata con il sistema retributivo si arrivava in effetti a pagare assegni di pensione vicini all’80% dell’ultimo reddito. Ma quel sistema ha portato negli anni allo squilibrio profondo

dell’Inps e di tutte le Casse. In buona sostanza quegli assegni di pensione erano spesso coperti solamente al 20% dal contributo versato, che era inferiore all’attuale, mentre il rimanente 80% veniva dalla contribuzione delle generazioni degli iscritti in attività, il cosidetto patto intergenerazionale, che evidentemente non è più sostenibile. A lungo andare e con i trend anagrafici in corso, la situazione sarebbe diventata rapidamente esplosiva con il rischio concreto di non poter pagare le pensioni. Con il passaggio al contributivo, ciascuno può contare su una pensione direttamente collegata solo a quanto effettivamente versato, opportunamente rivalutato. E questa

sarà la situazione che vivranno i nostri figli ed i colleghi che hanno cominciato la professione in questi ultimi anni. Per i colleghi che invece sono già da anni al lavoro la nostra Cassa ha previsto un sistema misto, meglio un retributivo corretto o parziale, scelta che ha consentito di frenare la discesa dei nuovi assegni di pensione che oggi possono arrivare al 60/70% dell’ultimo reddito”. Ma si arriverà alla svelta molto più in basso… “La strada purtroppo è quella e l’obiettivo, non nostro, bensì della legge e della tendenza europea, è di garantire in futuro un assegno di pensione attorno al 50% dell’ultimo reddito. Un assegno che

potrà contare sul graduale incremento del montante contributivo di parte del 5% (a regime) di integrativo che abbiamo previsto in questi ultimi anni, e che sarà semplicemente la restituzione graduale al geometra pensionato di quanto ha accumulato con l’integrazione. In buona sostanza quel 5%, oltre a coprire tutta la parte di assistenza (Assicurazione sanitaria, LTC, Provvidenze Straordinarie, maternità, invalidità ed inabilità), sta gradualmente coprendo lo squilibrio previdenziale che si era creato con il sistema retributivo e consentirà di mantenere in futuro proprio l’assegno di pensione pari al 50% dell’ultimo reddito, assegno che affidato al solo sistema IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 7


INTERVISTA Un momento dell'intervista.

contributivo rischierebbe di scendere anche attorno al 30% dell’ultimo reddito”. Anche su questo tema non sono mancate critiche… “Difficile giustificare queste critiche se non tengono conto che un punto in più di integrativo (a carico del committente) corrisponde ad aumentare in alternativa due punti in più il soggettivo (a carico dell’iscritto). Il compito nostro di dirigenti della categoria è quello di fare ogni sforzo per valorizzare la funzione di quell’integrazione al 5%, perché una quota sarà destinata ad implementare la pensione personale (dunque chi lavora di più e paga di più avrà un montante maggiore). Un versamento che, inoltre, beneficia di un trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altre forme di risparmio”. È la questione centrale dell’integrazione e delle pensioni complementari. “Esattamente ed anche a questo proposito vorrei insistere sulla possibilità che la Cassa ha lasciato ad ogni professionista di scegliere liberamente quanto e quando accantonare a fini pensionistici. Sappiamo tutti che la carriera di un professionista non ha un andamento costante come per un dipendente: ci sono stagioni di maggior lavoro, altre di maggiori spese (il mutuo per la casa, i figli) e ci sono stagioni di maggiore serenità, di lavoro gratificante anche da un punto di vista economico. Ebbene, abbiamo lasciato ad 8 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

ogni collega la libertà di scegliere in quali stagioni contribuire di più ed in quali meno, così da massimizzare il beneficio senza obbligare a sacrifici insostenibili. Avremmo potuto imporre un’aliquota di integrazione uguale per tutti, altri l’hanno fatto, invece lasciamo a ciascuno la libertà e la responsabilità di decidere per sé”. Indubbiamente per i giovani questo è un intervento di grande valore. A molti pensionati invece non è piaciuto un altro intervento della Cassa, ovvero la cancellazione dello sconto sul minimo (uno sconto del 50%) per chi continua a lavorare anche in pensione incassando redditi inferiori ad una soglia prestabilita. Quali sono le ragioni di questa scelta? “Occorre ricordare che questo sconto era nato per offrire un trattamento di favore a chi aveva scelto di andare in pensione, ma aveva

ancora qualche lavoro in corso, oppure semplicemente doveva emettere fatture ed incassare per incarichi già in gran parte svolti. Pareva corretto non chiedere il contributo minimo, ma la metà di quel contributo, a chi si trovava in quella situazione. Negli anni però abbiamo verificato che molti colleghi, per le ragioni più diverse, hanno scelto di continuare a lavorare anche dopo essere andati in pensione. Ed a quel punto più d’uno ci ha fatto notare come si creasse una situazione di ingiustificato favore e persino di concorrenza sleale, tra un geometra in attività con i suoi regolari contributi, ed un pensionato, magari di anzianità, che, anche solo per pochi lavori, poteva però contare su contributi ridotti. Da qui l’intervento di perequazione che peraltro nulla cambia ad esempio per quei

colleghi pensionati che continuano a lavorare e fatturano più del minimo”. Ma non c’è il rischio che questa misura finisca per favorire il nero? “Può darsi, anche se ormai oggi il lavoro è e sarà sempre più destinato ad utilizzare obbligatoriamente procedure informatizzate (pratiche on line, firme elettroniche etc.) per le quali diventa sempre più difficile operare ‘in nero’”. Sempre in quest’ambito, sta facendo discutere l’iniziativa di iscrivere d’autorità alla pensione complementare del Fondo Futura tutti i colleghi con meno di trenta anni ed i nuovi iscritti… “Fondo Futura è lo strumento dei liberi professionisti, la modalità che la categoria e la Cassa hanno individuato per garantire a chi lo desidera una pensione complementare adeguata, ovvero uno


INTERVISTA Il presidente Fausto Amadasi.

dei pilastri insostituibili della strategia previdenziale che ogni geometra dovrebbe avere ben chiara nel proprio orizzonte di vita. In queste settimane abbiamo deciso di iscrivere in modo collettivo con diritto di recesso al Fondo tutti i giovani geometri (quelli con meno di 30 anni ed i neo iscritti) così da costituire per ciascuno una nuova posizione previdenziale autonoma e personale. Attenzione: abbiamo iscritto questi colleghi ma non abbiamo imposto loro, e non potevamo neppure farlo, alcun versamento. In so-

stanza abbiamo creato a ciascuno una posizione, offrendo una opportunità senza alcun costo, lasciando che poi ognuno decida nella massima autonomia se e quanto versare. Ci è parsa un’iniziativa doverosa anche per sensibilizzare i giovani colleghi sulla necessità di pensare fin d’ora al loro futuro, anche quello più lontano, proprio perché è fin dall’inizio della propria carriera professionale che occorre pensare anche alla pensione. Quanto ai versamenti, ci sarebbe solo da rifare il ragionamento che ho fatto poc’anzi: ognuno

deve valutare la sua situazione in autonomia, decidendo come e quando versare anche sulla base dell’andamento del lavoro e degli impegni assunti nello studio professionale ed in famiglia. E non va dimenticato inoltre il vantaggio fiscale”. Tra le critiche, meglio le proposte dei colleghi, c’è poi quella della riduzione delle spese di funzionamento della Cassa, una richiesta di spending review interna. “Ho letto anche queste e mi paiono figlie di una non compiuta conoscenza della realtà della Cassa. Voglio solo ricordare che dal 2008 le nostre spese sono sempre diminuite e nel 2012 abbiamo approvato anche una riduzione del 15% dei nostri compensi. In buona sostanza noi abbiamo fatto la spending review prima che fosse di moda”. In verità mi sembra che la critica si incentri in particolare sulla governance della Cassa. Si dice: c’è ancora bisogno di 150 delegati? Ne basterebbero la metà? “Su questo tema ogni scelta è pienamente nelle mani della categoria. È vero che fino a qualche anno fa i delegati svolgevano l’attività di ‘patronato previdenziale’ per gli iscritti collaborando con i Collegi alla gestione delle varie pratiche, mentre oggi l’attività è svolta direttamente dagli iscritti tramite i collegamenti on line. C’è poi una questione di rappresentanza che il Comitato ha sempre tenuto in gran conto, ovvero che fosse garantita voce in capitolo ai piccoli come ai grandi Collegi. Non si

è mai voluto che a decidere fosse un ristretto numero di delegati, magari espressione solo dei Collegi più grandi. Voglio però ripetere che sono tutti temi pienamente nelle mani della categoria che può avviare una riflessione, per modificare la governance attuale”. Par di capire però che dal tuo punto di vista non c’è un’esigenza economica di modifica della governance. “Il costo di ogni delegato si aggira sui 9 mila euro all’anno compreso i rimborsi spese, nessuno dunque si arricchisce facendo il delegato ed anche la spesa nel nostro bilancio non è certo tra le più significative. Inoltre la Cassa è chiamata a prendere decisioni tanto importanti per la vita di ogni iscritto che un’ampia condivisione di ogni singola struttura territoriale rende democratica ogni scelta e più facile il rapporto con gli iscritti. Ma insisto: governance, garanzia di rappresentanza, mediazione dei diversi meccanismi, voto ponderato dei singoli delegati e mille altre soluzioni possibili sono scelte politiche che la categoria può valutare e prendere, sapendo che occorre il consenso dei due terzi dei delegati”. L’ultima questione riguarda la Groma, la nostra società specializzata nella gestione del patrimonio immobiliare: si dice che sarà venduta, che la Corte dei Conti ci obbliga a venderla… Cosa c’è di vero? “Andiamo con ordine perché ho spesso l’impressione che su alcune delle questioni della Cassa ci sia la tendenza IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 9


INTERVISTA Un momento dell'intervista.

giorno sul mercato”.

a far confusione. Il tema con il quale ci dobbiamo misurare come ente di diritto pubblico, e la Cassa lo è, riguarda tutte le società partecipate da un soggetto pubblico inserito nel malefico elenco ISTAT delle Pubbliche Amministrazioni che, secondo l’ultima indicazione del Governo, se sono controllate pienamente dall’ente pubblico per essere considerate ‘in house’, e quindi avere affidamenti di incarichi diretti , senza gara d’appalto, debbono avere l’80% del loro fatturato con lavori eseguiti per la società madre, nel nostro caso la Cassa Geometri”. E per la Groma non è così. “Non è così perché fin dal 2008 (quando i Ministeri vigilanti ci hanno chiesto di conferire i nostri immobili ai Fondi Immobiliari) in alternativa a chiuderla abbiamo preferito valorizzarla specializzandola nella gestione im10 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

mobiliare dei Fondi. Groma dunque offre servizi di gestione non solo alla Cassa per la parte degli immobili ancora detenuti direttamente, ma anche ad altri soggetti istituzionali proprietari di grandi patrimoni immobiliari. E lo fa con successo per più d’una ragione. Negli anni, ad esempio, ha saputo elaborare una propria piattaforma di gestione molto efficace, nata dalla esperienza sul campo, molto apprezzata dagli operatori del settore; ma il valore più importante è costituito dalla rete dei professionisti geometri presente in ogni regione ed in ogni provincia che gli consente di contare su un numero elevato di potenziali collaboratori in tutta Italia con una gestione centralizzata in grado di offrire una prestazione standardizzata e di qualità. Così facendo, oltre offrire opportunità di lavoro ai nostri iscritti, ci consente di mettere loro a disposizione a

costi ridotti il proprio know how ed una piattaforma specializzata sui nostri settori di attività. E ciò si traduce in utili per la Cassa. “Non solo, ripeto si traduce anche in opportunità di lavoro per la categoria, consentendoci di partecipare ad appalti per la gestione di grandi patrimoni immobiliari normalmente esclusi ai singoli professionisti e che, in caso di assegnazione, si traducono in incarichi per i colleghi. Non è solo l’utile diretto a contare, è anche questa attività diffusa indirizzata verso la creazione di servizi e formazione della categoria il valore principale di Groma. Il successo di questa strategia ha consentito alla Cassa di detenere una Società che oggi fattura circa 3 milioni di euro di cui solo 500 mila si devono alla gestione del nostro patrimonio immobiliare, il resto è stato conquistato giorno per

Per questo, essendo ben al di sotto dell’80% del fatturato con la società madre, dovremmo venderla? “Non è detto. La prima operazione sarà la divisione di Groma in due diverse società: una per i servizi in house, ovvero la gestione del nostro patrimonio, ed una per le altre gestioni, quelle di immobili non nostri, di Fondi, di Banche, di Comuni… Su questo secondo ramo d’azienda si dovrà poi aprire una discussione, perché le strade alternative che si possono intraprendere sono almeno due. La prima è la vendita totale o parziale ad operatori immobiliari della società, e non mancano certo gli acquirenti visto il know how della società e la sua valorizzazione perseguita in questi anni dalla categoria; ed è ovvio che in questo caso noi incasseremmo dei quattrini, ma perderemmo il controllo della società. La seconda opzione potrebbe essere invece l’allargamento del controllo ad altri soggetti istituzionali organici alla categoria così da ridurre la quota di controllo in capo alla Cassa”. Potrebbero essere i Collegi questi soggetti? “I Collegi non possono farlo, mentre le Fondazioni o le Associazioni dei Geometri possono farlo, e così il controllo resterebbe all’interno della categoria senza essere snaturato rispetto alla situazione attuale. Ma ripeto, la riflessione è solo agli inizi e dovrà coinvolgere tutta la categoria”. T


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DAL CONSIGLIO NAZIONALE

Protocollo d'Intesa tra CNGeGL e Consiglio Nazionale del Notariato Pubblichiamo il protocollo di intesa stipulato a fine 2014 con il Consiglio Nazionale del Notariato che, se come ci auspichiamo verrà attuato, determinerà sostanziali innovazioni riguardo all'intervento dei Geometri quali Periti nella stipula degli atti notarili. Si evidenziano, in particolare, i contenuti minimi della perizia tecnica che andrebbe allegata agli atti. Per gli standard di qualità richiesti ai fini della stesura della perizia stessa, vi rimandiamo al sito web www.notariato.it (http://www.notariato.it/sites/default/files/111214_CS_accordo_notai_geometri. pdf). Prot n° 0013650 del 18/12/2014 Serv. PL Area DG Rif. Allegati: come da testo.

Ai Signori Presidenti dei Consigli dei Collegi dei Geometri e Geometri Laureati Ai Signori Presidenti dei Comitati Regionali dei Geometri e Geometri Laureati Ai Signori Consiglieri Nazionali Alla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti LORO SEDI

Oggetto: trasmissione Protocollo d'intesa tra Consiglio Nazionale del Notariato e CNGeGL Come annunciato nell'Assemblea dei Presidenti, tenutasi lo scorso 1O dicembre, si trasmette in allegato il Protocollo d'intesa che questo Consiglio Nazionale ha sottoscritto con il Consiglio Nazionale del Notariato per promuovere la collaborazione tra le rispettive categorie professionali, al fine di rendere, valorizzando le rispettive competenze, gli atti di trasferimento immobiliari in linea con i più elevati standard di sicurezza nell'interesse della collettività. In particolare, i geometri sono chiamati a redigere una perizia tecnica a supporto dell'attività dei notai ed a garanzia delle parti, finalizzata a verificare la conformità catastale allo stato di fatto e la regolarità edilizio-urbanistica degli immobili oggetto di trasferimento . A tale proposito, il Protocollo d'intesa prevede che la redazione di tale perizia avvenga a seguito di incarico da parte del soggetto titolare del diritto reale sull'immobile da trasferire; ciò, tuttavia, non preclude una diversa pattuizione fra i contraenti. Attesa l'importanza della finalità sopra riportata, si chiede a codesti Collegi di raccomandare ai professionisti di redigere la perizia suddetta nel rispetto della Specifica P08 - punto 5.2.3.2 degli standard di qualità approvati da questo Consiglio Nazionale, integrandola con gli ulteriori elementi specificamente riportati nel Protocollo d'intesa nonché con eventuali ulteriori elementi richiesti dal Notaio. Nella certezza che codesti Collegi sapranno sottolineare la rilevanza di tale accordo nel darne la massima divulgazione ai propri iscritti, si porgono i migliori saluti.

IL PRESIDENTE Geom. Maurizio Savoncelli 12 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


DAL CONSIGLIO NAZIONALE

CNG/GL

Prot n° 0013534 del 12/12/2014

PROTOCOLLOD’INTESA TRA Consiglio Nazionale del Notariato, con sede in Roma, Via Flaminia n. 160, Codice Fiscale 80052590587, in persona del legale rappresentante, Presidente pro-tempore , Notaio Dott. Maurizio D’Errico, (di seguito “CNN”);

E Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, con sede in Roma, Piazza Colonna n. 361, Codice Fiscale 80053430585 in persona del legale rappresentante, Presidente pro-tempore, Geom. Maurizio Savoncelli, (di seguito “CNGeGL”);

PREMESSO CHE • il CNN e il CNGeGL sono organismi di rappresentanza istituzionale a livello nazionale della categoria professionale dei Notai e dei Geometri e Geometri Laureati, svolgono un ruolo di primaria importanza nel sostenere e sviluppare l’attività degli stessi promuovendo iniziative con altre categorie professionali anche al fine di assicurare alla collettività prestazioni professionali sempre più affidabili e qualitativamente elevate; • il CNN ed il CNGeGL intendono promuovere la collaborazione fra le categorie rispettivamente rappresentate, nell ‘ambito delle attività che vengono svolte dai notai e dai geometri liberi professionisti in relazione agli atti di trasferimento immobiliare;

TUTTO CIO’ PREMESSO si conviene quanto segue:

Art.1 (Oggetto) Il presente Protocollo si propone di definire le modalità di collaborazione tra le categorie professionali dei notai e dei geometri e geometri laureati per una sinergia che contribuisca a rendere, valorizzando le rispettive competenze, gli atti di trasferimento immobiliari in linea con i più elevati standard di sicurezza nell’interesse della collettività e quindi: - nell’interesse dei soggetti che sono parti delle negoziazioni immobiliari, assicurando agli stessi non solo un trasferimento sicuro sotto il profilo della commerciabilità dei beni immobili come sino ad oggi garantito ma anche sotto un profilo sostanziale della verifica e della regolarità urbanistica, edilizia e della agibilità; - nell’interesse dello Stato assicurando un’ancora minore incidenza del contenzioso e delle procedure amministrative di sanatoria nell ‘ambito delle irregolarità urbanistico-edilizio e della agibilità, il tutto secondo il principio della sussidiarietà realizzato dalle categorie professionali interessate ed in particolare secondo la funzione preventiva delle controversie propria del sistema notariato . In particolare, il CNN ed il CNGeGL intendono raggiungere le finalità suddette favorendo l’utilizzo di una perizia tecnica, redatta da un geometra libero professionista , nella quale risulti l’esatta descrizione degli immobili, la conformità catastale allo stato di fatto e l’esame edilizio e urbanistico degli stessi, a supporto dell’attività del notaio, redatta nel rispetto della Specifica P08 “Consulenza tecnica all’atto di compravendita” di cui allo standard di qualità approvato dal CNGeGL in data 02/10/2012 . A tale scopo, il CNN si impegna, attraverso i Collegi Notarili, a diffondere il contenuto del presente Protocollo per un adeguato utilizzo della suddetta perizia tecnica, nell’ambito degli atti di trasferimento immobiliare. Il CNGeGL si impegna, attraverso i Collegi dei Geometri e Geometri Laureati, a raccomandare ai geometri liberi professionisti, che siano chiamati ad operare a supporto dell’attività del notaio nell ‘ambito degli atti di trasferimento immobiliare, di redigere la suddetta perizia tecnica con il seguente contenuto minimo (Specifica P08 – punto 5.2.3.2): IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 13


DAL CONSIGLIO NAZIONALE

• l’indicazione degli accertamenti svolti, compresa la data di accesso e i rilievi dell’immobile; • la descrizione dell’immobile oggetto di trasferimento, conseguente all’accesso ed ai rilievi di cui sopra, mediante: - individuazione dell’ubicazione; - spiegazione delle modalità di accesso partendo dalla pubblica viabilità; - descrizione della consistenza: per i fabbricati specificando la destinazione d’uso e le caratteristiche – natura e situazione – dell’unità immobiliare; per i terreni la destinazione urbanistica, la conformazione, la morfologia e l’estensione reale; • la specificazione delle proprietà confinanti (almeno tre) che delimitano il bene immobile; • l’attestazione circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie ; • l’esame e la descrizione urbanistica ed edilizia degli immobili, con reperimento dei relativi titoli abilitativi compresi – quando rilasciati – quelli relativi alla agibilità degli stessi e la dichiarazione della corrispondenza dello stato di fatto agli elaborati di progetto e, in mancanza di certificazione di abitabilità o agibilità, l’accertamento dei requisiti di agibilità degli stessi. Nell’ipotesi di difformità rispetto agli elaborati di progetto, le loro descrizioni e l’indicazione dei possibili rimedi. Su richiesta del notaio possono essere indicati gli elementi utili per l’identificazione degli aventi diritto a prelazione per i terreni agricoli nonché per l’accertamento di eventuali vincoli di culturalità. La redazione della perizia avverrà in conseguenza di incarico da parte del soggetto titolare del diritto reale sull’immobile da trasferire secondo le specifiche indicazioni e richieste ricevute dal notaio incaricato della stipula dell’atto di trasferimento dei diritti sugli immobili, eventualmente anche diversamente modulando il contenuto della perizia in relazione alle specifiche esigenze del caso concreto. Il CNGeGL si impegna, infine, a divulgare il presente Protocollo d’Intesa alle categorie aderenti alla Rete delle Professioni Tecniche anche al fine di consentirne la eventuale adesione.

Art. 2 (Durata) Il presente Protocollo ha durata triennale a partire dalla data di sottoscrizione e si intende tacitamente rinnovato, in assenza di richiesta formale di risoluzione avanzata entro la scadenza dal CNN o dal CNGeGL.

Art. 3 (Coordinamento) Il CNN ed il CNGeGL si impegnano a dare la massima diffusione al presente Protocollo ed a collaborare nella risoluzione di problematiche di comune interesse che dovessero emergere nell’attuazione dello stesso. Per ogni comunicazione attinente al presente Protocollo, il CNN e il CNGeGL precisano rispettivi domicili: Quanto al CNN, Via Flaminia, 160 – 00196 Roma Quanto al CNGeGL, Piazza Colonna, 361 – 00187 Roma. Letto, approvato e sottoscritto in Roma in data 10/12/2014.

Consiglio Nazionale del Notariato Il Presidente (Dottor Maurizio D’Errico) 14 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati (Geom. Maurizio Savoncelli)



DALLA CASSA DI PREVIDENZA

Contribuzioni minime e rivalutazioni per il 2015 Riteniamo utile pubblicare a maggiore informazione degli iscritti e dei nostri lettori quanto deliberato dal Consiglio della Cassa di Previdenza con la tabella che specifica le contribuzioni obbligatorie minime, la rivalutazione dei trattamenti pensionistici e la rivalutazione degli scaglioni reddituali relativi alla CIPAG per l'anno 2015. Ricordiamo anche che la CIPAG ha realizzato una Guida per supportare gli iscritti nell'interpretazione delle norme che regolano l'erogazione delle pensioni. La Guida è suddivisa in capitoli e fornisce, inoltre, nella parte conclusiva informazioni sul Modello DF-RED, sulla Cessione del Quinto, le detrazioni d'imposta e l'assistenza fiscale. Il documento si può scaricare facendo riferimento al seguente link: http:// www.geometrinrete.it/it/cassa/cipag-per-te/guida-alla-pensione.

I

l Consiglio di Amministrazione con delibera n. 171/2014, approvata in data 8 gennaio 2015 dai Ministeri vigilanti, ha fisTBUPÞper il 2015 l’importo del contributo integrativo ed il coefficiente di rivalutazione per le pensioni, i limiti di reddito e gli scaglioni reddituali ai fini del calcolo pensionistico. Di seguito si riporta la tabella riepilogativa che tiene conto anche degli aumenti del contributo soggettivo, gia disposti dal Comitato dei Delegati a maggio del 2012.

CONTRIBUTI OBBLIGATORI MINIMI 2015 • Contributo soggettivo minimo iscritti obbligatori: (art. 1, comma 2, Regolamento Contribuzione)

€ 2.750,00

• Contributo soggettivo minimo neodiplomati: (art. 1, comma 5, Regolamento Contribuzione)

€ 687,50 (riduzione ad ¼ del contributo obbligatorio per i primi 2 anni di iscrizione); € 1.375,00 (riduzione ad ½ del contributo obbligatorio per i successivi 3 anni di iscrizione);

• Contributo soggettivo praticanti: (art. 1, comma 5, Regolamento Contribuzione)

€ 687,50 (riduzione ad 1/4 del contributo obbligatorio)

• Contributo soggettivo minimo pensionati: (art. 1, comma 4, Regolamento Contribuzione) • * NB Dal 1.1.2015 il contributo soggettivo minimo per i pensionati dovrà essere corrisposto in misura intera, mentre solo per i pensionati d'invalidità detto contributo continuerà ad essere corrisposto nella misura del 50%. Tale modifica è stata adottata dal Comitato dei Delegati nella scorsa seduta del 25 novembre – quindi successivamente all'adozione della delibera consiliare n° 171/2014 – e la relativa delibera è stata approvata in data 8 gennaio 2015 dai Ministeri vigilanti.

€ 2.750,00*

• Contributo soggettivo minimo pensionati d’invalidità: (art. 1, comma 4, Regolamento Contribuzione)

€ 1.375,00 (riduzione ad ½ del contributo obbligatorio)

• Contributo integrativo minimo: (art. 2, comma 4, Regolamento Contribuzione)

€ 1.375,00

• Limite reddito contribuzione soggettiva: (art. 1, comma 1, lett. a, Regolamento Contribuzione)

€ 152.350,00

• Aliquota percentuale contributo soggettivo: (art. 1, comma 1, lett. a, Regolamento Contribuzione)

13% - Oltre il limite reddituale di € 152.350,00 l'aliquota si abbassa al 3,5%

16 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


DALLA CASSA DI PREVIDENZA

RIVALUTAZIONE TRATTAMENTI PENSIONISTICI 2015 • Coefficiente rivalutazione pensioni anno 2015: (art. 25, Regolamento Previdenza) NB: Per il quinquennio 2015-2019 è previsto il blocco della rivalutazione sulle pensioni superiori ad 35.000,00 lordi annui (2.692,31 lorde mensili). (art. 34 comma 9, Regolamento Previdenza)

1,1% intero 0,33% ridotto

• Importo pensione minima annua lorda 2015: (art. 2, comma 4, Regolamento Previdenza)

€ 8.600,00

• Limite volume d’affari IVA per le pensioni d’anzianità 2015: (art. 3, comma 8, Regolamento Previdenza)

€ 8.950,00

• Media reddituale per beneficio pensioni inabilità: (art. 4, comma 4, Regolamento Previdenza)

€ 29.200,00

RIVALUTAZIONE SCAGLIONI REDDITUALI 2015 Limiti reddituali e coefficienti di rendimento da utilizzare per il calcolo delle pensioni con decorrenza 1/2/2014: Normativa in vigore fino al 31.12.1997 Legge 236/90

Normativa in vigore dal 1.1.1998 al 31.12.2002 Delibera C.D. 22.12.1997

CALCOLO A

CALCOLO B

2%

fino a 48.750,00

2%

fino a 21.900,00

1,71%

da 48.751,00

fino a 73.000,00

1,75%

da 21.901,00

fino a 48.750,00

1,43%

da 73.001,00

fino a 85.300,00

1,50%

da 48.751,00

fino a 73.000,00

1,14%

da 85.301,00

fino a 97.350,00

1,10%

da 73.001,00

fino a 85.300,00

0,70%

da 85.301,00

fino a 97.350,00

Normativa in vigore dal 1.1.2003 al 31.12.2006 Delibera C.D. 22.05.2002 e 27.11.2002

Normativa in vigore dal 1.1.2007 Delibera C.D. 24.05.2006

CALCOLO C

CALCOLO D

1,75 %

fino a 48.750,00

1,75 %

fino a 11.700,00

1,50%

da 48.751,00

fino a 73.000,00

1,50%

da 11.701,00

fino a 35.150,00

1,10%

da 73.001,00

fino a 85.300,00

1,20%

da 35.151,00

fino a 70.300,00

0,70%

da 85.301,00

fino a 97.350,00

0,90%

da 70.301,00

fino a 93.750,00

0,60%

da 93.751,00

fino a 117.200,00

0,30%

da 117.201,00

fino a 152.350,00 IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 17


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

Videoconferenza sulle tematiche di orientamento al percorso scolastico

I

l 27 novembre 2014 si è tenuto, presso la sede della nostra Cassa di Previdenza, a Roma, un interessante incontro sull’orientamento scolastico organizzato dalla categoria, al quale sono stati invitati alcuni rappresentanti della scuola superiore e del Ministero. Un'occasione per riflettere sul percorso di studi che che abilita alla nostra professione e che, allo stato attuale, presenta evidenti lacune che si ripercuotono sul raggiungimento dell'effettiva professionalità dei neo-abilitati . Al convegno, trasmesso in video-conferenza a tutti i Collegi d’Italia, hanno partecipato “in diretta” anche i rappresentanti dei geometri e delle realtà scolastiche della nostra città e provincia. Insieme al presidente Giovanni Platto, al nostro direttore Bruno Bossini, al segretario Armido Belotti e al consigliere Gabriella Sala, sono infatti convenuti al Collegio per assistere ai lavori anche i docenti Ugo Taiola dell'istituto “Arrigo Levi” di Sarezzo e Giovanni Biasi del “Cesare Battisti” di Salò. Il presidente della Cipag Fausto Amadasi ha ribadito l'assoluta necessità di un salto qualitativo nella formazione professionale dei neo-geometri. “La Categoria – ha detto – ha bisogno che i nuovi addetti siano ben preparati”. Per i prossimi anni ne occorrerebbero almeno 20.000 e possibilmente di età dai 20 ai 23 anni. “Attendere la loro laurea – ha continuato – e quindi il loro inserimento nella professione a 28 anni 18 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

non può garantire né il necessario rapido turn over né la sostenibilità economica della Cassa di Previdenza”. I professori Federico Gobbi e Livia Brienza, docenti di Istituti romani, hanno presentato un loro studio analitico, ragguagliato a tutto il territorio nazionale, sui dati di iscrizione alla 1° classe del corso per Geometri (ora CAT), dati che da almeno un lustro confermano un sensibile calo di accessi alla nostra scuola. Una diminuzione che si è peraltro ancor più evidenziata con la Riforma Gelmini e con l'introduzione di nuovi indirizzi di studio, volti a privilegiare gli aspetti dell’operatività del geometra ritenuti più moderni e accattivanti, che non sono stati evidentemente recepiti dalle famiglie, forse anche per il perdurare della crisi del mercato edilizio. Il presidente del Consiglio Nazionale dei Geometri Maurizio Savoncelli nel suo ampio intervento sulla problematica dell’accesso al lavoro ha subito rimarcato che “la scuola, e con essa i Collegi professionali, devono cambiare radicalmente la loro strategia comunicativa sull'orientamento per gli studi superiori di geometra”. Molto più spazio deve essere riservato, secondo il Presidente, alla corretta spiegazione di “cosa può e sa fare il geometra”, insistendo sul fatto – mai abbastanza spiegato – che le sue prestazioni professionali non riguardano solo l'edilizia “del nuovo” ma anche il recupero, le manutenzioni, le ristrutturazioni e tutte le nuove tematiche legate al territorio e alle

gestioni patrimoniali. Attività, queste, che continuano a restare al centro delle richieste dei committenti. Altro punto saliente è quello relativo al percorso di accesso all'Esame di Stato e quindi all'Albo.“Occorre rivedere tutti i passaggi di questo cammino così fondamentale per la professionalizzazione dei nuovi addetti. Continuano a convivere percorsi formativi inadeguati e contradditori fra loro, vedi il tirocinio di 18 mesi e il corso accellerato di 6 mesi recentemente deliberato, oppure la durata degli ITS o l’IFTS che ora non sono compatibili con la durata del praticantato, oppure la laurea breve che come ben sappiamo non ha avuto successo in termini di iscrizione all'Albo”. Ha poi proseguito presentando la proposta innovativa su un nuovo ciclo di studi che Consiglio Nazionale ha già inoltrato al Ministero e che secondo lui diventerà determinante. Ciclo che, con le opportune modifiche legislative, andrebbe diviso in due fasi: una prima – quella della scuola secondaria di 4 anni – che continuerebbe ad essere svolta presso gli Istituti per Geometri e una seconda – il post-secondario di 3 anni, a valenza universitaria – da svolgersi anch'essa, secondo gli auspici della categoria, presso gli Istututi secondari. Quest'ultimo percorso dovrà essere “a curriculum bloccato”, ossia articolato sulle scienze tecniche che da sempre costituiscono le basi della nostra professione (costruzioni, topografia, estimo, diritto). Un ciclo scolastico

che si concluderà con una sorta di “Laurea dei Geometri” finalmente abilitante, che potrebbe – perchè no – far venir meno la necessità dello stesso Esame di Stato che oggi costituisce un “doppione” dell'esame di abilitazione. “Può darsi che qualcuno ponga delle resistenze, ma intanto il nostro progetto ha già trovato accoglienza positiva presso gli organi competenti. Occorrerà – ha aggiunto – non mollare la guardia e seguirne il cammino con le forze di tutta la Categoria, impresa alla quale offro la mia presenza in prima persona per non lasciare nulla di intentato”. Il dottor Proietti intervenuto subito dopo, pur condividendo in gran parte quanto sostenuto dal presidente Savoncelli non ha potuto non esprimere i suoi dubbi circa la reale possibilità che gli Istututi Tecnici per Geometri possano gestire un post-diploma triennale di valenza universitaria come quello voluto e proposto dal Consiglio Nazionale. Ha anche però concordato sul fatto che “la formazione del geometra deve restare ben ancorata agli indirizzi professionali che ne hanno caratterizzato da sempre la sua operatività quotidiana ancora necessaria”. I temi trattati dal convegno si sono rivelati di grande attualità e su di essi il dibattito resta aperto, visto che la loro adeguata soluzione sarà risolutiva per lo sviluppo e la riorganizzazione in chiave moderna della nostra attività di geometri. T


DAL COLLEGIO DI BRESCIA Bruno Bossini

Un sentito ringraziamento a Francesco Lonati Il saluto a Francesco Lonati, con il presidente Giovanni Platto e i consiglieri.

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opo vent'anni e più di collaborazione alla nostra rivista, della quale – non va dimenticato – è stato l'ideatore della veste grafica, Francesco Lonati, nostro curatore ed impaginatore, ci lascia per raggiunti motivi di età a partire da quest'anno. Non potrebbe, ci ha detto anticipandoci le sue intenzioni pochi mesi fa, continuare a garantire alla redazione de “Il Geometra Bresciano”, quella sua professionalità da tutti apprezzata che è stata la base per la buona riuscita editoriale degli oltre 120 numeri che con assoluta puntualità sono stati recapitati ai geometri bresciani e agli affezionati lettori che negli anni si sono ad essi uniti da Brescia e da tutta Italia. Si chiude, con la sua uscita dalla redazione, un pezzo significativo della nostra attività editoriale che dal primo numero del gennaio del 1994 si è via via arricchita e perfezionata nei contenuti e in tutte quelle novità che ci hanno raccontato la vita professionale dei geometri di Brescia ma anche, negli ultimi anni, di Lodi e Sondrio. Ci mancheranno, non possiamo negarlo, la sua presenza discreta, fattiva e puntuale alle redazioni. Ma anche la pazienza nell'ascolto delle nostre esigenze, e l'impegno mai venuto meno nel migliorare di volta in volta la nostra rivista. Ci resteranno peraltro, a ricordo della lunga collaborazione con Francesco Lonati, le sue immagini e i suoi colori oltre alla sua innata attitudine alle “cose editoriali” ma-

turata fin da giovanissimo – lui, geometra che non ha mai praticato – presso la sua “Industrie Grafiche”, azienda che ce l'ha fatto conoscere e presso i cui tipi erano stati stampati i numeri della rivista precedenti al 1994. Ci auguriamo comunque, e per noi sarebbe un regalo, che Francesco Lonati possa essere ancora “dei nostri” con la sua professionalità, i suoi consigli e le sue ottime capacità di scrittura e disegno. Le porte della nostra redazione per lui restano sempre aperte. Un grazie di cuore da parte della segreteria di redazione e del consiglio del Collegio di Brescia con il suo presidente Giovanni Platto, ma anche quello di tutti i lettori che hanno avuto modo in questi anni di apprezzare i frutti del suo contributo. Un ringraziamento mio personale per le

ore vissute insieme “braccio a braccio” in tutti questi anni, nei momenti di impostazione

e rifinitura di ogni numero che veniva dato alle stampe. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 19


DAL COLLEGIO DI SONDRIO Alessandro Ruffoni

Tra acqua e pietra la strada da Colico a Riva (Parte 1)

L’

intervento dell’Ingegnere Carlo Donegani nel biennio 1832-341 riguardò la realizzazione della bretella di collegamento tra le tre grandi strade da lui progettate e realizzate negli anni immediatamente precedenti: • la strada commerciale dello Spluga (realizzata in quattro anni ed inaugurata nel 1822)2; • la strada militare dello Stelvio (realizzata in cinque anni ed inaugurata nel 1825)3; • la strada militare Lacustre detta Ferdinandea (realizzata in undici anni e inaugurata nel 1831)4. L’intervento interessò le zone di Alto Lago di Como, Bassa Valtellina e Bassa Valchiavenna, toccando le attuali Province di Como, Lecco e Sondrio. L’opera stradale aveva come punto di partenza Colico e come punto d'arrivo Riva di Chiavenna, località situata nel comune di Novate Mezzola ed affacciata sul piccolo specchio d’acqua 20 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

a settentrione del Lago di Mezzola, detto Pozzo di Riva. Il territorio attraversato presentava, per la sua morfologia, non poche difficoltà. Innanzitutto bisognava attraversare l’ampia piana paludosa, ai tempi dell’intervento non ancora bonificata, detta del “Pian di Spagna”. Il nome, secondo il Bertoglio, sembrerebbe derivare dall’utilizzo della piana come accampamento per le truppe spagnole di guarnigione al Forte di Fuentes nei secoli XVII e XVIII5. Questa piana alluvionale è formata dai detriti delle rocce disgregate del gelo e provenienti dalle falde delle catene montuose della Valtellina. I detriti, trasportati a valle dal fiume Adda, si sono depositati alla sua foce andando gradualmente a formare la piana alluvionale. Col trascorrere del tempo, il deposito di materiale è stato consolidato dalla vegetazione che ha contribuito a trattenere anche gli elementi di granulometria più sottile, come il limo, ren-

dendo tutta la zona assai fertile e redditizia6. Splendiano Morselli così descrive il Pian di Spagna nel 1859: “Quella grande spianata, diceano di 40milla pertiche così incolta e malsana, dove covano acque, e dai fondi limacciosi non si elevano che carici, alghe, equiseti e altre erbe palustri, folte in qualche luogo a segno, da far credere terra ferma quel ch’è pozzanghera cedevole, doveva eccitar la compassione: e quando la filantropia, nel secolo passato, dubitando della futura, pensava a far star meno male nella vita presente, si fecero molti progetti per sanarla. [...] Tutto quel terreno è un detrito di minerali e vegetabili, senza ciottoli neppure a molta profondità: ma supponendosi vi salisse capillarmente l’acqua del lago, i più credeano impossibile il rimediarvi”7. Se vogliamo comprendere quale fosse la situazione al tempo dell’intervento dell’Ing. Donegani, non possiamo non parlare dell’evoluzione nel corso dei secoli del tracciato del fiume Adda, al quale il destino del Pian di Spagna è indissolubilmente legato. Come si è detto, la

nascita e l’esistenza stessa della piana alluvionale si devono all’ingombrante presenza del fiume Adda. Dico “ingombrante” in quanto, se l’Adda ha il merito di aver reso questi terreni fertili e fonte di sostentamento per la popolazione della zona, è però anche responsabile delle alluvioni che devastarono l’area. Fino al XII secolo, il corso dell’Adda era navigabile fino a Traona, al di sotto della torre di Domofole, e seguiva un percorso assai diverso da quello attuale: all’altezza della chiesetta di S. Quirico, situata nei pressi di Dubino, il fiume descriveva una curva a gomito che lo portava a scorrere all’interno di un alveo pressappoco rettilineo fino alla foce nel Lago di Mezzola, che non era ancora separato da quello di Como, in località Bocca D’Adda8. È facile quindi comprendere quale sia l’origine del toponimo dell’attuale frazione del Comune di Dubino. Nel Pian di Spagna la vita scorreva tranquilla e pacifica, fino


DAL COLLEGIO DI SONDRIO A sinistra. Le tre grandi arterie stradali realizzate dal Donegani e la Strada da Colico a Riva nel dettaglio.

agli anni a cavallo tra il XV e il XVI secolo quando, a causa delle copiose ed insistenti piogge, per ben tre volte in soli trent’anni (1481-14891511)9 il lago di Como ed il fiume Adda tracimarono, inondando, devastando e distruggendo tutto ciò che l’uomo aveva faticosamente realizzato in quel fiorente piano. Colpo di grazia alla fragile “salute” della piana alluvionale venne dato dall’esondazione del 152010, che trasformò definitivamente il rigoglioso piano coltivato in palude acquitrinosa e malsana, portatrice di malaria. L’Adda cambiò radicalmente corso, uscì dal suo storico letto e si scavò un nuovo alveo attraverso i campi, tagliando di netto il Pian di Spagna e sfociando non più dentro il lago di Mezzola ma dentro il fiume Mera, emissario del lago di Mezzola, in località detta “del Passo”11. Nei secoli successivi, fino alla metà del XIX secolo, i continui depositi dell’Adda crearono un enorme conoide di deiezione che piano piano andò a riempire l’emissario del lago di Mezzola che lo metteva in comunicazione col lago di Como, restringendolo sempre di più e conferendogli la morfologia attuale. In questi secoli, inoltre, la conformazione dell’alveo dell’Adda non subì modifiche sostanziali, se non che il delta del fiume si diramò in canaletti secondari che nei tempi di magra divenivano stagni paludosi12. Dei canali secondari dell’Adda è da evidenziare il torrente Borgofrancone. Una piena porten-

tosa del fiume nel quinquennio 1820-1825 fece letteralmente scomparire la primitiva strada che da Colico giungeva a Spinida per poi congiungersi con l’antica Strada dei Cavalli. La situazione che si presentava al valente Ingegnere Donegani, quando si cimentò nella progettazione dell’opera stradale attraversante il Pian di Spagna, era dunque quella appena descritta, e confermata dalla carta del Cusi del 1825. Proseguendo da Bocca d’Adda in direzione di Riva di Chiavenna, la strada doveva poi affrontare il difficoltoso passaggio sulle sponde del lago di Mezzola. Se nel passaggio attraverso i centri abitati di Verceia, Campo e Novate Mezzola vi era spazio a sufficienza per l’edificazione della strada secondo i canoni prefissati dal Donegani, difficoltà maggiori presentavano i tre massicci costoni di roccia che andavano a terminare proprio nel lago. Nell’ordine, si incontravano il Sasso Corbè, il Sasso di Campo e il Sasso di Novate. Il primo si trova immediatamente a valle dell’abitato di S.Fedele, frazione di Verceia, e rappresentava da secoli un ostacolo insormontabile per il passaggio di una strada, come vedremo in seguito. Anche il Sasso di Campo, così come il primo, rendeva non poco difficoltosi i collegamenti tra Verceia e Campo, con il suo versante roccioso a picco sul lago. Infine, il Sasso di Novate, terzo ed ultimo impedimento naturale al passaggio della strada, rappresentava un problema

marginale in quando l’attività di estrazione dalle sue viscere di materiale lapideo lo aveva notevolmente ridimensionato. Inoltre, l’attività estrattiva praticata nella cava aveva reso necessario tracciare una prima, provvisoria e rudimentale via di comunicazione con Novate. Da non dimenticare, infine, i corsi d’acqua che la nuova strada doveva superare. Oltre ai già nominati torrente Borgofrancone e fiume Adda (l’intervento precedeva la sua rettifica), tra Verceia e il Sasso di Campo il tracciato stradale intersecava il torrente Ratti, che scorre dall’omonima valle, mentre tra Campo e Novate Mezzola si doveva superare il torrente Codera, che pure porta il nome della valle da cui scende. Poche righe addietro abbiamo citato l’antica Strada dei Cavalli: si trattava del collegamento via terra meno disagevole tra Valtellina e Valchiavenna prima della costruzione della nuova strada da Colico a Riva. Attualmente, lo storico tracciato può essere agevolmente percorso grazie alle recenti opere di messa in sicurezza e alla posa di un’apposita cartellonistica. Il percorso, molto ardito, si inerpica sul Sasso Corbè e si sviluppa a mezza costa permettendo un collegamento tutt’altro che agevole tra Dubino, Verceia e Novate. Giunti alla fine dell’area industriale del comune di Dubino, percorrendo la Statale 36 in direzione Chiavenna, si noterà sulla destra un ampio spiazzo dove è possibile lasciare

l’automobile. Da qui il percorso si inerpica subito sul versante roccioso della montagna, in notevole pendenza. Le prime notizie storiche a proposito di questa strada risalgono ai primi decenni del ‘500, quando il percorso venne realizzato ed aperto. Se vi è la possibilità che precedentemente a questa data esistesse un sentiero o una via pedonale, non vi è dubbio che il percorso del Sasso Corbè, scolpito nella roccia, venne realizzato proprio in questa epoca13. La prima citazione della Strada dei Cavalli in un documento risale invece agli anni successivi al 1525 quando Paolo Giovio, Vescovo di Nocera dei Pagani, scrisse nella sua descrizione del lago di Como: “Da Novato li Grisoni, giù per li lati deli aspri sassi de là dalla intrata d’Adda, han fatto una via per forza d’intaglio, per poter venire a piedi dalla Valle Turena”14. Quanto asserito dal Giovio è essenziale. La costruzione della Strada dei Cavalli, che metteva in collegamento la Valtellina (“Valle Turena”) con la Valchiavenna, venne realizzata per mano dei Grigioni che presero possesso di Chiavenna e del suo Contado, nonché della Valtellina, nel 1512. La necessità primaria dei nuovi dominatori grigioni era quella di collegare in modo efficiente la Valchiavenna alla Valtellina, importante e strategica sia da un punto di vista militare che economico. L’importanza economica della Valtellina è da ricercare nel suo bene più prezioso, il vino, che veniva esportato in grande quantità IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 21


DAL COLLEGIO DI SONDRIO

nelle terre svizzere e, da qui, a quelle di tutta Europa15. Lo Scaramellini sostiene anche che l’origine del nome della strada sia da ricercare nell’enorme quantità di animali da soma carichi di “vaséi” di vino che su questa via transitavano diretti a Nord16. Camminando lungo il sentiero, sempre in salita pur con pendenze minori, si giunge ai resti diroccati di un’abitazione che la cartellonistica presente indica essere stata, tra ‘800 e ‘900, la casa della signora Giuseppa Altrobba, detta “nona Pepa”, che qui passava l’autunno e la primavera pascolando le sue bestie ed abbeverandole al ruscello poco distante. Continuando il cammino si giunge, dopo essere passati attraverso le reti paramassi realizzate con la nuova Galleria di Verceia nel 1983, al massiccio Sasso Corbè. Da qui la vista può spaziare sul bellissimo Pian di Spagna e sul lago di Mezzola. Osservando il percorso della strada proseguire in discesa sul versante opposto del coriaceo Sasso, si capisce la veridicità degli aggettivi che sono stati usati per definire questa strada: da ardita ad audace, passando per pericolosa ed insidiosa. Più che una strada somiglia ad un sentiero: presenta una larghezza non superiore al metro e mezzo, con gradoni irregolari scavati nella roccia ed in ripida discesa. Se è percorribile con qualche difficoltà a piedi, risulta davvero difficile pensare che qualcuno possa essere tanto incosciente da percorrere il tracciato sul 22 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

dorso di un cavallo. Ma questo pensiero viene prontamente smentito da un cartellone posto lungo il percorso. Il testo riporta un estratto del libro “Raetia” del grigione Giovanni Guler von Weineck, il quale ci racconta: “Da Bocca d’Adda si può andare a Riva, in cima al lago, sia per nave che per terra. Veramente, in passato non esisteva alcuna via per terra; per altro, quando questo territorio passò sotto il dominio dei Grigioni, questi costruirono una strada sull’angusto ciglione della montagna, che s’innalza quasi a picco sul lago; ma questa strada è sassosa, stretta, pericolosa e in molti punti si dovette intagliarla nella viva roccia. Subito a fianco della strada, la strada strapiomba nel lago, il quale è qui in parecchi punti profondissimo; perciò accaddero fino ad oggi irreparabili disgrazie con perdita di vite umane e di ricchezze. Né io posso ricordare senza raccapriccio come l’anno 1613, nel mese di luglio, il mio amato genero, Alberto Vespasiano Salis, podestà di Morbegno, gentiluomo giovane, dabbene e di belle speranze, precipitò dalla via col suo cavallo: e la disgrazie accadde così repentinamente che il suo servo non potè prestargli soccorso, ma solo perdere con lui la vita nel lago. Vero è che il servo lanciò grida e invocazioni di soccorso; ma prima che fossero intese, così lui che il padrone, il quale nuotando con stivali e speroni, aveva perduto per primo le forze, erano calati a fondo. Più tardi, per grazia di Dio, Vespasiano venne ripescato, quasi miracolosamente, con opportuni ordigni e trasportato a Chiavenna; ivi, con nobile corteo di tutti i cittadini di Chiavenna e di altre persone del contado, egli venne tumulato con grande rimpianto nella tomba gentilizia dei Salis,

dove ora la sua salma riposa, in attesa di risorgere l’estremo dì del mondo per l’eterna beatitudine e ricongiungersi con la sua anima trionfante in paradiso.” Qualcuno si arrischiava, quindi, a percorrere l’ardito tracciato a cavallo ma le difficoltà erano spesso fatali, come nel caso del Salis. Proseguendo, il tracciato non presenta altre difficoltà ma si conserva comunque non più largo di un metro e mezzo. Si incontra poi la località Acquabona, ove le donne di Verceia solevano venire a lavare i panni, e quindi si giunge ad un bivio. Scendendo, si raggiunge la località Frana, intercettando l’antico percorso della strada del Donegani poco prima della seconda galleria di Verceia. Proseguendo dritto si arriva alla frazione Villa del comune di Verceia e quindi, abbandonando lo storico tracciato del Strada dei Cavalli (che proseguirebbe senza troppe difficoltà fino al Sasso di Campo e poi a Novate), si raggiunge la chiesa di S. Fedele. La difficoltà più grande che il percorso storico superava era dunque il Sasso Corbè. Non a caso questo sperone roccioso fu, negli anni, punto strategico di passaggio da e per la Valchiavenna durante tutte le guerre che Chiavenna ed il suo Contado hanno dovuto sopportare. La presa del Sasso Corbè o la sua difesa erano in grado di decidere le sorti di intere battaglie o addirittura di guerre. La strategicità della Strada dei Cavalli è quindi fuori discussione, e questo anche per le transazioni commerciali internazio-

nali tra lo stato dei Grigioni e la Repubblica di Venezia, attraverso una strada che passava su suolo grigione ed eludeva molto abilmente i dazi posti dal Ducato di Milano sulle merci in transito17. Inoltre il tracciato risultava al riparo dal tiro dei cannoni del Forte di Fuentes, edificato nel 1604. Con la costruzione ed apertura della Strada Priula, si era concretamente realizzato il collegamento tra la Svizzera (e in generale l’Europa centro-settentrionale) e la Repubblica di Venezia, a tutto svantaggio del Ducato di Milano18. Il tracciato della Priula risaliva la val Brembana e, superando le Orobie al Passo S. Marco, scendeva fino a Morbegno dove attraversava l’Adda sul ponte di Ganda, innestandosi nella Valeriana, per poi congiungersi alla Strada dei Cavalli, una volta superato Dubino. Al di là delle difficoltà del tracciato, della lentezza con cui andava percorsa e delle cattive condizioni in cui versava negli ultimi anni di operatività, la Strada dei Cavalli ha rappresentato per secoli l’unico collegamento fra le due valli alpine, finché il genio del Donegani non ha permesso lo scavo nella roccia del nuovo percorso stradale. Quanto alla Strada Militare Lacustre, si può tranquillamente affermare che la sua realizzazione fu una vera e propria sfida vinta dall’ingegno e dall’abilità di Carlo Donegani che, nel 1818, si vide affidata la progettazione di questo collegamento stradale che da Lecco, correndo


DAL COLLEGIO DI SONDRIO La strada dei cavalli allo stato attuale.

quasi a livello del Lario, sarebbe giunto fino a Colico. Le attività di rilievo e progettazione si susseguirono intensivamente, tant’è che già nel 1820 si poterono iniziare i lavori. L’opera, vista la sua complessità, venne appaltata in quattro diversi cantieri che operarono in quattro epoche diverse; la materializzazione della strada avvenne per mezzo di una linea bianca, posta un metro sopra il livello di massima piena del lago, che seguiva tutte le rientranze e le sporgenze dello scosceso costone roccioso. I viaggiatori che in quegli anni transitavano via acqua, di fronte a questo spettacolo, non potevano che sorridere tra sé, pensando all’opera irrealizzabile di un visionario19. L’operosità degli operai, magistralmente diretti dal nostro ingegnere, permise invece la realizzazione di ciò che pareva impossibile, proprio lì dove anche i muli a stento passavano. “Si spiana si colma, si taglia, si fora. La giornata consumavasi a fare buchi da mina e caricarle: venuta la sera, brillavasi; e lo sbigottito navigante e il lontano abitatore vedevano, udivano centinaja di colpi, quasi intere fiancate di vascello, romper le tenebre e il silenzio, spaccare la roccia”20. Così Splendiano Morselli, in modo alquanto romantico, descrive i lavori che fervevano su quelle inospitali ed accidentate sponde. Le gallerie che si aprirono furono moltissime, per la fuga complessiva di 1190 metri: a Dervio, al Sasso Morcò fra Bellano e Varenna, ad Olcio. Finalmente, dopo enormi sforzi, sul finire IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 23


DAL COLLEGIO DI SONDRIO La prima "perforante galleria" di Verceia.

del 1831 la carrozzabile venne aperta al transito. La strada non raggiunge mai pendenze superiori al 4% e, come quelle di Stelvio e Spluga, presenta una larghezza costante di 5 metri. La Militare Lacustre fa parte delle tre grandi arterie stradali ricordate in apertura, che vennero realizzate nel giro di tredici anni con un immenso sforzo sia economico che di uomini e mezzi da parte dell’Imperial Regio Governo Austriaco. Se la Militare Lacustre era già collegata alla Militare dello Stelvio, era impensabile che un così attento Governo lasciasse senza idoneo collegamento terrestre la due strade Militari e la Commerciale di Spluga. Per questo nessuno restò stupito quando, all’inizio del 1832, si avviarono i rilievi e la progettazione della strada da Colico a Riva. Il cantiere venne avviato nel 1833, poco più di un anno dopo l’inaugurazione della Militare Lacustre, per concludersi già nel 1834. Lo stesso Donegani sembrava essere sicuro del proseguimento della sua opera sino al Porto di Riva, tanto che, nei suoi documenti e nei suoi scritti, la strada non compare mai nominata come un’entità a sé stante, ma sempre accorpata alla Strada Militare Lacuale: “Parte consecutiva in costruzione da Colico alla Riva di Chiavenna. [...] Le difficoltà ed i mezzi con che furono superate equivalgono consimilmente le anzidette per la strada da Colico a Lecco essendovi qui pure due perforanti gallerie [...] e più un ponte”21. Le difficoltà e le asperità incontrate durante il lunghis24 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

simo cantiere della Strada Militare Lacuale erano, a suo dire, assimilabili a quelle incontrate durante il cantiere della strada da Colico a Riva. Proveremo quindi ad analizzare gli ostacoli che Donegani stesso aveva individuato nella sua descrizione della strada Lacuale e a mostrare come decise di superarli. Tali considerazioni possono essere applicate anche al tratto di strada oggetto di questa analisi. Le principali difficoltà vennero schematicamente sintetizzate in cinque punti: 1. Estese tratte voltuarie di scogli con scarpa limitatissima e quasi apico sul lago per cui mancava una base trasversale ove appoggiare la strada. 2. Altre estesissime tratte di china nel lago con scarsissima base che esigge l’impianto di muri precisamente in spiaggia, onde acquistare la larghezza necessaria per la carriera non potendosi maggiormente intaccare la china del Monte sovrastante e segnatamente ove il terreno scorrevole si

sarebbe messo in movimento con pericolo di frane. 3. Ristrettezza di tutte le tratte attraversanti i vari paesi da percorrersi internamente non potendo lambirli piuttosto in riva del Lago in causa dell’esercizio di navigazione cioè porti, darsene, spiagge d’approdo e di rilevanti usi di pescagione che si sarebbero interseccati a inoperosi. 4. Innumerevoli sbocchi di Valli e Torrenti, con moltiplicatissimi altri scoli trattandosi del piede di continuative falde di Monti in tutta la linea. 5. Esposizione agli insulti delle Onde del Lago trattandosi della riflessibile differenza di M.i 4 fra lo stato di magra e quello di straordinaria piena22. Questi problemi, riscontrati nella costruzione della strada Lacustre, possono essere nella loro interezza assimilabili a quelli incontrati nella strada da Colico a Riva nella sua seconda parte, da Bocca d’Adda a Riva di Chiavenna. Per quanto riguarda la prima parte di tracciato, da Colico fino a Bocca d’Adda, si sa per

certo che il terreno sul quale il rilevato stradale doveva appoggiarsi era tutt’altro che solido, essendo di natura paludosa e soggetto ad alluvioni ed allagamenti. Pertanto ci sentiamo di aggiungere a questi cinque punti un sesto punto: 6. Terreno particolarmente paludoso e soggetto a periodici allagamenti a causa delle periodiche e frequenti esondazioni del fiume Adda. Individuate le criticità del contesto, il Donegani scrisse come furono superate: 1. Vennero perforati essi scogli con estese tratte di gallerie. Sono esse gallerie bastantemente chiare colla luce procurata da un conveniente numero di finestroni aperti sul lago, i quali offrono in oltre ai passeggeri gradevolissimi variati punti di vedute che rendono il passaggio di queste grotte più interessante e grato invece di destare quell’apprensione come al primo colpo d’occhio a ciascuno sembrerebbe. La loro larghezza è di metri 5 e atta al cambio di ogni


DAL COLLEGIO DI SONDRIO Vista del Pian di Spagna, del Lago di Mezzola e del Monte Berlinghera ripresa dal Sasso Corbè.

carro o vettura, così l’altezza è bastantemente generosa pel passaggio di qualunque carico anche voluminosissimo che vi si debba introdurre. 2. I detti scogli poi nel rimanente delle loro fughe ove si presentavano con qualche base in ritiro e di roccia vennero intagliati colle strade a così detto Cielo aperto e mediamente grandi muri di spallatura con arco attraverso ai burroni ed altri ripieghi si ottenne ovunque la larghezza prescritta di Metri 5 oltre la cunetta di scolo. Intorno poi ai suddetti Muri di spallatura si parla più diffusamente al N.5. 3. Tutti i paesi che vennero attraversati colla nuova strada e che avevano anguste stradelle furono ridotti in modo più regolare colle necessarie mutilazioni dei Caseggiati rifabbricati anche più elegantemente di prima. 4. Tutti i Fiumi, Torrenti, Valli scoli secondari e burroni vedonsi attraversati con solidi ponti arcuati tutti in vivo con rivestimenti di pietre da taglio diligentemente combacciate non esistendone che un solo con impalcature in legno per circostanze parziali di località. 5. Tutti i muri piantati in spiagge e soggetti quindi agli insulti delle Onde del Lago sono rivestiti sino all’altezza di Metri 5 sopra la magra con pietre lavorate e combacciate diligentemente a corsi regolari per cui non vedonsi interstizi di cemento e quindi insuscettibili di venir attaccati. Sopra essi

muri sorge il parapetto alto un metro sopra il piano della Strada con che è tolta ogni apprensione e pericolo, oltre di che si presentano essi figura aggradevole colla più ben consona curvatura e generalmente coperti da lastre di marmo lavorate e combacciate nel modo più regolare ed esatto. Vedonsi inoltre nei siti meno importanti estese tratte barricate, e paracarri cilindrici di granito di maniera che a chi percorre questa linea nulla restasi da desiderare. Per Vice Reale graziosa disposizione, poi di Sua Altezza Imperiale vedonsi distribuite a consone distanze replicate piazzette con piantagioni per l’ombra e ristoro dei viandanti, e con alcune fontane di ottima acqua, sedili, ecc. Il che rende sempre più amena questa strada e dilettevole il viaggio in ogni maniera23. È doverosa una piccola precisazione in merito alla natura dei ponti che, come si vedrà nella seconda parte di questo articolo, furono realizzati in legno, forse per avere un minore aggravio economico sul bilancio dello Stato. Per quanto riguarda il sesto punto di criticità, l’Ingegner Donegani progettò apposite opere di difesa idraulica che possono essere così sintetizzate: 7. Il percorso stradale è stato realizzato in rilevato, al fine di fornire una barriera naturale al dilagare dell’acqua.

Oltre a questo sono state realizzate tutte le necessarie opere di difesa idraulica, siano esse chiaviche, canali di scolo, pozzi od opere di arginatura, atte a fornire un’ulteriore ragionevole sicurezza circa la salvaguardia del tracciato stradale in caso di alluvioni od allagamenti. Risulta a questo punto chiaro come, in virtù della notevole esperienza accumulata nella realizzazione delle tre grandi arterie viarie che la nuova opera doveva raccordare, tutti i piccoli o grandi accorgimenti indicati in fase di progettazione dal Donegani costituissero ormai un suo standard di progettazione, irrinunciabile per una riuscita buona e duratura dell’opera. Ancora una volta si evidenzia un’attenzione maniacale ai dettagli che possono apparire insignificanti agli occhi di molti ma che, raggruppati nella totalità dell’opera, fanno la differenza tra un’opera eccellente ed un’opera mediocre. È questa sostanzialmente la lezione del Donegani: mai lasciare i dettagli al caso o alla libertà del costruttore, seguire attentamente il cantiere, e in generale le proprie realizzazioni, con passione e impegno, definire precisamente e minuziosamente, in sede di stesura di capitolato

d’appalto, le opere d’arte da eseguirsi; in generale rendere comprensibile a tutti la propria idea progettuale. (Fine prima parte) T Note 1 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli” storico tracciato stradale della bassa Valchiavenna, Chiavenna, Comune di Verceia Editore, Stampa Rotalit, luglio 2002, p. 30. 2 Liceo Scientifico “Carlo Donegani”, Carlo Donegani una via da seguire, Sondrio, Lito Polaris, 2001, p. 37. 3 Ibidem. 4 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli”, p. 30. 5 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del delta dell’Adda presso Colico negli ultimi secoli, in “Bollettino della società storica valtellinese”, n. 54/2, 2001, p. 115. 6 Ivi, p. 118. 7 Morselli S., La Valtellina, la strada militare e l’Adda descritte da un morto, in Cantù C., Grande illustrazione del Lombardo Veneto, Milano, 1859. 8 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del delta dell’Adda, p. 118. 9 Ibidem. 10 Ibidem. 11 Ibidem. 12 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del delta dell’Adda, p. 122. 13 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli”, p. 6. 14 Ivi, p. 7. 15 Ivi, p. 10. 16 Ibidem. 17 Ivi, p. 12. 18 Ibidem. 19 Morselli S., La Valtellina, la strada militare e l’Adda. 20 Ibidem. 21 Donegani C., Memorie sulle Strade di Stelvio, Spluga e Lacuale, manoscritto autografo conservato presso il fondo “Donegani di Montestelvio” dell’Archivio di Stato di Sondrio, busta II, fascicolo 5.2, 1834, pagina 10. 22 Ivi, p. 7-8. 23 Ivi, p. 7-10.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 25


DAL COLLEGIO DI SONDRIO Marcello Di Clemente

L

eggendo la bozza delle norme attuative del Decreto Competitività, in merito alla paventata tassazione ai fini I.M.U. dei terreni agricoli montani (nuovo regime di esenzione), mi sovviene un aneddoto capitatomi alcuni anni orsono. Per un certo periodo di tempo, per svolgere il praticantato, venne presso il nostro studio un ragazzo originario di una piccola frazione montana di

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Un aneddoto e... l'I.M.U. sui terreni agricoli montani Sondrio. Il giovane era stato mandato (controvoglia) presso il nostro studio dal padre, idraulico, che immaginava per il figlio un futuro “migliore” del suo, in “giacca e cravatta” e non in “tuta blu”. Di carattere affabile, molto simpatico e volenteroso, il ragazzo entrò presto nelle simpatie di tutto lo studio. Notammo, però, che il giovane geometra era più incline ai lavori manuali (fare il canneggiatore, fare piccole ripa-

razioni nell’ufficio, spostare fascicoli, andare a bere l’aperitivo, coltivare pubbliche relazioni in cantiere e in Catasto con le giovani colleghe) e meno alle mansioni di concetto. Fu così che, una volta, rientrando in studio in tarda serata, trovai sulla mia scrivania un foglietto contenente un avviso di questo tenore: “Ha telefonato il geom. ..., ha detto di telefonargli al n. 0343/ [seguito da un numero a 6 – sei – cifre]”.

Lì per lì, restai un po’ perplesso in quanto il nome del collega era a me sconosciuto. In qualsiasi caso, il giorno seguente, telefonai al numero segnato e, con mio stupore, non mi rispose il collega bensì una macelleria di non ricordo quale cittadina italiana. A quel punto chiesi spiegazioni al nostro praticante . IO: “Sei sicuro di aver segnato bene il numero? Sei certo del nome?” LUI : “Sì, sì, mi ha anche detto che ti conosce bene”


DAL COLLEGIO DI SONDRIO

Per cui, tornando sul foglietto con l’avviso, cercai di decriptare il nome segnato e così facendo mi accorsi che vi poteva essere una vaga e remota somiglianza con il nome di un caro collega di Chiavenna. Presi in mano la guida telefonica ed in effetti il numero telefonico era 0343/ (seguito da un numero a 5 – cinque – cifre e non 6 come segnato dal giovane praticante), in pratica il prefisso era giusto, il numero era identico, senza però

l’1 iniziale delle “teoriche” sei cifre segnate sull’avviso. Accertato il tutto, chiesi al ragazzo il perché di quell’1 in più, facendogli notare che il distretto telefonico di Chiavenna prevede, dopo il prefisso, un numero a 5 (cinque) cifre. Ma il giovane praticante con una semplicità disarmante mi disse: “Siccome non avevo capito bene il numero [NdA anche il nome] e mi vergognavo di richiederlo, siccome cinque cifre mi sembravano

poche, ne ho aggiunta una [NdA ovvero l’1]”. Le risate in studio si sentirono sino a 1 Km. di distanza ed io rimasi basito e senza parole; solo una frase mi usci timidamente dalla bocca “ma perché proprio l’1? [NdA e non il 3 o il 7, o ecc]”. Il giovane geometra oggi esercita felicemente la professione di idraulico con il padre e, a volte, lo incontro al bar sereno e sorridente (lui) davanti ad un “prosecco”, io

triste e incazzato davanti ad un caffè senza zucchero. Il perché questo simpatico aneddoto mi sia venuto in mente leggendo le nuove norme sull’I.M.U. dei terreni agricoli è presto detto. I tecnici del Ministero hanno ben pensato di introdurre una norma che stabilisce che per i terreni agricoli dei comuni ubicati sopra ai 600 m.s.l.m. sono esenti da I.M.U., per i terreni agricoli dei comuni ubicati fra i 600 e i 281 m.s.l.m.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 27


DAL COLLEGIO DI SONDRIO

Si dovrà pagare l’I.M.U. (eccezion fatta per i coltivatori diretti) e infine per i comuni ubicati sotto i 281 m.s.l.m. tutti i proprietari dovranno pagare l’I.M.U.. Per la determinazione della quota altimetrica del comune, si dovrà fare riferimento alla collocazione dell’edificio (casa) comunale. Ora, se una norma del genere fosse stata partorita dalla mente vivace di un giovane praticante geometra di 19 anni, con un sorriso, si potrebbe anche giustificare, ma visto che è stata concepita da tecnici del Ministero mi pare di difficile comprensione. E soprattutto, quell’1 (del 281) cosa ci sta a fare? 28 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Avrei voglia di discutere sull’opportunità o meno di una scelta politica che tassa tutti i terreni agricoli; oppure di cercare di capire come faranno cittadini, impiegati comunali, professionisti, C.A.F., ecc.. a gestire il contenzioso che si aprirà allorquando ci si renderà conto del caos imperante a livello catastale. Si pensi a terreni con 300 o 400 intestatari, terreni ormai inglobati nei greti dei fiumi ma ancora presenti in archivio catastale in capo a privati, frazionamenti e volture di terreni diventati strade o piazze che mai l’Ente Comunale – che oggi dovrebbe riscuotere la tassa – ha mai provveduto a eseguire e regolarizzare.

Mi interesserebbe parlare del senso logico di fissare una discriminante impositiva legata alla quota altimetrica della casa comunale e non alla classificazione del territorio (si pensi a comuni il cui territorio si estende a quote altimetriche significative ma che hanno la casa comunale sotto i fatidici 281 m.s.l.m., o viceversa), ma tutto ciò avrebbe bisogno di un ampio dibattito che, onestamente, forse non sarei in grado di sostenere. Però, certamente, una cosa mi piacerebbe capire: ma perché proprio 281?! Chi lo dovrà stabilire quell’1? Con quali sofisticati mezzi di rilevamento? Bisognerà calcolare la soglia

dell’ingresso o lo spiccato fuori terra della casa comunale? E se l’edificio comunale avesse più ingressi posti ad esempio quota 279 e 282 m.s.l.m.? Ma va considerato l’ingresso della casa comunale o dell’ufficio tributi? E se l’ingresso avesse davanti una scalinata? E se chi entra ha i tacchi alti (sto esagerando...)? Chiaramente ho scherzato un po’ sulla questione, tuttavia mi auguro che questa norma vada rivista con maggior riflessione e attenzione da parte del Ministero e dei propri tecnici. Tuttavia un sospetto mi viene: non è che nel pool di esperti del Ministero c’è anche il nostro giovane praticante? T



DAL COLLEGIO DI LODI Alessandro Colonna

I

l 2014 ha visto la ricorrenza dell’80° anniversario del record imbattuto di velocità per idrovolanti, e le provincie di Brescia e Lodi sono state “idealmente” unite da un filo conduttore: infatti, il pilota protagonista del record ebbe i natali nella bassa lodigiana, e lo scenario che ospitò l’evento fu lo specchio d’acqua del Lago di Garda antistante Desenzano del Garda (BS). Francesco Agello nasce appunto a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi, il 27 dicembre 1902. La passione per gli sport e per la motocicletta in particolare lo portano presto a dedicarsi all’amore per la velocità, facendogli conseguire nel 1924 il brevetto di pilota e, quattro anni più tardi, dopo aver militato nei reparti di Ricognizione Terrestre e raggiunto il grado di sergente maggiore, ad essere selezionato tra i 7 piloti costituenti il primo corso della Scuola di Alta Velocità di Desenzano del Garda. Qui fu impegnato nel collaudo e nella messa a punto degli idrovolanti, o meglio, degli “idrocorsa”, come venivano identificati gli apparecchi preparati appositamente per le competizioni, in particolare per la celebre Coppa Schneider. Raggiunta e superata la velocità di 500 km/h poté fregiarsi dell’ambitissima “V rossa”, un distintivo riservato all’élite dell’aviazione del tempo. Una volta che gli inglesi vinsero definitivamente la Coppa Schenider, nel 1931, la Scuola di Alta Velocità venne trasformata in “Reparto Alta Velo30 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Francesco Agello, l’idrovolantista più veloce del mondo cità”, che avrà tra gli obiettivi primari quello di strappare agli inglesi il record di velocità e l’Italia sviluppò allora un nuovo idrocorsa dalle caratteristiche tecniche innovative mai viste prima: il motore più potente del mondo, il Fiat AS.6 progettato dall’ingegnere Tranquillo Zerbi, dall’incredibile potenza di 3.100 cavalli erogati da 24 cilindri su due file in configurazione a “V”, e soprattutto, soluzione unica al mondo, la doppia elica trattiva, ovvero due eliche coassiali controrotanti. L’apparecchio era un monoplano ad ala bassa, lungo circa 8 metri e con un’apertura alare di più di 9 metri, progettato da un genio dell’aeronautica quale l’ingegnere Mario Castoldi e deputato a battere il record di velocità, cosa che riuscì grazie anche alle capacità del maresciallo Agello. Ma tale conquista richiese anche il suo tributo di vite umane: nei primi voli di collaudo perirono Giovanni Monti, probabilmente a causa di un guasto al sistema di trasmissione delle eliche accoppiate che lo fecero inabissare nelle acque del Lago di Garda, e Stanislao Bellini, che esplose letteralmente in volo. I problemi legati ad un motore tanto esasperato si manifestavano proprio con dei ritorni di fiamma di una violenza impressionante, seguiti da violentissime detonazioni. La soluzione fu trovata grazie ad un colpo di genio: vennero applicati alcuni tubi trasparenti collegati ai condotti del carburatore, così da poter seguire e controllare il flusso del carbu-

rante. Nel frattempo, in un banale incidente morì Ariosto Neri, e così Agello rimase l’unico abilitato al pilotaggio dell’M.C.72. Nel pomeriggio del 23 ottobre 1934 Agello ai comandi del Macchi-Castoldi M.C.72 superò il suo precedente record conquistato l’anno prima, raggiungendo una media di 709,209 km/h, velocità imbattuta tutt’oggi per questa categoria di velivoli. Grazie a questa epica impresa, il maresciallo Agello venne decorato con la Medaglia d’Oro al Valore Aeronautico con la seguente motivazione “Pilota d’Alta Velocità di


DAL COLLEGIO DI LODI A sinistra, alcune immagini del maresciallo Francesco Agello. Sotto, l'M.C.72 e Francesco Agello in posa davanti all'apparecchio.

eccezionale valore ed ardire, dopo aver concorso con difficili e pericolosi voli sperimentali alla messa a punto del più veloce idrovolante del mondo, conquistava per due volte il record

mondiale di velocità assoluta”. Agello perse la vita il il 24 novembre 1942, durante un volo di collaudo sopra i cieli di Bresso.

A dimostrazione della grandezza di questo pilota, l’Alitalia diede il suo nome ad uno dei Boeing 767 della propria flotta.

Nel lodigiano si sono svolte diverse celebrazioni in onore dell’anniversario ed è stato realizzato anche un fumetto. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 31


SCUOLA

Istituiti i CPIA per la scuola serale per Geometri del “Tartaglia” Riprendiamo in questo numero l'argomento illustratovi nel numero 5/2014 sulla riforma della scuola serale per Geometri che come sappiamo, per la nostra città e provincia si tiene presso l'istituto “Tartaglia” ed è diretta dal professor Guido Bosio. È una scuola, questa, molto apprezzata dal mercato per la peculiarità del suo insegnamento, in quanto riesce a introdurre al lavoro – (anche) della libera professione – molti studenti lavoratori che non sono in grado di seguire i corsi diurni. Fra l'altro, per deroga ministeriale, ancora per quest'anno la scuola, e solo essa, licenzierà gli abilitati con il titolo di Geometra. Vi illustriamo qui in particolare l'istutuzione dei CPIA (Centri Provinciali Istruzione Adulti) e il completo programma didattico.

I

l DPR 263/12, entrato in vigore il 26 febbraio 2013, reca istruzioni per l’attivazione dei CPIA (centri provinciali per l’istruzione degli adulti). A partire dall’anno 2014/15 saranno attivati questi centri che raggrupperanno sotto un’unica dirigenza i Ctp (Centri territoriali permanenti), i corsi serali e quelli svolti presso gli istituti di prevenzione e pena. I CPIA dovranno progettare e realizzare la graduale applicazione dei nuovi assetti didattici e organizzativi. In provincia di Brescia sono state 32 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

individuate tre sedi: Brescia, Gavardo e Chiari con popolazioni scolastiche previste di 2.583, 1.295 e 889 studenti. Le aree territoriali sono state individuate in base ad alcuni indicatori: numero di giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet (Not education, employment or training); cittadini stranieri con permesso di soggiorno; storica e attuale offerta d’istruzione per adulti erogata dai Ctp e dai corsi serali preesistenti. I corsi si svolgeranno e rimarranno incardinati presso le istituzioni scolastiche che at-

tualmente gestiscono i corsi serali e i percorsi d’istruzione nelle carceri. Finalità Innalzamento dei livelli d’istruzione della popolazione adulta. Conseguimento titolo d’istruzione scuola primaria, secondaria di 1° grado, secondaria di 2° grado (nello specifico diploma Tecnico CAT, già Geometra, equivalente a quello del corso diurno.) Il quadro orario comprende tutte le discipline del corrispondente corso diurno. Le ore totali sono ridotte, ri-

spetto al diurno, di circa il 25%; questa riduzione consente lo svolgimento delle lezioni su cinque giorni settimanali. Il nuovo assetto didattico dei CPIA offre importanti strumenti di flessibilità (riconoscimento di titoli precedenti, crediti e competenze in ambito lavorativo, personalizzazione dei percorsi formativi). Ciò permette il completamento degli studi, frequentando solo le nuove materie introdotte con la riforma o quelle mancanti al proprio curriculum, senza dover ricominciare tutto da zero. T


SCUOLA

Il diploma è equipollente a quello dei corsi ordinari che sono appetibili al fine dell´ingresso nel mondo del lavoro e all’accesso universitario. Esso si propone, con un diverso rapporto insegnante-studente, in un diverso e più agile modello di scuola. Sono previsti l´applicazione dei crediti formativi, l’attivazione di materie integrative e di progetti multidisciplinari. Il corso serale permetterà di rientrare nel percorso formativo con la garanzia di un reale diritto allo studio per tutti, consentendo anche percorsi personalizzati più funzionali alle esigenze individuali. Questa iniziativa, fornisce l´opportunità di iniziare o completare un regolare iter scolastico mirato ad acquisire conoscenze e competenze nel campo delle attività sia artistiche che tecniche e ad arricchire il proprio bagaglio culturale. Il percorso didattico del corso serale è funzionale alle esigenze di un´utenza costituita da adulti, da lavoratori, da giovani, da studenti e da persone che pure se in possesso di un titolo di studio di Media Superiore hanno l´esigenza di approfondire le proprie conoscenze e capacità.

Il Tecnico per “costruzioni, ambiente e territorio”, oltre ad intervenire in prima persona in tutte le fasi della realizzazione delle opere edili, è un tramite essenziale nei rapporti tra progettisti e imprese costruttrici. Questa figura professionale opera anche nel campo della difesa dell’ambiente, del risparmio energetico, dei nuovi materiali, della sicurezza sul lavoro, della mobilità sostenibile, dello smaltimento dei rifiuti, ovvero le implicazioni dello sviluppo ecosostenibile. Il diplomato, secondo i percorsi previsti della normativa, può accedere all’esame di abilitazione per l’esercizio della libera professione di gemetra, oppure ai corsi di formazione tecnica superiore (IFTS). L’Istituto è in stretto contatto e collabora con la Facoltà di Ingegneria, con il Collegio dei Geometri, con il Collegio Costruttori, con la Scuola edile e con la CAPE di Brescia.Ciò permette di tenere costantemente aggiornati i contenuti con le richieste che provengono sia dal mondo del lavoro che da quello della ricerca.

COSTRUZIONI AMBIENTE E TERRITORIO DISCIPLINE Lingua e letteratura italiana Lingua inglese Storia Matematica e complementi Religione cattolica o Attività alternative Gestione del cantiere e sicurezza lavoro Progettazione costruzione e impianti Topografia Geopedologia, economia e estimo

TOTALE

2° BIENNIO 3° 4° 3 3 2 2 2 2 3 3 1 1 2 2 5 5 3 3 2 3

5° 3 2 2 3 1 2 4 3 3

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IL CORSO SERALE è così articolato: Lezioni su 5 giorni lavorativi Accesso differenziato al percorso scolastico attraverso il riconoscimento dei crediti formativi per le competenze già possedute ed acquisite: - a seguito di studi compiuti e certificati - di esperienze maturate in ambito lavorativo - di esperienze maturate con studi personali coerenti con l’indirizzo di studi Per gli studenti a basso reddito la possibilità di chiedere l’esonero dal pagamento delle tasse scolastiche. Per gli alunni stranieri corsi di alfabetizzazione per una maggiore conoscenza della lingua italiana. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 33


SCUOLA

Fondazione Giovanni Agnelli: pubblicata la graduatoria 2015 degli Istituti Tecnici Anche quest'anno la Fondazione Giovanni Agnelli (FGA) ha provveduto a stilare la graduatoria degli Istituti scolastici di tutta Italia in merito alle loro eccellenze sulla preparazione degli studenti al proseguio degli studi universitari. Pubblichiamo i dati relativi agli Istututi bresciani che riguardano i geometri, unitamente ad una doverosa informazione della FGA sui criteri che sono stati adottati per la redazione dello studio e che riguardano i dati formativi degli Istituti stessi.

34 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

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onostante la conclusione delle attività di iscrizione agli Istituti secondari superiori è ancora possibile per le famiglie, con richiesta di apposito nullaosta all’Istituto, rivalutare la scelta effettuata. risulta quindi interessante proporre gli esiti dell’autorevole analisi svolta dalla Fondazione Giovanni Agnelli, ripresa a più riprese nei mesi scorsi da diversi quotidiani a diffusione nazionale e locale, che si pone come obbiettivo, con il progetto “Eduscopio”, di fornire alle famiglie alcuni dati per presentare il livello di preparazione degli studenti in uscita verso gli studi

Universitari. È necessario ed importante tuttavia, come considerazione iniziale, rimandare alla notizia evidenziata sul sito della Fondazione Geometri Italiani (www.fondazionegeometri.it settore Comunicazione-News) con la conferma che, secondo una recente ricerca condotta da AlmaDiploma, ad un anno dal conseguimento del titolo il 38% dei ragazzi usciti da un istituto tecnico risulta occupato. Un dato che potrebbe essere ancora più elevato se si considera che ogni anno ci sono circa 20-25mila profili tecnici che le imprese italiane non riescono a trovare.

Questo elemento influenza quindi l’analisi proposta con il progetto Eduscopio perché in questa vengono considerati solo gli Istituti che mandano un congruo numero di studenti all’Università – almeno 1 su 3 – e solo quelli che, per almeno un indirizzo di studio, mandano all’Università un numero non inferiore a 21 diplomati – la dimensione media di una classe quinta. La Fondazione Agnelli ha analizzato i risultati al primo anno di università di 700mila diplomati italiani – sia i voti ottenuti agli esami sia i crediti ottenuti, perché all’università è importante sia a-


SCUOLA Nella tabella il riepilogo degli Istituti Tecnici ad indirizzo Tecnologico della Provincia di Brescia secondo l’ordine decrescente dell’indice FGA.

gli studenti agli studi universitari ed è quindi consequenziale che l’analisi consenta una più approfondita considerazione dei dati degli studenti provenienti da un percorso Liceale, quasi esclusivamente orientato ad un proseguimento degli studi presso l’Università, piuttosto che a quelli provenienti da un percorso Tecnico settore Tecnologico che offre, oltre alla possibilità di accedere comunque all’Università, ulteriori opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Si ricordi inoltre che i dati raccolti dalla FGA fanno riferimento alla banca dati dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti universitari escludendo di fatto i dati relativi alle altre forme di formazione post secondaria sempre più diffusi sul territorio nazionale – i percorsi di formazione tecnico superiore ITS ed IFTS, per esempio. Gli indicatori di performance degli Istituti sono quelli riassunti nella media dei voti conseguiti agli esami universitari, ponderata con i Crediti Formativi Universitari POSIZIONE LOCALITA’ ISTITUTO Indice FGA riconosciuti per ciascun esame, e la per1 Darfo B.T. “T. Olivelli” 80,44 centuale dei CFU ottenuti sul totale pre2 Sarezzo “P. Levi” 79,92 visto. Per una più immediata considerazione dei risultati ottenuti la Fondazione 3 Leno “V. Capirola” 70,80 Giovanni Agnelli propone un indicatore 4 Brescia “N. Tartaglia” 70,68 sintetico – l’Indice FGA – che tenga conto di entrambi gli indicatori considerati ri5 Salò “C. Battisti” 70,41 portandoli sulla stessa scala – da 0 a 100 6 Orzinuovi “G. Cossali” 64,28 – ed assegnando loro lo stesso peso 7 Desenzano d/G “L. Bazoli” 63,23 (50%/50%). Una volta rese comparabili le perfor8 Chiari “L. Einaudi” Non disponibile* mance universitarie degli studenti se ne 9 Edolo “F. Meneghini” Non disponibile* può ricondurre la qualità agli Istituti in cui hanno conseguito il diploma. 10 Iseo “G. Antonietti” Non disponibile* Nel riepilogo ottenuto con i dati degli Isti*Dato non disponibile in quanto nella graduatoria e nell'indicatore FGA rientrano solo le scuole che mandano un tuti Tecnici a settore Tecnologico della congruo numero di studenti all'Università (almeno il 30%) Provincia di Brescia, resi disponibili dal progetto Eduscopio ed ottenuti con l’apvere buoni vuoti che supe- plice e trasparente, informa- plicazione dei fattori precedentemente esposti, si constata il rare gli esami nei tempi pre- zioni utili a capire se la scuola positivo punteggio raccolto dagli Istituti con indirizzo Costruvisti – per gli anni dal 2009 al superiore dove questi stu- zioni, Ambiente e Territorio su quelli proponenti un percorso 2012, gli ultimi disponibili denti hanno preso la matu- tecnico differente, per esempio Tecnico Agrario e Tecnico nell’aggiornamento dell’A- rità ha svolto un buon lavoro. Industriale. nagrafe Nazionale Studenti. La FGA propone quindi, in Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al sito www.eduSulla base di questi dati la sintesi, la capacità degli Isti- scopio.it FGA propone, in modo sem- tuti di preparare e orientare T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 35


FORMAZIONE Nicolò Sarzi Sartori

M

ercoledì 10 dicembre 2014, presso l’aula magna dell’I.T.G. Tartaglia si è tenuto – nell’ambito delle attività di formazione ed informazione proposte della Commissione Urbanistica ed Edilizia del Collegio Geometri di Brescia – un seminario dal titolo “Normativa in materia di tutela paesistica”. L’evento, che ha richiamato un considerevole numero di iscritti, come registrato nelle precedenti due occasioni di aggiornamento proposte dalla Commissione (“Titoli abilitativi in edilizia, sportello unico dell’edilizia e ambiti di trasformazione” e “Il contributo di costruzione e inquadramento giuridico e casi particolari”), è stato presentato dal geometra Dario Piotti, Responsabile della Commissione e Consigliere del Collegio dei Geometri di Brescia, il quale ha anche portato ai partecipanti il saluto del presidente del Collegio, il geometra Giovanni Platto. Come relatori all’incontro erano presenti l’avvocato Mauro Ballerini, consulente delle Pubbliche Amministrazioni e il geometra Gianfranco Merici, membro della Commissione Edilizia ed Urbanistica del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Brescia. I lavori sono iniziati con l’intervento dell’avvocato Ballerini, utile a fare chiarezza in merito a vincoli ed autorizzazioni paesaggistiche. Mauro Ballerini, all’inizio del proprio intervento, ha subito fatto risaltare come la ma36 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Seminario al “Tartaglia” sulle tematiche della tutela paesistico-ambientale teria paesistica ed ambientale sia di competenza nazionale, secondo quanto stabilito dalla “Legge Galasso” (Legge n. 431, 8 agosto 1985). Il fatto che i rappresentanti politici presso Regioni e Province, delegate per i piani del territorio, non abbiano operato in concerto con il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, come previsto dalla Legge, ha quindi determinato la necessità di ricorrere ai pareri della Sovrintendenza. Il titolare che le rilascia non le emette grazie ad un potere proprio ma deve ottenere l’approvazione del Ministero dei Beni Culturali, tramite la Sovrintendenza. Il Sovrintendente è infatti depositario della tutela. A questo proposito il relatore ha rimandato all’art. 117 della Costituzione, in cui sono definite una competenza concorrente, tra Stato e Regioni (e/o comuni nei casi particolari di Trento e Bolzano) ed una esclusiva, dello Stato. La prima concerne l’urbanistica, la seconda l’ambiente. È per questo che se una Regione ha la possibilità di legiferare lo deve solo ed esclusivamente alla delega dello Stato. L'intervento è continuato con un chiarimento riguardo a come ci si debba comportare di fronte a zone soggette a vincolo ambientale, che riguardano per lo più zone d’insieme; l’esempio apportato è quello del territorio del lago di Garda. Ciò che va tenuto sempre presente nell’ambito di una realizzazione edilizia è che il vincolo non comporta auto-

maticamente l’inedificabilità, pretende però la compatibilità. Chi volesse costruire opere deve quindi sottoporre la documentazione integrale a tal riguardo al parere della Sovrintendenza così che possa procedere a valutazioni ed accertamenti. La decisione della Sovrintendenza è vincolante, sia che il giudizio sia positivo, sia che sia negativo. Ballerini ha quindi colto l’occasione per introdurre la questione della cosiddetta opzione zero. Capita talvolta che per una determinata area si ritenga incompatibile qualunque progetto. Si tratta di aree in cui il vincolo ambientale, pur non prevedendo l’inedificabilità, risulta, in seguito alle valutazioni del Sovrintendente, talmente stringente da impedire qualunque modifica. A questo riguardo, sono state ricordate due sentenze del Tribunale di Brescia, la prima del 10-4-2012 in cui l’opzione zero è stata negata, la seconda, di soli tre mesi successiva, sentenza n. 1341 del 13-72012 in cui l’opzione è stata approvata. In questo caso è stata data ragione al Sovrintendente che ha valutato l’area inedificabile. Risulta dunque possibile negare l’edificabilità su aree per le quali a monte era già stato deciso il vincolo. Nella fattispecie questo è il caso della Regione Lombardia, il cui piano per la tutela ambientale non è stato fatto, come già da legge della tutela ambientale del 1939, poi testo unico 42 del 2004, di

concerto col ministero dei Beni Culturali, ma per via autonoma. È quindi legittimo che il sovrintendente talvolta riprenda in esame la valutazione dell’area e giudichi in base al caso specifico di concedere o meno l’autorizzazione. L'avvocato è passato infine ad illustrare il da farsi nel caso si siano realizzate opere in assenza di autorizzazione. Come da art.167 del decreto 42 del 2004 (modificato nel 2006) la norma vorrebbe che l’opera venisse demolita e che il trasgressore procedesse alla messa in pristino a proprie spese. Nonostante l’autorizzazione in genere non possa essere rilasciata in sanatoria, esistono dei casi, contemplati nel decreto del 2004, in cui è invece possibile. Tant’è che al comma 4 dell’art. 167 si trovano tre casi in cui la compatibilità paesaggistica può essere accertata; in cui dunque si può evitare il ripristino. La procedura prevede che si dimostri di rientrare in tali parametri sottoponendo la questione del parere di compatibilità paesaggistica al sovrintendente, il quale è tenuto a rispondere entro 90 giorni. Chiaramente accade spesso che il termine, pur essendo perentorio, non venga rispettato. A questo punto non è difficile che l’ente che ha fatto domanda, ad esempio il comune, che ha 180 giorni come termine perentorio, per rispettare il proprio termine interpreti il silenzio del sovrintendente come assenso e proceda. Si è messo in evidenza che la


Foto © maurir75 – Fotolia.com

FORMAZIONE

procedura corretta sarebbe però quella di sollecitare il sovrintendente e qualora lo sforzo risulti vano, tentare allora la nomina di un sostituto. La seconda parte del seminario si è svolta con l’intervento del geometra Merici. Subito Gianfranco Merici ha specificato che anche quando si opera in assenza di vincoli è necessaria una valutazione di impatto paesistico del progetto che, anche se si tratta di un’autovalutazione che non necessita di alcun tipo di autorizzazione, deve

pur sempre essere allegata. Grazie anche all’ausilio del proiettore è stato dunque illustrato un esempio pratico dell’applicazione delle linee guida regionali. Merici ha specificato quindi che la valutazione dell’impatto paesistico deve prevedere una procedura articolata in quattro fasi: la valutazione della sensibilità paesistica dei luoghi, la valutazione dell’incidenza paesistica del progetto ed infine la determinazione dell’impatto paesistico di questo schematizzabile tramite una scala

numerica con valori da 1 a 25. L’impatto si ritiene positivo al di sotto della soglia di rilevanza (5), negativo al di sopra della soglia di tolleranza (16). Nel caso invece si ritenga neutro (tra 6 e 15) si ritiene utile effettuare degli approfondimenti, i quali costituiscono la quarta fase. Si è espresso poi riguardo alla relazione semplificata prendendo in esame i casi in cui è prevista l’attuazione di tale criterio per il rilascio dell’autorizzazione. Si tratta quindi di interventi di lieve entità, dunque interventi mi-

nori in grado di non alterare complessivamente lo stato dei luoghi, come la posa in opera di antenne, cartelloni e pannelli solari per citare alcuni casi. I lavori si sono conclusi con un breve dibattito fra i presenti. A fronte di alcune domande poste ai relatori si sono meglio specificati i temi relativi alla procedura di accertamento della compatibilità paesaggistica e quello relativo al diniego alla posa in opera di pannelli solari. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 37


LEGALE Matteo Panni Giorgio Morotti

Responsabilità dell'appaltatore per vizi e difetti nei contratti di appalto

Con questo numero iniziamo la collaborazione con lo studio legale associato Panni e Morotti che, nel corso dell'anno, ci commenterà le tematiche legali e contrattualistiche legate alla nostra attività di geometri. Il primo articolo, in particolare, illustra le reponsabilità inerenti i contratti di appalto.

1.

La garanzia legale per le difformità e i vizi. I contratti di appalto rivestono grande importanza pratica: la realizzazione di opere nel settore dell’edilizia avviene infatti sulla base di tali tipi di contratto. Le obbligazioni derivanti dal contratto di appalto sono regolate dall’art. 1655 c.c. nel “compimento di un’opera” (dovere dell’appaltatore) verso un “corrispettivo in danaro” (dovere del committente) (art. 1655 c.c.). Il contenzioso in materia di appalto scaturisce frequentemente dal fatto che l’opera non è stata eseguita a regola d’arte. Salvo per il caso in cui sia avviata un’azione di risarcimento del danno (cfr. il testo dell’art. 1668, 1º comma, c.c., che – per questa ipotesi – richiede espressamente la colpa), la colpa dell’appaltatore non rileva: una volta accertati le difformità e i vizi 38 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

dell’opera, il costruttore risponde comunque, oggettivamente. L’appaltatore potrà dunque andare esente da responsabilità solo nel caso estremo in cui riesca a dimostrare l’impossibilità della prestazione, in applicazione del principio generale di cui all’art. 1218 c.c. In materia di contratti di appalto sussiste una forma di garanzia legale: l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera (art. 1667, 1º comma, 1º periodo, c.c.). Con l’espressione di “difformità” ci si riferisce al fatto che sussiste una divergenza fra l’opera che doveva essere realizzata secondo gli accordi intercorsi fra i contraenti e quella che è stata effettivamente realizzata. Con il termine di “vizi”, la legge si riferisce al fatto che l’opera presenta dei difetti rispetto a come avrebbe dovuto essere se fosse stata eseguita a re-

gola d’arte: il criterio per misurare l’esistenza del vizio non è tanto l’accordo dei contraenti quanto piuttosto la regola dell’arte, che impone di realizzare manufatti ben funzionanti. 2. L’esclusione della garanzia in caso di accettazione dell’opera. La legge prevede che la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore (art. 1667, 1º comma, 2º periodo, c.c.). Di norma l’accettazione dell’opera consiste in una dichiarazione espressa di accettazione (il c.d. “collaudo”). La costruzione si considera accettata quando, nonostante l’invito dell’appaltatore, il committente non proceda alla verifica senza giusti

motivi ovvero non ne comunichi il risultato entro un breve termine (art. 1665, 3º comma, c.c.); inoltre, se il committente riceve senza riserve le consegna dell’opera, questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla verifica (art. 1665, 4º comma, c.c.). Le due fattispecie disciplinate dal 3º e dal 4º comma dell’art. 1665 c.c. configurano ipotesi di “accettazione tacita” dell’opera. L’accettazione, espressa o tacita, fa venire meno la garanzia quando vi è (o, secondo criteri di diligenza, vi sarebbe dovuta essere) in capo al committente consapevolezza delle difformità e dei vizi. La disposizione crea dunque un onere di particolare vigilanza in capo al committente, il quale non può più attivare la garanzia laddove abbia accettato con superficialità l’opera senza accorgersi dei difetti. La garanzia rimane ferma però per le dif-


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LEGALE

formità e i vizi “occulti”, intendendosi con tale espressione i difetti che non erano conosciuti né conoscibili dal committente. La legge sanziona il comportamento reticente del costruttore, prevedendo che la garanzia sussista – anche in caso di accettazione dell’opera – laddove l’appaltatore abbia in cattiva fede taciuto le difformità e i vizi. 3. Il termine di decadenza per la denunzia (art. 1667, 2° comma, c.c.). La legge prevede che il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’ap-

paltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta (art. 1667, 2º comma, 1º periodo, c.c.), in qualunque forma, scritta o orale (il problema della denuncia orale, evidentemente, è la sua prova, qualora poi l’appaltatore contestasse di avere ricevuto tale denuncia). Una volta che il committente ha denunziato i difetti, l’attivazione della garanzia implica – in capo all’appaltatore – le conseguenze previste dall’art. 1668 c.c. (cfr., infra, paragrafo 5). Il committente, di norma, non dispone delle medesime competenze tecniche

dell’appaltatore e la scoperta dei difetti può non essere immediata: la scoperta delle difformità e dei vizi può considerarsi avvenuta non già quando il committente inizia a nutrire dei meri “sospetti” in merito ai difetti dell’opera, ma quando – per esempio a seguito di una perizia – ha raggiunto sul punto una ragionevole certezza. La legge prevede che la denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati (art. 1667, 2º comma, 2º periodo, c.c.). Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione il riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore, che – ai sensi dell’art. 1667, 2º comma, c.c. – rende non necessaria la denuncia prescritta a pena di decadenza a carico del committente, non deve necessariamente essere accompagnata dall’ammissione di responsabilità dell’appaltatore. Pertanto, la denuncia è superflua anche quando l’appaltatore, pur riconoscendo l’esistenza obiettiva dei difetti lamentati, contesti per le più svariate ragioni di doverne rispondere. La fattispecie dell’occultamento delle difformità e dei vizi ricorre invece allorquando l’appaltatore conosce l’esistenza dei difetti, ma li tiene nascosti al committente. L’occultamento può avvenire mediante un’azione (di vero e proprio nascondimento delle difformità e dei vizi) oppure mediante un’omissione (l’appaltatore, a conoscenza dei difetti, si limita a tacere, facendo affida-

mento che essi non vengano scoperti dal committente, per esempio per il fatto che riguardano elementi interrati e non più visibili). 4. La prescrizione delle azioni (art. 1667, 3° comma c.c.) In aggiunta alla fissazione di un termine di decadenza, la legge prevede un distinto termine di prescrizione: l’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera (art. 1667, 3º comma, 1º periodo, c.c.), intendendo per consegna quella definitiva, con verifica e accettazione della medesima e non già con riguardo a un’eventuale consegna anticipata, con riserva di verifica. Decorso il termine di due anni l’azione non può più essere esercitata; il termine prescrizionale può però essere interrotto con un atto di messa in mora, ricominciando a decorrere da quest’ultimo: il decorso del termine di prescrizione dovrà dunque essere attentamente monitorato. In caso di vizi occulti, invece, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla data della scoperta dei vizi, scoperta che è da ritenere acquisita dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera (tale conoscenza è da ritenere acquisita – di regola – a seguito dell’esperimento di apposita relazione peritale). IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 39


LEGALE

La legge prevede poi che il committente, se anche decida di non agire contro l’appaltatore, qualora sia però convenuto da questi per il pagamento del corrispettivo (eventualmente ancora non saldato), possa sempre eccepire e far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna (art. 1667, 3º comma 2º periodo, c.c.). 5. L’eliminazione delle difformità e dei vizi nonché la diminuzione del prezzo L’art. 1668 c.c. stabilisce quale sia il contenuto della garanzia cui è tenuto l’appaltatore in forza di legge: il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore (art. 1668, 1º comma c.c.). Tre sono dunque i rimedi: (i) eliminazione di difformità e vizi, (ii) diminuzione del prezzo, (iii) risarcimento del danno. Quanto al primo rimedio (eliminazione dei vizi e difetti dell’opera), qualora l’appaltatore non provveda direttamente, il committente può sempre chiedere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla spesa necessaria all’eliminazione dei vizi. Il secondo tipo di rimedio a disposizione del committente è la diminuzione proporzionale del prezzo. Il com40 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

mittente, a fronte di un’opera che presenta difformità e vizi, può decidere di accettare il bene così come esso si trova, pretendendo peraltro che l’appaltatore gli riconosca una riduzione del prezzo. L’opera non è perfetta (nel senso di come originariamente pattuita), ma – quantomeno – grazie alla diminuzione del prezzo, è ripristinato l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni dei contraenti. Oltre all’eliminazione dei difetti e alla diminuzione del prezzo, il terzo rimedio riconosciuto dalla legge al committente consiste nel chiedere il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’opera difettosa eseguita dell’appaltatore. Tale tipo di danno, che può essere chiesto anche in via cumula-

tiva con l’azione di eliminazione dei vizi o di riduzione del prezzo, non può attenere il costo delle opere di sistemazione o eliminazione di vizi e difformità (vi sarebbe una locupletazione indebita), ma attiene agli eventuali danni ulteriori che sono derivati dai tali vizi e difformità: si pensi ai danni conseguenti al ritardo nella consegna dell’opera o per il mancato godimento dell’opera. 6. La risoluzione del contratto I rimedi sopra analizzati sono rimedi cosiddetti “conservativi”: non mirano a fare venire meno il contratto, ma – al contrario – presuppongono il mantenimento del medesimo. Accanto a questi resta ferma

però la possibilità di esperire anche il rimedio risolutorio: è previsto infatti che, se le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1668, 2º comma, c.c.): si tratta di un’ipotesi estrema e del tutto residuale. In caso di risoluzione del contratto di appalto per gravi vizi dell’opera, l’appaltatore sarà tenuto a rimborsare al committente tutte le somme versategli; d’altro canto avrà però diritto a ottenere l’equivalente pecuniario delle opere già realizzate ma nella limitata misura in cui siano utilizzabili dal committente e incorporate nell’immobile di sua proprietà. T


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Gabriele Mercanti

Contratto preliminare e tutele legali connesse

Il presente articolo apre un ciclo di approfondimenti curati dall'avvocato Gabriele Mercanti sulle varie problematiche legate alla conclusione e all'esecuzione del contratto preliminare. Proprio per la volontà di rendere maggiormente proficuo questo percorso argomentativo comune a chi scrive e a chi legge, l'autore ci chiede di invitare i lettori ad esternare i propri dubbi attraverso la redazione della rivista oppure attraverso il sito internet www.avvocatogabrielemercanti.it.

1.

Nozione generale. Il contratto preliminare è definibile come quel particolare tipo di contratto in forza del quale una o entrambe le parti si impegnano alla conclusione di un successivo contratto detto definitivo, il cui contenuto essenziale è già stabilito nel contratto preliminare medesimo1. Con tale contratto, pertanto, nasce esclusivamente un vincolo giuridico di carattere obbligatorio / preparatorio che impegna i contraenti a manifestare anche in un secondo momento la propria volontà: sarà solo con tale ulteriore prestazione di consenso che si concretizzerà l’operazione giuridico-economica che le parti si erano prefissate (nell’esempio classico del contratto preliminare di compravendita, dunque, il passaggio di proprietà avviene solo ed esclusivamente con la conclusione del definitivo)2. Ciò chiarito, è legittimo chiedersi perché le parti – intenzionate a concludere un contratto – decidano di “spezzare” la vicenda in due fasi distinte (preliminare e definitivo): le motivazioni, in realtà, possono essere le più varie, ma generalmente tale scissione si rende opportuna – se non addirittura indispensabile – quando mancano le condizioni attuali per una conclusione immediata dell’affare. Ad esempio, si pensi al caso in cui un soggetto interessato all’acquisto di un immobile non sia ancora in possesso dell’intera provvista necessaria per paIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 41


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gare il prezzo e debba a tal fine ottenere da un Istituto di Credito l’erogazione di un finanziamento3 oppure al caso in cui debba per esigenze fiscali liberarsi preventivamente della proprietà di altro immobile4. In ipotesi del genere, il contraente interessato all’acquisto ha evidente interesse a creare un primo vincolo contrattuale al fine di “fermare” l’affare ed utilizzare il tempo che lo separa dalla conclusione del contratto definitivo per ottenere il mutuo o vendere l’immobile. 2. Tutele legali in genere. Una volta chiarita la nozione di contratto preliminare ed il fatto che da esso nasca l’obbligo di concludere il contratto definitivo, è fondamentale stabilire quali strumenti abbia a sua disposizione una parte ove l’altra si renda inadempiente all’obbligo di concludere il contratto definitivo5. Chiaramente, qualsiasi tutela è ipotizzabile solo allorquando il rifiuto della controparte di concludere il contratto definitivo sia illegittimo: ad esempio sarebbe legittimo il rifiuto del promissario acquirente di stipulare il definitivo ove l’immobile fosse urbanisticamente abusivo perché privo di titolo abilitativo della costruzione6, mentre non lo sarebbe ove si fosse in presenza di un abuso da intendersi sanato per silenzio-assenso anziché con formale concessione in sanatoria7. Ebbene, oltre alla tradizionale domanda di risarci42 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

mento danni utilizzabile nel nostro Ordinamento per reagire a qualsivoglia condotta illegittima, il c.d. (contraente diligente) può avvalersi anche dei seguenti rimedi: risoluzione per inadempimento; recesso (ove ci sia stata la dazione di caparra); esecuzione in forma specifica. 2.1 Risoluzione per inadempimento. Con la risoluzione del contratto, il c.d. (contraente diligente) può determinare la caducazione del vincolo con-

trattuale con effetto retroattivo, dovendo – allora – essere ripristinata la situazione esistente antecedentemente alla conclusione del preliminare con conseguente liberazione per il futuro da ogni obbligo di concludere il definitivo e necessità di restituire le prestazioni eventualmente già anticipate. La risoluzione si può determinare in tre modi: a) di diritto, se vi è apposita clausola contrattuale che la preveda e se la parte interessata dichiari successivamente all’inadempimento di volersene

avvalere oppure se è scaduto il termine essenziale stabilito per l’adempimento8; b) a seguito pronuncia del Giudice; c) mediante diffida scritta con l’intimazione di adempiere in congruo termine (di norma non inferiore ai 15 giorni) e con l’espresso avviso che decorso il termine il contratto s’intenderà risolto. Si ricordi che la risoluzione del contratto – a prescindere dal meccanismo tecnico attraverso la quale è stata determinata – non preclude la richiesta di risarcimento danni.


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2.2 Recesso e ruolo della caparra. Ove alla conclusione del contratto preliminare sia stata versata una caparra confirmatoria9, il c.d. (contraente diligente) – innanzitutto – può recedere dal contratto, cioè può unilateralmente svincolarsi da ogni obbligo futuro di concludere il contratto, ed – inoltre – se è il soggetto che ha ricevuto la caparra ha diritto di trattenerla, mentre se è il soggetto che l’ha versata ha diritto di esigere la restituzione del doppio. In questo modo le parti sono – come dire – “incentivate” a rispettare il vincolo contrattuale dato che, diversamente, potrebbero subire una già quantificata (e non più contestabile nel suo ammontare) perdita economica pari all’importo della caparra versata ovvero al doppio di quella percepita a seconda dei casi. Si noti che, a differenza di quanto valevole in tema di risoluzione, l’esercizio del diritto di recesso preclude la richiesta di risarcimento danni. 2.3 Esecuzione in forma specifica. Rimedio particolarmente utile per la parte diligente è l’esperimento dell’azione giudiziale di esecuzione in forma specifica, in forza della quale il Giudice emette una Sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso: nella sostanza, la mancanza del consenso di un contraente viene surrogata da un Provvedimento giudiziale10. La Legge esclude espressamente la possibilità di utiliz-

zare tale strumento in tre casi: a. quando il contratto preliminare lo abbia espressamente escluso11; b.quando non sarebbe possibile concludere il definitivo (proprio perché la Sentenza è un mero “sostituto” del contratto)12; c. quando la parte che agisce non abbia già effettuato la sua controprestazione ovvero non ne abbia fatto formale offerta13. Deve segnalarsi che in base alle più recenti evoluzioni giurisprudenziali non deve esistere una rigida corrispondenza tra contenuto del contratto preliminare e contenuto della Sentenza (sostitutiva del contratto definitivo mancante), potendo il promissario acquirente chiedere contestualmente la riduzione del prezzo per vizi dell’immobile14 essendo solo vietato che il bene da trasferire sia oggettivamente diverso per struttura e funzione da quello considerato e promesso in vendita15. 3. Conclusioni Per quanto possa sembrare un’ovvietà, la conclusione di un contratto preliminare deve essere effettuata con la massima diligenza, in quanto il vincolo obbligatorio da esso nascente lega in maniera assai stringente le parti. Anzi, è proprio in detta fase che le parti dovrebbero, dunque, compiere tutte le proprie valutazioni economico-giuridiche sulla convenienza dell’affare. Non a caso, è stato sottoscritto in data 11 dicembre 2014 un protocollo operativo tra il Consiglio Na-

zionale del Notariato ed il Consiglio Nazionale Geometri per rendere gli atti dei trasferimenti immobiliari in linea con i più elevati standard di sicurezza anche sotto il profilo urbanistico ed edilizio16.

Chiaramente non esiste tecnica redazionale tale da poter impedire a priori il sorgere di contenziosi futuri tra le parti del contratto preliminare: nella malaugurata ipotesi ci sarà, dunque, lavoro per gli Avvocati. T

Note 1 È quantomeno curioso che il nostro Codice Civile, pur trattando del contratto preliminare in una serie di articoli, non ne fornisca, tuttavia, una definizione la cui elaborazione è – quindi – frutto del lavoro di Giudici e Giuristi in genere. 2 Pur potendo il contratto preliminare avere ad oggetto l’obbligo di concludere una grande varietà di contratti (vendita, permuta, locazione, cessione azienda, cessione quote sociali ecc.), nella presente trattazione si terrà presente come prototipo la figura del contratto preliminare di vendita (di immobile), in quanto figura maggiormente diffusa nella prassi commerciale. 3 In casi del genere è frequente (ed opportuna) la previsione nel contratto preliminare che l’obbligo di concludere il contratto definitivo sia sospensivamente condizionato all’erogazione del mutuo: se il finanziamento viene concesso la condizione si verifica e l’obbligo di contrarre diventa attuale; se il finanziamento non viene concesso la condizione non può più verificarsi e l’obbligo di contrarre cessa con effetto retroattivo. 4 Proprio per il mero effetto obbligatorio del contratto preliminare di cui si è detto, i requisiti oggettivi e soggettivi per fruire delle agevolazioni prima casa devono sussistere al momento del definitivo e non in quello del preliminare. 5 Deve rilevarsi che da un punto di vista concettuale potrebbe rendersi inadempiente tanto il promittente venditore quanto il promissario acquirente, sempre che non si tratti di un preliminare unilaterale in cui – quindi – un solo soggetto si sia impegnato a concludere il definitivo perché ovviamente in tal caso solo il soggetto che ha assunto l’obbligo potrebbe rendersi tecnicamente inadempiente. 6 Cfr. Cass. n. 9.647/2006 7 Cfr. Cass. n. 13.874/2009. 8 Deve ricordarsi che è pacifico in Giurisprudenza che la mera indicazione del termine entro il quale deve essere concluso il definitivo non rende tale termine di per sé essenziale: a tale valutazione di essenzialità si può giungere, quindi, solo ove risulti che, per la natura e l’oggetto del contratto, le parti non avevano utilità eco-

nomica al perfezionamento del vincolo dopo la scadenza del termine medesimo (Cfr. Cass. n. 3.645/2007). 9 La caparra confirmatoria è una somma di denaro (o di altre cose fungibili) che viene versata in sede di perfezionamento del contratto allo scopo di “rafforzare” la portata del vincolo: è evidente, infatti, che tale prestazione economica dimostri inequivocabilmente, nell’immaginario collettivo, la “serietà” dell’impegno. 10 Come detto sopra per l’inadempimento in generale, anche qui è concettualmente ammissibile che tale azione giudiziale possa essere intrapresa da entrambe le parti del contratto: nell’ipotesi, però, del contratto preliminare di compravendita è statisticamente nettamente prevalente l’esercizio dell’azione da parte del promissario acquirente per l’ovvia ragione che questi spesso ha versato già somme di denaro senza essere ancora proprietario del bene e, quindi, è maggiormente interessato, rispetto al promittente venditore, a determinare il trasferimento della proprietà. 11 Possibilità, quindi, tecnicamente possibile ma di praticamente inesistente utilizzo nella prassi commerciale. 12 Si pensi al caso già sopra citato dell’immobile privo di titolo abilitativo della costruzione. 13 Per ovviare a questo corto circuito giuridico (si pensi al promissario acquirente a cui – ovviamente – non può certo chiedersi di dover versare anticipatamente il saldo per poter poi agire contro il promittente venditore inadempiente) la prassi giudiziaria ha creato la figura della Sentenza condizionata, in base alla quale il Giudice condiziona il trasferimento della proprietà contenuto nel Provvedimento Giudiziale al successivo saldo del prezzo, cfr. su tutte Cass. n. 21.896/2011 che parla addirittura di “collaudata tecnica della Sentenza condizionale”. 14 Cfr. su tutte Cass. n. 14.988/2012. 15 Cfr. Cass. n. 4.895/1993. 16 Il contenuto dell’accordo è visionabile dal seguente link: http://www.notariato.it/sites/default/files/111214_CS_ accordo_notai_geometri.pdf.

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SICUREZZA CANTIERI

Modelli semplificati per la redazione del PSC

Continuiamo la pubblicazione, già iniziata sul numero 6/2014, dei modelli semplificati sulla problematica della Sicurezza di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. In particolare, in questo numero presentiamo quelli relativi alla redazione del PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) in formato tale da poter essere agevolmente riprodotto.

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(Parte 2)


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AGRICOLTURA

Condizionalità 2015 per gli operatori agricoli

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Valeria Sonvico

L

a Condizionalità è la dimostrazione delle finalità positive della PAC che giustifica la spesa pubblica. Rappresenta l’elemento essenziale nella strategia di integrazione ambientale della PAC, nonché costituisce il requisito per accedere agli aiuti comunitari. L’imprenditore agricolo quando richiede aiuti attraverso la domanda unica sottoscrive gli impegni di Condizionalità e deve rispettare i vincoli che scaturiscono dall’attività legata all’allevamento e ai terreni. La disciplina relativa alla Condizionalità si compone di due tipologie di impegni, i Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) che derivano dall’applicazione di regolamenti e direttive comunitarie e le Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA) definite a livello nazionale e relative al corretto mantenimento dei terreni, compresi i pascoli permanenti. La Condizionalità prevede nel complesso 13 Criteri di Gestione Obbligatori e 7 Buone Condizioni Agricole e Ambientali, suddivisi in tre settori, con altrettanti temi di riferimento: 1. Ambiente, cambiamenti climatici e buone condizioni agronomiche del terreno • Acque • Suolo e stock di carbonio • Biodiversità • Livello minimo di mantenimento del paesaggio 2. Sanità pubblica, salute degli animali e delle piante • Sicurezza alimentare 60 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

• Identificazione e registrazione degli animali • Malattie degli animali • Prodotti fitosanitari 3. Benessere degli animali Rispetto alla precedente programmazione, il legislatore ha voluto rendere più organico e chiaro l’elenco degli impegni, che è suddiviso per “settore” e “tema” e non più per anno di applicazione, la Tabella 1 serve per comprendere meglio il cambiamento di “linguaggio” attualmente in vigore. NOVITA’ IN PILLOLE: rispetto al passato non sono contemplati più nella condizionalità 2015 La novità più importante è l’eliminazione dell’impegno dell’“avvicendamento delle colture” che nella nuova programmazione della Pac è stato sostituito con quello

della “diversificazione” richiesto dal greening. Tra le altre novità sono eliminati: • ex CGO Atto A3 (fanghi) e ex B13 B14 B15 (lotta all’afta vescicolare e febbre catarrale) • ex BCAA mantenimento degli oliveti e dei vigneti in buone condizioni vegetative, divieto estirpazione ulivi, densità minima bestiame. Anche se alcuni impegni sono spariti, permangono come base line per l’accesso alle misure future PSR come condizione di ammissibilità per chi aderisce alle misure agro-ambientali. Attenzione a: Requisito Minimo Fitosanitari (RM fit) - ex B9 RM e Requisito Minimo Fertilizzanti (RM fer) - ex 4RM costitui-

scono la base line per la misura 10 e 11. RM fit: - Possedere patentino così come previsto dal PAN - Stoccaggio prodotti fitosanitari (allegato VI.1 del PAN) - Rispetto dei principi generali della difesa integrata obbligatoria (A 7.2 e A 7.3 del PAN) - Verifica stato funzionale attrezzature e dal 26/11/2016 controllo funzionale presso centri autorizzati (PAN) - Osservanza delle prescrizioni in etichetta e delle misure di mitigazione dell’applicazione del PAN in regione lombardia RM fer: - Rispetto obblighi amministrativi/gestionali e di divieto distribuzione e.a. in zone non vulnerabili


AGRICOLTURA

TABELLA 1: Impegni Condizionalità 2015 (nomenclatura passata e vigente a confronto) Settore

Vecchia nomenclatura

Nomenclatura 2015

A4 Direttiva nitrati

CGO1

Standard 5.2. Introduzione fasce tampone

BCAA1

Standard 5.1. Autorizzazione uso irriguo delle acque

BCAA2

Standard 5.3. ex atto A2 protezione acque sotterranee per certe sostanze pericolose

BCAA3

Standard 1.2. copertura minima del suolo

BCAA4

Standard 1.1. gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali per limitare erosione

BCAA5

Standard 2.1. mantenimento livello s.o. nel suolo

BCAA6

A1 Zps – natura 2000

CGO2

A5 Sic Zsc – natura 2000

CGO3

Standard 4.4. mantenimento elementi caratteristici del paesaggio

BCAA7

B11 sicurezza alimentare

CGO4

B10 divieto di sostanze ormoniche vietate..

CGO5

A6 identificazione/registrazione suini

CGO6

A7 identificazione/registrazione bovini

CGO7

A8 identificazione/registrazione ovi-caprini

CGO8

Malattie degli animali

B12 prevenzione/controllo/eradicazione encelofapatie spongiforme)

CGO9

Prodotti fitosanitari

B9 immissioni sul mercato e uso rodotti fitosanitari

CGO10

C16 protezione vitelli

CGO11

C17 protezione suini

CGO12

C18 protezione animali in allevamento

CGO13

Tema principale

Acque

Ambiente, cambiamenti climatici e buone condizioni agronomiche del terreno

Suolo e stock di carbonio

Biodiversità Livello minimo di mantenimento del paesaggio Sicurezza alimentare

Sanità pubblica, salute degli animali e delle piante

Benessere degli animali

- Rispetto prescrizioni fosforo. P2O5 limite massimo 250 kg/ha anno Ogni anno viene estratto un campione di aziende che viene controllato al fine di accertare il rispetto degli impegni assunti, il controllo viene effettuato dal funzionari provinciali, da agea e da veterinari. Tutti i controlli seguono una check list contenente tutti gli impegni che un’azienda deve rispettare. Ogni CGO / BCAA viene “pe-

Identificazione e registrazione degli animali

Benessere degli animali

sato” attraverso gli indici di verifica (durata, portata, gravità) e a questi viene assegnato a seconda dell’infrazione un valore basso, medio alto. L’esito di ogni CGO / BCAA viene sommato per campo di condizionalità (ambiente, sanità benessere) per ottenere un punteggio totale per quel determinato campo, il punteggio serve per definire l’eventuale riduzione all’impresa del pagamento.

Per ulteriori informazioni si invitano gli interessati a prendere contatti con gli uffici CAA (Centro Assistenza Agricola). Esenzione per i piccoli agricoltori: gli impegni, e conseguentemente le sanzioni, non si applicano ai beneficiari che aderiscono al regime dei piccoli agricoltori. Per questi ultimi si è ritenuto che l’impegno richiesto nell’ambito del meccanismo della condizionalità sarebbe stato

superiore ai vantaggi del loro mantenimento in tale sistema, in termini di oneri sia amministrativi a carico dell’azienda, sia a carico delle amministrazioni nazionali per lo svolgimento dei controlli. L’esenzione, tuttavia, lascia impregiudicato l’obbligo di rispettare le disposizioni in vigore della normativa settoriale e la possibilità di essere controllati e di subire sanzioni in virtù di tale normativa. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 61


AGRICOLTURA

Riportiamo i valori ad Ha delle aree agricole riprese dal Listino della CCIA, differenziati nelle varie zone in cui si divide la provincia di Brescia, con la precisazione che per quanto attiene alla bassa bresciana – da indagini reperite in loco – detti valori possono subire un ribasso anche del 10-15%. (Fonte: Giornale di Brescia, 7 gennaio 2015)

Valori delle aree agricole della provincia di Brescia per ettaro

Alta Valcamonica

Montagna Media Valcamonica

Montagna Lago d'Iseo Orientale

Alta Valtrompia

Alta Val Sabbia

Montagna Benaco Occidentale

Montagna Media Valtrompia

Montagna Media Val Sabbia

Morenica del Lago d'Iseo

Colline di Brescia

Morenica Nord-occidentale Benaco

Pianura Bresciana occidentale

Pianura Bresciana centrale

Pianura Bresciana orientale

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min

max

Prato

20

30

Pascolo

5

8

Prato

21

30

Vigneto

110

170

Vigneto doc

133

190

Oliveto

113

170

Prato

25

37

Prato

27

40

Pascolo

7

10

Prato

67

100

Bosco

13

20

Prato

100

150

Uliveto

120

180

Frutteto

133

190

Seminativo irriguo

95

150

Prato

33

50

Bosco

13

20

Seminativo non irriguo

107

160

Vigneto DOC

167

237

Frutteto

167

237

Vigneto DOC

167

237

Seminativo irriguo

72

100

Vigneto DOC

133

200

Uliveto

133

200

Seminativo irriguo

105

150

Seminativo irriguo

100

150

Vigneto DOC

167

237

Seminativo irriguo

77

115

Vigneto DOC

105

153

Seminativo irriguo

73

114

Vigneto DOC

95

135


AGRICOLTURA

Acque pubbliche e private

Foto Š Naj – Fotolia.com

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L'argomento delle acque demaniali e non, pur essendo di grande attualità (vedi tutte le ripercussioni sull'attività cartografica nella gestione territoriale, in particolare della pianura Padana) continua come noto a restare insoluto. A riguardo Angelo Este, consigliere del Collegio di Brescia, prosegue una battaglia in ambito provinciale, regionale e nazionale (l'ultimo incontro sul tema è avvenuto il 15 luglio 2014) per definire i contenuti del problema e risolvere l'annosa vertenza che sempre piÚ contrappone i privati al demanio anche su aspetti patrimoniali. Presentiamo qui un ulteriore contributo sul tema propostoci dall'ingegnere Stefano G. Loffi, direttore del Consorzio Irrigazioni Cremonesi, che da questo numero inizia la sua collaborazione alla nostra rivista. Rafforzando quanto da tempo sostiene il nostro consigliere Este, l'intervento di Loffi ci fornisce un punto di vista dell'autore sull'incongruenza normativa in materia e sulla necessità di fare chiarezza una volta per tutte su un argomento che tanto pesantemente incide nella nostra professione, condizionando tutta la problematica dei frazionamenti di aree agricole interessate da corsi d'acqua dismessi.

uesta “storiaâ€? inizia con il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, nei due passi: • articolo 86: “Alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorioâ€? • art. 89 “Sono conferite alle regioni e agli enti locali [‌] le funzioni relative: ai compiti di polizia idraulica [‌]â€?. La Regione Lombardia, con la propria legge 5 gennaio 2000 n. 1, ha seguito le indicazioni dello Stato, dividendo le acque‌ pubbliche tra sĂŠ medesima ed i Comuni: forse giĂ sapeva, nel 2001, che qualcuno avrebbe soppresso le Province tredici anni dopo? Non pare, infatti, che la scala comunale s’attagli ad una rete di canali la cui principale caratteristica è l’essere quasi ovunque sovracomunale! Ma cosĂŹ s’è deciso: dura lex, sed lex! Fatta la legge, si deve darne applicazione e qualcuno a tanto fu incaricato, ma devo premettere una notazione ormai storica: con la cosiddetta legge Bassanini, del 1997, la nomina dei dirigenti è diventata una prerogativa dei politici, con il conseguente ricambio ad ogni tornata elettorale, a danno del tesoro piĂš prezioso nella Pubblica Amministrazione: la Competenza‌ e qui porto un conseguente esempio. Passano venti mesi dalla predetta legge regionale 1/2000 e finalmente qualcuno comincia a pensare di darne applicazione, previo autorevole parere, nutrendo un dubbio che giĂ di per sĂŠ la IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 63


dice lunga in fatto di… Competenza! In data 8 ottobre 2001, nei corridoi della Regione parte, da una Direzione Generale ad un’altra, il seguente quesito: “il sedime sul quale scorre un’acqua dichiarata pubblica a seguito dell’entrata in vigore della L. 36/1994 è da considerarsi in ogni caso demaniale, anche in assenza di apposita indicazione nelle mappe catastali?”. Chi lavora nelle “cose d’acqua” sarebbe trasalito, ma non altrettanto il destinatario del quesito, che, già il successivo 12 novembre, dà una risposta di olimpica sicurezza: “[con l’] applicabilità del r.d. 523/1904 a tutte le ‘acque pubbliche’ come definite dall’art. 1 della L. 36/94 […] nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua privati”. Fantastico! Devo ricordare che, prima di questo fatidico 12 novembre 2001, anche in Lombardia vigeva il solo Codice Civile, il cui articolo 822 così definiva – come tuttora definisce – il Demanio idrico dello Stato: “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico […] i fiumi, i torrenti , i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia”. La precisazione “e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia” si rese necessaria perché i generici termini “fiumi” e “torrenti” ovviamente non potevano essere l’unico discrimine tra suolo pubblico e suolo privato, entrambi coperti dalle acque… e la legge in materia già c’era, come c’è tuttora: per prima fu la legge 10 agosto 1884 n. 2644 (art. 25), poi il regio decreto 11 di64 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

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AGRICOLTURA

cembre 1933 n. 1775 (art. 1), dove si stabilì che le Acque Pubbliche (intese come corsi o corpi d’acqua) siano quelle comprese in appositi Elenchi delle Acque Pubbliche: ecco il Demanio Idrico dello Stato! Questo è il Demanio Idrico che lo Stato, nel 1998, affidò a Regioni ed Enti locali. Ma negli Uffici d’altissimo livello della Regione Lombardia nacque un’idea “diversa”: poiché la legge 36/1994, cosiddetta legge Galli, ha fatto pubbliche tutte le acque, allora nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua privati!! La cosa non era certo di poco conto, soprattutto per coloro che con canali privati “ci campano”, cosicché, dopo vani tentativi di portare la Regione alla… Ragione, cinquantacinque Consorzi di Miglioramento Fondiario o di Irrigazione, ovviamente privati – bresciani, bergamaschi ed uno solo cremonese, quello che attualmente ancora dirigo – fecero ricorso. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche non può essere definito veloce, ma, rispetto alla Giustizia Ordinaria, è velocissimo: la Sentenza fu infatti depositata il 21

settembre 2004, e così stabilì: “l’art. 1 della legge n. 36 del 1994 innova soltanto la disciplina giuridica del bene ‘acqua’ in sé considerato, ma non quella dei suoi ‘contenitori’ la cui demanialità è definita, rispettivamente dal primo e secondo comma dell’art. 822”, dunque anche dalle leggi in materia. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in unico grado di giudizio, ha confermato un fatto arcinoto a tutti coloro che qualcosa sanno di “cose d’acqua” o, quantomeno, che ne abbiano un minimo di… Competenza! I corsi d’acqua privati, per il Giudice delle Acque, esistono e continuano ad esistere, nonostante l’acqua trasportata sìa tutta ed indistintamente di proprietà dello Stato (d.l.vo 152/2006, art. 144 comma 1). Ma nessuno, in Regione Lombardia, tra i Dirigenti nominati dai politici, ebbe il coraggio di ammettere l’errore e correre ai ripari, perché di guai già ne erano nati e non pochi, ma c’era ancora spazio per un decisa e dovuta “correzione di rotta”. Niente da fare… chi di dovere, agli alti livelli del governo regionale, ebbe l’ardire di perseverare, forse per di-

fendere questioni assai limitate, provocando addirittura una pronuncia della Corte di Cassazione ed un Giudizio di ottemperanza nei confronti della Regione stessa; un ordine perentorio, che generò la delibera della Giunta regionale numero 1239 del 30 novembre 2005, che, in premessa, recita: “Ritenuto di dover escludere dal reticolo dei Consorzi di bonifica in quanto di proprietà privata i seguenti canali […]”. Ecco fatto! Nel 2001 in Regione si stabilì che nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua privati e, nel 2005, l’organo di Governo lombardo, costretto da un tribunale (!), prese atto che i canali privati semplicemente esistono! Ormai una rivisitazione di tutta la questione sembrava ineluttabile, ma così non fu! Neppure il più semplice ragionamento aveva smosso e mai smosse, nonostante gli eventi poc’anzi ricordati, la cocciuta burocrazia regionale: “se lo Stato ha affidato a Regioni ed enti locali il proprio Demanio Idrico, cominciate a gestire questo, prima di inventare cose nuove e cose vecchie, per giunta… sbagliate”!


AGRICOLTURA

Niente da fare… è stata ininterrotta e monotona, e così continuerà, la serie delle delibere della Giunta regionale: ad oggi ne conto otto tra altre di contorno, dopo la prima n. 7/7868 del 25 gennaio 2002, sorta di testi unici successivi che del precedente fanno tabula rasa… ed intanto giocoforza, in seguito a guai e danni prodotti da piccoli e grandi allagamenti, con conseguente stillicidio di domande sempre più ficcanti da parte di cittadini che leggono le leggi, Regione ed enti locali, ovvero Regione e Comuni hanno cominciato ad applicare la norma regionale, dando forma ad un Demanio Idrico assai più esteso di quello originario dello Stato, perché c’è un altro aspetto che la Regione sembra o vuole ignorare. L’ente pubblico al quale la Legge affida le funzioni di Polizia Idraulica – detto Autorità di Polizia Idraulica – ha pieno ed autonomo potere di decidere quali siano i corsi d’acqua da acquisire al Demanio, senza indennizzo nei confronti di chi potesse dimostrarne la proprietà del relativo alveo. È infatti sufficiente e necessario che l’Autorità di Polizia Idraulica riconosca che un corso d’acqua abbia od acquisti attitudine ad usi di pubblico e generale interesse (art. 1 comma 1 r.d. n. 1775/1933) perché esso venga iscritto nel… Demanio Idrico, senza indennizzo alcuno: questo dice la Legge! Ora hanno già vigore, nell’ambito del Demanio Idrico soggetto alla Polizia Idraulica: il Reticolo Idrico Principale,

che la Regione ha completamente affidato ad AIPo; il Reticolo Idrico dei Consorzi di bonifica, anch’esso regionale; il Reticolo Idrico Minore già inserito, da molti Comuni, nel proprio PGT. Nonostante gli strafalcioni, esiste oggi in Lombardia un Demanio Idrico (statale, regionale e, forse, comunale…) solidalmente acquisito negli strumenti urbanistici e fonte di atti di Concessione ed esazione di Canoni: il punto di non ritorno è superato! Ma il principio inconfutabile resta ed anche qui lo scrivo, forte e chiaro: non è vero che la Legge, attribuendo tutte le acque alla proprietà dello Stato, abbia reso pubbliche tutte le superfici dalle acque ricoperte, più o meno stabilmente, ma è vero che l’Autorità di Polizia Idraulica ha il potere di riconoscere a corsi d’acqua privati (rectius: il cui alveo è dunque di proprietà privata) l’attitudine ad usi di pubblico e generale interesse, così attribuendoli al Demanio Idrico, rendendo cioè pubblico l’alveo prima privato senza indennizzo alcuno. Questo dice la Legge! Il tema potrebbe ora svilupparsi ampiamente, ma credo d’aver già proposto non pochi spunti di riflessione e l’onore che mi si concede nello scrivere su questa rivista è già grande. A chi volesse approfondire il ragionamento – ovvero le mie idee, che potrebbero essere non tutte corrette, ma certamente stimolanti – segnalo che tutto ciò che ho prodotto si trova su www.cic.cr.it: cercando alla

voca ‘Polizia Idraulica’ resto anch’io sbalordito da quanto ne abbia scritto! Una considerazione recente, in NEWS del 01.08.2014 (vedi box), prende atto di una conseguenza deleteria che interessa innanzitutto chi si trovasse a risolvere il caso di un corso d’acqua che esista soltanto nelle mappe catastali oppure che lo si debba spostare nelle medesime cartografie: passare, cioè, da “acquea” a “terreno”. Ora aggiungo: quando il frazionamento interesserà un

corso d’acqua privato, si dovrà comunque e sempre chiedere il Nulla Osta dell’Agenzia del Territorio? Pare proprio di si! Corso d’acqua privato: una categoria che le istituzioni lombarde tutte sembrano escludere a priori, probabilmente perché ancora ferme all’idea che “[con l’] applicabilità del r.d. 523/1904 a tutte le ‘acque pubbliche’ come definite dall’art. 1 della L. 36/94 […] nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua privati”! T

"Tra Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Regione Lombardia, anche in stretta collaborazione con organizzazioni professionali, dal 2010 è attivo un Tavolo Tecnico per risolvere la 'complessa problematica legata agli atti di aggiornamento cartografico interessanti i reticoli fluviali (soprattutto i minori)', cioè per chiarire – lo scriviamo con parole nostre – cosa si debba fare nel caso di un frazionamento catastale in cui vi siano aree che passano da 'acqua' a 'terreno'. In questi giorni, sta circolando nella Rete una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Cremona – che mette i brividi… ci basti citarne un passo: 'L’Agenzia del Demanio assume quindi il ruolo di interlocutore esclusivo cui si deve fare riferimento per ogni frazionamento interessante le acque […]'! Esclusivo – aggiungiamo noi – nel solo caso di aree appartenenti al Demanio Idrico dello Stato, perché questo è l’ambito della competenza della statale Agenzia del Demanio. Ancor più stupisce il riferimento ai 'reticoli fluviali (soprattutto i minori)' poiché, a seguire, si definisce il Comune come 'organismo idraulico competente'!! In quattro anni questo è il risultato di un Tavolo Tecnico? Di fatto, per frazionare da ‘acqua’ a ‘terreno’, da oggi si deve sempre chiedere il preliminare ed indispensabile Nulla Osta alla statale Agenzia del Demanio, nulla evidentemente rilevando se questa superficie ‘acqua’ appartenga allo Stato (ritenuto quindi proprietario unico di tutte le superfici coperte dalle acque?), o alla Regione (art. 85 l.r. 31/08), o al Comune, se compresa nel Reticolo idrico Minore, unico caso in cui il Comune è legittimamente autorità di Polizia Idraulica. Quando dunque la questione riguarderà Demani Idrici non statali, il Nulla Osta dell’Agenzia del Territorio, senza il quale il frazionamento non sarà approvabile, è un balzello inutile, dovendo poi ancora esprimersi il titolare del Demanio Idrico regionale o comunale con tanto di pratica di sdemanializzazione”. (Fonte: www.cic.cr.it news, 1 agosto 2014)

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 65


URBANISTICA Antonio Gnecchi

COSTO DI COSTRUZIONE (art. 16, comma 9, dPR n. 380 del 2001, art. 48, commi 1 e 2, L.R. n. 12 del 2005) Proposta di aggiornamento del costo di costruzione degli edifici residenziali per l’anno 2015 (Comuni della Regione Lombardia)

L’

articolo 16, comma 4, del dPR n. 380 del 2001, che ha sostituito l’articolo 6 della legge n. 10 del 1977 (i cui primi 4 commi sono stati sostituiti dall’articolo 7, comma 2, della legge n. 537 del 1993), nonché l’articolo 48, commi 1 e 2, della legge regionale n. 12 del 2005, dispongono che il costo di costruzione degli edifici residenziali, ai fini del calcolo della relativa quota del contributo di costruzione, sia determinato periodicamente dalle regioni, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma dell’articolo 4, primo comma, lettera g), della legge n. 457 del 1978. Le predette norme stabiliscono altresì che nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente (dai comuni), in ragione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT). Per la Regione Lombardia è stata fatta una prima indivi66 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Il nuovo costo di costruzione dal 1 gennaio 2015

duazione in Lire 482.300 al metro quadro con la deliberazione della Giunta regionale n. 53844 del 31 maggio 1994 (pubblicata sul B.U.R.L., 5° supplemento straordinario del 24 giugno 1994). Successivamente non vi è stato più alcun intervento regionale né vi sono previsioni a breve termine in questo senso. La regione, appositamente interpellata, ha risposto “essendo la legge n. 537 del 1993, per così dire solo “esortativa” in tale senso ed avendo valutato gli esiti complessivi del primo aggiornamento (che fissava un costo unitario di Lire 482.300 al metro quadro), la Regione Lombardia ha stabilito di lasciare libertà ai Comuni, in virtù dell’autonomia loro concessa dalla Costituzione. Sono pertanto i Comuni a stabilire individualmente i costi di costruzione annualmente aggiornati” (comunicazione della regione a quesito di questo sito in data 24 novembre 1997). I moduli operativi potrebbero essere più d’uno, in base ai più vari elementi: • da quando fare partire l’aggiornamento (dal giugno 1994, data della pubblicazione della delibera regionale, dal 1° gennaio 1995, inizio del primo anno successivo o dal giugno 1995, momento del primo inadempimento regionale, quindi momento di maturazione della funzione surrogatoria del comune); • dal mese sul quale deve essere calcolato l’aggiornamento (giugno, gennaio, o il mese in cui si rende pub-

blico l’aggiornamento); • da quando deve avere effetto l’aggiornamento (dal mese di giugno, dal mese di gennaio o da qualsiasi momento in cui sia reso pubblico l’aggiornamento stesso). Bisogna tenere presente che gli indici ISTAT sono resi noti con alcuni mesi di ritardo, quindi, nell’impossibilità di aggiornamenti in tempo reale, tra i vari atteggiamenti (tutti opinabili) sembra più ragionevole quello che: • tiene in considerazione le variazioni ISTAT intervenute annualmente nel mese di giugno (primo mese di applicazione della prima, e unica, determinazione regionale) in modo che l’importo base di riferimento sia omogeneo; • rende effettivo l’aggiornamento dal 1° gennaio successivo (visto che, di norma, gli indici ISTAT di giugno sono resi noti solo in novembre o dicembre). Nel corso del 2009 l’ISTAT ha provveduto ad aggiornare gli indici mensili relativi al costo di costruzione dei fabbricati residenziali, aggiornamento reso necessario considerando le modifiche intervenute nelle tecniche di costruzione e le novità legislative in materia e per prendere in esame una nuova tipologia di costruzione, a partire dal 2005 (base = 100) e fino a settembre 2009, con coefficiente di raccordo pari a 1,186, che ha pubblicato nei primi giorni del 2010.

Nel mese di marzo 2013 l’ISTAT, per essere coerente con quanto richiesto dal Regolamento europeo sulle statistiche economiche congiunturali n. 1158/2005, ha provveduto ad aggiornare gli indici del costo di costruzione di un fabbricato residenziale (nella base di riferimento 2010) a partire dal 2011, con coefficiente di raccordo pari a 1,133. Rilevato che l’indice ISTAT del costo di costruzione dei fabbricati residenziali, relativo al mese di giugno 2014, è stato determinato nella misura di 105,7 rispetto a 106,1 del precedente giugno 2013, sui quali applicare il calcolo per l’aggiornamento del costo di costruzione da far applicare dal 1 gennaio 2015. Si ritiene accettabile che, per il 2015, sia da considerare un costo di costruzione per gli edifici residenziali di Euro 402,25 al metro quadro, ricavato dal seguente calcolo: Costo costruzione 2015 = € 403,77 x 105,7 / 106,1 = € 402,25 (vedi schema a lato). Per quanto attiene le modalità necessarie a rendere pubblico il nuovo importo, potrebbe bastare una determinazione del responsabile dell’ufficio tecnico, che renda noto al pubblico l’avvenuto aggiornamento. Non pare tuttavia del tutto inutile che il prospetto di calcolo dell’aggiornamento sia deliberato dalla Giunta comunale. T


URBANISTICA

Anno

Costo costruzione

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

249,09 255,06 256,36 262,96 268,11 273,07 281,16 287,48 299,70 307,59 321,09 333,13 343,13 355,80 376,14 372,14 378,81 392,82 401,49 403,77 402,25

SCHEMA DI DETERMINAZIONE Aggiornamento costo di costruzione ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001; articolo 48, commi 1 e 2, L.R. n. 12 del 2005 IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO Premesso che l’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001, che ha sostituito l’articolo 6, comma 3, della legge n. 10 del 1977 (i cui 4 commi erano stati sostituiti dall’articolo 7, comma 2, della legge n. 537 del 1993), ha demandato alle regioni la determinazione del costo di costruzione degli edifici residenziali da applicare al rilascio dei permessi di costruire, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata; Visto che la Regione Lombardia ha determinato, ai sensi delle norme citate, con deliberazione della Giunta regionale n. 5/53844 del 31 maggio 1994, (pubblicata sul B.U.R.L., 5° supplemento straordinario del 24 giugno 1994), in Lire 482.300 al metro quadrato il costo di costruzione riferito al contributo afferente il costo di costruzione relativo al rilascio dei permessi di costruire; Visto inoltre che lo stesso articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001, nonché l’articolo 48, commi 1 e 2, della legge regionale n. 12 del 2005, hanno stabilito che nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in assenza di queste, il costo di costruzione è adeguato annualmente ed autonomamente dal Comune in ragione della intervenuta variazione del costo di costruzione accertata dall’ISTAT; Richiamata la propria determinazione n. ___ del __________, con la quale il costo di costruzione era stato aggiornato per l’anno 2014, in euro 403,77 al metro quadrato, con efficacia dal 1 gennaio 2014; Considerato che l’ISTAT non ha provveduto, per ragioni tecniche e su autorizzazione di Eurostat, a pubblicare gli indici mensili relativi al costo di costruzione dei fabbricati residenziali nel corso del 2009, mentre lo ha fatto nei primi giorni del 2010, con la pubblicazione degli indici su base 2005 = 100, con coefficiente di raccordo tra base 2000 e base 2005, pari a 1,186; Visti i nuovi indici ISTAT del costo di costruzione dei fabbricati residenziali relativi al giugno 2005 (=99,9), giugno 2006 (=102,9), giugno 2007 (=106,7), giugno 2008 (=112,8) e giugno 2009 (=112,6) Considerato che l’ISTAT nel mese di marzo 2013 ha pubblicato i nuovi indici su base 2010 = 100, con coefficiente di raccordo tra base 2005 e base 2010 pari a 1,133; Che pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo di costruzione base sul quale calcolare la pertinente quota di contributo di concessione è stabilito in Euro 402,25 al metro quadrato, come risulta dall’allegata proposta di aggiornamento; DETERMINA ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001 e articolo 48, commi 1 e 2, della L.R. n. 12 del 2005, l’aggiornamento del costo di costruzione, di cui alla deliberazione regionale citata, è di euro 402,25 al metro quadrato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, per le ragioni precisate in premessa. IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 67


URBANISTICA Antonio Gnecchi

Commento al decreto "Sblocca Italia” in materia urbanistica edilizia (Parte 1)

Vi presentiamo una prima parte del corposo commento del nostro esperto di urbanistica, geometra Antonio Gnecchi, sul decreto “Sblocca Italia”. Le successive parti saranno pubblicate nei prossimi numeri.

D

ecreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (G.U. n. 212 del 12 settembre 2014,), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 ( S. O. n. 85 alla G.U. dell’11 novembre 2014,, n 262), recante misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive. Il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 contiene solo due articoli significativi che riguardano la materia in commento e titola “semplificazione ed altre misure edilizie” e sono gli articoli 17 e 25. Il primo modifica in parte il dPR 6 giugno 2001, n, 380 e il solo l’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che disciplina i piani attuativi, mentre il secondo integra e modifica, in parte, alcuni aspetti del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio. Con la legge di conversione 164 dell’11 novembre 2014, sono stati aggiunte, all’articolo 25, comma 1, tra le norme in materia di procedimento amministrativo, tre nuove disposizioni che modificano gli articoli 19, 21-quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che interferiscono con la SCIA in edilizia. L’intendimento del legislatore, con questo provvedimento e molti altri emanati in questi ultimi anni, mira alla semplificazione della materia per incentivare anche la ripresa economica del Paese. Lo stesso legislatore ha cambiato, modificato e integrato il TUE per perseguire gli obiettivi e le finalità che si era prefissato per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la semplificazione burocratica e la ripresa economica del Paese. Con la legge di conversione si è cercato (purtroppo invano) di correggere o migliorare il testo del Decreto Legge emanato dal Presidente della Repubblica, senza grossi risultati, almeno per quanto riguarda la materia in commento. Si è messo mano praticamente a quasi tutti gli articoli che erano stati oggetto di modifiche ed integrazioni del Testo Unico dell’Edilizia, approvato con dPR. n. 380 del 2001 con l’intento di migliorarne il testo e renderlo rispondente alle finalità e agli obiettivi che il Governo si era prefissato di perseguire. Purtroppo, però, a ben vedere, i risultati sperati non sono stati raggiunti, a parere di chi scrive e non solo. Restano molte criticità e molti dubbi sulla reale e concreta applicazione delle norme corrette dal decreto legge, che non 68 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

hanno risolto né sembrano andare nella giusta direzione per risolvere, in primo luogo, la semplificazione delle procedure ed in secondo luogo e, per certi aspetti più rilevanti per le finalità che si propone la legge n. 164/2014, l’incentivazione e la ripresa dell’attività edilizia per la crescita economica del Paese. Di seguito si riportano le novità introdotte con il decreto in commento e le modifiche ed integrazioni introdotte dalla legge di conversione, con i rispettivi approfondimenti. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Articolo 3 – Definizione degli interventi edilizi. Una prima modifica riguarda la definizione degli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), del dPR 380/01, mediante l’esecuzione di un insieme di lavori e di opere, fissando l’unica limitazione di non alterare la volumetria complessiva degli edifici. È stato aggiunto però una nuova forma di manutenzione straordinaria simile a quella della LR 12/2005, con la differenza che tali trasformazioni possono variare il carico urbanistico, purché, anche in questo caso, non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e sempre che mantengano la destinazione d’uso originaria. La legge di conversione non ha modificato il testo emanato con il decreto legge 133/2014. Articolo 3-bis – Interventi di conservazione. Con l’obiettivo di semplificare le procedure edilizie, ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al patrimonio edilizio esistente, il legislatore ha voluto che lo strumento urbanistico generale individui gli edifici esistenti non più compatibili con la pianificazione urbanistica locale, prevedendo una forma di compensazione per la loro riqualificazione, in alternativa all’espropriazione, pur con la volontà di rispettare l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa. È sicuramente ipotizzabile l’individuazione delle singole fattispecie attraverso il Piano delle Regole del PGT, risultando, di fatto, già un’imposizione d’ufficio al pari di tutti gli altri piani attuativi previsti dallo strumento urbanistico generale, con la sola differenza che la nuova norma prevede la riqualificazione delle aree in cui sono collocati tali edifici attraverso forme di compensazione, ma limitando l’azione dei proprietari degli edifici ai soli interventi conservativi, qualora non procedano alla loro riqualificazione attraverso un piano attuativo. In difetto di tale adempimento, per i proprietari dei fabbricati all’interno di questi ambiti, sarà possibile demolire e ricostruire gli stessi solo nel caso tali interventi siano giustificati da “obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario”. Quello che non sarà di facile applicazione sarà l’iniziativa pri-


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vata volta ad attuare gli interventi di conservazione di questi edifici, in primo luogo perché alternativa all’espropriazione pur con le forme di compensazione che l’amministrazione comunale vorrà concordare con i proprietari, ed in secondo luogo perché la loro riqualificazione parte dall’obbligo di predisporre un piano attuativo con ciò che ne consegue. In urbanistica ci sono già gli strumenti pianificatori di dettaglio per il recupero di questi edifici che vengono individuati, ai sensi dell’articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457, negli specifici ambiti di recupero degli strumenti urbanistici generali, nei quali, per ragioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature. L’amministrazione comunale può individuare le aree e gli immobili di cui sopra per i quali il rilascio dei titoli abilitativi sono subordinati alla formazione dei piani di recupero di cui al successivo articolo 28 della stessa legge. Questi piani attuativi sono già in grado di costituire gli strumenti che si propongono la conservazione e la riqualificazione di tali ambiti dovendo stabilire, al loro interno, previsioni subordinate alle diverse tipologie di intervento, sia conservativo che ricostruttivo, nonché, limitatamente agli interventi di rilevante interesse pubblico, interventi diretti all’adeguamento delle urbanizzazioni, alla cessione delle aree o all’assoggettamento di uso pubblico, ovvero alla loro monetizzazione, il tutto mediante la sottoscrizione di una convenzione tra il comune e gli operatori. Sempre la legge urbanistica nazionale prevede inoltre un altro strumento che persegue gli obiettivi dell’amministrazione di recuperare gli edifici degradati collocati in questi ambiti o aree ed è il piano particolareggiato previsto dall’articolo 13 della legge n. 1150 del 1942 che consente all’ente pubblico anche l’esproprio.

Se coniughiamo, quindi, le due norme sopra citate emerge chiaramente che non era necessaria la nuova disposizione che, ad avviso di chi scrive, non produrrà grandi effetti. Con la legge di conversione l’articolo 3-bis ha subito una modifica che riguarda una precisazione sulle forme di compensazione che l’Amministrazione comunale riconosce ai proprietari degli edifici da riqualificare, stabilendo una doppia limitazione e cioè che devono risultare “incidenti sull’area interessata e senza aumento di superficie coperta” . Questa ulteriore modificazione peggiora maggiormente la nuova norma introdotta con il DL 133/2014, ponendo l’interrogativo di quali forme di compensazione si tratti, escludendo quella volumetrica o di Slp. Articolo 6 – Attività edilizia libera. Una seconda modifica del decreto legge n. 133 del 2014 riguarda l’attività edilizia libera normata dall’articolo 6 del TUE. In particolare sono stati rivisti e corretti i seguenti commi: IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 69


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• comma 2, lett. a) – interventi di manutenzione straordinaria: è stata rimossa la limitazione che riguardava l’aumento delle unità immobiliari e l’incremento dei parametri urbanistici, • comma 2, lett. e-bis) – le modifiche interne dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa: è stata fissata la limitazione di non toccare le parti strutturali dell’edificio, • comma 4: è stato sostituito interamente stabilendo una diversa procedura di assenso che prevede la trasmissione allo SUE, da parte dell’interessato, di una comunicazione di inizio lavori, asseverata da un tecnico abilitato circa la conformità alla pianificazione edilizia/urbanistica locale, oltre ad attestare che l’intervento non incide sulle parti strutturali dell’edificio. Nella comunicazione dell’interessato, che contiene l’asseverazione del tecnico, devono essere indicati i dati identificativi dell’impresa alla quale sono affidati i lavori. Ci sono da notare, al riguardo, due aspetti: 1. la conformità fa riferimento agli strumenti urbanistici approvati e ai Regolamenti edilizi vigenti e non, quindi, a quelli adottati. Questo significa che non si applica la legge 1902 del 1952 sulla salvaguardia che, invece, rimane applicabile nei procedimenti per il rilascio dei permessi di costruire, 2. la comunicazione è unica ed è inviata dall’interessato (avente titolo) al comune indicando la data dell’inizio lavori, il nominativo dell’impresa alla quale è stata affidata l’esecuzione delle opere con i suoi dati identificativi, e l’asseverazione del tecnico abilitato circa la conformità edilizia-urbanistica degli interventi. • comma 5: anche questo comma è stato interamente sostituito e vuole che la semplice comunicazione di inizio lavori per gli interventi di cui al comma 2 (quindi dalla lettera a) alla lettera e-bis)), sia valida anche ai fini catastali. Inoltre lo SUE dovrebbe trasmettere la stessa comunicazione all’A70 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

genzia delle Entrate per quanto di sua competenza. Sembra improbabile che la comunicazione di cui trattasi possa essere valida anche ai fini dell’accatastamento. È auspicabile che questa norma sia ulteriormente modificata, in fase di approvazione del decreto legge. • comma 6: prevede alcuni adempimenti a carico delle regioni a statuto ordinario. Sono state soppresse le lettere b) e c), sostituendo le stesse con la sola lettera b), attribuendo alle regioni il compito di disciplinare le modalità per l’effettuazioni dei controlli, • comma 7: è stato modificato nella parte che prevedeva la mancata trasmissione della relazione tecnica prescritta dalla precedente formulazione, facendo ora riferimento alla mancata comunicazione di inizio lavori di cui sopra. La legge di conversione del decreto legge ha apportato tre modifiche a questo articolo che disciplina l’attività edilizia libera. È stato integrato il comma 1, lettera a) che riguarda gli interventi di manutenzione ordinaria, facendo riferimento alla definizione stabilita dal precedente articolo 3, comma 1, lettera a), ed aggiungendo tra questi, anche “gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza nominale utile inferiore a 12 Kw”. Per gli interventi individuati alle lettere a) ed e-bis) e cioè, rispettivamente, di manutenzione straordinaria e modifiche interne dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa, è stato aggiunto, oltre all’obbligo di trasmettere allo SUE la comunicazione di inizio lavori asseverata da un tecnico abilitato di conformità agli strumenti urbanistici e al Regolamento edilizio, anche la compatibilità con la normativa sismica ed energetica, fermo restando di non interferire con le parti strutturali dell’edificio, e di indicare i dati identificati dell’impresa. Al comma 5 è stata aggiunta un’integrazione alla facoltà della presentazione della comunicazione prevista per gli interventi


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individuati al comma 2, ponendo a carico dell’interessato anche l’obbligo di comunicare la fine dei lavori. Articolo 10. Interventi subordinati al permesso di costruire. Il decreto legge del settembre 2014 ha apportato una modifica alla definizione degli interventi della ristrutturazione edilizia di cui alla lettera c), primo comma, di questo articolo, includendo in questa tipologia di intervento la possibilità di modificare la volumetria complessiva degli edifici e i prospetti. In sostanza si può sostenere che: • la modifica dei prospetti determina una ristrutturazione edilizia e, come tale, soggetta al rilascio del permesso di costruire e, conseguentemente, al pagamento del contributo di costruzione, • la modifica della volumetria complessiva potrà comportare ugualmente l’aumento delle unità immobiliari e delle superfici purché all’interno della volumetria complessiva, • la possibilità di modificare la volumetria complessiva degli edifici, potrà comportare, di conseguenza, anche la modifica della sagoma e del sedime in quanto una diversa distribuzione della cubatura dei fabbricati potrebbe comportare anche una diversa occupazione del suolo nel caso in cui si preveda alla demolizione e ricostruzione degli stessi. Saranno poi le regioni a legiferare sulla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia che, però, in questo caso avrà la legittimazione della normativa statale a sostegno di quanto sopra affermato. La legge di conversione nulla ha cambiato in ordine alla nuova parte di definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati al rilascio del permesso di costruire che, pur allargando, da un lato, le maglie di questi interventi, lo ha ristretto dall’altro sottoponendo a questo titolo abilitativo un elevato numero di modifiche dei prospetti di facciata che i comuni sottoporranno al pagamento del contributo di costruzione in virtù di quanto dispone l’articolo 16 del dPR 380/01 in base al quale “il rilascio del permesso di costruzione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”. Alla stessa stregua la legge regionale n. 12 del 2005 che stabilisce, con l’articolo 43, che gli interventi di nuova costruzione (compreso gli ampliamenti/sopralzi), di ristrutturazioni urbanistiche e di ristrutturazioni edilizie sono onerosi. Articolo 14 – permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici. L’introduzione del comma 1-bis aggiunge una nuova ipotesi di permesso di costruire in deroga che riguarda gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse (e non in via di dismissione) per i quali è possibile cambiare la destinazione d’uso che, però, deve essere “autorizzata” dal consiglio comunale. C’è da precisare che tale ipotesi non dovrebbe riguardare solo le aree “produttive” poiché la norma cita la parola “anche”,

sempre che sussista l’interesse pubblico di tali interventi riconosciuto da parte del consiglio comunale al quale è demandata la competenza di concedere tale deroga. Questa previsione rischia di rallentare le operazioni e le finalità volute dalla stessa norma, ma soprattutto di limitare l’utilizzazione di tale deroga che interessa anche altri aspetti che vengono approfonditi nel proseguo del commento. Le modifiche introdotte con la legge di conversione sono le seguenti. Il permesso di costruire in deroga non è più ammesso per gli interventi di ristrutturazione urbanistica. Tale titolo abilitativo rimane solo per gli interventi di ristrutturazione edilizia. Il comma 1-bis, introdotto dal DL 133/2014, pone, per il rilascio del permesso di costruire in deroga, una limitazione e cioè che “il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel caso di insediamento commerciale, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del DL 201/2011 , convertito dalla legge 214 del 2011 e s.m.i.”. Questa nuova modificazione impone una limitazione e consente una liberalizzazione. La prima consiste nel vincolo della superficie coperta all’interno degli edifici sottoposti a ristrutturazione nel caso si modifichi la destinazione d’uso degli immobili, mentre la seconda ammette, a fronte della norma sopra richiamata, l’apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingentamento, limiti o altri vincoli di qualsiasi natura. Articolo 15 – Efficacia e decadenza del permesso di costruire. L’eliminazione della parola “esclusivamente” dal comma 2, vuole significare che la proroga di validità del permesso può essere accordata, con provvedimento motivato del responsabile del provvedimento, in maniera meno rigida rispetto al passato, sempre in relazione alla mole dell’opera o alle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, nel caso di costruzioni eseguite da privati, da richiedere prima della data di scadenza dei termini di inizio e di ultimazione lavori. La proroga di cui sopra, che interessa sia l’inizio che l’ultimazione dei lavori, è accordata (quindi assentita con provvedimento espresso), sia nei casi sopra esposti sia qualora i lavori non possono essere iniziati o conclusi per motivi ostativi intervenuti per iniziativa dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rilevatesi infondate. Anche questo articolo è stato sottoposto a modifiche, con la legge di conversione. È stato sostituito interamente il comma 2, riformulando i termini di efficacia temporali del permesso di costruire e l’eventuale possibilità di proroga. Vengono in sostanza comparati i termini per l’inizio dei lavori (1 anno) e per l’ultimazione dei lavori (3 anni), decorsi i quali il permesso di costruire decade di diritto, ma limitatamente alla parte non eseguita. Questo significa però che, se non vengono iniziati i lavori, entro un anno dalla data del rilascio del permesso, lo stesso decade automaticamente, mentre se IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 71


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scade il termine dei tre anni, il permesso non è più efficace per la parte non ultimata. La norma ammette che l’interessato possa richiedere, prima che scadano i termini per l’inizio e per la fine dei lavori, la proroga del permesso. La proroga però può essere concessa, con provvedimento motivato dal responsabile del servizio o del dirigente, per limitati casi che, come nella vecchia versione della norma, sono legati a fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare del permesso (non certo la mancanza di risorse economiche) e solo in considerazione della mole dell’opera da realizzare e delle particolari caratteristiche costruttive o relativa difficoltà esecutive intervenute dopo l’inizio dei lavori. La proroga può essere accordata pure per opere pubbliche da finanziare in più riprese, sempreché sussistano le suddette fattispecie di condizioni. Restano in vigore, comunque, le altre due disposizioni che riguardano il rilascio del permesso di costruire contenute nell’articolo 30, comma 3, della legge n. 98 del 2013, in base al quale: “salva diversa disposizione regionale, i termini di inizio lavori e di ultimazione lavori sono prorogati di due anni per i titoli rilasciati o formalizzati prima del 21 agosto 2012”. Articolo 16 – Contributo per il rilascio del permesso di costruire. L’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione, commisurato agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, riguarda gli interventi subordinati al permesso di costruire di cui all’articolo 10 del dPR 380/01 (quindi nuove costruzioni, ristrutturazioni urbanistiche e ristrutturazioni edilizie che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, etc.), mentre per gli interventi di trasformazione urbana complessi che sono previsti al successivo comma 2-bis il contributo di costruzione è limitato alla sola quota del costo di costruzione. Comma 2-bis): dopo il primo periodo che prevede l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione previste dagli strumenti attuativi (o atti equivalenti, quali piani di recupero, programmi integrati di intervento, etc.), di importo inferiore alla soglia comunitaria (€ 5.186.000 – art. 28, comma 1, lett. c), D. Lgs. n. 163/06), per i quali non si applica il decreto sui contratti pubblici, è stato inserito un secondo periodo che dispone l’onerosità degli ambiti di trasformazione urbana complessi. Per questi ambiti, che saranno verosimilmente individuati dal PGT, al pari di tutti gli altri piani attuativi, è comunque prevista l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione funzionali alla trasformazione degli stessi ambiti, l’esclusione da gare a valenza pubblica per importi inferiore all’importo della somma comunitaria, ed il contributo di costruzione dovuto per il rilascio dei permessi di costruire degli interventi di trasformazione urbana complessi limitato al solo il costo di costru72 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

zione. Gli ambiti di trasformazione urbana complessi sono quelli definiti dal Decreto Ambientale (Allegato IV, Parte II, numeri 7 e 8, D. Lgs. n. 152/2006). La riduzione del contributo limitata alla sola quota del costo di costruzione, è motivata dalla finalità di incentivare il recupero e riuso degli immobili esistenti in questi ambiti dismessi. Anche il secondo periodo del comma 2-bis dispone la predisposizione di un piano attuativo per gli interventi di trasformazione urbana complessi che, ovviamente, formeranno ambiti o zone particolari da individuare all’interno del Piano delle regole dei PGT, da convenzionare con l’amministrazione comunale. In questi casi le opere di urbanizzazione da realizzare a cura e spese degli operatori di tali “ambiti”, devono essere quantificate secondo i “parametri” definiti dalle tabelle comunali e restano di proprietà privata. L’operatore di questi ambiti di trasformazione deve assicurare, in ogni loro fase operativa, le modalità atte a garantire la corretta esecuzione delle OO UU, le infrastrutture previste, l’insediabilità degli interventi, la sostenibilità economica finanziaria, le finalità generali delle opere eseguite e i loro usi. Anche in questo caso lo strumento urbanistico generale individuerà le aree o gli ambiti di trasformazione urbana complessi, subordinandoli a piani attuativi, mediante un’imposizione d’ufficio al pari di tutti gli altri piani attuativi, subordinandoli al convenzionamento, con la differenza che si pagherà il solo costo di costruzione e non gli oneri di urbanizzazione per gli interventi previsti al loro interno. Questi particolari strumenti attuativi risulteranno, a tutti gli effetti, dei piani urbanistici di dettaglio, con tutti gli obblighi convenzionali a cui sottostare, quali, la cessione di aree o il loro assoggettamento all’uso pubblico, la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione (risultando private alla conclusione degli interventi, anziché cedute al comune), tempi, obiettivi, contenuti, contributo della sola quota del costo di costruzione, garanzie e spese. Nella norma non si fa cenno all’esonero dell’eventuale monetizzazione per la mancata cessione delle aree di uso pubblico il che fa supporre, al pari dei piani attuativi generici, si debbano recuperare gli “standard”, ovvero pagare al comune la monetizzazione nel caso di mancata cessione della dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale. Due cose però da precisare: • la definizione di interventi di trasformazione urbana complessi è rimandata al D. Lgs. n. 152 del 2006 ed in particolare a quei progetti che sono assoggettati a VIA. L’allegato IV richiama i progetti dell’Allegato III, elenco B, n. 7 e 8 che riguardano, rispettivamente, i progetti di sviluppo di zone industriali o produttive e i progetti di sviluppo di aree urbane, di grandi estensioni. È il caso di ricordare come il secondo


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periodo del comma 2-bis precisi che gli interventi riguardano la trasformazione urbana e ciò fa ritenere che siano da escludere quelli a carattere industriale o produttivo. • I lavori di esecuzione delle opere di urbanizzazione, il cui importo è inferiore alla soglia comunitaria (euro 5.168.000 – art. 28, DLGS n. 163/2006), non sono da assoggettare alle norme del decreto dei contratti sopra citato ed i soggetti che assumono in via diretta l’esecuzione dette opere possono beneficiare dell’esenzione del costo di costruzione per il rilascio dei permessi di costruire per gli interventi previsti dai piani. Come si evince dallo stesso articolo l’amministrazione comunale che provvederà ad espletare il procedimento di approvazione dello strumento attuativo e a rilasciare i permessi di costruire “convenzionati”, chiederà all’interessato l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate le opere e lo schema del relativo contratto di appalto. In buona sostanza l’innovazione normativa “tocca” marginalmente le piccole realtà locali, limitando tale previsione alle aree degradate urbane attorno alle città. Comma 4 d-bis): pone a carico delle amministrazioni comunali di differenziare l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria tra gli interventi finalizzati a incentivare il recupero delle zone o ambiti di maggior densità urbana da quelli di normale “ristrutturazione edilizia” eseguiti sul resto del territorio e da quelli previsti per le nuove costruzioni. Comma 5: si tratta di una semplice precisazione che prevede la definizione delle tabelle parametriche da parte delle ammi-

nistrazioni comunali (con deliberazione del consiglio comunale) in caso di inerzia della regione, facendo riferimento ai criteri stabiliti dal comma 4, modificato come sopra detto. Comma 10: sempre per incentivare gli interventi di recupero edilizio del patrimonio edilizio esistente, la norma prevede che i comuni ai quali vanno i soldi per tali interventi, quali risorse finanziarie esigibili tra quelle scarse disponibili, deliberino che il costo di costruzione relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia (ai sensi del modificato art. 3, comma 1, lett. d), del TUE), sia inferiore al valore determinato per le nuove costruzioni. Già l’articolo 48, comma 6, della legge regionale n. 12 del 2005 prevede che tale costo non sia superiore al valore determinato per le nuove costruzioni ed ora la nuova formulazione dell’articolo 16, comma 10, secondo periodo, stabilisce la stessa cosa. Va da sé che tali interventi, diversi da quelli che prevedono il recupero del patrimonio edilizio esistente da eseguire nelle zone più degradate e per i quali il contributo di costruzione risulterà agevolato, in parte, non lo sarà per quelli di manutenzione straordinaria di cui si dirà a proposito del successivo articolo 17, comma 4, dPR 380/2001. Sono diverse le modifiche ed integrazioni appartate al presente articolo dalla legge di conversione che di seguito si riportano. Sono stati soppressi i due numeri che facevano riferimento agli interventi di trasformazione urbana complessi e al relativo contributo di costruzione limitato all’incidenza del solo costo di costruzione. È stata prevista una nuova e diversa formulazione per l’applicazione del contributo, demandata alle regioni dal quarto comma, ovvero: • Differenziare gli oneri di urbanizzazione tra gli interventi da realizzare nelle aree a maggior densità del costruito (da intendere gli ex interventi di trasformazione urbana complessi) da quelli di semplice ristrutturazione edilizia (art. 3, comma 1, lettera d), del TUE) e da quelli di nuova costruzione, IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 73


• Stabilire o valutare il maggior valore generato dagli interventi realizzati nelle aree o sugli immobili che determinano variante urbanistica, oppure quelli realizzati in deroga o con cambio di destinazione d’uso. Questa valutazione deve essere calcolata dall’amministrazione comunale e dovrà essere suddivisa in misura non inferiore al 50% tra il comune ed il privato proponente gli interventi. Il 50 % di competenza privata deve però essere ceduta al comune sotto forma di contributo straordinario. Queste somme sembrano, a tutti gli effetti, una forma di monetizzazione per i benefici goduti dal privato per queste tipologie di intervento, a favore del comune per finalità pubbliche. Con l’inserimento del nuovo comma 4-bis, e cioè la valutazione del maggior valore del “fabbricato” a seguito di variante urbanistica o intervento in deroga o con cambio di destinazione d’uso, sono fatte salve le diverse disposizioni della legislazione regionali o quelle degli strumenti urbanistici generali locali. 74 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

L’ultima modifica del presente articolo riguarda il comma 5, secondo il quale, in assenza di provvedimenti regionali in ordine alla definizione delle tariffe degli oneri di urbanizzazione, provvede il comune secondo i parametri del precedente comma 4-bis e cioè a seconda che si tratti di normale ristrutturazione edilizia, di ristrutturazione edilizia su immobili posti in aree a maggior densità del costruito, da quelli di nuova costruzione, differenziati tra loro. Articolo 17 – Riduzione o esonero del contributo di costruzione. Un’assurdità introdotta dal decreto legge 133/14 in commento è rappresentata dal nuovo testo del comma 4, là dove, tra gli interventi non soggetti al contributo di costruzione o alle limitazioni dello stesso, si fa riferimento agli interventi “da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), dPR 380/01, il contributo di costruzione è commisurato all’incidenza delle sole opere di urbanizzazione”. Al riguardo sono doverose alcune riflessioni: 1. La prima riguarda un aspetto generale e cioè se da un lato la riforma parziale del TUE, che vuole da un lato la semplificazione della materia edilizia e agevolare la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, nelle sue varie forme, dall’altro si penalizza la stessa materia subordinando ad un balzello economico i più elementari interventi di manutenzione e conservazione dello stesso tessuto urbano, 2. Fino ad oggi infatti, sebbene con qualche distinguo tra la normativa statale e quella regionale, si era determinata una situazione in base alla quale tutti gli interventi edilizi minori erano esclusi dal pagamento del contributo di costruzione. Si parla, ovviamente, degli interventi di manutenzione straordinaria (scontata la gratuità di quelli di manutenzione ordinaria) e di restauro e risanamento conservativo, a meno che si trattasse di interventi con previsione di mutamenti di destinazione d’uso, per i quali s’imponeva, sia per previsione legislativa regionale o per giurisprudenza prevalente e consolidata, il pagamento del maggior importo dovuto per la nuova destinazione rispetto a quella precedente, calcolata al momento dell’intervenuta variazione. Ora, invece, con l’integrazione del comma 4 dell’art. 17, si impone a coloro che eseguono interventi di manutenzione straordinaria

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di pagare la quota di contributo afferente i soli oneri di urbanizzazione. 3. La norma in commento, infatti, là dove dopo le parole “per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato” è stato aggiunto “nonché per gli interventi di cui all’art. 6, comma 2, lettera a)”, impone, di fatto, l’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione commisurato all’incidenza delle opere di urbanizzazione.Ricordo, a questo proposito, come il citato articolo 6, co. 2, lett. a), dPR 380/01, già in precedenza commentato sottopone alla previa comunicazione di inizio lavori (anche telematica) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, co. 1, lett. b), comprendendo anche quelli che prevedono “l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino la parti strutturali dell’edificio”. 4. È ovvio che, con il richiamo all’art. 3, co. 1, lett. b), del TUE, la nuova norma intende prevedere non solo il versamento degli oneri di urbanizzazione (primari e secondari) per questi interventi, ma anche per “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienici sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici”. Questo significa, in conclusione, che tutti gli interventi di manutenzione straordinaria sono soggetti a contributo e che, se pur limitati alla sola quota degli oneri di urbanizzazione, da una parte le innovazioni volute dal legislatore nazionale volevano agevolare e incrementare gli interventi edilizi sul patrimonio edilizio esistente (quali la ristrutturazione edilizia nelle sue varie forme), dall’altra si colpiscono gli interventi edilizi minori che sono la stragrande maggioranza delle iniziative private tese a recuperare il tessuto urbano esistente, con il minimo delle spese, senza aggravio dei procedimenti. 5. A proposito del parziale contributo dovuto, c’è da precisare che gli oneri di urbanizzazione dovuti, salvo l’eventuale rimozione dell’assurda norma introdotta nel decreto, sarà calcolata come per gli interventi di ristrutturazione edilizia, vale a dire: • calcolando la volumetria o la superficie virtuale e applicando le tariffe comunali per gli interventi di recupero edilizi, • chiedendo allo SUE che gli oneri di urbanizzazione siano riferiti alla volumetria o alla superficie reale interessate dall’intervento. Se non verrà eliminata questa ingiusta e controproducente norma dal testo della legge di conversione, sarà opportuno valutare quale delle due opzioni sopra esposte adottare, verificando quale sia la più conveniente, facendo un calcolo approssimativo, prima di presentare la Dia o la Scia. 6. A poco serve per certi versi semplificare (se così si vuole dire) le procedure tecnico amministrative per agevolare tali interventi, se poi si penalizzano gli stessi facendo pagare

loro un balzello che non sarà sicuramente indolore per i cittadini. 7. Questa “innovazione”, se così si può definire (anche se sarebbe meglio chiamarla “castroneria”) non viene incontro alle esigenze dei cittadini italiani, tenuto conto che le regioni a statuto ordinario non potranno esimersi, al momento di recepire le disposizioni statali, dal discostarsi da tale imposizione, in capo allo Stato. 8. Si precisa inoltre, per completezza di informazioni, che saranno soggette alla sola quota di contributo anche gli interventi comportanti il frazionamento o l’accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, nonché quelli che prevedono variazioni delle singole unità immobiliari o incremento del carico urbanistico. 9. Un’annotazione importante da fare, però, riguarda le competenze dello Stato e delle regioni, in quanto queste ultime esercitano la podestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. Secondo lo stesso articolo 2, comma 2, del TUE, pur se modificato ed integrato dalle norme contenute nel DL n. 113 del 2014, “le disposizioni, anche di dettaglio, del dPR 380/01, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi”. Inoltre, sempre ai sensi del successivo comma 5, “in nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore”. Secondo poi un altro principio generale in base al quale, qualora tra la norma statale e quella regionale, in ambito di materia concorrente, non vi sia conflitto tra le due diverse disposizioni, è legittimo applicare la norma regionale fino all’adeguamento di quest’ultima con quella nazionale. Essendo quindi materia concorrente tra Stato e regioni ed in base al fondamentale principio di cedevolezza della norma statale nei confronti di quella regionale in vigore, è ragionevole sostenere, ad avviso di chi scrive, che in regione Lombardia si debbano ancora osservare le norme della legge regionale n. 12 del 2005 e successive modificazioni. In base alle norme attualmente in vigore ed in considerazione delle ragioni sopra esposte, è sostenibile l’ipotesi della gratuità degli interventi edilizi minori, compreso quelli di manutenzione straordinaria, in conformità a quanto stabilisce l’articolo 43 della legge regionale n. 12/2005 che prescrive il pagamento del contributo per gli interventi di nuova costruzione (compreso gli ampliamenti e sopralzi), di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica. Quello che risulta maggiormente assurdo nel testo licenziato in sede di emanazione del DL 133/2014 era certamente l’oneIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 75


URBANISTICA

rosità a cui erano sottoposti gli interventi di manutenzione straordinaria. La modifica introdotta all’articolo 17 dal decreto legge risultava già da subito assurda e controproducente per i motivi sopra esposti, ma si sperava che la legge di conversione rimuovesse l’onerosità di questi interventi, anche se limitati alla sola incidenza degli oneri di urbanizzazione. Il legislatore, pur accorgendosi di aver assunto una decisione sbagliata rispetto agli obiettivi e alle finalità che si proponeva con la parte del decreto che interessa la materia edilizia, non ha voluto ammettere pienamente il proprio errore, ma ha cercato di alleviare la norma introducendo due limitazioni all’applicazione della stessa. La riduzione del contributo di costruzione prevista, oltre che per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, commisurato all’incidenza dei soli OO UU, ora sono limitati agli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 1, lettera a) del dPR 380/01 ( quindi anche a quelli definiti dal precedente art. 3, comma 1, lettera b), stesso TUE), qualora questi interventi comportino aumento del carico urbanistico e purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile. Il legislatore nazionale non ha voluto ammettere l’enorme sbaglio in cui è incorso con l’introduzione del balzello economico a carico dei cittadini per la stragrande maggioranza degli interventi manutentivi, precedentemente gratuiti, ad opera del DL 133, così da voler, solo in parte, correggere l’errore cercando un rimedio a metà strada tra la gratuità e l’onerosità di questi interventi. L’aver ribadito l’onerosità degli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lettera a), comprensivi anche di quelli definiti con l’art. 3, comma 1, lettera a), comporta l’applicazione del contributo, anche se limitato ai soli oneri di urbanizzazione, quando si determinino, contemporaneamente, le seguenti due condizioni: 1- gli interventi edilizi comportino un aumento del carico urbanistico il che fa presumere, quando meno, un mutamento della destinazione d’uso, quale ad esempio da abitazione ad ufficio, da abitazione ad attività commerciale, etc. A questo proposito, però, si dovrà tenere conto di quanto è stato disciplinato dal nuovo art. 23-bis sul mutamento d’uso urbanisticamente rilevante e cioè che si passi da una all’altra delle diverse categorie funzionali elencate dal citato articolo, 2- gli stessi interventi determinino, al contempo, un aumento della superficie calpestabile il che fa presumere che le opere ed i lavori interessino superfici all’interno degli immobili sottoposti a recupero edilizio precedentemente non utilizzate dalle funzioni originarie, ma che vengono destinate alle nuove funzioni, desumibili dalle proposte progettuali. Quindi, a quanto pare di capire, nel caso in cui vengano eseguiti interventi di manutenzione straordinaria in un alloggio 76 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

che viene, nello stesso tempo, trasformato in ufficio, occupando degli spazi maggiori rispetto a quelli utilizzati dall’abitazione preesistente, si devono pagare gli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria). Alla stessa stregua qualora nell’ambito degli interventi di straordinaria manutenzione sia previsto il frazionamento di unità immobiliari che comportino la realizzazione di più appartamenti con un indubbio aumento delle persone occupate (maggior carico urbanistico) e sempre che da questa trasformazione ne derivi un aumento della superficie calpestabile, rispetto alla precedente situazione (originaria). La modifica introdotta con la legge di conversione non cambia l’opinione e la valutazione negativa sulla norma in parola, anche se più limitativa di casi sui quali si dovrà applicare il contributo di costruzioni per questi interventi edilizi. In primo luogo perché non in linea con gli obiettivi e le finalità della legge, come già osservato in precedenza. In secondo luogo perché le nuove modificazioni lasciano aperte delle interpretazioni che saranno, in prima battuta, lasciate alla discrezionalità dei comuni i quali, dovendo applicare la norma, saranno tenuti a far corrispondere gli oneri di urbanizzazione (pur se ridotti perché qualificabili come recuperi edilizi), qualora comportino aumento del carico urbanistico e contestuale aumento della superficie calpestabile. A far pendere la bilancia a favore della prima condizione non aiuta la nuova definizione della manutenzione straordinaria contenuta nell’art. 3, comma 1, lettera b), del dPR 380/01, nella parte in cui, tra questi interventi sono ricompresi anche quelli “consistenti nel frazionamento o accorpamento di unità immobiliari [...] anche se comportanti la variazione delle superfici delle singoli unità immobiliari, nonché del carico urbanistico [...] e si mantenga l’originaria destinazione d’uso”. In base appunto all’articolo 17, comma 4, non ci sono obblighi per i comuni, come per gli interventi di ristrutturazione edilizia degli immobili dismessi o in via di dismissione, di definire i criteri e le modalità applicative per la relativa riduzione, per cui saranno i responsabili dello SUE a dover stabilire l’onerosità degli interventi di manutenzione straordinaria riconducibili a questa fattispecie, con la conseguenza che potranno verificarsi contestazioni tra gli utenti e lo SUE sulla corretta applicazione della norma. L’altra modifica dell’articolo 17 riguarda il comma 4-bis concernente gli interventi di ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, adeguandolo a quanto precedentemente stabilito a proposito del costo di costruzione da far corrispondere per gli interventi eseguiti su immobili ricadenti nelle aree a maggior densità del costruito (art. 16, comma 4, lettera d-ter)), ma non comportanti i casi di varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso degli immobili. (Fine prima parte) T


URBANISTICA Giuseppe Zipponi

S

i ricorda che la Legge Regionale n. 19/2014, ha profondamente innovato le procedure inerenti gli interventi edilizi in zona di vincolo idrogeologico modificando l’art. 44 della L.R. 31/2008 “Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale”. Con la nuova normativa gli interventi in zona di vincolo idrogeologico che non comportano trasformazione del bosco, nei Comuni dotati di P.G.T., non necessitano di alcuna specifica autorizzazione, decreto, sub-delega, o quant’altro. Tale atto di assenso è infatti implicitamente compreso nel titolo

Vincolo Idrogeologico, addio...

abilitativo principale: permesso di costruire, denuncia o segnalazione certificata di inizio attività. Nel solo caso di interventi in edilizia libera (art. 6 D.P.R. 380/2001) e, beninteso, esclusi interventi che non comportano modifiche del suolo quali le manutenzioni, la conformità alla componente geologica del P.G.T. è certificata da un tecnico abilitato – quindi anche il geometra – allegato alla comunicazione dell’inizio dei lavori. Le motivazione della norma è semplice. La verifica di conformità della trasformazione del suolo è già compresa nella verifica rispetto alla componente geologica, idro-

geologica e sismica del P.G.T.. Il legislatore regionale ha quindi dato un taglio netto a istanze, bolli, pubblicazioni, trasmissioni tra enti (Comune-Comunità Montane), decreti, cauzioni, fine lavori. Il progettista è quindi chiamato, magari nella relazione di progetto, a evidenziare la conformità dell’opera con il PGT nel suo complesso; quindi non solo volumi e distanze, ma anche rispetto della componente geologica. In proposito si ricorda che la componente geologica e l’intero P.G.T. di ogni comune è pubblicata sul PGTWeb di Regione Lombardia www. multiplan.servizirl.it/pgtweb/ pub/pgtweb.jsp.

Lo Sportello Unico dell’Edilizia Comunale procederà quindi con la normale istruttoria della pratica anche con riferimento anche alla componente geologica del P.G.T. (come già prima, del resto) senza ulteriori adempimenti. Dato che ci giungono notizie riguardo a sporadiche iniziative di mantenere in essere le vecchie procedure, con improbabili deleghe alle Comunità Montane, ci permettiamo di chiedere alle amministrazioni interessate di accettare disciplinatamente, una buona volta, una bella innovazione a favore del cittadino, del professionista e delle amministrazioni stesse. T

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 77


CATASTO

F

inalmente! Con la legge n. 23 dell’ 11 marzo 2014, che ha delegato al governo la revisione dell’intero sistema fiscale e quindi anche del catasto e con il decreto legislativo n. 198 del 17 dicembre 2014, sono state, tra le altre cose, poste le basi per la tanto sospirata riforma del catasto. La novità più importante è rappresentata dal passaggio dal vano al metro quadrato quale unità di misura per il calcolo della consistenza catastale delle abitazioni. Di conseguenza dovranno essere studiate le nuove tariffe da assegnare alle varie categorie e classi allo scopo di determinare le nuove rendite catastali. Le Commissioni censuarie In particolare il decreto legislativo n. 198/2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°9 del 13.01.15 che ha disposto la costituzione delle nuove Commissioni censuarie, ha dato di fatto il via al processo di riforma del catasto, riforma che con tantissima insistenza, forse troppa, è stata definita “epocale”. Con questa norma sono stati stabiliti i criteri per la composizione, le attribuzioni ed il funzionamento delle commissioni censuarie che saranno distinte in: - Commissioni censuarie locali, aventi sede nei capoluoghi di provincia, - Commissione censuaria centrale avente sede a Roma. Le Commissioni censuarie locali saranno suddivise in tre sezioni: una competente in 78 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

La riforma del catasto, luci ed ombre

materia di catasto terreni, una seconda competente in materia di catasto fabbricati ed una terza che si interesserà della revisione del sistema estimativo del catasto fabbricati. Le funzioni attribuite alle Commissioni locali, in materia sia di catasto terreni, sia di catasto fabbricati sono molteplici ed estremamente importanti. Vanno dall’esame ed approvazione dei quadri tariffari dei comuni della propria circoscrizione, al concorso nelle operazioni di revisione e conservazione del catasto terreni e di quello fabbricati, sino “alla validazione delle funzioni statistiche determinate dall’Agenzia delle Entrate e previste dall’articolo 2, comma 1, lettera h), n. 1.2) e lettera i) n. 1 della legge 11 marzo 2014 n. 23” (Vedasi Art. 14, comma 3). Esaminando con attenzione cosa prevedono tutti questi richiami normativi verrebbe da dire che i poteri delle Commissioni censuarie locali siano realmente forti. Verissimo, se non fosse che il d.l. n° 198/’14 all’Art 14 prevede che le Commissioni censuarie locali, entro un termine di soli trenta giorni, provvedano all’esame e all’approvazione sia delle tariffe del catasto terreni dei comuni appartenenti alla propria circoscrizione, sia dei quadri tariffari per tutte le unità immobiliari. Un lasso di tempo questo, soprattutto in questa prima fase dei lavori, decisamente troppo breve per potersi esprimere con cognizione e completezza su tematiche talmente complesse e delicate.

Foto © Atlantis – Fotolia.com

Alessandro Rizzi

Come è altresì un tempo troppo limitato quello previsto in sessanta giorni per la validazione delle funzioni statistiche previste dalla legge 23 dell’11 marzo 2014. Con dei tempi così contenuti difficilmente le Commissioni censuarie locali potranno fare qualcosa di diverso dall’approvare, ma a questo punto sarebbe meglio dire ratificare, quanto predisposto dall’Agenzia delle Entrate. Qualora la Commissione censuaria locale non dovesse provvedere ad adempiere ai

suoi incarichi entro i termini stabiliti, la Commissione censuaria centrale vi provvederà in sua sostituzione ai sensi dell’Art. 15, della medesima legge 198/’14 e, conformemente a quanto disposto dal successivo Art. 19, la Commissione censuaria locale potrà essere sciolta. Con simili presupposti viene da chiedersi quale sia la vera utilità delle Commissioni censuarie locali. Qualcosa c’è da dire anche in relazione alla composizione


CATASTO

La differenza della misura dei vani catastali nelle principali città d'Italia Città A/2 A/3 Bari Bergamo Bologna Brescia Brindisi Cagliari Como Firenze Genova La Spezia Lodi Milano Napoli Oristano Padova Palermo Perugia Reggio Calabria Roma Taranto Torino Treviso Venezia Verona

104,00 102,63 110,63 95,55 109,08 101,51 97,99 98,00 95,21 100,00 101,02 100,00 105,54 108,53 100,65 106,46 104,54 113,05 99,05 110,00 103,57 100,64 107,04 102,63

97,03 98,57 92,60 87,99 97,04 98,55 94,66 95,23 87,60 93,60 91,03 87,61 96,02 103,59 97,63 95,56 101,57 106,01 91,06 100,68 95,48 98,00 99,04 99,56

Fonte: "Corriere della Sera", 14 febbraio 2015

delle sezioni delle Commissioni censuarie locali. Vi parteciperanno sei componenti effettivi più altri sei supplenti. Di questi due effettivi e due supplenti saranno designati dall’Agenzia delle Entrate, uno effettivo ed uno supplente saranno scelti tra quelli designati dall’ANACI, due effettivi e due supplenti saranno prescelti tra quelli segnalati dagli ordini e dai Collegi, uno effettivo ed uno supplente saranno nominati su indicazione delle associazioni di categoria operanti nel

settore immobiliare. A questa corsa per aggiudicarsi le nomine parteciperanno ingegneri, architetti, geometri, periti edili, dottori agronomi, periti agrari, agrotecnici, docenti di economia e di estimo rurale ed esperti in statistica ed econometria. Al presidente del tribunale spetterà la scelta dei componenti. A questo punto viene spontaneo porgersi una domanda: quando tutte le categorie coinvolte avranno presentato la loro rosa di nomi, con quale

criterio verranno operate le scelte? Difficilmente il giudice avrà una conoscenza tale dei candidati da poter provvedere alle nomine sulla scorta delle loro effettive capacità. Il timore è che la facciano da padrone nomi ridondanti di titoli e qualifiche a discapito delle reali competenze. I nuovi valori Catastali Un problema particolarmente importante da affrontare sarà quello dei valori al metro quadrato da assegnare a tutte le categorie e classi. Da più parti giunge voce che questi valori siano già stati definiti attingendoli direttamente dalle tabelle dell’OMI. Esaminando però qualche esempio pratico, ci si accorge che questi valori non possono essere presi tout court, perché ciò comporterebbe in tanti casi una sovrastima delle unità immobiliari. Come previsto dalla norma, dovranno pertanto essere applicati, distintamente per ogni tipologia di immobile, specifici algoritmi di calcolo e metodologie statistiche previste dall’Art. 2 comma 2 per determinare rendita e valori patrimoniali che andranno a sostituire le vecchie tariffe d’estimo. Una riforma “epocale”? Perché poi questa riforma possa realmente definirsi “epocale”, bisognerebbe spingersi oltre ed affrontare e soprattutto risolvere, i problemi connessi all’accatastamento delle unità immobiliari. In primo luogo bisognerebbe porre fine alla discrezionalità

e alla soggettività nell’applicazione delle norme. Dovrà essere ben chiaro cosa si intende per vano principale e per vano accessorio, cosa si intende per cantina e quando questa possa essere considerata tale, dovrà essere precisato se la consistenza quantificata dalla procedura Do.C.Fa. sarà un dato attendibile, se dovremo aggiungere una percentuale più o meno fantasiosa per tener conto delle pertinenze comuni ed esclusive, oppure se al termine dovremo ancora fare il computo a mano, ricalcando quanto si faceva vent’anni fa. Sarà un riforma veramente “epocale” se una volta per tutte si chiarirà se i macchinari installati negli opifici dovranno essere stimati o meno ed in caso affermativo, quali debbano essere valutati e quali invece non debbano esserlo, dando definizioni che non possono essere equivocate. Sarà una riforma veramente “epocale” quando al contribuente verrà data la possibilità di confrontarsi con l’ufficio ad armi pari, magari dandogli l’opportunità di ricorrere all’autotutela più efficacemente di quanto sino ad oggi concesso, ad esempio facendo decorrere i termini per un ricorso in commissione tributaria dalla data di risposta all’autotutela… Come comprensibile, al momento sull’intera vicenda gravano poche luci e numerose ombre. Non ci resta altro da fare che attendere i molteplici decreti che dovranno, si spera, chiarire tutte le incertezze. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 79


ESTIMO-VALUTATORI Matteo Negri

REV L'indicatore europeo di qualità per il valutatore immobiliare

L

a Direttiva europea 2014/17/ EU del 4 febbraio 2014, il Regolamento (EU) n. 575/2013 del Parlamento Europeo e il Regolamento della BCE sull’Asset Quality Revue (AQR), impongono che le valutazioni siano svolte da periti competenti, in grado di eseguire valutazioni professionali imparziali ed obiettive. Nello specifico il manuale della BCE (AQR – Phase 2 Manual al Capitolo 5 “Collateral and real estate valuation”) richiede che le valutazioni immobiliari a garanzia delle esposizioni creditizie siano effettuate in linea con gli EVS 2012 (European Valuation Standards) o dello standard nazionale se questo assume valori estimativi maggiormente prudenziali. Eseguire un rapporto di valutazione immobiliare secondo la best practice è importante, ma non sufficiente a garantire valutazioni affidabili. È necessario anche che il perito abbia le necessarie competenze (vedasi Norma UNI 11558) e che queste siano certificate. A tal fine il TeGoVa, di cui il CNGeGL è full member, ha elaborato un indicatore europeo di qualità che attesta le capacità e le c immobiliare onoscenze del valutatore: il REV _ Recognised European Valuer. Il titolo REV è quindi garanzia di un elevato standard di qualità e di esperienza dei valutatori dei Paesi membri. Il REV assicura quindi alla clientela e al mercato immobiliare in generale, valutazioni che rispettino a pieno le linee guida, le regole, le metodologie e le procedure definite dagli EVS. Chi è in possesso del titolo di REV può utilizzare in una qualsiasi sua valutazione il logo rilasciato da TEGoVA, marchio che lo accredita e lo contraddistingue come valutatore riconosciuto in tutto il mercato della Comunità Europea. I requisiti per conseguire il Titolo di REV sono esplicitati in dettaglio nel sito internet del CNGeGL all’indirizzo www.rev. cng.it. In sintesi il geometra dev’essere iscritto all’Albo da almeno due anni, deve aver maturato altrettanti anni di esperienza professionale nel campo delle valutazioni immobiliari ed aver eseguito almeno venti valutazioni conformi agli standard valutativi. Dopo la verifica della completezza della documentazione prodotta nella domanda di iscrizione, le abilità, le conoscenze 80 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Dall'alto, in senso antiorario Sito inane ove effettuare la registrazione al REV Percorso di accreditamento al REV Marchio REV

e le competenze del geometra valutatore, saranno comprovate dal superamento di un esame istituito dalla Commissione REV, nominata dal Consiglio del CNGeGL. Il Collegio dei Geometri della Provincia di Brescia, attraverso la propria commissione estimo, intende divulgare questa importantissima opportunità di crescita professionale promossa dal CNGeGL, attraverso circolari ed informative rivolte a tutti gli iscritti, nonché promuovere corsi di formazione scientifici che possono facilitare l’apprendimento delle diverse e complesse tematiche valutative. T


PREVENZIONE INCENDI

Foto © Giuseppe Porzani – Fotolia.com

Giuliano Vacchi

Regole tecniche di Prevenzione Incendi per le attività non soggette al controllo dei VV.F.

N

ell’ambito della progettazione civile ed industriale, oltre agli innumerevoli aspetti che i professionisti tecnici devono affrontare, (normative edilizie, urbanistiche, calcoli statici, contenimento energetico ecc.), è altrettanto importante tenere in debito conto la normativa tecnica di Prevenzione Incendi. Le attività soggette a controllo di Prevenzione incendi da parte dei Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco sono elencate negli allegati contenuti nei due più recenti provvedimenti legislativi in materia: l’allegato I del D.P.R. 151/11, più generale, e l’allegato III del D.M. 07/08/2012 che ne definisce anche le sottoclassi. In essi vi sono elencate le 80 attività a rischio incendio che il legislatore ha ridotto di numero rispetto alle 97 attività del precedente allegato di riferimento, contenuto nell’ormai abrogato D.M. 16/02/1982. Le attività in essi elencate sono individuate in base a precisi parametri minimi quali: superficie, potenza, quantità di materiali combustibili, numero di addetti ecc., al di sotto dei quali, attività analoghe non hanno obbligo di ottenere titolo autorizzativo di Prevenzione Incendi per poter esercire. Trascurando quelle attività per le quali non sia stata emanata una “Regola Tecnica Verticale” (RTV) – dispositivo legislativo indicante le norme antincendio relative una specifica attività – per ognuna di quelle rimanenti, è stata emanata una regola (norma)

tecnica specifica, sotto forma di Decreto Ministeriale (questo è generalmente il formato legislativo più comunemente usato), all’interno del quale, dopo un’analisi del rischio incendio effettuata dal normatore, vi sono elencate le misure di sicurezza che il progettista ed il responsabile di ogni attività, devono necessariamente e rigorosamente rispettare per progettarla ed esercirla correttamente, sotto il profilo della prevenzione e della protezione dal rischio incendio. In questo articolo ci soffermeremo quindi su quelle realtà

lavorative e non, che presentino rischio di incendio, per le quali esista una norma verticale dedicata, indipendentemente dal fatto che siano o meno obbligate ad ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi o altro titolo autorizzativo equivalente. È importante sottolineare quest’ultimo aspetto, perché quasi sempre le RTV, oltre a riguardare le attività soggette a controllo di Prevenzione Incendi, dettano i requisiti di sicurezza anche per quelle che, pur identiche a quest’ultime per tipologia, possiedano caratteristiche e para-

metri al di sotto dei minimi richiesti dagli allegati sopra citati e quindi non richiedano di istruire pratiche presso i Comandi VV.F. È prassi abbastanza diffusa fra i progettisti che non svolgano costantemente attività di Prevenzione Incendi, associare la scelta delle misure tecniche preventive e protettive antincendio, al parere scritto o verbale da parte dei funzionari del Comando Provinciale dei Vigili dei Fuoco della Provincia di appartenenza, quanto meno come conferma del proprio operato progettuale. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 81


PREVENZIONE INCENDI Edificio con altezza antincendio da 12 m a 24 m (Immagine tratta dal testo Leonardo Corbo, Edifici Civili, Pirola editore, Milano).

Questo tradizionale approccio, da decenni assunto da quasi tutti professionisti tecnici, è già stato oggetto nel recente passato di radicale mutamento, tramite il D.P.R. 151/11 ed il D.M. 07/08/2012, i quali, almeno per tutte quelle attività che i citati Decreti hanno individuato in categoria “A”, per ottenere l’autorizzazione all’esercizio, hanno previsto la presentazione della sola Segnalazione Certificata di Prevenzione incendi (S.C.I.A.), senza la necessità di un esame preventivo del progetto. Si è quindi insediato un inedito approccio dei professionisti con la materia antincendio, in conseguenza della quale questi si sono dovuti abituare a lavorare senza il beneplacito dell’ente preposto (Comando VV.F.), almeno per quelle attività dotate di normativa tecnica verticale dedicata. Ma, per tutte quelle attività che si riconoscono per descrizione nell’allegato III sopra citato, ma sono inferiori ai parametri tecnici minimi per farne parte, come deve comportarsi il tecnico? In altre parole, come dobbiamo comportarci se siamo titolari, ad esempio, di un’autorimessa con superficie complessiva inferiore a 300 m2, di una centrale termica con potenzialità inferiore a 116,00 kW, o amministratori di un condominio con altezza antincendio superiore a 12 m, ma inferiore a 24 m? Queste tre attività, ma come loro parecchie altre, avrebbero le caratteristiche descrittive per appartenere ri82 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

spettivamente alle attività nn. 75-74 e 77 dell’Allegato III sopra citato, ma non hanno, nello stesso ordine, la superficie, la potenzialità e l’altezza necessari a farle ricadere in quell’ambito: esse non sono pertanto tenute ad ottenere titolo autorizzativo antincendio per esercire. Quindi? Possiamo dire che per queste attività il tecnico progettista non sia tenuto a rispettare le norme di Prevenzione Incendi specifiche? La risposta non può essere che negativa: non essere obbligato ad istruire una pratica antincendio presso il Comando Provinciale VV.F. di competenza, non assolve il progettista, e tantomeno il titolare responsabile di queste attività, dalla rigorosa osservanza delle relative norme di sicurezza antincendio. Le RTV devono comunque essere rigorosamente rispettate anche quando le condizioni di superficie, di potenza, di altezza e/o di qualsiasi altra caratteristica, siano inferiori ai limiti minimi indicati nell’allegato III. Pur riguardando un’ampia gamma di attività come: scuole, piccoli alberghi, ospedali, uffici, ecc., per esigenze di sintesi, ci soffermiamo su tre tipologie, che per diffusione e caratteristiche possono essere mag-

giormente rappresentative, e cioè: autorimesse, impianti di produzione del calore ed alti fabbricati. Autorimesse La regola verticale per tale attività è il D.M.01/02/1986 “Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili”. Essa, fa riferimento al numero di posti auto e non alla superficie dell’attività, dato che è stata emanata precedentemente all’entrata in vigore del D.M. 151/11 ed al D.M. dell’agosto 2012. In precedenza infatti l’allegato II del D.M. 16/02/1982, predecessore degli attuali allegato I del D.M. 151/11 e dell’Allegati III del D.M. 07/08/2012, dettava come limiti minimi per le autorimesse, allora individuate al n. 92, i 9 posti auto, che sono stati sostituiti, dopo il 2011 dai 300 m2 dell’attività n. 75. Nonostante la confusione generata dagli avvicendamenti legislativi, si può però affermare che tutte le autori-

messe aventi superficie inferiore a 300 m2, pur non dovendo richiedere titolo autorizzativo presso i Comandi provinciali VVF, debbano osservare quanto prescritto dal D.M. 01 febbraio 1986, limitatamente al punto 2. Centrali termiche In questo caso le modifiche post 2011 riguardano solo la numerazione dell’attività che passa dal n. 91 dell’Allegato al D.M. 16/02/1982 al n. 74 dei recenti decreti 2011/12. In questa specifica attività, il limite inferiore di assoggettabilità non è variato, ed è di 116,00 kW di potenza, indipendentemente dal combustibile utilizzato, che può essere di tipo solido, liquido o gassoso. Nella fattispecie, le RTV di riferimento, a seconda del tipo di combustibile, sono diverse tra loro e sono: • per i combustibili liquidi il D.M. 28 aprile 2005; • per i combustibili gassosi il D.M. 12 aprile 1996; • per i combustibili solidi


PREVENZIONE INCENDI

Tabella 1 COMBUSTIBILE E POTENZA

PRATICA VVF

REGOLA TECNICA DA APPLICARE

Gassoso < 35kW

NO

UNI-CIG 7129-2008

Gassoso >35 kW< 116 kW

NO

D.M. 12/04/1996

Gassoso > 116 kW

SI

D.M. 12/04/1996

Liquido <35 kW

NO

Analogia con UNI 7129-08

Liquido > 35 kW<116 kW

NO

D.M. 28/04/2005

Liquido > 116 kW

SI

D.M. 28/04/2005

Solido < 35 kW

NO

Analogia con UNI 7129-08

Solido > 35 kW<116 kW

NO

Analogia con D.M. 12/04/1996 – D.M. 28/04/2005

Solido > 116 kW

SI

Analogia con D.M. 12/04/1996 – D.M. 28/04/2005

Tabella 2 ALTEZZA ANTINCENDI

PRATICA VVF

REGOLA TECNICA ANTINCENDIO DA APPLICARE

< 12 m

NO

Nessuna

< 12 m > 24 m

NO

D.M. 16/05/1987 n. 246 tipologia “a” TABELLA A

> 24 m

SI

D.M. 16/05/1987 n. 246 tipologie da TABELLA A

non vi è al momento una regola tecnica verticale specifica e quindi si devono prevedere misure preventive e protettive, attuando una valutazione del rischio incendio in analogia con le due regole tecniche prima citate. Vi è da dire che, contrariamente a quanto prescritto per la regola tecnica delle autorimesse, che non prevede ulteriori limiti di superficie al di sotto dei 300 m 2 , per quanto riguarda le centrali termiche, il campo di applicazione delle relative RTV, riguarda impianti termici superiori a 35 kW di potenza. La tabella 1 sintetizza quindi gli

obblighi del progettista e del responsabile dell’esercizio delle centrali termiche alimentate a combustibile solido, liquido o gassoso. Fabbricati Civili con altezza > a 12 m Anche in questo caso, come per gli impianti termici, le modifiche post 2011 riguardano solo la numerazione dell’attività, che passa dal n. 94 dell’Allegato al D.M. 16/02/1982, al n. 77 dei recenti decreti 2011/12. Anche per i fabbricati civili, il limite inferiore è rimasto invariato a 24 m di altezza, ma cambia il riferimento altimetrico che passa dall’altezza

in gronda del 1986 all’altezza antincendi del 2011. Essendo l’altezza antincendio definita dal D.M. 30/11/1983 come “... l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso”, ai fini dell’assoggettabilità dell’edificio alla regola tecnica e/o al controllo di Prevenzione incendi da parte dei Comandi Provinciali VV.F., essendosi abbassato il riferimento altimetrico di misurazione – dalla gronda al livello inferiore della più alta apertura dell’edificio – può accadere che edifici che dove-

vano rispettare la regola tecnica od ottenere titolo autorizzativo all’esercizio ai fini antincendio, potrebbero ora essere esenti dall’uno o dall’altro obbligo. La regola tecnica di riferimento per questo tipo di attività è il D.M. 16/05/1987 n. 246 “Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione” Il campo di applicazione di questa norma verticale comprende tutti gli edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendi superiore a 12 m, facendo con ciò riferimento ai termini ed alle definizioni generali contenute nel D.M. 30/11/1983. Come per le due precedenti attività, anche in questo caso si verifica che i fabbricati con altezza antincendi superiore ai 12 m ed inferiore ai 24 m, pur non dovendo richiedere titolo autorizzativo presso i Comandi Provinciali VV.F., debbano osservare quanto prescritto dal D.M. 16/05/1987 n. 246, limitatamente alla tipologia “a” specificata dalla Tabella A del D.M. medesimo. Gli obblighi normativi ai fini antincendio di tali attività sono quindi riassunti nella tabella 2 In conclusione, è fondamentale per il buon esito di una progettazione, tenere sempre conto dell’esistenza di norme tecniche verticali di Prevenzione Incendi, in tutti quei casi in cui la non obbligatorietà dell’ottenimento del Certificato di Prevenzione Incendi o altro titolo autorizzativo equivalente, potrebbe distrarre il tecnico dal prevedere una adeguata sicurezza contro il rischio incendio. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 83


TECNICA Andrea Botti

Architettura cimiteriale architettura del paesaggio

L

a progettazione degli spazi destinati alla sepoltura rappresenta un tema centrale della storia dell’architettura e del suo rapporto con l’ambiente. È noto che la relazione tra la città dei vivi e la città dei morti ha spesso influito sul processo di crescita delle realtà urbane influenzandone dinamiche di sviluppo e di evoluzione. Dal XVIII secolo circa, quando le trasformazioni culturali prodotte dall’illuminismo prima e le disposizioni amministrative napoleoniche dopo, scoraggiarono sempre più le sepolture intra moenia, il tema dell’architettura cimiteriale divenne questione via via sempre più importante e la progettazione affidata agli architetti. Anche il legame fra il luogo della sepoltura e il paesaggio ha radici antiche e gli esempi a tale proposito sono numerosissimi, tuttavia, è possibile rintracciare un esempio di riferimento importante anche nelle esperienze più recenti del secolo scorso, a partire dalla realizzazione, nel 1915, del “Cimitero nel Bosco” di Stoccolma (Skogskyrkogården). In quell’anno, infatti, con un progetto contraddistinto dal motto Tallum (una sorta di latinizzazione della radice svedese di tall ossia pino), Erik Gunnar Asplund (1885-1940) e Sigurd Lewerentz (18851975) vincono il Concorso Internazionale per l’ampliamento del Cimitero Sud di Stoccolma a Enskede. La proposta viene premiata dalla giuria perché concepisce il nuovo cimitero come unità 84 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

inscindibile tra architettura e paesaggio, coniugando temi propri della cristianità e dello spirito nordico, “… la tensione tra due mondi: quello arcaico del ritorno ciclico alla natura e quello classico che mette in luce il volto pacificante della morte…”1. L’invenzione architettonica sfrutta il valore simbolico del luogo, amplificando la capacità evocativa del paesaggio e radica il progetto al contesto annullando l’idea del recinto mortuario. In questa direzione si collocano alcune esperienze progettuali recenti nelle quali la pietra è protagonista e alla natura è affidato il ruolo di mediatrice fra i due mondi. Nell’esperienza dell’architetto spagnolo César Portela2 a Finisterre, in Galizia, la “città dei morti” realizzata nel 1997 s’ispira ai caratteri distintivi dell’aspro paesaggio fatto di scogliere a picco sul mare. Questa località, il cui nome è già di per se un memento mori (finis-terre), è posta lungo una delle tappe del pellegrinaggio per Santiago de Compostela, tragitto costellato da presenze architettoniche della tradizione, quali gli Horreos3, che paiono esser evocati


TECNICA A sinistra, dall'alto. Erik Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz, cimitero nel Bosco di Stoccolma. Vista di tre Horreos su basamento in pietra con croce e simboli apotropaici. Sotto. Cesar Portela, Cimitero di Finisterre.

nelle masse cubiche sopralzate dal terreno che ospitano le sepolture. Le piccole strutture, ideate da Portela, sono disposte sul territorio in maniera libera, secondo l’andamento di un antico percorso lungo il pendio collinare. L’effetto è quello di un brano di città, nel quale percorrere una via disseminata di case, ciascuna delle quali ospita al suo interno un gruppo di dodici sepolture, preceduto da un atrio, elemento di mediazione fra interno ed esterno, in cui si cerca di ricreare l’intimità necessaria al visitatore di questi luoghi. La semplicità del progetto, prevede pareti, pavimentazione e copertura in manufatti di Granito di Mondariz4 delle dimensioni di 20x72x330 cm, posati attraverso modalità appartenenti a quella tradizione locale che ha sempre sfruttato la forza di gravità come ‘dispositivo’ d’unione delle parti, chiaro riferimento all’archetipo del trilite5. Dello stesso materiale sono le tombe interne, volumi prismatici, tutt’uno con la pavimentazione e le scale esterne d’accesso ai cubi: blocchi di granito posati direttamente sul terreno.

L’intenzione dell’autore era quella di imitare “[…] il modo in cui la natura produce le sue architetture, ma rispecchia altresì la forma adottata dagli abitanti di questa terra per produrre le proprie. Mentre ci avviciniamo a queste pietre, ci rendiamo conto che sono luoghi fatti dall’uomo. Massi imbevuti di geometrie, forme intenzionali ma sistemate in un disordine apparente”, il risultato è un’architettura razionale nelle forme e organica nel significato e nella distribuzione. Luoghi diversi ma condizioni simili, almeno da un punto di vista paesaggistico, hanno influenzato le scelte dell’architetto abruzzese Giovanni Vaccarini6, autore del progetto di ampliamento del cimitero di Ortona nel 2006. Ancora una volta la forza della natura, in particolare del mare, veicola le scelte progettuali, impone la rottura del tradizionale recinto cimiteriale per arrivare a una soluzione compositiva che invita a percorrere lo spazio sacro per sperimentare una nuova

atmosfera nella quale il rapporto con la sofferenza sembra mediato dal paesaggio. La posizione dell’unica area disponibile per l’ampliamento, al termine dell’impianto esistente, sul crinale di una collina affacciata sul mare, ha ispirato la realizzazione di un prospetto di chiusura del camposanto esistente in perfetta sintonia col paesaggio sottostante. La semplicità del disegno ben si esprime nei corpi di fabbrica, volumi monolitici in pietra locale che dialogano attraverso nuovi allineamenti con le strutture esistenti. Anche in questo caso il legame con il contesto è rafforzato dalla scelta di definire precise visuali verso il mare, in antitesi con la rigida delimitazione degli impianti tradizionali. La logica compositiva che governa entrambi gli interventi denota un approccio analogo al tema, anche se a Finisterre si trattava di una realizzazione ex-novo mentre a Ortona di un ampliamento. Pur trattandosi di forme simili il differente impiego della pietra ha radicalmente modificato la percezione dell’osservatore: nel primo caso gli elementi monolitici in opera trasmettono pesantezza e IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 85


TECNICA Dall'alto, in senso orario. Giovanni Vaccarini, ampliamento del cimitero di Ortona. Cimitero di Ortona: particolare del rivestimento in pietra. (Foto di Alessandro Ciampi)

gravitĂ , nel secondo il rivestimento su tre lati con manufatti rettangolari, finiti a piano sega e posati a giunto chiuso, esalta gli effetti prodotti dalle variazioni cromatiche della texture e dal dialogo con gli altri materiali, per arrivare a un risultato complessivo di maggior leggerezza. L’architettura cimiteriale può essere anche presupposto 86 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


TECNICA Dall'alto. Cimitero di Gubbio: vista esterna. Andrea Dragoni, ampliamento del cimitero di Gubbio, (foto di Alessandra Chemollo e Massimo Marini).

d’incontro fra differenti declinazioni del paesaggio: quello della città storica e quello, spesso pittoresco, della natura circostante. Le scelte operate dall’architetto perugino Andrea Dragoni per il progetto di ampliamento del cimitero di Gubbio concluso nel 2011, partono proprio dalle regole che, da sempre,

hanno governato il rapporto tra la città e natura. Anche in questo caso la figurazione delle nuove costruzioni si articola attraverso forme stereometriche semplici, disposte secondo i tracciati agrari eugubini. I manufatti sono completamente rivestiti in pietra senza soluzione di continuità, un Travertino romano il cui cromatismo si avvicina a una sfumatura di bianco, analogo a quello tipico della pietra locale utilizzata e descritta da Francesco di Giorgio.

L’ossessiva presenza della materia litica esalta la monoliticità e trasforma i manufatti in masse scultoree, scavate da diverse forme di vuoto, interrotte solo da quattro cortili di uguale dimensione dove il contrasto tra pieno e vuoto riprende i ritmi che si trovano nella città medievale. Gli artisti italiani Sauro Cardinali e Nicola Renzi hanno creato le opere destinate ad occupare gli spazi caratterizzati dai lucernari quadrati, ispirati dagli Skyspaces di JamesTurrell, aggiunti per inquadrare una vista verso il cielo e completare questi spazi della pausa e della riflessione. A Finisterre, Ortona e Gubbio l’attenzione del progetto al genius loci e alle peculiarità del

paesaggio ha invertito “il fenomeno di mimesi generica che la cultura globale mette in atto”7 spesso causa della perdita di identità che caratterizza lo sviluppo della città contemporanea. T

Note 1 C. Torricelli, La morte come passaggio. Sacro e arcaico nell’architettura di Sigurd Lewerentz, in “Ricerche e progetti per il territorio, la città e l’architettura”, n. 4 del 2012, Università degli studi di Bologna. 2 Si laurea nel 1966 a Barcellona e svolge il dottorato a Madrid. I suoi lavori sono localizzati per lo più in Spagna ed hanno ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale. 3 Granai in pietra sopraelevati rispetto al terreno, tipici della tradizione spagnola utilizzati per la conservazione dei cereali, degli alimenti e degli arnesi. Per un maggiore approfondimento vedi: V. Pavan, Litico, etico, estetico, ed. Motta Architettura, Verona, 2009 A. Botti, Le Cattedrali del grano in "Il Geometra Bresciano", 1/2010, ed. Grafo, Brescia, 2010 4 Gris Mondariz, roccia granitica di base chiara, di granulometria medio-grossa, composta di grandi cristalli di colore grigio con una leggera tonalità rosacea. È estratto in Spagna, in Galizia, nella zona di Pontevedra, Porriño, Poteareas e Salvaterra do Niño. 5 Trilitico o trilite (dal greco tri = tre + lithos = pietra) è sinonimo di una struttura formata da due elementi disposti in verticale (piedritti) e un terzo appoggiato orizzontalmente sopra di essi (architrave), a formare una sorta di porta. Il trilite era usato nella presistoria (es. Stonehenge), nell’architettura greca ma non in quella romana che prediligeva l’uso dell’arco. La struttura trilitica si caratterizza per essere sollecitata essenzialmente a compressione. 6 Nel 1993 si laurea in Architettura presso la facoltà “G. D’Annunzio” di Pescara, nel 1994. Dottore di Ricerca in composizione architettonica svolge attività didattica e di ricerca. È consulente di architettura del paesaggio e svolge attività professionale. 7 C. Torricelli, La morte come passaggio. Sacro e arcaico nell’architettura di Sigurd Lewerentz, in “Ricerche e progetti per il territorio, la città e l’architettura”, n. 4 del 2012.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 87


GEOLOGIA

Misure dirette della permeabilità dei terrene e delle rocce

Aldo Di Bernardo

D

efinizioni. Con il termine permeabilità si indica, nel linguaggio geotecnico, l’attitudine di un terreno a lasciarsi attraversare da un fluido. Una bassa permeabilità corrisponde a una condizione di drenaggio difficoltoso del liquido, solitamente acqua, contenuto all’interno, e viceversa. Quantitativamente la permeabilità di un deposito sciolto o di un ammasso roccioso viene descritta da una grandezza detta coefficiente di permeabilità, o conducibilità idraulica, solitamente indicata con la lettera K. Elevati valori di K descrivono terreni di dotati di alta permeabilità, bassi valori di K contraddistinguono livelli dotati di scarsa permeabilità. La grandezza K ha le dimensioni di una velocità e, solitamente, viene espressa in metri (o centimetri) al secondo. Considerando una sezione trasversale di terreno di area A immerso in una falda acquifera, la portata che in ogni istante lo attraversa è data da: (1) Q(mc / s) = iI cui v è la velocità di filtrazione del liquido nel terreno. Supponendo che nella sezione in esame l’altezza della colonna d’acqua sia h2 e che in una sezione a monte, distante L, sia h1, la grandezza v può essere scritta come segue: (2) i (m / s) = K

h1 - h2 = ki L

Il termine i rappresenta la perdita di carico per unità di lunghezza e viene generalmente indicato come gradiente idraulico della falda. L’espressione (2) costituisce la legge empirica di Darcy (1856). Il coefficiente di permeabilità può quindi essere definito come la velocità di filtrazione dell’acqua nel terreno in corrispondenza di un gradiente idraulico unitario (vedi schema 1). La grandezza K è caratterizzata da una grande variabilità nei terreni naturali, infatti può assumere valori compresi fra 10 m/s (depositi molto grossolani, ghiaie e ciottoli) e 0,00000000001 m/s, nelle argille. Convenzionalmente, si considerano permeabili i terreni con valori di K superiori a 10-4 m/s, impermeabili quelli con valori di K inferiori a 10-9 m/s. Nell’intervallo 10-4-10-9 m/s ricadono i depositi semipermeabili (vedi schema 2). Nel caso di terreni sciolti, oltre che dalla granulometria, il valore del coefficiente di permeabilità è condizionato anche dalla disposizione reciproca dei granuli. Una disposizione più compatta significa una minore porosità del deposito e quindi una minore permeabilità. È importante anche tenere presente che, nel caso di terreni eterogenei, cioè costituiti da 88 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

miscele di tipi granulometrici differenti, ad esempio sabbia e limo, è la componente più fine (in questo caso il limo) che influisce maggiormente sul valore di K, anche se la componente più grossolana (sabbia) è predominante. Importanza pratica di K. Nella pratica geotecnica e ingegneristica, il coefficiente di permeabilità entra in gioco ogni volta che si tratta di quantificare un flusso idrico nel sottosuolo. Quando c’è la necessità quindi di dimensionare pozzi o trincee disperdenti o di progettare interventi per il drenaggio dell’acqua che defluisce sul fondo di uno scavo artificiale, per citare alcuni dei casi più comuni, una conoscenza il più possibile vicina al vero del parametro K diventa non solo utile, ma indispensabile. Un esempio per chiarire il concetto. Supponiamo di dovere dimensionare un sistema di pozzi perdenti per smaltire un determinato volume idrico presente in superficie, per esempio dovuto a un evento meteorico intenso. Ipotizziamo di volere considerare pozzi con un diametro e una profondità di 2 m in un terreno sabbioso. La falda si trovi a –4,0m dal piano campagna e la portata da smaltire sia di 0,07 mc/s. Consideriamo due casi. Nel primo abbiamo a che fare con un terreno sabbioso costituito da sabbia pulita grossolana sciolta a cui attribuiamo un valore di K=10-2 m/s. Nel secondo il terreno è formato da sabbia fine addensata con una percentuale significativa di limo, per la quale abbiamo K=10-7 m/s. Eseguendo il calcolo otteniamo che, nel primo caso (sabbia grossolana pulita) sarà sufficiente un unico pozzo per smaltire la portata prevista. Nel secondo caso (sabbia fine con limo) ne serviranno circa 35. La differenza fra i risultati non deve stupire, considerando che, anche se in ambedue i casi il terreno è costituito da sabbia, i valori di K differiscono di 5 ordini di grandezza. Questo esempio serve a chiarire che la stima della permeabilità di un terreno basata solo sull’individuazione del tipo granulometrico dominante, nel nostro esempio la sabbia, può condurre a un errore fatale nella progettazione di un sistema di drenaggio. Ne deriva l’importanza di eseguire misure dirette di K attraverso le metodologie che verranno descritte nel successivo paragrafo. Metodi per la determinazione diretta del coefficiente di permeabilità. Le tecniche di misura di K generalmente vengono distinte in due categorie, in sito e in laboratorio. Queste ultime solitamente vengono impiegate su campioni di terreni fini, essenzialmente limi e argille, che possono essere prelevati con un grado di disturbo ridotto. Nel caso di terreni grossolani, sabbie e ghiaie, ma anche nel caso di limi, è preferibile eseguire misure direttamente in sito, con tecniche che non prevedono il prelievo di campioni (vedi schema 3).


GEOLOGIA

Schema 1 – Definizione della legge sperimentale di Darcy (Castany 1982)

Schema 2 – Intervalli di variabilità di K (cm/s) nei terreni sciolti

Schema 3 – Intervalli di variabilità di K (cm/s) nei terreni sciolti.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 89


GEOLOGIA Prova di permeabilità in pozzetto a carico variabile.

Le misure di K in sito possono essere classificate in base alle modalità di esecuzione dello scavo di prova, distinguendo fra prove in pozzetto e prove in foro di sondaggio, e in base alle caratteristiche del carico idraulico imposto, carico costante o variabile. Prove in pozzetto. Le prove in pozzetto sono adatte soprattutto per terreni granulari e forniscono una valutazione della permeabilità dei terreni superficiali al di sopra del livello di falda. Vengono eseguite in pozzetti cilindrici o a base quadrata con pareti verticali o inclinate. Le condizioni necessarie perché le prove siano significative sono le seguenti: • il terreno deve essere saturato preventivamente in modo da stabilire un regime di flusso permanente; • la profondità del pozzetto deve essere pari a circa 1/7 dell’altezza del fondo dal livello di falda; • il diametro (o il lato di base) del pozzetto deve essere almeno 10 - 15 volte il diametro massimo dei granuli del terreno; • il terreno sia omogeneo, isotropo e con coefficiente di permeabilità k >10-6m/s. A)Pozzetto quadrato. Nelle prove a carico costante s’immette nel pozzetto una portata sufficiente a mantenere il livello dell’acqua costante. Le formule di calcolo per pozzetto a pianta quadrata sono le seguenti. Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con la seguenti relazione: q

k=

(

)

b2 27 h +3 b

con q = portata assorbita a livello costante; h = altezza dell’acqua nel pozzetto (h > d/4); b = lato della base del pozzetto. Nelle prove a carico variabile invece si procede riempendo il foro d’acqua e quindi, dopo avere interrotto il flusso idrico, misurando la variazione del livello dell’acqua nel tempo. h -h k = t2 - t 1 2 1

( hb ) (27 hb + 3) 1+ 2

m

m

con hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4); b = lato della base del pozzetto. t2-t1 = intervallo di tempo; h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1. 90 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


GEOLOGIA Esecuzione prova di permeabilità in foro di sondaggio.

A) Prove a carico costante. Le prove a carico costante si eseguono misurando la portata necessaria per mantenere costante il livello dell’acqua nel foro. La determinazione di K non è così semplice come nel caso delle prove in pozzetto, intervenendo in questo caso una serie di fattori correttivi legati essenzialmente alla geometria e alle caratteristiche del flusso nel tratto filtrante. B) Prove a carico variabile. Le prove a carico variabile al di sotto del livello di falda si dividono in Prove di risalita e Prove di abbassamento. Le prove di risalita si eseguono abbassando il livello dell’acqua nel foro di un’altezza nota e misurando la velocità di risalita del livello. Le prove di abbassamento si eseguono riempiendo il foro d’acqua per un’altezza nota e misurando la velocità di abbassamento del livello. Anche per l’interpretazione delle prove a carico variabile vale quanto detto per le misure a carico costante.

Prove in foro di sondaggio nei terreni (Prova Lefranc). Le prove in foro di sondaggio permettono di determinare la permeabilità di terreni al di sopra o al di sotto del livello di falda. Possono essere eseguite durante la trivellazione del foro a diverse profondità oppure alla fine della trivellazione sul solo tratto terminale. Per l’esecuzione delle prove è necessario che: • le pareti della perforazione siano rivestite con una tubazione per tutto il tratto del sondaggio non interessato dalla prova; • nel caso di terreni che tendono a franare o a rifluire, il tratto di prova deve essere riempito con materiale filtrante di granulometria adatta e isolato mediante un tampone impermeabile. Si possono eseguire anche nel terreno al di sopra del livello di falda, ma in questo caso è necessario saturare preventivamente il terreno in modo da stabilire un regime di flusso permanente. Le prove si dividono, anche in questo caso, in prove a carico costante o a carico variabile.

Prove in foro di sondaggio nelle rocce (Prove Lugeon). Si è parlato fino a questo punto di misure della permeabilità in terreni sciolti. Anche gli ammassi rocciosi possono essere permeabili e quindi essere interessati da un flusso idrico interno. Per le rocce, permeabili per fessurazione e non per porosità, non è però valida la legge di Darcy. La permeabilità viene indicata attraverso il valore degli assorbimenti d’acqua misurati in fori di sondaggio, espressi in litri assorbiti per ogni metro di lunghezza di foro, e della pressione usata nella prova. Talvolta il coefficiente K è usato per definire la permeabilità degli ammassi rocciosi, ma assume in questo caso un significato orientativo. Le prove Lugeon permettono di calcolare la permeabilità o valutare la fratturazione degli ammassi rocciosi. Vengono eseguite immettendo, in fori di sondaggio, acqua sotto pressione. Nei fori di sondaggio viene calato un tubo per l’adduzione dell’acqua con due otturatori che consentono di isolare il tratto di foro in cui si vuole effettuare la prova. Durante ogni prova vengono misurate: la pressione di iniezione, la portata immessa e il tempo di durata della prova dopo aver raggiunto le condizioni di regime. Le prove vengono eseguite per almeno 5 valori della pressione di iniezione, ciascuno mantenuto costante per 10, 20 minuti. Si possono eseguire prove in avanzamento, interrompendo la trivellazione ogni 2 - 5 metri, oppure in risalita quando la trivellazione è terminata. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 91


GEOLOGIA Esempio di grafico riassuntivo di una prova Lugeon.

La pressione nel tratto di foro in cui viene eseguita la prova è data dalla: Pe = Pm + aw (H - Hp) con Pm = pressione letta al manometro; H = altezza della colonna d’acqua; Hp = perdite di carico in altezza d’acqua gw = peso specifico dell’acqua Per un mezzo omogeneo ed uniforme, in presenza di un moto laminare attorno al foro, il coefficiente di permeabilità è dato dalla: qaw K = CPe con q =portata assorbita; Pe = pressione nel tratto di foro; C = coefficiente di forma = 2

3[(DL) - 1]

2/D ln

[ DL + 3( DL)- 1 ] 2

dove : D = diametro del tratto di foro di prova; L = lunghezza del tratto di foro di prova La permeabilità di un ammasso roccioso può essere valutata indirettamente dalla unità di assorbimento Lugeon (U.L.). La U.L. rappresenta la portata d’acqua in litri al minuto assorbita da un tratto di 92 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

foro di lunghezza 1 m, alla pressione di 10 kg/cmq e vale circa 10-7 m/s. Il valore di U.L. indicativo della prova si ricava dal diagramma assorbimenti-pressione, grafico che ha in ascissa l’assorbimento espresso in litri al minuto per metro di foro e in ordinata la pressione effettiva. T

Bibliografia Gilbert Castany, Idrogeologia principi e metodi. Aldo Di Bernardo, Nuovo formulageo. Guido Chiesa, Manuale di geoidrogeologia idraulica dei pozzi – vol. 1 E 2.


CULTURA Fulvio Negri

Profumo di zagare dal “Tartaglia”

È

appena uscito in libreria il romanzo Nero d’avorio di Rita Piccitto, ragusana di nascita e docente di lettere del nostro istituto “Tartaglia”da diversi anni. È la sua seconda fatica letteraria di ampio respiro dopo l’ottima raccolta di racconti Caffè del Corso ed anche questa volta diverse recensioni hanno convenuto sul livello eccellente del libro. L’incipit della narrazione ci introduce già in media res: il protagonista (Nele) sta per iniziare il viaggio che lo porterà a Torino dove completerà il suo percorso di maturazione, peraltro già avviato nella nativa Ragusa, e conseguirà la laurea in ingegneria, requisito fondamentale per realizzare il suo progetto di vita che prevede di tornare al luogo di origine per rendersi concretamente utile (c’è un ponte nuovo da realizzare). Lo sfondo storico, accennato sobriamente ma molto nitido, è il Paese del secondo dopoguerra, quello del referendum istituzionale, dello scontro DC-Fronte Popolare, della “legge truffa”, dell’Uomo Qualunque, della ricostruzione industriale, dell’avvio del miracolo italiano e della migrazione dei contadini meridionali verso l’industria padana. Nele è un bravo ragazzo di famiglia medio-borghese, rimasto precocemente orfano di madre ed allevato, più che da un padre mediocre, da cinque premurosissime zie nubili e soprattutto da Giulia, la più giovane, intelligente, autonoma e con doti di preveggenza, vera altra stella del

romanzo. È lei che contribuisce in maniera determinante a stimolare l’evoluzione del nipote che ne ricambia l’attaccamento fino a farlo diventare , pur nel riserbo, assai più che un affetto parentale.

Fin dall’inizio del viaggio (ma poi anche nel capoluogo piemontese) il protagonista ripercorre le tappe della sua giovinezza (“sfilavano sotto gli occhi di Nele quei vent’anni”), riandando col ri-

cordo ai luoghi, agli avvenimenti, alle persone ed alle esperienze che avevano scandito il cammino del primo tratto della sua esistenza. È un flusso di coscienza che gli fa rivivere criticamente il suo rapporto con l’ambiente e la gente di Ragusa; la rivisitazione continua anche a Torino dove coglie varie occasioni per mettere a fuoco e sviluppare tratti e scelte già presenti nel periodo siciliano. Ad esempio l’impatto con le vicende connesse alla FIAT vallettiana e alle parallele lotte sindacali confermano e solidificano un sentimento prepolitico già presente in lui, anche in virtù delle suggestioni “dossettiane” ancora una volta proposte da zia Giulia. Del resto la propensione alla giustizia sociale e l’attenzione agli sventurati si era manifestata prestissimo, quando, poco più che bambino, aveva voluto visitare gli antri maleodoranti in cui vivevano “gli aggrottati”, gli ultimi della scala sociale ragusana, o quando aveva donato i suoi risparmi di pre-adolescente ad una prostituta, dopo aver appreso da Giulia la condizione di bisogno di quella donna. Così la pratica della carità, nell’accezione proto-evangelica della zia, è il prodromo della successiva comprensione delle ragioni degli operai: con in più (ecco un arricchimento indotto dall’esperienza torinese) una nuova consapevolezza circa la diversità dell’atteggiamento sociale fra nord e sud. Anche se “pure al nord c’è chi IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 93


CULTURA

mangia e chi ha fame” non c’è resa come in Sicilia. Nel soggiorno torinese non si disvela compiutamente solo il carattere illusorio dell’immigrazione presto delusa dalle condizioni reali e già in qualche misura avvertito dai viaggiatori nel primo viaggio su quel treno (“carico di discorsi, progetti, speranze e di odio”), con involontario umorismo chiamato “del sole”, ma si constata anche la reazione organizzata degli oppressi rispetto alla rassegnazione nel mezzogiorno. Vi è poi la definitiva presa di coscienza dei suoi reali sentimenti verso la zia, il che gli consente di liberarsi di quel particolarissimo sentimento edipico e di trovare in Sara la donna della sua vita. Infine il conseguimento della laurea corona l’impegno preso con sé e con la sua comunità di tornare attrezzato a compiere un’opera di pubblica utilità (“ora si sentiva davvero pronto”). Col rientro a Ragusa di un Nele, positivamente evoluto ed ormai all’altezza dei suoi obiettivi, il percorso di maturazione si è compiuto, anche senza Giulia che chiude la sua vicenda terrena. Per questo verso pienamente centrata appare la definizione, usata da Claudio Baroni nella sua recensione, di romanzo di formazione e di ambiente (ed anche di educazione sentimentale, come abbiamo visto). L’impianto narratologico per Rita Piccitto, efficacissima nell’uso delle coordinate spazio temporali tanto da 94 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

consentire un continuo movimento del racconto fra presente, passato (ed anche futuro) e fra Sicilia e Piemonte, è funzionale soprattutto a rappresentare l’anima delle sue creature che interiorizzano, modificandosi contestualmente, gli accadimenti e le situazioni cui partecipano. Nele progressivamente acquisisce coscienza di sé ed una propria visione del mondo e dei rapporti con gli altri, dopo aver preso l’abbrivio dal messaggio della zia. Altro dato di grande modernità è la dimensione dei personaggi di tutta ordinaria normalità: non sono supereroi, il lettore si può identificare nel loro procedere tra determinazione ed incertezze verso le loro mete. Essi non recano esclusivamente la cifra della razionalità: abbiamo detto delle pulsioni di Nele verso la zia, ma l’emersione frequente dell’inconscio , il ruolo del caso, le fragilità anche delle figure più forti, la dote visionaria dell’equilibratissima zia Giulia che ha percezioni oniriche di quel che accadrà, dicono di quanta parte abbiano i sentimenti e perfino l’irrazionale. La varietà del sentire umano è squadernata con una ampiezza che conferma l’interesse dell’autrice verso la complessità dell’essere umano. Anche messa così però l’analisi rischia di mortificare un lavoro molto più denso di motivi che, pur trovando senso più compiuto nel disegno generale, hanno, ciascuno, per ricchezza di echi e di signifi-

cati, autonoma dignità. Per citare solo quello relativo all’ambiente isolano, non si tratta del sud stereotipato della mitografia, nobile ma astratta, di larga parte del neorealismo post-bellico (penso a Bernari o a Jovine, ma anche, per qualche aspetto, a Carlo Levi) per il quale luoghi e popoli del Mezzogiorno rappresentano sovente il riferimento sublime ed innocente su cui fondare il riscatto del Paese. Nelle pagine di Nero d’avorio c’è un attaccamento viscerale alla propria terra, un legame indissolubile fatto di flussi di sensazioni, umori, percezioni sensoriali e sentimenti incancellabili, ma anche lucidissima, consapevole rappresentazione dei limiti di quel mondo: lì, come dice l’operaio immigrato Rosario “non si è mai soli”, ma contemporaneamente tale dimensione collettiva sconta il prezzo di convenzioni, superstizioni, malevolenze, pregiudizi, opportunismi, ritualità. Il sentire è duplice e perfino contradditorio. Giulia afferma: “Non vorrei essere nata in nessun altro posto del mondo” ma insieme è certa che Neluccio deve partire perché “Ragusa è la città dello sconforto”. Pasqua (altro cammeo felicissimo fra i personaggi minori) sempre a Nele augura: “Vattini, non tornare se ti riesce, qui siamo gente maledetta” (ma il protagonista, come abbiamo visto, poi rientrerà nella sua città per migliorarla). Il binomio attrazione-repulsione verso la terra natia è peraltro uno dei tanti ossi-

mori (accostamenti di termini, affermazioni o percezioni fra loro antagoniste) presenti in tutta l’opera che, lungi dal penalizzarla, la impreziosiscono. Già il titolo Nero d’avorio accosta due significanti contrapposti; Pasqua, prostituta sui generis, esercita la professione con catenina e croce al collo, “il cimitero era un bel posto”, il “Treno della speranza” in realtà è “culovra , nero, velenoso, bastardo che se ne portava via tanti e li strappava alla loro terra, ai loro vecchi” (qui si tratta anche di un chiasmo, chiusura antitetica ed incrocio fra tre aggettivi e tre sostantivi): sono alcuni dei numerosi esempi riscontrabili di quella che Bufalino, autore caro alla scrittrice, indica, a proposito dei siciliani, come “affermazione di una peculiare pluralità, dichiaratamente rivendicata nel loro essere contraddittori” (che è poi l’evoluzione del relativismo pirandelliano). “L’isolitudine” così è, come la “sicilitudine” di Sciascia, anche frutto di una condizione geografica e culturale caratterizzata dal sigillo ambiguo del mare sulle cui onde sono venuti in tanti ad invaderla nei secoli e non sempre in pace; il pregresso può creare angoscia ed infelicità ma contemporaneamente orgoglio per l’unicità della storia che ha caratterizzato quella terra insieme di invasori e di migranti. Tutto ciò determina comportamenti di segno contrario: l’estroversa ospitalità come antidoto dall’essere soli e per


CULTURA

contro l’ombroso (fino all’omertoso) silenzio-riserbo, claustrofobico rifiuto del contatto. In Rita Piccitto questa tematica delle antinomie, rinvenibile anche nelle figure più nette come Giulia e Nele, ha come traduzione narrativa una maggior autenticità dei personaggi e degli ambienti proprio perché non monolitici ed univoci. Con in aggiunta uno spiraglio di speranza che, pur mantenendo alcune note dello scetticismo, supera il tradizionale fatalismo della tradizione: ne è un rivelatore verificabile l’impiego del tempo futuro, spesso latitante negli autori siciliani. Al di là della rilevanza dell’ossimoro, il romanzo, nella sua interezza, acquista forza comunicativa nella bellezza della scrittura che, è stato detto, riduce sovente il divario fra prosa e poesia. Che scrivere non sia come parlare, come affermava Vygotsky agli inizi degli anni ‘80, può sembrare senso comune. In realtà l’odierna editoria propone molti autori di penna facile e gradevole, ma non di altrettanta significatività, perché spesso si limitano al livello denotativo dell’espressione. Rita Piccitto invece connota, allude, evoca, elaborando un personalissimo stile che può avvalersi di diversi registri: accurata selezione del lessico, puntuale fino alla precisione della microlingua (parla di topografia con la competenza del geometra), vivace, arguto, generalmente elegante e mai inutilmente vol-

gare (adombra, non dettaglia le scene d’amore), ma sa anche attingere agli idiomatismi e all’insostituibile forza del vernacolo. Alterna con uguale efficacia il narratore esterno con quello interno, il discorso indiretto libero con la soggettiva del personaggio, il dialogo con la descrizione. L’effetto è notevolissimo: ambienti, paesaggistici o antropici sono vivissimi, pieni di colori e di percezioni tattili ed olfattive che risvegliano sensazioni, ricordi ed emozioni sopite. A ciò si aggiunga che dalla sua cassetta degli attrezzi trae con grande disinvoltura ed efficacia una gamma di figure retoriche che rinforzano l’impatto dei significanti: metafore e loro varianti (esempio di sinestesia: coltelli d’acqua), similitudini (le megere brulicano come le mosche). Particolarmente efficace è l’impiego, abbastanza frequente, del climax, generalmente ascendente ma talora con una repentina inversione conclusiva. Una citazione: per definire l’affetto del padre, che abbiamo definito uomo mediocre, usa la seguente scala “amore… strano, assente, forzato, dovuto e basta” Non è ridondanza ma piuttosto acuizione del ritmo (e/o del suono) ed intensificazione concettuale: un amore paterno, che già impressiona quando è strano, diventa progressivamente e drammaticamente negativo quando viene delineato come dovuto invece che naturale. Altro espediente retorico che fa giuoco al senso del raccon-

tare i personaggi più originali è l’ironia, nell’accezione più originaria di significazione del contrario o dello straniamento (il veder da fuori) già frequentato da Pirandello: compare soprattutto in alcune situazioni collettive come la processione o, ancor più, nelle due cerimonie funebri ove alla convenzione dei sermoni degli officianti e dei pettegolezzi dei presenti (sovrapponibili perché uguali pur in situazioni distanti nel tempo) si contrappongono le considerazioni irrituali, ma estremamente autentiche, di Nele che non si sente parte della celebrazione della banalità (altra situazione ossimorica). Così come obiettivamente umoristici, sempre nella direzione pirandelliana, appaiono i becchini che nel “pietoso uffizio della sepoltura” pregano e bestemmiano. Almeno un cenno merita poi il sistema dei personaggi minori che richiamano per qualche verso quelli verghiani ( a proposito c’è anche una casa e un nespolo): ruolo del pettegolezzo che socializza l’informazione, soprannomi che hanno quasi tutti e che sovente recitano il contrario della realtà. Queste figure non sono tuttavia l’equivalente dei caratteristi nel cinema : ognuno ha una propria precisa fisionomia che emerge chiara pur dalle sintetiche pennellate con cui è tratteggiata, risultando infine indispensabile alla comprensione del contesto. Il procedere simbiotico dell’i-

spirazione con la sua traduzione in pagina vergata consente all’autrice di rappresentare calligraficamente luoghi e persone del suo immaginario e del suo vissuto senza indulgere al bozzetto di maniera a mo’ di cartolina turistica, facendoli invece diventare metafore di destini più ampi. Operazione, quella di estrapolare dal microcosmo frammenti di universo, possibile solo a chi ha contiguità con il senso dell’arte. Ma con una puntualizzazione: la scrittura ha un valore altissimo, ma solo se la parola che la serve è appropriata . Infatti (ennesimo ossimoro) se “la parola è vincente di per sé”, in alcune circostanze (silenzi fra Giulia e Nele) “nel silenzio c’era molto di più”, perché in quei momenti parlare è come chiudere in forme l’incomunicabile. Un servizio solo alla categoria dell’estetica? Non direi. Sciascia afferma che la lingua (maxime quella scritta), contiene la società, la configura, la concettualizza in quanto strumento principe di comunicazione fra i suoi membri; De Mauro le assegna addirittura il ruolo di fondamento dell’ethos e della vita civile. Rita Piccitto mi pare inscriversi appieno in questa tipologia d’autore: la sua scrittura, mentre e proprio perché si nutre del bello, esalta quanto di umanità, di spirito di cittadinanza, di impegno civile c’è nella già interessantissima storia. Un romanzo dunque che si legge con grande piacevolezza e soprattutto che lascia più di una traccia nell’anima T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 95


CULTURA

L'importanza dei particolari nella qualità dell'ambiente costruito Franco Robecchi

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ell'edilizia abitativa, nei locali pubblici, in tutti i luoghi che vengono vissuti da vicino, la qualità dell'accoglienza ambientale è data dai particolari. Se poco ci tocca la sagoma di un cornicione o la gradevolezza di un fregio sulla parete di un condominio, molto di più ci attrae, o ci respinge, la forma di una sedia, l’eleganza di una maniglia, di una posata, di una lampada da tavolo. Ciò perché si tratta di elementi che entrano nell'intimità della nostra vita, che creano l'atmosfera di un ambiente che viviamo dal di dentro, avvolgono il tempo del nostro essere diretto. Naturalmente l’accoglienza e la simpatia di un luogo sono fatte di mille dimensioni e componenti, nelle quali gioca anche la forma generale di un edificio, di una piazza, di una strada. Ma la godibilità delle dimensioni più prossime ci tocca in modo particolare, perché condiziona i nostri sentimenti, il nostro benessere, conforta le nostre malinconie e asseconda i nostri desideri. Nonostante una tendenza culturale ormai vecchia di almeno settant'anni, la piacevolezza palpabile di uno spazio resta in gran parte legata ad aspetti il cui valore è prevalente da molti millenni, ed è l'estetica decorativa e la comunicazione artistica. Da tempo parlare di decorazione è quasi come pronunciare una bestemmia, dai tempi del Razionalismo annunciato poco dopo la nascita del Novecento, quando si insinuò la moda culturale della pulizia algida, ritenuta una vetta intellettuale dall'architetto Adolf Loos, che fu il grande padre dello squallore razionalista e della miopia che si ritrovava incapace di produrre e godere quell’ovvia esaltazione, che, da decine di migliaia di anni, sa vivere la ricchezza dei significati e delle emozioni insite nell’arte. Non casualmente la teoria di Loos coincise con la morte dell'arte, sostituita da una sorta di performance soggettiva, priva di qualunque capacità comunicativa e prodotta quasi solo per sfogo psicomotorio, gratuito e ignoto allo stesso autore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Basta avere la disgrazia di visitare una Biennale di Venezia di questi ultimi 50 anni. La ricchezza comunicativa e conoscitiva, invece, che l'arte possiede è alla base della capacità di un ambiente di entrare in dialogo con chi lo vive, sulla base di codici condivisi, di un linguaggio comune, di un rimando a prospettive sensualmente edificanti e intellettualmente affascinanti. È pressoché impossibile che un'architettura asettica, da sala operatoria, possa raggiungere risultati paragonabili a quelli dell'arte pre-contemporanea ed è quindi 96 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


CULTURA A sinistra. Un banale negozio, con opere d’arte che ne fanno un oggetto da museo. Sotto, in senso antiorario. Facciata e particolare del pannello centrale delle Folies Bergéres di Parigi, trionfo dell'Art Déco. Splendida invenzione d’arte per l’ingresso di una casa, come se ne vedono poche.

impossibile che un'architettura priva di un'anima decorativa possa essere gradevole. Naturalmente non si sta parlando di una decorazione priva di anima e priva di qualità. Si parla di un'arte, anche minore, ma fatta di spessore artigiano, che non

si vede più nella nostra Italia, salvo l'Alto Adige, e che si gode immensamente nelle aree tedesche o del Nord d'Europa, dove ancora si considera l'arredo e la qualità architettonica degli interni come basati sull'arte e sulla decorazione. Provate a confrontare due sale di ristorante di Brescia o di Bolzano, di Cremona o di Norimberga e vi renderete subito conto di quanto spessore comunicativo vi sia negli ambienti in cui l'arte si affaccia a parlarvi, rispetto a quelli dove, stando in ambiente da ristorante, la cosiddetta pulizia formale di un'architettura schematica si abbina magari alla corrispettiva rarefazione da obitorio di un piatto da Nouvelle cuisine. Bisogna, inevitabilmente, essere nostalgici di fasi storiche malauguratamente lontane, per cogliere la distanza in cui siamo caduti, rispetto a forme che sapevano entrare negli occhi, nella mente e nel cuore, per rimanere modelli di spessore e di “cordialità ambientale”. Fu proprio il Liberty a segnare il trionfo di quella cordialità, con una profusione di “coccole estetiche” agli utenti di ogni ambiente, dalla camera da letto al bagno, dalla sala per riunioni, alla hall di un hotel, dalla vetrina di un negozio a un pettine, a un comodino. Se il Liberty, l'Art IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 97


CULTURA Il denso interno con le calde sinuosità dell'Art Nouveau.

Nouveau dell'ambiente francese, fu una sorta di rivoluzione-canto del cigno dell'architettura traboccante di messaggi, l'ultima rivolta contro la piattezza del Novecento fu gridata dall'Art Déco, lo stile geometrizzante, ma smanioso di offrire ricchezze estetiche ad ogni più piccola porzione del costruito e dell'oggettistica. Siamo a metà degli anni Venti e, con qualche coda nei primi anni Trenta, si giunse all'esaurimento della creatività ambientale in senso comunicativo e quindi all'impoverimento disastroso dei luoghi in cui ci tocca vivere. Non ultimo delitto, soprattutto attribuibile agli incolti smaniosi di fare i “moderni”, accodandosi al conformismo, fu la distruzione di gran parte di edifici, ambienti, decori dell'epoca Liberty e Déco, sostituiti da futili superfici piatte e insignificanti, al servizio dell'indifferenza e dell'anonimato. Fortunatamente ciò non è avvenuto in Paesi come la Francia, che da sempre ama l’Art Nouveau, il Belgio, o, per altri versi, legati ad una tradizione di decoro interno di stampo antico e persino medievale, come l’Austria, la Germania o la Gran Bretagna. La decorazione, il Liberty floreale, il gioco di luci colorate e di tessuti, di legni e di vetri e ceramiche fu definito soffocante e subentrò un'esigenza di pulizia, di bianco su cui scrivere autonomamente i propri sentimenti, fino alla sterilizzazione muta e quindi all'asfissia dell'assenza di qualunque dialogo. Quando manca un linguaggio comune 98 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


CULTURA In senso orario. Ceramica, marmo scolpito, ottone sbalzato e affresco per un angolo di albergo che supera ogni conteggio in stelle. Un capolavoro ceramico sulla facciata di un palazzo di Bruxelles. Un capolavoro Liberty nel ferro battuto.

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CULTURA In senso orario, da sinistra. Sui muri, sul pavimento, sul serramento, la fantasia e l'abilitĂ costruttiva, ben oltre la banalitĂ del costruire corrente. La pulizia dinamica di un portoncino pensato con amore artistico, per il bene di chi lo apre e lo chiude. Un'inferriata liberty e un pilastro DĂŠco, oggetti splendidi per una vita migliore.

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CULTURA Accostamenti preziosi per un banale muro di condominio e un cancello: una casa gioiello. Facciata di un mulino industriale: anche le fabbriche meritano il bello.

non resta altro che lo specchio, che, negli ambienti creati per lo svolgimento della nostra vita, è una sorta di deserto alienante, anziché il paradiso della libertà. L'importanza del particolare decorativo, frutto di un'integrazione delle arti, deve essere riscoperta. Le forme e le scelte grafiche possono ovviamente essere adatte al nostro gusto, ma lo spirito dovrebbe essere lo stesso del Liberty, dell'Art Déco, ma anche del Barocco o della grande stagione medievale. Non si tratta di aggiungere orpelli alla sostanza dell'architettura. Il particolare decorativo, artistico, è una componente vitale e intrinseca del carattere di un ambiente, che ne trae un arricchimento di contenuti e non solo una cosmetica sovrapposizione formalistica. Una logica plurimillenaria è stata accantonata per un'assurda pretesa di essenzialità. Fortunatamente, abbiamo molti buoni esempi come quelli che qui si pubblicano, che dovrebbero insegnarci qualcosa su quanto intercorra fra un progetto sciatto e muto e un progetto frizzante, ricco, dialogante, rispondente a quella tensione verso il bello, che è sempre stata fortissima nell'animo umano, che desidera una sola cosa: la creazione di un mondo esclusivamente umano e quindi il solo capace di dare una speranza alla nostra miseria. T

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CULTURA Piero Fiaccavento

Alla scoperta degli edifici con i tetti di paglia e canna in un viaggio in Ungheria

L

a presenza dei fienili con i tetti di paglia trasformati in locali abitativi, a Cima Rest, nel Parco Alto Garda Bresciano, mi hanno spinto, come membro del direttivo dell’Associazione Culturale e di Amicizia “Garda – Balaton”, ad effettuare una serie di viaggi in terra magiara allo scopo di confrontare le sopraddette costruzioni con quelle ungheresi. Infatti l’origine di tali edifici è analoga come confermato dai tecnici ungheresi che sono venuti all’interno del parco gardesano per osservare queste strutture molto simili alle loro. Si deve ricordare che Il territorio del comune di Magasa, dove si trovano i fienili di Cima Rest, fino al 1918, faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico e sotto tale Impero, per motivi bellici, alcune popolazioni dell’Ungheria venivano trasferite sui territori del trentino alto Adige “Sud Tirolo” mentre quelle di questi territori venivano trasferite in Ungheria. Una volta le costruzioni con i tetti di paglia, presenti fino dal periodi palafitticolo come e ben evidenziato sulle costruzioni museali sulle sponde del lago di Ledro, erano e sono distribuite in vaste zone del Sud Tirolo, per esempio, anche nel Sarntal (Sarentino), a Terenten (Terento) e a Pfalzen (Falzes) ecc. Ora ne esistono soltanto pochi esemplari sull’Altipiano del Salten, nel Meranese, sull’Altipiano del Ritten (Renon) e nella zona intorno a Castelrotto (Kastelruth) e 102 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

sono tutti fabbricati per uso rurale, eccetto il maso “Knodelfoaster” sul Renon-Ritten. Quindi l’itinerario del viaggio in Ungheria alla riscoperta dei vari edifici con i tetti di paglia e canna mi ha permesso di stabilire un ottimo criterio di valutazione dei siti dove tali strutture sono ben evidenziate nella presenza di eco-musei distribuiti tra il confine con l’Austria e la capitale Budapest.


CULTURA A sinistra. Un'abitazione ungherese con il tetto di paglia. La raccolta della paglia in Ungheria. Sotto. Parco di KÖSZEG, fienili con coperture in paglia e strutture degli edifici simili ai fienili di Cima Rest. Diversi esempi di coperture in paglia e interni degli edifici riservati al settore artigianale

Il viaggio in terra magiara inizia entrando dal territorio austriaco nei pressi di Vienna e sraggiungendo quindi il parco di Köszeg, con la presenza di diversi fienili con i tetti di paglia. La presenza di coperture con i tetti di paglia in Ungheria è frequente in montagna o nel territorio lontano dai laghi, mentre presso le zone lacustri le coperture sono in canna. La tradizione magiara della copertura di queste strutture è assai simile a quella di Cima Rest nel comune di Magasa, e ciò, come detto, è stato confermato da un comitato di tecnici ungheresi che hanno visitato il territorio dell’entroterra gardesano e hanno analizzato i manufatti basandosi sulla forma, sulle dimensioni delle strutture murarie e sulla tipologia di costruzione delle coperture.

La seconda tappa del viaggio in Ungheria è al villaggio di Zalaegerszeg. Qui è possibile cogliere l’organizzazione della vita quotidiana attraverso i luoghi dedicati all’attività domestica, dove le donne filavano, cucinavano e si dedicavano ai compiti familiari e aiutavano i loro consorti in alcuni occupazioni legate all’attività agricola. In questo villaggio sono messi in risalto bellissimi esempi di antichi mestieri in modo tale da poter far comprendere ai visitatori gli usi e costumi tradizionali del territorio dove gli edifici con le coperture in paglia erano e sono tutt’ora presenti in varie parti d’Europa, come ad esempio in Inghilterra e Danimarca. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 103


CULTURA

Sopra. Esempi di interni riservati al settore abitativo e gli arredi delle abitazioni. Il ricovero delle botti e degli oggetti da cucina. Gli interni riservati al settore agricolo, gli oggetti agricoli. La tramoggia per scaricare il granoturco e i raccoglitori della farina. Il mulino lungo i corsi d’acqua. A destra. Distribuzione dei canneti nei lago Balaton in vicinanza di Balatonfßred ed edifici con i tetti in canna. Le coperture con i tetti di canna a Tihany. Csopak ad est di Balaton-Fursd e arredamenti interni abitativi. Il tetto in canna presenta un ottimo drenaggio delle acque meteoriche, edifici rettangolari con le coperture dei tetti in canna,ex fienile trasformato in abitazione con copertura in paglia a Cima Rest nel Comune di Magasa – Italia. 104 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


CULTURA

Il viaggio continua lungo la costa settentrionale del lago Balaton dove i canneti sono la materia prima per le coperture degli edifici presenti su territorio dell’entroterra tra il lago e la città di Veszprém. La penisola di origine vulcanica di Tihany divide il lago occidentale del Balaton da quello orientale e presenta due laghi vulcanici soprelevati rispetto al bacino del Balaton. In questa penisola, dove esiste un centro di rilevamento sismico esiste un villaggio con i tetti dove si mettono in evidenza le tradizioni e il folclore della terra magiara. Altri edifici con i tetti in canna si trovano a Csopak, bellissima cittadina su lago Balaton a est di Balaton-Fursd.

I canneti, in Ungheria, sono sparsi non solo lungo le coste del lago Balaton ma anche sul lago Velence che si trova sulla strada per Budapest. La bassissima profondità di questo lago, dove si svolgono le regate di canottaggio per la massima tranquillità delle sue acque, permette la crescita delle canne a macchia di leopardo all’interno del bacino lacustre. Le coperture degli edifici del lago Velence sono di canna, anche queste costruite con una metodologia molto simile a quella riscontrata a Cima Rest, nonostante queste ultime siano di paglia. Quindi, se si vogliono trarre delle conclusioni con questo viaggio in Ungheria, e sentendo anche il parere degli architetti e tecnici ungheresi che sono venuti in Valvestino, mi sono reso conto della similitudine architettonica di entrambi gli edifici delle due nazioni, segno importante della presenza ungherese su questo territorio. Si deve anche ricordare che gli ungheresi, nonostante appartenessero all’impero austro ungarico, hanno sempre avuto fin un certo amore per l’Italia. Segni ne sono la loro partecipazione alla Seconda guerra d’indipendenza italiana, a fianco del Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, e l’iniziativa di portare in Italia, dopo la Prima guerra mondiale e in segno di pacificazione, il gonfalone in memoria dei morti ungheresi e italiani che ora è conservato nel Museo Storico del Nastro Azzurro di Salò. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 105


Novità di Legge a cura del geom. Alfredo Dellaglio

Finalità della rubrica è di contribuire all'informazione sull'emanazione di Leggi, Decreti,Deliberazioni e circolari pubblicati sulla G.U. Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul B.U.R.L. Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia. I lettori della rivista che sono interessati ad approfondire i contenuti delle norme sopra elencate potranno consultare gli organi ufficiali (GU e BURL) presso il Collegio dei Geometri.

Decreto Ministero Economia e Finanze 24/9/2014 (Gazzetta Ufficiale 10/10/2014 n.236) Compensazione, nell’anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della Pubblica Amministrazione. Il decreto dispone che le imprese ed i professionisti titolati di crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione per somministrazioni, forniture , appalti e prestazioni, hanno la possibilità di compensare i crediti con le cartelle esattoriali notificate il 31/3/2014.

Interpello Commissione Interpelli 6/10/2014 n.19 Art 12 D.leg.vo 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – Risposta al quesito relativo all’aggiornamento professionale dei coordinatori per la sicurezza previsto dall’Allegato XIV del D.leg.vo 81/2008. La norma prevede l’obbligo di frequenza almeno nella misura del 90% dei corsi di formazione iniziale dei CSP e CSE Coordinatori per la sicurezza durante la progettazione e durante l’esecuzione dei lavori per i cantieri temporanei e mobili (120 ore), mentre per i corsi di aggiornamento, anche in considerazione che l’aggiornamento può essere distribuito nell’arco del quinquennio, la frequenza deve essere necessariamente pari al 100% . Di conseguenza i soggetti che avessero effettuato nel quinquennio aggiornamenti inferiori alle 40 ore previste , non potranno esercitare l’attività di coordinatore ai sensi dell’art 98 del D.leg.vo 81/2008, fino a quando non avranno completato l’aggiornamento stesso per l’ammontare delle ore mancanti.

Decreto Ministero del Lavoro e Politiche Sociali 29/9/2014 (Gazzetta Ufficiale 3/10/2014 n. 230) Nono elenco di cui al punto 3.7 dell’allegato III del decreto 11/4/2011, dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art 71, comma 11, del decreto legislativo 9/4/2008 n.81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3/8/2009 n.106. Il provvedimento reca l’elenco dei soggetti abilitati alla effettuazione delle verifiche periodiche sulle attrezzature di lavoro, l’iscrizione ha validità quinquennale. 106 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1

Delib.Giunta Regionale Lombardia 10/10/2014 n.X/2489 Differimento del termine di entrata in vigore della nuova classificazione sismica del territorio approvata con d.g.r.11/7/2014 n.2129 “Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia (Bollettino Ufficiale S.Ord. 14/10/2014 n.42) La delibera ha differito l’entrata in vigore dal 14/10/2014 al 14/10/2015.

Decreto Legislativo 11/11/2014 n.165 (Gazzetta Ufficiale 11/11/2014 n. 262) Disposizioni urgenti di correzione a recenti norme in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati e misure finanziarie relative ad enti territoriali.

Decreto Ministero Sviluppo ed Economia 6/11/2014 (Gazzetta Ufficiale 18/11/2014 n.268) Rimodulazione degli incentivi per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico spettanti ai soggetti che aderiscono all’opzione di cui all’art 1, comma 3 del decreto-legge 23/12/2013 n.145, convertito con modificazioni in Legge 21/2/2014 n.9 Il Decreto stabilisce le modalità di determinazione dei nuovi incentivi riconosciuti sull’energia elettrica prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili esistenti, i cui esercenti optino per la rimodulazione degli incentivi previsti dal citato DL 145/2013. Il nuovo decreto esclude dalle disposizioni gli impianti alimentati da fonti fotovoltaiche.

Decreto legislativo 21/11/2014 n.175 (Gazzetta Ufficiale 28/11/2014 n.277) Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata. Principali novità: -Modifica disciplina deducibilità delle spese di vitto e alloggio sostenute dal committente per conto del professionista; -Parziale modifica delle dichiarazioni di successione; -Abrogazione degli obblighi di solidarietà tributaria negli appalti introdotti dal DL 233/2006 conv in L.246/2006 (cd. Decreto Berr sani); -Allineamento nozione di “prima casa” ai fini dell’imposta di registro( 4%) per le abitazioni classificate in categorie catastali diverse da A1,A8 e A9; -Accertamento e contestazione delle violazioni relative all’obbligo di presentazione della dichiarazione o della copia dell’APE(attestato prestazione energetica) negli atti immobiliari.


Interpello Commissione Interpelli 4/11/2014 n.25 Art 12, D.leg.vo 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – Risposta al quesito relativo ai costi di manutenzione degli apprestamenti. La Commissione per gli interpelli chiarisce che nell’ambito della stima dei costi per la sicurezza effettuata dal CSP, con riferimento in particolare ai servizi igienici, locali per doccia, spogliatoi, refettori, locali di riposo, dormitori, che genericamente sono ricompresi nella voce “baraccamenti” oltre alle spese di installazione, fornitura, trasporto, allacciamento, montaggio e smontaggio, anche le spese per la climatizzazione e la pulizia ordinaria.

Legge 10/11/2014 n.162 (Gazzetta Ufficiale 10/11/2014 n.84/L) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12/9/2014 n.132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile. Decreto Dir.Gen.Regione Lombardia 7/11/2014 n.10356 (Bollettino Ufficiale S.Ord. 13/11/2014 n.46)

Modifica parziale dell’allegato al d.d.g.15/3/2013 n.2365, avente per oggetto “ Modifica parziale all’allegato alla d.g.r. 28/12/2012 n. IX/4261 di approvazione della “Direttiva per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane”.

Legge Regione Lombardia 26/11/2014 n.29 (Bollettino ufficiale Suppl.Ord 27/11/2014) Disposizioni in materia di servizio idrico integrato. Modifiche al titolo V della Legge Regionale 12/12/2003 n.26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale.Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche).

Legge Regione Lombardia 26/11/2014 n.30 (Bollettino ufficiale Suppl.Ord. 27/11/2014) Integrazioni alle Legge regionale 5/12/2008 n.31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale).Istituzione della Banca della Terra Lombarda.

Il mondo di B. Bat.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 107


Aggiornamento Albo

Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 26 gennaio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

988

Bellini Roberto

S. Giorgio di Nogaro (UD) 21/07/1934

25024 Leno (BS) Via Re Desiderio 22

Dimissioni

2173

Bertanzetti Antonio

Brescia (BS) 28/08/1949

25019 Sirmione (BS) Via IV Novembre 30

Dimissioni

5126

Bettinsoli Luca

Gardone V.T. (BS) 13/04/1980

25061 Bovegno (BS) Via Ca' delle Bachere 16

Dimissioni

6150

Caldera Fabio

Brescia (BS) 15/05/1986

25080 Molinetto di Mazzano (BS) Via Santi 34/d

Dimissioni

6233

Candela Maurizio

Brescia (BS) 07/07/1987

25014 Castenedolo (BS) Via Cavagnini 22

Dimissioni

5865

Cominassi Paolo

Gardone V.T. (BS) 22/09/1978

25063 Gardone V.T.(BS) Via Matteotti 348

Dimissioni

6103

Giudici Federica

Breno (BS) 20/08/1988

25040 Ceto (BS) Via Papa Giovanni XXIII 17

Dimissioni

6311

Karaj Migena

Elbasan - Albania EE 14/01/1990

25128 Brescia (BS) Via Melzi 22

Dimissioni

4475

Lazzarini Simona

Darfo (BS) 20/06/1971

25047 Darfo (BS) Via G. Cappellini 72

Dimissioni

6161

Locatelli Michele

Brescia (BS) 19/10/1986

25030 Castrezzato (BS) Via Giovanni XXIII 24

Dimissioni

5483

Rizza Simone

Desenzano (BS) 22/10/1982

25080 Soiano del Lago (BS) Via X Giornate 52

Dimissioni

Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 23 febbraio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

5744

Barbieri Giovanna

Iseo (BS) 04/04/1985

25047 Darfo (BS) Via San Rocco 9 - Erbanno

Dimissioni

6231

Becchetti Roberto

Gardone Val Trompia (BS) 27/07/1984

25065 Lumezzane (BS) Via P. Marcolini 11

Dimissioni

5919

Capra Maurizio

Brescia (BS) 14/01/1984

25064 Gussago (BS) Via Staffoli 9/D

Dimissioni

1287

Capretti Graziano

Brescia (BS) 12/01/1938

25135 Brescia (BS) Via G. Saleri 58

Dimissioni

6289

Cola Pierpaolo

Brescia (BS) 06/05/1982

25064 Gussago (BS) Via Castello di Casaglio 12

Dimissioni

6143

Ghidini Alessio

Gardone Val Trompia (BS) 19/10/1988

25065 Lumezzane (BS) Via Santa Margherita 38

Dimissioni

5054

Giannoni Alessandro

Brescia (BS) 26/10/1974

25030 Castelmella (BS) Via Monet 56

Dimissioni

6015

Letti Marco

Brescia (BS) 31/03/1978

25030 Torbole Casaglia (BS) Via Don Salvoni 13

Dimissioni

5800

Marras Daniele

Brescia (BS) 05/11/1985

25134 Brescia (BS) Via Revere 6

Dimissioni

2343

Nervi Renato

Brescia (BS) 02/03/1949

25020 Offlaga (BS) Cascina Formica 1

Dimissioni

4665

Olmi Mara

Chiari (BS) 14/09/1976

25030 Castrezzato (BS) Via Delle Robinie 23

Dimissioni

6216

Pianta Alex

Brescia (BS) 14/06/1988

25075 Nave (BS) Via Brescia 220

Dimissioni

6174

Piazza Melina Belen

Rosario - Argentina EE 03/01/1989

25069 Villa Carcina (BS) Via Scaluggia 130 - Cailina

Dimissioni

5935

Ronchi Stefano

Breno (BS) 06/01/1982

25123 Brescia (BS) Via Manara Valgimigli 27

Dimissioni

5216

Rossetti Enrico

Brescia (BS) 05/10/1982

25136 Brescia (BS) Via Del Manestro 7

Dimissioni

3124

Tognoli Aldo

Gottolengo (BS) 18/09/1957

25023 Gottolengo (BS) Cascina Alba 7

Dimissioni

3343

Tosadori Pietro

Desenzano (BS) 21/06/1961

25080 Mazzano (BS) Via San Zeno 8

Dimissioni

2346

Zanardelli Bernardo

Montichiari (BS) 13/10/1948

25087 Salò (BS) Via Fantoni 66

Dimissioni

5959

Zandolini Stefano

Chiari (BS) 06/10/1985

25030 Urago D'Oglio (BS) Via Don G. Podavitte 17

Dimissioni

108 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1


Iscrizioni all’Albo con decorrenza 26 gennaio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

6396

Pagani Alessandro

Calcinate (BG) 27/11/1970

25037 Pontoglio (BS) Via Aldo Moro 19

6397

Pesenti Serena

S Giovanni Bianco (BG) 06/08/1987

25080 Moniga Del Garda (BS) Via XXV Aprile 16

6398

Delaini Marco

Riva Garda (TN) 11/02/1985

25010 Tremosine (BS) Via della Berna Tr. II 19 - Fr. Vesio

6399

Pagliaro Gaetano

Catanzaro (CZ) 22/11/1965

25036 Palazzolo Sull’Oglio (BS) Via Gorini 25

6400

Baronio Andrea

Brescia (BS) 07/01/1988

25030 Castelmella (BS) Via Alighieri 14

6401

Baronio Mattia

Brescia (BS) 23/01/1992

25030 Trenzano (BS) Via del Giappone 21

6402

Trainini Sara

Manerbio 30/01/1989

25016 Ghedi (BS) Via Po 67

6403

Vertua Francesca

Brescia (BS) 20/05/1992

25126 Brescia (BS) Via Re Desiderio 66

6404

Angelini Alessandro

Brescia (BS) 17/01/1980

25038 Rovato (BS) Via Milano 127

6405

Avanzi Nicola

Gavardo (BS) 07/01/1990

25080 Soiano Del Lago (BS) Via Brescia 24

6406

Ballardini Diego

Lovere (BG) 22/09/1993

25040 Bienno (BS) Via Luzzana Superiore 11

6407

Bergamini Mario Ottorino

Edolo (BS) 28/04/1987

25048 Edolo (BS) Viale Derna 43

6408

Bonera Ezio

Brescia (BS) 11/05/1968

25030 Castrezzato (BS) Via Pirandello 8/1

6409

Brunelli David

Brescia (BS) 08/05/1993

25028 Verolanuova (BS) Via Luigi Semenza 28

6410

Carrera Sara

Brescia (BS) 16/03/1993

25025 Manerbio (BS) Via B. Croce 35

6411

Chini Stefano

Brescia (BS) 08/09/1982

25024 Leno (BS) Via S. Anna 20

6412

Econimo Fabio

Brescia (BS) 19/04/1990

25040 Corte Franca (BS) Via Seradina 30/G

6413

Foletti Andrea

Brescia (BS) 11/06/1989

25125 Brescia (BS) Via Belluno 4

6414

Gnali Stefano

Brescia (BS) 05/03/1993

25045 Castegnato (BS) Via Coronino 71

6415

Gustinelli Marco

Brescia (BS) 22/05/1986

25069 Villa Carcina (BS) Via Sicilia 8

6416

Maffezzoni Andrea

Brescia (BS) 15/05/1992

25050 Passirano (BS) Via S. Pellico 21

6417

Magri Nicola

Montichiari (BS) 07/10/1992

25018 Montichiari (BS) Via V. Alfieri 10/B

6418

Manella Francesco

Breno (BS) 07/02/1966

25044 Capo Ponte (BS) Via Nazionale 40

6419

Martinotti Simone

Brescia (BS) 12/11/1992

25068 Sarezzo (BS) Via G. Puccini 30

6420

Palazzolo Arnaldo

Chiari (BS) 08/09/1973

25037 Pontoglio (BS) Via Cavour 6

6421

Panteghini Diego

Esine (BS) 27/05/1993

25040 Bienno (BS) Località Dosso 8

6422

Pedretti Luisa

Brescia (BS) 30/09/1993

25040 Bienno (BS) Via Zerna 46/D

6423

Schiff Federico

Brescia (BS) 31/08/1986

25038 Rovato (BS) Via San Donato 101

6424

Signoroni Alex

Sarnico (BG) 19/06/1993

25030 Adro (BS) Via Mazzini 6

6425

Solfrini Tommaso

Brescia (BS) 27/03/1991

25065 Lumezzane (BS) Via Maronere 13

6426

Tignonsini Mauro

Darfo Boario Terme (BS) 09/09/1975

25047 Darfo Boario Terme (BS) Via G. Cappellini 132

6427

Toninelli Alessio

Montichiari (BS) 22/05/1989

25010 Remedello (BS) Via Capitano 30

6428

Tortora Pietro

Pagani (SA) 12/01/1991

25124 Brescia (BS) Via Cremona 185

Iscrizioni all’Albo con decorrenza 23 febbraio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

6429

D'Amico Cosimo Damiano

Maglie (LE) 10/05/1982

25016 Ghedi (BS) Via Gaifama 3

6430

Gabrieli Oscar

Manerbio (BS) 12/09/1992

25024 Leno (BS) Via Forni 20/A - Castelletto

6431

Ciccia Omar

Brescia (BS) 14/10/1987

25065 Lumezzane (BS) Via Trieste 53 IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 109






IL GEOMETRA BRESCIANO

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2015

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