Il Geometra Bresciano - n.3 del 2015

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IL GEOMETRA BRESCIANO

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IL GEOMETRA BRESCIANO Rivista bimestrale d'informazione del Collegio Geometri della provincia di Brescia

Il quadro della pittrice prof. Livia Cavicchi, esposto nella sede del Collegio Geometri di Brescia, sintetizza con efficacia la multiforme attività del geometra nei secoli.

Direttore responsabile Bruno Bossini Segretaria di redazione Carla Comincini Redazione Stefano Benedini, Alessandro Colonna, Mario Comincini, Giovanni Fasser, Piero Fiaccavento, Stefano Fracascio, Francesco Ganda, Franco Manfredini, Fulvio Negri, Giovanni Platto, Andrea Raccagni, Marco Tognolatti Hanno collaborato a questo numero Nadia Bettari, Andrea Botti, Pierluigi Defendenti, Alfredo Dellaglio, Antonio Gnecchi, Stefano G. Loffi, Mariacristina Maccarinelli, Silvana Malusardi, Corrado Martinelli, Gabriele Mercanti, Matteo Panni, Franco Robecchi, Corrado Romagnoli, Nicolò Sarzi Sartori, Giuseppe Zipponi

Direzione, redazione e amministrazione 25128 Brescia - P.le Cesare Battisti 12 Tel. 030/3706411 www.collegio.geometri.bs.it Editing e impaginazione Francesca Bossini - landau Concessionario della pubblicità Emmedigi Pubblicità Via Arturo Toscanini, 41 - 25010 Borgosatollo (Bs) Tel. 030/6186578 - Fax 030/2053376 Stampa IGB Group/Grafo Via Alessandro Volta, 21/A - 25010 San Zeno Naviglio (Bs) Tel. 030/3542997 - Fax 030/3546207 Di questa rivista sono state stampate 7.354 copie, che vengono inviate a tutti gli iscritti dei Collegi di Brescia, Lodi, Sondrio. N. 3 – 2015 maggio-giugno Pubblicazione iscritta al n. 9/75 del registro Giornali e periodici del Tribunale di Brescia il 14-10-1975 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia

Associato alI’USPI Gli articoli firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano né la rivista né il Collegio Geometri. È concessa la facoltà di riproduzione degli articoli e delle illustrazioni citando la fonte. Gli articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

EDITORIALE In calo preoccupante le iscrizioni alla scuola per geometri INTERVISTA Una “laurea triennale” con alternanza tra scuola e lavoro per i geometri di domani Considerazioni sul post-diploma

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LEGALE La responsabilità del direttore lavori JO DBTP EJ SPWJOB EJ FEJmDJ La trascrizione del contratto preliminare

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SICUREZZA CANTIERI Concorso per studenti 55 “La sicurezza non è un optional” .PEFMMJ TFNQMJmDBUJ QFS MB SFEB[JPOF EFM 144 56 (Parte quarta)

DAL CONSIGLIO NAZIONALE Sì alla progettazione e d.l. per gli impianti di riscaldamento nelle modeste costruzioni

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DALLA CASSA DI PREVIDENZA Sostenibilità e adeguatezza dei trattamenti

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DAL COLLEGIO DI BRESCIA Assemblea annuale 2015 degli iscritti al Collegio Notizie utili Ancora sul vincolo idrogeologico Gara di tiro al volo ad Artogne

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DAL COLLEGIO DI LODI L’agricoltura del futuro: stazione dimostrativa per sistemi produttivi di piccola scala

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GEOMETRI IN EXPO I geometri all'EXPO di Milano Attori fondamentali per la crescita e la difesa dell'ambiente Pierluigi Cottarelli 'PUPHSBmB USB QFOTJFSP F JNNBHJOF Mario Lombardi Studio preliminare di un ospedale per Emergency da realizzare in Brasile Il “giardino dei semplici” 4JHOJmDBUJWP SJTVMUBUP GPSNBUJWP all'Istituto “Capirola” di Leno

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AGRICOLTURA Qual'è il limite del Demanio idrico?

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EDILIZIA SOSTENIBILE ... E si passa dall'ACE all'APE 68 Commissione Edilizia Sostenibile, &GmDJFO[B &OFSHFUJDB FE "DVTUJDB JO &EJMJ[JB 69 Verbale del 17 marzo 2015 URBANISTICA 2VBOEP MF TFNQMJmDB[JPOJ 70 diventano complicazioni * EJSJUUJ FEJmDBUPSJ 72 Gratuità degli interventi di ristrutturazione F BNQMJBNFOUP EJ VO FEJmDJP VOJGBNJMJBSF 78 Commento al decreto "Sblocca Italia” in materia urbanistica edilizia (Parte terza) 84 CONDOMINIO Indivisibilità delle parti comuni condominiali

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CATASTO Incontro sulle criticità operative dell'attività catastale

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TECNICA FLUXUS Innovativo brevetto di un geometra nell’impiantistica civile 95 Le pietre della fede 98 Il mattone di plastica Rivoluzionaria invenzione di un ingegnere bresciano 102

SCUOLA Gli addetti ai lavori si esprimono sul calo delle iscrizioni all'indirizzo CAT

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CULTURA Agrimensori senza tempo

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FORMAZIONE Il raffrescamento passivo

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Novità di legge Aggiornamento Albo

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EDITORIALE Bruno Bossini

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l vistoso calo di iscrizioni registratosi nelle scuole per geometri di Brescia e provincia, che in pochi anni ha raggiunto livelli a dir poco preoccupanti, non può non destare grande apprensione presso i responsabili e docenti scolastici, costretti per primi a confrontarsi con una simile emergenza, ma non di meno nei dirigenti della nostra Categoria, tenuto conto che essa solo da un costante flusso di accessi può trarre la linfa vitale del suo futuro. I numeri al riguardo che si sono registrati nel nostro capoluogo provinciale – ma i dati sono in linea con quelli rilevati a livello nazionale – con estrema chiarezza ci dicono che dall’anno scolastico 2007/2008 a quello scorso le nuove iscrizioni son diminuite da 855 a 250, e che solo dall’anno in corso si inizia a vedere un lieve ma ancor debole cambio di tendenza. Non è e non sarà agevole individuare nell’immediato contromisure efficaci. Cerchiamo però di capire i perché di una riduzione così evidente che mai finora si era verificata. Molto opportunamente il Provveditorato degli Studi di Brescia ha voluto intervenire su un tema così scottante e ha riunito presso l'Istituto “Tartaglia” i dirigenti di Categoria e di tutte le scuole provinciali ove si svolgono corsi per geometri, per un primo confronto sul tema e sulle “cose” necessarie alla sua risoluzione. L’evidente disaffezione dei giovani e delle loro famiglie nei riguardi della professione si manifesta nella sua evi2 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

In calo preoccupante le iscrizioni alla scuola per geometri denza al momento cruciale della scelta di indirizzo sui corsi scolastici della scuola superiore. Si preferisce indirizzarsi su altre professioni tecniche ritenute più sicure ed appaganti e ciò non è per niente comprensibile vista l’importanza – ma si potrebbe dire l’insostituibilità – che la figura del geometra continua a mantenere nel mercato del lavoro. Diciamo subito che la soluzione dell’emergenza non potrà ruotare su interventi di tipo localistico, visto che come abbiamo detto essa è rilevabile su tutto il territorio nazionale. A Brescia per altro, è giusto ricordarlo, molto è stato fatto per favorire un’informazione corretta sulla realtà della nostra professione. Il Collegio nei continui periodici contatti con la scuola e con il costante ricorso ai massmedia (periodici, pubblicazioni tecniche, programmi televisivi ecc.) continua in effetti da tempo ad espandere tale suo impegno anche con costi economici non indifferenti. Certamente, e veniamo alla prima riflessione, la crisi economica che continua ad attanagliare l’edilizia e il suo mercato immobiliare esercita un ruolo negativo sulla vicenda, e quindi sull’orientamento dei giovani. La nostra professione, nel sentire comune, è ritenuta strettamente collegata ad una edilizia ora in crisi e paga su tale aspetto un “prezzo” maggiore rispetto ad altre attività tecnico-commerciali non legate alla crisi ancora in atto. Tutto ciò ha anche una plausi-

bile spiegazione. Va considerato, infatti, il rilevante numero di geometri che fondono la loro attività sulla progettazione e D.L. di immobili, ma anche quello dei molti specialisti (catasto, rilievi, contenimento energetico, consulenze immobiliari ecc.) con attività comunque associate al patrimonio immobiliare, che vedono ridotti in molti casi i loro proventi professionali. Va da sé che le famiglie si pongano delle legittime domande: ma c’è ancora bisogno del geometra? Quali possono essere le prospettive future di un’attività che sembra più penalizzata delle altre? Domande alle quali urge dare una risposta concreta. Anzitutto l’attività del geometra non si è affatto fermata perché – è bene dirlo a chiare lettere – si incentra su un lavoro che va ben oltre l’edilizia. Questo dato è tanto vero che i redditi medi dichiarati dai geometri, pur in contrazione di un 10/15% rispetto alla pre-crisi, lo sono in misura minore rispetto ad altre attività simili alla loro, anche esse colpite pur avendo la “protezione” di una laurea. C’è quindi, sull’argomento, un evidente problema di cattiva informazione alla quale il nostro CNG dovrà a livello nazionale provvedere con strumenti efficaci. Va anche detto al riguardo che fattori come le attività per geometri legate al recupero dell'esistente, in questo momento favorite da una politica di contenimento del suolo sempre più stringente, e la concomitante probabilità di

allentamento della crisi, non potranno che migliorare la situazione di emergenza che ora viviamo. La nostra professione continua peraltro ad essere specialista nella gestione dei patrimoni immobiliari e delle attività ad essa collegate e quindi parafrasando un felice slogan degli anni ‘80 si può dire che “il geometra... continua ad essere di famiglia”. C’è poi un’altra questione da risolvere e si riferisce all’inopinato e poco opportuno cambio di denominazione del titolo di studi in Geometra, che la riforma Gelmini ha voluto mutare in Tecnico del Costruire, dell’Ambiente e del Territorio (CAT). Un’iniziativa, questa, che presa nel pur legittimo tentativo di dare alla sua figura un maggior “spessore” sui temi dell’ambiente e della tutela del territorio, non ha portato gli esiti sperati. Anzi, eliminando in toto la dizione “Geometra” si è creata maggior confusione sul ruolo della nostra professione e si è di fatto lasciato trasparire il messaggio che la professione geometra come si è sempre svolta sia ora sparita dal mercato. E sappiamo bene che ciò non risponde a verità. Certamente prima venivamo assimilati ad una precisa figura tecnica: quella di chi – pur entro certi limiti – poteva progettare, dirigere lavori e svolgere attività professionali connesse alle costruzioni (anche quelle progettate dai laureati) e organizzare tutti i lavori di gestione dei patrimoni. Ora purtroppo non è tutto così chiaro e – è giusto


EDITORIALE

IL GEOMETRA hi è il geometra? È una persona, un tecnico, un professionista che sa rendere semplici anche le cose complicate. Non sono considerazioni mie, ma di un ministro della Repubblica Italiana. Analizzando bene l’attività del geometra che noi chiamiamo tecnico di famiglia si comprende bene l’affermazione sopra riportata. In una famiglia quante cose ed argomenti: fiscali, divisionali, catastali, progettuali, gestionali ecc. resi complicati dalla burocrazia che anziché snellire, nell’aiutare il cittadino a capire quanto le norme sempre più complicate vengano rese incomprensibili al cittadino impegnato col proprio lavoro a produrre con la sua attività qualunque sia. Non parliamo poi delle semplificazioni burocratiche che a volte raggiungono l’assurdo procedurale. Ecco apparire il geometra che solleva la famiglia, l’artigiano, l’impresa unifamiliare od il lavoratore autonomo dalle ingarbugliate prassi burocratiche. Questo è uno dei motivi per cui il geometra, presente su tutto il territorio nazionale, è ben voluto e positivamente considerato dalle famiglie italiane.

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riconoscerlo – i massimi dirigenti della nostra categoria poco o nulla hanno fatto per contrastare una decisione che si sta rivelando così penalizzante per i geometri. Le intenzioni del Consiglio Nazionale fanno in effetti ben sperare sulla messa in atto dei rimedi necessari a risolvere una situazione che per certi versi ha del paradossale. C’è, infine, un aspetto sul quale dovranno concentrarsi

La semplicità dei modi con cui colloquiare, la competenza professionale nel risolvere i problemi posti dalla Committenza, lo rende un professionista unico nella sua polivalenza e specializzazione, doti che il mercato sviluppatosi a livello mondiale, rende indispensabili. Alla categoria hanno tolto il nome di geometra, ma non hanno alterato le sue caratteristiche professionali. La categoria, sia a livello nazionale che di Collegio, ha messo in atto tutti quegli accorgimenti ed aggiornamenti che la modernità del momento richiede, spingendo fino alla laurea del geometra, che i nostri giovani attendono e che arrivi quanto prima. Si avvicina il ferragosto, sinonimo di vacanze. L’augurio che i geometri e loro famigliari possano beneficiare di un meritato periodo di riposo e vacanze, anche nell’attuale momento piuttosto problematico per i bilanci dei nostri studi professionali. A tutti un arrivederci ed un cordiale saluto.

la nostra categoria e il potere legislativo, in quanto anch’esso contribuisce a creare un elemento di incertezza sulla scelta dell’indirizzo di studio. Mi riferisco in particolare alla domanda che tutti si pongono su quali siano i tempi effettivi di accesso al lavoro che la scuola dei geometri può garantire, e quali le attività formativi post-diploma che essa propone. Facciamo un po’ di ordine, su

Giovanni Platto

questo argomento. I tempi del diploma continuano per ora ad essere di 5 anni, alla fine dei quali per l’acquisizione di un adeguato bagaglio professionale si aprono due strade: • il praticantato di 18 mesi con la possibile frequentazione presso la scuola secondaria dei corsi di specializzazione IFTS (di 1 anno) o ITS (di 2 anni), • la laurea breve triennale in

ingegneria o architettura. L’idea che si sta facendo strada, in adeguamento alle normative comunitarie, è quella di modificare – ma ci vorrà una legge apposita – l’attuale ciclo di studi di 5+2 anni in un definitivo 4 + 3 anni (4 di diploma e 3 di post-diploma). Su quest’ultima previsione si innesta la proposta innovativa del nostro Consiglio Nazionale, che intende organizzare un post-diploma di valenza universitaria, appunto di 3 anni, che dovrà tenersi presso gli Istituti Tecnici per Geometri, che avrà un preciso indirizzo specialistico sulle materie del nostro operare e che quindi potrà – è questo l’auspicio – essere anche abilitante per l’iscrizione all’Albo. Per concludere e ricapitolare quanto detto, sono queste le questioni da affrontare per porre rimedio all’emergenza determinata dal calo di iscrizioni: • miglioramento dell’informazione a tutti i livelli e con tutti i mezzi di comunicazione sulla reale attività della nostra professione, • recupero della “nostra” denominazione di geometra, in sostituzione a quella che la riforma ci ha attribuito, • modifica del ciclo di studi per l’attività geometra da 5+2 a 4+3 con l’istituzione del post-diploma triennale, come proposto dal nostro Consiglio Nazionale. Sono questi i presupposti necessari per poter recuperare la fiducia delle nuove generazioni verso la nostra attività, che è andata calando in modo preoccupante. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 3


INTERVISTA

Ci siamo. Il Presidente nazionale sta stringendo le ultime intese con il Governo per il varo del “corso triennale postdiploma di valenza universitaria” che darà diritto all’abilitazione professionale dei geometri di domani. In altri termini giunge in porto la “laurea del geometra”, un’idea lungamente propugnata dal nostro Collegio ed in particolare dal presidente Giovanni Platto. Si tratta del prolungamento formativo reso necessario non solo dalle norme europee, ma pure dalla nuova fisionomia della scuola superiore uscita dalla riforma Gelmini. Ed il fatto importante è che non si tratta di tre anni di studio solamente d’impostazione teorica e accademica e neppure d’un semplice proseguimento dell’Istituto “Costruzioni Ambiente e Territorio”. Sarà invece un triennio volto all’acquisizione di competenze professionali specifiche del geometra, che sarà ospitato dagli istituti superiori, ma si avvarrà di docenti scelti nell’Istituto stesso, all’università e nelle professioni per un percorso formativo che contemplerà necessariamente l’alternanza tra scuola e lavoro, tra lezioni in aula 4 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Foto © Studio Eden

Una “laurea triennale” con alternanza tra scuola e lavoro per i geometri di domani

ed esperienza negli studi professionali e sul campo. Anche se gli ultimi tasselli di questa piccola rivoluzione non sono ancora compiutamente a loro posto, abbiamo voluto incontrare il presidente del Collegio Giovanni Platto ed il tesoriere Giuseppe Bellavia per scambiare alcune opinioni su questa novità che è pure il primo necessario passo per l’attesa e non più procrastinabile riforma della professione. All’incontro ha preso parte anche il professor Fulvio Negri, ex dirigente dell’Istituto “Tartaglia”, da tempo impegnato al fianco del Collegio sui temi della formazione scolastica finalizzata all’acquisizione delle competenze professionali di geometra, che ha riassunto il suo parere sugli argomenti trattati in un articolo che pubblichiamo a pagina 8.

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llora, Presidente, il traguardo della laurea del geometra è davvero vi-

cino? “I tempi della politica purtroppo non sono i nostri, ma la sensazione una volta tanto è positiva. Il presidente nazionale Savoncelli sta concordando proprio in questi giorni con il ministero l’istituzione di un nuovo curriculum obbligatorio per chi vorrà svolgere la professione di geometra. Ovvero un corso post-diploma triennale a carattere universitario che dia diritto immediatamente all’abilitazione professionale. Per comodità di linguaggio si può parlare di ‘laurea del geometra’, un’idea che, tutti gli iscritti bresciani lo sanno bene, è da anni uno dei punti fermi della proposta del nostro Collegio su quest’argomento. Ma al di là dei termini ciò che interessa è la sostanza di questa riforma. Infatti si


INTERVISTA

Foto © Studio Eden

Nella pagina precedente un momento dell'intervista. In questa pagina, da sinistra: il presidente Giovanni Platto, il professor Fulvio Negri e il tesoriere Giuseppe Bellavia.

tratterà di un triennio post-diploma caratterizzato dalla necessaria interazione tra studio e lavoro, tra lezioni ed esperienza concreta sul campo, così come chiediamo da anni; un corso che sarà ospitato negli istituti superiori per geometri abilitati in Costruzioni, Ambiente e Territorio con tre diversi tipi di docenti: alcuni del medesimo istituto, altri forniti dall’università, altri ancora pescando tra i nostri colleghi. Un corso ad alto contenuto professionalizzante che darà l’abilitazione e garantirà le capacità tecniche per svolgere la libera professione di geometra”. Scusa, Presidente, ma sarà questa l’unica strada per diventare geometra? E quando sarà operativa la riforma? In altre parole, continueranno ad esserci il praticantato di un anno e mezzo dopo il diploma o, come teme qualcuno, continueranno ad essere mantenuti anche i sei mesi di

corso internet che oggi consentono l’iscrizione all’esame di abilitazione? “La strada obbligata della laurea triennale sarà, a regime, l’unica percorribile per diventare geometri. Certo si dovrà scontare un periodo di transizione nel quale continueranno ad esistere tanto il praticantato come i corsi semestrali su internet. E su questi ultimi val la pena di ricordare che non siamo stati certo noi a volerli (anche perché abbiamo tutti ben chiaro che sei mesi di corsi al computer non servono a granché e soprattutto non danno alcuna affidabilità sull’acquisizione delle competenze per svolgere la professione), ma li abbiamo dovuti subire. Resta comunque il fatto che un giovane geometra diplomato dopo sei mesi di corso internet si può solo illudere d’aver le nozioni e le competenze sufficienti per superare l’esame di abili-

tazione e poi intraprendere la professione. Chi sceglie questa strada va incontro a sonore delusioni”. Dobbiamo pertanto aspettarci un periodo di transizione? Quanto durerà? “Io credo che il periodo di transizione, tenuto conto dei tempi politici e della necessità di far esaurire le esperienze in atto, non potrà durare meno di un decennio, ma alla fine, finalmente, dovremmo avere pienamente operativo lo strumento più adatto a formare le nuove generazioni di geometri. Val la pena di ricordare che a spingere verso questa riforma – che, ripeto, mi pare ora davvero correttamente impostata – è stata innanzitutto l’Unione europea che non ritiene più il diploma di scuola superiore sufficiente a preparare chi vuole svolgere una professione tecnica, ma im-

pone un iter formativo post-diploma, in soldoni una laurea triennale. E gli Stati membri dell’Unione debbono adeguarsi entro il 2020 dunque, salvo proroghe, entro cinque anni da oggi. Inoltre va rimarcato che a ridurre le competenze professionali trasmesse agli studenti degli istituti superiori ha contribuito non poco anche l’ultima riforma della scuola che ha impostato il quinquennio medio superiore più sulla formazione generale che su quella professionale, sacrificando abbondantemente proprio il passaggio delle nozioni e delle esperienze tecniche. Inutile ormai discutere sulla bontà di queste scelte, che sono ormai pienamente operative, meglio correre ai ripari e costruire un nuovo percorso post secondario che ci metta in regola con l’Europa e nello stesso tempo garantisca un livello di preparazione tecIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 5


nica adeguata a chi vuole entrare nella professione”. La strada intrapresa è indubbiamente quella giusta, semmai ci si può chiedere perché non si proceda più rapidamente, perché restino in vita istituti come il praticantato che come ora è impostato, lo sappiamo tutti, non funziona. “Stiamo lavorando, e il collega Belotti che mi sta accanto ne è buon testimone, anche per migliorare il praticantato con corsi specialistici su materie professionali che si terranno al Collegio e per mutare l’esame di stato che oggi replica solo due anni dopo l’esame di maturità. Certo non è facile. Basta pensare, limitandoci solo al praticantato, i suoi costi ormai insostenibili per molti studi, soprattutto per quelli che soffrono la crisi economica in atto. E non parlo solo del compenso al neo-geometra che diventerà obbligatorio, ma anche dei costi relativi al tempo che il geometra dovrebbe dedicare alla formazione del neo-diplomato. Ci vorrebbero almeno degli sgravi fiscali per chi si assume – e, rimarchiamolo, in maniera totalmente disinteressata – l’onere di formare un giovane nella professione e invece…”. Ma in attesa del ‘corso triennale a carattere universitario’ per il geometra di domani, che ovviamente andrà definito con criteri di legge e regolamento a livello nazionale (con programmi scolastici e accademici stabiliti a livello centrale ma anche con tutte le necessarie declinazioni locali), Brescia può avviare sperimentalmente la sua ‘laurea trien6 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

nale’ del geometra della quale proprio tu, Presidente, ti eri fatto promotore trovando pure ascolto in ambito universitario? “No, il Consiglio nazionale ha chiesto a tutti i presidenti di non procedere su iniziative sperimentali in questo campo, proprio per evitare che il Governo o altre categorie trovino in queste iniziative l’appiglio per rallentare la riforma intrapresa che tanto interessa alla categoria. E, a malincuore ma comprendendo le ragioni di Savoncelli, abbiamo accettato”. Tutto chiaro. E direi che per i futuri geometri interessati alla libera professione la prospettiva sembrerebbe definita: prima diploma CAT e poi laurea triennale abilitante (ora il percorso previsto è di 5+3, otto anni, ma una riforma in senso europeo delle superiori a regime ridurrà il percorso ad un 4+3, 4 anni di scuola superiore e 3 di post-diploma a valenza universitaria). Resta invece aperta la questione dell’80% di studenti che ieri come oggi e forse domani, frequentano la scuola di geometra senza voler poi svolgere la libera professione. “Esatto, una questione per nulla marginale dal momento che senza una prospettiva di lavoro concreta e chiara anche per quell’80% il rischio che gli istituti tecnici per geometra vedano ulteriormente ridursi gli iscritti è reale. Il Collegio, come peraltro ha sempre fatto, deve pensare anche a loro perché la forza della nostra categoria è legata alla professionalità di tutti i geometri compresi quelli, anch’essi necessari, che svolgono il loro lavoro quali dipendenti”.

In effetti lo sforzo del Collegio in questi anni è stato quello di moltiplicare l’impegno e le energie tenere insieme la categoria e promuovere anche opportunità di formazione a ragazzi neodiplomati che non necessariamente si sarebbero poi iscritti all’Albo. Penso a i vari IFTS e ITS: che fine faranno? “Due sono a mio avviso le bussole che dobbiamo avere. La prima, come spesso ripete il professor Negri, è la necessità di offrire opportunità di uscita, certificando le competenze acquisite, ad ogni livello dal percorso formativo, e la seconda è quella di tenere aperti tutti i canali possibili tra i diversi percorsi formativi cosicché una ragazzo possa passare senza troppe difficoltà dall’uno all’altro senza uscire dal nostro ambito. Inoltre non va dimenticato il legame con il territorio che tutti i percorsi formativi devono avere, nel senso che la scuola, i corsi post-diploma e l’università debbono avere in massima considerazione la domanda di professionalità che arriva dalle imprese e dalla società. In termini generali, quindi, io credo che anche gli IFTS e gli eventuali ITS andranno organizzati e sostenuti, se dal territorio verranno richieste specifiche. Mi spiego: non è pensabile che un corso di un anno IFTS possa formare un geometra polivalente interessato alla libera professione ad ampio raggio, ma certo può formare una una figura specialistica di alto livello in un campo di specifica professionalità”.

lato della necessità di un polo, di una cabina di regia, di una fondazione che, riunendo tutte le realtà scolastiche economiche e sociali interessate, si faccia carico del ruolo di indirizzo ed anche della necessaria organizzazione dei diversi processi formativi. Il Collegio l’ha proposto a più riprese, si è fatto in ogni modo parte diligente perché questo organismo nascesse. Ed invece… “Invece non si è trovata, per le motivazioni più diverse, la coesione necessaria delle istituzioni politiche e scolastiche e delle associazioni di categoria per giungere al risultato. Al punto che il Collegio di Brescia, che di questa necessità è sempre stato paladino, si è trovato costretto ad aderire ed a sostenere altri poli, quello di Crema e quello di Milano. Non ci interessa indagare sulle responsabilità di quanto accaduto, ci basta ribadire che abbiamo fatto tutto il possibile per ottenere il risultato migliore e verifichiamo con piacere come oggi anche chi era titubante o apertamente contrario anche solo un paio d’anni fa, si sia ricreduto. Per questa ragione, stiamo già riannodando i fili di quello che fu il Comitato scientifico bresciano, con il nostro Collegio, il Collegio costruttori, le scuole superiori per geometri, la scuola edile, l’università, gli enti locali, le associazioni imprenditoriali per dar vita a questo polo, a questa fondazione che, verificate le esigenze di formazione richieste dalla società e dalle imprese, metterà in campo tutte le iniziative per soddisfarle”.

A questo proposito si è più volte par-

E in merito alla fondazione quale il

Foto © Studio Eden

INTERVISTA


INTERVISTA

Foto © Studio Eden

Il professor Fulvio Negri, il tesoriere Giuseppe Bellavia e il direttore della rivista Bruno Bossini in un momento dell'intervista.

ruolo del Collegio dei Geometri di Brescia? “Senza falsa modestia, voglio dire che ci sentiamo i propulsori, purtroppo non sempre ascoltati, di tutte le novità necessarie nel settore della formazione professionale. E a riguardo della fondazione, che sarà di supporto al polo della formazione tecnica superiore bresciana, presto usciremo da quelle di Crema e di Milano per concentrarci su Brescia. Senza contare che per molte esigenze di formazione ed aggiornamento dei colleghi – a cominciare dai praticanti per arrivare a chi già professionista intende ulteriormente specializzarsi – organizziamo talmente tanti corsi in casa nostra che praticamente non c’è giorno della settimana che le nostre sale ed aule non siano occupate. Ma certo resta ancora molto da fare, ma sono certo che con la collaborazione di tutti i colleghi non mancheremo di cogliere gli obiettivi che ci siamo posti”. Concludiamo l’intervista facendo intervenire su due aspetti che meritano di essere ancora precisati il tesoriere Giuseppe Bellavia, che può ritenersi esperto in materia avendo seguito giorno per giorno il loro evolversi. Quali saranno le risorse economiche necessarie per il post-diploma e chi dovrà accollarsele? “Anzitutto va detto che il nuovo percorso formativo si svilupperà su scala nazionale e quindi non potrà non fruire dei finanziamenti di stato che i ministeri interessati dovranno attivare. Occorrerà

certo anche l’intervento economico della nostra categoria e di tutti i partecipanti al comitato scientifico. Il nostro Collegio è sempre stato peraltro in prima fila sui temi della formazione cercando di creare al meglio le necessarie sinergie con il mondo della scuola. Anche stavolta non si tirerà indietro nel garantire e finanziare le docenze dei suoi ‘esperti’ che dovranno accompagnare i neo geometri all’approfondimento di tutti i temi professionali. Come ha sempre sinora fatto si accollerà e per quota di partecipazione gli oneri per la costituzione della fondazione. E in ogni caso nel periodo transitorio ma anche in seguito se si riterrà neces-

sario mantenerli vista la loro utilità continuerà ad accollarsi l’onere dei corsi specialistici di supporto ai praticanti e le docenze per gli ITS e IFTS.” Abbiamo sin ora parlato di un corso post-diploma a valenza universitaria che dovrà tenersi presso gli istituti tecnici superiori. Ritieni che l’università che sarà necessariamente invitata a parteciparvi garantendo anche la valenza universitaria al corso, potrà creare delle difficoltà o imporre dei distinguo? “Credo o quanto meno immagino di no e questa convinzione mi è confermata dal pensiero ampiamente ribadito dal professor Negri. Abbiamo infatti avuto negli ultimi anni positivi riscontri

circa la possibilità dell’istituzione di una laurea di geometra triennale con il dipartimento di ingegneria di Brescia. Ciò alla luce anche di un simile esperimento attivato a Bergamo e che aveva dato buoni risultati. Andranno approfonditi alcuni aspetti circa le materie di studio necessarie all’ottenimento della valenza universitaria al fine di garantire l’equipollenza con le normative UE in materia professionale che dovrebbero entrare in vigore entro il 2020. Ma tutto ci fa supporre che alla fine ce la faremo in questo impegnativo intendimento che la categoria sta con grande impegno mettendo in atto.” T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 7


INTERVISTA

Considerazioni sul post-diploma

Il tema della formazione post-diploma è intimamente connesso da un lato al riordino dell’istruzione tecnica voluto dalla riforma Gelmini che ha di fatto ristretto l’area professionale per ampliare, almeno nelle intenzioni, le competenze di base e quelle trasversali, dall’altro alla conclamata necessità di connettere scuola e mondo del lavoro, rilanciata anche dall’attuale ministra Giannini. In ogni caso è evidente che l’approccio largamente teorico dell’istruzione tecnica, così come è dimensionata oggi, rinvia a segmenti di solidificazione specialistica da avviare nel corso del quinquennio con l’alternanza scuola-lavoro e da completare successivamente alla maturità (così si chiamava un tempo) con segmenti di definizione puntuale dei profili caratterizzanti le figure richieste dal mercato del lavoro. Come? Credo di aver affrontato più volte l’argomento ma, a rischio di ripetermi, torno a ribadire che le modalità della formazione tecnica superiore debbono essere flessibili ed articolate col concorso, nell’approntamento e nella realizzazione dei percorsi, di tutti i soggetti educativi e formativi in stretta simbiosi con le parti datoriali del mondo del lavoro. Nello specifico del CAT ritengo di dover subito chiarire un aspetto dirimente. Fino a che gli ordini professionali esisteranno è ovvio che compete a loro, in armonia con i regolamenti comunitari, fornire il contributo decisivo nella definizione delle norme di accesso. A tal proposito il Collegio Nazionale della categoria ritiene che un corso a valenza universitaria, da tenersi negli istituti superiori con l’apporto dell’Università e della categoria, unitamente al sottostante diploma, debba portare a sette anni la carriera scolastica indispensabile per l’in8 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

gresso alla professione (magari rivedendo un ormai anacronistico esame di stato); la scelta può piacere o meno, ma la direzione di marcia è indicata dai titolari della materia. A patto però che si esca definitivamente dall’equivoco per cui, accanto a questo iter, convivono altre possibilità di segno opposto, come ad esempio ventilati moduli semestrali (parzialmente on line) che oggettivamente minano la credibilità della prima ipotesi. Se sei mesi di formazione a distanza sono materialmente equiparati nelle conseguenze a tre anni di impegno serio, fatto di studio combinato con esperienze in situazione, come si può pensare che la gran parte degli aspiranti geometri intraprenda la strada più impegnativa? Ciò vale per la professione, ma resta poi l’altra eterna questione: solo meno di un quinto dei diplomati ora CAT tradizionalmente si iscrive all’albo; per il rimanente 80% bisogna pensare allora anche ad altre forme di implementazione delle loro abilità giacché anche per gli impieghi “dipendenti” il patrimonio di indirizzo al termine dei cinque anni ordinamentali non è sufficiente e forse tre anni post secondari di impegno severo sono troppi, tenuto conto che una quota di studenti più disponibili a tempi lunghi già si iscrive alle tradizionali facoltà accademiche (Ingegneria o Architettura in primis). Quindi, in modo più specialistico di quello polivalente previsto per i candidati professionisti, comunque anche i futuri quadri impiegati nelle imprese, negli enti pubblici, nel commercio, nel terziario, dovranno avere più opportunità di crescita del loro bagaglio, variamente articolate in dipendenza dalle loro capacità, ambizioni e volontà di impegno. Esistono già i noti corsi IFTS ed ITS, rispettivamente di uno e due

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Fulvio Negri

annualità, rivolti ai futuri quadri intermedi o ai dirigenti operativi, anch’essi caratterizzati dalla commistione fra lezioni d’aula ed esperienze pratiche o quantomeno simulazioni di reale operatività, ma si possono pensare corsi più brevi per chi opta per collocazioni più esecutive. Siffatta offerta poliforme ad uscita variabile è ciò che accade in gran parte d’Europa ove la formazione tecnica superiore ha pari dignità rispetto agli Atenei. Due però le condizioni imprescindibili: la prima è che la categoria e la politica definiscano acconciamente i perimetri d’azione entro cui potranno muoversi i professionisti e tutti gli altri che comunque conseguano crediti formativi rilevanti. Perché se il raggio d’azione di chi ha sostenuto sacrifici di preparazione sarà normativamente limitato, pur in presenza già nella titolazione della scuola di riferimento (Costruzione, Ambiente e Territorio) di potenzialità di applicazione più vaste del passato, è difficile pensare che la cara vecchia scuola per geometri e le successive appendici di implementazione, ridiventino appetibili, stante l’attuale crisi di vocazioni. L’altra pre-condizione è il contributo che ai percorsi devono fornire i soggetti cui sono destinati i giovani

del settore: nessuno (studi, imprese, enti locali che siano) può pensare di chiamarsi fuori. Il glorioso, antico praticantato, nelle diverse accezioni di stage come fase precoce, tirocinio o apprendistato rimane componente determinante della formazione dell’allievo che, per profondere al meglio le sua applicazione, ha bisogno di sperimentare in diretta come si superano le difficoltà del mestiere e se ne colgono le opportunità, cioè come si risolvono i problemi reali del comparto nel quale si accinge ad entrare, a partire da quelli di relazione. Un’ultima considerazione: per dare forma ad un sistema complesso come quello sopra descritto è improcrastinabile riposizionare la cabina di regia (un rassemblement di settore) di tutte le forze interessate all’impresa in quel di Brescia, ambito certo non marginale dell’economia nazionale. Ciò consentirà di reperire, coordinare ed ottimizzare le risorse in vista di una risposta esaustiva a tutti i bisogni di formazione utili al contesto. Se, come oggi accade, si lascia ad altre realtà la governance delle iniziative, difficilmente quelle esigenze troveranno adeguata soddisfazione. T


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DAL CONSIGLIO NAZIONALE

Sì alla progettazione e d.l. per gli impianti di riscaldamento nelle modeste costruzioni Vi proponianiamo un interessante pronunciamento del Consiglio di Stato a favore della Categoria sul tema della progettazione di impianti di riscaldamento, che entra nel merito delle competenze dei geometri, spesso non riconosciute.

resso Ministero r della Giustizia

Prot n° 0005192 del 08/05/2015 Serv. ER-PL Area DG-1 Assegnazione Rif. del Allegati: Come da testo

Ai sig.ri Presidenti dei Consigli dei Collegi dei Geometri e Geometri Laureati Ai sig.ri Presidenti dei Comitati Regionali Geometri e Geometri Laureati Ai sig.ri Consiglieri Nazionali Alla Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza Geometri Liberi Professionisti LORO SEDI

Oggetto: Sentenza Consiglio di Stato n. 2107/2015 – Competenza dei Geometri in materia di progettazione impianti di riscaldamento. Si trasmette, in allegato, la recente sentenza n. 2107/2015 con la quale il Consiglio di Stato, Sez. V – confermando quanto da tempo già sostenuto dal CNGeGL in considerazione dell'ordinanza T TAR Lombardia, sez. Milano, n. 260/03 – ha riconosciuto la competenza del geometra nella progettazione di impianti di riscaldamento. Il contenzioso in questione, pur sancendo un importante principio nella suddetta materia, è sorto, più precisamente, per una vertenza riguardante la verifica del fabbisogno energetico ed ha visto inizialmente contrapposti il Collegio Provinciale dei Geometri di Genova ed il Comune di Genova nonché, in qualità di intervenienti ad opponendum, i Consigli Nazionali degli Ingegneri e dei Periti Industriali. L'odierna pronuncia, in particolare: ì ribadisce che “la questione sostanziale oggetto del giudizio (le competenze) deve essere decisa su base esclusivamente normativa. Spetta infatti al legislatore espressamente i limiti di competenza di tipo generale rispetto a quelle tecnicamente più specifiche”; ì nel rilevare che il rinvio alle “rispettive competenze”, operato dalla L. n. 46/1990 (art. 6, co. I), riguarda i singoli ordinamenti delle categorie professionali coinvolte nell'ambito impiantistico – sancisce che, per quanto concerne i geometri, le loro competenze nella predetta materia “derivano da una competenza più genernle alla progettazione di edifici di ‘modesta entità’ e vanno quindi esaminate le disposizioni dell'art. 16, lett. m). del R. D. 11 febbraio 1929. n. 274. che abilitano il geometra ad operare nella progettazione, nella direzione e nella vigilanza di modeste costruzioni civili”; ulteriormente, tale rinvio è definito "del tutto aperto e privo di specifìcazioni o di esclusioni”. Nel medesimo pronunciamento, l'impianto di riscaldamento viene considerato, dunque, come parte essenziale della costruzione ed il geometra è ritenuto "... certamente abilitato a progettarne la realizzazione ... omissis così come a provvedere alla connessa verifica ... nell'ambito della progettazione complessiva, al pari dei numerosi altri impianti che la costruzione comporta, dato che la sua competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni della costruzione alla quale l'impianto di riscaldamento non può non commisurarsi.". A titolo di completezza, infine, ancorchè la sentenza in questione si riferisca alla L. n. 46/1990 vigente all 'epoca dei fatti, il principio "di simmetria"1 sancito nella pronuncia medesima rimane pienamente applicabile alla normativa cogente in materia. Con i migliori saluti IL PRESIDENTE (Geom. Maurizio Savoncelli)

1 V Vedi punto 10.8 della sentenza: “Si deve pertanto concludere nel senso che: – per un principio di simmetria, il geometra, così come può svolgere attività di progettazione, di direzione lavori e di vigilanza con riferimento a ‘modeste cosrruzioni civili’, puo anche presentare domande riguardanli la verifica di impianti di riscaldamento nelle medesime costruzioni”.

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DAL CONSIGLIO NAZIONALE

N. 0364 1/2007 REG.RIC.

N. 02107/2015REG.PROV.COLL. V N. 0364112007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA T IN NOME DEL POPOLO ITALIANO T Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3641 del 2007, proposto dal Collegio dei Geometri della Provincia di Genova e dal Presidente del medesimo Collegio signor Piccinelli Luciano [omissis]. contro Il Comune di Genova, [omissis]. nei confronti di L'Ordine degli Ingegneri della Provincia cli Genova [omissis]; Collegio Periti Industriali e Periti Ind. Laureati Genova [omissis]; e con l 'intervento di ad opponendum: Consiglio Nazionale degli Ingegneri [omissis]; Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati [omissis]; e per la riforma della sentenza del T T.A.R. Liguria, Genova, Sez. II n. 166/2006, resa tra le parti, concernente la non conformità della relazione tecnica sulla progettazione di un impianto riscaldamento; [omissis] FATTO e DIRITTO FA 1. – Il Collegio dei Geometri della Provincia di Genova e il suo Presidente in carica, geometra Luciano Piccinelli, appellano la sentenza del T TAR Liguria n. 166/2006, che ha dichiarato in parte infondato ed in parte inammissibile il ricorso per l'annullamento della nota 28 gennaio 2002, n. 4146, con cui il dirigente del Comune di Genova ha disposto la non conformità della relazione tecnica presentata dal geom. Piccinelli nell'ambito di una domanda in sanatoria di opere edilizie riguardante la verifica di un impianto di riscaldamento installato in un'abitazione. Tale atto è stato emesso poiché questo documento non è stato sottoscritto da un professionista (ingegnere o perito industriale) T abilitato alla redazione di progetti impiantistici, come richiesto, in base all'interpretazione sostenuta dal Comune, dall'art. 6, comma 1, della legge n. 46/1990 e dall'art. 4 del DPR n. 477/1991. 2. – La sentenza del T TAR ha ammesso l'intervento ad opponendum depositato dall'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Genova ed dal Collegio dei Periti industriali e dei Periti Laureati della Provincia di Genova, in quanto soggetti legittimati, perché mirano ad escludere i geometri e gli architetti dalla possibilità di realizzare dei progetti che, per l'atto impugnato, rientrano nell'ambito delle competenze professionali dei periti industriali e degli ingegneri. Con opposte motivazioni, il T TAR ha, altresì, ammesso l'atto di intervento ad adiuvandum dell'Ordine degli architetti della Provincia di Genova [omissis]. 3. – Ad avviso degli appellanti, la decisione del T TAR deve essere riformata per violazione del combinato disposto dell'art 28 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, dell'art. 6 della legge 5 marzo.1990, n. 46 e dell'art. 16 del R.D. 11.2.1929, n. 274, nonché per illogicità, apoditticità e difetto di motivazione. La sentenza sarebbe errata, in quanto si riferisce alla progettazione degli impianti termici, mentre nel caso in esame si discute della verifica del fabbisogno energetico di una unità immobiliare di civile IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 11


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abitazione, contrassegnata da 'indubbia modestia', sicché una tale attività rientrerebbe – a detta degli appellanti – nell'ambito delle competenze dei geometri, in quanto l'art. 16, lett. m), del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, abilita il geometra ad operare nella progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili. La tesi sostenuta è che un geometra è abilitato ad occuparsi dell'installazione di un impianto di riscaldamento, allorché si tratti di una modesta costruzione civile, posto che il bene di cui si tratta costituisce una mera pertinenza dell'immobile. La sentenza avrebbe inoltre errato nell'affermare che un conto è la progettazione di modeste costruzioni civili, altro è l'impiantistica termica, la quale, comportando l'applicazione dei principi della fisica, rientrerebbe unicamente nell'ambito delle competenze professionali di ingegneri e di periti industriali. Sul punto gli appellanti rilevano che la modificazione apportata ai piani di studio dei professionisti ricorrenti sarebbe tale da ampliare le loro cognizioni ad ogni profilo che riguardi l'edilizia, nei limiti di cui alla previsione dell'art. 16, lett. m), del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, con la conseguente acquisizione delle nozioni di fisica nel corso dei loro studi. Tali nozioni comunque non sarebbero necessarie per svolgere l'attività di verifica del fabbisogno energetico, che è operabile attraverso mere verifiche schematiche e tabellari. Inoltre la sentenza non avrebbe considerato che non esistono norme che escludono la competenza in questo campo dei geometri, come invece accaduto in altri campi, e che il d.P.R. n. 149 del 27 giugno 2013, in tema di certificazione energetica degli edifici, inserisce espressamente tra i tecnici abilitati i geometri: tale normativa non sarebbe innovativa, ma solo ricognitiva della precedente disciplina. Gli appellanti riproducono infine tutti i motivi di gravame già dedotti in primo grado. 4. – Il Comune di Genova, nella memoria depositata in data 19 dicembre 2014, si è difeso sostenendo l'erroneità della ricostruzione di controparte, in quanto sarebbe evidente che la questione di cui si discute riguarda specificamente l'attività di progettazione degli impianti termici. L'Amministrazione sostiene l'infondatezza del ricorso, in quanto dalla lettura dell'art. 28, comma 1, della legge n. 10 del 1991 si ricaverebbe che, a fronte della installazione, della trasformazione e dell'ampliamento di impianti di riscaldamento, si presuppone l'obbligo di redazione di un progetto da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle rispettive competenze (art. 6, comma 1, lettera c) della legge 5 marzo 1990, n. 46; art. 4 del d.P,R, n. 447 del 1991). L'Amministrazione appellata precisa che si tratta di nuovo impianto ed è da escludere che le attività di progettazione degli impianti termici siano da ricondurre alla sfera di competenza dei geometri, in ragione dell'affermata loro 'accessorietà' rispetto ai profili più propriamente edilizi. Non sarebbe condivisibile, infatti, la prospettata interpretazione estensiva della nozione di edilizia nel sistema di ripartizione delle competenze professionali derivante dal R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537, e si dovrebbero pertanto espungere dal settore di competenza dei geometri i lavori, le opere od in genere le attività che comportano le applicazioni della fisica, come previste dall'art. 54, comma 4, del citato regio decreto. L'art. 4 della legge 5 marzo 1990, n. 46, ha imposto la redazione di un'autonoma relazione tecnica per l'installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori ed ha con ciò scorporato concettualmente queste attività da quelle volte alla mera realizzazione della costruzione anche perché trattasi di attività strettamente connesse alla sicurezza degli impianti. La sentenza del TAR avrebbe poi correttamente rilevato l'attenzione posta dal legislatore al tema della sicurezza degli impianti, che impone di considerare gli stessi quali oggetto autonomo e distinto dall'opera muraria nel suo complesso, sicché andrebbe escluso che l'ordinamento professionale dei geometri consenta ad essi di porre in essere le attività richieste dalla legge a tutela della sicurezza, concernenti impianti termici. Andrebbe anche ritenuto che la competenza professionale di un geometra non può estendersi alla predisposizione ed alla vigilanza su quelle attività che si configurano come funzionalmente autonome rispetto alle opere tipicamente murarie e in particolare quelle che implicano l'utilizzo di vari principi della fisica. Altre considerazioni hanno riguardato l'insegnamento della fisica, che sarebbe insegnata ai 'futuri geometri' in modo embrionale, e soltanto per i primi tre anni dei cinque in cui si suddivide il corso di studi, per cui le esperienze di fisica a cui sono sottoposti gli aspiranti geometri non sarebbero tali da renderli atti alla progettazione ed alla vigilanza degli impianti di cui si tratta. Il Comune deduce la infondatezza dell'appello anche laddove ha ancorato la competenza dei geometri al dato quantitativo della 'modestia', della costruzione a cui accede l'impianto, perché l'art. 16 del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, laddove prevede che ai geometri spetti la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, andrebbe interpretato con riguardo al profilo edilizio, che non può estendersi fino ad includere lo svolgimento cli attività relative ad 'impianti', la cui istallazione, modifica o adeguamento, assume spiccati connotati tecnici ed ha formato oggetto di rigorosa e distinta disciplina da parte del 12 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3


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legislatore, al fine di assicurare la tutela del medesimo interesse della sicurezza delle persone. Con riferimento all'asserito vizio motivazionale del provvedimento, l'Amministrazione osserva che la motivazione era comunque comprensibile e che la natura necessitata del suo diniego rende irrilevante un eventuale vizio formale di carenza della motivazione. 5. – Con memoria depositata in data 23 dicembre 2014, gli appellanti hanno insistito per l'accoglimento dell'impugnazione. 6. – Con memoria depositata in data 24 dicembre 2014, l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Genova e il Collegio dei Periti industriali e dei Periti laureati della Provincia di Genova, intervenienti ad opponendum, assumono come assai dubbia la permanenza dell'interesse degli appellanti alla decisione del ricorso, in quanto la domanda di accertamento del diritto – proposta nel ricorso introduttivo e dichiarata inammissibile dal T AR per difetto di giurisdizione – non è stata riproposta in appello, mentre per quanto riguarda la domanda di annullamento sarebbe inverosimile ritenere che in più di 10 anni la vicenda oggetto del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato non abbia trovato idonea soluzione. Gli intervenienti asseriscono, inoltre, che l'appello ha censurato la sentenza impugnata solo in relazione al rigetto del primo motivo di ricorso, con la conseguenza che si debba ritenere che il secondo e il terzo motivo sarebbero stati rinunciati. 7. – Con memoria depositata in data 27 dicembre 2014, il Consiglio nazionale dei Periti industriali e dei Periti laureati, interveniente ad opponendum, oltre a sostenere l'infondatezza del ricorso, ne ha eccepito la improcedibilità per carenza di interesse, in quanto non è stata riproposta in appello l'azione per l'accertamento del diritto del geometra alla predisposizione della relazione tecnica per gli impianti in questione. Pertanto l'annullamento del provvedimento impugnato in primo grado sarebbe del tutto privo di utilità per gli appellanti, con conseguente illogicità della dichiarazione di interesse a seguito del ricevimento del decreto cli perenzione quinquennale. 8. – In data 30 dicembre 2014 sono state depositate le memorie di replica degli appellanti e del Comune di Genova, mentre in data 5 gennaio 2015 è stata depositata la memoria cli replica degli ordini professionali controinteressati. 9. – La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dcl 27 gennaio 2015. 10. – L'appello è in parte fondato e deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza appellata nei limiti di cui in motivazione. [omissis] 10.2. – Passando all'esame del merito, il Collegio ritiene che la questione sostanziale oggetto del giudizio deve essere decisa su base esclusivamente normativa. Spetta infatti al legislatore definire espressamente i limiti di competenza di tipo generale rispetto a quelle tecnicamente più specifiche. 10.3. – Vanno quindi valutati gli effetti del combinato disposto costituito dalla legge 5 marzo 1990, n. 46, e dagli ordinamenti professionali a cui rinvia in particolare l'art. 6, comma 1, della medesima legge, interpretato in modo opposto dalle parti nel presente giudizio: "Per l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli impianti di cui ai commi 1, lettere a), b), e), e) e g), e 2 dell'articolo 1 è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle rispettive competenze". 10.4. – Preliminarmente, va notato che tale comma si limita a prevedere la redazione di un progetto riferito alla installazione, alla trasformazione e all'ampliamento degli impianti e non alla loro progettazione. Pertanto la rubrica dell'articolo "progettazione degli impianti" deve essere interpretato secondo il contenuto della norma, che è assai più semplice e limitato. 10.5. – Delimitato l'ambito della questione, è determinante ai fini della sua soluzione la interpretazione della disposizione, che prevede la definizione delle caratteristiche professionali degli operatori dai quali il progetto deve essere necessariamente redatto. Tale disposizione rinvia in modo puntuale e inoppugnabile alle disposizioni che precisano la competenza per ciascuna categoria di professionisti, senza alcuna specificazione ed esclusione, prevedendo quindi che ai fini della installazione, della trasformazione o dell'ampliamento degli impianti il progetto possa essere redatto da ciascun appartenente alla singola categoria nell'ambito delle competenze già previste dai rispettivi ordinamenti. Ne consegue che la questione deve essere risolta per ciascuna categoria professionale all'interno del rispettivo ordinamento e secondo le logiche specifiche che lo informano. 10.6. – Per quanto concerne i geometri, deve essere quindi considerato che le loro competenze nella materia di cui al presente giudizio derivano da una competenza più generale alla progettazione di edifici di modesta entità'. Vanno quindi esaminate le disposizioni dell'art. 16, lett. m)., dcl R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, che abilitano il geometra ad operare nella progettazione, nella direzione e nella vigilanza di modeste costruzioni civili. Non vi sono ragioni per escludere che questa norma risponda al rinvio, del tutto aperto e privo di specificazioni o di esclusioni, operato dal soprarichiamato art. 6, primo comma, della legge 5 marzo 1990, n. 46, nei limiti del tipo di costruzioni considerate. L'impianto di riscaldamento deve infatti considerarsi una parte essenziale della costruzione e il geometra è, in mancanza di esplicite disposizioni contrarie, certamente abilitato a progettarne la realizzazione nell'ambito delle progettazione complesIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 13


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siva, al pari dei numerosi altri impianti che la costruzione comporta, dato che la sua competenza è anche tecnicamente delimitata dalle dimensioni della costruzione alla quale l'impianto di riscaldamento non può non commisurarsi. 10.7. – Non può considerarsi sufficiente a ricavare una indicazione contraria la previsione generale di cui all'art. 4 della più volte richiamata legge n. 46 del 1990, che ha imposto la redazione di un'autonoma relazione tecnica per l'installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di terra, di quelli che utilizzano il gas, degli ascensori. È al riguardo condivisibile la considerazione della parte appellante secondo la quale in altri casi vi sono norme che escludono espressamente la competenza del geometra, mentre ciò non avviene nel campo degli impianti termici, in quanto anche recentemente il d.P.R. n. 149 del 27.6.2013 in tema di affidamento della certificazione energetica degli edifici inserisce espressamente tra i tecnici abilitati i geometri. 10.8. – Si deve pertanto concludere nel senso che: – per un principio cli simmetria, il geometra, così come può svolgere attività di progettazione, di direzione e di vigilanza con riferimento a 'modeste costruzioni civili', può anche presentare domande riguardanti la verifica di impianti di riscaldamento nelle medesime costruzioni; – il provvedimento impugnato in primo grado risulta dunque viziato per violazione di legge e difetto di motivazione, poiché ha radicalmente ritenuto precluso che il geometra Piccinelli potesse presentare in sede amministrativa la domanda concernente la verifica dell'impianto di riscaldamento installato in un'abitazione, mentre avrebbe dovuto valutare se la progettazione dell'edificio oggetto della sua domanda rientrava o meno nelle sue competenze, e di conseguenza rientrava anche la medesima verifica. 10.9. – Le considerazioni che precedono risultano decisive per l'accoglimento dell'appello e, dungue, della domanda di annullamento formulata in primo grado. Risulta invece inammissibile la riproposizione della domanda di riconoscimento del diritto a svolgere le attività professionali in questione, per la quale il TAR ha affermato che non vi è giurisdizione del giudice amministrativo, senza che l'appello contenga una specifica contestazione al riguardo. 11. – In base alle considerazioni che precedono, l'appello deve essere in parte accolto e in parte dichiarato inammissibile e, di conseguenza, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado va in parte accolto, con conseguente annullamento del provvedimento comunale impugnato in primo grado. 12. – In base all'andamento dei due gradi del giudizio, le spese devono essere compensate tra le parti per entrambi i gradi. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 3641 del 2007, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte (e in parte lo dichiara inammissibile) e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso in primo grado ed annulla il provvedimento del Comune cli Genova, 28 gennaio 2002, n. 4146. Spese compensate per entrambi i gradi del giudizio. Dispone che il Comune di Genova rimborsi agli appellanti il contributo unificato effettivamente versato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati: Luigi Maruotti, Presidente Vito Poli, Consigliere Manfredo Atzeni, Consigliere Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 27 /04/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) 14 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3


DALLA CASSA DI PREVIDENZA

Sostenibilità e adeguatezza dei trattamenti

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Il presidente della CIPAG Fausto Amadasi durante l'incontro a Brescia.

Pubblichiamo i dati ricevuti dalla nostra Cassa previdenziale che il presidente Fausto Amadasi ha ripreso durante un incontro con gli iscritti che si è tenuto il 5 giugno a Brescia, presso l'Istituto “Tartaglia”.

Q

ual è la previdenza che ci aspetta? È per rispondere a questa domanda che la CIPAG ha realizzato una ricerca allo scopo di evidenziare gli effetti delle modifiche normative apportate nei suoi regolamenti sulle prestazioni pensionistiche di vecchiaia, vecchiaia anticipata e anzianità. E la risposta a questo interrogativo dimostra che il tradizionale modello di sostenibilità perseguito dalla

Cassa Geometri sta producendo i suoi frutti e che i giovani iscritti potranno contare sulla sicurezza di un adeguato tasso di sostituzione. A partire dal 2022, il montante contributivo comincerà ad essere implementato in parte da quello integrativo, attualmente interamente utilizzato per coprire il deficit previdenziale causato dal calcolo retributivo, per mantenere il tasso di sostituzione al 50%. Tutto questo mantenendo inalterate le garanzie del welfare integrato (Assistenza sanitaria integrativa, Long Term Care, pensione di inabilità, invalidità e maternità) a cui la Cassa destina circa 23,7 milioni di Euro. “Si tratta di un risultato importante – sottolinea Fausto Amadasi, presidente CIPAG – che ci permette di assicurare a tutti i nostri iscritti, in particolare i giovani, un futuro pensionistico in linea con gli standard europei”. Questa sostenibilità nasce da

Adempimenti dichiarativi e contributivi anno 2015 Ricordiamo che si può adempiere per l’anno 2015 agli obblighi contributivi scegliendo tra queste due modalità alternative: • come per gli ultimi anni, pagamento della contribuzione tramite delega F24 Accise secondo le scadenze e le dilazioni previste dall’Agenzia delle Entrate per il pagamento delle imposte dirette, compensando eventuali crediti fiscali con la contribuzione dovuta; • un’importante agevolazione, in via sperimentale per il 2015, prevede – a partire dal 1° giugno – la possibilità di determinare i contributi dovuti direttamente nell’area riservata del sito Web della CIPAG, inserendo i dati reddituali, e quindi rateizzare gli stessi in 10 rate di importo uguale con un interesse pari al 4% annuo, con la prima rata avente scadenza il 27 settembre 2015 e l’ultima il 27 giugno 2016. Questa modalità non consente di avvalersi della possibilità di compensare eventuali crediti fiscali con la contribuzione dovuta.

una gestione attenta esercitata nei 60 anni di attività della Cassa, decenni in cui ha fatto da apripista ad alcune innovazioni nel mondo della previdenza professionale: • Introduzione della busta arancione dal 1° febbraio 2013, che ora l’INPS si accinge ad introdurre, con 119.284 simulazioni effettuate; • Possibilità di compensare crediti fiscali con i debiti previdenziali grazie ad un accordo con l’Agenzia delle Entrate con un totale com-

Decaduto il Fondo Futura Per incarico del presidente Amadasi, si rende nota l’intervenuta decadenza del Fondo Pensione Futura per mancato raggiungimento della soglia minima di iscritti. Nei prossimi giorni gli aderenti al Fondo riceveranno apposita comunicazione sulle prerogative esercitabili a seguito del procedimento di liquidazione, fermo restando il riconoscimento a ciascun iscritto della facoltà di riscattare la propria posizione previdenziale ovvero di trasferimento presso altra forma pensionistica complementare. Ufficio di Presidenza CIPAG

pensazioni, dal 2011 al 2014, pari a circa € 66.290.000; • Attività di vigilanza su evasione/elusione contributiva con 1851 iscritti attualmente recuperati e con circa € 18.000.000 di accertato. Di questi temi Fausto Amadasi ha parlato nell’ambito delle giornate della previdenza di Napoli e durante l'incontro bresciano. Il Presidente non ha mancato di sottolineare la necessità di procedere ad alcune riforme per far decollare la previdenza complementare: “la più significativa è la modifica della legge Lo Presti affinché sia introdotta la possibilità di destinare una parte del proprio contributo integrativo alla Previdenza complementare (in analogia a quanto avviene con il TFR), oltre alla introduzione di modalità di adesione collettiva con il diretto di recesso e una migliore definizione delle regole di carattere generale. Valorizzare la previdenza complementare può fare la differenza in un futuro pensionistico ancora minacciato da molte incertezze”. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 15


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

È

veramente sconsolante dover prendere atto, ogni anno, della scarsa presenza di geometri professionisti alla “loro” assemblea annuale. Brescia, terzo Collegio di Italia con i suoi quasi 3.000 iscritti, non riesce a riunire all’assise più importante dell’anno più di 30-40 iscritti. Eppure le motivazioni per una loro partecipazione (in fondo si tratta di una volta all’anno) non mancano, se solo pensiamo a

Assemblea annuale 2015 degli iscritti al Collegio

quanto per loro potrebbe essere importante conoscere l’attività del Collegio e comprenderne le sue strategie, magari per tentare di favorirne un indirizzo diverso. Ma tant’è. Continuiamo a ripeterci ma la situazione ogni volta non cambia. Vediamo, in queste righe, di soffermarci sulle cose concrete e positive dell’attività del nostro Collegio di Brescia, così come sono emerse dall’assemblea del 28 aprile,

Situazione attuale del Collegio Iscritti all’albo al 28.04.2015

N. 2.895

Iscritti al registro praticanti

N. 435

Attività del Collegio Riunioni Consiglio Direttivo

N. 10

Riunioni Consulta Regionale

N. 7

Riunioni di redazione del “Geometra Bresciano”

N. 6

Commissioni del Collegio - Commissione agricoltura ed ambiente - Commissione amministratori immobiliari - Commissione catasto, topografia e territorio - Commissione consulenti tecnici e mediatori - Commissione edilizia sostenibile, efficienza energetica ed acustica in edilizia - Commissione estimo e valutazione immobiliari - Commissione prevenzione incendi - Commissione sicurezza - Commissione urbanistica ed edilizia - Comitato sviluppo comunicazioni - Gruppo esperti protezione civile

16 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

e di fare un breve resoconto di un’attività che agli atti risulta quantomeno poderosa e molto articolata sia sui suoi aspetti istituzionali (gestione uffici, commissioni, consiglio direttivo, internet, scuola, redazione giornale ecc.) sia su quelli più propriamente legati alla formazione professionale e all’attività degli iscritti (incontri formativi, seminari tecnici, corsi di perfezionamento, liquidazione parcelle, informative legisla-

tive ecc) che si è chiusa con un bilancio consuntivo considerevole, visto che ha comportato entrate per euro 1.242.231,18 ed uscite per euro 1.298.179,12. La relazione del presidente Platto, della quale presentiamo ampi stralci, oltre ad avere commentato la complessa attività del Collegio, ha posto la sua attenzione su questi quattro aspetti. Attività formativa. presso l’Istituto “Tartaglia” si sta svol-

Foto © Studio Eden

Bruno Bossini


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

Foto © Studio Eden

Alcuni momenti dell'assemblea annuale degli iscritti. Nella pagina precedente, un'immagine dei partecipanti. In questa pagina, la relazione del presidente Platto.

gendo, in collaborazione con il Collegio di Cremona, un corso di I.T.S. (Istituto Tecnico Superiore) che riguarda l’attività del geometra sull’impiantistica. Stanno emergendo alcune criticità di gestione con il Collegio partner che dovranno essere necessariamente corrette. Trasparenza degli atti. È un impegno sul quale il nostro Collegio si è già da tempo attivato, tenuto conto dell’importanza che questo tema

assumerà in un futuro prossimo, pur in mancanza delle linee guida che il Consiglio Nazionale ha promesso di deliberare e di divulgare presso Collegi provinciali. Post-diploma triennale. È un progetto, quello del proseguimento degli studi dopo la scuola superiore, che il Consiglio Nazionale ha già sottoposto ai competenti Ministeri, sui quali peraltro il ministro Giannini ha espresso, all’ultima Assemblea dei Pre-

sidenti, il suo appoggio che si ritiene potrebbe – attraverso un decreto governativo – andare in porto anche prima dei tempi previsti (ossia entro l’anno). Il Collegio di Brescia con la sua “idea” di Laurea del Geometra può ritenersi di fatto un precursore di questa nuova opportunità di acquisizione di professionalità da parte dei neo-geometri. Iscritti morosi nei confronti del Collegio e della Cassa Nazionale. Un tema molto

delicato, questo, che comincia ad avere le sue prime ricadute, visto che su “sollecitazione” del Consiglio Nazionale si è reso necessario sottoporre alcuni di essi all’esame del Consiglio di Disciplina. Un tema “che deve essere trattato – ha detto il Presidente – con molta cautela e raziocinio, visto che spesso l’origine delle inadempienze in questi tempi di crisi è riconducibile alle difficoltà economiche che la nostra categoria

Corsi di Preparazione agli Esami di Stato Corso preparazione Esami di Stato

% Abilitati

Esami di Stato Candidati ammessi

202

Candidati presentati

171

Esiti positivi

143

Esiti negativi

28 31

1° Corso c/o Ist. “T. Olivelli” Darfo (BS)

95%

4° Corso c/o Ist. “N. Tartaglia” Brescia

83%

2° Corso c/o Ist. “N. Tartaglia” Brescia

82%

3° Corso c/o Ist. “N. Tartaglia” Brescia

82%

1° Corso c/o Ist. “N. Tartaglia” Brescia

80%

1° Corso c/o Ist. “C. Battisti” Salò (BS)

79%

Non presentati

Non iscritti ai corsi

40%

% ABILITATI

84%

Attività di liquidazione delle parcelle Parcelle presentate nel 2014:

59

Parcelle liquidate nel 2014:

41 € 585.763,68

Totale importi liquidati:

€ 7.237,37

Contributi pagati al Collegio:

Borse di Studio Nel 2014 sono state erogate le Borse di Studio in memoria dei Geometri che hanno dato lustro alla categoria di Euro 1.500,00 per i candidati che hanno ottenuto il miglior punteggio per ciascuna delle tre commissioni d’esame del 2014.

Internet Con riferimento all’attività promossa tramite il sito internet www.collegio.geometri.bs.it si evidenzia una media, per l’anno 2014, di 900 visitatori al giorno.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 17


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

incontra insieme al mercato dell’edilizia”. Il Collegio farà quindi di tutto per aiutare coloro che mostrano un’effettiva volontà a risolvere la loro situazione, attraverso l’apposito capitolo di spesa da tempo previsto nel nostro bilancio preventivo. Si è poi proseguito con il consueto dibattito, nel quale io stesso ho avuto modo di esprimere la mia preoccupazione sul vistoso calo di iscritti agli istituti per Geometri (l’Istituto “Levi” di Sarezzo e l’“Antonietti” di Iseo avranno grosse difficoltà a formare le classi prime, per il prossimo anno scolastico) al quale occorre portare rimedio, e l’impegno dovrà necessariamente essere assunto dagli apparati scolastici in sinergia con le iniziative sulla formazione che sono parte integrante della vita professionale del nostro Collegio. La collega Lazzari, che ben conosciamo per il suo impegno nei confronti della scuola, ha posto invece l’accenno sulla “assoluta necessità di ritorno alla denominazione di Geometra, in quanto l’attuale denominazione CAT continua purtroppo ad ingenerare confusione presso coloro che devono scegliere l’indirizzo scolastico superiore, quasi alimentando l’idea che la professione del geometra sia di fatto sparita”. Nadia Bettari, cui resta in capo la gestione della Commissione Sicurezza è intervenuta sul tema dei “crediti formativi” obbligatori per la formazione continua e sulle sanzioni che dovrebbero gravare su coloro che non si attengono 18 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

agli obblighi di formazione, “regole non ben chiarite dalle disposizioni sull’argomento emanate dal Consiglio Nazionale”. Il collega Gianmarchi del distretto di Chiari ha infine toccato gli argomenti legati all’attività formativa di “Orientando”. Un aspetto da lui messo in luce è quello relativo al fatto che la scuola media non intende dare

spazio alla collaborazione che il nostro Collegio offre ogni anno su questo tema “in quanto secondo i dirigenti la medesima opportunità dovrebbe poter essere data anche a tutte le altre professioni”. Questo per una sorta di par condicio, dovuta al fatto che le altre categoria professionali non sono giunte ad attivare proposte di collaborazione come la nostra.

Dopo un’ampia relazione da parte del tesoriere Giuseppe Bellavia, supportato dal revisore dei conti Silvio Maruffi, che hanno esplicitato l’ingente attività finanziaria del nostro Collegio in tutti i suoi aspetti, l’assemblea si è chiusa con l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo con il voto positivo di tutti i presenti e un solo astenuto. T

Formazione professionale obbligatoria continua 34 Corsi di formazione ed aggiornamento professionale gestiti ed organizzati dal TOT. ORE 1.156 Collegio:

TOT. PARTECIPANTI 1.238

TOT. CREDITI 12.202

22 Seminari e Convegni di formazione ed aggiornamento professionale gestiti ed TOT. ORE 84 organizzati dal Collegio:

TOT. PARTECIPANTI 2.586

TOT. CREDITI 6.234

25 Corsi riconosciuti dal Collegio per TOT. ORE 722 l’attribuzione CFP:

TOT. PARTECIPANTI 248

TOT. CREDITI 2.456

79 Seminari riconosciuti dal Collegio per TOT. ORE 322 l’attribuzione CFP:

TOT. PARTECIPANTI 3.229

TOT. CREDITI 6.355

Progetto LIBRO BLU UTENTI REGISTRATI: n° 305 Il “Progetto LibroBLU”, a cui gli iscritti hanno accesso gratuito, è stato creato per: - Rispondere alle esigenze dei Professionisti nell’ambito della stima degli immobili. - Fornire uno strumento che operi in modo: - Attendibile (a partire dalla sua impostazione concettuale); - Preciso (in grado di ridurre la “forbice” nella stima degli immobili); - Puntuale (grazie alla capillarità della sua diffusione sul territorio, in termini di numero e dislocazione delle fonti dei dati); - Accreditato (grazie alla collaborazione con la categoria dei Geometri iscritti al proprio Albo Professionale); - Un valido ausilio a tutti gli operatori del settore, non in contrasto bensì a garanzia delle Competenze Professionali degli stessi. - Per ottenere le credenziali di accesso è necessario inviare una P.E.C. alla Segreteria del Collegio.


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

Notizie utili Le agevolazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie. Interventi di risparmio energetico e antisismici INTERVENTI PER IL RISPARMIO ENERGETICO (DETRAZIONE IRPEF/IRES) Oggetto dell’agevolazione • Interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici Importo massimo della detrazione • dal 6-6-2013 fino al 31-12-2015 = interventi per la riduzione del fabbisogno energetico di edifici esistenti: 100.000 euro; interventi riguardanti pareti, finestre (compresi gli infissi) su edifici esistenti: 60.000 euro; installazione di pannelli solari. 60.000 euro; sostituzione di impianti di climatizzazione invernale: 30.000 euro; dal 1-1-2016 = si applicano le regole ed i limiti sugli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie. Misura della detrazione (dall’imposta lorda) • dal 6-6-2013 fino al 31-12-2015 = 65% • dal 1-1-2016 = 36% INTERVENTI ANTISISMICI (DETRAZIONE IRPEF/IRES) Oggetto dell’agevolazione • Specifici interventi su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità Misura della detrazione (dall’imposta lorda) • fino al 31-12-2014 = 65% • dal 1-1-2015 al 31-12-2015 = 50% • dal 1-1-2016 = 36%

Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione • fino al 31-12-2015 = 96.000 euro • dal 1-1-2016 = 48.000 euro

RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE (DETRAZIONE IRPEF) Oggetto dell’agevolazione • Per le singole unità immobiliari residenziali: interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia • Per le parti comuni di edifici residenziali: interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia • Realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, eliminazione di barriere architettoniche, bonifica dell’amianto, opere per evitare infortuni domestici interventi per prevenire atti illeciti, cablatura edifici ecc. Misura della detrazione (dall’imposta lorda) • dal 26-6-2012 fino al 31-12-2015 = 50% • dal 1-1-2016 = 36% • dal 1-1-2016 = 36%

Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione • dal 26-6-2012 fino al 31-12-2015 = 96.000 euro • dal 1-1-2016 = 48.000 euro Fonte: Confedilizia, Ufficio Studio

Mutui, nel 2015 una netta ripresa E l'immobiliare ora riparte (da "Il Giornale di Brescia", 31 maggio 2015)

12 10 8

Miliardi di euro

6

Pubblichiamo l'andamento delle erogazioni di mutui immobiliari che – come si vede – risultano in netto miglioramento, facendo ben sperare in una prossima ripresa anche dell'attività edilizia.

4 2 0 2012

2013

2014

2015

Anno

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DAL COLLEGIO DI BRESCIA

Ancora sul vincolo idrogeologico

Con l'articolo di Giuseppe Zipponi titolato “Vincolo idrogeologico, addio...” pubblicato sul numero 01/2015 avevamo voluto, con una “forzatura” giornalistica, significare che le incombenze su tale vincolo – nell'attuazione di una meritoria procedura di semplificazione delle pratiche edilizie, e solo nel caso di interventi non interessanti il suolo boschivo – erano “passate” dalle Comunità Montane alle Amministrazioni Comunali e, di fatto, sparite. Una novità, questa, non di poco conto, visto che gran parte della nostra provincia ricade sotto il vincolo citato. Quattro Comunità Montane (Valle Camonica, Sebino Bresciano, Valle Trompia e Parco Alto Garda Bresciano) ci hanno inviato le loro precisazioni sul tema, chiedendoci di pubblicarle. In esse si ribadisce tra l'altro la loro comprovata competenza sulla materia e si auspica che i comuni, spesso non ancora preparati alla gestione di tali compito, possano continuare ad avvalersi della loro collaborazione, stipulando apposite convenzioni. D'accordo con il collega Zipponi, non abbiamo difficoltà a pubblicare le precisazioni ricevute, augurandoci che la nostra iniziativa rappresenti un passo decisivo per un dialogo fattivo tra le realtà pubbliche e professionali che si trovano a confrontarsi quotidianamente con il provvedimento in questione a favore dei cittadini. COMUNITÀ MONTANE BRESCIANE Valle Camonica – Sebino Bresciano – Valle Trompia Parco Alto Garda Bresciano

Prot. N. 3493 5/2-3

Gardone V.T. 13/05/2015 Gent. mo sig. Direttore del periodico IL GEOMETRA BRESCIANO

11 Maggio 2015 Oggetto: Precisazioni sul tema del Vincolo Idrogeologico, con riferimento a vostro articolo a pag. 77 del numero 1/2015. A seguito della lettura dell’articolo in oggetto ci è parso opportuno dover richiamare l’attenzione su alcuni aspetti forse sottovalutati della questione e formulare alcune doverose precisazioni. A maggior considerazione del fatto che la vostra rivista si rivolge ad un lettore specializzato, il titolo dell’articolo (“Vincolo idrogeologico, addio…”) appare innanzi tutto piuttosto fuorviante ed inappropriato: com’è facilmente verificabile le recenti disposizioni di legge regionale non hanno eliminato (né avrebbero avuto l’autorità per farlo) il vincolo idrogeologico, che è previsto da normativa statale che risale al 1923 e che francamente tutte le notizie di cronaca e le testimonianze dei Geologi e della Protezione Civile dell’intera nazione ci ricordano essere di stringente e costante attualità. Quello che è cambiato in Lombardia sulla materia riguarda solo la competenza al rilascio e la natura del titolo di autorizzazione, che risulta prevalentemente trasferito in capo ai comuni, ed inglobato all’interno del rilascio dei titoli edilizi principali. Tale innovazione normativa ha tuttavia lasciato inalterato tutto un insieme di corollari collegati, tra i quali l’aspetto 20 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

sanzionatorio ed il tema della trasformazione del bosco, che restano nelle competenze delle Comunità Montane per quanto nella maggior parte dei casi si presentino contestuali al vincolo idrogeologico, finendo per mandare i Comuni in un grave imbarazzo operativo, in quanto: - la maggior parte del territorio dei comuni appartenenti alle Comunità Montane è sottoposto a vincolo idrogeologico, con percentuali che variano dal 70 al 90%, e generalmente più della metà della loro superficie è boscata, circostanza di difficile verifica da parte di Comuni, in assenza di tecnici forestali; - nel corso degli anni l’Ente Comunità Montana ha acquisito una rilevante competenza professionale in materia idrogeologica, che purtroppo manca sia ai Comuni che alle Unioni dei Comuni, che peraltro risultano privi di figure professionali idonee (geologiche e forestali); - Comuni ed Unioni risultano già gravati da numerose e sempre crescenti incombenze procedurali che rischiano di vanificare il necessario controllo e la prevenzione sui territori con rilevanti situazioni di criticità idrogeologica. Poiché dunque l’obbligo della verifica della documentazione presentata dal cittadino non è stato cancellato da nessuna norma, e la prassi quotidiana dimostra purtroppo che tale verifica risulta del tutto necessaria, ai Comuni non resta che la duplice alternativa: attrezzarsi con competenze nuove per svolgere l’attività che da decenni hanno svolto le Comunità Montane (con presumibile aumento di costi per la pubblica spesa), oppure convenzionarsi con queste ultime al fine di delegare l’attività istruttoria delle pratiche, con ogni legittimità del caso sancita ai sensi degli articoli 28, 30 e 42 del Tuel n. 267/2000 e della L.R. 19/2008 e s.m.i., pur rilasciando direttamente gli atti di competenza come previsto dalle nuove norme. Si rileva che – anche in questa occasione, come già per molteplici altri casi – l’ente Comunità Montana risulta svolgere un ruolo di soccorso alle difficoltà operative dei comuni e pertanto da questi direttamente sollecitata, con il risultato di aiutarli a garantire al cittadino un servizio puntuale e competente, in luogo di un probabile vuoto di controllo, che – ci auguriamo – non sia l’auspicio di nessun tecnico, amministratore o semplice cittadino di buon senso. Il passaggio delle pratiche in fase istruttoria tra i due enti diversi (Comune e Comunità Montana) non deve destare nessuna preoccupazione circa un presunto allungamento dei tempi, poiché le nostre Comunità Montane hanno da tempo avviato un percorso per digitalizzare i procedimenti edilizi: l’informatica consentirà quindi di sviluppare questi passaggi in tempo reale, senza nessun aggravio né di tempi né di costi. Nell’invitare la vostra testata a dare adeguato riscontro a questa nota nell’interesse dei vostri competenti lettori, si richiama l’opportunità che il reciproco rispetto tra professionisti ed enti della pubblica amministrazione conduca a far si che non si debba scadere in commenti che possano urtare la reciproca sensibilità. Distinti saluti Presidente Comunità Montana Valle Camonica Oliviero Valzelli

Presidente Comunità Montana Sebino Bresciano Paola Pezzotti

Presidente Comunità Montana Valle Trompia Massimo Ottelli

Presidente Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano Davide Pace

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 21


DAL COLLEGIO DI BRESCIA

Gara di tiro al volo ad Artogne

Foto © Studio Eden

Corrado Martinelli

S

abato 30 maggio presso il campo di tiro “TAV Lovere di Montecampione”, nel comune di Artogne, si è svolta la tradizionale gara di tiro al volo organizzata in collaborazione con il Collegio Costruttori e gli ordini professionali degli Ingegneri e Architetti della provincia di Brescia. L’amico architetto Beppe Anguissola, ottimo tiratore, oltre ad aver proposto la nuova location, ha coordinato e organizzato, con grande impegno e precisione, le batterie di tiro. La gara, svoltasi in un clima di assoluta cordialità e sincera amicizia, è stata animata da uno spiccato spirito agonistico e la concentrazione dei concorrenti non è sicuramente mancata durante le sezioni di tiro in fossa olimpica e nel percorso di caccia in pedana. Non mi sembra corretto pubblicizzare la classifica in quanto tutti i partecipanti, con la sola presenza, ne sono usciti vincitori, essendo loro stessi gli attori che hanno dato origine e permesso di concretizzare un importante momento d’incontro. La manifestazione, oltre a generare parentesi ludo-conviviali piacevolissime, agevola e consolida, attraverso lo sport, i rapporti di amicizia e, non meno importanti, le occasioni di confronto professionale sfocianti spesso in preziosi consigli che aiutano ad elaborare ponderate possibili soluzioni alle tante perplessità e agli innumerevoli dubbi che quotidianamente il nostro lavoro ci riserva. 22 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Dopo le premiazioni, durante le quali non sono venuti meno i consueti e rituali scatti fotografici testimoni del lieto evento, presso il bar-ristoro del campo di tiro, seduti davanti ad una tavola imbandita di ogni tipo di leccornia locale (ottimi lo spiedo e il salmì di cervo) l’affiatamento e l’allegria hanno preso il sopravvento e, tra le tante risate frutto di battute di “alta comicità”, ahimè, la bellissima giornata è volta al termine. Con la speranza che la manifestazione venga perpetuata negli anni futuri con una più massiccia partecipazione attiva che possa coinvolgere in modo particolare i giovani iscritti, un grazie a tutti i partecipanti e un arrivederci all’anno prossimo! A nome di tutti, un “grazie di cuore” al nostro presidente Giovanni Platto che in sordina, con grande sacrificio e spirito di abnegazione, riesce – dopo aver assolto gli innumerevoli impegni istituzio-

nali e gestionali che il Collegio Geometri gli riserva – a trovare il tempo per stimolare e mantenere vivi questi eventi di sport e di aggregazione. T

Dall'alto. Foto di gruppo. Un momento della gara.

Cena sociale e premiazioni Il 12 giugno scorso, presso il ristorante “Corte Francesco” di Montichiari, si è tenuta la consueta cena di gala del Collegio, durante la quale sono stati premiati i colleghi che hanno raggiunto i 40/50/60 anni di attività professionale. Ve ne daremo ampia cronaca nel prossimo numero della rivista.


DAL COLLEGIO XXXXXXXXXXXXX DI LODI Pierluigi Defendenti Silvana Malusardi

L’agricoltura del futuro: stazione dimostrativa per sistemi produttivi di piccola scala

La città di Lodi, grazie al Parco Tecnologico Padano, ospita uno dei progetti Expo 2015, denominato “Demo Field Agricolture of Tomorrow”. Il progetto che vi illustriamo (qui a lato ne pubblichiamo la pianta), proposto da Parco Tecnologico Padano e promosso con la partecipazione di diversi enti locali, è stato concepito nell’anno 2013 e successivamente avviato anche grazie all’attività professionale di due geometri lodigiani, Pierluigi Defendenti e Silvana Malusardi, con studio in Lodi. Nell’estate 2014, il P.T.P. ha incaricato lo studio stesso di seguire le pratiche amministrative afferenti al progetto lodigiano per Expo 2015, relativo ad una stazione dimostrativa per sistemi produttivi di piccola scala, costituita da un rilevato artificiale coltivato ed irrigato con tecniche improntate al risparmio idrico ed energetico, con un utilizzo efficiente dell’acqua, dell’energia e del suolo per la sostenibilità agricola e la sicurezza alimentare. Defendenti e Malusardi, Progettisti e Direttori dei Lavori, si sono occupati della pratica amministrativa ottenendo preliminarmente dal Comune di Lodi il parere favorevole della Commissione per il Paesaggio, circa la Valutazione di Impatto Paesaggistico (15/09/2014), e successivamente presentando la Denuncia di Inizio Attività per la realizzazione dell’opera (03/10/2014). La seguente relazione descrive l’intervento, le finalità, le caratteristiche tecniche e gli obiettivi.

L

a sfida della sicurezza alimentare e il territorio lodigiano La crescita della popolazione mondiale sta imprimendo una forte pressione sulle risorse naturali disponibili per le produzioni alimentari: acqua, energia, terra arabile. Per nutrire il pianeta diviene sempre più necessario modificare il modo in cui tali risorse sono utilizzate in agricol-

tura. L’efficienza è già oggi una delle chiavi principali per combattere la scarsità d’acqua, l’insufficienza di cibo e in ultima istanza la povertà. Essa può essere raggiunta solo con un forte investimento in ricerca e innovazione e un’adeguata disseminazione delle migliori pratiche per garantire livelli di produttività elevati e sostenibili nel lungo periodo. Questa è la sfida lanciata da EXPO. Il Cluster della ricerca agroalimentare di Lodi, sito a soli 50 chilometri da Rho-Pero, vede protagonisti CNR, CRA, Università di Milano e Fondazione Parco Tecnologico Padano (PTP), che da oltre dieci anni lavorano insieme su questi temi. Congiuntamente alle istituzioni territoriali Comune, Provincia e Camera di Commercio di Lodi, il Cluster di Lodi ha promosso nel novembre 2013 attraverso la firma di un protocollo d’intesa “Lombardy Demonstration Initiative – LoDI2015”, un progetto che raccoglie tutte le iniziative avviate in ottica EXPO 20151. Tra queste, il PTP, coordinatore scientifico di LoDI2015, ha sviluppato “Agriculture of Tomorrow: Demo Plot for Smallholder Production Systems”, una stazione dimostrativa pensata per declinare la IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 23


DAL COLLEGIO DI LODI XXXXXXXXXXXXX

complessità delle sfide globali con l’obiettivo di presentare ai visitatori le realtà produttive del sistema agroalimentare italiano e le tecnologie d’avanguardia per un’agricoltura sostenibile. Il progetto fa da ponte tra EXPO e la realtà agricola lombarda, favorendo l’incontro “in campo” tra settore privato, mondo della ricerca, istituzioni pubbliche italiane e Paesi presenti all’Esposizione Universale. L’obiettivo della stazione dimostrativa è quello di presentare agli operatori del settore e al grande pubblico come cambierà l’agricoltura, attraverso una mostra tematica in campo, un ciclo di seminari e altre iniziative digitali. La stazione dimostrativa si basa sull’innovazione nell’uso della risorsa acqua, utilizzando la forza di gravità e l’energia solare per irrigare una distesa di terreno attraverso ali gocciolanti. Il terreno ospiterà colture di mais, riso, soia, sorgo, orticole e frutta, mostrando le tecnologie disponibili per ottimizzare le produzioni minimizzando l’uso degli input agrotecnici. A partire dai contenuti della stazione dimostrativa si organizzerà un ciclo di seminari dedicati ai diversi aspetti della sostenibilità. Tali iniziative saranno composte da una parte teorica e una parte pratica in campo. Esse saranno promosse in tre lingue (italiano, inglese e francese) attraverso canali tradizionali e canali digitali con l’obiettivo di raggiungere la più ampia platea possibile. Il progetto Agriculture of Tomorrow: Demo Plot for Smallholder Production Systems è un progetto didattico, tecnico e scientifico di disseminazione di buone pratiche per un’agricoltura sostenibile in condizioni di risorse scarse. Il suo obiettivo è quello di promuovere durante il semestre EXPO le tecnologie e le tematiche sviluppate in una stazione dimostrativa adiacente la sede del Parco Tecnologico Padano. Qui sono simulate su piccola scala le condizioni produttive di alcune delle principali colture alimentari in diversi contesti agronomici. In particolare, sono simulati contesti di terreni ripidi e marginali, realtà caratterizzate da scarsità d’acqua, assenza di energia elettrica o gasolio per azionare motori diesel, scarsa disponibilità di mezzi agricoli. La stazione ospiterà inoltre piccole parcelle di colture orticole e frutticole di grande importanza economica per l’Italia, coltivate e gestite in collaborazione con aziende di breeding e del settore vivaistico. Questa iniziativa si inquadra nell’ambito della sicurezza alimentare su scala internazionale, approcciando diverse questioni relative a come si può produrre cibo in quantità e qualità sufficiente per i fabbisogni della popolazione mondiale, concentrandosi non solo sull’agroindustria di grande scala ma anche e soprattutto sui piccoli produttori. L’assunto socio-economico di base è infatti che in molti Paesi densamente abitati – soprattutto in Asia e in Africa – anche l’agricoltura famigliare o di comunità/villaggio sia chiamata a 24 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

produrre più cibo e in maniera più efficiente di quanto si faccia oggi. Ciò è possibile, grazie a tecniche disponibili ma ancora poco o male distribuite. La diffusione di tecnologie a basso costo, integrate su piattaforme informatiche e quindi consultabili e operabili attraverso smartphones e tablets, risponde anche ad un’altra questione cruciale proveniente dai Paesi emergenti, e cioè la capacità dell’agricoltura di essere e rimanere attrattiva per le giovani generazioni, magari come secondo lavoro in ambito peri-urbano. Il filo conduttore tra tutte le parcelle agricole è il sistema irriguo per gravità con ali gocciolanti. Questo è possibile sfruttando la pendenza di un terrapieno artificiale alto 4 metri, largo 40 metri e con una pendenza del 20%, con un invaso alla sua sommità da cui si diramano gli impianti di irrigazione. Ad azionare il sistema un gruppo di pannelli fotovoltaici in grado di alimentare l’invaso attraverso una pompa idraulica posizionata in una vasca che riproduce le condizioni di un pozzo. Le parcelle sono visitabili attraverso dei vialetti introdotte da pannelli fissi che illustrano le tecniche utilizzate per soddisfare al meglio le esigenze fisiologiche delle varie colture. I sistemi sono integrati con tecnologie informatiche di sensoristica e mobile communication. Tutte le comunicazioni sono in italiano, inglese e francese. L’obiettivo è presentare innovazioni, approcci e tecnologie in grado di garantire alte rese agricole e una gestione sostenibile delle risorse ambientali, con vantaggi quali: • ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua per l’irrigazione; • efficienza di distribuzione dei fertilizzanti attraverso gli impianti di irrigazione a goccia con conseguente risparmio delle quantità applicate e ottimizzazione della loro resa; • riduzione del carico di lavoro manuale grazie alla minima lavorazione del terreno; • possibilità di prescindere dall’energia elettrica e dal gasolio per disporre e gestire l’acqua per l’irrigazione; • riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dall’allagamento dei campi nella risicoltura tradizionale, grazie a nuove tecniche agronomiche per la produzione di riso (riso irrigato a goccia)2; • possibilità di utilizzare l’impianto di fertirrigazione per allestire un piccolo vivaio di colture orticole da trapiantare in campi contigui una volta raggiunta lo stadio vegetativo corretto. Dal 1 maggio 2015 il sito sarà visitabile per l’intero semestre EXPO. In questo periodo sono previsti dieci incontri tecnici di natura seminariale sui principali temi dell’agricoltura del futuro e la sostenibilità delle produzioni alimentari dal punto di vista agronomico, economico e ambientale. Obiettivi del progetto Il progetto intende valorizzare il tessuto agricolo e il potenziale turistico della provincia lodigiana durante il semestre


DAL COLLEGIO XXXXXXXXXXXXX DI LODI Da sinistra, in senso orario. Rendering della stazione dimostrativa. Dettaglio delle coltivazioni. Dettaglio delle coltivazioni e del terrapieno. Dettaglio della stazione dimostrativa.

EXPO, favorendo la creazione di relazioni internazionali, investimenti, incontri di natura commerciale e tutto il possibile indotto generato da un vasto pubblico di visitatori e turisti. In particolare, gli obiettivi del progetto Agriculture of Tomorrow: Demo Plot for Smallholder Production Systems sono di natura: • scientifica: favorire le partnership tra Università, Centri di Ricerca e aziende private italiane e straniere, coinvolgendo i Paesi aderenti all’EXPO, le rispettive istituzioni e gli operatori delle filiere agro-zootecniche; illustrare i risultati dei progetti di ricerca e sviluppo in corso o già finalizzati; creare le condizioni per progetti di ricerca futuri;

• istituzionale: predisporre e coordinare occasioni di incontro tra istituzioni italiane/europee e operatori economici sui temi dell’agricoltura e della zootecnia; • commerciale: favorire l’incontro tra operatori delle filiere agro-zootecniche con clienti e partner italiani e stranieri; • cooperazione internazionale: organizzare eventi su tematiche specifiche delle filiere agro-zootecniche nei Paesi emergenti, con rappresentanti istituzionali, centri di ricerca, Università, Fondazioni bancarie, Organizzazioni Non Governative • didattica: favorire la conoscenza da parte dei visitatori IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 25


DAL COLLEGIO DI LODI XXXXXXXXXXXXX Piano attività seminariali Agriculture of Tomorrow: Demo Plot for Smallholder.

Piano attività seminariali “Agriculture of Tomorrow: Demo Plot for Smallholder” Organizzazione e logisitica

11-mag 21-mag

Irrigazione localizzata e salute delle piante; fertilizzanti idroLa rivoluzione dell’irrigazione a goccia: Visita alla stazione dimostrativa (45 m.); solubili di nuova generazione; trend nella genetica vegetale; una risposta alle necessità delle piante seminario (3h); pranzo; visita di campo (2 h) sistemi di produzione e distribuzione di sementi in PVS;

11-giu

Per una frutticoltura sostenibile

25-giu

Tecnologie per un’agricoltura efficiente e sostenibile di picco- Visita alla s.d. (45 min.); seminario (3h); Acqua e Agricoltura in Africa: produrre lo scala; utilizzo sostenibili di terreni marginali per la produ- pranzo; web conf. con Paesi EXPO seleziodi più con meno zione di cereali e oleaginose nati

16-lug

Gestione di un campo di riso irrigato a goccia; il controllo Visita s.d. (45 min.); web conf. con l’India Il riso irrigato per la Sicurezza delle infestanti; utilizzo sostenibili di terreni marginali per la (1,5h); seminario (1,5h); pranzo; approfonAlimentare (parte uno) produzione di cereali; impatto ambientale del riso irrigato vs. dimenti scientifici risaia tradizionale

06-ago

Visita alla stazione dimostrativa con semina del mais (1h.30m); seminario (2h); conferenza stampa (30 m); pranzo; visita a un’azienda agricola con mais irrigato a goccia (1h 30m)

Efficienza nell’utilizzo dell’acqua in agricoltura; semina su sodo; sistemi di pacciamatura biodegradabili; tipi e usi di L’agricoltura di piccolo scala nel future: macchinari agricoli in paesi emergenti; l’utilizzo dei terreni produrre di più con meno marginali per la produzione di alimenti; integrazioni tra agricoltura e Information Technology

L’orticoltura in campo aperto

03-set

Temi

Visita s.d. (45 m); seminario (1h30m); visita Tecnologie per le produzioni orticole in Sistemi di fertirrigazione; sistemi di riscaldamento e de-umialle serre di un’azienda agricola del ambiente protetto dificazione in serra; Lodigiano (1h.30m)

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17-set

Titolo

gestione di un campo di riso irrigato a goccia; utilizzo sosteVisita s.d. (45 min.); web conf. con l’India Il riso irrigato per la Sicurezza nibili di terreni marginali per la produzione di cereali; raccolta (1,5h); seminario (1,5h); pranzo; approfonAlimentare (parte due) e post raccolta; caratteristiche nutrizionali del riso irrigato; dimenti scientifici impatto ambientale del riso irrigato vs. risaia tradizionale

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08-ott

Data

La trasformazione nel settore frutticolo Raccolta e post raccolta (industria)

22-ott

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Irrigazione a goccia per aumentare l’efficienza e la sostenibiL’agricoltura di piccolo scala nel future: Visita s.d. (45m); seminario (3h); pranzo; lità dell’agricoltura; utilizzo di terreni marginali; impatti ecoloprodurre di più con meno networking & matchmaking gici; integrazioni tra agricoltura e Information Technology

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Visita alla s.d. (45 m.); seminario (3h); pranGestione di un frutteto; selezione delle varietà; sistemi di zo; visita di campo (Stazione sperimentale irrigazione; integrated pest management; frutticoltura Università di Milano) (2 h)

Visita s.d. (45 m); seminario (3h); pranzo; La filiera del pomodoro da industria; gestione di un campo e visita in campo + industria del pomodoro sistemi di irrigazione, fertilizzazione e protezione delle piante (3h)

dell’EXPO della realtà lodigiana e lombarda nel settore agro-zootecnico. Destinatari del progetto Il progetto si dirige da un lato al settore agro-alimentare in senso ampio, nazionale e internazionale, e dall’altro ai visitatori dell’EXPO, interessati a conoscere in maniera diretta un polo agro-zootecnico a pochi chilometri da Milano in grado di 26 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Visita s.d.(45 min.); seminario (3h); pranzo; visita a un’industria della trasformazione di frutta (2h)

ben rappresentare le caratteristiche produttive della pianura lombarda. Per la sua posizione privilegiata e la facilità di accesso da Milano, il Lodigiano è in condizione di ricevere parte del flusso di turismo di giornata e dei visitatori che arriveranno a Milano in occasione dell’EXPO. Più specificamente, è possibile identificare tra i target dell’iniziativa: • Imprese: produttori agricoli, allevatori e associazioni di rife-


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rimento; industria della trasformazione lombarda e nazionale; produttori e allevatori stranieri; aziende dei Paesi presenti all’EXPO • Istituzioni: delegazioni dei Paesi presenti all’EXPO; Autorità e istituzioni locali, nazionali e comunitarie • Ricerca: centri di ricerca e istituti universitari italiani ed esteri attivi nel settore agro-alimentare, ambiente e energia • Turisti, visitatori e famiglie: in visita ad EXPO potranno usufruire di una serie di percorsi turistici in grado di offrire una esperienza completa ed appagante, facilmente raggiungibile dal sito espositivo e connessa al tema della manifestazione Collaborazioni Il progetto vede la condivisione di tutti i soggetti sottoscrittori del Protocollo per la costituzione del Comitato promotore Lodi 2015 (come riportati in nota). Più nello specifico, i partner del progetto chiamati a svolgere un ruolo specifico: • Camera di Commercio di Lodi • Comune di Lodi • Provincia di Lodi • Università degli Studi di Milano • Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA) • Consiglio Nazionale per le Ricerche (CNR) Oltre ai centri di ricerca e alle istituzioni del territorio lodigiano, il progetto prevede la partecipazione di alcune aziende private attive nel settore dell’irrigazione a goccia, delle pompe idrauliche e delle energie rinnovabili, della genetica vegetale, dei fertilizzanti. La collaborazione con il settore privato è fondamentale per tre ragioni: assicura un tasso di competenza tecnica di livello internazionale; permette di allargare il target di visitatori e realizzare azioni focalizzate su alcuni specifici paesi o aree geografiche partecipanti all’EXPO; permette di co-finanziare l’allestimento della stazione dimostrativa. Specifiche tecniche Il progetto prevede la formazione di una collinetta (diametro mt. 40,00 per un’altezza di mt. 4,00) propedeutica alla realizzazione di una stazione dimostrativa per sistemi produttivi di piccola scala. Si segnala che l’opera è da considerarsi temporanea e non definitiva in quanto legata ad Expo 2015 ed, eventualmente, ad un periodo successivo sempre a scopo dimostrativo, con la finalità di presentare agli operatori del settore ed al grande pubblico l’innovazione in ambito agricolo attraverso una dimostrazione tematica in campo. Le lavorazioni prevedranno quanto segue: • approntamento del cantiere, opere provvisionali, appresta-

• • • • • • •

• • • • • • • •

menti igienico-assistenziali, segnaletica ed adempimenti specifici nel rispetto di quanto disposto dalla normativa vigente, compreso smobilizzo a fine lavori; primo intervento di livellamento superficiale su tutta l’area; asportazione della coltre superficiale con accatastamento della stessa in loco (solo per l’area interessata dalla realizzazione del dosso artificiale); posa in opera di materiale inerte (di cui saranno indicate provenienza e caratteristiche ad inizio lavori) per la formazione del dosso artificiale compresa la sagomatura; riporto e ri-sagomatura della coltre superficiale accatastata in cantiere; posa in opera di geotessile non tessuto nelle aree di camminamento; formazione di vialetti perimetrali (larghezza cm 80) mediante la posa in opera di ghiaietto drenante reso finito, spessore cm 5/8; formazione di vialetti perimetrali (larghezza cm 80) mediante la posa in opera di ghiaietto drenante reso finito, spessore cm 5/8, compresa la formazione di gradonature di accesso al dosso in legno; assistenza alla realizzazione di linea illuminazione e di alimentazione dei servizi ipotizzati; assistenza alla realizzazione di linea acqua potabile per alimentazione vasca accumulo; posa gazebo in telo per ricezione visitatori; n° 10 pannelli fotovoltaici necessari per alimentare l’invaso (posto in cima al dosso) attraverso una pompa idraulica; realizzazione di una vasca (mt. 1,00 x mt 1,50 x mt 2,00 h) che riproduce le condizioni di un pozzo; posizionamento di un contenitore finalizzato all’invaso d’acqua in cima al dosso artificiale; formazione di colture di mais, riso, soia, sorgo, orticole e frutta sul dosso artificiale ed ai piedi dello stesso e sui tre orti; ripristino dello status quo ante. T

Note 1 Hanno aderito al programma le seguenti realtà: Camera di Commercio di Lodi; Comune di Lodi; Provincia di Lodi; Parco Tecnologico Padano; Università degli Studi di Milano; Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA); Consiglio Nazionale per le Ricerche (CNR); Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emila Romagna; Confartigianato Imprese; Unione Artigiani e Imprese; Confcommercio; Ascom del Basso Lodigiano; Confagricoltura; Federazione Coldiretti; Confederazione Italiana Agricoltori; Associazione Industriali; Confapi; Assimpredil Ance; Consorzio Lodi Export; Associazione Lodigiana per la Cooperazione Internazionale (ALCI Lodi). 2 Nel caso del riso, l’irrigazione a goccia apre una frontiera di importanza capitale per i Paesi asiatici in considerazione delle proiezioni di crescita demografica e delle locali abitudini alimentari. In questo caso l’occasione dell’EXPO permetterà all’Italia e al mondo risicolo italiano di posizionarsi in prima linea e approfondire uno dei principali temi della sicurezza alimentare dei prossimi decenni.

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I GEOMETRI ALL’EXPO DI MILANO ATTORI FONDAMENTALI PER LA CRESCITA E LA DIFESA DELL’AMBIENTE

Geometri e ambiente non è mai stata una dicotomia, anzi. Tra la nostra professione e la difesa dell’ambiente, la sua salvaguardia e la crescita armonica del connubio tra l’uomo e la natura, c’è un nesso profondo e vitale: l’investimento di ogni sapere per consentire alla società, a ciascuno dei suoi membri, di vivere con pienezza, comodità e rispetto in ogni territorio. Per questa ragione i geometri si sono sentiti immediatamente coinvolti nell’Expo milanese che sta animando l’estate italiana con una serie di eventi e di contenuti riassunti dal titolo “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Un coinvolgimento che negli anni scorsi e nei mesi immediatamente precedenti l’inaugurazione del primo maggio è passata per il tramite delle progettazioni dei padiglioni e delle infrastrutture, delle direzioni lavori, dei cantieri della grande esposizione milanese, e che in queste settimane che terranno viva sino ad ottobre la grande kermesse si può meglio tradurre nella condivisione delle riflessioni, dei contenuti, dei progetti che da quest’assise mondiale stanno emergendo. E il Consiglio Nazionale, attraverso la Fondazione Geometri, ha colto l’occasione di dare piena visibilità al ruolo della categoria non solo e non tanto nella realizzazione dell’Expo, ma proprio nelle riflessioni e nelle progettualità che i geometri sentono di poter offrire alla società da consapevoli e tecnicamente preparati attori per la crescita e la difesa dell’ambiente. Da qui è nata l’idea di bandire un concorso tra tutti gli iscritti all’Albo e i praticanti per la presentazione di progetti, studi, realizzazioni e prototipi che dessero testimonianza della peculiare capacità del geometra di rispondere alle sfide poste alla base di Expo 2015, quelle del futuro dell’umanità, dalla sconfitta della fame ad un più

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equilibrato e virtuoso rapporto con quanto ci circonda. Al concorso, che scadeva a febbraio hanno partecipato poco meno di 360 soggetti, ed una giuria di colleghi ed esperti li ha valutati individuando non solo i tre da premiare con un assegno, ma pure un buon numero di progetti meritevoli d’essere portati ad Expo. Si tratta di una settantina di contributi, progetti, studi, idee e realizzazioni anche molto diversi fra di loro che danno però una dimostrazione di come la categoria vuole contribuire alla soluzione dei problemi posti dallo slogan “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, garantendo in questo modo anche una vetrina di forte impatto mediatico ai geometri italiani. E tra i progetti esposti a Milano ce ne sono cinque proposti e realizzati da geometri bresciani. Per questa ragione, iniziando proprio da questo numero della nostra rivista pubblichiamo un piccolo “dossier Expo” con le relazioni, i disegni, le fotografia, in una parola gli elaborati tecnici dei cinque colleghi della nostra provincia segnalati dalla giuria del concorso. In questo numero i primi due: quello d’impronta artistica e con l’apporto decisivo della fotografia del geometra Pierluigi Cottarelli dal titolo “Confettura del Garda”, e quello più tecnico del geometra Mario Lombardi che si è occupato di una innovativa progettazione d’un ospedale per Emergency in una zona poverissima del Brasile, qual è Picos Piauì. Trova spazio nel dossier anche un significativo lavoro progettuale dal titolo “Dal giardino dei semplici, all’orto di oggi, verso il planetary garden” che i futuri geometri del “Capirola” di Leno (quelli delle classi 2^3^-4^) hanno proposto al concorso bandito dalla Regione Lombardia in occasione appunto di Expo che ha ottenuto il 4° premio regionale e il 1° premio provinciale. T


Geometri in Expo Ciclo di incontri "Sviluppo sostenibile: cultura, ambiente, società. I Geometri per la qualità della vita" Il Consiglio Nazionale dei Geometri orgnizza una serie di incontri che si terranno, nell'ambito di EXPO, da maggio ad ottobre 2015 presso la Galleria Meravigli (Via Meravigli, 3 - Milano). 21 maggio 2015 – ore 09.30 Dalla progettazione igienica degli ambienti alla qualità in tavola 23 giugno 2015 – Riuso: nuove forme di fruizione urbana e rurale, partecipazione e relazioni sociali 21 luglio 2015 – Oltre l'efficienza: la nuova sfida della sostenibilità sarà far dialogare il costruito con l'ambiente La partecipazione è gratuita, è richiesta l'iscrizione on line, all'indirizzo www.cng.it / Formazione / SINF / eventi a partire dal 2015 / area privata geometra / Offerta formativa, dove saranno pubblicate ulteriori informazioni e aggiornamenti sull'iniziativa

Il progetto dell'Albero della vita, il monumento simbolo di Expo che svetta di fronte al Padiglione Italia, ideato da Marco Balich e realizzato da un consorzio di aziende bresciane.

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PIERLUIGI COTTARELLI

FOTOGRAFIA TRA PENSIERO E IMMAGINE Mariacristina Maccarinelli, curatrice dell'evento "Confettura dal Lago di Garda"

Il progetto artistico di Pierluigi Cottarelli nasce dal pensiero, da un idea precisa e determinata in sé, si sviluppa poi strutturalmente, in maniera articolata, coinvolgendo ambiti differenti delle arti visive e giunge infine alla semplicità semantica e simbolica dell’istallazione Confettura dal Lago di Garda. Sui differenti livelli e significati indagati dall’artista, all’interno del progetto, si basa l’intera mostra ospitata sull’Isola del Garda. Si è pensato dunque di approcciare l’opera in maniera analitica, quasi scientifica, per riuscire così a far emergere nella loro essenza individuale le parti che ne compongono la sostanza… e lo si è fatto a ritroso, partendo dall’Uno per arrivare al Tutto. Pensando al percorso proposto al visitatore, infatti, si è posta come prima opera l’istallazione, la sintesi ultima dell’artista. Si incontrano poi via via, in luoghi differenti, i singoli elementi che partecipano al tutto ma che isolati nella loro identità, mostrano una notevole forza significante, scenica ed emozionale. La mostra dunque si prefigge di accompagnare il visitatore attraverso i molteplici livelli di lettura dell’opera. Il lago di Garda. Sin dall’antichità il lago di Garda è stato meta prediletta di poeti, scrittori ed artisti. Virgilio, Catullo, Dante, Stendhal, Goethe, D’Annunzio, Klee ne hanno cantato e raffigurato le meraviglie dei paesaggi e dei colori. Ma “il paesaggio non è semplicemente il mondo che vediamo, esso è una costruzione, una composizione di quel mondo. Il paesaggio è un modo di vedere il mondo”1, l’affermazione del geografo Cosgrowe, trovo sia in sintonia con l’originale ricerca artistica di Pierluigi Cottarelli. A partire dalla metà degli anni Sessanta e in particolare dalla prima arte concettuale, le

relazioni tra arte e geografia si sono sviluppate in fitte e molteplici direzioni. Francesco Tedeschi in Il mondo ridisegnato sviscera il tema delle relazioni tra arte e geografia e “come l’arte contemporanea, in particolare, rifletta un genere di corrispondenze che si situano a livello del ‘pensiero geografico’, oltre che delle forme di rappresentazione dell’’ordine del mondo”2. Questo viene fatto innanzi tutto attraverso la geografia visiva e cioè la cartografia. Le carte, nell’arte, diventano oggetto simbolico o metaforico, oppure “modello di procedimenti analitici e apparentemente descrittivi”3 costituendo l’origine di un’indagine che può svilupparsi in svariate tipologie di scambio tra arte e geografia. Campo d’azione artistica può restare il territorio stesso, come luogo aperto e ambiente autonomo o come sfondo neutro ad interventi poliedrici. Infatti, l’artista, nato e cresciuto a contatto con il paesaggio lacustre, ha sviluppato naturalmente un forte legame con l’acqua, fonte di vita e di ispirazione. La conformazione fisica del lago quindi rappresenta il punto iniziale della ricerca artistica di Cottarelli alla quale unisce un’indagine storico politica che viene superata attraverso le fasi progettuali dell’opera. Come prima cosa individua, sulle sponde del lago, 24 località/ comuni che diventano il campo d’azione in cui operare, in cui individuare gli scenari più idonei per le fotografie. Lui stesso spiega: “Ho scelto di circumnavigare il lago attraverso 24 comuni (come le 24 ore di un orologio) e per ogni comune ho scelto una struttura alberghiera che avesse una terrazza vista lago”. La scultura. La scultura in acciaio corten rappresenta sim2 F. Tedeschi, Il mondo ridisegnato. Arte e geografia nella contemporaneità, Vita e Pensiero, Milano 2011.

1 D.Cosgrowe, Realtà sociali e paesaggio simbolico, Unicopli, Milano 1990 (ed. or. 1984).

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Ibidem.


A partire dalla metà degli anni Sessanta e in particolare dalla prima arte concettuale, le relazioni tra arte e geografia si sono sviluppate in fitte e molteplici direzioni

In questa e nelle pagine seguenti, una selezione delle immagini che compongono l'opera del collega Pierluigi Cottarelli.

bolicamente le tre differenti identità regionali del lago di Garda che si identificano con le tre sponde: quella veronese, quella trentina e quella bresciana. L’unità dell’opera è data dall’unione dei tre singoli elementi scultorei che puntualizza Cottarelli: “si toccano ad una estremità e dall’altra si muovono in tre direzioni completamente differenti”. La geometria della composizione e il rigore costruttivista della forma contrastano con l’immagine fluida e sfaccettata della geografia del lago. I tre elementi scultorei, apparentemente, appaiono come forme massicce, piene, ma al loro interno vi è la leggerezza dei fori che rompe la conformazione materica della composizione plastica. La fotografia. Negli anni Sessanta inizia l’utilizzo del termine “concettuale” applicato alle arti visive che nella fotografia in particolare si esprime attraverso il binomio foto/testo, riprendendo un atteggiamento che già era

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http://www.geometrinexpo.it Pierluigi Cottarelli prende il diploma di geometra nel 1994 presso la scuola “Cesare Battisti” di Salò (BS) e, nel 1999, si diploma anche in “Tecnico per la Conservazione dei beni Architettonici” presso la scuola ENAIP di Botticino (BS). È Iscritto all’albo dei geometri di Brescia dal 2001 e vive e lavora a Puegnago del Garda (BS). Per cinque anni ha lavorato nel campo del restauro,occupandosi sia diagnostica strutturale, sia di restauro di affreschi/pale d’altare in chiese e in monumenti nazionali. Nel 2005 decide di rimettersi in gioco con l’onorato lavoro del geometra di paese. Nel 2008 inizia un lungo percorso (ancor oggi in atto) dedicandosi alla pura progettazione architettonica nei bandi di concorsi di idee, ambito che gli è già valsa una pubblicazione sulla nostra rivista (n. 5/2009). Contemporaneamente si avvicina al mondo della fotografia, intesa come strumento creativo al servizio dell’espressione personale. Ha partecipato al Concorso indetto dalla Fondazione Geometri Italiani con il progetto Confettura dal Lago di Garda, che sarà installato e visibile al pubblico sull’isola del Garda dal 8 giugno al 18 ottobre (per info www.isoladelgarda.com). Due i temi proposti dal bando che il progetto ha messo in luce: • conservazione e creatività: prendendo spunto dal prezioso archivio “Negri” di Brescia, che documenta oggi, a distanza di un secolo, le architetture e le disposizioni spaziali degli edifici / alberghi dell’epoca, Cottarelli esegue una sua interpretazione concettuale dell’archivio stesso, rivisitandolo in forma creativo-artisticae presentando 24 scatti su 24 strutture alberghiere di 24 comuni che circoscrivono il lago di Garda. • riqualificazione urbana e rurale: un aspetto, questo, che è parte del dettaglio dell’inquadratura, che evidenzia i contenuti materiali delle 24 terrazze (ovvero 24 pavimentazioni diverse, 24 ringhiere diverse, 24 linee prospettiche delle forme geometriche delle terrazze). Inoltre i 24 scatti mettono in evidenza (come nell’archivio Negri) 24 “quinte scenografiche” del Lago, del territorio, a volte troppo urbanizzato ma soprattutto rurale.

presente in alcune Avanguardie storiche agli inizi del Novecento. Per Duchamp infatti l’oggetto prelevato dalla realtà e una fotografia possono avere il medesimo significato o la medesima funzione, come spiega chiaramente Adriano Altamira “la fotografia interessa all’artista come documento oggettivo e non rappresentazione oggettiva e in ciò acquisisce il proprio valore artistico”4. Lo stesso atteggiamento lo troviamo in Pierluigi Cottarelli. Gli scatti documentano oggettivamente ciò che l’artista mette in scena. Dalle 24 fotografie bianco e nero emerge una forte componente teatrale. L’artista sceglie infatti di eseguire gli scatti dalle terrazze delle strutture alberghiere coinvolte durante le ore in cui viene servita la colazione (dalle 9.00 alle 11.00 del mattino), pone la scultura, con la sua carica simbolica, sopra un tavolino ricoperto da tovaglia e ferma in un istante eterno l’immagine: sullo sfondo il lago sempre diverso. Come diversi sono i cieli che svelano le condizioni climatiche del momento. Non vi è volontà estetizzante, non è presente alcuna manipolazione dell’immagine ma anzi l’utilizzo della pellicola Polaroid invece del digitale, rimarca la ricerca di verità della fotografia nonostante la costruzione scenografica. Negli apparati sono stati inseriti i provini scattati con la polaroid, testimonianza-reportage del viaggio reale e onirico dell’artista, che attraverso i colori restituiscono le atmosfere del tempo e del luogo vissuto nelle location. L’installazione. Dal titolo appaiono evidenti e riconoscibili rimandi di matrice dadaista-surrealista: il gioco del pensiero, l’ironia, le associazioni improbabili, il paradosso visivo, in particolare penso agli oggetti artistici come Colazione in pelliccia del 1936 di Meret Oppenheim. Anche Cottarelli gioca a 4 A.Altamira, introduzione alla mostra Gli anni ‘70 lo sguardo, la foto, Galleria Civica di Modena, Nuova alfa editore,1993.

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confezionare immagini come fossero marmellate e come la marmellata contiene necessariamente vari ingredienti, così le immagini sono l’unione di più elementi indispensabili al gusto dell’opera. Confettura dal Lago di Garda si compone di 24 vasetti di vetro, simili a confetture, abbelliti da tappi, come spiega l’artista: “artigianalmente curati con rivestimento in carta paglia con scritta manuale del progetto e chiusi con la raffia naturale. Come sigillo dell’opera creativa, l’etichetta con la location fotografata e il luogo. Le pellicole originali Polaroid professionali 665 con cui ho eseguito gli scatti sono state scansionate e stampate in formato 4 x 5 inc su supporto pvb, spessore 1 mm, per essere poste all’interno dei barattoli di vetro”, diventando il contenuto della confettura. I vasetti sono esposti su un semplice supporto composto da mensole che ricorda un atmosfera domestica, intimista. La terrazza del Palazzo è diventata la location del venticinquesimo scatto il quale appare carico di storia, di atmosfere retrò, come se il tempo si fosse fermato, fosse sospeso tra passato e presente. Cottarelli cattura il luogo e il tempo del pensiero e concettualmente, l’opera trova, nel centro del lago sull’Isola del Garda, il luogo più idoneo per manifestarsi in tutta la sua potenzialità evocativa lasciando al visitatore l’opportunità di scoprire l’originalità della visione e del pensiero dell’artista, nelle meraviglie naturali dell’Isola. Il video. Attraverso il video l’artista ci fornisce testimonianza del proprio io, racconta la propria visione dell’arte, e il suo personale rapporto con la fotografia. I 24 scatti divengono, quindi, strumento di viaggio, reale ed immaginario, grazie al quale lo spettatore potrà guardare e conoscere con occhi diversi il Lago di Garda. Attraverso l’opera di Pierluigi Cottarelli si coglie l’unità e l’essenza del paesaggio lacustre, cadono i confini geografici e storici del territorio, linee invisibili e immateriali che corrono sull’acqua. T


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MARIO LOMBARDI STUDIO PRELIMINARE DI UN OSPEDALE PER EMERGENCY DA REALIZZARE IN BRASILE Mario Lombardi

Presentazione L’impegno che si è assunta Emergency di collaborare al progetto del governo brasiliano “Fome Zero” per realizzare un ospedale in una regione del nord-est ha riacceso l’entusiasmo dei miei anni giovanili, quando come volontario ho dedicato oltre tre anni alla realtà della regione amazzonica di quel Paese . Mi sono dunque messo a lavorare per sviluppare un’idea originale ed economica per realizzare una struttura ospedaliera adeguata a quelle realtà sociale e climatica. Il risultato di questo studio è in questo fascicolo di elaborati grafici allegati che in forma schematica danno visibilità a queste idee che vogliono essere un contributo ai progetti importanti di Emergency, non solo in Brasile. Relazione Tecnica Le caratteristiche principali di questo progetto ruotano attorno all’idea di razionalizzare le strutture e gli spazi per rendere più funzionale il lavoro ospedaliero di medici, inferr mieri e personale di supporto, perché pensati per una moderna concezione del lavoro e della degenza dei ricoverati. È nata così la isola attrezzata di forma esagonale-regolare che concentra in poco spazio l’insieme degli impianti tecnologici e servizi propri di ogni testata di posto letto per degenze ospedaliere. Questa particolare forma permette di posizionare i letti a raggiera creando così più ampi spazi operativi e di servizio intorno ad ogni letto i cui degenti in queste posizioni godono all’interno della sala anche di una maggiore privacy con meno possibilità di influenzarsi e/o disturbarsi a vicenda. L’insieme della sala con al centro l’isola attrezzata forma un modulo con sei posti letto e adeguato locale per i servizi igienici.

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Dai dati progettuali si è ricavato che he e il lato di questo qu modulo esagonale non deve essere inferiore fe ai 5.00 0 ml., ml , ma può essere aumentato a discrezione ne e se si vuole avere re u uno spazio maggiore tra la parete della sala sa al ed il fondo dei letti. ett Da notare inoltre che all’interno errn della citata isola esi e esiste uno spazio dove con leggere e divisorie d si ricavano o dei d riposti rip gli-guardaroba (0,60 mq. q. circa) per ogni letto e che c diven div tano accessibili solo sp spostando po il comodino odino del lletto etto oc che naturalmente deve essere sser del tipo montato ato su rotelle. rote le. L’insieme di 6 di questi ti moduli chiude il disegno egn geome eom trico con forma stellare, determinando de così un reparto rep rto di 36 posti letto che unitamente e al a modulo centrale funge ge da necessario presidio infermieristico s st per le attività, l’assistenza asss e la vigilanza del reparto, formando orr così nell’insieme ell’ il blocco di reparto. Si è previsto che, dato il clima con on n temperature ure tropicali t e la natura dei reparti che prevedono o degenze d e non n completamente “allettate” (Ostetricia,Ginecologia, ologia, Pediatria o Pe e Traumatologia), fosse utile creare, in armonia monia con c le figure geometriche risultanti, degli spaziosi porticati accessibili comodamente da ogni modulo, da utilizzare zzar come zona relax, come zona pranzo per i pazienti enti non costretti a letto e per ricevere la visita dei parenti senza nza che questi q invadano corridoi e spazi interni dell’ospedale, ale, in quant quanto il flusso può avvenire dal marciapiede esterno erno perimetrale perimetr tr a tutti i blocchi. Dalle planimetrie allegate si può ò notare l’insieme modulare dell’edificio che sorge attorno ad una zona centrale che denominiamo “A” (il cuore logistico gistico dell’osped dell’ospedale), cosi che si possano avere uno, due, tre re o quattro blocchi rispettivamente per 36, 72, 108 o 144 posti osti letto per piano. Da notare che la particolare forma geometrica del


Razionalizzare le strutture e gli spazi per rendere piĂš funzionale il lavoro ospedaliero di medici, infermieri e personale di supporto, perchĂŠ pensati per una moderna concezione del lavoro e della degenza dei ricoverati.

Inn questa e nelle pagin pagine seguenti,, alcuni stralci del progetto di edificio ospedaliero del collega ollegaa Mari Mario ario Lomb Lombardi.

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“Spett.le Fondazione Geometri Italiani Ho trovato interessante questa Vostra iniziativa per far conoscere le potenzialità dei geometri italiani in occasione dell’EXPO 2015 e siccome in un capitolo del Concorso ho trovato anche la voce “Cooperazione”, mi sono ricordato di un mio progetto elaborato nel mio studio con la collaborazione di mio figlio Enrico (al tempo ancora studente all’Istituto per Geometri di Brescia “Tartaglia”) e ideato per la costruzione di un Ospedale, che la famosa o.n.g. italiana Emergency aveva offerto al Brasile come propria e concreta collaborazione in occasione del progetto umanitario “Fome Zero” (Fame zero) lanciato dall’allora neoeletto presidente Lula. Questo accordo di collaborazione tra Emergency e le istituzioni Brasiliane preposte alla gestione del nuovo ospedale per vari motivi di ordine amministrativo e politico, non è mai andato in porto e quindi questo progetto è rimasto solo nell’archivio del mio studio senza poter sfruttare le innovative idee in esso contenute. [...] Intendo sottoporre al Vostro giudizio questo lavoro nell’ambito del capitolo “Cooperazione tra popoli e mondi di realtà diverse” con l’obiettivo di dare un prezioso contributo funzionale, moderno ed economico alla progettazione di edifici per la salute pubblica”. Mario Lombardi

nucleo centrale “A” permette di dilatarne le superfici fino a trovare la dimensioni ottimali richieste dalle specifiche esigenze ( da studiare e sviluppare con l’e equipe medico-chirurgica preposta), per ricavarvi tutti quei servizi sanitari, logistici e di supporto necessari alla tipologia dei reparti ed al numero previsto dei posti letto complessivvi. Per contenere comunque le dimensioni del corpo “A” si pu uò benissimo pensare di realizzare anche un piano interrato dove possono essere situati il reparto cucina, lavanderia, loca ali dei servizi tecnologici e della manutenzione, spogliatoi per il perr sonale, laboratori di analisi e radiografici ecc. Altra considerazione da fare riguardo alla modularità descritta, è che questo progetto permette la gradualità della realizzazione in blocchi distinti sia per numero che per piani. Per quanto concerne gli aspetti strutturali, si è pensa ato ad un reticolo di pilastri in ferro, putrelle comuni o a se ezione tubolare, da posizionarsi nei vertici e al centro degli esago oni dei moduli, in modo da creare una adeguata struttura per il tettto e/o per un sistema a più piani, uniti ai vertici da opportune tra avi che consentono quindi la copertura od il sovrastante primo piano. Le pareti interne ed i tamponamenti laterali, la struttura del tetto ed il relativo manto di copertura, devono essere prrevisti e scelti sia in base alla qualifica della manodopera locale nel settore costruzioni, sia alla disponibilità dei materiali facilmente reperibili in loco, prestando particolare attenzione alle condizioni climatiche del sito (temperaturra, direzione dei venti prevalenti, piogge, esposizione solare, umidità ecc.), ed a quelle logistiche (fonti energetiche dispo onibili, presenza e quantità di acqua di falda o di superficie, posiizione urbanistica del sito, ecc. ecc.).

Conclusioni Da a notizie ricavate da alcuni siti internet ne riguardan riguardanti la situazione one sanitaria dello ello stato brasiliano del Piauì si d desume che l’esistente sistente ospedale pedale a pubblico p di Picos il “Just “Justino Luz”” con n una a capacità di circa 120 1 posti letto occupa tr tra medicii (72), infermieri fermieri e personale ersonale ausiliario un totale raggu ragguardevole ole di 446 dipendenti. Inoltre, a de detta della l diretora direto Ca Carlota Lima Vieira, lo V o stabile è vetusto, degradato radato e con notevo no notevoli carenze logistiche. stich he. La soluzione uzione progettuale qui proposta, essendo essen m modulare, permetterebbe anche di concentrare i posti letto propermette messi da Emergency con i 120 dell’esistente,, adotadottando ando la soluzione zione dei de tre blocchi su due piani che come m risultato ultato danno no un totale to di 216 posti letto, in modo che e il tutto utto funzionii in un’unica un’u e razionale onale struttura stru ospedaliera edaliera con c on tutti i benefici economici e sinergici che ch possono po ono derivare a da questa scelta, offrendo inoltre la possibilità possib tà di d costruire l’immobile in modo graduale ed a tappe prestabilite e programmate. T


Gli esagoni regolari si possono unire per ricoprire porzioni di piano senza lasciare spazi vuoti: per questo motivo sono ideali per costruire tassellazioni stante l'uso efficiente di spazio e di materiali da costruzione che tale forma consente.

Una camera-tipo. mera raa

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IL “GIARDINO DEI SEMPLICI” SIGNIFICATIVO RISULTATO FORMATIVO ALL'ISTITUTO “CAPIROLA” DI LENO Bruno Bossini

L’Istituto “Capirola” di Leno da tutti riconosciuto tra quelli più eccellenti della nostra provincia per la sua attività didattica, continua a fare parlare di sé sopratutto per le sue performance in tema di formazione professionale dei futuri geometri iscritti ai suoi corsi scolastici, dimostrando ogni volta di prendere molto sul serio il suo “impegno” per quelli fra loro che si stanno avvicinando al mondo del lavoro. Non più tardi di un anno fa era salito alla ribalta per la sua esemplare organizzazione del “Campionato italiano per geometri” per affrontare il quale erano convenuti a Leno i migliori 60 studenti del corso geometri selezionati su tutto il territorio nazionale. Quest’anno, ed è quello che vogliamo commentare in questo servizio, per un progetto consultabile su internet sul sito della scuola www.lenoschools4expo.netsons.org che ha ottenuto il 4° posto assoluto regionale al Concorso indetto dal Provveditorato agli Studi della Lombardia sui temi del cibo e dell’alimentazione adottati dall’EXPO 2015 che è stato inaugurato a Milano il 1° Maggio 2015. “Dal giardino dei semplici, all’orto di oggi, verso il planetary garden”: è questo il titolo del lavoro premiato realizzato da 6 classi dell’Istituto (le 2° C-D, le 3° A-B e le 4° A-B) per Geometri – con il concorso dell’Istituto Comprensivo, progetto che ha anche ottenuto il 1° premio a livello provinciale. Come tutti ben sanno, Leno e tutto il suo limitrofo comprensorio – con l’operosità dell'Abbazia Benedettina (ora quasi del tutto scomparsa) e quindi a partire dal ‘200 d.C. e sino al secolo 18° – hanno avuto enorme importanza per tutto il territorio del bresciano, distinguendosi nello studio e nel perfezionamento, oltre che delle attività agricole, anche

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della coltivazione delle erbe e delle piant proprio dall’esperienza degli orti botanici n vità prosperavano, i giovani futuri geometr hanno approfondito tutte le tematiche di ta cole con particolare attenzione alla coltiva piche erbe mediche come la camomilla e il ti doci dati storici, geologici e chimici. Il risultato di tale impegno professionale è costituito da un excursus che partendo dai tempi passati arriva all’oggi e si spinge nel domani nell’idea di proporre una speranza per una futura efficace alimentazione a sostegno dei paesi sottosviluppati e della fame del mondo. Per motivi di spazio non possiamo che un significativo stralcio del progetto, rimandando chi volesse approfondire il tema ad una visita al sito sopra citato. La cerimonia di presentazione ha visto l’intervento dei docenti cha hanno coordinato il progetto, la professoressa Graziella Freddi ed il professor Piero Forlani, e di tutti i rappresentanti delle classi che hanno sviluppato le varie tematiche del poderoso impegno progettuale. Alla conclusione dei lavori c’è stata anche la premiazione di 3 studentesse del “Capirola” per il video da loro realizzato nell'ambito di un bando di concorso. • a Vittoria Pratesi e Alessia di Roberto, è stato assegnato il premio CIPAG • a Veronica Rossi, quello del Collegio dei Geometri di Brescia Ricordiamo, in conclusione, che l’Istituto d’Istruzione Superiore “Capirola”, rispetto ad altri Istituti Tecnici bresciani che si vedono purtroppo “costretti” ad un ridimensionamento d’iscrizione delle loro prime classi, continua invece


Dall'alto. Planimetria quotata del progetto Orto Labirinto. Un momento della cerimonia di presentazione del progetto “Dal giardino dei semplici, all all’orto orto di oggi". oggi . Sotto. La premiazione delle tre studentesse che hanno realizzato il video da parte del consigliere del Collegio Paolo Fappani e della dirigente Ermelina Ravelli.

a garantirsi per il prossimo anno almeno 2 prime classi di 20 iscritti cadauna. Che sia questo un ulteriore riconoscimento del costante impegno dell’Istituto sul fronte della formazione professionale, alimentato dalla passione e dal rigore d’insegnamento da tempo riconosciuto alla “sua” preside-dirigente professoressa Ermelina Ravelli? Senza tema di smentita noi riteniamo proprio di sì. T

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Alcuni momenti del lavoro degli studenti. Dall'alto. Incontri e workshop degli studenti delle classi per l'analisi ambientale con l'Arpa di Brescia e con l'associazione Q-Cumber. Le classi quarte CAT studiano le mappe del sito dell'orto.

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Un excursus che partendo dai tempi passati arriva all’oggi e si spinge nel domani nell’idea di proporre una speranza per una futura efficace alimentazione a sostegno dei paesi sottosviluppati e della fame del mondo


SCUOLA Stefano Benedini

Gli addetti ai lavori si esprimono sul calo delle iscrizioni all'indirizzo CAT

L

unedì 20 Aprile presso la sede dell’Istituto “Tartaglia” si è tenuto un incontro, promosso dal Provveditore agli Studi, per definire un profilo di dettaglio del diplomato CAT in relazione alle prospettive occupazionali del nostro territorio e studiare misure utili per contrastare il preoccupante calo di iscrizioni a questo indirizzo. In rappresentanza del Provveditore è intervenuta, a motivo di un imprevisto impegno del dirigente Mario Maviglia, la professoressa Daria Giunti, che coordina l’attività di orientamento quale referente dell’UST. In rappresentanza del Collegio, per le rispettive zone della Provincia, i membri del Consiglio Direttivo ed i Consultori di Zona. La professoressa Giunti ha confermato la particolare attenzione con la quale il Provveditorato segue l’andamento delle iscrizioni agli Istituti CAT-Geometra aprendo un confronto tra tutte le realtà presenti per individuare i motivi e raccogliere suggerimenti operativi. Una prima riflessione ha portato a considerare l’attuale offerta formativa degli istituti, che deve garantire continuità agli studenti attraverso il rafforzamento dei laboratori e la diffusione dell’alternanza scuola-lavoro. Necessità, queste, che si devono confrontare con il calo delle risorse economiche degli istituti stessi, dovuto alla riduzione delle iscrizioni e, conseguentemente, alla riduzione delle “erogazioni liberali” elargite dai genitori degli studenti iscritti. Le attività che consentono, con l’attivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, un adeguamento e un aggiornamento della formazione degli studenti alle esigenze professionali, richiedono agli istituti grandi energie. Preoccupano, in questo senso, le indicazioni emerse dal progetto “La Buona Scuola” che prevede un innalzamento a 400 ore per gli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno degli istituti tecnici da svolgere presso imprese, enti pubblici e liberi professionisti. Da questi elementi la necessità di consolidare il fondamentale produttivo rapporto di collaborazione con il Collegio Geometri. L’intervento del presidente Giovanni Platto ha consentito un aggiornamento sulle più recenti informazioni recepite, in occasione della recentissima Assemblea dei Presidenti, che hanno visto presentare una bozza di programma per la realizzazione del percorso di laurea. L’attuale contesto normativo, le indicazioni del comitato economico europeo sul tema “ruolo 42 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

e futuro delle libere professioni nella società civile europea del 2020” (G.U. Unione Europea del 16 luglio 2012 2014/C 226/02) e la necessità di consolidare il ruolo professionale della categoria nella società, impongono la predisposizione di un progetto di trasformazione per consentire alla categoria di affrontare le sfide che i mercati presentano. La “riforma Gelmini” (D.P.R. 15 marzo 2010, n. 88) ha trasformato i precedenti istituti tecnici (erano dieci, tra cui il “Geometra”) in due soli settori, economico e tecnologico, suddivisi in undici indirizzi. Nel settore tecnologico è inserito l’indirizzo in Costruzioni, Ambiente e Territorio, con un percorso di studi quinquennale. L’eliminazione del riferimento al titolo di Geometra e la riduzione degli insegnamenti caratterizzanti la figura professionale, ha implicato disinteresse verso questo percorso di studi. L’attuale normativa permette di accedere all’esame di abilitazione per svolgere la professione di Geometra e Geometra Laureato mediante diversi percorsi formativi. Allo stato attuale, possono accedere all’esame di abilitazione per svolgere la professione coloro che sono in possesso di:


SCUOLA Nella pagina precedente, la copertina del documentario realizzato dal Collegio dei Geometri di Brescia per presentare gli sbocchi professionali del percorso Costruzione, Ambiente e Territorio.

• un diploma (EQF.4) di Geometra o “Costruzioni, Ambiente e Territorio” e compiuto un periodo di tirocinio di diciotto mesi; • un diploma (EQF.4) di Geometra o “Costruzioni, Ambiente e Territorio” e compiuto un periodo di attività tecnica subordinata di diciotto mesi; • un diploma (EQF.4) di Geometra o “Costruzioni, Ambiente e Territorio” e superato il corso previsto dal D.P.R 137/2012 articolo 6 comma 9; • un diploma (lTS) di istruzione tecnica superiore (EQF.5) della durata di quattro semestri, comprensivi di tirocinio non inferiore a sei mesi, coerenti con le attività libero professionali; • un diploma (lFTS) di istruzione e formazione tecnico superiore (EQF.5) della durata di quattro semestri, comprensivi di tirocinio non inferiore a sei mesi, coerenti con le attività libero professionali; • una laurea (EQF.6), comprensiva di sei mesi di tirocinio, nelle classi indicate nell’articolo 55 del DPR 328/2001 s.m.i.; • un diploma universitario triennale di cui all’articolo 8 comma 3 del DPR 328/2001 S.m.i. Il progetto del “Geometra Laureato” può essere concretizzato attraverso un Decreto Ministeriale su proposta del Ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione con il quale si istituisce la “Laurea in Costruzioni, Estimo e Topografia” nonché un Decreto della Presidenza della Repubblica su proposta del Ministro dell’Università di concerto con il Ministro della Giustizia con il quale si istituisce l’iscrizione all’albo professionale mediante la “Laurea in Costruzioni, Estimo e Topografia”. Le caratteristiche fondamentali e innovative che costituiscono il nuovo percorso di accesso alla libera professione di geometra sono: 1. Laurea a “curricula fissati”, i contenuti della laurea sono fortemente professionalizzanti e tipici dell’attività svolta dal geometra e non possono essere modificati dalle singole università; una parte degli insegnamenti sono affidati agli iscritti all’Albo. 2. La laurea è attivata con le università mediante convenzioni da stipulare con il Consiglio Nazionale anche con gli istituti tecnici “Costruzione Ambiente e Territorio” per mettere a disposizione locali, laboratori e personale utili alle attività didattiche del corso di studio nonché di specifiche convenzioni tra ciascun ateneo interessato e uno o più collegi territoriali. 3. Laurea abilitante, con l’esame di laurea si acquisisce anche l’abilitazione professionale all’iscrizione all’Albo, nella commissione di esame della tesi di laurea è prevista la rappresentanza della categoria a livello provinciale.

4. I crediti formativi universitari (CFU) maturati durante il corso di laurea in CET possono essere riconosciuti validi per un corso di laurea magistrale entro un massimo di 60 CFU. 5. Per gli attuali iscritti all’albo sono riconosciuti un massimo di 60 CFU (con un minimo di 30 CFU). 6. Per gli attuali iscritti all’Albo e in possesso di una laurea prevista dall’articolo 55 del DPR n.328/2001 s.m.i. sono riconosciuti un massimo di 174 CFU. 7. Per coloro che sono in possesso di una laurea prevista dall’articolo 55 del DPR n.328/2001 s.m.i. (non iscritti all’Albo) sono riconosciuti un massimo di crediti 120. Il presidente Platto ha quindi segnalato che il percorso di laurea, nelle intenzioni del Consiglio Nazionale Geometri, verrà proposto nelle sedi d’istituto frequentate dai ragazzi, riportando inoltre la vivace discussione registrata tra i colleghi sul punto relativo ai percorsi post-secondari ITS ed IFTS sostenuta dal riscontro dello scarso numero di iscrizioni all’Albo a cui i percorsi, giustamente e saldamente legati alle realtà imprenditoriali, conducono. Il Presidente, rispetto al dibattito aperto su questo punto, ha fatto presente la necessità di garantire più percorsi di formazione attraverso cui far convergere la possibilità di accedere all’Esame di abilitazione, attraverso i quali garantire un avanzamento anche culturale della professione del geometra e riconoscendo ad ogni percorso uguale valore ai fini della preparazione del futuro geometra. Ha poi continuato citando le numerose attività di partecipazione all’orientamento offerte ed organizzate dagli istituti e la realizzazione di un documentario, utile a presentare gli sbocchi professionali del percorso Costruzione, Ambiente e Territorio, realizzato dal Collegio di Brescia, distribuito a tutti gli istituti comprensivi che ne abbiano fatto richiesta, e inviato a tutti i Collegi Territoriali d’Italia. Nel rinnovare la disponibilità del Collegio al sostegno, anche economico, degli istituti ha infine ricordato come la possibilità di poter incontrare gli studenti nelle scuole medie potrebbe contribuire al rilancio dell’interesse verso il percorso didattico CAT La professoressa Giunti ha puntualizzato come, sebbene il coinvolgimento del Provveditorato in merito a queste iniziative sia totale, le scuole medie decidono in completa autonomia e l’apertura verso le disponibilità del Collegio implicherebbe la necessità di non precludere a alle realtà rappresentative di altre categorie la possibilità di inserirsi nelle attività di orientamento interne alle scuole, segnalando tuttavia anche la concreta difficoltà di porsi in dialogo con gli studenti. Ha quindi suggerito che tali incontri siano rivolti ai docenti e in particolare a quelli che sono stati individuati quali responsabili dell’orientamento all’interno delle scuole, puntualizzando però che questo approccio richiede un'attività di orientamento con caratteristiche comuni a tutti gli ambiti territoriali nei quali è stata divisa la provincia di Brescia. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 43


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Il successivo intervento del professor Diego Parzani, dirigente dell’Istituto “Antonietti” di Iseo, ha consentito di analizzare schematicamente i tre diversi momenti dell’argomento proposto: l’orientamento in ingresso, l’alternanza scuola-lavoro durante l’esperienza alle superiori e le possibilità dei percorsi post-secondari. In riferimento all'orientamento, il professor Parzani ha segnalato la necessità di promuovere incontri di rappresentanti del Collegio non rivolti esclusivamente agli studenti ma anche alle famiglie e ai docenti, considerando probabilmente l’opportunità di rivolgersi ai ragazzi che ancora non hanno fatto una precisa scelta di percorso. In tal senso ha suggerito di prendere ad esempio l’accordo realizzato da A.I.B. per uno/due incontri per ognuna delle sei zone in cui è divisa la provincia di Brescia: il periodo migliore è quello tra fine Ottobre ed inizio Novembre, di poco precedente alle attività di Openday degli istituti. Per quanto riguarda il potenziamento del corso CAT, tra gli ambiti legati al percorso superiore nei quali il Collegio potrebbe apportare un importante contributo, Parzani ha evidenziato l'opportunità di intervenire attivamente nei momenti di insegnamento delle lingua straniera in ambito professionalizzante e la necessità di sostenere dattivamente la realizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro. Riguardo al tema della presenza in provincia di undici istituti 44 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

con l'indirizzo didattico CAT, ha invece suggerito che questo dato potrebbe essere un aspetto positivo in termini di radicamento sul territorio, lamentando però al contempo la mancanza di un'adeguata analisi dei flussi studenteschi. In riferimento all’ipotesi del percorso di laurea Parzani ha esternato alcune perplessità, legate allo scarso numero di coloro che abbandanano i percorsi universitari subito dopo la laurea triennale. Più interessante, per il Dirigente, la realizzazione di micro-specializzazioni, ad integrazione del curriculum scolastico, da definirsi all’interno della programmazione nei Consigli di Classe, e le possibilità offerte dai percorsi ITS ed IFTS. Il limite rappresentato da questi percorsi sarebbe tuttavia il fatto che essendo progetti non istituzionalizzati, realizzati a seconda delle disponibilità delle regioni, non possono di fatto essere presentati come certi agli studenti delle scuole medie. Il professor Negri, ex-Preside dell’Istituto “Tartaglia” e consulente per il Collegio nelle questioni relative all’istruzione scolastica, ha fatto notare innanzitutto la mancanza alla riunione di rappresentanti degli Enti Pubblici e dell’edilizia, ricordando che circa l’80% dei geometri diplomati trova impiego in questi settori, i quali rischiano di non avere più un ricambio generazionale nella sostituzione dei quadri intermedi. Altri elementi evidenziati da Negri sono legati alla corretta "comunicazione" della figura del geometra e degli ambiti in cui


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opera: dalla mancanza di una campagna mediatica a livello nazionale che spieghi le possibilità occupazionali del diplomato CAT-Geometra, al fatto che il singolo collegio provinciale, pur con tutto l'impegno possibile, non può incidere su tendenze e orientamenti che vanno attivati su tutto il territorio italiano. a livello nazionale. Ulteriore elemento indicato da Negri come controproducente è infine quello relativo alla dispersione delle iscrizioni sul territorio, che non favoriscono la certezza di una continuità didattica, scoraggiando le famiglie ad iscrivere i propri figli alle classi prime senza avere la certezza che il corso possa proseguire nell’anno successivo o che venga costituito con il sistema dei “corsi articolati”. Anche il dirigente dell’Istituto di Sarezzo, professor Mauro Zoli, ha confermato l’importanza della comunicazione alle famiglie, i cui primi quesiti riguardano quali opportunità occupazionali potrà avere il figlio e se sarà contento della scelta fatta. Zoli ha sostenuto inoltre l’opportunità degli incontri organizzati sul territorio con la presenza sia del Collegio Geometri che quella dei Costruttori edili e confermato la validità dei percorsi post-secondari di alta specializzazione piuttosto che quelli paragonabili a quelli universitari di tipo triennale. La decennale esperienza della dirigente dell’Istituto di Leno, professoressa Ermelina Ravelli, ha messo in luce la realtà di un Istituto che non ha mai proposto un corso geometri tradizionale ed è quindi abituato ad individuare le risposte migliori alle necessità del territorio e degli studenti per una maggior corrispondenza degli sbocchi professionali. La situazione è quella per cui l’incidenza sul territorio di realtà extra-provinciali confinanti, presso le quali si propongono corsi articolati già all’iscrizione alle classi prime, incide sulle iscrizioni all’Istituto.

Edolo: i futuri geometri a scuola di catasto Gli studenti delle classi quinte dell’Istituto “Meneghini” di Edolo, grazie all’iniziativa promossa dal Collegio Geometri e Geometri Laureati di Brescia in collaborazione con l’Associazione di categoria di Vallecamonica, hanno completato il ciclo di otto incontri formativi per prendere dimestichezza con le pratiche catastali di terreni di terreni e fabbricati, cui ha fatto seguito il testo finale che ha misurato l’apprendimento degli studenti. “Questa iniziativa consente agli aspiranti geometri di avere un primo approccio alle attività della professione – ha spiegato Diego Salvetti, vicepresidente dell’’Associazione geometri di Vallecamonica che ha sede a Darfo – Uno degli obiettivi del Collegio e dell’Associazione è quello di collaborare con le scuole perché è da da lì che usciranno futuri geometri”. Da "Il Giornale di Brescia", 31 marzo 2015

Ma la professoressa Ravelli ha comunque invitato a non sottovalutare anche altri due aspetti di carattere più ampio: il calo demografico e la necessità di “rieducare” i genitori sulla dignità di una professione in cui i figli “si sporcano le mani”. In considerazione della presenza dei colleghi, ha infine sottolineato l’opportunità di mettersi in discussione su un piano didattico e restare uniti, evitando contrasti di tipo campanilistico. Altri due problemi presentati dalla Dirigente sono quello relativo alla modifica delle modalità dell’esame di abilitazione alla professione e quello relativo ai costi iniziali per intraprendere l’attività con apertura della partita IVA. Dall’Istituto “Tartaglia” alcune riflessioni sono state espresse dall’ingegner Cominelli, docente di topografia e tutor dei corsi ITS ed IFTS. Innanzitutto la considerazione che il problema delle iscrizioni è una questione di livello nazionale e che la figura del geometra non dovrebbe essere legata, in modo controproducente, solo all’ambito edile. Cominelli ha quindi continuato con l'osservazione che i tavoli di confronto sono utili per stimolare attività, ma che il rilancio dovrebbe essere coordinato a livello nazionale, con un’adeguata campagna pubblicitaria. Ha quindi chiuso il suo intervento con la segnalazione che non è giustificabile che diversi docenti non sappiano che il percorso CAT offre la stessa possibilità di accedere all’esame di abilitazione del precedente percorso “Geometra”, aggiungendo che questa constatazione implica che all’interno degli stessi istituti non si sia fatto abbastanza per informare e coinvolgere i docenti su indirizzi di un progetto tecnico di studio. Il successivo intervento del professor Negri ha messo in luce come la mancanza di una “cabina di regia”, che porti alla costituzione di una fondazione, sia all'origine dello "stato di sudditanza" verso realtà extra-provinciali. Una situazione, questa, che impedisce di portare il baricentro sulla provincia di Brescia. La conclusione dell’incontro, affidata al presidente Platto, ha risposto a quest'ultima sollecitazione con la conferma che si sta lavorando per la costituzione di una fondazione che possa seguire tutti gli aspetti legati alla formazione e all’aggiornamento sia degli studenti sia dei professionisti e che – dato ugualmente confortante – il Consiglio Nazionale sta proponendo la realizzazione di un intervento pubblicitario a livello nazionale proponendo anche Convegni nelle varie Regioni. In conclusione Platto ha rinnovato la considerazione che il geometra non è solo colui che svolge l’attività di libero professionista, tanto che sempre di più sono i geometri che operano in tutti gli ambiti imprenditoriali e pubblici in Italia e all’estero. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 45


FORMAZIONE Nicolò Sarzi Sartori

Il raffrescamento passivo Conferenza del 10 aprile 2015

L’

evento è stato aperto dalla professoressa Ermelina Ravelli, la dirigente dell’Istituto. Dopo essersi congratulata per l’affluenza di professionisti e non – all’incontro erano presenti numerosi studenti delle classi del triennio oltre che geometri già avviati – ha introdotto il relatore della lezione, l’ingegnere Davide Fappani. Alcune parole sono state spese per sottolineare l’importanza che le categorie di cui sopra possano trovarsi così a stretto contatto; la loro vicinanza lancia un ponte tra mondo della scuola e mondo del lavoro, legame così spesso invece minato se non addirittura trascurato. Prerogativa del “Capirola” è appunto mantenere lo sguardo dello studente fin da subito proiettato verso la professione in un’ottica di formazione continua che fa percepire la necessità di sempre più frequenti aggiornamenti. Altro punto di forza dell’Istituto è il corso Costruzioni Ambiente Territorio – Ecotech, ad ora dieci classi, di cui ho avuto modo di parlare con la professoressa referente Alice Me. Il corso vuole essere una curvatura del CAT-Geometra in grado di offrire, al biennio, analoghe competenze di base (Matematica, Biologia, Fisica, Chimica), necessarie per poi, durante il triennio, inserire “Progettazione, costruzioni ed impianti” (materiali eco-sostenibili, nuove forme architettoniche, isolamento termico, classificazione energetica, nuove fonti di e46 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

In data 10 aprile 2015 si è tenuta nell’aula magna dell’Istituto “Capirola” di Leno la conferenza “Linee guida per la progettazione di edifici ad alta efficienza energetica: il raffrescamento passivo”. La lezione, sorta nell’ambito della collaborazione tra scuola e Collegio dei Geometri di Brescia – su richiesta dell’Istituto stesso – fa parte di una serie di incontri della cui organizzazione il geometra Paolo Fappani, Responsabile della Commissione Agricoltura ed Ambiente del Collegio, si è reso parte attiva.


FORMAZIONE Nella pagina precedente, alcuni momenti dell'intervento dell'ingegner Davide Fappani.

nergia), “Geopedologia, economia e estimo” (valutazione dell’impatto ambientale). La consapevolezza che lo studente acquisisce nel corso dei primi due anni gli consentirà di affrontare i nuovi argomenti del triennio e di recepire un’istruzione improntata alla sensibilizzazione verso l’impiego di tecnologie eco-sostenibili. Approccio tanto più necessario se si pensa ai costi energetici per i quali l’Italia si trova in gran parte costretta ad importare risorse. Forse è proprio la presenza di questa curvatura, unita all’attenzione che i responsabili dell’Istituto ripongono nei riguardi della formazione continua, a far si che il “Capirola”, ad oggi, continui a mantenere un più che dignitoso numero di iscritti. E non è un caso se proprio qui, nell’ambito delle attività inerenti alla curvatura ecotech, l’ingegnere Davide Fappani, docente presso l’Università degli Studi di Brescia, ha potuto tenere una lezione sulla

progettazione di edifici ad alta efficienza energetica. L’intervento dell’ingegnere ha preso le mosse dal concetto di Passivhaus (casa passiva), tipo di abitazione che, nato a fine anni ‘70 in ambito scandinavo, ha poi avuto notevole diffusione ed impiego nella Germania degli anni ‘90.Se si considerano come componenti attive di una casa gli impianti (elettricità, gas, riscaldamento...), quelle passive non potranno che essere designate dalla disposizione degli elementi strutturali e non dall’ambiente circostante l’edificio. Da qui si è passati a definire come passive le strategie progettuali, costruttive e di gestione degli edifici che consentono di garantire il comfort termico estivo desiderato senza impianto di climatizzazione estiva o con consumi molto modesti, e che analogamente consentono consumi invernali estremamente bassi. Fra quelle progettuali ricordiamo quanta atten-

zione il progettista debba riporre nella scelta dell’orientamento dell’edificio e nella scelta di disposizione e dimensione delle finestre e degli ambienti dello stesso, così da favorire il ricambio naturale dell’aria fondamentale soprattutto per il raffrescamento passivo durante le notti estive. Non meno importanti sono le strategie costruttive che devono prevedere un’accurata scelta dei colori e dei materiali delle tinte con cui dipingere gli edifici, l’isolamento termico delle chiusure (fondamentale tanto più d’inverno che d’estate, per ridurre al minimo la termotrasmittanza), l’ombreggiamento delle finestre, la quasi totale assenza dei ponti termici e la ventilazione del sottotetto (si noti che in caso di coperture piane, la strategia più sensata da adottare è quella di installare i cosiddetti tetti verdi). Influenti sono anche le strategie urbanistiche: il verde e le alberature esterne, la via-

bilità della zona e la presenza di altri edifici. Ma tutto ciò da solo non basta, o comunque necessita anche che da parte dell’utente venga fatto un corretto utilizzo dell’edificio; si parla allora di strategie educative atte a ridurre al minimo gli sprechi e ad ottimizzare il funzionamento sia dei sistemi passivi che di quelli attivi. È, questo, un punto fondamentale: basti pensare che il 40% della spesa petrolifera italiana viene destinata a illuminazione e climatizzazione e che da quando poi è entrata nell’uso la climatizzazione estiva il consumo energetico è pressoché raddoppiato. L’interessante documentazione esposta dal relatore è stata pubblicata ad uso degli interessati sul sito www.collegio.geometri.bs.it al percorso Home Page / La Formazione Professionale / Documentazione relativa agli eventi, alla quale rimandiamo per eventuali approfondimenti. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 47


LEGALE Matteo Panni

La responsabilità del direttore lavori in caso di rovina di edifici

Dopo avere affrontato la disciplina della responsabilità dell’appaltatore, in questa occasione vogliamo affrontare il tema della responsabilità del direttore lavori – figura non di rado ricoperta da una geometra – in caso di rovina di edifici.

L

a fattispecie della rovina di edifici, come già trattato nello scorso articolo, è disciplinata con riferimento all’appaltatore dall’art. 1669 c.c., che così dispone “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”. L’ipotesi di cui qui ci occupiamo è quella in cui si verificano vizi tali da qualificarsi come “rovina di edificio” e il committente, garantito contro tale evenienza, per dieci anni dalla costruzione, imputa i vizi medesimi non solo all’appaltatore, ma anche al direttore lavori. L’inquadramento giuridico della responsabilità del direttore lavori in tale ambito ha subito una evoluzione nel tempo. Secondo la risalente dottrina, la responsabilità del direttore dei lavori veniva qualificata di tipo contrattuale; anche la giurisprudenza aveva in un primo tempo mo48 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

strato questo orientamento, sostenendo che il direttore dei lavori rispondesse verso il committente secondo la disciplina delle professioni intellettuali. Da un lato questo comportava una penalizzazione per il professionista, nel senso che per il cliente era sufficiente provare il danno e il nesso causale con la condotta del direttore lavori, gravando poi su questo l’onere di provare di avere adempiuto diligentemente; il cliente non doveva cioè provare la negligenza/imperizia del direttore lavori; d’altro lato, però le responsabilità di appaltatore e direttore dei lavori venivano qualificate non già come solidali, bensì alternative l’una all’altra e senza possibilità di regresso. Facciamo un esempio: qualora il direttore lavori avesse contribuito al verificarsi del danno nella sola misura ideale dell’1%, in caso di responsabilità solidale avrebbe risposto per il 100% nei confronti del committente e avrebbe poi avuto azione di regresso contro l’appaltatore per il 99%; venendo invece considerate come parziarie e non solidali le due responsabilità di direttore lavori e appaltatore, ciascuno rispondeva, verso il committente, per la sola propria di responsabilità, totale

o parziale. Nella giurisprudenza di merito, emblematica è la sentenza pronunciata da App. Milano, 21 maggio 1974, che riprende i principi espressi dalla Cassazione negli anni precedenti riguardo al progettista, estendendoli anche al direttore dei lavori: “con specifico riferimento alla responsabilità del progettista si è dalla S.C. statuito che questi verso il committente risponde in base ai principi relativi alla disciplina delle professioni intellettuali (Cass. 10 maggio 1961, n. 1112). L’appaltatore ed il progettista rispondono dunque verso il committente sulla base di un diverso titolo; da ciò si fa derivare il principio

che le due responsabilità non debbono ritenersi solidali (Cass. 27 marzo 1965, n. 1520). Esse e le relative azioni stanno quindi in concorso non cumulativo, né graduale, ma alternativo; il committente può rivolgersi per l’intero danno contro il solo appaltatore o contro il solo progettista, a sua scelta; una volta soddisfatto per l’intero da uno dei due, nulla può pretendere dall’altro; soddisfatto da uno solo in parte, può agire contro l’altro per la differenza. A sua volta, chi abbia soddisfatto il committente non ha regresso verso l’altro debitore, perché nei rapporti fra i due debitori non si possono estendere analogicamente le regole proprie delle obbligazioni solidali (Cass. 6 settembre 1968, n. 2887).


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Allo stesso modo, si atteggia il concorso tra la responsabilità del direttore dei lavori e quella dell’appaltatore, perché anche in questa ipotesi la responsabilità dell’appaltatore, derivando dalla violazione di un contratto di appalto, è alternativamente concorrente e non solidale rispetto a quella che può ascriversi o al direttore dei lavori, derivante dalla violazione di un contratto di prestazione d’opera professionale”. Sostengono la responsabilità alternativa anche Cass. 16 maggio 1973, n. 1388; App. Firenze, 15 aprile 1966; App. Roma, 27 maggio 1964; Trib. Perugia, 16 ottobre 1964. Successivamente, tuttavia, è prevalsa la tesi secondo cui

l’art. 1669 c.c. configurerebbe una responsabilità extracontrattuale e la giurisprudenza ha esteso la sua applicabilità anche al professionista intellettuale incaricato della direzione dei lavori, il quale dunque si ritiene attualmente risponda in solido con l’appaltatore e gli altri soggetti eventualmente responsabili: grava però sul committente l’onere di provare la colpa (negligenza, imprudenza, imperizia) del direttore dei lavori. Secondo la Suprema Corte, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori (ovvero del progettista), entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse. I soggetti chiamati a rispondere in virtù dell’art. 1669 c.c. sono individuati dalla giurisprudenza in coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell’edificio, che in quella di direzione dell’esecuzione dell’opera, qualora detta rovina o detti difetti siano ricollegabili a fatto loro imputabile. Il presupposto della responsabilità risiede, per il soggetto coinvolto, nella partecipazione alla costruzione dell’im-

mobile in posizione di “autonomia decisionale”, in difetto della quale anche lo stesso appaltatore sfugge a tale forma di responsabilità (nella specie, la S.C. ha escluso che potesse assumere la responsabilità sancita dall’art. 1669 c.c. il fornitore dei materiali utilizzati, non implicando tale prestazione, che si esaurisce nella consegna dei prodotti richiesti, alcuna partecipazione, nemmeno indiretta, alla costruzione dell’immobile). Tracciando uno schema elementare, i principali campi d’azione che assumono rilevanza in relazione alla responsabilità del direttore dei lavori possono essere così sintetizzati: a) la verifica del progetto; b) la sorveglianza sull’andamento dei lavori; c) la facoltà di fornire direttive all’appaltatore; d) le comunicazioni con il committente stesso. I primi due aspetti evidenziati attengono al contenuto essenzialmente tecnico della prestazione del professionista, mentre la gestione dei rapporti con gli altri soggetti interessati dall’esecuzione dell’opera costituisce anch’essa parte integrante delle obbligazioni nascenti dal contratto, ma porta conseguenze che interessano anche la responsabilità dell’appaltatore od il concorso del committente stesso nella produzione del danno. Per una valutazione completa del problema, non si può prescindere dal contesto in cui si inserisce la prestazione del direttore dei lavori: procedendo per ordine temporale, “a monte” del suo intervento

si colloca l’opera del progettista, sulla quale è opportuno spendere qualche parola. Semplificando molto il quadro si può affermare che il compito del progettista prevede la realizzazione dei disegni rappresentativi e degli elaborati dai quali emergano la forma, le caratteristiche e le dimensioni dell’opera da costruire. Tale incarico presuppone l’adeguata conoscenza della situazione geologica del terreno, riguardo alla quale il progettista dovrà chiedere al committente una approfondita indagine, a pena di responsabilità per eventuali futuri vizi della costruzione1. In via generale l’area di responsabilità del progettista coincide con alcune ipotesi principali: il caso in cui la progettazione configuri un’opera in tutto o in parte ineseguibile; il caso in cui l’opera progettata sia eseguibile, ma non idonea all’uso pattuito perché viziata tecnicamente o difforme dalle specifiche urbanistiche e il caso in cui l’opera, pur essendo tecnicamente eseguibile e idonea all’uso, non risponda alle esigenze contrattualmente stabilite. In proposito si è detto in giurisprudenza, con una definizione molto ampia, che il progettista deve essere considerato responsabile ogni qual volta il progetto presenti vizi tali da impedire un’esatta esecuzione dell’opera2. Tutto ciò va valutato alla luce del fatto che l’intervento del progettista è comunemente inquadrato nel campo delle obbligazioni di risultato, consistendo nella consegna di un opus perfetto, IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 49


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ovvero del progetto, già idoneo per poter procedere alla realizzazione dell’opera3. Altra obbligazione strettamente legata a quella del direttore dei lavori – anch’essa ricompresa nell’ambito delle obbligazioni di risultato – è quella dell’appaltatore, il quale assume interamente a proprio carico l’obbligo di costruire l’opera completa, conformemente al progetto da lui accettato4. A questo punto, emerge la necessità di identificare quali compiti spettino al direttore lavori, nonché quale sia il grado di diligenza richiesta. L’obbligazione del direttore dei lavori, a differenza di quella del progettista, è qualificata tradizionalmente dalla giurisprudenza come un’obbligazione di mezzi (Cass. 22 marzo 1995, n. 3624; Cass. 21 ottobre 1991, n. 11116); ciò non esclude tuttavia che gli obblighi del direttore possano essere in realtà molto gravosi e giungere, alla luce degli orientamenti che si vanno affermando, sino a far venire meno le differenze rispetto ad una tipica obbligazione di risultato. La giurisprudenza più risalente nel tempo sostiene che il direttore dei lavori è tenuto all’alta sorveglianza dei lavori e alla verifica della rispondenza dell’opera al progetto, senza tuttavia che egli debba intervenire nell’esecuzione dell’opera. Il direttore deve eseguire i suoi compiti attraverso l’emanazione di disposizioni e di ordini al costruttore, controllando inoltre l’avvenuta esecuzione degli ordini stessi. Il controllo, che 50 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

deve essere svolto con interventi periodici (non necessariamente continui), non comprende le operazioni più semplici compiute nel cantiere, la cui corretta esecuzione rientra nella sfera di responsabilità del materiale esecutore. Secondo tale orientamento più risalente, possono essere imputabili al direttore dei lavori vizi o difetti che derivino direttamente dall’inosservanza del dovere di sorveglianza; non gli sono invece addebitabili i vizi provocati dalle attività per le quali non è ragionevole aspettarsi un suo intervento. In questo senso si erano espresse Cass. 9 maggio 1980, n. 3051; Cass. 29 marzo 1979, n. 1818 (la quale esonera il direttore dei lavori dal dover controllare la qualità del conglobamento

cementizio adoperato dall’appaltatore); Cass. 28 ottobre 1976, n. 3965; Cass. 16 ottobre 1976, n. 3541; Cass. 7 febbraio 1975, n. 475; Cass. 12 luglio 1965, n. 1456 (secondo cui il direttore dei lavori è responsabile per la mancata esecuzione degli ordini impartiti, salvo che il tutto sia avvenuto al di fuori della sua sfera di sorveglianza); Cass. 4 luglio 1962, n. 1705. Per la giurisprudenza di merito, si vedano: Trib. Oristano, 28 giugno 1988 (che afferma la responsabilità del direttore quando le difformità derivano da omissioni del dovere di sorveglianza); App. Torino, 21 marzo 1959. Orientamenti più recenti, invece, hanno via via delineato compiti sempre più specifici in capo al direttore dei lavori. Cass. 27 aprile 1993, n. 4921

ha imposto al direttore dei lavori di richiedere la verifica tecnica dei luoghi qualora i rilievi sul suolo appaiano inadeguati, ivi compresa la necessità di disporre saggi sul terreno, con lo sconfinamento in un’area che apparteneva tradizionalmente alla competenza dell’appaltatore. Il direttore dei lavori deve inoltre rilevare le inesattezze del progetto e dell’esecuzione, verificando materialmente l’esito delle sue indicazioni e segnalando tempestivamente al committente le ulteriori inadempienze da parte dell’appaltatore (Cass. 29 agosto 2000, n. 11359; in senso conforme, Cass. 30 maggio 2000, n. 7180). Si riscontra altresì la richiesta di un intervento del direttore dei lavori in operazioni prima di esclusiva competenza


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dell’appaltatore: si pensi ad esempio alla scelta dei materiali da utilizzarsi, soprattutto nel senso che il direttore non deve autorizzare l’uso di materiali deteriori rispetto a quanto previsto nel capitolato5. Anche il dovere di controllo sull’ottemperanza degli ordini dati all’appaltatore sembra essere inteso in modo sempre più stringente: il direttore dei lavori dovrà mettersi in condizione di riferire tempestivamente al committente ogni mancanza in tal senso da parte dell’esecutore dell’opera6. Sempre in tempi più recenti si è assistito, con riferimento alla posizione del direttore dei lavori, alla elaborazione di principi generali che sembrano incidere sulla natura stessa della sua prestazione, richiedendo un grado di dili-

genza piuttosto elevato per non incorrere nell’inadempimento. Per quanto riguarda la diligenza da utilizzare nell’adempiere l’obbligazione la Suprema Corte ha infatti precisato che: “in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, sebbene presti un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultati, poiché è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della

“diligentia quam” in concreto; costituisce, pertanto, obbligazione del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica. Conseguentemente non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente” (cfr. Cass. 28 novembre 2001, n. 15124). La sentenza riecheggia un orientamento ormai consolidato, ma merita ugualmente qualche riflessione. La Corte, infatti, da un lato richiama il tradizionale concetto di obbligazione di mezzi, ma dall’altro lato enuncia un nucleo minimo delle attività del direttore dei lavori assai ampio. Nel compiere questo ragionamento il giudice fa riferimento al concetto di diligentia quam in concreto, finendo addirittura per dire che il direttore dei lavori deve “assicurare […] il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire”. Tale assunto, assai frequente nella giurisprudenza degli ultimi anni, sembra tendere ad un ampliamento della sfera di responsabilità del direttore dei lavori e soprattutto ad un sostanziale svuotamento, rispetto a tale fattispecie, del pur richiamato concetto di obbligazione di mezzi (peraltro già ampiamente messo in discussione dalla dottrina e non solo rispetto al tipo di fattispecie qui in discussione). T

Note 1 In questo senso Cass. 16 novembre 1993, n. 11290, in Foro it. Rep., 1993, voce Appalto, n. 36; Cass. 12 luglio 1986, n. 4531, cit.; Trib. Perugia 7 gennaio 1987, in Giur. it., 1988, I, 2, 286. La responsabilità del progettista sarà anche influenzata dal fatto che il progetto richiesto debba essere esecutivo o semplicemente sommario. Sul tema si fa comunque rinvio, per una ricognizione generale degli adempimenti tecnici, al volume di A. Baldassarri - S. Baldassarri, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1993, 760 ss. 2 Così Cass. 21 ottobre 1974, n. 2985, in Arch. civ., 1975, 382. 3 Qualificano come obbligazione di risultato l’opera del progettista, fra le altre: Cass. 1 dicembre 1991, n. 12820, in Foro it. Rep., 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 1934 e Cass. 28 gennaio 1985, n. 488, in Riv. giur. edil. 1985, I, 458. 4 Per una ricognizione della prestazione dell’appaltatore, intesa come obbligazione di risultato: Moscarini, in Trattato di diritto privato (a cura di Rescigno), vol. 11, Obbligazioni e contratti, III, 1984, 731; in giurisprudenza si veda per tutte Cass. 7 maggio 1976, n. 1606, in Appalto privato e pubblico, cit., 1982, 220. 5 Tuttavia la responsabilità, in questo caso, discende probabilmente dal fatto che il direttore può rappresentare il committente limitatamente alla sfera strettamente tecnica: di conseguenza non può autorizzare variazioni dell’opera o la sospensione dei lavori, o ricevere comunicazioni in merito dall’appaltatore (fra le tante Cass. 19 giugno 1996, n. 5632, in Giur. It., 1997, I, 1, 465; Cass. 16 gennaio 1987, n. 292, in Appalto privato e pubblico, Dizionario di giurisprudenza, a cura di Titomanlio - Piselli - Sella - Vegna, Milano, 1988, 395; Cass. 19 giugno 1996, n. 5632, in Foro it. Rep., 1996, voce Appalto, n. 26; Cass. 3 novembre 1979, n. 5694, in Foro it. Rep., 1979, voce Appalto, n. 20). In quest’ottica va letta la decisione del Trib. Napoli 3 gennaio 1994, in Giur. merito, 1994, 256: “Spetta al committente, per il diritto che gli compete anche attraverso il direttore dei lavori appaltati, di controllare lo svolgimento dell’opera, anche in ordine all’eventuale impiego in quantità inferiore del materiale previsto dal capitolato, in quanto detta scelta si riflette sul prezzo dell’opera e sulla durata. In tal caso il direttore dei lavori, che abbia unilateralmente autorizzato tale impiego, è responsabile quanto meno per colpa da inadempimento nella esecuzione del contratto di opera professionale”. Nello stesso senso già Trib. Foggia 6 novembre 1953, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 1953, 646. 6 Ciò emerge testualmente da una lettura della sentenza Cass. 29 agosto 2000, n. 11359, in Gius, 2001, 28.

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LEGALE Gabriele Mercanti

La trascrizione del contratto preliminare

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remessa generale Il nostro Ordinamento prevede che determinate fattispecie contrattuali relative a beni immobili debbano essere rese pubbliche mediante la trascrizione delle stesse presso l’Agenzia del Territorio – Servizi di Pubblicità Immobiliare1. L’eterogeneità delle fattispecie trascrivibili comporta che tale adempimento pubblicitario non determini sempre le medesime conseguenze: in alcuni casi l’effetto sarà la mera conoscibilità dell’atto da parte dei terzi (c.d. pubblicità notizia)2, in altri servirà a dirimere il conflitto tra più situazioni tra loro confliggenti (c.d. pubblicità dichiarativa)3. La possibilità di trascrivere il contratto preliminare, tuttavia, è una “conquista” relativamente recente in Italia: l’art. 2645–bis c.c. (intitolato appunto “Trascrizione di contratti preliminari”), è stato introdotto, infatti, dall’art. 3 comma 1° del D.L. n. 669 del 31 dicembre 1996 convertito in Legge n. 30 del 28 febbraio 1997, mentre precedentemente era prevista dal Codice Civile4 la trascrivibilità della sola domanda giudiziale di 52 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

esecuzione in forma specifica5. La novità legislativa de quo è stata alquanto rivoluzionaria perché pacificamente il contratto preliminare ha effetti obbligatori (cioè semplicemente impegna le parti) e non traslativi (cioè il bene resta in titolarità del promittente fino al definitivo). La ratio di tale intervento legislativo era quella di proteggere il promissario acquirente dai rischi scaturenti da una serie di eventualità tutt’altro che remote nel traffico commerciale quali ad esempio: - promittente venditore che, violando i patti contrattuali, avesse medio tempore trasferito il bene ad altro soggetto: al terzo acquirente nulla poteva essere contestato dal promissario acquirente cui restava una mera pretesa risarcitoria; - promittente venditore che medio tempore avesse subito da terzi creditori azioni esecutive (mediante ad esempio un pignoramento) o cautelari (mediante ad esempio un’ipoteca giudiziale) sul bene: al terzo creditore nulla poteva essere contestato dal promissario acquirente cui restava una

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Continua il nostro cammino attraverso l’analisi delle più frequenti problematiche giuridicooperative attinenti alla figura del contratto preliminare. Proprio per la volontà di rendere maggiormente proficuo questo percorso argomentativo comune a chi scrive e a chi legge, il lettore non esiti ad esternare i propri dubbi attraverso la redazione della Rivista ovvero il sito internet www.avvocatogabrielemercanti.it.

mera pretesa risarcitoria; - promittente venditore che medio tempore fosse fallito ove il Curatore fallimentare avesse optato per lo scioglimento del contratto in base alla facoltà riconosciutagli insindacabilmente dall’art. 72 della Legge Fallimentare6: non potendosi ovviamente opporre alla scelta dell’Organo della procedura, al promissario non restava che una mera pretesa risarcitoria. Tutti quei rischi esistevano ed erano fisiologicamente inevitabili, in quanto da un lato il bene faceva ancora parte del patrimonio del promittente venditore e dall’altro il contratto preliminare non era

soggetto a nessuna forma pubblicitaria: rischi che esattamente sussistono ancora oggi – nonostante la novella legislativa – ove le parti, per qualsivoglia motivo, non abbiano proceduto alla trascrizione del contratto. Il Legislatore del 1997 ha voluto, quindi, offrire una nuova opportunità per i promissari acquirenti consentendo loro di poter trascrivere il contratto preliminare e, nei limiti meglio descritti al successivo paragrafo 3, di tutelarsi contro le situazioni sopra descritte. Presupposti per la trascrivibilità Il citato art. 2645-bis c.c. stabilisce quali sono presupposti affinché il contratto prelimi-


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nare sia trascrivibile7 e precisamente: a. Deve trattarsi di contratti perfezionati per atto pubblico (ricevuto da Notaio), scrittura privata con sottoscrizione autenticata (da Notaio) o scrittura privata con sottoscrizione accertata giudizialmente (dalla competente Autorità Giudiziaria); b.Deve trattarsi di contratti preliminari che impegnano le parti alla conclusione di contratti definitivi che, a loro volta, avranno un preciso contenuto: trasferimento della proprietà di beni immobili; costituzione, trasferimento o modifica del diritto di usufrutto su beni immobili, del diritto di superficie, dei diritti del concedente e dell’enfiteuta; costituzione della comunione dei diritti precedentemente indicati; costituzione o modifica di servitù prediali, del diritto di uso sopra beni immobili e del diritto di abitazione8. Il Legislatore, quindi, non ha effettuato una piena assimilazione tra trascrizione del contratto preliminare e trascrizione del contratto definitivo: vi sono, infatti, casi in cui pur essendo il contratto definitivo trascrivibile (ad esempio la locazione ultranovennale) non lo è il corrispondente contratto preliminare; c. Se si tratta di contratti preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione occorre l’indicazione della superficie utile nonché della quota millesi-

male di spettanza di comproprietà delle parti comuni del bene realizzando9. Ove non ricorrano i presupposti sopra indicati, il contratto preliminare non potrà essere trascritto nei registri immobiliari. Effetti della trascrizione L’epicentro della novella Legislativa in esame si trova negli effetti dell’adempimento pubblicitario definibili come prenotativi. Una volta effettuata la trascrizione, infatti, al promissario acquirente non potranno essere opposte trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli effettuate contro il di lui promittente venditore, fungendo la trascrizione del preliminare da “ombrello” protettivo. Questa tutela – però – non può essere eterna, ma è limitata ad un lasso temporale ben definito dalla Legge: un anno a far tempo dalla data che le parti avevano stabilito per la conclusione del rogito e comunque in ogni caso entro tre anni. Inoltre, la tutela opera solo se entro il lasso temporale sopra citato viene effettuata a favore del promissario acquirente la trascrizione di un altro titolo che può essere costituito: *dal contratto definitivo che costituisce la fisiologica chiusura della vicenda; *dalla domanda di esecuzione in forma specifica, ovviamente se – a sua volta – seguita da sentenza di accoglimento; *dalla sentenza che ha accolto la domanda di esecu-

zione in forma specifica; *da ogni altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare10. Qualche esempio può aiutare nella comprensione del meccanismo: 1. Preliminare trascritto l’0101-2013 / data stabilita per la stipula l’01-01-2014 / definitivo trascritto l’01-012015: tutto ciò che è iscritto o trascritto tra l’01-01-2013 e l’01-01-2015 è inopponibile al promissario acquirente, poiché la trascrizione del definitivo è avvenuta entro un anno dalla data fissata per il definitivo e comunque entro 3 anni; 2. Preliminare trascritto l’0101-2013 / data stabilita per la stipula l’01-01-2014 / definitivo trascritto il 02-012015: tutto ciò che è iscritto o trascritto tra l’01-01-2013 e il 02-01-2015 è opponibile al promissario acquirente, poiché la trascrizione del definitivo è avvenuta oltre l’anno dalla data fissata per il definitivo a prescindere dal fatto che sia avvenuta nel triennio; 3. Preliminare trascritto l’0101-2013 / data stabilita per la stipula l’01-01-2016 / definitivo trascritto il 01-012016: tutto ciò che è iscritto o trascritto tra l’ 01-01-2013 ed l’ 01-01-2016 è opponibile al promissario acquirente, poiché – ancorché la trascrizione del definitivo sia avvenuta entro l’anno dalla data fissata per il definitivo – sono comunque passati tre anni dalla trascrizione del contratto preliminare. Ancorché non legislativa-

mente stabilito dal nuovo art. 2465-bis c.c. è implicito, stante la natura soggettiva del nostro sistema di trascrizione immobiliare, che la protezione sopra descritta opera solo se promissario acquirente ed acquirente coincidono. Ove, invece, tra preliminare e definitivo ci fosse un mutamento soggettivo del contraente (si pensi al caso frequentissimo del preliminare nel quale è inserita la facoltà per il promissario acquirente di indicare in sede di rogito altro acquirente) occorrerà – per mantenere l’effetto protettivo nei confronti del “nuovo” acquirente – che tale “cambiamento” sia anch’esso pubblicizzato nei registri immobiliari mediante l’istituto dell’annotazione11. Cenni sul fallimento del promittente venditore Discorso a parte è quello relativo al fallimento del promittente venditore, dato che – per regola generale – l’art. 72 della Legge Fallimentare attribuisce al Curatore un enorme ed insindacabile potere: quello di optare o per l’esecuzione del contratto (nel qual caso per il promissario acquirente nulla muta) o per lo scioglimento dello stesso (nel qual caso per il promissario acquirente non resta che insinuarsi nel passivo fallimentare per il recupero delle somme già eventualmente versate). Ciò detto, le cose cambiano ove la dichiarazione di fallimento avvenga prima che siano cessati gli effetti della trascrizione come sopra precisato, infatti: IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 53


LEGALE

a. ove il preliminare abbia “ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente”, non si applica il primo comma dell’art. 72 della Legge Fallimentare per cui è preclusa al Curatore la facoltà di sciogliersi dal vincolo contrattuale12; b.ove il Curatore si sia avvalso della facoltà di sciogliersi dal vincolo contrattuale, il credito del promissario acquirente (per la restituzione delle somme già versate) in sede di riparto fallimentare gode del privilegio speciale sul bene (e, quindi, ha un trattamento di favore nel riparto fallimentare non subendo, limitatamente al valore del bene incassato in sede liquidatoria, la falcidia fallimentare). Si ricordi, infine, che a prescindere dalla situazione più grave di fallimento del promittente venditore, il promissario acquirente è maggiormente tutelato ove sia munito di contratto preliminare trascritto, in quanto solo in tal caso questi gode del privilegio sul bene stesso per il recupero del credito13. Conclusioni La logica sottesa al meccanismo della trascrizione del contratto preliminare è chiara: dato che il trasferimento immobiliare non è “istantaneo”, ma si inserisce in una sequenza giuridico-temporale bifasica (prima il preliminare 54 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

poi il definitivo) si è voluto anticipare la tutela giuridica già a far tempo dal primo anello della catena. Tale protezione anticipata è, però, giustificabile solo se entro un determinato periodo di tempo la vicenda si evolva attraverso la stipula del contratto definitivo o attraverso altri meccanismi ad esso assimilabili perché – se così non fosse – la differenza concettuale tra preliminare e definitivo diventerebbe di fatto non più individuabile. Solo in questo modo si trova un punto di equilibrio tra due contrapposti interessi: quello del promissario acquirente ad essere tutelato contro le vicende che possono medio tempore coinvolgere la controparte e quello del promittente venditore a non vedersi “bloccato” per un tempo indefinito il bene. Nonostante ciò, la prassi della contrattazione immobiliare non pare aver mai veramente metabolizzato la novità legislativa del 1997 dato che la trascrizione del contratto preliminare riguarda un’esigua percentuale delle transazioni immobiliari. Ma se la resistenza psicologica da parte del promittente venditore è comprensibile, dato che per questi la trascrizione non fa altro che appesantirne la posizione, non lo è – invece – in capo al promissario acquirente che con la trascrizione rafforzerebbe notevolmente la propria posizione. Verrebbe beffardamente da pensare che chi è causa del suo mal… pianga sé medesimo. T

Note 1 L’Agenzia del Territorio – Servizi di Pubblicità Immobiliare ha sostituito terminologicamente la Conservatoria dei Registri Immobiliari cui il Codice Civile ancora fa riferimento. 2 Si pensi alla trascrizione della pubblicazione di un testamento con il quale il testatore abbia effettuato attribuzioni immobiliari: la regolamentazione delle questioni ereditarie (quali ad esempio la validità del testamento, la lesione di diritti ereditari ecc.) non saranno minimamente influenzate dall’adempimento pubblicitario che serve solo a rendere conoscibile ai terzi una situazione ritenuta rilevante dal Legislatore. 3 Si pensi all’atto di vendita effettuato da un soggetto nei cui confronti è stata promossa una procedura esecutiva immobiliare: la priorità dell’adempimento pubblicitario (trascrizione della vendita – trascrizione del pignoramento) sarà decisivo per stabilire se la procedura potrà continuare anche contro il nuovo proprietario del bene e, quindi, per risolvere il conflitto tra nuovo proprietario e creditore procedente. 4 Cfr. art.2652 n. 2). 5 La nozione generale di esecuzione in forma specifica è stata già a grandi linee trattata dalla scrivente su questa rivista (cfr. “Contratto Preliminare e tutele legali connesse”, n. 1/2015 pg. 43 ss.) e definita come azione processuale “in forza della quale il Giudice emette una Sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso: nella sostanza, la mancanza del consenso di un contraente viene surrogata da un Provvedimento giudiziale”. 6 L’art. 72 della Legge Fallimentare nella sua stesura originaria non conteneva, infatti, eccezioni al potere del Curatore di optare per lo scioglimento dei rapporti giuridici ancora pendenti alla data del fallimento. 7 Si deve ricordare che se i presupposti per la trascrivibilità sussistono, l’adempimento non è rimesso alla discrezionalità delle parti ma è un obbligo di Legge: l’art. 2645-bis citato, infatti, sancisce che tali contratti “devono essere trascritti”. 8 Controversa è la trascrivibilità di contratti preliminari che impegnino le parti alla conclusione di un contratto definitivo avente ad oggetto il trasferimento, la costituzione o la modifica di diritti edificatori comunque denominati. Il dubbio deriva da un difetto di coordinamento legislativo: l’art. 2645-bis c.c. nell’elencare la tipologia di contratti preliminari trascrivibili ha effettuato un richiamo ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 2643 c.c., mentre la trascrizione dei contratti aventi ad oggetto i diritti edificatori è stata prevista solo in un momento successivo (ad opera della Legge 106/2011 di conversione del D.L. n. 70/2011) mediante introduzione di un numero 2 bis all’art. 2643 c.c..

9 Evidentemente mentre la specificazione della futura superficie è imprescindibile, l’indicazione dei futuri millesimi non sarà da effettuare ove l’erigendo immobile promesso in vendita non abbia parti comuni con altri edifici (il c.d. fabbricato da cielo a terra). Il quinto comma dell’art. 2645bis c.c. precisa comunque che è irrilevante una differenza di superficie e/o millesimi tra fabbricato promesso in vendita e fabbricato realizzato purchè sia contenuta nei limiti di un ventesimo. 10 Quest’ultima possibilità è foriera di non poche complicazioni, in quanto non è per nulla agevole stabilire i casi in cui – allorquando l’atto “conclusivo” della vicenda non sia lo stesso contratto stabilito in sede preliminare – sia ancora possibile individuare un collegamento con il contratto preliminare. Solo se tale nesso è interpretativamente percepibile l’effetto prenotativo permarrà, mentre – in caso contrario – cesserà in quanto l’atto finale è slegato ed indipendente dal vincolo preparatorio originario. Può ipotizzarsi ad esempio che a fronte di un preliminare di vendita, le parti optino (ovviamente concordemente) di stipulare un contratto definitivo di permuta in cui l’originario promissario acquirente, invece che saldare il prezzo, trasferisca la proprietà di un immobile: ebbene in un caso del genere può ben sostenersi che detta permuta “costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare”. Ad ogni modo, non può che suggerirsi la massima prudenza al promissario acquirente per il caso in cui si prospetti l’eventualità di concludere un definitivo non perfettamente coincidente con l’assetto prospettato in sede preliminare. 11 A margine della trascrizione del preliminare verrà effettuata un’annotazione in forza della quale all’originario promissario acquirente ne viene sostituito un altro. 12 Previsione quest’ultima inserita dall’art. 4, comma 6, lett. c), D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e, successivamente, così modificato dall’art. 33, comma 1, lett. a-ter), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134. 13 L’art. 2775-bis c.c. statuisce al primo comma che “Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi”.


SICUREZZA CANTIERI Corrado Romagnoli

Concorso per studenti “La sicurezza non è un optional”

Foto © Foto Ondei

Dall'alto. La 3A ITG di Somma Lombardo. Nadia Bettari, coordinatrice della Commissione Sicurezza.

A

nche quest’anno presso il centro di formazione “Sicurzone” con il patrocinio del Collegio Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Brescia, si è svolto il concorso “La sicurezza non è un optional”, con la presenza alle premiazioni della geometra Nadia Bettari, Coordinatrice dalla Commissione Sicurezza del Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della provincia di Brescia. Giunto alla seconda edizione, il concorso era riservato agli studenti di istituti tecnici per introdurre i ragazzi alle problematiche della sicurezza e far loro vivere sul campo la particolarità dei lavori in quota. Hanno partecipato alla seconda edizione ben 6 istituti della Regione Lombardia quali: “Tartaglia-Olivieri” di Brescia, “Antonietti” di Iseo, Isiss “Daverio” di Varese, Isis “Facchinetti” di Castellanza, Itg di Somma Lombardo ed ITC “Zappa” di Saronno. Ogni giornata formativa è consistita in una parte teorica condotta dal geometra Raffaele Scorza, direttore del Centro, ed una pratica condotta dal geometra Buffoli, presidente dell’Associazione, in cui gli studenti si sono cimentati dimostrando interesse particolare e ottimi risultati. L’importanza della giornata formativa è data appunto dalle prove pratiche che aiutano gli studenti a sensibilizzarsi nei confronti del mondo del lavoro. Il giorno 10 Aprile 2015 il Centro di formazione “Sicurzone” ha ospitato le premiazioni del concorso, premiando i migliori tre studenti e le migliori tre classi che nel corso dell’anno scolastico 2013-2014 partecipando alla giornata formativa hanno ottenuto il miglior punteggio nei test loro sottoposti al termine della lezione. I primi tre migliori studenti classificati: • 1° miglior studente: Federico Filippi (Ist. “Somma Lombardo” classe 3A). • 2° miglior studente: Paola Rizzi (Ist. “Tartaglia” classe 4A). • 3° miglior studente: Roberto Archetti (Ist. “Antonietti” classe 4E). Le prime tre migliori classi si sono aggiudicate una coppa simbolica realizzata per l’occasione e sono: • 1^ miglior classe: 3A “Somma Lombardo”. • 2^ miglior classe: 4A “Tartaglia”. • 3^ miglior classe: 4F “Antonietti”. Tra gli interventi ricordiamo quello di un preside che ha indicato come la formazione della sicurezza sia un punto centrale all’interno del percorso scolastico e, visto il calo di iscrizioni

presso gli istituti tecnici, ha invitato la scuola e i collegi a confrontarsi per riflettere sul futuro di questi percorsi. Nadia Bettari ha ricordato innanzitutto che il Collegio offre opportunità affinché i geometri siano formati non solo in ambito di sicurezza cantieri ma anche riguardo ai posti fissi nei luoghi di lavoro. In secondo luogo ha rilevato l’importanza della figura professionale che può formare addetti delegati alla riduzione dei rischi non solo in edilizia, ma anche nelle aziende, aprendo così uno sbocco lavorativo ulteriore che completa la figura del geometra, rendendolo oltretutto partecipe alla riduzione della spesa sociale. In sinergia con imprese ed enti di vigilanza, sarà importante che il Collegio Geometri continui nell’opera formativa intrapresa con corsi specializzati per soddisfare le nuove figure professionali richieste dal mercato. Il presidente Buffoli, nel ringraziare i partecipanti per l’ottima riuscita dell’iniziativa, avvisa che sono in atto contatti per estendere alla regione Toscana il concorso e, perché no, magari anche a livello nazionale. Pertanto è certamente un arrivederci all’anno prossimo, magari con qualche novità ! L’evento e le interviste rilasciate sono visibili anche sul sito http://www.teletutto.it/Video_Ondemand/professionisti_ in_rete/12092.html T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 55


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Modelli semplificati per la redazione del PSS

Continuiamo la pubblicazione, già iniziata sul numero 6/2014, dei modelli semplificati sulla problematica della Sicurezza di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. In particolare, in questo numero presentiamo la seconda parte dei moduli relativi alla redazione del PSS, in formato tale da poter essere agevolmente riprodottI.

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(Parte quarta)


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AGRICOLTURA

N

ell’articolo comparso nel n. 1/2015 ho potuto illustrare – e, credo, dimostrare – essere illegittimo il percorso che a tutt’oggi porta la Lombardia, intesa quale insieme delle Pubbliche Amministrazioni “per legge competentiâ€?, a considerare pubblici e dunque appartenenti al Demanio Idrico (che non è piĂš soltanto statale) gran parte dei corsi d’acqua privati. Limitandomi ai corsi d’acqua dall’indiscutibile demanialitĂ , senz’altro annovero i fiumi ed i torrenti, che con termine generico e quasi sempre corretto (almeno ab origine) definiamo corsi d’acqua naturali e che, in quanto naturali, hanno un regime idraulico (o, per meglio dire, idrologico) variabile con i cicli stagionali, questi ultimi in continua evoluzione piĂš o meno “naturaleâ€?. Dunque, qui mi riferisco a ciò che è e sempre sarĂ Demanio Idrico, fatte dunque salve auspicabili “lombarde correzioni di rottaâ€?. La variabilitĂ del regime idrologico di fiumi e torrenti provoca differenti condizioni idrauliche del flusso, descritte – anche qui con generale percezione del significato – con usuali termini, quali piena, magra, morbida (questo, invero, meno usuale), livello normale (questo, invero, troppo generico, ma assai utilizzato‌). Piena è ovviamente il termine che può vantare la maggiore ricchezza di aggettivi specificativi: modesta, normale, media, massima, eccezionale, straordinaria, catastrofica, poi idrologica66 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Qual è il limite del Demanio Idrico?

mente interpretati dagli addetti ai lavori secondo il relativo Tempo di Ritorno (ossia mediamente attesa una volta ogni 5, 10, 20, 50, 100, 200 anni). In qualsiasi corso d’acqua naturale, tra la massima piena e la massima magra, l’area occupata dalle acque cambia, a volte in quantitĂ clamorose: l’esempio piĂš rilevante e, per me, vicinissimo, è il fiume Po, la cui area bagnata (altro termine prettamente idraulico) può ampliarsi, durante le piene, per chilometri, anche invadendo zone abitate, coltivate, comunque “antropizzateâ€?. Ecco allora il problema: se un corso d’acqua pubblico (fiume, torrente, ma anche palude, lago, mare, dunque rendendo piĂš appropriato il termine corpo d’acqua) è parte del Demanio, quale è il limite geografico di tale demanialitĂ ? Dove termina la superficie senz’altro pubblica ed inizia l’altrui proprietĂ , quasi sempre privata? Il problema non è certo di poco conto! Ancor piĂš lo è diventato dopo la legge n. 37/1994 (cosiddetta “Legge Cutreraâ€?), che seguĂŹ la 36/1994 (cd “Legge Galliâ€?), ben piĂš famosa perchĂŠ rese pubbliche tutte le acque (ma non tutti gli alvei, come giĂ credo d’aver dimostrato nel numero 1/2015 di questa rivista), sebbene possa vantare, la 37/1994, un altro importante primato: una legge nazionale italiana vigente da oltre ventuno anni senza essere mai stata modificata (cosĂŹ mi risulta: se sbaglio chiedo pre-

Foto ŠMichele Salmi e Nikos Chiodetto - it.meteo.yahoo.com // Gloria Annovi - remark-re.it

3TEFANOĂ?' Ă?,OFl

ventive scuse, ma ho voluto rischiare l’errore per evidenziare un fatto sul quale si potrebbero avanzare molte considerazioni, in gran parte amare!). Le legge “Cutreraâ€?, sin dal comma 1 dell’articolo 1, si preoccupò di tutelare , attribuendole automaticamente al Demanio Idrico, quelle aree lungo gli alvei dei corsi/ corpi d’acqua pubblici che vengono abbandonate dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull’altra, anche se questa modifica della corrente è causata sia da eventi naturali che per fatti artificiali indotti dall’attivitĂ antropica (art. 4 c. 1 – modifica dell’articolo 947 C.c.). Un aspetto di

questa legge, interessante non soltanto al fine di questa mia analisi e che mi pare pure poco noto (ed ancor meno applicato!), è la seconda parte dello stesso comma 1 art. 1: se, da un lato, la corrente, abbandonando la sponda, forma nuova terra, automaticamente attribuita al Demanio, l’erosione / la sommersione permanente di terreni privati della riva opposta, anch’essi ormai inequivocabilmente demaniali, non dĂ motivo di reclamo alcuno da parte del precedente proprietario (i.e.: senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto). Dunque, un corso d’acqua naturale può mutare il suo


AGRICOLTURA Nella pagina precedente. Il fiume Po in un momento di piena e di secca, nelle vicinanze di Boretto (RE). Sotto. La copertina del volume Il Servizio Idrografico Italiano.

cammino, formando nuova terra, subito demaniale, e anche “conquistando” al Demanio altrui proprietà, con altrettanta immediatezza e senza risarcimento di sorta. Penso sia ora chiaro quanto sia delicato il determinare il limite territoriale del Demanio Idrico! La definizione – ormai consolidata – è lapidaria, anche se incompleta: il Demanio Idrico è costituito dalla parte di territorio sommersa dalle acque durante la Piena Ordinaria. Si deve quindi aggiungere la definizione di Piena Ordinaria di un corso d’acqua, “naturale” a tutti gli effetti, che fu sancita – con la presti-

giosa firma del professor Giulio De Marchi – in occasione del XV Congresso Internazionale di Navigazione, tenutosi a Venezia nel settembre 1931, i cui atti furono pubblicati dalla tipografia del Senato (Roma 1931) nel volume Il Servizio Idrografico Italiano – XV Congresso internazionale di Navigazione. “Altezza di Piena Ordinaria, in una sezione fornita di idrometro, e per un lungo periodo di osservazione (parecchie decine di anni): il livello superato o uguagliato dalle massime altezze annuali verificate nella sezione in ¾ degli anni di osservazione” (pag. 96). Dunque, in estrema ed immediata sintesi, anche se non rigorosa: il Demanio Idrico è

l’area che viene sommersa durante le piene che raggiungono un livello non superiore al 25% di tutti i livelli di piena registrati. Prima e principale osservazione: il limite del Demanio Idrico è variabile, può espandersi, anche per cause non naturali, ma mai “naturalmente” contrarsi. Quando il Demanio Idrico si espande, ovvero si alza il valore del Livello di Piena Ordinaria – che è statistico e quindi ineluttabilmente variabile nel tempo – le aree d’espansione diventano demaniali sic et simpliciter e pure senza possibilità di reclamo alcuno da parte di chicchessia. Non solo: la già citata legge 37/1994 precisa – modificando l’art. 947 del Codice civile – che quanto sopra avviene anche nel caso in cui “l’espansione” del Demanio Idrico è provocata per fatti artificiali indotti dall’attività antropica. C’è ora da chiedersi: le pubbliche amministrazione preposte (non faccio nomi…) svolgono gli studi (o utilizzano gli studi esistenti) per aggiornare il Demanio Idrico che, essendo costante o, spesso, sempre crescente, potrebbe anche portare qualche risorsa in più nelle relative e sempre esauste casse? A dimostrazione di aver voluto scegliere un argomento che suscita un interesse attuale, termino citando un caso che coinvolge coloro che vantano (o vogliono vantare…) diritti su aree perifluviali, oggi anche bresciane e cremonesi. Che accade, infatti, quando si realizza una

centrale idroelettrica nell’alveo di un fiume, la cui gestione, che tende a rendere massimo il salto idraulico, porta a modificare la serie storica dei livelli, anche durante le piene “non massime” e quindi ad incrementare il livello della Piena Ordinaria e la collegata area acquisita al Demanio idrico? Gli ex proprietari delle aree ora del Demanio Idrico, perché divenute soggiacenti alla nuova quota di Piena Ordinaria, hanno diritto ad avanzare reclamo? L’unico dubbio che mi sovviene – ma è un dubbio “da ingegnere”, dunque da prendere cum grano salis – deriva dallo stesso passo della legge 37/1994, che nega qualsivoglia diritto di reclamo al confinante della riva opposta, mentre, nei nostri fiumi di pianura, a debolissima pendenza, la modifica dei livelli delle acque dei fiumi si diffondono per chilometri, d’ambo le sponde! Si dirà – come purtroppo si dice in Italia – che è necessario esaminare la Giurisprudenza, che credo sia ben misera al riguardo; se anche qui mi sbaglio, un dibattito, magari su questa autorevole rivista, sarebbe assai interessante e “costruttivo” per tanti, me compreso! T

L'autore Stefano G. Loffi, direttore del Consorzio Irrigazioni Cremonesi, rimanda i lettori per approfondimenti all'articolo “Piena Ordinaria e Demanio Idrico”, sul sito www.cic.cr.it:

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EDILIZIA SOSTENIBILE

ATTESTATO Certificazione energetica Ancora novità in arrivo L’Attestato di Prestazione Energetica (Ape) cambia volto. Nelle scorse settimane è stata diffusa una bozza provvisoria del decreto del ministero dello Sviluppo Economico che rivede la normativa sull’efficienza energetica degli edifici. Proprio sulla base di queste regole i certificatori energetici saranno tenuti a redigere l’Ape. La certificazione energetica nel nostro Paese debutta nel 2005 con la pubblicazione del d.lgs. 192/2005. Modifiche al decreto sono state apportate dal decreto legge 63/2013 che ha introdotto l’Attestato di Prestazione Energetica (Ape) in luogo dell’Attestato di Certificazione Energetica (Ace). Dal 2 ottobre 2014 è in vigore l’ultima rivoluzione in materia di Certificazione Energetica, introdotta dalla pubblicazione dell’aggiornamento della normativa tecnica di riferimento (UNI/ TS11300:2014 parti 1 e 2). Entrambi gli attestati identificano il consumo annuale di energia di un edificio. L’attestazione riassume le caratteristiche energetiche dell’immobile. Per misurarle, il tecnico deve analizzare le caratteristiche termo igrometriche, i consumi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e il riscaldamento degli ambienti, il tipo di impianto, eventuali sistemi di produzione di energia rinnovabile. 68 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

... E si passa dall'ACE all'APE

L’attestato deve ovviamente riportare anche i dati catastali dell’immobile. Cosa cambia per l’Ape? Innanzitutto entro l’1 luglio 2015 dovranno essere applicati i nuovi standard minimi per il calcolo della classe, da riportare nell’Attestato di Prestazione Energetica necessario per la vendita o la locazione degli immobili. Le classi energetiche saranno ora dieci: nel vecchio sistema le sette lettere da A a G indicavano il livello di efficienza e sostenibilità dell’edificio. Nel sistema rinnovato le classi andranno da A4, la migliore, fino ad A3, A2, A, B, C, D, E, F, G, la più bassa. L’Attestato sarà semplificato e identico su tutto il territorio nazionale, con una metodologia di calcolo omogenea. Prima di richiedere la prestazione il committente dovrebbe munirsi, su richiesta dello stesso tecnico, di alcuni documenti necessari alla compilazione dell’attestato: 1. visura catastale dell’edificio o, in alternativa, tutti i dati catastali che lo caratterizzano; 2. estremi del proprietario dell’immobile, che potrebbero non coincidere con gli estremi del committente stesso; 3. planimetria, meglio se catastale, dell’edificio; 4. libretto d’impianto (riscaldamento autonomo) o di centrale (riscaldamento centralizzato), nel caso l’edificio fosse provvisto di impianto di riscaldamento con caldaia a gas. T

Foto © Benjamin LEFEBVRE – Fotolia.com

Dal “Giornale di Brescia”, 28 aprile 2015


EDILIZIA SOSTENIBILE

Commissione Edilizia Sostenibile, Efficienza Energetica ed Acustica in Edilizia Verbale del 17 marzo 2015

Sono presenti alla riunione: Geom. Orio Silvano (Responsabile) Geom. Manella Roberto (Coordinatore) Geom. Baldassari Leonardo Geom. Bertinelli Maurizio Geom. Bozza Riccardo Geom. Buizza Alberto Geom. Dotti Giuseppe Geom. Franco Giuseppe Geom. Greci Renato Geom. Meneghello Riccardo Geom. Persavalli Alfredo Geom. Trischitta Mauro Salvatore Geom. Valetti Ugo Geom. Veneziani Matteo

Assenti giustificati Geom. Annovazzi Raffaella Geom. Antonini Manuel Geom. Bianco Fabrizio Geom. Franzoni Bruno Geom. Freti Nicola Geom. Merigo Alessandro Geom. Platto Giovanni

Assenti non giustificati Geom. Andrico Francesco Geom. Fettolini Ezio Geom. Luciani Roberto Geom. Mombelli Mariano Geom. Macaluso Salvatore Geom. Orizio Giorgio Geom. Pedretti Stefano Geom. Scalvinoni Giacomo Geom. Tononi Ezio Geom. Veneziani Matteo Geom. Vezzola Nicola Geom. Luciani Roberto

In discussione i seguenti punti all’ordine del giorno: 1. Individuazione Commissioni tecniche del Comitato Termotecnico Italiano a cui aderire; 2. Organizzazione corsi di aggiornamento; 3. Varie ed eventuali. Punto 1) Individuazione Commissioni tecniche del Comitato Termotecnico Italiano a cui aderire: A seguito dell’approvazione da parte del Consiglio Direttivo dell’iscrizione del Collegio al Comitato Termotecnico Italiano, si è svolto un sondaggio tra i colleghi presenti al fine di individuare tre nominativi interessati ad aderire ad alcune delle commissioni di cui lo stesso si compone. I colleghi che hanno dato disponibilità e le relative commissioni sono i seguenti: • Geom. Leonardo Baldassarri ( disponibilità per COMMISSIONE TECNICA UNI DI INTERESSE CTI, in particolare sottocommissione TC277 – commissione UNI prodotti, processi e sistemi per l’organismo edilizio ) • Geom. Alfredo Persavalli: ( disponibilità per Commissione SC01 TRASMISSIONE DEL CALORE E FLUIDODINAMICA, in particolare sottocommissione CTM103 Progettazione integrata termoacustica degli edifici – Commissione mista CTI – UNI • Geom. Ugo Valetti: (disponibilità per commissione SC01 TRASMISSIONE DEL CALORE E FLUIDODINAMICA, commissione SC02 EFFICIENZA ENERGETICA E GESTIONE DELL’ENERGIA, commissione SC06 RISCALDAMENTO E VENTILAZIONE, commissione SC09 FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI, TRADIZIONALI, SECONDARIE. Punto 2) Organizzazione corsi di aggiornamento: Si propone l’organizzazione di un seminario gratuito informativo da svolgersi preferibilmente nel mese di giugno 2015 presso L’Istituto “Tartaglia” di Brescia relativo alle novità introdotte dalla nuova versione del software Cened+ 2.0. Tale seminario verrà tenuto direttamente dai relatori Cened ed avrà una durata indicativa di mezza giornata. In seguito verranno organizzati dei corsi specifici di formazione sullo stesso tema più articolati e specifici con modalità e tempistiche da definirsi. Si propone inoltre l’organizzazione di un seminario gratuito riguardante gli impianti di riscaldamento da svolgersi a Desenzano del Garda per motivi logistici in quanto è prevista poi direttamente una visita in una ditta produttrice sita a Peschiera del Garda. Data da stabilirsi. Punto 3) Varie ed eventuali. Si segnala nuovamente il problema delle Certificazioni energetiche Low Cost aggiungendo una nuova offerta effettuata ultimamente dalle Banche, che propongono ai propri clienti pacchetti completi comprensivi di Perizia di stima, certificati vari e certificazione energetica alla cifra complessiva di € 300,00 La commissione prende atto che tale fenomeno è sempre più in espansione, penalizzando chi esegue il proprio lavoro con cognizione e professionalità. Esauriti gli argomenti, la commissione viene chiusa alle ore 11.30. Il Coordinatore Geom. Manella Roberto

Il Responsabile Geom. Orio Silvano IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 69


URBANISTICA

Quando le semplificazioni diventano complicazioni

La modulistica, nell'attività professionale legata a richieste di autorizzazione in campo edilizio, assume un ruolo sempre più rilevante e diventa quindi essenziale che essa sia impostata su criteri logici e di facile comprensione. Non è così,purtroppo, per i moduli relativi ai PC, alla DIA, alla SCIA, alla CIL e alla CILA che di recente la Regione ha licenziato. Diventa giusta e doverosa la presa di posizione del nostro esperto Giuseppe Zipponi che da sempre si batte sui temi della trasparenza e della semplificazione in edilizia

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l giorno in cui l'allora ministra Lanzetta firmò l'accordo tra Governo, Regioni ed Enti Locali sull'adozione di nuovi modelli per le richieste in ambito edilizio, qualcosa dev'essere andato storto. Oppure, molto probabilmente, nessuno dei suoi collaboratori si è voluto prendere la briga di approfondire nel dettaglio quanto si stava per deliberare. E pensare che il titolo della Legge cui si ispirava il Provvedimento recita "Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa". Evidentemente nessuno di loro aveva ben presente la non poca differenza tra semplificazione e complicazione. In fondo bastava leggere un qualsiasi dizionario. Semplificazione: rendere semplice o più semplice; rendere più agile e funzionale; facilitare, agevolare, alleggerire. Complicazione: il complicare o il complicarsi; difficoltà, inciampo. Così ci ritroviamo a commentare una pietosa iniziativa delle nostre istituzioni (meglio: di sconosciuti burocrati delle nostre istituzioni) che balza direttamente ai primi posti della speciale classifica “100 procedure complicate da semplificare”. Stiamo parlando di modelli unificati del permesso di costruire, della segnalazione certificata di inizio attività, della denuncia di inizio attività e della comunicazione di inizio attività. Si trovano in internet agevolmente. Noi non li pubblichiamo. Non per malevolenza, ma perché non ci stanno. Sommati fanno esattamente 95 pagine. La sola SCIA ne conta 30: un libro. A distanza di un anno, la Regione Lombardia convalida di fatto i modelli statali; e li somministra a tutti i comuni, professionisti e cittadini lombardi. Io personalmente, delegato dal Collegio di Brescia, ho partecipato a vari incontri della Consulta Regionale dei Geometri convocata da Regione Lombardia per la “condivisione” dei modelli. Ho chiesto espressamente che si facesse tabula rasa riscrivendoli da zero. Non è stato possibile. I nostri funzionari e assessori regionali si sono di fatto adattati ai modelli ministeriali. Elenco di seguito deduzioni di carattere generale, inutilità e grossolani errori. 1. Tutti i modelli sono troppo lunghi e articolati, già questo predispone negativamente chi li deve compilare. 2. Varie informazioni vengono ripetute più volte. Per esempio, nella comunicazione asseverata, per una manutenzione straordinaria, sta scritto a pagina 1 che è una manutenzione straordinaria, a pagina 3 che è una manutenzione straordinaria e, sempre a pagina 3, che le opere sono di manutenzione straordinaria. 3. Nei modelli di permesso di costruire o SCIA o DIA il committente e il progettista devono fare rispettivamente 12 e

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Giuseppe Zipponi


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24 dichiarazioni che, con le molteplici casistiche, salgono (li abbiamo contati per voi) a 245 quadratini da leggere o barrare o completare. Un record. Tutte queste dichiarazioni, se è vero come è vero che sono già di per se assorbite nella dichiarazione di conformità del progettista (agli strumenti urbanistici, al Regolamento Edilizio Comunale, alle norme di sicurezza e igienico/sanitarie ecc. ecc.), sono abusive. Viene richiesto al progettista di dichiarare la conformità del progetto al Codice Civile. Una novità assoluta, da che è stata inventata l’urbanistica nell’anno 1942. Primo: non è previsto da alcuna legge. Secondo: per quale motivo il progettista dovrebbe assumersi una sovrabbondante responsabilità in tema di muri comuni, di confini, di luci o vedute, di parentele o altro? Non è contemplata la procura; per i casi, assai frequenti, in cui il committente non disponga della firma digitale. Non è contemplata la dichiarazione della marca da bollo (nei casi in cui è richiesto, per le pratiche telematiche). Nel nutrito elenco di dichiarazioni e allegati si scopre di tutto. Dai diritti di segreteria sempre obbligatori (che invece sono facoltativi e non sono nemmeno previsti dalla Legge per le comunicazioni o SCIA) alla diffusione sonora. Dalla denuncia Cementi Armati e/o progetto impianti che invece possono essere prodotti prima dell’effettivo inizio

oppure il dover scrivere quale articolo del PGT regolamenta la zona. 9. E ancora. Il dover dichiarare se sono previsti gli impianti sanitari o l’impianto radiotelevisivo. Siamo nel 2015, suvvia, c’è l’hanno tutti! Oppure se si rientra o meno nella Legge 447/95, nel Decreto 192/2005, 28/2011, 37/2008, 227/2011, 161/2012, 69/2013, 3267/1923, 120/2003, ecc. ecc.; questi misconosciuti. 10. Nei quadri inerenti la regolarità urbanistica compare, in alternativa ai precedenti permessi e titoli abilitativi, il “primo accatastamento”. Come dire: un fabbricato abusivo, una volta accatastato per la prima volta, diventa regolare. Ve l’immaginate? Che si tratti del quarto condono? 11. Ci sono vari quadri inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro in merito alla quale lo Sportello Unico dell’Edilizia non ha alcuna competenza. 12. Di tutti i soggetti sono richiesti luogo e data di nascita. Dati inutili e superati dal codice fiscale. 13. Vengono richiesti alcuni dati geometrici (s.l.p., volume, superficie coperta, numero di piano) che dono un doppione, peraltro incompleto, dei parametri già contenuti nel progetto. 14. Nonostante tutti questi sforzi, all’appello mancano comunque altri importanti procedimenti inerenti l’edilizia: autorizzazioni preliminari, agibilità, certificati, collaudi, lottizzazioni, sanatorie. Più che di semplificazione, in definitiva, possiamo parlare di mezza “non semplificazione”. Non si poteva, dico io, fare un unico modello secondo il seguente elementare schema? a. dati del/i committenti b. tipo di procedimento scelto: permesso, Dia, SCIA ecc. ecc. c. opere da realizzare e localizzazione, anche catastale d. dati e asseverazione del progettista e. dati del direttore lavori e impresa, se necessari f. quattro o cinque dichiarazioni: vincoli, precedenti pratiche, bollo ecc. g. tutti il resto negli allegati di progetto In tutto, tre o quattro pagine. Troppo semplice? In conclusione auspico che qualcuno (ma putroppo in questi casi nessuno è mai responsabile) si metta la mano sul cuore e, dopo aver riflettuto sull'ennesimo obbrobrio burocratico, provveda ai necessari rimedi. In attesa di ciò è quantomeno auspicabile che le nostre amministrazioni comunali (come per la verità spesso avviene) continuino a non ritenere obbligatorio l'utilizzo di tali "mostruosi" modelli, in attesa che qualcuno li corregga, possibilmente "tagliandoli" di qualche decina di pagine. Del resto, in ossequio al principio della libertà della forma, il loro utilizzo non è obbligatorio. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 71


URBANISTICA Antonio Gnecchi

I diritti edificatori Convegno alla CC.I.AA. del 15 gennaio 2015

Pubblichiamo la sintesi del Convegno tenuto presso la CC.I.AA. di Brescia il 15 gennaio 2015 sul tema “La sostenibilità economica dei diritti edificatori negli interventi edilizi”, con gli interventi dell’architetto Alessandro Benevolo, del notaio Antonella Rebuffoni e dell’architetto Gian Piero Pedretti.

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er cercare di capire cosa sono i diritti edificatori è necessario partire dalla natura giuridica di questo bene, partendo dalla sua introduzione nel nostro ordinamento legislativo. In regione Lombardia sono stati introdotti con la legge regionale n. 12/2005 creando qualche problema perché non costituivano veri e propri diritti reali. A sistemare le cose ci ha pensato il DL 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge n. 106/2011 che ha modificato l’art. 2643 del codice civile introducendo il comma 2-bis che ammette la trascrivibilità, di contratti che trasferiscono, costituiscono e modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione urbanistica. La finalità principale e diffusa è quella di consentire la cessione di cubatura, con l’effetto di evitare opposizioni al contratto nei confronti di terzi. Nonostante l’introduzione del comma 2-bis nell’art. 2643 del c.c. ci si chiede se il diritto edificatorio sia un bene giuridico o un diritto reale, perché da una parte non esiste una norma di ca72 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

rattere sostanziale e dall’altra non è possibile ricondurre il diritto edificatorio a taluna fattispecie dei diritti reali tipici. Come sopra si diceva, la funzione principale del diritto edificatorio è quella di consentire la cessione di cubatura, ovvero l’indice di edificabilità che la legge o il PRG fissano per ogni zona con riferimento ad aree edificabili comprese nella stessa zona, a partire dalla “legge Ponte” del 1967 che ha introdotto nella legge urbanistica i cosiddetti standard urbanistici ed edilizi. La cessione di cubatura prima del 2011 non era stata codificata dalla legislazione nazionale, così che è stata definita dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 21177/2009, come “l’accordo tra proprietari di aree contigue, avanti la stessa destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area “cede” una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà”. Due sono le tesi sulla natura giuridica sulla cessione della cubatura.

La prima è di tipo negoziale, cioè evidenzia l’aspetto negoziale, ossia l’accordo tra privati, mentre la seconda è di tipo amministrativo perché mette in evidenza la centralità del provvedimento amministrativo. Prima del 2011 c’è stato un tentativo di conciliare il trasferimento della cubatura

con le categorie tradizionali dei diritti reali e, al fine di procedere alla trascrizione, la prassi ricorreva, sostanzialmente a due tecniche: 1. La prima si riferiva alla costituzione della servitù di cui all’art. 2643, n. 4 del c.c., ossia istituire una servitù di non edificare a carico del fondo “cedente.


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URBANISTICA

2. La seconda si riferiva all’atto di asservimento nei confronti del comune da parte del proprietario con impegno a non richiedere titolo edilizio, con rilascio a favore di altro proprietario di un titolo edilizio per una volumetria superiore a quella relativa al suo terreno, con rinuncia ai diritti (art. 2643, n. 5, del c.c.). La reale portata dell’art. 2643, n. 2-bis del codice civile Il legislatore ha inteso sgombrare il campo dalle passate discussioni optando per la “tesi privatistica-negoziale” escludendo quindi la vicenda traslativa (“i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano diritti edificatori”). La legge differenzia nettamente il diritto edificatorio dalla servitù prediale. La nuova normativa trattando di “diritti edificatori” è interpretata nel senso della sua applicabilità: • alla cessione di diritti edificatori • alla cessione di cubatura. Il diritto edificatorio può dunque circolare autonomamente. Sulla natura dei diritti edificatori vi sono però dei nuovi orientamenti così distinti: 1. tesi del diritto reale nominato, in quanto contemplato in un’espressa previsione di legge e trascrivibile, nel rispetto del principio di tipicità dei diritti reali, 2. tesi non civilistica, in quanto si tratta di una situazione giuridica soggettiva che necessita di attività a-

desiva della pubblica amministrazione, 3. tesi del bene immateriale di origine immobiliare, in quanto si tratta di un bene in senso economico nuovo ed autonomo, suscettibile di valutazione economica. La norma ha introdotto uno strumento per dare certezza alla circolazione di beni fra privati, non un nuovo diritto reale (cosiddetto principio del numerus clausus dei diritti reali), 4. tesi del diritto reale tipico, perché presenta un profilo di realità in quanto presuppone la titolarità di un immobile nel quale riservare la “quantità volumetrica”. Di seguito si approfondiscono brevemente due diversi aspetti dei diritti edificatori: A – Bene giuridico immateriale, per il quale gli argomenti a sostegno di tale tesi, oltre alla tipicità dei diritti reali, sono: a. l’espressione “diritti edificatori” è atecnica in quanto in contrasto con il singolare “diritto” utilizzato negli altri numeri dell’articolo 2643 del codice civile, b.si concilia perfettamente con la definizione di bene “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”, c. la realtà economica-commerciale conferma che la volumetria rappresenta un valore economico autonomo, in grado di staccarsi dalla proprietà del suolo ed è un bene giuridicamente e materialmente diverso dal fabbricato edificato in forza di essa,

d.esprime un valore in termini economici e rappresenta una porzione della realtà empirica (ancorché immateriale), idonea a soddisfare interessi meritevoli di tutela. B – Diritto reale atipico, per il quale, anche ammettendo la tipicità dei diritti reali, bisogna precisare che: a. è un principio rivolto solamente ai privati i quali non possono creare nuovi diritti, b.tale principio non opera per il legislatore il quale può creare nuove categorie di diritti, c. il diritto edificatorio attribuisce un’utilità positiva a colui che lo acquista e tale “utilitas” corrisponde ad una facoltà di godimento operando come gli altri diritti reali, d.il successivo n. 3 dell’art. 2643 parla di “contratti che costituiscono la comunione menzionati nei numeri precedenti” e la comunione è trasferibile ai diritti reali. In definitiva, è un diritto affine alla cubatura edilizia la cui realità è stata avallata dalla Cassazione che l’ha qualificata come “utilitas” trasferibile. Il riconoscimento del diritto edificatorio è operato o dallo strumento urbanistico o dalla stipulazione di una convenzione urbanistica. Le tecniche urbanistiche dalle quali possono sorgere i diritti edificatori, sono le seguenti: 1. l’incentivazione, mediante la stipula d una convenzione urbanistica, 2. la compensazione, me-

diante la cessione di immobili, 3. la perequazione, mediante lo strumento urbanistico. Il diritto edificatorio che attiene all’incentivazione sorge a fronte di interventi di riqualificazione urbanistico-ambientale. Il riconoscimento del diritto avviene mediante una convenzione urbanistica, soggetta a trascrizione, nella quale vengono stabilite le modalità di trasferimento del diritto e i termini di utilizzo, con eventuale prescrizione. La convenzione urbanistica disciplina: a. gli obblighi di riqualificazione che gravano sul proprietario, b.l’obbligo di realizzare eventuali opere di urbanizzazione, c. i vincoli di inedificabilità. d.Il diritto edificatorio spettante al proprietario a fronte degli obblighi assunti. La trascrizione del diritto edificatorio attinente la convenzione urbanistica per l’incentivazione deve contenere due note che riguardano: • a carico del proprietario dell’immobile e a favore del comune: il vincolo di inedificabilità, la destinazione d’uso e gli obblighi di attuazione, • a carico del comune e a favore del proprietario dell’immobile: il riconoscimento del diritto edificatorio. Il diritto edificatorio che attiene alla compensazione sorge a fronte della cessione al comune di aree e/o edifici vincolati all’esproprio. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 73


URBANISTICA

Il riconoscimento del diritto avviene mediante una convenzione urbanistica, soggetta a trascrizione, e riguarda esclusivamente la cessione di immobili. Con questo riconoscimento nell’ambito di una convenzione urbanistica il cedente riceve capacità edificatoria da utilizzare in altri siti. Anche in questo caso la trascrizione della convenzione urbanistica per la compensazione deve contenere due note che riguardano la cessione di immobili, con l’indicazione degli stessi: • a carico del proprietario dell’immobile e a favore del comune, • a carico del comune e a favore del proprietario dell’immobile. La circolazione del diritto edificatorio e trascrizione derivante dalla incentivazione e compensazione Il diritto edificatorio derivante da incentivazione o compensazione, una volta riconosciuto può liberamente circolare, salvo limiti imposti dalle leggi regionali (vedi divieto ex art. 11, comma 4, della LR Lombardia n. 12/2005), e possono riguardare o il trasferimento del solo diritto edificatorio, oppure il trasferimento della proprietà area più il diritto edificatorio. Una nota di trascrizione per la cessione del diritto edificatorio derivante da incentivazione o compensazione è a carico del titolare del diritto edificatorio e a favore dell’acquirente, mediante l’indicazione degli immobili “di partenza”. 74 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Diritti edificatori, perequazione, trascrizione e circolazione Il diritto edificatorio sorge in forza dello strumento urbanistico del comune ove viene riconosciuto l’indice di edificabilità all’intero comparto urbanistico. Il riconoscimento dello strumento urbanistico avviene mediante lo strumento urbanistico attraverso la stipula della convenzione attuativa (PUA). Il PUA individua le aree ove è ammessa l’edificazione e le aree da cedere gratuitamente al comune e le aree ad uso pubblico. Con l’individuazione delle aree pubbliche si individuano i soggetti titolari dei diritti edificatori perequativi che saranno oggetto di trasferimento in quanto non utilizzabili sulle aree individuate. Anche in questo caso la trascrizione della convenzione urbanistica per la perequazione deve contenere due note che riguardano l’attuazione del PUA: • a carico dei proprietari degli immobili ricompresi nel PUA e a favore del comune e che riguardano i vincoli urbanistici e gli obblighi di attuazione, • a carico del comune e a favore dei proprietari degli immobili ricompresi nel PUA e che riguardano i riconoscimenti dei diritti edificatoti. Il diritto edificatorio perequativo una volta riconosciuto può liberamente circolare e l’acquirente, che è già proprietario di un’area di concentrazione, può unire il

nuovo diritto a quello riconosciuto oppure non destinare (immediatamente) il diritto edificatorio ad un’area di concentrazione. Una nota di trascrizione della convenzione urbanistica per la cessione del diritto edificatorio, derivante da perequazione, è a carico del titolare del diritto edificatorio perequativo e a favore dell’acquirente, mediante l’indicazione degli immobili “di partenza”. Registro dei diritti edificatori Il diritto edificatorio una volta venuto ad esistenza deve essere annotato anche nel registro tenuto dal comune. Dal registro deve risultare: • lo strumento urbanistico che ha riconosciuto il diritto edificatorio, • il beneficiario del diritto edificatorio, se il diritto edificatorio è “in volo”, ossia quelli generati o è “atterrato”, ossia utilizzati, • in caso di successiva cessione: il cessionario Imposte indirette Sono distinte a seconda che si tratti delle convenzioni urbanistiche di riconoscimento da quelle per la circolazione del diritto edificatorio una volta riconosciuto. Per le convenzioni urbanistiche, l’imposta di registro è dovuta in misura fissa, pari ad € 200, senza imposta di trascrizione. Per l’atto traslativo del diritto, la tassazione dipende dalle tesi seguita, a seconda che si tratti di un diritto reale, ovvero di un interesse legittimo. Qualora si tratti di diritto

reale, secondo l‘orientamento giurisprudenziale relativo alla cubatura, gli atti traslativi a titolo oneroso di diritti reali, impongono: • l’imposta di registro del 9 per cento, • l’imposta di trascrizione di 50 euro. Qualora si tratti dell’interesse legittimo o di un bene immateriale di origine immobiliare, ossia gli atti diversi da quelli relativi a immobili e diritti reali immobiliari di godimento, s’impone: • l’imposta di registro del 3 per cento, • l’imposta di trascrizione di 200 euro. Se il cedente è soggetto IVA, l’aliquota IVA è del 22 %, l’imposta di registro è pari a € 200, e l’imposta di trascrizione è pari a 200 euro. Imposte dirette C’è un riferimento alla Circolare 1/E – Agenzia delle Entrate, 15 febbraio 2013 secondo la quale: • l’imponibilità delle plusvalenze emergenti da cessione dei diritti (ritenuta analoga alla cessione di cubatura), • possibilità di fruire delle disposizioni sulla rivalutazione dei terreni ex art. 7 della legge n. 448/2001, ove la negoziazione avvenga al di fuori dell’ambito imprenditoriale. La sostenibilità dei diritti edificatori in materia urbanistica La definizione “diritti edificatori” allude a quelle situazioni soggettive che implicano la possibilità di dar


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corso ad un’attività edilizia su uno specifico terreno, recentemente codificato come “diritto reale”, come l’ipoteca, il diritto di passaggio o l’usufrutto. In campo urbanistico il diritto edificatorio costituisce lo strumento per allocare dotazioni volumetriche (o superficiarie) anche provenienti da fondi materialmente non trasformabili, con lo scopo di consentire ai rispettivi proprietari di accedere comunque alla ripartizione dei benefici economici indotti dal Piano di Governo del Territorio. Il diritto edificatorio è un titolo volumetrico (o superficiario) scambiabile a titolo oneroso, indipendentemente dalla circolazione del fondo (scorporabile cioè dal fondo), che consente al proprietario di beneficiare di una quota

dei risultati economici conseguibili per effetto delle trasformazioni urbanistico edilizie del territorio. Il potenziale volumetrico (o superficiario) di un’area che viene trasferito sommandosi alla quantità di edificazione prevista nell’area di effettivo impiego del potenziale stesso. Il diritto edificatorio, può anche essere definito come una quantità di volumetria (o superficie) edificabile attribuita dall’amministrazione ad un proprietario allo scopo di attivare un processo di trasformazione urbanistico edilizia oppure allo scopo di indennizzarlo nell’ambito di un procedimento di carattere espropriativo per l’acquisizione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico (cosiddetto credito edilizio). Sulla base delle definizioni

proposte, oltre che sulla base di alcune considerazioni di carattere giuridico, le espressioni diritto edificatorio e credito edilizio possono essere considerate equivalenti. Evoluzione del diritto edificatorio L’evoluzione parte dalla definizione “IUS AEDIFICANDI”, quale requisito del diritto di proprietà, cioè il diritto soggettivo di ogni terreno ad esercitare questa vocazione, come ogni altro diritto di natura reale. Per comprendere cosa siano i diritti edificatori occorre prendere le mosse dalla cosiddetta “perequazione urbanistica”, operazione che è definibile nella tecnica urbanistica come l’uniforme distribuzione dei valori e degli oneri della trasformazione urbanistica del territorio tra

tutti i titolari dei fondi interessati. Si è inteso così ovviare alle problematiche evidenziate dalla pianificazione tradizionale, come il costo dell’espropriazione di alcune aree e la valorizzazione di altre, con la conseguenza che da un lato si priva il valore di una proprietà, dall’altro lo si aumenta, in maniera assolutamente illogica quando addirittura arbitraria e contrastante con principi di parità di trattamento. La “zonizzazione”, vale a dire la distinzione tra aree concretamente edificabili ed aree destinate a viabilità, servizi pubblici o verde non edificabile non può non condurre ad intollerabili disparità. La perequazione si propone pertanto, mediante l’attribuzione di un indice edificatorio omogeneo per ogni area, di superare questa situazione. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 75


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In tale ambito i diritti edificatori costituiscono gli strumenti attraverso i quali, una volta riconosciuti ai privati proprietari delle aree un pari diritto in astratto, è possibile che gli stessi vengano a concretarsi in un ambito territoriale differente rispetto a quello originariamente legato alla proprietà del suolo così come spettante ad ogni singolo proprietario. Una volta svincolato il diritto edificatorio dall’area, risulta finalmente possibile la cessione all’amministrazione comunale delle superfici funzionali a consentire la formazione dei servizi e delle zone di interesse pubblico, senza che si vengano a creare sostanziali espropriazioni. L’attività edificatoria potrà così essere espletata dai singoli proprietari sulle superfici indicate dal Comune in sede di pianificazione del territorio. Allo scopo di poter esplicare in concreto un’attività edificatoria occorre inoltre raggiungere un indice fondiario minimo che, di per sé difettoso (stante l’incidenza delle aree destinate ai pubblici servizi), deve essere reperito sul territorio dai proprietari delle aree destinate alle opere pubbliche. Ogni proprietario di un’area edificabile non può sfruttare in concreto il proprio diritto all’edificazione, perché l’area soggetta a perequazione non raggiunge il limite minimo dell’indice di edificabilità previsto. Per poter costruire, ciascun proprietario dovrà procurarsi la differenza volumetrica tra quella di cui già è titolare e quella teorica mi76 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

nima. I diritti edificatori costituiscono appunto il mezzo attraverso il quale i singoli proprietari. tramite lo scambio degli stessi, possano addivenire o alla monetizzazione dello jus edificandi ovvero, in senso inverso, all’acquisizione della concreta possibilità di edificare. Il diritto edificatorio diviene un requisito che spetta a tutti, ma non a tutti, perché si utilizza in casi specifici, con aspettativa generalizzata ed indifferenziata, da prevedere all’interno dei piani urbanistici. Ha due livelli: uno pubblico, costituito dalle opere pubbliche e uno privato, ovvero l’edificabilità e applicazione dei diritti edificatori. Il sistema pubblico aumenta la complessità del sistema di opere di urbanizzazione per quantità e qualità, mentre quello privato riguarda l’edificazione mediante l’applicazione dei diritti edificatori che possono essere trasferiti in tutto o in parte in altro sito, attraverso i meccanismi della perequazione, compensazione e dell’incentivazione. Comporta una loro distribuzione tra privato e privato, ma anche tra pubblico e privato, che deve però essere disciplinata dallo strumento urbanistico generale in modo che non si verifichino conseguenze legate al sovradimensionamento, occupazione indiscriminata del territorio e del suolo, badando a contenere o escludere: • un maggior valore immobiliare, • sperequazione dei valori fondiari (cioè dei terreni),

• scarsa qualità dell’edificazione. La novità riguarda la riqualificazione, la rigenerazione, la difesa del suolo e della situazione preesistente piuttosto che l’utilizzazione dei terreni liberi, anche se comporta operazioni più complesse, dovendo prevedere costi per le demolizioni, per le ricostruzioni, per le bonifiche e costi per le urbanizzazioni. Le modalità di applicazione dei diritti edificatori, in estrema sintesi, riguardano: • attività edilizia combinata con impegni ad attuare o finanziare opere pubbliche a partire dagli standard del 1968 fino all’attuazione diretta, • trasferimento dei diritti edificatori, ovvero la vocazione edificatoria trasferita in tutto o in parte in altro sito, • perequazione dei diritti edificatori, • compensazione dei diritti edificatori, • negoziazione dei diritti edificatori, • incentivazione urbanistica, • registro dei diritti edificatori, etc. Di seguito si espongono i principali aspetti pratici che possono operare all’interno degli strumenti urbanistici partendo dall’origine dei diritti edificatori o aree da cui si generano per poi passare alla disciplina del trasferimento degli stessi, ovvero alle aree che lo utilizzano. La cessione avviene stabilendo: • diversi indici mq/mq, a seconda delle zone in cui sono ammessi,

• diritti edificatori che prevedono esuberi negli interventi di demolizione e ricostruzione, • diritti edificatori per riqualificazione energetica. Le aree di atterraggio, ossia quelle che utilizzano i diritti edificatori possono essere sostanzialmente tre: 1. i terreni di proprietà pubblica, 2. i terreni di proprietà privata negli ambiti di trasformazione, ceduti gratuitamente, con diverse percentuali di indici, 3. ampliamenti di edifici esistenti su aree con destinazioni residenziali e produttive nel limite del ___% dell’edificabilità, previsto dal PGT. I diritti edificatori possono interessare il settore della residenza, quello commerciale e quello produttivo, con rapporti di Slp da distribuire in modo diverso tra le diverse destinazioni urbanistiche (da adeguare al decreto Sblocca Italia). Esempio di diritti edificatori o aree che li generano: 1. indici compensativi a seguito di cessione volontaria di aree da destinare a servizi pubblici o di uso pubblico. Indici compensativi (art. ___ NTA del Piano dei Servizi), pari a: • 0,25 mq/mq per cessione aree comprese nella perimetrazione del centro edificato ai sensi della legge 865/1971, • 0,10 mq/mq per cessione aree esterne alla perimetrazione del centro edificato, ma comprese nella perimetrazione del


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centro urbano delimitato ai sensi dl D. Lgs. 285/1992, • 0,03 mq/mq per cessione di aree ubicate all’esterno delle perimetrazioni sopra indicate. 2. Capacità edificatoria risultante in esubero all’incide 0,80 mq/mq nel caso di interventi da realizzare in zone “B1 prevalentemente residenziale consolidata” e zone “B2 miste” artt. ___ e ___ delle NTA del Piano delle Regole, 3. Incentivazione (ART. ____ NTA del Piano delle Regole): • Incremento del 5% per realizzazione edifici in classe C Casaclima; • Incremento del 10% per realizzazione edifici in classe B Casaclima; • Incremento del 15% per realizzazione edifici in classe A Casaclima; • Incremento del 3% per realizzazione edifici in classe C Cened; • Incremento del 7% per realizzazione edifici in classe B Cned; • Incremento del 10% per realizzazione edifici in classe A Cened. La disciplina del trasferimento dei diritti edificatori,

ovvero le aree che li utilizzano, possono riguardare: 1. Terreni di proprietà pubblica indicati dall’amministrazione comunale; 2. Terreni di proprietà privata compresi negli ambiti di trasformazione, appartenenti a proprietari anche diversi da quelli dei terreni sui quali sono maturati i diritti edificatori di edificazione (A.T.); 3. Ampliamenti di edifici esistenti su aree con destinazione residenziale e produttivo nel limite del __% della edificabilità massima prevista dal PGT: La validità dei diritti edificatori La validità dei diritti edificatori è di 5 (cinque) anni dalla loro maturazione; data dell’atto di stipula del rogito per diritti generati da compensazione per cessione di aree per servizi e data di rilascio/esecutività del titolo abilitativo in caso di diritti edificatori risultanti in esubero da interventi edilizi. L’eccedenza della Slp da trasferire non potrà in ogni caso essere superiore a 0,40 mq/ mq riferito al lotto di origine, indipendentemente dalla destinazione della Slp da trasferire.

La disciplina del trasferimento dei diritti edificatori in relazione alle varie destinazioni urbanistico-edilizie del PGT. Destinazione finale Destinazione iniziale

residenziale

commerciale

produttivo

RESIDENZIALE

1,00

0,90

2,00

COMMERCIALE

1,10

1,00

2,20

PRODUTTIVO

0.50

0,45

1

La commercializzazione dei diritti edificatori La giunta comunale approva il registro dei diritti edificatori, mentre il consiglio comunale approva gli indirizzi generali per alienazione e valorizzazione degli stessi di proprietà comunale, all’interno della quale sono state stabilite le modalità di vendita: • Trattativa diretta/procedura negoziata per importi fino a euro 10.000, • Asta pubblica per importi superiori. I criteri generali ed indirizzi per l’alienazione possono così esser distinti: • Si procede all’alienazione mediante trattativa diretta/ procedura negoziata quando il valore dei diritti edificatori risulterà uguale o inferiore a 10.000 euro, • Per importi superiori si procederà sempre mediante asta pubblica con avviso da pubblicare all’albo pretorio e sul BURL nonché ogni altra forma di pubblicità ritenuta necessaria, • Si procederà alla trattativa diretta/procedura negoziata quando l’importo dei diritti pur superiori a 10.000 euro quando sia andata deserta l’asta pubblica e non si ritiene necessario o opportuno procedere all’asta pubblica con riduzione del valore pari almeno al 5%. È opportuno inoltre tenere sotto controllo la situazione delle alienazioni dei diritti edificatori effettuate dal comune mediante uno schema in cui vengono riassunti e aggiornati di dati relativi ai mq di Slp venduti, il prezzo di

vendita e la tipologia di vendita (trattativa diretta o asta pubblica), dai quali deriva il valore medio dei diritti alienati in €/mq. Fondamentale ruolo riveste anche il registro dei diritti edificatori che deve prevedere il “carico”, con i dati identificativi delle aree che hanno generato i diritti edificatori, con la precisazione della loro natura (perequazione, compensazione o altro). Il registro, ovviamente deve prevede lo scarico dei diritti edificatori, con i dati identificativi delle aree che li hanno utilizzati, con la precisazione del titolo abilitativo rilasciato o formalizzato. È necessario inoltre anche l’amministrazione comunale, nel Documento di Piano preveda la tenuta del Registro dei diritti edificatori e la definizione degli indirizzi per l’alienazione e valorizzazione dei diritti edificatori di proprietà comunale, approvando inoltre il bando d’asta pubblica per l’alienazione dei diritti edificatori di proprietà comunale. In base a tali atti il Responsabile del Servizio può rilasciare il certificato dei diritti edificatori attestante che il comune è titolare dei diritti edificatori nei confronti di coloro a cui, attraverso la trattativa diretta o asta pubblica, è stata assegnata la Slp dei tali diritti edificatori che sono poi annotati nell’apposito registro, con possibilità di eventuale voltura in caso di trasferimento della proprietà immobiliare. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 77


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Gratuità degli interventi di ristrutturazione e ampliamento di un edificio unifamiliare Foto © Roberto Zocchi - Fotolia.com

Antonio Gnecchi

Nonostante si dovrebbe avere chiara la situazione circa il regime economico degli interventi di ristrutturazione edilizia e di ampliamento che riguardano gli edifici unifamiliari, si registrano, ancora, spesso e volentieri, dei casi in cui non si conoscono, o peggio, non si suole applicare, al meglio la disposizione di cui all’articolo 17, comma 3, lettera b), del dPR n. 380 del 2001. Prima di entrare nel merito della questione, è utile esporre alcune considerazioni e precisazioni di carattere generale, quali: a. con la modifica introdotta all’articolo 3, comma 1, lettera d), del dPR n. 380 del 2001, apportata con l’articolo 30 del “Decreto del Fare”, gli interventi di ristrutturazione edilizia, vengono considerati “interventi minori” ai permessi di costruire, assentibili mediante la presentazione della SCIA e che, a parere di alcuni specialisti della materia, possono essere considerati a titolo gratuito, b.l’articolo 43, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005, dispone, però, che gli interventi di nuova costruzione, di ampliamento e di ristrutturazione edilizia sono soggetti alla corresponsione del contributo di costruzione, c. l’applicazione della norma impone alcuni chiarimenti ad altrettante ipotesi di esenzione dal contributo di costruzione in relazione alla sola ristrutturazione edilizia, sia che riguardi l’intero edificio che una sola porzione, oppure il solo ampliamento di un edificio unifamiliare, fermo restando l’ammissibilità per entrambe le ipotesi eseguite contemporaneamente; d.a seguito dell’entrata in vigore del “Decreto del Fare” (DL n. 78 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013), la ristrutturazione edilizia può comportare anche la modifica della sagoma, per cui, anche gli interventi sugli edifici unifamiliare vale la stessa regola e potrà, se gli interessati lo proporranno, cambiare la sagoma di questi immobili, a parità di volumetria del fabbricato preesistente; e.conseguentemente alla modifica introdotta all’articolo 3, comma 1, lettera d), del TUE, le eventuali difformità al titolo abilitativo (SCIA, DIA o, in alternativa alla facoltà dell’interessato di presentare la richiesta del permesso di costruire), non potranno essere perseguite sotto l’aspetto penale, salvo per gli interventi su immobili sottoposti a vincoli, ma a semplice sanzione pecuniaria amministrativa. f. sempre in relazione alla modifica della definizione della ristrutturazione edilizia apportata dal DL n. 69 del 2013, si possono ipotizzare anche interventi di ripristino degli edifici unifamiliari, o parti di essi, attraverso la loro ricostruzione, modificandone, addirittura, la sagoma, sempre nel rispetto della volumetria del fabbricato preesistente, fermo restando le limitazioni e le esclusioni previste dallo stesso decreto (es. immobili vincolati ai sensi del DLGS n. 42 del 2004). g. le fattispecie indicate alle precedenti lettere d), e) e f), sono ammesse solamente nel caso siano previste dalla disciplina urbanistica locale, per cui è necessario verificare se un intervento di modifica della sagoma, di demolizione e ricostruzione (totale o parziale che sia), è ammesso dallo strumento urbanistico vigente. Di seguito riporto il parere con il quale la sezione Unitel di


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Brescia dava, già parecchi anni fa, una sua interpretazione alla norma in discorso. “Come è noto non esiste una definizione di ‘edificio unifamiliare’ (dizione più corretta rispetto a ‘casa unifamiliare’) così come indicata dall’articolo 9, lettera d), della legge n. 10 del 1977. Nemmeno la giurisprudenza ha ricostruito il concetto. Alcuni Comuni ne hanno dato una definizione con propria regolamentazione o con delibera ma riteniamo che tale comportamento non sia accettabile in quanto la condizione di ‘unifamiliare’ è una condizione oggettiva (o così dovrebbe essere) non mutabile per effetto di atti amministrativi che cercano di restringerne il significato. Per quanto ci riguarda riteniamo che per ‘edificio unifamiliare’ si debba intendere ogni edificio o porzione di edificio che ospiti un solo nucleo familiare e che abbia due condizioni oggettive: 1. avere ingresso autonomo (ininfluente la presenza di un eventuale scivolo comune di accesso ai garage individuali). 2. essere autonomo fisicamente da cielo a terra (nel senso che potrebbe sopravvivere anche se fossero demoliti gli edifici vicini). Ne consegue che nel caso di alloggi sovrapposti non si può parlare di ‘edificio unifamiliare’. Detto questo, si può dire che le opere di ‘ristrutturazione edilizia’ (articolo 31, lettera d), legge n. 457 del 1978) eseguite su un edificio del genere sono quindi onerose (applicando le tariffe e le aliquote vigenti nella regione interessata). Tuttavia, se le opere da eseguire si limitano all’abbassamento con rifacimento del solaio, non possono definirsi di ristrutturazione edilizia bensì di ‘restauro e risanamento conservativo’ (articolo 31, lettera c), legge citata) o addirittura di ‘manutenzione straordinaria’ (articolo 31, lettera b)), le quali sono in ogni caso gratuite, a prescindere dal fatto che siano eseguite su edifici unifamiliari o meno, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legge n. 9 del 1982, convertito dalla legge Nicolazzi n. 94 (se su immobili vincolati) ovvero dall’articolo 4, comma 7, lettera a), del decreto legge n. 398 del 1993, convertito dalla legge n. 493 del 1993, come sostituito dall’articolo 2, comma 60, della legge n. 662 del 1996. Ad integrazione segnalo la Circolare n. 1820 del 23 luglio 1960 del Ministero dei Lavori Pubblici, che precisa che a tale riguardo si intende ‘qualsiasi costruzione coperta, isolata da vie e da spazi vuoti, oppure separata da altra costruzione mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accesi sulla via, e possa avere una o più scale autonome’. Un ulteriore elemento di valutazione è costituito dal fatto che l’edificio su cui si interviene deve essere unifamiliare sia prima sia durante che dopo l’esecuzione dei lavori, purché a carattere residenziale e sempreché si tratti di interventi di ristrutturazione edilizia e di ampliamento, quest’ultimo in misura non superiore al 20% dell’edificio preesistente. Si aggiunga che l’art. 9, lett. d) della legge n. 10/1977 voleva agevolare gli interventi di ristrutturazione edilizia, anche con ampliamento fino al 20% del volume preesistente, di piccoli fabbricati, di tipo unifamiliare per incentivare il loro recupero e quindi anche in questo senso deve essere valutata la finalità della norma. Sebbene la norma è stata introdotta nel 1977 al fine di agevolare il recupero

edilizio di edifici unifamiliari preesistenti, specialmente quelli in centro storico, e con l’obiettivo di salvaguardare il consumo del territorio, la gratuità del titolo abilitativo riguarda tutti gli edifici singoli che presentino le condizioni oggettive sopra richiamate, indipendentemente dalle loro dimensioni (volume, superficie lorda di pavimento o superficie coperta) o dalle loro caratteristiche costruttive o tipologiche. C’è da precisare che l’esenzione dal contributo di costruzione ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lettera b), del dPR n. 380 del 2001, riguarda la ristrutturazione di un edificio unifamiliare ed il suo ampliamento fino al 20% delle dimensioni dell’edificio esistente, calcolato in funzione delle norme locali, quindi, in genere, in termini di volume urbanisticamente rilevante, ovvero alla Slp o della superficie coperta. Nel silenzio della norma si ritiene che l’ampliamento possa essere ripetuto, con l’applicazione del limite del 20% ad ogni singolo intervento e non come limite finale, con la condizione imprescindibile che tra un intervento e l’altro vi sia una soluzione di continuità accertata e ragionevole, cioè che l’ampliamento precedente sia consolidato fisicamente e giuridicamente. La gratuità del titolo abilitativo presuppone la permanenza della destinazione d’uso dell’edificio unifamiliare oggetto dell’intervento e non è, perciò applicabile nell’ipotesi in cui i lavori di ristrutturazione e ampliamento fino al 20% del volume siano congiunti al mutamento della destinazione d’uso”. Espongo ulteriormente alcune precisazioni in ordine agli interventi di ristrutturazione edilizia e di ampliamento di edifici unifamiliari, con particolare riferimento a quelli che prevedono gli ampliamenti. 1. Il testo della lettera d), comma 1, dell’articolo 9, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (cessione gratuita) è confluito nell’articolo 17, comma 3, lettera b), del Testo Unico dell’Edilizia, eliminando il riferimento agli interventi di restauro e di risanamento conservativo, prevedendo l’esenzione dal contributo di costruzione per “gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari”. Sgombriamo il campo dal restauro e dal risanamento conservativo, ormai sottratti all’onerosità per tutta l’edilizia residenziale anche non unifamiliare (prima dall’articolo 7, primo comma, legge n. 94 del 1982 e poi dalla legislazione sulla denuncia di inizio attività). La ristrutturazione, di norma onerosa, è gratuita limitatamente agli edifici unifamiliari. L’ampliamento, pure di norma oneroso, è gratuito limitatamente agli edifici unifamiliari e con l’ulteriore limite della sua entità, che deve essere contenuta all’interno del 20 per cento delle dimensioni dell’edificio esistente (dimensioni calcolate in funzione delle norme locali, quindi, in genere, in termini di volume urbanisticamente rilevante). La questione deve ritenersi già risolta storicamente. La Corte Costituzionale, dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, lettera d), della legge n. 10 del 1977 (ora articolo 17, comma 3, lettera b), d.P.R. n. 380 del 2001), in relazione all’equiparazione tra ristrutturazione e ricostruzione di edificio unifamiliare (ordiIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 79


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nanza 26 giugno 1991, n. 296), ha incidentalmente affermato che i limiti (quantitativi) previsti dalla norma sono riferiti solo all’ipotesi di ampliamento. Del resto sarebbe ben difficile riuscire a quantificare in termini percentuali un intervento di ristrutturazione, distinguendo in termini dimensionali apprezzabili la parte di intervento da quella invariata. Come autorevolmente affermato dal TAR Lombardia, Milano Sez. II, 10 ottobre 1996, n. 1480:”L’inciso relativo alla limitazione percentuale(20%), contenuto nella lettera d), articolo 9, legge n. 10 del 1977, sia per la sua collocazione nel contesto della frase, sia per evidenti ragioni logiche, non può che riferirsi alle sole opere di ampliamento (di edifici unifamiliari), e non anche agli altri tipi di intervento (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione) che lascino intatta la consistenza dell’immobile, posto che questi ultimi non sono valutabili in termini di rapporto percentuale rispetto al tutto, essendo la verifica di tale rapporto riferibile ai soli interventi ampliativi”. 2. Vi sono inoltre alcuni aspetti particolari, in ordine all’applicazione della norma, che è opportuno affrontare. È pacifico che le ipotesi di agevolazione possono concorrere e coesistere tra loro, pertanto mantiene il diritto all’esenzione l’intervento complesso costituito dalla ristrutturazione dell’intero edificio unifamiliare accompagnata da un ampliamento degli spazi non superiore al 20 per cento. In caso di ampliamento dell’edificio unifamiliare in misura superiore al 20 per cento (ad esempio nella misura del 35% per cento), l’esenzione non è riconosciuta; data la formulazione della norma sarebbe arbitrario sostenere che il primo 20 per cento è esente mentre la parte che supera tale percentuale (nell’esempio il 15 per cento eccedente) è onerosa. Non è applicabile la formula della cosiddetta “franchigia” fissa al 20 per cento, in quanto il limite percentuale assume la caratteristica di condizione indefettibile, in mancanza della quale non si può raggiungere il risultato dell’esenzione. L’intervento in parola si può senz’altro ripetere (in assenza di qualunque divieto, anche implicito) più di una volta, purché l’ampliamento complessivamente considerato (cioè la somma degli ampliamenti per ogni singolo intervento) rimanga all’interno del 20 per cento della consistenza originaria. Il problema si complica in relazione alla possibilità di ripetere lo stesso intervento più volte, con il limite del 20 per cento applicato ogni volta, senza altro limite finale e complessivo che non sia la caratteristica di edificio unifamiliare. 3. L’interpretazione prevalente in dottrina è nel senso dell’applicabilità una tantum dell’esenzione, cioè del divieto implicito di operare, sullo stesso edificio unifamiliare, due ampliamenti successivi, ciascuno di entità non superiore al 20 per cento ma la cui somma ecceda la stessa percentuale; questa dottrina però è temporaneamente vicina all’epoca di emanazione 80 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

della norma, il suo orientamento è influenzato da questa circostanza, essendo ovvio che due ampliamenti, uno poniamo nel 1978 e l’altro nel 1981 (magari quando la prima concessione edilizia era ancora efficace), erano sintomatici di una volontà elusiva della contribuzione. Coerentemente con tale dottrina si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, le cui pronunce però oggi potrebbero non essere considerate decisive: esse infatti erano riferite a fattispecie dove il secondo ampliamento (quello che comportava l’eccedenza al 20 per cento) seguiva il primo a breve distanza di tempo oppure non era supportato da alcun elemento che ne facesse intravedere l’autonomia oggettiva, oppure, ancora, realizzava, come risultato finale, un edificio non più unifamiliare. Tale giurisprudenza non è più così convincente e forse sarebbe da riconsiderare. L’interpretazione restrittiva già prevalente non pare oggi condivisibile in assoluto. Nella norma non si rinviene un divieto tassativo della reiterazione degli ampliamenti agevolati. Si condivide l’obiezione secondo cui più ampliamenti (ciascuno non superiore al 20 per cento) svuoterebbero di significato l’agevolazione, anche in relazione a richieste artatamente separate e successive nel tempo in modo tale da ottenere, per questa via, l’esenzione alla maggior parte dell’edificio; tuttavia si deve ponderare se questo argomento sia sufficiente a dare alla norma un significato ulteriore e non scritto. Ha la stessa dignità l’obiezione, contraria, secondo la quale è irragionevole consentire che un edificio unifamiliare di 1000 mc. possa passare, gratuitamente a 1200 mc. mentre un edificio unifamiliare di 500 mc. non possa oltrepassare i 600 mc. Si tenga presente che un limite di chiusura c’è sempre (che sembra il vero limite insuperabile previsto dal legislatore) ed è la caratteristica unifamiliare, che non può mai venir meno. Non vale a contraddire l’ultima obiezione, anteporre il rischio di una successiva suddivisione (con opere edili urbanisticamente irrilevanti e quindi sottrarre al controllo urbanistico) dell’edificio in due unità, o di un suo cambio di destinazione; è infatti evidente che questi rischi sussistono immutati anche nell’ipotesi di applicazione restrittiva della norma. Si noti che l’aumento del 20 per cento, se definito in assoluto come una tantum, assume il carattere di vincolo anche se non necessita di registrazione e trascrizione (mancando ogni previsione in tal senso); ma appunto perché difficilmente opponibile a terzi esso potrebbe essere fatto valere da un successivo acquirente dell’edificio, soprattutto quando tra il primo e il secondo ampliamento intervenisse un nuovo strumento urbanistico, circostanza che, come noto, “azzera” le previsioni precedenti. E poi, e questo per i sostenitori della “finalità di giustizia sociale” della norma agevolativa, forse l’acquisto da parte di una famiglia più numerosa della precedente o la nascita di altri figli (dopo il primo ampliamento) sono degni di


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tutela economica quanto le condizioni (indeterminate) sottese al primo ampliamento. O ancora, e questo è meno opinabile, l’intervento di un nuovo strumento urbanistico generale, sempre posteriore al primo ampliamento agevolato, non costituisce quella censura secondo la quale niente è più come prima? Cioè, in questo caso, il nuovo ampliamento del 20 per cento può assumere quella caratteristica di scarsa incidenza sul complessivo peso insediativo (vero che ha indotto il legislatore ad introdurre la norma), posto che l’incidenza del primo ampliamento si deve presumere assorbita (e quindi azzerata) dalle previsioni del nuovo strumento urbanistico generale? 4. Assume rilievo la considerazione che la ripartizione tra opere assoggettate e opere non assoggettate al contributo costituisce applicazione del principio di partecipazione ai costi sociali, legati all’utilizzazione del territorio: laddove le opere non comportino tali costi (per l’uso che legalmente può farsene, o per la loro intrinseca natura), l’esenzione è dovuta in quanto espressione del medesimo principio di onerosità. In conclusione, nel silenzio della norma si ritiene che ampliamento possa essere reiterato, con l’applicazione del limite del 20 per cento ad ogni singolo intervento e non come limite finale, con la condizione imprescindibile che tra un intervento e l’altro vi sia una soluzione di continuità accertata e ragionevole; cioè che l’ampliamento precedente sia consolidato fisicamente e giuridicamente. Continua a non essere ammissibile la ripetizione degli stessi interventi se preordinata al risultato elusivo e se, soprattutto, essi si susseguano in tempi brevi e senza un’apprezzabile soluzione di continuità. È ben presente la difficoltà di individuare la discriminante tra le due ipotesi, con le conseguenti contestazioni, data l’impossibilità di predeterminare soluzioni definitive. La valutazione della discriminante sulla reiterabilità degli interventi di ampliamento in regime di esenzione contributiva è da motivare volta per volta, con l’uso del proprio apprezzamento tecnico motivato, in relazione agli atti e ai comportamenti del richiedente (non possono essere predeterminate prove inconfutabili, ma una serie di elementi coincidenti, ad esempio la condizione dell’esaurimento o della decadenza del titolo precedente sarà necessaria ma non sufficiente, l’intervenuta approvazione di un nuovo PRG oppure il cambio di proprietà dell’edificio saranno eventi rilevanti anche se non decisivi etc.). Non è l’unico caso, e nemmeno il più complicato, dove l’operatore pubblico deve assumersi la responsabilità di emettere dei giudizi motivati che prescindono da meccanismi predeterminati (si pensi alla nota difficoltà di individuare senza incertezze il carattere di pertinenza di un manufatto; a quella di distinguere gli interventi di restauro da quelli di ristrutturazione e questi ultimi a loro volta dalla ricostruzione, da quella di individuare la destinazione prevalente da quella accessoria

in un intervento complesso o ancora, infine e sempre a titolo di esempio, alla difficoltà di stabilire l’esatta destinazione urbanistica di un complesso agroindustriale, di un cimitero di automobili o di una casa di cura privata). 5. Come sopra accennato, data la formulazione della norma statale e la riserva legislativa in materia è escluso che il limite di edificio unifamiliare possa essere ricostruito da norme locali in modo diverso da quello che discende direttamente dalla situazione reale esistente e come modificata dal progetto sotto il solo profilo urbanistico (rilevata in genere, ma non in assoluto, dall’autonomia degli accessi e dallo sviluppo da terra a cielo). Sono pertanto da ritenere illegittimi i comportamenti dei comuni che pretendono di limitare l’esenzione prevista dall’ articolo 17, comma 3, lettera b), d.P.R. n. 380 del 2001, ad edifici unifamiliari individuati con parametri o limiti arbitrari, del genere: edifici non di lusso, singole unità immobiliari definite con il criterio strettamente catastale, dimensioni non superiori a 1 vano o a 100 metri cubi per abitante componente il nucleo familiare o in termini volumetrici (parametri per i quali è di tutta evidenza la scarsa idoneità al perseguimento delle finalità della norma). Nemmeno la motivazione della supposta rilevanza delle finalità di giustizia sociale della norma consente simili restrizioni, anche perché l’esenzione è accordata sul presupposto della scarsa incidenza dell’intervento sul complessivo peso insediativo, secondo il libero (anche se non condivisibile) apprezzamento del legislatore. Il fatto che l’agevolazione prevista debba essere accordata anche a ville lussuose e hollywoodiane, e non possa esserlo invece alla casa popolare in palazzina da quattro appartamenti, non sarà giusto, ma è rimesso alla discrezionalità legislativa, non sindacabile in sede amministrativa, nemmeno con atto regolamentare che, come già detto, deve ritenersi illegittimo, per carenza di qualsiasi potere regolamentare sul punto. Il rilascio a titolo gratuito di un permesso di costruire, ove ne ricorrano i presupposti, fa sorgere nel suo titolare un diritto soggettivo perfetto a realizzare le opere senza alcun onere contributivo, non comprimibile con la norma regolamentare. Tanto che la stessa norma, illegittima, deve essere disapplicata in sede giurisdizionale ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 2248 del 1965, allegato E. Come noto tale disapplicazione è riconosciuta solo dal giudice ordinario (civile e penale). Trattandosi però di diritti soggettivi, con decisioni coraggiose e di notevole interesse è riconosciuto, nel solo caso dei giudizi aventi per oggetto i diritti soggettivi, il potere del giudice amministrativo, competente a conoscere in via esclusiva le controversie in tale materia, di disapplicare le norme regolamentari adottate dall’amministrazione in contrasto con le disposizioni di legge (anche se non impugnate), solo ed in quanto IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 81


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appunto si è nella sfera dei diritti soggettivi per cui il giudice naturale, che incidentalmente nel caso di specie è quello amministrativo, può disapplicare l’atto amministrativo illegittimo ai sensi della norma citata, alla pari del giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 1990, n. 695 e 24 luglio 1993, n. 799). Dovere della pubblica amministrazione non potendo essa disapplicare la propria norma illegittima, è quello di rimuoverla mediante annullamento con atto di autotutela o, in parole più semplici, mediante apposita modifica alle norme tecniche di attuazione. In conclusione 1. l’entità del 20 per cento di edifici unifamiliari deve essere riferita esclusivamente all’ampliamento, e non anche alla ristrutturazione, 2. l’esenzione attribuita dall’articolo 9, primo comma , lettera d), della legge n. 10 del 1977, ora articolo 17, comma 3, lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001, non è applicabile agli interventi che si eseguono su edifici residenziali pluri o bifamiliari per trasformarli in edifici residenziali unifamiliari, come è citato nel quesito. 3. la gratuità del titolo abilitativo relativo agli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20 per cento di case coloniche, non è applicabile perché l’esenzione compete esclusivamente agli edifici aventi destinazione residenziale e non agricola (vedi decisione del C.d.S. , sez. V, n. 6290 del 2004), 4. gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ampliamento del 20 per cento, potranno comportare la demolizione e la successiva ricostruzione solo se prevista dalla disciplina urbanistica locale. A questo proposito, è necessario precisare che, ai fini dell’agevolazione prevista dell’articolo 9, lettera d), della legge n. 10 del 1977, la “ristrutturazione”, comprensiva della demolizione accompagnata dalla ricostruzione dell’edificio, si può considerare inclusa dall’applicazione dell’agevolazione, proprio perché la recente univoca e costante giurisprudenza ha concorso ad una diversa formulazione della definizione rispetto al passato e che lo stesso Testo Unico dell’Edilizia ha fatto propria, a partire dal 2001 Il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e le successive ulteriori modificazioni, infatti, ha definito, tra gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d); anche gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione dell’edificio con la stessa volumetria di quello preesistente. A questo proposito però, è necessario precisare che una cosa è la definizione della “ristrutturazione edilizia”, mentre è altra cosa quello che uno strumento urbanistico generale consente di fare. Questo significa che se le NTA di uno strumento urbanistico 82 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

consentono di demolire l’edificio e di ricostruirlo, sarà possibile usufruire del beneficio dell’esenzione del contributo di costruzione qualora l’intervento preveda la ristrutturazione e l’ampliamento, in misura non superiore al 20 per cento di quello preesistente, mentre se le norme del PRG (o PGT) non consentono la demolizione e la successiva e contestuale ricostruzione, non sarà possibile procedere alla demolizione dell’edifico e ci si dovrà attenere alle prescrizioni e previsioni dello strumento urbanistico generale, pur avendo diritto di usufruire dell’esenzione del contributo purché sussistono i presupposti dell’articolo 17, comma 3, lettera b), dPR n. 380 del 2001. È appena il caso di notare, infine, che l’ipotesi di ampliamento fino al 20 per cento degli edifici unifamiliari integra l’esenzione dal contributo ed è solo a questo fine che è stata introdotta; quindi gli spazi realizzati devono essere comunque conformi alla disciplina urbanistica vigente nel comune; non hanno alcun fondamento le pretese di taluni operatori di individuare in tale disposizione una deroga alle norme urbanistiche ordinarie, nel senso di consentire l’ampliamento nel predetto limite, anche oltre gli indici di densità previsti in via generale. Un’ultima precisazione, ma non meno importante, meritano gli interventi edilizi volti alla ristrutturazione, con ampliamento inferiore al 20%, dell’edificio unifamiliare mediante la demolizione e ricostruzione. Fermo restando le condizioni fisiche ed oggettive che identificano un edificio unifamiliare, come sopra esposto ed alla luce delle modifiche alla definizione della ristrutturazione edilizia ad opera del “Decreto del Fare” (possibilità di demolire e ricostruire, con modifica della sagoma, con il solo vincolo della volumetria preesistente), è sostenibile che tali interventi debbano essere considerati gratuiti. Tale conclusione è l’unica che deriva dall’applicazione di norme che, nel tempo, si sono succedute ed hanno cambiato la definizione della ristrutturazione edilizia, applicabile, pertanto, anche agli edifici unifamiliari che possono essere ampliati nel limite massimo del 20%, nei limiti dei parametri sopra esposti, nonché della corretta applicazione delle norme previste per l’esclusione dal contributo disciplinato dall’articolo 17 del dPR n. 380 del 2001. T

A titolo esemplificativo si riportano a lato esempi di edifici unifamiliari



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Commento al decreto "Sblocca Italia” in materia urbanistica edilizia (Parte terza)

Foto © Aisyaqilumar– Fotolia.com

Pubblichiamo qui la terza ed ultima parte del corposo commento del nostro esperto di urbanistica, geometra Antonio Gnecchi, sul decreto “Sblocca Italia”.

U

LTERIORI APPROFONDIMENTI SUI TEMI TRATTATI a) Interventi di manutenzione straordinaria Relativamente agli interventi di manutenzione straordinaria che potranno accorpare o dividere le unità immobiliari, purché permanga l’originaria destinazione d’uso, anche se aumenta il carico urbanistico di un immobile (e che ne derivi un aumento della superficie calpestabile), non saranno soggetti all’obbligo del permessi di costruire (fermo restando che in regione Lombardia era già così anche prima del decreto) e non si dovrebbe pagare il contributo di costruzione ai sensi dell’art. 16, comma 1, dPR 380/01, secondo il quale il contributo è dovuto, salvo i casi di esclusione o riduzione, per gli interventi subordinati a permesso di costruire. Ma in realtà nel successivo art. 17, comma 4, del dPR modificato (riduzione o esonero dal contributo di costruzione), dopo aver stabilito che gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato sono subordinati al contributo di costruzione commisurato all’incidenza dei soli oneri di urbanizzazione, si limita tale obbligo per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 1, lett. a), comprendendo, di fatto, anche quelli definiti nel precedente art. 3, comma 2, lettera a), del TUE, qualora comportino aumento del carico urbanistico e ne derivi un aumento della superficie calpestabile. Se da una parte si intende semplificare la procedura, dall’altra si mortificano gli interventi di manutenzione straordinaria sottoponendoli all’onerosità, anche se limitata agli oneri di urbanizzazione. Per questi interventi di manutenzione straordinaria, comunque ora disciplinati dall’art. 17, co. 4, del dPR 380/01 per il loro regime economico, avessero previsto, anche prima dell’entrata in vigore del DL 133/14, avessero previsto la variazione della destinazione d’uso con incremento del carico urbanistico degli edifici, avrebbero pagato gli oneri di urbanizzazione dovuti per la differenza tra la nuova destinazione e la precedente, determinata al momento dell’intervenuta variazione. Tale conclusione viene confermata anche dal nuovo art. 23-bis del TUE in base al quale il mutamento d’uso urbanisticamente rilevante avviene tra le diverse categorie funzionali stabilite dalla citata norma, così che il mutamento d’uso, ancorché non accompagnato da opere edilizie, comporta l’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione per la sola incidenza degli oneri di urbanizzazione, come sopra precisato. 84 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Non sembrano quindi, a maggior ragione, un’innovazione né soprattutto una semplificazione le modifiche e le integrazioni che riguardano la manutenzione straordinaria introdotte dal decreto in parola. Se pensiamo poi all’assurdità di presumere la validità anche ai fini dall’accatastamento di tali opere attraverso la semplice comunicazione di inizio lavori al comune, le cose si complicano soprattutto nei casi in cui vengano eseguite una o più varianti alla CIL, pur non qualificabili come variazioni essenziali. In sede di conversione del decreto, la validità dell’accatastamento a seguito della comunicazione di inizio lavori, integrata con la comunicazione di fine dei lavori e l’obbligo del comune di trasmettere tale comunicazione all’Agenzia delle Entrate, non è stata tolta per cui rimane in essere questo adempimento da parte dello SUE. Altre e ulteriori precisazioni meritano gli interventi di manutenzione straordinaria: 1. per gli interventi di manutenzione straordinaria e le modi-


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fiche interne di carattere edilizio, eseguiti su fabbricati adibiti ad esercizio di impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali ad esercizio di impresa (art. 6, co.2, lett. a) ed e-bis), dPR 380/01, non è necessario produrre, in allegato alla comunicazione, la relazione tecnica a firma di un tecnico abilitato e gli elaborati grafici. Con il nuovo comma 4 dell’art. 6, ora è sufficiente la CIL. Questa comunicazione, come si diceva in precedenza, viene presentata dall’interessato e asseverata da un tecnico abilitato attestante sotto la propria responsabilità, la conformità urbanistica e ai Regolamenti edilizi e che i lavori non interessano le parti strutturali dell’edificio. L’interessato deve indicare i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare l’esecuzione dei lavori. 2. sono subordinati invece a SCIA e alla presentazione di tutti i documenti, allegati, elaborati tecnici e atti prescritti dalle relative norme di riferimento, gli interventi di manutenzione straordinaria che comprendono le opere e le modifiche necessarie per rimuovere ed integrare parti anche strutturali degli edifici, nonché realizzare ed integrare i servizi igienici, sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso. In questo titolo abilitativo sono pure ricondotti gli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari, con esecuzione di opere anche se comportanti variazione delle superfici delle singole UI, nonché del carico urbanistico, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso (art. 3, co. 1, lett. b, dPR 380/2001). 3. A seguito delle modifiche introdotte all’articolo 6, comma 7, ad opera della legge di conversione del decreto, è stata aumentata la sanzione amministrativa pecuniaria per la mancata comunicazione di inizio e fine dei lavori o della relazione tecnica asseverata da allegare alla comunicazione, passando da 258 a 1.000 euro. b) Interventi di ristrutturazione edilizia Pur articolate, risultano di più semplice comprensione le modifiche e le integrazioni che riguardano gli interventi di ristrutturazione edilizia. Nell’articolo 3, comma 1, lett. d), dPR 380/01, resta la definizione “originaria”, mentre nell’art. 10, comma 1, lett. c), la nuova formulazione prevede la modifica della sola volumetria complessiva e dei prospetti degli edifici senza fare, ovviamente, riferimento al rispetto della sagoma. Questa ultima considerazione fa ritenere che, potendo modificare la volumetria degli edifici, si può, conseguentemente, modificare anche la sagoma degli stessi. Quello che non cambia è l’onerosità di tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia in quanto non esiste, in regione Lom-

bardia, una distinzione tra la ristrutturazione edilizia “ordinaria” (art. 3, co, 1, lett. d), dPR 380/01) e quella “pesante” (art. 10, co, 1, lett. c), stesso decreto), per cui in vigenza dell’articolo 43 della legge regionale n. 12 del 2005, tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, sono e restano onerosi. Quello che preoccupa, sia a livello nazionale che regionale è la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia che l’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUE ha riformulato lasciando tra gli interventi soggetti a permesso di costruire quelli che operano anche la modifica dei prospetti. Stante la formulazione della norma, tutti i comuni d’Italia (compresi quelli, ovviamente della Lombardia) si atterranno a quanto dispone il successivo articolo 16, comma 1, in base al quale, esclusi i casi di esonero o di riduzione, “il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate dal presente articolo, e fatte salve le disposizioni concernenti gli interventi di trasformazione urbana complessi di cui al comma 2-bis”. I comuni, basandosi sul tenore letterale delle due disposizioni sopra citate intenderanno sicuramente onerosi gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quando modificano in modo limitato i prospetti di un edificio (pensiamo, ad esempio, all’allargamento o allo spostamento di una porta esterna o di una finestra o la realizzazione di un poggiolo o di una pensilina su una facciata) e faranno pagare l’intero costo di costruzione (oneri e costo), escludendo che si tratti di un intervento di recupero edilizio manutentivo o integrativo. Il paradosso che emerge da queste norme “di semplificazione ed altre misure in materia edilizia” è che si tratta, in effetti, di un “pastrocchio” della materia se pensiamo, per restare nel campo della ristrutturazione edilizia, che si toglie “l’aumento delle unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici”, per lasciare il posto alle “modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti”, con il risultato che si potrà comunque aumentare il numero delle unità immobiliari, modificare la volumetria preesistente pur rimanendo in quella complessiva, si potranno altresì modificare anche le superfici interne degli edifici esistenti sempre rimanendo all’interno della volumetria complessiva modificata, nonché cambiare la sagoma degli edifici, ma qualora si vogliano modificare solo i prospetti, questi interventi non rientreranno più tra quelli di manutenzione straordinaria, ma nella ristrutturazione edilizia, soggetta a contributo. c) Contributo di costruzione L’unica differenza che il nuovo decreto ha introdotto è quella rappresentata dal comma d-bis) dell’articolo 16 del dPR 380/01 in base al quale l’incidenza degli oneri di urbanizzazione deve essere differenziata tra gli interventi di ristrutturazione edilizia favorendo quelli nelle aree a maggior densità abitativa, al fine di incentivare il loro recupero, da quelli di ristrutturaIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 85


zione “ordinaria” (art. 3, co. 1, lett. d), dPR 380/01), da quelli di nuova costruzione. Il comune deve stabilire questi oneri differenziati con deliberazione del consiglio comunale. In regione Lombardia c’è già questa distinzione all’interno della legge regionale n. 12/2005, tra gli interventi di ristrutturazione edilizia e nuova costruzione e tra quelli di ristrutturazione edilizia eseguita con o senza la demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti. A mio giudizio il comune dovrebbe limitarsi a deliberare le tariffe degli oneri di urbanizzazione per i soli interventi di ristrutturazione che riguardano quelli da eseguire nella zone di maggior densità abitativa che lo strumento urbanistico dovrà individuare, oltre a stabilire la percentuale di riduzione (non inferiore al 20% del contributo di costruzione (oneri e costo) per gli interventi di ristrutturazione, recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione ai sensi del nuovo comma 4-bis) dell’articolo 17 del TUE. L’obbligo di differenziare l’incidenza degli oneri di urbanizzazione secondo quanto dispone il nuovo comma d-bis), deriva dal tenore letterale della disposizione generale là dove utilizza il termine “è stabilita” presumendo un obbligo per i comuni attraverso una deliberazione del consiglio comunale. Una ulteriore agevolazione è costituita dall’obbligo che è stato

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imposto ai comuni di ridurre in misura non inferiore al 20 per cento il contributo di costruzione per gli interventi di ristrutturazione, recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione. Non è chiaro se questi immobili debbano essere individuati dallo strumento urbanistico generale, ovvero possano essere riconosciuti tali in sede di presentazione del progetto per richiesta dell’interessato e accertamento da parte del comune. Di fatto, però, sarà necessario stabilire la loro consistenza, distinguendo quelli da sottoporre a semplice ristrutturazione edilizia da quelli dismessi o in via di dismissione, per differenziare la riduzione del contributo. La cosa giusta, a ben vedere, è quella di individuare, all’interno del Piano delle Regole del PGT, anche questi ambiti al pari degli interventi di trasformazione complessi di cui all’art. 16, comma 2-bis), sebbene con riduzioni del contributo differenti a seconda della norma di riferimento. d) Obiettivi della semplificazione e procedure L’obbiettivo che il legislatore ha, di fatto, maggiormente perseguito con queste “misure per il rilancio dell’economia” non è tanto la semplificazione, quanto l’accelerazione delle procedure, allargando il consenso dell’amata/odiata SCIA, mettendo in un angolo, per così dire, sia il permesso di costruire, ma soprattutto la SCIA. Entrata ormai a pieno titolo nel nostro ordinamento normativo edilizio (e giuridico), la SCIA sostituisce la DIA a tutti gli effetti, che sopravvive solo ove prevista in sostituzione del permesso di costruire. Anche in questo caso sembra che il legislatore nazionale abbia copiato quello regionale lombardo nell’istituire la Superdia, anche se il TUE prevede questa possibilità condizionata all’interno dell’art. 22, co. 3, lasciando alle stesse regioni la facoltà di ampliare o ridurre l’ambito di applicazione della DIA. In questo titolo abilitativo (SCIA) rientrano le varianti anche ai permessi di costruire, purché le varianti apportate al progetto approvato siano conformi alle prescrizioni del PGT (vigente e adottato), siano preventiva-

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mente acquisiti i necessari atti di assenso e sempre che non configurino variazioni essenziali. e) Mutamento di destinazione d’uso È stato introdotto “il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante”, anche se la giurisprudenza amministrativa consolidata e prevalente ha sempre supportato la tesi secondo la quale è dovuta la quota del contributo afferente gli oneri di urbanizzazione quando il mutamento comporta un incremento del peso insediativo tra una categoria funzionale inferiore rispetto a una superiore, come tra la residenza e il direzionale o commerciale, tra l’agricola e quella produttiva o residenziale o commerciale/direzionale. Saranno poi le regioni a regolamentare tale disciplina, tenuto conto delle innovazioni intervenute con il decreto e le disposizioni già vigenti in regione Lombardia all’interno della legge regionale n. 12 del 2005. f) Permesso di costruire convenzionato Un articolo nuovo introdotto nel TUE è quello che disciplina il permesso di costruire convenzionato, già per altro utilizzato in regione Lombardia che, potrà, in parte, sostituire la pianificazione attuativa e i loro procedimenti di approvazione. Sarà utilizzato soprattutto negli ambiti o aree già parzialmente o totalmente urbanizzate. È prevista, ovviamente, la convenzione per il soddisfacimento delle esigenze pubbliche ed in particolare, come nel caso dei comuni piani attuativi, la cessione di aree uso pubblico, l’utilizzo dei diritti edificatori e la realizzazione delle opere di urbanizzazione. Potrà avvenire per stralci funzionali, assicurando però gli oneri dovuti, la realizzazione delle OO UU e le relative garanzie. I termini potranno essere diversi da quelli previsti dall’art. 28 della legge n. 1150/1942 (10 anni) in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione. Il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello previsto per il permesso di costruire ordinario, mentre per la convenzione si applica la disciplina dell’art.11, legge n. 241/1990, vale a dire il coinvolgimento dei soggetti contro interessati per la presa visione degli atti e la presentazione di eventuali memorie e/o osservazioni. Un aspetto controverso è rappresentato dagli interventi di conservazione, introdotto dal decreto con il nuovo art. 3-bis) del TUE, in quanto, sebbene potrà essere ragionevolmente semplice individuare gli edifici esistenti “non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione”, più problematico sarà il loro recupero da parte dei diretti interessati qualora l’amministrazione comunale imponga loro il recupero conservativo, anche se fondata da forme di compensazione, attraverso una buona azione amministrativa. g) Mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti Relativamente ai mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti, il decreto vuole codificare, lasciando però alle regioni

la facoltà di disporre diversamente, le categorie di destinazione urbanistica, qualificanti, quali appunto: a. la residenza e il turismo-ricettivo b.il produttivo e il direzionale, c. il commerciale, d.il rurale. Si considerano rilevanti e, come tali, comportanti un maggior carico urbanistico, soggetti al pagamento degli oneri di urbanizzazione anche senza esecuzione di opere, solo quelli che passano da una categoria all’altra, mentre i mutamenti che avvengono all’interno della stessa categoria sono sempre ammissibili. È ovvio che: a. la nuova destinazione d’uso non deve essere preclusa dalle previsioni e prescrizioni di zona del PdR del PGT, b.il maggior contributo afferente gli oneri di urbanizzazione tra la nuova e la precedente destinazione d’uso degli immobili, che avviene senza l’esecuzione di opere edilizie, quale mutamento funzionale, è dovuto solo nel caso la nuova destinazione preveda un maggior carico urbanistico tra una e l’altra delle diverse categorie funzionali, commisurata tra l’eventuale maggior somma di oneri dovuti per la nuova destinazione rispetto a quella originaria, c. i mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti che avvengono mediante l’esecuzione di opere edilizie, quali i mutamenti strutturali, sono onerosi, anche nel caso di interventi di manutenzione straordinaria ai sensi del nuovo art. 17, comma 4, dPR 380/01, limitatamente all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, mentre per gli interventi di livello superiore, quali il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia, il contributo di costruzione sarà commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione, secondo le modalità previste dalla stesso TUE. d.Il mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, salvo che la regione disponga diversamente e ciò soprattutto per quelli che avvengono attuati senza opere edilizie, ovvero, siano esclusi dal PGT, come affermato nella precedente lettera a), anche all’interno della stessa categoria funzionale. h) Applicazioni della SCIA Secondo quanto dispone l’art. 22, co. 1, del TUE, sono realizzabili con SCIA gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’art. 10 (soggetti a permesso di costruire) e all’art. 6 (attività edilizia libera, ovvero a CIL limitatamente agli interventi di cui alle lett. a) ed e-bis), purché conformi alle previsioni del PGT. Sono realizzabili mediante SCIA anche le varianti a permessi di costruire che non configurano variazioni essenziali, a condizione che siano conformi alla disciplina urbanistica e siano eseguite dopo l’acquisizione di eventuali atti di assenso in presenza di vincoli o specifiche norme di settore. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 87


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Questo significa che, seppur ammesse con Scia, in presenza di vincoli o obbligo di acquisizione di autorizzazioni, nulla osta, concessioni, comunque denominate, prima debbono essere acquisite queste ultime, e poi si possono attuare le varianti, da comunicare allo SUE alla fine di queste opere e lavori. Queste varianti non sono quelle previste dal secondo comma dell’art. 22 che possono, invece, essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori (e non a fine lavori delle varianti eseguite). Le varianti urbanistiche a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo D. Lgs. n. 42/2004 e non violano le prescrizioni contenute nel permesso di costruire, fanno parte integrante del procedimento relativo al permesso dell’intervento principale e non possono essere perseguite per violazioni edilizie. L’articolo 17, dopo aver modificato ed integrato gli articoli del TUE sopra commentato, rettifica l’espressione “DIA” ovunque menzionata nel dPR 380/2001, ad eccezione di tre articoli (22, 23 e 24, comma 3), sostituendoli con la “SCIA”. Una ulteriore integrazione al DL 133, introdotta all’art. 6, comma 2-bis del dPR 380/01, riguarda le modalità e i controlli affidati dalla regione ai comuni sulle attività di edilizia libera (articolo 6, comma 2, dPR 380/2001, non soggette ad alcun titolo abilitativo, che devono essere disciplinati dalle regioni entro 60 giorni dal 12 novembre 2014. i) Permesso di costruire – interventi subordinati a permesso di costruire in deroga Nel primo titolo abilitativo è stato ristretto il campo degli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati al suo rilascio. Riguarda, infatti, la ristrutturazione edilizia che comporti modifiche della volumetria complessiva (e non aumento) o dei prospetti degli edifici. Vengono di conseguenza cancellati i riferimenti all’aumento di unità immobiliari, le modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici. Ovviamente restano subordinati al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione e gli interventi di ristrutturazione urbanistica e altri interventi che la regione intende ulteriormente individuare qualora incidono sul territorio e sul carico urbanistico o i mutamenti d’uso, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche. Per questi ultimi interventi non si applicano, però, le sanzioni penali. È ovvio che, potendo modificare la volumetria complessiva degli edifici, sarà possibile modificare anche la sagoma dei fabbricati, restando l’obbligo, a mio giudizio, di rispettare comunque, qualora ne ricorrano le condizioni, le distanze dai fabbricati circostanti. L’aver cambiato la definizione della ristrutturazione edilizia 88 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

soggetta a permesso di costruire fa ritenere che gli interventi di ristrutturazione edilizia che prevedano l’aumento di unità immobiliari e la modifica delle superfici sono così subordinati alla SCIA o alla DIA. Nel secondo titolo abilitativo viene ampliata la casistica riferita al suo rilascio. La scelta è basata sulla finalità di contenere il consumo di suolo, con l’obiettivo di riqualificare e recuperare le aree e gli ambiti esistenti. Il nuovo co. 1-bis) dell’art. 14, dPR 380/01, ed aveva esteso, in un primo momento, alle ristrutturazioni edilizie ed urbanistiche proposte nelle aree industriali dismesse la possibilità di richiedere il permesso di costruire in deroga che, sino ad ora, era ammesso solo per gli edifici pubblici o di interesse pubblico. Poi, in sede di conversione del decreto 133/14, il legislatore nazionale ha escluso la possibilità di utilizzare il permesso di costruire in deroga per gli interventi di ristrutturazione urbanistica. Posto che questa deroga è inserita nell’art. 14 significa che è possibile, per questi interventi, derogare, oltre ai limiti di densità edilizia, alle altezze e distanze tra fabbricati, nonché alle destinazioni d’uso previste dallo strumento urbanistico previa deliberazione da parte del consiglio comunale che ne attesti l’interesse pubblico. Tale deroghe sono rinvenibili nell’integrazione del comma 3 nel quale è stato aggiunto il riferimento all’applicazione della deroga anche per questa ristrutturazione edilizia di aree industriali dismesse. l) Permesso di costruire convenzionato È forse una delle più significative novità del decreto perché, sebbene disciplinato anche dalle regioni per taluni interventi di trasformazione edilizia-urbanistica circoscritti, consente effettivamente di attivare un procedimento rapido e nello stesso tempo efficace. Si tratta, in buona sostanza, di un progetto che ha tutti i connotati di un PA, ma che può portare, in un tempo limitato, sia al rilascio del permesso di costruire sia alla sua attuazione, anche per stralci. Deve avere come presupposto la necessità di soddisfare le esigenze di urbanizzazione e di interesse pubblico. L’interesse pubblico può, nella maggior parte dei casi, sussistere proprio perché tali interventi hanno finalità di integrare, completare o recuperare il tessuto urbano consolidato, ma soprattutto realizzare e/o integrare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché prevedere, oltre alla loro cessione, le aree pubbliche o di uso pubblico. Il vantaggio per gli operatori è inoltre quello di poter utilizzare, a fronte della cessione di queste aree, i diritti edificatori compensativi. Come ogni PA è d’obbligo la sottoscrizione della convenzione urbanistica che ne regola l’attuazione in ogni suo aspetto e,


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per quanto riguarda la tempistica, possono essere previsti tempi più ridotti rispetto ai 10 anni di cui all’art. 28, legge n. 1150 del 1942 In più possono essere attuati anche per stralci, pur con le dovute garanzie, da stabilire in sede di convenzione urbanistica. m) Semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di BB AA Già la legge n. 106/2014 aveva previsto l’emanazione di un Regolamento che disciplinasse le categorie di interventi di “lieve entità” che potessero usufruire di una procedura semplificata per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. A questo fine si dovranno apportare modifiche all’elenco contenuto nell’Allegato 1 del dPR n. 139/2010, che prevede 39 tipi di intervento a basso impatto ambientale. Speriamo soprattutto che, a differenza di quanto sostengono le Soprintendenze, possano usufruire della procedura semplificata, anche due o più interventi contenuti nell’elenco da integrare. Con l’art. 25 del DL 133/14 viene data ulteriore potere a tale Regolamento, proprio perché sarà la stessa legge (di conversione) che ne attribuirà la forza.

Il regolamento dovrà individuare: • le tipologie di intervento per i quali l’autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell’art. 149 del Codice, sia per quanto riguarda gli interventi di lieve entità, sia mediante la definizione di ulteriori interventi minori con scarsa rilevanza paesaggistica, • le tipologie di interventi di lieve entità (comprese quelle integrate) che potranno essere sub delegati agli enti preposti, dopo l’accordo tra Ministero, regioni ed enti locali. Come già detto è stata rimossa dall’art.146, co. 9, del Codice la Conferenza di Servizi all’interno della procedura per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Nel caso di mancato parere da parte della Soprintendenza nei termini previsti dall’art. 146, il comune è obbligato a decidere sull’istanza e a provvedere alla chiusura del procedimento. n) Contributo di costruzione – esonero o riduzione All’interno dell’art. 17 del dPR 380/01, con il decreto legge 133/2014, sono state introdotte due novità, una delle quali si ritiene estremamente riduttiva rispetto alle aspettative degli obiettivi della manovra e che riguarda, in particolare, gli interventi di manutenzione straordinaria assoggettata al contributo di costruzione commisurato all’incidenza delle sole opere di urbanizzazione. Se da un lato il DL vuole favorire la ripresa economica italiana, non si capisce come si possa raggiungere tale risultato prevedendo, da una parte la riduzione della “pressione contributiva” per gli interventi di ristrutturazione edilizia, mentre dall’altro si penalizzano i predominanti interventi di manutenzione straordinaria, anche se limitati al pagamento della sola quota di oneri di urbanizzazione. In sede di conversione del decreto, però, le cose sono cambiate di poco perché il legislatore non ha voluto rimuovere del tutto l’onerosità degli interventi di straordinaria manutenzione (anche se limitata ai soli oneri di urbanizzazione) e così ha limitato tale applicazione a quegli interventi che, pur defiIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 89


In ogni caso i comuni devono definire criteri e modalità applicative della riduzione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del DL 133 del 2014.

niti di straordinaria manutenzione, aumentano il carico urbanistico e ne derivi un aumento della superficie calpestabile. Ritengo sarà modesta l’applicazione della norma sulla prevista riduzione del contributo che riguarda gli interventi di densificazione edilizia, per gli interventi di ristrutturazione, recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione per i quali il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia, in Lombardia, è già previsto un doppio criterio di riduzione del contributo, distinto tra quello che prevede la ristrutturazione edilizia di edifici senza la demolizione e successiva ricostruzione e quella ricostruttiva, per i quali: • per gli interventi, non riguardanti la demolizione e ricostruzione, gli oneri sono quelli previsti per le nuove costruzioni, ridotti del 50%, • per gli interventi , sempre non riguardanti la demolizione e ricostruzione, il costo di costruzione è determinato in relazione al costo reale delle opere e dei lavori effettivamente eseguiti, così come individuati dal progetto presentato e comunque per un importo non superiore al valore determinato per le nuove costruzioni. 90 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

CONCLUSIONI Indipendentemente dalle novità introdotte con il decreto legge 133, con le modifiche ed integrazioni intervenute in sede di conversione in legge, è necessario e indispensabile precisare come le regioni a statuto ordinario debbano affrontare gli adeguamenti e gli aggiustamenti previsti dalle norme entrate in vigore dal 12 novembre 2014, fermo restando che dal 13 settembre 2014 quelle contenute nel decreto in commento dovevano comunque essere rispettate, fermo restando quanto sopra detto a proposito delle competenze delle regioni in questa materia. La regione Lombardia già doveva affrontare talune modifiche ed integrazioni alla normativa della legge regionale n. 12 del 2005, previste dalle recenti normative nazionali, riguardanti il TUE, approvato con il dPR 6 giugno 2001, n. 380, quali: • l’art. 30, co. 1, lettere a), b), c), d), e) f), g) e h), del DL 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1013, n. 98 • l’art. 30, co. 3, del DL 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1013, n. 98, come modificato dall’art. 3-quater, co. 2, del DL n. 91/2013, convertito con modificazioni, dalla legge n. 112/2013 e s.m.i., • l’art. 41, co. 4, del DL 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1013, n. 98 e successivamente dall’art. 10-ter del DL n. 47/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2014. Ora la regione sarà chiamata ad adeguare e integrare la propria normativa edilizia alle precedenti disposizioni legislative del 2013, cercando di coordinare e coniugare l’attuale legge regionale n. 12 del 2005 alle nuove norme di “semplificazione” in materia edilizia contenute nella legge 11 novembre 2014, n. 164, di conversione del decreto legge n. 133 del 2014. (Fine) T

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CONDOMINIO

I

l nuovo testo dell’art.1119 Codice Civile entrato in vigore il 18 giugno 2015 recita “Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”. Ove – va notato – le parole “e con il consenso di tutti i partecipanti” sono state aggiunte dal testo della legge di riforma. Parti comuni riservate La vicenda che ha condotto alla pubblicazione della sentenza numero 1680 del 2015 depositato lo scorso 29 gennaio dalla Corte di Cassazione è assai articolata e complicata e non può essere quindi ripercorsa nelle colonne della nostra pagina. Tuttavia la stessa fa riferimento a un importante principio della disciplina condominiali che è opportuno ricordare. Cosa era accaduto: semplificando possiamo dire che all’interno del condominio vi era un corridoio che serviva non tutte le unità immobiliari del condominio bensì solo alcune. Uno dei condomini, proprietario di più unità immobiliari tra quelle che utilizzavano questo corridoio, nel venderne una ha stabilito con il suo acquirente che questi non aveva la possibilità di utilizzare il corridoio. Addirittura le parti procedevano a murare la porta. Dopo anni, tuttavia, l’acquirente ha agito per far dichiarare la nullità della clausola che escludeva la sua unità immobiliare della comproprietà nel corridoio. In primo grado la sua inizia92 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Indivisibilità delle parti comuni condominiali

tiva ha avuto successo ma in secondo grado la Corte d’Appello ha dichiarato la validità della clausola e quindi la correttezza dell’esclusione del condomino dalla comproprietà e dalla possibilità di utilizzo del corridoio in questione. La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza della Corte d’Appello, fissando e ribadendo l’importante principio al quale abbiamo accennato all’inizio. Il principio è quello secondo il quale non è mai possibile vendere un’unità immobiliare in condominio escludendo l’acquirente dalla comproprietà delle parti comuni accessorie all’unità immobiliare in questione. Non è possibile vendere un’unità immobiliare riservandosi la comproprietà del cortile, non è possibile vendere un appartamento riservandosi la proprietà delle scale. Così, in questo caso la Cassazione ha sancito come non fosse possibile vendere l’unità immobiliare che si affacciava sul corridoio, e che quindi doveva considerasi collegata ad una rispettiva quota di comproprietà, escludendo il trasferimento di detta quota di comproprietà. Questi principi complessivamente ricavano dall’art. 1118 e 1119 del C.C. che stabiliscono che i condomini non possono rinunciare alla comproprietà delle cose comuni e che le cose comuni sono indivisibili salvo il consenso di tutti i condomini. La vendita quindi dell’unità immobiliare all’interno del condominio comporta necessariamente anche il tra-

sferimento delle parti comuni alla stessa collegate. Corte di Cassazione, sez. Il Civile, sentenza 29 gennaio 2015 n° 1680 Va osservato che la clausola contenuta nel contratto di vendita di un appartamento sito in un edificio in condominio – con la quale si è e-

sclusa dal trasferimento la proprietà di alcune parti comuni dell’edificio stesso – deve ritenersi nulla, poiché con essa s’intende attuare la rinuncia di un condomino alle dette parti comuni, vietata dal capoverso dell’art. 1118 C.C. (Cassazione n° 3309 del 1977; analogamente , vedi anche Cassazione n° 6036/95. T

La detrazione del 65% è in vigore per i condomini per tutto il 2015 Attenzione. Per gli interventi sul risparmio energetico “relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del Codice Civile” o che interessano tutte le unità immobiliari “di cui si compone il singolo condominio”, la detrazione del 65%, in vigore dal 6 giugno 2013, è stata prorogata dal Dl di stabilità fino al 31 dicembre 2015. In precedenza, invece, era previsto che le spese sostenute fino al 30 giugno fossero agevolate al 65% e che quelle sostenute dal 1 luglio 2015 e fino al 30 giugno 2016 beneficiassero del bonus del 50%. La riduzione del periodo agevolato di 6 mesi (prima metà del 2016), quindi, è stata bilanciata con l’aumento della percentuale del bonus dal 50% al 65% per il secondo trimestre del 2015. Da "Il Giornale di Brescia – Ottopiù Casa"

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Francesco Ganda


CATASTO Bruno Bossini

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l Catasto è stato l’attore principale dell’incontro per la categoria sulle criticità operative che quotidianamente emergono nell’attività catastale, che il Collegio ha organizzato il 15 giugno presso l’Istituto “Tartaglia”. La riunione era propedeutica ad un successivo confronto con i responsabili dell’UTE di Brescia al fine di rimuovere appunto tali emergenze. Il collega Alessandro Rizzi responsabile della Commissione Catasto era affiancato dal presidente Giovanni Platto e dagli esperti Giuseppe Bellavia, Piergiovanni Lissana e Angelo Este. La platea, abbastanza numerosa, ha visto la presenza di almeno 200 colleghi geometri. La premessa iniziale ha messo in evidenza come ora che a Brescia è scattato in via sperimentale l’obbligo di invio telematico delle pratiche Pregeo e Docfa le criticità stiano emergendo più che mai. Diversi i temi che sono quindi stati trattati dalla relazione di Rizzi, dagli interventi degli altri relatori e da quelli dei colleghi in sala. • Si rendono necessarie alcune correzioni operative al Pregeo e Docfa, che riguardano in particolare la conferma topografica e l’indicazione – come chiede l’Ufficio – che al TM sia sempre affiancata la procedura TF unitamente ad alcune precisazioni sulla formazione degli F/6 all’Urbano (vedi box a lato). • Modifica di destinazione e

Incontro sulle criticità operative dell'attività catastale

riaccatastamento delle U.I.: è illegittima la sospensione del Docfa quando non si ottempera alla presentazione – richiesta dall’Ufficio – del provvedimento autorizzativo da parte del Comune. Non può essere imposto un obbligo di procedura che resta discrezionale. È stata anche richiamata l’attenzione dei colleghi sul fatto che nel caso di “calo” di R.C., l’Ufficio interviene quasi sempre con un accertamento. • Le sanzioni comminate a partire dal 30° giorno dopo la fine lavori da parte dell’Ufficio sono anch’esse illegittime, in caso di sospensione Docfa da parte del medesimo. Ciò in quanto una legge precisa del 1941 prevede in tali casi

l’automatica sospensione dei tempi di invio delle pratiche. • Quando le sanzioni risultano legittime è utile per i committenti “utilizzare” tutte le possibilità di riduzione previste dal ravvedimento operoso, anche se esse risultano di non facile lettura. • Vanno ridefiniti una volta per tutte i criteri di attribuzione dei vani catastali (in attesa della Riforma che li sostituirà con la superficie). Si è rilevato inoltre che l’Ufficio tende ad attribuire l’utilizzo residenziale anche per locali dichiarati servizi (lavanderie, cantine ecc.), ed in tal caso è giusto intervenire anche se si tratta di modeste variazioni di R.C. • È stata suggerita la massima attenzione nella de-

nuncia degli stati di fatto (misure, destinazioni ecc.), in quanto non va dimenticato che il professionista risulta corresponsabile con il committente in quanto ambedue firmatari. Essere troppo “compiacenti” nei confronti dei committenti può dare adito ad effettivi problemi di responsabilità. • È importante tenere sempre presente che in caso di accertamento e di verifica da parte dell’Ufficio di dati non coerenti il professionista può essere passibile di denuncia alla Procura della Repubblica. • La denuncia degli immobili rurali risulta spesso controversa per alcune disposizioni non molto chiare sulle quali la committenza tende a dichiarare situazioni a suo favore. Spesso risulta negli

Categoria F/6 Questi i 35 comuni della provincia di Brescia nei quali è stata avviata la procedura di costituzione dell’F/6 in caso di richiesta di approvazione del Tipo Mappale di nuovo fabbricato. ACQUAFREDDA

CEVO

ORZIVECCHI

ALFIANELLO

CHIARI

PADERNO FRANCIACORTA

AZZANO MELLA

CIGOLE

PASPARDO

BAGNOLO MELLA

COMEZZANO-CIZZAGO

PISOGNE

BASSANO BRESCIANO

CORZANO

POMPIANO

BIENNO

DESENZANO DEL GARDA

PONTE DI LEGNO

BRANDICO

ESINE

PRALBOINO

CAINO

GIANICO

PRESTINE

CAPO DI PONTE

MARMENTINO

ROE’ VOLCIANO

CARPENEDOLO

MILZANO

VILLACHIARA

CASTENEDOLO

ONO SAN PIETRO

ZONE

CERVENO

ORZINUOVI IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 93


accertamenti che la ragione sta invece dalla parte dell’Ufficio. • L’Ufficio Erariale di Lecce che è stato demandato all’approvazione dei Docfa in caso di sospensione dei medesimi indica il numero telefonico del funzionario che ha provveduto alla sospensione per le precisazioni necessarie. Perché tale criterio di buon-senso non viene applicato in casi analoghi dall’UTE del Brescia? Il Convegno si è chiuso con alcune richieste di precisa-

94 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

zione di qualche collega presente in sala. Sono stati riproposti chiarimenti sull’annoso e mai risolto problema-nella denuncia di immobili di categoria D, quale sia l’effettivo valore che deve essere attribuito ai capannoni, se con o senza i famosi impianti “imbullonati” ai fini del conteggio della R.C. Un argomento controverso, questo, sul quale la Confindustria ha preso una posizione molto ferma, contraria a quella dell’Ufficio Erariale. Il problema sta nel valore che si dà alla “ordina-

rietà” e “funzionalità” rispetto alla presenza o meno degli impianti nei riguardi del fatto che l’immobile potrebbe produrre o no reddito, ai sensi di una sentenza di lontanissima data e della non facile comprensione delle disposizioni della Circolare 6 al riguardo. Per altro il comportamento degli UTE (anche limitrofi territorialmente) non è per niente sull’argomento conforme e ciò continua ad ingenerare una palese difficoltà operativa. È stato però riferita, al riguardo, una precisazione del

Vice Ministro Casero – riportata dal Sole 24 Ore del 14 giugno 2015 (pag.2) – nella quale il medesimo ha ribadito che “i macchinari imbullonati non faranno parte del valore da attribuire all’U.I. produttiva ai fini del calcolo della R.C.”. Prendiamo atto con fiducia che una prossima normativa nella logica di un fattivo discernimento possa risolvere una volta per tutte un problema che incide pesantemente sui costi delle attività produttive. T

Foto © JYF – Fotolia.com

CATASTO


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FLUXUS Innovativo brevetto di un geometra nell’impiantistica civile Quando la ditta ISB - Italia Smart Building ci ha contattato per pubblicare sulla nostra rivista un'inserzione pubblicitaria, ci siamo trovati di fronte a un prodotto innovativo brevettato da un nostro iscritto, il collega Stefano Santini di Villa Carcina, insieme al suo socio Claudio Abrami. I due brevetti ai quali Santini ha lavorato in circa un anno e mezzo di ricerca riguardano il progetto operativo di un impianto integrato nelle costruzioni. Un approccio che per certi versi propone un nuovo sistema per “fare cantiere” nel campo dell’impiantistica. Tutto ciò rimarca una volta di più che i geometri, all’occorrenza – e sopratutto nei periodi di crisi di lavoro come quello che stiamo vivendo – sanno impegnarsi ad innovare il proprio curriculum professionale, anche “mettendosi in gioco” con risorse economiche e con lo studio di idee che tradotte in pratica possono anche risultare rivoluzionarie. Per questa ragione, e per saperne di più su un sistema che peraltro riguarda da vicino la nostra professione, abbiamo ritenuto utile incontrare il collega Santini, per chiedergli di spiegarci qualcosa in più sulla sua proposta innovativa.

C

ome è nata l’idea? Tutte le idee nascono da ragionamenti semplici. E questa è nata da un sopralluogo in uno dei soliti cantieri disordinati, dove con il mio socio ci siamo chiesti come mai, negli anni, i cantieri siano migliorati molto nelle finiture e nella qualità dei materiali, ma non nella modalità di gestirli. Tutti conosciamo il disordine che si percepisce soprattutto nella fase della realizzazione dell’impiantistica elettrica

ed idraulica, con tubazioni e corrugati posizionati ovunque, spesso senza vera logica, con intralci e sovrapposizioni di vari interventi operativi che il più delle volte producono errori e lievitazione di costi sul cliente. Senza dimenticare la solita “modalità” esecutiva secondo la quale vengno demolite porzioni di murature appena costruite, per inserirvi impiantistica di ogni genere, andando peraltro contro ogni logica strutturale,

di coibentazione e di acustica dell’edificio. E come avete pensato di risolvere tutte queste problematiche? Siamo partiti da un ragionamento fuori dagli schemi e, prendendo il sacco in cima, siamo giunti all’idea di scorporare totalmente qualsiasi impianto (idraulico, elettrico, aspirazione polveri, ecc.) dalla struttura dell’edificio (murature e solai), e di eliminare i collettori idraulici e quadri elettrici nelle modalità in cui ora sono stati sinora pensati. Con il nostro sistema l’edificio può essere costruito al rustico e successivamente totalmente intonacato e solo dopo si procede a posizionare FLUXUS e quindi a realizzare con esso tutti gli impianti tecnologici. E come si è concretizzata l’idea? Per un anno e mezzo abbiamo studiato materiali, progettato matrici e dedicato molto tempo allo sviluppo della nostra idea. Solo allora ha preso forma concreta l’ipotesi, già di per se ambiziosa, di scorporare tutto dalle murature per includere in un unico manufatto ispezionabile, e a pavimento, tutta l’impiantistica (termoidraulica, elettrica, aspirazione polveri, etc.) in modo prefabbricato, tale da farlo diventare in un nuovo e moderno sistema integrato e certificato, modificabile ed implementabile in qualsiasi momento della vita dell’edificio, senza necessità di future spaccature di murature o pavimentazioni. E siete con ciò riusciti a produrre un

sistema di impiantistica rivoluzionario... È vero, ci siamo riusciti oltre ad ogni rosea aspettativa in quanto siamo andati ben oltre il concetto di standard operativo usuale. Con FLUXUS abbiamo creato un potente sistema integrato e brevettato che rivoluziona le dinamiche e le modalità di “fare cantiere”. Il sistema è costituito da due brevetti – FLUXUS e COLUNBUS – che si integrano tra loro e che ad oggi non hanno pari in tutto il mondo, come è risultato anche dalle ricerche di anteriorità durante la fase di brevettazione. E quali in sintesi i vantaggi reali di questo nuovo sistema cantieristico? Sono innumerevoli. Anzitutto, mai più spaccature nelle murature e riduzione degli spessori solai. Poi una consistente riduzione di tubazioni, che con il nostro sistema vengono posate in modo ordinato in appositi alloggiamenti ispezionabili. E infine una riduzione nei tempi di cantiere, in quanto FLUXUS è già pre-cablato, pre-fabbricato e collaudato e deve essere solo montato e collegato in loco. Abbiamo progettato dei manufatti pre-assemblati già ora industrializzati, che costituiscono l’elemento vitale del brevetto in quanto, oltre a sostituire i soliti collettori idraulici normalmente murati in qualche angolo dell’edificio, migliorano la distribuzione di tutta l’impiantistica sposandosi perfettamente con la struttura del cantiere. Tra i vantaggi va anche annoIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 95


TECNICA Dall'alto, in senso antiorario. Un cantiere tradizionale. Un Cantiere con “FLUXUS” di Italia Smart Building. Una casa finita, con l'impiantistica elettrica e domotica gestita grazie alle colonnine “COLUNBUS” e alla copertura dell’alloggiamento “FLUXUS”.

verato il miglioramento della fruibilità del riscaldamento e raffrescamento a pavimento, con una più corretta distribuzione delle calorie e frigorie nelle pavimentazioni e con l’eliminazione di tutte le problematiche legate alle ingestibili concentrazioni di caldo e freddo che si creano normalmente nei pressi dei collettori, con i relativi problemi di condense soprattutto durante la fase di raffrescamento. Per quanto attiene la parte elettrica e domotica, tutti gli accessori ora normalmente murati (interrutori, termostati, prese e quadri elettrici) sono stati sostituiti da COLUNBUS, un vero e proprio oggetto architettonico d’arredo che si può anche spostare in base alle esigenze del vivere la casa o l’edificio in genere, anch’esso sempre ispezionabile, implementabile e gestito da un impianto ad alta robustezza ed efficienza con cavi antincendio 96 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

da 6 mm. (24 amp. fino a 48 amp. con anello), durata illimitata nel tempo, ed esente da campi magnetici; Tutta la progettazione impiantistica, idraulica, elettrica, d’aspirazione polveri e ventilazione è stata semplificata radicalmente, con il nostro sistema gli as built cioè i disegni che descrivono l’opera come è stata effettivamente costruita, diventano superflui essendo tutto ispezionabile e visibile, ed in caso facilmente restituiti a progetto. A questi vantaggi va anche sommata la riduzione dei costi di cantiere? Assolutamente sì, se solo si pensa all’annullamento delle assistenze edili, alla riduzione dei sovraccarichi dei solai e quindi al loro spessore con l’eliminazione della caldana di copertura di scarichi, corrugati e tubazioni varie oltre alla considerevole riduzione di tubazioni idrauliche,

che partono dai collettori, e di cavi elettrici che partono dai quadri elettrici per alimentare i vari locali. Con tutto ciò il prezzo degli impianti secondo il sistema da voi proposto quanto costerà rispetto ai sistemi tradizionali? Essendo un sistema completamente diverso rispetto a quelli tradizionali non è facilmente paragonabile con essi. Possiamo quindi dire che FLUXUS è certamente più oneroso, ma che ciò è dovuto essenzialmente alla presenza di un software di controllo automatico con il quale si crea una vera domotica in funzione delle vere esigenze del cliente, con accessori come i sensori di presenza in ogni stanza per la gestione dell’ambientazione luminosa, l’antifurto volumetrico, il termostato con pir-sensor, sensy light ad otto pulsanti ad

alto livello estetico e di design al posto dei soliti frutti elettrici. Resta comunque il vantaggio non indifferente di poter conoscere anzitempo la certezza sia dei tempi di realizzazione che i costi. In conclusione quali sono le applicazioni più congeniali del nuovo sistema di FLUXUS? Il sistema brevettato si adatta a qualsiasi tipo di edificio e destinazione d’uso: residenziale, direzionale, commerciale o artigianale. In particolare intendiamo rivolgerci direttamente al cliente che vuole realizzare la propria abitazione o luogo di lavoro in modo innovativo, flessibile ed altamente tecnologico, ed a tutti i tecnici e professionisti precursori e innovatori che hanno la volontà di cambiare le regole in un’ottica professionale migliorativa per dare il meglio ai propri clienti. T



TECNICA

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Le pietre della fede

ffrontare il tema dello “spazio sacro” è un atto progettuale che va al di là del risultato finale poiché significa rimettere al centro della attività creativa il rapporto tra finito ed infinito, tra astratto e concreto. La “casa di Dio” nasce dalla capacità dell’architetto di restituire senso e valore allo spazio della meditazione, della preghiera e del silenzio attraverso la “configurazione di modelli tridimensionali di luce e forme che relazionano la percezione visiva alla sensazione emotiva”1. Per le sue specificità, il tema ha spesso segnato un momento importante nel percorso culturale dell’autore e la storia dell’architettura, anche quella contemporanea, offre molti esempi in merito. Purtroppo, se si escludono opere come la chiesa di Dio Padre misericordioso progettata dall’architetto ebreo-americano Richard Meier o la chiesa dedicata a Padre Pio firmata da Renzo Piano, la notorietà delle realizzazioni italiane più recenti, spesso di grande qualità, è sovente oscurata dalla fama di quelle più antiche, come nel caso delle chiese milanesi realizzate dagli anni ’50 in poi, firmate da nomi come Gio Ponti, Figini, Pollini, Mangiarotti, Gregotti, sconosciute ai non addetti ai lavori. La pietra, presenza costante nel corso dei secoli, è stata materia per la costruzione, per la realizzazione degli arredi (secondo le indicazioni delle Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae elaborate da San Carlo Borromeo alla fine del XVI secolo), degli apparati decorativi ed oggi, in forma di raffinati rivestimenti orizzontali e verticali, continua a testimoniare la necessità dell’uomo di sopravvivere alle “precarietà del suo essere e del suo operare”2. Pesante/leggera, spessa/sottile, scabra/liscia, portante/portata, sono alcune delle infinite dicotomie che ne riassumono le trasformazioni d’uso, mutate nei secoli, per aderire alle richieste imposte da quelle regole della liturgia che oggi indicano lo spazio sacro come il luogo in cui “non esiste più alcuna separazione tra celebrante e fedeli [...] la partecipazione all’azione liturgica che i suoi spazi sacri suggeriscono è completa ed immediata proprio come avveniva nel più antico rituale cristiano”3. Ciò è perfettamente leggibile nella chiesa del cimitero di Cortine di Nave a Brescia, realizzata quasi dieci anni fa dagli architetti Paolo Greppi e Pierluigi Bianchetti, sintesi di un incontro fra necessità pratiche e rispetto delle regole liturgiche attraverso una soluzione architettonica che genera due configurazioni possibili: quella chiusa per la messa settimanale e quella completamente aperta, per i riti funebri, solitamente più affollati. La possibilità per i fedeli di disporsi sia all’interno che all’esterno sul piccolo sagrato o anche ai fianchi 98 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Foto © fotografie Alberto Muciaccia

Andrea Botti


TECNICA Nella pagina precedente. Chiesa del cimitero di Cortine di Nave, vista esterna.

Foto © fotografie Alessia Riccobono

In questa pagina. Chiesa di San Gregorio Vescovo, Agrigento.

dell’edificio è una delle novità del progetto, poiché compone un nuovo spazio, generato dalla costruzione, dove la separazione tra celebrante e fedeli viene attenuata in modo che il rito sia più comunitario. La pianta propone due navate senza la scansione delle colonne, la facciata comunica la divisione interna con la combinazione di una coppia di aperture che si sovrappongono nel centro generando lo spazio per la tradizionale porta a misura d’uomo destinata all’accesso quotidiano. Il soffitto, ad altezze diverse, evidenzia la compenetrazione delle due navate; sul retro, verso la campagna, le absidi, una delle quali diviene campanile, restituiscono all’esterno la forma della chiesa tradizionale, mentre all’interno, nel gioco dei vuoti e dei pieni, si materializza uno spazio attraversato da intense variazioni di luce che conferiscono all’ambiente un carattere spirituale. L’edificio è interamente rivestito, dentro e fuori, con intonaco bianco, solo la facciata si differenzia, acquistando maggiore importanza, grazie ad un rivestimento in lastre rettangolari di granito Bianco Sardo bocciardato, posato con il lato lungo in orizzontale ed in modo da ottenere due differenti soluzioni visive: i giunti orizzontali quasi inesistenti segnano la continuità della pietra, quelli verticali, aperti, sfalsati, accentuano lo slancio verso l’alto e contribuiscono ad imprimere un maggior dinamismo all’intera composizione. I pesanti portali (sia quello frontale ad ante che quelli laterali scorrevoli) comunicano all’osservatore il duplice ruolo di serramenti: chiusi, proteggono, aperti simulano il grande abbraccio della chiesa verso i fedeli chiamati a raccolta, un’immagine di “berniniana memoria” sempre presente nel nostro immaginario e forse anche in quello dei progettisti. Più recente ed introversa la realizzazione della chiesa del complesso parrocchiale dedicato a San Gregorio Vescovo, figura importante per Agrigento, collocata in un’area poco edificata definita dal paesaggio della campagna agrigentina, in una zona vicina al Parco Archeologico. Il corpo principale della chiesa4, progettata dall’architetto-ingegnere Giuseppe Pellitteri e conclusa nel 2012, è costituito da un possente parallelepipedo frammentato e decostruito, ruotato rispetto alla strada secondo la direzione est-ovest, su cui si apre con un grande setto rivestito in acciaio corten, che simboleggia una porta sempre aperta alla comunità, tra due torri inclinate verso il centro e di diversa altezza. Il fronte laterale verso la Valle è scandito da un colonnato di sette elementi, quanti sono i Vescovi agrigentini Santi o Beati; il fronte opposto, è parzialmente forato da una serie di bucature che richiamano le note dell’Ave Maria gregoriana.

All’interno, l’area presbiterale è segnata da un lucernario costituito da un parallelepipedo cavo, ruotato e ben visibile dall’esterno, nel quale è sospeso un grande Cristo in bronzo nell’atto della resurrezione, sotto un velario inclinato come la lapide del sepolcro che si scoperchia. Il campanile, in prossimità della strada è uno snello e alto parallelepipedo, tagliato in diagonale. L’esigenza, per la vicinanza del sito archeologico, di limitare i volumi emergenti, ha comportato un’articolazione di spazi ipogei che ruotano su un chiostro scavato rispetto al sagrato, al quale si accede attraverso una gradonata che diventa anche una cavea per celebrazioni all’aperto, dove il discorso IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 99


TECNICA

liturgico continua anche nelle sottostanti cappella feriale e cripta e su cui si affacciano le aule per la catechesi. La chiesa e il campanile sono rivestiti con lastre di travertino, metafora della solidità e dell’importanza fondante della Chiesa romana che, con il colore chiaro e luminoso, sottolinea la sacralità del paesaggio. Gli elementi cardine quali il setto-porta o la torre centrale, rivestiti in acciaio corten, riprendono i colori della terra, per contrastare la purezza e luminosità della materia litica. Attraverso le ampie vetrate, la trasparenza della chiesa è messa in risalto dalla purezza della pietra, sede della narrazione di temi artistico-religiosi. Oltre ai mosaici con le vite dei sette vescovi agrigentini, realizzati con frammenti lapidei pregiati, gli altri elementi sacri sono creati con materiali ancora più chiari e uniformi, come il white limestone turco, a voler rafforzare il forte legame con la storia del Mediterraneo. Quando il tema non è più la progettazione exnovo dell’edificio sacro ma l’intervento di “adeguamento liturgico” il confronto con l’esistente diviene elemento determinante poiché ogni progetto che intenda inserirsi in modo innovativo, come la CEI richiede, in un contesto già dotato di una propria fisionomia celebrativa, storica e artistica, incontra numerose sfide fra cui la presenza del patrimonio esistente ed il confronto con gli organi di tutela, poiché “se per gli architetti è un dovere il saper intervenire sugli edifici storici, risulta invece più difficile avere una competenza liturgica. Occorre uno studio approfondito degli esempi storici, dei testi sulla liturgia, avere ben presente che cos’è e come si svolge una celebrazione”5. Fra quelli recenti, uno dei più riusciti è il progetto di adeguamento nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Brescia, concluso nel 2011 e firmato dall’architetto Paolo Greppi. Gli arredi sacri sono tutti in massello di Giallo d’Istria, in parte levigato ed in parte spazzolato. La Mensa dell’ultima cena, il Calvario del Golgota e Cristo stesso, temi di ogni altare, sono rappresentati, metaforicamente, da una struttura fortemente tettonica costituita da un piano di appoggio di dodici lastre di marmo (numero biblico simbolico) a filo pavimento che porta una base in massello sulla quale è collocato il piano della mensa. Sul fronte una Tau appare, specularmente, anche sul retro, dove trova posto una piccola nicchia per alloggiare la 100 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

Reliquia. L’ambone è costituito anch’esso da parti in marmo massello, giustapposte secondo una composizione che conferisce dinamismo alle masse; la parte frontale presenta, scolpito in rilievo, il testo delle Beatitudini, percepito, a distanza, attraverso un chiaroscuro che colma quell’horror vacui spesso avvertito dal pubblico di fronte alle opere d’arte contemporanea. In adiacenza al nuovo setto ligneo si trova la sede presidenziale costituita da parti in marmo come le panche per i concelebranti dotate di seduta e schienale in legno. Nello stesso anno si è concluso anche l’intervento di amplia-

Foto © Roberto Greppi

Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Brescia.


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Foto © Luca Santiago Mora, Roberto Giussani, Paolo Belloni

Chiesa parrocchiale di Brembo.

mento e riqualificazione della Chiesa di Brembo a Dalmine, firmato dagli architetti Paolo Belloni e Elena Brazis, vincitori del concorso di progettazione ad inviti che richiedeva, ai partecipanti, soluzioni per la realizzazione di una nuova navata laterale e per il rifacimento complessivo della zona presbiteriale. La chiesa esistente, risalente agli anni ’50, presentava una struttura quasi industriale6, caratterizzata da alcuni aspetti interessanti dal punto di vista dimensionale, ma funzionalmente inadeguata e priva delle necessarie qualità in termini di spazio e di luminosità. Il tema della luce ha costituito il filo conduttore

dell’intervento. Il presbiterio è stato completamente riqualificato con l’obbiettivo di realizzare uno spazio neutro che funge da sfondo alle poche presenze significative dal punto di vista figurativo e liturgico. La costruzione del nuovo tiburio di copertura con un ampia vetrata zenitale ed una finitura interna in foglia oro ha consentito di trasformare lo spazio cupo e austero in un luogo caratterizzato da un’abbondante presenza di luce che accentua la composizione volumetrica dello spazio. Dal punto di vista materico l’obiettivo è stato quello di coniugare l’immagine della solidità con quella della trasparenza e dell’etereo, rimandando ad un’ideale ricomposizione dell’unità di tutti gli elementi: un velario in lastre di onice stratificato e retroilluminato, sorretto da un’importante struttura in acciaio ossidato, costituisce il fulcro visivo dell’assemblea; onice per l’altare, l’ambone, il tabernacolo, il fonte battesimale e pochi altri elementi presenti, realizzati tagliando e scavando un unico blocco. La nuova navata laterale consente di collegare in un’unica sequenza interna le principali funzioni che dovevano trovare adeguata collocazione all’interno della chiesa: la zona della penitenzeria e dei nuovi confessionali, il nuovo fonte battesimale illuminato dall’alto e una gradonata rivestita in legno destinata ad ospitare il coro. La piccola chiesa del cimitero di Cortine di Nave, cosi come la parrocchiale di San Gregorio ad Agrigento e i due interventi di adeguamento liturgico a Brescia e Brembo, pur nelle ovvie differenze compositive e linguistiche, evidenziano nelle pietre e negli impieghi, gli strumenti di un atto progettuale che restituisce importanza al ruolo dello “spazio sacro” come fattore imprescindibile, di sicurezza e centralità dinnanzi alle incertezze della nuova urbanizzazione e, secondo qualcuno, al dissolversi di quelle istituzioni attorno alle quali è maturata la coscienza collettiva quali: la chiesa, il museo, il teatro, il mercato, la piazza. T

Note 1 M. Botta, Architetture del Sacro, Ed. Compositori, Bologna, 2005. 2 Ibidem. 3 A. Botti, L’architettura della fede e della partecipazione, in “Schegge” n. 2/3, ed nuovo millennio. Magalini, Rezzato, 2010. 4 A. Botti – P. Resbelli, ARCH&STONE’13 – architetture in pietra del nuovo millennio, Magalini editrice due, Rezzato (BS), 2013. 5 A. Botti, Nella chiesa di Santa Maria della Vittoria la pietra si veste di nuove forme, in “Schegge” n. 6, ed. Magalini, Rezzato, 2011. 6 A. Botti – P. Resbelli, ARCH&STONE’13 – architetture in pietra del nuovo millennio, Magalini editrice due, Rezzato (BS), 2013.

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 101


TECNICA

Il mattone di plastica Rivoluzionaria invenzione di un ingegnere bresciano Un mattone in plastica per costruire case interamente in plastica: questa la rivoluzionaria invenzione d’un giovane ingegnere bresciano, specializzato nello studio dei polimeri. Dopo le case in paglia, realizzate da un collega camuno e delle quali abbiamo parlato qualche numero fa, continua il nostro viaggio sull’orizzonte dei nuovi materiali da costruzione, incontrando proprio l’ingegner Cristian Fracassi, della società Isinnova s.r.l., che sta depositando in queste settimane i brevetti per la sua idea che apre scenari assolutamente inesplorati in edilizia. Il mattone di plastica arriverà verosimilmente sul mercato in capo ad un paio d’anni e per alcune tipologie costruttive (edifici di massimo due piani e con luce massima di cinque metri) potrebbe essere una soluzione davvero interessante, sostenibile, economica. Ne abbiamo parlato con l’inventore, con la promessa di un approfondimento sul tema non appena potremo darvi più dettagli tecnici.

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iamo abituati a pensare ai mattoncini in plastica dei giochi dei nostri figli, difficile immaginarceli in un cantiere. Perdonerà la curiosità, ma come le è venuta quest’idea? Costruendo una villetta con i Lego o i Play Mobil? “No, sono partito da un problema che ho potuto verificare all’Aquila dopo il sisma del 2009. Oltre la distruzione si è subito posta la questione della ricostruzione di immobili antisismici, di rapida edificabilità e di basso costo. Un problema al quale l’edilizia 102 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

tradizionale fatica a dare risposte, non foss’altro perché le famiglie colpite dal terremoto non avevano più niente e magari dovevano ancora pagare parte del mutuo delle case andate distrutte. Sempre in quel periodo è inoltre iniziata la crisi economica che ancora attanaglia tutt’Europa che ha ridotto in maniera significativa la capacità di spesa delle famiglie. Per questo ho deciso di mettere a frutto i miei studi, di sviluppare la mia tesi sull’uso dei polimeri in edilizia, che ho

discusso nel 2010, e in cinque/ sei anni sono arrivato al mattone in plastica”. Scusi, ma non è un progetto un po’ eccentrico? “Non direi. Tenga conto che già tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta, soprattutto in Germania (ancora depressa dalla guerra e dunque con scarse capacità di spesa) sono state progettate e diffuse molte case in plastica. Si è arrivati a realizzare più di cento tipi di case diverse, ma ad amarle di più era soprattutto quella generazione che viveva la stagione della contestazione e amava tipologie curiose e decisamente discutibili esteticamente. Erano in buona sostanza dei monoblocchi in vetroresina dalle forme

strane, poco costosi, isolati, leggeri ma che sono finiti in pochi anni solo in giardino. E i produttori hanno pensato bene di sfruttare le stesse tecnologie per le case viaggianti, dando un grande impulso alla costruzione di roulotte e camper”. Finché si parla di case viaggianti la plastica, o meglio il polimero, è quasi scontato. Diverso il discorso per una casa stabile. “Non molto diverso in verità. Già da una decina d’anni i polimeri sono entrati in edilizia, quasi sempre con profili che rimandano all’acciaio, ma che in verità sono in plastica, ovvero composti da fibre vetro e polimero, i cosiddetti pultrusi. Sono stati realizzati ponti in plastica, leggeri e resistenti, lunghi anche 30 metri


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Foto © Studio Eden

L'ingegner Cristian Fracassi durante l'intervista.

che costano il 10% in più del tradizionale, ma durano tranquillamente 50 anni (il polimero infatti non si lascia aggredire dagli agenti atmosferici). Ma questa non è la strada che io ho seguito”.

realizzare, mi si passi il termine ingeneroso, un’evoluzione del mattoncino Lego, riuscendo così a creare molti elementi ma esclusivamente verticali, senza alcuna possibilità d’un uso orizzontale”.

E perché? “Perché a mio avviso è un errore replicare con il polimero la forma di altri materiali, a cominciare dall’acciaio. Meglio sfruttare appieno le caratteristiche fisiche di questo nuovo materiale che, ad esempio, si comporta benissimo a compressione e a taglio mentre soffre la trazione. Non a caso ci ho messo sei anni per trovare la forma più adatta per il mio mattone e solo ora lo sto brevettando”.

E lei invece quale forma ha trovato? “Su questo particolare mantengo un certo riserbo, perché sono in corso in queste settimane le procedure per il brevetto di tutti gli elementi, dal disegno alle modalità di costruzione, dal tipo di polimero utilizzato agli stampi necessari alla produzione. Posso però dire tranquillamente che si tratta di mattoni universali, di un’unica forma che sono ancorati tra loro anche da elementi in altro materiale. Sono l’ideale per realizzare una costruzione leggera e solida, fatta di pareti, di soletta e di tetto, tutti con elementi strutturali di plastica con il limite d’una luce massima di cinque metri”.

Ma l’idea del mattone come le è venuta? “Mi è venuta un giorno alla fermata dell’autobus: di fronte a me si è fermato un camioncino ed ha cominciato a scaricare pile di casse di acqua minerale. Guadandolo ho pensato a quanto fosse ingegnoso aver previsto che ogni cassa entri nell’altra originando una pila stabile. Da lì ho capito che il problema da risolvere era creare una forma che si incastrasse non solo su un versante, ma su tutte e quattro le facce del parallelepipedo”. Un problema non da poco in verità… “Sì, anche perché è il problema irrisolto delle altre aziende che in Europa e nel mondo stanno cercando di realizzare mattoni in plastica. Tutti alla fine si sono risolti per

Sorprendente e difficile anche solo da immaginare. Ma qual è la tipologia edilizia prevalente alla quale sta pensando? “Con questi mattoni non si costruiranno di certo grattacieli o stadi, ma per altri tipi di edifici le prove sono agli inizi, con esiti davvero promettenti. Ciò su cui mi sono concentrato in verità, oltre alla forma del mattone e alla formula del polimero che sono alla base di tutto, è l'obiettivo di riuscire a costruire una casa di due piani, forse tre, con una struttura tutta in mattoni in plastica, facile da montare e da smontare, sia essa verti-

cale o orizzontale. Ho calcolato che una casa di due piani da 130 metri quadrati con mattoni potrà essere realizzata da personale rapidamente formato con il lavoro di 4 persone per due giorni. Sarà una casa solida con un solaio che offrirà una capacità di carico da 500 chili a metro quadrato, senza bisogno di fondazioni, ma solo con una platea di calcestruzzo sulla quale appoggiare i mattoni. Con materiale diverso si dovrà costruire per ora solo le rampe scala. Naturalmente sulle murature e sulle solette a rustico in plastica ciascuno potrà poi agganciare pavimenti e rivestimenti, mentre dentro i mattoni sarà possibile far correre i cavi ed i tubi di servizio”. A che punto siamo con i brevetti? “Per quelli è questione di poche settimane. Poi cominceranno le prove di resistenza in modo da certificare il materiale. In seguito si dovrà realizzare lo stampo e organizzare la produzione. Penso ci vorranno un paio d’anni e sono in corso trattative con alcuni grossi gruppi europei per un progetto che vale un investimento iniziale di un milione di euro. E, le manifestazioni di interesse di questi giorni, mi fanno sperare di poter riuscire nel mio intento”. Ma non teme che il mercato della casa storcerà il naso di fronte ad un mattone in plastica? “In Italia forse, ma già in Europa e soprattutto in America e nel resto del mondo, la gente sa che dietro la parola plastica c’è un mondo di tec-

nica e tecnologia raffinatissimo e d’avanguardia. Noi parliamo dell’unione di polimeri e fibre vetro in misure e secondo formule particolari, e con gli stessi elementi, dunque con la plastica, già si costruisce il telaio della Ferrari e delle altre macchine per la Formula 1, già si realizzano elicotteri o yacht… Certo c’è ancora molta strada da fare: ci sono ad esempio da modificare e talvolta creare le norme tecniche di riferimento, banalmente si tratterà anche di capire come dovrà essere denunciata al Catasto o in Comune questo tipo di costruzione…”. E tutti questi problemi non la spaventano? “No, ho grande fiducia in questa idea, che ha tutte le caratteristiche per essere vincente. Se non credessi nel progetto, non avrei speso 6 anni per provare a trasformare l’idea in realtà. Nella realizzazione d’una casa in plastica c’è un risparmio economico variabile tra il 25 ed il 30%. Rispetto alla medesima abitazione tradizionale quella che propongo è molto più leggera, con elementi facilmente trasportabili e spostabili dall’uomo (una trave in plastica lunga 5 metri pesa 50 chili, impensabile per qualunque altro materiale), ha l’elasticità del legno e resiste al maltempo, resiste al fuoco meglio del legno, resiste ad un sisma in maniera dieci volte migliore rispetto ad una casa tradizione. Io ci credo, sarà uno degli elementi fondamentali per le costruzioni del domani”. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 103


CULTURA

Agrimensori senza tempo Franco Robecchi

I

l geometra ha in sé una specificità interessante che va colta risalendo alla storia della formazione delle attuali figure operanti nel campo delle costruzioni. Il concetto secondo cui un edificio deve essere progettato da un professionista specialista, che opera solo sul piano intellettuale della prefigurazione, non è antico né esclusivo. Benché oggi le figure preposte alla progettazione stiano vedendo una proliferazione sorprendente, così come le figure coinvolte nella costruzione dell’edificio, continua tuttavia il carattere della progettazione decisamente separato dalla costruzione materiale. Fanno un poco eccezione i progetti degli appalti-concorso, nei quali, in teoria, la progettazione dovrebbe essere frutto di un’attenta integrazione professionale fra ideatore e costruttore. Tuttavia non si verifica più che il progettista sia la stessa persona che monta la trave o scolpisce il capitello. Eppure un tempo non era così e la situazione perdurò sino al Rinascimento avanzato. Proprio la grande fase italiana fra Quattrocento e Cinquecento vide figure eclettiche di grandi progettisti che erano anche scultori e pittori, e il fenomeno perdurò, sia pure per eccezioni, fino a Michelangelo e Bernini, che ormai operava, quest’ultimo, in pieno Seicento. La fase del grande mutamento rinascimentale vide personalità complesse, da Bramante a Sansovino, dal Filarete a Di Giorgio Martini, che erano i progettisti d’architettura, ma anche artisti nel settore delle arti figurative. Era l’ultima fase di un millenario assetto nel quale la progettazione di grandi edifici era opera di persone operative anche sotto il profilo materiale, come i marengoni, i capomastri, i proti, i liberi muratori medievali. Solo nel Quattrocento emerse con chiarezza la figura del progettista intellettuale separato dal costruttore e Filippo Brunelleschi può essere indicato come la personalità tipica di quell’esordio. Ma ancora alla fine del secolo, si pensi che il maggiore indiziato come autore dell’imponente capolavoro della Loggia di Brescia è un artista poco più che scalpellino: Gasparo da Coirano. La lunga storia della messa a punto delle figure moderne dei progettisti dell’edilizia, dell’architettura e delle infrastrutture, prese quindi avvio da quella fase rinascimentale. Solo un professionista scavalcò i secoli senza mutazioni nel suo ruolo, salvo, ovviamente, l’aggiornamento dei metodi e degli strumenti di lavoro, e fu l’agrimensore. La sua antica definizione appare già in bassorilievi egizi e trova riscontro nelle operazioni di misura dei terreni a fini agricoli, idraulici e patrimoniali. L’agrimensore era un professionista-artigiano 104 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

che aveva sempre agito in prima persona, ideando e conducendo l’intera operazione tecnica di cui era incaricato. Si è avvalso man mano di procedure e strumenti diversi, ma non ha mai subito le mutazioni radicali cui si accennava con riferimento al progettista. Solo una fase dell’operazione agrimensoria è mutata ed è la stesura grafica della mappa. L’agrimensore originario e antico procedeva anche personalmente a disegnare la planimetria che derivava dai suoi rilievi, e si trattò spesso di un’arte piena di manufatti di alto livello tecnico e anche artistico. La diversa evoluzione delle due figure, il progettista e l’agrimensore, è interessante


CULTURA Nella pagina precedente. Una delle pagine del taccuino medievale di Villard de Honnecourt, con note di architettura. In questa pagina. Due pagine del taccuino duecentesco di Villard de Honnecourt, dove il capomastro annotò elementi architettonici, scultorei e idraulici.

perché illustra una linea evolutiva generale dell’attività intellettuale nell’ambito del mondo degli immobili, del territorio, delle costruzioni e della gestione dei beni. La differenziazione dei ruoli che si è riscontrata nel campo della progettazione edilizia e architettonica è inquadrabile in quella dimensione tipicamente umanistica, nella quale il ruolo intellettuale assunse la dignità dell’autonomia e della sussistenza anche economica. Precedentemente solo poeti, scrittori o filosofi avevano avuto quella caratteristica, in numero peraltro esiguo, così come i maestri. Il mondo produttivo era invece

rimasto nelle mani (nel senso letterale del termine) di chi ideava e costruiva. La straordinaria e complessa cattedrale gotica era il frutto di un vago progetto generale, ma soprattutto di una fitta interazione di artigiani che creavano e coIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 105


CULTURA

struivano ogni elemento del grande organismo architettonico. Lo scalpellino non si limitava a riprodurre nel marmo il disegno che un progettista gli aveva fornito. Egli inventava il capitello e la candelabra, basandosi su un suo repertorio professionale, frutto di tradizione, di informazione e scambio con vari ambienti artistici, e, ovviamente, di inventiva personale. Il metodo non era limitato alle porzioni decorative del fabbricato, ma riguardava ogni elemento, strutture comprese. Basta vedere il taccuino rarissimo del capomastro medievale Villard de Honnecourt. Vi sono raffigurati modelli

106 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

e appunti per la confezione di un doccione o di una bifora, ma anche temi geometrici per un arco rampante o un argano. La successiva specializzazione dei ruoli incluse l’isolamento della funzione progettuale e l’architetto iniziò a limitarsi a tracciare sulla carta il suo piano, che poi era affidato agli esecutori. È la logica che avrebbe investito sempre più l’era industriale, con una fase produttiva sempre più distaccata dalla fase dell’ideazione. La produzione di serie non poteva più confondere i due momenti. Ed è da questa caratteristica che


CULTURA Nella pagina precedente, da sinistra. Operazione agrimensoria in un disegno quattrocentesco. Architettura militare e agrimensura in una tavola del Settecento. In questa pagina. La complessità tecnica di un tacheometro del primo Novecento. In basso, agrimensori del primo Novecento.

prese avvio anche l’obiezione alla tendenza, ritenuta nociva già nell’Ottocento. Il movimento inglese Arts and Crafts, arti e mestieri, aveva proprio come obiettivo la rivalutazione della figura dell’ideatore-costruttore, contro la frammentazione dei ruoli, copia della ripartizione industriale del lavoro nelle fabbriche. È ancora di lì che trae origine la feconda vicenda del disegno industriale, il compromesso della collaborazione fra il creativo e il produttore in serie. In questo scenario che va dal particolare al generale, ritornando al campo specifico dell’edilizia e delle infrastrutture, l’agrimensura mantenne una sua stabilità professionale del tutto singolare. Il persistere del carattere “artigianale” del ruolo, gestito spesso da un unico individuo in tutto il suo ciclo, ha creato una nicchia speciale nel campo delle costruzioni, che ha mantenuto la sua peculiarità sino ad oggi. Specifico e molto specialistico è sempre rimasto anche il settore di produzione degli strumenti per l’agrimensura, sviluppatosi per ricerche interne, che hanno precorso anche settori trainanti, come quello della meccanica di precisione. Si pensi alle finezze costruttive necessarie per la suddivisione dei cerchi metallici di un tacheometro, alle precisioni ottiche delle lenti di un livello, alle calibrature produttive per bolle o viti di regolazione. La specificità del settore è anche tangibile osservando come l’agrimensura sia pure apparsa come una branca di altre attività professionali, senza tuttavia che mai essa sia entrata come componente normale dell’attività di più generali professionisti. Certo diversi studi di ingegneria ebbero, ed hanno, inclusa anche l’attività topografica, ma molto più frequente è l’affidamento di rilievi e della stesura di planimetrie quotate a tecnici specializzati. E ciò avviene da molti secoli, addirittura da millenni. A questa professionalità ha fatto riferimento disciplinare anche il vasto settore della rilevazione alla base delle compravendite immobiliari e della certificazione fiscale sulla quale si fondò l’origine del catasto. Oggi la situazione è in via di riformulazione, ma il peso specifico della figura dell’antico agrimensore e del superspecialista topografo odierno, continua a stagliarsi nitido e carico di valore, nella storia delle professioni. T IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 107


Novità di Legge a cura del geom. Alfredo Dellaglio

Finalità della rubrica è di contribuire all'informazione sull'emanazione di Leggi, Decreti,Deliberazioni e circolari pubblicati sulla G.U.Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul B.U.R.L. Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia. I lettori della rivista che sono interessati ad approfondire i contenuti delle norme sopra elencate potranno consultare gli organi ufficiali (GU e BURL) presso il Collegio dei Geometri.

DPR 19 gennaio 2015 n. 8 – Ascensori e montacarichi (Gazzetta Ufficiale 21/2/2015 n. 43) Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30/4/1999 n. 162, pere chiudere la procedura di infrazione 2011/4064 ai fini della corretta applicazione della direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi nonché della relativa licenza di esercizio. (Le modifiche al DPR 162 hanno lo scopo di chiudere la procedura d’infrazione 2011/4064, ed al fine di superare il contrasto innescato il presente DPR estende le disposizioni del DPR 162/2009 anche agli ascensori in servizio pubblico).

Decreto Ministero Infrastrutture e Trasporti 19/12/2014 (Gazzetta Ufficiale 23/2/2015 n. 44) Indennizzo alle imprese per i danni subiti in conseguenza di delitti non colposi commessi per ostacolare l’attività dei cantieri. (Il provvedimento definisce in quali casi può essere presentata istanza di indennizzo, le modalità e le scadenze relative, l’entità dell’indennizzo ed il procedimento per la corresponsione).

Accordo Conferenza Unificata 18/12/2014 n. 157/CU (Gazzetta Ufficiale 19/2/2015 n. 41) Accordo tra il Governo, le regioni e gli enti locali concernente l’adozione di moduli unificati e semplificati per la presentazione della comunicazione di inizio lavori (CIL) e della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per gli interventi di edilizia libera. Accordo, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 28/8/1997 n. 281.

Circolare Ministero del Lavoro e Politiche Sociali 13/2/2015 n. 38 Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto – Chiarimenti. In particolare viene specificato che: - i dispositivi di ancoraggio installati non permanentemente nelle 108 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3

opere di costruzione ed aventi la funzione di salvaguardare il lavoratore da rischi per la sicurezza sono considerati DPI; - i dispositivi di ancoraggio destinati ad essere installati permanentemente in opere di costruzione sono considerati prodotti da costruzione.

Decreto Ministero Economia e Finanze 25/3/2015 (Gazzetta Ufficiale Suppl. Ord. 30/3/2015 n. 74) Aggiornamento dei coefficienti per i fabbricati a valore contabile per l’anno 2015.

Legge 24/3/2015 n. 34 (Gazzetta Ufficiale Suppl.Ord. n. 25/3/2015 n. 15) Conversione in Legge, con modificazioni del decreto-legge 24/1/2015 n. 4 recante misure urgenti per in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l’esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale.

Decreto Ministero Interno 19/3/2015 (Gazzetta Ufficiale 25/3/2015 n. 70) Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18/9/2002.

Decreto Presidenza Consiglio Ministri 14/1/2015 n. 2015 (Gazzetta Ufficiale 14/3/2015 n. 61) Approvazione della scheda di valutazione di danno e agibilità postsisma per edifici a struttura prefabbricata o di grande Luce GL-AeDES (Grande luce e danno nell’emergenza sismica) e del relativo manuale di compilazione.

Linee Guida ITACA 19/2/2015 Verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza nei contratti di lavori pubblici: prime indicazioni operative.

Interno 17/3/2015 Decreto Ministero (Gazzetta Ufficiale 25/3/2015 n. 70) Modifiche ed integrazioni al decreto 19/11/2014, recante: Composizione della Commissione Consultiva centrale e della Commissione tecnica territoriale in materia di sostanze esplodenti.


Aggiornamento Albo

Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 23 marzo 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

5414

Teroni Riccardo

Trescore (BG) 20/02/1981

24060 Credaro (BG) Via dei Gelsi 18

Trasferimento

Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 4 maggio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

2974

De Franceschi Umberto

Brescia (BS) 17/11/1946

25125 Brescia (BS) Via Marche 23

Decesso

Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 11 maggio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

1053

Amistani Giorgio

Brescia (BS) 09/03/1935

25124 Brescia (BS) Via P. Signori 25

Dimissioni

2819

Angeli Adolfo

Palazzolo S/O (BS) 08/03/1949

25036 Palazzolo Sull'Oglio (BS) Via Brescia 51

Dimissioni

2302

Arpino Ciro

Portici (NA) 09/09/1948

25124 Brescia (BS) Via G. B. Gigola 4

Dimissioni

4498

Ballini Ilaria

Brescia (BS) 16/07/1978

25080 Botticino (BS) Via S. Nicola 117

Dimissioni

6043

Bianchi Cristian

Edolo (BS) 20/10/1987

25040 Malonno (BS) Via Miravalle 113

Dimissioni

5784

Cella Simona

Fidenza (PR) 24/05/1977

25069 Villa Carcina (BS) Via Lombardia 16

Dimissioni

5265

Colosio Carlo

Brescia (BS) 10/03/1968

25088 Toscolano Maderno (BS) Via Cecina 46

Dimissioni

5386

Manenti Diego

Manerbio (BS) 29/04/1982

25020 Offlaga (BS) Via Giotto 11

Dimissioni

6268

Massardi Angelo

Brescia (BS) 17/02/1990

25136 Brescia (BS) Vill. Prealpino Trav. IV – 9

Dimissioni

6368

Milanesio Francesco

Gavardo (BS) 13/03/1991

25080 Mazzano (BS) Via San Zeno 29

Dimissioni

5267

Pelosi Enrico

Orzinuovi (BS) 06/06/1979

25030 Trenzano (BS) Via Cavour 7/A

Dimissioni

1335

Santini Alessandro

Angolo (BS) 21/12/1939

25040 Angolo Terme (BS) Via S. Silvestro 78

Dimissioni

5702

Urgnani Nicola

Chiari (BS) 20/01/1982

25030 Coccaglio (BS) Piazza Aldo Moro 2

Dimissioni

Iscrizioni all’Albo con decorrenza 11 maggio 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

6435

Ballarini Paolo

Breno (BS) 03/09/1980

25053 Malegno (BS) Via Pradelli 1/A

6436

Pignoli Alberto

Orzinuovi (BS) 17/02/1989

25030 Pompiano (BS) Via B. Robusti 3/B

6437

Savoldelli Laura

Trescore Balneario (BG) 03/05/1982

25047 Darfo (BS) Via Castagneto 2

6438

Abondio Andrea

Brescia (BS) 21/12/1990

25047 Darfo Boario Terme (BS) Via Barbolini 13

6439

Frosi Giorgio

Gardone (BS) Val Trompia 26/02/1989

25063 Gardone Val Trompia (BS) Via G. Galilei 59

6440

Pasini Devid

Gavardo (BS) 16/08/1990

25070 Provaglio Val Sabbia (BS) Via Milano 38

IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3 - 109


Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 22 giugno 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

Motivo

5341

Aliprandi Marco

Leno (BS) 15/02/1982

25023 Gottolengo (BS) Via Donatori di Sangue 9

Dimissioni

5429

Bellucco Laura

Montichiari (BS) 29/01/1981

25012 Calvisano (BS) Via Visano - Montichiari 1

Dimissioni

2046

Belotti Sergio

Brescia (BS) 13/05/1947

25063 Gardone Val Trompia (BS) Via G. Leopardi 19

Dimissioni

2000

Carpi Tiziano

Badia Polesine (RO) 20/12/1949

25030 Roncadelle (BS) Via Martiri Della Liberta’ 93

Dimissioni

5760

Gnaccarini Elisa

Montichiari (BS) 17/06/1984

25018 Montichiari (BS) Via Cavour 63

Dimissioni

5260

Mantovani Alessandro

Brescia (BS) 30/04/1978

25069 Villa Carcina (BS) Via XXV Aprile 4

Dimissioni

1522

Torchiani Piero

Lograto (BS) 19/04/1945

25126 Brescia (BS) Via Milano 87

Dimissioni

Iscrizione all’Albo con decorrenza 22 giugno 2015 N. Albo

Nominativo

Luogo e data di nascita

Residenza

6441

Marini Alessandro

Manerbio (BS) 12/02/1991

25026 Pontevico (BS) Via Moretto 26

110 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/3




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