Bimestrale d’informazione e di tecnica del Collegio Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Varese Direzione e amministrazione: 21100 Varese, via San Michele2/b - tel 0332.232.122 fax 0332. 232.341 www.collegio.geometri.va.it - sede@collegio.geometri.va.it
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• Vizi di costruzione:
Collegio Provinciale Geometri e Geometri Laureati di Varese
chi è il responsabile
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anno XV marzo - aprile 2011 spedizione in AP 70% filiale di Varese
EDITORIALE
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ggiornamento. Ecco il rimedio alle interpretazioni delle regole
Nello scorso mese di aprile si tenuta lÕAssemblea generale del nostro Collegio, e differentemente dagli
ultimi anni, abbiamo avuto una notevole affluenza di iscritti e sono state trattate diverse tematiche. Oggi vorrei nuovamente soffermarmi su quella che ritengo essere la pi importante. La nostra categoria
sta attraversando un periodo complicato e confuso, non solo per la situazione economica difficile, ma anche per i problemi legati alle competenze professionali in edilizia che vengono interpretate in maniera sempre pi restrittiva dalla magistratura. Invito quindi tutti i colleghi che dovessero riscontrare ostacoli nelle presentazioni delle pratiche edilizie a rivolgersi al Collegio, pronto e disponibile ad aiutare i professionisti in difficolt , in attesa dellÕarrivo del necessario e auspicato aggiornamento legislativo. Rammento anche lÕimportanza della formazione continua, obbligo deontologico e richiesta esplicita della comunit europea, nonostante sia molto soddisfatto della forte partecipazione degli iscritti ai corsi, mi preme rammentare, a chi ritiene superfluo il costante aggiornamento, che il nostro regolamento prevede possibili azioni disciplinari nei confronti degli inadempienti. I corsi vengono ideati e studiati appositamente per prepararvi su ogni sfaccettatura che la nostra professione pu assumere; preparazione che consentir a tutti noi di offrire ottima qualit di lavoro ai nostri clienti.
Luca Bini Presidente del Collegio Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Varese
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Il Seprio
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Segreteria Orari di apertura al pubblico: lunedì 9,00 - 12,00 martedì 9,00 - 12,00 mercoledì 9,00 - 12,00 giovedì 9,00 - 12,00 venerdì 9,00 - 12,00 sabato chiuso
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PRESIDENTE
geometra LUCA BINI mercoledì pomeriggio*
SEGRETARIO
geometra ERMANNO PORRINI mercoledì pomeriggio*
TESORIERE
geometra FAUSTO ALBERTI mercoledì pomeriggio*
COMMISSIONE PARCELLE geometra MAURILIO FRIGERIO geometra CLAUDIA CARAVATI lunedì pomeriggio* DELEGATI CASSA geometra CLAUDIO FERRARIO geometra ISACCO SANDRINELLI venerdì pomeriggio* * previo appuntamento con la Segreteria del Collegio
In copertina: La rondine in Villa Oliva a Cassano Magnago: Primavera! (Foto di Luca ÒDolomiticoÓda Flickr; onÐline) Gi dimora signorile nel XVIII secolo, la Villa situata nella zona ÒaltaÓ della citt e si affaccia sul parco della Magana di 60 mila mq di terreno. Divenuta propriet comunale nel 1985, stata sottoposta a successivi interventi di restauro nel rispetto dell'impostazione architettonica originaria.
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Certificazioni? Una grande speranza per il futuro
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Misura, rilevamento e rappresentazione (II parte)
Amianto, il piano della Regione Lombardia
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Rottura ÒbragaÓ: il condominio risponde dei danni provocati
Le regole del rilascio di copia delle prestazioni fornite
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Vizi di costruzione: chi il responsabile
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Ferro, il materiale della rivoluzione industriale
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Albo
Tutti gli aggiornamenti dellÕalbo professionale
Bacheca
Comuni in convenzione Richieste di lavoro Offerte di lavoro
Istat
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Indici Istat costo delle costruzioni residenziali costo della vita
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ertificazioni? Una grande speranza per il futuro
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inalmente, a supporto dei contraenti e del notaio, siamo chiamati a certificare nell’atto di compravendita, la corrispondenza tra edificato e planimetria catastale. L’articolo 19 (Aggiornamento del Catasto) della legge n. 122 del 30 luglio 20l0 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 31 maggio 20 l0 n. 78, recante “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica“), accogliendo una nostra antica proposta, prevede finalmente, che in occasione degli atti di trasferimento delle unità immobiliari urbane, ci sia l’obbligatorietà di certificare la conformità tra edificato ed accatastato. La prima versione della norma, approvata dal Senato alla fine del mese di maggio, prevedeva per tutti gli atti di trasferimento di diritti inerenti ai fabbricati, che la parte venditrice ed intestataria del bene, certificasse la corrispondenza di cui sopra, avvallata dal notaio. Nella seconda versione invece, quella approvata alla Camera con voto di fiducia e con gli emendamenti blinda-
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ti dal Governo, sono state inserite alcune paroline che, con grande soddisfazione, ci coinvolgono appieno in questa attività. Così come successo per il calcolo della rendita presunta dei fabbricati nascosti al catasto, ex rurali e modificati, anche per la certificazione di cui sopra, tra coloro che possono e devono adempiere a queste novità, c’è la figura del “tecnico abilitato“, che noi ovviamente definiamo “Geometra“ (per l’evidente incontestata ed incontestabile competenza). Per la precisione, il testo della norma prevede che la certificazione di cui sopra, possa essere sostituita da apposita certificazione redatta dal “tecnico abilitato“, ma nel principio e nella “ratio“ della legge, poco cambia. Questa opportunità, da noi tanto attesa ed auspicata, arriva in un momento cruciale per i trasferimenti immobiliari e dell’intero sistema catastale, mentre si sta cercando di ottenere una “nuova civiltà dell’edilizia e dell’immobile“, collegandola finalmente alla corretta inventariazione, alla puntuale rappresentazione, al rispetto delle leggi e ad alla
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massima equità fiscale. A molti è parso che l’obbligatorietà di certificare la corrispondenza tra lo stato di fatto e la situazione catastale dell’immobile per il quale vengono trasferiti i diritti, sia soltanto un appesantimento burocratico ed un aumento degli oneri per le parti contraenti. Naturalmente non è cosi e noi siamo convinti del contrario. Riteniamo, infatti, che la doverosità di detta certificazione, costituisca un passo significativo in direzione del raggiungimento della famosa “civiltà dell’edilizia“ ora inesistente in quanto pare che da troppe parti l’edilizia sia ancora ritenuta una giungla inestricabile, sotto la quale prospera il malaffare, l’illegalità e l’evasione fiscale. Evidentemente, il lavoro da fare è ancora lungo e le difficoltà si celano un po’ dappertutto, soprattutto nelle mentalità di chi non vuole adeguarsi alle nuove realtà, restando abbarbicato alle vecchie abitudini e consuetudini che risultano obsolete, se non addirittura illegali. Ma chi come noi conosce l’edilizia ed il Catasto e vive di questo, non si può esimere dall’impegnarsi nella ricerca di migliorare questo settore, che ne ha un grandissimo bisogno, sotto tutti gli aspetti. Questa necessità, è sempre più evidente in ogni trasferimento immobiliare, dove molto spesso, pur di concludere l’affare, ognuno degli intervenuti è pronto a dichiarare ed a sottoscrivere qualunque cosa, anche se sconosciuta. Il venditore non vede l’ora di realizzare il suo corrispettivo, l’acquirente intende procedere con l’acquisto dell’abitazione tanto agognata e spesso anche l’eventuale agente immobiliare, ha l’interesse a chiudere l’atto prima possibile, senza rallentamenti od intoppi procedurali. Questi legittimi interessi però, si scontrano evidentemente con la civica necessità di trattare in quel momento (che potremo definirlo con il famoso “caso d’uso“) un bene correttamente edificato, puntualmente accatastato e certamente corrispondente alle prescrizioni ed autorizzazioni edilizie, con le effettive certificazioni impiantistiche, strutturali, energetiche, ipotecarie, di diritto e via dicendo. A causa di tutti questi aspetti, la stipula si rallenta, poiché si tratta di rispettare garanzie di legge, per le quali è necessario assumere informazioni, documenti, atti, certezze ed elementi tecnici che debbono accompagnare l’immobile. Come noto, il mancato rispetto di queste indicazioni di legge, comporta una serie interminabile di problematiche, costose, seccanti, che conducono direttamente ai contenziosi ed ora, anche all’annullamento del contratto. Allora perché si deve lasciare questa responsabilità al notaio, o peggio ancora, all’ignara parte? Nei nostri studi succede di vedere arrivare il nostro cliente il quale, convinto di essere per-
fettamente a posto, ci esibisce l’autorizzazione edilizia degli anni Cinquanta, l’accatastamento degli anni Sessanta e noi sappiamo bene che nessuna delle due situazioni corrisponde allo stato di fatto. Con la stessa convinzione e magari con l’ambizione di essere un cittadino modello e rispettoso delle leggi, il medesimo cliente negli anni ottanta o anche dopo, non ha voluto fare il condono edilizio, ritenendosi perfettamente in regola, perché glielo aveva detto il geometra Pinco Pallino oppure perché il Sindaco in persona, passando in bicicletta davanti a casa sua, gli aveva concesso verbalmente il permesso a proseguire i lavori senza fastidi. Dunque questa è la realtà, molto pericolosa per il notaio, il quale conoscerà certamente le carte, ma sicuramente non ha idea dello stato di fatto; alla stessa maniera il proprietario, il venditore e probabilmente anche gli intermediari, spesso non conoscendo la congruità della documentazione in loro possesso, possono troppo superficialmente certificare il falso, magari anche in buona fede. Ed il pericolo maggiore è insito nei trasferimenti dei fabbricati costruiti prima degli anni novanta, ante condoni edilizi, poiché sembra abbastanza evidente che gli immobili nuovi abbiano tutti o quasi, gli atti a posto. Quindi a tutti conviene incaricare il Geometra, il quale se appurerà che tutto è corrispondente certificherà Il lavoro da fare ancora con competenza la corlungo e le difficolt si rispondenza tra planicelano un poÕ metria catastale e stato di fatto dell’immobile; dappertutto, soprattutto se invece appurerà che nella mentalit di chi la corrispondenza non non vuole adeguarsi alle c’è, potrà e dovrà regonuove realt larizzare la situazione, facendo gli atti tecnici necessari, con buona pace delle parti, del notaio e nel rispetto della norma. Coloro che (anche sui giornali) consigliano il contrario, cioè che la presenza del tecnico non è obbligatoria, farebbero meglio a ricredersi, valutando invece attentamente quanto poco incida il costo dell’intervento del Geometra nell’atto, rispetto ai vantaggi e soprattutto alla serenità ed alla certezza, che questo comporta. Ci sono già alcune province, nelle quali i Notai stanno prendendo accordi con i Geometri, per definire accordi reciprocamente convenienti al fine di una certificazione corretta a tutela di tutti. Certamente questa è la strada da seguire. Bruno Razza da “Dimensione geometra“, 9/2010
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isura, rilevamento e rappresentazione
A cura del Professor Ingegner Attilio Selvini - Facoltà di Architettura e Società, Politecnico di Milano Ex- presidente della Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia, SIFET II parte
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torniamo ora alla misura, intesa come associazione di un numero a una grandezza. L’operazione di misura è influenzata da molti fattori; misurando una barra di metallo a una certa temperatura, il numero sarà diverso da quello relativo alla misura fatta (con lo stesso strumento, dallo stesso operatore) a una temperatura diversa; il fenomeno della dilatazione termica infatti è uno dei fattori perturbanti. Ma fattore di perturbazione della misura è lo stesso strumento (di cui diremo brevemente fra poco), così come lo è l’operatore, insieme alla situazione fisica dell’ambiente (la temperatura di cui si è detto, lo stato igrometrico dell’aria, le condizioni di illuminazione…). È chiaro che tutto ciò vale per misure nelle quali si vogliano raggiungere certe soglie di “precisione“ (valga per adesso questo termine: poi diremo meglio) che non sono
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certamente quelle già ricordate del merciaio, del fruttivendolo, del macellaio: ma lo sono per esempio quelle relative alla misura di un terreno: non è la stessa cosa misurare un terreno a bosco, dal prezzo unitario modesto, rispetto alla misura di un terreno posto nel centro di Milano, dal valore unitario di un migliaio di Euro al m2: l’incertezza di pochi centimetri su ogni lato, produrrebbe qui “errori“ di parecchie migliaia di Euro sulla valutazione dell’area. “Incertezze“ (questo è il termine corretto che useremo d’ora in poi, al posto di “precisione“) di pochi milligon sulla direzione di lancio di un missile balistico, potrebbero provocare errori di migliaia di metri sulla posizione dell’impatto finale; incertezze di qualche decimetro nella misura di posizione del centro di una fotografia aerea, provocherebbero “errori“ di scala e di posizione nella car-
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ta che ne verrebbe tratta; e si potrebbe continuare con l’esempio delle incertezze di appena qualche millimetro nella misura della “freccia“ di una lunga trave da viadotto, ai fini del giudizio di stabilità della trave stessa. Il concetto di “incertezza“ è importante per vari motivi che qui si possono solo accennare: quello specifico riguarda lo sqm relativo alla “stima“ di una certa grandezza. Nel concetto di “precisione“, la relazione fra di essa e lo sqm è di proporzionalità inversa (minore è lo sqm, maggiore è la precisione“). Invece, per il concetto di “incertezza“ si ha una proporzionalità diretta (a minore incertezza, corrisponde minor sqm). Altri motivi sono quelli per cui l’incertezza contiene in sé e comprende anche cause sistematiche e non solo accidentali: si veda nella bibliografia a tale fine. A proposito di strumento di misura: distinguiamo subito fra strumento logico e strumento attuale. Il primo è puramente “pensato“, e deve perciò avere alcuni organi fondamentali, senza dei quali non è uno strumento di misura. Il secondo, oltre a possedere gli organi fondamentali predetti, può averne altri per rendere più facile, più comoda, più sensibile la misura, oltre per esempio a permetterne la registrazione automatica. Si pensi alla differenza fra un metro da muratore (o da merciaio), un tachimetro “digitale“ da autovettura, un contatore per la fornitura di energia elettrica: solo per fare alcuni limitati casi semplici. Tutti però devono avere gli organi fondamentali che sono: - l’organo che materializza il campione di misura; - l’organo che realizza la somma dei campioni, e che permette di costruire una grandezza della stessa classe di quella esaminanda; l’esempio più elementare è costituito da un’asta metrica, capace di contenere entro di sé la grandezza da misurare, eventualmente disponendo in allineamento più aste dello stesso tipo; - l’organo che permette il confronto fra la quantità da misurare e la corrispondente quantità costruita con la somma dei campioni; spesso tale organo è la vista umana: per esempio nel caso soprastante l’occhio giudica la coincidenza dello “zero“ dell’asta con l’origine della lunghezza misuranda e all’estremo opposto giudica quale tacca (o frazione di tacca) incisa sull’asta coincide con esso. - l’organo che permette il conteggio dei campioni che costituiscono la somma: a titolo di esempio la semplice “conta“ dei recipienti da un litro, con cui è stato riempito un secchio. Il caso del metro è certamente elementare e illustrativo; il “campione“ è il tratto di 1 cm (o di 1 mm) costituente il minimo intervallo tra due incisioni successive; la somma dei campioni è costituita dall’insieme dei tratti predetti,
sino a formare un’asta (pieghevole o meno) in genere da due metri di lunghezza (nelle aste per la misura topografica, solitamente rigide, da 3 m); infine l’organo di confronto, qui altro non è che l’occhio umano che deve giudicare se l’origine e la fine (o un tratto intermedio!) dell’asta corrispondono all’inizio e alla fine della quantità da misurare (un tavolo, una parete, in questo caso “riportando“ più volte l’asta fra origine e fine, così come già detto sopra). Ben più complessa in pratica, ma concettualmente uguale, la misura fatta con tachimetro o con il contatore elettrico: la prima operazione fornisce la “velocità istantanea“ in km•h-1 (meglio che scrivere km/h), la seconda il consumo istantaneo di corrente in kW•h. In realtà le misure sono qui complesse perché dipendono, la prima, dal numero di giri delle ruote e dal diametro di queste; nel secondo caso dal numero di giri al secondo fatti da una ruota dentata che sta dentro il contatore (o da organi più complessi negli attuali contatori “digitali“). Pensiamo che sia chiara la procedura di misura: le operazioni da fare sono infatti le seguenti: - si costruisce una grandezza della stessa classe di quella da misurare; - si verifica dell’uguaglianza delle due grandezze: quella data e quella costruita con lo strumento di misura; - si associa alla grandezza originaria, il numero risultante dal conteggio dei campioni usati per costruire la grandezza di confronto. Si pensi a una pesata: su un piatto della bilancia si pone la grandezza di cui si vuo-
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le il peso (meglio, la massa!); sull’altro si dispongono i “pesi“, ovvero i campioni da 1, 0,5, 0,2 …kg “contando“ i valori corrispondenti e sommandoli. L’organo di confronto anche stavolta è la vista: l’occhio umano decide dell’equilibrio dei due piatti, e cioè della uguaglianza fra grandezza data e grandezza costruita, allorché l’indice della bilancia coincide con la tacca che afferma essere uguali i “momenti“ delle due forze (di gravità) in gioco rispetto al fulcro. Ma gli strumenti di misura sono stati prodotti dall’uomo e non sono perciò perfetti; inoltre l’unità di misura che essi contengono è solo una copia, della copia nazionale delle varie unità fondamentali; il loro uso li può deteriorare, e l’ambiente, come già visto, condizionare. Pertanto gli strumenti vanno tarati e rettificati; l’influenza dell’operatore sulla misura è funzione della sua acuità visiva, del suo grado di addestramento, della sua affidabilità. Sintetizzando, si potrà dire che una qualsiasi misura di una certa grandezza sarà espressa dalla funzione sottostante: X = f (g, s, r, t) essendovi: X g s r t
media, varianza, scarto quadratico medio. Grossa differenza: la media qui va intesa come stima empirica del vero valore della misura in oggetto, e tali (cioè stime empiriche) sono gli indici corrispondenti. Anzi, vi è qui un ulteriore indice: lo scarto quadratico medio della media, che indica lo scostamento medio fra il valore vero della grandezza (sempre incognito!) e la sua stima empirica. Le formule relative sono qui sotto elencate; diremo il risultato della misura; subito che per la “sommatoria“, indicata a partire dal Setla grandezza misuranda; la stabilità nel tempo dello strumento impiegato; tecento con la , si usa qui invece il cosiddetto “quadratello di Gauss“, simbolo impiegato per l’appunto dal lo stato di rettifica, ovvero la mutua posizione grande matematico tedesco, cui si deve la originaria “teodegli organi costituendi lo strumento; la taratura, ossia il confronto fra i campioni pre ria degli errori di osservazione“ (ora, come detto, “trattamento delle osservazioni“). senti nello strumento e una grandezza di riferimento (ad esempio, il metro fondamentale od una sua copia).
Ogni volta che si misura quindi, si potrà immaginare di estrarre da un ipotetico paniere che contenga tutte le misure possibili, alcuni dei valori (casuali, ma di poco discosti fra di loro) di tali misure. La misura va perciò intesa come estrazione a caso da una serie che contenga la popolazione (in numero infinito) di tutte le misure possibili di quella data grandezza, in quel dato momento e per opera di quel dato operatore, nonché con lo strumento effettivamente impiegato. Ma ripetendo perciò tutta una serie di misure (il topografo, il rilevatore, non fa mai una sola misura: la prima regola è che le misure siano sovrabbondanti!) e avendo valori (di poco) diversi fra di loro, come comportarsi? Pensando che le misure siano delle variabili casuali (di un certo tipo probabilistico, cioè variabili casuali di tipo normale: per saperne di più si vedano le opere sin qui citate) si potranno applicare loro delle formule analoghe a quelle già viste nel caso delle variabili statistiche:
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Oltre all’introduzione del quadratello di Gauss, sono state qui indicate con oi le osservazioni (e non con le “xi“ come nel caso delle variabili statistiche). Inoltre, nella seconda formula a denominatore sta il termine n-1 anziché N come nel caso predetto; ciò è dovuto al fatto che non tutte le osservazioni possibili (infinite) sono state considerate. Il problema ha cioè un vincolo in più, indicato da quel “-1“ al denominatore.
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L’esempio che segue servirà di guida per il lettore. Una distanza è stata misurata cinque volte con un distanziometro elettronico. Le letture al visore dello strumento (osservazioni) sono le seguenti, disposte in successione (dopo la prima, è stata omessa l’indicazione delle cifre intere) 898,325 m ,334 ,328 ,329 ,334 Si calcoli il valore più probabile della distanza (ovvero la stima della media empirica) nonché lo sqm di ogni singola osservazione e quello della media. Con le formule sopra indicate, si ha: n=5 [oi] = 150 (si sono sommate solo le cifre che variano, dopo la virgola, cioè quelle di cm e mm)
[(oi-M)2] = 62 mm2
va dimostrazione. Se si ricorda la disuguaglianza di Tchebycheff, relativa alle variabili statistiche, è possibile estenderla alle variabili casuali di tipo normale, quindi alle misure; facendo i debiti conteggi, si vedrebbe allora che con probabilità maggiore del 99% (e quindi con la quasi “certezza matematica“), le osservazioni sarebbero contenute fra la media M e ± 3 volte lo sqm di ogni singola misura. Ne consegue che è possibile fissare “a priori“, per una certa serie di misure, una tolleranza, ovvero un limite oltre il quale nessuna delle misure effettuate potrebbe essere accettata. Se un valore travalicasse il limite imposto dalla tolleranza, significherebbe che tale valore riguarderebbe una misura non appartenente alla popolazione delle misure osservate. In termini più semplici, quel valore al di fuori della tolleranza, potrebbe provenire da un errore di misura; errore sulla cui natura non ci si può qui intrattenere, ma per la quale si può almeno dare una qualche semplice indicazione: per esempio, nel caso numerico sopra riportato, potrebbe trattarsi di un errore di lettura al visore, o ancora di un errore di trascrizione della lettura, per suo conto invece corretta. Si fa notare che la stessa ripetizione delle misure, offre un criterio “a priori“ per segnalare eventuali errori grossolani; a titolo di esempio, se utilizzando un’asta da tre metri (triplometro) per misurare distanze sul terreno, si scoprisse una lettura fra quelle registrate che differisse per più o meno tre metri dalle altre, se ne dedurrebbe immediatamente che nel conteggio del numero intero di aste ne è sfuggita (oppure se ne è aggiunta) una: errore grossolano quindi, da non confondere con le variazioni dell’ordine dei cm o dei mm (si veda l’esempio di cui sopra) che non sono di per sé “errori“ bensì variazioni di stima nella misura, ovvero “estrazioni a caso“ dall’immaginario paniere di tutte le misure possibili.
Il valore più probabile della distanza misurata è quindi il seguente: d = 898,330 m Ogni singola misura (od “osservazione“) si scosta mediamente dal valore vero (pur sempre incognito!) di ± 3.9 mm, mentre la media empirica stimata se ne discosta di ± 2 mm, per cui la distanza dovrebbe essere scritta come segue: d = 898,330 ± 0,002 m Per quanto elementare, l’esempio sopra riportato ci sembra che sia sufficiente per indicare la via da percorrere nelle misure topografiche. E ora una indicazione assai sintetica, non avendo lo spazio necessario per esporre la relati-
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Le tolleranze per una certa operazione di misura (distanze, angoli, dislivelli…) sono generalmente fissate “a priori“, in base a considerazioni di carattere statistico e tenendo conto di strumenti e relativa incertezza, di situazioni ambientali, della stessa perizia dell’operatore, così come della taratura e stabilità dello strumento realmente usato. Fra le cause degli errori di misura, vi sono anche quelle “sistematiche“: un’asta più lunga o più corta del dovuto, la mancata rettifica della livella necessaria per rendere orizzontale l’asse di collimazione di un livello a cannocchiale, lo scostamento dalla verticale dell’asse principale di un goniometro e via dicendo. Sono quindi importanti la “taratura“ e la “rettifica“ frequenti di un determinato strumento, prima del suo impiego in campagna: ciò esclude la presenza di errori sistematici. Non è possibile chiudere questo argomento, sia pure esposto in forma molto “aggregata“, senza fare almeno un breve cenno a due altri argomenti di rilevante interesse per il misuratore, per il rilevatore. Spesso si è di fronte a serie di misure fatte da operatori diversi, o con strumenti diversi, oppure ancora in condizioni ambientali diverse, e però riguardanti la stessa grandezza. Tanto per esemplificare, si pensi ad un dislivello misurato più volte da diversi operatori, e quindi indicato da stime leggermente differenti fra di loro e con differenti sqm delle medie. Come ottenerne un valore unico, tenendo conto che si tratta ovviamente di estrazioni diverse, da diverse “popolazioni“ (visto che non coincidono gli sqm)? Si tratta qui di quelle che si chiamano “osservazioni di peso diverso“ (ove il termine “peso“ è quasi sinonimo di “importanza“ o anche di “affidabilità“: in concreto, di “incertezza“!); anche queste vanno trattate statisticamente, però non vi è qui lo spazio per fornire le relative formule; si rimanda quindi alle due indicazioni
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bibliografiche già prima fornite. L’altro argomento che va quanto meno accennato, riguarda il fatto che, così come in precedenza sottolineato, il topografo, il misuratore, fanno sempre “osservazioni“ in numero sovrabbondante. Il che, pensando al fatto (che crediamo ormai pacificamente accettato) per cui le misure di una grandezza non ne forniscono i valori “veri“, bensì soltanto dello loro buone stime, comporta qualche discrepanza rispetto per esempio alla geometria euclidea. Si pensi infatti alla somma dei tre angoli di un triangolo piano: la geometria afferma che tale somma deve essere pari a un angolo piatto (nella misura topografica odierna quindi uguale a 200g; per gli amanti della tradizione, a 180°). Ebbene, se si misurano i tre angoli azimutali (come più sopra definiti) di un triangolo avente lati dell’ordine di qualche chilometro (quindi ritenuto “piano“) con un teodolite al decimillesimo di grado, pur seguendo rigorosamente tutte le norme operative e ripetendo le misure, poi trattate secondo i criteri più sopra esposti, sommando i tre valori si vedrà, magari con un po’ di stupore per i non addetti ai lavori, che la loro somma si scosta, anche se di poco, in più o in meno, dal valore euclideo sopra riportato. Nulla di drammatico: i valori dei tre angoli sono soltanto delle buone stime, non i valori veri, per cui la condizione geometrica non viene soddisfatta. Per poco, ma non lo viene. Grosso guaio: il triangolo non è tale (o almeno non è un triangolo piano, se la differenza a 200g è positiva; i triangoli sferici infatti hanno per somma dei tre angoli un valore sempre maggiore di 200g); come comportarsi in pratica, ovvero come “geometrizzare“ la figura? Abbiamo fatto il caso del triangolo, ma il problema si pone in tutte le operazioni di misura, sia che si tratti di angoli o distanze, di dislivelli o di aree riferite a una figura (o a una situa-
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zione geometrica, volumi e profili compresi) allorché le misure siano state fatte in numero sovrabbondante. Molte sono le vie percorribili; qui si farà cenno solo a un principio introdotto dal matematico Carl Friedrich Gauss nella prima metà dell’Ottocento, e da allora comunemente usato dai misuratori: il cosiddetto principio dei minimi quadrati. Lo illustreremo con un esempio elementare, ancora riferito per semplicità al triangolo. Siano stati misurati ripetutamente i tre angoli di un triangolo piano, ottenendo i seguenti valori: 1
= 72,4142g;
2
= 57,3182g ;
3
= 70,2685g
la cui somma vale 200,0009g; la differenza tra il valore sperimentale e quello euclideo è di +0,9 milligon. Per geometrizzare la figura, si pensi di procedere empiricamente come sotto, correggendo casualmente i tre angoli e calcolando i quadrati delle rispettive correzioni, in decimillesimi di grado, che chiameremo con vi: n° correzioni v1 v2 v3 vi vi2 1 -9 0 0 -9 81 2 -6 -3 0 -9 45 3 -3 -3 -3 -9 27 4 -3 -9 3 -9 99 5 -6 -6 3 -9 81 ………………………………………………………… ………………………………………………………… Come si vede, il numero delle prove potrebbe continuare all’infinito, ma il minimo valore dell’ultima colonna sarebbe sempre e solo quello corrispondente alla terza riga; secondo il predetto “principio“ gaussiano, la correzione più ragionevole è quindi quella contenuta in tale riga, per la quale è minima la somma dei quadrati dei singoli valori correttivi. Ancora una notazione: vi sono grandezze che non vengono misurate direttamente, bensì che provengono da misure di altre grandezze che sono a esse legate da relazioni di carattere matematico, semplici o complesse. Si parla in tal caso di osservazioni indirette; si pensi per esempio a un triangolo, del quale siano stati misurati un lato e due angoli. La trigonometria insegna che il terzo angolo e i restanti lati si possono calcolare: l’angolo dalla già accennata condizione euclidea; i lati per esempio col teorema dei seni. Problema: ammesso che le misure del lato e dei due angoli siano state ottenute coi criteri di misura sovrabbondanti di cui si è detto sin qui; che siano noti in altri termini le loro stime e i relativi sqm; quale sarà la miglior stima dei restanti lati e del terzo angolo? E quali i loro rispettivi sqm? Al solito, non si può qui dire di più; si rimanda quindi per maggiori spiegazioni ai testi già indicati.
Va comunque aggiunto che sino all’avvento del calcolo con mezzi informatici, l’applicazione del principio dei minimi quadrati costituiva un onere non indifferente e in molti casi pratici non accettabile; per cui si ricorreva a soluzioni “empiriche“ e non invece rigorose, per soddisfare la “geometrizzazione“ delle figure. Tipico il caso delle “poligonali“ (delle quali si dirà più oltre), che venivano “compensate“ separando le correzioni da fornire agli angoli da quelle da dare alle distanze. Oggi però sono disponibili programmi (software) di facile uso per qualunque caso, per cui non è più necessario ricorrere alle operazioni empiriche. Non solo: nel caso della compensazione di grandi reti geodetiche (per esempio, la recente rete fondamentale italiana detta “IGM95“) o delle operazioni di “triangolazione aerea“ a scopo cartografico, si risolvono comunemente sistemi lineari di equazioni in numero che va dalle centinaia alle migliaia: cosa del tutto impossibile prima degli anni Sessanta del secolo scorso. Con ciò si chiude la parte preliminare alla esposizione dei moderni metodi di rilevamento sull’oggetto o sulle sue immagini. Adesso sono necessarie alcune considerazioni sulla forma della Terra. Fine seconda parte il seguito al prossimo numero
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DIRITTO
Rottura “braga“: Rottura “braga”: il condomino risponde dei danni provocati
A cura di Ivan Meo, Consulente in diritto condominiale Angelo Pesce, Consulente tecnico
Con la sentenza n. 19045 del 3 settembre 2010, la Corte di Cassazione La presunzione legale di proprietà comune si sostanzia nella destinazione all’uso comune del manufatto e nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo. La presunzione non viene pertanto a operare se non a seguito di un accertamento positivo della destinazione oggettiva del bene alle esigenze comuni
ha ribadito un principio gi espresso in precedenti occasioni ovvero che la cosiddetta ÒbragaÓ, ossia quella parte dÕimpianto che funge da raccordo tra una tubazione di scarico verticale e quella orizzontale, un bene di propriet esclusiva e come tale il condomino custode e responsabile dei danni che da quella parte dÕimpianto dovessero provenire.
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La tematica delle infiltrazioni d’acqua si presenta estremamente variegata. Le infiltrazioni, infatti, possono derivare non solo dalla rottura delle tubazioni dell’appartamento di un altro condomino, ma anche dalla rottura di tubazioni di proprietà condominiale. Spesso, però, non sono facilmente individuabili le cause delle infiltrazioni verificatesi. Si spiega allora la copiosa giurisprudenza che ormai si è formata su questo tema. La sentenza in commento,1 anche se riafferma alcuni principi già ampiamente consolidati dai precedenti arresti giurisprudenziali, ci offre l’occasione per approfondire alcune problematiche particolarmente interessanti. La presunzione legale della comunione dei canali di scarico Il comma 2 dell’art. 1117 cod. civ. individua quali sono le parti e i servizi dell’edificio destinati, in mancanza di un titolo contrario, a costituire il condominio. I beni sono divisi in tre gruppi sub n. 1, 2 e 3, all’interno dei quali possono farsi rientrare rispettivamente le seguenti categorie: 1. le parti necessarie per l’esistenza dell’ edificio; 2. le parti strumentali a una migliore utilizzazione del condominio e dei servizi da esso offerti; 3. le opere e gli impianti che servono all’uso o al godimento comune. Il n. 3 dell’art. 1117 cod. civ. indica fra le parti comuni dell’edificio tutta una serie di opere, impianti e installazioni che appaiono necessarie per il miglior godimento delle singole unità abitative e delle altre parti comuni. Si tratta di impianti che garantiscono a tutti i condomini la fruizione di servizi essenziali, quali la raccolta delle acque reflue, l’allacciamento al condotto generale di erogazione di determinati beni, come acqua, gas, energia elettrica e linee telefoniche. In quest’ultimo caso la norma prevede specificamente che il regime condominiale delle condutture o tubature adibite a tale scopo si estenda fino “al punto di diramazione degli impianti e delle tubature ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini“ (Cassazione, sent. n. 8233 dell’11 agosto 1990). La presunzione di comunione di cui all’art. 1117 cod. civ. postula la destinazione delle cose elencate in tale norma al godimento o al servizio del condominio, mentre viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia e indipendenza e, pertanto, non legato da una destinazione di servizio rispetto all’edificio condominiale. Per stabilire se possa operare la presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 cod. civ., va considerato che il diritto di condominio sulle parti comuni dell’ edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per resistenza, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune. 2. a richiamata disposizione, che contiene una elencazione non tassativa ma mera-
mente esemplificativa dei beni (a ultimo, tra le tante, cfr. Cassazione, sent. n. 6175 del 13 marzo 2009) da considerare oggetto di comunione, può essere superata se la cosa, per obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile, venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene vince l’attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario.3 La presunzione legale di proprietà comune si sostanzia, dunque, nella destinazione all’uso comune del manufatto e nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo.4 La presunzione non viene pertanto a operare se non a seguito di un accertamento positivo della destinazione oggettiva del bene alle esigenze comuni. La destinazione obiettiva, inoltre, deve presupporre una connessione strutturale e funzionale non desumibile da riferimenti astratti e generici. Ciò a cui bisogna avere riguardo è la destinazione della cosa a esigenze generali e fondamentali del condominio desumibile dalla sua ubicazione e dalla sua struttura funzionale. Per destinazione oggettiva deve intendersi, infatti, l’attitudine funzionale del bene a essere posto al servizio dell’edificio e del godimento collettivo, prescindendo dall’utilizzazione di fatto e della soggettività del servizio. Sembra potersi sintetizzare tutte queste affermazioni rilevando che la destinazione obiettiva del bene è determinata dalle sue intrinseche caratteristiche strutturali e funzionali.5 Sulla scorta dei principi enunciati e consolidati dalla giurisprudenza la Corte di Cassazione, con la sent. n. 19045/2010, ribadisce alcuni punti fondamentali:
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dei singoli, “sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico e a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti“.
figura 1. Schema di un impianto di scarico condominiale.
1. i canali di scarico, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, cod. civ., “sono oggetto di proprietà comune solo fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva“, e poiché la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale, è strutturalmente posta nella diramazione, essa non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all’uso e al godimento di tutti i condomini;6 2. la presunzione di comproprietà, prevista per rimpianto di scarico delle acque, opera con “riferimento alla parte dell’impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti“ e, quindi, che presenta l’attitudine all’uso e al godimento collettivo, con esclusione delle condutture e dei raccordi di collegamento che, diramandosi da detta colonna condominiale di scarico, servono un appartamento di proprietà esclusiva (cfr. sent. n. 583 dello gennaio 2001, in tema di impianto di riscaldamento); 3. al cosiddetto punto di diramazione l’impianto perde la sua utilità rispetto a tutte le unità immobiliari per fungere da raccordo che spiega la propria utilità esclusivamente rispetto alle cose in proprietà individuale; 4. la spesa per la riparazione dei canali di scarico dell’edificio in condominio, che, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, cod. civ., sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva
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La responsabilità oggettiva del proprietario Nel caso in cui le infiltrazioni provengano dalla rottura di tubazioni interne all’ appartamento di altro condomino, l’individuazione delle responsabilità e i connessi obblighi risarcitori appaiono semplici giacché non può in alcun modo dubitarsi che vi sia la piena responsabilità del condomino dal cui appartamento si verificano le infiltrazioni. In tal caso, trova applicazione il disposto dell’art. 2051 cod. civ. in quanto nella categoria generale degli eventi dannosi cagionati da cose in custodia rientrano anche quelli riconducibili a fattori estranei al comportamento umano che abbiano diretta fonte nelle intrinseche caratteristiche lesive di una parte del fabbricato (Cassazione, sent. n. 26086 del 30 novembre 2005; Tribunale Roma, 25 settembre 2006; Tribunale Monza, 11 ottobre 2006). L’art. 2051 cod. civ. pone una vera e propria presunzione di responsabilità in capo a colui che ha in custodia la cosa che ha cagionato il danno.7 Perché, però, tale presunzione trovi applicazione, è necessario che ricorrano i seguenti presupposti: - che la cosa sia causa diretta del danno; - che colui chiamato a rispondere del danno abbia un effettivo potere fisico sulla cosa. In relazione a quest’ultimo punto, è evidente, il condomino risponde dei danni che da essa potrebbero provenire.8 La Cassazione, inoltre, afferma che ai danni provenienti dalle parti d’un immobile consegue una responsabilità oggettiva del proprietario dello stesso ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. Si individua il responsabile in ragione del rapporto di custodia con l’unica scriminante del caso fortuito, ossia dell’evento assolutamente imprevedibile e fuori dal controllo dei titolare del diritto reale (in tal senso si veda Cassazione, sent. n. 11695 del 20 maggio 2009). Nella fattispecie sottesa alla sentenza i giudici, in entrambi i gradi di giudizio, hanno ritenuto responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., un condomino per i danni prodotti da infiltrazioni provenienti dalla parte obliqua d’impianto (la cosiddetta braga) che collegava l’unità immobiliare con la colonna di scarico comune. In tale contesto, prosegue la Corte di Cassazione, è del tutto consequenziale che in ragione della disponibilità della parte d’impianto in capo al singolo condominio, quest’ultimo ne debba essere considerato custode e quindi responsabile ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. L’impossibilità fisica di vigilare, specifica la Cassazione, è irrilevante “in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario“. L’applica-
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figura 3. Sifone.
figura 2. Diramazioni
zione dell’art. 2051 cod. civ. va letto in combinato disposto con l’art. 1117 cod. civ., secondo cui le tubazioni sono di proprietà comune sino al punto di diramazione; esse, infatti, svolgono una funzione comune, fino all’ingresso nella singola unità immobiliare privata, dove cioè il tubo passa al servizio esclusivo della porzione di proprietà individuale. Fino a quel punto rimpianto è di proprietà del condominio.9 Ciò implica, dal punto di vista pratico, che, trattandosi di beni comuni nel caso di danni cagionati da infiltrazioni per mancata manutenzione di condutture, la responsabilità è del condominio; infatti, il condominio, che ha in custodia i beni comuni, è tenuto a mantenerli e conservarli in modo tale da evitare eventi dannosi, per cui è responsabile del danno causato da infiltrazioni d’acqua attribuibili a mancata manutenzione o ristrutturazione delle condutture sicuramente comuni del condominio (Tribunale Milano, 16 gennaio 1989 e Tribunale Roma 17 maggio 1988). Le caratteristiche tecniche di un impianto di scarico Un impianto di scarico deve rispettare caratteristiche importanti per un regolare deflusso delle acque: rapidità di scarico, assenza di deposito di residui, tenuta idraulica e dei gas, reintegro dell’aria spinta durante il deflusso, giusto rapporto tra portata di scarico e diametro interessato onde evitare il riempimento dell’intera sezione (figura 1). Il deflusso delle acque avviene per gravità; pertanto,
tutte le diramazioni non verticali devono essere disposte con pendenza verso l’efflusso. Il dimensionamento delle condotte deve essere eseguito con diametri appropriati, onde evitare ostruzioni dei condotti che provocherebbero emissioni di odori verso i locali abitati, elevata rumorosità di scarico e possibili ritorni di schiuma. Condizione primaria per il buon funzionamento di un impianto di scarico è il costante mantenimento della chiusura d’acqua nei sifoni. Nell’impianto vengono collegate tubazioni che permettono, attraverso una presa e uno sbocco, una continua circolazione d’aria. Un corretto sistema di scarico all’interno di un fabbricato è composto dal sifone collegato a ciascun apparecchio sanitario, da una rete di tubazioni di diramazione, da colonne e collettori per la discesa dei liquami e dalla ventilazione che assicura il ricircolo dell’ aria. Le diramazioni di scarico (figura 2) sono le tubazioni, generalmente orizzontali, che si dipartono dai singoli apparecchi sanitari e si collegano alle colonne di scarico. Esse devono convogliare l’acqua di scarico dei sifoni degli apparecchi alle colonne; i tratti rettilinei delle diramazioni vanno installati con una pendenza nel senso del movimento dell’acqua, allineati al proprio asse, mentre i tratti in verticale devono essere perpendicolari al pavimento. Nei cambiamenti di sezione in orizzontale devono essere utilizzate riduzioni eccentriche in modo da tenere allineata la generatrice superiore della tubazione da collegare. Per evitare gorgoglii e risucchi nei sanitari è buona norma dimensionare i tubi di scarico degli apparecchi con un diametro maggiore di quello del canotto del sifone. Il sifone (figura 3) è un dispositivo indipendente collocato immediatamente a contatto con lo scarico degli apparecchi sanitari e assicura una tenuta idraulica per mezzo di un cuscinetto liquido, impedendo ai gas maleodoranti e ai batteri la risalita dalla fognatura alle abitazioni, sen-
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figura 4. Esempi di allacciamento alla colonna montante.
za impedire al tempo stesso il passaggio dell’acqua. Poiché la più piccola variazione dell’equilibrio delle pressioni può prosciugare e rendere inoperante il sifone, occorre che quest’ultimo disponga di una quantità d’acqua di sicurezza, detta “carico del sifone“, che non deve mai essere inferiore a 50 mm. Le tubazioni verticali che raccolgono i liquami provenienti dalle diramazioni e li convogliano ai collettori di scarico compongono le colonne, appunto di scarico; è la parte dell’impianto dove maggiormente si creano le condizioni di pressione determinanti vari fenomeni ai sifoni degli apparecchi. La colonna deve essere eseguita dalla base fino oltre la copertura del tetto, senza presentare riduzioni di sezione e non avere in nessun caso un diametro inferiore a una qualsiasi diramazione che in essa affluisce; tale diametro viene determinato dal numero delle diramazioni a essa allacciate e dalla loro portata. La causa della formazione di pressione nelle colonne di scarico è da ricercarsi, oltre che nella velocità di caduta del liquame, nella configurazione della base colonna allacciata alla condotta. Quando l’acqua, in una colonna, defluendo verso il basso incontra un cambiamento di direzione, si determina immediatamente un rallentamento del pistone idraulico con conseguente zona di pressione idrostatica a valle e depressione (risucchio) a monte. Proseguendo nella corsa, il fluido diviene regolare e l’effetto di pressione si neutralizza (figura 4).
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Possiamo, quindi, affermare che il fattore primario del buon funzionamento dell’impianto è il controllo delle pressioni nel sistema di scarico. Il deflusso dell’acqua nell’impianto di scarico avviene per gravità. Nel movimento di caduta all’interno della colonna, il liquame procede con velocità differenti e ingombri diversi. Incontrando l’aria che staziona nella colonna di scarico ne assorbe una parte e, procedendo con essa, occupa l’intera sezione della colonna come fosse un pistone all’interno di un cilindro. Così procedendo, il pistone idraulico provoca una compressione dell’aria sottostante e una depressione in quella sovrastante. Se una colonna di scarico non è opportunamente dimensionata, il movimento di caduta del pistone idraulico può causare variazioni di pressione che condizionano negativamente il funzionamento dell’impianto, andando a pregiudicare il concetto di sicurezza igienica. Le variazioni di pressione; partendo dalle colonne, si propagano nelle diramazioni che convogliano i liquami scaricati dagli apparecchi sanitari e di conseguenza ai sifoni, generando fenomeni negativi denominati di “sifonaggio“ (figura 5). I fenomeni di sifonaggio aumentano se la sezione della colonna di scarico è insufficiente rispetto al carico che deve sopportare, e se la stessa non ha una adeguata ventilazione, che di norma si ottiene prolungandola con la medesima sezione, oltre la copertura del tetto (ventilazione primaria).
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figura 5. Esempi di sifonaggio.
Note 1 - Per un primo commento alla sentenza si rinvia a: A. Gallucci, La “braga“ è bene di proprietà esclusiva e il condominio ne è custode ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., piazza Cavour conferma, in www.dirittoegiustizia.it; F. Cacciafava, Condutture idriche: per il danno causa dalla rottura della braga risponde il condominio, in www.immobiIi24.ilsole24ore.com. 2 - Ne deriva che potranno considerarsi parti comuni anche quelle parti che, pur non rientrando nell’ elenco di cui al succitato articolo, presentino una collocazione nell’ambito dell’edificio condominiale, nonché una funzione da cui possa desumersi la loro natura condominiale, salvo che non sussista un titolo specifico, inevitabilmente in forma scritta, che escluda tale natura (Corte d’Appello Ancona, 27 febbraio 2010). 3 - Cassazione, sent. n. 17993, 2 agosto 2010: nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce e accesso a tutti i fabbricati che lo circondano. 4 - Cassazione, sent. n. 27145, 21 dicembre 2007; Cassazione, sent. n. 9093, 16 aprile 2007: “Nel condominio di edifici, affinché possa operare, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., il cosiddetto diritto di condominio, è necessario che sussista una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l’edificio in comunione, nonché un collegamento funzionale fra i primi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva“. 5 - Per ulteriori approfondimenti si rinvia a Bocchetti, Callin
Tambosi, Gaibani, Re, Sala, Proprietà-Presunzione di Comunione dei beni, Milano, 2006, pagg. 244 e segg. 6 - Nella specie la braga. qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini. Cfr. in tal senso Cassazione, sent. n. 5792, 17 marzo 2005. 7 - Per approfondimenti si rinvia a S. Rezzonico - M. Rezzonico, La responsabilità civile in condominio, Milano. 2009, pagg. 242244; 250-253. 8 - La dottrina. in seguito a una serie di pronunciamenti giurisprudenziali, sostiene da tempo che debbano considerarsi elementi caratterizzanti il giudizio di responsabilità ex art. 2051 cod. civ. solo la cosa, la nozione di custodia e il nesso causale e che, pertanto, la fattispecie non possa ricostruirsi in altro modo se non in termini di responsabilità oggettiva. Cfr. Alpa, Bessone, La responsabilità civile, Milano, 1980, pagg. 2 e segg.; Laghezza, “Aquae et ignis, ovvero: dell’incendio, dell’allagamento e della causa ignota nell’art. 2051 cod. civ.“, in Danno e responsabilità, 2005, pag. 1101. 9 - Il condominio è responsabile dei danni causati all’appartamento di un condomino da infiltrazioni derivanti dalla parte della fognatura condominiale che arriva sino al punto di innesto con la fognatura stradale, mentre non è responsabile dei danni causati dalla rete di fognatura esterna al condominio stesso. Cfr. in tal senso Corte App. Roma, 30 novembre 1964.
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La responsabilit oggettiva del custode
Canali di scarico e individuazione dei punti di diramazione
■ Tribunale Venezia, 28.3.1997 - In tema di danno cagionato da cose in custodia, lÕart. 2051 prevede unÕipotesi di responsabilit oggettiva dalla quale il custode pu essere esonerato solo attraverso la dimostrazione dellÕesistenza di un elemento in grado di escludere il nesso causale fra la cosa e il fatto dannoso. ■ Tribunale Milano, 31.12.2004 - Il proprietario dellÕappartamento nel quale sono in atto lavori di ristrutturazione dellÕimpianto di riscaldamento non pu essere ritenuto responsabile - quale custode ex art. 2051 cod. civ. ovvero quale committente ex art. 2049 - dei danni causati da infiltrazioni di acqua nella unit immobiliare sottostante qualora, pur essendosi attivato al fine di ottenere lo svuotamento (durante lÕesecuzione dei lavori commissionati) dellÕimpianto di riscaldamento centralizzato a opera dellÕimpresa incaricata della sua gestione e della sua manutenzione, questÕultima abbia disatteso la richiesta avanzata in tal senso dallÕamministratore del condominio, limitandosi a ridurre il livello dellÕacqua presente nel circuito, posto che se avesse provveduto allo ÒsvuotamentoÒ non ci sarebbe stata alcuna fuoriuscita dalle tubazioni. ■ Tribunale Savona, 5.10.2004- Il proprietario di un edificio che provoca infiltrazioni di acqua su un muro in comune deve, oltre a rifondere i danni cagionati, provvedere a porre in essere le opere necessarie per interrompere le infiltrazioni. ■ Tribunale Milano, 16.9.2004 - Nel caso di infiltrazioni conseguite alla tracimazione dellÕacqua dalla vasca da bagno per colposa disattenzione del conduttore, a rispondere dei danni derivati a terzi esclusivamente questÕultimo (quale custode dellÕimmobile), dovendosi escludere una responsabilit solidale del proprietario locatore, ipotizzabile solo nel caso di accertamento della inerenza del danno alla rottura di parti murarie dellÕimpianto idrico, non effettivamente controllabili dal conduttore. ■ Tribunale Roma, 25.10.2005 - La responsabilit presuntiva del condominio, di cui allÕ art. 2051 cod. civ., nei confronti del singolo proprietario di un appartamento per i danni subiti a causa di ripetuti episodi di reflusso di acque nere viene meno solo se il terzo responsabile dellÕillecito viene individuato, poich il fatto ignoto rimane a carico del responsabile oggettivo. ■ Cassazione, sent. n. 376/2005 - Posto che la responsabilit per danni da cose in custodia di natura oggettiva, incombe sullÕattore la dimostrazione del nesso eziologico fra la cosa e lÕevento dannoso, mentre spetta al custode lÕonere della prova liberatoria, consistente nellÕindividuazione di un fattore estraneo idoneo a interrompere tale nesso causale. ■ Cassazione, sent. n. 5326/2005 - In tema di responsabilit civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui allÕart. 2051 cod. civ. individua unÕipotesi di responsabilit oggettiva, essendo sufficiente per lÕapplicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo allÕevento lesivo, senza che assuma rilievo in s la violazione dellÕobbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilit esclusa solo dal caso fortuito.
■ Cassazione, Sez. Il, sent. n. 12894, 18.12.1995 La spesa per la riparazione dei canali di scarico dellÕedificio in condominio, che, ai sensi dellÕart. 1117 n. 3 cod. civ., sono oggetto di propriet comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di propriet esclusiva dei singoli, a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico e a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti (nella specie, sulla base del principio affermato, si ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente posto a carico del singolo la spesa di riparazione del tratto della tubazione orizzontale che si innesta in quella verticale).
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■ Cassazione, Sez. II, sent. n. 4653, 23.5.1990 Il proprietario di appartamenti o locali di un edificio condominiale, ancorch questi non usufruiscano del servizio prodotto dallÕimpianto di riscaldamento centrale, che sia, per , potenzialmente idoneo a riscaldarli, comproprietario di tale impianto a norma dellÕart. 1117 n. 3 cod. civ., qualora tale impianto sia gi stato installato nellÕimmobile prima della formazione del condominio, ed quindi obbligato a contribuire al pagamento delle spese necessarie per la sua manutenzione se il contrario non risulta da un titolo idoneo, senza che osti il riferimento, nellÕart. 1117 n. 3 cod. civ., alla compropriet dellÕimpianto per il riscaldamento fino al punto di diramazione di questÕultimo ai locali di propriet esclusiva dei singoli condomini, che non comporta lÕesclusione dalla compropriet dei titolari delle unit immobiliari per le quali non siano state contemplate delle diramazioni, avendo il solo scopo di individuare il punto terminale della comunione e, quindi, di stabilire quali siano le parti dellÕimpianto per le quali le spese di riparazione debbono essere ripartite fra i condomini e non porsi a carico dei proprietari dei singoli locali. ■ Tribunale Milano, 2.3.1992 La presunzione di compropriet ex art. 1117 cod. civ. dellÕimpianto centrale di riscaldamento fino al punto di diramazione ai locali di propriet esclusiva dei singoli condomini non pu essere esclusa per il fatto che alcune unit immobiliari siano sprovviste di diramazioni, giacch ci che rileva al fine di escludere il concorso nelle spese lÕobiettiva configurazione dei luoghi, tale da escludere di per se stessa la potenzialit dÕuso della cosa comune. Da ÒConsulente immobiliareÒ n. 878 - 28 febbraio 2011
SICUREZZA CANTIERI DIRITTO
V A cura di Adriano Buzzanca e Ivan Meo
izi di costruzione: chi è il responsabile
La sentenza n. 63/2010 pronunciata dalla sezione distaccata del Tribunale di Monopoli concerne la problematica relativa alla denuncia di gravi vizi di costruzione di alcuni immobili e la responsabilit solidale del costruttore e del progettista. In particolare, il Tribunale di Monopoli ascrive una responsabilit solidale in capo al costruttore e al progettista, riconoscendo un danno patrimoniale emergente rappresentato dai costi dei lavori necessari per lÕeliminazione dei difetti strutturali degli immobili in questione, nonch dagli esborsi sostenuti dai danneggiati per il trasloco e il canone corrisposto per lÕuso di altri immobili. Il Tribunale, a titolo risarcitorio, riconosce anche unÕaltra voce di danno patrimoniale, concernente le spese sostenute dai danneggiati per i compensi corrisposti ai vari professionisti, incaricati di verificare le condizioni statiche degli immobili. A titolo di danno non patrimoniale vengono, infine, riconosciute le sofferenze e i gravi disagi derivanti dalla lesione del diritto allÕabitazione, quale diritto inviolabile.1
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a sentenza del Tribunale di Monopoli merita di essere segnalata in quanto affronta un profilo peculiare del contratto di appalto, che solo in poche occasioni è passato al vaglio della giurisprudenza. Partiamo dal dato normativo: ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta”. La problematica giuridica affrontata La sentenza del Tribunale di Monopoli merita di essere segnalata in quanto affronta un profilo peculiare del contratto di appalto, che solo in poche occasioni è passato al vaglio della giurisprudenza. Partiamo dal dato normativo: ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive (art. 2934 cod. civ.) in un anno dalla denunzia“. La giurisprudenza maggioritaria individua nella norma di cui all’art. 1669 cod. civ. un genere di responsabilità extracontrattuale a prescindere dal rapporto negoziale di appalto, essendo riconducibile a regole di ordine pubblico volte a garantire l’interesse generale alla sicurezza delle attività di edificazione. Secondo tale orientamento, al costrutto re non può essere ascritta una responsabilità oggettiva ma una presunzione iuris tantum di responsabilità, che può essere vinta, non già attraverso la generica prova di aver usato nell’esecuzione dell’opera tutta la diligenza possibile, ma con la positiva e specifica dimostrazione della mancanza di responsabilità, attraverso l’allegazione di fatti positivi, precisi e concordanti (Cass., sent. 28 novembre 1998, n. 12106; sent. 6 dicembre 2000, n. 15448 e sent. 15 aprile 1999, n. 3756). Pertanto, l’ambito di applicazione dell’art. 1669 cod. civ. concerne non solo la responsabilità dell’appaltatore-costruttore che sia stato anche venditore degli immobili (Cass., sent. 31 marzo 2006, n. 7634), ma anche quella del direttore dei lavori e del progettista (Cass., sent. 16 febbraio 2006, n. 3406; sent. 29 gennaio 2002, n. 1154; sent. 11 agosto 2000, n. 10719 e 26 aprile 1993, n. 4900). Proprio perché tale nor-
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ma mira a tutelare l’incolumità pubblica, la stessa è inderogabile e la relativa azione risarcitoria non è rinunciabile2. La denunzia dei gravi difetti di costruzione entro il termine di decadenza di un anno dalla scoperta, secondo costante giurisprudenza, decorre dal giorno in cui il committente consegue un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causate dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (Cass., sent. 13 gennaio 2005, n. 567; sent. 1 febbraio 2008, n. 2460 e sent. 15 novembre 2006, n. 24301). Sono definiti dalla giurisprudenza gravi difetti quelli che incidono sulla solidità, efficienza e quindi funzionalità dell’opera, comportando una menomazione del godimento dell’immobile a prescindere dalla stabilità3. Diversamente, il comma 1, dell’art. 1669 cod. civ., ai fini della sussistenza della responsabilità dell’appaltatore, prevede il termine decennale per determinare la durata del rapporto sostanziale di responsabilità dell’appaltatore. In particolare, rileva il Tribunale - riportandosi alla CTU -
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“che la causa principale dei dissesti sia da imputare alla disuniformità del piano di posa. Uno spessore, anche modesto, di materiale di scadenti caratteristiche meccaniche al di sotto di alcune porzioni di fondazioni può dar luogo a cedimenti incompatibili con la funzionalità della struttura stessa”. Il giudice ha ritenuto solidalmente responsabili il costrutto re e il progettista, considerato che l’indagine sulla natura e sulla consistenza del suolo, sul quale i fabbricati sono stati realizzati, implica una specifica attività conoscitiva da espletare tramite particolari strumenti tecnici di competenza dell’appaltatore, quale soggetto obbligato a realizzare l’opera commessagli mettendo a disposizione la propria organizzazione; pertanto, l’appaltatore risponde dei vizi di costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni, unitamente al progettista, a causa delle caratteristiche geologiche del suolo qualora i citati vizi dipendano anche da una inadeguata progettazione (Cass., sent. 9 febbraio 2000, n.1449; sent. 23 settembre 1996, n. 8395 e sent. 16 novembre 1993, n. 11290). A riguardo giova precisare che non sono cause di esonero
della responsabilità del costruttore, ex art. 1669 4 cod. civ., né la natura del terreno né le manchevolezze del progetto, salva l’ipotesi in cui l’esecuzione sia ordinata all’imprenditore nonostante i suoi contrari rilievi, né la responsabilità del progettista, che si aggiunge eventualmente a quella del primo (Corte di Appello Perugia, 12 marzo 1991). Conformemente, la giurisprudenza ha previsto che la disciplina dell’art. 1669 cod. civ. si applica non solo nei confronti dell’appaltatore ma anche nei riguardi del progettista e/o direttore dei lavori, poiché la relativa responsabilità esula dai limiti del rapporto contrattuale intercorso tra le parti, per assumere la configurazione propria della responsabilità per fatto illecito (Corte di Appello LecceTaranto, 10 giugno 1997; Trib. Roma, 17 novembre 1993; Corte di Appello Cagliari, 22 aprile 1993). In ogni caso, la Cassazione (sent. 28 novembre 2001, n. 15124) ha ritenuto - secondo i principi generali in materia d’illecito, contrattuale o extracontrattuale che sia - che, laddove un unico evento dannoso sia imputabile a più soggetti, è sufficiente, al fine di ritenere la solidale responsabilità di tutti nell’obbligo risarcitorio, che le azioni e/o
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le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, onde che, stante l’autonomia dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera, questi è comunque tenuto ad agire nel rispetto delle regole dell’arte sua e, pertanto, è responsabile del danno cagionato al committente pur ove soggetto a un’ordinaria ingerenza da parte di questi e/o del direttore dei lavori dallo stesso nominato. Allorché, infatti, il danno derivi da carenze o vizi imputabili al progetto fornito dal committente e/o alla direzione dei lavori da parte del preposto del committente, la responsabilità relativa e il conseguente obbligo risarcitorio incombono anche sull’appaltatore quando questi, accortosi del vizio, non lo abbia denunziato tempestivamente al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero quando non abbia rilevato i vizi, pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia e alle capacità tecniche da lui esigibili nel caso concreto; denunzia e dissenso che, tuttavia, non lo esimono dalla responsabilità quando la palese eventualità del danno avrebbe dovuto indurlo ad astenersi in ogni caso dal-
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l’esecuzione dell’opera o della parte di essa riscontrate foriere della situazione di pericolo. In tema di contratto di appalto (Cass., sent. 14 ottobre 2004, n. 20294), qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori (ovvero del progettista), entrambi rispondono solidalmente dei danni5, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse. L’originario orientamento della Cassazione, riprendendo i principi espressi riguardo alla responsabilità del progettista, statuiva che questi risponde verso il committente in base ai principi relativi alla disciplina delle professioni intellettuali (Cass., sent. 10 maggio 1961). Alla luce di tale pregresso orientamento, l’appaltatore e il progettista rispondevano dunque verso il committente sulla base di un diverso titolo; da ciò derivava il principio secondo il quale le due responsabilità non potevano rite-
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Vizi del suolo accertamenti geologici Da quanto analizzato nel paragrafo precedente possiamo confermare che il tema della responsabilità dell’appaltatore continua a registrare notevoli interessi giurisprudenziali e a fornire diverse interpretazioni dottrinali. La sentenza in commento, infatti, si inserisce in un settore giurisprudenziale in continuo fermento, ovvero quello relativo alla tematica della responsabilità solidale del professionista. Su questa materia, le questioni più dibattute riguardano la delimitazione dell’oggetto dell’obbligazione del progettista, l’ammissibilità di una responsabilità solidale tra appaltatore e progettista nonostante la diversità delle norme violate, la natura giuridica della responsabilità da rovina e difetti di cose immobili e l’estensibilità dell’art. 1669 cod. civ. a figure diverse dall’appaltatore. Se da un lato la giurisprudenza propone una interpretazione “estensiva“ dell’art. 1669 cod. civ.,6 tendendo ad ampliare gli ambiti di tutela dei soggetti“7 che possono subire un pregiudizio dipendente dalla realizzazione difettosa di un’opera, dall’altro la dottrina8 - denunciando la scarsa applicabilità pratica degli esiti interpretativi suggeriti dalla giurisprudenza - auspica una lettura più pragmatica del dettato normativo9. Sinteticamente possiamo enucleare tre orientamenti di massima che si sono succeduti nel tempo.
nersi solidali (Cass., sent. 27 marzo 1965, n. 1520). Esse, e le relative azioni, stavano quindi in concorso non cumulativo, né graduale, ma alternativo: il committente poteva rivolgersi per l’intero danno contro il solo appaltatore o contro il solo progettista, a sua scelta; una volta soddisfatto per l’intero da uno dei due, nulla poteva pretendere dall’altro, ovvero soddisfatto da uno solo in parte, poteva agire solo in parte contro l’altro per la differenza. A sua volta, chi aveva soddisfatto il committente non aveva azione di regresso verso l’altro debitore, perché nei rapporti fra i due debitori non si potevano estendere analogicamente le regole proprie delle obbligazioni solidali (Cass., sent. 6 settembre 1968, n. 2887). Tale orientamento è stato superato dalla successiva giurisprudenza di legittimità che ha sposato la tesi secondo cui l’art.1669 cod. civ. configurerebbe una responsabilità extracontrattuale, estendendo la sua applicabilità anche al professionista intellettuale il quale è chiamato a rispondere in solido con l’appaltatore e altri soggetti eventualmente responsabili.
Le strutture di sostegno dell’immobile Secondo un orientamento giurisprudenziale datato, si verifica un grave difetto qualora questo incida in maniera profonda sugli elementi essenziali dell’opera, influendo sulla stabilità e sulla durata dell’opera stessa. Questa rigorosa interpretazione viene motivata argomentando che, se i difetti non si riferiscono alle strutture portanti della costruzione ma consistono in vizi anche di non lieve entità e che diano pur luogo a inconvenienti di un certo rilievo, non ricorre la particolare responsabilità dell’appaltatore prevista dall’art. 1669 cod. civ. (tra le tante si vedano: Cass., sent. 8 settembre 1970, n. 1360; sent. 17 aprile 1968, n. 1151 e n. 39; sent. 13 luglio 1961, n.1695), rimarrebbero, perciò, esclusi tutti i vizi, sia pure di grave entità, che limitano o impediscono l’utilizzazione dell’opera secondo la sua destinazione, qualora i vizi medesimi non pregiudichino gli elementi strutturali che garantiscono la stabilità e la conservazione dell’immobile. La solidità dell’immobile Un differente orientamento giurisprudenziale distingue fra vizi riguardanti la solidità dell’immobile, che pregiudica la buona conservazione futura o la possibilità di lunga durata e i vizi attinenti la stabilità futura dell’immobile, ipotesi in cui si avrebbe pericolo di rovina (Cass., sent. 8 aprile 1969, no 1064; sent. 11 giugno 1968, n. 1853 e n. 1378; sent. 8 aprile 1968, no 10640.
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gio 1977, n. 1943). In base a questo orientamento, particolarmente rigido, l’appaltatore deve considerarsi responsabile verso il committente e i suoi aventi causa, pure per i vizi del suolo, nonostante sia stata effettuata un’indagine geologica compiuta in occasione della progettazione10. Rimane sempre a carico del progettista l’onere di sondare suolo e sottosuolo qualora non vi provveda il costruttore. È la diligenza del professionista che impone tale controllo preventivo al fine di poter valutare adeguatamente il tipo di fondazione più adatto alla realizzazione dell’opera (in un caso il progettista è stato ritenuto responsabile in seguito a un crollo di un immobile causato da un terreno franoso, Cass., sent. n. 1 del 5 gennaio 1976). Pertanto il progettista, al momento dell’accettazione del mandato, dovrà chiedere al committente o appaltatore se tali ricerche siano state effettuate (Cass., sent. 16 novembre 1993, no 11290). Infine, secondo una recente linea giurisprudenziale della Corte di Cassazione, la “sorpresa geologica“ non può essere invocata dall’appaltatore per esimersi dall’obbligo, che gli è proprio, di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale i lavori devono essere eseguiti (Cass., sent. 18 febbraio 2008, n. 3932). NOTE
La menomazione apprezzabile nel normale godimento dell’immobile Nella giurisprudenza più recente è andata affermandosi una terza interpretazione, più estesa, dell’espressione “gravi difetti“ di cui all’art. 1669 cod. civ. Questo orientamento prevede, infatti, il diritto del committente al risarcimento dei danni da parte dell’appaltatore, non solo nelle ipotesi in cui, per vizio del suolo o difetto della costruzione, questa rovini in tutto o in parte o ci sia pericolo che tale rovina si verifichi, ma anche quando l’opera, per sua natura destinata a lunga durata, presenti “gravi difetti“ - generatori a loro volta di danno - nel caso in cui questi non comportino rovina - o pericolo di rovina - parziale o totale della costruzione (Casso, sent. 8 gennaio 2000, n. 117 e sent. 22 febbraio 1999, n. 1468). Con riguardo alla specifica ipotesi presa in considerazione dalla sentenza che si commenta, si può osservare che in base agli accertamenti effettuati dal progettista, circa la natura del suolo su cui edificare, non si preclude la responsabilità dell’appaltatore da ulteriori verifiche, che egli deve comunque compiere, anche rispetto alle fondazioni, esaminando con diligenza e perizia il progetto da realizzare (Cass., sent. 23 settembre 1996, n. 8395; sent. 27 aprile 1993, n. 4912 e sent. 14 mag-
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1 - Corte Costo Sento 28 luglio 1983, n. 252, sento 25 febbraio 1988, n. 217, sento 7 aprile 1988, n. 404; sento 14 dicembre 2001, n. 410; sento 21 novembre 2000, n. 520 e sento 25 luglio 1996, n. 309. 2 - Gazzoni F. Manuale di diritto privato, Roma, 2005. 3 - Gazzoni F. op. cit. 4 - Per quanto riguarda l’indagine sulla natura e sulla consistenza del suolo edificatorio, si è osservato che la medesima rientra tra gli obblighi dell’appaltatore e non del progettista con l’avvertenza, però, che quest’ultimo è responsabile dei gravi vizi di costruzione dipendenti dalla mancanza di fondazioni idonee alla particolare situazione geologica del terreno su cui insiste l’edificio. In tal caso egli, infatti, contravviene all’obbligo di osservare la diligenza prevista dall’arto 1176 cod. civ., non potendo in mancanza di precisi dati geofisici scegliere un determinato tipo di fondazione e procedere alla formazione del progetto. (Cass. civ., sento 16 novembre 1993, n. 11290; sento 23 settembre 1996, n. 8395 e sento 7 settembre 2000, n. 11783). 5 - Si veda in dottrina: Greca A., “Riflessioni sulla responsabilità solidale dell’appaltatore e del progettista ex art. 1669 c.c. in caso di rovina di edificio“ (nota a Cass., Sez. Il, sento 5 febbraio 2000 6. 1290, in Giur. it 2001, pago 266; De Tilla M., “Sulla responsabilità dell’appaltatore e del progettista in relazione alla natura e alla consistenza del suolo“ (nota a Cass., Sez. Il, sento 23 settembre 1996, n. 8395, in Giust. Civ. 1997, I, pago 1015. 6 - Per esempio la giurisprudenza ha ritenuto che integrano i gravi difetti, riconducibili alla previsione dell’arto 1669 cod. civ, anche la caduta dell’intonaco per infiltrazioni di umidità, i difet-
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ti di costruzione che interessano i tetti e quelli attinenti alla impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio (Cass., sento 29 marzo 2006, n. 7254). Per approfondimenti sulla casistica giurisprudenziale in ambito condominiale si rinvia alle tabelle riportate alla fine di questo articolo. 7 - Sugli effetti “estensivi“ dell’interpretazione si veda De Tilla M., “Responsabilità dell’appaltatore. La nozione estensiva dei gravi difetti dell’edificio“, in Riv. Giur. Ed., 2007, pt. 1, pago 1529. 8 - In argomento si vedano: Musolino G., “Linee evolutive della nozione di gravi difetti dell’opera appaltata“, in Riv. Giur. Ed., 2003, 2, pago 57; Lapertosa E, “Casi e questioni in tema di responsabilità dell’appaltatore“, in Resp. civ. e prev. 2000, pago 887, Savanna L., La responsabilità dell’appaltatore, Torino, 2004; Cervale M.C., La responsabilità dell’appaltatore, Milano, 1994; Ballati F., La responsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori per vizi e difformità delle opere. Matelica, 2006, pagg. 119 e segg. In tema di condominio invece si rimanda a Salciarini L., L’appalto nel condominio, Milano, 2008, pagg. 190 e segg.; De Tilla M., “Condominio e gravi difetti di costruzione“, in Riv. Giur. Ed., 1996, pago 484. 9 - Per un’interpretazione “restrittiva“ si veda Mangini-M. lacuaniello Bruggi secondo i quali l’opinione che i gravi difetti attenessero esclusivamente alla sostanza e stabilità della costru-
zione, compromettendone la solidità e la conservazione si è passati al convincimento che si abbia grave difetto anche quando altri aspetti vengano alterati o compromessi, quale la normale utilizzazione o godimento dell’immobile in relazione alla sua natura intrinseca economica e pratica (cfr. Mangini-M. lacuaniello Bruggi, Il contratto di appalto, Torino, 1997, pag. 347). Si veda anche Rubino D., L’appalto, Torino, 1980, che collega i gravi difetti a qualsiasi alterazione rispetto allo stato normale, che ne pregiudichi gravemente l’utilizzazione; specificando che se i difetti non sono gravi l’appaltatore è pur sempre responsabile, ma solo in base agli artt. 1667-1668 e nei limiti di essi. (10) La Corte di Appello di Torino, con sento 11 novembre 2005, ha stabilito che tra i compiti del progettista rientra anche quello concernente “l’acquisizione di tutti i dati geofisici necessari alla soluzione dei problemi tecnici attinenti le fondazioni“. Con riferimento alla tipologia di responsabilità, la stessa Corte ha ravvisato la responsabilità solidale dell’appaltatore e del progettista, conformandosi all’orientamento consolidato in dottrina e giurisprudenza ai sensi del quale più autonome violazioni di distinte norme giuridiche possono concorrere nella produzione del medesimo evento dannoso e pertanto fondare una responsabilità risarcitoria solidale. da “Consulente Immobiliare“
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IlFerro, ferro,materiale ilmateriale della rivoluzione industriale
figura 1. “La ferriera di Cyfarthfa“, Julius Caesar Ibbetson (1759-1817)
Lo sviluppo di semilavorati sempre pi accurati (fusione di precisioOggi, grazie ai computer, è possibile ottimizzare le strutture portanti attraverso calcoli estremamente sofisticati, che riescono a operare una valutazione della struttura generale, per esempio inserendo gli effetti di tutti gli elementi secondari come facciate, rivestimenti e pareti divisorie
ne) con propriet definite con esattezza e la loro lavorazione con procedimenti di taglio, punzonatura e saldatura a controllo numerico rendono le costruzioni in acciaio una opportunit degna della massima considerazione, anche in prospettiva futura. LÕaspetto della riutilizzazione e della riciclabilit del materiale occupa un ruolo non marginale anche in edilizia .
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ella rivoluzione industriale il ferro occupa un posto fondamentale. In campo artistico, i processi di produzione diventano un tema iconografico e rispecchiano in maniera impressionante le condizioni di lavoro dell’epoca. Nel suo quadro “La ferriera di Cyfarthfa“ (figura 1), il pittore inglese Julius Caesar Ibbetson (1759-1817) ha riprodotto una scena da una fucina. I masselli di ferro incandescenti vengono posti sotto un pesante maglio, in genere azionato da acqua, per essere fucinati. “Nulla è più maestoso del modo in cui la mano dell’uomo domina il metallo ribelle. Dovunque si volge lo sguardo si incontrano mani attente. Un vigoroso artigiano lamina con la pesante leva il pane di ferro nel forno di puddellatura, che egli osserva attraverso un foro praticato nella parete del forno. Si perderebbe infatti la vista fissando troppo a lungo il metallo incandescente. Un altro lavoratore apre le porte del forno di affinazione, prende con la tenaglia una enorme barra e la trascina velocemente sulle piastre di ghisa del pavimento sotto il possente maglio... È in queste officine che si vede realmente il trionfo dello spirito umano sulla massa informe, qui si può seguire al meglio il suo progresso. Qui si trovano gli archetipi del corpo umano, in quanto un lavoro così pesante raddoppia la forza muscolare, e i modelli adatti agli scultori.“ Questa rappresentazione dell’attività lavorativa, come si svolgeva nelle ferriere di Fourchambault, apparsa nella “Illustrierte Zeitung“ del 1849, idealizza con il suo tono eroico le dure condizioni lavorative dell’epoca. Il passaggio dal carbone di legna al carbon fossile e al coke nel caricamento degli altiforni rende possibile la produzione di massa del ferro, oltre a una serie di altri sviluppi. Le conseguenze che tutto ciò avrebbe avuto per il paesaggio, l’urbanistica e l’ambiente, vengono mostrate dal complesso di altiforni degli allora avanzati stabilimenti Laura (figura 2). Le fasi essenziali della lavorazione vengono descritte con l’ausilio di una sezione verticale di un altoforno (figura 3). L’inclinazione rende inutile l’impiego di un ascensore di caricamento. Carbone, minerale e fondente vengono continuamente versati dall’alto. I gas prodotti possono fuoriuscire senza ostacoli. Il livello scende in relazione al processo di fusione. Dal basso viene soffiata aria preriscaldata e la carica viene fatta colare a intervalli regolari. La ghisa ora prodotta in grandi quantità è caratterizzata da fragilità e bassa resistenza alla trazione. La qualità del materiale di partenza influenza il risultato finale. Ma, grafigura 2 (in alto). Altoforno degli stabilimenti Laura figura 3. Sezione di altoforno
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zie a una resistenza alla compressione 100 volte superiore alla pietra, non bisogna attendere molto per vedere i primi impieghi in edilizia, motivati soprattutto dalla possibilità di risparmiare materiale e peso. Mancano i relativi procedimenti di calcolo e le proprietà metalliche della ghisa non sono pienamente conosciute, pertanto si fanno esperimenti su scala 1:1. I primi tentativi si registrano nella costruzione di ponti e di strutture industriali.
tro, riscaldate al punto di saldatura e sottoposte alla laminazione finale), si ha il confezionamento finale del ferro puddellato. Parallelamente al costante progresso della tecnica dei forni e della metallurgica, la macchina a vapore e la ferrovia rappresentano importanti pietre miliari dell’industrializzazione, da un lato traendo vantaggio dallo sviluppo della tecnica del ferro e dall’altro contribuendo direttamente al suo ulteriore sviluppo. Mentre la macchina a vapore espleta importanti compiti nell’azionamento di altiforni, fucine e laminatori, la ferrovia diventa indispensabile per il trasporto delle materie prime e dei semilavorati. Anche lo sviluppo delle macchine utensili (invenzione del tornio di Maudslay nel 1810) è determinante per la seconda lavorazione del nuovo materiale. Le più importanti figure nella fase successiva della storia della produzione del fer-
figura 4. Sezione di forno di puddellaggio figura 5. Convertitore Bessemer figura 6. Immagine dell’acciaieria Bessemer
Con la seconda lavorazione del ferro grezzo nel cosiddetto forno di puddellaggio, inventato nel 1784 da Henry Cort (figura 4), si riduce il contenuto di carbonio del ferro. Il ferro viene portato a fusione, mescolato e formato in lingotti. Questi lingotti vengono invece fucinati con il maglio a formare cilindri di lunghezza di circa 50 cm e diametro di 7-10 cm. Dopo la laminatura in barre, attraverso le ulteriori fasi di pacchettatura e saldatura (le barre, squadrate a 50 cm, vengono affiancate quattro a quat-
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ro sono Kelly negli Stati Uniti ed Henry Bessemer in Europa. Con l’invenzione del “convertitore Bessemer“ (la prima idea risale al 1855) (figure 5 e 6) diventa possibile produrre direttamente l’acciaio dalla ghisa di prima fusione. Con l’iniezione di aria compressa il carbonio presente nella ghisa si combina con l’ossigeno e viene eliminato. Purtroppo non è ancora possibile garantire la qualità, e si possono lavorare solo i minerali che non contengono fosforo. A partire dal 1879 viene utilizzato il procedimento sviluppato da Sidney Gilchrist Thomas. Il procedimento Martin-Siemens (principio del forno a rigenerazione) viene all’inizio impiegato per la fusione di rottami e scorie dei laminatoi. Dopo il superamento di molti ostacoli tecnici, il nuovo “forno Martin-Siemens“ diventa idoneo anche per la produzione di massa di accia-
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io dal minerale. Un’ulteriore tappa nello sviluppo storico che stiamo delineando è data dalla produzione di acciaio attraverso l’elettricità, le cui radici risalgono al XIX secolo ma che diventa economica solo in tempi più recenti, ovvero da quando esiste una disponibilità di quantità sufficienti di energia elettrica. Il miglioramento qualitativo della tecnologia del materiale nel corso degli ultimi cento anni può essere illustrato prendendo come esempio la Torre Eiffel. Se l’edificio, per la sua epoca all’avanguardia in termini di struttura e impiego di materiale, era composto da circa 7000 tonnellate di acciaio, oggi si riuscirebbe a costruirlo con 2000 tonnellate. Anche l’effetto ottico sarebbe sicuramente molto diverso... In riferimento al periodo dal quale è noto il ferro (3000 anni), l’impiego di ferro e acciaio in edilizia occupa un lasso di tempo (250 anni) relativamente breve. Per quanto riguarda le strutture portanti, l’uso di ferro e acciaio può essere diviso in tre periodi: il periodo della ghisa (1780 - 1850), il periodo del ferro battuto (1850-1900) e il periodo dell’acciaio, dal 1880 fino ad oggi. I momenti di passaggio tra un periodo e l’altro non sono tuttavia netti. A seconda delle necessità, ghisa e ferro battuto vengono impiegati anche insieme. Se nei primi anni dell’impiego di strutture portanti in ferro in edilizia sono necessari molti tentativi, tra il 1850 e il 1870 si nota una modifica nelle modalità di dimensionamento, essendo ora possibile elaborare con calcoli strutture portanti semplici. Grazie alla teoria dell’elasticità elaborata da William Rankine nel 1859 in base a considerazioni pratiche (“Manual of Civil Engineering“), a un maturo procedimento grafico per la determinazione delle forze (che si basa sulle precedenti esperienze dell’edilizia in legno) e ai valori di resistenza dei chiodi, l’ingegnere è in grado di determinare al tavolo da disegno le dimensioni delle strutture portanti. Il passaggio dal ferro fucinato all’acciaio (circa 18801900) consente di incrementare le tensioni ammesse e di impiegare sezioni laminate maggiori, ma solo negli anni Trenta del nostro secolo si ha il salto successivo. L’introduzione della saldatura modifica in maniera radicale le tecniche di produzione e pure progetto e dimensioni devono adeguarsi. Raggiungere la stabilità con spigoli resistenti a flessione invece che con controventi diagonali porta al principio strutturale del portale, una struttura portante che ha caratterizzato in maniera fondamentale l’architettura del successivo periodo. Nei procedimenti di dimensionamento accanto alla teoria dell’elasticità appare quella della plasticità. Oggi, grazie
ai computer, è possibile ottimizzare le strutture portanti attraverso calcoli estremamente sofisticati, che riescono a operare una valutazione della struttura generale, per esempio inserendo gli effetti di tutti gli elementi secondari come facciate, rivestimenti e pareti divisorie. Lo sviluppo di semilavorati sempre più accurati (fusione di precisione) con proprietà definite con esattezza e la loro lavorazione con procedimenti di taglio, punzonatura e saldatura a controllo numerico rendono le costruzioni in acciaio una opportunità degna della massima considerazione, anche in prospettiva futura. L’aspetto della riutilizzazione e della riciclabilità del materiale occupa un ruolo non marginale anche in edilizia, in un’epoca di aumentata consapevolezza ecologica. Non è infatti necessario partire sempre dall’impiego della materia prima e nessun altro materiale mostra una analoga capacità di adattamento alle situazioni più diverse e una uguale possibilità di cambiamento, demolizione e ricostruzione. (Dal volume “Atlante dell’acciaio“ di H. Schulitz, W. Sobek, K. Habermann. UTET Scienze Tecniche, 1999)
figura 7. Produzione di travi forate con una tagliatrice a controllo numerico
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mianto, il piano della Regione Lombardia
Il 18 novembre 2008 il Decreto Direzione Generale Sanità n. 13237 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 2008) ha approvato un nuovo protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto e sostituito il vecchio algoritmo di calcolo in vigore dal 2000
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el 2005, la Regione Lombardia ha dato inizio al “Pral“, Piano Regionale Amianto, fissando per l'anno 2016 il censimento dell'amianto presente sul territorio delle Regione Lombardia, affidandone lo svolgimento alle Asl in collaborazione con i Comuni e le Province, nonché fissando entro lo stesso termine la sua completa eliminazione da parte dei proprietari. La Regione Lombardia ha inoltre stabilito l'obbligatorietà di autonotifica della presenza di amianto negli edifici, impianti o luoghi, da parte dei proprietari alle Asl territorialmente competenti. Gli obblighi di legge vigenti per gli amministratori e i proprietari di immobili nei quali vi è la presenza di manufatti contenenti amianto sono:
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• ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 17/2003, i disposizioni della legge 257/1992, ha esteso il campo proprietari di luoghi nei quali vi è la presenza di di intervento della legge anche all'amianto in matrice amianto o di materiali contenenti amianto, sono tenuti compatta (si veda riquadro). a comunicare tale presenza all'Asl competente per ter- La documentazione prevista dal DM 6 settembre '94 (proritorio; gramma di controllo dei materiali di amianto in sede - pro• ai sensi del decreto ministeriale 6 settembre 1994 cedure per le attività di custodia e manutenzione), dovrà (normative e metodologie tecniche di applicazione contenere la valutazione dello stato di conservazione delle dell'art. 6 c.3, e dell'art. 12 c. 2 della legge 257/1992) coperture in cemento amianto tramite la definizione di un il proprietario dell'immobile e/o il responsabile dell'at- Indice di Degrado ID secondo quanto disposto dal D.d.g. tività che si svolge nell'edificio in cui viene rilevata la 13237 del 18 novembre 2008. Tale documentazione dovrà presenza di materiali contenenti amianto, deve attuare essere inoltre sottoscritta da personale qualificato, quale ad un programma di controllo e di manutenzione dei esempio: geometra, ingegnere civile, architetto, tecnico manufatti contenenti amianto, a lui attiene la responsa- con patentino regionale per l'amianto, responsabile di serbilità di valutarne il rischio e nel vizio di prevenzione e protezione. Si caso siano in opera materiali friaprecisa che, per l'inosservanza degli bili deve provvedere a far ispezioobblighi di informazione derivanti LÕattuale protocollo ha nare l'edificio almeno una volta dalla omessa comunicazione dei prolo scopo di fornire uno all'anno da personale in grado di prietari degli immobili alle unità sanistrumento operativo per valutare le condizioni dei materiatarie locali dei dati relativi alla preli, redigendo un dettagliato rapporsenza dell'amianto in matrice friabile la valutazione dello stato di to corredato da documentazione presente negli edifici, si applicano le conservazione delle coperture fotografica da trasmettere all'Asl sanzioni previste dalla L. 257/1992, in cemento-amianto competente. L'art. l della legge da parte dei competenti organi di conregionale 1712003, attuando le trollo e vigilanza.
UN VERO AMICO LE PRENDE AL POSTO TUO
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Protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto (Indice di Degrado ID) Il 18 novembre 2008 il Decreto Direzione Generale Sanità n. 13237 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 2008) ha approvato un nuovo protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto, andando a sostituire il vecchio algoritmo di calcolo in vigore dal 2000. L'attuale protocollo ha lo scopo di fornire uno strumento operativo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto ed è utile al fine di indirizzare le conseguenti azioni di monitoraggio e/o di bonifica che sono a carico del proprietario dell'immobile e/o del responsabile dell'attività che vi si svolge. In tale protocollo gli aspetti più importanti non sono solo le metodologie per effettuare la valutazione del rischio, ma anche le conseguenti azioni da intraprendere in funzione degli esiti del processo di analisi. In tale senso la Regione ha voluto: • sviluppare il ruolo di indirizzo e coordinamento delle attività di controllo delle Asl lombarde attraverso l'emanazione di specifiche linee guida al fine di fornire criteri e uniformità delle azioni di prevenzione sanitaria sul territorio lombardo; • individuare come obiettivo strategico, nell'ambito del Pral, la rimozione dell'amianto del territorio lombardo entro il 2016; • sviluppare strumenti per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento amianto. Per il monitoraggio dello stato di conservazione è d'obbligo provvedere alla valutazione del rischio derivante dalla presenza di amianto o di materiali contenenti amianto nelle coperture. La valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto deve essere effettuata tramite l'applicazione dell'Indice di degrado a cura di personale qualificato, condotta attraverso l'ispezione del manufatto e calcolato facendo riferimento all'allegato A del citato D.d.g., ovvero tramite l'applicazione dell'Indice di Degrado (ID). Infatti, il protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto si compone di una serie di parametri di verifica ai quali assegnare un punteggio. Tali parametri sono necessari per valutare lo stato di degrado del materiale e tutti, tranne uno, sono indici da sommare tra loro. L'ultimo indice, la vetustà, ossia l'età della copertura, è invece il fattore moltiplicativo della somma degli altri indicatori. Il risultato della formula, denominato Indice di Degrado (ID) deve essere confrontato con dei parametri di riferi-
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reach1 Reach1 ■ CONOSCERE L'AMIANTO. DOVE SI TROVA Nel settore delle costruzioni civili, l'amianto stato utilizzato per parecchi anni in modo molto diffuso per il suo basso costo industriale e per la praticit di posa.Questo materiale presente in molti componenti edili quali: lastre in cementoamianto per coperture (eternit), tubazioni e canne fumarie (fibrocemento), intonaci, coibentazioni di tubi per riscaldamento e centrali termiche, isolante termico/acustico, pavimenti in linoleum (vinilamianto). In un edificio, la presenza di materiali contenenti amianto non comporta di per s un pericolo per la salute degli occupanti: se il materiale in buone condizioni e non viene manomesso improbabile esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre cancerogene. ■ CONDIZIONI DEI MATERIALI - Se invece il materiale in cattive condizioni, o se altamente friabile, le vibrazioni dell'edificio, i movimenti di persone o macchine, le correnti d'aria possono causare il distacco di fibre legate debolmente al resto del materiale. In tale caso, necessario ricorrere ad interventi di bonifica, che non consistono necessariamente nella rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, per esempio il confinamento temporaneo. ■ I MATERIALI CON AMIANTO - I materiali contenenti amianto possono essere classificati come: In matrice ÒFRIABILEÒ: ricoprenti a spruzzo e rivestimenti isolanti, spesso riscontrabili su strutture portanti di acciaio o su altre superfici come isolanti termo-acustico, coibentazioni tubazioni, caldaie, ecc.. Tali materiali si possono sbriciolare o ridurre in polvere con la semplice pressione manuale. Sono i pi pericolosi e responsabili di neoplasie particolarmente virulente e a diagnosi infausta: il mesotelioma e il carcinoma polmonare. In matrice ÒCOMPATTAÒ: canne fumarie, coperture in eternit, prodotti bituminosi, mattonelle di vinile con intercapedini di carta di amianto, mattonelle e pavimenti vinilici, PVC e plastiche rinforzate ricoprenti, vernici, mastici, sigillanti, stucchi adesivi. Si tratta di materiali duri che hanno scarsissima tendenza a liberare fibre e possono essere ÒsbriciolatiÒ o ridotti in polvere con l'impiego di attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.). Responsabile di neoplasie particolarmente virulente e a diagnosi infausta: il mesotelioma e il carcinoma polmonare.
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mento, ai quali seguono degli adempimenti specifici. Si può quindi facilmente intuire come l'età della copertura sia l'elemento discriminante il risultato della valutazione del rischio. Se il manufatto presenta una superficie danneggiata ovvero quando sono presenti danni evidenti e in discutibili come per esempio crepe, fessure evidenti e rotture in misura superiore al 10% della sua estensione, si procede alla bonifica come indicato dal D.M. 6 settembre 1994, privilegiando l'intervento di rimozione. Se il danno è meno evidente e la superficie della copertura in cemento-amianto appare integra all'ispezione visiva, è necessario quantificare lo stato di conservazione attraverso l'applicazione dell'Indice di Degrado (ID). Il risultato dell'applicazione dell'Indice di Degrado (ID) è un valore numerico a cui corrispondono azioni conseguenti che il proprietario dell'immobile e/o il responsabile dell'attività che vi si svolge, dovrà attuare. Qualora il risultato dell'Indice di Degrado produca un valore che non prevede la rimozione della copertura entro i dodici mesi, il proprietario dell'immobile e/o il responsabile dell'attività che vi si svolge, ai sensi del D.M. 6 settembre 1994 dovrà comunque: 1. designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto; 2. tenere un'idonea documentazione da cui risulti l'ubicazione dei materiali contenenti amianto; 0 - se assenti; 3. garantire il rispetto di efficaci misure di sicurezza 3 - se presenti. durante le attività di pulizia, gli interventi di manutenFriabilità, sgretolamento, si attribuiscono i tivi e in occasione di ogni evento che possa causare un D) seguenti valori: disturbo ai materiali contenenti amianto; l - se i fasci di fibre sono inglobati completamente; 4. fornire una corretta informazione agli occupanti 2 - se i fasci di fibre sono inglobati solo parzialdell'edificio sulla presenza di amianto nello stabile. mente; 3 - se i fasci di fibre sono facilmente asporta bili. Si riportano di seguito le nuove modalità di calcolo Ventilazione, si attribuiscono i seguenti valori: dell'Indice di Degrado (ID) delle coperture in cemen- E) 1 - a copertura non si trova in prossimità di bocto-amianto. A) Grado di consistenza del materiale (da valutare chette di ventilazione o flussi d'aria; 2 - la copertura si trova in prossimità di bocchetcon tempo asciutto, utilizzando una pinza da meccanici o te di ventilazione o flussi d'aria. attrezzo simile) si attribuiscono i seguenti valori: Luogo di vita/lavoro si attribuiscono i seguenti 1 - se un angolo flesso con una pinza si rompe F) valori: nettamente con suono secco; 1 - copertura non visibile dal sotto (presenza di 2- se la rottura è facile, sfrangiata, con un suono controsoffitto e/o soletta); sordo. 2 - copertura a vista dall'interno. B) Presenza di fessurazioni, sfaldamenti, crepe, si G) Distanza da finestre/balconi/terrazze, si attribuiattribuiscono i seguenti valori: scono i seguenti valori: 0 - se assenti; l - se la copertura è distante più di 5 m. da fine2 - se rare; stre/terrazze/balconi; 3 - se numerose. 2 - se vi sono finestre/terrazze/balconi prospiC) Presenza di stalattiti ai punti di gocciolamento, si cienti ed attigue. attribuiscono i seguenti valori:
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H)
Aree sensibili, si attribuiscono i seguenti valori: 1 - assenza, nel raggio di 300 m, di aree scolastiche/luoghi di cura; 3 - vicinanza ad aree scolastiche/luoghi di cura. I) Vetustà (in anni) fattore moltiplicatore, si attribuiscono i seguenti valori: 2 - se la copertura è stata installata dopo il 1990; 3 - e la copertura è stata installata tra il 1980 e il 1990; 4 - se la copertura è installata prima del 1980. Nel caso sia difficoltoso risalire alla vetustà della copertura in cemento-amianto si farà riferimento alla data di realizzazione dell'edificio. Determinato il valore dei singoli parametri sopra descritti, si procederà applicando la seguente formula: l.D. = (A+B+C+D+E+F+G+H) x I (vetustà). In funzione del risultato dell'applicazione dell'Indice di Degrado (ID) si procederà: 1) ID <– 5A25: Nessun intervento di bonifica. È prevista la rivalutazione dell’indice di degrado con frequenza biennale. 2) ID 25 -: 44: Esecuzione della bonifica (*) entro 3 anni. 3) ID >– A 45: Rimozione della copertura entro i successivi 12 mesi. (*) I metodi di bonifica previsti dalla normativa sono la sovracopertura, l'incapsulamento e la rimozione. La sovracopertura consiste in un intervento di confinamento che si ottiene installando una nuova copertura al di sopra di quella in cemento-amianto che viene lasciata in sede quando la struttura portante sia idonea a sopportare un carico permanente aggiuntivo. Per ricorrere a tale tipo di bonifica, il costruttore o il committente devono fornire il calcolo delle portate dei sovraccarichi accidentali previsti dalla nuova struttura. L'incapsulamento prevede l'utilizzo di prodotti ricoprenti la copertura in cemento-amianto; preliminarmente all'applicazione di tali prodotti si rende necessario un trattamento della superficie del materiale, al fine di pulirla e garantire l'adesione del prodotto incapsulante. Il trattamento finale dovrà essere certificato dall’impresa esecutrice. Tale intervento non desime il committente dall'’obbligo di verificarne lo stato di conservazione. La rimozione prevede un intervento di asportazione totale della copertura in cemento-amianto e sua sostituzione con altra copertura.
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reach2 Reach2 ■ INDICE DI VALUTAZIONE A. Grado di consistenza del materiale B. Presenza di fessurazioni/sfaldamenti/ crepe C. Stalattiti ai punti di gocciolamento D. Friabilit /Sgretolamento E. Ventilazione F. Luogo di vita/lavoro G. Distanza finestre/balconi/terrazze H. Aree sensibili I. Vetust Indice di valutazione (A+B+C+O+E+F+G+H+I)*I A. Grado di consistenza del materiale B. Presenza di fessurazioni/sfaldamenti/ crepe C. Stalattiti ai punti di gocciolamento D. Friabilit /Sgretolamento E. Ventilazione F. Luogo di vita/lavoro G. Distanza finestre/balconi/terrazze H. Aree sensibili I. Vetust Indice di valutazione (A+B+C+O+E+F+G+H+I)*I
1 0 0 1 1 1 1 1 4 24 1 0 0 2 1 1 1 1 4 28
Per meglio comprendere i risvolti concreti di tale procedura è possibile fare un'ipotesi su una copertura che, come in molti casi. sia stata posata prima del 1980 e, supponiamo, si trovi ancora in ottimo stato. Assegnando il punteggio minimo a tutti i parametri si arriva ad un valore di poco inferiore alla fascia 25 che non prevede nessun intervento particolare se non un costante monitoraggio. Ma per una copertura antecedente agli anni '80 si può ritenere che difficilmente i parametri possano essere tutti al minimo, per cui bastano solo leggere tracce di deterioramento per trasformare il risultato ad esempio come di seguito. Appare pertanto evidente che per coperture antecedenti agli anni '80 è quindi quasi matematicamente certa la necessità di intervenire entro tre anni tramite un'azione di bonifica (sovracopertura, incapsulamento o rimozione), mentre per coperture realizzate dopo gli anni '80 è invece necessario valutare le singole situazioni caso per caso. di: Andrea Lariccia da IL GEOMETRA BRESCIANO 3/2010
CONSIGLIO NAZIONALE GEOMETRI
Le regole del rilascio di copia delle prestazioni fornite al committente in formato elettronico
I
n ordine all’eventuale richiesta del committente di ottenere copia informatica, degli elaboratori di cui si compone la prestazione commessa, non esiste una regola ad hoc ma la questione è definibile semplicemente facendo riferimento ai principi contenuti nella legislazione vigente. Infatti l’art. 13 della legge n. 144 del 2 marzo 1949 “Tariffa professionale dei geometri“, disciplinando i diritti del committente, sancisce che allo stesso “spetta salvo particolari pattuizioni, una sola copia di tutti gli elaboratori di cui si compone l’operazione commessa“ mentre il geometra “è tenuto a fornirgli tutti i dati, le notizie e gli atti necessari perché gli sia possibile di valersi pienamente dell’opera commessa, e non avrà diritto a ulteriori compensi per tali notizie, dati e atti, se essi possono implicitamente ritenersi compresi nei compensi esposti nella specifica“. Quindi, con il pagamento della specifica, il committente acquista esclusivamente il diritto a realizzare quella specifica opera, avvalendosi dei progetti e dei permessi ad essi correlativi. Gli elaborati originali dei disegni, delle relazioni, dei calcoli e di quanto altro, rappresentando l'opera d'ingegno del geometra, non possono essere liberamente riproposti con adattamenti in nuovi contesti, ma i diritti di uso restano sempre riservati allo stesso professionista. Quanto sopra trova fondamento nell'art. 2575, c.c. e conferma nell'art. 7, legge n. 144 del 2 marzo 1949, che dispone esplicitamente: “la proprietà intellettuale che spetti al geometra in conformità alle leggi, per l'opera ideata e gli atti tecnici che lo compongono, non è in alcun modo pregiudicata dall'avvenuto pagamento dei compensi e indennizzi dovutigli. Il committente non può, senza il consenso del geometra, valersi dell’opera e degli atti tecnici che la compongono per uno scopo diverso da quello per cui furono commessi. Qualora un elaborato venga usato anche per altre applicazioni, oltre quella per cui fu commesso, o ne venga dal committente ripetuto l'uso, al geometra, spetta, per ogni nuova applicazione, un compenso non inferiore al 25% e non superiore al 50% delle
competenze stabilite dalla tariffa in ragione inversa del numero delle applicazioni oltre alle intere competenze per le nuove prestazioni da esse dipendenti (rilievi, tracciamenti, contratto, direzione dei lavori, liquidazione, ecc.)“. Alla luce delle disposizioni di cui sopra, può affermarsi che il committente ha diritto di ricevere una copia conforme cartacea o su supporto elettronico (protetta in modo da non consentire la possibilità di modifica) degli elaborati che compongono gli atti oggetto della prestazione. Tali elaborati, in quanto tali, non sono utilizzabili (tantomeno modificabili) senza il consenso o l'autorizzazione del professionista/autore, poiché soltanto allo stesso spetta la facoltà di apportarvi eventuali variazioni. D'altro lato, la consegna di copia non protetta in formato elettronico comporta naturalmente il consenso all'uso e rimplicita oggettiva accettazione della possibilità di modifica. Quindi, anche ai sensi dell'art. 20, comma l, Legge 633/41 e s.m.i. è rimessa alla iniziativa del professionista e del committente la specifica pattuizione delle condizioni di consegna della copia non protetta su supporto elettronico, di autorizzazione per l'utilizzo e modifica degli elaborati nonché di determinazione degli onorari dovuti“ Ai fini della congrua ed equa determinazione degli onorari, da corrispondere al professionista per il rilascio di tale tipo di copia, è necessario tenere conto che gli stessi devono essere concordati e definiti caso per caso (art. 7, L. 144/49)in rapporto al valore delle attività tecniche svolte (triangolazioni, rilievo metrico con o senza preesistenza di grafici, disegno ed elaborazione grafica, dimensionamenti, caratterizzazione, architettonica, rilievo fotografico, restituzione prospettica, riproduzione di foto e mappe, ecc.), all'originalità dell’opera d'ingegno e di progetto, all'importanza della stessa, al livello di creatività o soluzione “originale“ di problemi tecnici. Il presidente Geometra Fausto Savoldi
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Albo
Tutti gli aggiornamenti dell’albo professionale CONSIGLIO DEL 3 MARZO 2011 Iscrizioni Albo professionale N. Albo
Nominativo
Località, data di nascita
Residenza
3727 3728 3729 3730 3731
TONIOLO ALBERTO ROSSI LORENZO SARI FRANCESCO CECERE SIMONE CARNIATO CLAUDIO
Angera, 28.08.1980 Varese, 01.10.1989 Gallarate, 22.08.1988 Busto Arsizio, 06.04.1989 Angera, 30.10.1988
Mercallo, Via Oriano n. 63 Varese. Via Talizia n. 44 Somma Lombardo, Via Prati Lago n. 17 Gallarate, Via Pascoli n. 18 Cocquio Trevisago, Via Vigana n. 28
Cancellazioni (per dimissioni) N. Albo
Nominativo
Località, data di nascita
Residenza
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BARBIERI ALDO
Venegono Superiore , 14.09.1922
Venegono Superiore, Via Piave n. 4
Iscrizioni Registro praticanti ■ GIGLIOTTI ANDREA – nato a Varese (VA) il 16.09.1991 – e residente a Casale Litta (VA) in Via Castello n. 20/b – praticante c/o il geom. Floris Salvatore – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 07.02.2011 al n. 3191 di posizione; Cancellazione Registro praticanti ■ FILIPPONE ALESSANDRA – – nata a Tradate (VA) il 09.01.1986 – praticante c/o il geom. Mazzucchelli Riccardo – con decorrenza 29.11.2010 per compiuto biennio; ■ MORANDI MATTIA – nato a Cittiglio (VA) il 05.07.1988 – praticante c/o l’Arch. Mandelli Mario – con decorrenza 20.01.2011 per compiuto biennio; ■ DIASPRO CRISTINA – nata a Varese il 05.01.1990 – praticante c/o l’Arch. Marelli Giulio Ivo – con decorrenza 31.12.2010, per interruzione pratica con decorrenza 23.11.2010, ai sensi dell’art. 12 delle Direttive sul Praticantato. CONSIGLIO DEL 24 MARZO 2011 Iscrizioni Albo professionale N. Albo
Nominativo
Località, data di nascita
Residenza
3732 3733
GUFFANTI LUCA ERBA ALESSANDRO
Busto Arsizio, 29.12.1988 Busto Arsizio, 09.10.1984
Castellanza, Via Borsano n. 33 Gallarate, Via Parini n. 12
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COLLEGIO DI VARESE
3734 3735 3736 3737 3738 3739
PURICELLI ALESSANDRO ARMELLONI MARCO LA VIGNA GIUSEPPE COPPI DANIELE FRIZZARIN NICOLA NANNI GIULIA
Varese, 23.03.1988 Tradate, 02.10.1982 Busto Arsizio, 24.07.1986 Varese, 11.01.1976 Busto Arsizio, 10.03.1978
Varese, Via Sacco n. 12 Solbiate Arno, Via per Carnago n. 31 Castellanza, Via Venezia n. 15 Azzate, Via Isonzo n. 10 Cardano al Campo, Via Marmolada n. 3/e
Castellanza, 09.02.1986
Gorla Minore, Via A. Colombo n. 15
Cancellazioni (per dimissioni) N. Albo
Nominativo
Località, data di nascita
Residenza
1719 3695
BAJ GIOVANNI DEL TREDICI ELISA
Cantello, 13.03.1946 Gallarate, 03.05.1985
Cantello, Via Medici n. 3 Somma Lombardo, Via De Amicis n. 14/d
Iscrizioni Registro praticanti ■ D’INCERTOPADRE GABRIELE – nato a Varese IL 31.05.1991 – e residente a Carbonate (CO) in Via Zanchetta n. 10 – praticante c/o l’Arch. Russo Giovanni (Convenzione con il Comune di Tradate) – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 05.01.2011 al n. 3192 di posizione; ■ BARTOLI ANDREA – nato a Tradate (VA) il 22.01.1991 – ed ivi residente in Via Fiume n. 44 – praticante c/o il geom. Bianchi Alberto - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 10.01.2011 al n. 3193 di posizione; ■ RIGON ALEX – nato a Varese il 07.09.1989 – e residente a Sumirago (VA) in Via Locarno n. 3 – praticante c/o il geom. Villa Silvia - con studio in provincia di Varese – con decorrenza 17.01.2011 al n. 3194 di posizione; ■ ROSSI FEDERICA – nata a Busto Arsizio (VA) il 02.08.1991 – e residente a Legnano (MI) in Via C. Collodi n. 23 – praticante c/o il geom. Caironi Dario – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 18.01.2011 al n. 3195 di posizione; ■ FAMA’ MARTINA – nata a Gela (CL) il 10.12.1990 – e residente a Somma Lomabrdo (VA9 in Via Corona n. 1/f – praticante c/o l’Arch. Dell’Acqua Daniele - con studio in provincia di Varese – con decorrenza 20.01.2011 al n. 3196 di posizione; ■ RENOLDI FEDERICO – nato a Cantù (CO) il 18.01.1991 - e residente a Uboldo (VA) in Via San Martino n. 20 – praticante c/o il geom. Renoldi Ulderico Maria – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 21.01.2011 al n. 3197 di posizione; ■ BACCARI DAVIDE – nato a Tradate (VA) il 21.02.1991 – e residente a Vedano Olona (VA) in Via S. Francesco n. 17 – praticante c/o l’Arch. Aldegheri Daniele (Convenzione con il Comune di Vedano Olona) - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 26.01.2011 al n. 3198 di posizione; ■ SOMMA RAFFAELE – nato a Varese il 07.02.1990 - e residente a Oggiona S. Stefano (VA) in Via G. Falcone n. 1 – praticante c/o l’Arch. Morrone Giuseppe - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 31.01.2011 al n. 3199 di posizione; ■ CATTANEO SARA – nata a Tradate (VA) il 21.03.1990 - e residente a Arona (NO) in via G. Usellini n. 3 – praticante c/o il geom. Cattaneo Michele – con studio in provincia di Varese - con decorrenza 02.02.2011 al n. 3200 di posizione; ■ TOSON GIACOMO LEOPOLDO – nato a Varese il 07.03.1991 - e residente a Mercallo (VA) in Via Milite Ignoto n. 30/6 - praticante c/o il geom. Rocchio Nicoletta - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 02.02.2011 al n. 3201 di posizione; ■ SAPORITI MARCO – nato a Tradate (VA) il 21.11.1991 - e residente a Cairate (VA) in Via Milano n. 47 - praticante c/o l’Arch. Russo Giovanni – con studio in provincia di Varese - con decorrenza 04.02.2011 al n. 3202 di posizione; ■ DISCACCIATI STEFANO – nato a Tradate (VA) il 31.12.1991 – e residente a Castiglione Olona (VA) in Via Monte Cimone n. 5 - praticante c/o il geom. Manzoni Riccardo - con studio in provincia di Varese – con decorrenza 04.02.2011 al n. 3203 di posizione; ■ COLOMBO RENATO – nato a Lecco il 22.11.1986 – e residente a Saronno (VA) in Via Marconi n. 53/a – praticante c/o il geom. Restelli Graziano - con studio in provincia di Varese -con decorrenza 07.02.2011 al n. 3204 di posizione; ■ LAZZARI THOMAS – nato a Tradate (VA) il 21.03.1983 – e residente a Solbiate (CO) in Via Cavour n. 1 - praticante c/o l’Arch. Dal Cin Giovanni - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 07.02.2011 al n. 3205 di posizione; ■ BAIARDI FRANCESCO PIETRO – nato a Milano il 30.04.1990 – e residente a Solaro (MI) in Via Natta n. 13 – pra-
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ticante c/o l’Arch. Merico Francesco - con studio in provincia di Varese - con decorrenza 01.03.2011 al n. 3206 di posizione; ■ DI BATTISTA DEBORA – nata a Ragusa il 25.11.1988 – residente a Castano Primo (MI) in Via Magellano n. 1 – praticante c/o l’Arch. Camisasca Sergio – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 09.03.2011 al n. 3207 di posizione; ■ CASTAGNOLI PIERGIORGIO – nato a Busto Arsizio (VA) il 29.09.1986 – residente a Ferno (VA) in Via Asiago n. 23 – praticante c/o l’Arch. Rivolta Fulvio – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 10.01.2011 al n. 3208 di posizione. Cancellazioni Registro praticanti ■ CAREGHINI LUCA – nato a Varese il 06.09.1988 – praticante c/o il geom. Neri Baldi Luca dal 30.10.2009 al 04.03.2011 (studio precedente c/o il geom. Barile Errico dal 05.03.2009 al 29.10.2009) – con decorrenza 04.03.2011 per compiuto biennio; ■ NAPOLITANO ALESSANDRO – nato a Busto Arsizio (VA) il 21.07.1984 – praticante c/o il geom. Scaldaferri Mario dal 15.06.2009 al 19.02.2011 (studio precedente geom. Alberti Fausto dal 04.02.2009 al 29.05.2009)– con decorrenza 19.02.2011 per compiuto biennio; ■ CARTABIA MATTEO – nato a Segrate (MI) il 17.05.1988 – praticante c/o il geom. Gernetti Giorgio – con decorrenza 12.03.2011 per compiuto biennio; ■ LOMBARDINI ANDREA – nato a Busto Arsizio (VA) il 22.03.1990 – praticante c/o il geom. Di Milia Michele dal 19.03.2010 – con decorrenza 03.03.2011 per dimissioni; ■ DE BERNARDI MARCO – nato a Busto Arsizio (VA) il 02.05.1991 - ed ivi residente in Via Ronchetto n. 11 per trasferimento al Collegio Geometri e Geometri Laureati di Milano; ■ PREVITALI JESSICA – nata a Angera (VA) il 01.02.1991 – praticante c/o l’Arch. Daverio Claudio – con decorrenza 22.02.2011 - per interruzione pratica con decorrenza 22.02.2011, ai sensi dell’art. 12 delle Direttive sul Praticantato; ■ LAPIETRA GIUSEPPE – nato a Cariati (CS) il 29.06.1990 – praticante c/o il geom. De Tomasi Angelo – con decorrenza 25.02.2011 - per interruzione pratica con decorrenza 22.02.2011, ai sensi dell’art. 12 delle Direttive sul Praticantato. CONSIGLIO DEL 7 APRILE 2011 Iscrizioni Albo professionale N. Albo
Nominativo
Località, data di nascita
Residenza
3740 3741
FICARRA STEVEN CORRADIN ALESSANDRO
Busto Arsizio, 29.07.1989 Gallarate, 03.07.1988
Marnate, Via Tevere n. 32/a Cassano Magnago, Vai Monte Bianco n. 8
Località, data di nascita
Residenza
Cancellazioni (per dimissioni) N. Albo
Nominativo
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VERNOCCHI VALERIA
Varese, 24.07.1985
Gallarate, Via Tenda n. 18
Iscrizioni Registro praticanti ■ FANTONI MATTEO – nato a Varese il 30.07.1989 – e residente a Ternate (VA) in Via Roma n. 79 – praticante c/o il geom. Magnani Alberto – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 15.02.2011 al n. 3209 di posizione; ■ NOCETI SIMONA – nata a Gallarate (VA) il 03.12.1991 – e residente a Samarate (VA) in Via Libertà n. 25 – praticante c/o l’Ing. Civ. Noceti Orazio – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 22.02.2011 al n. 3210 di posizione; ■ ARRIGONI LUCA – nato a Varese il 24.12.1986 – e residente a Gavirate (VA) in Via Cinquepiante n. 20 – praticante c/o il geom. Milani Stefano - con studio in provincia di Varese – con decorrenza 04.03.2011 al n. 3211 di posizione; ■ BOTTELLI ALEJANDRO - nato a Varese il 30.04.1984 – residente a Mornago (VA) in Stazione n. 27 – praticante c/o
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Il Seprio
COLLEGIO DI VARESE
l’Ing. Civ. Grimalda Andrea – con studio in provincia di Varese – con decorrenza 15.02.2011 al n. 3212 di posizione; ■ DIASPRO CRISTINA – nata a Varese il 05.01.1990 – residente a Gornate Olona (VA) in Via Roma n. 9 – praticante c/o l’Arch. De Boni Adriano (Convenzione con il Comune di Carnago) - con studio in provincia di Varese reintegrata al n. 3088 di posizione. Cancellazioni Registro praticanti ■ CAPRIOLI ALESSANDRO – nato a Busto Arsizio (VA) il 09/02/1989 – praticante c/o l’Arch. Tosi massimo – con decorrenza 28.10.2010 per compiuto biennio; ■ LUONI GIANMARIO – nato a Gallarate (VA) il 18.04.1989 – praticante c/o l’Arch. De Cubellis Amerigo – con decorrenza 18.03.2011; ■ RAMA GIULIA – nata a Magenta (MI) il 29.10.1988 – praticante c/o il geom. Milani Mauro - con decorrenza 17.02.2011 per compiuto biennio; ■ RAKIK SOUFIANE – nato a Khouribga (Marocco) il 19.03.1989 – praticante c/o l’Arch. Capponi Fabio – con decorrenza 16.02.2011 per compiuto biennio; ■ BANCHIERI GIANLUCA – n– nato a Milano il 30.03.1981 - praticante c/o il geom. De Tomasi Angelo – con decorrenza 22.03.2011 per compiuto biennio; ■ CHEMMAMI SALAH EDDINE – nato a Rabat (Marocco) il 03.09.1989 – praticante c/o il geom. De Giorgio Francesco dal 31.05.2010 al 02.03.2011 - con decorrenza 02.03.2011 per compiuto biennio; ■ LANZILLOTTI LUCA – nato a Legnano (MI) il 20.07.1989 – praticante c/o l’Arch. Giani Teodolinda – con decorrenza 28.01.2011 - per interruzione pratica con decorrenza 28.01.2011, ai sensi dell’art. 12 delle Direttive sul Praticantato. Collegio Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Varese Il Presidente Luca Bini comunica che alla data del 7 aprile 2011 gli iscritti all’Albo Professionale dei Geometri sono 1806 di cui 213 donne geometra. Alla data del 7 aprile 2011 gli iscritti al Registro dei Praticanti sono 217.
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Il Seprio
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BACHECA
Le convenzioni per i praticanti Comuni in
Convenzione
Gli Iscritti che vogliono svolgere un tirocinio nelle sedi di alcuni Comuni della provincia di Varese possono chiedere informazioni sulle singole convenzioni alla Segreteria del Collegio Tel. 0332.232.122 - Fax 0332.232.341 www.geometri.va.it collegio@geometri.va.it. Qui di seguito l’elenco dei Comuni disponibili.
ALBIZZATE Comunità Montana Valceresio ARCISATE ARSAGO SEPRIO AZZATE BARASSO BESNATE BIANDRONNO BREBBIA BUGUGGIATE BUSTO ARSIZIO CADREZZATE CAIRATE CARAVATE CARDANO AL CAMPO CARNAGO
CARONNO VARESINO CASCIAGO CASORATE SEMPIONE. CASSANO MAGNAGO CASTELSEPRIO CASTELVECCANA CASTIGLIONE OLONA CISLAGO CITTIGLIO CUASSO AL MONTE CUGLIATE FABIASCO DAVERIO GAVIRATE GAZZADA SCHIANNO GEMONIO GERENZANO
GERMIGNAGA GOLASECCA GORLA MAGGIORE GORNATE OLONA ISPRA JERAGO CON ORAGO LAVENO MOMBELLO LONATE CEPPINO LUINO LUVINATE MARCHIROLO MERCALLO MORAZZONE OGGIONA S. STEFANO ORINO OSMATE
PORTO CERESIO RANCO SAMARATE SANGIANO SESTO CALENDE SOLBIATE ARNO SOMMA LOMBARDO SUMIRAGO TERNATE TRADATE UBOLDO VALGANNA VARESE VEDANO OLONA VENEGONO SUP. VIGGIÚ
Bacheca Bacheca offerte lavoro richieste lavoro ■ Geometra Oliviero Giovanni - Cardano al Campo tel. Tel. 0331/730.343 Ð gianni.oliviero@gmail.com Cerca praticante geometra. Richiesta buona volont , conoscenza cad ed applicativi.
Bacheca attrezzature ■ Geometra Daniele Scaleia Daniele.scaleia@libero.it Cede tecnigrafo misure 100 x 170. ■ Geometra Geometra Luigi Gasparini Saronno cell. 339 5708316 Ð bssinside@hotmail.com Cede la seguente attrezzatura Sokkia series CII Intelligent Total Station con custodia: N. 2 Prisma N. 1 Stadia telescopica con serie paline dist Leica N. 2 batterie di scorta - N. 3 Elbex Vhf 7.800
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Il Seprio
■ Geometra Emanuela Vigato Travedona Monate Cell. 348/5690974 Ð vigatoemanuela@yahoo.it Geometra iscritta Albo con decennale esperienza settore progettazione, progettazione interni e assistenza cantieri, offre propria collaborazione presso studi tecnici. Utilizzo cad e sistemi operativi windows Ð Master a Milano interior Design Ð Corso coordinatore territorio (PGT) Ð Corso certificatore energetico (ACE) . ■ Geometra Quirino Zuzzaro Legnano Cell. 328/8424108 Ð rinozuzz@libero.it Cerca studio per assunzione in Legnano e limitrofi a Varese come disegnatore, presso studio tecnico o ditta. Ha svolto pratica biennale presso ingegnere strutturista con mansioni di sviluppo progetti architettonici, disegni di sezioni pilastri, sezioni longitudinali con autocad e computi metrici. . ■ Geometra Yuri Chinetti Oggiona S. Stefano yurichinetti@yahoo.it Geometra 24enne con pratica ed iscrizione allÕAlbo (5 anni di esperienza lavorativa e ultimi 3 presso gruppo immobiliare di Varese) Esperienza direzione di progetto e realizzazioni cantieristiche, pratica anche nella contabilit e pratiche amministrative cerca lavoro con assunzione.
ISTAT
Gli indici del costo delle costruzioni residenziali Fonte: ISTAT - Aggiornamento dati disponibili al gennaio 2011 anno gen. Base 1976 = 100 1977 109,5 1978 126,9 1979 145,6 1980 182,6 Base 1980 = 100 1981 112,5 1982 134,9 1983 155,2 1984 173,5 1985 187,7 1986 198,8 1987 205,3 1988 218,1 1989 230,1 1990 251,5 Base 1990 = 100 1991 103,4 1992 112,4 1993 115,6 1994 120,0 1995 121,3 Base 1995 = 100 1996 100,5 1997 103,4 1998 101,9 1999 103,6 2000 106,6 2001 109,6 2002 114,1 Base 2000 = 100 2003 108,8 2004 110,0 2005 116,2 2006 119,9 2007 125,8 2008 128,8 2009 112,2 2010 111,7
feb.
mar.
apr.
mag.
giu.
lug.
ago
set.
otto
nov.
dic.
anno
113,5 128,4 149,6 189,0
114,5 128,9 150,3 190,8
116,2 129,6 152,3 192,7
119,4 133,3 156,6 198,8
119,9 134,1 157,8 201,8
120,0 134,4 159,7 202,7
122,5 139,6 168,6 207,0
123,3 140,6 170,4 209,2
123,6 141,8 172,6 211,4
125,3 144,2 178,1 217,6
125,5 144,8 180,0 223,0
119,4 135,6 161,8 202,2
115,1 137,5 158,1 175,5 189,2 198,8 206,1 218,8 230,8 253,9
116,3 138,4 158,8 175,9 190,7 199,1 206,4 219,3 231,3 255,6
117,8 138,8 159,4 176,4 191,1 199,6 206,7 220,0 231,6 256,4
121,5 142,2 161,4 177,9 193,1 201,2 208,4 222,4 234,2 259,8
122,7 142,6 161,6 178,5 194,0 200,9 208,8 223,2 234,3 260,5
123,3 144,1 66,1 179,0 194,5 201,0 208,9 223,8 235,8 263,1
125,5 148,0 167,7 180,3 196,3 201,3 209,3 224,4 237,6 263,8
126,5 149,0 168,5 180,6 196,9 202,2 209,5 226,0 238,4 264,4
127,9 150,0 169,1 181,3 197,5 203,1 215,1 226,8 239,5 265,3
132,5 152,8 171,4 182,9 198,3 204,9 217,3 229,2 243,5 269,0
133,2 153,9 171,9 183,3 198,6 205,0 217,8 229,7 245,7 269,4
122,9 144,4 164,1 178,8 194,0 201,3 210,0 223,5 236,1 261,1
103,9 112,6 116,0 120,3 121,6
104,1 113,2 116,1 120,6 122,3
104,3 113,3 116,5 120,9 122,7
105,7 113,6 116,6 120,9 123,4
110,2 113,7 116,8 120,9 123,8
110,5 113,7 116,9 121,0 123,7
110,6 113,8 116,9 121,2 123,8
110,7 113,9 117,1 121,4 124,0
110,8 114,2 117,2 121,5 123,9
111,9 114,2 117,2 120,4 123,9
111,9 114,4 117,3 120,7 123,9
108,2 113,6 116,7 120,8 123,2
100,6 103,1 102,0 103,7 106,8 109,5 114,2
100,7 103,4 102,5 103,8 107,0 109,8 114,3
100,7 103,5 102,5 104,3 107,1 109,8 114,5
100,8 103,5 102,5 104,5 107,2 110,0 114,6
101,0 103,6 102,7 104,6 107,7 110,1 114,8
102,4 104,9 102,9 104,8 107,8 110,4 115,0
102,4 105,0 103,4 104,9 108,0 110,6 115,1
102,7 105,2 103,4 105,0 108,3 110,8 115,3
102,9 105,3 103,6 105,2 108,5 110,8 115,3
102,9 105,4 103,7 105,4 108,7 111,0 115,4
103,4 105,3 103,6 105,6 108,9 111,0 115,5
101,8 104,3 102,9 104,6 107,7 110,3 114,8
109,1 111,9 117,0 120,0 125,9 128,9 111,9 111,7
109,2 112,2 118,4 121,5 126,0 129,0 111,7 111,9
109,4 112,7 118,5 122,0 126,6 129,8 111,6 113,8
109,4 114,1 118,5 122,2 127,1 130,3 111,7 113,8
109,4 114,2 118,5 122,2 127,1 133,0 111,6 113,6
109,8 114,9 119,1 122,8 127,4 133,5 111,4 113,6
109,6 115,0 119,1 122,8 127,4 133,5 111,5 113,8
109,6 115,3 119,2 122,9 127,6 133,3 111,5 113,9
109,7 115,5 119,4 123,5 127,7 133,5 111,6 113,9
109,8 115,8 119,6 123,8 128,1 133,5 111,5 113,9
109,8 115,9 119,6 124,1 128,1 133,4 111,5 114,0
109,5
COEFFICIENTI DI RACCORDO TRA LE VARIE BASI Da base 1966 a base 1970 = 1,3482 (') Da base 1970 a base 1995 = 16,0979 (') Da base 1966 a base 1970 = 1,3514 (“) Da base 1970 a base 1995 = 16,0594 (“) Da base 1966 a base 1976 = 3,3220 Da base 1970 a base 2000 = 17,3374 (') Da base 1966 a base 1980 = 6,7470 Da base 1970 a base 2000 = 17,2960 (“) Da base 1966 a base 1990 = 17,6164
Da base 1976 a base 1980 = 2,0310 Da base 1966 a base 1995 = 21,7034 Da base 1976 a base 1990 = 5,3029 Da base 1966 a base 2000 = 23,3746 Da base 1976 a base 1995 = 6,5332 Da base 1970 a base 1976 = 2,4640 (') Da base 1976 a base 2000 = 7,0363 Da base 1970 a base 1976 = 2,4581 (“) Da base 1980 a base 1990 = 2,6110
Legenda - Da base1970 (anni 1971 e 1972) a base 1970 (anni dal 1973 al 1976) = 1,0024 (') Per gli anni 1971 e 1972 (“) Per gli anni dal 1973 al 1976
Da base 1970 a base 1980 = 5,0044 (') Da base 1980 a base 1995 = 3,2168 Da base 1970 a base 1980 = 4,9924 (“) Da base 1980 a base, 2000 = 3,4645 Da base 1970 a base 1990 = 13,0665 (') Da base 1990 a base 1995 = 1,2320 Da base 1970 a base 1990 = 13,0352 (“) Da base 1990 a base 2000 = 1,3269 Da base 1995 a base 2000 = 1,0770
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Il Seprio
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ISTAT
Gli indici del costo della vita, prezzi al consumo Fonte: ISTAT - Aggiornamento dati disponibili al gennaio 2011 anno gen. Base 1980 = 100 1981 417,15 1982 489,13 1983 569,46 1984 640,69 1985 696,00 Base 1985 = 100 1986 751,42 1987 785,38 1988 824,40 1989 871,36 Base 1989 = 100 1990 926,98 1991 987,11 1992 1047,23 Base 1992 = 100 1993 1092,49 1994 1138,41 1995 1182,20 Base 1995 = 100 1996 1247,75 1997 1281,11 1998 1301,83 1999 1318,89 2000 1346,93 2001 1388,37 2002 1420,07 2003 1457,85 2004 1.487,11 2005 1.510,27 2006 1543,18 2007 1566,34 2008 1.661,44 2009 1635,82 2010 1.657,76 2011 1.661,35
feb.
mar.
apr.
mag.
giu.
lug.
ago
set.
otto
nov.
dic.
anno
424,73 495,58 577,04 647,51 703,20
430,79 500,12 582,34 652,05 708,13
436,85 504,67 588,40 656,60 714,19
442,91 510,35 594,08 660,39 718,36
447,46 515,28 597,49 664,18 722,15
451,25 522,86 603,18 666,45 724,42
454,28 532,33 605,45 668,35 725,94
460,72 539,91 613,41 673,27 728,97
469,81 550,51 623,64 680,09 737,68
477,77 557,71 630,08 684,26 742,99
482,69 561,50 633,11 688,81 747,91
449,73 523,23 601,66 665,31 722,53
756,48 788,27 826,56 878,58
759,37 791,16 830,18 882,92
761,54 793,33 833,07 888,70
764,43 796,22 835,23 892,31
767,32 799,11 838,12 896,65
767,32 801,27 840,29 898,81
768,76 803,44 843,90 900,26
770,93 809,22 848,24 904,60
775,26 816,45 854,74 913,27
778,15 818,62 861,97 916,88
780,32 820,06 864,86 921,21
766,59 802,00 841,80 897,37
933,26 936,85 940,44 943,14 946,73 950,31 956,60 961,98 970,06 976,34 979,93 952,11 996,08 998,77 1003,26 1006,85 1012,23 1014,03 1016,72 1021,21 1029,28 1036,46 1039,15 1013,13 1049,03 1054,46 1058,95 1064,34 1067,93 1069,73 1070,63 1074,22 1080,51 1086,79 1088,59 1067,93 1096,76 1098,90 1103,17 1107,45 1112,77 1117,06 1118,12 1119,19 1126,65 1132,00 1132,00 1112,78 1142,69 1144,82 1148,02 1152,30 1154,43 1157,64 1159,77 1162,98 1169,38 1173,66 1177,93 1156,57 1191,81 1201,42 1207,83 1215,30 1221,71 1222,78 1227,05 1230,26 1236,66 1244,14 1246,28 1218,94 1251,41 1282,32 1305,48 1321,33 1353,02 1393,25 1424,94 1460,29 1.491,98 1515,14 1546,83 1569,99 1615,10 1639,47 1.660,20 1.666,27
1255,07 1283,54 1305,48 1323,77 1356,68 1394,47 1428,60 1465,17 1493,20 1.517,58 1549,27 1572,43 1623,63 1.639,47 1.663,85
1262,38 1284,76 1307,92 1328,64 1357,90 1399,34 1432,25 1467,60 1496,86 1.522,46 1552,93 1.574,87 1627,28 1.643,13 1.669,95
1267,25 1288,42 1310,36 1331,08 1361,56 1403,00 1434,69 1468,82 1499,30 1.524,89 1557,81 1579,75 1635,82 1.646,79 1.671,17
1269,69 1288,42 1311,57 1331,08 1366,43 1405,44 1437,13 1470,04 1502.95 1527,33 1559,02 1583,40 1.643,13 1.649,23 1.671,17
1267,25 1288,42 1311,57 1333,52 1368,87 1405,44 1438,35 1473,70 1504,17 1530,99 1562,68 1587,06 1650,44 1.649,23 1.677,26
1268,47 1288,42 1312,80 1333,52 1368,87 1405,44 1440,79 1476,14 1506,61 1533,43 1565,12 1589,50 1651,66 1.655,32 1.680,92
1272,12 1290,86 1314,02 1337,18 1371,31 1406,66 1443,22 1479,79 1506,61 1534,65 1565,12 1.589,50 1.648,01 1650,44 1.676,04
1273,34 1294,50 1316,46 1339,61 1374,96 1410,31 1446,88 1481,01 1506,61 1537,08 1562,68 1594,37 1648,01 1.651,66 1.679,70
1276,10 1298,20 1317,67 1344,49 1381,06 1412,75 1450,54 1484,67 1510,27 1537,08 1563,90 1600,47 1.641,91 1.652,66 1.680,92
1278,21 1298,20 1317,67 1345,71 1382,28 1413,97 1451,76 1484,67 1510,27 1539,52 1565,12 1.606,56 1639,47 1.655,32 1.687,01
1265,75 1288,42 1311,58 1332,30 1366,43 1403,00 1437,13 1.472,48 1.501,33 1527,53 1557,80 1.584,52 1635,82 1.648,00 1.673,60
N.B.: A partire dal febbraio 1992 l’indice è stato calcolato escludendo dai beni rilevati i tabacchi lavorati ( art. 4, legge 81 del 5 febbraio 1992). Pertanto nei calcoli nei quali intervengano indici precedenti il febbraio 1992 e indici successivi al gennaio 1992, questi ultimi devono essere moltiplicati, per ragioni di omogeneità, per il coefficiente 1,0009.
COEFFICIENTI DI RACCORDO FRA INDICI CON BASI DIVERSE
COEFFICIENTI INTERMEDI
Fra indici con base 1995 e indici con base 1995 e indici con base 1992 = 1,1410 Fra indici con base 1995 e indici con base 1989 = 1,35566 ( da febbraio 1992) Fra indici con base 1995 e indici con base 1989 = 1,3579 ( fino a gennaio 1992) Fra indici con base 1995 e indici con base 1985 = 1,6864 Fra indici con base 1995 e indici con base 1980 = 3,2160 Fra indici con base 1995 e indici con base 1976 = 6,0192 Fra indici con base 1995 e indici con base 1970 = 12,1385 Fra indici con base 1995 e indici con base 1966 = 13,5620 Fra indici con base 1995 e indici con base 1961 = 17,3036
1992/1961 = 15,1653 1992/1976 = 5,2754 1992/1989= 1,1901 1989/1966 = 9.9877 1989/1980 = 2,3685 1985/1966 = 8,0416 1985/1980 = 1,9070 1980/1970 = 3,7743 1976/1966 = 2,2531 1970/1966 = 1,1173
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Il Seprio
1992/1966 = 11,8861 1992/1980 = 2,8186 1992/1989 = 1,1890 1989/1970 = 8,9394 989/1985 = 1,2420 1985/1970 = 7,1976 1980/1961 = 5,3803 980/1976 = 1,8716 1976/1970 = 2,0166 1966/1961 = 1,2758
1992/1970 = 10,6385 1992/1985 = 1,4780 1989/1961 = 12,7432 1989/1976 = 4,4328 1985/1961 = 10,2602 1985/1976 = 3,5691 1980/1966 = 4,2169 1976/1961 = 2,8747 1970/1961 = 1,4255
Per calcolare l’aggiornamento di un canone : moltiplicare l’indice attuale per l’eventuale coefficiente di raccordo e dividere per l’indice iniziale : moltiplicare il risultato per il canone iniziale ( aggiornamento 100%). Per calcolare la variazione dell’indice costo della vita, moltiplicare l’indice attuale per l’eventuale coefficiente di raccordo e dividere per l’indice inziale; sottrarre 1 dal risultat. Per l’aggiornamento del 75% moltiplicare ulteriormente per 75%. Esempio : indice iniziale gennaio 1980 172,6 (base 1976) -indice finale gennaio 1992 116,7 (base 1989) coefficiente di raccordo ( tra base 1989 e base 1976) 4,4328. ( 116,7 x 4,4328) ---------------------x 75% = 149,7861 % aumento percentuale da applicare. ( 172,6)
-
ISTAT
Le variazioni degli indici mensili Qui di seguito le variazioni annuali maturate, in ciascun mese rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente, previste dall’art. 24, della legge 392/1978 per immobili urbani adibiti ad uso abitazione e dall’art. 32 – modificato dall’art. 1, comma 9-sexies, della legge 118/1985 – per immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione. Fonte: ISTAT
Aggiornamento dati disponibili al gennaio 2011
MESE
Periodo di tempo Fine periodo ANNO MESE
Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio
2009 2009 2009 2009 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2010 2011 2011
Gazzetta Ufficiale Inizio periodo ANNO
Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio
2008 2008 2008 2008 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2009 2010 2010
ISTAT
Istat al 75%
N°
Data
0,1 0,2 0,7 1,0 1,3 1,3 1,5 1,6 1,5 1,3 1,7 1,5 1,6 1,7 1,7 1,9 2,2 2,3
0,075 0,150 0,525 0,750 0,975 0,975 1,125 1,200 1,125 0,975 1,275 1,125 1,200 1,275 1,275 1,425 1,650 1,725
247 271 302 22 49 68 91 116 143 170 198 223 249 273 301 18 48
23.10.2009 20.11.2009 30.12.2009 28.01.2010 01.03.2010 23.03.2010 20.04.2010 20.05.2010 22.06.2010 23.07.2010 25.08.2010 23.09.2010 23.10.2010 22.11.2010 27.12.2010 24.01.2011 28.02.2011
Nella tabella qui sotto le variazioni biennali maturate in ciascun mese rispetto al corrispondente mese del biennio precedente, ai fini dell’originario testo dell’art. 32, della legge 392/1978. Sono applicabili fino ad esaurimento dei rapporti pendenti, cioè fino a marzo 1986 in quanto dall’aprile 1986 è entrato a regime il nuovo testo dell’art. 32, introdotto dall’art. 1, comma 9-sexies, della legge 118/1985, che prevede l’aggiornamento annuale. L’aggiornamento biennale continuerà ad applicarsi solo se in tal modo è convenuto nei contratti di locazione.
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Gazzetta Ufficiale Inizio periodo ANNO
Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio
2007 2007 2007 2007 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2009 2009
ISTAT
Istat al 75%
N°
Data
3,8 3,6 3,3 3,0 2,9 2,8 2,5 2,6 2,2 1,7 1,6 1,8 1,7 1,9 2,4 2,9 3,5 3,6
2,850 2,700 2,475 2,250 2,175 2,100 1,875 1,950 1,650 1,275 1,200 1,350 1,275 1,425 1,800 2,175 2,625 2,700
247 271 302 22 49 68 91 116 143 170 198 223 249 273 301 18 48
23.10.2009 20.11.2009 30.12.2009 28.01.2010 01.03.2010 23.03.2010 20.04.2010 20.05.2010 22.06.2010 23.07.2010 25.08.2010 23.09.2010 23.10.2010 22.11.2010 27.12.2010 24.01.2011 28.02.2011
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