Anno VIII | numero 4 Luglio | Agosto 2016 ISSN 2283-9356
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2 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
Sommario 56 Formare il personale per il successo aziendale
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L’editoriale
5 La sicurezza nei luoghi di lavoro e l’interdipendenza dei soggetti chiamati a garantirla.
60 SAIE 2016 partecipa ai 70
Violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza.
anni di ANCE
VIGILANZA PRIVATA. Approvato lo Statuto dell’Ispettorato nazionale del lavoro
63 AMBIENTE LAVORO:
l’iniziativa dedicata alla salute e sicurezza sul lavoro della piattaforma SAIE
COMPLIANCE DAYS 2016 - Milano -26 e 27 maggio 2016 Come assicurare che datore di lavoro, dirigenti e preposti dell’impresa affidataria siano adeguatamente formati? ….. dalla Commissione Interpelli ! Avezzano: convegno aifes sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
17 Antincendio | Fernando Cordella
20 Spazio Confinato | Adriano Paolo Bacchetta
28 Psicologia del Lavoro | Piergiorgio Frasca
40 Piattaforme PLE | IPAF Italia
44 Sicurezza Macchine | Massimo Granchi, Christian Trinastich
49 Formazione sulla Sicurezza sul Lavoro | Mario Romeo
54 Medicina del Lavoro | Giovanna Pirana
56 Sicurezza Macchine Agricole | Eugenio Valsoaney
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L’editoriale Buongiorno a tutti care lettrici e cari lettori, Nella prima parte vorrei segnalarvi alcuni dati riportati dall’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Inail, ha pubblicato il 22 giugno la sua annuale relazione circa all’andamento degli infortuni. La tendenza generale che emerge è in linea con i dati registrati negli ultimi anni, e mostra una flessione del 4% delle denunce di infortunio sul lavoro, dato positivo, mentre si rileva un incremento del 1,7% rispetto al 2014 di casi riconosciuti come casi mortali. Le campagne di sensibilizzazione e le continue notizie di morti sul lavoro non bastano quando ci sono ancora dipendenti, datori o altre figure che considerano i corsi di formazione e sicurezza una “perdita di tempo”. Per cambiare questo paradigma è intervenuto lo Stato in diverse occasioni negli ultimi anni, con leggi che impongono ai datori di lavoro di adottare tutte le misure di sicurezza, compresi corsi formativi per i dipendenti. Quindi spesso sono gli stessi dirigenti e datori a promuovere e incoraggiare la formazione, anche allo scopo di evitare sanzioni... Ma è proprio qui che diventa necessaria, nel momento in cui si sottovaluta l’importanza della sicurezza e dell’igiene sul lavoro, nel momento in cui si abbassa la guardia, perché finché ci sarà anche un solo morto per il lavoro, sarò una sconfitta per tutte le istituzioni. Interessante l’iniziativa promossa dall’Associazione ANML, denominata “Tour per la sicurezza sul lavoro”, dove alcune persone appartenenti alla stessa associazione che hanno subito infortuni permanenti si son fatti diversi chilometri attraversando l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento.
Visto che parteciperemo alla fiera agricola dell’Agricoltura a Bergamo come avviene oramai da cinque anni, l’argomento inerente la sicurezza nell’utilizzo delle macchine agricole diventa dominante nell’occasione, sarà interessante confrontarci con autorità, esperti e produttori, per comprenderne le criticità e le eventuali soluzioni.
Gaspare Vannicola Direttore Responsabile
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La sicurezza nei luoghi di lavoro e l’interdipendenza dei soggetti chiamati a garantirla a cura di Arianna De Paolis - Presidente AIFES
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pesso le indagini effettuate a seguito di infortuni o malattie professionali evidenziano azioni insicure dovute ad una mancata o insufficiente formazione specifica sui rischi propri della mansione svolta dai lavoratori interessati dall’evento. Non è infatti un caso che il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, una volta imputato prevalentemente alla scarsa sicurezza intrinseca degli impianti tecnologici o delle attrezzature, di fatto è influenzato da una serie di concause, di cui una parte significativa è riferibile ai comportamenti. L’impianto normativo e regolamentare che disciplina la materia, dal canto suo, introduce un’importante novità sul modo di intendere e fare formazione, privilegiando un approccio interattivo che comporti la centralità del lavoratore nel percorso di apprendimento. Tra le misure che promuovono la prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’attività di formazione
dei lavoratori assume quindi un ruolo fondamentale proprio in quanto può modificare i comportamenti, riducendo (ma non eliminando del tutto!) così le occasioni di rischio. In questa direzione il concetto di formazione al quale AIFES si ispira da sempre, non si accontenta di portare il lavoratore a fare le cose giuste, ma mira a sviluppare una capacità di pensare ed agire in maniera flessibile al variare delle circostanze. L’aggiornamento dei lavoratori, allora, può essere una concreta occasione per integrare la formazione tecnica di base ed agire sulle capacità dei lavoratori di fronteggiare il c.d. “rischio residuo”. Una corretta ed efficace interdipendenza e collaborazione dei soggetti chiamati a garantire la formazione, diventa quindi elemento fondamentale in questa mission che impegna non solo gli organismi centrali ma anche, se non soprattutto, quelli territoriali a partire dagli Organismi Paritetici Territoriali (OPT). Non è certo un caso, infatti, che AIFES abbia attivato un virtuoso percorso iniziato con l’adesione alla confederazione ANPIT (firmataria di innumerevoli CCNL), proseguito con la collaborazione con ENBIMS ed ENBIC (Ente Nazionale Bilaterale Confederale costituito ad iniziativa di CISAL, ANPIT ed altre associazioni di categoria) e culminato con il recente accordo interconfederale finalizzato a dare applicazione a quanto previsto dal D.lgs. 9 aprile 2008 n.8 e s.m.i., anche attraverso l’istituzione e la valorizzazione diffusa delle Rappresentanze dei lavora-
tori per la sicurezza Territoriali e di sito produttivo. La formazione di questa delicata figura sarà erogata in conformità all’art.22 dell’accordo interconfederale del 3/07/2012 ovvero attraverso AIFES, soggetto formatore ed associazione professionale riconosciuta dal MISE, in possesso di idonei registri professionali per i rappresentanti della sicurezza territoriali e di sito produttivo. Un’ulteriore conferma dell’affidabilità della nostra associazione e della sua capacità di connettersi con gli altri soggetti chiamati ad assicurare una formazione di qualità lì dove serve: nei luoghi di lavoro. Il binomio “pariteticità e territorialità” diventa quindi asse portante e infungibile. Forti di questa consapevolezza, abbiamo intenzione di sostenere con forza una sempre più estesa ramificazione degli OPT, investendo sulla sperimentata professionalità e disponibilità di tutte le nostre articolazioni territoriali. Si tratta di una sfida importante ma alla nostra portata, per dotarci sempre più di organismi snelli, professionali e di immediato riferimento, per programmare, in uno specifico ambito territoriale e/o produttivo, le necessarie e specifiche attività formative, elaborare e raccogliere buone prassi per la prevenzione degli infortuni, sviluppare azioni per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro ed assistere le imprese nell’attuazione degli adempimenti di sicurezza, nell’ambito del perimetro definito anche dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato all’unità produttiva.
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Violazione da parte del datore
di lavoro dell’obbligo di sicurezza:
il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di continuare a lavorare
a cura della Redazione AIFES
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o ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con una recente sentenza. Nel caso di specie, alcuni dipendenti addetti all’assemblaggio delle portiere delle auto hanno citato in giudizio il datore di lavoro esponendo che, a causa della caduta di diverse portiere, si erano rifiutati di proseguire il lavoro sino a quando l’azienda non avesse messo in sicurezza l’impianto. Dopo l’intervento della squadra di manutenzione avevano ripreso regolarmente l’attività di assemblaggio, ma l’azienda aveva ritenuto di dover decurtare dallo stipendio la quota di retribuzione corrispondente alla durata della sospensione del lavoro. I lavoratori chiedevano quindi la condanna della società a rimborsare quanto era stato loro indebitamente trattenuto, ponendo a fondamento della loro azione ex art. 1460 c.c. l’inadempimento datoriale per violazione dell’art. 2087 c.c.. La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sulla questione, nel confermare la pronuncia di merito, ha precisato che “... ai sensi dell’art. 2087 c.c. è obbligo del datore di lavoro assicurare condizioni idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. La violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo in autotutela l’inadempimento altrui. Inoltre, in questi casi, secondo la più recente giurisprudenza di
legittimità, il lavoratore conserva il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore (Cass. n. 6631 del 2015).” Ciò posto, costituisce consolidato principio di legittimità quello secondo cui la valutazione della gravità dell’inadempimento contrattuale è rimessa all’esame del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici e giuridici. E nel caso in esame il giudice di secondo grado aveva correttamente rilevato che “la gravità di tale evento, in correlazione con gli obblighi di sicurezza e di prevenzione gravanti sul datore di lavoro,
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era desumibile dalla circostanza, riconosciuta dall’azienda medesima, che la caduta di una portiera avrebbe potuto provocare seri danni all’addetto che ne fosse stato investito. Sotto il profilo della proporzionalità della reazione, peraltro, la sospensione della prestazione si era protratta per il tempo strettamente necessario per consentire l’intervento dei manutentori, dopo di che i lavoratori, rassicurati dall’intervento aziendale, avevano ripreso a lavorare”. Ragion per cui ai lavoratori è stata restituita la quota parte di retribuzione illegittimamente decurtata in busta paga.
VIGILANZA PRIVATA:
LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI a cura di Paolo Varesi - Esperto in contrattazione collettiva e mercato del lavoro Esperto in discipline giuridico prevenzionali Manager della Sicurezza
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a recente partecipazione al dibattito sull’evoluzione del sistema della vigilanza privata, in occasione del “Compliance Days 2016”, mi offre l’opportunità di condividere alcune riflessioni sul tema della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali per i dipendenti degli istituti di vigilanza . Soprattutto negli ultimi anni il settore della vigilanza privata ha subito una lenta e progressiva evoluzione sia sotto il profilo sociale che regolamentare. La crescente esigenza di sicurezza amplificata da cruenti fatti di cronaca e più in generale dal pericolo attentati di natu-
ra terroristica; ed ancora la progressiva cessione di compiti da parte delle forze di polizia istituzionali, sottoposte ad una profonda e discutibile “spending review” che ha visto la soppressione del Corpo Forestale dello Stato, hanno offerto al sistema della vigilanza privata l’opportunità di presentarsi al “grande pubblico” coma un forza di polizia sussidiaria, affidabile e professionale. Non tutto è fatto e le sfide da superare sono ancora molte, ma il cammino è comunque avviato. Una grande contributo alla causa è stato certamente offerto dalla Corte di Giustizia Europea che ha costretto il legislatore
italiano a svecchiare la normativa previgente, improntando il settore a principi di libertà di concorrenza ma soprattutto fissando requisiti minimi indispensabili per poter svolgere l’attività di vigilanza privata e regolamentando gli aspetti del lavoro svolto dagli istituti di vigilanza. La materia, già innovata dal DPR n.153 del 4 agosto 2008, ha visto l’emanazione di specifici decreti ministeriali, primo tra tutti il n.259 del 1 dicembre 2010. Di particolare interesse, per le finalità di questa riflessione, appare la disposizione contenuta nel punto 3.3 dell’allegato A del decreto ministeriale intitolato “requisiti minimi di qualità degli istituti di vigilanza”, con cui si fissa l’obbligo per l’impresa di dimostrare il rispetto di una serie di requisiti e tra questi “gli obblighi derivanti dall’applicazione del contratto collettivo nazionale di categoria e della contrattazione territoriale di secondo livello “. La centralità del CCNL è richiamata nel medesimo Allegato A, quando al fine di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza, si decreta che l’azienda deva avere come parametro di riferimento “le tabelle del costo del lavoro delle guardie particolari giurate sulla base della determinazione degli oneri derivanti dall’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e degli integrativi territoriali, fissate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali”. Così come nell’allegato D è espressamente previsto che il titolare dell’Istituto di vigilanza debba “impiegare le guardie giurate esclusi-
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Vigilanza privata: la prevenzione degli infortuni e malattie professionali
“Impiegare le guardie giurate esclusivamente nei servizi per i quali l’istituto è autorizzato, previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti di istituti di vigilanza privata”.
vamente nei servizi per i quali l’istituto è autorizzato, previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti di istituti di vigilanza privata” . Dalla lettura delle norme richiamate, emerge come il legislatore abbia voluto anzitutto indicare il CCNL di riferimento per tutti gli operatori del settore, individuato esclusivamente nel CCNL per i dipendenti degli istituti di vigilanza privata, effettuando in tal modo un collegamento inscindibile con l’attività svolta dal singolo lavoratore e non con il contesto in cui essa si esercita. Così ad esempio, la guardia giurata che svolge attività di vigilanza presso una cooperativa di pulizie dovrà essere soggetta al CCNL della vigilanza privata e non al più sfavorevole CCNL delle cooperative di servizi, né potrà essere impiegato in servizi ultronei rispetto quelli contrattualmente previsti (Vigilanza privata, aspetto giuslavoristici del nuovo DM sulla capacità tecnica - Matteo Ariano - Dpl Venezia). Per propria natura il CCNL del settore della vigilanza privata presenta diverse forme di lavoro e tipologie di orario, caratterizzate da forti elementi di flessibilità ed imprevedibilità determinati dalle contingenti esigenze dell’utente, oltre che qualificate forme di retribuzione incentivanti la produttività e la compensazione del basso salario. Questa organizzazione del lavoro non può che avere evidenti ricadute di carattere prevenzionale dovendosi, nella valutazione dei rischi, tener conto della specifica ti-
pologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro. Ciò malgrado, in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali i CCNL di lavoro di riferimento, sembrano mostrare un basso interesse sugli effetti, soprattutto di carattere psicosociale, che tale attività determina nei confronti dei lavoratori, troppo spesso al centro di cruenti fatti di cronaca: sindrome da stress correlata; sindrome da Burnout, patologia da mobbing correlata, ecc.. Nella stesura del testo, le parti pur richiamando più volte il processo di cambiamento intervenuto negli ultimi anni, si concentrano esclusivamente su aspetti economici ed organizzativi di settore, dedicando alla sicurezza sul lavoro poche righe in cui “viene confermata la centralità del CCNL in merito alle soluzioni che verranno individuate ed alle metodologie riguardanti le relazioni sindacali previste negli accordi applicativi del Decreto Legislativo 81/08. Ai sensi degli articoli specifici del decreto legislativo 81/2008 all’ente bilaterale viene assegnato il compito di orientare e promuovere iniziative informative e formative nei confronti dei lavoratori”. Dal loro canto gli enti bilaterali, sembrano mostrare interesse prevalente nei confronti delle materie tipiche dell’attività degli enti, di cui alla legge 14 febbraio 2003 n.30 s.m.i., trascurando invece i compiti propri degli organismi paritetici, previsti all’art.51 del D.lgs. 9
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aprile 2008 n.81, e comunque limitandosi a realizzare e pubblicare materiale informativo. L’osservazione delle informazioni fornite non consente di dare alcuna rilevanza oggettiva all’attività dell’ente in quanto organismo paritetico, così come non viene proposta alcuna relazione sull’analisi dei fabbisogni formativi in funzione dell’andamento infortunistico e all’incidenza della malattie professionali in relazione agli specifici compiti svolti dagli operatori. Concludendo, quello della vigilanza privata si presenta come un settore in piena fase evolutiva che però risente molto degli andamenti economici del mercato e della forte concorrenza tra istituti , elementi che possono indurre a sottovalutare i corretti adempimenti in materia di valutazione dei rischi per i lavoratori e l’individuazione di idonee e complete misure di prevenzione e protezione di infortuni e malattie professionali.
Approvato lo Statuto
dell’Ispettorato nazionale del lavoro Fonte: Consiglio dei Ministri
N
el Consiglio dei Ministri del 29 aprile 2016 è stato approvato, con esame definitivo, il decreto del Presidente della Repubblica recante approvazione dello statuto dell’Ispettorato del lavoro. Nello specifico, il decreto recante lo Statuto viene emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, prevede l’istituzione di una agenzia unica delle ispezioni del lavoro, denominata “Ispettorato nazio-
nale del lavoro”. L’Ispettorato è disciplinato dal decreto legislativo 149 del 14 settembre 2015 e avrà il compito di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, e la funzione di coordinare, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, svolgendo le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’INPS e dall’INAIL. L’Ispettorato, come previsto dall’articolo 1 dello schema di decreto, ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotato di autonomia organizzativa e contabile
ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Nello specifico lo schema di statuto, composto di 13 articoli, ha l’obiettivo di individuare i fini istituzionali dell’Ente, declinare le competenze degli organi, definire le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimenti contabili. Gli organi dell’Ispettorato sono: il direttore; il consiglio di amministrazione; il collegio dei revisori. Restano in carica tre anni rinnovabili per una sola volta.
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COMPLIANCE DAYS 2016 Milano -26 e 27 maggio 2016 a cura di Redazione AIFES
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ncora una volta il Compliance Days si conferma come momento d’incontro nazionale tra le Aziende ed i Professionisti certificati KHC. La “Comunità della Normazione e della Compliance” si è riunita nella due giorni di Milano, con lo scopo preciso di diffondere il rispetto dei «requisiti di compliance» che si declinano in norme, leggi e regolamenti che , se efficacemente applicati dalle aziende stesse, possono portare ad un oggettivo vantaggio competitivo, in un mercato che non potrà più prescindere da regole condivise.
secondo “l’Attestato di Qualità quale strumento di qualificazione professionale e deontologica “ ed infine “ Il ruolo e le responsabilità dei soggetti formatori in caso di formazione non sufficiente e non adeguata”. Il nostro desk inoltre ha distribuito moltissimo materiale ai tanti professionisti che si sono susseguiti, illustrando l’attività dell’Associazione e i tanti successi sul territorio a partire dall’accreditamento presso la regione Piemonte e la regione Sicilia, oltre che il riconoscimento da parte del MISE della qualità di associazione professionale.
Un successo, preannunciato già dalla stampa, che non ha tradito le aspettative della vigilia. I partecipanti si sono confrontati con 80 relatori negli 8 Convegni Nazionali e in 3 seminari, e si è potuto ottenere fino a 58 ore di aggiornamento con crediti. L’accesso al centro congressi è stato caratterizzato da una fila tale da occupare l’intera Piazza Città di Lombardia. Aifes come al solito si è messa in luce come una delle migliori associazioni professionali. I nostri relatori hanno presentato diversi seminari che hanno colto nel vivo l’interesse dei partecipanti. Il primo ha toccato il tema della “Prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nel settore della vigilanza privata”, il 10 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
Il tema della qualificazione dei soggetti formatori e la loro capacità di assumersi il peso della responsabilità legale e morale di chi svolge un ruolo così importante rappresenta il “leitmotiv” di Aifes. I datori di lavoro troppo spesso sono indotti in errore da azioni pubblicitarie che li portano a fidarsi di persone prive di requisiti formali e sostanziali con gravi ricadute su se stessi e sulla propria azienda per gli effetti che si generano in caso di infortunio grave. Per questo motivo Aifes, da sempre, certifica la propria competenza e le proprie procedure operative.
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Come assicurare che datore di lavoro, dirigenti e preposti dell’impresa affidataria siano adeguatamente formati? a cura di Redazione AIFES
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on il recentissimo parere nr. 7/2016 la Commissione Interpelli ha fornito esaurienti indicazioni in merito alle “modalità con le quali assicurare l’attuazione degli obblighi in capo al datore di lavoro ai sensi dell’art. 100, co 6-bis, del d.lgs. n. 81/2008”. In particolare ci si chiede con quali modalità il committente ovvero il responsabile dei lavori “possono assicurare che il datore di lavoro dell’impresa affidataria abbia provveduto a formare adeguatamente il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 81/2008”. Al riguardo va premesso che l’art. 100, co 6-bis, del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che “il committente o il responsabile dei lavori, se nominato, assicura l’attuazione degli obblighi a carico del datore di lavoro dell’impresa affidataria previsti dall’articolo 97 comma 3-bis e 3-ter. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si applica l’articolo 118, comma 4, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo”. L’art. 97, co 3-ter, del d.lgs. n. 81/2008 prevede “per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, il datore di lavoro dell’impresa affidataria, i dirigenti e i preposti devono essere in possesso di adeguata formazione”. L’art. 90, co 9, del d.lgs. n. 81/2008 obbli-
ga il committente o il responsabile dei lavori ad effettuare la verifica tecnico professionale delle imprese (affidatarie ed esecutrici) e dei lavoratori autonomi secondo le modalità stabilite all’allegato XVII del medesimo decreto. Tutto ciò premesso la Commissione ha inteso ribadire che in relazione alla verifica dell’obbligo di cui all’art. 97, co 3-ter, del decreto in parola, occorre evidenziare che il legislatore non ha stabilito il livello di formazione minima degli addetti all’attuazione del citato art. 97. Pertanto si ritiene che il committente o il responsabile dei lavori, acquisendo attraverso la verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese (allegato XVII d.lgs. n. 81/2008) “il nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche mansioni, incaricati per l’assolvimento dei compiti di cui all’articolo 97”, dovrà verificarne l’avvenuta specifica formazione con le modalità che riterrà più opportune, anche attraverso la richiesta di eventuali attestati di formazione o mediante autocertificazione del datore di lavoro dell’impresa affidataria. Fin qui il parere della Commissione Interpelli. In questa delicata materia, però, pur consapevoli del ruolo fondamentale svolto dall’impresa affidataria a mente dell’art. 97 del d. lgs. 81/08 per la gestione della sicurezza nel cantiere – basti pensare alla verifica tecnico professionale del subappaltatore o alla verifica di congruenza dei piani operativi
12 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
o, ancora, alla verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e all’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento – ci limitiamo a prendere atto del contenuto letterale del parere espresso dalla Commissione, senza però esimerci dal sottolineare che il diretto richiamo allo strumento dell’autocertificazione, seppur formalmente legittimo, non sempre garantisce il corretto e puntuale assolvimento degli obblighi previsti in materia i quali, nel caso di specie, potranno essere per l’appunto solo autocertificati. Ci sia consentito, perciò, di mantenere aperto questo punto di domanda: un’autocertificazione può adeguatamente assicurare “l’avvenuta specifica formazione” ? Tenuto conto, da un lato della finalità della norma e dei primari diritti, valori e interessi che essa intende preservare e, dall’altro, dei dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali diretta conseguenza proprio di una scarsa e del tutto assente formazione in materia di tutela della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, riteniamo che l’autocertificazione potrebbe non essere sufficiente.
….. dalla Commissione Interpelli ! a cura di Redazione AIFES
1. In caso di
distacco del lavoratore la
2. E’ possibile erogare ai lavoratori la
sorveglianza sanitaria spetta alla società
formazione specifica in modalità e -learning?
studi associati degli infermieri ?
3. Il
Tenuto cono delle previsioni di cui all’art. 37, comma 1 del d. lgs. 81/08 e dell’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 che, al p. 3, stabilisce chiaramente che “… sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’allegato 1 l’utilizzo delle modalità di apprendimento e-learning è consenito per la formazione generale dei lavoratori ..”, ne consegue che “.. la formazione specifica dei lavoratori NON può essere erogata in modalità e-learning salvo nel caso di <<progetti formativi sperimentali, eventualmente individuati da Regioni e Province autonome nei loro atti di recepimento del presente accordo, che prevedano l’utilizzo delle modalità di apprendimento e.learning anche per la formazione specifica di lavoratori e dei preposti.”
Gli infermieri associati devono essere considerati “lavoratori”, come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del decreto legislativo 81/08, qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica. Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione.
decreto
81/08
è applicabile agli
distaccante o distaccataria?
In caso di distacco dei lavoratori gli obblighi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro incombono, in modo differenziato, sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco che sul beneficiario della prestazione (distaccatario). Sulla base della normativa indicata in premessa, sul primo grava l’obbligo di “informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato” Al secondo (distaccatario) spetta invece l’onere, a norma del medesimo articolo, di ottemperare a tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro inclusa, quindi, la sorveglianza sanitaria.
| 13
AVEZZANO:
CONVEGNO AIFES SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO a cura di Redazione AIFES
A
d aprire l’evento è stato il “padrone di casa” dr. Marco D’Aurelio, amministratore unico del Consorzio “Alta Formazione e Sicurezza”, recentemente accreditato presso la regione Abruzzo, che ha illustrato le peculiarità del territorio marsicano e le specifiche necessità di questo particolare sito produttivo. A seguire la Presidente Arianna De Paolis ha auspicato che in questo contesto di vera e propria emergenza vi sia un sempre maggior coinvolgimento dei datori di lavoro, una migliore collaborazione degli organismi paritetici e, più in generale, dell’intero sistema contrattuale, che deve poter contare anche su una migliore qualità della formazione non solo dei lavoratori ma di tutti i soggetti del sistema prevenzionale, per concorrere sinergicamente alla realizzazione
di un efficace impianto complessivo, in grado di “massimizzare e mettere a sistema” lo sforzo per accrescere le conoscenze ed abbattere i rischi di infortunio e di malattie professionali. Con un pizzico di orgoglio, poi, ha portato a conoscenza del percorso intrapreso negli ultimi anni da AIFES e la crescita a livello territoriale con oltre 350 centri formativi dislocati in tutte le Regioni italiane. Successivamente il dr. Paolo Varesi, membro della Commissione consultiva permanente istituita presso il Ministero del lavoro, si è soffermato sul valore legale della formazione e sulla responsabilità dei cosiddetti soggetti formatori. Un tema caldo che desta allarme sociale per gli effetti sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori. Troppi soggetti incompetenti e superficiali caratteriz-
14 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
zano l’ambiente con grave nocumento per i lavoratori e per i datori di lavoro di un percorso formativo non sufficiente e non adeguato, sui quali comunque ricade sempre la responsabilità amministrativa e penale in caso di infortunio o verifica da parte degli organismi di controllo. A seguire il Prof. Fabrizio Bottini, noto docente universitario in legislazione prevenzionale comparata, che ha affrontato il tema della omessa vigilanza, responsabilità dell’organo ispettivo e conclusione del processo Thyssenkrupp. Nel solco di una tradizione che vede AIFES interagire con tutte le istituzioni competenti per materia segnaliamo gli interventi del dr. Eugenio Siciliano (Coordinatore regionale della CONTARP INAIL Abruzzo) e del dr. Nicola Negri (Direttore regionale INAIL Abruzzo) che, con dovizia di particolari e indubbia competenza, hanno illustrato le modalità di accesso agli incentivi e ai finanziamenti stanziati dall’INAIL per la sicurezza, argomentando dettagliatamente sulle nuove procedure per l’ottenimento della riduzione del premio assicurativo INAIL tramite il modello “OT 24”. In chiusura dei lavori è intervenuto il prof. arch. Luciano Leoni (docente presso l’università “La Sapienza” di Roma, che si è soffermato sulla complessa gestione delle “Grandi Opere” ed il ruolo dell’università nel mondo del lavoro.
i
La nostra missione:
Garantire una sicurezza che Salva la Vita!
Associazione LineaVita
Sede operativa: Via Doberdò 22, 20126 Milano Tel/Fax +39 02.89055936 segreteriasoci@lineavita.org www.lineavita.org
L’Associazione Linea Vita è un’Associazione No-Profit che si prefigge lo scopo di divulgare informazioni corrette e fornire formazione adeguata in rispetto alle norme tecniche preposte in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo in difesa degli operatori sottoposti al pericolo di cadute dall’alto durante la loro attività.
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da inviare via email a segreteriasoci@lineavita.org oppure via PEC mail.alv@pec.lineavita.org Nome CogNome ............................................................................................................................................................................................................................ Cf ProfessioNe ............................................................................................................................................................................................................................ T............................................................................................................................................................................................................................ iTolo di sTudio iNdirizzo CiTTà Prov. ............................................................................................................................................................................................................................ Tel fax email ............................................................................................................................................................................................................................
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quota socio sostenitore azienda € 500,00 (cinquecento euro) Servizi offerti: 1) ricezione tessera ALV con Username e Password per l’accesso al portale riservato ai soci 2) ricezione della rivista tecnico-scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza“, rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita 3) partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV 4) partecipazione a due seminari tecnici con lo sconto del 20% 5) pubblicazione dell’indirizzo della società nella pagina soci con indirizzo web 6) usufruire delle convenzioni stipulate con centri di formazione ALV con lo sconto del 15% sul costo del corso
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ANTINCENDIO
Prevenzione incendi negli edifici scolastici
in g.u. (n. 121 del 25/05/2016) le prescrizioni per attuazione scadenzata norme vigenti. a cura di Fernando Cordella - Presidente A.N.P.P.E. VV.F
“
Pescrizioni per l’attuazione, con scadenze differenziate, delle vigenti normative in materia di prevenzione degli incendi per l’edilizia scolastica” è quanto prevede il decreto 12 maggio 2016 del Ministero dell’Interno pubblicato sulla Gazzetta n.121 del 25 maggio 2016 ed entrato in vigore il 26 maggio. Il provvedimento dà attuazione a quanto previsto dall’art. 10-bis del decretolegge 12 settembre 2013, n. 104 recante «misure urgenti in materia di istruzione, universita’ e ricerca», convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, che prevede che con decreto del Ministro dell’interno, tenendo
conto della normativa sulla costituzione delle classi di cui agli articoli 9, 10, 11 e 12 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, sono definite e articolate, con scadenze differenziate, le prescrizioni per l’attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi per l’edilizia scolastica. L’articolo 4 del Milleproroghe (decretolegge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21), prevede che l’adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alle disposizioni di
prevenzione incendi è completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale di cui al richiamato art. 10-bis del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Il decreto all’art. 1 recita “Attuazione, con scadenze differenziate, delle disposizioni di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministero dell’interno del 26 agosto 1992”,gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono adeguati ai requisiti di sicurezza antincendio previsti ai seguenti punti del decreto del Ministro dell’Interno del 26 agosto 1992, entro i termini tempo-
Prevenzione incendi negli edifici scolastici
“Per gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, deve essere presentata la segnalazione certificata di inizio attività”. rali di seguito indicati: a) entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto tutte le scuole attuano le misure di cui ai punti: 7.0-8-9.2-10-12; b) entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto: 1. le scuole preesistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro per i lavori pubblici del 18 dicembre 1975, attuano le misure di cui ai punti: 2.4-3.1-5 (5.5 larghezza totale riferita al solo piano
2.
3.
di massimo affollamento) -6.1-6.26.3.0-6.4-6.5-6.6-7.1-9.1-9.3; le scuole realizzate successivamente all’entrata in vigore del decreto del Ministro per i lavori pubblici del 18 dicembre 1975 ed entro la data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992, attuano le misure di cui ai punti: 2.4-3-4-5-6.1-6.2-6.36.4-6.5-6.6-7.1-9.1-9.3; le scuole realizzate successivamente alla data di entrata in vigore del
18 | Il Notiziario sulla Sicurezza | maggio - giugno 2016
decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992 attuano tutte le misure ivi previste; c) le misure di cui alle lettere a) e b) devono comunque essere attuate entro il 31 dicembre 2016. Il progetto di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, previsto per le scuole di categoria B e C dell’Allegato I allo stesso decreto, deve indicare le opere di adeguamento ai requisiti di sicurezza di cui alle lettere a) e b).
ANTINCENDIO
Al termine degli adeguamenti e comunque entro la scadenza del termine del 31 dicembre 2016, deve essere presentata la segnalazione certificata di inizio attivita’ (SCIA) ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono esentati dall’obbligo di adeguamento qualora siano in possesso del certificato di prevenzione incendi, in corso di validita’,
o sia stata presentata la segnalazione certificata di inizio attivita’ di cui all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Per gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, deve essere presentata la segnalazione certi-
ficata di inizio attivita’, ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, relativa al completo adeguamento antincendio della struttura entro il termine massimo di cui alla lettera c).
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Il DPR 177/2011 e la sorveglianza sanitaria per i lavoratori
addetti ad attività in ambienti confinati a cura di Adriano Paolo Bacchetta
Parte terza
R
iprendiamo l’articolo dei due numeri precedenti. Entrando nello specifico della ricerca, si è rilevato che a livello internazionale i punti di attenzione adottati per la valutazione dell’idoneità sanitaria e la definizione del protocollo per la sorveglianza sanitaria sanitario dei lavoratori addetti a operare nei “confined spaces”, per i quali è stata formulata una specifica proposta applicativa, sono: • Età anagrafica • Caratteristiche antropometriche e soggettive
• • • • • • •
Apparato cardiovascolare Apparato respiratorio Capacità visiva Capacità uditiva Capacità di linguaggio Modalità corporea Apparato neurologico e stato mentale • Assunzioni di farmici. Nel numero precedente abbiamo affrontato tutti i punti fino alla “modalità corporea”; in questo numero tratterò gli ultimi due.
Apparato Neurologico
e
Stato Men-
tale
Le condizioni neurologiche e lo stato mentale sono da considerare il più possibile attentamente poiché un gran numero di malattie neurologiche e psichiatriche possono controindicare il lavoro negli spazi confinati. Episodi di epilessia, atassia, tremori o convulsioni o qualsiasi altra condizione che produce stati alterati di coscienza sono causa d’inidoneità temporanea o permanente, da valutare caso per caso in relazione anche alla documentazione neurologi-
SPAZIO CONFINATO
ca in possesso del lavoratore. La capacità di operare sotto stress e di affrontare condizioni operative diversificate, è essenziale per lavorare negli spazi confinati. In generale, tutte le patologie che possono compromettere la capacità del lavoratore di sopportare spazi angusti o indossare maschere, o possono alterarne il giudizio, la concentrazione o affidabilità, rappresentano controindicazioni alla mansione e richiedono una speciale valutazione. Nell’UNI EN 529:2006, si fa riferimento anche alla necessaria valutazione della compatibilità di quadri clinici di stati di depressione grave o claustrofobia con l’utilizzo di DPI respiratori. Assunzione di Farmaci Per l’idoneità sanitaria è necessario verificare, in caso di assunzione di farmaci, che questi non vadano a influire sulla lucidità e sui tempi di reazione del lavoratore, anche per quanto riguarda le normali mansioni lavorative. Tutti i farmaci antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici e stabilizzanti dell’umore, potenzialmente in grado di provocare sonnolenza, atassia, disturbi della vista e di coordinazione motoria, sono da ritenersi controindicati. Terapie farmacologiche continuative sono da considerarsi non raccomandabili, ma possono essere accettabili secondo lo stato fisico e psicologico del lavoratore su cui è in atto la terapia, per lo svolgimento delle mansioni negli spazi confinati. In ogni caso il Medico Competete dovrà indagare il tema nel colloquio individuale con il lavoratore e valutare, caso per caso, la specifica situazione.
Ai fini della definizione di uno schema complessivo di valutazione preliminare e di sorveglianza sanitaria, è quindi possibile riassumere i principali criteri nelle tabelle seguenti. Come accertamenti diagnostici strumentali da affiancare all’esame obiettivo, sono consigliabili: • Spirometria • Visiotest con test dei colori di Ishiara e test della stereopsi di Lang • Audiometria • Elettrocardiogramma (Tabella III ) Ovviamente, è fondamentale la collaborazione del singolo lavoratore che oltre a segnalare tempestivamente al Medico Competente l’eventuale insorgenza di una delle situazioni sopradescritte, facendosi parte attiva richiedendo una nuova valutazione della propria idoneità alla mansione specifica nel caso in cui, in particolare, durante il periodo intercorrente tra due accertamenti periodici si verifichi una delle seguenti situazioni: • episodio convulsivo o di perdita di coscienza, un disturbo cognitivo, insorgenza di vertigini; • comparsa di disturbi visivi; • prescrizione di terapia farmacologica (soprattutto nel caso si debba protrarre per più di quattro settimane); • periodi di malattia, anche brevi, causati da problemi cardiocircolatori, neurologici o diabete. Per quanto riguarda la periodicità degli accertamenti sanitari per gli addetti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, questa potrebbe essere diver-
sificata in ragione dell’età del soggetto e modulata anche riguardo alle condizioni di salute dello stesso. Nel Regno Unito, ad esempio, è applicato il seguente schema di periodicità: 1. per il personale di età inferiore a 40 anni: verifica d’idoneità sanitaria almeno ogni 3 anni 2. per il personale di età compresa tra 40 e 49 anni: verifica d’idoneità almeno ogni 2 anni 3. per il personale di età superiore ai 50 anni: verifica d’idoneità almeno ogni anno. Un’applicazione possibile, potrebbe prevedere una verifica annuale dell’idoneità, con una modulazione degli esami strumentali definita dal Medico Competente riguardo alle condizioni psicofisiche generali del singolo lavoratore e in funzione delle evidenze ricavabili dalla valutazione dei rischi predisposta in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale. (Tabella IV) Un altro possibile protocollo sanitario di riferimento, è stato proposto dall’ASL di Milano nell’ambito del quaderno tecnico “Attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati” predisposto come parte del materiale informativo predisposto dal Dipartimento Medico di Prevenzione della ASL di Milano - Gruppo di Lavoro sugli Ambienti Confinati costituito da Medici e Tecnici della Prevenzione del Servizio PSAL per EXPO 2015. Nel manuale, rivolto principalmente a chi gestisce attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, di cui al DPR 177/11, sono riportati i riferimenti normativi specifici e
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Il DPR 177/2011 e la sorveglianza sanitaria per i lavoratori addetti ad attività in ambienti confinati
“Per quanto attiene all’idoneità/sorveglianza sanitaria, si ricorda che il Medico Competente deve programmare ed eseguire la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici”.
i requisiti necessari per svolgere queste attività in condizioni di sicurezza. Per quanto attiene all’idoneità/sorveglianza sanitaria, si ricorda che il Medico Competente deve programmare ed eseguire la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici (art.25 comma 1 lettera b D.Lgs 81/08) oltre a valutare, in fase preventiva, l’assenza di controindicazioni allo svolgimento della man-
sione specifica esprimendo il giudizio d’idoneità alla mansione specifica (per iscritto, dandone copia al lavoratore e al datore di lavoro - art.41 comma 6bis). In ambito di sorveglianza periodica, deve controllare lo stato di salute del lavoratore ponendo particolare attenzione a condizioni suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta (art.41 comma 2), oltre a individuare eventuali limitazioni all’utilizzo dei DPI
respiratori durante il lavoro (art.259 comma 1 D.Lgs 81/08). Le informazioni anamnestiche necessarie a valutare lo stato di salute dei lavoratori possono essere utilmente raccolte tramite modelli strutturati che indaghino in maniera sistematica le condizioni d’ipersuscettibilità a carico dei diversi apparati, quale quello riportato di seguito. La scheda di raccolta dei dati, deve rappresentare al Medico Competente il reale stato di salute del lavoratore e, per questo, è da prevedere che reso consapevole delle responsabilità e delle conseguenze civili e penali previste in caso di dichiarazioni mendaci e/o formazione o uso di atti falsi, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 76 del d.p.r. 445/2000 e s.m.i, nonché in caso di esibizione di atti contenenti dati non più corrispondenti a verità, il lavoratore si assuma la responsabilità delle proprie dichiarazioni sottoscrivendo la scheda anamnestica. Secondo i Tecnici dell’ASL, i fattori da tenere in considerazione nell’espressione del giudizio d’idoneità per lavoratori che operano in ambienti confinati, sono: Apparato Cardiovascolare Si tratta spesso di lavori che richiedono un elevato impegno fisico (lavori gravosi, microclima sfavorevole, spazi angusti, eventuale necessità di recuperare colleghi in caso di soccorso…). • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica) • Valutazione rischio cardio - vascolare (algoritmo ISS http://www. cuore.iss.it/valutazione/ • METOD-PRESS.asp) con indicazione a valutazione cardiologica se
SPAZIO CONFINATO
>20% (3-20% da valutare a cura del MC) • Step test 3 min (almeno sufficiente) valuta: app. cardiovascolare, condizioni di allenamento generali, tono muscolare/resistenza arti inferiori (ipertensione mal controllata controindica l’esecuzione dello step test) Apparato Respiratorio Elevato impegno fisico, ridotto tenore di ossigeno, necessità in alcuni casi di indossare DPI specifici per le vie respiratorie o autorespiratori • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) • Presenza di occhiali può rendere difficile l’utilizzo della maschera • Spirometria con FEV1 o FVC <70% pred. richiede ulteriori valutazioni (necessità es. spirometrico da valutare in base a DVR) Apparato Muscoloscheletrico • Gli spazi angusti, la difficoltà di manovra, la possibilità di dover eseguire complesse azioni di recupero di colleghi in difficoltà, rendono necessaria una buona efficienza di tale apparato. • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) • Valutazione clinico-funzionale rachide e arti superiori e inferiori Udito Esiste generalmente la necessità di comunicare con l’esterno tramite mezzi idonei: • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) • Test del bisbiglio (Whisper-test)
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Il DPR 177/2011 e la sorveglianza sanitaria per i lavoratori addetti ad attività in ambienti confinati
•
Audiometria non di routine (a meno di esposizione a rumore) • Protesi acustiche controindicate in ambienti ATEX Apparato Neurologico Necessario indagare tutte le patologie che possano portare a perdita di coscienza improvvisa (es. epilessia, sincopi…) • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) Sistema Psichico Necessario valutare l’attitudine a entrare e permanere in ambienti confinati, escludendo la claustrofobia o altre forme di patologie psichiatriche che possano alterare la capacità di giudizio del lavoratore: • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) • Colloquio specifico col MC • Test di valutazione (molto impegnativi e non sufficientemente indicativi) non necessari in prima battuta Diabete Diabete mal controllato dalla terapia può portare a perdita di coscienza improvvisa: valutare sempre la ricorrenza di questi eventi nel passato, prestare particolare attenzione all’utilizzo d’insulina e sulfaniluree o altri farmaci che possano indurre crisi ipoglicemiche. • Accurata anamnesi (vedi scheda anamnestica pag.23) • Glicemia e Hb glicata (da valutare secondo schema-patenti) • Certificato del diabetologo per soggetti in tp. Insulinica o che utilizzano sulfaniluree
•
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•
Varie Malattie della pelle (es. psoriasi) possono peggiorare in condizioni microclimatiche sfavorevoli o con l’utilizzo d’indumenti non traspiranti che possono rendersi necessari in alcuni casi Soggetti obesi o comunque soggetti >130kg (di raro riscontro vista la tipologia di lavoro) possono richiedere attrezzature particolari e specifiche per il recupero in caso di emergenza Problemi di circolazione periferica (es. Morbo di Raynaud) possono peggiorare in climi freddi e contemporaneo uso di strumenti vibranti Valutare se inserire in anamnesi una domanda sull’assunzione di alcol e droghe.
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Conclusioni Quale che sia lo schema di riferimento che ogni Medico Competente deciderà di adottare per la sorveglianza sanitaria sul personale esposto in tali ambiti lavorativi, è importante l’avvio di un confronto in merito alla valutazione dei rischi professionali presenti negli “ambienti sospetti di inquinamento o confinati”, con particolare riferimento ai requisiti psicofisici che un lavoratore operante in tali ambienti dovrebbe possedere. A livello internazionale, sebbene il tema non sia stato analizzato in modo diffuso e approfondito, è possibile trovare alcune linee guida sull’argomento. La letteratura scientifica internazionale espressamente dedicata alla valutazione dell’idoneità sanitaria per gli addetti a operare nei confined spaces, non è, infatti, particolarmente copiosa a dispetto
SPAZIO CONFINATO
“Questa condizione, necessita un’attenta valutazione da parte del Medico Competente in occasione della collaborazione nell’identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi”.
della rilevanza del problema, anche e soprattutto dal punto di vista prevenzionistico. A livello nazionale, si rileva che non vi è nulla di specifico riguardo alla sorveglianza sanitaria in ambienti sospetti di inquinamento o confinati posto che, sul tema, si fa riferimento all’applicazione del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.. Tuttavia, così come per tutti gli scenari lavorativi per i quali sono da prevedersi rischi specifici, anche per gli “ambienti sospetti di inquinamento o confinati” (e forse a maggior ragione proprio per le peculiarità logistiche e ambientali intrinseche), la gestione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori prevede un puntuale processo di valutazione con: analisi del contesto, identificazioni delle mansioni e dei relativi pericoli, stima e quantificazione del rischio, e, come conseguenza, adozione di misure pre-
ventive idonee a contenere e diminuire il rischio. Tutto questo, senza ovviamente dimenticare la definizione delle caratteristiche psicofisiche d’idoneità alla mansione per gli addetti per la quale il Medico Competente deve poter avere uno specifico protocollo di riferimento. Questa condizione, necessita un’attenta valutazione da parte del Medico Competente, sia in occasione della collaborazione nell’identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi, sia nell’attuare uno specifico profilo di sorveglianza sanitaria che consenta un’idonea azione preventiva oltre che un auspicabile momento formativo per i lavoratori addetti. Tenendo in considerazione anche la trasversalità a diversi settori produttivi, ciascuno con le rispettive peculiarità per l’esposizione ai rischi durante le attività, è possibile identificare alcuni punti di
attenzione nel processo di sorveglianza sanitaria. Questi sono: verifica delle misure antroprometiche compatibili con gli ambienti operativi; assenza di patologie che possano avere conseguenze sulla capacità di tollerare lo sforzo fisico (per cui normale funzionalità cardiocircolatoria e respiratoria, mobilità articolare conservata, buon compenso metabolico), acuità visiva, capacità uditive e di linguaggio tali da garantire una corretta comunicazione per l’applicazione dei protocolli operativi e delle misure di emergenza; lucidità, stato di veglia e sopportazione dello stress nella norma. La verifica di questi parametri, se correttamente applicati alla specificità di ogni singolo operatore, possono fornire un’interessante base per il processo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori addetti a operare in “ambienti sospetti di inquinamento” o confinati, così come identificati dal D.P.R. 177/2011 e s.m.i. Per valutare l’effettiva applicabilità del protocollo sanitario proposto e gli eventuali aspetti economici derivanti, è allo studio l’avvio di una sperimentazione che vedrà la collaborazione di Aziende e Medici Competenti che, nell’ambito della normale sorveglianza sanitaria, proveranno ad applicare sui dipendenti che normalmente operano in questi ambienti, i criteri di valutazione proposti. I risultati ottenuti, consentiranno di comprendere eventuali limiti e/o rigidità dei criteri ipotizzati nel protocollo.
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I nostri servizi Certificazione ascensori DPR 162/99 s.m.i.; Verifica periodica e straordinaria ascensori montacarichie piattaforme elevatrici per disabili DPR 162/99 e s.m.i.; Verifica periodica e straordinaria impianti di messa a terra e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche DPR 462/01; Verifica periodica e straordinaria impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione DPR 462/01; Verifiche periodiche apparecchi di sollevamento materiali, persone ed idroestrattori D.Lgs. 81/08, art 71, comma 11 e All. VII - D.M. 11 aprile 2011. Contattaci presso la sede piĂš vicina: OCERT S.r.l. Torino Sede legale e amministrativa Via Spalato 65/B, 10141 Torino Tel: 011.3191611 - 011.3822752 Fax: 011.3804222 info@ocert.it Alessandria Via IV Martiri 97/B 15122 Casalbagliano (AL) Tel e Fax: 0131.39139 amministrazione.al@ocert.it Novara Via G. Battistini 10, 28100 Novara Tel e Fax: 0321.450759 amministrazione.novara@ocert.it Grottaglie Via Salita Immacolata 6 74023 Grottaglie (TA) Tel e Fax: 099.5628093 areasud-puglia@ocert.it Busto Arsizio Viale Venezia 13 21052 Busto Arsizio (VA) Tel: 0331.1586787 amministrazione.va@ocert.it
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FATICA MENTALE E STRESS a cura di Dott. Piergiorgio Frasca
Parte prima
1. Il sistema uomo-macchina-ambiente l centro dell’interesse dell’ergonomia vi è il sistema uomomacchina-ambiente (U-M-A), un’entità che contiene tutti gli aspetti che interessano i processi di interazione del lavoratore con gli strumenti, le tecnologie, i modelli organizzativi utilizzati per eseguire l’attività lavorativa, nonché il contesto psicosociale in cui l’individuo opera. Il sistema uomo-macchina è un’organizzazione i cui componenti sono degli uomini e delle macchine, tra loro legati da una rete di comunicazioni, che lavorano insieme per ottenere uno scopo comune. Esso concerne tutti gli aspetti che interessano i processi di interazione del lavoratore con gli strumenti e le tecnologie utilizzati per eseguire la sua prestazione lavorativa. Tra l’operatore umano e la macchina si instaura una relazione causale di tipo circolare mediante la quale l’uomo e la macchina interagiscono scambiando informazioni e dando corso ad azioni. L’uomo attraverso i suoi organi di senso (vista, udito, tatto, ecc.) percepisce le informazioni che vengono trasmesse dalla macchina tramite i sistemi di indicazione (display, spie, segnali acustici, ecc.) e pianifica gli interventi da eseguire mediante l’azionamento di organi di comando. In un’ottica ergonomica sia i sistemi di visualizzazione delle informazioni, sia gli organi di comando devono essere adattati alle caratteristiche dell’uomo. Ai sistemi di segnalazione devono pertanto essere garantiti requisiti quali la discriminabilità, la leggibilità, l’interpretabilità delle informazioni trasmesse, mentre i co-
A
mandi dovranno essere facilmente raggiungibili e immediati nell’azionamento. Il sistema U-M-A racchiude al suo interno tre sottosistemi (fig. 1) attraverso i quali è possibile organizzare in modo sistematico le variabili di interesse ergonomico, ovvero l’insieme di relazioni che si instaurano tra l’uomo e la macchina (U-M), tra l’uomo e l’ambiente in cui opera (UA) e tra l’individuo e gli altri membri della struttura organizzativa (U-U). 2 . L’ergonomia cognitiva Nell’arco di circa 60 anni l’ergonomia ha subito una evoluzione che ha attraversato diverse fasi. Nella sua prima applicazione si è posta come tentativo di adattare la macchina e il lavoro all’uomo, avendo al centro della sua attenzione il microcosmo della postazione di lavoro, distinguendosi in due ambiti d’azione: 1. ergonomia di concezione, il cui scopo era la progettazione di nuovi sistemi di lavoro e di sistemi uomomacchina; 2. ergonomia di correzione, il cui scopo era quello di modificare sistemi di lavoro e macchine già funzionanti, per renderle più adatte all’uomo. Verso la metà degli anni ’70 l’oggetto di studio dell’ergonomia si amplia fino a comprendere la relazione tra gli individui e il contenuto del lavoro, definito dalle attrezzature di lavoro, dall’ambiente circostante e dalle caratteristiche organizzative del lavoro. L’interesse si estende quindi agli aspetti ambientali e psicosociali dei luoghi di lavoro, comprendendo tutte le aree produttive e il
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lavoro d’ufficio. Quale conseguenza dell’evoluzione assunta dall’applicazione delle nuove tecnologie e di nuove forme di organizzazione del lavoro in gran parte delle attività umane, nelle quali il lavoro fisico è progressivamente sostituito da lavoro mentale, si sviluppa un nuovo approccio basato sull’attenzione ai processi mentali sollecitati dalle attività lavorative. Si procede pertanto a modificare il modello interpretativo classico dell’ergonomia, basato sulla comunicazione uomo-macchina, che ha dimostrato la sua inadeguatezza a spiegare situazioni complesse come quelle che derivano dall’introduzione delle nuove tecnologie in ambito lavorativo. Queste ultime richiedono al lavoratore un maggiore impegno in termini di regolazione e controllo di processi caratterizzati da livelli di incertezza e di imprevedibilità sempre maggiori. Tutto questo comporta per il lavoratore l’esigenza di dominare sia le nuove conoscenze più sofisticate e sempre aggiornate, sia, soprattutto, di ricorrere ad abilità cognitive complesse che facilitano un’adeguata interpretazione della situazione1. 3 . La “fatica mentale” nel lavoro La fatica, sia fisica che mentale, è una conseguenza di essere sottoposti a carichi di lavoro eccedenti le normali capacità degli operatori e la valutazione dei carichi di lavoro, in particolare quelli mentali, è importante per le seguenti ragioni: • la probabilità di commettere errori aumenta quando l’operatore svol-
PSICOLOGIA DEL LAVORO Figura 1 – Il sistema U-M-A e i suoi sottosistemi di relazioni
“La fatica mentale in questi casi è la conseguenza del dispendio energetico che il cervello deve attuare per dare risposte congruenti agli stimoli provenienti da vari sottosistemi”. ge dei compiti in condizioni che sono al limite delle sue capacità; • quando l’operatore svolge un lavoro in condizioni di sovraccarico mentale per lunghi periodi di tempo, si possono avere reazioni di stress negativo. Il carico di lavoro può essere definito come il rapporto tra la combinazione delle richieste di tipo fisico, emotivo e cognitivo del compito e dell’ambiente di lavoro, fisico e psicosociale, nel quale lo stesso si svolge e le capacità dell’operatore di fare fronte a tali richieste. Il carico di lavoro “mentale” riguarda in particolare le richieste dovute alla componente cognitiva del compito, che, se eccedenti le risorse dei lavoratori possono causare fatica mentale e stress negativo, i cui sintomi tipici sono umore depresso, senso di stanchezza, nervosismo, insonnia, desiderio di sospendere il lavoro. Tra il concetto di carico mentale e quello di stress, vi è una certa affinità, a causa di alcune caratteristiche che li accomunano, al punto che secondo alcuni autori sono due concetti che descrivono fenomeni simili e che possono essere confusi, in quanto: • entrambi identificano una discrepanza tra domanda del compito e risorse dell’operatore; • vi è una grande incertezza su come questa discrepanza può essere risolta; • la discrepanza si traduce nella mo-
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bilitazione di energie. Vi sono tuttavia diversi aspetti che distinguono lo sforzo mentale dallo stress: 1. nel carico mentale la mobilitazione delle energie mentali è focalizzata sull’attenzione e migliora l’efficienza delle prestazioni, mentre sotto stress l’attivazione è disturbata e non duratura, è sempre disfunzionale e riduce l’efficienza. 2. La mobilitazione delle energie tramite gli sforzi mentali è guidata solo dalle richieste del compito ed è limitata al momento in cui il compito viene svolto. Nello stato di stress l’attivazione persiste anche oltre la situazione generata dal compito ed inibisce il recupero delle energie. 3. Lo sforzo mentale è proteso alla esecuzione del compito, mentre nello stress è orientato all’autoprotezione. Sotto sforzo mentale la situazione è vissuta come una sfida e questo stato è accompagnato da emozioni positive e dà luogo ad una “fatica positiva”. Sotto stress la situazione è vissuta come minacciosa e genera strain2 ed emozioni negative. La fatica mentale non si manifesta solo a seguito di compiti che implicano un notevole sforzo di concentrazione, di percezione sensoriale o che richiedono particolari abilità, ma anche nelle attività fisiche e psichiche aventi lunga durata, nei lavori monotoni e/o ripeti-
tivi, nei compiti che richiedono grande responsabilità, nonché nelle attività che si svolgono in condizioni di disagio ambientale e sociale e/o in condizioni potenzialmente dannose per la salute. La fatica mentale in questi casi è la conseguenza del dispendio energetico che il cervello deve attuare per dare risposte congruenti agli stimoli provenienti da vari sottosistemi. Nel lavoro monotono o ripetitivo la fatica mentale si produce a causa dello sforzo che l’operatore deve fare per rimanere attento e sveglio, in una condizione generalmente caratterizzata da disinteresse e scarsa motivazione a causa della povertà degli stimoli che arrivano dall’ambiente esterno ed interno, facendo insorgere uno stato di “fatica da scarso lavoro mentale”. Per contro la previsione di un successo nel lavoro come pure la soddisfazione di un bisogno e la soddisfazione ottenuta attraverso motivazioni estrinseche, possono diminuire il senso di fatica. Il recupero della fatica mentale, al pari della fatica fisica, avviene sospendendo la pressione che causa fatica mediante adeguate pause di riposo. Se gli episodi di fatica accumulati nel tempo non vengono smaltiti con il riposo, può subentrare uno stato di “fatica cronica”, che può portare alla somatizzazione dei disturbi, fino all’insorgenza di vere e proprie malattie psicosomatiche.
N. Chmiel (2000) Lo strain rappresenta la risposta agli stimoli che interferiscono con un essere umano, fino a condizionarlo mentalmente, i cui effetti, a breve termine, risentono di una forte componente psicologica, poiché l’individuo li affronta e li gestisce sulla base delle proprie caratteristiche di personalità e dei propri vissuti. 1 2
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di Dott. Piergiorgio Frasca Servizi di Psicologia del lavoro e sviluppo organizzativo, Formazione e aggiornamento per la sicurezza e salute sul lavoro, Ergonomia
____________________________________________________________________________ Studio Frasca opera da diversi anni nel campo della Psicologia del lavoro e delle organizzazioni applicata alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro offrendo alle aziende servizi qualificati per lo studio e la valutazione dei rischi psicosociali, per l’applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative, per la formazione di dirigenti, preposti e lavoratori in materia di sicurezza e salute sul lavoro. I servizi offerti comprendono: Servizio di valutazione del rischio di stress correlato al lavoro. Assistenza e supporto alle aziende per la definizione e l’attuazione di strategie personalizzate per la prevenzione, il controllo ed il monitoraggio del rischio di stress da lavoro Servizio di monitoraggio sullo stress lavoro correlato Formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori alla sicurezza e salute sul lavoro e sul rischio di stress correlato al lavoro. Valutazione dei bisogni di formazione e dell’efficacia della formazione attuata Progettazione e realizzazione di attività formative Progettazione e realizzazione di interventi di Behavior Safety Valutazione ergonomica delle mansioni e applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative. Valutazione conoscenza e competenza nella lingua italiana per lavoratori stranieri (D.Lgs. 81/08, artt. 36 e 37, comma 13) Servizio di valutazione, intervento e monitoraggio del rischio stress correlato al lavoro Studio Frasca effettua l’intero ciclo di valutazione, intervento e monitoraggio sul rischio di stress da lavoro come prescritto dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. secondo le modalità indicate dalla Commissione Consultiva permanente (CM del 18/11/2010). Per la valutazione dei dati oggettivi sono utilizzate specifiche check-list, mentre per i fattori soggettivi sono utilizzati appositi questionari somministrabili anche on-line. I risultati con la valutazione del rischio riferita ai fattori di rischio del Contesto lavorativo e del Contenuto del lavoro e l’indicazione delle criticità rilevate sono illustrati in una relazione dettagliata e sintetizzati con grafici e tabelle un cui esempio è riportato sotto. Il Servizio viene svolto su tutto il territorio nazionale e su qualsiasi comparto lavorativo, compreso l’ambito sanitario, le costruzioni, la P.A. Di seguito è riportato un esempio di analisi realizzata con il questionario QUERTI SLC.
Test ITALSIC di valutazione della conoscenza e competenza linguistica per lavoratori stranieri In relazione agli adempimenti prescritti dagli articoli 36 e 37, comma 13, del D.Lgs. 81/08 Studio Frasca ha messo a punto il Test ITALSIC espressamente dedicato alla valutazione delle conoscenze e competenze nella lingua italiana con riferimento alla sicurezza e salute sul lavoro. Il Test è di semplice utilizzo e non richiede competenze specialistiche per la somministrazione. Per l’elaborazione dei risultati è utilizzato uno specifico software acquistabile con la prima fornitura del test. Apposite istruzioni guidano l’utilizzatore, ad esempio l’RSPP, in tutte le fasi di impiego. Il Test è acquistabile inviando la richiesta tramite e-mail a Studio Frasca, al quale ci si può rivolgere per ulteriori informazioni. E’ anche possibile la somministrazione del test on line.
Per informazioni sui costi dei servizi, telefonare al n° 348-6507545 o inviare una e-mail all’indirizzo studiofrasca@iol.it o collegarsi al sito www.benessereorganizzativo.eu. Studio Frasca di Dott. Piergiorgio Frasca è a Monza (20052), via Lecco 88 – Tel. 348-6507545. | 21
VERIFICHE IMPIANTI
Il Carrello Semovente Telescopico
Un’attrezzatura dai molti pregi che ne hanno favorito un’ampia diffusione nel mondo del lavoro. a cura di Dott. Ing. Massimo Trolli
L
’attrezzatura di lavoro che oggi è sempre più utilizzata in special modo nei cantieri edili ma anche in molti altri luoghi di lavoro è il sollevatore telescopico, più correttamente definito dalla terminologia adottata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) carrello semovente a braccio telescopico. Il merito di questa popolarità va senz’altro attribuito alla sua versatilità essendo in grado di trasformarsi, tramite i suoi molteplici accessori, da macchina per lo spostamento ed il sollevamento di materiali a capiente piattaforma per il sollevamento di persone. Esso può esser a braccio telescopico fisso (in questa versione esistono modelli che consentono una contenuta rotazione – fino a 5 gradi – del braccio fisso) o a braccio telescopico girevole, senza limiti di rotazione che quindi è possibile effettuare per 360 gradi.
Confronto vincente con le gru di cantiere. Vantaggi economici e burocratici. Chi deve realizzare, o forse è meglio dire, chi ha avuto la fortuna di esser incaricato di realizzare, costruzioni edili caratterizzate da volumi pur consistenti ma di moderata altezza (in genere fino a due piani fuori terra), sempre più frequentemente preferisce utilizzare nel suo lavoro questo mezzo mobile piuttosto che la tradizionale ma statica gru da cantiere, sia essa a torre (o a rotazione alta) o automontante (o a rotazione bassa), rispetto alla quale per esempio esso dà la possibilità di raggiungere ogni angolo dell’area di lavoro, consen-
tendo sia di servire parti di edificio già coperte e quindi non più accessibili con le manovre di una gru e, cosa importantissima, di operare in spazi ugualmente inaccessibili perché al di fuori del raggio d’azione della stessa. Molte altre sono le qualità per le quali il carrello semovente si fa apprezzare. Elenchiamone qualcuna. Oltre che per la versatilità di cui s’è già detto, questa compatta attrezzatura di lavoro si distingue per l’agilità negli spostamenti su ogni tipo di terreno e, per brevi tragitti, anche su strada potendo esser immatricolata con targa, per l’affidabilità dei suoi meccanismi e della sua elettronica, per la funzionalità sempre garantita da un’ampia rete di assistenza specializzata, immediatamente operativa ovunque e capace di ridurre gli eventuali interventi di ripristino al massimo a qualche ora di fermo macchina. I suoi sistemi di sicurezza sono sempre al passo con l’evoluzione della tecnica. Il dispositivo che più si distingue nel rendere sicura questa attrezzatura è quello antiribaltamento che, ricordiamolo, permette l’estensione del braccio sottoposto a carico fintantoché il momento ribaltante dato dal carico per la distanza progressiva di questo dal baricentro del mezzo è equilibrato dal momento stabilizzante tramite il suo peso proprio, opportunamente zavorrato. Il dispositivo suddetto, prescritto dalla norma EN 15000 e reso obbligatorio dall’ottobre 2010 (vedi Circ. MLPS n.° 31 del 24/12/2012), è costituito essenzialmente dal cosiddetto limitatore di momento che in sostanza interviene sui valori
massimi della portata dell’estremità del braccio a seconda della sua estensione e che presenta valori più “permissivi” quando il sollevatore telescopico è posizionato stabilmente su stabilizzatori anteriori (solitamente definiti principali) e, per molti modelli, pure posteriori (definiti secondari), mentre è più “severo” quando il mezzo è posizionato solo su gomme o si sposta col carico, non essendo richiesto logicamente nel trasporto un grosso sbraccio. Piccola digressione: stupisce che nella circolare n. 31 succitata si confermi valido e sufficiente ad libitum l’unico sistema per la stabilità longitudinale del carrello previsto per i mezzi antecedenti l’ottobre 2010 con la norma EN 1459:1998/A1:2006: un dispositivo di allarme acustico o luminoso al posto del limitatore di momento. Le disposizioni contenute nella circolare n. 31 infatti sono in netto contrasto con il principio della massima sicurezza tecnologica possibile ovvero che l’evoluzione della tecnica determina l’individuazione di tecnologie più idonee a garantire la sicurezza, principio in sostanza confermato anche da una recente sentenza di Cassazione Penale (Sez. IV – sentenza n. 3616 del 27/1/2016). Il limitatore di momento, essendo trascorso un più che ragionevole periodo di tempo, considerato che siamo nel 2016, dovrebbe esser imposto anche per i carrelli antecedenti l’ottobre 2010 e gli avvisatori acustici e luminosi dichiarati non a norma, cosa che invece la più volte citata circolare sembra escludere. Riprendendo il confronto con le gru di
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Il carrello semovente telescopico.
cantiere, ovviamente riferendoci al tipo di costruzioni da realizzare a cui prima s’è fatto riferimento, vanno messe bene in evidenza alcune delle principali problematiche che il sollevatore telescopico fa evitare rispetto alla gru, consentendo alcuni vantaggi economici che derivano non solo dall’avere un cantiere immediatamente attrezzato per l’inizio lavori ma da concreti risparmi di quei costi non indifferenti che implica invece il “piazzamento” di una gru. Sappiamo che una gru a torre o a rotazione alta è abbastanza laboriosa da installare in cantiere dovendosi assemblare, solitamente con l’ausilio di costose autogru di solito noleggiate a caldo, pezzo dopo pezzo degli elementi (detti anche tronchi) a formare una struttura verticale a traliccio, zavorrata alla base, che a sua volta andrà unita, quando eretta, ad una struttura orizzontale formata da freccia e controfreccia, anch’esse da comporre pezzo dopo pezzo, che dovrà esser innalzata dall’autogru, compresa la zavorra di contrappeso. Esistono ad onor di cronaca dei tipi di gru a torre (tedesca la più nota) che limitano la necessità delle autogru per il loro montaggio al minimo indispensabile in quanto, dopo che freccia e controfreccia sono state unite, praticamente al livello del piano di posa della gru, ad un tronco di traliccio con l’ausilio dell’autogru, questa è libera di andarsene. L’insieme così assemblato viene poi fatto salire telescopicamente componendo man mano, con argani fissati all’insieme traslante suddetto, i tronchi di traliccio verticali ad esso sottostanti.
E anche una più comoda gru a rotazione bassa cosiddetta automontante, già in gran parte assemblata e ripiegata su se stessa per il trasporto, che, arrivata in loco, sarà in grado di erigersi con proprie manovre sviluppando gli elementi verticali ed orizzontali (che potranno esser questi ultimi anche impennati), richiede non poche attenzioni almeno nella realizzazione del piano di posa su cui la gru andrà installata e su cui andranno posizionate le indispensabili zavorre rotanti da delimitare accuratamente. Teniamo poi presente che sia i pezzi da assemblare per la gru a torre, sia la gru automontante, entrambe con la loro bella zavorra di contrappeso, necessitano di esser trasportati in cantiere per essere lì trasformati in attrezzature da lavoro. E lo scarico ed il posizionamento degli elementi suddetti, oltre che dalla solita autogru, spesso viene effettuato, almeno per ciò che riguarda la zavorra per le gru automontanti, proprio dal sollevatore telescopico. Successivamente, terminato il loro compito, le gru dovranno esser smontate e ritrasportate altrove, nella migliore delle ipotesi in un altro cantiere, altrimenti, sempre se va bene, saranno rimessate in un magazzino. Se va male invece esse saranno allocate in luogo aperto, sottoposte a tutti i tipi di condizioni meteorologiche e quindi al deperimento coatto. Tutti questi problemi e costi il sollevatore telescopico non li ha, se non quello di trovar un contenutissimo spazio in cantiere o altrove dove poter sostare in attesa di riprendere a lavorare.
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Ma proseguiamo con le gru. E’ una realtà che le gru, delle cui due tipologie s’è detto, sempre più non risultino esser di proprietà dell’impresario costruttore. La tendenza infatti di chi ancora riesce a costruire sopravvivendo nella crisi sempre più profonda in cui verte oggi l’edilizia, almeno in Italia, nonostante gli ottimistici e martellanti proclami di crescita in questo settore (ma non solo) diramati dai nostri governanti, è quella di ricorrere, per avere le attrezzature di lavoro indispensabili per realizzare opere edili, al noleggio offerto da aziende specializzate in questa attività. In effetti fino a qualche tempo fa la più ambita dai costruttori edili fra le varie attrezzature era appunto la gru da cantiere che, come ogni attrezzatura noleggiata, era e continua ad esser garantita sotto ogni aspetto riguardante affidabilità, deperimento strutturale, obsolescenza, efficienza, guasti e regolarità nei confronti delle normative di legge più attuali, dalla conformità alle disposizioni europee sulla sicurezza, all’osservanza dei controlli e delle verifiche previste dalle disposizioni nazionali in materia. Ovviamente la garanzia per questi servizi costa e non poco. E’ facile convenire che gli impegni economici del noleggio devono esser indifferibilmente sostenuti da ben precisi introiti derivanti da ciò che l’impresario produce. Ora, venendo meno la buona regola sopraddetta in grado di “mantenere il convento”, entra in crisi tutto il sistema o, meglio, la filiera costituita dall’imprenditore con i suoi operai e dai vari fornitori di ma-
VERIFICHE IMPIANTI
“Sempre più frequentemente quindi, quando l’opera è ben lungi dall’esser conclusa e senza che sia intravista la possibilità di concluderla, non solo la gru viene tolta ma il cantiere chiuso”. teriali e di attrezzature fra cui la ditta noleggiante. Per cause il più delle volte indipendenti da chi conduce un’impresa i contratti stipulati con i fornitori non vengono onorati, con le ripercussioni che possiamo immaginare. Senza entrare nel merito delle cause scatenanti la crisi e sugli effetti devastanti che questa può produrre coinvolgendo impresari, operai e fornitori, bisogna riconoscere che fra le prime zavorre di cui chi sta per affogare tende a liberarsi rientra proprio un’attrezzatura come la gru presa a noleggio. Un’apparecchiatura che più si tiene e più costa senza rendere, essendo il rendimento legato al sostentamento economico di chi ha ordinato il lavoro, ovvero il committente, privato o pubblico, entrato per primo in crisi come spesso oggi accade. Ovvio poi che la ditta noleggiante, mancando la corrispondenza economica, si affretterà a riprendersi l’attrezzatura noleggiata appena le sarà possibile. Sempre più frequentemente quindi, quando l’opera è ben lungi dall’esser conclusa e senza che sia intravista la possibilità di concluderla, non solo la gru viene tolta ma il cantiere chiuso. Vengono così a crearsi quei tristi, desolanti scenari di scheletri o di parvenze di costruzioni abbandonate, visibili in misura rilevante sul territorio, sintomo inequivocabile che le cose non vanno così bene come si vorrebbe far credere. Anche i sollevatori telescopici oggetto dell’argomento che stiamo trattando sono noleggiabili, certo con oneri economici meno gravosi rispetto a quelli di una gru da cantiere, se non altro per il
semplice fatto che un sollevatore non deve esser installato in maniera stabile come le gru da cantiere, apparecchiature composte da un insieme articolato di elementi che seppur definite “trasferibili” dal MLPS sono predisposte per rimanere in uno stesso luogo per un periodo di tempo continuativo e mediamente lungo. Certamente gli impegni “economici/ temporali” del sollevatore, noleggiato o no, sono senz’altro più leggeri rispetto a quelli che implicano le gru tradizionali; l’utilizzo di un sollevatore avviene con molta elasticità in quanto è facilmente adeguabile alle esigenze addirittura giornaliere dell’impresario costruttore il quale, se non ne ha necessità in un determinato cantiere, può far lavorare il sollevatore telescopico altrove, eliminando con una buona gestione i periodi di inattività oppure, in caso di noleggio, potrebbe restituirlo in un battibaleno alla ditta noleggiatrice per il periodo in cui non ne ha bisogno per riprenderselo all’occorrenza, limitando in tal modo i costi. Persino da un punto di vista formale, burocratico per così dire, il sollevatore implica una “ricaduta” più leggera rispetto alle gru tradizionali. Con il suo utilizzo per esempio si evitano gli adempimenti di alcuni obblighi derivanti dal rispetto delle disposizioni sulla sicurezza imposte dal D.lgs. 81/08 per le gru. Pensiamo alle disposizioni che per ogni installazione di gru a torre prevedono la valutazione e la certificazione dell’idoneità del piano d’appoggio; la dichiarazione per ogni installazione da parte di persona
esperta dell’avvenuto montaggio della gru a regola d’arte secondo le istruzioni del Fabbricante; l’esecuzione dell’impianto di messa a terra da predisporre e certificare oltre che per il cantiere anche per la gru, alla stessa stregua dell’eventuale impianto di protezione dalle scariche atmosferiche ad essa riservato; la formulazione di un piano di lavoro o meglio di un capitolo appositamente dedicato nel documento di valutazione dei rischi riguardante l’osservanza delle sicurezze relative sia alla possibile interferenza di una gru con altre gru o altri ostacoli sia alle zone sottostanti il raggio d’azione del braccio della gru, permanentemente pericolose per i lavoratori che vi accedono; gli oneri e la precisa programmazione dei controlli e della manutenzione degli organi funzionali e dei dispositivi di sicurezza di un’attrezzatura di lavoro quale è la gru esposta alle variazioni meteorologiche sia per la durata del cantiere e sia, come s’è detto, anche durante l’eventuale rimessaggio all’aperto e così via. Per contro il sollevatore telescopico, libero dalle suddette incombenze, burocratiche e non, è penalizzato dai limiti imposti dall’altezza del piano da servire. Ovvio che, oltre una certa altezza massima, equivalente s’è detto in genere al secondo piano fuori terra di un edificio, diventa problematico sollevare dei carichi di una certa consistenza perché il braccio del mezzo non arriva e l’estensione massima del braccio, rammentiamo, può esigere per via del limitatore una riduzione della portata consentita. Tuttavia per superare le difficoltà che
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Il carrello semovente telescopico.
“Ma l’accessorio che ancor più fa apprezzare il sollevatore telescopico è senz’altro il cestello o piattaforma o navetta porta persone che trasforma il mezzo in un ponte sviluppabile con le più raffinate sicurezze per le persone sollevate”. l’altezza da raggiungere comporta, il costruttore può ricorrere sia alle autopompe per il getto in cemento prelevato da autobetoniere, di solette e pilastri, sia alle gru installate su autocarri, anch’esse estremamente agili ed incredibilmente soddisfacenti dal punto di vista prestazionale (altezze raggiungibili, portate e raggio d’azione le più importanti). Tanto è vero che la gru su autocarro è oggi ritenuta indispensabile dalle imprese specializzate nella realizzazione di tetti anche di edifici a considerevole altezza: con l’accessorio verricello si trasforma in una gru mobile a tutti gli effetti. L’uso abbinato dei due mezzi mobili in questione, cioè sollevatore e gru su autocarro, può effettivamente far dimenticare i servizi resi dalla gru da cantiere ed anzi superarli in praticità e convenienza. Va però detto che, nonostante le ampie possibilità di noleggio di un sollevatore, chi si occupa almeno in Italia di edilizia, o esercita attività di manutenzione presso terzi o attività di magazzinaggio o chi svolge opere stradali o lavori per conto terzi, preferisce comprarsi il sollevatore o carrello semovente telescopico, appena ne ha la possibilità, spesso ricorrendo a leasing o a forme di acquisto particolarmente agevolate. Grande versatilità data dai molteplici accessori sempre nel rispetto della sicurezza. Per un imprenditore gli elementi determinanti per l’acquisto di un sollevatore sono, oltre al prestigio di annoverarlo fra i mezzi che, per l’immediatezza d’intervento, fanno attribuire all’impresa
apprezzabilità ed ottima reputazione, quelle doti già evidenziate in precedenza, fra le quali l’adattabilità a qualsiasi terreno, la compattezza, l’affidabilità, l’utilizzo estremamente flessibile, il minimo impegno ”burocratico”, ma in particolare la versatilità del mezzo tramite i suoi accessori. Rammentiamo in cosa consistono questi accessori, descrivendone i principali. Essi possono esser costituiti da una benna o pala atta a spostare materiale terroso, macerie, sabbia, all’occorrenza anche neve; da forche, di varie dimensioni, per il sollevamento e lo spostamento di bancali su cui vengono accumulati materiali di qualsiasi tipo (sacchi di cemento/calce, blocchi di laterizio, piastrelle, pannelli isolanti, ecc.), materiali lapidei, ferri d’armatura, qualsiasi oggetto di dimensioni notevoli o di peso a volte superiore alle portate variabili di una gru da cantiere. Teniamo presente infatti che la portata massima di una gru, in entrambe le tipologie operative, per questioni di stabilità diminuisce man mano il carrello che trasla sulla freccia si avvicina alla punta della stessa, mentre la portata del sollevatore durante lo spostamento di un carico da un luogo all’altro è sempre la stessa stabilita dal limitatore inizialmente. La serie degli accessori continua: il braccetto tralicciato (falcone) dotato di argano a fune, consente di posizionare carichi di peso massimo da 600 a 900 chilogrammi (ma anche superiori) in luoghi altrimenti irraggiungibili con la gru; le piastre con semplice gancio o con argano con gancio e fune; le pin-
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ze per agganciare ad esempio balle di foraggio. Tutte attrezzature intercambiabili che, con la sicurezza data dal limitatore di momento, fanno in modo che il sollevatore sposti, trasporti, sollevi e posizioni con molta precisione i carichi trasformandolo in una e vera e propria autogru. Ma l’accessorio che ancor più fa apprezzare il sollevatore telescopico è senz’altro il cestello o piattaforma o navetta porta persone che trasforma il mezzo in un ponte sviluppabile con le più raffinate sicurezze per le persone sollevate. Il cestello può contenere e sollevare persone in numero almeno pari se non superiore a quello delle comuni piattaforme elevabili, mettendo a loro disposizione un’ampia e stabile superficie operativa con spazi abbondanti anche per le attrezzature ed il materiale di lavoro. Esso mantiene la stessa manovrabilità degli altri ponti mobili sviluppabili soprattutto se il braccio telescopico è girevole anziché fisso e la sua portata massima non è influenzata dall’eventuale estensione laterale del o dei piani scorrevoli, come invece accade nella stragrande maggioranza delle piattaforme elevabili dotate di questo dispositivo. Il carrello semovente poi è obbligatoriamente dotato come gli altri ponti sviluppabili della classica manovra a mano per il recupero del cestello in emergenza. Il faticoso riconoscimento del carrello telescopico da parte della Legge. Incombenze per un suo regolare utilizzo. Matricole, messa in
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servizio, tariffe, prima verifica e successive: elementi che generano non poche incongruenze. Parliamo ora di ciò che comporta il sollevatore telescopico (carrello semovente a braccio telescopico – fisso o girevole – secondo il MLPS), sotto l’aspetto della regolarizzazione prevista dalla Legge e relativa alla messa in servizio, all’immatricolazione, alla prima verifica ed alle verifiche successive alla prima. Diciamo subito che il MLPS si è, come dire, accorto in ritardo dell’ampia diffusione e dell’importanza di questa attrezzatura per il sollevamento di materiali (SC) e persone (SP). Infatti prima dell’entrata in vigore del Testo Unico sulla Sicurezza, ovvero il D.lgs. 81/08, il sollevatore non ha avuto una sua fisionomia ben precisa che lo contraddistinguesse da altri mezzi simili atti al sollevamento. A volte veniva declassato, se dotato di forche, al ruolo di semplice muletto/carrello industriale, per il quale, fino ad una certa epoca, non necessitava neppure la verifica periodica (vedi circ. Ispesl n. 70 del 12/08/92); altre volte, se dotato di gancio o verricello, veniva assurto ad autogru e, in caso di cestello porta persone, veniva assimilato a ponte sviluppabile. Proprio a queste due ultime tipologie di apparecchiature il verificatore, che a quei tempi era solo ad incarico istituzionale (ASL o Arpa), faceva riferimento nell’effettuazione delle verifiche e nell’individuazione delle relative tariffe di verifica da applicare, tariffe che erano stabilite autonomamente da ogni singola ASL o Arpa del territorio naziona-
le oppure che erano quelle pubblicate dal Ministero del Lavoro il quale, d’altra parte, lasciava un po’ nel vago le possibilità di riconoscimento del sollevatore telescopico. Il verificatore ASL o Arpa si trovava infatti frequentemente a dover controllare ed effettuare la prima verifica del sollevatore, come di molte altre attrezzature, seguendo la procedura comunemente definita di verifica d’esercizio (o zoppa) che altro non era se non una normale e comunissima seconda verifica. Questo accadeva perché, a partire dall’anno 1996 - quando in Italia il D. lgs. 459/96 aveva stabilito, fra l’altro, che tutti i nuovi mezzi di lavoro fossero costruiti a marchio CE, ovvero in conformità alle direttive comunitarie europee sulla sicurezza sul lavoro - fino agli anni precedenti la promulgazione del DM 11 aprile 2011, l’Ispesl cominciava per carenza d’organico a non esser molto presente sul territorio per effettuare le prime verifiche di attrezzature di lavoro. Quindi la procedura della verifica d’esercizio in quegli anni era stata intesa per validare a titolo provvisorio, da parte dei verificatori ASL/Arpa, l’utilizzo delle attrezzature di lavoro in attesa che l’Ispesl, cioè l’ente ufficialmente incaricato dei collaudi, poi definiti prime verifiche, si potenziasse nell’organico e riprendesse in esame quei mezzi per sottoporli ad un collaudo/controllo vero e proprio. Come sappiamo il DM 11 aprile 2011 ha sancito che la strategia politica attuata dal MLPS è stata quella di non potenziare l’Ispesl ma di soccorrerlo
con la liberalizzazione delle verifiche (prime e successive alla prima) a favore di soggetti pubblici e privati, agenti in sostituzione dell’Ispesl, integratosi col decreto suddetto nell’INAIL, nei casi in cui l’ente non riesca ad intervenire, per l’identico precedente motivo di carenza d’organico, come primo soggetto verificatore. Con una “serena” decisione d’ufficio il MLPS ha poi stabilito (punto 10 della Circolare n. 23 del 13/08/2012) che le verifiche d’esercizio equivalessero, per le attrezzature sottoposte a quel tipo di verifica, in tutto e per tutto ad un collaudo o prima verifica, ritenendo inutile anche l’attuale scheda tecnica informativa equivalente al libretto di prima verifica rilasciato dall’Ispesl quando ancora questo era operativo. Tale decisione, oltre ad apparire alquanto discutibile e assolutamente non condivisa da parecchi verificatori esperti che lavorano sul campo da una vita, è in netto contrasto con quanto asserito dallo stesso INAIL nelle sue “Istruzioni per la prima verifica periodica di carrelli semoventi a braccio telescopico” – edizione 2014 – pag. 25: “La compilazione della scheda tecnica è “funzionale a consentire l’identificazione dell’attrezzatura nel corso delle verifiche periodiche (sia nella prima che nelle successive); prevede il recupero di tutte le informazioni necessarie ad individuare l’attrezzatura, reperibili dalla documentazione a corredo della stessa (istruzioni, dichiarazione di conformità, attestazione della conformità ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V al D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) ovvero rintracciabili direttamente
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sull’attrezzatura al momento della verifica (evenienza questa cui ricorrere solo in caso di mancata indicazione sulla documentazione e che per chiarezza dovrebbe essere specificata sulla scheda)” In questo contesto storico è plausibile che un mezzo quale il sollevatore telescopico, che incominciava a diffondersi capillarmente negli ambienti di lavoro, non sia stato oggetto della giusta considerazione che avrebbe dovuto avere, e sia invece stato “mascherato” con varie tipologie prese a prestito. Con il Testo Unico l’esistenza dell’attrezzatura sollevatore diventa più individuabile. Però nella sua prima versione, emessa come D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, nulla ancora si riportava a proposito dei carrelli semoventi telescopici e tantomeno il mezzo era citato nell’Allegato VII in merito alla periodicità degli interventi di verifica. Ci sono volute le successive modifiche ed integrazioni (s.m.i.) apportate al Testo Unico dal D.lgs. 106/09 in vigore dal 20 agosto 2009 perché il carrello semovente, sempre nell’Allegato VII, ottenesse una sua effettiva identità e l’indicazione della periodicità annuale delle sue verifiche indipendentemente dall’ambiente di lavoro in cui esso venisse utilizzato. Ma l’allegato di cui sopra ancora non si addentrava più di tanto nell’affrontare l’argomento sollevatore telescopico, di modo che i funzionari delle varie sedi territoriali dell’Ispesl (ora INAIL) trattavano ognuna a modo proprio l’immatricolazione del mezzo che l’utente poteva quindi richiedere come ponte
sviluppabile, come autogru, come muletto, come carrello semovente e così via. Di conseguenza varie sono state le soluzioni adottate da tutte le sedi Ispesl per immatricolare un sollevatore telescopico e diverse potevano esser le matricole attribuite ad uno stesso carrello semovente telescopico, da muletto/carrello/ autogru, a muletto/carrello a forche, a muletto/carrello/ponte sviluppabile e così via. Capitava poi che i funzionari ASL/Arpa da parte loro, trovandosi al cospetto di sollevatori con più accessori intercambiabili, rilasciassero per lo stesso mezzo più verbali di verifica d’esercizio con identica matricola ma specificando in ognuno quale fosse l’insieme sollevatore/accessorio verificato. A seguito della promulgazione del DM 11/04/2011, così come previsto al punto 3 dell’art. 3, il MLPS emette il 29/11/2012 un decreto che determina le tariffe, da aggiornare ogni due anni, da applicare per le prime verifiche e quelle successive alla prima di tutte le attrezzature di lavoro, unificando quindi i molteplici criteri di pagamento che fino a quel momento erano stati adottati dall’Ispesl e dalle varie ASL/Arpa sul territorio nazionale. Finalmente quindi, dal 29 novembre 2012, nelle periodiche tabelle dei compensi per le verifiche suddette, il MLPS riserva una parte consistente di una tabella (la 1B per l’edizione più aggiornata che è per ora quella del 2014) solo ai carrelli semoventi telescopici, con tanto di distinzione delle due tipologie (fisso
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o girevole) e, per ciascuna di queste, specifica le loro peculiari caratteristiche conseguenti all’adozione dei diversi accessori intercambiabili. Evidenzia poi la possibilità di applicare una tariffa cumulativa di verifica per i due tipi di carrello “dotati di più attrezzature intercambiabili che conferiscono sia la funzione di sollevamento materiali che di sollevamento persone”. Ma come trattare i sollevatori verificati nel pregresso, frequentemente ognuno con due o più verbali, ad esempio uno rilasciato come autogru e un altro come ponte sviluppabile, a volte entrambi con una matricola unica, a volte con matricole diverse? Accortosi di questa lacuna, il MLPS ricorre nel 2013, con l’intenzione di colmarla, alla classica circolare esplicativa, nel nostro caso la n. 18 del 23/05/2013 che al punto 3 recita testualmente: “Con riferimento ai carrelli semoventi a braccio telescopico dotati di accessori/ attrezzature intercambiabili per: . sollevamento carichi liberi di oscillare (ganci, bracci gru e Jib, con e senza argano), . sollevamento persone con cestello/ piattaforma; tenuto anche conto di quanto indicato nel decreto dirigenziale del 29/11/2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di cui all’articolo 3, comma 3, del D.M. 11.04.11, il numero di matricola è assegnato alla macchina base. Per i carrelli semoventi a braccio telescopico già rientranti nel previgente regime di verifica, perché attrezzati con accessori o attrezzature intercambiabili che gli
VERIFICHE IMPIANTI
“INAIL accetta anche tre schede tecniche per ogni carrello in quanto non ha percentuale su schede redatte incredibilmente a costo zero per l’utente”.
conferivano la funzione di sollevamento cose (immatricolati come autogru) o di sollevamento persone (immatricolati come ponti mobili sviluppabili su carro), il datore di lavoro, al fine di accedere alle specifiche tariffe previste per i carrelli semoventi a braccio telescopico dotati di più accessori/attrezzature intercambiabili, dovrà comunicare all’INAIL la messa in servizio del carrello a braccio telescopico, riportando nel relativo modello l’indicazione del o dei numeri di matricola precedentemente assegnati all’attrezzatura. Le matricole già assegnate verranno riassorbite dalla matricola associata al carrello semovente, che diverrà l’unica identificativa dell’attrezzatura con tutte le funzioni aggiuntive. Nel caso in cui dette attrezzature siano già state sottoposte a verifiche (da parte di INAIL o ASL/Arpa), rientrano nel regime delle verifiche periodiche successive, per cui non sarà necessario che il datore di lavoro richieda la prima verifica periodica ad INAIL.” Esaminiamo brevemente il testo della circolare qui sopra riportato. Per la parte riguardante le diverse matricole assegnate allo stesso carrello semovente telescopico già rientranti nel previgente regime di verifica, la circolare dispone che il datore di lavoro debba farle unificare dall’INAIL mediante l’invio all’ente del modello di messa in servizio del carrello specificando tutti gli accessori di cui è dotato. La procedura è assolutamente condivisibile se il carrello deve ancora esser sottoposto ad una prima verifica. Un po’ meno condivisibile e non affatto chiara è la procedura nel
caso il carrello sia già stato sottoposto a precedenti prime o seconde verifiche per ogni suo assetto, e quindi possibilmente anche “omologato” con verbali di verifica d’esercizio, sotto un’unica matricola, solo specificando in ciascun verbale di verifica se il carrello telescopico è stato trattato come autogru e/o come ponte sviluppabile e/o come carrello (sollevatore) telescopico dotato di un determinato accessorio. In effetti il testo della circolare in questione, prendendo in considerazione unicamente l’ipotesi che un solo carrello abbia diverse matricole e non quella che lo stesso carrello possa esser stato verificato nel pregresso con una sola matricola e più verbali, parrebbe “esentare” il datore di lavoro dall’inviare ad INAIL un modello di nuova messa in servizio, non essendoci da modificare niente dal momento che per il carrello multifunzione esiste una sola inequivocabile matricola. Tanto più in questo caso potrebbe apparire legittimo lasciare le cose come stanno se si leggono le ultime tre righe del punto 3 della circolare che affermano che i carrelli già verificati, per i quali (logicamente) non saranno necessarie le prime verifiche, rientrano nel regime delle verifiche periodiche successive, che significa continuare ad eseguire seconde verifiche con più verbali a seconda degli accessori disponibili per lo stesso carrello. Tale presunta legittimità potrebbe ritenersi ancora più fondata per il fatto che lo stesso INAIL dà l’alternativa in una prima verifica di compilare una
sola scheda tecnica per ogni carrello dotato di accessori multifunzionali o di “procedere alla compilazione di tre distinte schede, aggiungendo a quella per il carrello anche quella per apparecchi di sollevamento di tipo mobile e quella per ponti mobili sviluppabili su carro, purché si indichi comunque su tutte la medesima matricola, ossia quella assegnata al carrello semovente.” (pag. 25 delle già citate Istruzioni INAIL per la prima verifica dei carrelli telescopici). Quindi, o la disposizione è in contrasto con la possibilità di più verifiche successive alla prima di uno stesso carrello con una sola matricola (a seconda del suo allestimento coi diversi accessori) o, più pragmaticamente, la disposizione consente di redigere le tre diverse schede tecniche di uno stesso carrello in quanto la percentuale che INAIL incassa per ogni scheda tecnica è nulla, non comportando – incredibilmente – la redazione di una scheda tecnica alcun costo per l’utente. Nel caso menzionato non pare poi determinante né illuminante sul da farsi il fatto che INAIL metta a disposizione di chi deve trasmettere telematicamente alla banca dati gestita dall’ente i registri informatizzati delle verifiche delle attrezzature di lavoro eseguite trimestralmente sul territorio nazionale dai soggetti abilitati (punto 4.3 dell’Allegato III del DM 11 aprile 2011), solo un’unica possibilità di verifica per ogni matricola. Ad ogni matricola si dovrebbe far corrispondere un’unica tariffa conforme alle caratteristiche del carrello date dagli accessori con cui lo stesso può o non può
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“Sempre a proposito dei carrelli semoventi a braccio telescopico, nella parte della tabella delle tariffe dedicata dal MLPS alle verifiche (prime e successive) appare al primo posto, sia per quelli fissi sia per quelli girevoli, la voce relativa al mezzo base, dunque privo di accessori”. esser allestito e questo per determinare la percentuale che lo stesso INAIL deve trattenere d’ufficio su ogni verifica (punti 1 e 2c dell’art. 3 del DM 11 aprile 2011). Non si capisce perché a questo punto, negli elenchi trasmessi dai soggetti verificatori ad INAIL, non si possa far corrispondere ad una sola matricola assegnata ad un carrello diverse tariffe variabili a seconda delle varie configurazioni assunte dal carrello, verificato quindi tante volte quante sono i suoi accessori nel segno della continuità della procedura (non abrogata né dalla circolare MLPS né da INAIL) adottata nel previgente regime delle verifiche periodiche successive. Il MLPS vorrebbe con la procedura proposta nel punto 3 della circolare n. 18 su riportata “venire incontro all’utente” facendogli spendere meno con una tariffa “onnicomprensiva” per un solo verbale per carrello multifunzionale, ovvero verificato con tutti i suoi accessori, che seppur più alta delle altre singole tariffe relative ognuna ad una delle tre combinazioni possibili (solo mezzo, mezzo con accessorio per sollevamento cose, mezzo con accessorio per sollevamento persone) è senz’altro inferiore al costo della somma di anche solo due delle tre tariffe singole. Sembrano d’obbligo a questo punto alcune osservazioni. Innanzi tutto, come mai questa “politica” non è stata attuata dal MLPS anche nei confronti della gru installata su autocarro? Questa attrezzatura di lavoro infatti può esser dotata, alla stessa stregua del sollevatore telescopico, oltre che
del tradizionale gancio, anche di altri accessori sia per il sollevamento cose, ad esempio il verricello a fune, sia per il sollevamento persone come il cestello. Di conseguenza è a tutti gli effetti una apparecchiatura multifunzionale che, per la maggior parte dei verificatori, è meritevole di diverse verifiche, con almeno un verbale per le prove eseguite sollevando materiale ed un verbale per quelle eseguite sollevando persone, entrambi contraddistinti da un’unica matricola se non due o più di due. Sempre a proposito dei carrelli semoventi a braccio telescopico, nella parte della tabella delle tariffe dedicata dal MLPS alle verifiche (prime e successive) appare al primo posto, sia per quelli fissi sia per quelli girevoli, la voce relativa al mezzo base, dunque privo di accessori. E perché dovrebbe esser verificato come apparecchiatura di sollevamento un mezzo con questa configurazione? Essendo quanto mai improbabile che un datore di lavoro acquisti solo un mezzo base, ovvero un sollevatore con un braccio telescopico senza alcuna attrezzatura alla sua estremità che consenta di sollevare o spostare alcunché, ammettiamo pure che il mezzo in questione abbia come unico accessorio ad esempio le forche. Anche in questo caso il carrello elevatore semovente non sarebbe soggetto a verifica in quanto, in base al punto 7 della Circolare del MLPS n. 9 del 05/03/2013, <… esso non si configura come “apparecchio a funzionamento discontinuo destinato a sollevare e movimentare, nello spazio, carichi sospesi mediante gancio o altri or-
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gani di presa” (UNI ISO 4306-1). >, disposizione che trae probabilmente origine dalla già citata Circolare Ispesl n. 70 del 12/08/1992 che, a proposito di “apparecchi a braccio telescopico” corredati solo da forche afferma la stessa identica cosa, facendo riferimento all’ormai abrogato D.P.R. 547/1955. Ma, se vogliamo, lo stesso concetto è ribadito anche dalle prime righe del punto 3 della Circolare MLPS n. 18 del 23/05/2013, già prima riportato per intero, dove si prevedono verifiche solo per < carrelli semoventi a braccio telescopico dotati di accessori/attrezzature intercambiabili per: . sollevamento carichi liberi di oscillare (ganci, bracci gru e Jib, con e senza argano), . sollevamento persone con cestello/piattaforma;>. Quindi solo nel caso il carrello dovesse esser corredato da altri accessori, diversi funzionalmente dalle forche, diverrebbe verificabile, ma ricadrebbe in una delle tre voci tariffarie relative al sollevamento di materiali (SC) o di persone (SP) o di entrambi. Detto questo, ovvero sottolineata l’incongruenza delle voci tariffarie relative al solo carrello base, non verificabile anche se titolare di matricola (!), parliamo delle altre tre possibilità di verifica e quindi di applicazione delle tre corrispondenti tariffe ovviamente diverse per le due tipologie di carrello. La quarta voce tariffaria, quella “onnicomprensiva” ideata per far risparmiare l’utente, si riferisce ad una verifica che, per esperienza diretta, è difficilmente
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attuabile nella realtà. Infatti è molto raro che un impresario tenga in cantiere la serie completa degli accessori per il sollevamento, compreso l’obbligatorio telecomando per il cestello, con cui allestire il carrello telescopico, elementi che purtroppo mai come in questi tempi sono diventati frequentemente oggetto di furti nei periodi in cui nel cantiere non si lavora (di notte per esempio o durante le festività). Anche ammesso che l’impresario, sfidando la sorte, tenesse in cantiere tutti gli accessori, con molta riluttanza dedicherebbe alle prove a cui sottoporre le varie configurazioni del suo carrello, che dovrebbero esser presentate tutte consecutivamente, le indispensabili diverse ore richieste da una verifica completa ed eseguita correttamente, seguendo ad esempio le istruzioni diffuse da INAIL per le prime verifiche (adottabili anche per le successive) e dalle ASL più qualificate nel settore delle verifiche (vedi, per citarne alcune, le “Istruzioni Operative” edite dal Servizio Sanitario della Regione Emilia Romagna o la “Lista dei controlli per carrelli semoventi” edita dalle ASL della Toscana). E questo accade (non necessariamente solo per il carrello) anche in luoghi non così soggetti ai furti, nei magazzini per esempio o nelle officine, in quanto per il datore di lavoro il tempo necessario per le verifiche, bene o male, sottrae alla produzione diverse ore lavorative dell’apparecchiatura in esame e soprattutto impegna uno o più dipendenti che in quelle ore non rendono. Si dirà: ma il tempo impiegato per le verifiche
delle apparecchiature di lavoro, qualsiasi durata abbia, non è da considerarsi mai uno spreco in quanto è a favore del “consolidamento” della sicurezza di tutti i lavoratori. Ragionamento ineccepibile che deve fare i conti però con la dura realtà di tutti i giorni, realtà che almeno attualmente non è delle più floride. Effettivamente però, nel caso del nostro carrello multifunzionale, una sicurezza “garantita e quasi indolore” si potrebbe ottenere ugualmente se la verifica onnicomprensiva fosse almeno “dilazionata” in due tempi, da stabilire secondo le esigenze dell’utente, uno da dedicare alle prove per il sollevamento cose, l’altro a quelle per il sollevamento persone, con almeno due distinti verbali per le due tipologie, come accadeva, si rammenta, nel previgente regime delle verifiche periodiche. Inoltre, senza fare il processo alle intenzioni a nessuno, né ai datori di lavoro né ai verificatori, senza due verbali che garantiscano formalmente le avvenute verifiche per le due tipologie di sollevamento, è facile intravedere una “scorciatoia” che riduca di molto il tempo di verifica e che accontenti contemporaneamente i due soggetti in causa: ridurre le prove del carrello ad una sola, con l’accessorio montato al momento, e redigere un verbale “multifunzionale”. Di sicuro in tal esecrabile caso la prima delle prove che andrebbero nel dimenticatoio sarebbe quella della discesa in emergenza del cestello con manovra a mano, prova che già è scarsamente praticata da molti “buoni” verificatori per tutti i ponti mobili sviluppabili, di
qualunque tipologia siano. Per inciso il sistema per il recupero in emergenza a mano del cestello viene spesso e volentieri dimenticato anche dagli enti formatori che, in base all’accordo fra Stato e Regioni del 22 febbraio 2012, dovrebbero invece trasmettere una formazione completa agli operatori di attrezzature per il lavoro. Infine, tornando ai costi delle verifiche stabiliti dalle tabelle del MLPS, c’è da notare che il confronto economico fra l’importo risultante dalla somma delle due verifiche per carrello allestito per sollevamento cose e carrello allestito per sollevamento persone e l’importo della verifica onnicomprensiva, non dà poi una differenza così conveniente e rilevante, differenza che fra l’altro sarebbe da diluire in un anno. Per contro, la tariffa onnicomprensiva obbligherebbe qualche impresario datore di lavoro a sostenere una cifra più alta anche negli anni in cui gli accessori per il sollevamento cose o, viceversa, il cestello per le persone non venissero mai adoperati per qualsiasi incontestabile motivo, sopra a tutti la carenza di lavoro, che darebbe ragione all’impresario di chiedere la sospensione della verifica almeno per la funzione del carrello non utilizzata. In questo caso gli inflessibili sistemi informatici dell’INAIL non si sa come potrebbero reagire – e, viste le premesse, c’è da ritenere che non reagirebbero proprio bene – se, per una stessa matricola di carrello, si cambiasse tariffa da un anno all’altro.
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Perché associarsi all’autorità mondiale dell’accesso aereo a cura di IPAF ITALIA
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PAF rinnova le cariche istituzionali in Italia. E’ l’occasione per riflettere sulla sua identità e sui benefici che operatori e utilizzatori di piattaforme aeree possono ottenere diventando soci dell’autorità mondiale del sollevamento aereo. IPAF Ltd è una Federazione Internazionale di mutuo soccorso senza scopo di lucro, specializzata nel settore dei mezzi mobili di Accesso Aereo per lavori temporanei in quota, nata oltre 30 anni fa in Gran Bretagna e presente in più di 40 nazioni. Rappresenta gli interessi di tutta la filiera nel settore delle piattaforme di lavoro mobili aeree e autosollevanti su colonne, dal produttore al distributore, dal noleggiatore fino all’utilizzatore finale, in tutto il mondo industrializzato. Conta quasi mille soci, di cui più di 100 in Italia, tutti specializzati o attinenti al settore dei mezzi mobili di accesso aereo. I soci rappresentano il 50 per cento del mercato mondiale e in soli 4 anni sono raddoppiati a seguito all’internazionalizzazione della federazione e della crescita del settore. La sua riconosciuta autorevolezza va espandendosi in tutti i continenti. IPAF appartiene ai suoi soci: dal 2009 viene eletto dagli stessi il Consiglio Nazionale dei soci IPAF per l’Italia (Italian National IPAF Council) il cui Presidente, eletto dai consiglieri, fa parte anche del Consiglio Direttivo IPAF Ltd in UK. Recentemente, i soci italiani si sono riuniti in assemblea per procedere al rinnovo delle cariche istituzionali. IPAF promuove la sicurezza e la migliore
prassi nell’utilizzo di piattaforme di lavoro mobili elevabili attraverso l’attività di appositi comitati tecnici e gruppi di lavoro – presenti anche negli organismi normativi in seno alla CE e diversi organismi governativi nazionali, compresa l’Italia – e dispone di uffici regionali di rappresentanza in USA, Italia, Spagna, Svizzera, Francia, Germania, Benelux, Brasile, Nord e Paesi Baltici, Sud Est Asiatico, Dubai e Turchia. Gestisce e controlla il più rispettato e riconosciuto programma di formazione e accreditamento a livello internazionale per operatori, dimostratori, istruttori e manager nel settore delle piattaforme aeree di lavoro e autosollevanti su colonne, proposto da istruttori che appartengono o, se indipendenti, operano per gli oltre 400 Centri di Formazione autorizzati IPAF (40 in Italia) controllati da Auditor professionali. Gli allievi vengono formati da istruttori accreditati da IPAF con corsi teorici e pratici progettati e aggiornati annualmente da un comitato composto dai più autorevoli esperti in materia. I corsi di formazione IPAF sono già presenti in oltre 30 nazioni, tra breve anche in modalità e-learning. Dove applicabili, sono resi disponibili da IPAF nelle maggiori lingue. Il loro numero è in costante aumento. Sono strutturati in vari livelli e suddivisi per tipologia di attività. Attualmente vengono gestiti i seguenti corsi di formazione e addestramento IPAF, rispondenti alle rispettive norme internazionali e nazionali vigenti: • Operatori – dimostratori – istruttori di PLE (Piattaforme di lavoro
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mobili elevabili) suddivisi per categorie rispondenti alle norme italiane emanate in base all’accordo Stato Regioni del 22/12/2011 e successivi regolamenti attuativi; e all’evoluzione della norma EN280, compreso piattaforme integrate su sollevatori telescopici e speciali (TPI). Operatori – dimostratori – allestitori – allestitori avanzati – Istruttori di PLAC (Piattaforme di lavoro auto sollevanti su colonne). Carico e scarico di PLE e altre macchine operatrici Gestori di PLE e Tecnici di cantiere .
Attraverso un network di partner associati e convenzionati, IPAF offre inoltre condizioni speciali su vari servizi tecnico-legali e assicurativi e corsi di formazione personalizzati per costruttori, distributori e noleggiatori con particolare riferimento all’uso dei DPI, alla comunicazione e alle tecniche didattiche per gestire un’aula, al risk management, alla responsabilità civile e penale e altri su richiesta. Il TÜV tedesco ha certificato la conformità del programma di formazione IPAF per operatori di PLE allo standard internazionale ISO 188782004 che stabilisce i livelli di istruzione e addestramento appropriati per operatori di piattaforme aeree. La formazione IPAF comprende, per i candidati che hanno sostenuto con successo l’esame finale presso il centro autorizzato prescelto, il rilascio della licenza di abilitazione “IPAF Smart PAL Card” gestita direttamente da IPAF e che rappresen-
PIATTAFORME PLE
ta la prova più riconosciuta al mondo di un’adeguata formazione nel settore dell’accesso aereo. Oltre all’Attestato di Formazione IPAF, ogni allievo promosso riceve, tramite il Centro di Formazione, la Guida sulla Sicurezza dell’Operatore e il Registro dell’operatore abilitato. In tutto il mondo sono già state rilasciate oltre mezzo milione di PAL Card; ogni anno si aggiungono, con ritmo crescente, più di 150mila nuove PAL Card. Un Comitato di formazione (TWG), eletto tra i centri di formazione IPAF e composto da esperti istruttori abilitati IPAF, adegua i corsi di formazione e addestramento alla legislazione nazionale e propone miglioramenti, promozioni, seminari ed eventuali modifiche ai programmi di formazione e addestramento esistenti. Specifiche esigenze e legislazioni nazionali vengono discusse e proposte da gruppi di lavoro nazionali a loro volta composti da istruttori esperti eletti dai Centri di formazione. L’alto livello di qualità eleva anche il valore del corso di formazione IPAF rispetto al suo costo, che è equilibrato e accessibile ad aziende di tutte le dimensioni. Si tratta di investimenti complessivamente di gran lunga preferibili ai rischi ai quali si espongono i datori di lavoro e le loro aziende, (anche se artigiani o subappaltatori), se lavorano in quota con addetti all’uso delle macchine non adeguatamente formati e addestrati. IPAF fornisce importanti informazioni e servizi riguardanti il proprio settore attraverso i media e sul sito www.ipaf.org,
comprendente una sezione riservata ai soli soci, guide di buone prassi e altre pubblicazioni periodiche gratuite per i soci e chi ne fa richiesta (ad esempio la rivista annuale IPAF InForma). Organizza fiere, convegni, seminari e workshop per divulgare la conoscenza, aiutare nella scelta della tipologia di macchina più adatta e per diffondere un utilizzo sempre più sicuro ed efficace delle piattaforme aeree e dei ponteggi auto sollevanti, come si può rilevare dagli eventi e dalle news pubblicate nel sito e sulla stampa specializzata. I vantaggi per chi volesse associarsi all’IPAF comprendono accordi di reciprocità e collaborazione con altre associazioni e network affini nonché servizi a particolari condizioni di favore come l’assistenza marketing, commerciale, assicurativa, normativa e legale secondo le particolari e specifiche esigenze del Paese di residenza del socio. Con l’iscrizione all’IPAF si ottiene: • L’accesso a un mondo di preziose, aggiornate e pratiche informazioni su tutti gli aspetti nell’uso di piattaforme aeree e ponteggi autosollevanti; • l’opportunità di influire sulla crescente produzione legislativa e normativa che governa l’uso di queste attrezzature per i lavori temporanei in quota; • una crescente quantità di servizi gratuiti o a condizioni particolarmente vantaggiose. Possono chiedere di diventare soci IPAF persone giuridiche e individuali che operano nella filiera dei mezzi mobili di
accesso aereo ed accettano un codice deontologico che salvaguarda il buon nome e la reputazione della federazione, dei propri soci e tutto il settore. In alcuni casi devono essere presentate da due soci già iscritti all’IPAF. Chi vuole diventare un istruttore accreditato IPAF deve rispondere a precisi pre-requisiti professionali e seguire un percorso di formazione e sviluppo professionale stabilito dal Programma di Formazione IPAF che viene annualmente aggiornato. La costituzione di un Centro di formazione accreditato IPAF è un investimento che richiede a sua volta la rispondenza a requisiti strutturali e professionali idonei per una formazione di qualità non soltanto teorica ma anche pratica sulle macchine. Questa rispondenza viene controllata e monitorata periodicamente da auditor dell’IPAF per cui un centro IPAF attivo, oltre a rappresentare un servizio sociale di grande rilevanza per la prevenzione degli infortuni - abbinato alla tanto necessaria sensibilizzazione sulla cultura della sicurezza - è anche la soluzione più efficace per mettere in rilievo la propria immagine aziendale ed un business in forte crescita per l’azienda stessa grazie all’autorevolezza di cui, nel suo settore, gode l’IPAF nel mondo.
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Attrezzature intercambiabili
utilizzate per il sollevamento di persone. Cosa è conforme alla Direttiva Macchine 2006/42/CE a cura di Massimo Granchi e Christian Trinastich
I
n azienda può capitare di dover sollevare persone utilizzando attrezzature adibite esclusivamente al sollevamento di materiali. A tal fine è possibile applicare specifiche attrezzature aggiuntive alle attrezzature di sollevamento. Tuttavia, non tutte queste attrezzature aggiuntive sono accettate dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE. In particolare, esse devono essere “attrezzature intercambiabili”, come definite dalla Direttiva stessa, specificatamente pensate allo scopo. In questo articolo analizziamo questo aspetto, spesso controverso, e vediamo le soluzioni che risultano conformi alla Direttiva Macchine 2006/42/CE e alla Direttiva 2009/104/CE, a cui si ispira il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. vigente in Italia.
Attrezzatura intercambiabile ai sensi Direttiva Macchine 2006/42/CE La Direttiva Macchine 2006/42/CE, oltre alla definizione di macchine, definisce tutta un’altra serie di attrezzature per le quali è previsto lo stesso iter di certificazione identificato normalmente per le sole macchine. Tra questa attrezzature figurano anche le “attrezzature intercambiabili”. Si intende per attrezzatura intercambiabile un “dispositivo che, dopo la messa in servizio di una macchina o di un trattore, è assemblato alla macchina o al trattore dall’operatore stesso al fine di modificarne la funzione o apportare una nuova funzione, nella misura in cui tale attrezzatura non è un utensile”. Pertanto, attrezzatura intercambiabile è anche un accessorio che può essere assemblato ad una attrezdella
zatura di sollevamento materiali (per esempio, una gru) da parte dello stesso operatore e che, nel contempo, modifica o apporta una nuova funzione a tale attrezzatura di sollevamento, quale appunto la possibilità di sollevare persone che, in assenza di tale accessorio, l’attrezzatura di sollevamento da sola non possiede. L’attrezzatura intercambiabile, ai sensi dell’articolo 2 della Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede, come detto, lo stesso percorso di certificazione tipico delle macchine. Il Fabbricante, infatti, deve garantire la conformità di questo accessorio ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE dimostrando, tramite la valutazione dei rischi, la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza applicabili e, dunque, in questo specifico caso, anche a quelli relativi alle attrezzature adibite al sollevamento di persone. Il Fabbricante è pertanto tenuto a realizzare il fascicolo tecnico della
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costruzione, la targa di identificazione CE, la dichiarazione CE di conformità e le istruzioni per l’uso in accompagnamento al prodotto. Quest’obbligo vale sia nel caso di accessori fabbricati e venduti sul mercato sia nel caso di accessori fabbricati per un utilizzo interno in azienda (in questo caso il Fabbricante dell’accessorio è lo stesso utilizzatore). Attrezzatura
intercambiabile per il
sollevamento di persone
Sul marcato è possibile individuare due tipologie di attrezzature che, collegate ad attrezzature di sollevamento materiali, sono in grado di permettere anche il sollevamento di persone. La distinzione non è solo nelle modalità di collegamento all’attrezzatura di sollevamento, ma anche e principalmente nelle responsabilità che ne conseguono. Infatti, si possono individuare: 1. accessori assemblati ad attrezzature di sollevamento materiali con lo
SICUREZZA MACCHINE
scopo di sollevare persone; accessori nati con lo scopo di sollevare persone utilizzando attrezzature di sollevamento materiali. Per le due categorie sopra indicate, la stessa Commissione Europea ha pubblicato, nel 2009, un documento “linea guida” al fine di dare chiara interpretazione in merito a quali accessori si potessero utilizzare per sollevare persone. Esclusivamente gli accessori che rientrano nella categoria (1) sono da intendersi come “attrezzature intercambiabili” in quanto, una volta assemblate dal semplice operatore alla attrezzatura di sollevamento, sono in grado di modificare la funzione di quest’ultima rendendo possibile anche il sollevamento di persone. Compito del Fabbricante di tale attrezzatura intercambiabile è quello di dimostrare che l’insieme attrezzatura intercambiabile e attrezzatura di sollevamento soddisfi tutti i pertinenti requisiti di sicurezza della 2.
Direttiva Macchine e, dunque, anche quelli legati al sollevamento di persone come indicati al Paragrafo 6 dell’Allegato I della Direttiva. Il Fabbricante dell’attrezzatura intercambiabile dovrà quindi specificare a quali tipologie di attrezzature di sollevamento essa potrà essere assemblata (e, a parità di tipologie, a quali versioni) e indicarlo nelle istruzioni per l’uso che dovranno essere consegnate ,al momento della vendita, insieme al prodotto stesso (a cui deve essere apposta la marcatura CE) e alla dichiarazione CE di conformità. Evidentemente, è compito del Fabbricante, inserire nelle istruzioni per l’uso dell’attrezzatura intercambiabile anche specifiche indicazioni che permettano di assemblare correttamente il prodotto con la o le attrezzature di sollevamento su cui può essere assemblato in modo da fornire, insieme alle procedure di manutenzione ordinaria e straordinaria, tutte le informazioni necessarie al suo
corretto utilizzo da parte dell’utilizzatore finale. Inoltre, queste attrezzature intercambiabili, nel momento in cui permettano il sollevamento di persone oltre i 3 m di altezza, ricadono in Allegato IV e dunque devono seguire specifiche procedure di certificazione, adottando precise norme tecniche armonizzate di tipo C o rivolgendosi ad un organismo di certificazione esterno. Esempi di attrezzature intercambiabili che rispondono a questi requisiti sono, per esempio, le piattaforme di lavoro assemblate su una gru o le piattaforme di lavoro assemblate su carro con braccio telescopico. Gli accessori, invece, che rientrano nella categoria (2) non sono da intendersi come attrezzature intercambiabili e, dunque, non possono essere utilizzate per il sollevamento di persone. Infatti, si tratta di attrezzature che non sono assemblate all’attrezzatura di sollevamento, ma sono semplicemente sollevate dalla stessa attrezzatura dopo averle prelevate. In questo caso, dunque, ceste e piattaforme infilate dalle forche di un carrello elevatore oppure agganciate ad una gru non possono essere considerate “attrezzature intercambiabili”, anche se sono provviste di sistemi di trattenuta e anticaduta. La conseguenza è che tali attrezzature non rientrano negli obblighi definiti dalla Direttiva Macchine e, pertanto, non possono essere utilizzate per sollevare persone dato che l’attrezzatura di sollevamento originaria (quindi senza l’uso di cesta o piattaforma) non è idonea al solleva-
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Attrezzature intercambiabili utilizzate per il sollevamento di persone.
“Utilizzare una macchina secondo una modalità non prevista in origine dal proprio fabbricante è sempre vietato dall’impianto legislativo europeo e italiano”.
mento di persone, ma solo di materiali. Inoltre, questi accessori non sono utilizzati per collegare il carico trasportato alla macchina e quindi non sono nemmeno da intendersi come “accessori di sollevamento”, per i quali effettivamente sarebbe richiesta la procedura CE, al pari delle attrezzature intercambiabili. Pertanto, non sono né accessori di sollevamento, né attrezzature intercambiabili; in definitiva sono considerati parte del carico sollevato dalla macchina e, come tali, non sono oggetto della Direttiva Macchine e, quindi, non devono presentare una marcatura CE ai sensi di tale Direttiva. Utilizzo
eccezionale di accessori non
conformi
Utilizzare una macchina secondo una modalità non prevista in origine dal proprio fabbricante è sempre vietato dall’impianto legislativo europeo e italiano. Di conseguenza, è possibile utilizzare accessori che permettono di sollevare persone su attrezzature di sollevamento nate con la possibilità esclu-
sivamente di sollevare materiale, solo se questi accessori rientrano nella definizione di attrezzatura intercambiabile sopra vista e, quindi, nella sopracitata categoria (1). Tuttavia, la legislazione europea, tramite la Direttiva 2009/104/ CE (paragrafo 3.1.2, in Allegato II), ricorda come “a titolo eccezionale, possono essere usate per il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente alle legislazioni o prassi nazionali che prevedono un controllo appropriato. Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro. Deve essere assicurata la loro evacuazione in caso di pericolo”. Il concetto è stato ripreso dalla legislazione italiana, tramite il D.Lgs. 81/2008 (punto 3.1.4, in Allegato VI) e da una successiva Circolare del Ministero del Lavoro, n.3326 del 10/02/2011 in cui viene chiarito definitivamente cosa si intenda esattamente per “eccezionale”: • “Operare in situazioni di emergenza; • per effettuare attività la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire situazioni di pericolo, incidenti imminenti o per organizzare misure di salvataggio; • quando per l’effettuazioni di determinate operazioni rese necessarie dalla specificità del sito o del con-
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testo lavorativo le attrezzature disponibili o ragionevolmente reperibili sul mercato non garantiscono maggiori condizioni di sicurezza”. Questo significa che la scelta di usare attrezzature non idonee per sollevare persone in casi comunque eccezionali deve risultare esclusivamente da un’attenta analisi di tutte le soluzioni possibili e, dalla valutazione dei rischi, deve emergere come l’unica possibile soluzione o, almeno, quella corrispondente ad un livello di sicurezza equivalente all’adozione di una soluzione conforme alla normativa. Conclusioni Non tutti gli accessori pensati per sollevare persone con le attrezzature di sollevamento materiali possono essere utilizzati. Nello specifico è necessario che tali accessori siano identificabili come attrezzature intercambiabili ai sensi della Direttiva Macchine e che, dunque, siano assemblati alle attrezzature per il sollevamento di materiali e non che siano semplicemente sollevati, dopo averli prelevati mediante forche o mediante un gancio. Gli accessori che rientrano in questa ultima categoria possono essere utilizzati solo in casi eccezionali per sollevare persone dove l’eccezionalità non è una valutazione arbitraria, ma rientra nei casi citati dalla legislazione italiana sopra vista ed è sempre e comunque il risultato di una valutazione dei rischi legati all’intervento che deve essere effettuato.
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FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO
FORMAZIONE: COSA CONTROLLANO GLI ISPETTORI? a cura di Mario Romeo
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a sezione Spresal del Piemonte a febbraio 2016 ha rilasciato il documento “Procedure per l’accertamento degli adempimenti relativi alla formazione” che racchiude le modalità di accertamento degli ispettori e come devono essere effettuati i corsi di formazione. Una serie di SCHEDE dedicate per ogni tipo di corso previsto dal D.lgs. 81/2008, ricorda le caratteristiche e i requisiti per la validità dei corsi stessi: Riferimento normativo; Provvedimento che disciplina; Prerequisito formativo/ professionale per esercitare il ruolo; Quando deve essere effettuata; Soggetto formatore; Individuazione di un responsabile del progetto. Formativo; Tenuta registro presenze; N° max. partecipanti; Requisiti dei docenti; Durata minima dei corsi; Assenze ammesse; Valutazione apprendimento; FAD elearning; Rilascio attestato; Validità credito formativo; Riconoscimento crediti professionali e formativi pregressi; Comunicazione inizio corso in particolare quando e la validità del credito formativo sono informazioni fondamentali per tenere sotto controllo il piano formativo aziendale. Nella sezione Inadempienze Accertate e conseguenti azioni da intraprendere la tabella riepilogativa elenca le azioni conseguenti dello Spresal a seguito di un sopralluogo con esito negativo. Fonte: download del documento “Procedure Per L’accertamento Degli Adempimenti Relativi Alla Formazione” h t t p : / / w w w. s i a i n g e g n e r i a . c o m / allegati/6697-spresal-procedura-vigilan-
za-formazione-2-2-2016.pdf D.LGS. 81/2008: LE MODIFICHE RELATIVE A DVR, DUVRI, PSC E POS Il Decreto Interministeriale 9 settembre 2014 denominato: “Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell’opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS)” riepiloga le modifiche avvenute in questi anni in relazione al documento di valutazione dei rischi, al documento unico di valutazione dei rischi interferenti e ai modelli semplificati di PSC, POS, PSS e Fascicolo dell’Opera. Riportiamo alcune considerazioni finali dell’autore riguardo ai nuovi modelli: - l’adozione dei modelli semplificati di POS, PSC, PSS e Fo è facoltativa. Questo ne favorirà l’uso? - Contenuti minimi degli allegati XV e XVI “esplicitati con maggiore sistematicità e (in qualche caso) con maggior chiarezza; - più che di un modello semplificato, si tratta di un modello, ovvero di uno standard; - nuova e positiva l’attenzione alla registrazione degli scambi di informazione tra committente, CSE, datori di lavoro e RLS”; - viene rilevata la “probabile” intenzione del Legislatore “di ‘ridurre’ le ‘dimensioni’ dei Piani di Sicurezza ‘omnicomprensivi’”. “Adempimenti”, a cura dell’Ing. Ales-
sandro Matteucci (UFC PISLL – ASL 10 Firenze), intervento al seminario “Le più recenti modifiche ed integrazioni apportate al D.lgs. 81/2008”. Fonte: download del documento http://olympus.uniurb.it/index. php?option=com_content&view=article &id=11776:2014di9914 GUIDA OPERATIVA LAVORI IN AMBIENTI CONFINATI La presente Istruzione Operativa (in sigla I.O.) ha lo scopo di uniformare i comportamenti degli addetti all’effettuazione di lavori in ambienti confinati, definendo i criteri principali che regolamentano tali attività, secondo le attribuzioni e le prescrizioni definite dalla normativa attualmente vigente. Inoltre, la presente I.O. vuole fornire indicazioni per l’individuazione, la valutazione e la gestione dei rischi legati alla presenza di sostanze pericolose non sufficientemente conosciute o non prontamente identificabili in ambienti confinati. Fonte: Regione Lombardia BONUS AMIANTO: QUANTO, COME, A CHI Il collegato ambientale alla legge di Stabilità 2016 (legge 221/2015) ha previsto tra le altre disposizioni, il bonus per promuovere la rimozione amianto. Il Ministero dell’Ambiente ha approvato il decreto attuativo, di cui si attende la pubblicazione in Gazzetta nel mese di maggio: da giugno le imprese potran-
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Formazione: cosa controllano gli ispettori?
“ Ammesse anche le spese sostenute per consulenze professionali e perizie tecniche nel limite del 10% e comunque non oltre 10.000 euro per ciascun progetto”. no fare richiesta. Come funziona il bonus amianto Quanto: un credito di imposta pari al 50% delle spese sostenute, di valore massimo di 200.000 euro per impresa (spesa massima ammissibile = 400.000 euro). Tempi: l’importo sarà suddiviso in 3 anni a partire dal 2017. Come: il credito relativo agli interventi effettuati nel 2016 sarà assegnato fino ad esaurimento fondi (che ammontano a 17 milioni di euro) secondo il meccanismo del “click day”. A chi è destinato il bonus amianto: Titolari di reddito di impresa che effettuano interventi di bonifica dall’amianto su beni e strutture produttive durante l’anno 2016.
Interventi ammessi: interventi di rimozione e smaltimento, anche previo trattamento in impianti autorizzati, dell’amianto presente in coperture e manufatti di beni e strutture produttive ubicati in Italia ed effettuati nel rispetto della normativa ambientale e di sicurezza nei luoghi di lavoro. Ammesse anche le spese sostenute per consulenze professionali e perizie tecniche nel limite del 10% e comunque non oltre 10.000 euro per ciascun progetto. PESCA, PASSI AVANTI PER LA SICUREZZA Il 29 aprile 2016 la Commissione europea ha adottato una proposta di direttiva che mira a migliorare le condizioni
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di lavoro per i lavoratori del settore. Il comparto è il quarto più grande nel mondo del lavoro: solo nell’Ue impiega 100.000 persone, fornendo ogni anno circa 6,4 milioni di tonnellate di pesce. Ma è anche tra i più rischiosi. La commissaria per l’occupazione e gli affari sociali, Marianne Thyssen, afferma che Il tasso di incidenti e lesioni possono essere 15 volte superiore rispetto ad altri settori e questo ci fa sperare in una presa d’atto del problema, spiega il sindacato. La Commissione, ha fatto proprio un accordo sottoscritto nel 2013 tra le parti sociali rappresentate da l’Etf per i lavoratori europei e da Europêche per le imprese di pesca e da Cogeca per le associazioni cooperative. L’accordo vuole
FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO
allineare il diritto comunitario con il “Work in Fishing” dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) varato nel 2007. È necessario che il Consiglio adotti la direttiva attuando l’accordo delle parti sociali. L’accordo propone miglioramenti importanti per la tutela e la salute degli addetti del comparto come: tutela del lavoratore (età minima, certificato medico, informazioni nel contratto di lavoro); condizioni di servizio (orario di lavoro, il diritto di rimpatrio); vitto e alloggio; sicurezza sul lavoro e tutela della salute, (tra cui il trattamento medico a bordo e a terra). Restano aperte alcune questioni come dichiarato dal commissario per l’ambiente, la pesca e
gli affari marittimi, Karmenu Vella ovvero la necessità di maggiori tutele sotto l’aspetto della salute e sicurezza nella pesca e la pesca illegale: “La Ue, sta conducendo una lotta globale contro le attività di pesca illegali altro elemento negativo per il settore”, ha detto Vella. APPROVATO IL DECRETO SULLO STATUTO DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO Approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 aprile 2016 il decreto del Presidente della Repubblica che in attuazione dell’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 attuativo del Jobs Act istituite lo Statuto del nuovo ispettorato nazionale.
Lo Statuto in 13 articoli definirà competenze, procedure e contabilità dell’ente, che ricordiamo dovrà coordinare “la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, svolgendo le attività ispettive già esercitate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, dall’Inps e dall’Inail”. Organi centrali dell’ispettorato e in carica per tre anni saranno direttore, Cda e collegio dei revisori. Info: http://www.governo.it/articolo/ comunicato-stampa-del-consiglio-deiministri-n-115/4604 DURC E RESPONSABILITA’ SOLIDALE TRA LE IMPRESE Eventuali denunce contributive non
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Formazione: cosa controllano gli ispettori?
veritiere da parte delle imprese non influenzano il rilascio del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) e una verifica ispettiva preventiva è difficilmente praticabile: è quanto chiarito dal sottosegretario al Lavoro Biondelli in occasione una interrogazione (n. 5-05855 – On. Dell’Aringa) in Commissione Lavoro della Camera. Il comma 2 dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003 stabilisce che: “In caso di appalto di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è
obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”. Si tratta della responsabilità solidale negli appalti in materia retributiva e contributiva, mentre quella fiscale è stata abrogata dal Dl 223/06. Secondo Biondelli: «Tale disposizione risulta finalizzata a garantire, tra l’altro, l’effettività dei versamenti previdenziali ed assistenziali mediante l’estensione dell’obbligo di
Nella foto: Il sottosegretario al Lavoro Franca Biondelli 52 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
corresponsione ad un soggetto giuridico terzo (impresa committente) che si avvale, sulla base di un contratto di appalto o di subappalto, delle prestazioni eseguite dall’obbligato principale (impresa appaltatrice). Taleropera esclusivamente in relazione all’omissione, riscontrata anche in sede di verifica ispettiva, dei versamenti relativi al periodo di esecuzione dell’appalto e limitatamente all’importo dello stesso, seppur resta salva l’azione di regresso da parte dell’impresa committente». Ricordando che il DURC attesta la regolarità contributiva di una impresa nei confronti di INPS, INAIL e Casse edili relativa ai due mesi antecedenti la prima richiesta e che l’articolo 4 del decretolegge n. 34/2014 ed il successivo decreto di attuazione (decreto ministeriale 30 gennaio 2015) ne hanno modificato la disciplina con l’intento di semplificare ulteriormente il rilascio del DURC, Biondelli sottolinea che il documento: «Certifica la regolarità dei versamenti previdenziali come risultanti dal riscontro tra le denunce presentate dalle aziende e i versamenti dalle medesime eseguiti. Di conseguenza, se il datore di lavoro occupa irregolarmente dei lavoratori, tale circostanza non può risultare dal DURC ma potrà essere accertata solo all’esito di una specifica verifica ispettiva». Dunque se le imprese effettuano denunce contributive non veritiere queste non possono avere effetto sul rilascio del DURC a meno che ogni rilascio non fosse preceduto da un’apposita verifica ispettiva: «Il che, considerato il numero di DURC chiesti e rilasciati, appare diffi-
FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO
“ La Conferenza delle Regioni e l’Anci, con un documento comune, hanno presentato alcuni emendamenti all’Accordo che sancisce la costituzione del tavolo”. cilmente praticabile», conclude il sottosegretario». DOCUMENTO DELLA CONFERENZA DELLE REGIONI E DELL’ANCI DEL 5 MAGGIO: AMIANTO SANCITO ACCORDO PER IL TAVOLO INTERISTITUZIONALE Regioni e Comuni presentano emendamenti e raccomandano l’approvazione del Piano a breve termine. Nel corso della Conferenza Unificata del 5 maggio Regioni e Comuni si sono detti d’accordo con il Governo per la costituzione di un tavolo di coordinamento interistituzionale concernente la gestione delle problematiche relative
all’amianto. La Conferenza delle Regioni e l’Anci, con un documento comune, hanno presentato alcuni emendamenti all’Accordo che sancisce la costituzione del tavolo, ma soprattutto hanno raccomandato “che il Tavolo sia attivato a breve termine e che entro due mesi venga approvato il Piano Amianto”. Osservazioni sull’Accordo per la costituzione del tavolo di coordinamento interistituzionale concernente la gestione delle problematiche relative all’amianto. Punto 7) Odg Conferenza Unificata La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e l’Anci esprimono avviso favorevole all’Accordo, condizio-
nato all’accoglimento della seguente proposta emendativa: - all’art. 3 dello schema di Accordo, in luogo dell’indicazione di “un rappresentante della Conferenza Unificata”, inserire: “Di tre rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome esperti nelle materie Salute, Ambiente e Lavoro e di tre rappresentanti dell’Anci” ciò al fine di garantire la pariteticità rappresentativa fra Stato, Regioni ed Enti locali. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e l’Anci raccomandano, inoltre, che il Tavolo sia attivato a breve termine e che entro due mesi venga approvato il Piano Amianto.
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La nevralgia del trigemino a cura di Giovanna Pirana
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a nevralgia del trigemino è una patologia che affligge con maggior frequenza la popolazione adulta oltre i 50 anni ed ha una lieve prevalenza nel sesso femminile. È caratterizzata da una sintomatologia dolorosa che si manifesta in maniera improvvisa con crisi parossistiche spesso descritte come scariche elettriche, della durata di pochi secondi e intervallate da periodi di pieno benessere. Tipicamente il dolore è unilaterale e circoscritto a una o più branche del nervo trigemino (V paio di nervi cranici). Col passare del tempo le crisi dolorose diventano sempre più frequenti ed i periodi di benessere sempre più rari per cui nelle fasi avanzate della malattia il paziente è afflitto dal dolore in maniera subcontinua. Si tratta di una patologia altamente invalidante che può impedire al paziente di parlare, di alimentarsi e di curare l’igiene orale. In queste condizioni il paziente evita qualsiasi tipo di stimolazione, anche una leggera brezza scatena le crisi e la sua vita viene limitata in maniera drastica fino a situazioni estreme in cui è costretto a rinchiudersi al buio in una stanza per eliminare ogni possibile fonte di eccitazione del nervo (foto pag. 54).
il nervo). Tale contatto provoca delle microlesioni delle guaine nervose che danno origine a potenziali elettrici ectopici che con il passare del tempo finiscono per irritare il nucleo sensitivo primario trigeminale che diventa il generatore delle crisi di dolore. Tali crisi possono essere spontanee o scatenate dagli stimoli più vari anche dalla semplice deambulazione. La maggior parte dei pazienti trae ben-
La nevralgia del trigemino è dovuta ad un contatto abnorme (conflitto neurovascolare) tra una arteria cerebellare e le radici del nervo trigemino nelle immediate vicinanze del ponte (struttura alla base del cervello da cui nasce 54 | Il Notiziario sulla Sicurezza | luglio - agosto 2016
eficio da una terapia medica, ma in alcuni casi la dose di farmaci necessaria è tale da produrre effetti collaterali inaccettabili ed occorre ricorrere alla terapia chirurgica. La terapia chirurgica può essere etiologica che ha cioè lo scopo di rimuovere la causa del danno del nervo e cioè il contatto abnorme con l’arteria. L’intervento viene definito di Decompressione Vascolare Microchirurgica e consiste nel raggiungere in visione mi-
MEDICINA DEL LAVORO
“Tipicamente il dolore è unilaterale e circoscritto a una o più branche del nervo trigemino”. croscopica la zona del nervo più prossima alla sua origine, identificare il vaso arterioso responsabile del conflitto , dissecarlo e allontanarlo dal nervo in maniera definitiva. Quando tale intervento, che richiede una craniotomia, non viene accettato o si preferisce evitarlo per condizioni cliniche precarie, è possibile eseguire degli interventi percutanei che hanno lo scopo di danneggiare il nervo in maniera da ottenere una scomparsa del dolore
senza o con minimi danni della sensibilità (foto pag. 55). Si tratta di interventi chirurgici “sintomatici” che hanno lo scopo di eliminare o ridurre un sintomo ignorandone la causa. Tali interventi sono percutanei (si eseguono cioè per mezzo di una cannula introdotta attraverso la cute, senza la necessità di incisioni chirurgiche). Vengono eseguiti comunque in sala operatoria in sedazione oppure in
anestesia generale. Per raggiungere la zona voluta del nervo (generalmente un suo rigonfiamento chiamato ganglio di Gasser) la cannula viene guidata dal chirurgo sotto controllo fluoroscopico attravero un forame situato alla base del cranio passando attraverso la guancia o dall’interno del cavo orale. La lesione del nervo può essere eseguita con sostanze chimiche (glicerolo), fisiche (calore), o meccaniche (compressione con un palloncino di Fogarty). Vi è infine la possibilità di eseguire una radiochirurgia stereotassica con GammaKnife, metodica non invasiva che negli ultimi anni trova sempre più applicazioni. Tra tutte le metodiche non invasive quest’ultima, viene addirittura eseguita in anestesia locale ed in regime di day hospital.
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FORMARE IL PERSONALE PER IL SUCCESSO AZIENDALE
Una strategia di formazione efficace valorizza le competenze, le conoscenze e l’abilità, riduce il turnover del personale ed aumenta la produttività. a cura di Eugenio Valsoaney
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n Italia ogni giorno migliaia di persone partecipano a corsi di formazione con l’obiettivo di migliorare le proprie conoscenze ed affinare le proprie abilità, assimilando nuove informazioni e confrontandosi con nuovi concetti. Da una recente indagine, il 58% dei nuovi lavoratori non considera più lo stipendio l’elemento principale nella scelta di un posto di lavoro. Un ambiente collaborativo e dinamico, una maggiore flessibilità ed una cultura dell’in-
novazione sono gli elementi chiave ed i temi fondamentali che influiscono sulla attrazione ed il mantenimento dei talenti in azienda. La strabiliante velocità dei cambiamenti che coinvolgono e sconvolgono il mondo del lavoro, nelle tecnologie, nelle mansioni e soprattutto nelle persone, impongono che i lavoratori siano in grado di aggiornare continuamente le loro capacità al fine di rimanere in sintonia con il nuovo che avanza e non esserne sopraffatti.
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Ecco dunque che la formazione è lo strumento principale per promuovere e valorizzare in continuo lo sviluppo personale e professionale. La scelta di quale tipo di formazione fare e se sarà utile oppure no, sono da sempre interrogativi degli imprenditori e dei responsabili HR. È chiaro a tutti che la risposta è si, la formazione è utile. Anzi, è necessaria. Purtroppo spesso si fallisce e non si ottengono i risultati voluti o perché si
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sono sbagliati i presupposti o perché non si sono evidenziati chiaramente gli obiettivi o perché si è puntato a fare una bella formazione teorica priva però di riscontri pratici.
l’aiuto di alcuni riconosciuti professionisti del settore, i motivi per i quali la formazione si dimostra inefficace e come ciò possa essere superato.
Dal punto di vista dell’imprenditore, specialmente nelle realtà aziendali medio-piccole, la formazione è ancora troppo spesso vista come un costo e non come un investimento. È più frequente di quanto si immagini vedere un datore di lavoro indispettito per il posto lasciato vuoto dal dipendente che sta partecipando ad un corso di formazione.
mente gli obiettivi della formazione
Proviamo allora ad identificare, con
Il
formatore è un fornitore, non un
partner.
Non
E, da parte del lavoratore, sovente la formazione è vissuta come un momento di pausa dal lavoro e, anche se è in qualche modo piacevole, rimane il più delle volte fine a sé stessa. Un sondaggio organizzato tra i responsabili delle Risorse Umane ha evidenziato che la prima causa di mancata soddisfazione del personale che partecipa ai corsi di formazione è la percezione di scarsa o nulla utilità degli argomenti trattati rispetto al lavoro svolto abitualmente. Questa percezione di mancato valore aggiunto del percorso formativo è un aspetto da non sottovalutare perché è sicuro motivo di disinteresse da parte del dipendente a partecipare ad ulteriori programmi di formazione, rafforzando in lui la convinzione che questi servono solo per finalità burocratiche.
mento. Senza motivazione non c’è apprendimento”.
identificare e specificare chiara-
“A volte le aziende non definiscono in modo chiaro quello che vogliono da un programma di sviluppo delle competenze quando scelgono un corso di formazione specifica - afferma Angelo Capraro, contitolare del centro di formazione Capraro CM di Agrigento. Ciò che rende la formazione veramente efficace è l’identificazione chiara dei risultati che sono collegati agli obiettivi organizzativi, fin dall’inizio dell’apprendimento. Poiché gli obiettivi possono cambiare nel tempo, i risultati dell’apprendimento devono essere periodicamente controllati ed aggiornati”. Non coinvolgere i lavoratori nello sviluppo della formazione
“Se il datore di lavoro rileva che esiste un problema specifico in azienda ed un consulente formatore arriva dall’esterno con la soluzione su una slide di PowerPoint che mostra ai lavoratori per pochi minuti aggiungendo le sue parole di esperto, ciò non offre nessuno spunto di miglioramento condiviso – afferma Barnaba Della Torre, senior trainer del centro di formazione Parmiani di Piantedo (So). Se i dipendenti non sono coinvolti nella progettazione e condivisione della formazione c’è il rischio di non promuovere in loro alcuna motivazione, prima fonte di apprendi-
“Questo è tanto più evidente quando il corso di formazione è standardizzato sulla base di uno schema prestabilito e replicato indipendentemente dall’azienda committente e dalle caratteristiche personali e professionali degli utenti – afferma Mirko Del Principe, senior trainer del centro di formazione Aerotecnica di Calenzano (Fi). Così facendo il formatore non sa nulla della società, della sua attività, della cultura aziendale e delle persone che ha di fronte: è un fornitore come tanti altri che propone i suoi servizi. Troppe aziende stanno andando in questa direzione – continua Del Principe – ed acquistano il percorso formativo esclusivamente in base al costo (il più basso) ed al tempo da dedicare (il minimo). Si perde così completamente il valore aggiunto dell’apprendimento mirato e personalizzato”. Non dare seguito alla formazione.
“Una formazione per essere efficace deve essere controllata, aggiornata costantemente e valutata in modo che gli obiettivi, in termini di prestazioni, conoscenze, abilità e comportamenti, siano implementati nel corso del tempo – afferma Daniele Provana, amministratore del centro di formazione Provana Quality Center di Izano (Cr). È dimostrato che l’apprendimento può essere facilmente dimenticato. Per que| 57
Formare il personale per il successo aziendale
“Oggi non è più una questione se fare o no formazione ma se ci si può permettere di non farla. La formazione fatta bene è senza dubbio un investimento che deve appartenere sia al datore di lavoro sia al lavoratore sia, in ultima analisi, anche alla collettività”.
sto ci devono essere un monitoraggio ed un aggiornamento continui per consolidare l’acquisizione delle nuove competenze”. Esigere i risultati troppo rapidamente. “Troppo spesso la formazione si propone solo di modificare i comportamenti delle persone ma sempre di più i lavoratori sono stanchi di tanta teoria così lontana dalla realtà del loro lavoro quotidiano” afferma Giacomo Maugeri, amministratore del centro d formazione Maugeri Macchine di Catania. Questo si traduce purtroppo in un distacco
tra il management aziendale ed il personale operativo, tanto che l’attività va avanti comunque, a dispetto di questi interventi. Le persone hanno stili di apprendimento individuali che sono culturalmente condizionati e quando una società adotta pratiche di formazione uniformi ignorando questi presupposti, allora la formazione può non essere efficace”. Rifiutare i cambiamenti “Uno dei maggiori problemi che condizionano l’esito della formazione è l’incapacità o il rifiuto di condividere e modi-
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ficare i modi di agire – evidenzia Paolo Peretti, direttore del Centro Formazione e Ricerca Merlo di Cuneo. Il lavoratore può imparare tutto sui nuovi modi di lavorare, di pensare e di comportarsi ma fino a quando non sarà in grado di condividere pienamente il cambiamento e mettere le sue competenze e le sue conoscenze in azione, continuerà ad entrare in conflitto con il “si è sempre fatto così”. Non tutti sono in grado di riconoscere che il loro comportamento, modo di lavorare o di pensare possono essere di ostacolo alla loro progressione profes-
SICUREZZA MACCHINE AGRICOLE
sionale – continua Peretti - il cambiare può essere un passo molto difficile da fare, perchè mette in discussione situazioni acquisite e può minacciare lo status quo”. La formazione è sempre un ottimo investimento. Oggi non è più una questione se fare o no formazione ma se ci si può permettere di non farla. La formazione fatta bene è senza dubbio un investimento che deve appartenere sia al datore di lavoro sia al lavoratore sia, in ultima anali-
si, anche alla collettività. Troppo spesso si ignora il valore sociale per il quale le persone crescono ed imparano con e per gli altri. L’acquisizione di nuove competenze permette di assumere maggiori responsabilità o di cambiarle, manifestando anche ottime opportunità per un avanzamento di carriera. Supportare il desiderio dei lavoratori di superare i loro inquadramenti attuali migliora la loro soddisfazione ed il loro impegno, senza dimenticare che la formazione attrae nuovi talenti facendo progredire e sviluppando la professionalità del pa-
trimonio umano. Senza formazione, nessuno sarà in grado di tenere il passo con le nuove sfide. Gli obiettivi della formazione sono quindi di importanza basilare per la crescita dell’azienda e lo sviluppo professionale dei lavoratori. L’organizzazione che li ignora e fà del trasferimento di conoscenza un puro e semplice trasferimento di problemi, è destinata a fallire.
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SAIE 2016 partecipa ai 70 anni di ANCE Comunicato stampa a cura di SAIE
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igitalizzazione, sostenibilità e sinergie Competenze e alleanze per il futuro delle costruzioni SAIE e i 70 anni di Ance. La manifestazione fieristica di Bologna, punto di riferimento nazionale per il mondo delle costruzioni, partecipa come sponsor al Settantennale della costituzione dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, celebrati alla Triennale di Milano il 16 giugno 2016 con l’evento “Verso il futuro. Idee e strategie per governare il cambiamento”. Una tappa importante di avvicinamento alla fiera di ottobre, condividendo con Ance l’urgenza di una prospettiva di filiera. “Festeggiamo con Ance questo importante anniversario e un percorso di collaborazione – dichiara Franco Boni, Presidente BolognaFiere – che ci ha visto protagonisti nei grandi cambiamenti che hanno attraversato il mondo delle costruzioni. L’innovazione del settore è da sempre al centro dell’attenzione di SAIE che, con le imprese e i professionisti, lavora, anche oggi, per una nuova competitività del settore. Efficienza energetica, sicurezza, sostenibilità, innovazione nei prodotti, nelle procedure e nelle tecnologie sono alcuni dei temi su cui operiamo per dare risposte concrete a un mercato in forte trasformazione”. “Il convegno di oggi, evento centrale delle celebrazioni per i 70 anni dell’Ance, vuole essere un’occasione per riflettere sulle strade che il settore delle costruzioni dovrà imboccare per essere all’altezza delle sfide del futuro. Per tornare competitivi in un mercato profon-
damente trasformato dalla crisi, molto più ristretto e selettivo, metodi e strumenti tradizionali non bastano più. Le imprese – dichiara Claudio De Albertis, Presidente Ance Nazionale - devono cambiare visione e approccio, rinnovando profondamente non solo i prodotti, ma anche i processi che devono essere improntati a criteri di assoluta efficienza. Innovazione tecnologica e digitale, ricerca, creatività, qualità sono le leve fondamentali che dobbiamo saper attivare se vogliamo assicurare un futuro alle nostre imprese e alle nostre città, che possono divenire protagoniste di un concreto piano di rigenerazione e di efficientamento energetico”. SAIE 2016: Professionisti e industria del mondo delle costruzioni si danno appuntamento a Bologna dal 19 al 22 ottobre per la 52esima edizione della manifestazione, occasione di informazione e formazione su tutte le novità dell’edilizia, dalla progettazione al cantiere, fino alla manutenzione e gestione delle opere. Innovazione e sostenibilità sono il motore della manifestazione fieristica che si conferma riferimento per il settore, compatto e determinato nel cambiare passo per rispondere ad un mercato in completa rivoluzione. SAIE 2016 sarà occasione di approfondimento su nuovi strumenti e procedure, con particolare attenzione al BIM viste le recenti novità introdotte dal Codice degli Appalti. SAIE 2016 accenderà un faro su tecnologie e materiali intelligenti, prodotti e macchine a basso impatto per raccontare attraverso l’esperienza della manifattu-
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ra italiana l’impegno e la sfida sui temi della rigenerazione urbana, della riqualificazione sostenibile, della protezione sismica e idrogeologica. Ancora, SAIE si propone come hub per la condivisione di idee, soluzioni e visioni per costruire smart building, per fare squadra dal basso, per la realizzazione di smart cities frutto della sinergia tra progettisti, impiantisti, artigiani, insieme a tutte le grandi aziende già affermate a scala internazionale. Il SAIE del prossimo ottobre sarà un appuntamento particolarmente atteso dopo il varo della nuova legge sui Codici degli Appalti che introduce elementi innovativi per il settore delle costruzioni e per tutta la filiera. “Superare il concetto del massimo ribasso trasferisce la sfida del mercato sulla qualità dei progetti, delle realizzazioni e dei prodotti. Anche l’introduzione della digitalizzazione dei cantieri farà fare un ulteriore salto di qualità a tutte le componenti dell’industria delle costruzioni. Da tempo gli associati di Federbeton dichiara Sergio Crippa, Presidente della Federazione delle Associazioni della filiera del cemento - stanno operando in un’ottica di continua implementazione della qualità e dell’innovazione sia dei prodotti sia dei processi. Il SAIE sarà il primo grande appuntamento che permetterà di approfondire e di verificare questo nuovo modello di business per tutta l’industria legata al settore edile”. Anche ANDIL sposa il tema dell’innovazione a livello di impresa e di sistema industriale. “ANDIL tra l’altro - spiega Luigi Di Carlantonio, Presidente dell’Asso-
ciazione Nazionale degli Industriali dei Laterizi - con la collaborazione delle sue aziende, è tra le prime organizzazioni ad aver creduto nel processo di efficientamento della filiera delle costruzioni e ha lavorato affinché i laterizi popolassero numerosi la prima piattaforma nazionale BIM, predisposta nell’ambito del progetto INNOVance, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico”. SAIE è una piattaforma che crea network virtuosi nell’intera filiera delle costruzioni e dell’ingegneria del territorio. In questa sfida un ruolo importante lo sta giocando l’Associazione Ingegneria Sismica Italiana (ISI) che ha curato la Segreteria Tecnica del Gruppo di Studio che lo scorso anno ha presentato al Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio una bozza delle linee guida per la Classificazione Sismica. “Nei giorni scor-
si – dichiara Luca Ferrari, Presidente ISI - sono arrivate dichiarazioni importanti dal MIT che ci confermano che le linee guida sono ad oggi all’esame degli uffici tecnici del Ministero e verranno a breve rese pubbliche. Nel 2016 la collaborazione SAIE-ISI si rafforza: “La manifestazione fieristica – commenta Ferrari – è centrale per sensibilizzare l’intera filiera, la classe politica e l’opinione pubblica sulla necessità di adottare una seria politica di prevenzione nei confronti del rischio sismico”. SAIE è fiera di prodotti e tecnologie, è luogo di incontri B2B e di seminari specializzati. Di anno in anno i temi di punta emergono al test del mercato e l’iniziativa “All Digital Smart Building”, che integra impiantistica e telecomunicazioni, ne è una conferma. “Dopo tre anni di SAIE, la nostra scommessa è vinta: il rin-
novamento impiantistico è tra i pochi in crescita nel settore dell’edilizia e può essere il traino per quelle iniziative di riqualificazione e rigenerazione ampiamente auspicate. Se nel 2020 il fatturato legato all’Internet delle case arriverà al 5,4% del PIL, l’impiantistica online avrà solo un futuro in crescita”. Così Luca Baldin, coordinatore dell’area, spiega quanto sia prioritaria l’attenzione agli impianti, inserita in una rete di telecomunicazioni. “Come funzionano gli edifici” non è secondario rispetto al “come sono fatti”, ecco perché SAIE diventa piazza di formazione per i grandi colossi che operano nel campo della digitalizzazione degli edifici e per le migliaia di Pmi che lavorano nel campo della progettazione e installazione di impianti.
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I Convegni di IPAF ad Ambiente Lavoro 2016 a cura di IPAF
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ome di consueto, IPAF sarà presente all’annuale edizione di Ambiente Lavoro (Bolognafiere 19–21 Ottobre 2016) con uno stand informativo e un ricco programma di seminari, effettuati nella saletta adiacente allo stand. Ecco il programma dei convegni, proposti alle figure professionali che operano nel settore del sollevamento aereo, ai consulenti alla sicurezza, al personale addetto ai controlli. Il convegno sui Dispositivi di Protezione Individuale di giovedì prevede la partecipazione di un relatore di Associazione Linee Vita. Sul sito www.ipaf.org/it tutte le informazioni per prenotarsi in tempo utile fino a esaurimento dei posti dispo-
nibili. Mercoledi 19 Ottobre 10.00-12.00 SBARCARE IN QUOTA DA UNA PIATTAFORMA AEREA Il convegno inquadra lo stato dell’arte sulla tematica al centro di riflessioni e iniziative verso la definizione di un approccio regolamentato che tenga conto del presidio dei rischi nel suo complesso. Giovedì 20 Ottobre 10.00-12.00 I SISTEMI DI PROTEZIONE E I DISPOSITIVI ANTICADUTA NELL’USO DI PLE
Quali sono i DPI da utilizzare correttamente durante i lavori in quota sui mezzi di accesso aereo? Cosa dicono le norme e cosa suggeriscono i costruttori, anche in riferimento alla loro manutenzione e verifica. Venerdì 21 Ottobre 10.00-12.00 IN SICUREZZA SULLE PLAC Le fasi di montaggio, di utilizzo e di smontaggio in sicurezza dei ponteggi auto sollevanti e delle piattaforme di lavoro su colonna e la specifica formazione promossa da IPAF in collaborazione con i principali costruttori.
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