Notiziario sulla Sicurezza | SETT-OTT 2016

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Anno VIII | numero 5 Settembre | Ottobre 2016 ISSN 2283-9356

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Fernando Cordella Membro Commissione Tecnica AIFES Medicina del Lavoro Giovanna Pirana Polo Chirurgico Confortini

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02 | Il Notiziario sulla Sicurezza | settembre - ottobre 2016


Sommario 52 Il mercato deve cambiare, ecco la road map di Conviper

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54 Dall’edilizia ai progetti

Sicurezza sul lavoro: attenzione a chi ci si affida, Aifes certifica la propria formazione

speciali

NON C’E’ RESPONSABILITA’ PENALE SE SONO STATE ASSUNTE TUTTE LE CAUTELE POSSIBILI

55 L’amministratore di

condominio del futuro in un mondo digitale

FIERA “AMBIENTE LAVORO” Bologna, 19/21 ottobre 2016 AIFES patrocina due convegni

56 Aspettando Saie 2016: 57 59

il mercato delle costruzioni in legno Aspettando Saie 2016: con il Bim un nuovo mercato e opportunità per tutta la filiera Dal cantiere tradizionale all’industria, innovazione tecnologia per gli strumenti di misura

60 Entro fine anno la norma

Uni sul BIM. Appuntamento al Saie per un confronto con AIST

61 Economia circolare

nell’edilizia. Obiettivo internazionale e opportunità per le aziende

63 Trent’anni di Saie, Acca

spiega perché sceglie la fiera bolognese

L’editoriale

Formazione a distanza su Prevenzione Incendi. Le prescrizioni del Dipartimento dei Vigili del Fuoco Nuovo Accordo Stato Regioni in materia di formazione degli RSPP

17 Antincendio | Fernando Cordella

20 Spazio Confinato | Adriano Paolo Bacchetta

28 Psicologia del Lavoro | Piergiorgio Frasca

32 Piattaforme PLE | IPAF Italia

36 Sicurezza Macchine | Massimo Granchi, Christian Trinastich

41 Formazione sulla Sicurezza sul Lavoro | Mario Romeo

46 Medicina del Lavoro | Giovanna Pirana

48 Nel segno della prevenzione | Paolo Peretti

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L’editoriale Buongiorno a tutti care lettrici e cari lettori, Il numero di Settembre - Ottobre per noi è partecipazione al Saie Di Bologna. Un invito a trovarci a tutti i nostri abbonati e lettori della nostra rivista, i nostri riferimenti dello stand li troverete in copertina. L’editoriale che leggerete sarà un contributo scritto a due mani: Presidente Aifes che focalizzerà l’attenzione sulla formazione e il mio come direttore della rivista che analizzerà come potrebbe cambiare tutto attraverso la prossima riforma costituzionale qualora vinca il si al referendum. Sinceramente non credo ci volessero due anni di “gestazione” per tirare fuori un documento che non risolve un solo problema strutturale in materia di formazione. Personalmente, con lo stesso tempo ho dato alla luce due splendidi bambini, a dimostrazione che quando le cose si vogliono far bene, bastano pochi mesi e non ci vogliono anni. In attesa che insieme al Prof. Fabrizio Bottini, per gli aspetti più squisitamente giuridici ed al nostro Comitato Tecnico Aifes per quelli operativi, si possano licenziare in modo più compiuto le nostre riflessioni, voglio richiamare l’attenzione dei lettori su un paio di questioni, come si dice, di getto! La prima riguarda la qualificazione dei soggetti formatori di derivazione sindacale, da sempre al centro di polemiche per la difficoltà di accertarne la qualità associativa e quindi formativa, sui i quali si è accennato ad una timida definizione senza però affondare il coltello nel marcio. Il tema è molto sentito soprattutto dai datori di lavoro e dai loro professionisti per la difficoltà oggettiva di accertarne la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa perché possano legittimamente coadiuvare l’azione formativa. Sarebbe bastato applicare la procedura già in uso presso la Regione Piemonte per scardinare il castello di carte che consente a molti di fare soldi disonesti sulla pelle dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei professionisti seri che se ne avvalgono in buona fede per la gestione delle procedure formative. Invece niente, se non una timida regolamentazione delle strutture di diretta emanazione sulle quali voglio proprio vedere chi vigilerà e soprattutto quando. Capita raramente infatti, ed è un male, che gli organismi di vigilanza richiedano ai soggetti formatori di dimostrare i propri requisiti. Un altro aspetto riguarda l’elenco delle classi di laurea idonee all’esonero dalla frequenza dei corsi di formazione moduli A e B. Sono state introdotti corsi per i quali non è previsto neanche un solo esame in materia di salute e sicurezza. Uno schiaffo in faccia a chi ha studiato, si aggiorna e accresce la propria professionalità sul campo, nella difficile pratica quotidiana. Infine, gli enti bilaterali e gli organismi paritetici: il nuovo accordo prevede, che questi soddisfino il requisito della maggiore rappresentativa comparata. Che vuol dire? Chi la misura? Chi difende i lavoratori, i datori di lavoro e i professionisti dalla miriade di auto dichiarati organismi comparativamente maggiormente rappresentativi? Ci volevano due anni per scrivere queste banalità??? Ancor peggio ha deciso di “eliminare qualsiasi riferimento agli enti bilaterali in quanto non contemplati dal d.lgs.81/08” dimenticando che gli enti bilaterali operano in materia di sicurezza sul lavoro, in forza di una legge ( comma h, art.2 “Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 – Occupazione e mercato del lavoro), che nessun ASR può modificare. Meglio sarebbe stato richiamare la funzione trascurando la denominazione. Pazienza. In un precedente editoriale segnalavo quanto accaduto Il 12 aprile 2016 la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge per la riforma costituzionale che riguarda anche diversi aspetti rilevanti in materia di salute e sicurezza. Con la riforma costituzionale che cosa potrebbe cambiare e cosa rimarrebbe invariato per gli addetti ai lavori? Cosa cambierebbe in Italia con il ritorno della sicurezza sul lavoro tra le competenze esclusive dello Stato? Praticamente con la riforma verrebbero cancellate le precedenti “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni, che in questi anni avevano provocato non pochi contenziosi anche in relazione al mondo della sicurezza sul lavoro. Il ritorno alla competenza esclusiva dello Stato è stata stimolata in questi anni anche dalle relazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle morti bianche (argomento attinente all’Associazione Linea Vita) una Commissione monocamerale che più volte ha puntato il dito sulla mancanza di uniformità da parte delle Regioni nell’applicazione della legislazione concorrente. La conclusione è che fintanto la materia “sicurezza sul lavoro” sarà un mezzo per fare solo business , la cultura della sicurezza farà acqua da tutte le parti a scapito dei lavoratori. Arianna De Paolis Presidente AIFES Gaspare Vannicola Direttore Responsabile 04 | Il Notiziario sulla Sicurezza | settembre - ottobre 2016


Sicurezza sul lavoro:

attenzione a chi ci si affida, Aifes certifica la propria formazione a cura di Paolo Varesi - Esperto in contrattazione collettiva e mercato del lavoro Esperto in discipline giuridico prevenzionali Manager della Sicurezza

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l tema della qualità formativa dei lavoratori è tanto attuale quanto lo è il numero, enorme, di incidenti più o meno gravi che ogni anno si verificano nei luoghi di lavoro o per motivi di lavoro. Eventi che spesso determinano la chiusura dell’impresa. Il tema dal nostro punto di vista è strettamente legato a quello della responsabilità dei soggetti, delegati dai datori di lavoro ad operare in loro vece, affinché la formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza, sia effettivamente sufficiente ed adeguata anche in merito ai rischi specifici. Non a caso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, in sede di definizione dell’accordo in materia di formazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 è intervenuta sulle modalità formative, sui requisiti dei docenti, sull’organizzazione della formazione e sull’articolazione del percorso formativo, prevedendo, ad esempio, che la durata della formazione e le modalità di effettuazione siano in funzione dei rischi specifici riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. Tali aspetti e rischi specifici devono costituire oggetto della formazione anche con riferimento ai rischi individuati in sede di redazione del documento di valutazione. Anche su questo versante la responsabi-

lità del datore di lavoro è chiara ed inequivocabile. Per questo motivo desta molta curiosità la leggerezza con la quale molti datori di lavoro delegano un compito così delicato, per le conseguenze che si possono determinare, senza verificare nel dettaglio se i soggetti incaricati siano effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla legge, sia in capo ai formatori che agli enti formativi. Proprio per offrire queste garanzie Aifes, riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico, associazione professionale, garantisce sotto la propria responsabilità legale il possesso dei requisiti richiesti dalla legge ai formatori, assicurando l’utente anche in relazione al rispetto delle regole deontologiche, dei principi di buona fede, della correttezza, della responsabilità’ del professionista, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza. Aifes promuove, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottando un codice di condotta ai sensi dell’art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vigila sulla condotta professionale degli associati e stabilisce le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice. Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, Aifes rilascia, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilità’ del proprio rappresentante legale, un’attestazione relativa agli stan-

dard qualitativi e di qualificazione professionale che i propri iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione. Per questo motivo i datori di lavoro che si rivolgono ai professionisti Aifes, non corrono alcun rischio in caso di verifica da parte degli organismi di vigilanza, in quanto vengono rispettati tutti i criteri previsti dalla legge affinché la formazione possa definirsi sufficiente ed adeguata. Aifes è presente in tutto il territorio nazionale con oltre 300 sedi e centri di alta formazione, si avvale della competenza di qualificati organismi paritetici quali sono Enbic ed Enbims garantendo la migliore collaborazione a quei datori di lavoro che credono nei propri dipendenti e tengono alla loro salute.

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NON C’E’ RESPONSABILITA’ PENALE SE SONO STATE ASSUNTE TUTTE LE CAUTELE POSSIBILI a cura di Redazione AIFES

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questa la conclusione alla quale è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione con una sentenza del 3 marzo 2016, emessa a seguito di un ricorso relativo ad un grave infortunio occorso ad un lavoratore, grazie alla quale sono stati assolti sia il datore di lavoro che il RSPP che, a giudizio dei magistrati, avevano assunto tutte le cautele possibili prima che si verificasse l’evento. I fatti: Un dipendente con la qualifica di elettricista manutentore si è recato su disposizione del proprio datore di lavoro presso il capannone di un cliente per effettuare un sopralluogo finalizzato al montaggio di alcuni faretti all’esterno del medesimo capannone. L’operaio, avvalendosi di un cestello con braccio meccanico oleodinamico ha raggiunto il tetto del capannone e, del tutto autonomamente, “ha deciso, forse per fare più in fretta, o comunque incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorrendo il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che

inevitabilmente si sono sfondate”. L’operaio è precipitato al suolo da un’altezza di circa 7 metri procurandosi gravi lesioni. Nel corso del lungo processo è inconfutabilmente emerso che il lavoratore infortunato era un tecnico preparato ed “era un soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro, essendo stato egli stesso nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della sua azienda”. I giudici, di merito e di legittimità, si sono posti la seguente domanda: “..che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza fare

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affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l’incidente?” Ovviamente una siffatta domanda (e la conseguente risposta!) è indispensabile per l’individuazione di eventuali responsabilità in capo ad DDL e al RSPP, soprattutto alla luce del rimodulato “spirito” della norma di riferimento che è passato da un modello iperprotettivo ( che inquadrava il datore di lavoro come un soggetto sul quale gravava un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori) ad un modello più collaborativo che prevede una più efficace ripartizione degli obblighi protezionistici in capo a tutti i soggetti interessati, ivi compresi i lavoratori. Questo nuovo impianto, confermato anche da recenti sentenze della Corte di Cassazione, ovviamente “….non esclude il permanere della responsabilità del datore di lavoro laddove la carenza dei dispositivi di sicurezza, o anche la mancata adozione degli stessi da parte del lavoratore, non può certo


“Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore”.

essere sostituita dall’affidamento sul comportamento prudente e diligente di quest’ultimo (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015).” Se a ciò aggiungiamo anche che in giurisprudenza si è passati dal principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al più moderno e completo concetto di “area di rischio” che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva e a dichiarare nel DVR e che tutto ciò si combina con la necessità di delimitare le reciproche responsabilità (di tutti gli attori della sicurezza), il quadro appare molto più chiaro e si completa, ancor di più, con la classificazione dei comportamenti del lavoratore in “esorbitante” e “abnorme”. Laddove il primo individua le condotte che escono dall’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartiti dal datore di lavoro, mentre il secondo concerne quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si pongono del tutto al di fuo-

ri di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore , come in passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponde dell’evento derivante da una condotta abnorme del lavoratore. La Corte di Cassazione tiene però a ribadire, per evitare un’interpretazione troppo estensiva dei principi sin qui enunciati, “…che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (cfr. ex multis questa sez. 4, n. 7364 del 14.1.2014, Scarselli, rv. 259321).”

Nel caso in esame, quindi, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il datore di lavoro e il RSPP avevano correttamente assunto ex ante tutte le cautele possibili, ciascuna per la parte di competenza , facendo propria la ricostruzione del Tribunale che aveva accertato come non fosse indispensabile salire sul tetto dal momento che il datore di lavoro, anche alla luce dell’esito del sopralluogo e in considerazione della natura dei lavori da svolgere, aveva predisposto l’impiego dell’elevatore oleodinamico con piattaforma. E’ quindi del tutto evidente che il lavoratore esperto, nel caso di specie, abbia tenuto un comportamento abnorme, nel senso si qui delineato e che, conseguentemente, nessuna responsabilità penale possa essere ascritta al datore di lavoro e al RSPP.

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FIERA “AMBIENTE LAVORO” Bologna, 19/21 ottobre 2016 AIFES patrocina due convegni a cura di Redazione AIFES

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i saremo anche noi di AIFES alla fiera organizzata a Bologna da “Ambiente Lavoro” nel Salone della salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro, per dare il nostro contributo di idee e di esperienza in un settore vitale per il corretto sviluppo del nostro sistema produttivo. Si tratta di due convegni organizzati in partnership con il consorzio “Centro Studi per l’Alta Formazione”, validi ai fini dell’aggiornamento RSPP/ ASPP/RLS ed accreditati presso il Consiglio Nazionale Ingegneri e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna con conseguente riconoscimento di crediti formativi. Tutto esaurito per entrambi gli eventi, a testimonianza del grande

interesse degli operatori del settore per i temi prescelti e, contemporaneamente, un esplicito riconoscimento della qualità e serietà del nostro operato. Il nuovo codice degli appalti pubblici e il sistema di qualificazione delle imprese Lo spunto di partenza è stato la recente emanazione del Nuovo Codice degli appalti pubblici, il d.lgs. del 18 Aprile 2016, n. 50, che disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione. L’im-

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mediatezza della entrata in vigore del corposo testo normativo, in assenza di vacatio legis, costituisce la prima criticità per tutti gli operatori che, nel breve periodo, si troveranno a dover applicare le numerose novità della riforma, non potendo fare affidamento su un adeguato periodo di metabolizzazione. Il d.lgs. n. 50/2016 è infatti suddiviso in sei parti e composto da 220 articoli e 25 allegati, nel cui ambito spiccano, in primis, numerosi richiami alle norme del d.lgs. n. 81/2008 e alla materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare all’art. 26 e alle disposizioni normative in tema cantieri temporanei e mobili. Il contenuto innovatore del testo di legge è però ben più ampio e articolato considerato che vengono affrontati molteplici aspetti delle procedure selettive e di affidamento e che ampio spazio viene dedicato alle tematiche dei subappalti e del lavoro nonché alla determinazione costo del lavoro, clausole sociali e stabilità occupazionale, valutazione delle anomalie riferite al costo lavoro e sicurezza sul lavoro, garanzie crediti retributivi e contributivi dei lavoratori e subappalto. In questo contesto si inscrive il seminario patrocinato da AIFES che si propone, partendo dal più aggiornato dato legislativo, di mettere a disposizione dei partecipanti strumenti per una gestione pratica e allo stesso tempo coerente con la legge sulla materia degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, privilegiando la trattazione delle tematiche di salute e sicurezza.


“Il seminario è rivolto a tutte le figure interessate alla gestione degli adempimenti e delle procedure legate ad appalti pubblici in azienda”. Il tutto verrà presentato con una esposizione interattiva e fondata su esempi da discutere, tenendo conto dei più recenti orientamenti contenuti negli “interpelli” e dei precedenti ispettivi e giurisprudenziali. Il seminario è rivolto a tutte le figure interessate alla gestione degli adempimenti e delle procedure legate ad appalti pubblici in azienda e in particolare ai professionisti, consulenti del lavoro, architetti, ingegneri, avvocati, RSPP e ASPP, Coordinatori di cantiere che si trovino quotidianamente a fronteggiare la materia. L’impatto del “JOBS ACT” sulla disciplina della sicurezza: Profili Prevenzionistici e Contrattuali L’entrata in vigore del Jobs Act e dei relativi decreti attuativi ha introdotto diverse novità in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In realtà, se alcuni interventi più limitati hanno riguardato in modo chiaro e diretto la disciplina del Testo Unico di sicurezza - per profili tecnici specifici afferenti agli adempimenti per la corretta gestione della prevenzione e alla tenuta della documentazione - sono in particolare l’abrogazione di alcune tipologie contrattuali co.co.pro., la modifica significativa di altre (lavoro a termine, lavoro occasionale e somministrazione di manodopera) e la modifica della disciplina delle mansioni e del controllo a distanza del lavoratore a produrre maggiori incertezze operative sul versante della sicurezza. Non sono estranee poi, a questo scena-

rio, anche le previsioni che riguardano il ruolo della contrattazione collettiva e del welfare aziendale, oltre che le più recenti prospettive di sviluppo dello smart working e del lavoro autonomo. Questi temi infatti delineano, nel loro complesso, un nuovo modo di lavorare e l’evoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro, portando con sé implicazioni pratiche consistenti con cui i datori di lavoro e i professionisti della sicurezza si devono necessariamente misurare per una efficace gestione della prevenzione. In questo contesto si inscrive il seminario patrocinato da AIFES che si propone, partendo dal più aggiornato dato legislativo, di mettere a disposizione dei partecipanti strumenti per una gestione pratica e allo stesso tempo coerente con la legge sulla materia.

Anche in questo caso verrà adottata una esposizione interattiva e fondata su esempi da discutere, tenendo conto dei più recenti orientamenti pubblici “interpelli”, precedenti ispettivi e giurisprudenziali. Il seminario è rivolto a tutte le figure interessate alla gestione degli adempimenti e delle procedure legate ad appalti pubblici in azienda e in particolare ai professionisti, consulenti del lavoro, architetti, ingegneri, avvocati, RSPP e ASPP, che si trovino quotidianamente a fronteggiare la materia. Iper qualificato il tavolo dei relatori per entrambi i convegni: avv. Lorenzo Fantini, Prof. Fabrizio Bottini, dr.ssa Maria Giovannone, dr. Paolo Varesi, dr.ssa Arianna De Paolis, dr. Vincenzo Caratelli, ing. Angelo Freni.

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Formazione a distanza su Prevenzione Incendi Le prescrizioni del Dipartimento dei Vigili del Fuoco a cura di Redazione AIFES

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llo scopo di assicurare i migliori standard qualitativi in linea con la primaria esigenza di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, in attuazione dell’art. 7 del D.M. 5 agosto 2011, ha recentemente emanato la circolare 7888 del 22 giugno 2016 con la

quale fornisce precise indicazioni sulle modalità di svolgimento della formazione a distanza in materia di corsi e seminari di aggiornamento sulla prevenzione incendi. Al riguardo corre l’obbligo di rammentare che, a mente del prefato art. 7 “... Per il mantenimento dell’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno, i professionisti devono effettuare corsi o seminari di aggiornamento in materia di prevenzione incendi della durata complessiva di almeno quaranta ore nell’arco di cinque anni dalla data di iscrizione nell’elenco o dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per coloro già iscritti a tale data. ... I programmi dei corsi e dei seminari di aggiornamento tengono conto della innovazione tecnologica e degli aggiornamenti normativi e sono stabiliti con provvedimento del Dipartimento, sentiti i Consigli nazionali delle professioni elencate all’art. 3. ... Per comprovare l’effettuazione del corso o del seminario di aggiornamento, l’interessato trasmette all’Ordine o al Collegio professionale provinciale di appartenenza il relativo attestato di frequenza, rilasciato dal soggetto organizzatore... Il Dipartimento può effettuare controlli sul corretto adempimento, da parte dei soggetti organizzatori, in ordine a quanto stabilito dal presente decreto per l’organizzazione dei corsi base e di aggiornamento nonché dei seminari di aggiornamento…“ In relazione a quanto precede, con la circolare del 22 giugno 2016, sono state

fornite puntuali indicazioni sulle modalità di erogazione in streaming per corsi e seminari di aggiornamento ex art. 7 D.M. 5 agosto 2011, prevedendo il ricorso alla modalità streaming sincrona a condizione che i discenti frequentino il corso con presenza presso una o più sedi individuate dal soggetto organizzatore e che un rappresentante di quest’ultimo provveda presso ciascuna sede alla verifica dell’effettiva presenza dei partecipanti a tutta la durata dell’evento. (…) Analoghe procedure valgono per i seminari di aggiornamento in streaming sincrono. In questo caso i discenti assistono al seminario presso una o più sedi individuate dal soggetto organizzatore. Un rappresentante dello stesso soggetto organizzatore provvederà alla verifica della effettiva presenza dei partecipanti a tutta la durata dell’evento. Nella circolare in questione è infine precisato che, ad integrazione di quanto già previsto (…) il soggetto organizzatore dovrà inviare alla Direzione regionale VV.F. competente la richiesta di autorizzazione del corso o del seminario comprendente anche l’indicazione delle sedi presso cui i discenti parteciperanno all’evento formativo. Nel caso di corsi organizzati congiuntamente da più soggetti organizzatori non tutti afferenti territorialmente ad un’unica Direzione regionale VV.F., la richiesta di autorizzazione dovrà essere inviata alla Direzione regionale VVF competente per territorio del soggetto organizzatore che si qualifica come “operatore di riferimento”.


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Nuovo Accordo Stato Regioni in materia di formazione degli RSPP a cura di Fabrizio Bottini - Docente universitario in legislazione prevenzionale Direttore Nazionale Ufficio Giuridico AIFES

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opo tanta attesa finalmente è stato licenziato l’Accordo sulla durata ed i contenuti minimi per percorsi formativi per responsabili ed addetti dei servizi di prevenzione e protezione. Seppur non ancora definitivo, da una prima attenta lettura l’Accordo presenta degli elementi di novità significativi e tante zone d’ombra che andranno chiarite. Deluso, però, chi si aspettava grandi stravolgimenti in materia che non ci sono stati e non ci saranno, presumibilmente, almeno che il testo in esame non venga stravolto. Innanzitutto: Titolo di studio: pressoché confermate le “vecchie” previsioni. L’unica certezza appare il diploma di scuola media superiore. Per i corsi specifici adeguati alla natura dei rischi, nulla di nuovo. Speriamo, solo, vivamente che i proponenti organizzatori vadano ben oltre la mera didattica che ad oggi, ha comportato scarsi risultati in ordine alla

adeguatezza del corso. Alzi la mano l’RSPP che possa dire che la frequenza dei vari moduli B abbia fugato ogni dubbio sui rischi e le relative misure preventive e protettive, ai quali lo stesso modulo si è rivolto. Opportunità e-learning – valida solo se espressamente prevista da norme e Accordi Stato-Regioni e dalla Contrattazione collettiva. Il richiamo alle parti sociali è forte e preciso. Ad oggi nessun Contratto Collettivo (o quasi) si è mai soffermato nel dettaglio analitico di come gestire attività formative e con quali modalità. Auspichiamo che sia uno spunto migliorativo di cui tenerne debito conto. L’impressione che si ha è quella di avere perso, ancora una volta, una grande opportunità. A livello europeo è stato sancito a chiare lettere. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, se ben utilizzate e strutturate, possono modificare in maniera significativa i tradizionali processi didattici e dare vita a nuovi e validi modelli di apprendimento, basati su processi interattivi e pratico – funzio-

nali, sia nella istruzione a distanza sia, in via più generale, nell’insegnamento tecnologicamente assistito. Ben venga, quindi, l’opportunità e-learning. Ricordiamo come negli anni 2000-2001 la Commissione europea pose l’e-learning come asse portante della politica dell’Unione in tema di cultura, istruzione e società della informazione. Quello che ci auguriamo è che gli Accordi Stato Regioni, vadano a regolamentare la materia formativa c.d. a distanza, in modo che la stessa diventi utile strumento formativo e non elusivo di un obbligo precipuo, come in alcuni casi abbiamo assistito. Altro auspicio in ordine ai futuri decreti attuativi e/o interventi ministeriali, risiede nella speranza che venga messo a tacere lo scempio normativo al quale abbiamo assistito fino ad oggi. La possibilità che le Regioni possano legiferare in materia prevenzionale ha fatto si, non solo che la norma prevenzionale sia apparsa frammentata nel territorio nazionale (come in una sorta di pseudo federalismo) ma che l’applicazione della relativa sanzione sia stata assoggetta a criteri diversificati da regione a regione e questo, come ampiamente risaputo, il nostro ordinamento non lo consente e non lo deve permettere. Ricordiamo, infatti, che le leggi regionali, nonostante rappresentino l’esercizio di una vera e propria potestà legislativa attribuita alle regioni, trovano un limite nel nuovo testo dell’art. 117, comma 2, cost., introdotto con la l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3 che ha ribadi-

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to la potestà esclusiva dello Stato nella materia penale. Allo stato attuale, pertanto, le regioni possono presidiare i propri precetti soltanto mediante il ricorso alla sanzione amministrativa. Classi di laurea. L’art. 32 identifica le classi di laurea il cui possesso esonera dalla frequenza ai corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Grandi dubbi sull’articolo in esame si palesano lì dove gran parte dei percorsi universitari non garantiscono un insegnamento in materie prevenzionale così articolato ed esaustivo, tanto da comportare un esonero in tal senso. Grandissime perplessità sul capoverso successivo. Quello in cui si introduce come titolo di esonero, il possesso di un certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami relativi ad uno o più insegnamenti specifici del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti previsti nel presente accordo. Cosa si intende per certificato universitario? Una dichiarazione? Una attestazione? Una autocertificazione?? Ovvero qualsiasi altro elemento che comprovi la trattazione della materia prevenzionale. Parlando della classe di laurea in giurisprudenza, per esempio, questo equivarrebbe a dire che uno studente che abbia seguito l’insegnamento in diritto internazionale del lavoro, all’interno del quale risiedono tutti i caposaldi della normativa prevenzionale nonché della

valutazione del rischio, possa ritenersi esonerato dei moduli di cui sopra?? INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI ACCREDITAMENTO Sono soggetti formatori del corso di formazione e dei corsi di aggiornamento: a) le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anche mediante le proprie strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione (Aziende Sanitarie Locali, etc.) e della formazione professionale di diretta emanazione regionale o provinciale; b) gli Enti di formazione accreditati in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009; c) le Università; d) le scuole di dottorato aventi ad oggetto le tematiche del lavoro e della formazione; e) le istituzioni scolastiche nei confronti del personale scolastico e dei propri studenti; f ) l’INAIL; g) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco o i corpi provinciali dei vigili del fuoco per le Province autonome di Trento e Bolzano; h) l’amministrazione della Difesa; i) le amministrazioni statali e pubbliche di seguito elencate, limitatamente al personale della pubblica amministrazione sia esso allocato a livello centrale che dislocato a livello periferico: - Ministero del lavoro e delle

politiche sociali; - Ministero della salute; - Ministero dello sviluppo eco nomico; - Ministero dell’interno: Dipar timento per gli affari interni e territoriali e Dipartimento del la pubblica sicurezza; - Formez; - SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione); l) le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; a) gli enti bilaterali, quali definiti all’art. 2, comma 1, lettera h, del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276 e successive modifiche e integrazioni, e gli organismi paritetici quali definiti all’art. 2, comma 1, lettera ee), del d.lgs. n. 81/2008 per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2008, limitatamente allo specifico settore di riferimento b) i fondi interprofessionali di settore nel caso in cui, da statuto, si configurino come erogatori diretti di formazione; c) gli ordini e i collegi professionali. L’elenco riportato richiede di soffermarsi su alcuni punti di fondamentale importanza. Segnatamente sulla lettera l) ed m). Si è cercato di intervenire limitando una proliferazione di associazioni sindacali che con la “scusa” dell’art. 39 della Carta Costituzionale sono state appositamente create per la mera erogazione di attività formative. In parte l’intervento è riuscito ma la strada per una risoluzione

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“Condivisibile appare l’indicazione secondo la quale, i soggetti aventi diritto, possono effettuare le attività formative e di aggiornamento direttamente o avvalendosi di strutture formative di loro diretta ed esclusiva emanazione”. definitiva è lontana a terminare. Quello che sorprende e non poco, è che per l’ennesima volta sia stato fatto rilevare come venga data rilevanza alla consistenza numerica degli associati nelle singole OO.SS. La Corte di Cassazione, in tal senso, si è pronunciata già nel lontano 1991 con la sentenza n. 7622, ovvero: Il carattere di maggiore rappresentatività dell’organizzazione sindacale - che, ai sensi dell’art. 19 della l. 20 maggio 1970 n. 300, condiziona la legittimazione alla costituzione di una rappresentanza nell’unità produttiva dell’azienda e che va rilevato con riguardo alla posizione della confederazione cui aderisce l’associazione medesima, senza che ciò violi gli art. 39 e 41 Cost. - non è legato in modo decisivo alla consistenza numerica del sindacato, assumendo, invece, rilevanza sia l’equilibrata consistenza associativa in tutto l’arco della categoria che la confederazione è istituzionalmente deputata a tutelare, sia la significativa presenza territoriale, distribuita sul piano nazionale (e non localizzata soltanto in una determinata area geografica), sia l’attività di autotutela sindacale, consistente, in particolare, nella sottoscrizione di contratti collettivi, o anche nella mera adesione successiva a contratti stipulati da altre organizzazioni, sia, infine - come mero elemento indiziario - l’emissione del decreto del Ministro del lavoro che accerti i requisiti di rappresentatività di cui all’art. 2 della l. 18 novembre 1977 n. 902. La sentenza in esame, sembra, scongiurare in una volta sola due dei punti

riportati nell’Accordo in esame: 1. consistenza numerica degli associati delle singole OO.SS.; 2. ...esclusa la rilevanza della firma per mera adesione, essendo necessario che la firma sia il risultato finale di una partecipazione ufficiale alla contrattazione. Tale criterio non pregiudica la possibilità delle singole organizzazioni datoriali o sindacali di dimostrare la propria rappresentatività secondo altri consolidati principi giurisprudenziali. Condivisibile appare l’indicazione secondo la quale, i soggetti aventi diritto, possono effettuare le attività formative e di aggiornamento direttamente o avvalendosi di strutture formative di loro diretta ed esclusiva emanazione (prevalentemente o totalmente partecipate). Queste ultime strutture devono essere accreditate secondo i modelli definiti dalle Regioni e Province autonome ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GU del 23 gennaio 2009, anche se il fruitore potrebbe essere facilmente tratto in inganno dal fatto che non esista un elenco ufficiale sul quale trovare evidenza di chi siano i soggetti formatori con detti criteri di rispondenza. Basterebbe, forse, ricalcare lo stesso criterio utilizzato dal nostro legislatore nell’individuazione delle Associazioni che possono rilasciare attestazioni in base alla legge 4/2013. Le stesse risiedono all’interno del Sito del Ministero dello sviluppo economico con evidenze oggettive dei requisiti normativamente previsti per l’esercizio della funzione ri-

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chiesta. Stesso identico discorso applicabile agli Organismi Paritetici di cui tanto si è scritto e discusso ma che restano ampiamente sottovalutati in ordine alla loro originale, preziosa funzione, di supporto ed assistenza datoriale. Un altro punto su cui riflettere e sul quale bisognerà fare chiarezza è il seguente: ...strutture formative di loro diretta ed esclusiva emanazione (prevalentemente o totalmente partecipate). Queste ultime strutture devono essere accreditate secondo i modelli definiti dalle Regioni e Province autonome… Nulla da eccepire in ordine all’accreditamento necessario purché lo stesso sia ottenuto sulla scorta di criteri di uniformità tra le diverse regioni che, ad oggi, sono state a dir poco frammentarie in tal senso. La disparità a tal proposito indurrebbe, infatti, nel pericoloso baratro il soggetto formatore che in possesso dei requisiti normativamente previsti in ordine alle diverse articolazioni territoriali dovesse trovarsi a far fronte ad una miriade di schemi di accreditamento, tanti quanti, sono le Regioni interessate. Continuando nella lettura dell’Accordo, fortunatamente, viene inglobato il requisito previsto dal Decreto interministeriale del 6 marzo 2013, in ordine alla qualificazione del docente ed ai criteri di organizzazione dei corsi, così come già ampiamente sperimentato sugli Accordi Stato Regioni relativi alla formazione dei lavoratori ed all’utilizzo delle attrezzature.


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La nostra missione:

Garantire una sicurezza che Salva la Vita!

Associazione LineaVita

Sede operativa: Via Doberdò 22, 20126 Milano Tel/Fax +39 02.89055936 segreteriasoci@lineavita.org www.lineavita.org

L’Associazione Linea Vita è un’Associazione No-Profit che si prefigge lo scopo di divulgare informazioni corrette e fornire formazione adeguata in rispetto alle norme tecniche preposte in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo in difesa degli operatori sottoposti al pericolo di cadute dall’alto durante la loro attività.


Modulo di iscrizione 2016

da inviare via email a segreteriasoci@lineavita.org oppure via PEC mail.alv@pec.lineavita.org Nome CogNome ............................................................................................................................................................................................................................ Cf ProfessioNe ............................................................................................................................................................................................................................ T............................................................................................................................................................................................................................ iTolo di sTudio iNdirizzo CiTTà Prov. ............................................................................................................................................................................................................................ Tel fax email ............................................................................................................................................................................................................................

Quote associative 2016 quota socio ordinario Professionista € 100,00 (cento euro) Servizi offerti: 1) ricezione tessera ALV con Username e Password per l’accesso al portale riservato ai soci 2) ricezione della rivista tecnico-scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza“, rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita 3) partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV 4) partecipazione a due seminari tecnici con lo sconto del 20%

quota socio ordinario aziendale € 250,00 (duecentocinquanta euro) Servizi offerti: 1) ricezione tessera ALV con Username e Password per l’accesso al portale riservato ai soci 2) ricezione della rivista tecnico-scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza“, rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita 3) partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV 4) partecipazione a due seminari tecnici con lo sconto del 20% 5) pubblicazione di nome e logo della società nella pagina soci

quota socio sostenitore azienda € 500,00 (cinquecento euro) Servizi offerti: 1) ricezione tessera ALV con Username e Password per l’accesso al portale riservato ai soci 2) ricezione della rivista tecnico-scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza“, rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita 3) partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV 4) partecipazione a due seminari tecnici con lo sconto del 20% 5) pubblicazione dell’indirizzo della società nella pagina soci con indirizzo web 6) usufruire delle convenzioni stipulate con centri di formazione ALV con lo sconto del 15% sul costo del corso

Modalità di PagaMento

BoNifiCo Conto corrente bancario UNICREDIT Iban: I T 4 2 V 0 2 0 0 8 1 1 1 1 0 0 0 0 0 4 0 5 3 9 9 6 2

Informativa ai sensi D.Lgs 196/2003 I dati personali contenuti nella scheda verranno trattati in forma elettronica e cartacea. L’interessato può esercitare tutti i diritti previsti ai sensi della Legge 675/96 e D.Lgs. n. 196/2003, quali il diritto di aggiornare, rettificare od anche cancellare i dati.


Norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di ufficio:

pubblicato il decreto a cura di Fernando Cordella - Presidente A.N.P.P.E. VV.F

È

stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 23 giugno 2016 il Decreto del Ministero dell’Interno 8 giugno 2016 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di ufficio, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.”

Il decreto, che entra in vigore il 23 luglio 2016, rappresenta la prima norma tecnica verticale (capitolo V.4 – Uffici), derivata dalle nuove linee guida e metodologie introdotte con il D.M. del 3 Agosto 2015. Il campo di applicazione, art. 2 del decreto, recita che si può applicare alle

attività di edifici o locali adibiti ad uffici con oltre 300 persone presenti, individuate al numero 71 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto ed a quelle di nuova realizzazione, in alternativa alle specifiche disposizioni di prevenzione

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Norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di ufficio : pubblicato il decreto

“In particolare per gli uffici non aperti al pubblico afferenti a responsabili dell’attività diversi, con sistema di esodo promiscuo, deve essere previsto l’incremento di prestazione della misura gestionale della sicurezza antincendio”. incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno del 22 febbraio 2006 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici”. Il decreto è strutturato nel seguente modo : V. 4.1 Scopo e campo di applicazione V. 4.2 Classificazione V. 4.3 Profili di rischio V. 4.4 Strategia antincendio V. 4.4.1 Reazione a fuoco V. 4.4.2 Resistenza a fuoco V. 4.4.3 Compartimentazione V. 4.4.4 Gestione della sicurezza antincendio V. 4.4.5 Controllo dell’incendio V. 4.4.6 Rilevazione ed allarme V. 4.5 Vani degli ascensori Nella sezione V.4.2 gli uffici sono classificati sia in base al numero di persone presenti: a) Persone presenti OA 300 < n < 500 OB 500 < n < 800 OC n > 800 b) massima quota dei piani HA h < 12 m HB 12 m < h < 24 m HC 24 m < h < 32 m

HD HE

32 m < h < 54 m h > 54 m

Le aree dell’attività sono classificate come segue: TA Locali destinati ad uffici e spazi comuni TM Depositi di sup. lorda > 25 m2 e carico di incendio specifico > 6000 MJ/m2 TO Locali con affollamento > 100 persone TK Locali con carico di incendio specifico > 1200 Mj/m2 TT Locali in cui sono presenti significative apparecchiature elettriche e rilevanti ai fini della sicurezza antincendio (CED, stamperie ecc.) TZ Altre aree (Esercizi pubblici ecc.) Con almeno le aree TK classificate aree a rischio specifico secondo il capitolo V.1. Nella sezione V.4.4 Strategia antincendio: 1. Devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale (RTO) attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri in esse definiti, fermo restando quanto indicato al successivo punto 3. 2. Devono essere altresì applicate le

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prescrizioni dei capitoli V.1 e, ove pertinente, V.3. 3. Nei paragrafi che seguono sono riportate le indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO. La sezione V.4.4.2 disciplina la classe di resistenza al fuoco (Capitolo S.2) che non può essere inferiore a quanto previsto nella seguente tabella:


ANTINCENDIO

Qualora l’attività occupi un unico piano a quota non inferiore a -1 m e non superiore a +1 m, in opera da costruzione destinata esclusivamente a tale attività e compartimentata rispetto ad altre opere da costruzione, e tutte le aree TA e TO dispongano di vie d’esodo che non attraversino altre Aree è ammessa la classe 15 di resistenza al fuoco (Capitolo S.2).

Per la gestione della compartimentazione, la sezione V.4.4.3 , nella tabella V.4-2, descrive le caratteristiche dei compartimenti secondo la strategia S.3.

stema di esodo promiscuo, deve essere previsto l’incremento di prestazione della misura gestionale della sicurezza antincendio (capitolo S.5).

La sezione V.4.4.4. – Gestione della Sicurezza Antincendio tratta il caso di attività con sistema di vie di esodo ad uso promiscuo. In particolare per gli uffici non aperti al pubblico afferenti a responsabili dell’attività diversi, con si-

Ulteriori indicazioni specifiche per l’attività ufficio sono riportate nelle sezioni V.4.4.5 – Controllo dell’incendio, V.4.4.6 Rivelazione ed allarme e V.4.5 Vani degli ascensori, se presenti.

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Il prossimo

Sesto Convegno Nazionale

sulle attività nei Confined Spaces

a cura di Adriano Paolo Bacchetta

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ra il 26 ottobre 2011 quando, nell’aula Di Donato del Politecnico di Milano davanti a oltre 270 persone, si svolgeva il Primo Convegno Nazionale sulle attività negli Spazi Confinati (ambienti sospetti di inquinamento o confinati come definiti dal D.P.R. 177/2011) dal titolo “Confined Space or Black Hole Conoscere, valutare, gestire i rischi negli “spazi confinati“ per non lavorare in un “buco nero”. Scopo dichiarato dell’evento, era quello di creare le condizioni perché fosse possibile raccogliere e condividere l’esperienza dei portatori di reali conoscenze e interesse, in modo da poter identificare azioni efficaci e procedure operative da condividere e sviluppare grazie alla collaborazione di tutti. Sono passati cinque anni e il pros-

simo 23 Novembre a Modena, presso la sala congressi Leonelli della locale Camera di Commercio, si svolgerà la Sesta edizione del Convegno Nazionale con il titolo “Confined Spaces: something news?”. Nel corso dell’evento si cercherà di fare il punto della situazione a cinque anni dal primo convegno ponendosi la domanda: c’è qualcosa di nuovo a questo riguardo? A vedere l’indeterminazione ancora presente su molti aspetti applicativi del Decreto e i relativi dubbi e problemi per le imprese chiamate ad applicarlo, è difficile dare una risposta affermativa. Se poi si considera come, ancora oggi, non sia previsto un contesto legislativo che disciplini in modo puntuale le attività d’informazione-formazione specificamente mirate alla co-

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noscenza dei fattori di rischio propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, (art. 2 C1 lettera d), la situazione si fa, se possibile, ancora più difficile. Fin dalla prima edizione del Convegno Nazionale, ho espresso la mia convinzione che per ridurre in futuro il ripetersi di questo tipo d’incidenti è necessario attingere all’esperienza di chi si è già dovuto confrontare operativamente con le problematiche delle attività negli “spazi confinati”, per definire strumenti concettuali e operativi adeguati per eseguire un’approfondita e corretta valutazione dei rischi, identificare un percorso di addestramento efficace, prevedere l’impiego di attrezzature idonee e pianificare gli scenari di emergenza codificando le operazioni da porre in essere, anche riferendosi a quanto elaborato a livello internazionale che, purtroppo, risulta essere per lo più ancora scarsamente noto agli addetti. Ma poco di quanto sopra, purtroppo, risulta realmente applicato. Ancora oggi c’è chi è alla ricerca di una metodica univoca che porti alla definizione puntuale di “ambiente sospetto di inquinamento o confinato” a prescindere da una specifica e precisa analisi e valutazione del rischio. Una sorta di sistema “ascisse/ordinate” dove semplicemente ricercando l’intersezione delle linee tracciate parallelamente agli assi chiunque, anche con limitata esperienza sul tema, possa determinare se l’ambiente oggetto di analisi rientri, o meno, nel campo di applicazione del D.P.R. 177/2011. Ma, ovviamente, questo non risponde ad altro che alla ricerca di una mera applicazione


SPAZIO CONFINATO

formale del Decreto, funzionale alla redazione di documentazione da poter presentare, in caso di verifica, ai funzionari degli Organi di vigilanza, prescindendo da un’effettiva ed efficace analisi delle attività previste e del contesto in cui si è chiamati a operare. Bisogna, invece, iniziare dalla valutazione della conformazione strutturale di molti luoghi di lavoro (serbatoi con passo d’uomo avente dimensioni limitate, vasche profonde con difficile accesso, ecc.), per arrivare all’individuazione di eventuali ulteriori rischi specifici associabili o prevedibili in funzione degli agenti chimici presenti e/o introdotti in funzione delle lavorazioni previste. Tale attività va ben oltre una semplice valutazione dei rischi standardizzata e non contestualizzata. Adottare un diverso percorso rappresenta, in generale, un grave errore. Diverse sono le fonti alle quali ci si può riferire per analizzare il problema specifico, basti pensare alle diverse Guidelines, Best Practices / Approved Code of Practice (ACOP), Indicazioni Operative, ecc. che sono disponibili nel web. Documenti facilmente reperibili che, tuttavia, devono essere correttamente interpretati e applicati considerando che non possono, ne devono, costituire modalità operative semplicemente e direttamente replicabili ma, e soprattutto, devono portare chi ne applica i principi a definire un proprio schema di analisi tecnico/operativa approfondita dello specifico ambito oggetto di analisi. E’, infatti, basilare contestualizzare la fase di analisi e individuazione delle misure di prevenzione/protezione rispetto alla

legislazione cogente e alle norme di buona tecnica applicabili alla situazione operativa, attivando quei percorsi di critica costruttiva che, attraverso successivi passaggi di affinamento in grado di consentirne l’evoluzione, permettono di migliorare l’applicazione di una qualsiasi buona pratica. Infatti, quanto reperibile nel web, rappresenta certamente un utile fonte d’informazioni in grado di aiutare tutti i soggetti comunque interessati (datori di lavoro, supervisori e gli stessi lavoratori) a riconoscere i pericoli ponendo in essere adeguate misure di gestione e controllo del rischio e dei comportamenti individuali in modo da proteggere la salute e la sicurezza di tutti i membri dell’organizzazione e per prevenire gli infortuni. Questo, però,

solo se i principi e le informazioni ivi contenute sono interpretati e correttamente applicati. Inoltre, negli anni, le indicazioni ricevute a seguito di note ministeriali o risposte a interpelli, non hanno certo sgombrato il campo dai dubbi. Ad esempio, con la nota del 27 giugno 2013 n. 11649 “Vigilanza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati”, applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. C), del D.P.R. n. 177 del 14/09/2011, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali intendeva dare spiegazioni in merito al previsto requisito obbligatorio della certificazione dei contratti. Nel documento, oltre a fornire alcune precisazioni, si rileva che, qualora l’appaltatore si avvalga di professionalità attraverso forme contrattuali di-

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l prossimo Sesto Convegno Nazionale sulle attività nei Confined Spaces

“Se da una parte il testo originario del Decreto non è chiaro, dall’altra anche la nota esplicativa consente ai fautori della posizione più rigida di mantenere le proprie posizioni interpretative”. verse da quelle del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, è necessario che i relativi contratti siano certificati ai sensi del Titolo VIII Capo I, D.Lgs. n. 276/2003. E questo vale, in virtù del comma 2 del medesimo articolo 2, anche per i subappalti qualora espressamente autorizzati dal committente. Tuttavia, se da una parte il testo originario del Decreto non è chiaro, dall’altra anche la nota esplicativa consente ai

fautori della posizione più rigida, ovvero estendere l’applicazione della certificazione ai contratti di appalto e non solo di subappalto, di mantenere le proprie posizioni interpretative, tenuto anche conto che la nota ministeriale non è ritenuta fonte di rango sufficiente (nella gerarchia delle fonti giuridiche) per superare l’interpretazione che viene data alla lettura del testo della legge da parte di chi ritiene sia obbligatoria anche la cer-

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tificazione dell’appalto principale. Questo anche se, considerando il senso palese delle parole secondo la connessione di esse, cioè procedere all’interpretazione letterale del testo al fine di ricercare l’intenzione del legislatore (interpretazione logica), ci si accorge subito che la parola “appalti” è inserita nell’ambito di un periodo che si riferisce solo ai requisiti che devono avere gli addetti alle operazioni e non dei rapporti intercorrenti tra il datore di lavoro committente e le altre parti. Condizione che, invece, è oggetto di specifica trattazione al successivo comma 2. L’anno seguente, la Commissione interpelli del Ministero mediante l’interpello 23/2014 rispose al quesito presentato da Federutility, fornendo una specifica chiave di lettura del ruolo del Rappresentante del Datore di lavoro committente, chiarendo in particolare che l’attività di vigilanza prevista dall’art. 3, comma 2 si estrinseca in una forma di sovrintendenza sull’adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro, prevista dall’articolo 3, comma 3, del D.P.R. 177/2011. Procedura nell’ambito della quale il Datore di lavoro committente è chiamato a indicare se, ed eventualmente quando, sia necessaria la presenza del suo Rappresentante sul luogo delle attività in corso. Rispetto all’indicazione immediatamente ricavabile dalla lettura del D.P.R. 17/7/2011, il Rappresentante si vede ora incaricato di “sovraintendere” (in luogo di “vigilare in funzione d’indirizzo e coordinamento”) sull’adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro prevista dall’articolo 3, comma 3, del


SPAZIO CONFINATO

D.P.R. 177/2011, ed è destinatario di un’azione concorrente al preposto alle operazioni e alle altre figure che rivestono un ruolo di garanzia, con un evidente rischio di incorrere facilmente in un’ingerenza rispetto alle operazioni in corso. Non è poi da escludersi a suo carico l’assunzione di un ruolo impeditivo giacché destinatario, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell’obbligo di dare attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro. A seguire l’interpello 6/2014, quale risposta al quesito presentato dall’Ordine dei Consulenti del lavoro, con cui la Commissione interpelli ha evidenziato come l’assunzione con “altre tipologie contrattuali”, così come prevista all’art. 2 del D.P.R. n. 177/2011, non sembra precluda in ordine alla possibilità di attivare rapporti di lavoro di natura intermittente ex artt. 33 e ss. D.Lgs. n. 276/2003, ai fini dello svolgimento di attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati da parte di impresa appaltatrice incaricata dei servizi di soccorso e recupero operando, in tal caso, il rinvio alle figure dei “sorveglianti che non partecipano materialmente al lavoro”, di cui al n. 11 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923. Questo fermo restando il rispetto delle altre condizioni di legge e, in particolare, il possesso da parte del lavoratore di un’esperienza almeno triennale maturata in tale ambito. Per quanto invece attiene alla certificazione o meno di questa tipologia contrattuale ovvero se sia sufficiente certificare il solo contratto di appalto di servizi per il quale i lavoratori a chiamata sono im-

piegati, la Commissione si è riservata di rispondere nel prossimo futuro, avendo al vaglio già precedenti richieste per lo stesso argomento. Il prossimo Sesto Convegno nazionale sulle attività negli Spazi Confinati, quindi, si pone come obiettivo quello di porre l’accento sui punti chiave che devono caratterizzare un complessivo sistema di corretta gestione delle attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, partendo

dai principali insegnamenti che è possibile trarre dalle diverse esperienze di buone prassi attuate dalle Aziende a livello nazionale e quelle documentate in ambiti europei e internazionali. Conclusioni Il prossimo Sesto Convegno nazionale sulle attività negli Spazi Confinati si pone come obiettivo quello di rimarcare, ancora una volta, le troppe indeter-

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l prossimo Sesto Convegno Nazionale sulle attività nei Confined Spaces

minazioni e difficoltà applicative che ancora oggi, dopo oltre cinque anni, caratterizzano ancora il D.P.R. 177/2011. Questo per contribuire alla definizione e allo sviluppo di una comunità di pratica, specifica per ogni settore di applicazione, in grado di condividere tali informazioni così da poter elaborare una modalità operativa comune. Questo noto che: L’assetto istituzionale, fondato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche, nasce dalla consapevolezza della necessaria conoscenza di informazioni e indicatori per definire priorità, per mirare azioni, per valutare risultati, ma anche ai fini generali d’informazione, comunicazione, socializzazione delle conoscenze ed educazione alla sicurezza e alla salute1”

Lo sviluppo delle attività di ricerca in questo settore e la raccolta di buone prassi costituisce da sempre elemento centrale dell’attività di www.spazioconfinato.it2 e il benchmarking, considerando l’applicabilità delle stesse nel medesimo settore nell’ambito del quale sono state elaborate, ha messo in luce come queste siano di solito sviluppate secondo processi differenziati che danno vita a prodotti finali molto vari. Nell’ultimo periodo, diverse sono le iniziative avviate anche dall’Associazione Organismo di ricerca EURSAFE www. eursafe.eu (European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety - Parma), che si pone come punto di aggregazione delle attività di ricerca sul tema della prevenzione e della sicurezza negli

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ambienti di vita, studio e lavoro. Con riferimento allo specifico tema, infatti, continua nell’attività di sviluppo delle comunità di pratica, proponendo anche un Mastercourse per “Tecnici per la gestione degli adempimenti connessi alle attività lavorative negli Ambienti sospetti di inquinamento o confinati” che, nell’ambito delle quarantotto ore di lezione, consente di fornire ai discenti conoscenze utili a incrementare le necessarie competenze minime delle figure professionali chiamate a progettare e/o gestire le attività negli ambienti a sospetto inquinamento o confinati. Tali iniziative, coerentemente con quanto sopradescritto, consentono di rendere concreta la disseminazione della cultura della sicurezza in vari ambiti, compreso


SPAZIO CONFINATO

“E’ ovvio che la verifica della qualità dell’aria interna e la garanzia di un’adeguata ventilazione sono basilari, ma questo non basta”. quello relativo alle attività con rilevanti componenti di rischio quali quelle in ambienti sospetti di inquinamento o confinati che, oltre ad essere gestite in proprio dalle aziende, sono spesso gestite anche ricorrendo ad appalti e subappalti a soggetti terzi talvolta non adeguatamente attrezzati e/o competenti. Infatti, è ovvio che la verifica della qualità dell’aria interna e la garanzia di un’adeguata ventilazione sono basilari, ma questo non basta. La conformazione strutturale di molti luoghi di lavoro (serbatoi con passo d’uomo avente dimensioni limitate, vasche profonde con difficile accesso, ecc.) e la presenza di ulteriori rischi specifici associabili o prevedibili in funzione delle attività pianificate o del contesto in cui si è chiamati

a operare, necessitano l’applicazione di specifiche metodiche di analisi delle singole fasi operative, che vanno ben oltre una valutazione dei rischi standardizzabile e non contestualizzata. Proprio queste criticità presenti nel panorama nazionale, ci spinge a proseguire nell’opera di collaborazione con Enti e organizzazioni pubbliche e private a livello nazionale ma, soprattutto, ad orientarci verso il contesto internazionale dove, da anni, le condizioni operative si sono ormai consolidate e le Guideline, best practices o ACOP, si sono ormai evolute e sostanzialmente uniformate. In quest’ottica, l’annuale Convegno Nazionale sulle attività negli spazi confinati, si è dimostrato, negli anni, uno degli strumenti più interessanti e fruibili per

un pubblico ampio e diversificato, in quanto evento capace di portare all’attenzione degli operatori di settore, in maniera ragionata e coordinata, un insieme di esperienze consolidate a livello nazionale e internazionale nell’ambito di una sorta di vetrina facilmente consultabile da tutti i soggetti interessati.

Michele Tiraboschi, Lorenzo Fantini - Il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (D.Lgs. n.106/2009), Edizioni 81-2008.

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Attività non facile tenuto conto della ritrosia delle varie organizzazioni e/o operatori del settore nel condividere la propria esperienza.

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I nostri servizi Certificazione ascensori DPR 162/99 s.m.i.; Verifica periodica e straordinaria ascensori montacarichie piattaforme elevatrici per disabili DPR 162/99 e s.m.i.; Verifica periodica e straordinaria impianti di messa a terra e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche DPR 462/01; Verifica periodica e straordinaria impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione DPR 462/01; Verifiche periodiche apparecchi di sollevamento materiali, persone ed idroestrattori D.Lgs. 81/08, art 71, comma 11 e All. VII - D.M. 11 aprile 2011. Contattaci presso la sede piĂš vicina: OCERT S.r.l. Torino Sede legale e amministrativa Via Spalato 65/B, 10141 Torino Tel: 011.3191611 - 011.3822752 Fax: 011.3804222 info@ocert.it Alessandria Via IV Martiri 97/B 15122 Casalbagliano (AL) Tel e Fax: 0131.39139 amministrazione.al@ocert.it Novara Via G. Battistini 10, 28100 Novara Tel e Fax: 0321.450759 amministrazione.novara@ocert.it Grottaglie Via Salita Immacolata 6 74023 Grottaglie (TA) Tel e Fax: 099.5628093 areasud-puglia@ocert.it Busto Arsizio Viale Venezia 13 21052 Busto Arsizio (VA) Tel: 0331.1586787 amministrazione.va@ocert.it

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FATICA MENTALE E STRESS a cura di Dott. Piergiorgio Frasca

Parte seconda

Ergonomia dell’attività mentale: carico cognitivo e stress.

L

’evoluzione assunta dall’applicazione delle nuove tecnologie e di nuove forme di organizzazione del lavoro in gran parte delle attività umane evidenzia il ruolo dei processi mentali sollecitati dalle moderne attività lavorative. Queste ultime richiedono al lavoratore un maggiore impegno in termini di regolazione e controllo di processi caratterizzati da livelli di incertezza e di imprevedibilità sempre maggiori. Tutto questo comporta per il lavoratore l’esigenza di dominare sia le nuove conoscenze più sofisticate e sempre aggiornate, sia, soprattutto, di ricorrere ad abilità cognitive complesse indispensabili per consentire un’adeguata interpretazione delle situazioni1. Chmiel2 evidenzia cinque elementi che contraddistinguono le nuove condizioni sviluppatesi dall’evoluzione tecnologica: 1) distanza spaziale: tra attività umana ed i suoi effetti vi è sempre meno continuità spaziale; 2) distanza semantica: il grado di discrezionalità nella rappresentazione delle informazione necessarie al controllo aumenta in funzione della complessità dei sistemi e della loro flessibilità, con la conseguenza di un aumento della probabilità di errori causati dalla non corrispondenza di significato tra azione e comando; 3) riduzione dei tempi di risposta e compresenza di cicli operativi: le nuove tecnologie offrono notevoli benefici in termini di velocità di esecuzione di

operazioni complesse. Ciò comporta per l’operatore una riduzione dei tempi disponibili per la presa di decisioni e per la interiorizzazione dei significati del lavoro, il che determina un aumento del carico di lavoro mentale e dello stress; 4) elevata sensibilità ai fattori esterni: le nuove tecnologie sono molto più sensibili e instabili rispetto ai sistemi meccanici tradizionali. Pertanto il lavoratore deve intervenire con una intensa attività di valutazione e controllo al fine di prevenire e correggere potenziali condizioni di anomalia e malfunzionamento; 5) orientamento verso compiti di natura cooperativa: la specializzazione tecnologica ha prodotto una intensificazione dei rapporti comunicativi tra l’operatore e le altre componenti umane del sistema, nel senso di una loro distribuzione e di un aumento della complessità. La conseguenza è che “…nessuno possiede la visione completa della realtà delle cose da fare, mentre aumentano le esigenze di interpretare la situazione, di scambiare le informazioni, di negoziare con gli altri le linee di possibile azione”3. Risposte a questi problemi sono venute dalla ricerca psicologica ed in particolare dagli studi sulle attività cognitive e sui comportamenti percettivi e sensomotori. Queste ricerche hanno portato allo sviluppo dell’”ergonomia cognitiva” che si propone di analizzare l’interazione che si instaura tra sistema cognitivo umano e gli strumenti per l’elaborazione delle informazioni, con l’obiettivo di: - studiare le proprietà del sistema cognitivo umano che presiedono al controllo

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delle azioni ed all’uso di strumenti; - rilevare quali effetti ha sulla mente umana l’uso di sistemi artificiali di elaborazione dell’informazione; - fornire indicazioni per la progettazione delle interfacce uomo-computer. Nella Figura 1 sono indicati i processi che si trovano alla base di una attività di lavoro: come si può constatare due sono le attività principali, l’esecuzione e la valutazione. Ognuna di esse si caratterizza per la presenza di sottofasi che richiedono una adeguata quantità e qualità di informazioni. Se queste mancano o sono carenti, sarà l’uomo che dovrà adattarsi, compensando tale mancanza a livello cognitivo, con conseguente aumento dell’impegno ed anche una maggiore possibilità di commettere errori. Di questi aspetti si occupa una branca dell’ergonomia moderna rivolta alla ricerca di condizioni di lavoro che evitino di sottoporre l’elemento umano a carichi mentali non compatibili che comportino strain4 e stress negativo (di-stress). Tra gli elementi che causano strain e stress negativo vi è la fatica mentale e gli stati ad essa assimilabili, la cui importanza è andata crescendo in relazione ai cambiamenti nei processi di lavoro negli anni ’80 e ’90, con la progressiva scomparsa di gran parte dei lavori manuali, sostituiti da compiti di controllo comportanti una forte componente mentale: da qui il ruolo determinante del carico di lavoro mentale in molti compiti lavorativi nei quali alla fatica fisica si sono andati progressivamente sostituendo compiti


PSICOLOGIA DEL LAVORO

“L’organismo si autodifende dalla fatica attraverso il meccanismo della “stanchezza” che consiste in uno stato fisiologico di esaurimento funzionale di organi e apparati neurovegetativi”. Figura 1 – Modello di azione nell’interazione uomo-lavoro

VALUTAZIONE

INTERPRETAZIONE

Valutazione

OBIETTIVI

PERCEZIONE

INTERFACCIA

Esecuzione INTENZIONE

ESECUZIONE AZIONE

lavorativi richiedenti concentrazione e attenzione, con la conseguenza di sollecitare sforzi mentali elevati e tali da potere generare fatica mentale e stress. L’organismo si autodifende dalla fatica attraverso il meccanismo della “stanchezza” che consiste in uno stato fisio-

logico di esaurimento funzionale di organi e apparati neurovegetativi, la cui insorgenza si manifesta in funzione del tempo impiegato per consumare le riserve energetiche destinate alle varie attività. Il persistere nello svolgimento di un’attività in uno stato di stanchezza può essere molto pericoloso, in partico-

lare in attività che espongono a rischi come guidare un veicolo, lavorare su un ponteggio o a contatto con macchinari in movimento, in quanto la stanchezza abbassa il livello di vigilanza e la capacità di percezione degli stimoli sensoriali, creando una barriera protettiva verso l’organismo ed inducendo al riposo ed

N. Chmiel (Tecnologia e lavoro, Il Mulino, Bologna, 2000) ibidem 3 ibidem 4 Lo strain rappresenta la risposta agli stimoli che interferiscono con un essere umano, fino a condizionarlo mentalmente, i cui effetti, a breve termine, risentono di una forte componente psicologica, poiché l’individuo li affronta e li gestisce sulla base delle proprie caratteristiche di personalità e dei propri vissuti. 1 2

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di Dott. Piergiorgio Frasca  Servizi di Psicologia del lavoro e sviluppo organizzativo, Formazione e aggiornamento per la sicurezza e salute sul lavoro, Ergonomia

____________________________________________________________________________ Studio Frasca opera da diversi anni nel campo della Psicologia del lavoro e delle organizzazioni applicata alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro offrendo alle aziende servizi qualificati per lo studio e la valutazione dei rischi psicosociali, per l’applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative, per la formazione di dirigenti, preposti e lavoratori in materia di sicurezza e salute sul lavoro. I servizi offerti comprendono: Servizio di valutazione del rischio di stress correlato al lavoro. Assistenza e supporto alle aziende per la definizione e l’attuazione di strategie personalizzate per la prevenzione, il controllo ed il monitoraggio del rischio di stress da lavoro Servizio di monitoraggio sullo stress lavoro correlato Formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori alla sicurezza e salute sul lavoro e sul rischio di stress correlato al lavoro. Valutazione dei bisogni di formazione e dell’efficacia della formazione attuata Progettazione e realizzazione di attività formative Progettazione e realizzazione di interventi di Behavior Safety Valutazione ergonomica delle mansioni e applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative. Valutazione conoscenza e competenza nella lingua italiana per lavoratori stranieri (D.Lgs. 81/08, artt. 36 e 37, comma 13) Servizio di valutazione, intervento e monitoraggio del rischio stress correlato al lavoro Studio Frasca effettua l’intero ciclo di valutazione, intervento e monitoraggio sul rischio di stress da lavoro come prescritto dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. secondo le modalità indicate dalla Commissione Consultiva permanente (CM del 18/11/2010). Per la valutazione dei dati oggettivi sono utilizzate specifiche check-list, mentre per i fattori soggettivi sono utilizzati appositi questionari somministrabili anche on-line. I risultati con la valutazione del rischio riferita ai fattori di rischio del Contesto lavorativo e del Contenuto del lavoro e l’indicazione delle criticità rilevate sono illustrati in una relazione dettagliata e sintetizzati con grafici e tabelle un cui esempio è riportato sotto. Il Servizio viene svolto su tutto il territorio nazionale e su qualsiasi comparto lavorativo, compreso l’ambito sanitario, le costruzioni, la P.A. Di seguito è riportato un esempio di analisi realizzata con il questionario QUERTI SLC.

Test ITALSIC di valutazione della conoscenza e competenza linguistica per lavoratori stranieri In relazione agli adempimenti prescritti dagli articoli 36 e 37, comma 13, del D.Lgs. 81/08 Studio Frasca ha messo a punto il Test ITALSIC espressamente dedicato alla valutazione delle conoscenze e competenze nella lingua italiana con riferimento alla sicurezza e salute sul lavoro. Il Test è di semplice utilizzo e non richiede competenze specialistiche per la somministrazione. Per l’elaborazione dei risultati è utilizzato uno specifico software acquistabile con la prima fornitura del test. Apposite istruzioni guidano l’utilizzatore, ad esempio l’RSPP, in tutte le fasi di impiego. Il Test è acquistabile inviando la richiesta tramite e-mail a Studio Frasca, al quale ci si può rivolgere per ulteriori informazioni. E’ anche possibile la somministrazione del test on line.

Per informazioni sui costi dei servizi, telefonare al n° 348-6507545 o inviare una e-mail all’indirizzo studiofrasca@iol.it o collegarsi al sito www.benessereorganizzativo.eu. Studio Frasca di Dott. Piergiorgio Frasca è a Monza (20052), via Lecco 88 – Tel. 348-6507545. | 21


PSICOLOGIA DEL LAVORO

“Data l’ampia diffusione di situazioni di impiego del lavoro moderno comportanti fatica mentale, stress ed altri effetti negativi a causa del cattivo adattamento dell’interazione uomo lavoro”.

al sonno. Stanchezza e fatica presentano gli stessi sintomi, ma la stanchezza costituisce sostanzialmente un campanello d’allarme, un segnale che l’organismo emette per indicare il prossimo esaurimento delle risorse energetiche. La fatica sopravviene quando non viene rispettato l’allarme manifestato dall’organismo attraverso la stanchezza. Essa sopraggiunge quando l’individuo cerca di contrastare la necessità di riposo stimolata attraverso la stanchezza, impedendo così il recupero delle riserve energetiche. Le conseguenze non tardano a farsi sentire sotto forma di perdita della capacità di concentrazione e di attenzione e quindi aumentando considerevolmente la probabilità di commettere errori, anche pericolosi nello svolgimento del lavoro. Emerge pertanto l’importanza di introdurre dei tempi di recupero nei ritmi di lavoro: infatti lavorare per periodi prolungati al punto da portare all’affaticamento, porta in primis alla diminuzione del rendimento, cui seguono, in caso di persistenza nello svolgere l’attività, le conseguenze sopraddette. Molte attività moderne comportano sollecitazioni mentali più o meno forti che, se non adeguatamente controllate, possono avere effetti negativi sia per la salute dei lavoratori, sia per l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni delle organizzazioni, in quanto sono all’origine di errori e/o malfunzionamenti che possono generare incidenti e infortuni anche gravi in quelle attività che comportano

rischi di tipo fisico. Al pari dei rischi fisici è pertanto essenziale prendere seriamente in esame in che modo ed in quale misura l’attività svolta può incidere sulla fatica mentale. A questo scopo occorre: a) valutare gli effetti delle sollecitazioni prodotte da condizioni lavorative non compatibili con le caratteristiche psicologiche e mentali degli esseri umani; b) individuare la presenza nel contesto lavorativo e nelle condizioni di lavoro di potenziali fattori di rischio che generano fatica mentale; c) intervenire con le misure appropriate per eliminare tali fattori di rischio; d) monitorare l’evolversi dei rischio di “fatica mentale” allo scopo di assicurare condizioni lavorative di benessere. Per ottenere questi risultati l’apporto dell’ergonomia cognitiva è essenziale: 1) per assicurare la rispondenza delle condizioni fisiche del lavoro alle caratteristiche antropometriche umane; 2) per assicurare la rispondenza delle attività lavorative alle caratteristiche cognitive dell’operatore umano.

la progettazione dei processi di lavoro, evitando gli effetti negativi della fatica mentale. A questo scopo sono state predisposte specifiche norme (le UNI EN ISO 10075 parte 1, 2 e 3) finalizzate a definire i principi ergonomici cui attenersi nella progettazione delle attività lavorative e dei compiti per evitare l’insorgenza di fatica mentale e delle sue conseguenze dannose. Tali norme rappresentano una estensione delle ISO 6385, considerato lo standard di base sulla progettazione ergonomica dei sistemi di lavoro. In particolare la norma UNI EN ISO 10075 Parti 1, 2 e 3 definisce le condizioni che possono generare fatica mentale, i loro effetti immediati (strain) e nel medio lungo termine (stress negativo), nonché le modalità per riconoscere i fattori di rischio e valutarne il potenziale negativo. Altre norme importanti anche ai fini della riduzione della fatica mentale sul lavoro sono: - UNI EN 614-1:2009 Sicurezza del macchinario - Principi ergonomici di progettazione – Parte 1: Terminologia e principi generali - UNI EN ISO 9241-11:2002 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT)

Data l’ampia diffusione di situazioni di impiego del lavoro moderno comportanti fatica mentale, stress ed altri effetti negativi a causa del cattivo adattamento dell’interazione uomo lavoro, gli organismi normativi internazionali hanno ritenuto necessario approfondire le implicazioni del carico di lavoro mentale nel contesto lavorativo, allo scopo di definire le condizioni per ottimizzare

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Nuovi gruppi di lavoro per una maggiore sicurezza a cura di IPAF ITALIA

I

PAF rinnova le cariche istituzionali in Italia: con Nicola Violini alla Presidenza dell’INIC (Consiglio italiano dei soci IPAF) e Costantino Savani al TWG (Gruppo di lavoro formazione) lavoreranno insieme alcuni tra i professionisti più autorevoli e stimati del sollevamento aereo italiano. Il primo comitato (INIC) è costituito da diversi rappresentanti di aziende di produzione, distribuzione e servizi, direttamente o indirettamente parte del settore del sollevamento aereo. Il secondo (TWG), formato da istruttori o rappresentanti dei Centri di formazione

IPAF, è stato costituito con il compito di trattare argomenti di specifico interesse dei Centri, quali la legislazione e le norme riguardanti le PLE e il lavoro in quota, la partecipazione a eventi, seminari nonché l’aggiornamento dei corsi di formazione. I componenti dei due gruppi, unitamente alla struttura operativa di IPAF per l’Italia, lavorano sia disgiuntamente che a tavoli uniti nella consapevolezza che i migliori risultati si ottengono con la professionalità e il confronto; il tutto, nelle tante difficoltà che caratterizzano il mercato italiano, ma sempre con l’obiettivo fondamentale di migliorare

la presenza e l’attività sul mercato per la sicurezza nell’utilizzo delle attrezzature per il lavoro in quota. Alla scadenza del precedente mandato biennale sotto la Presidenza di Paolo Pianigiani (INIC) e Mauro Potrich (TWG), IPAF ha raccolto autorevoli candidature; alla luce del numero delle candidature ricevute e nell’ossequio del Regolamento, i candidati sono stati proclamati Consiglieri per il prossimo biennio, a Bologna nel corso dell’Assemblea congiunta dei due gruppi. I due gruppi di lavoro saranno così composti:

INIC

TWG

Nicola Violini - HAULOTTE Presidente

Costantino Savani - GIANFRANCO SAVANI Presidente

Andrea Boldrini - AUDITOR IPAF

Gianluca Ferramola - AIRO TIGIEFFE

Filippo Pecci - ELECTRO ELSA

Jacopo Bolpagni - ISTRUTTORE IND.

Diego Benetton - MABER

Ezio Cantamessa - PAF

Piero Palmieri - GSR

Horst Harrasser - BIGMAN GMBH

Marco Scarano - ELEVATEUR

Marco Cazzaniga - CIEMME NOLEGGIO

Massimo Bellini - TECNOALT

Vincenzo Falcone - ISTRUTTORE IND.

Alessandro Flisi - SOCAGE

Roberto Geromin - ISTRUTTORE

Mirco Negri - JLG

Carlo Berti - BERTI PIATTAFORME AEREE

Paolo Balugani - PALFINGER

Vincenzo Ferrarini - CTE

Giovanni Tacconi - OIL&STEEL

Antonio Avitabile - SAVISSERVICE

Roberto Bramardo - PAGLIERO

Mattia Masaggia - HINOWA

Più sicurezza in arboricoltura Per la manutenzione delle aree verdi sono spesso utilizzate piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE). Purtrop-

po, però, gli operatori non ricevono una formazione adeguata, mettendo a rischio la propria sicurezza. Per questo motivo IPAF ha pubblicato un breve

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manuale di consigli sull’uso in sicurezza delle PLE durante il taglio di alberi, allo scopo di indicare buone prassi agli operatori affinché lavorino in quota in


PIATTAFORME PLE

modo efficace e sicuro. Infatti, le statistiche inerenti al progetto IPAF sulla segnalazione degli incidenti (segnalabili al sito www.ipaf.org/accident) rivelano che circa un quinto degli incidenti mortali legati all’uso delle PLE coinvolge proprio arboricoltori. Infatti, malgrado le PLE siano uno dei mezzi più sicuri per l’accesso temporaneo ai lavori in quota – a condizione che venga eseguita una valutazione completa dei rischi, che i manager e gli operatori siano qualificati, istruiti e familiarizzati, che l’attrezzatura sia soggetta a ispezione e manutenzione e che vengano

seguite procedure per l’uso sicuro, tra cui la redazione di un piano di emergenza – troppo spesso gli operatori del verde sono vittime di infortuni più o meno gravi. La guida tecnica pubblicata da IPAF analizza alcuni incidenti mortali segnalati per evitare che si possano ripetere, ne mette in evidenza le criticità e fornisce consigli per la sicurezza prima, durante e dopo il lavoro di cura degli alberi agli operatori formati. Infatti, come sottolinea Tim Whiteman, direttore generale IPAF “sia che si utilizzi

per lavoro o hobby una PLE per lavorare in quota, è sempre necessario accertarsi di aver conseguito un corso ufficiale di formazione per operatori, che consenta di imparare a usare correttamente queste attrezzature speciali”. La guida IPAF per il settore della cura degli alberi è disponibile in diverse lingue e può essere scaricata alla sezione Pubblicazioni/ Guide tecniche del sito www.ipaf.org/it. Qui l’elenco dei Centri di Formazione IPAF dove è possibile conseguire un’adeguata e certificata formazione www.ipaf.org/it/formazione/trova-uncentro-di-formazione.

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Insiemi di macchine

Direttiva macchine 2006/42/CE a cura di Massimo Granchi e Christian Trinastich

G

li insiemi di macchine rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Chi realizza un insieme è, dunque, considerato un Fabbricante e, come tale, è soggetto ai relativi obblighi in accordo a quanto richiesto, in Italia, dal D.Lgs. 17/2010, recepimento italiano della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Nel presente articolo analizziamo le procedure da adottare per arrivare ad una certificazione CE di un insieme e come comportarsi nel caso in cui, nel tempo, una o più unità di un insieme vengano sostituite. Concetto di insieme secondo la Diretti-

va Macchine

La Direttiva Macchine 2006/42/CE presenta un campo di applicazione molto vasto. Essa si applica specificatamente alle macchine in senso stretto, vale a dire ad un “insieme equipaggiato o destinato ad essere equipaggiato di un sistema di azionamento diverso dalla forza umana o animale diretta, composto di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidamente per un’applicazione ben determinata”. Questa definizione, pur articolata, ha permesso di chiarire diversi punti oscuri che hanno portato ad alcune interpretazioni della definizione di macchina come prevista nella precedente Direttiva Macchine, la Direttiva 98/37/CE. In particolare, è stato chiarito che la macchina non necessariamente deve possedere un sistema di azionamento diverso dalla forza umana o animale diretta, ma è sufficiente che sia predisposta allo scopo. La differenza non è da poco, perché vuol dire che, per

esempio, una fornitura mancante di una centralina oleodinamica (rappresentante il sistema di azionamento indispensabile al suo funzionamento) è già una macchina, con tutte le conseguenze per la società che vende tale fornitura con il proprio nome e il proprio marchio, dato che è a tutti gli effetti un Fabbricante per la Direttiva Macchine. La definizione di macchina è stata ampliata ulteriormente considerando macchina anche “insieme al quale mancano solamente elementi di collegamento al sito di impiego o di allacciamento alle fonti di energia e di movimento” e un “insieme pronto per essere installato e che può funzionare solo dopo essere stato montato su un mezzo di trasporto o installato in un edificio o in una costruzione”. Tali aggiunte alla definizione tradizionale di macchina vista sopra sono state introdotte al fine di evitare “distorsioni” che portavano a non considerare macchina una fornitura priva di allacciamento alla fonte di energia o una fornitura che richiedesse una installazione prima di essere utilizzata, demandando l’onere della certificazione all’installatore. Ulteriore passaggio della definizione di macchina è quello che considera gli insiemi di macchine o di quasi-macchine, dove per quasi-macchine si intendono “insiemi che costituiscono quasi una macchina, ma che, da soli, non sono in grado di garantire un’applicazione ben determinata.[...]. Le quasi-macchine sono unicamente destinate ad essere incorporate o assemblate ad altre macchine o ad altre quasi-macchine o apparecchi per costituire una macchina disciplinata dalla presen-

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te direttiva”. Di fatto, le quasi-macchine non possono essere utilizzate in maniera indipendente, in quanto non riescono a garantire un’applicazione ben definita, ma nascono per essere incorporate in altre macchine o insiemi al fine di definire una “macchina” ai sensi della Direttiva Macchine. Arriviamo quindi alla definizione di “insiemi” che sono infatti considerati “insiemi di macchine o di quasi-macchine, che per raggiungere uno stesso risultato sono disposti e comandati in modo da avere un funzionamento solidale”. In definitiva, quando si considerano due o più macchine, o due o più quasi-macchine, o anche una soluzione mista di macchine e quasi-macchine, e tutto l’insieme è comandato e controllato come un tutt’uno al fine di garantire un funzionamento solidale delle sue diverse unità, siamo di fronte ad un insieme. I criteri che portano a considerare più unità di lavoro costituire un insieme, possono essere raccolti in tre punti fondamentali: - le unità costitutive sono montate insie me al fine di assolvere una funzione comune, ad esempio la produzione di un dato prodotto; - le unità costitutive sono collegate in modo funzionale in modo tale che il funzionamento di ciascuna unità influisca direttamente sul funzionamento di altre unità o dell’insieme nel suo complesso, e pertanto è necessaria una valutazione dei rischi per tutto l’insieme; - le unità costitutive dell’insieme hanno un sistema di comando comune. In definitiva, se si considera un gruppo


SICUREZZA MACCHINE

di macchine collegate (anche solo fisicamente) ma dove ogni macchina presenta un funzionamento indipendente dalle altre, si esce dalla definizione di insieme ora vista. Responsabilità per il Fabbricante di un insieme

Il soggetto che integra più unità di lavoro e realizza un insieme come sopra definito, immettendolo sul mercato con il proprio nome e con il proprio marchio o mettendolo in servizio (nel caso, ad esempio, di realizzazione per utilizzo interno) è considerato Fabbricante per la Direttiva Macchine. Di conseguenza, tale soggetto integratore è tenuto ad effettuare l’intero iter di certificazione che porta alla marcatura CE dell’insieme, vale a dire: - realizzare il fascicolo tecnico con valutazione dei rischi che dimostri come l’insieme soddisfi tutti i requisiti di sicurezza applicabili della Direttiva Macchine, redigere la dichiarazione CE di conformità per l’insieme, - realizzare le istruzioni per l’uso di integrazione per l’insieme, - apporre la marcatura CE sull’insieme. In taluni casi, il fabbricante dell’insieme di macchine è anche il fabbricante delle unità che lo costituiscono. Più spesso però, le unità che costituiscono l’insieme sono immesse sul mercato da altri fabbricanti, come macchine complete che possono funzionare separatamente (e quindi in maniera indipendente) o come quasi-macchine. Se le unità in questione sono immesse sul mercato come macchine complete,

esse devono riportare la marcatura CE ed essere accompagnate dalla dichiarazione CE di conformità e dalle istruzioni per l’uso. Se invece le macchine sono immesse sul mercato come quasi-macchine, esse non recheranno la marcatura CE, ma dovranno essere accompagnate dalla dichiarazione di incorporazione e dalle istruzioni per l’assemblaggio. Nei due casi le responsabilità del soggetto integratore come Fabbricante sono leggermente differenti. In entrambi i casi colui che si identifica come Fabbricante dell’insieme è il responsabile unico della conformità dell’insieme rispetto ai requisiti di sicurezza della Direttiva Macchine, tuttavia se l’insieme è realizzato a partire da macchine complete, nel processo di integrazione il soggetto integratore deve necessariamente modificare tali unità per permettere una loro integrazione in quanto inizialmente queste unità sono progettate per lavorare in maniera indipendente. Questo comporta che il Fabbricante dell’insieme non si assume solo la responsabilità della integrazione delle diverse unità ma, avendole modificate, si assume anche la responsabilità delle modifiche apportate alle singole unità di lavoro già certificate CE in origine. Invece, se l’insieme è realizzato a partire da quasi-macchine, adottando le informazioni riportate nelle correlate istruzioni per l’assemblaggio è possibile realizzare un insieme il cui fabbricante resta essenzialmente responsabile della sola corretta integrazione delle diverse unità, non avendole modificate nel processo di integrazione. In linea di principio la valutazione dei

rischi a cura del fabbricante di un insieme di macchine deve comprendere tanto l’idoneità delle unità costituenti l’intero insieme, quanto i pericoli derivanti dalle interfacce fra le unità che lo costituiscono. Essa deve quindi includere i vari pericoli che derivano dall’insieme non coperti dalla dichiarazione CE di conformità (per le macchine) o dalla dichiarazione di incorporazione (per le quasi-macchine) fornite dai fabbricanti delle singole unità che compongono l’insieme. Tutte le documentazioni (dichiarazioni e istruzioni) delle unità di lavoro incorporate nell’insieme di macchine devono essere incluse nel fascicolo tecnico dell’insieme di macchine. Quest’ultimo deve inoltre documentare ogni eventuale modifica apportata alle unità che lo costituiscono in fase di incorporazione nell’insieme. Modifica di un insieme In generale, la sicurezza dell’insieme installato presso l’utilizzatore deve essere garantita, nel tempo, da quest’ultimo ai sensi degli obblighi che vertono sul Datore di Lavoro come definiti dall’art. 18, comma 1, lettera z del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Infatti, sebbene l’insieme sia marcato CE dal corrispondente Fabbricante, il datore di lavoro è comunque tenuto a mantenere sulle proprie macchine un livello di sicurezza pari, dove possibile e dove necessario, a quello definito dallo stato dell’arte (si veda, appunto, l’art. 18, comma 1, lettera z dove è indicato di aggiornare le misure di prevenzione “in relazione al grado di evoluzione della

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Insiemi di macchine Direttiva macchine 2006/42/CE

“Tra queste attività vi può essere l’ipotesi che una o più delle unità costitutive dell’insieme siano sostituite con nuove unità, o nuove unità siano aggiunte ad un insieme di macchine già esistente”. tecnica della prevenzione e della protezione”). In generale, quindi, il datore di lavoro è tenuto a verificare le misure di prevenzione presenti sull’insieme di macchine e decidere le attività da compiere. Tra queste attività vi può essere l’ipotesi che una o più delle unità costitutive dell’insieme siano sostituite con nuove unità, o nuove unità siano aggiunte ad un insieme di macchine già esistente. Si pone pertanto la questione se un insieme di macchine composto da unità nuove e unità già esistenti sia, nel suo complesso, oggetto della direttiva macchine e, quindi, debba essere oggetto di una nuova certificazione. Non è possibile fornire criteri precisi che consentano di rispondere a questa domanda in ciascun caso specifico. Tuttavia si possono effettuare le seguenti considerazioni: - se la sostituzione o l’aggiunta di un’unità costitutiva ad un insieme di macchine esistente non influisce in modo significativo sull’attività o sulla sicurezza del resto dell’insieme, non è necessaria alcuna azione a norma della direttiva macchine per gli elementi dell’insieme non influenzati dalla modifica e, quindi, l’insieme non è oggetto di una nuova certificazione. In particolare: • se la nuova unità è una macchina completa che può funzionare anche separatamente, (con marcatura CE e dichiarazione CE di conformità), l’incorporazione della nuova unità nell’insieme esistente deve essere considerata come l’installazione della macchina (da eseguirsi in accordo a quanto indicate nelle

istruzioni per l’uso di tale unità) e non dà luogo a una nuova procedura di valutazione della conformità. • se la nuova unità è costituita da una quasi-macchina, il soggetto integratore che incorpora la quasi-macchina nell’insieme sarà considerato il fabbricante della nuova unità. Egli deve pertanto valutare eventuali rischi derivanti dall’interfaccia fra la quasi-macchina e le altre unità dell’insieme, assolvere ad ogni altro eventuale requisito essenziale di sicurezza che non sia stato applicato dal fabbricante della quasi-macchina, applicare le istruzioni per l’assemblaggio, stilare una dichiarazione CE di conformità e apporre la marcatura CE sulla nuova unità una volta montata e integrata all’interno dell’insieme. - se la sostituzione o l’aggiunta di nuove unità ad un insieme di macchine esistente ha un impatto sostanziale sul funzionamento o la sicurezza dell’insieme nel suo complesso o comporta modifiche sostanziali dell’insieme, si deve ritenere che la modifica dia luogo a un nuovo insieme di macchine che richiede una certificazione ai sensi della Direttiva Macchine. In tal caso, l’insieme nel suo complesso, incluse tutte le unità che lo costituiscono (quelle già presenti e quelle nuove), deve ottemperare alle prescrizioni della Direttiva Macchine. La stessa considerazione vale anche laddove un nuovo insieme di macchine sia costituito da unità nuove e usate, in quanto fa sempre fede la data di immissione sul mercato successiva alla modifica appor-

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tata. Conclusioni Gli insiemi di macchine rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE. La stessa definizione di “insieme” rientra nella definizione di macchina in senso stretto; per tale motivo, il soggetto che realizza un insieme e lo immette sul mercato con il proprio nome e il proprio marchio è da considerarsi il Fabbricante, in accordo a quanto richiesto dalla stessa Direttiva. Questo comporta la necessità di svolgere l’intero percorso che porta alla certificazione CE dell’insieme ai sensi della Direttiva 2006/42/CE. Il Fabbricante, tuttavia, in questo caso deve porre attenzione se integra nell’insieme macchine complete e destinate a lavorare in modo indipendente oppure quasi-macchine in quanto, come osservato, vi sono sottili differenze nelle responsabilità che ne conseguono e nelle attività previste nel percorso di certificazione (in particolare, per quanto attiene la valutazione dei rischi). Ulteriore aspetto da considerare per gli insiemi, sono le modifiche delle unità che li costituiscono. Se le nuove unità installate nell’insieme sono tali da modificare sostanzialmente il funzionamento e la sicurezza dell’insieme stesso, è necessario procedere, da parte del soggetto che effettua la modifica, ad una nuova certificazione dell’intero insieme, al fine di dimostrare il soddisfacimento dei requisiti della Direttiva Macchine anche a fronte della modifica apportata.


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Dal rischio... Al rischiare

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RELAZIONE ANNUALE INAIL:

AUMENTO DELLE MALATTIE PROFESSIONALI a cura di Mario Romeo

I

l presidente dell’Inail, Massimo De Felice, ha presentato il 22 giugno, a Roma, i dati 2015 relativi all’andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in Italia e i dati di bilancio dell’Istituto. Nel corso dell’evento sono stati illustrati anche i risultati più rilevanti conseguiti dall’Inail sul fronte degli investimenti, delle politiche in materia di cura, riabilitazione e reinserimento e le attività e i piani della ricerca. Sono poco meno di 637mila le denunce di infortunio registrate. Si conferma l’andamento decrescente nella serie storica del numero degli infortuni. Sono poco meno di 637mila le denunce di infortuni accaduti nel 2015 registrate dall’Inail, in diminuzione del 4% rispetto al 2014 e del 22,1% rispetto al 2011. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono stati poco più di 416mila (-6,6% rispetto al 2014), di cui il 18,2% avvenuto “fuori dell’azienda”, cioè “con mezzo di trasporto” o “in itinere”. Il dato “fuori azienda” è rilevante per la valutazione accurata delle politiche e delle azioni di prevenzione. Gli infortuni mortali “accertati” sono stati 694. Delle 1.246 denunce di infortunio con esito mortale (erano 1.152 nel 2014), gli infortuni accertati “sul lavoro” sono stati 694 (di cui 382, il 55%, “fuori dell’azienda”), con una riduzione del 2% circa rispetto al 2014 e del 23,4% rispetto al 2011. Il dato tuttavia non è consolidato perché sono ancora in istruttoria 26 infortuni: se tutti fossero riconosciuti come casi mortali avvenuti “sul lavoro”, si

avrebbe un aumento complessivo di circa l’1,7% rispetto al 2014, mentre la riduzione rispetto al 2011 sarebbe del 20%. Circa 11 milioni le giornate di inabilità. Gli infortuni sul lavoro hanno causato circa 11 milioni di giornate di inabilità con costo a carico dell’Inail. In media circa 82 giorni per gli infortuni che hanno provocato menomazione e 20 giorni in assenza di menomazione. Malattie professionali: le denunce sono state 59mila. Si conferma l’andamento crescente nella serie storica del numero delle malattie professionali. Le denunce di malattia sono state circa 59mila (circa mille e 500 in più rispetto al 2014), con un aumento di circa il 24% rispetto al 2011. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 34%, il 3% è ancora “in istruttoria”. Il 63% delle denunce è per malattie del sistema osteomuscolare (cresciute del 46% rispetto al 2011). E’ importante ribadire che le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono circa 44mila, di cui circa il 39% per causa professionale riconosciuta. Sono stati poco meno di 1.600 i lavoratori con malattia asbestocorrelata. I lavoratori deceduti nel 2015 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 1.462 (il 27% in meno rispetto al 2011), di cui 470 per silicosi/asbestosi (l’85% è con età al decesso maggiore di 74 anni). Positivo il risultato finanziario dell’Istituto (439 milioni). I principali

dati del preconsuntivo 2015 indicano entrate di competenza per 9 miliardi e 634 milioni di euro (allo stesso livello del 2014) e uscite di competenza pari a 9 miliardi e 195 milioni (con prestazioni istituzionali in diminuzione dell’1,3% rispetto all’anno precedente). Il risultato finanziario è pari a 439 milioni e, dunque, positivo, seppure in diminuzione del 7,8% rispetto al 2014 e del 43% rispetto al 2011. Il bilancio tiene la solvibilità. Il risultato economico si attesta a 1.194 milioni (-21,5% rispetto al 2011). Le riserve ammontano a circa 28 miliardi e 167 milioni, “coperte” per circa l’83% da liquidità (versata alla Tesoreria dello Stato, senza remunerazione). Sul bilancio dell’Inail hanno inciso anche quest’anno le misure della “Legge di Stabilità” (la riduzione del 15,38% di premi e contributi è stata “tamponata” parzialmente dai 600 milioni trasferiti dallo Stato; hanno gravato i 192,6 milioni riversati allo Stato per riduzioni e razionalizzazione della spesa). In definitiva, il bilancio del 2015 tiene ancora la solvibilità. Bando Isi: dal 2010 a favore delle aziende 1,3 miliardi. Con il bando Isi del 2015 l’Inail ha messo a disposizione del sistema produttivo italiano 276 milioni di euro a fondo perduto per il miglioramento della sicurezza sul lavoro, sesta tranche di uno stanziamento complessivo che, a partire dal 2010, ammonta complessivamente a circa 1,3 miliardo di euro. La principale novità dell’ultimo bando consiste nello stanziamento di circa 83 milioni per progetti di bonifica da materiali contenenti

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Relazione annuale inail: aumento delle malattie professionali

“ Attraverso il bando Fipit 2015, destinato alle micro e piccole imprese del settore terziario, sono stati stanziati altri 20 milioni di euro”.

amianto. Le aziende che hanno partecipato al “click day” dello scorso 26 maggio per l’assegnazione degli incentivi sono state più di 23mila. Stanziati altri 20 milioni col Bando Fipit 2015. Attraverso il bando Fipit 2015, destinato alle micro e piccole imprese del settore terziario, sono stati stanziati altri 20 milioni di euro. Nel frattempo ha avuto esito il bando per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica (Fipit) pubblicato nel 2014, con lo stanziamento di 30 milioni di euro per i settori ad alto rischio infortunistico dell’edilizia, dell’agricoltura e della lavorazione dei materiali lapidei. Si prevede la quasi completa copertura dei 5.121 progetti presentati. Prevenzione: aumentano le imprese che hanno usufruito della riduzione dei premi. Il numero delle imprese che negli ultimi anni hanno usufruito della riduzione dei premi Inail per meriti di prevenzione è in crescita: sono state 41mila nel 2012, 46mila nel 2013 e 52mila nel 2014, mentre le istanze presentate nel 2015 per interventi effettuati l’anno precedente sono circa 66mila. A ottobre 2015, inoltre, è stata disposta la riduzione dell’8,16% dell’importo del premio per le imprese artigiane che non hanno denunciato infortuni nel biennio 2013-2014, cui sono stati destinati 27 milioni di euro. Lo sconto ha interessato oltre 267mila ditte. Altre riduzioni hanno riguardato il settore edile, la pesca e la navigazione. Circa 7,5 milioni di prestazioni sanitarie effettuate. Nel 2015 sono state effettuate circa sette milioni e mezzo di prestazioni sanitarie. Le pre-

stazioni per “prime cure” effettuate presso i 131 ambulatori dell’Inail sono state circa 690mila, di cui il 93,2% richieste a seguito di infortuni e il restante 6,8% per malattia professionale. Negli 11 centri di fisiochinesiterapia attivi in cinque regioni sono state fornite circa 127mila prestazioni riabilitative e oltre 10mila visite fisiatriche a 3.700 pazienti. Il Centro Protesi di Vigorso di Budrio ha registrato l’afflusso di circa 13mila assistiti. In coerenza con le previsioni del Piano sanitario sociale integrato della Regione Toscana, è stato approvato il piano di sviluppo per il Centro di riabilitazione motoria di Volterra. Ancora più impulso agli investimenti immobiliari e mobiliari. Nel 2015 l’attività di investimento dell’Inail è stata particolarmente innovativa, per volume di realizzazioni e per l’impostazione e l’avvio delle nuove politiche. Nel mese di dicembre sono stati stipulati i contratti di acquisto di una sede del Ministero della Salute (per un importo di 126 milioni di euro) e di quattro immobili “storici” dell’Eur di Roma che ospitano l’Archivio centrale dello Stato, il Museo Pigorini, il Museo dell’Alto medio-evo, il Museo delle Arti popolari (per un valore complessivo di 297,5 milioni di euro). Si è conclusa l’istruttoria, per la realizzazione di una residenza sanitaria a Caorle, con l’autorizzazione all’investimento per un valore complessivo di 23 milioni di euro. Circa 1,5 miliardi a disposizione di iniziative immobiliari a elevata utilità sociale. L’Inail ha messo a disposizione

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di iniziative immobiliari a elevata utilità sociale circa 1,5 miliardi. Lo scorso gennaio sono stati selezionati 200 progetti, con 83 amministrazioni coinvolte, per interventi relativi a residenze universitarie, strutture sanitarie e assistenziali, scuole e uffici pubblici. Tra i progetti presentati, oltre 107 interventi riguardano la messa in sicurezza – con criteri di alta qualità estetica e funzionale – di edifici scolastici. Un altro importante progetto riguarda la realizzazione di 52 scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate da nuovi ambienti di apprendimento e dall’apertura al territorio. Per questo progetto l’Inail ha stanziato 350 milioni di euro nel triennio 2014-2016. Incrementata al 2,7% la partecipazione al capitale di Banca d’Italia. Per quanto riguarda gli investimenti mobiliari, previo parere positivo congiunto della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento del Tesoro, l’Istituto ha incrementato le sue quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia, raggiungendo il 2,7% (dallo 0,7%), con un investimento di 150 milioni di euro. Concluso il piano di ricerca 20132015 del Centro Protesi di Vigorso di Budrio. Si è concluso il piano di ricerca 2013-2015 del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio. La collaborazione “in rete” con l’Istituto italiano di tecnologia, con l’Istituto di bio-robotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e con l’Uni-


FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

versità Campus bio-medico di Roma ha dato i primi risultati positivi. In particolare sono stati realizzati un prototipo di esoscheletro motorizzato, un sistema protesico avanzato di arto superiore, un prototipo di falange del dito della mano in grado di restituire sensibilità tattile all’arto amputato, e strumenti per la valutazione funzionale e la riabilitazione. Per alcuni di questi prototipi è stata presentata la domanda di brevetto e si sta dando avvio al trial clinico. Approvato il Piano delle attività di ricerca 2016-2018. Lo scorso dicembre è stato approvato il Piano delle attività di ricerca 2016-2018, con nove programmi sui temi: strategie di prevenzione; gestione integrata del rischio, della salute e della sicurezza; applicabilità delle norme; sistemi innovativi di gestione per rischi connessi all’evoluzione dei processi produttivi; mutamenti sociali e demografici, per analizzare le condizioni e i bisogni dei gruppi più vulnerabili; rischi e opportunità indotti dalle nanotecnologie; un “programma speciale amianto”. I 12 nuovi progetti di ricerca triennali del Centro Protesi di Vigorso di Budrio, approvati lo scorso aprile, sono invece raccolti in quattro macro-aree: ortesi, protesi, progetto clinico e di riabilitazione, dispositivi tecnici. CHECK LIST AUTOVALUTAZIONE SICUREZZA Check list elaborate da ULSS 9 Treviso relative all’autovalutazione ottemperanza obblighi sicurezza per ispezione e controllo da parte Organi di vigilanza locali.

Le cheek list sono finalizzate a favorire la trasparenza dell’attività di controllo e l’ottemperanza alle misure di prevenzione da parte delle aziende; poiché alcuni argomenti sono molto complessi, si è cercato di mantenere contemporaneamente la completezza e la semplicità delle informazioni ma non sempre ciò è stato possibile. Si ribadisce che l’unico riferimento valido è il testo della legge citato nei documenti; è raccomandato, pertanto, di prenderne visione ed avere a disposizione il testo completo della normativa durante la lettura delle schede: 1. Eenco della documentazione sulla sicurezza di cui l’azienda deve disporre (versione 14 - del 19/04/2016). Questa Cheek List è stata condivisa dai tre SPISAL della provincia di Treviso e dagli Enti che costituiscono il Comitato di Coordinamento Provinciale al fine di rendere uniforme l’azione di vigilanza. 2. Criteri di valutazione dei piani di bonifica amianto (versione 1 del 29 maggio 2014). Questa cheek list viene utilizzata dal personale SPISAL che valuta i piani di bonifica amianto presentati dalle ditte bonificatrici 30 giorni prima dell’effettuazione dei lavori. In caso di carenza o incompletezza di informazione, può essere effettuata una richiesta di integrazione o un’ispezione in cantiere. La lista consente al datore di lavoro di auto valutare la completezza e coerenza dei propri piani di lavoro, prima dell’invio allo SPISAL, sulla base dei criteri seguiti dall’organo di vigilanza per gli aspetti di maggior rilevanza. Ciò non esclude l’obbligo di rispettare comunque tutte le in-

dicazioni previste dalla normativa. 3. Autovalutazione dei DPI (Versione 1.3 con istruzioni V. 1.3 del 07/01/2016). Questa cheek list è prevista per l’autovalutazione da parte delle aziende. E’ stata costruita con riferimento alle problematiche più frequenti e alle modalità con cui viene usualmente effettuato il controllo in azienda da parte dello SPISAL. Ciò non esclude l’obbligo di rispettare comunque tutte le indicazioni previste dalla normativa. 4. Autovalutazione della sicurezza delle macchine (Versione 1.4 del 22/04/2016) Questa cheek list è prevista per l’autovalutazione da parte delle aziende. E’ stata costruita con riferimento alle problematiche più frequenti e alle modalità con cui viene usualmente effettuato il controllo in azienda da parte dello SPISAL. Ciò non esclude l’obbligo di rispettare comunque tutte le indicazioni previste dalla normativa. ULSS 9 Treviso 01. CHECK Documentazione azienda 02. CHECK Piani amianto 03. CHECK Scheda 3 DPI 04. CHECK Scheda 4 macchine MARCHE: EMERGENZA IN MARE: UN PROTOCOLLO PER LA SICUREZZA Si è svolto presso l’Ospedale di Torrette di Ancona un incontro fra i vertici di OASI Confartigianato, del Consorzio Senigallia Spiagge con il Reparto Operativo del 118 Marche per la definizione di un protocollo regionale per le situazioni di emergenza in mare. Un processo di coordinazione e di co-

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Relazione annuale inail: aumento delle malattie professionali

“ Importante punto di partenza di un progetto che servirà per un lavoro in sinergia tra 118, imprese balneari e Capitaneria di Porto”. municazione sulle procedure messe in atto negli interventi d’urgenza per il salvataggio tramite l’utilizzo dell’eliambulanza in modo da favorire una maggiore rapidità e una consapevolezza nel modo di agire. Sono stati illustrati dal Direttore Rocchi Germano le nuove procedure con soccorso verticale che prevede l’utilizzo del verricello per calare nella zona di intervento il personale medico in maniera da preservare l’incolumità delle persone presenti in spiaggia e per rendere più veloce il processo di soccorso senza individuare un punto di atterraggio in spiaggia, qualora le condizioni non lo permettessero. “Sicuramente un incontro molto produttivo – precisa il Presidente Regionale di OASI Confartigianato, Filippo Borioni, un ulteriore esempio di come le Imprese Balneari siano al servizio del territorio, sia dal punto di vista del servizio di salvataggio e quindi della sicurezza in mare, sia dal punto di vista turistico. Oltre ad essere indispensabile per ottenimento della bandiera blu FSE, un mare sicuro è una garanzia di qualità e di servizio a 360 gradi nei confronti degli ospiti delle località delle Marche”. Importante punto di partenza di un progetto che servirà per un lavoro in sinergia tra 118, imprese balneari e Capitaneria di Porto e che sarà esteso a livello regionale tramite il Comandante Andrea Forte, Responsabile Area Marche e OASI Confartigianato Marche. “Partendo dalla comunicazione del protocollo stabilito dal Comandante Forte, che ringraziamo per la sua collaborazione, il progetto potrà essere integrato

per rendere più veloce il processo di comunicazione delle emergenze e di individuazione della zona interessata per il salvataggio attraverso la numerazione delle postazioni di salvataggio secondo criteri unificati o la formazione del personale in merito a situazione di veloce comunicazione”, spiega Paolo Pierpaoli, responsabile OASI per la provincia di Ancona. Dalla sua nascita, il Consorzio Senigallia Spiagge e OASI Confartigianato hanno messo in atto una serie di procedure e di progetti volti sempre al miglioramento del servizio, con importanti progetti e calendarizzando periodicamente incontri con tutti. REGIONE PIEMONTE, REGOLAMENTO NORME SICUREZZA LAVORI IN COPERTURA Pubblicato sul Bur Regione Piemonte del 26 maggio 2016 n.21 il decreto del 23 maggio 2016 Regolamento regionale recante Norme in materia di sicurezza per l’esecuzione dei lavori in copertura (Articolo 15, legge regionale 14 luglio 2009 n. 20). Abrogazione del regolamento regionale 16 maggio 2016 n. 5/R. Entrata in vigore del provvedimento è il 25 luglio 2016. Info: Regione Piemonte, Dpgr 23 maggio 2016 norme sicurezza lavori copertura. RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE ORGANIZZAZIONI, PUBBLICATA LA PRASSI DI RIFERIMENTO UNI/PDR 18:2016 Elaborata da un tavolo congiunto multistakeholder a cui ha partecipato anche l’Inail, la pubblicazione, che sarà illustrata

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a Milano il 21 giugno prossimo, recepisce e rende applicabili gli indirizzi operativi per l’implementazione della Uni Iso 26000, lo standard internazionale di riferimento in tema di azioni sociali da parte di enti ed istituzioni. Con indicazioni utili anche per la salute e la sicurezza sul lavoro e il benessere di addetti e lavoratori. Segnalare un “quasi” infortunio sul lavoro o un “mancato” incidente professionale distinguendolo per causa, età, provenienza, e genere; compiere anamnesi lavorative e screening medico-sanitari distinti per sesso; dare sostegno e assistenza a parenti disabili di lavoratori e addetti; patrocinare misure utili al reinserimento lavorativo di persone disabili; agevolare i dipendenti con l’erogazione di mutui a tasso agevolato o creando mense e asili nido interni o in convenzione oppure favorire l’utilizzo di navette al posto delle auto personali; concedere orari flessibili in grado di armonizzare tempi di vita e di lavoro; promuovere corsi e iniziative di formazione continua; sostenere attività di rilevazione e di monitoraggio del benessere organizzativo attraverso colloqui individuali e sportelli di ascolto. Sono alcune delle possibili azioni realizzabili nell’ambito dell’aspetto “salute e sicurezza sul lavoro” presente nella recente pubblicazione della prassi di riferimento Uni/PdR 18:2016 che aiuta a rendere operativi gli indirizzi contenuti nella norma Uni Iso 26000 sulla responsabilità sociale delle organizzazioni. Prassi di Riferimento Uni/PdR 18:2016. Pubblicata il 29 aprile 2016, il documento dal titolo “Responsabilità sociale delle organizzazioni - Indirizzi


FORMAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

“ La responsabilità sociale rappresenta peraltro uno dei punti cardine della funzione prevenzionale dell’Inail, come testimonia Ester Rotoli, Direttore centrale Prevenzione Inail”. applicativi alla Uni Iso 26000”, verrà presentato a Milano martedì 21 giugno, nel corso dell’incontro organizzato dall’Uni e dalla fondazione Sodalitas, nella sala Falck della sede di Assolombarda, è un volume di 80 pagine, pieno di spunti concettuali, soluzioni ed esempi applicativi di facile riproducibilità. Il documento è applicabile da qualunque tipo di ente o di organizzazione, pubblica o privata, lucrativa o non, affronta e chiarisce le tematiche più critiche presenti nella Uni Iso 26000 e di più difficile realizzazione, vale a dire la materialità (materiality), la responsabilità di rendere conto (accountability) ed il coinvolgimento dei portatori di interesse (stakeholder engagement), cioè la comunicazione il più possibile completa, esauriente e trasparente delle attività e degli impatti che un ente produce in ambito sociale, ambientale, economico. Mercadante (Contarp Inail): “Un documento utile anche per la sicurezza sul lavoro”. “La prassi è stata elaborata da un gruppo di lavoro multidisciplinare, a cui ha preso parte anche l’Inail, promosso dalla fondazione Sodalitas nell’ambito della collaborazione con Uni, l’ente italiano di normazione - spiega Lucina Mercadante, professionista della Contarp, che per l’Istituto ha partecipato al tavolo redazionale incaricato di elaborare materialmente il documento - e costituisce il punto di arrivo di un lungo percorso sul tema della responsabilità sociale a cui l’Inail guarda da tempo con attenzione e interesse, dato che il riferimento al livello etico è comune a tutte le compagini organizzative”. Una tematica

a cui le aziende sono interessate a partire dai primi anni 2000, in particolare da quel 2003 in cui, su impulso del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si iniziò a parlare nel nostro Paese di Csr, la responsabilità sociale delle imprese. “La PdR 18:2016 è importante per il tema che tratta, la responsabilità sociale delle organizzazioni, che supera quello ristretto delle sole aziende - prosegue ancora Mercadante. - Ed è importante anche per il modo in cui lo tratta: la prassi infatti si propone come obiettivo quello di fornire indirizzi operativi utili a tracciare un percorso e illustrare un metodo per applicare la Uni Iso 26000, ancora oggi unico standard internazionale di riferimento in materia di responsabilità sociale, e che l’Inail valorizza attribuendo dal 2010 una modalità di sconto nel modello OT24 per le imprese che operano per una prevenzione ancora più marcata, orientata a migliorare le condizioni di sicurezza ed igiene sul lavoro oltre i limiti di legge. E’ oltremodo importante sottolineare che anche il documento della prassi offre particolare rilievo all’ambito della salute e sicurezza sul lavoro, prendendolo a riferimento per illustrare alcuni esempi chiave”. La responsabilità sociale rappresenta peraltro uno dei punti cardine della funzione prevenzionale dell’Inail, come testimonia Ester Rotoli, Direttore centrale Prevenzione Inail. Rotoli sottolinea: “Essere socialmente responsabili significa andare oltre gli obblighi di legge, investendo nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate. In particolare, condizioni di lavoro

sane e sicure per i lavoratori sono parte integrante della responsabilità sociale e richiedono un notevole impegno gestionale, prevedendo la partecipazione di tutti gli attori coinvolti e l’introduzione di misure innovative e sempre al passo con i tempi. In questo ambito, risulta di particolare rilievo la diffusione dell’adozione dei sistemi di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Sgsl), cui l’Istituto dedica da sempre una particolare attenzione”. Pubblico e privato nel sociale in Italia sulla scia di Olivetti. Esaminando le buone prassi messe in campo dalle organizzazioni italiane in questi anni in tema di responsabilità sociale, si può osservare una realtà diversificata, con punte elevate di eccellenza soprattutto in ambito privato e imprese molto vicine alle esigenze e ai bisogni dei propri addetti, mentre nel pubblico sono solo alcune amministrazioni centrali e territoriali a distinguersi. In ogni caso, di strada ne è stata fatta molta e ancora oggi la figura di Adriano Olivetti, l’imprenditore che negli anni ’60 a Ivrea, accanto agli stabilimenti costruiva case e biblioteche per gli operai, resta un nume tutelare per chi voglia cimentarsi in questo campo. “La prassi mantiene lo spirito, condiviso da un gruppo di lavoro coeso e collaborativo - conclude Lucina Mercadante - di sostenere ancora e sempre più la diffusione e l’applicazione di modelli di responsabilità sociale, secondo un approccio olistico e sistematico proprio di quanti desiderano orientare strategie, politiche ed attività ispirate alla Uni Iso 26000”.

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Le reazioni allergiche per punture di

imenotteri a cura di Giovanna Pirana

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on solo starnuti a raffica nella bella stagione per gli allergici, ma anche le reazioni a vespe e api. Infatti accanto alle numerose forme di pollinosi non vanno dimenticate le reazioni allergiche scatenate da punture di insetti, soprattutto di imenotteri. L’espressione più comune in questo tipo di sensibilizzazione sono le reazioni locali estese che si sviluppano in sede di puntura e risolvono in pochi giorni. Tuttavia accanto a queste si segnalano con sempre maggiore frequenza reazioni generalizzate che in seguito alle punture di questi insetti sviluppano

dall’orticaria a forme più gravi come l’edema della glottide o lo shock anafilattico, potenzialmente mortali. Ufficialmente negli Stati Uniti si registrano almeno 40 decessi all’anno, mentre in Europa tali eventi appaiono più rari. Nel nostro Paese le informazioni disponibili sono quelle dell’ISTAT, che segnalano 13 decessi da allergia ad imenotteri in un periodo di osservazione di 10 anni (1980- 90). Questi dati, apparentemente rassicuranti, sottostimano pesantemente il problema se si pensa che, solo nel Veneto e nei soli mesi estivi dello scorso anno ci sono stati 5 morti

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certe per punture di imenotteri. Questo tipo di allergia è più frequente in chi è professionalmente esposto (apicoltori, agricoltori, vigili del fuoco, giardinieri, guardie forestali), ma possono essere coinvolti anche impiegati, professionisti, studenti. L’allergia al veleno di imenotteri è generalmente più lieve in età pediatrica e molto più grave nell’anziano, nel quale preesistenti patologie cardiache possono favorire una progressione fatale dello shock anafilattico. Quando pensare ad un allergia agli imenotteri e quando gli accertamenti ?


MEDICINA DEL LAVORO

“La mastocitosi è una malattia relativamente rara caratterizzata da un’eccessiva proliferazione di mastociti”. ca mirata, che possa prevenire nuove reazioni gravi all’eventuale ripuntura ed essere in questo modo un salva-vita per il paziente.

Le reazioni locali, pur intense, abitualmente non evolvono a reazioni più gravi in seguito a successive punture, hanno una prognosi generalmente favorevole e necessitano solo in pochi casi di un approfondimento diagnostico. Deve invece essere valutato in un centro specializzato chi in seguito ad una puntura di ape o vespa ha presentato un prurito generalizzato, accompagnato da orticaria, chi ha avuto difficoltà respiratorie e chi ha lamentato sintomi riferibili ad un improvviso calo pressorio (astenia, sudorazioni, nausea). La diagnostica di questa allergia è oggi molto precisa e attraverso una combinazione di test cutanei e laboratoristici riesce ad identificare il tipo di imenottero responsabile, elemento indispensabile per iniziare un’ immunoterapia specifi-

Va sottolineato tuttavia che gli effetti dell’immunoterapia per essere duraturi nel tempo anche dopo la sua sospensione necessitano di un ciclo di iniezioni mensili o bimensili della durata di almeno cinque anni. Oltre all’immunoterapia il soggetto allergico deve dotarsi di farmaci di emergenza da utilizzare nel caso venga punto: corticosteroidi, antistaminici e, soprattutto, l’adrenalina. Quest’ultimo è un farmaco salvavita che grazie all’azione che ha sulla circolazione sanguigna (ha un effetto positivo sia sul cuore che sui vasi, aumentando la pressione arteriosa) e sulla muscolatura bronchiale è in grado di antagonizzare il calo pressorio e la difficoltà respiratoria caratteristici dell’anafilassi. L’adrenalina auto-iniettabile nella nostra Regione è garantita gratuitamente su prescrizione specialistica. Negli ultimi anni è stata dimostrata una

significativa associazione tra l’anafilassi da imenotteri ed una patologia a carico dei mastociti. La mastocitosi, che è presente nel 15% dei pazienti affetti da reazioni anafilattiche ad api e vespe, è una malattia relativamente rara caratterizzata da un’eccessiva proliferazione di mastociti, cellule che rappresentano il serbatoio di numerosi mediatori delle reazioni allergiche, dei quali il più noto è l’istamina. Questo aumentato numero di mastociti favorisce reazioni allergiche gravi sia da farmaci (mezzi di contrasto, anestetici generali etc.) che da veleno di imenotteri, mentre la loro proliferazione in differenti organi e tessuti quali la cute, il midollo osseo, il fegato, la milza, il tratto gastrointestinale può essere responsabile di patologie a carico di questi organi . In particolare nei pazienti con mastocitosi è frequente una patologia scheletrica con forme di osteopenia e osteoporosi talora complicate da fratture patologiche.

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NEL SEGNO DELLA

PREVENZIONE

a cura di Paolo Peretti- Direttore del Centro Formazione e Ricerca Merlo

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nche se le catastrofi naturali sono inevitabili ed è quasi impossibile recuperare pienamente i danni causati da eventi disastrosi, tra le innumerevoli attività di prevenzione c’è il miglioramento dell’informazione alla popolazione su come agire prima, durante e dopo l’evento.

Nonostante i grandi progressi compiuti nell’ambito delle tecnologie e delle soluzioni costruttive, il processo per migliorare la resistenza degli edifici è purtroppo lento e gli eventi catastrofici che possono metterli in pericolo, causando anche la perdita di vite umane, continueranno ad esistere ancora per molti anni a venire.

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In tempi ragionevolmente brevi la formazione della popolazione sui comportamenti da tenere durante e dopo un accadimento catastrofico è una delle attività necessarie per renderne meno drammatiche le conseguenze. La formazione deve essere organizzata sulla base di linee-guida comuni che


NEL SEGNO DELLA PREVENZIONE

“Il tempo è sempre un fattore decisivo e la reazione precoce è di vitale importanza per la sopravvivenza delle vittime”. suggeriscano le azioni che un individuo deve intraprendere, con istruzioni semplici e facili da comprendere. In paesi con avanzata cultura della prevenzione, il loro insegnamento e la pratica per la popolazione sono ormai consolidati da anni ed anche in Italia molti Enti Locali ed Organizzazioni hanno già attivato corsi di questo tipo. Ciò che è ancora poco enfatizzato è come comportarsi, a seguito di evento catastrofico che causa il crollo degli edifici, per un primo immediato intervento di emergenza in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Il tempo è sempre un fattore decisivo e la reazione precoce è di vitale importanza per la sopravvivenza delle vittime. Coloro che intervengono immediatamente sono generalmente parenti, amici, vicini di casa, persone di buona volontà sovente prive delle competenze e conoscenze di base per poter affrontare in sicurezza l’emergenza, con il rischio concreto di mettere in inutile pericolo se stessi e coloro che stanno cercando di salvare. I siti devastati sono infatti instabili e nascondono molti pericoli: vetri rotti, chiodi sporgenti, pavimenti o scale indebolite, muri pericolanti, cavi elettrici abbattuti, fughe di gas, condutture idriche rotte, scarichi fognari aperti. Le strutture che appaiono solide in realtà possono non esserlo più e la polvere generata da una crollo può essere nociva, oltrechè eventualmente coprire alla vista le vittime. Le statistiche confermano che, purtrop-

po, in ogni catastrofe i soccorritori non addestrati e non equipaggiati subiscono lesioni, anche gravi. Ecco dunque che una formazione dei cittadini che includa anche semplici nozioni su come comportarsi nei primi momenti dopo l’evento diventa un tassello fondamentale in un percorso più articolato di prevenzione. La maggior parte degli edifici è purtroppo vulnerabile agli effetti di catastrofi naturali come terremoti, frane ed inondazioni e l’entità del danno dipende soprattutto dal tipo di disastro e dalla tecnica di costruzione dell’edificio stesso: alcuni crolleranno in tutto o in parte, altri rimarranno in piedi, magari con indebolimento più o meno eviden-

te delle strutture. Quando intervengono le squadre di soccorso – formate e preparate per eseguire interventi nelle condizioni più difficili – è bene che le persone inesperte, magari con tanta voglia di dare una mano scavando tra macerie e detriti, si astengano dall’intervenire per il rischio di causare ulteriori crolli e danni alle persone intrappolate. La posizione delle persone intrappolate tra ciò che resta delle loro case o dei luoghi di lavoro, il modo in cui l’edificio è crollato, i materiali da costruzione con cui è fatto e molti altri elementi creano una grande variabilità di situazioni. Le operazioni di salvataggio possono quindi richiedere da alcuni minuti a

Fig. 1, solaio crollato in appoggio parziale

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Gli spazi vitali

“La formazione preventiva è dunque determinante e le sfide tecniche ed organizzative che impone portano con sé il valore aggiunto della fiducia di chi guarda al futuro senza rassegnazione”. diversi giorni, differenziando notevolmente gli impieghi di personale, di attrezzature ed i rischi legati agli interventi stessi. Se si desidera aiutare i soccorritori è necessario seguire alla lettera le loro istruzioni ed avere a disposizione le protezioni minime. Tra le molte precauzioni, mai scavare a mani nude tra le macerie ed indossare una mascherina anti-polvere. La formazione preventiva è dunque determinante e le sfide tecniche ed organizzative che impone portano con sé il valore aggiunto della fiducia di chi guarda al futuro senza rassegnazione.

Gli spazi vitali

Fig. 2, solaio collassato al centro

La maggior parte degli edifici che non resistono alle sollecitazioni di un terremoto crolla secondo uno schema abbastanza prevedibile. Molto spesso il collasso della struttura lascia liberi all’interno dell’ammasso di macerie degli spazi vuoti in cui una persona, malgrado tutto, riesce fortunatamente a sopravvivere. La grande sfida per i soccorritori è saper individuare e raggiungere in sicurezza questi vuoti il prima possibile, riducendo i rischi al minimo. Generalmente si possono identificare quattro macro-tipologie di crollo e, pur nella gravità del disastro, molti di coloro che sono rimasti intrappolati sotto le macerie possono trovare la salvezza. 50 | Il Notiziario sulla Sicurezza | settembre - ottobre 2016

Fig. 3, crollo a strati


NEL SEGNO DELLA PREVENZIONE

“I soccorritori devono usare la massima cautela per operare in un simile contesto dato il continuo pericolo di crolli di una struttura molto precaria”. Solaio crollato in appoggio parziale (fig. 1 pag.49) Quando un pavimento o un tetto o altre grandi parti della struttura crollano, queste possono rimanere ancorate su un lato del fabbricato nonostante il collasso totale dall’altra parte. Si forma in tale evenienza una sorta di tettoia che lascia al di sotto volumi liberi che permettono la sopravvivenza. Solaio collassato al centro (fig. 2 pag.50) I pavimenti di una casa non sono costruiti per sostenere le tonnellate di macerie dei piani superiori o del tetto che crollano. In queste evenienze, di solito la parte più critica è il centro del pavimento, il primo a cedere. Anche in questo caso potrebbero crearsi degli spazi vitali tra i muri ancora in piedi e le macerie del solaio collassato. Crollo a strati (fig. 3 pag.50) Quando collassano anche i muri portanti ed il crollo riguarda purtroppo l’intera struttura, i piani superiori si abbattono in rapida sequenza su quelli inferiori, schiacciando tutto ciò che si trova sui pavimenti delle stanze sottostanti. I detriti crollano rovinosamente anche all’esterno del fabbricato occupando strade e danneggiano massicciamente gli edifici adiacenti. Gli unici elementi che possono ancora svolgere una debole funzione di puntello e di protezione per chi si trova nei locali sono i mobili più robusti, alcuni elettrodomestici e poche

porzioni di pareti più solide. Anche in tale evenienza si possono creare degli spazi vitali, magari sotto i tavoli o negli architravi inseriti nei muri maestri ed è possibile trovare la salvezza in essi. Sono spazi molto ridotti e di difficile accesso per i soccorritori, ma pur sempre vitali.

nel vuoto. Anche in questi casi le vittime possono trovare spazi vitali tra i detriti. I soccorritori devono usare la massima cautela per operare in un simile contesto dato il continuo pericolo di crolli di una struttura molto precaria.

Crollo con macerie a sbalzo (fig. 4 sottostante) In questo caso i solai ed il tetto rimangono ancorati da un lato alla struttura portante, dall’altro, quello nel quale i muri di sostegno hanno ceduto, sono invece appoggiati gli uni sugli altri in un equilibrio estremamente instabile e pericoloso oppure sono a sbalzo

Fig. 4, crollo con macerie a sbalzo

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IL MERCATO DEVE CAMBIARE,

ECCO LA ROAD MAP DI CONPAVIPER Comunicato stampa a cura di SAIE

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onpaviper: “scelte forti per cambiare il mercato su regole, valori e professionalità: Il bilancio di tre anni di lavoro e le direttive per il prossimo futuro sono state le linee del discorso di Dario Bellometti, Presidente CONPAVIPER, nel corso dell’Assemblea Ordinaria del 28 giugno scorso. Strumenti normativi condivisi, tutela delle professionalità e un codice di regole e valori per l’accesso all’Associazione sono stati i punti richiamati con forza dal presidente, con un obiettivo generale, non solo affermare principi e produrre documenti ma anche diffonderli e applicarli. Per fare questo, l’Associazione Italiana delle Imprese di Pavimentazioni Continue che rappresenta più di 100 imprese operanti nella realizzazione di pavimenti, nella produzione di materiali dedicati, nella fornitura di servizi, sarà anche al Saie di Bologna

dal 19 al 22 ottobre prossimi, l’appuntamento italiano di riferimento per tutto il mondo delle costruzioni. Presidente Bellometti, è appena cominciato il suo ultimo anno di mandato alla guida di Conpaviper, la domanda d’obbligo riguarda il bilancio di questi anni di lavoro. “Abbiamo lavorato con grande energia sui tre settori che rappresentiamo, posso dichiarare con orgoglio che siamo cresciuti: abbiamo cambiato il settore, siamo partiti da un mondo in cui mancavano le regole, oggi abbiamo norme per ogni ambito applicativo rappresentato. Ho visto crescere l’associazione con una nuova sezione, quella dei massetti, ho visto un ricambio all’interno del direttivo che non accadeva da anni. Insomma, abbiamo fatto e dovremo fare delle scelte forti perché non possiamo pensare che il mercato cambi ed evolva nella direzione della valorizzazione delle competenze se non saremo noi a fare delle scelte forti.” Qual è stata la ricetta? “Abbiamo lavorato in squadra. Ora vogliamo un’Associazione più forte e rappresentativa che già dal 2016 parta con la diffusione sul territorio delle conoscenze raccolte negli ultimi documenti tecnici, e che sappia raccogliere tra i propri soci le migliori aziende del settore”

Nella foto: Dario Bellometti, Presidente CONPAVIPER

Partiamo dal settore delle pavimentazioni industriali, quali sono le novità?

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“Sono state da poco approvate in forma definitiva le Istruzioni CNR per la progettazione e la realizzazione delle pavimentazioni industriali. Il documento era entrato in inchiesta pubblica circa due anni fa e CONPAVIPER aveva organizzato 3 eventi, di cui uno al SAIE, per presentare la bozza ai nostri soci e avviare una discussione sul testo, raccogliendo diverse proposte di modifica che sono state sottoposte con successo al CNR. Ora il documento è stato approvato. Abbiamo quindi finalmente un riferimento tecnico normativo in cui si riconosce che la pavimentazione industriale debba essere progettata da un professionista qualificato e debba essere seguita da una direzione lavori. Un grande passo avanti nella direzione della qualificazione, in cui finalmente l’applicatore viene deresponsabilizzato per una serie di problematiche, che fino ad oggi ricadevano invece solo sulla sua testa. “ Sul tema delle regole c’è anche un altro importante cambiamento. “Sì, grazie alla nostra costante presenza nelle riunioni dell’Osservatorio del Calcestruzzo del Consiglio Superiore dei LLPP, per la prima volta usciranno delle Linee Guida del Consiglio Superiore – il massimo organo italiano sulle norme strutturali – in cui si parlerà di Pavimentazioni Industriali. Stanno infatti per essere pubblicate le Linee Guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale dove all’interno è stato inserito un intero articolo dedicato al nostro settore. Finalmente è chiarito che la pa-


“Ora dobbiamo fare conoscere queste novità ai professionisti perché sia la più rapida possibile la loro applicazione”.

vimentazione industriale dovrà essere progettata da qualcuno, che devono essere fatte delle prove di piastra, che devono essere previste le operazioni di stagionatura e tante altre indicazioni. Abbiamo finalmente abbandonato il concetto di “pavimento a correre”, che dichiarammo nostro nemico 20 anni fa. Ora dobbiamo fare conoscere queste novità ai professionisti perché sia la più rapida possibile la loro applicazione.” La stessa operazione è stata fatta anche nel settore dei rivestimenti resinosi. Abbiamo revisionato le Linee Guida, il Documento sarà pronto per la pubblicazione nel mese di settembre. L’obiettivo è stato quello di renderlo più efficace per una qualifica del settore. Troppo spesso infatti anche questo settore viene massacrato da politiche commerciali che non si basano sulla valorizzazione della qualità della posa e dei materiali, ma sul non rispetto dei capitolati previsti. Per far fronte a questo il Consiglio Direttivo ha preso una decisione forte, quella di definire un regolamento specifico per le aziende fornitrici e applicatrici che vogliono essere associate a CONPAVIPER e che si basi su alcuni obblighi, come l’uso di prodotti marcati CE, della predisposizione di un capitolato tecnico di fornitura, l’impiego di personale qualificato. Quest’ultimo punto si basa sulla creazione di un patentino per le figure che operano nel cantiere. Infine nel settore dei massetti e sottofondi è in atto una revisione del

Codice di Buona Pratica. Anche in questo caso si prevede la pubblicazione per il mese di settembre. Il documento, oltre a correggere alcune imperfezioni della prima revisione, ha ampliato il suo campo d’azione anche ai massetti per esterno, e farà da base per la predisposizione di una prima edizione di una norma UNI dedicata a tutti i Massetti. Anche questo si tratta di un passaggio importante: fino a ieri infatti le norme su questo settore erano predisposte da altri, con un moltiplicarsi di riferimenti che spesso non tenevano neppure conto delle esigenze degli applicatori. L’esigenza, trasversale ai tre settori, è quella di garantire competenza e regole certe. Abbiamo già una proposta strategica per la creazione di un patentino per gli applicatori dei tre settori da noi rappresentati. Vogliamo che sia riconosciuto, da un punto di vista normativo, che chi opera nei nostri settori sia una figura qualificata e non qualcuno che si improvvisa andando di fatto a inquinare un mercato che ha bisogno di regole e di competenze. Noi dobbiamo definire le norme sulla qualifica degli applicatori per evitare che si trasformino in ulteriori e inutili costi, o si basino su requisiti fasulli, e che sia innanzitutto valorizzata l’esperienza sul campo. Dobbiamo dare al mercato un segnale forte, rappresentando con il CONPAVIPER solo coloro che hanno intrapreso un percorso di riconoscimento e valorizzazione della qualità.

Quali i consigli che si sente di dare al suo successore? Si operi per un grande progetto di azione sul territorio per la diffusione delle regole e dei nostri valori, perché è inutile continuare ad aggiornare documenti e regolamenti, alla ricerca di una perfezione tecnica, se poi non ci concentriamo e dedichiamo alla loro diffusione e applicazione; si avvii inoltre un’azione politica perché si possano unire in una unica associazione tutte le associazioni che operano nel nostro campo di applicazione, perché mai come ora abbiamo bisogno di essere forti nel proporre in un mercato che sta, forse, ripartendo dopo una lunga crisi, dei valori positivi.

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Dall’edilizia ai progetti speciali. Con Uretek, precisione chirurgica negli interventi di geotecnica Comunicato stampa a cura di SAIE

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recisione chirurgica negli interventi di geotecnica. È questo il core business dell’azienda Uretek che ha inventato i consolidamenti con iniezioni di resine espandenti. Origini finlandesi, 25 anni di vita, Uretek Italia, con sede in provincia di Verona, è attiva in molte parti d’Europa con un fatturato che supera i 9milioni di euro. Grazie alla tecnologia brevettata, Deep Injections, la più utilizzata al mondo con oltre 100mila interventi eseguiti 20mila solo in Italia -, Uretek si presenta come l’alternativa alle tecnologie tradizionali dei micropali e delle sottofondazioni, ed è una delle tante aziende protagoniste di Saie 2016 che si presenta per la sua capacità di essere punto di riferimento del settore, sempre alla ricerca di nuove applicazioni. “Ben oltre i semplici interventi di consolidamento dei terreni di fondazione e il ripristino della planarità delle pavimentazioni, Uretek vanta oggi una capacità di progettazione ed esecuzione tali da

poter affrontare e risolvere problematiche ritenute, fino a pochi anni fa, impossibili da trattare con le resine espandenti. Sollevamento di edifici - spiega nel dettaglio Gianluca Vinco, responsabile ufficio geotecnico - impermeabilizzazione di fondi di scavo, miglioramento sismico, consolidamento di argini e piloni dei ponti, sono solo alcuni tra i molti casi speciali che Uretek affronta ormai regolarmente, unendovi vantaggi di costo, tempistica e non invasività degli interventi”. Uretek è una di quelle aziende specializzate in tecnologie e tecniche edilizie che risponde in modo specialistico alle questioni della rigenerazione urbana, interviene sul costruito, ripristinando l’esistente. Guardando al futuro non si precludono frontiere possibili ed è già capitato che l’azienda sia stata contattata da chi ha macchine operatrici da assestare in un piano, ceduto nel tempo, per migliorare le performance. “O ancora, tramite martinetti, riusciamo a

sollevare una villetta che inclinata su un lato di una decina di centimetri – spiegano i tecnici dell’azienda – ha bisogno di essere riassestata consolidando il terreno di fondazione”. I clienti di Uretek sono professionisti (ingegneri, geometri e alcuni architetti), ma soprattutto aziende e clienti finali che attivano contatti diretti per un’indagine preliminare e poi per risolvere problemi di fondazione quando si riduce il volume del terreno per ragioni di siccità, quando si verificano crepe sui muri per instabilità del terreno o ancora quando un cantiere vicino provoca un movimento nel sottosuolo. Uretek ha al suo interno un ufficio geotecnico che dialoga costantemente con le squadre operative sul campo. “Uretek svolge attività di stabilizzazione, aumenta la capacità di resistenza del terreno a fronte di nuovi carichi. Possiamo attivare iniziative preventive e non solo correttive – spiega Maurizio Sacchi, responsabile della comunicazione dell’azienda -. Nella maggior parte dei casi operiamo su interventi di case private, ma non meno influenti sono le iniziative sui capannoni industriali”. L’azienda può offrire anche una garanzia assicurativa decennale per i propri interventi di consolidamento con resine espandenti, avendo ottenuto le certificazioni TÜV per la Gestione di Qualità, la Gestione Sicurezza e Salute Lavoratori e il Rispetto Ambientale.

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L’amministratore di condominio del futuro in un mondo digitale Comunicato stampa a cura di SAIE

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ggi, rispetto al passato, alle figure professionali è richiesta una crescita più dinamica, per non rimanere indietro e mantenere il passo con il cambiamento. L’amministratore di condominio non sfugge a questa regola: il progresso, il benessere e la qualità della nostra vita dipendono anche dalla loro capacità nell’affrontare lo sviluppo tecnologico per soddisfare le richieste dei condòmini implementando con criteri pertinenti le giuste soluzioni e rispettando la regola d’arte. Una figura professionale, quella dell’amministratore, a cui è richiesto di dimostrare maggiore sensibilità e pro-

attività nell’adeguare le infrastrutture del condominio per accogliere i nuovi servizi a valore aggiunto rivolti alle famiglie. Lo richiede un mercato competitivo orientato sempre di più ad un business digitale in continua crescita. È in gioco la capacità a manifestare le giuste competenze alle problematiche espresse, quindi è necessario selezionare un referente degli impianti tecnologici, valido e preparato, al quale delegare scelte più specifiche e squisitamente tecniche soprattutto per la parte digitale: quindi TV DTT/SAT, il broadband, la videosor-

veglianza, ecc. Bisogna perciò affrontare un aspetto sostanziale: come organizzare la formazione e l’aggiornamento in un settore così specifico come quello tecnologico che muta a gran velocità. Per questo motivo Sky ha definito una serie di sessioni formative, in collaborazione con le associazioni di categoria, dedicate all’impiantistica nei condomini per spiegare agli amministratori le soluzioni tecnologiche disponibili oggi, con focus sulle prospettive future e con attenzione alla neutralità tecnologica necessaria a garantire pari opportunità di scelta.

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Aspettando Saie 2016: il mercato delle costruzioni in legno Comunicato stampa a cura di SAIE

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inquant’anni di storia, trenta in Italia. Wolf System ha debuttato nel nostro Paese con le costruzioni in legno, inizialmente con soluzioni prefabbricate per i settori industriale e agricolo, poi dal 2000 con il residenziale, con risultati in crescita costante. “Grazie a industrializzazione e controllo di tempi e costi, le case in legno non più sono solo di nicchia. Dieci anni fa interessavano lo 0,5% del mercato, oggi hanno raggiunto il 15%”. Vanni Bottaro, direttore commerciale di Wolf Haus, sintetizza con questi numeri il mercato delle costruzioni in legno che sarà protagonista nella prossima edizione di Saie (19-22 ottobre 2016). Wolf System come altre aziende impegnate sul fronte dell’industrializzazione curano ogni passaggio del processo: dall’ideazione e pianificazione del progetto alla realizzazione dei componenti, dal trasporto dei materiali al cantiere al loro montaggio, dal collaudo alla consulenza. La sfida? Ridurre i tempi e costi, mantenendo in cantiere quello che è stato previsto in fase progettuale. Temi all’attenzione della manifestazione fieristica bolognese volta ad incentivare l’innovazione nel processo edilizio attraverso il lavoro di ricerca e sviluppo intero alle aziende. Grazie ai processi industrializzati, il 70% delle lavorazioni si anticipa in stabilimento, i prodotti vengono realizzati con macchine a controllo numerico per garantire performance sempre migliori ad esempio in ter-

mini di isolamento termico e acustico. “Ecco che il prodotto finito è sempre meno legato alla capacità dei singoli operai, meno condizionato da agenti atmosferici e i clienti hanno una casa finita, di alta qualità, in 4-6 mesi. Wolf Haus nell’ultimo anno ha realizzato 180 case da Nord a Sud” spiega Bottaro. In questi ultimi anni la ricerca ha fatto passi veloci, e le case in legno oggi sono una soluzione interessante anche per far fronte alle questioni sismiche. “Le case in legno – spiegano da Wolf System – sono più sicure di quanto previsto dai limiti di legge e questo è un fattore che fa breccia tra i potenziali clienti”. Solo dieci anni fa, su cento case,solo mezza era in legno. “Oggi il cliente finale è sempre più attento al tema, agli aspetti etici della bioedilizia e del risparmio energetico, con ricadute sulla riduzione delle emissioni in atmosfera” ribadisce Bottaro.” I clienti di aziende come Wolf Haus sono utenti finali: chi passa dall’appartamento alla casa indipendente, chi compra un terreno e vuole costruire in qualità. “Un tempo si chiedeva una casa bella e solida oggi – dice Bottaro - la cultura è cresciuta e il mercato chiede anche qualità di performance”. Chi produce case industrializzate in legno nell’80% dei casi si confronta con clienti finali che arrivano in azienda con un proprio progettista, ma Wolf Haus ha anche case a catalogo per chi volesse approfittare di una soluzione chiavi in mano.

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Il costo di una casa finita? Intorno ai 1.400 euro/mq con impianti (fotovoltaico, pompa di calore inclusi). Costruire in legno non è quindi una moda ma una domanda concreta. Abitare in una casa in legno sta diventando una richiesta non solo da parte dei clienti finali di singole case, ma anche da parte di sviluppatori immobiliari. “Negli ultimi 3-4 anni, quando la crisi edilizia ha iniziato a mordere - spiega Bottaro – diverse società con operazioni bloccate si sono rivolte a noi per avere soluzioni innovative”. Saper garantire qualità, controllo di costi e tempi si conferma una carta vincente nel rapporto tra manifattura e immobiliare. “Dal 2020 sarà obbligatorio costruire a consumo zero e noi siamo già in linea con le direttive del settore, anche per questo – aggiunge Bottaro – possiamo essere un partner ideale per operatori immobiliari che vogliono anticipare i tempi e immettere sul mercato proposte di sicuro appeal”.


Aspettando Saie 2016: con il Bim un nuovo mercato e opportunità per tutta la filiera Comunicato stampa a cura di SAIE

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cinque mesi dall’avvio di SAIE 2016 che vede, tra i suoi temi chiave, quello del BIM come nuovo strumento per la gestione efficiente del processo di produzione del settore delle costruzioni, Edilio intervista Harpaceas, l’azienda milanese leader nella diffusione del BIM in Italia, che si prepara a partecipare alla fiera bolognese nella convinzione che sarà “un appuntamento per trovare tutte le novità in tema di BIM. Anche alla luce del nuovo Codice degli Appalti, il Saie sarà una vetrina per le aziende e per tutta la filiera che deve far fronte alla recente normativa e intercettare nuove opportunità di business, in Italia e oltre i confini nazionali”. Ne è convinto Fabrizio Ferraris, direttore marketing e comunicazione di Harpaceas (in foto), forte del lavoro messo a punto dall’azienda impegnata dal 1990 a offrire prodotti e servizi al passo con i tempi, per la progettazione architettonica, strutturale, impiantistica, infrastrutturale, per il calcolo strutturale e geotecnico, per il facility management e per il controllo e la validazione dei progetti.

come partner tecnologico di eccellenza per tutto il ciclo di vita di un’opera: dalla ideazione, progettazione, costruzione alla gestione e manutenzione.

portare il cliente nell’evoluzione dalla progettazione tradizionale a quella innovativa basata su applicazioni e procedure BIM.

Ferraris, in pillole qual è la mission della vostra azienda?

Con grande ritardo ma negli ultimi anni il BIM ha fatto breccia anche nel nostro Paese. Quali ricadute sulla vostra attività?

La missione dell’azienda è quella di favorire la diffusione anche in Italia della metodologia BIM (Building Information Modeling) grazie alla proposta di soluzioni informatiche altamente qualificate a tutti gli operatori del mondo delle costruzioni: progettisti, società di ingegneria e di architettura, uffici tecnici della pubblica amministrazione locale e centrale, imprese di costruzioni, centri di trasformazione acciaio e prefabbricatori in cemento armato, general contractor, ecc. Per raggiungere questo obiettivo Harpaceas utilizza al massimo le proprie conoscenze e competenze sul tema della metodologia BIM proponendosi come partner in grado di sup-

BIM è parte integrante del nostro business e siamo riconosciuti come primo “BIM specialist” in Italia: nel 2013 abbiamo promosso il primo Bim Summit e grazie alla collaborazione con partner internazionali, soprattutto provenienti dal Nord Europa, abbiamo implementato il nostro know how, anche a favore dei nostri clienti. Abbiamo partecipato attivamente alla promozione del BIM in Italia anche lanciando il primo Master in BIM manager con la Scuola F.lli Pesenti del Politecnico di Milano. Harpaceas negli ultimi tre anni ha migliorato il suo posizionamento nel mercato, non solo

Una quarantina di dipendenti, una squadra quasi raddoppiata in 8 anni e un fatturato dell’ordine dei 5 milioni di euro, cresciuto del 18% nell’ultimo esercizio. Il parco clienti supera le 6mila unità in tutto il Paese: tra loro ci sono imprese, aziende, progettisti provenienti dal settore architettonico e ingegneristico e le Pubbliche Amministrazioni. Questi i numeri di Harpaceas che si è affermata nel settore delle costruzioni

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“Il SAIE sarà una vetrina per le aziende e per tutta la filiera che deve far fronte alla recente normativa e intercettare nuove opportunità di business, in Italia e oltre i confini nazionali”. grazie al BIM. Per completare l’offerta abbiamo integrato nel nostro portfolio software per il facility management e, andando oltre le frontiere del BIM proponiamo soluzioni per la project collaboration, cioè per la gestione e il controllo dei progetti basata su cloud, dal momento in cui un progetto è concepito fino alla sua chiusura, consegna e messa in esercizio, e per l’Internet of Everything, ovvero la condivisione in tempo reale dei dati e la collaborazione tra tutti gli utenti. I grandi clienti Harpaceas, chi sono? In ambito BIM abbiamo collaborato con PDM Società Consortile per la realizzazione del Passante di Mestre, con il Provveditorato alle Opere Pubbliche di Lombardia e Emilia Romagna, Unipol Sai Assicurazioni, per la linea M4 di Milano, per la Società Italiana Condotte

d’Acqua e poi per Tecnimont Civil Construction. Poi tra gli altri, ci sono anche alcune tra le più importanti realtà nel settore della progettazione strutturale quali Cimolai, Saipem, General Electric. Come si avvicinano i clienti alla vostra azienda? Harpaceas fornisce prodotti e servizi customizzati. Siamo partner di imprese, architetti e ingegneri, progettisti di impianti, facility manager, quando necessitano di software per il calcolo strutturale e geotecnico, oppure per la progettazione architettonica, impiantistica (MEP), infrastrutturale, ma anche per il controllo e la validazione di progetti. Rispondiamo ad esigenze puntuali. Ultimamente, sul fronte BIM ci capita di mettere a punto piani integrati con corsi di formazione, attività di affiancamento o consulenze mirate, anche per rispondere alle novità dei bandi

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come previsto dal nuovo Codice degli Appalti. Sicuramente si sta aprendo un nuovo mercato, opportunità per la nostra azienda e per l’intera filiera. Il BIM è un metodo di lavoro finalizzato al dialogo e all’interazione all’interno della filiera, che ruolo ha per Harpaceas la presenza in una fiera di settore? Le fiere sono momento per cogliere opportunità, incontrare clienti e conoscerne di nuovi, creare nuovi business, consolidare relazioni anche con partner commerciali, istituzionali e associazioni. L’incontro con la filiera è la quintessenza del BIM che vuole far interagire tutti i protagonisti, dall’ideazione alla gestione del costruito. La fiera sarà un’opportunità per conoscere le frontiere della digitalizzazione, ma soprattutto per esplorare, attraverso l’incontro, nuove sfide in Italia e non solo.


Dal cantiere tradizionale all’industria, innovazione tecnologia per gli strumenti di misura Comunicato stampa a cura di SAIE

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ai lavori per la sede del gruppo Feltrinelli a Milano al monitoraggio del nuovo polo tecnologico di Bolzano. È lungo l’elenco dei cantieri seguiti dalla multinazionale Geomax leader nella commercializzazione di strumentazione topografica di precisione. L’azienda, parte del gruppo Hexagon, tornerà al Saie nell’autunno del 2016 per presentare un portfolio completo di soluzioni integrate per surveying, mapping e construction: strumenti come le stazioni totali, GPS, livelli laser, livelli ottici e livelli digitali, rivolti sia agli utilizzatori occasionali, sia a quelli professionali. “Quando si parla di misurazione per la topografia o per scavi in cantiere entriamo in campo con i nostri prodotti” - spiega Matteo Lucesoli, Dealer Manager South Europe Geomax .”I nostri

clienti variano dagli studi tecnici catastali alle imprese, da chi gestisce cave ai rivenditori edili. Lo spettro è ampio e stiamo cercando di allargare sempre più il campo. Abbiamo dei localizzatori di servizi nel sottosuolo e grazie a questi abbiamo riscontrato l’interesse di aziende di distribuzione di acqua e gas a livello locale. Ancora, ci siamo interfacciati recentemente con aziende che producono tetti in legno o con altre che lavorano nel campo delle costruzioni metalliche, o ancora con chi realizza campi da hockey”. Innovazione è una delle parole chiave di Saie 2016 e Geomax ce l’ha nel dna. “In un settore come il nostro, altamente tecnologico, l’innovazione la fa da padrone. Spesso – spiega Lucesoli – la vita dei nostri prodotti non è legata al deperimento, ma all’obsolescenza, perché il mercato richiede sempre nuove

soluzioni al passo con i tempi”.Tra le novità in vetrina alla fiera di Bologna ci sarà anche lo Zoom 3D, una soluzione plug-and-play che velocizza tutti i lavori all’interno degli edifici e in cantiere con un software di bordo che supporta e facilita attività come la misura, il picchettamento o i punti a piombo. All’esterno invece si semplificano i passaggi e un solo operatore può effettuare le rilevazioni. “Si tratta di uno strumento motorizzato autolivellante che gira su se stesso e misura distanze con l’ausilio di un software – spiegano dall’azienda – è gestibile da remoto e anche da non professionisti”. Strumenti e software, non c’è prodotto senza servizio, e Geomax è già attiva sul fronte del BIM proprio grazie a Zoom 3D e al software XPAD presentato proprio a Saie nelle scorse edizioni.

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Entro fine anno la norma Uni sul BIM.

Appuntamento al Saie per un confronto con AIST. Intervista ad Adriano Castagnone, presidente Associazione Italiana Software Tecnico a cura di SAIE

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’associazione italiana software tecnico (AIST) compie quasi dieci anni e dal 2008 fa tappa fissa al Saie di Bologna raccontando la mission dei propri associati, organizzando incontri e seminari, promuovendo un think tank sulle novità del settore. Nel 2016 il grande protagonista sarà il BIM, a seguito delle novità promosse dal nuovo Codice degli Appalti, ma anche per il fatto che “sta per uscire la normativa italiana sul BIM – dichiara Adriano Castagnone, Presidente AIST e socio fondatore di S.T.A.DATA, una delle più importanti software house a livello nazionale -. A metà settembre verrà pubblicata la norma UNI 11337, seguiranno tre mesi di osservazioni e sarà quindi ufficiale entro fine anno. Sarà il riferimento per tutti quelli che si occupano di progettazione in Italia”.

Presidente, che ruolo ha AIST in questo percorso di sviluppo del processo e di cultura del progetto? AIST riunisce una dozzina di produttori di software in Italia e tra le sue attività collabora per la creazione di personalizzazioni, crea dei ponti tra i software internazionali e la realtà italiana, perché non sempre le soluzioni globalmente affermate si adattano al contesto del nostro Paese. AIST è quindi attiva nella proposta di modelli applicativi customizzati. Più in generale, la mission di AIST? Come tutte le associazioni AIST sostiene i propri associati che producono sof-

tware tecnici. Il nostro obiettivo principale è dare dignità ad un prodotto che spesso nel mondo dell’ingegneria è considerato di secondo livello trascurando il fatto che se non ci fossero strumenti sofisticati, al passo con i tempi, che anticipano le problematiche e i temi previsti dalla normativa e richiesti dal mercato, non sarebbero possibili le applicazioni finali. I software tecnici sono frutto di ricerche e analisi, sono una strumentazione avanzata in grado di potenziare le capacità di alcuni professionisti o di assolvere alle carenze di altri, in gran parte dei casi ormai sono strumenti interdisciplinari capaci di automatizzare processi di calcolo, disegno e computo. Che rapporto avete con il mondo della formazione e con quello del mercato? Siamo di fatto la cinghia di trasmissione tra ciò che è ricerca universitaria, applicazione normativa e il mondo professionale. Quando la normativa cita specifici modelli di calcolo, se non ci fossero software tecnici in grado di rispondere, le norme sarebbero inapplicabili, e in questo processo le Università sono nostri importanti alleati. La specificità italiana delle aziende produttrici di software? Tra le 12 aziende associate in AIST ci sono piccole strutture composte da una decina di persone e altre di medie dimensioni che superano i 250 dipendenti. Nonostante la piccola scala, AIST guarda alle sue potenzialità di investi-

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mento e partecipa ad esempio ad una fiera come Saie per incentivare un’attività commerciale che si rafforza con l’incontro diretto con il cliente e per promuovere occasioni di scambio di conoscenza. AIST è una società che opera a 360 gradi, trasversale, perché riguarda sia i professionisti che operano negli studi di progettazione sia quelli che lavorano nelle aziende o nelle imprese di costruzione. Presidente, “interoperabilità” è quella parola chiave che lei sceglie per spiegare la forza della vostra associazione e del vostro lavoro. Cosa intende? Il BIM è un risultato diretto di questo approccio: spiega l’interrelazione tra progetto architettonico, progetto impiantistico e strutturale. Con la nuova norma UNI professionisti, imprese e aziende dovranno necessariamente rifarsi ad un regolamento unico che spiegherà come approcciare il progetto e come presentarlo. In Italia sono ancora in pochi a conoscere cosa sia il BIM: la rappresentazione in 3D copre solo il 2% delle potenzialità, la forza del Building Information Modelling sta nella gestione dei processi di costruzione che prevede il coinvolgimento di tutta la filiera dal progettista al facility manager. Ecco che l’interoperabilità è centrale e implica una forte collaborazione a livello personale e un linguaggio unitario di tipo informatico.


Economia circolare nell’edilizia. Obiettivo internazionale e opportunità per le aziende. Comunicato stampa a cura di SAIE

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ostenibilità, bioarchitettura, smart city sono alcune delle parole chiave che hanno caratterizzato la comunicazione più recente del mondo dell’edilizia. Oggi però l’attenzione si sta concentrando sull’economia circolare: sul rifiuto e l’inutilizzato come vantaggio economico, sociale e ambientale. L’Ue ha da poco presentato un pacchetto di misure sull’economia circolare: normativa che dovrebbe rottamare discariche e ridurre il ricorso al recupero energetico, mettere fine allo spreco di cibo, obbligare una volta per tutte alla raccolta separata della frazione organica dei rifiuti, allungare la vita ai prodotti con obblighi di riciclabilità e riparabilità per gli elettrodomestici così da porre fine al fenomeno dell’obsolescenza programmata.

zione più recente del mondo dell’edilizia. Oggi però l’attenzione si sta concentrando sull’economia circolare: sul rifiuto e l’inutilizzato come vantaggio economico, sociale e ambientale. L’Ue ha da poco presentato un pacchetto di misure sull’economia circolare: normativa che dovrebbe rottamare discariche e ridurre il ricorso al recupero energetico, mettere fine allo spreco di cibo, obbligare una volta per tutte alla raccolta separata della frazione organica dei rifiuti, allungare la vita ai prodotti con obblighi di riciclabilità e riparabilità per gli elettrodomestici così da porre fine al fenomeno dell’obsolescenza programmata. “La commissione europea ha centrato l’obiettivo accendendo un faro su un tema che è strettamente collegato al mercato dell’edilizia se si considera

che il 60% dei rifiuti che produciamo in Europa arriva direttamente dal mondo delle costruzioni”. Questa è l’osservazione di Norbert Lantschner, consulente SAIE sui temi dell’energia e del green building che, in vista dell’evento in programma per il prossimo ottobre a Bologna, fa il punto sugli obiettivi internazionali e sulle opportunità per le aziende del settore. L’economia circolare promuove un cambiamento drastico del modo di produrre, usare e smaltire i prodotti e quella proposta nei mesi scorsi dall’Ue nelle intenzioni sembra essere la più importante normativa in tema ambientale varata negli ultimi anni: per il settore produttivo vale risparmi pari a 600 miliardi di euro e circa il 2-4% di taglio annuale

“La commissione europea ha centrato l’obiettivo accendendo un faro su un tema che è strettamente collegato al mercato dell’edilizia se si considera che il 60% dei rifiuti che produciamo in Europa arriva direttamente dal mondo delle costruzioni”. Questa è l’osservazione di Norbert Lantschner, consulente SAIE sui temi dell’energia e del green building che, in vista dell’evento in programma per il prossimo ottobre a Bologna, fa il punto sugli obiettivi internazionali e sulle opportunità per le aziende del settore. Sostenibilità, bioarchitettura, smart city sono alcune delle parole chiave che hanno caratterizzato la comunica-

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Economia circolare nell’edilizia. Obiettivo internazionale e opportunità per le aziende.

“È stata questa la novità di SAIE Smart House Living: lo spazio espositivo che ha visto trasformare il Centro Servizi di BolognaFiere in un’arena di idee, applicazioni concrete e soluzioni tecnologiche innovative”. di emissioni. “Si mette in discussione il processo – spiega Lantschner– da quando si preleva la materia in natura, a quando si restituisce all’ambiente naturale, si riusa o ricicla”. L’economia circolare prevede ad esempio un’attenzione puntuale in ogni passaggio. A titolo di esempio “i silicati possono essere inerti che si riusano per il sottofondo stradale, mentre la presenza di metalli pesanti o di componenti chimici non rende degradabili i materiali”. Di economia circolare ne ha parlato recentemente l’Ance in occasione della festa per i suoi primi 70 anni alla Triennale, evento sponsorizzato da Saie 2016. A Riva del Garda Rebuild 2016 ha lanciato l’hashtag #ediliziacircolare collegando la voce ‘circular’ con le novità del digitale e con il valore sociale dei progetti. Legambiente ha organizzato un forum dedicato ai rifiuti nella considerazione che la filiera del riciclaggio dell’organico batta l’incenerimento su tutti i fronti: faccia crescere l’occupazione, diminuisca i costi di realizzazione e gestione degli impianti, faccia bene all’ambiente ma anche alle tasche degli italiani. Ancora, Edizioni Ambiente ha appena pubblicato il volume “L’Economia circolare” nella collana “che cos’è” raccogliendo numerosi esempi di casi studio e un’accurata tassonomia di modelli di business. Nel report messo a punto dall’associazione dei costruttori per l’evento dei 70 anni si legge una definizione di economia circolare, interpretata come “siste-

ma in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto quanto più a lungo possibile, e la produzione di rifiuti è ridotta al minimo”. L’economia circolare è anche green: contribuisce a preservare l’ambiente prevenendone il danneggiamento e minimizzando le emissioni inquinanti in atmosfera. “Il recente Piano d’Azione europeo sull’economia circolare considera il settore edile come prioritario e la Commissione Europea ha fissato per il 2020 l’obiettivo di recuperare il 70% in peso dei rifiuti da costruzione e demolizione; obiettivo virtuoso ma che - almeno per l’Italia - appare ancora lontano. Nel contesto dell’economia circolare - precisa l’Ance - il settore delle costruzioni riveste un ruolo cardine anche in virtù delle ingenti quantità di energia impiegate nel settore civile, sia come energia consumata in senso lato per l’attività di costruzione (dalla produzione dei materiali alla realizzazione delle opere edili), sia come energia utilizzata durante la vita utile dell’opera (basti pensare che i consumi energetici che possono essere fatti risalire all’edilizia rappresentano quasi il 40% di quelli totali)”. Per questi motivi, per contribuire allo sviluppo dell’economia circolare occorre da una parte incentivare e favorire il riutilizzo dei materiali da costruzione, dall’altra promuovere una vasta azione di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. L’economia circolare non è comunque un’assoluta novità, “sicuramente per avere effetto deve essere applicato a

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grande scala e non essere appannaggio di poche aziende di nicchia. Non è da trascurare però il fatto che le aziende manifatturiere guadagnano dall’applicazione di questi principi – spiega Lantschner – se si efficientano i processi e si riducono i costi anche minimizzando i trasporti in discarica. Ci sono già industrie italiane che su questa linea puntano a ridurre i costi del 30% nei prossimi 10 anni”. L’Europa ha lanciato la sfida, ma sarà il mercato a giocare la partita. “Se le aziende più competitive sono quelle che anticipano le norme, i principi dell’economia circolare - conclude - indicano sicuramente la strada da perseguire per il futuro prossimo”. In occasione di SAIE 2015, Edilio e e ha lanciato una serie di brevissimi incontri dedicati alle soluzioni innovative per l’edilizia smart e green. È stata questa la novità di SAIE Smart House Living, lo spazio espositivo che ha visto trasformare il Centro Servizi di BolognaFiere in un’arena di idee, applicazioni concrete e soluzioni tecnologiche innovative per progettare, costruire e abitare le case di domani selezionate da Norbert Lantschner sui temi del risparmio ed efficientamento energetico per una nuova edilizia. 13 i prodotti esposti che rappresentano il cambiamento nell’edilizia massimizzando le prestazioni, minimizzando i consumi e riducendo le emissioni.


Trent’anni di Saie, Acca spiega perché sceglie la fiera bolognese Comunicato stampa a cura di SAIE

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n rapporto ormai più che consolidato quello tra SAIE ed ACCA che dal 2006 organizza la convention nazionale in fiera proprio facendone l’occasione d’incontro fondamentale nel rapporto con i clienti.

li”. Ecco che proprio in quest’ottica Acca presenterà a Saie 2016 la prima piattaforma italiana conforme alla UNI 11337.

Quest’anno Acca presenterà in fiera 23 prodotti software novità ma al centro dell’attenzione resta il BIM con la Bim platform, su cui tutti gli stakeholder del settore potranno operare.

È un rapporto ormai più che consolidato quello tra la nostra azienda e la fiera bolognese. Tra l’altro dal 2006 facciamo coincidere le date del Saie con quelle della nostra convention nazionale, è l’occasione per incontrare tutti i nostri principali clienti, presentare le innovazioni tecnologiche e creare momenti formativi sulle novità normative e procedurali del nostro settore. Un format diverso, che funziona bene, e che offre sicuramente un valore aggiunto rispetto alla sola comunicazione tradizionale e via web.

Da quasi trent’anni Acca Software ha sposato il Saie di Bologna e nel 2016 sarà protagonista con soluzioni che fanno fronte alle più recenti novità normative. Acca sarà anche in prima linea sul Bim, vista la nuova norma UNI dedicata. “La nostra mission – spiega Antonio Cianciulli, dirigente Acca Software - è anticipare alcune linee guida che nel tempo diventano modalità standard, e questo sarà anche per il Bim. Ricordo due aspetti importanti legati a questa tematica: il primo riguarda la tecnologia che è utilizzata all’interno dei software per garantire l’interoperabilità e l’interscambio di dati con un format standard nazionale, certificato da enti internazionali. Il secondo aspetto – spiega Cianciulli - ha che fare con la procedura Bim per la realizzazione di progetti o per la conduzione di procedure in ambito edilizio, che recepisce la Direttiva Europea ed è inserita nel nuovo Codice degli Appalti. Questa è la vera novità per l’Italia, da cui ci aspettiamo un incremento decisivo della produttività del settore edilizio, con maggiori risorse disponibi-

Perché Acca ha scelto la piazza del Saie per incontrare i suoi clienti?

Quali novità per quest’anno? Quest’anno in fiera presentiamo 23 prodotti software nuovi. Soluzioni che riguardano in particolare le sette aree tematiche fondamentali per la formazione dei tecnici. Tar questi c’è la nuova certificazione energetica, che fa seguito alle norme UNI istituite il 29 giugno scorso; le nuove Faq del Mise, con il supporto di Enea e del Cit – Comitato Termotecnico Italiano; le novità interpretative sulla contabilizzazione del calore, per ottemperare alle nuove indicazioni normative che sostituiranno quelle in scadenza il 31 dicembre 2016; la direzione dei lavori pubblici, che fa seguito al nuovo Codice degli Appalti

e alle linee guida dell’Anac; le nuove norme tecniche di costruzione, per adeguarsi alle modifiche avvenute nelle regole del calcolo strutturale. Qual è il vostro target? Acca è oggi il leader italiano del software per l’edilizia. Il nostro target è rappresentato dagli uffici tecnici dei professionisti del settore dell’impiantistica e delle costruzioni. Mi riferisco quindi a ingegneri, periti, geometri, architetti, sia delle imprese edili e impiantistiche, sia delle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli. Senza dimenticare gli uffici tecnici delle imprese con patrimoni immobiliari come sono le banche, ma anche di imprese di servizi come quelle del mondo delle telecomunicazioni. Il Bim sarà comunque il protagonista dell’anno? Certamente. Presenteremo al Saie la prima piattaforma italiana conforme alla UNI 11337, la Bim platform, su cui tutti gli stakeholder del settore potranno operare correttamente, scambiandosi dati e informazioni, con un processo Bim certificato che garantisca qualità e uniformità. Vogliamo fornire ai tecnici italiani le indicazioni e gli strumenti per procedere secondo le modalità previste da questo nuovo strumento di progettazione.

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