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ortopedia e calcio intervista al Dott. Simone Grana

La nuova stagione del calcio è appena partita. Una stagione fittissima di appuntamenti fra campionato e coppe europee, anticipi di Serie A e di Serie B. E non c’è annata in cui, oltre alle vicende sportive vere e proprie, fatte di risultati, highlights e classifiche, non si legga che qualche squadra si trovi ad avere, già ad inizio stagione, l’infermeria piena. Colpa della sfortuna, di errori in fase di preparazione, dello stress dovuto alle troppe partite giocate (anche se praticamente non si è ancora iniziato a giocare) o ad altri fattori? Abbiamo chiesto al Dott. Simone Grana, medico specializzato in ortopedia presso l’Ospedale di San Marino e consulente presso Energia Medika, di spiegarci quali sono gli infortuni più diffusi legati allo sport più amato del mondo.

Partiamo dalle tipiche patologie della caviglia. Simone Grana Le patologie più frequenti sono quelle relative alle distorsioni della caviglia. Normalmente vengono trattate conservativamente. Nelle distorsioni alla caviglia ci sono sempre lesioni ai legamenti mediali o laterali. Nel caso dei legamenti mediali di solito il problema viene risolto chirurgicamente, mentre per quelli laterali si opta nel 99 per cento dei casi per una cura conservativa che può voler dire immobilizzazione per un certo periodo, ma anche un bendaggio funzionale. Per quello che invece riguarda i traumi che coinvolgono la componente mediale si ha un interessamento dei legamenti deltoidei. In questi casi il problema viene risolto chirurgicamente. Si tratta di un infortunio piuttosto grave perché i tempi di recupero sono lunghi.

Simone Grana Gli infortuni tipici del calcio, partendo dai più comuni e diffusi sono: i traumi distorsivi di caviglia per salire a quelli tipici del ginocchio (con interessamento dei legamenti) e infine, a quelli degli arti superiori (soprattutto del polso e mano). Ovviamente lo stesso tipo di infortunio viene trattato e considerato in maniera differente a seconda del fatto che l’atleta si un professionista o un dilettante. Il professionista è considerato un patrimonio per la società, e quindi necessita di un recupero più rapido possibile. Per il dilettante, che normalmente svolge anche altre attività professionali, diventa più arduo un recupero rapido proprio perché non può dedicare alla rieducazione il tempo richiesto. Per esperienza posso affermare che un atleta guarisce in tempi più brevi rispetto ad una persona normale perché molto motivato.

Per quello che riguarda il ginocchio? Simone Grana Salendo nella gamma degli infortuni più usuali per i calciatori, (sempre non tenendo conto delle fratture, che per fortuna, pur essendo il calcio uno sport di contatto, sono nettamente meno frequenti degli incidenti che coinvolgono i legamenti), passiamo agli infortuni del ginocchio. La più frequente è la lesione del legamento crociato anteriore. In questi anni la chirurgia è diventata sempre meno invasiva, sempre più precisa, andando a diminuire sempre di più i tempi di recupero degli atleti. Senza dimenticarci le tecniche riabilitative, migliorate anche’esse. Gli infortuni legati ai legamenti del ginocchio molto spesso compromettono un’intera stagione per un calciatore. Quanto tempo è effettivamente necessario per ritornare a giocare dopo un infortunio così grave? Simone Grana Bisogna fare alcune considerazioni riguardo a questo problema. È vero che i medici a cui si affidano le squadre di serie A sono il top, e che un atleta può dedicare 12 ore al giorno alla riabilitazione, ma un legamento ha bisogno di un tempo fisiologico per attecchire nuovamente all’osso. Recuperi troppo veloci (4 mesi dopo l’intervento) sono molto rischiosi. Inoltre è necessario fare una distinzione fra recupero funzionale e ritorno ai livelli atletici precedenti all’incidente. A fare questa distinzione è sicuramente una componente psicologica. Se si pensa a gravi incidenti di atleti professionisti, infatti, passa sempre molto più tempo, di solito dai 12 ai 18 mesi, prima che il giocatore, già apposto fisicamente dopo 6 mesi, torni a giocare senza ricordarsi di essersi fatto male. È vero che in passato abbiamo assistito a recuperi straordinari (memorabile quello di Franco Baresi che si infortunò al menisco nella prima partita dei mondiali degli Stati Uniti nel 1994 e che riuscì a disputare la finale con il Brasile). Ma si tratta di fatti eccezionali, dovuti a eccezionali motivazioni e a una struttura fisica davvero particolare. A causare infortuni sono soltanto motivi legati alla natura stessa dell’attività (sport di contatto) oppure anche ragioni legate a fattori tecnici, come ad esempio l’avvento dei campi sintetici? Simone Grana Nella mia esperienza di medico (ma anche direttamente di calciatore) ho riscontrato un forte aumento delle patologie tendinee infiammatorie legate non solo alle ginocchia e alla caviglia, ma anche alla schiena, da quando sono state introdotte queste nuove superfici. Diciamo che il picco di queste patologie si è verificato nel periodo di passaggio fra i campi in erba e quelli in sintetico. Ora sembra che i calciatori e il loro fisico 20

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