Il Cuore della Grande Perfezione (Alan Wallace)

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collana

LE VIE DELL’ANIMA



Il CUORE della GRANDE PERFEZIONE Le visioni della Grande Perfezione di Düdjom Lingpa Volume I

Traduzione inglese di B. Alan Wallace Revisione di Dion Blundell Traduzione italiana di Claudio Li Calzi


Original publication: Düdjom Lingpa’s visions of the Great Perfection / Translated by B. Alan Wallace; Edited by Dion Blundell. ISBN 978-1-61429-218-0 © 2015 B. Alan Wallace Foreword © 2014 Tertön Sogyal Trust All rights reserved. First published by Wisdom Publications in 2018. 199 Elm Street - Somerville, MA 02144 USA - wisdompubs.org No part of this book may be reproduced in any form or by any means, electronic or mechanical, including photography, recording, or by any information storage and retrieval system or technologies now known or later developed, without permission in writing from the publisher.

© Copyright 2021 EIFIS Editore srl Il Cuore della Grande Perfezione, Volume 1 - Düdjom Lingpa I Edizione Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma senza il permesso scritto dell’Editore. Testi: Düdjom Lingpa Traduzione: B. Alan Wallace Revisione alla traduzione inglese: Dion Blundell Traduzione in italiano: Claudio Li Calzi Editing: Annamaria Sansone e Laura Cigolini Gulesu Art Director: Davide Cortesi Impaginazione: Davide Rosati Stampa: LRC Printing (MO) ISBN 978 88 7517 230 5 © 2021 Giugno – EIFIS Editore srl Viale Malva Nord, 28 48015 Cervia (RA) – Italia www.eifis.it - segreteria@eifis.it L’Editore non si assume alcuna responsabilità per l’utilizzo delle informazioni contenute in questo libro. FSC® è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro creata per la promozione di una gestione responsabile delle foreste del mondo. I prodotti con il marchio FSC® sono certificati in modo indipendente per garantire ai consumatori che essi provengono da foreste gestite in modo tale da soddisfare le esigenze sociali, economiche ed ambientali delle generazioni presenti e future e da altre fonti controllate. www.fsc.org


Indice

Prefazione.............................................................................................. 7 Prefazione all’edizione italiana.............................................................. 19 Introduzione......................................................................................... 23 IL VAJRA AFFILATO DEL TANTRA DELLA CONSAPEVOLEZZA COSCIENTE di Düdjom Lingpa................................................................................ 57 L’ESSENZA DEL CHIARO SIGNIFICATO di Pema Tashi....................................................................................... 71 IL DHARMA SCIOCCO D’UN IDIOTA VESTITO DI FANGO E PIUME di Düdjom Lingpa.............................................................................. 195 LA VISIONE ILLUMINATA DI SAMANTABHADRA di Düdjom Lingpa.............................................................................. 223 Schema de L’ESSENZA DEL CHIARO SIGNIFICATO............... 291 Glossario............................................................................................ 299 Glossario di enumerazione................................................................. 355 Bibliografia......................................................................................... 357



P R E FA Z I O N E

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ERUKA DÜDJOM LINGPA (1835-1904) fu uno dei maestri tantrici più importanti del XIX secolo in Tibet. I suoi scritti includono cinque testi visionari che descrivono il sentiero per la perfetta illuminazione dalla prospettiva insuperata della Grande Perfezione, o Dzogchen. Questa serie include cinque testi fondamentali e tre commentari essenziali composti dai suoi discepoli. Tutti rivelano lo stesso sentiero per realizzare il corpo di arcobaleno in questa stessa vita, ma ognuno offre diversi gradi di dettaglio e sottolinea aspetti differenti del sentiero. La terminologia essenziale e le pratiche dello Dzogchen sono spiegate in modo chiaro, mentre allo stesso tempo vengono sistematicamente eliminati potenziali errori e incomprensioni. Insieme costituiscono un vasto patrimonio di indicazioni pratiche e istruzioni essenziali sulla visione, la meditazione e la condotta del Dzogchen, l’apice della scuola Nyingma del buddhismo tibetano. Questi autorevoli insegnamenti hanno ispirato generazioni di tibetani, ma solo uno è diventato molto noto a chi parla inglese, grazie alla famosa traduzione di Richard Barron del testo La buddhità senza meditazione1. Queste traduzioni [in inglese, N.d.T] furono sviluppate e perfezionate nel

1 Düdjom Lingpa, Buddhahood Without Meditation: A Visionary Account Known as Refining One’s Perception (Nang-jang), tradotto da Richard Barron e Susanne Fairclough (Junction City, CA: Padma Publishing, 2006).


corso di molti anni. Ho servito il Venerabile Gyatrul Rinpoche in qualità di interprete a partire dal 1990, e tradotto molti testi Dzogchen sotto la sua guida. Nel 1995, mentre vivevo con lui sulle colline sopra la Half-Moon Bay in California, gli chiesi se voleva che traducessi qualsiasi altro testo. “Che ne pensi dell’Essenza Vajra?”. Questa fu la sua domanda, a cui io risposi “Certamente!”, senza sapere nulla di questi insegnamenti ricevuti da Düdjom Lingpa in visioni pure (tib. dag snang) del “Vajra Nato-dal-Lago”, una manifestazione di Padmasambhava. Leggendo il testo per la prima volta, seppi di aver trovato ciò che il mio cuore desiderava: una presentazione di tutto il sentiero che fosse coerente, completa, e molto chiarificatrice. Ne fui profondamente ispirato, e sentii che se fossi stato abbandonato su una proverbiale isola deserta con un solo libro da leggere, avrei portato questo! Tra il 1995 e il 1998 tradussi questo testo sotto la sua guida. In seguito lavorai come interprete per Gyatrul Rinpoche, mentre spiegava il testo riga per riga a un gruppo scelto di discepoli a lui vicini, consentendomi di correggere gli errori della mia traduzione e chiarire alcuni punti ancora incerti nella mia comprensione del testo2. Nel 1972 Gyatrul Rinpoche fu scelto da Sua Santità il Dalai Lama e da Sua Santità Düdjom Rinpoche, Jikdral Yeshé Dorjé (1904-87) per essere il rappresentante dei Nyingmapa ad accompagnare il primo gruppo di tibetani nel trasferimento in Canada. Nel 1976 Düdjom Rinpoche lo nominò suo rappresentate spirituale per l’America e direttore per gli studenti della regione del Pacifico di Yeshe Nyingpo, la sua rete di centri di Dharma. Per decine di anni Gyatrul Rinpoche insegnò a studenti, fondò centri di Dharma e formò insegnanti e traduttori seguendo i metodi tradizionali, dotato di una comprensione profonda dei bisogni dei suoi discepoli occidentali. Gyatrul Rinpoche ricevette per tre volte la trasmissione orale dell’Essenza Vajra da

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Il risultato di questo lavoro fu la prima pubblicazione [in inglese] della prima edizione dell’Essenza Vajra, alcuni anni più tardi: Düdjom Lingpa, The Vajra Essence: From the Matrix of Pure Appearances and Primordial Consciousness, a Tantra on the Self-Originating Nature of Existence, tradotto da B. Alan Wallace (Alameda, CA: Mirror of Wisdom, 2004).

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tre emanazioni di Düdjom Lingpa: in Tibet la ricevette dal suo guru radice, Jamyang Natsok Rangdröl (1904-58), riconosciuto come l’emanazione dell’attività illuminata di Düdjom Lingpa, e da Dzongter Kunzang Nyima (1904-58), il nipote e l’emanazione della parola illuminata di Düdjom Lingpa. In seguito la ricevette in Nepal da Düdjom Rinpoche, l’emanazione della mente illuminata di Düdjom Lingpa. Nel 1998, servii Rinpoche come interprete mentre concedeva la trasmissione orale e il suo commentario al testo Il Dharma sciocco d’un idiota vestito di fango e piume ad un piccolo gruppo di discepoli a lui vicini. In quell’occasione, Rinpoche chiese che questo testo venisse tradotto e messo a disposizione di studenti di Dharma qualificati e sinceri3. Rinpoche mi autorizzò a insegnare tutti i testi che mi aveva spiegato, e molti anni più tardi insegnai la sezione iniziale dell’Essenza Vajra a un piccolo gruppo di studenti nel Galles. Nelle pause tra le sessioni d’insegnamento, cominciai a leggere il testo immediatamente successivo all’Essenza Vajra, incluso nella raccolta delle opere di Düdjom Lingpa: La visione illuminata di Samantabhadra. Seguendo l’Essenza Vajra, avevo già concluso che tra l’ampia gamma di meditazioni spiegate in quel testo, solo quattro fossero assolutamente indispensabili nel sentiero Dzogchen: śamatha, vipaśyanā, taglio netto, e balzo diretto. La visione illuminata di Samantabhadra, che presenta il sentiero completo per l’illuminazione in una vita, si concentra esclusivamente su queste quattro pratiche, e questo rinforzò la mia conclusione tratta dall’Essenza Vajra. Non molto tempo dopo, mentre stavo insegnando la sezione iniziale de La visione illuminata di Samantabhadra a un piccolo gruppo di studenti riuniti per un ritiro nel deserto della California orientale, descrissi quanto il mio primo incontro con questo testo mi avesse profondamente toccato, essendo proprio il cuore dell’Essenza Vajra presentato in modo molto chiaro e conciso. Allora uno studente mi chiese: “Cosa viene dopo in quel volume?”. Quando 3

Questo fu pubblicato come il primo testo del libro: Düdjom Rinpoche e Düdjom Lingpa, Sublime Dharma: A Compilation of Two Texts on the Great Perfection, tradotto da Chandra Easton e B. Alan Wallace (Ashland, oppure: Vimala Publishing, 2012), 17–52.

Prefazione

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Possano queste traduzioni essere di grande beneficio per tutti coloro che le studiano e le praticano, determinando la loro rapida realizzazione dello śamatha, della vipaśyanā, del taglio netto e del balzo diretto! B. ALAN WALLACE Santa Barbara, California 17 aprile 2015

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P R E F A Z I O N E A L L’ E D I Z I O N E I TA L I A N A

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ORREI INNANZITUTTO RINGRAZIARE IL DOTT. B. ALAN WALLACE, senza il cui contributo queste traduzioni italiane non avrebbero mai visto la luce. Il dott. Wallace ha seguito con cura la traduzione di questi testi rispondendo sempre prontamente a ogni mia domanda in tempi brevissimi, e offrendo anche tutte le spiegazioni possibili per chiarire i molti punti complessi del testo. Vorrei anche ringraziare la dott.ssa Patrizia Baldieri, che ha revisionato con cura tutto il primo volume, traducendo anche uno dei testi più toccanti e poetici di Düdjom Lingpa, Il Dharma sciocco di un idiota vestito di fango e piume. Molte persone hanno contribuito in vari modi a questo lavoro di traduzione, tra cui i miei carissimi genitori, Anna e Fulvio; la dott.ssa Anita Milicevic e Tony Steel che hanno offerto notevoli contributi finanziari; Dorothy Szendei che mi ha sostenuto emotivamente in questo lavoro e Anna Piacentini che mi ha proposto il contatto dell’editore EIFIS. Mi auguro che questi testi possano essere d’ispirazione per coloro che sono interessati a conoscere la natura della coscienza e spero che molti italiani potranno connettersi alle intuizioni di Düdjom Lingpa. CLAUDIO LI CALZI Mt. Eliza, Australia 20 ottobre 2019



Il Cuore della Grande Perfezione



INTRODUZIONE

Tu appari in ogni modo come la gloria e il protettore dei discepoli, come la luna e le sue varie riflessioni nell’acqua. Finché il circolo radioso di discepoli non si dissolve nello spazio assoluto, la coscienza primordiale dello spazio assoluto si mostra continuamente. - DÜDJOM LINGPA, VA 622

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E VISIONI PURE rivelate da Düdjom Lingpa sono resoconti efficaci delle pratiche centrali dello Dzogchen, che sembrano trascendere tutti i limiti delle specifiche epoche e culture storiche. La Visione

illuminata di Samantabhadra descrive la sua motivazione nel prendere nota di questi eccezionali insegnamenti: “Non appena questo oceano di ambrosia

fu versato nel raffinato vaso della mia mente, ebbi paura che sarebbe andato perduto, quindi chiesi il permesso ai vīra e alle ḍākinī di metterlo per iscritto, come eredità per liberare futuri detentori del lignaggio”.

I chiari scritti e le illustri emanazioni di Düdjom Lingpa diedero un contributo di primaria importanza alla diffusione del Buddhismo in tutto il mondo nel XX secolo e continuano a servire come guide influenti e maestri riveriti per praticanti del XXI secolo. Le sue incarnazioni precedenti


compresero il “ragazzo traduttore” Drogpen Khyeuchung Lotsawa, uno dei venticinque discepoli principali di Padmasambhava, e il maestro stesso predisse che Düdjom Lingpa si sarebbe emanato nel Tibet orientale per domare esseri senzienti ribelli nei tempi degenerati in arrivo11. Nella sua autobiografia Düdjom Lingpa registra un sogno visionario in cui incontrò un dio bambino dal nome di Dungyi Zur Pü, che apparve come “un uomo bianco, così bello che potresti guardarlo per sempre e non esserne mai soddisfatto”. C’era con lui una bellissima ragazza ornata di gioielli, che lui presentò come sua sorella. I due condussero Düdjom Lingpa a Wutaishan, la montagna cinese di cinque vette sacra a Mañjuśri. In quel posto gli venne data una conchiglia bianca da soffiare in ciascuna delle quattro direzioni. Il suono della conchiglia ruggì verso l’occidente, a differenza delle altre direzioni, indicando che i discepoli compatibili con lui vivevano in città ad occidente. In quella direzione, gli fu detto, la sua rinomanza si sarebbe diffusa e avrebbe avuto tanti discepoli quanti i raggi del sole12. Düdjom Lingpa in effetti liberò molti esseri nelle terre selvagge dei nomadi del Tibet nordorientale, ad ovest di Wutaishan, così questa è l’interpretazione più ovvia della profezia. Ciononostante, Gyatrul Rinpoche suggerì che questa profezia potrebbe anche riferirsi a quelli di noi che vivono oggigiorno nelle città dell’occidente. Questi insegnamenti visionari affermano ripetutamente che erano destinati per persone nel futuro, e potremmo considerarci inclusi come beneficiari dell’eredità di Düdjom Lingpa. Con la speranza di aiutare ad esaudire la profezia e con il permesso e la benedizione di Gyatrul Rinpoche, queste traduzioni sono offerte a coloro che si dedicano a seguire l’insuperabile sentiero dello Dzogchen.

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Lama Tharchin Rinpoche, nella prefazione di Traktung Düdjom Lingpa, A Clear Mirror: The Visionary Autobiography of a Tibetan Master, trad. Chönyi Drolma (Hong Kong: Rangjung Yeshe Publications, 2011), x–xi. Düdjom Lingpa, A Clear Mirror, 57-59.

Il Cuore della Grande Perfezione


Insegnamenti nascosti Il Tibet nel XIX secolo era terreno fertile per un complesso assortimento di tradizioni buddhiste con lignaggi unici, pratiche diverse e una letteratura

altamente sviluppata. Mille anni di sponsorizzazione privata e statale avevano fondato potenti istituzioni monastiche e stabilito una schiera di

studiosi e luminari contemplativi che erano profondamente riveriti dal popolo tibetano. I Monaci istruiti nonché i praticanti laici realizzati si

guadagnarono il rispetto per il loro acume meditativo ed erano ricercati per [dare] istruzioni sul Dharma. Mentre queste tradizioni e questi maestri

si dedicavano al risveglio spirituale, ancora isolati da culture esterne, il

Tibet del XIX secolo vedeva un rinascimento dell’erudizione e della pratica buddhista che risuona nel mondo fino ad oggi.

Uno dei molti famosi maestri di meditazione che vissero a quel tempo, Düdjom Lingpa è noto per gli insegnamenti chiari e incisivi che ha lasciato all’umanità. Sebbene non fosse stato educato nelle scuole monastiche

che dominarono il Buddhismo tibetano, era un prodigio spirituale, ed ebbe incontri visionari con esseri illuminati fin da una tenera età. Il più

importante di questi fu la manifestazione di Padmasambhava del “Vajra

Nato-dal-Lago”, il guru indiano dell’ottavo secolo che aiutò a stabilire il Buddhismo in Tibet. I maestri trascendenti di Düdjom Lingpa risposero alle

sue domande, offrirono consigli, fecero profezie e spiegarono in dettaglio il

significato dei loro discorsi e altri prodigi. Soffrì molte privazioni nel seguire le loro ripetute istruzioni di dedicare la sua vita alla meditazione solitaria e all’insegnamento itinerante, evitando nel mentre le catene mondane dei doveri istituzionali, la sicurezza finanziaria e la comodità di una casa. In cambio i suoi maestri rivelarono spiegazioni chiare ed eccezionalmente profonde sulla natura della realtà e il sentiero per l’illuminazione, che

Düdjom Lingpa mise per iscritto in testi come quelli di questa serie, conosciuti come visioni pure (tib. dag snang).

Utilizzando termini moderni, potremmo pensare a Düdjom Lingpa come a Introduzione

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Schema de L’ESSENZA DEL CHIARO SIGNIFICATO I. Il significato del titolo....................................................................... 72 A. il titolo ........................................................................................ 72 B. una spiegazione del significato del titolo....................................... 72 1. la base da cui sorge.................................................................... 72 2. il titolo del dharma che sorge da essa........................................ 73 C. come il titolo fu scelto ................................................................ 75 D. la ragione di tale scelta................................................................ 75 II. Il significato del testo....................................................................... 75 A. l’omaggio come un ramo del testo nel suo insieme......................... 75 B. la spiegazione effettiva del significato del tantra............................ 76 1. la causa che diede origine al [fatto] che il tantra fosse espresso......... 76 a. come le apparenze dei fenomeni si dissolsero nello spazio assoluto dei fenomeni........................ 76 b. come la natura dell’esistenza della realtà fondamentale si manifestò........................................... 76 c. come le apparenze spontaneamente attuate emersero come il Maestro e il suo circolo di discepoli............................. 77 d. l’aggiunta delle qualità dei discepoli..................................... 78


Prima fase: Prendere la mente impura come il sentiero....................... 79 2. La condizione cooperante: la richiesta che fosse espresso............... 79 3. Il risultato: la completa comprensione del significato effettivo del tantra....................................................... 80 a. il sentiero del taglio netto nella purezza originaria..................... 80 i. identificare la mente come il creatore di tutti i fenomeni............. 80 ii. stabilire come la mente sia senza fondamento e senza radice ...... 82 iii. come individui con specifiche capacità possano entrare nel sentiero. 83 A’. come individui di capacità superiori entrano nel sentiero e ... 83 B’. come individui di capacità intermedie ed inferiori entrano nel sentiero........................................... 83 1’. come individui di capacità intermedie entrano nel sentiero e....83 2’. come individui di capacità inferiori entrano nel sentiero...84 a’. prendere aspetti della mente come il sentiero e..........84 i’. l’insegnamento...........................................................84 ii’. la spiegazione............................................................85 A’’. presenza mentale, la natura essenziale del sentiero...........................................................85 B’’. specifiche esperienze meditative da purificare....86 C’’. la natura essenziale di ciò che deve essere abbandonato e il suo rimedio.............................87 1’’. riconoscere la natura essenziale di ciò che deve essere abbandonato..................................87 2’’. presentare il rimedio diretto come il sentiero principale........................................88 D’’. come non separarsi mai dall’esperienza delle istruzioni pratiche .....................................89 iii’. la sintesi....................................................................91 Seconda fase: Rivelare il tuo stesso viso come il vajra affilato della vipaśyanā.93 b’. prendere la natura essenziale come il sentiero............93 i’. la consapevolezza pura-sentiero, libera da elaborazione concettuale............................................93 A’’. l’insegnamento ...................................................93 B’’. la spiegazione elaborata......................................94 292

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1’’. come la consapevolezza pura, libera dalla mente, si contraddistingue per sei caratteristiche ...........................................94 2’’. riposarsi nella natura essenziale dello stato insito.........................................................95 3’’. come le qualità del sentiero e della fruizione sono perfezionate.............................................96 4’’. la grandezza degli individui che realizzano questo..............................................98 Terza fase: Rivelare il dharmakāya basilare............................................. 99 ii’. la consapevolezza pura basilare, la grande libertà dagli estremi...................................................99 A’’. la natura della base pura ....................................99 1’’. come le apparenze illusorie del saṃsāra in effetti non esistano......................................99 a’’. stabilire come il soggetto – ciò che è afferrato come un sé personale – sia privo d’identità....................................100 i’’. l’insegnamento.....................................100 ii’’. la spiegazione......................................101 A’’’. riconoscere la concezione di un sé come la radice dell’esistenza mondana...................................... 101 B’’’. riconoscerne la vacuità per mezzo del suo mero apparire.......................101 b’’. stabilire come gli oggetti – i quali vengono afferrati come fenomeni – siano privi d’identità.................................102 i’’. ricercare le basi di designazione dei nomi .. 103 ii’’. distruggere l’afferrarsi alla permanenza delle cose ........................103 iii’’. combattere i difetti del beneficio e del danno ...........................................105 iv’’. demolire la falsa caverna di speranze e paure ..................................108 c’’. riconoscerli fondamentalmente come un’unica vacuità.........................................110 Schema de L’essenza del chiaro significato 293


i’’. il riassunto breve.....................................110 ii’’. la spiegazione elaborata......................110 A’’’. identificare lo spazio assoluto dei fenomeni come ciò che dev’essere realizzato.............................................111 B’’’. coscienza primordiale soggettiva che sorge in base a questo.......................112 C’’’. istruzioni essenziali per spazzare via gli ostacoli e potenziare la pratica.....112 Quarta fase: Determinare le caratteristiche e le qualità della base......... 114 2’’. la spiegazione della natura essenziale non illusoria, la base primordiale, come i kāya e le sfaccettature della coscienza primordiale....114 a’’. l’insegnamento..........................................114 b’’. la spiegazione............................................115 i’’. La Grande Perfezione fondamentale dell’esistenza..........................................115 A’’’. le caratteristiche effettive della base,.115 B’’’. il contesto di metodi abili e saggezza...........................................118 1’’’. il contesto dei metodi abili......118 2’’’. il contesto della saggezza.........119 3’’’. il loro scopo e la presentazione degli stessi.....................................120 C’’’. il riassunto del loro significato....120 ii’’. La Grande Perfezione-sentiero della realizzazione................................121 A’’’. come le presentazioni degli yāna fino all’anuyoga sono perfezionati nel sentiero della Grande Perfezione......121 1’’’. la spiegazione elaborata............121 2’’’. la sintesi......................................124 B’’’. insegnamenti inequivocabili sul sentiero della Grande Perfezione stessa...................................................124

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iii’’. La Grande Perfezione del frutto dell’attuazione.......................................125 A’’’. la fruizione effettiva.........................125 B’’’. come è libera dai due estremi.........126 B’’. la genesi dei nomi convenzionali.....................127 Quinta fase: Determinare l’afferrarsi dualistico segreto e rivelare la via della liberazione naturale................................................................... 129 C’’. il processo dell’illusione nel saṃsāra impuro.......129 1’’. l’afferrarsi dualistico interno........................129 a’’. la sintesi.....................................................129 b’’. la spiegazione elaborata...........................130 i’’. oggetti appresi......................................130 iii’’. menti apprendenti.............................132 iii’’. come gli oggetti e le menti si muovono e si dissolvono in un istante................132 2’’. l’afferrarsi dualistico segreto........................133 3’’. come i tre regni non sono altro che le tue stesse apparenze, .................................135 4’’. rūdra come la natura essenziale del saṃsāra, che è l’afferrarsi dualistico.............................135 5’’. la saggezza che realizza la mancanza d’identità dell’afferrarsi alla realtà................137 Sesta fase: Insegnamenti sui punti essenziali della pratica ele loro distinzioni chiave............................................................................... 139 D’’. Preghiere per realizzare rapidamente il significato del Tantra e sperimentare la liberazione.......................................................139 E’’. Affidarsi alle istruzioni essenziali per l’ora della morte e così via, se non ti sei dedicato con fervore al sistema di principi in questa vita.....140 F’’. Insegnamenti unici della Grande Perfezione sulle distinzioni chiave.......................................142 1’’. dare un taglio alle convinzioni errate ascoltando e pensando...................................142 a’’. il substrato e il dharmakāya.....................143 Schema de L’essenza del chiaro significato 295


b’’. l’attività mentale e la saggezza................144 c’’. la mente e la consapevolezza pura..........145 d’’. coscienza condizionata e coscienza primordiale.................................................147 e’’. liberazione e illusione..............................148 f ’’. comprensione e realizzazione.................148 2’’. la necessità della pratica dopo aver dato un taglio alle convinzioni errate.........................150 Settima fase: Come seguire il sentiero della grande chiara luce, il balzo diretto.................................................................................... 153 b. Il sentiero del balzo diretto nell’attuazione spontanea.............. 153 i. la sintesi................................................................................ 153 ii. la spiegazione elaborata...................................................... 154 A’. il significato generale............................................................ 154 1’. le pratiche preliminari speciali................................... 154 2’. come impegnarsi nella pratica principale.................... 154 a’. una sintesi generale del balzo diretto ecc...................155 b’. specificatamente, identificare la cosa più importante da sapere in questa fase................................................156 i’. le lampade della base, come sono nella natura dell’esistenza..............................................................156 ii’. le lampade del sentiero yogico...............................161 c’. i punti vitali del corpo, della parola, e della mente...161 d’. i tre punti vitali per vedere la chiara luce..................161 e’. una presentazione delle lampade................................163 f ’. stabilire la base con le tre tipologie di quiete............164 g’. come mettere in pratica gli stadi................................164 B’. Il significato del testo........................................................... 165 1’. come il balzo diretto è superiore persino al taglio netto... 165 2’. come le quattro visioni sorgono gradualmente............ 166 a’. la visione della percezione diretta della realtà fondamentale......................................................167 b’. la visione del progresso nell’esperienza meditativa...167 296

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c’. la visione di raggiungere la consapevolezza perfetta.....169 d’. la visione dell’estinzione nella realtà fondamentale......171 3’. come quelli di capacità superiori raggiungono la liberazione in questa vita ........................................... 176 4’. i particolari del progresso nell’esperienza meditativa.. 178 5’. come quelli di capacità intermedie e inferiori sono liberati nelle fasi transitorie della realtà fondamentale e del divenire................................................................ 181 a’. la natura essenziale.......................................................181 b’. le divisioni.....................................................................182 c’. modalità individuali di trasformare le fasi transitorie nel sentiero.................................................182 Ottava fase: Come dimorare nella base dell’essere............................. 184 c. La maniera in cui la natura indivisibile della base e della fruizione è attuata........................................................... 184 i. identificare la natura essenziale della fruizione che deve essere ottenuta............................................................... 184 ii. la spiegazione di come ottenerla............................................. 185 iii. come servire i bisogni degli altri dopo aver ottenuto questo...... 186 III. Il colophon................................................................................... 188

Schema de L’essenza del chiaro significato 297



G LO S S A R I O

I

L GLOSSARIO ELENCA I TERMINI CHIAVE IN ITALIANO, tibetano, e sanscrito per tutti i tre volumi della serie. Viene anche fornita, alla fine del glossario, una lista di enumerazioni dharmiche, come “unico sapore”, “due verità”, e “tre regni”. Molte definizioni sono prese dai testi di questa serie. I riferimenti utilizzano le seguenti abbreviazioni seguite dai numeri di pagina che appaiono nel testo in parentesi quadre: VA - Il vajra affilato del tantra della consapevolezza cosciente CS - L’essenza del chiaro significato DS - Il Dharma sciocco d’un idiota vestito di fango e piume VI - La visione illuminata di Samantabhadra BM - La buddhità senza meditazione, RS - Il raffinato sentiero per la liberazione GG - La ghirlanda per la gioia dei fortunati EV - L’essenza vajra

Altre fonti includono: StudyBuddhism, sito web fondato dal dott. Alexander https://studybuddhism.com/it (sezione italiana)

Berzin:


Abhirati (scr. tib. mngon par dga’ ba). Lett. “Gioia Superiore”, questo è il campo di buddha di Akṣobhya ad est.

ācārya (scr., tib. slob dpon). Un maestro realizzato, specialmente del Dharma. accumulazioni, due (Tib. tshogs gnyis, Skt. dvisaṃbhāra). Le due

accumulazioni di merito (bsod nams), che culminano nel raggiungimento della forma (rūpakāya) di un buddha, e della saggezza (ye shes), che culmina nel conseguimento della mente (dharmakāya) di un buddha.

addestramento nel potere creativo (tib. rtsal sbyang ba). Una pratica del

balzo diretto in cui uno con forza e nella meditazione permea il proprio ambiente esterno e il corpo interno di sillabe Hūṃ, dissolvendole infine nella vacuità. Vedi EV 412-13.

addestramento nella flessibilità (tib. mnyen btsal ba). Una pratica del balzo

diretto in cui uno visualizza sillabe Hūṃ che emergono dal cuore e si ritirano in esso, come un mezzo per padroneggiare le proprie energie vitali e la mente. Vedi 413-15.

adhisāra (scr., tib. khrul ’khor). Pratiche yogiche delle energie vitali, dei

canali, e dei bindu, incluse le āsana, il prāṇāyāma, il movimento, e la

visualizzazione.

afferrarsi al sé (tib. bdag tu ’dzin pa, scr. ātmagrāha). Afferrarsi a un’ipotetica identità intrinsecamente esistente delle persone o delle cose.

afflizioni mentali (tib. nyon mongs, scr. kleśa). Brama, ostilità, illusione, e così via; disturbi mentali che ci spingono a compiere azioni negative a perpetuare il saṃsāra.

aggrapparsi (tib. zhen pa). Essere fortemente attaccato a qualcosa, reificandolo e afferrandosi ad esso senza realizzare la sua vacuità.

Akaniṣṭha (scr., tib. ’og min). Lett. “insorpassato”, il campo di buddha di 300

Il Cuore della Grande Perfezione


Samantabhadra, in cui ogni essere infine ottiene l’illuminazione suprema. ambrosia (Tib. bdud rtsi, scr. amṛta). Lett. “senza morte” o immortalità, questo è uno dei risultati della pratica spirituale e si riferisce anche a sostanze sacramentali.

Anuyāna (scr., tib. a nu’i theg pa). Il veicolo spirituale dell’anuyoga, che corrisponde allo stadio di completamento, dopo il mahāyoga.

apparenze illusorie (tib. ’khrul snang). Le apparenze reificate dei fenomeni che sorgono a causa dell’illusione.

apparenze, tre (tib. snang gsum). Le apparenze dell’oggetto conosciuto, la mente che conosce, e il corpo di un essere senziente.

apparenze, tre modalità delle (Tib. snang tshul gsum). Apparenze nella forma del proprio ambiente, il proprio corpo, e i cinque oggetti sensoriali.

applicazioni ravvicinate della presenza mentale, quattro (tib. dran pa

nyer bzhag bzhi, scr. catursmṛtyupasthāna). Le pratiche fondamentali della

vipaśyanā in cui la presenza mentale è applicata, in maniera discernente e ravvicinata, al corpo, alle sensazioni, alla mente, e ai fenomeni.

arhat (scr., tib. dgra bcom pa). Uno che ha raggiunto il nirvāṇa, la completa

cessazione delle cause della sofferenza e i loro effetti.

ārya (scr., tib. ’phags pa). Un essere che ha ottenuto la realizzazione diretta della realtà fondamentale.

āryabodhisattva (scr., tib. ’phags pa’i byang chub sems dpa’). Un bodhisattva

che ha ottenuto una realizzazione diretta, non concettuale, non mediata, della vacuità sul sentiero del vedere.

assenza d’identità (tib. bdag med, scr. nairātmya). Assenza del sé o un’assenza

di un’identità intrinseca. Ce ne sono di due tipi: (1) l’assenza di identità delle persone, e (2) l’assenza di identità dei fenomeni.

Glossario

301


assorbimento meditativo (tib. snyoms ’jug, scr. samāpatti). Uno degli otto

ottenimenti nei regni della forma e del senza forma corrispondenti agli dhyāna. asura (scr., tib. lha ma yin). Un titano, o semidio, la cui esistenza è caratterizzata da aggressione e conflitto con i deva.

attività mentale (tib. yid, scr. manas). L’attività della mente che è la base per la comparsa di ogni genere di apparenze, rivelando così l’aspetto luminoso

della coscienza. Da questa “rifrazione” della luce della coscienza nelle cinque

modalità di apparenze sensoriali, la reificazione di queste apparenze tende a seguire, determinando una ravvicinata identificazione e illusione.

attività mentale, afflittiva (tib. nyon yid, scr. kliṣṭamanas). Una sensazione

soggettiva, primitiva e preconcettuale di identità personale, da questa parte, che è separata dallo spazio oggettivo della consapevolezza, che è percepito come qualcosa di diverso, da quella parte. È l’espressione più primitiva di

afferrarsi all’idea di “io” (tib. ngar ’dzin pa), che in Sancrito è letteralmente conosciuto come “produttore dell’io” (scr. ahaṃkāra).

attività, nove tipologie di (Tib. bya ba dgu sprugs). Le nove tipologie di attività

includono, riguardo al corpo: (1) le attività esterne, come camminare, sedersi, e muoversi, (2) le attività interne di prostrarsi e di compiere circumambulazioni, e (3) le attività segrete della danza rituale, di compiere mudrā eccetera; riguardo

alla parola: (4) le attività esterne, come ogni genere di chiacchiere illusorie, (5) le attività interne, come recitare liturgie, e (6) le attività segrete, come contare

mantra propiziatori della tua divinità personale; riguardo alla mente: (7) le attività esterne, come i pensieri stimolati dai cinque veleni e dai tre veleni, (8) le attività interne dell’addestrare la mente e coltivare pensieri positivi, e (9) l’attività segreta di dimorare negli stati mondani degli dhyāna. Vedi GG 297, EV 322.

attività, quattro illuminate (Tib. phrin las bzhi). Attività illuminate pacificanti, arricchenti, potenti, e irate.

attuazione spontanea (tib. lhun grub, scr. anābhoga). La spontanea comparsa 302

Il Cuore della Grande Perfezione


di qualità e attività dal dharmakāya, la cui realizzazione è l’aspetto centrale della pratica del balzo diretto.

autoapparente (tib. rang snang). Che si manifesta da sé, una caratteristica

della coscienza primordiale. Tradotto anche come “le tue stesse apparenze”. autoemergente (tib. rang byung). Che emerge da sé, una caratteristica della coscienza primordiale.

autoilluminante (tib. rang gsal). L’aspetto simile allo specchio della coscienza primordiale. Una caratteristica del vajra affilato della saggezza, l’esperienza della natura essenziale spontaneamente attuata. Vedi CS 363, 386.

autoliberato (tib. rang grol). La liberazione della consapevolezza pura che

percepisce la sua stessa natura essenziale da sola, caratteristica del giovane vaso kāya. Vedi GG 149.

autonomo (tib. rang rgyud, scr. svatantra). Ciò che funziona indipendentemente.

Il ragionamento caratteristico del sistema Svātantrika Madhyamaka.

avadhūti (scr., tib. kun ’dar ma, rtsa dbu ma). Il canale centrale tra i tre principali che scorrono verticalmente lungo il corpo sottile; conosciuto anche in sanscrito come il madhyamā.

āyatana (scr., tib. skye mched). Ciascuna delle dodici basi sensoriali. Ciascuno dei cinque “segni” (tib. mtshan ma, scr. nimitta) che infine sorgono grazie

alla meditazione sugli emblemi generici dei cinque elementi di terra, acqua, fuoco, aria, e spazio.

azioni di punizione immediata, cinque (tib. mtshams med pa lnga, scr. pañcānantarya). Azioni con una forza karmica negativa tale che alla morte l’individuo rinasce immediatamente nell’inferno, bypassando il periodo intermedio: matricidio, patricidio, uccidere un arhat, creare uno scisma nel Saṅgha, e con cattiveria prelevare il sangue di un tathāgata.

Glossario

303


azioni di punizione immediata, cinque (tib. mtshams med pa lnga, scr. pañcānantarya). Azioni con una tale forza karmica negativa che alla morte chi le commette rinasce immediatamente nell’inferno, aggirando il periodo

intermedio: patricidio, matricidio, uccidere un arhat, prelevare in modo malevolo il sangue di un buddha, e causare uno scisma nel Saṅgha.

bagliore, interiore (tib. mdangs). Il bagliore naturale (rang mdangs) della

consapevolezza, che è presente nella base in modo trascendente, che si esprime come coscienza primordiale innata, autoemergente. Quando è

oscurato dall’ignoranza, il suo splendore si trasforma in un afferrarsi sottile, nell’attività mentale afflittiva, nell’attività mentale, e nella manifestazione esterno degli elementi e degli aggregati del saṃsāra. See VA 618; VI 533– 34, 555–56; CS 326–29; GG 151–56; EV 122–27.

bagliore, interiore (tib. mdangs). Il bagliore naturale (rang mdgangs) della

consapevolezza pura, che è presente in modo trascendente nella base e si esprime come coscienza primordiale insita, autoemergente.

balzo diretto (tib. thod rgal, scr. vyutkrāntaka). La seconda delle due

fasi di pratica della Grande Perfezione, volta a realizzare le spontanee manifestazioni del dharmakāya.

bardo (tib. bar do, scr. antarabhāva). Vedi fase transizionale e periodo intermedio per un significato più ampio e specializzato.

base dell’essere (tib. gzhi, scr. āśraya). La base di tutto il saṃsāra e il nirvāṇa. L’aspetto inconsapevole della base è il substrato, e il suo aspetto illuminato è il dharmakāya. Vedi CS 377-78, DS 486.

base dell’essere (tib. gzhi, scr. āśraya). La base di tutto il saṃsāra e il nirvāṇa, che è il dharmakāya. Questo termine tibetano è a volte tradotto come “la

condizione della base” quando si riferisce a ciò che esiste nello stato naturale anche senza affidarsi alla pratica del sentiero. 304

Il Cuore della Grande Perfezione


base di designazione (tib. gdags gzhi). La base oggettiva su cui viene

compiuta una designazione concettuale.

base, primordiale (tib. ye gzhi). La base originariamente pura dell’essere. Lo spazio assoluto dei fenomeni. La consapevolezza pura. Il sugatagarbha. Samantabhadra, che è della natura dei cinque kāya, le cinque famiglie dei

buddha, le cinque sfaccettature della coscienza primordiale, e le cinque ḍākinī. Vedi GG 142–43, CS 382–86.

base, universale (tib. spyi gzhi). La vacuità, come il fondamento per tutto il saṃsāra e il nirvāṇa.

basi e sentieri (tib. sa lam, scr. bhūmimārga). Le fasi di realizzazione e i sentieri che conducono ad essi. Ci sono cinque sentieri sequenziali culminanti

nella liberazione di uno śrāvaka, i cinque culminanti nella liberazione di un

pratyekabuddha, e i cinque sentieri del bodhisattva culminanti nell’illuminazione perfetta di un buddha. Secondo la tradizione sūtra, ci sono dieci basi degli

āryabodhisattva. Secondo la tradizione della Grande Perfezione, ci sono venti basi degli āryabodhisattva, che culminano nella ventunesima base.

benedizione (tib. byin brlabs, scr. adhiṣṭāna). Potente realizzazione o

potenziamento che viene provato in connessione a un guru o un luogo fisico o un oggetto associato a un essere realizzato. La consacrazione di un oggetto o sostanza inanimata.

bhaga (scr., tib. bha ga). Il grembo della mente del buddha. Bhagavān (scr., tib. bcom ldan ‘das). Lett. “Il benedetto”, un epiteto del Buddha. Il

termine tibetano ha la connotazione di uno che ha superato tutte le oscurazioni, è dotato di tutte le qualità eccellenti, e che ha trasceso il saṃsāra.

Bhagavān (scr., tib. bcom ldan ’das). Lett. “La benedetta”, un epiteto del Buddha. Il termine tibetano ha la connotazione di colei che ha conquistato tutte le oscurazioni, è dotata di tutte le qualità eccellenti, e ha trasceso il saṃsāra.

Glossario

305


bhīma (scr., tib. ’jigs byed) Una classe di protettori del Dharma. bhūta (scr., tib. ’byung po). Una forza o essere demoniaco “elementare”. bile (tib. mkhris pa, scr. pitta). Nei sistemi medici tibetani e āyurvedici, il costituente corporeo, o umore, responsabile per il calore, il metabolismo, e la trasformazione.

bindu (scr., tib. thig le). Una sfera di luce o fluido. In questo libro, questo

si riferisce alle essenze vitali, o le gocce essenziali rosse e bianche di fluidi

vitali nel corpo sottile, incluso nella triade di canali, sfere, ed energie vitali. bindu, unico (tib. thig le nyag cig). L’unico dharmakāya, che è colmo di tutte le qualità dei buddha e che racchiude tutto il saṃsāra e il nirvāṇa.

bodhicitta (scr., tib. byang chub kyi sems). Lett. “mente risvegliante”, è descritta

come avente due aspetti relativi, chiamati d’aspirazione e impegnata, assieme al suo aspetto assoluto, fondamentale. La coltivazione nominale del bodhicitta d’aspirazione significa voler raggiungere l’illuminazione per liberare tutti gli esseri senzienti nel saṃsāra. Il bodhicitta si chiama impegnato quando uno effettivamente pratica con questa motivazione per

raggiungere la buddhità. Nella Grande Perfezione, il bodhicitta è la base

primordiale, originariamente pura, che pervade tutto il saṃsāra e il nirvāṇa.

In tale contesto, allora, la realizzazione del bodhicitta fondamentale è l’attuazione dell’assenza d’identità come il gioco del coronamento del

saṃsāra e del nirvāṇa, libero da attività ed elaborazione concettuale. Il

prezioso bodhicitta include tutte le realtà autentiche ed è la fonte ultima

di tutti i fenomeni; esso manifesta la saggezza di realizzare la mancanza d’identità, liberando i tre regni del saṃsāra come il gioco dei tre kāya.

bodhisattva (scr., tib. byang chub sems dpa’). Un essere in cui il bodhicitta sorge senza sforzo e che si dedica alla coltivazione delle sei perfezioni per raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri. 306

Il Cuore della Grande Perfezione


Bodhisattvayāna (scr., tib. byang chub sems dpa’i theg pa). Il veicolo spirituale dei bodhisattva, in cui uno sigilla saṃsāra e nirvāṇa con il bodhicitta.

brāhmin (bramino) (scr., tib. bram ze). Nel sistema delle caste in India, un membro della classe sacerdotale che si impegna nella condotta pura, mangia cibo puro, e che si considera abbia atteggiamenti virtuosi.

buddha (scr., tib. sangs rgyas). Lett. “il risvegliato”, un essere illuminato in

cui tutte le afflizioni e oscurazioni mentali sono state spazzate via e tutte le qualità eccellenti sono portate alla perfezione.

cakra (scr., tib. rtsa ‘khor). Una “ruota” di canali attraverso i quali scorrono

le energie vitali. la classificazione quintupla dei cakra include il cakra della grande beatitudine in cima alla testa, il cakra del godimento alla gola, il dharma cakra al cuore, il cakra dell’emanazione all’ombelico, e il cakra della beatitudine sostenuta alla regione genitale.

cakravartin (scr., tib. ’khor los sgyur ba’i rgyal po). Lett. ”monarca che gira

la ruota”, un governatore mondano che possiederebbe sette cose preziose, compresa una ruota come fonte del potere.

campi, dieci (tib. zhing bcu). Coloro che si impegnano a (1) distruggere gli insegnamenti, (2) disprezzare i Tre Gioelli, (3) rubare i possedimenti del Saṅgha, (4) maltrattare il Mahāyāna, (5) minacciare i corpi dei guru, (6) disprezzare i fratelli, sorelle, e amici vajra, (7) creare ostacoli per la pratica

spirituale, (8) essere totalmente privi di misericordia e compassione, (9) a

cui mancano i samaya e i voti, e (10) che hanno falsi punti di vista riguardo le azioni e le loro conseguenze etiche.

campo di buddha (tib. sangs rgyas kyi zhing khams, scr. buddhakṣetradhātu). Lett. “regno di un campo di buddha”, un “regno puro” che emerge spontaneamente dalla mente illuminata di un buddha.

canale (tib. rtsa, scr., nāḍī). Un canale grossolano o sottile incluso nella triade Glossario

307


di canali, energie vitali, e bindu. I tre canali principali sono l’avadhūti, il

lalanā, e il rasanā. La quintessenza dei canali è il canale cavo kati di cristallo. Vedi CS 387; EV 279-80.

canale cavo kati di cristallo (tib. ka ti shel gyi sbu gu can). Tra le tre lampade del contenitore, questa quintessenza dei canali è della larghezza di un ottavo di un crine di cavallo, con due rami che provengono dal cuore, si incurvano

dietro le orecchie, e arrivano alle pupille degli occhi. Vedi CS 423, 427; EV 424, 427.

canale, forza vitale (tib. srog rtsa). Il canale nel cuore attraverso il quale fluiscono le energie vitali che sostengono la vita, corrispondente all’aorta del corpo fisico e all’avadhūti del corpo sottile.

caṇḍāla (scr., tib. gdol pa’i rigs). La suddivisione più bassa della casta dei plebei (śūdra) dell’India vedica, nota come gli “intoccabili”.

caṇḍālī (scr., tib. gtum mo). Una pratica meditativa designata per generare la realizzazione della vacuità, con l’effetto collaterale di generare un calore

intenso che sorge dal cakra dell’ombelico. La grande consapevolezza vacua, priva di attività, il fuoco della coscienza primordiale, l’unione di beatitudine e vacuità, che si infiamma come una manifestazione del potere delle cinque sfaccettature della coscienza primordiale. Vedi EV 283-90.

causa sostanziale (tib. nyer len gyi rgyu, scr. upādānakāraṇa). Una causa

precedente di qualcosa che effettivamente si trasforma nel suo effetto, come un seme si trasforma in un germoglio, o la materia si trasforma in energia.

chiara luce (tib. ‘od gsal, scr. prabhāsvara). La natura illuminante della consapevolezza pura.

citta (scr., tib. sems). Questo termine è generalmente tradotto come “mente” e si riferisce alla mente condizionata, dualistica, che sorge in base a cause e condizioni precedenti, compresa la coscienza substrato e il corpo. 308

Il Cuore della Grande Perfezione


Cittamātrayāna (scr., tib. sems tsam pa’i theg pa). Il veicolo spirituale della

“sola mente”, che viene perfezionato realizzando come le apparenze non siano altro che la mente. Vedi CS 390, EV 302.

cogitazione (tib. bsam mno). Attività mentale dualistica che implica la reificazione di soggetto ed oggetto.

concentrazione meditativa. Vedi samādhi. concetto del sé (tib. bdag rtog). La sensazione reificata della propria identità. condizione cooperante (tib. lhan cig byed rkyen, scr. sahakārikāraṇa). Un

fattore ausiliare nel contribuire ad un effetto, che avviene parallelamente

alla causa sostanziale ma che non è della stessa sostanza come il suo effetto. Per esempio, gli agricoltori che piantano i semi per un raccolto che ne

risulta, gli sforzi di una persona nel creare un vaso, o la facoltà sensoriale che governa un momento di consapevolezza.

connato (tib. lhan skyes, scr. sahaja). Lett. “nato insieme allo stesso tempo”, questo termine viene utilizzato in vari contesti per ciò che è naturale o spontaneo, riferendosi a un processo che avviene nell’esistenza ciclica o a elevate qualità spirituali che emergono come parte del sentiero oltre l’esistenza ciclica (come in “coscienza primordiale connata”).

cono (tib. a thung). Un cono rosso, caldo, visualizzato al cakra dell’ombelico nella meditazione caṇḍālī. Vedi CS 408, EV 283-90.

consapevolezza (tib. rig pa, scr. vidyā). La fondamentale azione di avere cognizione. Vedi anche consapevolezza pura.

consapevolezza pura (tib. rig pa, scr. vidyā). Nel contesto della Grande

Perfezione, questo si riferisce alla dimensione fondamentale della coscienza, che è primordialmente pura, oltre il tempo e lo spazio, e trascende tutti i

costrutti concettuali, compresi gli otto estremi dell’elaborazione concettuale. Glossario

309


consapevolezza pura basilare (tib. gzhi’i rig pa, scr. āśrayavidyā). La natura

primordiale della mente, che è oltre i tre tempi e tutte le elaborazioni concettuali, e conosce la natura della base dell’essere. Vedi BM 354; GG 142–43, 326–27; EV 109–10, 116–21.

consapevolezza pura che è presente nella base (tib. gzhir gnas kyi rig pa). La natura fondamentale, onnipervasiva, della consapevolezza, che è equivalente al dharmakāya.

coppa teschio (tib. thod pa, scr. kapāla, bhanda). Un contenitore rituale fatto con la porzione superiore di un teschio umano.

corpo arcobaleno, grande trasferimento (tib. ’ja’ lus ’pho ba chen po). La forma

più elevata in cui gli aggregati di un praticante del sentiero della Grande

Perfezione possono essere liberati quando raggiungono l’illuminazione perfetta. Vedi vajrakāya (tib. rdo rje sku).

corpo arcobaleno, piccolo (tib. ’ja’ lus chung ngu). Questo livello di corpo

arcobaleno avviene dopo che il proprio corpo e la mente si sono separati e il praticante si dissolve nella natura di arcobaleni e luce senza lasciare indietro nessuna traccia dei propri aggregati.

corpo arcobaleno, piccolo trasferimento (tib. ’pho ba chung ngu’i ’ja’ lus). Questo avviene entro sette giorni dalla comparsa della chiara luce della

morte, quando gli elementi materiali del corpo diventano sempre più

piccoli, finché infine il corpo materiale si dissolve in particelle elementari, tale per cui rimangono soltanto i residui delle proprie unghie e dei capelli.

coscienza (tib. shes pa, scr. jñāna). L’esperienza fondamentale del conoscere, di avere cognizione, o di essere consapevole.

coscienza basilare (tib. gzhi’i shes pa, scr. āśrayajñāna). Il flusso incessante di coscienza che prosegue da una vita all’altra e infine giunge allo stato di

illuminazione, quindi può diventare virtuosa o non virtuosa. Solo quando 310

Il Cuore della Grande Perfezione


la sua natura essenziale diventa manifesta è vista come la natura della consapevolezza non strutturata. È identica alla coscienza substrato. Vedi

EV 109-10.

coscienza primordiale (tib. ye shes, scr. jñāna). Lo stato manifesto della base, che sorge da sé stesso, è naturalmente luminoso, e libero da oscurazioni

esterne e interne; questo è indivisibile dalla vastità onnipervasiva, lucida e chiara, dello spazio assoluto dei fenomeni, libero da contaminazione. La parola viene utilizzata in molti contesti nella letteratura buddhista, dove può

anche semplicemente riferirsi ad una tipologia senza tempo di conoscenza, libera da elaborazioni concettuali, che realizza la vacuità.

coscienza primordiale del conseguimento (tib. bya ba sgrub pa’i ye shes, scr. kṛtyānuṣṭhānajñāna). Coscienza primordiale grazie alla quale tutte le

azioni e attività pure, libere, e simultaneamente perfette sono conseguite

naturalmente, di loro iniziativa; questo è purificato come il Bhagavān

Amoghasiddhi. Quando è oscurata dall’ignoranza, si manifesta esternamente come luce verde; questa è reificata come l’elemento derivato dell’aria. Il suo

splendore si trasforma nell’afferrarsi sottile delle cinque coscienze sensoriali

e dà origine a pensieri di invidia e all’aggregato dei fattori composizionali. Vedi GG 150-53, EV 121-25.

coscienza primordiale dell’uguaglianza (tib. mnyam pa nyid kyi ye shes, scr. samatājñāna). Coscienza primordiale dell’uguale purezza del saṃsāra e del nirvāṇa nella grande vacuità; questa è purificata come il Bhagavān Ratnasaṃbhava. Quando

è

oscurata

dall’ignoranza, si

manifesta

esternamente come luce gialla; questa è reificata come l’elemento derivato della terra. Il suo splendore si trasforma nell’attività mentale afflittiva e dà

origine a pensieri di orgoglio e all’aggregato della sensazione. Vedi GG 15053, EV 121-25.

coscienza primordiale dello spazio assoluto dei fenomeni (tib. chos kyi dbyings kyi ye shes, scr. dharmadhātujñāna). La natura essenziale autoemergente della Glossario

311


base pura, che è grande vacuità primordiale, e che include tutti i fenomeni

del saṃsāra e del nirvāṇa; questa è purificata come il Bhagavān Vairocana. Quando è oscurata dall’ignoranza, si manifesta esternamente come luce indaco; questa è reificata come l’elemento derivato dello spazio. Il suo splendore si trasforma nel substrato e dà origine a pensieri di illusione e all’aggregato della forma. Vedi GG 150-53, EV 121-25.

coscienza primordiale, cinque sfaccettature della (tib. ye shes lnga, scr. pañcajñānāni). Coscienza primordiale simile allo specchio, coscienza

primordiale discernente, coscienza primordiale dell’uguaglianza, coscienza

primordiale del conseguimento, e coscienza primordiale dello spazio assoluto dei fenomeni.

coscienza primordiale, discernente (tib. so sor rtog pa’i ye shes, scr. pratyavekṣaṇajñāna). Coscienza primordiale che senza impedimenti discerne

le manifestazioni della consapevolezza pura, che conosce la realtà così com’è

e percepisce l’intera gamma di tutti i fenomeni; questa è purificata come il Bhagavān Amitābha. Quando è oscurata dall’ignoranza, si manifesta

esternamente come luce rossa; questa è reificata come l’elemento derivato

del fuoco. Il suo splendore si trasforma nell’attività mentale e dà origine a pensieri di attaccamento e all’aggregato del riconoscimento. Vedi GG 150153, EV 121-25.

coscienza primordiale, due sfaccettature della (tib. ye shes gnyis). La coscienza primordiale che conosce la realtà così com’è (ontologia), e la coscienza primordiale che percepisce l’intera gamma dei fenomeni (fenomenologia).

coscienza primordiale, sei sfaccettature della (tib. ye shes drug, scr. pañcajñāna). Coscienza

primordiale

simile

allo

specchio, coscienza

primordiale

discernente, coscienza primordiale dell’uguaglianza, coscienza primordiale

del conseguimento, coscienza primordiale dello spazio assoluto dei fenomeni, e la coscienza primordiale che percepisce l’intera gamma dei fenomeni. 312

Il Cuore della Grande Perfezione


coscienza primordiale, simile allo specchio (tib. me long lta bu’i ye shes, scr. ādarśajñāna). Coscienza primordiale autoilluminante, che è di una natura

chiara e lucida, libera da contaminazione, e che consente le apparenze

incessanti di ogni genere di oggetti; questa è purificata come il Bhagavān

Akṣobhya, o come Vajrasattva (GG 155). Quando è oscurata dall’ignoranza, si manifesta esternamente come luce bianca; questa è reificata come

l’elemento derivato dell’acqua. Il suo splendore si trasforma nella coscienza substrato e dà origine a pensieri di odio e all’aggregato della coscienza. Vedi GG 150-53, EV 121, 25.

coscienza primordiale, tre sfaccettature della (tib. ye shes gsum). Questo si riferisce alla vuota natura essenziale, la luminosa natura manifesta, e

la compassione onnipervasiva come la triplice divisione della coscienza

primordiale, o consapevolezza pura, per come dimora nella base, e che può essere così attuata, con la pratica, nei tre kāya di un buddha.

coscienza substrato (tib. kun gzhi rnam shes, scr. ālayavijñāna). Uno stato di

coscienza eticamente neutrale, indirizzato all’interno, privo di concettualità, in cui le apparenze di del sé, degli altri, e degli oggetti sono assenti. È in questa dimensione della coscienza che la mente grossolana si dissolve dopo il conseguimento dello śamatha.

coscienza, condizionata (tib. rnam par shes pa, scr. vijñāna). Le qualità

lucide e conoscenti della mente che emergono nell’aspetto dell’oggetto e sono legate dalla reificazione. Da paragonare a coscienza primordiale.

coscienza, condizionata (tib. rnam par shes pa, scr. vijñāna). Le qualità

chiare e conoscenti della mente che emergono nell’aspetto dell’oggetto e sono legate dalla reificazione. Vedi per confronto coscienza primordiale.

coscienza, otto aggregati della (tib. rnam shes tshogs brgyad, scr. aṣṭavijñāna). I cinque tipi di coscienza sensoriale, la coscienza mentale, la coscienza substrato, e l’attività mentale afflittiva.

Glossario

313


coscienza, subliminale (tib. shes pa bag nyal). Tendenze latenti o propensioni abituali sottostanti alle manifestazioni della coscienza.

ḍākinī (scr., tib. mkha’ ’gro ma). Una bodhisattva femminile altamente

realizzata, che si manifesta nel mondo per servire gli esseri senzienti. Il termine tibetano significa un “essere che va nel cielo”, riferendosi al fatto che tali esseri attraversano la vastità dello spazio assoluto.

ḍākinī, locale (Tib. gnas kyi mkha’ ’gro). Una ḍākinī terrena. Vedi CS 450. ḍākinī, regionale (Tib. zhing gi mkha’ ’gro). Una ḍākinī terrena. Vedi CS 450. ḍamaru (scr.). Un tamburo rituale utilizzato, ad esempio, nella pratica del troncamento.

damsi (Tib. dam sri, dam tshig la gnod pa’i sri). Un “demone samaya” che ha

assunto una tale rinascita poiché ha trasgredito i samaya del mantra segreto. datura (Tib. dha dhu ra, scr. dhattūra). Un genere di nove specie di piante

da fiori tossiche e allucinogene, la cui ingestione determina una completa inabilità a differenziare la realtà dalla fantasia.

dèi e demoni arroganti, otto classi di (tib. dregs pa’i lha srin sde brgyad, scr. aṣtạ senā). Deva, nāga, yakṣa, asura, gandharva, garuḍa, kiṃnara, and mahorāga.

demone (tib. ’dre). Pensieri negativi, radicate nell’afferrarsi al sé, che determinano la nascita del saṃsāra.

deva (scr., tib. lha). In questo libro, tale termine generalmente si riferisce a

un “dio” nel saṃsāra, che prova grande gioia, percezione extrasensoriale, e

abilità paranormali, ma che soffre moltissimo quando sta per morire. Per un significato alternativo, vedi divinità.

deva, otto grandi (tib. lha chen po brgyad). Maheśvara, Indra, Brahmā, Viṣṇu, Kāmeśvara, Gaṇapati, Bhriṅgiridhi, e Kumāraṣaṇmukha. devī (scr., tib. lha mo). Un deva femminile. 314

Il Cuore della Grande Perfezione


Dharma (scr., tib. chos). Insegnamenti spirituali e pratiche che allontanano

irreversibilmente un individuo dalla sofferenza e dalla fonte della sofferenza e verso l’ottenimento della liberazione e l’illuminazione.

dharmacakra (scr., tib. chos kyi ’khor lo). Il cakra al cuore, la “ruota del Dharma”. dharmadhātu (scr.). Vedi spazio assoluto dei fenomeni. dharmakāya (scr., tib. chos kyi sku). “Incarnazione illuminata della verità”, ovvero la mente dei buddha.

dharmapāla (scr., tib. chos skyong). Protettore del Dharma. Questo potrebbe essere un essere terreno legato da un giuramento di proteggere il Dharma e gli esseri senzienti (’jig ten pa) oppure una divinità saggezza che è una

manifestazione illuminata della compassione (’jig ten las ’das pa). La protettrice principale degli insegnamenti Dzogchen è Ekajaṭī. dharmatā (scr., tib. chos nyid). Vedi realtà fondamentale. dhyāna (scr., Pāli jhāna). Stati avanzati di concentrazione meditativa, generalmente presentata in quattro livelli progressivamente più profondi.

dhyāna (scr., tib. bsam gtan). Uno stato avanzato di stabilizzazione meditativa inclusa nel regno della forma, che comprende i quattro dhyāna.

dhyāna, soglia del primo (tib. nyer bsdogs, scr. sāmantaka). La soglia tra il regno del desiderio e il regno della forma, a cui si ha accesso in modo esperienziale con il conseguimento dello śamatha. Si ha esperienza di questo stato quando

la propria mente grossolana si dissolve nella coscienza substrato, e questo corrisponde all’esperienza della presenza mentale autoilluminante.

differenziare il saṃsāra e il nirvāṇa (Tib. ’khor ’das ru shan). La pratica preliminare del balzo diretto in cui si differenzia il saṃsāra dal nirvāṇa per

quanto riguarda il corpo, la parola, e la mente. Vedi VI 586-89, EV 395-418.

dimore di Heruka, dieci (tib. he ru ka’i gnas bcu). Questi dieci sono (1) dimore Glossario

315


(tib. gnas, scr. pīṭha), (2) dimore esterne (tib. nye ba’i gnas, scr. upapīṭha), (3) campi (tib. zhing, scr. kṣetra), (4) campi esterni (tib. nye ba’i zhing, scr.

upakṣetra), (5) posti piacevoli (tib. tshan do, scr. chandoha), (6) posti piacevoli esterni (tib. nye ba’i tshan do, scr. upachandoha), (7) luoghi d’incontro (tib.

’du ba, scr. melāpaka), (8) luoghi d’incontro esterni (tib. nye ba’i ’du ba, scr. upamelāpaka), (9) campi di cremazione (tib. dur khrod, scr. śmaśāna), e (10) campi di cremazione esterni (tib. nye ba’i dur khrod, scr. upaśmaśāna).

divinità (tib. lha, scr. deva). Nel contesto del Vajrayāna buddhista, questo si riferisce a un essere illuminato che si manifesta in un maṇḍala, o un luogo

segreto e puro.

divinità, personale (tib. yi dam, scr. iṣ t ̣ a devatā). La manifestazione illuminata, o incarnazione, scelta come il proprio oggetto primario di rifugio e pratica meditativa.

dohā (scr., tib. mgur). Una canzone di realizzazione contemplativa, come quelle del mahāsiddha indiano Saraha e dello yogi tibetano Milarepa.

dregs, cinque (tib. snyigs ma lnga, scr. pañcakaṣāya). Durata della vita, afflizioni mentali, esseri senzienti, tempi, e visioni degenerate. Dzogchen (tib. rdzogs chen). Vedi Grande Perfezione. eccitazione (tib. rgod pa, scr. auddhatya). Agitazione mentale stimolata

dall’afflizione

mentale

dell’attaccamento.

Uno

dei

due

squilibri

dell’attenzione a cui la mente è abitualmente incline e che si supera

attraverso la coltivazione della stabilità nella pratica dello śamatha. Per l’altro, vedi torpore mentale.

elaborazione concettuale (tib. spros pa, scr. prapañca). Costruzioni concettuali

come quelli riguardanti l’esistenza, la non esistenza, la nascita, e la cessazione. Questo termine può anche riferirsi, senza una connotazione negativa, all’utilizzo

dell’immaginazione in un rituale di potenziamento o pratica avanzata del tantra. 316

Il Cuore della Grande Perfezione


elementi (tib. khams, scr. dhātu). I diciotto elementi dell’esperienza cosciente, composti dalle dodici basi sensoriali e le sei coscienze.

elementi, cinque derivati (tib. ’byung phran lnga). Gli elementi esterni. I “residui” impuri dei cinque grandi elementi; essi sorgono esternamente come spazio, acqua, terra, fuoco, e aria a causa dell’afferrarsi e della reificazione

delle cinque luci dei grandi elementi. Vedi CS 398, BM 327-29, GG 15053, EV 123-25.

elementi, cinque grandi (tib. ’byung ba chen po lnga). Gli elementi interni. Le quintessenze pure di spazio, acqua, terra, fuoco, e aria, che sorgono come il

gioco dello spazio assoluto nei cinque colori principali di bianco, blu, giallo, rosso, e verde. Si manifestano come lo splendore esterno delle cinque luci a causa dell’oscurazione del bagliore interiore delle cinque sfaccettature della coscienza primordiale. Vedi CS 398, BM 327–29, GG 150–53, EV 123–25.

emblema generico (tib. zad pa, scr. kṛtsna, Pāli kasiṇa). rappresentazioni

simboliche dei cinque elementi e di altri fenomeni, che sono utilizzati come oggetti meditativi nella coltivazione della quiescenza (lo śamatha).

emersione, spirito di (tib. nges ’byung gi blo, scr. niḥsaraṇa). L’aspirazione ad emergere dal saṃsāra (la rinuncia) e provare la completa libertà dalla sofferenza e le sua cause nella realizzazione del nirvāṇa. Vedi EV 402-3.

energia karmica (tib. las rlung). Un’energia vitale che attraversa il corpo ed è spinta dal proprio karma precedente. Vedi anche prāṇa.

energia vitale (tib. rlung, scr., prāṇa). Correnti di energie nel corpo, incluse

nella triade di canali, energie vitali, e bindu. Vedi anche energia karmica (tib. las rlung) e mente-energia (tib. rlung sems).

energie vitali, cinque impure saṃsāriche (tib. ma dag pa’i ’khor ba’i rlung lnga). Oscuranti, convergenti, differenzianti, ondeggianti, e trasformanti. Vedi CS 400, VI 554-55, EV 130-31.

Glossario

317


equilibrio meditativo (tib. mnyam bzhag, scr. samāhita). Un piazzamento non distratto, equo, della mente sul suo oggetto per tutto il tempo che uno desidera, che si ottiene con la realizzazione dello śamatha.

esistenza intrinseca (tib. rang bzhin gyis grub pa, scr. svabhāvasiddhi). La qualità dell’esistenza in sé e per sé che è erroneamente proiettata sui fenomeni. Sebbene i fenomeni appaiano come se esistessero in questo modo, indipendentemente dalla mente che li apprende, se qualunque cosa esistesse in questa maniera, sarebbe immutabile e inconoscibile.

esistenza mondana (tib. srid pa, scr. bhava). Il ciclo dell’esistenza in cui uno è

lanciato da una vita all’altra a causa della forza delle afflizioni mentali e del karma. Equivalente al saṃsāra.

esperienza, meditativa (tib. nyams). Esperienze somatiche e/o psicologiche

anomale, transitorie, innescate da un’autentica pratica meditativa. La

risposta normale a queste esperienze è di reificarle, e in tal caso potrebbero diventare problemi cronici. Per consentire che si rilascino da sole, il praticante deve semplicemente essere acutamente presente con esse, senza reificarle o afferrarsi alla loro esistenza intrinseca come “io” o “mio”.

esperienza, visionaria (tib. nyams snang). Le quattro visioni della pratica del

balzo diretto.

essenza vitale (tib. bcud). Il fulcro vitale dei fenomeni come i cinque elementi. essenze vajra (tib. rdo rje’i snying po). Le sillabe Oṃ, Āḥ, e Hūṃ. La “essenza

vajra di chiara luce” è uno dei sette sinonimi della Grande Perfezione. Vedi GG 286.

estinzione della realtà fondamentale (tib. chos nyid zad pa). La quarta e ultima visione sul sentiero del balzo diretto, in cui tutti i fenomeni si dissolvono nello spazio della consapevolezza. Questo corrisponde all’ottenimento della base suprema di un vidyādhara spontaneamente attuato sul sentiero tantrico, che 318

Il Cuore della Grande Perfezione


supera la decima base degli āryabodhisattva, nota come la Nuvola del Dharma. estremi dell’elaborazione concettuale, otto (tib. spros pa’i mtha’ brgyad, scr. aṣṭānta). Le otto affermazioni filosofiche di origine, cessazione, esistenza, non esistenza, venire, andare, diversità, e unità.

eticamente neutrale (tib. lung ma bstan, scr. avyākṛta). Una caratteristica di tutti quei fenomeni che non sono per natura né virtuosi né non virtuosi.

etimologia, contestuale (tib. nges tshig, scr. nirukti). Una definizione data dalle radici semantiche dei termini.

fase transizionale (tib. bar do, scr. antarabhāva). Una qualunque delle sei fasi transizionali del vivere, della meditazione, del sognare, del morire, della natura effettiva della realtà, e del divenire. Vedi anche periodo intermedio.

fase transizionale del divenire (tib. srid pa bar do). Il periodo intermedio simile

al sogno che viene immediatamente dopo la fase transizionale della natura effettiva della realtà, in cui uno sta per prendere la sua prossima rinascita.

fiducia, acquisire (tib. gdeng thob pa). Identificare la consapevolezza, poi far emergere una consapevolezza spaziosa, priva di attività, e praticando quest’ultima ininterrottamente, raggiungere infine la stabilità in sé stesso.

fiducia, quattro (tib. gdeng bzhi, gding bzhi). (1) La fiducia che anche se uno dovesse avere visioni di 3000 buddha, uno non proverebbe la minima

fiducia in loro; (2) la fiducia che anche se uno fosse circondato da centomila māra e assassini, uno non proverebbe la minima paura; (3) la fiducia di non

avere nessuna speranza nella maturazione di causa ed effetto; e (4) la fiducia dell’impavidità riguardo il saṃsāra e gli stati miserabili dell’esistenza. Vedi CS 445, VI 603-4, GG 298, EV 462.

Figlio Supremo Kīla (tib. phur pa sras mchog). Il Vajra giovane, un’emanazione

dell’attività di Vajrakīla il cui corpo superiore ha tre facce e sei armi e il cui corpo inferiore è un kīla, un pugnale rituale a tre lati. Vedi GG 182-83, EV 256. Glossario

319


fili vajra (tib. [rig gdangs] rdo rje lu gu rgyud). Lett. “fili vajra d’agnello”, che

allude alle apparenze di pecore al pascolo, questo si riferisce allo splendore, o apparenza (rig snang), o manifestazione (rig rtsal), della consapevolezza pura. Vedi VI 427-28, EV 427, 433-35.

flemma (tib. bad kan, scr. kapha). Nei sistemi medici tibetani e āyurvedici, il costituente corporeo, o umore, che mantiene l’integrità strutturale e lubrifica.

flessibilità (tib. shin sbyang, scr. praśrabdhi). L’agilità e la vitalità del

corpo e della mente che si coltiva mediante la pratica dello śamatha. Il conseguimento di questa qualità rende la mente ottimamente efficiente per impegnarsi nella coltivazione del bodhicitta relativo e fondamentale. gab (tib. sgab). Un demone che lavora di nascosto. galassia (tib. stong gsum gyi ’jig rten). Lett. “mondi tremila volte”, che

significa mille alla terza potenza, o un miliardo di mondi; ciascuno ha un Monte Meru e i quattro continenti. Si dice che ci siano un numero infinito di questi mondi nella vastità dello spazio.

gaṇacakra (scr., tib. tshogs ’khor). Offerte rituali agli esseri risvegliati. Vedi EV 250-64.

gandharva (scr., tib. dri za). (1) Un essere etereo che si dice viva di profumi. (2) Un “musicista celestiale”. (3) Un essere nel periodo intermedio.

gandharva (scr., tib. dri za). Un essere etereo che a quanto pare si nutre di fragranze. Un “musicista celestiale”. Un essere nel bardo.

gandharva, città di (tib. dri za’i grong khyer, scr. gandharvanagara). Una città

apparente di esseri eterei che compaiono grazie al potere del samādhi in

combinazione con la presenza di un contenitore e di umidità nelle vicinanze. garuḍa (scr., tib. bya khyung, mkha’ lding). I re mitico degli uccelli, come una grande aquila. 320

Il Cuore della Grande Perfezione


Ghanavyūha (scr. tib. stug po bkod pa). Lett. “Manifestazione compatto”, questo

è il campo di buddha di Vairocana nella direzione centrale. Vedi EV 192.

giovane vaso kāya (tib. gzhon nu bum pa’i sku, scr. kumārakalaśakāya). Questo è un termine specifico della tradizione della Grande Perfezione, e si riferisce allo stato dell’illuminazione. È come un “vaso” poiché, come l’unico bindu, esso racchiude tutto il saṃsāra and nirvāṇa, e trascende i

tre tempi. È chiamato “giovane” poiché non è soggetto alla vecchiaia e alla degenerazione, ed è chiamato un “kāya” poiché è l’aggregato di tutto

il corpo, parola, mente, qualità, e attività inesauribili e illuminate, di tutti i buddha. Le sue sei caratteristiche sono le seguenti: (1) è superiore alla

base, (2) appare come la propria natura essenziale, (3) è discernente, (4) liberato nell’attività, (5) non emerge da nessun’altra cosa, e (6) dimora nella

propria base. Vedi CS 396, 446; GG 148-49; EV 351. Alternativamente, secondo il dizionario Bod rgya tshig mdzod chen mo (p. 2432), questo si

riferisce alla consapevolezza di Samantabhadra, che è della natura oceanica

dei kāya e delle sfaccettature della coscienza primordiale, con sei qualità:

(1) la coscienza esternamente luminosa è ritirata in sé stessa, e il grande, internamente luminoso, spazio assoluto originario della consapevolezza

della base appare a sé stesso; (2) trascende la base; (3) differenzia; (4) è liberato verso l’alto; (5) non sorge da nient’altro; e (6) dimora nel suo posto.

godimenti, sette (tib. nyer spyod bdun). Le sette offerte di acqua per bere, acqua per lavare i piedi, fiori, incenso, luce, profumo, e cibo.

graha (scr., tib. gdon). Un essere demoniaco malvagio che tormenta un individuo vita dopo vita.

Grande Perfezione (tib. rdzogs pa chen po, scr. mahāsaṇdhi). Lo Dzogchen,

o atiyoga, il culmine dei nove veicoli trasmessi dalla scuola Nyingma. Lo spazio assoluto di chiara luce dei fenomeni, senza centro o periferia, da cui

tutti i fenomeni del saṃsāra e del nirvāṇa spontaneamente sorgono come manifestazioni creativi.

Glossario

321


guardiano (tib. mgon po, scr. nātha). Un potente protettore, che potrebbe essere un essere senziente.

guardiano degli insegnamenti (tib. bka’ srung). Un guardiano generale del Buddhadharma.

guardiano dei resti (tib. lhag skyong). Un essere a cui sono offerti i resti del gaṇacakra.

guardiano, della direzione (tib. phyogs skyong, scr. dikpāla). Un potente essere che protegge una delle dieci direzioni.

guru (scr., tib. bla ma). Un maestro spirituale o mentore che conduce un individuo allo stato di liberazione e risveglio spirituale.

guru vajra (scr., tib. rdo rje’i bla ma). Una guida spirituale che è qualificata a guidare un praticante nelle pratiche del Vajrayāna. gyuk (tib. rgyug). Uno spirito di un villaggio. hāriṇī (scr., tib. ’phrog ma). Un essere demoniaco malvagio che ruba le raccolte di merito e conoscenza di un individuo.

Hīnayāna (scr., tib. theg pa dman pa). Lett. “il veicolo inferiore” della teoria

e pratica buddhista, indirizzata alla propria liberazione individuale. Questo include lo Śrāvakayāna e il Pratyekabuddhayāna.

identità dei fenomeni (tib. chos kyi bdag, scr. dharmātmya). Una identità intrinsecamente esistente di un fenomeno diverso dal sé, che in effetti non esiste ma che è stabilita (afferrata) come reale dalla mente illusa.

identità, personale (tib. gang zag gi bdag, scr. pudgalātmya). Un sé intrinsecamente esistente, che in effetti non esiste ma che è stabilito (afferrato) come reale dalla mente illusa.

illuminazione (tib. byang chub, scr. bodhi). Risveglio spirituale. 322

Il Cuore della Grande Perfezione


illusione (tib. ’khrul pa, gti mug, scr. bhrānti, moha). Principalmente l’illusione

di reificare sé stessi e gli altri fenomeni, che funge da radice di tutte le altre afflizioni mentali.

impeto karmico (tib. las ’phro). Il riporto in questa vita del proprio karma di vite precedenti.

impronta karmica (tib. bag chags, scr. vāsanā). La potenzialità serbata nella

coscienza substrato dalle proprie azioni e intenzioni passate che matureranno

come un’esperienza quando si incontreranno condizioni adatte. Vedi anche propensioni, abituali.

incommensurabili, quattro (tib. tshad med bzhi, scr. caturapramāṇa). La gentilezza amorevole, la compassione, la gioia empatica, e l’equanimità.

ingressi di attuazione spontanea, otto (tib. lhun grub sgo brgyad). Gli ingressi

della compassione, le luci, i kāya, le sfaccettature di coscienza primordiale, la non dualità, la libertà dagli estremi, l’impurità del saṃsāra, e la purezza del nirvāṇa. Vedi GG 253-54.

insita (tib. gnyug ma, scr. nija). Ciò che è naturalmente rimasto in ciascuno

di noi proprio dall’inizio (senza inizio), e che dimora continuamente. Può anche essere tradotto come “fondamentale” o “innato”.

introspezione (tib. shes bzhin, scr. saṃprajanya). La facoltà mentale con cui uno monitora come il proprio corpo, parola, e mente stanno funzionando. Questo è cruciale per ogni forma di pratica spirituale, compresa la meditazione, e nella

pratica dello śamatha in particolare questo si riferisce al monitorare il flusso

dell’attenzione, l’essere in guardia per la comparsa di torpore mentale ed eccitazione. istruzione, essenziale (tib. man ngag, scr. upadeśa). Un’istruzione pratica potente e succinta, che proviene dall’esperienza del guru e del lignaggio.

istruzione, indicante (tib. mdzub khrid, ngo sprod pa). Un’introduzione alla natura della mente.

Glossario

323


istruzione, pratica (tib. gdams ngag, scr. avavāda). Lett. “istruzione orale”, una guida quintessenziale nella pratica spirituale, che sintetizza gli

insegnamenti dei buddha in pratiche specifiche per individui specifici, secondo i loro bisogni.

jina (scr., tib. rgyal ba). Lett. “uno vittorioso” che ha conquistato le oscurazioni afflittive e cognitive; un epiteto di un buddha.

jinaputra (scr., tib. rgyal ba’i sras). Lett. ”figlio dei vittoriosi”, un epiteto di un bodhisattva.

jñānasattva (scr., tib. ye shes sems dpa’). Un “essere coscienza primordiale”, che uno invita e con cui uno si fonde inseparabilmente nella pratica dello stadio di generazione. Vedi EV 149.

karma (scr., tib. las). Azioni macchiate da afflizioni mentali, specialmente dall’illusione dell’afferrarsi al sé.

Karmaprasiddhi (scr., tib. las rab rdzogs pa). Lett. “Perfezione di Azioni

Eccellenti”, questo è il campo di buddha di Amoghasiddhi nella direzione settentrionale.

karttṛkā (scr., tib. gri gug). Un coltello incurvato, ad uncino, utilizzato per scorticare le pelli di animali.

katica (scr.). Una specie di uccello. kāya (scr., tib. sku). Un aggregato di sfaccettature spontaneamente attuate di coscienza primordiale e qualità dell’illuminazione, designato come un corpo composto.

kāya, cinque (tib. sku lnga, scr. pañcakāya). Il dharmakāya, saṃbhogakāya, nirmāṇakāya, svabhāvikakāya, e il vajrakāya, che sono naturalmente presenti nel sugatagarbha basilare.

khaṭvāṅga (scr., tib. kha twam ga). Un bastone rituale che è comunemente 324

Il Cuore della Grande Perfezione


sormontato da tre teschi di diversa freschezza. kīla (scr., tib. phur ba). Un pugnale rituale a tre spigoli che può essere usato

come oggetto di devozioni, come prostrazioni, offerte, e circumambulazioni. kiṃnara (scr., tib. mi’am ci). Lett. “uomo o cosa?”, una chimera uccello umano. Una delle otto classi di dèi e demoni arroganti.

kritipa (scr.). Una specie di uccello che ha la forma di un vajra d’oro. Kriyāyāna (scr., tib. kri ya’i theg pa). Il veicolo spirituale dei “tantra dell’azione” che si pratica non confondendo il proprio comportamento puro del Vajrayāna con un comportamento impuro, ordinario.

kṣamāpati (scr., tib. sa bdag). Uno spirito terreno, la cu natura effettiva è quella delle illusioni prodotte dalle cause e condizioni dell’ignoranza. kṣatriya (scr., tib. rgyal rigs). Un membro della casta Vedica reale. kumbhāṇḍa (scr., tib. grul bum). Un tipo di yakṣa. lalanā (scr., tib. rkyang ma). Il canale sinistro tra i tre canali principali che scorrono verticalmente attraverso il torso fino alla testa.

lampada citta della carne (tib. tsitta sha’i sgron ma). La “lampada” localizzata

al cuore e inclusa tra le sei lampade discusse negli insegnamenti sul balzo diretto. Vedi CS 423, VI 590-91, EV 424.

lampada della carne, citta (tib. tsitta sha’i sgron ma). La “lampada citta carnosa” localizzata al cuore. Vedi CS 423, EV 424.

lampada della saggezza autoemergente (tib. shes rab rang byung gi sgron ma). La propria consapevolezza, il sugatagarbha, che assiste le manifestazioni della coscienza primordiale. Vedi CS 426-28, EV 427-28, VI 591.

lampada dello spazio puro di consapevolezza (tib. dbyings rnam par dag pa’i sgron ma). La vastità pura dell’unico bindu dentro la lampada citta della Glossario

325


carne, che è lo spazio della consapevolezza, in cui appaiono i bindu e i fili vajra. CS 424-26, VI 591, EV 425-27.

lampada di bindu vuoti (tib. thig le stong pa’i sgron ma). L’apparenza delle cinque quintessenze nelle sfere luminose o bindu. Vedi CS 426-27, EV 427, VI 591.

lampada, laccio distante fluida (tib. rgyang zhags chu’i sgron ma). Nella terminologia del balzo diretto, questa è la lampada degli occhi, che sono

fluidi e sono in grado di catturare oggetti distanti, come se fossero stati presi con un laccio. Questa lampada è come il fiore di un albero la cui radice

è la lampada citta della carne e il cui tronco è il canale cavo kati di cristallo. Il termine lampada laccio distante fluida viene dato collettivamente a tutte e

tre, che sono conosciute come le tre lampade del contenitore. Vedi CS 423-24, EV 424-25.

lampade, sei (tib. sgron me drug). Gli insegnamenti sul balzo diretto descrivono

sei “lampade” metaforiche la cui natura è la luminosità: le tre lampade del contenitore (la lampada citta della carne, il canale cavo kati di cristallo, e la

lampada laccio fluida) e le tre lampade dell’essenza vitale (la lampada dello spazio puro della consapevolezza, la lampada di bindu vuoti, e la lampada della saggezza autoemergente). Vedi CS 423-28, VI 591, EV 424-28.

liberazione naturale (tib. rang grol). Lett. “auto-liberazione” oppure “auto-

rilascio”, questo potrebbe anche essere tradotto come “si rilascia da solo” oppure “rilascio naturale”. Quando non ci si afferra a nulla, i pensieri e

le afflizioni sono naturalmente liberate senza alcun bisogno di antidoti, interventi, o forze esterne. Vedi GG 294.

liberazione nella vastità (tib. klong grol). Uno stato naturale di liberazione in cui la comparsa di apparenze diventa simultanea con il loro rilascio, come fulmini che appaiono e svaniscono nel cielo. Vedi EV 41.

liberazione, pratica della (tib. bsgral las). L’attività irata di uccidere un essere e di trasportare quell’essere verso uno stato superiore di esistenza. 326

Il Cuore della Grande Perfezione


libertà dall’elaborazione concettuale (tib. spros pa dang bral ba). Il secondo dei quattro stadi della meditazione mahāmudrā.

libertà, otto (tib. rnam thar brgyad, scr. aṣtạ uvimokṣa). (1) Non vedere ciò che ha forma come forma, (2) riconoscere l’assenza della forma interiore e non vedere

forme esterne, (3) non vedere la base sensoriale dello spazio infinito, (4) non vedere

la base sensoriale della coscienza infinita, (5) non vedere la base sensoriale del nulla, (6) non vedere la base sensoriale né del discernimento né del non discernimento, (7) non vedere la piacevolezza della dispersione delle oscurazioni, e (8) non vedere la cessazione di discernimenti e sensazioni.

lignaggio dei Buddha, Visione Illuminata (tib. rgyal ba dgongs pa’i brgyud). Il

termine dgongs pa è la forma onorifica di bsam pa, che significa “pensiero” o “intenzione”. Tuttavia, secondo Gangteng Tulku Rinpoché, nel contesto di

questi insegnamenti è la forma onorifica di lta ba, che significa “prospettiva” o “visione”. Il lignaggio è così designato perché la visione illuminata di tutti i buddha dei tre tempi è di un unico sapore nello spazio assoluto dei fenomeni. Vedi EV 2, GG 279.

Lignaggio dei Vidyādhara, Simbolico (tib. rig ’dzin brda yi brgyud). Il lignaggio

della Grande Perfezione, tale per cui i segni simbolici della realtà fondamentale, il tesoro dello spazio, sono spontaneamente rilasciati, senza affidarsi alle fasi dell’addestramento e della pratica spirituali. Vedi EV 2, GG 279.

lignaggio di Individui Ordinari, Uditivo (tib. gang zag snyan khung gi brgyud pa). Il

lignaggio in cui le istruzioni pratiche sorgono naturalmente in trasmissioni verbali

come un ingresso ai sentieri dei discepoli, come riempire un vaso. Vedi EV 2, GG 280. luminosità (tib. gsal ba, scr. prabhāsvara). La naturale chiarezza della consapevolezza che rende manifeste tutte le apparenze.

Madhyamaka (scr., tib. dbu ma). La Via di Mezzo, la più elevata delle due

scuole filosofiche Mahāyāna nel sistema sūtra, specialmente associata agli

scritti del maestro indiano del II secolo Nāgārjuna. Nel Buddhismo tibetano, Glossario

327


la visione della Via di Mezzo è a sua volta compresa secondo due tradizioni

di interpretazione: la Svātantrika (tib. rang rgyud pa), che espone l’efficacia

di una linea autonoma di ragionamento per dimostrare che i fenomeni non sono veramente esistenti, e la Prāsaṅgika (tib. thal’gyur ba), la quale afferma che l’unica tipologia di argomentazione che può infondere un’autentica

comprensione della vacuità è una che conduce ad una conseguenza assurda, o un tipo di reductio ad absurdum.

Mādhyamika (scr., tib. dbu ma pa). Un seguace della scuola del Madhyamaka. mahāmudrā (scr., tib. phyag rgya chen po). Il “grande sigillo”, che è un sinonimo per la vacuità, lo spazio assoluto dei fenomeni.

Mahāmudrā (scr., tib. phyag rgya chen po). Il “Grande Sigillo”, che è un sinonimo per la vacuità, lo spazio assoluto dei fenomeni. Si riferisce anche

ad un sistema di pratica designato per condurre alla realizzazione della vacuità con la mente molto sottile di chiara luce.

mahāsiddha (scr., tib. sgrub chen). Un “grande esperto” che ha raggiunto abilità e realizzazioni mondane e ultraterrene.

Mahāyāna (scr., tib. theg pa chen po). Il “Grande Veicolo”, mediante il quale

uno procede verso lo stato dell’illuminazione perfetta di un buddha per liberare tutti gli esseri senzienti.

Mahāyogayāna (scr., tib. ma hā yo ga’i theg pa). Il veicolo spirituale del “Grande Yoga”, che viene perfezionato realizzando la realtà non duale della divinità e delle proprie apparenze.

maṇḍala (scr., tib. dkyil ’khor). (1) Una rappresentazione simbolica del mondo, che è ritualmente offerta. (2) Un mondo segreto e sacro, in cui la

principale figura divina emana e ritira mondi perfetti che consistono in esseri puri e i distinti ambienti in cui dimorano. (3) Una rappresentazione di una simile dimora pura di una divinità illuminata. 328

Il Cuore della Grande Perfezione


mantra (scr., tib. sngags). Sillabe sanscrite, parole, oppure una serie di parole dotate di uno speciale significato simbolico o benedizioni spirituali.

mantra segreto Vajrayāna (tib. gsang sngags rdo rje’i theg pa). Gli insegnamenti

tantrici, esoterici.

māra (scr., tib. bdud). Una forza demoniaca che si manifesta come l’afferrarsi che implica speranze e paure.

matraṃ (scr.). La designazione del matricidio per il rūdra (di concetti del sé) poiché divora (oscura) sua madre (il sugatagarbha). Vedi CS 403, GG 276.

mātṛkā (scr., tib. ma mo). Un essere che assume ogni genere di forme e che è una personificazione di attaccamenti disturbanti.

matta (scr., tib. dregs pa). Uno spirito appartenente ad una classe ottuplice di dèi e demoni arroganti.

mente (tib. sems, scr. citta). Nei testi qui discussi, questo solitamente si

riferisce alla consapevolezza dualistica che si aggrappa alle apparenze, osserva concettualmente i suoi processi, e stimola piacere e dolore attraverso montature intellettuali e l’accettazione e il rifiuto di virtù e vizio.

mente-energia (tib. rlung sems). Un termine basato sull’idea comune a molte presentazioni del Vajrayāna e della Grande Perfezione, ovverosia che le

energie sottili e molto sottili vadano di pari passo con la coscienza (rlung

sems ’jug pa gcig pa), o che entrambe siano della stessa natura essenziale, compresa da differenti punti di vista (ngo bo gcig ldog pa tha dad). La coppia di energie e mente è frequentemente denominata con un singolo termine

composto. In generale questo si riferisce alle energie karmiche e alla mente condizionata, ma siccome a volte ci sono dei riferimenti nei testi Dzogchen ad una mente-energia purificate, o nei testi del tantra yoga insorpassato alla

mente-energia insita e molto sottile associata alla chiara luce, sembra che lo stesso termine possa anche riferirsi alle energie della coscienza primordiale. Glossario

329


mente, natura fondamentale della (tib. sems nyid, scr. cittatā). La

consapevolezza pura, il sugatagarbha. Inoltre la natura vuota della mente, o la sua assenza di identità intrinseca.

mente, natura fondamentale della (tib. sems nyid, scr. cittatā). Consapevolezza pura, il sugatagarbha.

merito (tib. bsod nams, scr. puṇya). Il potenziale karmico generato attraverso l’esecuzione di azioni positive con una motivazione virtuosa.

modalità di esistenza (tib. gnas tshul). Come le cose sono effettivamente, in contrasto con la loro modalità di apparenza (tib. snang tshul).

modificazioni, tre (tib. bcos pa rnam gsum). La modifica del proprio corpo, parola, e mente.

mudrā (scr., tib. phyag rgya). Un sigillo o impronta, come il segno distintivo di un governatore su un decreto. Un gesto che simboleggia qualche forma di attività illuminata. Nel tantra, la consorte femminile di una divinità maschile.

nāda (scr.). L’aspetto più sottile del suono, rappresentato dalla linea incurvata sopra sillabe tibetane e sanscrite come Hūṃ e Oṃ.

nāga (scr., tib. klu). Una creatura simile ad un serpente la cui natura effettiva

è quella delle illusioni prodotte da cause e condizioni dell’ignoranza. Tali esseri possono essere messi al servizio del Dharma.

nāga, otto grandi (tib. klu chen po brgyad). Ananta, Takṣaka, Atibala, Kulika, Vāsuki, Śaṅkhapāla, Padma, e Varuṇa.

natura (tib. rang bzhin, scr. prakṛti). La qualità o caratteristica di qualche fenomeno, come la mente, la cui natura è luminosità.

natura dell’esistenza (tib. gnas lugs, scr. tathātva). La modalità fondamentale

dell’esistenza di tutti i fenomeni, che è la vacuità. Questo spesso è contrapposto al modo in cui le cose appaiono (tib. snang lugs). 330

Il Cuore della Grande Perfezione


natura di buddha (tib. sangs rgyas kyis rigs, scr. buddhadhātu). La natura essenziale, primordialmente pura, della mente, equivalente alla consapevolezza pura, che non è altro che il dharmakāya, ma la quale può essere provvisoriamente considerata come la propria capacità di raggiungere il risveglio spirituale.

natura, essenziale (tib. ngo bo, scr. svabhāva). La natura fondamentale di un

fenomeno, come nel caso della consapevolezza che è la natura essenziale

della mente. Questo può anche riferirsi alla vacuità, come la natura essenziale ultima di ogni fenomeno, come la mente.

nature, cinque essenziali (tib. ngo bo lnga). Le cinque sfaccettature della coscienza primordiale.

nichilismo (tib. med par lta ba). Una dottrina che nega la possibilità di una conoscenza, significato, valori, o moralità oggettivi.

nirmāṇakāya (scr., tib. sprul pa’i sku). Una “incarnazione di emanazione” del

sugatagarbha che potrebbe apparire dovunque nell’universo per beneficiare

esseri senzienti, di quattro tipi: nirmāṇakāya essere-vivente, maestro, creato, e materiale.

nirvāṇa (scr., tib. mya ngan las ’das pa). Liberazione spirituale, in cui uno è per sempre libero dall’illusione e da tutte le altre afflizioni mentali, che sono ciò che dà origine alla sofferenza.

nyen (tib. gnyan). Una sottoclasse di kṣamāpati. Si pensa che questi esseri danneggino le persone che creano disturbi nella terra o in specchi d’acqua o che tagliano alberi. I nāga sono una sottoclasse di nyen.

obiettivi, due (tib. don gnyis). Gli obiettivi per sé stesso e gli obiettivi per gli altri. occasioni, quattro (tib. dus bzhi). Prima dell’alba, prima mattina, mezzogiorno, e crepuscolo.

offerte, tre bianche (tib. dkar gsum). Latte, cagliata, e burro. Glossario

331


offerte, tre dolci (tib. mngar gsum). Zucchero bianco, melassa, e miele. origine dipendente (tib. rten cing ’brel bar ’byung ba, scr. pratītyasamutpāda). La comparsa di tutti i fenomeni in base a cause e condizioni.

oscurazione, afflittiva (tib. nyon mongs pa’i sgrib pa, scr. kleśāvaraṇa). Le oscurazioni grossolane che consistono nelle afflizioni mentali manifeste e nei

loro semi, che sono abbandonate sul sentiero della meditazione, dopo il sentiero in cui si vede direttamente la natura della realtà (sentiero del vedere).

oscurazione, cognitiva (tib. shes bya’i sgrib pa, scr. jñeyāvaraṇa). Le sottili

oscurazioni mentali che impediscono la realizzazione dell’onniscienza, comprese le propensioni abituali per cui i fenomeni appaiono come se avessero un’esistenza intrinseca.

oscurazioni, due (tib. sgrib pa gnyis, scr. āvaraṇa dvitidhaḥ). Le oscurazioni

afflittive e cognitive, che impediscono all’individuo di vedere la natura della realtà e di raggiungere l’onniscienza di un buddha, rispettivamente.

ottenimento, successivo (tib. rjes thob, scr. pṛṣṭhalabdha). La post-meditazione, o il periodo successivo alla meditazione formale.

otto grandi campi di cremazione (tib. dur khrod chen po brgyad, scr.

aṣṭamahāśmaśāna). Il più Feroce (tib. Gtum drag, scr. Caṇḍogrā), Denso

Boschetto (tib. Tshang tshing ’khrigs pa, scr., Gahvara), Vajra Ardente (tib.

Rdo rje bar ba, scr. Vajrajvala), Dotato di Scheletri (tib. Keng rus can, scr. Karaṇkin), Boschetto Fresco (tib. Bsil ba’i tshal, scr. Śītavana), Oscurità

Nera (tib. Mun pa nag po, scr. Ghorāndhakāra), Che Risuona con “Kilikili” (tib. Ki li ki lir sgra sgrog pa, scr. Kilikilārava), e Urla Selvagge di “Ha-ha” (tib. Ha ha rgod pa, scr. Aṭṭahāsa).

otto grandi pianeti (tib. gza’ chen po brgyad). Venere, Giove, la Luna, Mercurio,

Marte, Rāhula, il Sole, e Saturno.

otto preoccupazioni mondane (tib. ’jig rten chos brgyad). Guadagno e perdita 332

Il Cuore della Grande Perfezione


materiale, piacere e dolore, elogio e scherno, e reputazioni buone e cattive. pacificazione della sofferenza (tib. sdug bsngal zhi byed). Un sistema di pratica introdotto in Tibet nel XII secolo dal bodhisattva indiano Padampa Sangyé.

palazzo, incommensurabile (celestiale) (tib. gzhal yas khang, scr. vimāna). La “dimora concettualmente incommensurabile” di una divinità.

parinirvāṇa (scr., tib. yongs su myang ngan las ’das pa). L’illuminazione completa di un buddha, che si manifesta esteriormente come la morte.

pārthiva (scr., tib. rgyal po). Una forza demoniaca o essere che emerge dagli

aggregati di afferrarsi a “io” e consiste in fattori mentali concettuali che reificano le apparenze, il quale sorge come un’apparizione dell’ignoranza.

pensieri (tib. rnam rtog, scr. vikalpa). Nella gran parte dei contesti, questo si riferisce ai pensieri dualistici ordinari riguardanti gli oggetti del saṃsāra.

pensieri, digressivi (anche “compulsivi”) (tib. rnam rtog, scr. vikalpa). Pensieri dualistici ordinari che riguardano gli oggetti del saṃsāra.

percezione diretta della realtà fondamentale (tib. chos nyid mngon sum gyi

snang ba, scr. pratyakśa). La prima di quattro visioni che sorgono nella pratica del balzo diretto, in cui uno vede direttamente la natura dell’esistenza della

talità, o realtà fondamentale (dharmatā). Questa realizzazione corrisponde all’ottenimento del primo stadio degli āryabodhisattva, e ha come risultato la fiducia di non tornare mai più nel saṃsāra.

percezione, extrasensoriale (tib. mngon par shes pa, scr. abhijñā). Modalità

elevate di percezione che sono sviluppate mediante le pratiche di śamatha e vipaśyanā. Cinque tipologie di tale percezione sono comunemente elencate

nei testi buddhisti: (1) la percezione extrasensoriale grazie alla quale le

abilità paranormali sono messe in atto, (2) chiaroveggenza (visione remota), (3) chiarudienza, (4) ricordo di vite passate, e (5) consapevolezza delle menti degli altri.

Glossario

333


perfezioni del sambhogakāya, cinque (tib. phun sum tshogs pa lnga). Il tempo, il

luogo, il maestro, il seguito, e il Dharma, o insegnamento, perfetti. Chiamato anche cinque circostanze, eccellenze, o certezze pienamente dotate.

perfezioni, dieci (tib. pha rol tu phyin pa bcu, scr. daśapāramitā). Le sei perfezioni più i metodi abili (tib. thabs, scr. upāya), le preghiere di aspirazione

(tib. smon lam, scr. praṇidhāna), il potere (tib. stobs, scr. bala), e la coscienza primordiale (tib. ye shes, scr. jñāna).

perfezioni, sei (tib. pha rol tu phyin pa drug, scr. saṭpāramitā). Le pratiche principali di un bodhisattva, dotate di bodhicitta: generosità, disciplina etica, pazienza, entusiasmo, meditazione, e saggezza.

periodo intermedio (tib. bar do, scr. antarabhāva). L’intervallo tra la morte

e la propria rinascita successiva, che include due delle sei fasi transizionali, ovvero la fase transizionale della natura effettiva della realtà e la fase transizionale del divenire.

phowa (tib. ’pho ba, scr. saṃkrānti). Vedi trasferimento. piśācī (scr., tib. phra men, sha za). Una delle otto divinità protettrici che mangiano la carne con la testa di un uccello e il corpo di una donna oppure

con la testa di un animale carnivoro e il corpo di un uomo. Vedi GG 187, EV 261.

porte di liberazione, tre (tib. rnam thar sgo gsum, scr. vimokṣamukha). Vacuità, assenza di segni, e assenza di desiderio.

posizione filosofica (tib. spros pa’i mtha’). Costrutti concettuali, come quelli dell’esistenza e della non esistenza, che sono conosciuti per via dell’afferrarsi dualistico.

potenze, otto (tib. nus pa). Pesante, oleosa, blanda, tagliente, leggera, ruvida,

calda, e fresca. 334

Il Cuore della Grande Perfezione


potenziamenti, quattro (tib. dbang bzhi, scr. caturabhiṣeka). (1) Il

potenziamento del vaso, o dell’acqua, (2) il potenziamento segreto, o della

corona, (3) il potenziamento della saggezza-coscienza primordiale, o del vajra, e (4) il potenziamento della parola, o della campana. Per prendere i quattro potenziamenti, visualizza che (1) da una Oṃ bianca in cima alla testa del

tuo guru, raggi di luce bianca scendono fino al punto tra le tue sopracciglia, purificando le oscurazioni fisiche con il potenziamento del vaso; (2) da una

Āḥ rossa alla gola del tuo guru, raggi di luce rossa scendono fino alla tua gola, purificando le oscurazioni verbali con il potenziamento segreto; (3) da una Hūṃ blu scura al cuore del tuo guru, raggi di luce blu scuri scendono al tuo cuore, purificando le oscurazioni mentali con il potenziamento della

saggezza-coscienza primordiale; e (4) da una Hrīḥ rossa all’ombelico del tuo

guru, raggi di luce rossa scendono al tuo ombelico, purificando l’oscurazione

dell’afferrarsi alle tre porte come differenti con il quarto potenziamento, o potenziamento della parola. Vedi anche Padmasambhava, La liberazione

spontanea – Insegnamenti sui sei bardo, commentario di Gyatrul Rinpoche, trad. di Patrizia Baldieri (Firenze: Le Lettere, 2019), 89-91. Vedi GG 25557, 271; EV 248-9.

potere miracoloso (tib. rdzu ’phrul, scr. ṛddhi). Una manifestazione miracoloso

compiuto per il bene degli altri da uno che ha ottenuto un potere simile attraverso la meditazione.

potere miracoloso, quattro basi del (tib. rdzu ’phrul gyi rkang pa bzhi, scr.

catvāro ṛddhipādāḥ). I samādhi dell’aspirazione (tib. ’dun pa), dell’entusiasmo (tib. brtson ’grus), dell’intenzione (tib. sems pa), e dell’analisi (tib. dpyod pa).

prāṇa (scr., tib. rlung). Energia vitale, conosciuta come “venti” o correnti di energia nel corpo. Vedi anche energia karmica (tib. las rlung) e vāyu.

pratyekabuddha (scr., tib. rang sangs rgyas). Lett. “buddha solitario”, una persona che si impegna per la sua liberazione individuale mediante la pratica solitaria. Glossario

335


presenza mentale (tib. dran pa, scr. smṛti). La facoltà mentale di prestare

attenzione continuamente, senza dimenticarlo, ad un oggetto con cui uno ha già familiarità.

presenza mentale, autoilluminante (tib. rang gsal gyi dran pa). Una volta che

la presenza mentale grossolana si è ritirata, riposarsi in un vuoto luminoso, o la coscienza substrato.

presenza mentale, esclusiva (tib. rtse gcig gi dran pa). La presenza mentale

vivida generata dall’unificazione della quiete e del movimento della mente; questa si chiama vipaśyanā.

presenza mentale, irretita (tib. ’jur bu’i dran pa). Lo stato di mantenere la

presenza mentale della manifestazione vivida e stabile dei pensieri senza rispondere ad essi con speranza, paura, gioia o dolore.

presenza mentale, manifesta (tib. mngon du gyur pa’i dran pa). Il potere naturale della presenza mentale che avviene senza osservare strenuamente la quiete e il movimento della mente.

presenza mentale, naturalmente stabilizzata (tib. rang babs kyi dran pa). Lo stato di consapevolezza in cui la coscienza consapevolmente giunge

a riposarsi nel suo stato; aggrappandosi poco alle esperienze, la mente si stabilisce nel suo stato naturale, senza modifiche.

presenza mentale, quattro tipologie di (tib. dran pa rnam pa bzhi). Presenza mentale esclusiva, presenza mentale manifesta, l’assenza di presenza

mentale del substrato, e la presenza mentale autoilluminante della coscienza substrato. Vedi CS 354, VI 522-23, EV 40-42.

preta (scr., tib. yi dvags). Uno spirito la cui esistenza è dominata da una fame, una sete, e una brama insaziabili.

processo mentale (tib. sems byung, scr. caitta). Un evento mentale che sorge in combinazione con la coscienza, per mezzo di cui uno si impegna in vari 336

Il Cuore della Grande Perfezione


modi con gli oggetti di conoscenza. progresso nell’esperienza meditativa (tib. nyams snang gong ’phel ba). La

seconda delle quattro fasi sul sentiero del balzo diretto, in cui tutte le apparenze durante e dopo la meditazione si trasformano le manifestazioni

di luce e bindu arcobaleno con una chiarezza che migliora sempre, finché infine tutte le apparenze ordinarie scompaiono e si dissolvono le manifestazioni continui, onnipresenti, di visioni di luce. Questa fase

corrisponde all’ottenimento del quinto stadio degli āryabodhisattva, noto come Difficile da Coltivare.

promesse vajra, quattro (tib. dam bca’ bzhi). È certo che (1) un individuo senza

le necessarie propensioni karmiche non può realizzare il sugatagarbha, (2)

un individuo che lo realizza non può non ottenere fiducia, (3) un individuo

che ottiene fiducia non può non diventare liberato, e (4) un individuo che è

liberato non può non diventare illuminato. Vedi BM 337, GG 221, EV 189. propensioni, abituali (tib. bag chags, scr. vāsanā). Impronte mentali accumulate

come risultato di esperienze o azioni precedenti, le quali influenzano eventi e comportamenti successivi.

protettore, mondano (tib. ’jig rten skyong, scr. lokapāla). Esseri non illuminati che sono legati da un giuramento, solitamente fatto a Padmasambhava o un altro praticante realizzato, di proteggere il Dharma.

qualità dell’acqua, otto (tib. chu’i yon tan brgyad, yan lag brgyad). Fresca, dolce, lenitiva, leggera, chiara, pura, non dannosa per la gola, e di beneficio per lo stomaco. quintessenza (tib. dvangs ma). L’essenza pura di un fenomeno, rispetto alla

sua porzione impura, derivata, residua, o dregs (tib. snyigs ma, scr. kaṣāya). Vedi EV 424-5

quintessenze, cinque (tib. dvangs ma lnga). Le quintessenze delle cinque sfaccettature della coscienza primordiale.

Glossario

337


Radici, Tre (tib. rtsa ba gsum). Gli oggetti interni del rifugio, che sono il

guru, la radice delle benedizioni; la propria divinità personale (tib. yi dam, scr. iṣṭadevatā), la radice dei siddhi; e le ḍākinī o i dharmapāla, le radici delle attività illuminate.

raggiungere la consapevolezza perfetta (tib. rig pa tshad phebs). Il terzo dei quattro stadi sul sentiero del balzo diretto, in cui l’intero universo appare

totalmente pervaso da luce arcobaleno e fuoco ardente, e ogni cosa appare

come bindu in cui le cinque famiglie di divinità pacifiche e irate maschili e femminili appaiono in unione. Questo stadio di manifestazione spontanea

corrisponde all’ottenimento dell’ottavo stadio degli āryabodhisattva, conosciuto come Immobile.

rākṣasa (scr., tib. srin po). Un’emanazione irata di buoni pensieri indotti dall’afferrarsi al sé.

rakta (scr.). L’elemento del sangue, che simboleggia la saggezza della grande vacuità.

rasanā (scr., tib. ro ma). Il canale destro tra i tre canali principali che scorrono verticalmente attraverso il torso e fino alla testa.

realizzazione (tib. rtogs pa). Intuizione diretta in qualche aspetto fondamentale

della realtà. Nel contesto della Grande Perfezione, questo si riferisce alla

conoscenza esatta e sottile di come tutti i fenomeni apparenti siano non oggettivi e vuoti dal lato loro, culminando nella conoscenza decisiva dell’unico

sapore della grande vacuità – il fatto che tutto il saṃsāra e il nirvāṇa sorge naturalmente dalla vastità della base e non è stabilito come nessun’altra cosa.

realtà fondamentale (tib. chos nyid, scr. dharmatā). La natura essenziale, fondamentale, di tutti i fenomeni, che è la vacuità.

regni, esseri senzienti dei sei (tib. ’gro drug). Questo solitamente si riferisce ad esseri nati in uno dei sei domini del regno del desiderio, che siano quelli 338

Il Cuore della Grande Perfezione


degli dèi, gli asura, gli esseri umani, gli animali, i preta, o gli esseri infernali. regni, tre (tib. khams gsum, scr. trīdhātu). I regni del desiderio, della forma, e

del senza forma.

regno del desiderio (tib. ’dod khams, scr. kāmadhātu). Il livello di esistenza che

include gli esseri infernali, i preta, gli animali, gli esseri umani, i semidei

(o asura), e gli dèi (o deva) che appartengono al regno dell’esistenza ciclica. regno del senza forma (tib. gzugs med khams, scr. arūpyadhātu). Una

dimensione del saṃsāra in cui gli esseri dimorano in uno qualsiasi degli

assorbimenti senza forma (scr. samāpatti) fino al vertice dell’esistenza

mondana. Dotati di corpi mentali trasparenti, privi di forma grossolana, sono liberi da attaccamenti per i regni del desiderio e della forma, ma tuttavia si aggrappano al regno del senza forma.

regno della forma (tib. gzugs khams, scr. rūpadhātu). Una dimensione del

saṃsāra in cui gli esseri dotati di corpi luminosi dimorano in uno qualunque dei quattro dhyāna, liberi da attaccamenti per il regno del desiderio ma ancora inclini all’attaccamento al regno della forma.

reificazione (tib. bden ’dzin, scr. satyagrāha). Afferrarsi all’idea dell’esistenza intrinseca, apprendere falsamente qualunque fenomeno come se esistesse per sua natura, dal suo lato, indipendente dalla designazione concettuale.

reticoli e pendenti (tib. drva ba drva phyed). Ornamenti di templi indiani che comprendono un reticolo di ghirlande con pendenti appesi dai punti più alti. rigpa (tib. rig pa, scr. vidyā). Vedi consapevolezza pura. rivelatore di tesori (tib. gter ston). Un essere altamente realizzato che rivela

insegnamenti di Dharma celati nel mondo fisico o nella natura della mente. Vedi tertön.

ṛṣi (scr., tib. drang srong). Un contemplativo realizzato. Glossario

339


rūdra (scr., tib. drag po). Un meditatore nasce come un rūdra, un tipo di

demone, visualizzandosi fermamente e chiaramente come una divinità irata

– pur non avendo una realizzazione della vacuità e nessuna motivazione di compassione. Può anche significare l’afferrarsi concettuale tramite il quale un individuo reifica le distinzioni di fenomeni esterni, interni, e segreti.

ruota, ornamentale (tib. rgyan gyi ’khor lo). Una metafora per le qualità di un buddha. Il termine ornamento si riferisce a quelle qualità eccellenti, e il termine ruota si riferisce alla natura inesauribile e che racchiude tutto delle qualità esterne, interne, e segrete.

rūpakāya (scr., tib. gzugs kyi sku). Un’incarnazione della forma di un essere illuminato, che include i nirmāṇakāya e i sambhogakāya.

rūpakāya (scr., tib. gzugs kyi sku). Un’incarnazione della forma di un essere illuminato, che comprende i nirmāṇakāya e i sambhogakāya.

sādhana (scr., tib. sgrub pa). Una matrice di pratiche meditative progettate per purificare la mente, accumulare merito, e raggiungere l’illuminazione.

saggezza (tib. shes rab, scr. prajñā). In generale questo si riferisce alla facoltà

dell’intelligenza discernente. Più specificatamente in questi contesti, si riferisce alla conoscenza che determina come ogni cosa inclusa nel mondo fenomenico del saṃsāra e del nirvāṇa sia vuota, senza identità, e

non oggettiva, tale per cui tutte le apparenze e mentalità gradualmente si estinguono nello spazio della consapevolezza.

saggezza dello spazio puro (tib. nam mkha’ rnam par dag pa’i shes rab). Il riconoscimento come tutto il saṃ s āra e il nirvāṇ a siano manifestazioni

dello spazio.

saggezze, sette (tib. shes rab bdun). Saggezza discernente, saggezza di

realizzare l’assenza di identità, saggezza che conosce la realtà così com’è, grande saggezza pervasiva che vede tutto, saggezza del rilascio, saggezza 340

Il Cuore della Grande Perfezione


dell’unificazione, e saggezza del vincere. Vedi EV 305-7. samādhi (scr., tib. ting nge ’dzin). Concentrazione meditativa. samādhi (scr., tib. ting nge ’dzin). Concentrazione meditativa. Nel senso

stretto del termine, questo significa concentrazione focalizzata ( conseguita

specificatamente attraverso la pratica dello śamatha), ma nel senso più ampio è uno dei tre “addestramenti superiori”, assieme all’etica e alla saggezza. In

tale contesto si riferisce a stati eccezionali di equilibrio e benessere mentali. samādhi della talità (tib. de bzhin nyid kyi ting nge ’dzin, scr. tathatāsamādhi). La meditazione sull’intero universo che si dissolve nello spazio della

consapevolezza come apparizioni illusorie. L’attuazione dello spazio assoluto della vacuità, la realtà fondamentale, il modo di esistenza della talità. Vedi GG 241, EV 213.

samādhi, causale (tib. rgyu’i ting nge ’dzin). La visualizzazione della sillaba seme della consapevolezza pura come la causa che emana la natura di tutti

i palazzi di supporto e divinità supportate. Apparizioni che riguardano oggetti e la chiarezza della loro presenza. Vedi GG 242, EV 214-15.

samādhi, che illumina tutto (tib. kun tu snang ba’i ting nge ’dzin). Attuare la grande manifestazione di tutti i fenomeni inclusi nel saṃsāra e nel nirvāṇa realizzando la modalità dell’essere della base. Vedi GG 241, EV 214.

samādhi, tre (tib. ting ’dzin gsum). Il samādhi della talità, il samādhi che illumina tutto, e il samādhi causale. Vedi GG 240-43, EV 213-15.

samādhisattva (scr., tib. ting nge ’dzin sems dpa’). Una sillaba seme al cuore del jñānasattva. Vedi GG 264.

Samantabhadra (scr., tib. kun tu bzang po). Lett. “tutto bene”, con molti significati che dipendono dal contesto: (1) il nome di un particolare

bodhisattva che è uno degli otto discepoli bodhisattva principali del

Buddha Śākyamuni, (2) un sinonimo per la natura di buddha in generale, Glossario

341


e (3) un sinonimo per il dharmakāya, nella forma del Buddha primordiale

Samantabhadra, da cui, secondo i tantra della tradizione Nyingma, i vari

corpi di buddha si emanano e da cui i lignaggi tantrici superiori sorgono. Come tale, Samantabhadra è anche il risultato ottenuto attraverso la pratica Dzogchen del taglio netto.

śamatha (tib. zhi gnas). Uno stato avanzato di concentrazione meditativa in cui la stabilità e la vividezza dell’attenzione sono state sviluppate al

punto che uno può impegnarsi pienamente nella coltivazione della visione profonda, o vipaśyanā.

samaya (scr., tib. dam tshig). Un impegno o voto fatto ai buddha come rappresentato dal proprio guru vajra.

samayasattva (scr., tib. dam tshig sems dpa’. L’essere samaya, la propria visualizzazione di sé stessi come la divinità, che è unita al jñānasattva nella pratica del mahāyoga. Vedi GG 285, EV 239.

sambhogakāya (scr., tib. longs spyod rdzogs pa’i sku). “Incarnazione di

pieno godimento” di un essere illuminato, che è percepibile soltanto da āryabodhisattva e dai buddha. È completo dei segni e simboli dell’illuminazione

(vedi questa voce più sotto), ed è solitamente impreziosito da sofisticati gioielli ed eleganti vestiti.

saṃsāra (scr., tib. ’khor ba). Il ciclo dell’esistenza, perpetuato dal prendere

rinascita compulsivamente a causa del potere delle proprie afflizioni mentali e del karma.

Saṅgha (tib. dge ’dun). Tecnicamente, l’assemblea degli ārya (ovvero coloro che hanno realizzato direttamente la vacuità), ma più in generale la congregazione di praticanti buddhisti.

scatola di incarcerazione (tib. ’brub khung). Un contenitore rituale a tre lati, spesso fatto di metallo, nero all’esterno e rosso all’interno, a volte segnato 342

Il Cuore della Grande Perfezione


da teschi. È visualizzato in vari modi: come lo spazio della consapevolezza della realtà fondamentale, come gli stati miserabili dell’esistenza, come il grembo della consorte, e come una prigione.

sconvolgimenti (tib. slong). Apparenze improvvise e disturbanti che possono

essere esterne, interne e segrete; possono essere erroneamente attribuite a dèi o demoni. Vedi CS 355, GG 306, EV 332.

segni e simboli dell’illuminazione (tib. mtshan dang dpe byad). I trentadue segni eccellenti e gli ottanta simboli di un buddha nirmāṇakāya supremo.

segno (tib. mtshan ma, scr. nimitta). Un oggetto afferrato dalla mente concettuale. segreti, tre, (tib. gsang ba gsum). Il corpo, parola, e mente di un buddha. sentiero del potere della visione (tib. lta ba gyad kyi lam). Nel Vajrayāna, il metodo tramite il quale uno raggiunge la stabilità nella propria consapevolezza pura, per cui le apparenze ordinarie e l’aggrapparsi sono trasferite alla natura dei campi di buddha, e il proprio corpo, parola, e mente sono trasferiti alla dimora dei tre vajra. Vedi EV 199-278.

sentiero della perfezione definitiva (tib. lam nges rdzogs). Nel Vajrayāna, il

sentiero che rivela le divinità e i campi di buddha come certamente esistenti

per via delle loro caratteristiche, e che sottolinea soltanto la via dei metodi abili relativi. Vedi EV 199.

sentiero, referenziale (tib. dmigs bcas kyi lam). Lo stadio di generazione che implica oggetti che sono afferrati con la mente come se esistessero per via delle loro caratteristiche. Nel Vajrayāna, questo è insegnato come il sentiero

della perfezione definitiva e il sentiero del potere della visione. Vedi EV 199. serak (tib. bse rag). Un tipo di preta che consuma l’essenza vitale di cibo e ricchezza.

sette preliminari interni (tib. nang gi sngon ’gro bdun). (1) Prendere rifugio, Glossario

343


(2) coltivare il bodhicitta, (3) offrire il maṇḍala, (4) praticare la meditazione purificatrice e il mantra di Vajrasattva, (5) il guru yoga, (6) il trasferimento della coscienza, e (7) il troncamento dei māra.

siddha (scr., tib. sgrub thob). Uno che ha ottenuto uno o più siddhi (vedi voce più sotto). Un grande siddha (o mahāsiddha) è colui che ha conseguito sia le abilità e realizzazioni comuni che quelle supreme.

siddhi (scr., tib. dngos grub). Un’abilità o un risultato fuori dal normale. Il siddhi supremo è l’illuminazione perfetta di un buddha, mentre gli

otto siddhi comuni includono: (1) il siddhi dei regni celestiali, l’abilità di

dimorare in regni celestiali mentre si è ancora in vita, (2) il siddhi della spada, l’abilità di sconfiggere qualunque esercito ostile, (3) il siddhi delle pillole medicinali, l’abilità di diventare invisibile tenendo in mano pillole

benedette, (4) il siddhi dell’essere svelto, con cui puoi camminare attorno a un lago in un istante indossando degli stivali che hai benedetto, (5) il

siddhi del vaso, con cui puoi creare un contenitore che rende inesauribile

qualunque cosa ci metti dentro, che sia cibo o soldi, ad esempio, (6) il siddhi degli yakṣa, il potere di rendere gli yakṣa tuoi servitori, (7) il siddhi

dell’ambrosia (scr. amṛta), che ti dà una vita lunga quanto il sole e la luna, la

forza di un elefante, e la bellezza di un loto, e che ti fa sentire leggero come il cotone ogni volta che ti alzi dalla tua sedia, e (8) il siddhi del balsamo della chiaroveggenza che, quando si applica agli occhi, ti consente di vedere cose sottoterra, come tesori eccetera.

significato, definitivo (tib. nges don, scr. nītārtha). Il significato della realtà fondamentale.

significato, provvisorio (tib. drang don, scr. neyārtha). Il significato

ingannevole, simbolico, o contestuale, rispetto al significato assoluto, fondamentale, o definitivo.

sistema di principi (tib. grub mtha’, scr. siddhānta). La posizione finale 344

Il Cuore della Grande Perfezione


dichiarata da una scuola di pensiero o da un praticante individuale. sofferenza (tib. sdug bsngal, scr. duḥkha). La natura insoddisfacente del saṃsāra, la realtà della sofferenza, che consiste nella sofferenza evidente, la sofferenza del cambiamento, e la sofferenza esistenziale.

sostanze preziose, sette (tib. rin po che sna bdun). Rubino, zaffiro, lapislazzuli,

smeraldo, diamante, perla, e corallo. Alternativamente oro, argento, turchese, corallo, perla, smeraldo, e zaffiro.

sostanzialismo (tib. dngos por lta ba). La visione che i fenomeni esistono per

via delle loro nature intrinseche, anteriormente e indipendentemente dalla designazione concettuale.

spazio (tib. dbyings, scr. dhātu). Al livello relativo questo si riferisce allo spazio della consapevolezza (tib. chos kyi khams, scr. dharmadhātu), che nella sua primitiva manifestazione è il substrato (tib. kun gzhi, scr. ālaya). Al

livello fondamentale si riferisce allo spazio assoluto dei fenomeni (tib. chos kyi dbyings, scr. dharmadhātu), che è sinonimo di vacuità.

Spazio assoluto dei fenomeni (tib. chos kyi dbyings, scr. dharmadhātu). L’estensione di tutti i fenomeni nel saṃsāra e nel nirvāṇa. Questo non si

riferisce allo spazio nel senso newtoniano, reificato, ma piuttosto ad una dimensione fondamentale dello spazio da cui tutte le manifestazioni di

spazio-tempo e massa-energia relative emergono, in cui sono presenti, e in cui infine si dissolvono. In maniera simile, tutte le manifestazioni di stati di coscienza e processi mentali relativi emergono come manifestazioni di

coscienza primordiale, che secondo la tradizione della Grande Perfezione sono sempre stati indivisibili dallo spazio assoluto dei fenomeni.

spazio assoluto della base (tib. gzhi dbyings). La base di tutti i fenomeni nel saṃsāra e nel nirvāṇa.

spazio della consapevolezza (tib. dbyings, scr. dhātu). Il termine tibetano Glossario

345


dbyings può significare lo “spazio della consapevolezza” relativo, quando non è un’abbreviazione di chos kyi dbyings, o lo “spazio assoluto dei fenomeni”. Il termine

spazio della consapevolezza potrebbe essere considerato come identico al termine elemento dei fenomeni (tib. chos kyi khams, scr. dharmadhātu), che denota la gamma di fenomeni che possono essere percepiti dalla mente ed è uno dei diciotto elementi (tib. khams, scr. dhātu) comunemente citato nella fenomenologia buddhista.

spazio della consapevolezza, cinque sfaccettature dello (tib. dbyings lnga, scr. pañcadhātu). Le cinque sfaccettature della coscienza primordiale.

manifestazioni creativi, espressioni creative (tib. rtsal). Splendori o

manifestazioni, come le manifestazioni creativi della coscienza primordiale. manifestazioni creativi; espressioni creative (tib. rtsal). Splendori o

manifestazioni, come le manifestazioni creativi della coscienza primordiale. manifestazione (tib. rol pa, scr. lalita). La manifestazione della realtà che si sviluppa come una “danza” o un “gioco”.

manifestazione (tib. rol pa, scr. lalita). La manifestazione della realtà che si rivela come una “danza” o “gioco”.

splendore (tib. gdangs). Gli effetti offuscanti delle oscurazioni che fanno apparire le cinque sfaccettature della coscienza primordiale come i cinque veleni, i cinque aggregati, e i cinque elementi.

splendore (tib. gdangs). La naturale luminosità della consapevolezza pura. śrāvaka (scr., tib. nyan thos). Lett. “ascoltatore”, un discepolo del Buddha

che desidera la sua liberazione individuale seguendo il sentiero del Buddha. śrāvaka (scr., tib. nyan thos). Lett. “ascoltatore”, un discepolo del Buddha che

si impegna nella sua liberazione individuale seguendo il sentiero presentato dal Buddha.

Śrāvakayāna (scr., tib. nyan thos kyi theg pa). Il veicolo spirituale degli śrāvaka, 346

Il Cuore della Grande Perfezione


che si perfeziona realizzando l’assenza di identità personale. Śrīmat (scr., tib. dpal dang ldan pa). Lett. “Dotato di Gloria”, il campo di buddha di Ratnasaṃbhava nella direzione meridionale.

stabilire la mente nel suo stato naturale (tib. sems rnal du babs pa). La dissoluzione della mente grossolana nel suo sottostante continuum sottile

di coscienza mentale (coscienza substrato), che si raggiunge con il pieno conseguimento dello śamatha.

stadio di completamento (tib. rdzogs rim, scr. utpanna- o niṣpannakrama). Un sistema Vajrayāna di pratica, che corrisponde all’anuyoga, che si basa sulla pratica dello stadio di generazione, e il quale utilizza ciò che è già

“completo” nel corpo umano – ovvero i canali, le sfere, e le energie vitali – per generare realizzazioni di grande beatitudine e vacuità indivisibili e per manifestare la mente insita di chiara luce unita al corpo illusorio.

stadio di generazione (tib. bskyed rim, scr. utpattikrama). Un sistema Vajrayāna di pratica, corrispondente al mahāyoga, in cui il proprio corpo, parola, e mente

sono considerati come manifestazioni del corpo, parola, e mente vajra della propria divinità personale. Come risultato di tale pratica, (1) uno raggiunge stabilità nella propria consapevolezza, (2) le apparenze ordinarie, assieme

all’afferrarsi che le considera reali, sono trasferite alla natura di campi di buddha, e (3) il proprio corpo, parola, e mente si trasformano nei tre vajra.

substrato (tib. kun gzhi, scr. ālaya). Uno stato non concettuale, immateriale,

vuoto, sperimentato nel sonno profondo senza sogni, quando uno sviene, quando uno muore, e quando la mente si è stabilizzata nel suo stato naturale mediante il conseguimento dello śamatha, in cui le apparenze alla mente

sono svanite. È la primitiva manifestazione dello spazio della consapevolezza. śūdra (scr., tib. dmangs rigs). Un plebeo, un membro della casta vedica più bassa nell’antica India.

Glossario

347


sugata (scr., tib. bde bar gshegs pa). Lett. “ben andato”, un epiteto di un buddha, ovvero uno che è andato nella riva lontana della liberazione, soddisfacendo i propri bisogni e quelli degli altri conseguendo l’illuminazione perfetta.

sugatagarbha (scr., tib. bde gshegs snying po). L’essenza, o grembo, dei sugata; sinonimo con “natura di buddha”.

Sukhāvatī (scr., tib. bde ba can). Lett. “terra di beatitudine”, questo è il campo di buddha di Amitābha nella direzione occidentale.

sūtra (scr., tib. mdo). Discorsi attribuiti al Buddha ma non inclusi tra i tantra. sūtra (scr., tib. mdo). Discorsi attribuiti al Buddha, ma non inclusi tra i

tantra, molti dei quali, secondo la tradizione Vajrayāna, sono anche

attribuiti al Buddha storico (come nel caso del Tantra di Kālacakra) oppure ad emanazioni successive dei buddha (come nel caso dell’Essenza Vajra, che è descritto come un tantra).

svabhāvikakāya (scr., tib. ngo bo nyid kyi sku). “Incarnazione naturale” dei buddha, che è l’unica natura del dharmakāya, sambhogakāya, e nirmāṇakāya. taglio netto (tib. khregs chod). La prima delle due fasi principali nella pratica della Grande Perfezione, volta ad ottenere una realizzazione diretta e sostenuta della purezza originale della consapevolezza pura.

talità (tib. de bzhin nyid, scr. tathatā). La realtà ineffabile della vacuità; la

natura fondamentale di tutti i fenomeni.

tantra (scr., tib. rgyud). Un filo, o continuum. Una scrittura appartenente alla classe del Buddhismo Vajrayāna, rispetto agli insegnamenti essoterici dei sūtra. Molte di queste scritture sono anche attribuite al Buddha storico

(come nel caso del Tantra di Kālacakra e di Guhyasamāja) o ad emanazioni

successive dei buddha, come quelle rivelate da Düdjom Lingpa.

tathāgata (scr., tib. de bzhin gshegs pa). Lett. “uno che è andato (o è arrivato) 348

Il Cuore della Grande Perfezione


alla talità”, un epiteto per un buddha. terma (tib. gter ma). Un “tesoro”, o testo o oggetto nascosto, che potrebbe

celarsi nella terra, nell’acqua, nello spazio, o anche nel flusso mentale di un contemplativo esperto, che aspetta di essere scoperto da un “rivelatore di tesori” quando il tempo è propizio. Vedi tertön.

tertön (tib. gter ston). Un rivelatore di tesori nascosti da grandi maestri della tradizione della Grande Perfezione per il beneficio di generazioni future. theurang (tib. the’u rang). Un tipo di preta. tīrthika (scr., tib. mu stegs pa). Lett. “creatore di un guado’, questa designazione per filosofie e tradizioni non buddhiste connota coloro ai bordi del fiume del saṃsāra, che cercano di attraversare.

torma baling (tib. ba ling gtor ma, scr. bali). Una torta di offerta rituale in cui

l’essenza nutritiva dell’universo è sintetizzata e che agisce come una fonte per tutte le cose desiderabili. Vedi EV 211.

torma di riscatto (tib. glud gtor). Un’offerta rituale fatta ad esseri per persuaderli a non interferire con la propria pratica spirituale.

torpore mentale (tib. bying ba, scr. laya). L’assenza di lucidità dell’attenzione, che si neutralizza attraverso la coltivazione della vividezza nella pratica dello śamatha. Vedi anche eccitazione.

trasferimento (tib. ’pho ba; scr. saṃkrānti). Il trasferimento di coscienza da un tipo di esistenza alla successiva. Secondo la Grande Perfezione, il

trasferimento insorpassato è la realizzazione del dominio puro dello spazio assoluto dei fenomeni, il sugatagarbha.

troncamento dei māra (tib. bdud gcod). Una pratica meditativa stabilita in Tibet e Bhutan dalla principale discepola di Padampa Sangye, Machik

Lapdrön (1055-1149), in cui uno immagina di offrire tutto il proprio essere Glossario

349


come un mezzo per realizzare la natura vuota di tutti i fenomeni, troncando ogni attaccamento alle apparenze dei tre regni, e realizzando che tutti gli

dèi e i demoni non sono altro che le proprie apparenze. Vedi GG 126-27, EV 153-60.

tsen (tib. btsan). Un tipo di demone malvagio. tulku (tib. sprul sku, scr. nirmāṇakāya). Un essere realizzato che è saldamente sul sentiero per l’illuminazione o che ha già raggiunto l’illuminazione e si incarna per il bene del mondo.

udumbara (scr.). Questo potrebbe riferirsi al fiore del loto blu (Nila udumbara) o del fico a grappolo (Ficus racemosa), i cui fiori sono nascosti dentro il fico e pertanto simboleggiano la rarità.

unico sapore (tib. ro gcig, scr. ekarasa). (1) Il terzo dei quattro stadi della

meditazione Mahāmudrā. (2) La natura vuota di tutti i fenomeni del saṃsāra e del nirvāṇa: ugualmente non esistente, ugualmente pura, che sorge naturalmente dalla vastità della base, e non stabilita come nessun’altra cosa.

uṣṇīṣa (scr., tib. gtsug tor). Il fiocco di capelli o protuberanza in cima alla testa di un buddha.

vacuità (tib. stong pa nyid, scr. śūnyatā). L’assenza di un’esistenza vera, intrinseca,

riguardo a tutti i fenomeni. La vacuità stessa non deve essere reificata.

vadhaka (scr., tib. gshed). Lett. ”carnefice”, un essere demoniaco che mostra le apparenze di nascita e morte nel saṃsāra, tronca l’arteria della liberazione, e ruba il respiro della felicità.

vairāṭa (scr., tib. mu men). Una gemma blu scura; è di sapore astringente, i suoi effetti post-digestivi sono rinfrescanti, e in termini dei suoi effetti

curativi, aiuta nelle malattie derivanti da avvelenamento, lebbra, disturbi della linfa, e disturbi della pelle. Il berillo blu potrebbe corrispondere a questa descrizione, ma sono necessarie ulteriori ricerche. 350

Il Cuore della Grande Perfezione


Vairocana, postura in sette punti di (tib. rnam snang chos bdun, scr. saptadharma

Vairocana). Lett. “sette dharma di Vairocana”, con il (1) corpo seduto nella

vajrāsana, (2) mani sul grembo con i palmi rivolti verso l’alto, la destra sulla sinistra, e con i pollici che si toccano, (3) la schiena diritta, come una pila

di monete, (4) le spalle allargate, come le ali di un avvoltoio, (5) il mento leggermente ripiegato, come un uncino di ferro, (6) la bocca leggermente aperta e la lingua che tocca il palato, e (7) gli occhi che guardano leggermente in basso ad un punto sotto il naso.

vaiśya (scr., tib. rje rigs). Un membro della casta vedica dei mercanti. vajra (scr., tib. rdo rje). Un simbolo della realtà fondamentale, con i sette

attributi di invulnerabilità, indistruttibilità, realtà, incorruttibilità, stabilità, incontrastabilità, e invincibilità. Inoltre, nel Vajrayāna, i “tre vajra” possono

riferirsi al corpo, parola, e mente di un essere illuminato, o alle sottili vibrazioni del mantra che ne sono la sua fonte.

vajrakāya (tib. rdo rje sku). Lett. “incarnazione vajra”, un termine con cui corpo arcobaleno di grande trasferimento è spesso associato. Esso sottolinea l’indistruttibilità e l’incorruttibilità di tale incarnazione – il fatto che non

sarà mai più sottoposto a un trasferimento di coscienza – mentre corpo

arcobaleno sottolinea la sua apparenza illusoria come luce di cinque colori. Vedi corpo arcobaleno, grande trasferimento.

vajrāsana (scr., tib. rdo rje’i skyil krung). La posizione seduta del “loto pieno”, con il piede sinistro sulla coscia destra e il piede destro sulla coscia sinistra.

Vajrayāna (scr., tib. rdo rje’i thegpa). Il veicolo degli insegnamenti e pratiche buddhiste esoteriche volte a condurre velocemente un individuo allo stato di illuminazione.

vāyu (scr., tib. rlung). Solitamente si riferisce ad una o a tutte le cinque principali e cinque secondarie energie sottili che percorrono il corpo di

un essere umano nella condizione originale. Il termine prāṇa-vāyu a volte Glossario

351


si riferisce specificatamente a solo una delle cinque energie principali, la “energia vitale della forza vitale” (tib. srog ’dzin gyi rlung), sebbene la parola prāṇa da sola può anche essere usata più in generale. veleni, cinque (tib. dug lnga). Illusione, ostilità, orgoglio, brama, ed invidia. vento (tib. rlung, scr. vāta). Nei sistemi medici tibetani e āyurvedici, il costituente corporeo, o umore, responsabile per il movimento e il cambiamento. verità relativa (o ingannevole) (tib. kun rdzob bden pa, scr. saṃvṛtisatya). Lett. “verità totalmente oscurante”, tali verità convenzionali e provvisorie appaiano in una maniera contraria al loro modo di esistenza e pertanto oscurano la natura della verità fondamentale. Insegnamenti riguardanti nomi e caratteristiche reali, individuali, si chiamano verità relative (o ingannevoli). Vedi EV 190. verità, convenzionale (tib. tha snyad bden pa). Un aspetto di una verità relativa, come un nome stabilito di comune accordo. verità, due (tib. don dam gnyis, scr. satyadvaya). La verità relativa (o ingannevole) e la verità fondamentale. verità, fondamentale (tib. don dam bden pa, scr. paramārthasatya). La natura fondamentale della vacuità, che assieme alla verità relativa (o ingannevole) costituiscono le due verità. vidyādhara (scr., tib. rig pa ’dzin pa). Un “detentore di conoscenza” che ha realizzato la natura della consapevolezza pura. I tantra della tradizione Nyingma descrivono quattro livelli di vidyādhara. Vedi EV 350-51. vighna (scr., tib. bgegs). Lett. “ostruttore”, un essere tra gli ottantamila tipi di demoni che ostruiscono il sentiero per la liberazione; essi sono effettivamente semplici proiezioni di pensieri dell’afferrarsi al sé, della brama, e dell’attaccamento. vigraha (scr., tib. ’gong po). Una forza demoniaca, o essere, che sorge come 352

Il Cuore della Grande Perfezione


una proiezione dell’odio. vinaya (scr., tib. ’dul ba). Gli insegnamenti riguardanti le regole e la disciplina dei discepoli del Buddha. vināyaka (scr., tib. log ’dren). Un demone malvagio che sorge da pensieri negativi. vipaśyanā (scr., tib. lhag mthong). Lett. “visione superiore”, l’intuizione contemplativa in aspetti fondamentali della realtà, come l’impermanenza, la sofferenza, l’assenza di identità, e la vacuità. vīrā (scr., tib. dpa’ mo). La controparte femminile di un vīra. vīra (scr., tib. dpa’bo). Lett. “essere eroico”, uno che mostra grande coraggio nel non soccombere alle afflizioni mentali e che si sforza diligentemente nella pratica spirituale. Un bodhisattva maschile altamente realizzato che si manifesta nel mondo per servire gli esseri senzienti.

visarga (scr., tib. rnam bcad). L’elemento aspirato di una sillaba sanscrita, rappresentata da due punti impilati (:) e traslitterata come ḥ. visione illuminata (tib. dgongs). Questo è la forma onorifica di bsam pa, che significa “pensiero” o “intenzione”. Tuttavia, secondo Gangteng Tulku Rinpoché, nel contesto di questi insegnamenti è la forma onorifica di lta ba, che significa “visione” o “prospettiva”. visione profonda (tib. lhag mthong, scr. vipaśyanā). Vedi vipaśyanā. visione pura (tib. dag snang). Un insegnamento ricevuto da un maestro realizzato in un’esperienza visionaria o un sogno come una benedizione da un essere di saggezza come una divinità, un siddha, o una ḍākinī. vizio (tib. sdig pa, scr. pāpam). Un karma non virtuoso che matura come miseria e avversità in questa o in vite future. yakṣa (scr., tib. gnod sbyin). Una delle otto classi di esseri non umani altezzosi, che danneggiano gli esseri umani. Glossario

353


Yama (scr., tib. gshin rje). Il signore della morte, chiamato anche Dharmarāja e Karma Yama. yāna (scr., tib. theg pa). Un veicolo per la pratica spirituale che conduce a vari gradi di liberazione spirituale e illuminazione. yidam (tib. yi dam, scr. iṣṭadevatā). Vedi divinità, personale. yoga (scr., tib. rnal ’byor). Lett. “giogo”, una pratica meditativa che coinvolge il corpo e la mente. yogi (scr., tib. rnal ’byor pa). Un uomo esperto nella pratica dello yoga. yoginī (scr., tib. rnal ’byor ma). Una donna esperta nella pratica dello yoga. yojana (scr., tib. dpag tshad). Un’antica misura indiana della distanza coperta in un giorno da un carro trainato da buoi, circa otto chilometri.

354

Il Cuore della Grande Perfezione


G LO S S A R I O D I E N U M E R A Z I O N E

Uno sapore (unico) bindu

Due accumulazioni coscienza primordiale, sfaccettature della, obiettivi oscurazioni verità

Tre apparenze apparenze, modalità delle coscienza primordiale, sfaccettature della Gioielli

modifiche offerte bianche offerte dolci porte della liberazione Radici regni samādhi segreti

Quattro attività illuminate fiducie incommensurabili occasioni pensieri che trasformano la mente potenziamenti potere miracoloso, basi del presenza mentale, tipologie di promesse vajra


Cinque

Otto

azioni di punizione immediata coscienza primordiale, sfaccettature della dreg elementi, derivati elementi, grandi energie vitali, saṃsāriche impure kāya nature, essenziali perfezioni del sambhogakāya quintessenze spazio della consapevolezza, sfaccettature dello veleni

campi di cremazione, grandi coscienza, aggregati della dèi e demoni arroganti, classi di deva, grandi estremi dell’elaborazione concettuale ingressi di attuazione spontanea libertà nāga, grandi pianeti, grandi potenze preoccupazioni mondane qualità dell’acqua siddhi

Sei

Nove

coscienza primordiale, sfaccettature della lampade perfezioni

attività, tipologie di yāna

Sette godimenti preliminari interni saggezze sostanze preziose Vairocana, postura in sette punti di 356

Il Cuore della Grande Perfezione

Dieci campi dimore di Heruka perfezioni


BIBLIOGRAFIA

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Lineage, the Symbolic Lineage, and the Aural Lineage; A Lucid Presentation, Laid in the Palm of the Hand, of the Enlightened View of Samantabhadra, the Unmodif ied, Perfect, Self-Emergent Buddha. Ka dag rdzogs pa chen po’i klong

mdzod zab mo; ma bcos rdzogs ldan rang byung gi sangs rgyas; kun tu bzang po’i dgongs pa lag pa’i mthil du bkram nas lhag ger bstan pa; dgongs brda snyan

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rdzogs pa chen po’i mdzod, shes rig rdo rje rnon po’i rgyud, gsang chen sngags

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Il Cuore della Grande Perfezione


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360

Il Cuore della Grande Perfezione




Nota biografica di Alan Wallace

B. Alan Wallace è il presidente del Santa Barbara Institute for Consciousness Studies. Si è formato per molti anni come monaco in monasteri buddhisti in India e in Svizzera. Ha insegnato la teoria e la pratica buddhista in Europa e in America dal 1976 ed è stato numerose volte interprete di vari accademici e contemplatori tibetani, incluso Sua Santità il Dalai Lama Dopo essersi laureato summa cum laude all’Amherst College, dove ha studiato fisica e la filosofia della scienza, ha ottenuto un dottorato in studi religiosi all’Università di Stanford. Ha revisionato, tradotto, ed è stato l’autore ed ha contribuito a più di quaranta libri sul Buddhismo tibetano, sulla medicina, la lingua e la cultura, e sul dialogo tra scienza e religione.


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