Me lo ha chiesto il mare (Federica Farini)

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Prefazione di Maria Giovanna Luini. www.federicafarini.it

€ 16.00

Me lo ha chiesto il mare. Federica Farini.

Me lo ha chiesto il mare

Matteo Liberotti (romano, classe 1977, laureato in Psicologia del Lavoro presso La Sapienza di Roma) ha contribuito alla stesura del capitolo “Diario di bordo” in qualità di esperto skipper nel settore dello yachting di lusso.

ART DIRECTOR: DAVIDE CORTESI PROGETTO GRAFICO: GOLDEN.BRAND COMMUNICATION FOTOGRAFIA DI: SILVIA TENENTI

piega

piega

Il suo ultimo ricordo vive in uno spazio indefinito tra me e il mare. Ma, da domani, mi piacerà l’idea di non saperne niente. Non farò piani. Resterò qui. Ibiza è per me ispirazione, terra che fonde la sua armonia con le linee della mia anima, come nel respiro profondo appartenente a qualsiasi essere che vive. Là dove termina il suo perimetro, esso ricomincia per proseguire e ripetersi. Mai uguale a prima.

Federica Farini

Federica Farini Nata a Milano nel 1977. Laureata in Scienze dell’Educazione con specializzazione nei Processi Formativi, è scrittrice, event-coordinator, astrologa, speaker e autrice di contenuti redazionali e web collegati al mondo della comunicazione, dell’astrologia e del pet. Dall’anno 2002 all’anno 2004 Federica Farini ha vissuto e lavorato sull’isola di Ibiza. “Anche l’amore qualche volta sbaglia strada” (Neftasia, 2010) è il suo primo romanzo, di cui “Me lo ha chiesto il mare” costituisce il libero seguito.

costa

Romanzo

www.eifis.it ISBN 978-8875171247

9 788875 171247

EIFIS Editore

L’amore tra anime gemelle è un dono per pochi eletti? La vita riserva ad Alice e Denis questo regalo, nel trasformarsi della loro amicizia di bambini problematici in innamoramento adolescenziale, fino a portarli a decidere, alle porte della maturità, di partire insieme per una nuova avventura, lontano dalla loro terra d’origine: l’isola di Ibiza. Ironia della sorte, sarà proprio il sogno comune di Alice e Denis a separarli in maniera improvvisa. La fuga (o sparizione?) di Denis aprirà involontariamente ad Alice le porte di un mondo diverso, fatto di nuovi progetti, in un incalzante divenire di personaggi, incontri e scoperte, dove l’amicizia, soprattutto femminile, la farà da protagonista, diventando per Alice il sostituto della famiglia d’origine. Quali segreti sveleranno alla protagonista la verità? Riuscirà l’amore a ritrovare la strada di casa?



collana

PERCORSI



FEDERICA FARINI

ME LO HA CHIESTO IL MARE


© Copyright 2015 EIFIS EDITORE srl Me lo ha chiesto il mare - Federica Farini I Edizione Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma senza il permesso scritto dell’Editore. Testo: Federica Farini Progetto Grafico: Davide Cortesi Impaginazione: Skymax_DG Stampa: Printì (AV) ISBN 88-7517-124-7 © 2015 Novembre – EIFIS EDITORE srl Viale Malva Nord, 28 - 48015 Cervia (RA) - Italia www.eifis.it - info@eifis.it L’Editore non assume responsabilità per l’utilizzo improprio delle informazioni contenute in questo libro. Tutto ciò che è inerente a persone o fatti o luoghi reali è assolutamente frutto della fantasia dell’autore.


Alla mia famiglia A Nirmala, Debora, Giulia D. e Giulia R., compagne di viaggio attraverso le strade della terra che ci ha unite per sempre come sorelle. E alla mano di Francesca, sempre nella mia A Ibiza, isola vivente, come ogni altro essere



PREFAZIONE

Chi sa volare non può evitare di farlo, e l’amore è il volo più grande. Il volo speciale.

MariaGiovanna Luini

Scrivere un pensiero introduttivo (ha poco senso parlare di prefazione quando il libro che si sta per commentare è un romanzo) è un atto soggettivo e molto presuntuoso: ne sono consapevole e per questo ho voluto lasciare che la storia narrata da Federica Farini sedimentasse in me due, tre, dieci volte prima di parlare e a mia volta raccontare. Se presunzione deve essere, che abbia dentro l’enorme e variopinto grumo di sensazioni nato dalla lettura di questo romanzo, cogliendo sfumature e dettagli nel loro rapido e perfetto evolvere. Credo che i libri davvero possiedano un’anima che li spinge – per una misteriosa legge dell’attrazione – a colpire là dove è necessario, smuovendo emozioni e creando sogni, pianto e risate, apertura del cuore e risonanze, affinità quasi alchemiche. E’ accaduto a me quando ho affrontato, con animo lieto e curioso, la lettura di questo libro. La storia – mille storie in una, mille voci a intercalare e pagine di diario e memorie e fulgide visioni di un adesso eterno – inizia da un volo, un volo che non finisce mai: che la scrittrice ne avesse consapevolezza o meno quando mi ha proposto la lettura, l’anima che si stacca da un corpo durante (o dopo) un volo è la mia principale ossessione, il ricordo che condiziona tutta l’area della memoria e i battiti del cuore innamorato, la moviola della fantasia innescata da un evento reale che ha determinato il corso della mia vita. Un volo, qualcuno che vola e per questo se ne va. Ma va via sul serio o cambia solo la propria forma? Il vento traditore che sembra avere tolto una presenza non sta forse riproponendo voci e parole e una gigantesca quantità di amore a chi è capace di ricevere? La storia di Alice, la protagonista di questo lungo racconto denso di sentieri che biforcano e si riuniscono più in là, inizia dalla gioia 7


indicibile di un volo e dalla distruzione altrettanto indicibile del medesimo volo: ancora non so decidere se chi parte per il viaggio estremo seguendo la propria folle passione sia molto sfortunato o più fortunato degli altri. E nel racconto il miracolo si compie quasi subito: una voce narrante che cambia spesso - come cambiano i punti di vista - ci spiega immediatamente che dolore e amore hanno la stessa potenzialità del volo, la medesima misteriosa, assoluta ampiezza. Chi vola, vola: non può farne a meno. Perfino nella tragedia, nel silenzio traumatizzato di una solitudine ha un passo che lo differenzia dagli altri: non cammina, vola. Non lo fa per dare qualcosa agli altri, ma perché ha un DNA speciale che obbliga a staccarsi da terra. Anche Alice vola, e con lei volano i protagonisti della storia. Nel romanzo di Federica Farini il dolore più cupo e apparentemente senza rimedio, il dolore di una famiglia intera e di una giovanissima Alice che ne sente tutto il peso sulle spalle, riesce a volare: saranno gli occhi dei protagonisti che non smettono di sorprenderci perché non si lasciano affondare dalla tempesta più dura, sarà il tono magico di incantata sorpresa che pervade la narrazione, mi sono trovata a piangere lacrime di completa adesione alla tragedia con il cuore proteso alla speranza che comunque faceva capolino. Ho amato con il corpo, la mente, l’eccitazione e l’incanto con lo stesso ritmo di Alice, mi sono lanciata alla ricerca di un senso seguendo le sue orme e senza possedere mappa o navigatore satellitare o libretto di istruzioni. Nella presunzione che citavo all’inizio includo il rifiuto di raccontare anche solo un istante del romanzo che si sta commentando: raccontare una storia al di fuori del suo contesto narrativo è abitudine becera, almeno per me. Se voglio parlare di un libro che mi ha incantato dico che mi ha travolto, ha mosso le mie emozioni tanto da modificare il ritmo del respiro, e che (eventualmente) è scritto con un stile che mi ha spinto più volte a ritornare indietro per memorizzare qualche passaggio: è successo con questa storia, mi sono fermata più volte perché la narrazione non solo “tira dentro” come dovrebbe fare ogni romanzo di ottimo livello, ma regge uno stile non facile con una classe del tutto peculiare. Il mio chapeau all’autrice, che sa volare e ci insegna come farlo.

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Ogni dolore prima o poi si esaurisce, lasciando posto alla speranza.


“C

he ci fai qua? Come sei entrata?” Le getto le braccia al collo, come da bambina usavo fare con papà. Il mio cuore batte veloce mentre Viola non parla. Conosco il suo sguardo carico di emozione, ha gli occhi lucidi e un piccolo fagotto nascosto all’interno di un cappuccio in pelo scuro. È la sua fotocopia: il viso immaturo racconta ciò che sente attraverso occhi disorientati eppure già particolarmente attenti all’ambiente che lo circonda, come un cucciolo appena venuto al mondo. “Non potevamo non salutare zia Alice, Martin ha insistito per entrare a conoscerti. Siamo riusciti a venire proprio tutti!” Mi dice Viola, stringendomi a sé. Dentro al bacio che stampo sulla sua guancia e su quella di Martin è racchiuso tutto il nostro universo di amiche, nella linea troppo sottile che ci separa dal non essere biologicamente sorelle. Viola si allontana, richiamata all’ordine dall’ammonimento dei tecnici dello studio. La vita mi ha condotto fino a qui, come l’acqua del fiume che spesso scorre lento ma deciso, inarrestabile nel suo corso, in grado di trascinare o cullare tutto ciò che cade dentro alla sua anima liquida. Mi osservo nello specchio nell’attesa che mi divide dall’inizio della trasmissione. In mano stringo il libro che narra di quel mare che mi ha allontanato dall’altra parte del mio cuore, per poi restituirmela per sempre. Tra le sue pagine ho inserito la fotografia che preferivo di quelle cinque ragazze che ridono insieme su una spiaggia. I loro visi sono pieni di luce: sanno bene che i desideri a volte devono cedere il passo alla realtà ma, al tempo stesso, sono consapevoli di quanto quella stessa realtà possa permettere ai loro sogni di realizzarsi. Ne sono certe: è accaduto proprio a loro. “Alice, sei pronta? Che stai facendo ancora davanti allo specchio? Muoviti, sei perfetta!” In una manciata di secondi saremo in onda. Lo osservo e il mio sguardo sorride: nella vita ho imparato che l’amore si legge dagli occhi. 11



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“A

lice, se preferisci non ci buttiamo, non sei obbligata” disse. Papà stava in piedi appoggiato alla porta d’entrata, pronto a imbragare il deltaplano. Il timore sgranava i miei occhi, ma non era mia abitudine fare un passo indietro sulla parola data, nemmeno all’età di dieci anni. Desideravo volare con lui sulla sua ala di tela rossa, immersa nell’emozione di staccare i piedi da terra sfidando la regola più ferrea della natura: la forza di gravità. Papà spostò il suo peso per regalarci equilibrio, spingendo la barra in virate coordinate, indispensabili per non perdere quota eccessiva a ogni cambiamento di direzione. Cominciammo a veleggiare dentro l’azzurro. L’esteso silenzio fu rotto solo dall’urlo della mia paura, che presto si placò per lasciare spazio all’indiscussa protagonista, la quiete dell’altezza sospesa e vibrante, insieme alla nostra dispersione di esseri umani nell’immensità di quella fetta di atmosfera. Papà mi spiegò come, in caso di tempo poco limpido, il confine dell’ascensione fosse rappresentato dalla base delle nuvole. Eravamo fortunati: grazie al sole potevamo dirigere la nostra salita immersi nella luce, così che essa sarebbe stata delimitata solo dal calo di temperatura e ossigeno. La vastità dell’orizzonte mi aveva trasformata in men che non si dica in figlia dell’aria pulsante, libera dalla paura di ondeggiare su difficili avvallamenti e sopra pareti di roccia interrotte solo da campi verdeggianti. La mia protezione aderiva alle braccia di papà-Apollo, vestito del rosso mantello, divinità radiosa sul deltaplano-carro dorato. I muscoli vigorosi delle sue braccia fremevano per lo sforzo fisico, trovandolo tuttavia vittorioso sulle tenebre della notte. Quasi ogni mattina, proprio come quel Dio, papà saliva a Oriente, sovrastando l’oceano di campagne nelle quali vivevamo immersi, per condurre nel cielo il suo carro del sole trainato da cavalli immaginari. La sensazione di panico svanì insieme al mio desiderio di giungere al fondo della planata, perché sul deltaplano si smette di essere serpenti che strisciano sulla terra, trascendendo ogni limite contenitivo, come 13



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“Z

ia, raccontamelo ancora” le chiesi. Appoggiai i gomiti sulla superficie del tavolo. Celine mi sfiorò la guancia con la sua mano grande, che mi rammentava sempre affetto e protezione. “Ogni altro pensiero sparì e tutti i rumori svanirono per lasciare spazio a uno sfondo in bianco e nero dal quale si irradiava un arcobaleno: Alice. Da quel momento in poi ho compreso il senso profondo di due parole troppo spesso abbinate a caso: per sempre. Eri tu, il giuramento d’amore di mamma e papà, il loro batticuore nel calore che pulsava attraverso le tue vene di neonata. Sai cosa ripeteva sempre mia nonna? Anche dopo anni di matrimonio, ogni volta che osservava dalla finestra suo marito, mentre si apprestava a rientrare a casa dal lavoro, il suo fiato si faceva più corto per l’emozione. Nonna paragonava sempre la forma del seme della noce a loro due. Ti ricordi come sono fatti i semi di noce, Alice? Assomigliano a due polmoni attaccati, ognuno nella sua cavità: devono adattarsi e combaciare al loro guscio, in maniera simmetrica. Ecco, quando troverai la tua noce, una persona che ti fa sentire così, allora potrai essere sicura che sarà la persona con cui passare il resto della tua vita” concluse Celine. Zia era molto legata a me: la figlia che non avrebbe mai potuto avere. Celine confondeva le sue radici nelle abitazioni sudamericane sbilenche, dai tetti di lamiera, nei quartieri disgraziati, dove le strade sono a tratti sterrate per poi riprendere in zone tanto trafficate da affogare nella bolgia di motorini, rumori di clacson e bus dalle fermate senza pensiline: Caracas. Da grande aveva scelto di trasformarsi in altro da sé, forse per cancellare gli anni della povertà e della disperazione. Ero certa che diventare donna fosse coinciso per lei con il desiderio di trovare in questa vita il seme che avrebbe reso perfetta e completa la sua metà. Ci aveva provato con discreto successo, sebbene alla fine nessun pistacchio, mandorla o castagna fossero stati in grado di combaciare perfettamente con il guscio della sua noce. Così si era rifugiata da noi, in agriturismo. Dopo la tragedia che colpì la mia famiglia, appoggiarsi alla sua presenza divenne vitale. Celine 19


non rimanere troppo coinvolti dal fascino e dal mistero che l’avvolgeva, nell’intimità di un angolo di Ibiza privo dell’alito pesante dell’industrializzazione e del chiasso dei divertimenti. “È un enigma da sempre. Alla base della scogliera c’è una cavità dove gruppi hippy sostengono di aver avuto visioni di Buddha. Inoltre, si narra che sull’isola esista perfino una grotta, forse abitata da una strega, dove padre Palau si ritirò a pregare. È usanza lasciare un oggetto davanti ad essa prima di entrarvi.” Bruno ci indicò l’angolo della meditazione, antro dove risvegli spirituali e visioni mistiche si mescolavano a energie inspiegabili, che si traducevano in storie di bagliori e avvistamenti celesti. Osservai ancora l’urna e la strinsi a me, come a proteggerla prima di regalarla al mistero di quel particolare lembo di mare, che Bruno ci aveva raccontato solo in parte. Nell’ultimo attimo che ci legava ancora a lui, mamma aprì il coperchio dell’urna, mentre zia Celine unì le mani in segno di preghiera. Gli occhi di Denis si riempirono di riflessi verdi, come le trasparenze del fondale sotto di noi e come la speranza che serbavo nel cuore. Le ceneri si sparsero leggere sulla superficie del mare. Nel momento in cui papà ci lasciò per sempre, ritornando al tutto della luce divina, avrei preferito naufragare insieme a lui proprio come quei delfini che vanno a riva per morire l’uno accanto all’altro. La barca ci cullava di fronte all’immenso vuoto della morte, mentre il sale del mare avrebbe curato definitivamente le nostre ferite, purificandole come neve. Il vento asciugò le nostre lacrime e ci rese liberi. Bruno si immerse tra le onde per raggiungere la riva e abbandonare davanti alla grotta l’urna che aveva dato ospitalità a papà. Le onde battevano all’unisono al di sotto delle mie ginocchia, simili al fondersi di note di canti di sirene. “Le mie parole si faranno sottili come impronte di gabbiani sulla spiaggia, perché tu possa ascoltarmi. Tornerò in questo luogo per sentirmi ancora una volta qui con te” sussurrai a occhi chiusi, prima di risalire sulla barca a vela.

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L

a porta a scomparsa si aprì, svelando le trame di un nascondiglio perfetto. Estrasse un pacco gonfio e me lo porse. “Per il momento resterà qui da me. Poi vedremo come fare. Mi sembri troppo sprovveduto per affrontare da solo questa faccenda e non vorrei mi mettessi nei guai. Sarebbe davvero il colmo! Finire in manette per l’errore di un dilettante” affermò con voce sicura e penetrante. “La vendita coprirà il tuo debito: a me darai diecimila euro, il resto sarà per te. Se fallirai, lascerai Ibiza. Ti do tempo l’intera estate.” Concluse. Le parole che avrei voluto proferire si bloccarono in gola, senza riuscire a trovare la via di uscita, come una mano che invano tenta di aggrapparsi a una parete per cercare un appiglio utile per sollevarsi. Il sapore del whisky appannava l’angoscia che mi aveva gettato in un tunnel dal difficile ritorno. Avrei giocato l’ultima carta che mi rimaneva in mano per salvare ciò che restava dei miei sogni in frantumi. Avrei tutelato Alice, tenendola fuori dal circo di guai nei quali mi ero infilato, il solo modo per salvarla dalla delusione e dal dolore straziante che il mio fallimento le avrebbe provocato. “Dove credi di andare? Siediti. Non ho ancora finito” disse con tono perentorio. Le parole che seguirono al nostro dialogo mi perforarono il cuore per lunghi mesi. Il dolore cominciò a divorarmi lentamente come una malattia incurabile, simile all’incurante violenza e avidità di un felino intento a sbranare la sua malcapitata preda. Abbandonai la villa guadagnando la strada di casa. La luce dell’alba accarezzava la sagoma di Alice, avviluppata alle braccia di Morfeo. La sua folta chioma luccicava con la vivacità delle foglie dorate delle immagini bizantine che ricordavo aver osservato tra le pagine dei libri di scuola. Il giallo vibrante evocava in me la nostalgia del sapore di succo di frutta, per addolcire la mia realtà al gusto di fiele. Mi infilai nel letto, accarezzando la sua pelle dorata. Solo abbracciato a lei riuscivo a dimenticare che la vita è fatta di brevi e perfetti attimi, che si sgretolano come precarie sculture di sabbia. 37



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“S

ì, Nadia. La gitana. È lei, sicuramente parliamo della stessa persona” ribadii con voce decisa davanti all’espressione perplessa del proprietario del negozio di gastronomia. Per giorni avevo tormentato con la stessa domanda parecchi commercianti di Ibiza, nelle vesti di detective alla ricerca di informazioni tanto preziose quanto segrete. “Avanti! Scommetto che sai anche dove abita.” Era diventata una questione di principio. “Ragazzina, stanne fuori. Lo dico per il tuo bene, ti infilerai in guai seri.” La mia testardaggine batteva alla lunga il mio buon senso: non me ne sarei andata senza conoscere l’indirizzo di residenza della gitana. Il giovane mi indicò la strada da seguire, abbarbicata sulla parte più nascosta della rocca di Ibiza. Lo ringraziai, mentre correvo eccitata, arrampicandomi sulla salita di pietre lisce e irregolari. “Hey! Guai a te se ti scordi che io non ti ho mai vista passare da qui. Hai capito bene?” Gridò. Accennai a un sì, troppo impegnata ad affrettarmi nella mia impresa. Le persiane in legno verde apparivano consumate dalla salsedine; la vernice scrostata suggeriva un senso di penetrante abbandono. Suonai il campanello, indietreggiando quasi a proteggere le mie intenzioni. Che diamine stavo facendo? Sentii un rumore simile a un rantolo provenire dall’interno e poi un silenzio prolungato. Proprio nel momento in cui me ne stavo per andare da quel luogo asfissiante, la porta si aprì improvvisamente. Nadia era semivestita. La maglietta che indossava al rovescio tradiva il suo proposito di apparire pronta a ricevere visite. Una vampata di odore intenso uscì dal piccolo appartamento scavato tra le mura della roccia: un effluvio misto a incenso e sesso divorato con voracità. Nadia rimase impietrita: lo sguardo fisso su di me, nel visibile odio che il mio affronto, se così si poteva denominare, aveva provocato in lei. Le sue forme generose e attraenti distoglievano l’attenzione dai suoi occhi cerchiati da un alone nero di mascara colato e dalla bocca carnosa 73



L’amore non nasce nÊ muore, semplicemente si trasforma

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RINGRAZIAMENTI

Alla profonda ispirazione che le persone a me care infondono ogni giorno nei miei pensieri. A Catia Gori, per aver accompagnato la nostra storica amicizia fino alla magia di una barca a vela. A Eifis - per aver dato vita a questo libro - e a Maria Giovanna Luini, per aver accompagnato la mia storia con sentimento e intensitĂ .

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Radhanath SWAMI

Ritorno a Casa

AUTOBIOGRAFIA DI UNO SWAMI AMERICANO

In questa straordinaria memoria, Swami Radhanath tesse un variopinto arazzo fatto di avventura, misticismo e amore. I lettori seguiranno Richard Slavin dai sobborghi di Chicago alle grotte dell’Himalaya e come si trasformerà da giovane ricercatore a guida spirituale di fama internazionale. Il viaggio di ritorno è un racconto intimo del cammino verso la consapevolezza di sé ed uno sguardo che penetra nel cuore delle tradizioni mistiche attraverso le sfide che devono affrontare tutte le anime sulla strada per l’armonia interiore e l’unione con il Divino.


Carla Saltelli

Syntechè

IL VOLO DELLA FALENA

Il futuro: secoli di tecnologia e di inquinamento sono stati risolti con una catastrofe naturale che ha spinto la razza umana alla semi estinzione. I sopravvissuti, arroccatisi nei pochi lembi di terra rimasti, hanno scoperto di non essere soli e di non avere a che fare con una natura inerme. è l’alba del Trattato, la fine della tecnologia, la fine della violenza sulla natura. Per alcuni, tuttavia, è anche la fine della civiltà. Anni dopo, questo patto tra umani e natura ha ancora bisogno di persone che lo difendano.


www.eifis.it



Prefazione di Maria Giovanna Luini. www.federicafarini.it

€ 16.00

Me lo ha chiesto il mare. Federica Farini.

Me lo ha chiesto il mare

Matteo Liberotti (romano, classe 1977, laureato in Psicologia del Lavoro presso La Sapienza di Roma) ha contribuito alla stesura del capitolo “Diario di bordo” in qualità di esperto skipper nel settore dello yachting di lusso.

ART DIRECTOR: DAVIDE CORTESI PROGETTO GRAFICO: GOLDEN.BRAND COMMUNICATION FOTOGRAFIA DI: SILVIA TENENTI

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Il suo ultimo ricordo vive in uno spazio indefinito tra me e il mare. Ma, da domani, mi piacerà l’idea di non saperne niente. Non farò piani. Resterò qui. Ibiza è per me ispirazione, terra che fonde la sua armonia con le linee della mia anima, come nel respiro profondo appartenente a qualsiasi essere che vive. Là dove termina il suo perimetro, esso ricomincia per proseguire e ripetersi. Mai uguale a prima.

Federica Farini

Federica Farini Nata a Milano nel 1977. Laureata in Scienze dell’Educazione con specializzazione nei Processi Formativi, è scrittrice, event-coordinator, astrologa, speaker e autrice di contenuti redazionali e web collegati al mondo della comunicazione, dell’astrologia e del pet. Dall’anno 2002 all’anno 2004 Federica Farini ha vissuto e lavorato sull’isola di Ibiza. “Anche l’amore qualche volta sbaglia strada” (Neftasia, 2010) è il suo primo romanzo, di cui “Me lo ha chiesto il mare” costituisce il libero seguito.

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Romanzo

www.eifis.it ISBN 978-8875171247

9 788875 171247

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L’amore tra anime gemelle è un dono per pochi eletti? La vita riserva ad Alice e Denis questo regalo, nel trasformarsi della loro amicizia di bambini problematici in innamoramento adolescenziale, fino a portarli a decidere, alle porte della maturità, di partire insieme per una nuova avventura, lontano dalla loro terra d’origine: l’isola di Ibiza. Ironia della sorte, sarà proprio il sogno comune di Alice e Denis a separarli in maniera improvvisa. La fuga (o sparizione?) di Denis aprirà involontariamente ad Alice le porte di un mondo diverso, fatto di nuovi progetti, in un incalzante divenire di personaggi, incontri e scoperte, dove l’amicizia, soprattutto femminile, la farà da protagonista, diventando per Alice il sostituto della famiglia d’origine. Quali segreti sveleranno alla protagonista la verità? Riuscirà l’amore a ritrovare la strada di casa?


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