Ianua - Una porta spalancata sul latino

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ENRICA CIABATTI

ADRIANA MASTROTA

IANUA una porta spalancata sul latino TRADUZIONI GUIDATE PER L’ULTIMO ANNO DELLE SUPERIORI, LA MATURITÀ E L’ESAME DI LATINO ALL’UNIVERSITÀ

O


Progetto grafico:

MARIO TENNA Videoimpaginazione:

TIZIANA FASSONE PATRIZIA TUA

d sign

s.r.l.

TORINO

A mia madre per la sua abnegazione; A Livio per la sua pazienza; A Davide, simbolo di tutti gli studenti alle prese col latino. Adriana A Ubaldo, Gianna e Bianca, in ritardo, ma di cuore; A Tommaso con affetto e riconoscenza. Enrica

Redazione:

GIACOMO GIUSTOLISI Coordinamento editoriale:

SI RINGRAZIANO

NOVIDEE, TORINO Impianti fotolitografici:

LITOHELIO, TORINO Montaggi e incisioni:

FOTOINCISA EFFEGI - SAVIGLIANO (CN) Stampa:

OFFICINE GRAFICHE i. c.

Davide e Livio Restelli, Tommaso Spagna e Maria Piera Beschi Rappelli per la preziosa collaborazione; il Prof. Alberto Cottino per la consulenza iconografica e per aver sempre creduto in questo progetto; il Prof. Carlo Fontana per i suggerimenti sintattici; gli allievi della 2a C del Liceo “Newton” di Chivasso, della 2a D e della 3a D del Liceo “Gioberti” di Torino (anno scolastico 1996-1997) per avere fatto da cavie a questo esperimento; Rebecca e Gattetta per le loro ricorrenti passeggiate sulla tastiera del computer, alle quali attribuiamo senz’altro eventuali sviste tipografiche.

PRECISAZIONE PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA L’Editore, nell’ambito delle leggi internazionali sul copyright è a disposizione degli aventi diritto non potuti rintracciare. I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i paesi. a

1 edizione: Giugno 1997 Ristampa: 5 4 3 2 1

2001 2000 1999 1998 1997

© SIGNUM SCUOLA Via Sansovino, 243/22 10151 Torino

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Questo libro è frutto di un lavoro eseguito rigorosamente “a quattro mani”, né potrebbe essere diversamente, per evidenti esigenze di omogeneità di risultato. Tuttavia sono da attribuire in particolare: a Enrica Ciabatti le due schede di metodo e le schede di sintassi n. 3, 12, 15, 17, 20, 27, 28, 29, 31; inoltre la scelta, l’analisi e la traduzione dei seguenti brani: 17-20, 22-26, 31-39, 41-51, 58, 63-73, 85-89, 9195, 99, 101, 102; a Adriana Mastrota l’introduzione, i due esempi di applicazione della scheda di metodo, le schede di sintassi n. 1, 2, 4-13, 14, 16, 17, 18, 19, 21-26, 30; inoltre la scelta , l’analisi e la traduzione dei seguenti brani: 1-16, 21, 27-30, 40, 52-57, 59-62, 74-84, 90, 96-98, 100.


PRESENTAZIONE

Q

uesto libro è nato con lo scopo concreto di aiutare seriamente gli studenti a capire i meccanismi della traduzione delle lingue classiche (qui in particolare del latino), evitando di somministrare loro una noiosa sequenza di regole grammaticali, che hanno la prerogativa di scoraggiare allievi anche volenterosi senza consentire loro miglioramenti sensibili o tali da giustificare l’enorme sforzo profuso. Nella lunga esperienza accumulata durante i nostri anni di insegnamento, ci siamo rese conto che l’allievo, per quanto assistito costantemente in classe dall’insegnante, a casa si trova solo con i suoi dubbi, senza la possibilità di controllare se ha commesso degli errori e perché. È così maturata in noi l’idea di metterci finalmente dalla parte dello studente, di capire a fondo i suoi problemi e di aiutarlo a venirne fuori, di accompagnarlo diciamo “per mano” attraverso le strutture delle lingue classiche, di dargli insomma una possibilità, senza accusarlo di pigrizia, di svogliatezza o, peggio ancora, di scarse capacità. Tradurre un brano di latino non è un privilegio riservato a pochi individui dotati di intelligenza superiore al normale: ognuno di noi può farlo, purché abbia voglia di impegnarsi un po’ e accetti con umiltà di lasciarsi guidare nell’acquisizione di un metodo di analisi rigoroso. Sappiamo bene che esistono vari metodi di traduzione, ma alcuni di questi si presentano in modo astruso e spesso sono chiari solo a chi sa già tradurre.

Perciò abbiamo operato la nostra scelta tenendo conto della semplicità applicativa del metodo e soprattutto dopo averlo sperimentato con un certo successo sui nostri allievi. Tale metodo si articola in dieci punti di facile comprensione e permette allo studente di eseguire, con opportuni accorgimenti, l’analisi del periodo con il sistema delle parentesi, lo stesso che egli ha già imparato a conoscere in matematica, nel calcolo delle espressioni. Il nostro intento però non è quello di proporre un metodo teorico, che rischierebbe come tutti gli altri di non essere forse nemmeno letto, bensì quello di dimostrare praticamente come il metodo in questione si applichi, riproducendo le operazioni che l’allievo deve eseguire quando si trova di fronte ad una traduzione e spiegando perché alcune soluzioni siano accettabili e altre no. Abbiamo quindi articolato questo lavoro in alcune sezioni, a cui abbiamo premesso: – una scheda di metodo in dieci punti (il linguaggio è volutamente semplice, perché possa essere compreso facilmente); – l’analisi dettagliata di due versioni, come esemplificazione del metodo (tuttavia durante il percorso lo studente ne incontrerà altre quattro alternate a quelle corredate da sole note). 3


Le sezioni sono quattro: I I TESTI: UN’AMPIA SCELTA DI BRANI,

organizzati per autori, con particolare attenzione ai prosatori che normalmente si traducono nell’ultimo anno della scuola secondaria superiore e i cui testi presentano un discreto livello di complessità sintattica e interpretativa. I brani sono disposti in ordine crescente di difficoltà per ciascuno degli autori riportati. Ogni testo è accompagnato da poche righe di contestualizzazione e dall’indicazione del livello di difficoltà; sono inoltre evidenziati i principali argomenti grammaticali da ripassare prima di affrontare la traduzione. II LE ANALISI:

con il sistema delle parentesi, corredati da un congruo numero di note che mettono lo studente in guardia dai più comuni rischi di fraintendimento.

GLI STESSI BRANI ANALIZZATI

III LE TRADUZIONI: I BRANI PRECEDENTI TRADOTTI NEL MODO PIÙ LETTERALE POSSIBILE, che permette

allo studente, dopo aver eseguito una versione da solo, di chiarire i punti oscuri, di correggere gli eventuali errori e di verificare se il suo lavoro può essere considerato più o meno soddisfacente. IV LE SCHEDE SINTATTICHE:

schematiche ma precise, di facile consultazione e di immediata visualizzazione, atte a richiamare alla memoria i principali costrutti.

UNA RACCOLTA DI SCHEDE

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L’allievo, dopo aver letto attentamente la scheda di metodo e dopo aver seguito l’analisi della versione esemplificativa, è libero di adottare diverse strategie di comportamento, personalizzando quindi il proprio metodo di lavoro ed imparando così a valutare in itinere il livello di abilità traduttiva progressivamente raggiunto: – può scegliere un brano dalla prima sezione e tradurlo da solo, applicando semplicemente le nostre indicazioni circa il ripasso della sintassi; – può, se incontra difficoltà sintattiche o interpretative, cercare il brano analizzato e corredato da note nella seconda sezione e chiarire la maggior parte dei suoi dubbi; – se nemmeno così riesce a risolvere tutti i suoi problemi, può andare alla terza sezione e consultare la nostra traduzione. Con un po’ di impegno e non cedendo mai allo sconforto, a poco a poco lo studente si abituerà ad analizzare il testo in modo corretto, non avrà forse più bisogno di ricorrere alla seconda sezione e gli basterà confrontare direttamente la sua traduzione con la nostra per capire quale sia il livello del suo lavoro. Come si può facilmente comprendere dal piano dell’opera, questo libro non vuole affatto essere il normale testo di versioni, bensì un mezzo specifico per assistere l’allievo nell’esercizio costante di cui ha bisogno per diventare un buon traduttore e anche per imparare finalmente ad amare il latino, la lingua in cui affonda le sue radici il nostro italiano.


ALCUNI SUGGERIMENTI PER L’APPLICAZIONE DI UNA CORRETTA TECNICA TRADUTTIVA

Ti chiediamo di leggere la scheda di metodo con pazienza (nove

pagine non sono poi tante per imparare a tradurre!) e buona volontà, senza scoraggiarti mai di fronte ad eventuali difficoltà. Tu dovresti già conoscere nelle linee generali la sintassi latina, che hai studiato per alcuni anni: però noi sappiamo molto bene che questo non ti basta per tradurre con esiti positivi. Oltre alle regole devi imparare i meccanismi che consentono di riconoscere, nel brano che devi tradurre, tutto quello che hai imparato in teoria. Noi te li suggeriamo qui, usando parole semplici e fornendoti lungo il percorso qualche esempio per maggior chiarezza. Vogliamo insegnarti in poche parole a visualizzare tutta la struttura sintattica del brano e quindi ad evitare quegli errori che ti fanno tradurre tutt’altro rispetto al testo, dandoti la sgradevole sensazione di “non capirci niente”. All’inizio forse le operazioni che ti chiediamo di fare ti sembreranno lunghe e potrai essere tentato di arrenderti perché, secondo te, “stai perdendo un sacco di tempo”, ma non è così: se riuscirai a superare questa prima fase, si apriranno di fronte a te nuovi orizzonti e ti accorgerai che sarai in grado di capire meglio il testo anche ad una prima lettura e di tradurlo in breve tempo, perché il significato di molti vocaboli ti si chiarirà intuitivamente grazie ai collegamenti che avrai imparato a fare. Inizia dunque con fiducia questo lavoro e ripeti a te stesso, con la massima convinzione possibile, che saper tradurre un brano di latino non è un privilegio riservato a poche menti elette, né tanto meno geniali, bensì un’operazione che ogni individuo fornito di intelligenza assolutamente normale è in grado di compiere. Tu possiedi già nella tua mente lo schema delle strutture grammaticali di una lingua, quella che parli correntemente: tale schema è applicabile anche alle lingue classiche. Vinci dunque la diffidenza e la paura che ti ostacolano e ricordati che la soddisfazione di ottenere risultati positivi nel proprio lavoro è davvero grande: perciò vale la pena di impegnarsi; e poi... ci siamo noi ad assisterti! N. B.: troverai questa stessa scheda da pag. 15 a pag. 17, riassunta nei punti essenziali. Potrai staccarla, se vorrai, e tenerla magari nel vocabolario per consultarla velocemente in caso di bisogno. Ricordati, però, che prima devi studiare la scheda in nove pagine, dove tutto è spiegato nel dettaglio: saltarla non ti conviene.

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SCHEDA DI METODO 1 Metti da parte il vocabolario e, per il momento, dimènticatene. Leggi attentamente il titolo del brano: ti servirà per capire l’argomento di cui si parla. Con altrettanta attenzione osserva, se c’è, il nome dell’autore e cerca di farti venire in mente tutto quello che eventualmente sai su di lui e sulle sue opere.

2 Leggi attentamente un paio di volte il brano

e cerca di capire a grandi linee quale sia il contenuto (questo, per il latino, è sempre possibile). Cerca in particolare gli eventuali nomi propri, che ti faranno capire quanti e quali siano i personaggi in azione e, magari, in quale località sia ambientato il fatto descritto. Se non avrai capito molto, non preoccuparti: è normale, se non conosci il significato di un buon numero di vocaboli. A questo punto non afferrare il vocabolario come se fosse la tua unica àncora di salvezza: il vocabolario non sa tradurre, è solo uno strumento che dovrai imparare ad usare nel modo giusto: in caso contrario, potrebbe indurti a commettere molti errori. Prendi dunque una matita e inizia con razionalità l’analisi del testo.

3 Per prima cosa suddividi il brano in periodi, separandoli con sbarrette verticali. In termini pratici, un periodo si riconosce dal fatto di essere racchiuso tra due “punti fermi” (dunque: punto « . », punto e virgola « ; », due punti « : », punto interrogativo « ? », punto esclamativo « ! ». Rimane esclusa la virgola). Es.: Qui pavor hic, qui terror, quae oblivio animos cepit? ❘❘ Nempe iidem sunt hi hostes quos vincendo et victos sequendo priorem aestatem absumpsistis, quos hesterno die nec iter facere nec castra ponere passi estis. ❘❘ Quid haec nox, quid hic dies attulit? ❘❘ Vestrae copiae imminutae sunt an illorum auctae? (LIVIO 27. 13). Che paura è questa, quale terrore, quale dimenticanza si è impadronita del (vostro) animo? ❘❘ Eppure questi nemici sono gli stessi che avete sbaragliato l’estate scorsa vincendoli e inseguendoli dopo averli vinti, (gli stessi) a cui nella giornata di ieri non avete permesso né di marciare né di porre l’accampamento. ❘❘ Che cosa ha portato questa notte, che cosa questo giorno? ❘❘ Sono forse diminuite le vostre truppe o sono aumentate le loro?

4 Prendi in esame il primo periodo: conta i verbi presenti in esso ed evidenziali (possibilmente con un evidenziatore). ✔ RICORDATI CHE ad ogni verbo corrisponde una frase, senza contare però i servili; per quanto riguarda i verbi fraseologici (“cominciare a”, “sforzarsi di”, “essere costretto a”, etc.), li considererai come servili tutte le volte che reggono un infinito con cui hanno identità di soggetto (es.: conatus sum hoc facere = ho tentato di fare). Per le forme nominali del verbo dovrai valutare caso per caso quali di esse fungano da semplici complementi e quali invece rappresentino dei veri predicati verbali.

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Non sempre ti sarà facile riconoscerne subito la funzione: spesso potrai riuscirci solo dopo attenta analisi. Es.: Cunctando restituit rem (CICERONE Off. 1. 24. 84). Temporeggiando (= con il temporeggiare) salvò lo Stato. In questo caso il gerundio cunctando equivale ad un complemento di mezzo. Es.: Ad classis aedificandas... Aristides delectus est (NEPOTE Arist. 3. 1). Aristide fu scelto per allestire la flotta. In questo caso ad aedificandas costituisce una proposizione finale e quindi il gerundivo è usato in funzione verbale.

5 Identifica subito dopo gli introduttori

(vedi poco oltre lo schema riassuntivo), evidenziandoli con un circoletto: anche ad ogni introduttore corrisponde una frase. Poiché però la principale non ha mai introduttore (fatta eccezione per le interrogative e le esclamative, il cui introduttore non va evidenziato), ricordati che il numero degli introduttori dovrà sempre essere inferiore almeno di un’unità a quello dei verbi. Ricorda, inoltre, che anche le proposizioni implicite (infinitive, ablativo assoluto, participio congiunto etc.) non hanno introduttore, come ti sarà spiegato meglio in seguito.

Es.: Xenocrates, (cum legati ab Alexandro quinquaginta ei talenta attulissent), (quae erat pecunia temporibus illis Athenis praesertim maxuma), abduxit legatos ad cenam in Academiam (CICERONE Tusc. 5. 32). Senocrate, dopo che i legati gli avevano portato, da parte di Alessandro, cinquanta talenti, che costituivano una cospicua somma di denaro per quei tempi, soprattutto ad Atene, condusse i legati a cena nell’Accademia. In questo periodo si contano tre verbi e due introduttori: dunque vi sono tre proposizioni, di cui una principale senza introduttore e due subordinate, con l’introduttore da noi evidenziato in grassetto. Gli introduttori sono: a. le congiunzioni (coordinanti e subordinanti).

✔ RICORDATI CHE le congiunzioni coordinanti sono, concettualmente, solo tre, e cioè e, o, ma e tutti i loro equivalenti. Le altre congiunzioni e gli altri introduttori sono tutti subordinanti. Non dimenticare che spesso la virgola equivale ad una congiunzione copulativa (es.: “mangia, beve, dorme”). Attento però alle “e” e alle virgole che collegano, anziché verbi, altre funzioni logiche all’interno della stessa proposizione, ad esempio due sostantivi (“il gatto e il cane”) o due aggettivi (“bello e buono”): non devi 7


prenderle in considerazione. Ricordati inoltre che la coordinazione è come la somma: si possono coordinare soltanto elementi fra loro omogenei (participi con participi, congiuntivi con congiuntivi, ecc.); b. i pronomi e gli avverbi relativi (compresi i pronomi, gli aggettivi e gli avverbi relativi-indefiniti); c. i pronomi, gli aggettivi e gli avverbi interrogativi; d. le particelle interrogative (-ne, num, nonne, an...), solo nelle interrogative indirette.

✔ RICORDATI CHE gli altri pronomi ed avverbi, come pure le preposizioni, non sono introduttori! Perciò, se non rammenti esattamente quali siano le congiunzioni, i pronomi relativi, quelli interrogativi e le particelle interrogative, ripassali accuratamente.

6 Ora sforzati di mettere in relazione ciascun introduttore con il suo verbo.

Tieni presente che, finché non sarai riuscito a fare questo, non avrai praticamente alcuna possibilità di venire a capo della traduzione. Si tratta dunque della fase più delicata ed importante, assolutamente non facoltativa, del tuo lavoro.

PER AVERE SUCCESSO, PROVA A PROCEDERE COSÌ: I) Impara a ragionare in termini matematici: racchiudi tra parentesi le singole proposizioni che hai individuato. Di regola le parentesi si aprono prima di ogni introduttore e si chiudono dopo un verbo o dopo i complementi ad esso relativi. Solo in casi eccezionali, quasi sempre dovuti a ragioni di stile (anàstrofi o ipèrbati), un vocabolo può trovarsi prima dell’introduttore o comunque al di fuori della parentesi alla quale appartiene: in tal caso sarà necessario riportarlo al suo interno per poter analizzare correttamente la frase. Il caso più comune è quello di un monosillabo che precede la congiunzione subordinante all’inizio di un periodo: Es.: Id cum fecisset = cum id fecisset (“avendo fatto ciò”). Una volta poste, le parentesi rappresentano barriere invalicabili: non bisogna assolutamente mescolare i vocaboli racchiusi entro una parentesi (cioè appartenenti ad una proposizione) con quelli che si trovano al di fuori di essa (in quanto appartenenti ad un’altra proposizione). Il traduttore che collegasse introduttori e verbi a casaccio si comporterebbe esattamente come un matematico che, dopo avere aperto una parentesi quadra, la chiudesse con una tonda e viceversa, ed eseguisse poi i calcoli mescolando gli elementi appartenenti all’una ed all’altra parentesi: con quali risultati, puoi immaginarlo da solo.

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Nel definire le parentesi, ti si potranno presentare due casi diversi, di cui il secondo (che è il più comune) potrà metterti in difficoltà: a) dopo un introduttore, e prima di incontrarne un altro, trovi il verbo che si riferisce ad esso: in altri termini, ad ogni parentesi che si apre fa séguito la parentesi che si chiude. Le parentesi sono perciò tutte tonde e le frasi risultano allineate. Si tratta della struttura sintattica più semplice in cui ti possa capitare di imbatterti. Es.: Bellum scripturus sum, (quod populus Romanus cum Iugurtha rege Numidarum gessit), (primum quia magnum et atrox variaque victoria fuit), (dehinc quia tunc primum superbiae nobilitatis obviam itum est). (SALLUSTIO Jug. 5). Mi accingo a narrare la guerra che il popolo romano combatté contro Giugurta, re dei Numidi, prima di tutto perché fu lunga e sanguinosa e combattuta con alterne vicende [di alterna vittoria], poi perché allora per la prima volta si tenne testa alla superbia della nobiltà. (QUATTRO VERBI, TRE INTRODUTTORI).

b) dopo un introduttore, prima di incontrare il verbo ad esso relativo, trovi un altro introduttore: in altre parole, ad una parentesi che si apre fa séguito un’altra parentesi che si apre. Le frasi ne risultano intrecciate, ossia incastrate l’una dentro l’altra. In questo caso devi fare molta attenzione a stabilire i giusti collegamenti sintattici: le parentesi tonde non bastano più, ma dovrai servirti anche delle quadre e, se necessario, delle graffe. Le aprirai e le chiuderai esattamente come in matematica, ricordando che la prima a chiudersi è quella che hai aperto per ultima, secondo il ben noto schema:

{...[...(........)...]...} Es.: Praeclare dicebat Socrates (viam proximam et quasi compendiariam ad gloriam esse) (si quis ageret) [ut (qualis haberi vellet) talis esset]. (CIC. Off. 2. 13). Diceva molto bene Socrate che la via più breve e per così dire la scorciatoia (per giungere) alla gloria, è di fare in modo [se qualcuno facesse in modo] di essere tale quale uno vorrebbe essere stimato. Osserva, nella parte finale del periodo, come l’ultima parentesi che abbiamo aperto (con l’introduttore qualis) sia la prima che abbiamo chiuso (con il verbo vellet). Sarebbe gravissimo collegare, ad esempio, l’introduttore ut con il verbo vellet! È appunto da errori di questo genere, assai comuni, che devi imparare a guardarti.

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Es.: In reliquis vitae institutis hoc fere ab reliquis differunt, {quod [suos liberos, (nisi cum adoleverunt), (ut munus militiae sustinere possint), palam ad se adire] non patiuntur}. (CESARE B.G. 6. 18). Nelle altre abitudini di vita si differenziano dagli altri quasi solo in questo, che non permettono che i figli si accostino loro in pubblico se non quando hanno raggiunto un’età (tale) da poter sostenere il servizio militare. Da questo tipo di analisi puoi notare immediatamente che l’introduttore quod è legato al verbo non patiuntur e che suos liberos è il soggetto dell’oggettiva che ha come verbo adire; incastrate nell’oggettiva si trovano altre due proposizioni. N.B.: Talvolta, sia pur molto raramente, il periodo è così complesso che le tre suddette parentesi non sono sufficienti: in questo caso userai un segno convenzionale, ad esempio una doppia graffa: {{…}} (vedi versione n. 87). II) Per realizzare correttamente i collegamenti, tieni presente che: a. la parentesi è obbligatoria davanti agli introduttori; b. due verbi (di cui uno non sia servile) vanno comunque separati con una parentesi; c. i verbi di modo indefinito non hanno introduttore subordinante, anche se possono essere fra loro coordinati; d. la principale si riconosce procedendo per esclusione: non ha introduttore (fanno eccezione, come abbiamo già detto, le interrogative e le esclamative, in genere facili da riconoscere) e il suo verbo è solitamente di modo finito; essa non va posta fra parentesi, ma sarà bene sottolinearla per renderla evidente; e. bisogna trovare ragionando il punto in cui iniziano le frasi senza introduttori. L’operazione non sempre risulta facile.

✔ RICORDATI PERÒ CHE : – le infinitive cominciano per lo più con il soggetto in accusativo; – degli ablativi assoluti, facili da riconoscere per la loro struttura caratteristica (soggetto e participio in caso ablativo), fa parte in genere tutto ciò che si trova racchiuso fra il soggetto ed il participio; – i participi congiunti, anche se possono essere svolti con una proposizione subordinata, non devono essere messi subito fra parentesi: l’operazione da compiere immediatamente è quella di identificare l’elemento con cui essi concordano in genere, numero e caso (e del quale sono in pratica attributi). Quali complementi essi reggano (e, di conseguenza, dove vadano poste le parentesi) diviene chiaro, in genere, solo traducendo.

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7 Numera ora progressivamente le frasi (noi, per ragioni di spazio, proporremo soltanto un brano con la numerazione delle frasi, mentre tutti gli altri avranno solo le parentesi). Se il periodo è costituito da frasi “intrecciate”, troverai necessariamente alcune frasi spezzate in due o più tronconi: in questo caso assegnerai ai vari tronconi lo stesso numero, aggiungendovi però le lettere dell’alfabeto (es.: 1a, 1b, 1c). Riprendiamo in esame l’esempio riportato sopra: 1 2 Praeclare dicebat Socrates (viam proximam et quasi compendiariam ad gloriam esse) 3 4a 5 4b (si quis ageret) [ut (qualis haberi vellet) talis esset].

Sai che il numero dei verbi deve coincidere esattamente con quello delle frasi; sai anche che ad ogni introduttore corrisponde una frase: i conti tornano? Se sì, sei sulla buona strada; se no, o hai sbagliato qualche collegamento, o c’è un verbo sottinteso, e devi cercare di scoprire dove e quale. Non sempre puoi riuscirci di primo acchito; tuttavia potrà esserti utile ricordare che: – se, nonostante tutti i tuoi sforzi per operare i giusti collegamenti, un introduttore è rimasto in sospeso, è probabile che il verbo sottinteso sia quello relativo ad esso; – se l’autore sottintende un verbo, vuol dire che lo dà per scontato: dunque, o esso è di uso comunissimo (quasi sempre il verbo sum), oppure è già stato usato in una frase precedente, oppure verrà usato in una frase immediatamente successiva (eventualità piuttosto comune in latino); – l’ablativo assoluto che non ha il participio (es.: Cicerone consule) sottintende in pratica il verbo sum.

8 Soltanto adesso puoi armarti di vocabolario ed accingerti a tradurre. In questa prima fase non devi preoccuparti dell’eleganza formale, che rappresenta una conquista successiva, ma piuttosto della correttezza grammaticale della traduzione (anche se ne dovesse risultare una resa in italiano “brutta” e un po’ faticosa) e soprattutto della coerenza logica del testo; per assicurare quest’ultima, purtroppo, non esistono regole, ma esiste in compenso uno strumento potentissimo: la tua intelligenza. Sarà questa, e solo questa, a far “funzionare” il vocabolario, e non certo il contrario: il vocabolario non può aiutarti a tradurre più di quanto un pianoforte possa aiutarti a suonare.

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✔ RICORDATI CHE non si cerca mai a casaccio, ma si deve avere già un’idea abbastanza precisa di ciò che un certo vocabolo “deve” significare: il contesto, infatti, orienta già le tue scelte verso una serie molto limitata di significati possibili. Se, per esempio, leggo: “il ragazzo ... velocemente a casa”, so già che la parola mancante è un verbo di “andare”. Il vocabolario non dovrà fare altro che darmi conferma o smentita di quanto suppongo ed aiutarmi a cogliere meglio le sfumature di significato. Fissa subito per iscritto ogni frase man mano che traduci, di modo che ti sia possibile controllare se le affermazioni successive risultino sensate in relazione a quanto precede. Prendi dunque in considerazione ogni singola frase che hai isolato ed osserva subito il verbo, che ne costituisce il fulcro; abìtuati a porre al verbo una serie di domande: rispondere correttamente a queste domande è il “segreto” per impadronirsi della struttura logica portante della frase e non essere costretti a procedere a tentoni nella ricerca sul vocabolario. Le domande andrebbero poste nell’ordine che segue: a. DA QUALE VERBO DERIVA LA FORMA VERBALE IN QUESTIONE? Ne ricordi il paradigma? In caso contrario, consulta attentamente il vocabolario: questa domanda è infatti preliminare a tutte le altre; b. QUAL È IL MODO? È fondamentale capirlo subito: solo mettendo in relazione l’introduttore ed il modo, infatti, potrai comprendere la funzione sintattica della frase, almeno a grandi linee (ad esempio, un cum con il congiuntivo può essere temporale, causale, concessivo o avversativo, ma un cum con l’indicativo è solo temporale): finché non hai capito questo, è inutile proseguire; c. QUAL È LA PERSONA? È singolare o plurale? Attenzione: la risposta a questa domanda ti consente di identificare il soggetto! d. IL VERBO È TRANSITIVO O INTRANSITIVO? Saperlo ti servirà a rintracciare la presenza di un eventuale complemento oggetto, o ad escluderla a priori; e. QUAL È LA DIÀTESI (ATTIVA, PASSIVA, DEPONENTE)? Anche questo serve per identificare un complemento oggetto, o viceversa un complemento d’agente; f. QUAL È IL TEMPO? Ricordati che va reso con la massima precisione: lo sappiamo che ti sembrano quisquilie, ma devi renderti conto che il pressappochismo è un abito mentale deleterio per il latino;

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g. QUAL È L’ASPETTO O QUALITÀ DELL’AZIONE? È durativa (= còlta nel suo svolgimento)? È momentanea (= considerata come fatto in sé e per sé, indipendentemente dalla sua durata)? È perfettiva (= vista nella sua compiutezza o nel perdurare dei suoi effetti)? Bada che questa nozione, per lo più ignorata, è di estrema importanza! Se io dico “l’anno scorso andavo al mare” e “l’anno scorso andai al mare”, non è il momento temporale che è diverso (è sempre l’anno scorso!), ma la qualità dell’azione: durativa nel primo caso (andavo = andavo abitualmente), momentanea nel secondo (andai = andai una sola volta); dunque ricordati che, per esempio, non puoi scambiare l’imperfetto con il perfetto o viceversa; h. QUANTE E QUALI SONO LE VALENZE DEL VERBO, IN BASE AL SUO SIGNIFICATO? In altre parole: quanti complementi esige necessariamente? (Ovviamente, se non sai il significato del verbo, è questo il momento di cercarlo sul vocabolario).Vuole solo il soggetto, come “correre”? Oppure esige anche un secondo complemento, come “mangiare” (che avrà un oggetto) o “sembrare” (che avrà un predicativo del soggetto)? Oppure ne pretende altri due, come “dare” (che avrà un oggetto e un complemento di termine) o “eleggere” (che avrà un oggetto e un predicativo dell’oggetto)? O magari non ha bisogno neppure del soggetto, come “piove”? Dando risposta a questi interrogativi, saprai già quanti e quali complementi cercare nei paraggi del verbo (oltre, naturalmente, a quelli non necessari, che l’autore aggiunge per fornire maggiori indicazioni); i. QUALI SONO LE REGGENZE DEL VERBO, OVVERO CON QUALI CASI SI COSTRUISCE? Per rispondere a questa domanda non potrai fare a meno di consultare, e con estrema attenzione, il vocabolario: in parecchi casi, infatti, le reggenze non sono per nulla intuitive (pensa, ad esempio, al verbo invidere, che regge il dativo); senza contare che alcuni verbi latini cambiano significato a seconda delle diverse reggenze (vedi per esempio consulo o peto). Ora “costruisci” tutta la frase intorno al verbo, senza mai perdere di vista la corrispondenza tra casi e complementi, e prova a tradurla. Come ti abbiamo già suggerito, fissala subito per iscritto. Mantieni però sempre un atteggiamento mentale sereno ed elastico, in modo da essere pronto ad operare eventuali “aggiustamenti” in rapporto al contesto. Ricordati che nulla è nemico della traduzione come la rigidità mentale. Una volta tradotte tutte le frasi del periodo, rileggile con attenzione, per verificare se il brano abbia senso, sia in sé, sia in relazione alle considerazioni fatte ai punti 1 - 2. Se ti accorgi che qualcosa non va, che c’è qualche stonatura, contraddizione o insensatezza, torna indietro e prova a identificare il punto preciso in cui avviene il “salto” logico: lì, evidentemente, hai commesso un errore. Prova a correggerlo subito; se però non ci riesci, prosegui nella traduzione: ciò che avrai tradotto ti sarà di aiuto per comprendere anche i passi precedenti.

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19 9 Passa al prossimo periodo e ripeti la procedura descritta ai punti 4 - 8. 10 Terminata questa prima traduzione, rileggila bene per vedere se vi sono incongruenze. Quando sei abbastanza sicuro del significato, è il momento di passare alla delicata fase della resa formale: ritrascrivi il testo (di solito, a questo punto, in bella) nella forma più corretta, fluida ed elegante di cui sei capace, e soprattutto nel modo che ti sembra più aderente alle intenzioni dell’autore. Elimina le espressioni che senti esotiche e faticose. Ricordati che non esiste “la” traduzione: fermo restando il rispetto del significato, la resa finale è in gran parte un fatto di gusto personale, e come tale strettamente soggettivo.

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SCHEDA RIASSUNTIVA DI METODO QUESTA SCHEDA È STACCABILE

1

Non toccare il vocabolario e leggi attentamente il titolo del brano, per capire l’argomento di cui si parla.

2

Leggi attentamente un paio di volte il brano e cerca di capire a grandi linee quale sia il contenuto.

3

Suddividi il brano in periodi, separandoli con sbarrette verticali. Un periodo è racchiuso tra due “punti fermi”: punto, punto e virgola, due punti, punto interrogativo, punto esclamativo.

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Prendi in esame il primo periodo: conta i verbi presenti in esso ed evidenziali. Ricordati che ad ogni verbo corrisponde una frase (esclusi i servili); per quanto riguarda i verbi fraseologici (“cominciare a”, “sforzarsi di”, “essere costretto a”, etc.), li considererai come servili tutte le volte che reggono un infinito con cui hanno identità di soggetto. Per le forme nominali del verbo dovrai valutare caso per caso quali di esse fungano da semplici complementi e quali invece rappresentino dei veri predicati verbali.

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Identifica subito dopo gli introduttori evidenziandoli con un circoletto: anche ad ogni introduttore corrisponde una frase. Poiché però la principale non ha introduttore, ricordati che il numero degli introduttori dovrà sempre essere inferiore almeno di un’unità a quello dei verbi. Anche le proposizioni implicite (infinitive, ablativo assoluto, participio congiunto etc.) non hanno introduttore. Gli introduttori sono: a. le congiunzioni (coordinanti e subordinanti); b. i pronomi e gli avverbi relativi (compresi i pronomi, gli aggettivi e gli avverbi relativi-indefiniti); c. i pronomi, gli aggettivi e gli avverbi interrogativi; d. le particelle interrogative (-ne, num, nonne, an...) nelle interrogative indirette. ✔ RICORDATI CHE gli altri pronomi ed avverbi, come pure le preposizioni, non sono introduttori!

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Metti in relazione ciascun introduttore con il suo verbo. Procedi così: I) Racchiudi tra parentesi le singole proposizioni che hai individuato. Di regola le parentesi si aprono prima di ogni introduttore e si chiudono dopo un verbo o dopo i complementi ad esso relativi.

Per le eccezioni, controlla la scheda di metodo completa. Una volta poste, le parentesi rappresentano barriere invalicabili: non bisogna

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assolutamente mescolare i vocaboli racchiusi entro una parentesi (cioè appartenenti ad una proposizione) con quelli che si trovano al di fuori di essa (in quanto appartenenti ad un’altra proposizione). Nel definire le parentesi, ti si potranno presentare due casi diversi: a) dopo ogni introduttore trovi subito il verbo che si riferisce ad esso. Le parentesi sono perciò tutte tonde e le frasi risultano allineate. b) dopo un introduttore, prima di incontrare il verbo ad esso relativo, trovi un altro introduttore. Le frasi ne risultano intrecciate. In questo caso le parentesi tonde non bastano più, ma dovrai servirti anche delle quadre e, se necessario, delle graffe. Le aprirai e le chiuderai esattamente come in matematica, ricordando che la prima a chiudersi è l’ultima che hai aperto, secondo il ben noto schema:

{...[...(........)...]...} N.B.: Talvolta, sia pur molto raramente, il periodo è così complesso che le tre suddette parentesi non sono sufficienti: in questo caso userai un segno convenzionale, ad esempio una doppia graffa: {{…}}. II) Per realizzare correttamente i collegamenti, tieni presente che: a. la parentesi è obbligatoria davanti agli introduttori (salvo in caso di anàstrofe o di ipèrbato); b. due verbi (di cui uno non sia servile) vanno comunque separati con una parentesi; c. i verbi di modo indefinito non hanno introduttore subordinante, anche se possono essere fra loro coordinati; d. la principale si riconosce procedendo per esclusione: non ha introduttore (fanno eccezione le interrogative e le esclamative, in genere facili da riconoscere) e il suo verbo è solitamente di modo finito; essa non va posta fra parentesi, ma sottolineata. e. bisogna trovare ragionando il punto in cui iniziano le frasi senza introduttori: – le infinitive cominciano per lo più con il soggetto in accusativo; – degli ablativi assoluti fa parte in genere tutto ciò che si trova racchiuso fra il soggetto ed il participio; – per i participi congiunti occorre identificare subito il sostantivo con cui essi concordano in genere, numero e caso (e del quale sono in pratica attributi).

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Numera ora progressivamente le frasi.

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Soltanto adesso puoi armarti di vocabolario ed accingerti a tradurre. Ricordati che non si cerca mai a casaccio, ma si deve avere già un’idea abbastanza precisa di ciò che un certo vocabolo “deve” significare in base al contesto. Prendi in considerazione ogni singola frase che hai isolato ed osserva subito il verbo, che ne costituisce il fulcro; abìtuati a porre al verbo una serie di domande, nell’ordine che segue: a. da quale verbo deriva la forma verbale in questione? b. qual è il modo? c. qual è la persona? d. il verbo è transitivo o intransitivo? e. qual è la diàtesi (attiva, passiva, deponente)? f. qual è il tempo? g. qual è l’aspetto o qualità dell’azione? h. quante e quali sono le valenze del verbo, in base al suo significato? In altre parole: quanti complementi esige necessariamente? i. quali sono le reggenze del verbo, ovvero con quali casi si costruisce? Consulta con estrema attenzione il vocabolario. Ora “costruisci” tutta la frase intorno al verbo, senza mai perdere di vista la corrispondenza tra casi e complementi, e prova a tradurla. Fissala subito per iscritto, controllando che abbia un senso logico compiuto, sia in sé, sia in rapporto al contesto.

Passa al prossimo periodo e ripeti la procedura descritta ai punti 4 - 8.

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Terminata questa prima traduzione, rileggila bene per vedere se vi sono incongruenze. Puoi passare ora alla resa formale.

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APPLICHIAMO INSIEME IL METODO IN DIECI PUNTI Proviamo ora insieme ad applicare al brano che segue il metodo in dieci punti contenuto nella scheda. CIÒ CHE È INEVITABILE PER TUTTI NON PUÒ ESSERE DOLOROSO PER UNO SOLO La morte è considerata liberazione da un carcere e unico mezzo per raggiungere la vera patria dell’anima. L’uomo non è stato creato per caso, né tanto meno per incontrare alla fine dei suoi giorni il peggiore dei mali.

Nos vero, si quid tale acciderit ut a deo denuntiatum videatur ut exeamus e vita, laeti et agentes gratias pareamus emittique nos e custodia et levari vinclis arbitremur, ut aut in aeternam et plane in nostram domum remigremus aut omni sensu molestiaque careamus; || sin autem nihil denuntiabitur, eo tamen simus animo, ut horribilem illum diem aliis nobis faustum putemus nihilque in malis ducamus quod sit vel a dis inmortalibus vel a natura parente omnium constitutum. || Non enim temere nec fortuito sati et creati sumus, sed profecto fuit quaedam vis quae generi consuleret humano nec id gigneret aut aleret quod, cum exanclavisset omnes labores, tum incideret in mortis malum sempiternum. || Portum potius paratum nobis et perfugium putemus. || Quo utinam velis passis pervehi liceat! || Sin reflantibus ventis reiciemur, tamen eodem paulo tardius referamur necesse est. || Quod autem omnibus necesse est, idne miserum esse uni potest? CICERONE, Tusc. 1. 49.

Il brano è di difficoltà medio-alta (segnalata convenzionalmente con il simbolo ). Dopo aver separato i periodi con due sbarrette (||), iniziamo l’analisi della struttura del brano seguendo il procedimento indicato nella scheda di metodo:

PRIMO PERIODO: Nos vero, si quid tale acciderit ut a deo denuntiatum videatur ut exeamus e vita, laeti et agentes gratias pareamus emittique nos e custodia et levari vinclis arbitremur, ut aut in aeternam et plane in nostram domum remigremus aut omni sensu molestiaque careamus; Come vedi, abbiamo sottolineato la principale, per non perderla di vista, e poi evidenziato gli introduttori in grassetto e i verbi di modo finito in grassetto corsivo. I participi e i verbi all’infinito sono stati evidenziati in corsivo. Calcolando il numero dei verbi di modo finito (sette) e il numero degli introduttori (sei) verifichiamo che il nostro periodo è formato da sette proposizioni esplicite, di cui una principale priva di introduttore; vi sono poi quattro verbi di modo indefinito, ma uno di essi, agentes, è chiaramente coordinato con un aggettivo (laeti), per cui si tratterà di una forma nominale; un altro, denuntiatum (sottinteso esse), è predicativo di videatur; avremo perciò due proposizioni implicite: dunque, nove proposizioni in tutto.

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Inseriamo ora le parentesi e numeriamo (la numerazione, se vuoi, puoi anche non metterla, perché già le parentesi individuano chiaramente le proposizioni; comunque, melius abundare quam deficere!): 1a 2 3 Nos vero, (si quid tale acciderit) (ut a deo denuntiatum videatur)

4 (ut exeamus e vita),

1b 5a 6 7 5b laeti et agentes gratias pareamus [et (emitti nos e custodia) (et levari vinclis) arbitremur], 8 9 (ut aut in aeternam et plane in nostram domum remigremus) (aut omni sensu molestiaque careamus); Esaminiamo dunque dettagliatamente il periodo: 1) Nos vero, (si quid tale acciderit): Nos vero fa parte della proposizione principale. La frase introdotta da si è una protasi di periodo ipotetico (se non ricordi le regole del periodo ipotetico, puoi ripassarle consultando la scheda 27). Per stabilirne il tipo, bisogna esaminare il tempo del suo verbo: purtroppo non è facile decidere con sicurezza se si tratti di un futuro anteriore o di un congiuntivo perfetto, in quanto le due forme verbali sono identiche; bisogna quindi fare una ulteriore indagine e scoprire la apodosi, che in questo caso corrisponde alla proposizione principale. Il verbo della principale è pareamus, un congiuntivo esortativo (che ci proietta idealmente verso il futuro, per cui è molto probabile che acciderit sia un futuro anteriore): acciderit indica una anteriorità rispetto al verbo principale sia che si tratti di un congiuntivo perfetto (nel caso sia accaduto = se accadrà qualcosa... obbediamo) sia che si tratti di un futuro anteriore (se sarà accaduto = se accadrà qualcosa... obbediamo): nel primo caso avremmo un periodo ipotetico misto simile a quello della eventualità in greco, la cui protasi si traduce bene in italiano con un futuro semplice; nel secondo caso avremmo un periodo ipotetico della realtà: la traduzione in entrambi i casi non cambia: la legge della anteriorità è rispettata, in quanto prima accade il fatto e poi si deve obbedire. Il pronome quid preceduto da si è indefinito e sta al posto di aliquid; l’aggettivo tale concorda con esso in genere, numero e caso. Consultando il vocabolario, scopriamo che accidit ut significa “accade che”: dunque il verbo, di per sé, introdurrebbe una completiva; in questo caso, però, dobbiamo fare i conti anche con tale, e, poiché sappiamo che tale ut significa “tale che (o da)”, la proposizione che segue è da considerarsi piuttosto come una consecutiva: Noi però, se ci accadrà qualcosa di tale... 2) (ut a deo denuntiatum videatur):

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sappiamo che si tratta di una proposizione consecutiva (puoi ripassarla consultando la scheda 23) con il verbo al congiuntivo come di regola; contrariamente al solito, però, dovremo tradurla con il congiuntivo anche in italiano, perché la conseguenza che essa esprime non è reale, ma solo ipotizzata. Il verbo videor richiede normalmente dopo di sé un infinito, che in questo caso è rappresentato da denuntiatum con esse sottinteso. Tale verbo è di forma passiva, per cui si giustifica la presenza del complemento d’agente a deo: controllando il significato sul vocabolario, vedrai che può reggere anch’esso una completiva introdotta da ut: (tale) che sembri che sia stato indicato dal dio... 3) (ut exeamus e vita): dunque questa frase è completiva con il verbo al congiuntivo. Exeo composto con la preposizione ex, vuole dopo di sé un complemento di moto da luogo qui rappresentato da ex vita: che usciamo dalla vita.. 4) laeti et agentes gratias pareamus: a questo punto dobbiamo tradurre la principale, di cui per altro abbiamo già tradotto il soggetto all’inizio del brano. Per il congiuntivo nelle proposizioni principali confronta la scheda 3. Poiché il soggetto è nos, l’aggettivo laeti in nominativo, trovandosi ad una notevole distanza da esso, non può essere un semplice attributo: ha infatti funzione predicativa e come tale deve essere tradotto dopo il verbo pareamus. Agentes, participio presente di ago, è coordinato con l’aggettivo laeti, il che costituisce una variatio sintattica, ed è quindi usato in funzione di aggettivo predicativo; inoltre è riferito al soggetto: perciò è traducibile con il gerundio semplice. L’espressione agere gratias significa “ringraziare”: obbediamo lieti e ringraziando (puoi sostituire al gerundio un aggettivo che abbia lo stesso significato, ad es. grati, riconoscenti)... 5) [et (emitti nos e custodia) (et levari vinclis) arbitremur]: la congiunzione enclitica -que (qui per comodità indicata con et) introduce una proposizione coordinata alla precedente, dunque alla principale, con il verbo nello stesso tempo e modo, congiuntivo esortativo. Arbitror, un verbo che significa “credere, pensare”, regge di norma una proposizione oggettiva (vedi la scheda 18) con il soggetto in accusativo e il verbo all’infinito: nos emitti e custodia et levari vinclis. Nos è il soggetto, emitti e levari sono infiniti passivi e sono accompagnati dai complementi di allontanamento e custodia e vinclis: e pensiamo che noi siamo liberati da un carcere e sciolti dalle catene... 6) (ut aut in aeternam et plane in nostram domum remigremus): non essendoci in precedenza alcun verbo che possa reggere una completiva, né alcun elemento che anticipi una consecutiva, è evidente che ut + congiuntivo presente indica

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in questo caso una proposizione finale (vedi scheda 22). Remigro è un verbo di movimento, per cui si giustifica il complemento di moto a luogo in aeternam et in nostram domum; l’avverbio plane va tradotto esattamente dove si trova, riferito cioè a nostram domum. Guarda con attenzione la posizione della congiunzione disgiuntiva aut: essa si trova dopo ut e segnala chiaramente che quell’ut introduce due finali coordinate tra loro, entrambe introdotte da aut: ut aut... remigremus aut... careamus: in italiano si tradurrà solo il secondo aut: affinché ritorniamo (ma in italiano è decisamente meglio tradurre: per ritornare) nella casa eterna e veramente nostra... 7) (aut omni sensu molestiaque careamus): questa proposizione, coordinata alla precedente, è anch’essa finale e ha il verbo nello stesso tempo e modo. Careo significa “mancare di, essere privo di”, perciò vuole un complemento di privazione (in ablativo semplice), omni sensu molestiaque: o per mancare di ogni sensibilità e fastidio. SECONDO PERIODO: sin autem nihil denuntiabitur, eo tamen simus animo, ut horribilem illum diem aliis nobis faustum putemus nihilque in malis ducamus quod sit vel a dis inmortalibus vel a natura parente omnium constitutum. Dai nostri soliti calcoli risultano cinque i verbi di modo finito e quattro gli introduttori: dunque in questo periodo si trovano cinque proposizioni esplicite, di cui una è la principale. Inseriamo le parentesi e i numeri: 1 (sin autem nihil denuntiabitur),

2 3 eo tamen simus animo, (ut horribilem illum diem aliis

4 5 nobis faustum putemus) (nihilque in malis ducamus) (quod sit vel a dis inmortalibus vel a natura parente omnium constitutum). Si distinguono, oltre alla principale, tre proposizioni subordinate e una coordinata. Esaminiamo le singole frasi: 1) (sin autem nihil denuntiabitur): sin introduce una proposizione ipotetica avversativa, rafforzata dalla presenza di autem anch’esso avversativo; il verbo di modo indicativo, tempo futuro semplice, ci rimanda

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ad una protasi di periodo ipotetico del primo tipo o della realtà. A questo punto, se ti ricordi (e tu sai che non devi assolutamente dimenticare quello che hai appena tradotto!), nella prima frase del primo periodo il verbo acciderit aveva dato qualche problema nell’identificazione del tempo e del modo. Adesso questo indicativo futuro in frase ipotetica, avversativa rispetto a si... acciderit, può confortare l’ipotesi del futuro anteriore per acciderit. Denuntiabitur è passivo e il suo soggetto è nihil: se invece non sarà indicato nulla... 2) eo tamen simus animo: questa è la principale, della stessa natura della principale del periodo precedente: funge cioè da apodosi. Simus è congiuntivo esortativo; eo animo è un ablativo di qualità (animus indica la disposizione d’animo, spesso il coraggio, quindi è facile che compaia come complemento di qualità, specialmente in presenza del verbo “essere”). L’aggettivo is, ea, id merita una particolare attenzione: infatti la proposizione seguente è introdotta da ut; quindi esso assume il significato di “tale” e l’ut puoi considerarlo in tutta tranquillità consecutivo (vedi scheda 23): siamo tuttavia di tale disposizione d’ animo... 3) (ut horribilem illum diem aliis nobis faustum putemus): abbiamo già appurato che questa frase è consecutiva; poiché c’è identità di soggetto con la proposizione reggente, è senza dubbio meglio renderla in italiano con la forma implicita da + infinito. Il verbo puto deve essere controllato con cura sul vocabolario, in quanto fa parte dei verbi estimativi (questi verbi dovresti conoscerli a memoria), e come tale può avere un doppio accusativo, quello del complemento oggetto e quello del predicativo dell’oggetto: in questo caso illum diem horribilem funge da complemento oggetto, l’aggettivo faustum funge da predicativo dell’oggetto. Ti domanderai come sia possibile capirlo. È semplice: ragionando senza perdere di vista il messaggio dell’autore, ogni altra traduzione diventa assurda. Prova a fare qualche tentativo: partendo dal presupposto che tra un sostantivo e un aggettivo è il sostantivo che funge da complemento oggetto, mentre l’aggettivo ha funzione predicativa, diem illum è senz’altro il complemento oggetto. A questo punto potresti essere indotto a pensare che i due aggettivi siano entrambi predicativi. La traduzione verrebbe così: ...quel giorno (lo) consideriamo orribile per gli altri e fausto per noi. Traduzione assurda, perché non siamo noi che lo consideriamo orribile per gli altri, bensì gli altri che lo considerano orribile per sé; noi invece dobbiamo considerarlo fausto per noi! Dunque solo faustum è predicativo. Molto significativa la posizione dei pronomi aliis e nobis contrapposti tra loro, ad indicare che di fronte alla morte la gente comune (aliis) e il sapiente (nobis) la pensano in modo opposto; sono legati entrambi ad un aggettivo (aliis è retto da horribilem; nobis è retto da faustum) ed hanno la funzione di dativi di relazione: (tale) da considerare fausto per noi quel giorno orribile per gli altri...

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4) (nihilque in malis ducamus): la proposizione è coordinata alla precedente, quindi anch’essa consecutiva. Il verbo ducamus è un congiuntivo presente che deve essere tradotto come il precedente putemus. Anche il verbo duco richiede attenzione durante la consultazione del vocabolario, poiché ha due significati fondamentali, “condurre” (= verbo di movimento accompagnato da un complemento di moto) e “stimare” (= verbo che ovviamente non è mai accompagnato da un complemento di moto): la scelta del significato in questa frase può cadere solo su “stimare”, perché in malis è un complemento di stato in luogo (figurato); nihil è il complemento oggetto, di genere neutro: e da non stimare tra i mali nulla... 5) (quod sit vel a dis inmortalibus vel a natura parente omnium constitutum): questa proposizione, introdotta dal pronome relativo, è ovviamente una relativa (vedi scheda 21), ma il verbo al congiuntivo deve indurre a riflettere: in italiano si tradurrà con l’indicativo o con il congiuntivo? Solo il senso ci può illuminare. Quod, essendo neutro, si riferisce a nihil della frase precedente; il verbo constitutum sit è un congiuntivo perfetto passivo: proviamo a tradurlo in italiano con lo stesso tempo e modo e si chiarirà anche il valore dell’intera proposizione: che sia stato stabilito; dunque si tratta di una relativa eventuale: infatti non è possibile sapere a priori che cosa eventualmente stabiliranno gli dèi. Vel... vel mettono in correlazione i due complementi d’agente a dis immortalibus e a natura; parente è apposizione di natura; omnium è il genitivo retto da parente; dunque: che sia stato stabilito dagli dei immortali o dalla natura madre di tutti. TERZO PERIODO: Non enim temere nec fortuito sati et creati sumus, sed profecto fuit quaedam vis quae generi consuleret humano nec id gigneret aut aleret quod, cum exanclavisset omnes labores, tum incideret in mortis malum sempiternum. Otto verbi di modo finito e sette introduttori: dunque in questo periodo si trovano otto proposizioni esplicite, fra cui la principale. Inseriamo le parentesi e i numeri: 1a 2 1b 3 Non enim temere nec fortuito sati (et creati) sumus, (sed profecto fuit quaedam vis) 4 5 6 7a 8 (quae generi consuleret humano) (nec id gigneret) (aut aleret) [quod, (cum exanclavisset 7b omnes labores), tum incideret in mortis malum sempiternum].

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Si distinguono, oltre alla principale, tre proposizioni subordinate e tre coordinate: 1) Non enim temere nec fortuito sati (et creati) sumus: è la principale con la sua coordinata, con il verbo all’indicativo perfetto passivo; temere e for– tuito sono due avverbi (non devi confondere temĕre con il verbo timere!) coordinati dal nec: infatti non siamo stati generati e creati a caso né per una combinazione... 2) (sed profecto fuit quaedam vis): sed introduce una proposizione coordinata alla principale di tipo avversativo, il cui verbo è anch’esso all’indicativo perfetto; profecto è un avverbio; quaedam vis è il soggetto. Fuit ha funzione di predicato verbale e non di copula, in quanto manca il predicato nominale: ma ci fu certamente una forza... 3) (quae generi consuleret humano): quae è un pronome relativo concordato con vis della frase precedente e funge da soggetto; consuleret è un congiuntivo imperfetto (consulo + dativo significa “provvedere a”): nella traduzione manteniamo il tempo e il modo del verbo e cerchiamo di capire dal senso di che tipo di relativa si tratti: che provvedesse (= tale da provvedere, in grado di provvedere) al genere umano... La relativa ha valore consecutivo. 4) (nec id gigneret): nec introduce una coordinata alla precedente relativa consecutiva. Tradurremo dunque nello stesso modo anche questa frase. Id è riferito a generi che è neutro: e non (tale) da generarlo... (Id potrebbe anche essere inteso come un neutro generico ripreso dal quod seguente: e non (tale) da generare una creatura (che)... Il senso, come vedi, non cambia). 5) (aut aleret): aut introduce ancora una coordinata alla relativa consecutiva: o da allevarlo... 6) [quod (...) tum incideret in mortis malum sempiternum]: siamo di fronte ad un’altra frase relativa introdotta dal pronome neutro quod che è riferito all’id, neutro, della quarta frase. Ancora un verbo al congiuntivo, ancora una relativa di cui dobbiamo cercare di capire il valore; incido in + accusativo significa “cadere in”, “incappare in”, “incontrare”; il genitivo mortis, inserito tra la preposizione in e il suo complemento, è il complemento di specificazione di malum sempiternum. Proviamo ancora a tradurre il verbo incideret con lo stesso sistema di prima: che cadesse nel male eterno della morte: in italiano è proprio una brutta traduzione, però riusciamo a capire che questa frase ha valore finale, per cui possiamo tradurre meglio: perché poi cadesse nel male eterno della morte...

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7) (cum exanclavisset omnes labores): è una proposizione narrativa espressa con cum + congiuntivo. Nella traduzione, tutte le volte che si può, è meglio evitare il gerundio: a seconda del contesto puoi esplicitare la frase con una temporale, una causale, una concessiva o una avversativa. In questo caso il tum della frase in mezzo a cui si trova questa narrativa, favorisce la scelta della temporale; il verbo exanclo ha il significato di “sopportare”; omnes labores è il suo complemento oggetto: dopo aver sopportato tutti i travagli. QUARTO PERIODO: Portum potius paratum nobis et perfugium putemus. Nel periodo in questione compaiono un verbo di modo finito e un participio attributivo: siamo in presenza dunque di una sola proposizione, la principale: 1 Portum potius paratum nobis et perfugium putemus. Ancora un congiuntivo esortativo (putemus); il verbo puto non può essere costruito con un solo accusativo; portum e perfugium sono coordinati tra di loro: pertanto costituiscono lo stesso complemento e precisamente il complemento predicativo dell’oggetto. Forse ti chiederai come si fa ad esserne sicuri, ma ragionando un po’ potrai capirlo facilmente: se portum e perfugium fossero il complemento oggetto, non potresti proprio immaginare come l’autore consideri questo porto e questo rifugio, a meno che non lo dica lui stesso. Se però consideri portum e perfugium come complemento predicativo, riesci ad immaginare facilmente che cosa può essere considerato dall’autore come un porto e un rifugio: la morte, che è l’argomento di cui si sta parlando. Dunque la morte è il complemento oggetto, che l’autore può sottintendere, sicuro che il lettore capirà; potius è un avverbio; paratum è il participio perfetto del verbo paro, riferito a portum; nobis è il dativo di vantaggio retto da paratum: consideriamo(la) piuttosto come un porto preparato per noi e come un rifugio. QUINTO PERIODO: Per comodità di analisi lo trascriviamo così modificato: Et utinam liceat eo pervehi velis passis. In questo periodo troviamo un verbo di modo finito che funge da servile rispetto ad un infinito e un participio: 1 2 Et utinam liceat eo pervehi (velis passis).

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L’infinito pervehi è strettamente legato a liceat, di cui costituisce il soggetto; il participio passis fa parte di un ablativo assoluto. La proposizione esplicita è una principale (il quo non deve trarti in inganno: è un avverbio di moto a luogo riferito a portum e perfugium e giustificato dal verbo di movimento pervehi: la sua funzione è quella di nesso relativo, e dunque va svolto, in questo caso, con la congiunzione et e con l’avverbio di moto a luogo eo). Utinam + il congiuntivo rinvia ad una frase principale di tipo desiderativo (vedi scheda 3); l’espressione velis passis è riportata dal vocabolario alla voce pando, is, pandi, passum, ĕre e significa “a vele spiegate”: Oh se fosse possibile entrarci [entrare là] a vele spiegate!

SESTO PERIODO: Sin reflantibus ventis reiciemur, tamen eodem paulo tardius referamur necesse est. Nel periodo compaiono tre verbi di modo finito, un participio e un solo introduttore: forse qualcosa non funziona? Esaminando meglio, notiamo che necesse est è una espressione formata da est con funzione di copula e necesse, un aggettivo neutro indeclinabile che funge da predicato nominale; consultando attentamente il vocabolario, scopriamo che il soggetto di tale espressione può essere rappresentato da un nome o da un pronome, oppure da un verbo, come in questo caso. Tale verbo si trova normalmente all’infinito o al congiuntivo, senza alcun introduttore; la proposizione di cui fa parte è completiva. Inseriamo le parentesi: 1a [Sin

2 (reflantibus ventis)

1b reiciemur],

3a tamen

4 (eodem paulo tardius referamur)

3b necesse est. I conti dunque tornano: ci sono tre proposizioni esplicite (una principale e due dipendenti) e una implicita. 1) [Sin (reflantibus ventis) reiciemur] oppure [Sin (reflantibus) ventis reiciemur]: sin (lo abbiamo già incontrato) introduce una protasi di periodo ipotetico avversativa: il verbo è un indicativo futuro passivo (protasi del primo tipo); reflantibus ventis può essere considerato o un ablativo assoluto con valore causale (= poiché i venti soffiano in senso contrario), o un complemento di causa efficiente, legato al passivo reiciemur, con il suo participio congiunto (= dai venti, poiché soffiano in senso contrario): l’analisi è diversa, ma il senso non cambia. Dunque: se invece saremo respinti poiché i venti soffiano in senso contrario; o: dai venti (perché) contrari...

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2) tamen (eodem paulo tardius referamur) necesse est: della reggenza di necesse est si è già detto: qui, in particolare, regge il congiuntivo referamur, di forma passiva. Il significato del verbo è “ricondurre” e presuppone un luogo verso cui si è ricondotti: tale complemento di luogo è espresso dall’avverbio di moto a luogo eodem; paulo è un ablativo avverbiale di misura, giustificato dalla presenza del comparativo, e infine tardius è un altro avverbio di grado comparativo. (Stai attento a non lasciarti ingannare dal fatto che eodem e paulo hanno la stessa terminazione: sono due cose ben diverse! Controlla sempre tutti gli elementi della frase prima di lanciarti in una traduzione avventata). La proposizione può essere così tradotta: è inevitabile tuttavia che siamo ricondotti (meglio sarebbe rendere questo congiuntivo con un futuro semplice: è inevitabile tuttavia che saremo ricondotti) in quel medesimo luogo un po’ più tardi. SETTIMO PERIODO: Quod autem omnibus necesse est, idne miserum esse uni potest? Contiamo due verbi (ricordati che potest è un verbo servile, dunque inseparabile dall’infinito esse) e un introduttore. Inseriamo le parentesi: 1 (Quod autem omnibus necesse est),

2 idne miserum esse uni potest?

Si distinguono due proposizioni, una principale e una subordinata: 1) (Quod autem omnibus necesse est): il quod è un pronome relativo, come indica chiaramente il pronome id della frase seguente: la proposizione relativa si trova prima della principale, quindi si tratta di una prolessi o anticipazione della relativa. Conviene pertanto tradurre prima id e poi la relativa. Autem non ha valore avversativo, per cui lo si potrà tradurre con “e”. Quod è il soggetto di necesse est; omnibus è un dativo di relazione: e ciò che è inevitabile per tutti... 2) idne miserum esse uni potest?: il punto interrogativo segnala una proposizione interrogativa diretta, quindi una proposizione principale; il -ne enclitico mette in evidenza che il fulcro della domanda è costituito dal pronome id, che funge da soggetto; miserum è il predicato nominale; uni è il dativo di relazione: può essere doloroso per uno solo?

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La traduzione è terminata: puoi trascrivere di seguito le parti in italiano scritte in grassetto corsivo: Noi però, se ci accadrà qualcosa di tale che sembri che sia stato indicato dal dio che usciamo dalla vita, obbediamo lieti e riconoscenti e pensiamo che noi siamo liberati da un carcere e sciolti dalle catene, per ritornare nella casa eterna e veramente nostra o per mancare di ogni sensibilità e fastidio. Se invece non sarà indicato nulla, siamo tuttavia di tale disposizione d’animo da considerare fausto per noi quel giorno orribile per gli altri, e da non stimare tra i mali nulla che sia stato stabilito dagli dei immortali o dalla natura madre di tutti. Infatti non siamo stati generati e creati a caso né per una combinazione, ma ci fu certamente una forza tale da provvedere al genere umano e non tale da generarlo o da allevarlo perché poi cadesse nel male eterno della morte, dopo aver sopportato tutti i travagli. Consideriamola piuttosto come un porto preparato per noi e come un rifugio. Oh se fosse possibile entrarci a vele spiegate! Se invece saremo respinti dai venti contrari, è inevitabile tuttavia che saremo ricondotti in quel medesimo luogo un po’ più tardi. E ciò che è inevitabile per tutti, può essere doloroso per uno solo? Certo, la resa formale è alquanto faticosa, troppo letterale: ma, quanto meno, la traduzione è logica, sensata e corretta. Il primo passo, che è il più importante, è stato fatto. Ti forniamo ora una traduzione più elegante, dalla quale ti renderai conto che è possibile tradurre più liberamente, purché si rispettino le strutture logiche e sintattiche del passo. Tuttavia, fino a quando non avrai raggiunto un sicuro possesso delle regole della lingua latina, ti consigliamo di evitare di sbizzarrirti con la fantasia: col tempo capirai da solo quando potrai concederti qualche libertà. Ma noi, se avverrà qualcosa che ci faccia capire che gli dèi ci avvertono di lasciare la vita, dobbiamo obbedire lieti e riconoscenti e dobbiamo pensare di essere liberati da una prigione e sciolti dalle catene, per trasferirci in una dimora eterna e veramente nostra, oppure per essere privi di ogni sensibilità e preoccupazione. Se invece non riceveremo alcun avvertimento, dobbiamo tuttavia essere pronti a giudicare fausto per noi quel giorno che gli altri considerano pauroso, e a non ritenere per nulla un male ciò che è stato stabilito dagli dèi immortali o dalla natura, madre di tutti noi. Infatti non a caso e senza uno scopo siamo stati concepiti e creati, ma vi è certamente una forza che provvede al genere umano e che non genera o nutre un essere che, dopo aver sopportato fino in fondo tutti i travagli, alla fine cada nel male eterno della morte: consideriamola piuttosto un porto preparato per noi ed un rifugio! E volesse il cielo che potessimo giungervi a vele spiegate! Ma se invece saremo respinti dai venti contrari, tuttavia là saremo ricondotti, inevitabilmente, un poco più tardi. Ora ciò che è inevitabile per tutti può forse essere doloroso per un singolo individuo? (Da: G. Garbarino, Letteratura latina vol. II, Paravia).

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E ADESSO TOCCA A TE!

L’esempio che ti abbiamo fornito in modo così dettagliato potrà forse indurti a pensare che, per tradurre una versione di latino, occorrano ore e ore, ma non è così. I processi mentali sono molto rapidi e a te non è richiesto di scrivere i tuoi ragionamenti. Noi abbiamo scritto tutto, esaminando minutamente frase per frase, dopo aver smontato i periodi, per farti capire il procedimento che la tua mente deve abituarsi a seguire tutte le volte che affronti una traduzione. Se adotterai questo metodo rigoroso di analisi del testo, abbandonando la brutta abitudine di andare per tentativi, ti accorgerai che le possibilità di cadere in grossolani errori di sintassi diventeranno minime e ben presto scompariranno. Tu sai che, all’inizio, ogni attività richiede un periodo di “rodaggio” per impossessarsi dei trucchi del mestiere. Ecco, lavorando in questa direzione, imparerai anche tu i “trucchi” per tradurre con risultati positivi. Non devi però scoraggiarti di fronte alle difficoltà. Ti proponiamo adesso un altro brano esaminato sempre con lo stesso sistema, ma un po’ meno dettagliatamente, in quanto abbiamo preferito analizzare solo i costrutti più difficili, lasciando a te alcune scelte da operare dopo aver consultato il vocabolario. Il sapiente si preoccupa sempre del bene della patria anche se dopo la morte non ne avrà percezione L’uomo che ama la patria non può evitare di preoccuparsi del suo bene. Neppure il timore della morte può distoglierlo da questo pensiero: egli infatti è spinto ad agire bene dalla virtù, non dalla gloria. Cur et Camillus doleret, si haec post trecentos et quinquaginta fere annos eventura putaret, et ego doleam, si ad decem milia annorum gentem aliquam urbe nostra potituram putem? Quia tanta caritas patriae est, ut eam non sensu nostro, sed salute ipsius metiamur. Itaque non deterret sapientem mors, quae propter incertos casus cotidie imminet, propter brevitatem vitae numquam potest longe abesse, quo minus in omne tempus rei publicae suisque consulat, cum posteritatem ipsam, cuius sensum habiturus non sit, ad se putet pertinere. Quare licet etiam mortalem esse animum iudicantem aeterna moliri, non gloriae cupiditate, quam sensurus non sis, sed virtutis, quam necessario gloria, etiam si tu id non agas, consequatur. CICERONE, Tusc. 1. 37-38

ANALISI DETTAGLIATA: • Cur et Camillus doleret, [si (haec post trecentos et quinquaginta fere annos eventura) putaret], (et ego doleam), [si (ad decem milia annorum gentem aliquam urbe nostra potituram) putem]? • (Quia tanta caritas patriae est), (ut eam non sensu nostro, sed salute ipsius metiamur). • Itaque non deterret sapientem mors, (quae propter incertos casus cotidie imminet), (propter brevitatem vitae numquam potest longe abesse), (quo minus in omne tempus rei publicae suisque consulat), {cum [posteritatem ipsam, (cuius sensum habiturus non sit), ad se pertinere] putet}. • Quare licet (etiam mortalem esse animum) [iudicantem aeterna moliri, non gloriae cupiditate, (quam sensurus non sis), sed virtutis], [quam necessario gloria, (etiam si tu id non agas), consequatur].

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Il brano è di difficoltà medio-alta. Si distinguono in esso quattro periodi, che come al solito esamineremo uno alla volta. Primo periodo: Cur et Camillus doleret, [si (haec post trecentos et quinquaginta fere annos eventura) putaret], (et ego doleam), [si (ad decem milia annorum gentem aliquam urbe nostra potituram) putem]? La proposizione principale e la sua coordinata et ego doleam sono interrogative di tipo dubitativo (vedi scheda 3), ma i verbi sono di tempo diverso. Esse inoltre formano la apodosi dei due periodi ipotetici, le cui protasi sono introdotte da si. Anche le protasi hanno i verbi di tempo diverso; i periodi ipotetici non sono dunque dello stesso tipo: a te l’identificazione. Il verbo puto regge una proposizione oggettiva, quindi eventura e potituram sottintendono esse e i loro soggetti sono rispettivamente haec e gentem aliquam. Inoltre il verbo potior regge il...? Controlla il vocabolario. Post... annos e ad... annorum sono complementi di tempo: determinato o continuato? Annorum è genitivo partitivo. Secondo periodo: (Quia tanta caritas patriae est), (ut eam non sensu nostro, sed salute ipsius metiamur). In questo periodo è contenuta la risposta alla domanda precedente, dunque la principale è sottintesa. La risposta al cur è data da quia causale. Patriae è genitivo oggettivo. Tanta anticipa l’ut consecutivo. Controlla la reggenza di metior: oltre al complemento oggetto vi sono due complementi in ablativo posti in contrapposizione tra di loro da non e sed. Terzo periodo: Itaque non deterret sapientem mors, (quae propter incertos casus cotidie imminet), (propter brevitatem vitae numquam potest longe abesse), (quo minus in omne tempus rei publicae suisque consulat), {cum [posteritatem ipsam, (cuius sensum habiturus non sit), ad se pertinere] putet}. Si distinguono sette proposizioni: sei esplicite, di cui una principale, una coordinata per asindeto e quattro subordinate, e una implicita con il verbo all’infinito (gli introduttori sono pertanto quattro, perché né la coordinata per asindeto né l’oggettiva hanno l’introduttore). Le relative coordinate quae... imminet e potest... abesse sono riferite a mors, quindi devi stare attento a quo minus (che sul vocabolario troverai scritto quominus), perché è legato al verbo deterret della principale: il significato di deterret è in stretta relazione con questa sua reggenza: cercalo. La narrativa introdotta da cum racchiude in sé una proposizione oggettiva, che a sua volta include una relativa riferita a posteritatem, il cui verbo ha la forma perifrastica solo perché il congiuntivo non ha il futuro (certo si potrebbe anche tradurre habiturus sit con “è destinato a non avere”, ma è sicuramente meglio tradurre con un futuro semplice, “non avrà”). Pertinere regge ad se. Quarto periodo: Quare licet (etiam mortalem esse animum) [iudicantem aeterna moliri, non gloriae cupiditate, (quam sensurus non sis), sed virtutis], [quam necessario gloria, (etiam si tu id non agas), consequatur]. Questo periodo finale è molto complesso e richiede un’attenta valutazione dei costrutti sintattici. Conta come al solito i verbi e gli introduttori: i verbi sono sei: quattro di modo finito

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e due all’infinito; gli introduttori sono tre. Ci sono dunque quattro proposizioni esplicite, tra cui la principale, e due proposizioni infinitive. Il participio iudicantem non è incluso nel computo perché è sostantivato. Da licet dipende una delle due infinitive; da che cosa dipenderà l’altra? Devi fare un ragionamento: animum esse mortalem è chiaramente una delle due infinitive; l’altra è iudicantem aeterna moliri, il cui soggetto è iudicantem (“colui che giudica”); iudicantem però è il participio presente di iudico, che è un verbo che regge una proposizione oggettiva; pertanto il problema è risolto e costruirai così: [iudicantem (animum esse mortalem) moliri aeterna]. Forse ti domanderai perché iudicantem non possa essere riferito ad animum: la risposta è semplice. Un abbinamento del genere ti porterebbe a tradurre così: “l’anima che giudica di essere mortale...”. A parte la stranezza di un’anima che giudica di essere mortale, in latino mancherebbe il soggetto, obbligatorio, della proposizione oggettiva retta da iudicantem: infatti dovrebbe esserci animum iudicantem se esse mortalem. TRADUZIONE: Perché Camillo si sarebbe dovuto addolorare al pensiero che (1) sarebbero accaduti questi fatti (2) dopo circa trecentocinquant’anni e perché io dovrei addolorarmi al pensiero che (3) tra diecimila anni qualche popolo si impadronirà della nostra città? Perché l’amore verso la patria è tanto grande che noi lo misuriamo non con la nostra capacità di percezione, ma con la sua (= della patria) incolumità. Pertanto la morte, che per gli incerti eventi incombe ogni giorno e a causa della brevità della vita non può mai essere lontana, non distoglie il sapiente dal provvedere in ogni tempo allo Stato e ai suoi, poiché (egli) ritiene che la stessa posterità, di cui non avrà percezione, lo riguardi. Pertanto è lecito che anche colui che crede che l’anima sia mortale, aspiri all’eternità (4), non per desiderio di gloria, che non si percepirà (5), ma (per desiderio) di virtù, che è seguita necessariamente dalla gloria (6), anche nel caso in cui non si miri a ciò (7). (1) se avesse pensato che; (2) queste cose; (3) se pensassi che; (4) mediti cose eterne; (5) che tu non percepirai; (6) che la gloria necessariamente segue; (7) che tu non miri a ciò.

SEMPRE PIÙ DIFFICILE (...MA CON LA RETE DI SICUREZZA) Ora dovresti aver capito come si procede: per permetterti di lavorare da solo, ma senza sentirti abbandonato a te stesso, ti proponiamo un buon numero di brani suddivisi in tre sezioni: • nella prima sezione (I TESTI) essi ti vengono presentati con poche righe di contestualizzazione e con l’indicazione di ciò che ti conviene ripassare prima di accingerti all’analisi e alla traduzione; • nella seconda sezione (LE ANALISI) questi stessi brani ti vengono riproposti con la suddivisione in periodi e in frasi (cioè con le parentesi) e con alcuni chiarimenti dei punti più complessi; • infine nella terza sezione (LE TRADUZIONI) si trovano le traduzioni di tutti i passi. Quando sarai diventato abbastanza esperto, ti accorgerai che non avrai quasi più bisogno della seconda sezione e che ti basterà confrontare la tua traduzione con la nostra per capire se il tuo lavoro è sufficiente, buono o ottimo. Per evitare però che tu perda l’abitudine di lavorare con il metodo suggerito, ti proporremo nel corso dell’opera altri quattro brani esaminati in modo dettagliato.

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I TESTI La struttura di questo libro è tale da consentirne un uso abbastanza «elastico» e personalizzato. Tuttavia, se vuoi trarne il massimo beneficio, ti suggeriamo di procedere come segue: 1) anzitutto è indispensabile che tu abbia letto attentamente la sezione introduttiva (scheda di metodo e versioni dettagliate); se lo hai fatto, puoi ora accingerti a tradurre tutti i brani di seguito riportati, incominciando da quelli più facili e procedendo in ordine crescente di difficoltà; le versioni sono 102, il che significa che hai la possibilità di esercitarti due-tre volte alla settimana per tutti i nove mesi dell’attività scolastica. 2) scegli un brano nella prima sezione. Leggi il titolo e la contestualizzazione. Effettua il ripasso degli argomenti grammaticali indicati nel riquadro. Analizza il brano con il metodo delle parentesi e traducilo da solo, senza consultare né l’analisi né tanto meno la nostra traduzione. 3) ora passa alla seconda sezione: confronta la tua analisi con la nostra e correggi la tua traduzione tenendo conto delle osservazioni presenti nelle note. 4) effettua quindi la verifica finale nella terza sezione: confronta la tua traduzione con la nostra e segna in rosso tutti i tuoi errori. Prova anche ad assegnarti un voto. Comunque sia andata, non scoraggiarti mai! Pensa solo a far meglio la prossima volta.


AVVERTENZA:

I testi sono stati riportati in versione integrale, senza alcuna modifica rispetto agli originali. Là dove è stato operato qualche taglio, compare accanto all’indicazione della fonte la dicitura passim.

Legenda: FACILE (O QUASI) ABBASTANZA IMPEGNATIVA DIFFICILE SE MI CAPITA A TIRO CHI L’HA SCELTA...

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CORRO A VEDERE L’ANALISI: È DETTAGLIATA!


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Sopportare il dolore è come affrontare una battaglia Nell’affrontare il dolore dobbiamo appellarci a tutte le nostre forze proprio come di fronte ad una grossa fatica o ad un grave pericolo sul campo di battaglia; solo così ne usciremo più forti e più dignitosi.

UT fit in proelio, ut ignavus miles ac timidus, simul ac viderit hostem,

abiecto scuto fugiat quantum possit, ob eamque causam pereat non numquam etiam integro corpore, cum ei qui steterit nihil tale evenerit, sic qui doloris speciem ferre non possunt, abiciunt se atque ita adflicti et exanimati iacent; qui autem restiterunt, discedunt saepissime superiores. Sunt enim quaedam animi similitudines cum corpore. Ut onera contentis corporibus facilius feruntur, remissis opprimunt, simillime animus intentione sua depellit pressum omnem ponderum, remissione autem sic urgetur, ut se nequeat extollere. Et si verum quaerimus, in omnibus officiis persequendis animi est adhibenda contentio; ea est sola officii tamquam custodia. Sed hoc idem in dolore maxume est providendum, ne quid abiecte, ne quid timide, ne quid ignave, ne quid serviliter muliebriterve faciamus. CICERONE, Tusculanae 2. 54-55 RIPASSA

– gli usi di ut – le avversative – le completive con ut, ut non e con ut, ne – gerundio e gerundivo – la perifrastica passiva.

2

La poesia dispensa gloria e immortalità Nel difendere il poeta greco Archia, Cicerone esalta la poesia come unica fonte di gloria per gli autori di grandi imprese in quanto ne diffonde la fama in tutto il mondo.

NAM si quis minorem gloriae fructum putat ex Graecis versibus percipi

quam ex Latinis, vehementer errat, propterea quod Graeca leguntur in omnibus fere gentibus, Latina suis finibus exiguis sane continentur. Qua re, si res eae quas gessimus orbis terrae regionibus definiuntur, cupere debemus, quo hominum nostrorum tela pervenerint, eodem gloriam famamque penetrare, quod cum ipsis populis de quorum rebus scribitur haec ampla sunt, tum eis certe qui de vita gloriae causa dimicant hoc maximum et periculorum incitamentum est et laborum. Quam multos scriptores rerum suarum magnus ille Alexander secum habuisse dici-

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tur! Atque is tamen, cum in Sigeo ad Achillis tumulum astitisset: “o fortunate,” inquit, “adulescens, qui tuae virtutis Homerum praeconem inveneris!” Et vere. Nam, nisi Ilias illa exstitisset, idem tumulus qui corpus eius contexerat nomen etiam obruisset. Quid? Noster hic Magnus qui cum virtute fortunam adaequavit, nonne Theophanem Mytilenaeum, scriptorem rerum suarum, in contione militum civitate donavit? CICERONE, Pro Archia 23-24 RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le esclamative – le interrogative dirette semplici – le relative proprie con il congiuntivo ed improprie – l’attrazione modale.

3

Un buon governante deve badare al bene di tutti i cittadini Cicerone è convinto che la tutela di tutti i cittadini in particolare e dello Stato in generale debba costituire il fine di un buon capo di governo, se si vogliono evitare fazioni e rovinose discordie.

Q

UI rei publicae praefuturi sunt duo Platonis praecepta teneant: unum, ut utilitatem civium sic tueantur, ut, quaecumque agunt, ad eam referant obliti commodorum suorum, alterum, ut totum corpus rei publicae curent, ne, dum partem aliquam tuentur, reliquas deserant. Ut enim tutela, sic procuratio rei publicae ad eorum utilitatem, qui commissi sunt, non ad eorum, quibus commissa est, gerenda est. Qui autem parti civium consulunt, partem neglegunt, rem perniciosissimam in civitatem inducunt, seditionem atque discordiam; ex quo evenit, ut alii populares, alii studiosi optimi cuiusque videantur, pauci universorum. Hinc apud Athenienses magnae discordiae, in nostra re publica non solum seditiones, sed etiam pestifera bella civilia; quae gravis et fortis civis et in re publica dignus principatu fugiet atque oderit tradetque se totum rei publicae neque opes aut potentiam consectabitur totamque eam sic tuebitur, ut omnibus consulat.

CICERONE, De officiis 1. 85-86 RIPASSA

– gli usi di ut – il congiuntivo esortativo – le perifrastiche attiva e passiva – le completive con ut, ne e con ut, ut non.

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4

Conosci te stesso Il celebre motto scolpito sul tempio di Apollo a Delfi esprime l’unico mezzo che l’uomo possiede per poter comprendere che dentro di lui alberga una mente divina, in grado di rivelargli l’essenza delle cose e di condurlo alla felicità.

M

ATER omnium bonarum rerum est sapientia, a quoius amore Graeco verbo philosophia nomen invenit, qua nihil a dis immortalibus uberius, nihil florentius, nihil praestabilius hominum vitae datum est. Haec enim una nos cum ceteras res omnes, tum, quod est difficillimum, docuit, ut nosmet ipsos nosceremus, cuius praecepti tanta vis et tanta sententia est, ut ea non homini quoipiam, sed Delphico deo tribueretur. Nam qui se ipse norit, primum aliquid se habere sentiet divinum ingeniumque in se suum sicut simulacrum aliquod dicatum putabit, tantoque munere deorum semper dignum aliquid et faciet et sentiet, et quom se ipse perspexerit totumque temptarit, intelleget quem ad modum a natura subornatus in vitam venerit, quantaque instrumenta habeat ad obtinendam adipiscendamque sapientiam, quoniam principio rerum omnium quasi adumbratas intellegentias animo ac mente conceperit, quibus inlustratis sapientia duce bonum virum et, ob eam ipsam causam, cernat se beatum fore.

CICERONE, De legibus 1. 58-59 RIPASSA

– l’accusativo e l’ablativo nella sintassi dei casi – le completive con ut, ne – le consecutive – le finali.

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Non tutti i filosofi vivono una vita degna dei loro insegnamenti Il filosofo non deve ostentare la sapienza, bensì possederla, per offrire la sua vita agli altri come un modello.

QUOTUSQUISQUE philosophorum invenitur, qui sit ita moratus, ita animo ac

vita constitutus, ut ratio postulat? Qui disciplinam suam non ostentationem scientiae, sed legem vitae putet? Qui obtemperet ipse sibi et decretis suis pareat? Videre licet alios tanta levitate et iactatione, ut is fuerit non didicisse melius, alios pecuniae cupidos, gloriae non nullos, multos libidinum servos, ut cum eorum vita mirabiliter pugnet oratio. Quod quidem mihi videtur esse turpissimum. Ut enim, si grammaticum se professus quispiam barbare loquatur aut si absurde canat is qui se haberi

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velit musicum, hoc turpior sit, quod in eo ipso peccet cuius profitetur scientiam, sic philosophus in vitae ratione peccans hoc turpior est, quod in officio, cuius magister esse vult, labitur artemque vitae professus delinquit in vita. CICERONE, Tusculanae 2. 11-12 RIPASSA

– il congiuntivo caratterizzante – il “falso condizionale” – il periodo ipotetico indipendente – gli usi di ut.

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Davanti alla virtù il dolore cede il passo Per l’uomo saggio, secondo la dottrina stoica, abbandonarsi al dolore o lasciarsi sopraffare da esso significa rinnegare la virtù e la forza d’animo in cui consiste la sua superiorità etica.

DUM tibi turpe nec dignum viro videbitur gemere, eiulare, lamentari,

frangi, debilitari dolore, dum honestas, dum dignitas, dum decus aderit, tuque in ea intuens te continebis, cedet profecto virtuti dolor et animi inductione languescet. Aut enim nulla virtus est aut contemnendus omnis dolor. Prudentiamne vis esse, sine qua ne intellegi quidem ulla virtus potest? Quid ergo? Ea patieturne te quicquam facere nihil proficientem et frustra laborantem? An temperantia sinet te inmoderate facere quicquam? An coli iustitia poterit ab homine propter vim doloris enuntiante commissa, prodente conscios, multa officia relinquente? Quid? Fortitudini comitibusque eius, magnitudini animi, gravitati, patientiae, rerum humanarum despicientiae, quo modo respondebis? Adflictusne et iacens et lamentabili voce deplorans audies: “o virum fortem!”? Te vero ita adfectum ne virum quidem quisquam dixerit. Amittenda igitur fortitudo est aut sepeliendus dolor. CICERONE, Tusculanae 2. 31-32 RIPASSA

– il congiuntivo potenziale – gli usi di dum – la perifrastica passiva – le interrogative dirette semplici e disgiuntive – il participio.

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Grazie Simonide, per aver inventato l’arte della memoria! È molto importante per un oratore ricordare perfettamente tutti gli argomenti di un discorso nell’ordine prestabilito. A tal proposito Cicerone racconta uno strano episodio che permise al poeta Simonide di scoprire un sistema molto efficace per aiutare la memoria: quello di collegare gli argomenti ai luoghi di un percorso ben preciso.

GRATIAM habeo Simonidi illi Cio, quem primum ferunt artem memoriae

protulisse. Dicunt enim, cum cenaret Crannone in Thessalia Simonides apud Scopam fortunatum hominem et nobilem cecinissetque id carmen, quod in eum scripsisset, in quo multa ornandi causa poetarum more in Castorem scripta et Pollucem fuissent, nimis illum sordide Simonidi dixisse se dimidium eius ei, quod pactus esset, pro illo carmine daturum; reliquum a suis Tyndaridis, quos aeque laudasset, peteret, si ei videretur. Paulo post esse ferunt nuntiatum Simonidi, ut prodiret; iuvenis stare ad ianuam duo quosdam, qui eum magno opere evocarent; surrexisse illum, prodisse, vidisse neminem: hoc interim spatio conclave illud, ubi epularetur Scopas, concidisse; ea ruina ipsum cum cognatis oppressum suis interisse: quos cum humare vellent sui neque possent obtritos internoscere ullo modo, Simonides dicitur ex eo, quod meminisset quo eorum loco quisque cubuisset, demonstrator unius cuiusque sepeliendi fuisse; hac tum re admonitus invenisse fertur ordinem esse maxime, qui memoriae lumen adferret. Itaque eis, qui hanc partem ingeni exercerent, locos esse capiendos et ea, quae memoria tenere vellent effingenda animo atque in eis locis conlocanda; sic fore, ut ordinem rerum locorum ordo conservaret, res autem ipsas rerum effigies notaret atque ut locis pro cera, simulacris pro litteris uteremur. CICERONE, De Orat. 2. 351-354 RIPASSA

– il nominativo nella sintassi dei casi – le infinitive – le relative proprie con il congiuntivo – il nesso relativo – l’oratio obliqua.

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La vera ricchezza risiede nella sapienza Dopo aver contemplato i grandi spazi celesti ed averli confrontati con la piccolezza della terra, Scipione riconosce che i beni materiali perdono tutto il loro valore di fronte ai beni dello spirito.

Q

UIS vero divitiorem quemquam putet quam eum cui nihil desit quod quidem natura desideret, aut potentiorem quam illum qui omnia quae expetat consequatur, aut beatiorem quam qui sit omni perturbatione animi liberatus, aut firmiore fortuna quam qui ea possideat quae secum ut aiunt vel e naufragio possit ecferre? Quod autem imperium, qui magistratus, quod regnum potest esse praestantius, quam despicientem omnia humana et inferiora sapientia ducentem nihil umquam nisi sempiternum et divinum animo volutare? Cui persuasum sit appellari ceteros homines, esse solos eos qui essent politi propriis humanitatis artibus? Ut mihi Platonis illud, seu quis dixit alius, perelegans esse videatur: quem cum ex alto ignotas ad terras tempestas et in desertum litus detulisset, timentibus ceteris propter ignorationem locorum, animadvertisse dicunt in arena geometricas formas quasdam esse descriptas; quas ut vidisset, exclamavisse ut bono essent animo: videre enim se hominum vestigia; quae videlicet ille non ex agri consitura quam cernebat, sed ex doctrinae indiciis interpretabatur.

CICERONE, De re publica 1. 17 RIPASSA

– l’oratio obliqua – le relative proprie con il congiuntivo e il nesso relativo – il congiuntivo potenziale – la consecutio temporum.

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Le doti di un buon governante: forza d’animo e disprezzo dei beni esteriori Per dedicarsi alla vita politica occorre non solo possederne le doti, ma anche essere forti e distaccati nei confronti dei beni della fortuna, non meno dei filosofi.

I

IS, qui habent a natura adiumenta rerum gerendarum, abiecta omni cunctatione adipiscendi magistratus et gerenda res publica est; nec enim aliter aut regi civitas aut declarari animi magnitudo potest. Capessentibus autem rem publicam nihilo minus quam philosophis, haud scio an magis etiam, et magnificentia et despicientia adhibenda sit rerum humanarum, quam saepe dico, et tranquillitas

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animi atque securitas, si quidem nec anxii futuri sunt et cum gravitate constantiaque victuri. Quae faciliora sunt philosophis, quo minus multa patent in eorum vita, quae fortuna feriat, et quo minus multis rebus egent, et quia si quid adversi eveniat, tam graviter cadere non possunt. Quocirca non sine causa maiores motus animorum concitantur maioraque studia efficiendi rem publicam gerentibus quam quietis; quo magis iis et magnitudo est animi adhibenda et vacuitas ab angoribus. Ad rem gerendam autem qui accedit, caveat, ne id modo consideret, quam illa res honesta sit, sed etiam ut habeat efficiendi facultatem; in quo ipso considerandum est, ne aut temere desperet propter ignaviam aut nimis confidat propter cupiditatem. In omnibus autem negotiis priusquam adgrediare, adhibenda est praeparatio diligens. CICERONE, De officiis 1. 72-73 RIPASSA

– le perifrastiche attiva e passiva – le interrogative indirette dubitative – il periodo ipotetico indipendente – il congiuntivo esortativo – le completive con ut, ne – gerundio e gerundivo – le causali.

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La rettitudine deve essere al di sopra anche dell’amicizia L’amicizia, secondo Cicerone, deve essere sincera e disinteressata, fondata sulla virtus e sui valori più tradizionali della repubblica senatoriale: essa quindi non può e non deve essere anteposta né all’onestà, né alla legalità.

M

AXIME autem perturbantur officia in amicitiis, quibus et non tribuere quod recte possis et tribuere quod non sit aequum contra officium est. Sed huius generis totius breve et non difficile praeceptum est: quae enim videntur utilia, honores, divitiae, voluptates, cetera generis eiusdem, haec amicitiae numquam anteponenda sunt; at neque contra rem publicam neque contra ius iurandum ac fidem amici causa vir bonus faciet, ne si iudex quidem erit de ipso amico; ponit enim personam amici, cum induit iudicis. Tantum dabit amicitiae, ut veram amici causam esse malit, ut orandae litis tempus, quoad per leges liceat, accommodet. Cum vero iurato sententia dicenda erit, meminerit deum se adhibere testem, id est, ut ego arbitror, mentem suam, qua nihil homini dedit deus ipse divinius. Itaque praeclarum a maioribus accepimus morem rogandi iudicis, si eum teneremus, “quae salva fide facere possit”. Haec rogatio ad ea pertinet, quae paulo ante dixi honeste amico a iudice posse concedi; nam si omnia facienda sint, quae amici

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velint, non amicitiae tales, sed coniurationes putandae sint. Cum igitur id, quod utile videtur in amicitia, cum eo, quod honestum est, comparatur, iaceat utilitatis species, valeat honestas; cum autem in amicitia quae honesta non sunt postulabuntur, religio et fides anteponatur amicitiae. CICERONE, De officiis 3. 43-46 passim RIPASSA

– il congiuntivo in luogo dell’indicativo e l’attrazione modale – le temporali – la perifrastica passiva – gerundio e gerundivo – il periodo ipotetico indipendente – il congiuntivo esortativo – l’ablativo assoluto.

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A seconda delle circostanze si può rifiutare il piacere ed accettare il dolore Nel De finibus Torquato espone la teoria epicurea, di cui è seguace, affermando tra l’altro che, sebbene l’uomo per sua natura sia portato a cercare il piacere e a rifiutare il dolore, talvolta tuttavia da un piacere può derivare un dolore e viceversa da un dolore può nascere un piacere; bisogna dunque saper valutare le situazioni caso per caso.

N

EMO ipsam voluptatem, quia voluptas sit, aspernatur aut odit aut fugit, sed quia consequuntur magni dolores eos, qui ratione voluptatem sequi nesciunt, neque porro quisquam est, qui dolorem ipsum, quia dolor sit, amet, consectetur, adipisci velit, sed quia non numquam eius modi tempora incidunt, ut labore et dolore magnam aliquam quaerat voluptatem. Ut enim ad minima veniam, quis nostrum exercitationem ullam corporis suscipit laboriosam, nisi ut aliquid ex ea commodi consequatur? Quis autem vel eum iure reprehenderit, qui in ea voluptate velit esse, quam nihil molestiae consequatur, vel illum, qui dolorem eum fugiat, quo voluptas nulla pariatur? At vero eos et accusamus et iusto odio dignissimos ducimus, qui blanditiis praesentium voluptatum deleniti atque corrupti, quos dolores et quas molestias excepturi sint, obcaecati cupiditate non provident, similique sunt in culpa, qui officia deserunt mollitia animi, id est laborum et dolorum fuga. Et harum quidem rerum facilis est et expedita distinctio. Nam libero tempore, cum soluta nobis est eligendi optio, cumque nihil impedit, quo minus id, quod maxime placeat, facere possimus, omnis voluptas assumenda est, omnis dolor repellendus. Temporibus autem quibusdam et aut officiis debitis aut rerum necessitatibus saepe eveniet, ut et voluptates repudiandae sint et molestiae non recusandae. Itaque earum rerum hic tenetur a sapiente delectus, ut aut reiciendis voluptatibus maiores alias consequatur aut perferendis doloribus asperiores repellat.

CICERONE, De finibus 1. 32-33

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RIPASSA

– il congiuntivo in luogo dell’indicativo – il congiuntivo potenziale – le causali – gerundio e gerundivo – le completive con i verba impediendi e recusandi e con ut, ut non – le relative proprie con il congiuntivo e improprie – gli usi di ut.

12

Pompeo viene ucciso a tradimento in Egitto Pompeo, non potendo trovare scampo in Asia Minore, si dirige in Egitto per chiedere la protezione di Tolomeo: ma i consiglieri del re, per timore o per disprezzo, decidono di ucciderlo a tradimento.

QUIBUS cognitis rebus Pompeius deposito adeundae Syriae consilio, Pelu-

sium (1) pervenit. Ibi casu rex erat Ptolomaeus, puer (2) aetate, magnis copiis cum sorore Cleopatra bellum gerens, quam paucis ante mensibus per suos propinquos atque amicos regno expulerat; castraque Cleopatrae non longo spatio ab eius castris distabant. Ad eum Pompeius misit, ut pro hospitio atque amicitia patris Alexandria reciperetur atque illius opibus in calamitate tegeretur. Sed qui ab eo missi erant, confecto legationis officio liberius cum militibus regis conloqui coeperunt eosque hortari, ut suum officium Pompeio praestarent neve eius fortunam despicerent. His tum cognitis rebus amici regis, qui propter aetatem eius in procuratione erant regni, sive timore adducti, ut postea praedicabant, sollicitato exercitu regio, ne Pompeius Alexandriam Aegyptumque occuparet, sive despecta eius fortuna, ut plerumque in calamitate ex amicis inimici exsistunt, iis qui erant ab eo missi, palam liberaliter responderunt eumque ad regem venire iusserunt; ipsi clam consilio inito Achillam, praefectum regium, singulari hominem audacia, et L. Septimium tribunum militum ad interficiendum Pompeium miserunt. Ab his liberaliter ipse appellatus et quadam notitia Septimi perductus, quod bello praedonum apud eum ordinem duxerat, naviculam parvulam conscendit cum paucis suis; ibi ab Achilla et Septimio interficitur. CESARE, B. C. 103-104

(1) città situata sulla foce orientale del Nilo; (2) di appena tredici anni, aveva usurpato il trono alla sorella Cleopatra. RIPASSA

– l’ablativo assoluto – gerundio e gerundivo – le completive con ut, ne – le finali.

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13

Cesare tenta di evitare lo scontro armato Teso a giustificare il proprio operato, Cesare ribadisce, nel messaggio in risposta alle proposte di Pompeo, che ha sempre considerato il bene dello Stato al di sopra di ogni cosa e che è disposto ad accettare qualunque compromesso pur di appianare il grave dissidio.

C

AESAR petit ab utroque (1), quoniam Pompei mandata ad se detulerint, ne graventur sua quoque ad eum postulata deferre, si parvo labore magnas controversias tollere atque omnem Italiam metu liberare possint. Sibi semper primam reipublicae fuisse dignitatem vitaque potiorem. Doluisse se, quod populi Romani beneficium sibi per contumeliam ab inimicis extorqueretur ereptoque semenstri imperio in urbem retraheretur, cuius absentis rationem haberi proximis comitiis populus iussisset. Tamen hanc iacturam honoris sui rei publicae causa aequo animo tulisse; cum litteras ad senatum miserit, ut omnes ab exercitibus discederent, ne id quidem impetravisse. Tota Italia dilectus haberi, retineri legiones duas, quae ab se simulatione Parthici belli sint abductae, civitatem esse in armis. Quonam haec omnia nisi ad suam perniciem pertinere? Sed tamen ad omnia se descendere paratum atque omnia pati rei publicae causa. Proficiscatur Pompeius in suas provincias, ipsi exercitus dimittant, discedant in Italia omnes ab armis, metus e civitate tollatur, libera comitia atque omnis res publica senatui populoque Romano permittatur. Haec quo facilius certisque condicionibus fiant et iureiurando sanciantur, aut ipse propius accedat aut se patiatur accedere; fore uti per conloquia omnes controversiae componantur.

CESARE, B. C. 1. 9. 1-6 (1) Sono Lucio Cesare il giovane e il pretore Roscio, venuti da parte di Pompeo per invitare Cesare a deporre l’ira per il bene dello Stato. RIPASSA

– il congiuntivo esortativo – le completive con ut, ne – l’oratio obliqua – le interrogative indirette semplici – le dichiarative.

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Acceso discorso di Catilina ai suoi compagni Rivolto alla sua banda di facinorosi, Catilina riesce abilmente a far credere che libertà, ricchezza e potere siano a portata di mano.

NI virtus fidesque vostra spectata mihi foret, nequiquam opportuna res

cecidisset; spes magna, dominatio in manibus frustra fuissent, neque ego per ignaviam aut vana ingenia incerta pro certis captarem. Sed quia multis et magnis tempestatibus vos cognovi fortis fidosque mihi, eo animus ausus est maxumum atque pulcherrumum facinus incipere, simul quia vobis eadem quae mihi bona malaque esse intellexi; nam idem velle atque idem nolle, ea demum firma amicitia est. Sed ego quae mente agitavi, omnes iam antea divorsi audistis. Ceterum mihi in dies magis animus adcenditur, quom considero, quae condicio vitae futura sit, nisi nosmet ipsi vindicamus in libertatem. Nam postquam res publica in paucorum potentium ius atque dicionem concessit, semper illis reges tetrarchae vectigales esse, populi nationes stipendia pendere; ceteri omnes, strenui boni, nobiles atque ignobiles, volgus fuimus sine gratia, sine auctoritate, iis obnoxii, quibus, si res publica valeret, formidini essemus. Itaque omnis gratia potentia honos divitiae apud illos sunt aut ubi illi volunt; nobis reliquere pericula repulsas iudicia egestatem. Quae quo usque tandem patiemini, o fortissumi viri? Nonne emori per virtutem praestat quam vitam miseram atque inhonestam, ubi alienae superbiae ludibrio fueris, per dedecus amittere?

RIPASSA

– le interrogative dirette semplici – il periodo ipotetico indipendente e dipendente – il dativo nella sintassi dei casi – il “futuro del congiuntivo” – l’attrazione modale.

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Giugurta, tradito da Bocco, viene consegnato a Silla Bocco, a lungo indeciso se tradire o meno il genero Giugurta, alla fine accetta le proposte di Silla: in un’atmosfera carica di drammaticità, tende un agguato al Numida e lo consegna in catene ai Romani.

H

AEC Maurus (1) secum ipse diu volvens tandem promisit; ceterum dolo an vere cunctatus, parum conperimus. Sed plerumque regiae voluntates ut vehementes sic mobiles, saepe ipsae sibi advorsae. Postea tempore et loco constituto, in conlo-

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quium uti de pace veniretur, Bocchus Sullam modo, modo Iugurthae legatum appellare, benigne habere, idem ambobus polliceri. Illi pariter laeti ac spei bonae pleni esse. Sed nocte ea, quae proxuma fuit ante diem conloquio decretum, Maurus adhibitis amicis ac statim inmutata voluntate remotis dicitur secum ipse multum agitavisse, voltu et oculis pariter atque animo varius; quae scilicet ita tacente ipso occulta pectoris patefecisse. Tamen postremo Sullam adcersi iubet et ex illius sententia Numidae (2) insidias tendit. Deinde ubi dies advenit et ei nuntiatum est Iugurtham haud procul abesse, cum paucis amicis et quaestore nostro quasi obvius honoris causa procedit in tumulum facillumum visu insidiantibus. Eodem Numida cum plerisque necessariis suis inermis, uti dictum erat, adcedit, ac statim signo dato undique simul ex insidiis invaditur. Ceteri obtruncati. Iugurtha Sullae vinctus traditur et ab eo ad Marium deductus est. SALLUSTIO, Jug. 11 (1) Il Mauro è Bocco, re della Mauritania; (2) il Numida è Giugurta, re della Numidia. RIPASSA

– le interrogative indirette disgiuntive – il supino passivo – il nominativo e il dativo nella sintassi dei casi – l’ablativo assoluto – l’infinito storico o narrativo.

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Il ricordo delle imprese gloriose infiamma l’animo dei grandi uomini Grande merito della storiografia è quello di mantenere vivo il ricordo delle imprese gloriose. Queste, infatti, come le immagini di cera degli antenati, spingono gli uomini egregi ad una gara di gloria e di virtù con i loro predecessori.

E

X aliis negotiis, quae ingenio exercentur, in primis magno usui est memoria rerum gestarum. Quoius de virtute quia multi dixere, praetereundum puto, simul ne per insolentiam quis existumet memet studium meum laudando extollere. Atque ego credo fore qui, quia decrevi procul a re publica aetatem agere, tanto tamque utili labori meo nomen inertiae inponant, certe quibus maxuma industria videtur salutare plebem et conviviis gratiam quaerere. Qui si reputaverint, et quibus ego temporibus magistratus adeptus sum et quales viri idem adsequi nequiverint et postea quae genera hominum in senatum pervenerint, profecto existumabunt me magis merito quam ignavia iudicium animi mei mutavisse maiusque commodum ex otio meo quam ex aliorum negotiis rei publicae venturum. Nam saepe ego audivi Q. Maxumum, P. Scipionem, praeterea civitatis nostrae praeclaros viros solitos ita

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dicere, quom maiorum imagines intuerentur, vehementissume sibi animum ad virtutem adcendi. Scilicet non ceram illam neque figuram tantam vim in sese habere, sed memoria rerum gestarum eam flammam egregiis viris in pectore crescere neque prius sedari, quam virtus eorum famam atque gloriam adaequaverit. SALLUSTIO, Jug. 4. 1-7 RIPASSA

– l’infinito sostantivato – le interrogative indirette semplici – la “legge dell’anteriorità” – il congiuntivo caratterizzante – le causali – le temporali.

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Questo bambino sarà re Un episodio di sapore quasi fiabesco: nella reggia di Tarquinio Prisco si verifica un prodigio, il cui significato profetico sarà compreso soltanto da Tanaquil, la moglie del re.

Puero dormienti, cui Servio Tullio fuit nomen, caput arsisse ferunt multo-

rum in conspectu; plurimo igitur clamore inde ad tantae rei miraculum orto excitos reges, et cum quidam familiarium aquam ad restinguendum ferret, ab regina retentum, sedatoque eam tumultu moveri vetuisse puerum donec sua sponte experrectus esset; mox cum somno et flammam abisse. Tum abducto in secretum viro Tanaquil “Viden tu puerum hunc” inquit, “quem tam humili cultu educamus? Scire licet hunc lumen quondam rebus nostris dubiis futurum praesidiumque regiae adflictae; proinde materiam ingentis publice privatimque decoris omni indulgentia nostra nutriamus.” Inde puerum liberum loco coeptum haberi erudirique artibus quibus ingenia ad magnae fortunae cultum excitantur. Evenit facile quod dis cordi esset: iuvenis evasit vere indolis regiae nec, cum quaereretur gener Tarquinio, quisquam Romanae iuventutis ulla arte conferri potuit, filiamque ei suam rex despondit. LIVIO, Ab urbe condita 1. 39. 2-4 RIPASSA

– l’ablativo assoluto – il cum narrativo – le interrogative dirette semplici – il congiuntivo esortativo.

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Sesto Tarquinio violenta Lucrezia Che la storiografia sia per Livio opus oratorium maxime si nota soprattutto in quei brani in cui la cura formale prevale vistosamente sulla rilevanza politico-militare dei fatti narrati. Celebre è l’esempio di Lucrezia, la virtuosa matrona che, violata nel suo onore, trova il coraggio di denunciare il fatto al padre ed al marito per vendicarsi del colpevole.

Paucis interiectis diebus Sextus Tarquinius (1) inscio Collatino (2) cum

comite uno Collatiam (3) venit. Ubi exceptus benigne ab ignaris consilii cum post cenam in hospitale cubiculum deductus esset, amore ardens, postquam satis tuta circa sopitique omnes videbantur, stricto gladio ad dormientem Lucretiam venit sinistraque manu mulieris pectore oppresso “Tace, Lucretia,” inquit “Sextus Tarquinius sum; ferrum in manu est; moriere, si emiseris vocem.” Cum pavida ex somno mulier nullam opem, prope mortem imminentem videret, tum Tarquinius fateri amorem, orare, miscere precibus minas, versare in omnes partes muliebrem animum. Ubi obstinatam videbat et ne mortis quidem metu inclinari, addit ad metum dedecus: cum mortua iugulatum servum nudum positurum ait, ut in sordido adulterio necata dicatur. Quo terrore cum vicisset obstinatam pudicitiam velut vi victrix libido, profectusque inde Tarquinius ferox expugnato decore muliebri esset, Lucretia maesta tanto malo nuntium Romam eundem ad patrem Ardeamque ad virum mittit, ut cum singulis fidelibus amicis veniant; ita facto maturatoque opus esse; rem atrocem incidisse.

(1) Figlio del re Tarquinio il Superbo; (2) marito di Lucrezia; (3) città sabina vicino a Roma, da cui L. Tarquinio prese il soprannome di Collatino. RIPASSA

– l’ablativo assoluto – l’infinito con il nominativo nella sintassi dei casi – l’infinito storico o narrativo – l’oratio obliqua – la legge dell’anteriorità (“doppio futuro”).

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19

Lucrezia si dà la morte È il tragico epilogo della vicenda precedente: nonostante la reazione estremamente controllata ed affettuosa del marito, Lucrezia non riesce a sopravvivere al disonore.

S

P. Lucretius (1) cum P. Valerio Volesi filio, Collatinus cum L. Iunio Bruto venit, cum quo forte Romam rediens ab nuntio uxoris erat conventus. Lucretiam sedentem maestam in cubiculo inveniunt. Adventu suorum lacrimae obortae, quaerentique viro “Satin salve?”, “Minime,” inquit “quid enim salvi est mulieri amissa pudicitia? Vestigia viri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; ceterum corpus est tantum violatum, animus insons; mors testis erit. Sed date dexteras fidemque haud impune adultero fore. Sextus est Tarquinius qui, hostis pro hospite, priore nocte vi armatus mihi sibique, si vos viri estis, pestiferum hinc abstulit gaudium.” Dant ordine omnes fidem; consolantur aegram animi avertendo noxam ab coacta in auctorem delicti: mentem peccare, non corpus, et unde consilium afuerit culpam abesse. “Vos” inquit “videritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absolvo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet.” Cultrum, quem sub veste abditum habebat, eum in corde defigit, prolapsaque in volnus moribunda cecidit.

LIVIO, Ab urbe condita 1. 58. 6-12 (1) Padre di Lucrezia.

RIPASSA

– l’oratio obliqua – le interrogative dirette e indirette semplici – il genitivo nella sintassi dei casi.

20

Quinto Fabio Massimo esorta Emilio Paolo a temporeggiare Livio attribuisce la responsabilità del disastro di Canne al console plebeo Terenzio Varrone. Qui egli immagina che Quinto Fabio Massimo, il celebre Temporeggiatore, suggerisca all’altro console, Lucio Emilio Paolo, di guardarsi dall’incauta precipitazione del collega.

IN Italia bellum gerimus, in sede ac solo nostro; omnia circa plena civium

ac sociorum sunt; armis, viris, equis, commeatibus iuvant iuvabuntque: id iam fidei documentum in adversis rebus nostris dederunt; meliores, prudentiores, constantiores nos tempus diesque facit. Hannibal contra in aliena, in hostili est terra, inter omnia inimica infestaque, procul ab domo, ab patria; neque illi terra neque mari est pax; nullae eum urbes accipiunt, nulla moenia; nihil usquam sui videt, in

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diem rapto vivit; partem vix tertiam exercitus eius habet quem Hiberum amnem traiecit; plures fame quam ferro absumpti; nec his paucis iam victus suppeditat. Dubitas ergo quin sedendo superaturi simus eum qui senescat in dies, non commeatus, non supplementum, non pecuniam habeat? Haec una salutis est via, L. Paule, quam difficilem infestamque cives tibi magis quam hostes facient. Idem enim tui quod hostium milites volent; idem Varro consul Romanus quod Hannibal Poenus imperator cupiet. Duobus ducibus unus resistas oportet. Resistes autem, adversus famam rumoresque hominum si satis firmus steteris, si te neque collegae vana gloria neque tua falsa infamia moverit. LIVIO, Ab urbe condita 22. 39. 11-20 passim RIPASSA

– le completive introdotte da quin – il “futuro del congiuntivo” – le relative proprie con il congiuntivo – le particolarità delle completive con ut, ne.

21

Marcello rimprovera i suoi soldati Marcello, dopo la sconfitta di Canosa, redarguisce aspramente i suoi soldati, attribuendo l’insuccesso alla loro viltà.

MARCELLUS postquam in castra reditum est, contionem adeo saevam

atque acerbam apud milites habuit ut proelio per diem totum infeliciter tolerato tristior iis irati ducis oratio esset. “Dis immortalibus, ut in tali re, laudes gratesque” inquit “ago quod victor hostis cum tanto pavore incidentibus vobis in vallum portasque non ipsa castra est adgressus; deseruissetis profecto eodem terrore castra quo omisistis pugnam. Qui pavor hic, qui terror, quae oblivio animos cepit? Nempe iidem sunt hi hostes quos vincendo et victos sequendo priorem aestatem absumpsistis, quos hesterno die nec iter facere nec castra ponere passi estis. Quid haec nox, quid hic dies attulit? Vestrae copiae imminutae sunt an illorum auctae? Non equidem mihi cum exercitu meo loqui videor nec cum Romanis militibus: corpora tantum atque arma eadem sunt. An si eosdem animos habuissetis, terga vestra vidisset hostis? Signa alicui manipulo aut cohorti ademisset? Adhuc caesis legionibus Romanis gloriabatur (1): vos illi hodierno die primum fugati exercitus dedistis decus.” Clamor inde ortus ut veniam eius diei daret: ubi vellet deinde experiretur militum suorum animos. “Ego vero experiar,” inquit “milites, et vos crastino die in aciem educam ut victores potius quam victi veniam impetretis quam petitis.” LIVIO, Ab urbe condita 27. 13. 1-8 (1) Il soggetto sottinteso è Annibale.

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RIPASSA

– l’oratio obliqua – il participio – le interrogative dirette semplici e disgiuntive – il periodo ipotetico indipendente.

22

Ercole e Caco La narrazione storica di Tito Livio accoglie nei primi libri numerosi spunti mitici: ne è un esempio la leggenda di Ercole e Caco, raccontata anche da Virgilio nell’Eneide (VIII 193-267).

H

ERCULEM in ea loca Geryone interempto boves mira specie abegisse memorant, ac prope Tiberim fluvium, qua prae se armentum agens nando traiecerat, loco herbido ut quiete et pabulo laeto reficeret boves et ipsum fessum via procubuisse. Ibi cum eum cibo vinoque gravatum sopor oppressisset, pastor accola eius loci, nomine Cacus, ferox viribus, captus pulchritudine boum cum avertere eam praedam vellet, quia si agendo armentum in speluncam compulisset ipsa vestigia quaerentem dominum eo deductura erant, aversos boves eximium quemque pulchritudine caudis in speluncam traxit. Hercules ad primam auroram somno excitus cum gregem perlustrasset oculis et partem abesse numero sensisset, pergit ad proximam speluncam, si forte eo vestigia ferrent. Quae ubi omnia foras versa vidit nec in partem aliam ferre, confusus atque incertus animi ex loco infesto agere porro armentum occepit. Inde cum actae boves quaedam ad desiderium, ut fit, relictarum mugissent, reddita inclusarum ex spelunca boum vox Herculem convertit. Quem cum vadentem ad speluncam Cacus vi prohibere conatus esset, ictus clava fidem pastorum nequiquam invocans occubuit.

LIVIO, Ab urbe condita 1. 7. 4-8 RIPASSA

– il cum narrativo – il periodo ipotetico indipendente.

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23

La battaglia di Grumento Nella piana di Grumento, in Lucania, si scontrano gli eserciti di Annibale e del console romano Claudio Nerone. Grazie all’astuzia di quest’ultimo, che ha schierato alcune coorti sul versante nascosto delle colline circostanti, Annibale subirà una secca sconfitta.

N

ONDUM Hannibal e castris exierat cum pugnantium clamorem audivit; itaque excitus tumultu raptim ad hostem copias agit. Iam primos occupaverat equestris terror; peditum etiam prima legio et dextra ala proelium inibat. Incompositi hostes, ut quemque aut pediti aut equiti casus obtulit, ita conserunt manus. Crescit pugna subsidiis et procurrentium ad certamen numero augetur; pugnantesque, quod nisi in vetere exercitu et duci veteri haud facile est, inter tumultum ac terrorem instruxisset Hannibal, ni cohortium ac manipulorum decurrentium per colles clamor ab tergo auditus metum ne intercluderentur a castris iniecisset. Inde pavor incussus et fuga passim fieri coepta est; minorque caedes fuit, quia propinquitas castrorum breviorem fugam perculsis fecit. Equites enim tergo inhaerebant; in transversa latera invaserant cohortes secundis collibus via nuda ac facili decurrentes. Tamen supra octo milia hominum occisa, supra septingenti capti; signa militaria novem adempta; elephanti etiam, quorum nullus usus in repentina ac tumultuaria pugna fuerat, quattuor occisi, duo capti.

LIVIO, Ab urbe condita 27. 42. 1-8 RIPASSA

– il cum inversum (proposizioni temporali) – il periodo ipotetico indipendente – le completive con i verba timendi.

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L’atroce umiliazione delle Forche Caudine Livio descrive qui, con molta efficacia drammatica, l’umiliante passaggio sotto il giogo imposto nel 321 a.C. dai Sanniti ai Romani sconfitti nelle gole di Caudio. Neppure l’affettuosa accoglienza degli alleati capuani riuscirà a confortare i sopravvissuti.

PRIMI consules prope seminudi sub iugum missi; tum ut quisque gradu proxi-

mus erat, ita ignominiae obiectus; tum deinceps singulae legiones. Circumstabant armati hostes, exprobrantes eludentesque; gladii etiam plerisque intentati, et volnerati quidam necatique, si voltus eorum indignitate rerum acrior victorem offendisset. Ita traducti sub iugum et, quod paene gravius erat, per hostium oculos, cum e saltu evasissent, etsi velut ab inferis extracti tum primum lucem aspicere visi sunt, tamen ipsa lux

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ita deforme intuentibus agmen omni morte tristior fuit. Itaque cum ante noctem Capuam pervenire possent, incerti de fide sociorum et quod pudor praepediebat, circa viam haud procul Capua omnium egena corpora humi prostraverunt. Quod ubi est Capuam nuntiatum, evicit miseratio iusta sociorum superbiam ingenitam Campanis. Confestim insignia sua consulibus, arma, equos, vestimenta, commeatus militibus benigne mittunt; et venientibus Capuam cunctus senatus populusque obviam egressus iustis omnibus hospitalibus privatisque et publicis fungitur officiis. Neque illis sociorum comitas voltusque benigni et adloquia non modo sermonem elicere, sed ne ut oculos quidem attollerent aut consolantes amicos contra intuerentur efficere poterant. LIVIO, Ab urbe condita 9. 6. 1-9 RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le concessive – le completive con ut, ne – le determinazioni di luogo.

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Meglio i vecchi politici corrotti! Con sottile umorismo Livio narra la vicenda di Pacuvio Calavio, spregiudicato demagogo di Capua e buon conoscitore della psicologia della folla, che escogita uno stratagemma davvero singolare per vincolare a sé i senatori, salvandoli da un’imminente sommossa popolare.

INDE consedit (1) et nominibus (2) in urnam coniectis citari quod primum

sorte nomen excidit ipsumque e curia produci iussit. Ubi auditum est nomen, malum et improbum pro se quisque (3) clamare et supplicio dignum. Tum Pacuvius: “Video quae de hoc sententia sit; date igitur, pro malo atque improbo, bonum senatorem et iustum.” Primo silentium erat inopia potioris subiciundi; deinde, cum aliquis omissa verecundia quempiam nominasset, multo maior extemplo clamor oriebatur, cum alii negarent nosse, alii nunc probra, nunc humilitatem sordidamque inopiam et pudendae artis aut quaestus genus obicerent. Hoc multo magis in secundo ac tertio citato senatore est factum, ut ipsius paenitere homines appareret, quem autem in eius substituerent locum deesse, quia nec eosdem nominari attinebat nihil aliud quam ad audienda probra nominatos, et multo humiliores obscurioresque

(1) Il soggetto è Pacuvio; (2) sono i nomi dei senatori capuani; (3) ciascuno dei popolani presenti.

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ceteri erant eis qui primi memoriae occurrebant. Ita dilabi homines, notissimum quodque malum maxime tolerabile dicentes esse iubentesque senatum ex custodia dimitti. Livio, Ab urbe condita 23. 3. 7-14 RIPASSA

– l’infinito storico o narrativo – le consecutive – l’accusativo nella sintassi dei casi – gerundio e gerundivo – le relative improprie.

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L’ultimo messaggio di Massinissa a Sofonisba La bella prigioniera Sofonisba, figlia di Asdrubale, supplica Massinissa, alleato dei Romani, di non consegnarla viva nelle mani dei nemici. Il re se ne innamora e la sposa; ma Scipione impone l’immediato trasferimento della donna a Roma. Massinissa, pur di mantenere la parola data alla principessa, ricorre ad un rimedio estremo.

IBI arbitris remotis cum crebro suspiritu et gemitu, quod facile ab circum-

stantibus tabernaculum exaudiri posset, aliquantum temporis consumpsisset (1), ingenti ad postremum edito gemitu fidum e servis unum vocat, sub cuius custodia regio more ad incerta fortunae venenum erat, et mixtum in poculo ferre ad Sophonibam iubet ac simul nuntiare Masinissam libenter primam ei fidem praestaturum fuisse quam vir uxori debuerit: quoniam eius arbitrium qui possint adimant, secundam fidem praestare ne viva in potestatem Romanorum veniat. Memor patris imperatoris patriaeque et duorum regum quibus nupta fuisset, sibi ipsa consuleret. Hunc nuntium ac simul venenum ferens minister cum ad Sophonibam venisset, “Accipio” inquit “nuptiale munus, neque ingratum, si nihil maius vir uxori praestare potuit. Hoc tamen nuntia, melius me morituram fuisse si non in funere meo nupsissem.” Non locuta est ferocius quam acceptum poculum, nullo trepidationis signo dato, impavide hausit. Livio, Ab urbe condita 30. 15. 3-9

(1) Il soggetto sottinteso è Massinissa, il quale si è appena ritirato nella sua tenda dopo il colloquio con Scipione. RIPASSA

– le relative improprie – il periodo ipotetico dipendente – l’oratio obliqua.

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Morte di Magone Magone, fratello di Annibale, sconfitto e ferito in Liguria, viene raggiunto dall’ordine di imbarcarsi al più presto per l’Africa. Partito fra timori e speranze, muore durante la traversata.

☞ M AGO proximae silentio noctis profectus quantum pati viae per volnus

poterat itineribus extentis ad mare in Ligures Ingaunos pervenit. Ibi eum legati ab Carthagine paucis ante diebus in sinum Gallicum adpulsis navibus adierunt, iubentes primo quoque tempore in Africam traicere; id et fratrem eius Hannibalem - nam ad eum quoque isse legatos eadem iubentes - facturum; non in eo esse Carthaginiensium res ut Galliam atque Italiam armis obtineant. Mago non imperio modo senatus periculoque patriae motus sed metuens etiam ne victor hostis moranti instaret Liguresque ipsi relinqui Italiam a Poenis cernentes ad eos quorum mox in potestate futuri essent deficerent, simul sperans leniorem in navigatione quam in via iactationem volneris fore et curationi omnia commodiora, impositis copiis in naves profectus vixdum superata Sardinia ex volnere moritur. Livio, Ab urbe condita 30. 19. 1-5 RIPASSA

– l’oratio obliqua – le consecutive – le completive con i verba timendi – il congiuntivo obliquo – il “futuro del congiuntivo”.

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L’architetto deve rispettare il preventivo Si fa qui riferimento ad una legge emanata ad Efeso, secondo la quale un architetto che avesse sbagliato vistosamente il preventivo di spesa per un’opera pubblica era tenuto a pagare la differenza di tasca propria. Vitruvio desidererebbe che un simile provvedimento venisse preso anche a Roma.

NOBILI Graecorum et ampla civitate Ephesi lex vetusta dicitur a maiori-

bus dura condicione sed iure esse non iniquo constituta. Nam architectus, cum publicum opus curandum recipit, pollicetur, quanto sumptu id sit futurum. Tradita aestimatione magistratui bona eius obligantur, donec opus sit perfectum. Absoluto autem, cum ad dictum inpensa respondit, decretis et honoribus ornatur. Item si non amplius quam quarta ad aestimationem est adicienda, de publico praestatur, neque ulla poena tenetur. Cum vero amplius quam quarta in opere consumitur, ex eius bonis ad perficiendum pecunia exigitur. Utinam dii inmortales fecissent, ea

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lex etiam populo Romano non modo publicis sed etiam privatis aedificiis esset constituta! Namque non sine poena grassarentur inperiti, sed qui summa doctrinarum subtilitate essent prudentes, sine dubitatione profiterentur architecturam, neque patres familiarum inducerentur ad infinitas sumptuum profusiones, ut et e bonis eicerentur, ipsique architecti poenae timore coacti diligentius modum inpensarum ratiocinantes explicarent, uti patres familiarum ad id, quod praeparavissent, seu paulo amplius adicientes, aedificia expedirent. Nam qui quadringenta ad opus possunt parare, si adicient centum, habendo spem perfectionis delectationibus tenentur; qui autem adiectione dimidia aut ampliore sumptu onerantur, amissa spe et inpensa abiecta, fractis rebus et animis desistere coguntur. VITRUVIO, De Arch. 10. 1-2 (praefatio) RIPASSA

– le temporali – l’ablativo assoluto – i congiuntivi ottativo e irreale – gerundio e gerundivo – l’ablativo nella sintassi dei casi – le determinazioni di luogo.

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Il corpo umano: modello di proporzioni Dalle misure del corpo umano gli antichi ricavarono le proporzioni per la costruzione degli edifici, in particolare dei templi destinati a durare nei secoli come testimonianza della grandezza dei loro artefici.

SI homo conlocatus fuerit supinus manibus et pedibus pansis circinique

conlocatum centrum in umbilico eius, circumagendo rotundationem utrarumque manuum et pedum digiti linea tangentur. Non minus quemadmodum schema rotundationis in corpore efficitur, item quadrata designatio in eo invenietur. Nam si a pedibus imis ad summum caput mensum erit eaque mensura relata fuerit ad manus pansas, invenietur eadem latitudo uti altitudo, quemadmodum areae, quae ad normam sunt quadratae. Ergo si ita natura composuit corpus hominis, uti proportionibus membra ad summam figurationem eius respondeant, cum causa constituisse videntur antiqui, ut etiam in operum perfectionibus singulorum membrorum ad universam figurae speciem habeant commensus exactionem. Igitur cum in omnibus operibus ordines (1) traderent, maxime in aedibus deorum, quod eorum operum et laudes et culpae aeternae solent permanere. Nec minus mensurarum rationes, quae

(1) Si tratta degli ordini dorico, ionico e corinzio, che Vitruvio prende in considerazione poco dopo.

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in omnibus operibus videntur necessariae esse, ex corporis membris collegerunt, uti digitum, palmum, pedem, cubitum, et eas distribuerunt in perfectum numerum, quem Graeci teleon dicunt. VITRUVIO, De Arch. 3. 1. 3-5 RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le consecutive – la “legge dell’anteriorità” – la consecutio temporum.

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Tutti noi abbiamo delle colpe Le leggi ufficiali non sono sufficienti a stabilire la nostra innocenza: spesso siamo colpevoli nei nostri atteggiamenti o nella nostra disposizione d’animo, mentre risultiamo innocenti solo perché la fortuna ci ha assistiti.

SI volumus aequi rerum omnium iudices esse, hoc primum nobis persuadea-

mus, neminem nostrum esse sine culpa; hinc enim maxima indignatio oritur: “nihil peccavi” et “nihil feci”. Immo nihil fateris. Indignamur aliqua admonitione aut coercitione nos castigatos, cum illo ipso tempore peccemus, quod adicimus malefactis adrogantiam et contumaciam. Quis est iste qui se profitetur omnibus legibus innocentem? Ut hoc ita sit, quam angusta innocentia est ad legem bonum esse! Quanto latius officiorum patet quam iuris regula! Quam multa pietas humanitas liberalitas iustitia fides exigunt, quae omnia extra publicas tabulas sunt! Sed ne ad illam quidem artissimam innocentiae formulam praestare nos possumus: alia fecimus, alia cogitavimus, alia optavimus, aliis favimus; in quibusdam innocentes sumus, quia non successit. Hoc cogitantes aequiores simus delinquentibus, credamus obiurgantibus; utique bonis ne irascamur - cui enim non, si bonis quoque? - minime dis; non enim illorum vitio, sed lege mortalitatis patimur quidquid incommodi accidit. SENECA, De ira 2. 28 RIPASSA

– gli usi di ut – gli usi di cum – le esclamative – le causali – il dativo nella sintassi dei casi.

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Il tempo è il bene più prezioso: non sprechiamolo Seneca svolge qui, non senza efficacia ed originalità, un celebre tòpos stoico: l’uomo, convinto di avere un futuro, finisce per sprecare il presente, che è la sua sola certezza.

A

GEDUM ad computationem aetatem tuam revoca. Duc quantum ex isto tempore creditor, quantum amica, quantum rex, quantum cliens abstulerit, quantum lis uxoria, quantum servorum coercitio, quantum officiosa per urbem discursatio; adice morbos quos manu fecimus, adice et quod sine usu iacuit: videbis te pauciores annos habere quam numeras. Repete memoria tecum quando certus consilii fueris, quotus quisque dies ut destinaveras cesserit, quando tibi usus tui fuerit, quando in statu suo vultus, quando animus intrepidus, quid tibi in tam longo aevo facti operis sit, quam multi vitam tuam diripuerint te non sentiente quid perderes, quantum vanus dolor, stulta laetitia, avida cupiditas, blanda conversatio abstulerit, quam exiguum tibi de tuo relictum sit: intelleges te inmaturum mori. Quid ergo est in causa? Tamquam semper victuri vivitis, numquam vobis fragilitas vestra succurrit, non observatis quantum iam temporis transierit; velut ex pleno et abundanti perditis, cum interim fortasse ille ipse qui alicui vel homini vel rei donatur dies ultimus sit. Omnia tamquam mortales timetis, omnia tamquam inmortales concupiscitis.

SENECA, De brevitate vitae 3. 2-3 RIPASSA

– il dativo nella sintassi dei casi – le interrogative indirette semplici – le comparative reali e ipotetiche.

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Puoi trovare un amico anche in casa Seneca, pur senza mai arrivare ad una piena sconfessione (del resto antistorica) dell’istituto della schiavitù, afferma con chiarezza che per natura non c’è differenza tra schiavo e libero: perciò suggerisce all’amico Lucilio di adottare con i suoi schiavi un comportamento amichevole.

N

ON est, mi Lucili, quod amicum tantum in foro et in curia quaeras: si diligenter adtenderis, et domi invenies. Saepe bona materia cessat sine artifice: tempta et experire. Quemadmodum stultus est qui equum empturus non ipsum inspicit sed stratum eius ac frenos, sic stultissimus est qui hominem aut ex veste

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aut ex condicione, quae vestis modo nobis circumdata est, aestimat. “Servus est.” Sed fortasse liber animo. “Servus est.” Hoc illi nocebit? Ostende quis non sit: alius libidini servit, alius avaritiae, alius ambitioni, omnes spei, omnes timori. Dabo consularem aniculae servientem, dabo ancillulae divitem, ostendam nobilissimos iuvenes mancipia pantomimorum: nulla servitus turpior est quam voluntaria. Quare non est quod fastidiosi isti te deterreant quominus servis tuis hilarem te praestes et non superbe superiorem: colant potius te quam timeant. Dicet aliquis nunc me vocare ad pilleum servos et dominos de fastigio suo deicere, quod dixi, “colant potius dominum quam timeant”. “Ita” inquit “prorsus? Colant tamquam clientes, tamquam salutatores?” Hoc qui dixerit obliviscetur id dominis parum non esse quod deo sat est. Qui colitur, et amatur: non potest amor cum timore misceri. SENECA, Ep. 47. 16-19 RIPASSA

– il congiuntivo caratterizzante – le completive con i verba impediendi e recusandi – il congiuntivo esortativo – la legge dell’anteriorità (“doppio futuro”) – le determinazioni di luogo – le comparative.

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Chi subordina l’amicizia al proprio tornaconto non avrà mai un vero amico A Lucilio, che gli ha sottoposto una lettera di Epicuro sull’amicizia, Seneca replica che la vera amicizia, come l’amore, deriva da un istinto naturale e non da un calcolo opportunistico.

QUI se spectat et propter hoc ad amicitiam venit male cogitat. Quemad-

modum coepit, sic desinet: paravit amicum adversum vincla laturum opem; cum primum crepuerit catena, discedet. Hae sunt amicitiae quas temporarias populus appellat; qui utilitatis causa adsumptus est tamdiu placebit quamdiu utilis fuerit. Hac re florentes amicorum turba circumsedet, circa eversos solitudo est, et inde amici fugiunt ubi probantur; hac re ista tot nefaria exempla sunt aliorum metu relinquentium, aliorum metu prodentium. Necesse est initia inter se et exitus congruant: qui amicus esse coepit quia expedit, et desinet quia expedit; placebit aliquod pretium contra amicitiam, si ullum in illa placet praeter ipsam. “In quid amicum paras?” Ut habeam pro quo mori possim, ut habeam quem in exilium sequar, cuius me morti et opponam et inpendam: ista quam tu describis negotiatio est, non

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amicitia, quae ad commodum accedit, quae quid consecutura sit spectat. Non dubie habet aliquid simile amicitiae adfectus amantium; possis dicere illam esse insanam amicitiam.

RIPASSA

– la legge dell’anteriorità (“doppio futuro”) – le particolarità delle completive con ut, ne – le relative improprie – le comparative – il congiuntivo potenziale.

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Superbia e arroganza dei padroni nei confronti degli schiavi Non c’è da stupirsi, osserva l’autore, che gli schiavi siano per lo più infidi e traditori: come potrebbero avere rispetto o affetto per chi li umilia e li maltratta?

I

TAQUE rideo istos qui turpe existimant cum servo suo cenare: quare, nisi quia superbissima consuetudo cenanti domino stantium servorum turbam circumdedit? Est (1) ille plus quam capit, et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac desuetum iam ventris officio, ut maiore opera omnia egerat quam ingessit. At infelicibus servis movere labra ne in hoc quidem, ut loquantur, licet; virga murmur omne conpescitur, et ne fortuita quidem verberibus excepta sunt, tussis, sternumenta, singultus; magno malo ulla voce interpellatum silentium luitur; nocte tota ieiuni mutique perstant. Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum inminens in caput suum avertere; in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant.

SENECA, Ep. 47. 5-8 (1) Attenzione a questo verbo!

RIPASSA

– l’accusativo e il dativo nella sintassi dei casi – le finali – le consecutive – le completive con ut, ut non – le comparative.

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Ottavia è un esempio negativo Spesso l’eccesso di sofferenza è sintomo, anziché di sensibilità, di cieco egoismo: il dolore inconsolabile di Ottavia (1) per la morte del figlio ne è un esempio.

N

ULLUM finem per omne vitae suae tempus flendi gemendique fecit nec ullas admisit voces salutare aliquid adferentis, ne avocari quidem se passa est; intenta in unam rem et toto animo adfixa, talis per omnem vitam fuit qualis in funere, non dico non ausa consurgere, sed adlevari recusans, secundam orbitatem iudicans lacrimas mittere. Nullam habere imaginem filii carissimi voluit, nullam sibi de illo fieri mentionem. Oderat omnes matres et in Liviam (2) maxime furebat, quia videbatur ad illius filium transisse sibi promissa felicitas. Tenebris et solitudini familiarissima, ne ad fratrem quidem respiciens, carmina celebrandae Marcelli memoriae composita aliosque studiorum honores reiecit et aures suas adversus omne solacium clusit. A sollemnibus officiis seducta et ipsam magnitudinis fraternae nimis circumlucentem fortunam exosa defodit se et abdidit. Adsidentibus liberis, nepotibus, lugubrem vestem non deposuit, non sine contumelia omnium suorum, quibus salvis orba sibi videbatur.

SENECA, Consolatio ad Marciam 2. 4-5 (1) Sorella di Augusto, madre di Marcello, giovane assai promettente e probabile erede del trono augusteo, morto in giovanissima età. Da non confondere con l’Ottavia sposa e vittima di Nerone; (2) moglie di Augusto, il cui figlio Druso, peraltro, morirà anch’egli in giovane età. RIPASSA

– i costrutti di videor (sintassi dei casi, nominativo) – le finali – il nesso relativo.

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Nulla può affliggere Polibio finché è al fianco di Claudio La lettura della Consolatio ad Polybium (1) lascia a dir poco perplessi: quello stesso Seneca che pochi anni dopo, nella Apokolokyntosis, esprimerà odio e disprezzo per il defunto Claudio, qui ne esalta la figura con accenti tanto spudoratamente adulatorii da sfiorare il ridicolo.

NON desinam totiens tibi offerre Caesarem: illo moderante terras et osten-

dente quanto melius beneficiis imperium custodiatur quam armis, illo rebus humanis praesidente non est periculum ne quid perdidisse te sentias; in hoc uno tibi satis praesidii, solacii est. Attolle te, et quotiens lacrimae suboriuntur oculis tuis, totiens

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illos in Caesarem derige: siccabuntur maximi et clarissimi conspectu numinis; fulgor eius illos, ut nihil aliud possint aspicere, praestringet et in se haerentes detinebit. Hic tibi, quem tu diebus intueris ac noctibus, a quo numquam deicis animum, cogitandus est, hic contra fortunam advocandus. Nec dubito, cum tanta illi adversus omnes suos sit mansuetudo tantaque indulgentia, quin iam multis solaciis tuum istud vulnus obduxerit, iam multa quae dolori obstarent tuo congesserit. Quid porro? Ut nihil horum fecerit: nonne protinus ipse conspectus per se tantummodo cogitatusque Caesar maximo solacio tibi est? Di illum deaeque terris diu commodent. Acta hic divi Augusti aequet, annos vincat. Quam diu inter mortales erit, nihil ex domo sua mortale esse sentiat. Rectorem Romano imperio filium longa fide adprobet et ante illum consortem patris quam successorem aspiciat. Sera et nepotibus demum nostris dies nota sit qua illum gens sua caelo adserat. SENECA, Ad Polyb. 12. 3-5 (1) Questo Polibio era un potente liberto di Claudio al quale era morto un fratello: grazie alla sua intercessione Seneca sperava di poter ottenere il ritorno dall’esilio in Corsica.

RIPASSA

– il dativo nella sintassi dei casi – le completive con i verba timendi e introdotte da quin – le interrogative dirette e indirette semplici – i congiuntivi ottativo e concessivo.

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La morte di Claudio La Apokolokyntosis è una feroce satira menippea scritta da Seneca in occasione della morte di Claudio. Nota, in questo brano, come l’autore non arretri neppure di fronte alla volgarità gratuita pur di sommergere nel veleno la figura dell’odiato imperatore.

C

LAUDIUS animam agere coepit nec invenire exitum poterat. Tum Mercurius, qui semper ingenio eius delectatus esset, unam e tribus Parcis (1) seducit et ait: “Quid, femina crudelissima, hominem miserum torqueri pateris? Nec umquam tam diu cruciatus cesset? Annus sexagesimus et quartus est, ex quo cum anima luctatur. Quid huic et reipublicae invides? Patere mathematicos aliquando verum dicere, qui illum, ex quo princeps factus est, omnibus annis omnibus mensibus efferunt. Et tamen non est mirum si errant et horam eius nemo novit: nemo enim umquam illum natum putavit. Fac quod faciendum est: dede neci, melior vacua sine regnet in aula.” (2)

(1) Si tratta di Cloto, nominata poco oltre; le tre Parche presiedevano al destino umano; (2) Virgilio, Georgiche 4. 90.

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Sed Clotho “Ego mehercules” inquit “pusillum temporis adicere illi volebam, dum hos pauculos qui supersunt civitate donaret” - constituerat enim omnes Graecos, Gallos, Hispanos, Britannos togatos videre - “sed quoniam placet aliquos peregrinos in semen relinqui et tu ita iubes fieri, fiat.” Et ille quidem animam ebulliit, et ex eo desiit vivere videri. Expiravit autem dum comoedos audit, ut scias me non sine causa illos timere. Ultima vox eius haec inter homines audita est, cum maiorem sonitum emisisset illa parte, qua facilius loquebatur: “Vae me, puto, concacavi me.” SENECA, Apokol. 2. 4 - 4. 3 passim RIPASSA

– le relative improprie – i congiuntivi dubitativo ed esortativo – le temporali introdotte da dum – le particolarità delle completive con ut, ne.

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Bisogna prevenire i desideri degli amici Se davvero vogliamo fare del bene ai nostri amici, evitiamo loro l’umiliazione di chiederci un favore: cerchiamo di comprendere i loro bisogni prima che li esprimano.

M

OLESTUM verbum est, onerosum, demisso voltu dicendum, “rogo”. Huius facienda est gratia amico et quemcumque amicum sis promerendo facturus; properet licet: sero beneficium dedit, qui roganti dedit. Ideo divinanda cuiusque voluntas et, cum intellecta est, necessitate gravissima rogandi liberanda est; illud beneficium iucundum victurum in animo scias, quod obviam venit. Si non contigit praevenire, plura rogantis verba intercidamus; ne rogati videamur sed certiores facti, statim promittamus facturosque nos, etiam ante quam interpellemur, ipsa festinatione adprobemus. Quemadmodum in aegris opportunitas cibi salutaris est et aqua tempestive data remedii locum optinuit, ita, quamvis leve et volgare beneficium est, si praesto fuit, si proximam quamque horam non perdidit, multum sibi adicit gratiamque pretiosi sed lenti et diu cogitati muneris vincit. Qui tam parate facit, non est dubium, quin libenter faciat; itaque laetus facit et induit sibi animi sui voltum.

SENECA, De beneficiis 2. 2. 1-2 RIPASSA

– i congiuntivi esortativo e concessivo – le perifrastiche attiva e passiva – il gerundio – le completive introdotte da quin – le comparative – le concessive.

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Non è un merito dare la vita ad un figlio Seneca nega ogni validità al luogo comune secondo il quale il padre merita la riconoscenza del figlio per il fatto di avergli dato la vita: infatti il beneficio, se tale è da considerare, è derivato del tutto casualmente da un atto di puro egoismo, quale l’accoppiamento. Un figlio che salvi la vita al proprio padre è di gran lunga più meritevole.

P

UTA (1) me vitam pro vita reddidisse: sic quoque munus tuum vici, cum ego dederim sentienti, cum sentiens me dare, cum vitam tibi non voluptatis meae causa aut certe per voluptatem dederim, cum tanto maius sit retinere spiritum quam accipere, quanto levius mori ante mortis metum. Ego vitam dedi statim illa usuro, nescio tu vero an viveret; ego vitam dedi mortem timenti, tu vitam dedisti ut mori possem; ego tibi vitam dedi consummatam, perfectam, tu me expertem rationis genuisti, onus alienum. Vis scire, quam non sit magnum beneficium vitam sic dare? Exposuisses: nempe iniuria erat genuisse. Quo quid colligo? Minimum esse beneficium patris matrisque concubitum, nisi accesserunt alia, quae prosequerentur hoc initium muneris et aliis officiis ratum facerent. Non est bonum vivere, sed bene vivere. At bene vivo. Sed potui et male; ita hoc tantum est tuum, quod vivo. Si vitam inputas mihi per se, nudam, egentem consilii, et id ut magnum bonum iactas, cogita te mihi inputare muscarum ac vermium bonum.

SENECA, De beneficiis 3. 31. 1-5 (1) Seneca immagina di indirizzare queste parole al proprio padre. RIPASSA

– gli usi di cum – le interrogative indirette semplici e dubitative – il congiuntivo suppositivo – le relative improprie – il participio – l’infinito sostantivato.

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Un terreno vecchio non è la causa di uno scarso raccolto Non bisogna considerare un terreno alla stessa stregua dell’uomo che quando invecchia non è più in grado di procreare: infatti un campo, anche se abbandonato per lungo tempo, non appena viene coltivato è in grado di offrire al contadino un abbondante raccolto.

Q

UAERIS ex me, P. Silvine, quod ego sine cunctatione non recuso docere, cur priore libro veterem opinionem fere omnium, qui de cultu agrorum locuti sunt, a principio confestim reppulerim falsamque sententiam repudiaverim censentium

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longo aevi situ longique iam temporis exercitatione fatigatam et effetam humum consenuisse. Nec te ignoro cum et aliorum inlustrium scriptorum tum praecipue Tremeli auctoritatem revereri, qui, cum plurima rusticarum rerum praecepta simul eleganter et scite memoriae prodiderit, videlicet inlectus nimio favore priscorum de simili materia disserentium falso credidit, parentem omnium terram sicut muliebrem sexum aetate anili iam confectam progenerandis esse fetibus inhabilem. Quod ipse quoque confiterer, si in totum nullae fruges provenirent. Nam et hominis tum demum declaratur sterile senium, non cum desinit mulier trigeminos aut geminos parere, sed cum omnino nullum conceptum edere valet. Itaque transactis iuventae temporibus, etiam si longa vita superest, partus tamen annis denegatus non restituitur. At e contrario seu sponte seu quolibet casu derelicta humus, cum est repetita cultu, magno faenore cessatorum colono respondet. Non ergo est exiguarum frugum causa terrae vetustas, si modo, cum semel invasit senectus, regressum non habet nec revirescere aut repubescere potest, sed ne lassitudo quidem soli minuit agricolae fructum. Neque enim prudentis est adduci tamquam in hominibus nimiae corporis exercitationi aut oneris alicuius ponderi, sic cultibus et agitationibus agrorum fatigationem succedere. COLUMELLA, De re rustica, 2. 1. 1-5 RIPASSA

– il participio – il gerundivo – le temporali – le relative proprie – il periodo ipotetico indipendente – gli usi di cum.

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Solo in campo chirurgico gli effetti della medicina sono evidenti Con ogni probabilità Celso, detto medicorum Cicero per i pregi stilistici della sua opera, non era affatto un medico; tuttavia egli dà prova non solo di indubbia competenza settoriale, ma anche di senso critico nel vaglio delle diverse posizioni teoriche della medicina antica.

T

ERTIAM esse medicinae partem (1), quae manu curet, et vulgo notum et a me propositum est. Ea non quidem medicamenta atque victus rationem omittit, sed manu tamen plurimum praestat, estque eius effectus inter omnes medicinae partes evidentissimus. Siquidem in morbis, cum multum fortuna conferat, eademque saepe salutaria, saepe vana sint, potest dubitari, secunda valetudo medicinae an corporis an fortunae (2) beneficio contigerit. In is quoque, in quibus medicamentis maxime nitimur, quamvis profectus evidentior est, tamen sanitatem et per

(1) La prima parte è la dietetica e la seconda è la farmaceutica, come Celso ha premesso in 1 praef. 9; (2) l’integrazione fortunae è del Marx.

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haec frustra quaeri et sine his reddi saepe manifestum est: sicut in oculis quoque deprehendi potest, qui a medicis diu vexati sine his interdum sanescunt. At in ea parte, quae manu curat, evidens omnem profectum, ut aliquid ab aliis adiuvetur, hinc tamen plurimum trahere. Haec autem pars cum sit vetustissima, magis tamen ab illo parente omnis medicinae Hippocrate quam a prioribus exculta est. CELSO, De medicina 7 praef. 1-3 RIPASSA

– il congiuntivo obliquo – le interrogative indirette disgiuntive – le concessive.

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Perché gli dèi permettono che Tiberio soffra tanto? L’ottica di parte di Velleio Patercolo ci consegna un ritratto di Tiberio irriconoscibile rispetto a quelli di Tacito e Svetonio: ricettacolo di ogni umana virtù, egli è perseguitato da individui scellerati (fra cui la nuora e vittima Agrippina!). Ti proponiamo il finale dell’opera.

DOLENDA adhuc rettulimus: veniendum ad erubescenda est. Quantis hoc

triennium, M. Vinici (1), doloribus laceravit animum eius! Quam diu abstruso, quod miserrimum est, pectus eius flagravit incendio, quod ex nuru (2), quod ex nepote (3) dolere, indignari, erubescere coactus est! Cuius temporis aegritudinem auxit amissa mater (4), eminentissima et per omnia deis quam hominibus similior femina, cuius potentiam nemo sensit nisi aut levatione periculi aut accessione dignitatis. Voto finiendum volumen sit. Iuppiter Capitoline, et auctor ac stator Romani nominis Gradive Mars, perpetuorumque custos Vesta ignium et quidquid numinum hanc Romani imperii molem in amplissimum terrarum orbis fastigium extulit, vos publica voce obtestor atque precor: custodite, servate, protegite hunc statum, hanc pacem, hunc principem, eique functo longissima statione mortali destinate successores quam serissimos, sed eos quorum cervices tam fortiter sustinendo terrarum orbis imperio sufficiant quam huius suffecisse sensimus.

(1) Il dedicatario dell’opera; (2) Agrippina Maggiore, per la quale vedi il brano 86; (3) Nerone Cesare, che, accusato di immoralità, fu relegato a Ponza, ove morì; (4) Livia, vedova di Augusto. RIPASSA

– il gerundivo – la perifrastica passiva – il congiuntivo esortativo – le relative improprie.

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Catone Uticense chiede la condanna a morte dei catilinari Fra le migliori qualità di Velleio Patercolo vi è la capacità di sintetizzare in pochi tratti salienti le caratteristiche morali dei suoi personaggi. Ne è un esempio questo ritratto di Catone Uticense, introdotto en passant durante il racconto dei fatti relativi alla congiura di Catilina.

ILLE senatus dies (1) quo haec acta sunt virtutem M. Catonis, iam multis

in rebus conspicuam atque praenitentem, in altissimo illuminavit. Hic genitus proavo M. Catone (2), principe illo familiae Porciae, homo virtuti simillimus et per omnia ingenio diis quam hominibus propior, qui numquam recte fecit ut facere videretur, sed quia aliter facere non potuerat, cuique id solum visum est rationem habere quod haberet iustitiae, omnibus humanis vitiis immunis semper fortunam in sua potestate habuit. Hic, tribunus pl. (3) designatus et adhuc admodum adulescens, cum alii suaderent ut per municipia Lentulus coniuratique custodirentur, paene inter ultimos interrogatus sententiam, tanta vi animi atque ingenii invectus est in coniurationem, eo ardore oris orationem omnium lenitatem suadentium societate consilii suspectam fecit, sic impendentia ex ruinis incendiisque urbis et commutatione status publici pericula exposuit, ita consulis virtutem amplificavit ut universus senatus in eius sententiam transiret animadvertendumque in eos, quos praediximus, censeret. VELLEIO PATERCOLO, Hist. Rom. 2. 35. 1 - 4

(1) La seduta del 5 dicembre del 63, giorno in cui Cicerone, allora console, ottenne dal senato la condanna a morte dei catilinari; (2) il Censore; (3) pl. = plebis. RIPASSA

– gli usi di ut e di cum – l’accusativo nella sintassi dei casi.

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Non rendo conto all’erario della mia amministrazione! Nella galleria di exempla di Valerio Massimo troviamo riportato, fra gli esempi di eccezionale sicurezza di sé, il comportamento di Scipione l’Africano, che, invitato a rendere conto dell’amministrazione del denaro pubblico durante il suo governo ad Antiochia, rifiuta indignato di farlo.

CUM a L. Scipione ex Antiochensi pecunia sestertii quadragies ratio in curia

reposceretur, prolatum ab eo librum, quo acceptae et expensae summae continebantur refellique inimicorum accusatio poterat, discerpsit, indignatus de ea re dubitari, quae sub ipso legato administrata fuerat. Quin etiam in hunc modum egit: “Non reddo, patres conscripti, aerario vestro sestertii quadragies rationem, alieni imperii

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minister, quod meo ductu meisque auspiciis bis milies sestertio uberius feci: neque enim huc puto malignitatis ventum, ut de mea innocentia quaerendum sit: nam cum Africam totam potestati vestrae subiecerim, nihil ex ea, quod meum diceretur, praeter cognomen retuli. Non me igitur Punicae, non fratrem meum Asiaticae gazae avarum reddiderunt, sed uterque nostrum invidia magis quam pecunia locupletior est.” Tam constantem defensionem Scipionis universus senatus conprobavit. Quam quidem ei fiduciam conscientia illa dedit, qua meminerat omnes leges a se esse servatas. VALERIO MASSIMO, Fact. et dict. 3. 7. 1d passim RIPASSA

– le relative proprie – le consecutive – l’accusativo nella sintassi dei casi.

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Nessuna pietà per i traditori Valerio Massimo cita come exemplum positivo (naturalmente dal suo punto di vista conservatore) lo spietato castigo inflitto da Fulvio Flacco ai senatori capuani, responsabili di avere tradito Roma passando dalla parte di Annibale.

S

ED dum exempla propositae rei (1) persequor, latius mihi circumspicienti ante omnia se Fulvi Flacci constantia offert. Capuam fallacibus Hannibalis promissis Italiae regnum nefaria defectione pacisci persuasam armis occupaverat. Tam deinde culpae hostium iustus aestimator quam speciosus victor Campanum senatum impii decreti auctorem funditus delere constituit. Itaque catenis onustum in duas custodias, Teanam Calenamque, divisit consilium executurus, cum ea peregisset, quorum administrandorum citerior esse necessitas videbatur. Rumore autem de senatus mitiore sententia orto, ne debitam poenam scelerati effugerent, nocte admisso equo Teanum contendit interfectisque qui ibi adservabantur e vestigio Cales est transgressus perseverantiae suae opus executurus et iam deligatis ad palum hostibus litteras a patribus conscriptis nequiquam salutaris Campanis accepit: in sinistra enim eas manu, sicut erant traditae, reposuit ac iusso lictore lege agere tum demum aperuit, postquam illis obtemperari non poterat. Qua constantia victoriae quoque gloriam antecessit.

VALERIO MASSIMO, Fact. et dict. 3. 8. 1 (1) L’argomento cui allude Valerio Massimo è quello della fermezza d’animo. RIPASSA

– il gerundivo – l’ablativo assoluto – le finali – le temporali – il dativo nella sintassi dei casi.

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Alessandro e il medico Filippo Alessandro, còlto da malore dopo un bagno in un fiume, si affida alle cure del medico Filippo, ma viene messo in guardia contro di lui: potrebbe trattarsi di un traditore. Un episodio celebre, narrato da Curzio Rufo con indubbia efficacia drammatica.

INTER haec a Parmenione, fidissimo purpuratorum, litteras accipit, quibus

ei denuntiabat, ne salutem suam Philippo committeret: mille talentis a Dareo et spe nuptiarum sororis eius esse corruptum. Ingentem animo sollicitudinem litterae incusserant, et quicquid in utramque partem aut metus aut spes subiecerat, secreta aestimatione pensabat. “Bibere perseverem, ut, si venenum datum fuerit, ne immerito quidem, quicquid acciderit, evenisse videatur? Damnem medici fidem? In tabernaculo ergo me opprimi patiar? At satius est alieno me mori scelere quam metu nostro.” Diu animo in diversa versato nulli, quid scriptum esset, enuntiat epistulamque sigillo anuli sui impresso pulvino, cui incubabat, subiecit. Inter has cogitationes biduo absumpto inluxit a medico destinatus dies, et ille cum poculo, in quo medicamentum diluerat, intravit. Quo viso Alexander levato corpore in cubili epistulam a Parmenione missam sinistra manu tenens accipit poculum et haurit interritus; tum epistulam legere Philippum iubet nec a vultu legentis movit oculos, ratus aliquas conscientiae notas in ipso ore posse deprendere. (1) CURZIO RUFO, Hist. Alex. 3. 6. 4-9

(1) I fatti daranno ragione ad Alessandro: il medico risulterà del tutto innocente.

RIPASSA

– le completive con ut, ne – l’oratio obliqua – il congiuntivo dubitativo – le consecutive – l’ablativo assoluto – la regola di Reusch (consecutio temporum).

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Alessandro uccide l’amico Clito Rispetto ad altri autori, Curzio Rufo fornisce della morte di Clito una versione assai più sfavorevole ad Alessandro, e a dire il vero poco coerente con la personalità del re: Clito, infatti, viene da lui ucciso non nell’impeto dell’ira, ma a freddo, in un agguato.

A

LEXANDER rapta lancea ex manibus armigeri Clitum adhuc eadem linguae intemperantia furentem percutere conatus a Ptolomaeo et Perdicca (1) inhibetur. Medium complexi et obluctari perseverantem morabantur; Lysimachus et Leonnatus (1) etiam lanceam abstulerant. Ille militum fidem implorans comprehendi se a proximis amicorum, quod Dareo nuper accidisset (2), exclamat signumque tuba dari, ut ad regiam armati coirent, iubet. Tum vero Ptolomaeus et Perdiccas genibus advoluti orant, ne in tam praecipiti ira perseveret spatiumque potius animo det: omnia postero die iustius executurum. Sed clausae erant aures obstrepente ira. Itaque impotens animi procurrit in regiae vestibulum et vigili excubanti hasta ablata constitit in aditu, quo necesse erat iis, qui simul cenaverant, egredi. Abierant ceteri, Clitus ultimus sine lumine exibat. Quem rex, quisnam esset, interrogat. Eminebat etiam in voce sceleris, quod parabat, atrocitas. Et ille iam non suae, sed regis irae memor Clitum esse et de convivio exire respondit. Haec dicentis latus hasta transfixit morientisque sanguine adspersus “I nunc” inquit “ad Philippum et Parmenionem et Attalum.” (3)

CURZIO RUFO, Hist. Alex. 8. 1. 47-52 (1) Generali di Alessandro; (2) Dario III, re di Persia, era stato tradito dagli amici; (3) Per comprendere il macabro sarcasmo di questa battuta, tieni presente che l’incauto Clito aveva sminuito i meriti di Alessandro rispetto a quelli dei defunti Filippo, Parmenione ed Attalo.

RIPASSA

– il congiuntivo obliquo – le completive con ut, ne – l’oratio obliqua – la coordinazione.

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Così fan tutte La fabula Milesia della matrona di Efeso è un celebre esempio di misoginia “di maniera”. Una donna di rara virtù, fattasi seppellire viva con il marito defunto, viene raggiunta nella tomba da un bel soldato messo di guardia a tre crocifissi, che ben presto trova il modo di consolarla. Ma...

Ceterum delectatus miles et forma mulieris et secreto, quicquid boni per

facultates poterat coemebat et prima statim nocte in monumentum ferebat. Itaque unius cruciarii parentes ut viderunt laxatam custodiam, detraxere nocte pendentem supremoque mandaverunt officio. At miles circumscriptus dum desidet, ut postero die vidit unam sine cadavere crucem, veritus supplicium, mulieri quid accidisset exponit: nec se expectaturum iudicis sententiam, sed gladio ius dicturum ignaviae suae. Commodaret modo illa perituro locum et fatale conditorium commune familiari ac viro faceret. Mulier non minus misericors quam pudica “Nec istud” inquit “dii sinant, ut eodem tempore duorum mihi carissimorum hominum duo funera spectem. Malo mortuum impendere quam vivum occidere.” Secundum hanc orationem iubet ex arca corpus mariti sui tolli atque illi quae vacabat cruci affigi. Usus est miles ingenio prudentissimae feminae, posteroque die populus miratus est qua ratione mortuus isset in crucem. PETRONIO, Satyricon 112. 4-8 RIPASSA

– le temporali – l’oratio obliqua – le completive con ut, ne.

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Mio figlio studia troppo! Il rigattiere Echìone, presente alla cena del ricco Trimalcione, descrive l’istruzione che sta facendo impartire a suo figlio: un guazzabuglio sconclusionato di buone intenzioni, cui l’autore guarda con l’irrisione tipica delle persone raffinate nei confronti dei parvenu della cultura.

Quicquid illi vacat, caput de tabula non tollit (1). Ingeniosus est et bono

filo, etiam si in aves morbosus est. Ego illi iam tres cardeles occidi, et dixi quia mustella comedit. Invenit tamen alias nenias, et libentissime pingit. Ceterum iam

(1) Il soggetto sottinteso è filius meus;

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Graeculis calcem impingit et Latinas coepit non male appetere, etiam si magister eius sibi placens fit nec uno loco consistit. Scit quidem litteras, sed non vult laborare. Est et alter (2) non quidem doctus, sed curiosus, qui plus docet quam scit. Itaque feriatis diebus solet domum venire, et quicquid dederis, contentus est. Emi ergo nunc puero aliquot libra rubricata, quia volo illum ad domusionem aliquid de iure gustare. Habet haec res panem. Nam litteris satis inquinatus est. Quod si resilierit, destinavi illum artificium docere, aut tonstrinum aut praeconem aut certe causidicum, quod illi auferre non possit nisi Orcus. Ideo illi cotidie clamo: “Primigeni (3), crede mihi, quicquid discis, tibi discis. Vides Phileronem causidicum: si non didicisset, hodie famem a labris non abigeret. Modo modo collo suo circumferebat onera venalia, nunc etiam adversus Norbanum se extendit. Litterae thesaurum est, et artificium numquam moritur.” PETRONIO, Satyricon 46. 3-8 (2) sottinteso magister; (3) Primigenius è il nome del figlio di Echìone.

RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente e dipendente – le relative improprie – le concordanze.

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Amore dei delfini per gli esseri umani È difficile discernere nella Naturalis historia le informazioni scientificamente fondate dalle molte notizie di dubbia attendibilità: tuttavia quanto Plinio afferma a proposito del commovente affetto dei delfini per gli esseri umani trova numerose conferme nell’esperienza.

DELPHINUS, non homini tantum amicum animal, verum et musicae arti,

mulcetur symphoniae cantu, set praecipue hydrauli sono. Hominem non expavescit ut alienum, obviam navigiis venit, adludit exultans, certat etiam et quamvis plena praeterit vela. Divo Augusto principe Lucrinum lacum invectus (1) pauperis cuiusdam puerum ex Baiano Puteolos in ludum litterarium itantem, cum meridiano immorans appellatum eum Simonis nomine (2) saepius fragmentis panis, quem ob iter ferebat, adlexisset, miro amore dilexit. Pigeret referre, ni res Maecenatis et Fabiani et Flavi Alfii multorumque esset litteris mandata. Quocumque diei tempore

(1) Il soggetto sottinteso è “un delfino”; (2) stando a quel che dice Plinio, il delfino amerebbe essere chiamato Simone per via della caratteristica forma del suo muso (simus = “camuso”).

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inclamatus a puero, quamvis occultus atque abditus, ex imo advolabat pastusque e manu praebebat ascensuro dorsum, pinnae aculeos velut vagina condens, receptumque Puteolos per magnum aequor in ludum ferebat simili modo revehens pluribus annis, donec morbo extincto puero subinde ad consuetum locum ventitans tristis et maerenti similis ipse quoque, quod nemo dubitaret, desiderio expiravit. PLINIO IL VECCHIO, Nat. hist. 9. 8. 24 RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le finali – i congiuntivi indipendenti.

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L’immortalità dell’anima è una favola per bambini In netto contrasto con l’acriticità dimostrata in sede scientifica, Plinio dà prova di sorprendente autonomia di giudizio in occasione dei rari interventi personali, improntati in genere ad un radicale pessimismo esistenziale: si veda questo excursus sulla mortalità dell’anima.

OMNIBUS a supremo die eadem quae ante primum, nec magis a morte sen-

sus ullus aut corpori aut animae quam ante natalem. Eadem enim vanitas in futurum etiam se propagat et in mortis quoque tempora ipsa sibi vitam mentitur, alias inmortalitatem animae, alias transfigurationem, alias sensum inferis dando et manes colendo deumque faciendo qui iam etiam homo esse desierit, ceu vero ullo modo spirandi ratio ceteris animalibus distet aut non diuturniora in vita multa reperiantur, quibus nemo similem divinat inmortalitatem. Puerilium ista delenimentorum avidaeque numquam desinere mortalitatis commenta sunt. Similis et de adservandis corporibus hominum ac revivescendi promisso Democriti vanitas, qui non revixit ipse. Quae, malum, ista dementia est iterari vitam morte? Quaeve genitis quies umquam, si in sublimi sensus animae manet, inter inferos umbrae? Perdit profecto ista dulcedo credulitasque praecipuum naturae bonum, mortem, ac duplicat obituri dolorem etiam post futuri aestimatione. Etenim si dulce vivere est, cui potest esse vixisse? PLINIO IL VECCHIO, Nat. hist. 7. 56. 188-190 passim RIPASSA

– le comparative ipotetiche – gerundio e gerundivo.

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Un buon maestro deve essere come un padre per i suoi allievi Quintiliano, il padre della pedagogia, riconosce al maestro un compito particolarmente delicato: oltre a trasmettere il sapere, egli deve essere severo e nello stesso tempo tollerante, sempre disponibile verso gli allievi e soprattutto attento a non ferire la loro sensibilità.

S

UMAT igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum, ac succedere se in eorum locum a quibus sibi liberi tradantur existimet. Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur. Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit: nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit; minime iracundus, nec tamen eorum quae emendanda erunt dissimulator, simplex in docendo, patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. In emendando quae corrigenda erunt non acerbus minimeque contumeliosus; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam sic obiurgant quasi oderint. Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat quae secum auditores referant. Licet enim satis exemplorum ad imitandum ex lectione suppeditet, tamen viva illa, ut dicitur, vox alit plenius, praecipueque praeceptoris quem discipuli, si modo recte sunt instituti, et amant et verentur.

QUINTILIANO, Inst. 2. 2. 4-8 RIPASSA

– il congiuntivo esortativo – gerundio e gerundivo – la perifrastica passiva – le comparative ipotetiche – le concessive – le dichiarative – il genitivo nella sintassi dei casi.

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Consigli al futuro oratore Chi vuole intraprendere la carriera forense prima di tutto non deve aver paura della gente, poi deve studiare in una scuola pubblica, dove ha modo di confrontarsi continuamente con gli altri, evitando così di perdere il contatto con la realtà.

Ante omnia futurus orator, cui in maxima celebritate et in media rei publi-

cae luce vivendum est, adsuescat iam a tenero non reformidare homines neque illa solitaria et velut umbratica vita pallescere. Excitanda mens et attollenda semper est,

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quae in eius modi secretis aut languescit et quendam velut in opaco situm ducit, aut contra tumescit inani persuasione: necesse est enim nimium tribuat sibi qui se nemini comparat. Deinde cum proferenda sunt studia, caligat in sole et omnia nova offendit, ut qui solus didicerit quod inter multos faciendum est. Mitto amicitias, quae ad senectutem usque firmissime durant religiosa quadam necessitudine inbutae: neque enim est sanctius sacris isdem quam studiis initiari. Sensum ipsum, qui communis dicitur, ubi discet, cum se a congressu, qui non hominibus solum sed mutis quoque animalibus naturalis est, segregarit? Adde quod domi ea sola discere potest quae ipsi praecipientur, in schola etiam quae aliis. Audiet multa cotidie probari, multa corrigi, proderit alicuius obiurgata desidia, proderit laudata industria, excitabitur laude aemulatio, turpe ducet cedere pari, pulchrum superasse maiores. Accendunt omnia haec animos, et licet ipsa vitium sit ambitio, frequenter tamen causa virtutum est. QUINTILIANO, Inst. or. 1. 2. 18-22 RIPASSA

– il congiuntivo esortativo – le relative improprie – la perifrastica passiva – gli usi di quod – le particolarità delle completive con ut, ne – le dichiarative – le concessive.

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Per concentrarsi nell’attività di studio è meglio isolarsi in un luogo appartato La bellezza della natura può distrarre l’attenzione di chi studia: perciò è preferibile scegliere un luogo da cui non si possa né vedere né sentire alcunché.

U

T semel quod est potentissimum dicam, secretum, quod dictando perit (1), atque liberum arbitris locum et quam altissimum silentium scribentibus maxime convenire nemo dubitaverit. Non tamen protinus audiendi qui credunt aptissima in hoc nemora silvasque, quod illa caeli libertas locorumque amoenitas sublimem animum et beatiorem spiritum parent. Mihi certe iucundus hic magis quam studiorum hortator videtur esse secessus. Namque illa quae ipsa delectant necesse est avocent ab intentione operis destinati. Neque enim se bona fide in multa simul intendere animus totum potest, et quocumque respexit desinit intueri quod propositum erat. Quare sil-

(1) Quintiliano si riferisce qui all’abitudine, a suo parere sciocca e improduttiva, di dettare ad altri i propri componimenti anziché scriverli di persona.

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varum amoenitas et praeterlabentia flumina et inspirantes ramis arborum aurae volucrumque cantus et ipsa late circumspiciendi libertas ad se trahunt, ut mihi remittere potius voluptas ista videatur cogitationem quam intendere. Demosthenes melius, qui se in locum ex quo nulla exaudiri vox et ex quo nihil prospici posset recondebat, ne aliud agere mentem cogerent oculi. Ideoque lucubrantes silentium noctis et clusum cubiculum et lumen unum velut tectos maxime teneat. QUINTILIANO, Inst. or. 10. 3. 22-25 RIPASSA

– le consecutive – le relative improprie – il congiuntivo potenziale – le causali.

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È davvero più naturale uno stile improvvisato e incolto? Nel capitolo dedicato alla composizione Quintiliano, nell’ambito del dibattito sulla superiorità dell’ars o della natura, sostiene che uno stile elaborato e curato è preferibile allo stile disadorno che alcuni considerano più naturale.

NON ignoro quosdam esse qui curam omnem compositionis excludant,

atque illum horridum sermonem, ut forte fluxerit, modo magis naturalem, modo etiam magis virilem esse contendant. Qui si id demum naturale esse dicunt quod natura primum ortum est et quale ante cultum fuit, tota hic ars orandi subvertitur. Neque enim locuti sunt ad hanc regulam et diligentiam primi homines, nec prohoemiis praeparare, docere expositione, argumentis probare, adfectibus commovere scierunt. Ergo his omnibus, non sola compositione caruerunt: quorum si fieri nihil melius licebat, ne domibus quidem casas aut vestibus pellium tegmina aut urbibus montes ac silvas mutari oportuit. Quae porro ars statim fuit? Quid non cultu mitescit? Cur vites coercemus manu? Cur eas fodimus? Rubos arvis excidimus: terra et hos generat. Mansuefacimus animalia: indomita nascuntur. Verum id est maxime naturale quod fieri natura optime patitur. QUINTILIANO, Inst. or. 9. 4. 3-5 RIPASSA

– le relative proprie con il congiuntivo – il congiuntivo in luogo dell’indicativo – le interrogative dirette semplici – il “falso condizionale” – le infinitive.

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Importanza dello svago e del gioco nell’apprendimento Nessuno può resistere alla fatica troppo a lungo, neppure gli esseri inanimati: è quindi necessario un po’ di riposo per ritemprare le forze e per poter riprendere il lavoro con maggiore entusiasmo.

D

ANDA est omnibus aliqua remissio, non solum quia nulla res est quae perferre possit continuum laborem, atque ea quoque quae sensu et anima carent, ut servare vim suam possint, velut quiete alterna retenduntur, sed quod studium discendi voluntate, quae cogi non potest, constat. Itaque et virium plus adferunt ad discendum renovati ac recentes et acriorem animum, qui fere necessitatibus repugnat. Nec me offenderit lusus in pueris - est et hoc signum alacritatis -, neque illum tristem semperque demissum sperare possim erectae circa studia mentis fore, cum in hoc quoque maxime naturali aetatibus illis impetu iaceat. Modus tamen sit remissionibus, ne aut odium studiorum faciant negatae aut otii consuetudinem nimiae. Sunt etiam nonnulli acuendis puerorum ingeniis non inutiles lusus, cum positis invicem cuiusque generis quaestiunculis aemulantur. Mores quoque se inter ludendum simplicius detegunt: modo nulla videatur aetas tam infirma quae non protinus quid rectum pravumque sit discat, tum vel maxime formanda cum simulandi nescia est et praecipientibus facillime cedit; frangas enim citius quam corrigas quae in pravum induruerunt.

QUINTILIANO, Inst. or. 1. 3. 8-12 RIPASSA

– il participio – gerundio e gerundivo – i congiuntivi indipendenti – le finali – le causali – le ipotetiche restrittive.

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Durante l’infanzia si possono contemporaneamente ricevere più insegnamenti Quintiliano aveva una grande fiducia nella straordinaria capacità di apprendere propria dei bambini e dei giovani. Il messaggio che troverai in questo passo è rivolto anche a te: la mente umana possiede una tale forza e una tale versatilità da poter controllare più attività nello stesso tempo; bisogna dunque sfruttare tutte le sue potenzialità.

QUAERI solet an, etiamsi discenda sint haec, eodem tempore tamen tradi

omnia et percipi possint. Negant enim quidam, quia confundatur animus ac fatigetur tot disciplinis in diversum tendentibus, ad quas nec mens nec corpus nec dies

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ipse sufficiat, et, si maxime patiatur hoc aetas robustior, pueriles annos onerari non oporteat. Sed non satis perspiciunt quantum natura humani ingenii valeat, quae ita est agilis ac velox, sic in omnem partem, ut ita dixerim, spectat, ut ne possit quidem aliquid agere tantum unum, in plura vero non eodem die modo sed eodem temporis momento vim suam intendat. An vero citharoedi non simul et memoriae et sono vocis et plurimis flexibus serviunt, cum interim alios nervos dextra percurrunt, alios laeva trahunt continent praebent, ne pes quidem otiosus certam legem temporum servat, et haec pariter omnia? Quid? Nos agendi subita necessitate deprensi nonne alia dicimus alia providemus, cum pariter inventio rerum, electio verborum, compositio gestus pronuntiatio vultus motus desiderentur? Quae si velut sub uno conatu tam diversa parent simul, cur non pluribus curis horas partiamur? Cum praesertim reficiat animos ac reparet varietas ipsa, contraque sit aliquanto difficilius in labore uno perseverare.

RIPASSA

– gli usi di cum e di ut – il periodo ipotetico indipendente – le causali – le interrogative dirette e indirette semplici.

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È controproducente essere troppo severi con gli allievi Un aureo monito di Quintiliano, spesso disatteso nella prassi scolastica: l’insegnante troppo severo è sempre un cattivo insegnante, perché deprime le qualità naturali degli allievi e viene meno al suo principale dovere, che è quello di far amare lo studio.

N

E illud quidem quod admoneamus indignum est, ingenia puerorum nimia interim emendationis severitate deficere; nam et desperant et dolent et novissime oderunt et, quod maxime nocet, dum omnia timent nihil conantur. Quod etiam rusticis notum est, qui frondibus teneris non putant adhibendam esse falcem, quia reformidare ferrum videntur et nondum cicatricem pati posse. Iucundus ergo tum maxime debet esse praeceptor, ut remedia, quae alioqui natura sunt aspera, molli manu leniantur: laudare aliqua, ferre quaedam, mutare etiam reddita cur id fiat ratione, inluminare interponendo aliquid sui. Nonnumquam hoc quoque erit utile, totas ipsum dictare materias, quas et imitetur puer et interim tamquam suas amet: at si tam neglegens ei stilus fuerit ut emendationem non recipiat, expertus sum prodesse quotiens eandem materiam rursus a me retractatam scribere de integro iuberem: posse enim eum adhuc melius; quatenus nullo magis studia quam spe gaudent. Aliter autem alia aetas emendanda est, et pro modo virium et exigendum et corri-

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gendum opus. Solebam ego dicere pueris aliquid ausis licentius aut laetius laudare illud me adhuc, venturum tempus quo idem non permitterem: ita et ingenio gaudebant et iudicio non fallebantur. QUINTILIANO, Inst. or. 2. 4. 11-14 RIPASSA

– i costrutti di dignus e indignus (sintassi dei casi, ablativo) – la perifrastica passiva – le infinitive – le relative improprie.

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Cicerone fu davvero un grande oratore Per Quintiliano Cicerone fu sommo modello di eloquenza, come è facile capire da questo ammirato giudizio. Del grande oratore vengono messi in risalto i tre meriti fondamentali, che consistono nel docere, nel delectare e nel movere animos con eccezionale efficacia, e che, uniti al suo grande ingegno, fecero giustamente di lui il principe del foro.

MIHI videtur M. Tullius, cum se totum ad imitationem Graecorum contu-

lisset, effinxisse vim Demosthenis, copiam Platonis, iucunditatem Isocratis. Nec vero quod in quoque optimum fuit studio consecutus est tantum, sed plurimas vel potius omnes ex se ipso virtutes extulit inmortalis ingenii beatissima ubertas. Non enim pluvias, ut ait Pindarus, aquas colligit, sed vivo gurgite exundat, dono quodam providentiae genitus in quo totas vires suas eloquentia experiretur. Nam quis docere diligentius, movere vehementius potest, cui tanta umquam iucunditas adfuit? Ut ipsa illa quae extorquet impetrare eum credas, et cum transversum vi sua iudicem ferat, tamen ille non rapi videatur sed sequi. Iam in omnibus quae dicit tanta auctoritas inest ut dissentire pudeat, nec advocati studium sed testis aut iudicis adferat fidem, cum interim haec omnia, quae vix singula quisquam intentissima cura consequi posset, fluunt inlaborata, et illa qua nihil pulchrius auditum est oratio prae se fert tamen felicissimam facilitatem. QUINTILIANO, Inst. or. 10. 1. 108-111 RIPASSA

– il nominativo nella sintassi dei casi – le relative proprie e improprie – le consecutive – gli usi di cum – il “falso condizionale”.

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Un giudizio poco lusinghiero su Seneca Seneca, molto lontano dalla concinnitas ciceroniana, non poteva incontrare il favore di Quintiliano, che, pur riconoscendogli alcuni meriti, lo considera pericoloso soprattutto nelle mani dei giovani affascinati dal suo stile.

EX industria Senecam in omni genere eloquentiae distuli, propter vulga-

tam falso de me opinionem qua damnare eum et invisum quoque habere sum creditus. Quod accidit mihi dum corruptum et omnibus vitiis fractum dicendi genus revocare ad severiora iudicia contendo: tum autem solus hic fere in manibus adulescentium fuit. Amabant autem eum magis quam imitabantur, tantumque ab illo defluebant quantum ille ab antiquis descenderat. Foret enim optandum pares ac saltem proximos illi viro fieri. Sed placebat propter sola vitia, et ad ea se quisque dirigebat effingenda quae poterat: deinde cum se iactaret eodem modo dicere, Senecam infamabat. Cuius et multae alioqui et magnae virtutes fuerunt, ingenium facile et copiosum, plurimum studii, multa rerum cognitio, in qua tamen aliquando ab iis quibus inquirenda quaedam mandabat deceptus est. Tractavit etiam omnem fere studiorum materiam: nam et orationes eius et poemata et epistulae et dialogi feruntur. In philosophia parum diligens, egregius tamen vitiorum insectator fuit. Multae in eo claraeque sententiae, multa etiam morum gratia legenda, sed in eloquendo corrupta pleraque, atque eo perniciosissima quod abundant dulcibus vitiis. Velles eum suo ingenio dixisse, alieno iudicio: nam si aliqua contempsisset, si prava non concupisset, si non omnia sua amasset, si rerum pondera minutissimis sententiis non fregisset, consensu potius eruditorum quam puerorum amore comprobaretur. QUINTILIANO, Inst. or. 10. 1. 125-130 passim RIPASSA

– gli usi di dum – gerundio e gerundivo – i congiuntivi indipendenti – il periodo ipotetico indipendente.

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Solo un uomo onesto può essere un vero oratore Come già sosteneva Catone, l’oratore deve essere un vir bonus dicendi peritus. Indubbiamente un vir malus esperto nell’arte del dire provocherebbe gravi danni: ma un uomo malvagio non può essere intelligente, e, secondo Quintiliano, un uomo che non sia intelligente non può diventare un oratore.

RERUM ipsa natura, in eo quod praecipue indulsisse homini videtur quoque

nos a ceteris animalibus separasse, non parens sed noverca fuerit si facultatem dicendi sociam scelerum, adversam innocentiae, hostem veritatis invenit. Mutos enim nasci et

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egere omni ratione satius fuisset quam providentiae munera in mutuam perniciem convertere. Longius tendit hoc iudicium meum. Neque enim tantum id dico, eum qui sit orator virum bonum esse oportere, sed ne futurum quidem oratorem nisi virum bonum. Nam certe neque intellegentiam concesseris iis qui proposita honestorum ac turpium via peiorem sequi malent, neque prudentiam, cum in gravissimas frequenter legum, semper vero malae conscientiae poenas a semet ipsis inproviso rerum exitu induantur. Quod si neminem malum esse nisi stultum eundem non modo a sapientibus dicitur sed vulgo quoque semper est creditum, certe non fiet umquam stultus orator. QUINTILIANO, Inst. or. 12. 1. 2 RIPASSA

– le infinitive – i congiuntivi indipendenti – il periodo ipotetico indipendente.

62 ☞

Nell’eloquenza sono più importanti le doti naturali o la dottrina? Domandarsi se nell’eloquenza sia superiore l’importanza delle doti naturali o delle tecniche acquisite con lo studio non è attinente all’opera di Quintiliano, perché il perfetto oratore nasce solo dal connubio di entrambe. La questione va dunque affrontata in termini particolari.

SCIO quaeri etiam naturane plus ad eloquentiam conferat an doctrina.

Quod ad propositum quidem operis nostri nihil pertinet, neque enim consummatus orator nisi ex utroque fieri potest, plurimum tamen referre arbitror quam esse in hoc loco quaestionem velimus. Nam si parti utrilibet omnino alteram detrahas, natura etiam sine doctrina multum valebit, doctrina nulla esse sine natura poterit. Sin ex pari coeant, in mediocribus quidem utrisque maius adhuc naturae credam esse momentum, consummatos autem plus doctrinae debere quam naturae putabo, sicut terrae nullam fertilitatem habenti nihil optimus agricola profuerit, e terra uberi utile aliquid etiam nullo colente nascetur, at in solo fecundo plus cultor quam ipsa per se bonitas soli efficiet. Et si Praxiteles signum aliquod ex molari lapide conatus esset exculpere, Parium marmor mallem rude: at si illud idem artifex expolisset, plus in manibus fuisset quam in marmore. Denique natura materia doctrinae est: haec fingit, illa fingitur. Nihil ars sine materia, materiae etiam sine arte pretium est; ars summa materia optima melior. QUINTILIANO, Inst. or. 2. 19 RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le interrogative indirette disgiuntive – le comparative – il nesso relativo – le concordanze.

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Amore e morte In un’atmosfera “maledetta” e torbidamente romantica, alquanto insolita per Tacito, si consuma il dramma d’amore di Ottavio Sagitta, tribuno della plebe.

P

ER idem tempus Octavius Sagitta plebei tribunus, Pontiae mulieris nuptae amore vaecors, ingentibus donis adulterium et mox ut omitteret maritum emercatur, suum matrimonium promittens ac nuptias eius pactus. Sed ubi mulier vacua fuit, nectere moras, adversam patris voluntatem causari repertaque spe ditioris coniugis promissa exuere. Octavius contra modo conqueri, modo minitari, famam perditam, pecuniam exhaustam obtestans, denique salutem, quae sola reliqua esset, arbitrio eius permittens. Ac postquam spernebatur, noctem unam ad solacium poscit, qua delenitus modum in posterum adhiberet. Statuitur nox, et Pontia consciae ancillae custodiam cubiculi mandat. Ille uno cum liberto ferrum veste occultum infert. Tum, ut adsolet in amore et ira, iurgia preces, exprobratio satisfactio; et pars tenebrarum libidini seposita; ex qua quasi incensus nihil metuentem ferro transverberat et adcurrentem ancillam vulnere absterret cubiculoque prorumpit.

TACITO, Annales 13. 44 RIPASSA

– l’infinito storico o narrativo – il congiuntivo obliquo – le relative improprie – il nesso relativo.

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La grande eloquenza fiorisce in tempi inquieti L’attribuzione del Dialogus de oratoribus a Tacito è controversa per ragioni stilistiche. Profondamente tacitiana è comunque la convinzione, espressa per bocca di Curiazio Materno, che la pace e l’ordine interno impediscano lo sviluppo della grande eloquenza, ma che non per questo si debbano rimpiangere i torbidi della res publica.

C

rescit cum amplitudine rerum vis ingenii, nec quisquam claram et inlustrem orationem efficere potest nisi qui causam parem invenit. Non, opinor, Demosthenem orationes inlustrant quas adversus tutores suos composuit, nec Ciceronem magnum oratorem P. Quintius defensus aut Licinius Archias faciunt: Catilina et Milo et Verres et Antonius hanc illi famam circumdederunt; non quia tanti fuerit rei publicae malos ferre cives, ut uberem ad dicendum materiam oratores haberent, sed, ut subinde admoneo, quaestionis meminerimus sciamusque nos de ea re loqui, quae facilius turbidis et inquietis temporibus existit. Quis ignorat utilius ac melius esse frui pace quam bello vexari? Pluris tamen bonos proeliatores bella quam pax ferunt.

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Similis eloquentiae condicio. Nam quo saepius steterit tamquam in acie quoque pluris et intulerit ictus et exceperit quoque maiores adversarios acrioresque pugnas sibi ipsa desumpserit, tanto altior et excelsior et illis nobilitata discriminibus in ore hominum agit, quorum ea natura est, ut secura velint, <periculosa mirentur> (1). TACITO, Dial. 37. 5-8 (1) Il testo è corrotto: periculosa mirentur è una buona integrazione di C. John. RIPASSA

– il congiuntivo esortativo – le finali – le consecutive – le causali – il genitivo nella sintassi dei casi.

65

Costumi delle donne germaniche Più volte, nella Germania, Tacito lascia trapelare la sua ammirazione nei confronti dei severi costumi dei Germani; in questo brano è implicito il confronto polemico fra il comportamento delle donne germaniche e quello delle matrone romane, a tutto svantaggio di queste ultime.

Ergo saepta pudicitia agunt (1), nullis spectaculorum illecebris, nullis

conviviorum irritationibus corruptae. Litterarum secreta viri pariter ac feminae ignorant. Paucissima in tam numerosa gente adulteria, quorum poena praesens et maritis permissa: abscisis crinibus nudatam coram propinquis expellit domo maritus ac per omnem vicum verbere agit; publicatae enim pudicitiae nulla venia: non forma, non aetate, non opibus maritum invenerit. Nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et corrumpi saeculum vocatur. Melius quidem adhuc eae civitates, in quibus tantum virgines nubunt et cum spe votoque uxoris semel transigitur. Sic unum accipiunt maritum quo modo unum corpus unamque vitam, ne ulla cogitatio ultra, ne longior cupiditas, ne tamquam maritum sed tamquam matrimonium ament. Numerum liberorum finire aut quemquam ex agnatis necare flagitium habetur, plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges. TACITO, Germ. 19. 1-5

(1) Il soggetto sottinteso sono le donne germaniche. RIPASSA

– il congiuntivo potenziale – l’accusativo nella sintassi dei casi – le finali – l’infinito sostantivato.

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Morte di Otone Otone, governatore della Lusitania, tristemente noto come compagno di bagordi di Nerone, appena salito al potere riscattò i suoi pessimi trascorsi, dando prova di grande senso di responsabilità. Sconfitto da Vitellio a Bedriàco, si uccise per evitare ulteriori carneficine.

P

OST quae dimotis omnibus paulum requievit. Atque illum supremas iam curas animo volutantem repens tumultus avertit, nuntiata consternatione ac licentia militum; namque abeuntibus exitium minitabantur, atrocissima in Verginium (1) vi, quem clausa domo obsidebant. Increpitis seditionis auctoribus regressus vacavit abeuntium adloquiis, donec omnes inviolati digrederentur. Vesperascente die sitim haustu gelidae aquae sedavit. Tum adlatis pugionibus duobus, cum utrumque pertemptasset, alterum capiti subdidit. Et explorato iam profectos amicos, noctem quietam, utque adfirmatur, non insomnem egit: luce prima in ferrum pectore incubuit. Ad gemitum morientis ingressi liberti servique et Plotius Firmus praetorii praefectus unum vulnus invenere. Funus maturatum; ambitiosis id precibus petierat ne amputaretur caput ludibrio futurum. Tulere corpus praetoriae cohortes cum laudibus et lacrimis, vulnus manusque eius exosculantes. Quidam militum iuxta rogum interfecere se, non noxa neque ob metum, sed aemulatione decoris et caritate principis.

TACITO, Hist. 2. 49 (1) Lucio Virginio Rufo, divenuto odioso alle truppe perché, più volte sollecitato ad assumere l’impero, aveva sempre rifiutato di farlo. RIPASSA

– l’ablativo assoluto – le temporali – le finali.

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Paolina, moglie di Seneca, vorrebbe morire con lui 65 d.C.: Nerone ha appena fatto notificare a Seneca, coinvolto nella “congiura di Pisone”, l’ordine di darsi la morte. La giovanissima moglie Paolina non vuole sopravvivergli.

I

lle interritus poscit testamenti tabulas; ac denegante centurione conversus ad amicos, quando meritis eorum referre gratiam prohiberetur, quod unum iam et tamen pulcherrimum habeat, imaginem vitae suae relinquere testatur: cuius si

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memores essent, bonarum artium famam fructum constantis amicitiae laturos. Simul lacrimas eorum modo sermone, modo intentior in modum coercentis ad firmitudinem revocat, rogitans ubi praecepta sapientiae, ubi tot per annos meditata ratio adversum imminentia. Cui enim ignaram fuisse saevitiam Neronis? Neque aliud superesse post matrem fratremque interfectos quam ut educatoris praeceptorisque necem adiceret. Ubi haec atque talia velut in commune disseruit, complectitur uxorem et paululum adversus praesentem fortitudinem mollitus rogat oratque temperaret dolori neu aeternum susciperet, sed in contemplatione vitae per virtutem actae desiderium mariti solaciis honestis toleraret. Illa contra sibi quoque destinatam mortem adseverat manumque percussoris exposcit. Tum Seneca gloriae eius non adversus, simul amore, ne sibi unice dilectam ad iniurias relinqueret, “Vitae” inquit “delenimenta monstraveram tibi, tu mortis decus mavis: non invidebo exemplo. Sit huius tam fortis exitus constantia penes utrosque par, claritudinis plus in tuo fine.” TACITO, Annales 15. 62-63 RIPASSA

– l’oratio obliqua – il congiuntivo obliquo – il nesso relativo – le completive con ut, ne.

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Un attentato fallito Una pagina celebre degli Annales: Nerone, risoluto a sbarazzarsi della madre Agrippina, ha fatto preparare per lei una nave destinata a sfasciarsi in alto mare; ma le cose non andranno secondo i suoi piani.

N

OCTEM sideribus inlustrem et placido mari quietam quasi convincendum ad scelus dii praebuere. Nec multum erat progressa navis, duobus e numero familiarium Agrippinam comitantibus, ex quis Crepereius Gallus haud procul gubernaculis adstabat, Acerronia super pedes cubitantis reclinis paenitentiam filii et reciperatam matris gratiam per gaudium memorabat, cum dato signo ruere tectum loci multo plumbo grave, pressusque Crepereius et statim exanimatus est: Agrippina et Acerronia eminentibus lecti parietibus ac forte validioribus quam ut oneri cederent protectae sunt. Nec dissolutio navigii sequebatur, turbatis omnibus et quod plerique ignari etiam conscios impediebant. Visum dehinc remigibus unum in latus inclinare atque ita navem submergere: sed neque ipsis promptus in rem subitam consensus, et alii contra nitentes dedere facultatem lenioris in mare iactus. Verum Acerronia, imprudentia dum se Agrippinam esse utque subveniretur matri principis clamitat, contis et remis et quae fors obtulerat navalibus telis

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conficitur: Agrippina silens eoque minus adgnita (unum tamen vulnus umero excepit) nando, deinde occursu lenunculorum Lucrinum in lacum vecta villae suae infertur. TACITO, Ann. 14. 5 RIPASSA

– le temporali – gli usi di cum – l’ablativo assoluto – le consecutive – le completive con ut, ne.

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Tiberio finge di non volersi assumere la responsabilità dell’impero L’ambiguità è il tratto saliente del Tiberio tacitiano, personaggio quasi patologicamente incline alla simulazione. Qui l’autore descrive con acre sarcasmo la gara di ipocrisia ingaggiata dal futuro imperatore con i senatori e l’ineffabile “gaffe” di Asinio Gallo.

P

lus in oratione tali (1) dignitatis quam fidei erat; Tiberioque etiam in rebus quas non occuleret, seu natura sive adsuetudine, suspensa semper et obscura verba: tunc vero nitenti ut sensus suos penitus abderet, in incertum et ambiguum magis implicabantur. At patres, quibus unus metus si intellegere viderentur, in questus lacrimas vota effundi; ad deos, ad effigiem Augusti, ad genua ipsius manus tendere, cum proferri libellum (2) recitarique iussit. Opes publicae continebantur, quantum civium sociorumque in armis, quot classes, regna, provinciae, tributa aut vectigalia, et necessitates ac largitiones. Quae cuncta sua manu perscripserat Augustus addideratque consilium coercendi intra terminos imperii, incertum metu an per invidiam. Inter quae senatu ad infimas obtestationes procumbente, dixit forte Tiberius se ut non toti rei publicae parem, ita quaecumque pars sibi mandaretur eius tutelam suscepturum. Tum Asinius Gallus “Interrogo” inquit, “Caesar, quam partem rei publicae mandari tibi velis.” Perculsus inprovisa interrogatione paulum reticuit: dein collecto animo respondit nequaquam decorum pudori suo legere aliquid aut evitare ex eo cui in universum excusari mallet. TACITO, Ann. 1. 11-12 (1) Si tratta del discorso che Tiberio ha appena pronunciato in senato; (2) Si tratta di una sorta di registro in cui erano inventariate tutte le forze, economiche e militari dell’Impero.

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RIPASSA

– le completive con ut, ne – il congiuntivo obliquo – la prolessi del relativo – le interrogative indirette semplici e disgiuntive – il nesso relativo.

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La felicità dei tempi nuovi non cancella i guasti del passato Nel proemio della monografia dedicata ad Agricola (il suocero morto, forse per avvelenamento, durante la tirannide domizianea) Tacito, pur elogiando i nuovi imperatori Nerva e Traiano, denuncia con lucida amarezza i guasti irrimediabili che l’abitudine alla delazione e al servilismo ha prodotto negli animi dei cittadini.

D

EDIMUS profecto grande patientiae documentum; et sicut vetus aetas vidit quid ultimum in libertate esset, ita nos quid in servitute, adempto per inquisitiones etiam loquendi audiendique commercio. Memoriam quoque ipsam cum voce perdidissemus, si tam in nostra potestate esset oblivisci quam tacere. Nunc demum redit animus; et quamquam primo statim beatissimi saeculi ortu Nerva Caesar res olim dissociabilis miscuerit, principatum ac libertatem, augeatque cotidie felicitatem temporum Nerva Traianus (1), nec spem modo ac votum securitas publica, sed ipsius voti fiduciam ac robur adsumpserit, natura tamen infirmitatis humanae tardiora sunt remedia quam mala; et ut corpora nostra lente augescunt, cito extinguuntur, sic ingenia studiaque oppresseris facilius quam revocaveris: subit quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia postremo amatur. Quid, si per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium, multi fortuitis casibus, promptissimus quisque saevitia principis (2) interciderunt, pauci et, ut ita dixerim, non modo aliorum sed etiam nostri superstites sumus, exemptis e media vita tot annis, quibus iuvenes ad senectutem, senes prope ad ipsos exactae aetatis terminos per silentium venimus?

TACITO, Agr. 2-3 (1) Traiano aveva assunto il cognomen di Nerva, l’imperatore che lo aveva preceduto e adottato; (2) si tratta di Domiziano. RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le concessive – le comparative – il congiuntivo potenziale.

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Lo scalcinato esercito di Vitellio Vitellio, generale delle legioni germaniche, è ritratto da tutti gli storici antichi come una specie di orco ebete, apatico e bestialmente ingordo. In Tacito la sua marcia su Roma, più che ad un’impresa militare, assomiglia ad una sanguinaria gita turistico-gastronomica.

D

UM haec per provincias a Vespasiano ducibusque partium geruntur, Vitellius contemptior in dies segniorque, ad omnis municipiorum villarumque amoenitates resistens, gravi urbem agmine petebat. Sexaginta milia armatorum sequebantur, licentia corrupta; calonum numerus amplior, procacissimis etiam inter servos lixarum ingeniis; tot legatorum amicorumque comitatus inhabilis ad parendum, etiam si summa modestia regeretur. Onerabant multitudinem obvii ex urbe senatores equitesque, quidam metu, multi per adulationem, ceteri ac paulatim omnes ne aliis proficiscentibus ipsi remanerent. Adgregabantur e plebe flagitiosa per obsequia Vitellio cogniti, scurrae, histriones, aurigae, quibus ille amicitiarum dehonestamentis mire gaudebat. Nec coloniae modo aut municipia congestu copiarum, sed ipsi cultores arvaque maturis iam frugibus ut hostile solum vastabantur. Multae et atroces inter se militum caedes, post seditionem Ticini coeptam manente legionum auxiliorumque discordia; ubi adversus paganos certandum foret, consensu.

TACITO, Hist. 2. 87-88 RIPASSA

– le temporali – il periodo ipotetico indipendente – le finali.

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Muciano esorta Vespasiano a proclamarsi imperatore L’innata prudenza di Vespasiano, comandante delle truppe in Giudea, lo rende titubante di fronte alla prospettiva del colpo di Stato. Licinio Muciano, governatore della Siria, lo esorta a rompere gli indugi, se non altro per salvare l’impero dal governo di Vitellio.

O

MNES (1), qui magnarum rerum consilia suscipiunt, aestimare debent an quod inchoatur rei publicae utile, ipsis gloriosum, promptum effectu aut certe non arduum sit; simul ipse qui suadet considerandus est, adiciatne consilio periculum suum, et, si fortuna coeptis adfuerit, cui summum decus adquiratur. Ego te, Vespasiane, ad imperium voco, quam salutare rei publicae, quam tibi magnificum, iuxta

(1) Discorso diretto di Muciano;

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deos in tua manu positum est. Nec speciem adulantis expaveris: a contumelia quam a laude propius fuerit post Vitellium eligi. Non adversus divi Augusti acerrimam mentem nec adversus cautissimam Tiberii senectutem, ne contra Gai (2) quidem aut Claudii vel Neronis fundatam longo imperio domum exurgimus; cessisti etiam Galbae imaginibus: torpere ultra et polluendam perdendamque rem publicam relinquere sopor et ignavia videretur, etiam si tibi quam inhonesta, tam tuta servitus esset. Abiit iam et transvectum est tempus quo posses videri non cupisse: confugiendum est ad imperium. An excidit trucidatus Corbulo (3)? Splendidior origine quam nos sumus, fateor, sed et Nero nobilitate natalium Vitellium anteibat. Satis clarus est apud timentem quisquis timetur. TACITO, Hist. 2. 76 (2) Caligola; (3) Domizio Corbulone, generale valentissimo e per questo temuto dall’invidioso Nerone, che lo costrinse al suicidio nel 67 d.C.

RIPASSA

– le interrogative dirette e indirette semplici – il periodo ipotetico indipendente e dipendente – l’imperativo negativo – il congiuntivo potenziale.

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Impopolarità di Galba Il vecchio Galba è il primo dei quattro imperatori dell’anno 69 (gli altri tre sono Otone, Vitellio e Vespasiano). Comandante delle legioni iberiche, egli è presentato come un individuo duro ma irresoluto, succube di amici indegni e divenuto immediatamente impopolare per una serie di sfortunate coincidenze.

F

ORTE congruerat ut Clodii Macri (1) et Fontei Capitonis (2) caedes nuntiarentur. Macrum in Africa haud dubie turbantem Trebonius Garutianus (3) procurator iussu Galbae, Capitonem in Germania, cum similia coeptaret, Cornelius Aquinus (3) et Fabius Valens (4) legati legionum interfecerant antequam iuberentur. Fuere qui crederent Capitonem, ut avaritia et libidine foedum ac maculosum, ita cogitatione rerum novarum abstinuisse, sed a legatis bellum suadentibus, postquam impellere nequiverint, crimen ac dolum ultro compositum, et Galbam mobi-

(1) Legato in Africa, prima fautore di Nerone, avrebbe impedito poi i rifornimenti di grano provenienti dall’Egitto; (2) console nel 67, era governatore della Germania; (3) personaggio non altrimenti noto; (4) più volte citato per aver sostenuto Vitellio prima contro Otone, poi contro Vespasiano.

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litate ingenii, an ne altius scrutaretur, quoquo modo acta, quia mutari non poterant, comprobasse. Ceterum utraque caedes sinistre accepta, et inviso semel principi seu bene seu male facta parem invidiam adferebant. Venalia cuncta, praepotentes liberti, servorum manus subitis avidae et tamquam apud senem festinantes, eademque novae aulae mala, aeque gravia, non aeque excusata. Ipsa aetas Galbae inrisui ac fastidio erat adsuetis iuventae Neronis et imperatores forma ac decore corporis, ut est mos vulgi, comparantibus. TACITO, Hist. 1. 7 RIPASSA

– le completive con ut, ut non – le temporali – il dativo nella sintassi dei casi.

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Incondizionata ammirazione di Plinio per Tacito Di qualche anno più giovane, Plinio nutre nei confronti di Tacito non solo sincera amicizia, ma anche profondo rispetto per le sue doti di grande scrittore; gli basterebbe pertanto essere considerato secondo dopo di lui per sentirsi il primo.

L

IBRUM tuum legi et, quam diligentissime potui, adnotavi quae commutanda, quae eximenda arbitrarer. Nam et ego verum dicere adsuevi, et tu libenter audire. Neque enim ulli patientius reprehenduntur, quam qui maxime laudari merentur. Nunc a te librum meum cum adnotationibus tuis exspecto. O iucundas, o pulchras vices! Quam me delectat quod, si qua posteris cura nostri, usquequaque narrabitur qua concordia, simplicitate, fide vixerimus! Erit rarum et insigne, duos homines aetate dignitate propemodum aequales, non nullius in litteris nominis - cogor enim de te quoque parcius dicere, quia de me simul dico - alterum alterius studia fovisse. Equidem adulescentulus, cum iam tu fama gloriaque floreres, te sequi, tibi “longo sed proximus intervallo” (1) et esse et haberi concupiscebam. Et erant multa clarissima ingenia; sed tu mihi - ita similitudo naturae ferebat - maxime imitabilis, maxime imitandus videbaris. Quo magis gaudeo, quod si quis de studiis sermo, una nominamur, quod de te loquentibus statim occurro. Nec desunt qui utrique nostrum praeferantur. Sed nos, nihil interest mea quo loco, iungimur; nam mihi primus, qui a te proximus.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 7. 20 (1) Citazione da Virgilio, Eneide 5. 320. RIPASSA

– gli usi di quod – i congiuntivi obliquo e caratterizzante – la costruzione di interest e refert (sintassi dei casi, genitivo).

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Quando siamo ammalati siamo migliori Durante la malattia si guarda il mondo con distacco: nulla ha più valore di fronte al desiderio impellente di recuperare la salute.

N

UPER me cuiusdam amici languor admonuit, optimos esse nos dum infirmi sumus. Quem enim infirmum aut avaritia aut libido sollicitat? Non amoribus servit, non adpetit honores, opes neglegit et quantulumcumque, ut relicturus, satis habet. Tunc deos tunc hominem esse se meminit, invidet nemini, neminem miratur neminem despicit, ac ne sermonibus quidem malignis aut attendit aut alitur: balinea imaginatur et fontes. Haec summa curarum, summa votorum mollemque in posterum et pinguem, si contingat evadere, hoc est innoxiam beatamque, destinat vitam. Possum ergo quod plurimis verbis, plurimis etiam voluminibus philosophi docere conantur, ipse breviter tibi mihique praecipere, ut tales esse sani perseveremus, quales nos futuros profitemur infirmi.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 7. 26 RIPASSA

– le comparative ipotetiche – la prolessi del relativo – le completive con ut, ne – le infinitive – il periodo ipotetico indipendente.

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Plinio intercede presso un amico a favore di un liberto La lettera, indirizzata a Sabiniano, si articola come una piccola orazione: Plinio, perorando la causa del liberto per ottenerne il perdono, fa leva sui sentimenti umani dell’amico, presentando l’indulgenza stessa come un beneficio per chi la concede.

L

IBERTUS tuus, cui suscensere te dixeras, venit ad me advolutusque pedibus meis tamquam tuis haesit. Flevit multum, multum rogavit, multum etiam tacuit, in summa fecit mihi fidem paenitentiae verae: credo emendatum quia deliquisse se sentit. Irasceris, scio, et irasceris merito, id quoque scio; sed tunc praecipua mansuetudinis laus, cum irae causa iustissima est. Amasti hominem et, spero, amabis: interim sufficit ut exorari te sinas. Licebit rursus irasci, si meruerit, quod exoratus excusatius facies. Remitte aliquid adulescentiae ipsius, remitte lacrimis, remitte indulgentiae tuae. Ne torseris illum, ne torseris etiam te; torqueris enim cum tam lenis irasceris. Vereor ne videar non rogare sed cogere, si precibus eius

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meas iunxero; iungam tamen tanto plenius et effusius, quanto ipsum acrius severiusque corripui, destricte minatus numquam me postea rogaturum. Hoc illi, quem terreri oportebat, tibi non idem; nam fortasse iterum rogabo, impetrabo iterum: sit modo tale, ut rogare me, ut praestare te deceat. Vale. PLINIO IL GIOVANE, Ep. 9. 21 RIPASSA

– l’imperativo negativo – le completive con i verba timendi – le ipotetiche restrittive – le relative proprie.

77 ☞

Nelle votazioni a scrutinio segreto i burloni si divertono impunemente Plinio descrive con indignazione il comportamento di alcuni elettori che durante le votazioni in senato si sono divertiti a scrivere sulle schede ogni sorta di amenità e si domanda preoccupato quali rimedi si possano trovare contro una simile leggerezza.

S

CRIPSERAM tibi verendum esse, ne ex tacitis suffragiis vitium aliquod exsisteret. Factum est. Proximis comitiis in quibusdam tabellis multa iocularia atque etiam foeda dictu, in una vero pro candidatorum nominibus suffragatorum nomina inventa sunt. Excanduit senatus magnoque clamore ei qui scripsisset iratum principem est comprecatus. Ille tamen fefellit et latuit, fortasse etiam inter indignantes fuit. Quid hunc putamus domi facere, qui in tanta re tam serio tempore tam scurriliter ludat, qui denique omnino in senatu dicax et urbanus et bellus est? Tantum licentiae pravis ingeniis adicit illa fiducia: “Quis enim sciet?” Poposcit tabellas, stilum accepit, demisit caput, neminem veretur, se contemnit. Inde ista ludibria scaena et pulpito digna. Quo te vertas? Quae remedia conquiras? Ubique vitia remediis fortiora.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 4. 25 RIPASSA

– la perifrastica passiva – il dativo e l’ablativo nella sintassi dei casi – le completive con i verba timendi – il supino passivo – il congiuntivo obliquo – le interrogative dirette semplici – le relative proprie e improprie.

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Eufrate, un filosofo nobilissimo Ammirazione e affetto sono i sentimenti che traspaiono da questo ritratto di filosofo venerabile e saggio, ma al tempo stesso cordiale e umano; Plinio esorta un amico, meno impegnato di lui nella vita pubblica, a godere il più possibile della sua compagnia.

Q

UANTUM mihi cernere datur, multa in Euphrate sic eminent et elucent, ut mediocriter quoque doctos advertant et adficiant. Disputat subtiliter graviter ornate, frequenter etiam Platonicam illam sublimitatem et latitudinem effingit. Sermo est copiosus et varius, dulcis in primis, et qui repugnantes quoque ducat impellat. Ad hoc proceritas corporis, decora facies, demissus capillus, ingens et cana barba; quae licet fortuita et inania putentur, illi tamen plurimum venerationis adquirunt. Nullus horror in cultu, nulla tristitia, multum severitatis; reverearis occursum, non reformides. Vitae sanctitas summa; comitas par: insectatur vitia non homines, nec castigat errantes sed emendat. Soleo non numquam de occupationibus meis apud Euphraten queri. Ille me consolatur, adfirmat etiam esse hanc philosophiae et quidem pulcherrimam partem, agere negotium publicum, cognoscere iudicare, promere et exercere iustitiam, quaeque ipsi doceant in usu habere. Mihi tamen hoc unum non persuadet, satius esse ista facere quam cum illo dies totos audiendo discendoque consumere. Quo magis te cui vacat hortor, cum in urbem proxime veneris, illi te expoliendum limandumque permittas. Neque enim ego ut multi invideo aliis bono quo ipse careo, sed contra: sensum quendam voluptatemque percipio, si ea quae mihi denegantur amicis video superesse.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 1. 10. 5-12 passim RIPASSA

– le consecutive – le concessive – le relative improprie – il congiuntivo potenziale – gerundio e gerundivo – il dativo nella sintassi dei casi.

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Per un giovinetto di buona famiglia occorre un maestro irreprensibile Plinio, come Quintiliano, è convinto che l’educazione impartita in casa da un precett§re non sia completa e che si debba ricorrere ad un buon retore: perciò egli consiglia ad un suo amico di affidare suo figlio ad un vir bonus dicendi peritus, ovvero ad un maestro dalla condotta morale irreprensibile, dotato di una profonda conoscenza dell’arte del dire.

A

DHUC illum pueritiae ratio intra contubernium tuum tenuit, praeceptores domi habuit, ubi est erroribus modica vel etiam nulla materia. Iam studia eius extra limen proferenda sunt, iam circumspiciendus rhetor Latinus, cuius scholae severitas pudor in primis castitas constet. Adest enim adulescenti nostro cum ceteris naturae fortunaeque dotibus eximia corporis pulchritudo, cui in hoc lubrico aetatis non praeceptor modo sed custos etiam rectorque quaerendus est. Videor ergo demonstrare tibi posse Iulium Genitorem. Vir est emendatus et gravis, paulo etiam horridior et durior, ut in hac licentia temporum. Quantum eloquentia valeat, pluribus credere potes, nam dicendi facultas aperta et exposita statim cernitur. Nihil ex hoc viro filius tuus audiet nisi profuturum, nihil discet quod nescisse rectius fuerit, nec minus saepe ab illo quam a te meque admonebitur, quibus imaginibus oneretur, quae nomina et quanta sustineat. Proinde faventibus dis trade eum praeceptori, a quo mores primum mox eloquentiam discat, quae male sine moribus discitur. Vale.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 3. 3. 3-7 passim RIPASSA

– la perifrastica passiva – le relative improprie – le interrogative indirette semplici.

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Dubbi di Plinio sulla colpevolezza dei cristiani Non esistendo una legislazione specifica che permettesse di adottare un comportamento univoco nei confronti dei cristiani, Plinio trasmette i suoi dubbi in materia direttamente all’imperatore Traiano: dalle sue parole traspare l’atteggiamento di un uomo equilibrato e preoccupato di agire secondo giustizia.

S

OLLEMNE est mihi, domine, omnia de quibus dubito ad te referre. Quis enim potest melius vel cunctationem meam regere vel ignorantiam instruere? Cognitionibus de Christianis interfui numquam: ideo nescio quid et quatenus aut puniri soleat aut quaeri. Nec mediocriter haesitavi, sitne aliquod discrimen aetatum, an quamlibet teneri nihil a robustioribus differant; detur paenitentiae venia, an ei, qui omnino Christianus fuit, desisse non prosit; nomen ipsum, si flagitiis careat, an flagitia cohaerentia nomini puniantur. Interim, in iis qui ad me tamquam Christiani deferebantur, hunc sum secutus modum. Interrogavi ipsos an essent Christiani. Confitentes iterum

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ac tertio interrogavi supplicium minatus: perseverantes duci iussi. Neque enim dubitabam, qualecumque esset quod faterentur, pertinaciam certe et inflexibilem obstinationem debere puniri. Fuerunt alii similis amentiae, quos, quia cives Romani erant, adnotavi in urbem remittendos. PLINIO IL GIOVANE, Ep. 10. 96. 1-4 RIPASSA

– il participio – il periodo ipotetico dipendente – le interrogative indirette semplici e disgiuntive – il congiuntivo eventuale.

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Plinio comunica a Traiano il suo comportamento nei processi contro i cristiani Con scrupolosa precisione Plinio rende conto all’imperatore della procedura da lui adottata nei confronti dei cristiani. La lettera costituisce una testimonianza preziosa anche per ricostruire le pratiche di culto delle prime comunità cristiane, scagionate qui dalle infamanti accuse di adulterio, infanticidio e antropofagia.

P

ROPOSITUS est libellus sine auctore multorum nomina continens. Qui negabant esse se Christianos aut fuisse, cum praeeunte me deos adpellarent et imagini tuae, quam propter hoc iusseram cum simulacris numinum adferri, ture ac vino supplicarent, praeterea male dicerent Christo, quorum nihil cogi posse dicuntur qui sunt re vera Christiani, dimittendos putavi. Alii ab indice nominati esse se Christianos dixerunt et mox negaverunt; fuisse quidem sed desisse, quidam ante triennium, quidam ante plures annos, non nemo etiam ante viginti. Hi quoque omnes et imaginem tuam deorumque simulacra venerati sunt et Christo male dixerunt. Adfirmabant autem hanc fuisse summam vel culpae suae vel erroris, quod essent soliti stato die ante lucem convenire, carmenque Christo quasi deo dicere secum invicem seque sacramento non in scelus aliquod obstringere, sed ne furta ne latrocinia ne adulteria committerent, ne fidem fallerent, ne depositum adpellati abnegarent. Quibus peractis morem sibi discedendi fuisse rursusque coeundi ad capiendum cibum, promiscuum tamen et innoxium; quod ipsum facere desisse post edictum meum, quo secundum mandata tua hetaerias esse vetueram. Quo magis necessarium credidi ex duabus ancillis, quae ministrae dicebantur, quid esset veri et per tormenta quaerere. Nihil aliud inveni quam superstitionem pravam et immodicam.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 10. 96. 5-8 RIPASSA

– le infinitive – le completive con ut, ne – le determinazioni di tempo – il congiuntivo obliquo.

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Umana sensibilità di Plinio verso gli schiavi Tra il I e il II sec. d. C. si affaccia nel mondo romano un atteggiamento diverso nei confronti dello schiavo: questi incomincia così a non essere più considerato alla stregua del bestiame, ma come uomo con esigenze e sentimenti. Plinio, con la sua sensibilità umana, testimonia questo cambiamento evidente, anche se non ancora universalmente accettato.

C

ONFECERUNT me infirmitates meorum, mortes etiam, et quidem iuvenum. Solacia duo nequaquam paria tanto dolori, solacia tamen: unum facilitas manumittendi - videor enim non omnino immaturos perdidisse, quos iam liberos perdidi alterum quod permitto servis quoque quasi testamenta facere, eaque ut legitima custodio. Mandant rogantque quod visum; pareo ut iussus. Dividunt donant relinquunt, dumtaxat intra domum; nam servis res publica quaedam et quasi civitas domus est. Sed quamquam his solaciis adquiescam, debilitor et frangor eadem illa humanitate, quae me ut hoc ipsum permitterem induxit. Non ideo tamen velim durior fieri. Nec ignoro alios eius modi casus nihil amplius vocare quam damnum, eoque sibi magnos homines et sapientes videri. Qui an magni sapientesque sint, nescio; homines non sunt. Hominis est enim adfici dolore, sentire, resistere tamen et solacia admittere, non solaciis non egere. Verum de his plura fortasse quam debui; sed pauciora quam volui. Est enim quaedam etiam dolendi voluptas, praesertim si in amici sinu defleas, apud quem lacrimis tuis vel laus sit parata vel venia. Vale.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 8. 16 RIPASSA

– le concessive – gli usi di ut e di quod – i costrutti di videor (sintassi dei casi, nominativo) – il “falso condizionale” – le comparative – le interrogative indirette dubitative – le relative improprie.

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Feroce comportamento di Domiziano contro la vestale massima Cornelia Con un’infondata accusa di incesto l’imperatore Domiziano fa seppellire viva la vestale Cornelia per dare lustro alla sua epoca con il ricordo delle sue esemplari punizioni. Anche Svetonio riporta l’episodio nella vita di Domiziano, affermando però la colpevolezza della vestale.

D

OMITIANUS, cum Corneliam Vestalium maximam defodere vivam concupisset, ut qui inlustrari saeculum suum eiusmodi exemplis arbitraretur, pontificis maximi iure, seu potius immanitate tyranni, licentia domini reliquos pontifices non in Regiam (1) sed in Albanam villam convocavit. Nec minore scelere quam quod ulcisci videbatur, absentem inauditamque damnavit incesti, cum ipse fratris filiam incesto non polluisset solum verum etiam occidisset; nam vidua abortu periit. Missi statim pontifices qui defodiendam necandamque curarent. Illa nunc ad Vestam nunc ad ceteros deos manus tendens, multa sed hoc frequentissime clamitabat: “Me Caesar incestam putat, qua sacra faciente vicit triumphavit!” Blandiens haec an inridens, ex fiducia sui an ex contemptu principis dixerit, dubium est. Dixit donec ad supplicium, nescio an innocens, certe tamquam innocens ducta est. Quin etiam cum in illud subterraneum demitteretur, haesissetque descendenti stola, vertit se ac recollegit, cumque ei manum carnifex daret, aversata est et resiluit foedumque contactum quasi plane a casto puroque corpore novissima sanctitate reiecit.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 4. 11. 6-9 (1) La Regia (ovvero la “Reggia” per eccellenza) era un edificio pubblico sulla via Sacra, destinato ad ospitare in origine i re, in seguito il pontefice massimo, infine (da Augusto in poi) le vestali.

RIPASSA

– le comparative ipotetiche – il cum narrativo e gli usi di cum – le interrogative indirette disgiuntive e dubitative – le temporali – gli usi di quin – le relative improprie.

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Plinio tesse un commovente elogio della giovane moglie Calpurnia La giovanissima Calpurnia, vista con lo sguardo innamorato del marito, viene presentata come un modello di virtù e di devozione, ammirevole per la sua intelligenza e per la sua profonda sensibilità artistica.

S

UMMUM est acumen summa frugalitas (1); amat me, quod castitatis indicium est. Accedit his studium litterarum, quod ex mei caritate concepit. Meos libellos habet lectitat ediscit etiam. Qua illa sollicitudine cum videor acturus, quanto cum egi gaudio adficitur! Disponit qui nuntient sibi quem adsensum quos clamores excitarim, quem eventum iudici tulerim. Eadem, si quando recito, in proximo discreta velo sedet, laudesque nostras avidissimis auribus excipit. Versus quidem meos cantat etiam formatque cithara non artifice aliquo docente, sed amore qui magister est optimus. His ex causis in spem certissimam adducor, perpetuam nobis maioremque in dies futuram esse concordiam. Non enim aetatem meam aut corpus, quae paulatim occidunt ac senescunt, sed gloriam diligit.

PLINIO IL GIOVANE, Ep. 4. 19. 2-5 (1) Sottinteso eius oppure ei (dativo di possesso), riferito a Calpurnia. RIPASSA

– le relative improprie – le esclamative – le interrogative indirette semplici – gli usi di quod – le concordanze

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Intemperanze giovanili di Nerone Il giovane Nerone, sulle prime, si sforzò di ispirare la sua condotta a princìpi magnanimi e illuminati. Ben presto, però, la sua indole amorale riprese il sopravvento, e con essa un perverso senso dell’umorismo, evidente nei suoi “scherzi” triviali e violenti.

P

ETULANTIAM, libidinem, luxuriam, avaritiam, crudelitatem sensim quidem primo et occulte et velut iuvenili errore exercuit, sed ut tunc quoque dubium nemini foret naturae illa vitia, non aetatis esse. Post crepusculum statim adrepto pilleo vel galero popinas inibat circumque vicos vagabatur ludibundus nec sine pernicie tamen, siquidem redeuntis a cena verberare ac repugnantes vulnerare cloacisque demergere assuerat, tabernas etiam effringere et expilare. Ac saepe in eius modi rixis oculorum et vitae periculum adiit, a quodam laticlavio, cuius uxorem adtrectaverat, prope ad necem caesus. Quare numquam postea publico se illud

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horae sine tribunis commisit procul et occulte subsequentibus. Interdiu quoque clam gestatoria sella delatus in theatrum seditionibus pantomimorum e parte proscaeni superiore signifer simul ac spectator aderat; et cum ad manus ventum esset lapidibusque et subselliorum fragminibus decerneretur, multa et ipse iecit in populum atque etiam praetoris caput consauciavit. SVETONIO, De vita Caesarum, Nero 26-27 passim RIPASSA

– le consecutive – il cum narrativo.

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Tiberio infierisce contro Agrippina Il giudizio di Svetonio su Tiberio non è troppo dissimile da quello di Tacito: astuto simulatore, egli cela dietro un’apparenza ipocrita un’indole invidiosa e crudele. Ne è un esempio la sua persecuzione nei confronti della nuora Agrippina (1).

N

URUM Agrippinam post mariti mortem liberius quiddam questam manu apprehendit Graecoque versu: “Si non dominaris,” inquit, “filiola, iniuriam te accipere existimas?” nec ullo mox sermone dignatus est. Quondam vero inter cenam porrecta a se poma gustare non ausam etiam vocare desiit, simulans veneni se crimine accersi; cum praestructum utrumque consulto esset, ut et ipse temptandi gratia offerret et illa quasi certissimum exitium caveret. Novissime calumniatus modo ad statuam Augusti modo ad exercitus confugere velle, Pandatariam relegavit conviciantique oculum per centurionem verberibus excussit. Rursus mori inedia destinanti per vim ore diducto infulciri cibum iussit. Sed et perseverantem atque ita absumptam criminosissime insectatus, cum diem quoque natalem eius inter nefastos referendum suasisset, imputavit etiam, quod non laqueo strangulatam in Gemonias abiecerit: proque tali clementia interponi decretum passus est, quo sibi gratiae agerentur et Capitolino Iovi donum ex auro sacraretur.

SVETONIO, De vita Caesarum, Tib. 53 (1) Non Agrippina Minore, madre di Nerone, ma Agrippina Maggiore, moglie di Germanico, figlio adottivo di Tiberio, che si diceva fosse stato fatto avvelenare dall’imperatore stesso per invidia. RIPASSA

– il participio congiunto – gli usi di cum – le dichiarative – il congiuntivo obliquo – le relative improprie.

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Giudizio critico su Cicerone L’arcaista Frontone, esponente della “Seconda Sofistica”, pronuncia sul conto di Cicerone un elogio di circostanza che, a ben guardare, si risolve in una stroncatura: egli nega infatti all’Arpinate proprio la qualità che ritiene sovrana per un oratore: la capacità di sorprendere il pubblico con scelte lessicali originali e inattese.

H

IC tu fortasse iandudum requiras, quo in numero locem M. Tullium, qui caput atque fons Romanae facundiae cluet. Eum ego arbitror usquequaque verbis pulcherrimis elocutum et ante omnis alios oratores ad ea, quae ostentare vellet, ornanda magnificum fuisse. Verum is mihi videtur a quaerendis scrupulosius verbis procul afuisse vel magnitudine animi vel fuga laboris vel fiducia non quaerenti etiam sibi, quae vix aliis quaerentibus subvenirent, praesto adfutura. Itaque conperisse videor, ut qui eius scripta omnia studiosissime lectitarim, cetera eum genera verborum copiosissime uberrimeque tractasse, verba propria, translata, simplicia, conposita et, quae in eius scriptis ubique dilucent, verba honesta, saepe numero etiam amoena; quom tamen in omnibus eius orationibus paucissima admodum reperias insperata atque inopinata verba, quae non nisi cum studio atque cura atque vigilantia atque multa veterum carminum memoria indagantur. Insperatum autem atque inopinatum vero appello, quod praeter spem atque opinionem audientium aut legentium promitur, ita ut, si subtrahas atque eum qui legat quaerere ipsum iubeas, aut nullum aut non ita significando adcommodatum verbum aliud reperiat.

FRONTONE, Ad M. Caesarem 4. 3. 3 RIPASSA

– il congiuntivo obliquo – la consecutio temporum – il periodo ipotetico dipendente – le consecutive – le avversative – il congiuntivo potenziale.

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Ti amo, maestro mio! Gli scambi epistolari tra Frontone e Marco Aurelio adolescente rivelano un rapporto di intensa tenerezza, insolito perfino nel clima di filantropia un po’ sdolcinata imperante alla corte di Antonino Pio. Non stupisce la cocente delusione del maestro di fronte al “tradimento” dell’allievo, allorché questi abbandonerà la retorica per la filosofia.

H

AVE mihi magister dulcissime. Nos valemus. Ego aliquantum prodormivi propter perfrictiunculam, quae videtur sedata esse. Ergo, ab undecima noctis in tertiam diei, partim legi ex Agri Cultura Catonis, partim scripsi, minus misere mehercule quam heri. Inde, salutato patre meo (1), aqua mulsa sorbenda usque ad gulam et reiectanda “fauces fovi”, potius quam dicerem gargarissavi - nam est ad Novium, credo, et alibi. Sed faucibus curatis abii ad patrem meum et immolanti adstiti. Deinde ad merendam itum. Paululum studui atque id ineptum. Deinde cum matercula mea supra torum sedente multum garrivi. Meus sermo hic erat: “Quid existimas modo meum Frontonem facere?” Tum illa: “Quid autem tu meam Gratiam (2)?” Tum ego: “Quid autem passerculam nostram Gratiam minusculam (3)?” Dum ea fabulamur atque altercamur uter alterum vestrum magis amaret, discus (4) crepuit, id est, pater meus in balneum transisse nuntiatus est. Loti igitur in torculari cenavimus: non loti in torculari, sed loti cenavimus (5); et rusticos cavillantes audivimus libenter. Inde reversus, priusquam me in latus converto ut stertam, meum pensum explico et diei rationem meo suavissimo magistro reddo, quem si possem magis desiderare, libenter plusculum macerarer. Valebis mihi Fronto, ubiubi es, mellitissime, meus amor, mea voluptas. Quid mihi tecum est? Amo absentem.

MARCO AURELIO in FRONTONE, Ad M. Caesarem 4. 6. 1-3 passim (1) Il padre adottivo Antonino Pio; (2) la moglie di Frontone; (3) la figlia di Frontone, omonima della madre; (4) il gong che scandiva i momenti della vita a corte; (5) battuta di spirito: Marco scherza con il maestro sulla propria incapacità di disporre le parole nel periodo. RIPASSA

– il gerundivo – il participio – il nominativo nella sintassi dei casi – il periodo ipotetico indipendente.

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Un grammatico controcorrente A quanto pare non tutti gli eruditi del II secolo d.C. condividevano la passione maniacale di Frontone per le parole rare ed arcaiche: si veda questa secca risposta data dal grammatico Domizio al filosofo Favorino di Arles, esponente di spicco della “Seconda Sofistica”.

D

OMITIO, homini docto celebrique in urbe Roma grammatico, cui cognomentum ‘Insano’ factum est, quoniam erat natura intractabilior et morosior, ei Domitio Favorinus noster, cum forte apud fanum Carmentis obviam venisset atque ego (1) cum Favorino essem, “Quaeso” inquit “te, magister, dicas mihi: num erravi, quod, cum vellem demegorias Latine dicere, contiones dixi? Dubito quippe et requiro, an veterum eorum, qui electius locuti sunt, pro verbis et oratione dixerit quis contionem”. Tum Domitius voce atque vultu atrociore “Nulla” inquit “prorsus bonae salutis spes reliqua est, cum vos quoque, philosophorum inlustrissimi, nihil iam aliud quam verba auctoritatesque verborum cordi habetis. Mittam autem librum tibi, in quo id reperias, quod quaeris. Ego enim grammaticus vitae iam atque morum disciplinas quaero, vos philosophi mera estis, ut M. Cato ait, ‘mortualia’: glossaria namque colligitis et lexidia, res taetras et inanes et frivolas tamquam mulierum voces praeficarum. Atque utinam” inquit “muti omnes homines essemus! Minus improbitas instrumenti haberet.”

AULO GELLIO, Noctes Atticae 18. 7. 1-3 (1) Si tratta di Aulo Gellio stesso. RIPASSA

– le interrogative dirette semplici – le interrogative indirette dubitative – i congiuntivi indipendenti – le relative improprie.

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Atroce dubbio di Chilone in un processo capitale a carico di un suo amico Lo spartano Chilone, uno dei Sette Sapienti, nel tentativo di salvare un amico dalla condanna a morte e contemporaneamente di non venir meno al suo dovere di giudice, scende ad un compromesso con la sua coscienza che lo tormenterà per tutta la vita.

“D

ICTA” inquit “mea factaque in aetate longa pleraque omnia fuisse non paenitenda, fors sit ut vos etiam sciatis. Ego quidem in hoc certe tempore non fallo me nihil esse quicquam commissum a me, cuius memoria mihi aegritudini sit, ni

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illud profecto unum sit, quod rectene an perperam fecerim, nondum mihi plane liquet. Super amici capite iudex cum duobus aliis fui. Ita lex fuit, uti eum hominem condemnari necessum esset. Aut amicus igitur capitis perdendus aut adhibenda fraus legi fuit. Multa cum animo meo ad casum tam ancipitem medendum consultavi. Visum est esse id, quod feci, praequam erant alia, toleratu facilius: ipse tacitus ad condemnandum sententiam tuli, is qui simul iudicabant, ut absolverent, persuasi. Sic mihi et iudicis et amici officium in re tanta salvum fuit. Hanc capio ex eo facto molestiam, quod metuo, ne a perfidia et culpa non abhorreat in eadem re eodemque tempore inque communi negotio, quod mihi optimum factu duxerim, diversum eius aliis suasisse.” Et hic autem Chilo, praestabilis homo sapientiae, quonam usque debuerit contra legem contraque ius pro amico progredi, dubitavit, eaque res in fine quoque vitae ipso animum eius anxit. GELLIO, Noctes Atticae 1. 3. 2-8 RIPASSA

– il supino – il “falso condizionale” – le interrogative indirette disgiuntive – le dichiarative – le completive con ut, ut non, con ut, ne e con i verba timendi – la prolessi del relativo – la regola di Reusch (consecutio temporum).

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È forse una colpa lavarsi i denti? Nell’Apologia Apuleio si difende dall’accusa di fare uso di arti magiche; in casa sua è stata rinvenuta, fra l’altro, una misteriosa polverina: ebbene, afferma l’autore, non è che un dentifricio; evidentemente il suo accusatore Emiliano, emulo del catulliano Egnazio, ne ignora l’esistenza.

V

ELIM igitur censor meus Aemilianus respondeat, unquamne ipse soleat pedes lavare; vel, si id non negat, contendat maiorem curam munditiarum pedibus quam dentibus inpertiendam. Plane quidem, si quis ita ut tu, Aemiliane, nunquam ferme os suum nisi maledictis et calumniis aperiat, censeo ne ulla cura os percolat neque ille exotico pulvere dentis emaculet, quos iustius carbone de rogo obteruerit, neque saltem communi aqua perluat: quin ei nocens lingua mendaciorum et amaritudinum praeministra semper in fetutinis et olenticetis suis iaceat. Nam quae, malum, ratio est linguam mundam et laetam, vocem contra spurcam et tetram possidere, viperae ritu niveo denticulo atrum venenum inspirare? Ceterum qui sese sciat orationem prompturum neque inutilem neque iniucundam, eius merito os, ut bono potui poculum, praelavitur. Et quid ego de homine nato diutius? Belua immanis, crocodillus ille qui in Nilo gignitur, ea quoque, ut comperior, purgandos sibi dentis innoxio hiatu

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praebet. Nam quod est ore amplo, set elingui et plerumque in aqua recluso, multae hirudines dentibus implectuntur; eas illi, cum egressus in praeripia fluminis hiavit, una ex avibus fluvialibus amica avis iniecto rostro sine noxae periculo exsculpit. APULEIO, Apol. 8 RIPASSA

– i congiuntivi indipendenti – le interrogative indirette semplici – le completive con ut, ne – la prolessi del relativo – il congiuntivo eventuale – la coordinazione.

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La questua dei seguaci di Cìbele - I Lucio, trasformato per magia in asino, viene utilizzato da alcuni eunuchi, sedicenti sacerdoti di Cìbele, per portare in giro la statua della dea durante la questua. I rituali violenti e morbosi dei falsi coribanti suscitano l’indignazione del protagonista-narratore, che li descrive come una grottesca mistificazione.

D

IE sequenti variis coloribus indusiati et deformiter quisque formati, facie caenoso pigmento delita et oculis obunctis graphice prodeunt, mitellis et crocotis et carbasinis et bombycinis iniecti, quidam tunicas albas, in modum lanciolarum quoquoversum fluente purpura depictas, cingulo subligati, pedes luteis induti calceis; deamque serico contectam amiculo mihi gerendam imponunt bracchiisque suis umero tenus renudatis, adtollentes immanes gladios ac secures, evantes exsiliunt incitante tibiae cantu lymphaticum tripudium. Nec paucis pererratis casulis ad quandam villam possessoris beati perveniunt et ab ingressu primo statim absonis ululatibus constrepentes fanatice provolant diuque capite demisso cervices lubricis intorquentes motibus crinesque pendulos in circulum rotantes et nonnunquam morsibus suos incursantes musculos; ad postremum ancipiti ferro, quod gerebant, sua quisque brachia dissicant. Inter haec unus ex illis bacchatur effusius ac de imis praecordiis anhelitus crebros referens velut numinis divino spiritu repletus simulabat sauciam vecordiam, prorsus quasi deum praesentia soleant homines non sui fieri meliores, sed debiles effici vel aegroti.

APULEIO, Met. 8. 27 RIPASSA

– il gerundivo – le comparative ipotetiche – il participio.

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La questua dei seguaci di Cìbele - II Il brano, che rappresenta una delle poche fonti attraverso le quali possiamo conoscere i misteri della Magna Mater (il nome latino della dea Cìbele), è di notevole interesse documentario; tuttavia non ne va sopravvalutata l’attendibilità: è evidente, infatti, l’ostilità dell’autore nei confronti di questo culto, che trapela dalla sprezzante ironia del tono.

I

NFIT (1) vaticinatione clamosa conficto mendacio semet ipsum incessere atque criminari, quasi contra fas sanctae religionis dissignasset aliquid, et insuper iustas poenas noxii facinoris ipse de se suis manibus exposcere. Arrepto denique flagro, quod semiviris illis proprium gestamen est, contortis taenis lanosi velleris prolixe fimbriatum et multiiugis talis ovium tesseratum, indidem sese multinodis commulcat ictibus mire contra plagarum dolores praesumptione munitus. Cerneres prosectu gladiorum ictuque flagrorum solum spurcitia sanguinis effeminati madescere. Quae res incutiebat mihi non parvam sollicitudinem videnti tot vulneribus largiter profusum cruorem, ne quo casu deae peregrinae stomachus, ut quorundam hominum lactem, sic illa sanguinem concupisceret asininum. Sed ubi tandem fatigati vel certe suo laniatu satiati pausam carnificinae dedere, stipes aereas immo vero et argenteas multis certatim offerentibus sinu recepere patulo nec non et vini cadum et lactem et caseos et farris et siliginis aliquid.

APULEIO, Met. 8. 28 1) Il soggetto è il finto invasato del brano precedente. RIPASSA

– il congiuntivo potenziale – le completive con i verba timendi – le comparative ipotetiche.

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I ricchi romani disprezzano gli stranieri rispettabili L’ultimo grande della storiografia latina è il Graecus di Antiochia Ammiano Marcellino, vissuto nel IV secolo d.C.; il suo punto di riferimento ideale è Tacito, alle Historiae del quale si riallacciavano i primi libri, perduti, della sua opera. Questo brano, di sapore chiaramente autobiografico, fa parte di una digressione dedicata ai vizi dell’aristocrazia romana.

A

T nunc, si ad aliquem bene nummatum tumentemque ideo honestus advena salutatum introieris primitum, tamquam exoptatus suscipieris, et interrogatus multa coactusque mentiri, miraberis, numquam antea visus, summatem virum tenuem te sic enixius observantem, ut paeniteat ob haec bona tamquam praecipua non vidisse ante decennium Romam. Hacque affabilitate confisus, cum eadem

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postridie feceris, ut incognitus haerebis et repentinus, hortatore illo hesterno, clientes enumerando, qui sis vel unde venias diutius ambigente. Agnitus vero tandem et ascitus in amicitiam, si te salutandi assiduitati dederis triennio indiscretus, et per totidem dierum defueris tempus, reverteris ad paria perferenda, nec ubi esses interrogatus, et ni inde miser discesseris, aetatem omnem frustra in stipite conteres summittendo (1). Homines enim eruditos et sobrios ut infaustos et inutiles vitant, eo quoque accedente, quod et nomenclatores, assueti haec et talia venditare, mercede accepta, lucris quosdam et prandiis inserunt subditicios ignobiles et obscuros. AMMIANO MARCELLINO, Historiae 14. 6. 12-15 passim (1) Espressione proverbiale. RIPASSA

– il periodo ipotetico indipendente – le finali – le dichiarative – le consecutive – le determinazioni di tempo – gerundio e gerundivo – la legge dell’anteriorità (“doppio futuro”).

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Giuliano è proclamato imperatore L’eroe delle Storie di Ammiano è l’imperatore filosofo Giuliano, detto l’Apòstata, che incarna i suoi ideali di “pagano profondamente innamorato delle cose che vede scomparire” (S. Mazzarino). Qui è descritto il profondo turbamento con cui Giuliano accoglie l’elezione a Cesare da parte del cugino Costanzo II, responsabile dello sterminio della sua famiglia.

N

EMO post haec finita (1) reticuit, sed militares omnes horrendo fragore scuta genibus illidentes, quod est prosperitatis indicium plenum - nam contra, cum hastis clipei feriuntur, irae documentum est et doloris -, immane quo quantoque gaudio, praeter paucos, Augusti probavere iudicium Caesaremque admiratione digna suscipiebant, imperatorii muricis fulgore flagrantem. Cuius oculos cum venustate terribilis, vultumque excitatius gratum, diu multumque contuentes, qui futurus sit colligebant velut scrutatis veteribus libris, quorum lectio per corporum

(1) Si tratta del discorso che ha appena pronunciato Costanzo II, in veste di Augustus, per annunciare alle truppe la nomina a Caesar di Giuliano;

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signa pandit animorum interna (2). Eumque, ut potiori reverentia servaretur, nec supra modum laudabant nec infra quam decebat, atque ideo censorum voces sunt aestimatae, non militum. Susceptus denique ad consessum vehiculi receptusque in regiam, hunc versum ex Homerico carmine susurrabat: ε[λλαβε πορφύρεος θάνατος καὶ μοι∼ρα κραταιή. (3) AMMIANO MARCELLINO, Historiae 15. 8. 15-17 (2) si allude qui alla scienza della fisiognomica, che deduce i caratteri spirituali degli individui dall’aspetto fisico e soprattutto dai tratti del volto; (3) “lo colse la purpurea morte e il fato onnipotente” (Iliade 5. 43).

RIPASSA

– le interrogative indirette semplici – il nesso relativo – l’ablativo assoluto – le comparative.

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Origine dei Saturnali Pretestato, uno dei tre dotti di cui Macrobio nella sua opera riporta le conversazioni, riferisce alcune tradizioni sull’origine dei Saturnali, la grande festa che ricorreva dal 17 dicembre in poi, in ricordo della mitica età dell’oro. Durante tali feste si scambiavano doni, i servi venivano serviti a tavola dai loro padroni e tutti si davano ai divertimenti.

R

EGIONEM istam quae nunc vocatur Italia regno Ianus optinuit, qui creditur geminam faciem praetulisse, ut quae ante quaeque post tergum essent intueretur: quod procul dubio ad prudentiam regis sollertiamque referendum est, qui et praeterita nosset et futura prospiceret. Hic igitur Ianus, cum Saturnum classe pervectum excepisset hospitio, et ab eo edoctus peritiam ruris, ferum illum et rudem ante fruges cognitam victum in melius redegisset, regni eum societate muneravit. Cum primus quoque aera signaret, servavit et in hoc Saturni reverentiam, ut, quoniam ille navi fuerat advectus, ex una quidem parte sui capitis effigies, ex altera vero navis exprimeretur, quo Saturni memoriam in posteros propagaret. Aes ita fuisse signatum hodieque intellegitur in aleae lusu, cum pueri denarios in sublime iactantes “capita” aut “navia” lusu teste vetustatis exclamant. Cum inter haec subito Saturnus non comparuisset, Ianus primum terram omnem dicioni suae parentem Saturniam nominavit, aram deinde cum sacris tamquam deo condidit,

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quae Saturnalia nominavit. Regni eius (1) tempora felicissima feruntur, cum propter rerum copiam, tum et quod nondum quisquam servitio vel libertate discriminabatur: quae res intellegi potest, quod Saturnalibus tota servis licentia permittitur. MACROBIO, Saturnalia 1. 7. 19-26 passim (1) Di Saturno. RIPASSA

– la costruzione di dicor, feror etc. (sintassi dei casi, nominativo) – le infinitive – il cum narrativo e gli usi di cum – gli usi di quod.

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Il cristiano affronta il martirio non per fanatismo, ma perché Dio è con lui Di fronte alle torture e alle minacce i cristiani - non solo gli uomini, ma anche le donne e i bambini - resistono impavidi grazie alla profondità della loro fede e alla forza che dà loro Dio.

Q

UIS non miles sub oculis imperatoris audacius periculum provocet? Nemo enim praemium percipit ante experimentum. Et imperator tamen quod non habet, non dat: non potest propagare vitam, potest honestare militiam. At enim Dei miles nec in dolore deseritur nec morte finitur. Sic Christianus miser videri potest, non potest inveniri. Vos ipsi calamitosos viros fertis ad caelum, ut Mucium Scaevolam, qui, cum errasset in regem, perisset in hostibus, nisi dexteram perdidisset. Et quot ex nostris, non dexteram solum, sed totum corpus uri cremari sine ullis eiulatibus pertulerunt, cum dimitti praesertim haberent in sua potestate! Viros cum Mucio vel cum Aquilio (1) aut Regulo comparo? Pueri et mulierculae nostrae cruces et tormenta, feras et omnes suppliciorum terriculas inspirata patientia doloris inludunt. Nec intellegitis, o miseri, neminem esse qui aut sine ratione velit poenam subire aut tormenta sine Deo possit sustinere

MINUCIO FELICE, Octavius 37. 2-6 (1) Meno conosciuto di Muzio Scevola e di Attilio Regolo, si narra che fu torturato crudelmente dal re Mitridate, che gli fece addirittura versare in bocca dell’oro liquefatto. RIPASSA

– il congiuntivo potenziale – il periodo ipotetico indipendente – gli usi di cum – il congiuntivo caratterizzante – le esclamative.

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Sulla splendida riva del mare alcuni ragazzi giocano a rimbalzello Una passeggiata a piedi nudi in riva al mare si trasforma in un delicato momento di spensierata serenità, sottolineata dal tema del gioco non solo delle onde sulla sabbia, ma anche dei ragazzi che lanciano i sassolini per farli rimbalzare sull’acqua.

C

UM hoc sermone eius (1) medium spatium civitatis emensi iam liberum litus tenebamus. Ibi harenas extimas, velut sterneret ambulacro, perfundens lenis unda tendebat; et, ut semper mare etiam positis flatibus inquietum est, etsi non canis spumosisque fluctibus exibat ad terram, tamen crispis tortuosisque ibidem erroribus delectati perquam sumus, cum in ipso aequoris limine plantas tingueremus, quod vicissim nunc adpulsum nostris pedibus adluderet fluctus, nunc relabens ac vestigia retrahens in sese resorberet. Sensim itaque tranquilleque progressi oram curvi molliter litoris, iter fabulis fallentibus, legebamus. Haec fabulae erant Octavii disserentis de navigatione narratio. Sed ubi eundi spatium satis iustum cum sermone consumpsimus, eandem emensi viam rursus versis vestigiis terebamus, et cum ad id loci ventum est, ubi subductae naviculae substratis roboribus a terrena labe suspensae quiescebant, pueros videmus certatim gestientes testarum in mare iaculationibus ludere. Is lusus est testam teretem iactatione fluctuum levigatam legere de litore, eam testam plano situ digitis comprehensam inclinem ipsum atque humilem quantum potest super undas inrotare, ut illud iaculum vel dorsum maris raderet enataret, dum leni impetu labitur, vel summis fluctibus tonsis emicaret emergeret, dum adsiduo saltu sublevatur. Is se in pueris victorem ferebat, cuius testa et procurreret longius et frequentius exsiliret.

MINUCIO FELICE, Octavius 3 (1) di Ottavio. RIPASSA

– le comparative ipotetiche – le temporali – il participio – gli usi di ut.

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Gli spettacoli sportivi come manifestazione di follia collettiva Secondo Tertulliano, il celebre apologista del III secolo d.C., fra le più vistose manifestazioni di irrazionalità del mondo pagano è da annoverare il “tifo” sportivo: una sorta di delirio collettivo in cui tutti gioiscono o si addolorano per fatti che non li riguardano minimamente.

C

UM ergo furor interdicitur nobis (1), ab omni spectaculo auferimur, etiam a circo, ubi proprie furor praesidet. Aspice populum ad id spectaculum iam cum furore venientem, iam tumultuosum, iam caecum, iam de sponsionibus concitatum. Tardus est illi praetor: semper oculi in urna eius cum sortibus (2) volutantur. Dehinc ad signum anxii pendent; unius dementiae una vox est – cognosce dementiam de vanitate –: “Misit” (3), dicunt, et nuntiant invicem quod simul ab omnibus visum est. Teneo testimonium caecitatis: non vident missum quid sit; mappam putant, sed est diaboli ab alto praecipitati figura. Ex eo itaque itur in furias et animos et discordias et quicquid non licet sacerdotibus pacis. Inde maledicta, convicia sine iustitia odii, etiam suffragia sine merito amoris. Quid enim suum consecuturi sunt, quid illic agunt, qui sui non sunt? Nisi forte hoc solum per quod sui non sunt: de aliena infelicitate contristantur, de aliena felicitate laetantur. Quicquid optant, quicquid abominantur, extraneum ab illis est; ita et amor apud illos otiosus et odium iniustum.

TERTULLIANO, De spectaculis 16. 1-5 (1) Ai cristiani; (2) i biglietti del sorteggio con cui il pretore assegnava i carri da corsa ai vari cancelli di partenza, decretandone così il vantaggio o lo svantaggio iniziali; (3) “Via!” (propriamente: “ha lasciato andare”, scil. il drappo che si usava per dare il segnale di partenza). RIPASSA

– le relative indefinite – la perifrastica attiva – le interrogative dirette e indirette semplici – il participio – le concordanze.

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Bisogna soccorrere in qualunque circostanza un uomo bisognoso

Bisogna aiutare sempre e in modo disinteressato un uomo in difficoltà, senza considerare se egli sia in grado di contraccambiare il beneficio ricevuto.

S

I nocere homini contra naturam est, prodesse homini secundum naturam sit necesse est, quod qui non facit, hominis se appellatione despoliat, quia humanitatis officium est necessitati hominis ac periculo subvenire. Quaero igitur ab iis qui flec-

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ti et misereri non putant esse sapientis, si homo ab aliqua bestia comprehensus auxilium sibi armati hominis inploret, utrumne succurrendum putent an minime. Non sunt tam inpudentes, ut negent fieri oportere quod flagitat, quod exposcit humanitas. Item, si aliquis circumveniatur igni, ruina opprimatur, mergatur mari, flumine rapiatur, num putent hominis esse non auxiliari. Non sint ipsi homines, si putent - nemo enim potest eiusmodi periculis non esse subiectus -, immo vero et hominis et fortis viri esse dicent servare periturum. Si ergo in eiusmodi casibus, quia periculum vitae homini adferunt, succurrere humanitatis esse concedunt, quid causae est cur, si homo esuriat sitiat algeat, succurrendum esse non putent? Quae cum sint paria natura cum illis casibus fortuitis et unam eandemque humanitatem desiderent, tamen illa discernunt, quia non re ipsa vera, sed utilitate praesenti omnia metiuntur. Illos enim quos periculo subripiunt sperant sibi gratiam relaturos, egentes autem quia non sperant, perire arbitrantur quidquid eiusmodi hominibus inpertiant. LATTANZIO, Divinae Institutiones 6. 11 RIPASSA

– le interrogative indirette semplici e disgiuntive – l’infinito sostantivato – la concorrenza del relativo – il periodo ipotetico indipendente e dipendente – il genitivo nella sintassi dei casi.

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La morte dell’amico

A proposito della morte del suo più caro amico, Agostino scrive una delle pagine più intense e toccanti delle Confessiones, opera di straordinario fascino, che non ha paragoni nel mondo antico per la spietata sincerità con cui l’autore mette a nudo il suo animo di fronte a Dio e al lettore.

M

ECUM iam errabat (1) in animo ille homo et non poterat anima mea sine illo. Et ecce tu (2) inminens dorso fugitivorum tuorum, ‘Deus ultionum’ (3) et fons misericordiarum simul, qui convertis nos ad te miris modis, ecce abstulisti hominem de hac vita, cum vix explevisset annum in amicitia mea, suavi mihi super omnes suavitates illius vitae meae. Quo dolore contenebratum est cor meum et quidquid aspiciebam mors erat. Et erat mihi patria supplicium et paterna domus mira infelicitas, et quidquid cum illo conmunicaveram, sine illo in cruciatum inmanem verterat. Expetebant eum undique oculi mei, et non dabatur; et oderam omnia, quod non haberent eum, nec

(1) Tanto Agostino quanto il suo amico, all’epoca cui si riferisce il brano, aderivano all’eresia manichea; (2) nelle Confessiones Agostino si rivolge a Dio in seconda persona; (3) citazione dai Salmi (93. 1);

111


mihi iam dicere poterant: “Ecce veniet”, sicut cum viveret, quando absens erat. Factus eram ipse mihi magna quaestio et interrogabam animam meam, quare tristis esset et quare conturbaret me valde, et nihil noverat respondere mihi. Et si dicebam “Spera in Deum”, iuste non obtemperabat, quia verior erat et melior homo, quem carissimum amiserat, quam phantasma (4), in quod sperare iubebatur. Solus fletus erat dulcis mihi. Et ego mihi remanseram infelix locus, ubi nec esse possem nec inde recedere. AGOSTINO, Confessiones 4. 4. 7 - 7.12 passim (4) il Dio dei manichei. RIPASSA

– le relative indefinite – le relative improprie – le causali.

102 Solo l’impunità distingue il governante disonesto dal ladro Il giudizio di Agostino sui potenti chiama in causa l’inconsistenza del comune senso morale: mentre il piccolo malfattore è disprezzato e punito, chi fa il male in grande stile gode dell’impunità e riscuote l’ammirazione della gente. È il movente che spinge all’assassinio Raskol’nikov in Delitto e castigo di F. Dostoevskij.

R

EMOTA itaque iustitia, quid sunt regna, nisi magna latrocinia? Quia et ipsa latrocinia quid sunt, nisi parva regna? Manus et ipsa hominum est, imperio principis regitur, pacto societatis adstringitur, placiti lege praeda dividitur. Hoc malum si in tantum perditorum hominum accessibus crescit, ut et loca teneat, sedes constituat, civitates occupet, populos subiuget, evidentius regni nomen assumit, quod ei in manifesto confert non adempta cupiditas, sed addita impunitas. Eleganter enim et veraciter Alexandro illi Magno comprehensus pirata respondit. Nam cum idem rex hominem interrogasset, quid ei videretur, ut mare haberet infestum, ille libera contumacia “Quod tibi”, inquit, “ut orbem terrarum; sed quia id ego exiguo navigio facio, latro vocor; quia tu magna classe, imperator”.

AGOSTINO, De civitate Dei 4. 4 RIPASSA

– le consecutive – i costrutti di videor (sintassi dei casi, nominativo).

112


LE ANALISI Q

ui di seguito troverai un sommario schema di analisi per ciascuno dei brani proposti in precedenza, corredato di note prevalentemente (ma non solo) di tipo grammaticale. Lo schema è stato predisposto con l’intento di renderti la struttura dei singoli periodi intuitivamente chiara. Tuttavia, per interpretarlo correttamente, tieni presente che: – l’inizio di ciascun periodo è contrassegnato dal simbolo •; – la principale è sottolineata; – tutti i verbi di modo finito sono in grassetto corsivo; – tutti i verbi di modo indefinito sono in corsivo; – tutti gli introduttori sono in grassetto; – tutte le frasi, tranne la principale, sono racchiuse fra parentesi (…); – nell’oratio obliqua le principali sono racchiuse fra parentesi e sottolineate (…); – gli incisi costituiti da periodi sintatticamente autonomi sono racchiusi fra due simboli .


1

Sopportare il dolore è come affrontare una battaglia TESTO

• (Ut1 fit in proelio), [ut2 ignavus miles ac timidus, (simul ac viderit2 hostem), (abiecto scuto)3 fugiat] (quantum possit), (ob eamque causam pereat4 non numquam etiam integro corpore), [cum5 ei (qui steterit6) nihil tale evenerit], sic ii (qui doloris speciem ferre non possunt), abiciunt se (atque ita adflicti et exanimati7 iacent); • ii (qui autem restiterunt), discedunt saepissime superiores7. • Sunt enim quaedam animi similitudines cum corpore. • [Ut onera (contentis8 corporibus) facilius feruntur], [9(remissis) opprimunt], simillime animus intentione sua depellit pressum omnem ponderum, (remissione autem sic urgetur), (ut se nequeat extollere). 11

12

• Et (si verum10 quaerimus), in omnibus officiis persequendis animi est adhibenda contentio; 13

• ea est sola officii tamquam custodia. 14

• Sec hoc idem in dolore maxume est providendum, [ne quid15 abiecte, (ne quid timide), (ne quid ignave), (ne quid serviliter muliebriterve) faciamus].

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ANALISI 1 Considera attentamente gli ut che compaiono nel brano e cerca di collegarli agli elementi cui

sono strettamente connessi. È molto importante ad esempio la posizione del sic rispetto all’ut: sic... ut + congiuntivo = proposizione consecutiva; ut... sic = proposizione comparativa; è importante anche vedere da quale verbo dipenda un ut per stabilire se introduca o meno una proposizione completiva (fit... ut). 2 Si tratta senza dubbio di un congiuntivo perfetto, da tradurre a nostro parere con il congiunti-

vo perché alla legge dell’attrazione modale si somma una sfumatura di eventualità, che conferisce alla temporale valore iterativo (la fuga di quel soldato avviene ogni qual volta egli si trovi di fronte al nemico). Se però traducessi questo verbo con l’indicativo, optando così esclusivamente per l’attrazione modale, non sbaglieresti comunque; in situazioni come queste non è facile operare una scelta univoca: si dovrebbe entrare nella mente dell’autore per poterlo fare con sicurezza! Per quanto riguarda il tempo, si può tradurre con il presente: in latino infatti si rispetta la legge dell’anteriorità (in questo caso prima si vede il nemico e poi si fugge), mentre in italiano tale legge è meno sentita. Lo stesso discorso vale per la successiva relativa qui steterit. 3 Ablativo assoluto. 4 È sempre retto da fit: fit ut... fugiat... et... pereat. 5 Si tratta di un cum + congiuntivo con valore avversativo. 6 Cfr. nota 2. 7 Predicativi del soggetto, come il successivo superiores. Non tradurre il termine superiores

con “superiori”, ma cerca un significato adeguato al contesto. 8 Non tradurre contentus con il nostro aggettivo “contento”! 9 Tra la parentesi quadra e quella tonda dovrebbe esserci una congiunzione avversativa come

autem. Cicerone non ritiene opportuno esprimerla, noi tuttavia ne segnaliamo la presenza con le parentesi; traduci dunque come se il testo fosse: [autem (remissis corporibus) opprimunt]. 10 Aggettivo neutro sostantivato. 11 Gerundivo che sostituisce un gerundio: si traduce con l’infinito. Ricorda che omnibus offi-

ciis ne costituisce il complemento oggetto attratto in ablativo. 12 Perifrastica passiva, come il successivo providendum est, che però è usato impersonal-

mente. 13 Tamquam non è introduttore, ma serve ad attenuare la metafora espressa da custodia. 14 Il pronome ha funzione prolettica rispetto alle successive proposizioni completive introdotte

da ne. 15 Sta per aliquid. Nelle tre proposizioni successive è sottinteso faciamus.

115


2

La poesia dispensa gloria e immortalità TESTO

• Nam (si quis putat) (minorem gloriae fructum ex Graecis versibus percipi quam ex Latinis), vehementer errat,1 (propterea quod Graeca leguntur in omnibus fere gentibus), (Latina suis finibus exiguis sane continentur). • Qua re, [si res eae (quas gessimus) orbis terrae regionibus definiuntur], cupere debemus,2 [(quo3 hominum nostrorum tela pervenerint), eodem4 gloriam famamque penetrare], [quod cum5 ipsis populis (de quorum rebus scribitur) haec ampla6 sunt], [tum5 eis certe (qui de vita gloriae causa7 dimicant) hoc maximum et periculorum incitamentum est et laborum]. • Quam multos8 scriptores rerum suarum magnus ille Alexander secum habuisse dicitur! • Atque is tamen, (cum in Sigeo ad Achillis tumulum astitisset) dixit9: • “o fortunate adulescens, (qui10 tuae virtutis Homerum praeconem11 inveneris12)!” • Et vere.13 • Nam, (nisi Ilias illa exstitisset), idem tumulus (qui corpus eius contexerat) nomen etiam obruisset14. • Quid?15 • Noster hic Magnus16 (qui cum virtute fortunam adaequavit), nonne17 Theophanem Mytilenaeum, scriptorem rerum suarum, in contione militum civitate donavit?18

116


ANALISI 1 Si quis putat... errat è un periodo ipotetico della realtà. Le due frasi successive sono causa-

li, coordinate mediante asindeto avversativo (che renderai con la congiunzione “mentre”). 2 Altro periodo ipotetico della realtà (si... definiuntur, cupere debemus). 3 Anticipazione o prolessi del relativo: in italiano conviene tradurre prima eodem, che puoi

inserire tra la parentesi quadra e la parentesi tonda: [eodem (quo...)...], e poi quo. La relativa è propria e l’affermazione non è né soggettiva né eventuale: il congiuntivo è dunque dovuto ad attrazione modale. 4 Come il precedente quo è un avverbio di moto a luogo. 5 Cum e tum sono in correlazione tra loro. Non cadere nel facile errore di considerare cum

ipsis populis un unico complemento! Ipsis populis è dativo di relazione retto da ampla; eis è anch’esso dativo di relazione, ma retto da incitamentum. 6 Ampla è predicato nominale. Cerca sul vocabolario un termine adatto al contesto e non

lasciarti trasportare dal suono della parola: “ampio” non va bene. 7 Quando incontri il termine causa devi considerare con attenzione quale funzione abbia: in

questo caso è preceduto dal genitivo, dunque di che complemento si tratta? 8 Quam multos (= quot) è il complemento oggetto di habuisse. Per rendere bene in italiano la

traduzione di una frase esclamativa è necessario lasciare l’espressione esclamativa (in questo caso quam multos) all’inizio del periodo. 9 Inquit, trasformato in dixit, è stato spostato per esigenze di analisi. 10 Il termine a cui si riferisce è sottinteso, ma facilmente deducibile dalla persona del verbo

inveneris. 11 Ha funzione predicativa. 12 La relativa è impropria perché ha il verbo al congiuntivo pur dipendendo da una proposi-

zione principale e pur non essendo né soggettiva né eventuale: qual è il suo valore? 13 Il verbo sottinteso è dixit. 14 Esempio chiarissimo di periodo ipotetico del terzo tipo o della irrealtà. 15 Introduce un nuovo esempio. Puoi sottintendere un verbo di dire. 16 Anche i Romani come i Greci hanno un condottiero soprannominato Magnus: ricordi chi? 17 Introduce una proposizione interrogativa retorica che attende risposta affermativa. 18 Il verbo donare ha due costruzioni: donare alicui aliquid; donare aliquem aliqua re. Quale

delle due è usata qui?

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3

Un buon governante deve badare al bene di tutti i cittadini TESTO

• (Qui rei publicae praefuturi sunt1) duo Platonis praecepta teneant2: • unum,3 (ut4 utilitatem civium sic tueantur), [ut5, (quaecumque6 agunt), ad eam referant] (obliti commodorum suorum), (alterum3), (ut4 totum corpus rei publicae curent), [ne, (dum partem aliquam tuentur), reliquas deserant]. • (Ut7 enim tutela), sic procuratio rei publicae ad eorum utilitatem, (qui commissi sunt), non ad eorum,8 (quibus commissa est), gerenda est9. • (Qui10 autem parti civium consulunt), (partem neglegunt), rem perniciosissimam in civitatem inducunt, seditionem atque discordiam; • ex quo evenit, [ut11 alii populares, (alii studiosi optimi cuiusque12) videantur], (pauci universorum13). • Hinc apud Athenienses magnae discordiae,14 (in nostra re publica non solum seditiones, sed etiam pestifera bella civilia14); 16 • quae15 gravis et fortis civis et in re publica dignus principatu fugiet (atque oderit) (tra17 detque se totum rei publicae) (neque opes aut potentiam consectabitur) (totamque17 eam sic tuebitur), (ut omnibus consulat).

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ANALISI 1 Perifrastica attiva: indica imminenza, intenzione o destinazione di un’azione; scegli la

sfumatura che ti sembra più adatta al contesto. 2 È un congiuntivo indipendente e precisamente esortativo. 3 Sottinteso est. 4 Ut… tueantur e ut… curent sono proposizioni completive epesegetiche rispetto a unum…

alterum. Nel brano compaiono altri ut: prova a riconoscere il loro valore; naturalmente dovrai tenere conto dei termini a cui sono collegati. 5 Questo ut è strettamente legato al sic della frase precedente; dunque sic... ut + congiuntivo = ? 6 È pronome relativo indefinito e introduce di regola un verbo all’indicativo; in italiano però

si traduce con il congiuntivo. 7 Questo ut è invece seguito da sic, dunque si mettono a confronto due proposizioni. Il verbo sot-

tinteso è gerenda est. 8 Sottinteso utilitatem. 9 Perifrastica passiva; il dativo d’agente non è espresso, in quanto rappresentato genericamen-

te da coloro che hanno incarico di tutori o di governanti. I soggetti di commissi sunt sono sia i giovani sia i cittadini e il soggetto di commissa est non è solo procuratio ma anche tutela, il che non è facile da rendere in italiano: bisognerebbe infatti ripetere due volte la stessa frase, riferendola la prima volta ai giovani e alla tutela, la seconda ai cittadini e all’amministrazione dello Stato. Nella traduzione dunque o si rimane nel generico o si sceglie, come abbiamo fatto noi, di riferire commissi sunt e commissa est rispettivamente ai cittadini e all’amministrazione dello Stato. 10 Ha funzione di soggetto sia di consulunt e di neglegunt che di inducunt, pertanto deve esse-

re sdoppiato in ii qui = “coloro che”. 11 Questo ut dipende dall’espressione ex quo evenit: controlla il vocabolario e cerca di capirne

il valore. 12 Sottinteso videantur. Optimi è genitivo ed è strettamente legato a cuiusque: ricordi l’espres-

sione optimus quisque? L’hai studiata tra gli usi del pronome quisque o unusquisque: essa significa letteralmente “ciascun ottimo” e in italiano si rende bene con “tutti i migliori”; qui ovviamente il termine optimus (sott. civis) ha significato politico e indica la classe degli “ottimati”, che per Cicerone sono i migliori. 13 Sottinteso studiosi... videantur. 14 Sottinteso ortae sunt. 15 Quae = et ea (nesso relativo). 16 L’ablativo è retto da dignus. 17 Aggettivo con valore predicativo.

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4

Conosci te stesso TESTO

• Mater omnium bonarum rerum est sapientia, (a quoius1 amore Graeco verbo2 philosophia nomen invenit), (qua3 nihil a dis immortalibus uberius, nihil florentius, nihil praestabilius hominum vitae datum est). • Haec enim una nos cum4 ceteras res omnes, tum,4 (quod5 est difficillimum), docuit, (ut6 nosmet ipsos nosceremus), (cuius7 praecepti tanta vis et tanta sententia est), (ut ea non homini quoipiam8, sed Delphico deo tribueretur). • Nam (qui se ipse norit9), primum sentiet10 (aliquid se habere divinum) (et ingenium in se suum sicut simulacrum aliquod dicatum11 putabit), (tantoque munere deorum semper dignum12 aliquid et faciet) (et sentiet), [et (quom13 se ipse perspexerit) (totumque temptarit14), intelleget] (quem ad modum15 a natura subornatus in vitam venerit), (quantaque instrumenta habeat) (ad obtinendam) (adipiscendamque sapientiam),16 (quoniam principio rerum omnium quasi17 adumbratas intellegentias animo ac mente conceperit18), [et19 (iis inlustratis20) (sapientia duce) cernat21] (bonum virum et, ob eam ipsam causam, se beatum fore).

ANALISI 1 Sta per cuius. 2 Attento alla sequenza di tre parole in ablativo: amore Graeco verbo. Si tratta di due sostan-

tivi e di un aggettivo. L’analisi del testo e il senso ti suggeriscono che l’aggettivo Graeco è riferito a verbo, non ad amore: infatti “filosofia” è una parola che deriva dal greco, dunque una parola greca. Amore è retto invece dalla preposizione a ed è determinato da cuius, genitivo oggettivo che specifica a chi è rivolto l’amore, esattamente come Graeco specifica il termine verbo. 3 Il pronome relativo introduce la proposizione relativa esattamente come in italiano, e perciò

deve essere tradotto all’inizio della frase. Qua è ablativo: devi dunque individuare subito di che complemento si tratti; poichè all’interno della frase si trovano dei comparativi, non può essere altro che un secondo termine di paragone: “della quale...”. 4 Cum... tum correlativi: controlla il significato sul vocabolario. 5 Scartato chiaramente il valore causale e quello dichiarativo, inammissibili nel contesto,

rimane un’unica possibilità: si tratta di un pronome relativo. Poiché esso non è concordato con nessun termine neutro, si riferisce al concetto che viene esposto poco dopo (si trova infatti dopo tum) e di cui in un certo senso può essere considerato prolettico: ut... nosceremus. L’intera proposizione è una incidentale in forma di relativa appositiva (quod = “cosa che”).

120


6 Completiva dipendente da docuit. Ricorderai che questo verbo regge l’accusativo della

persona cui si insegna qualcosa (in questo caso il precedente nos). Come si esprime la cosa insegnata? 7 Cuius, aggettivo concordato con praecepti, si può considerare alla stregua di un nesso rela-

tivo (= et eius praecepti). Est è riferito solo all’ultimo dei due soggetti, cioè a sententia: nella traduzione dovrai però adeguarti alle regole dell’italiano, in cui il verbo concorda al plurale con entrambi i soggetti. È bene anche evitare la ripetizione di tanta. 8 Sta per cuipiam. La proposizione ut... tribueretur è una consecutiva: nota come la consecu-

tio temporum non sia rispettata (da est dipende l’imperfetto tribueretur): nella consecutiva, infatti, i tempi vengono usati in valore proprio (in questo caso l’azione è passata, e tale resta, anche se dipende da un presente). Nota ancora che il soggetto ea è riferito sintatticamente a sententia, ma logicamente a praecepti. 9 Forma sincopata per noverit: futuro anteriore o congiuntivo perfetto? Analizza il verbo

della principale. Lo stesso problema si pone poco oltre per perspexerit e temptarit rispetto al verbo della reggente intelleget. 10 Per comodità di analisi abbiamo spostato il verbo. Nota la sequenza di proposizioni coordinate

tutte con il verbo dello stesso tempo: sentiet... et... putabit et... faciet et sentiet et... intelleget. 11 Lo abbiamo considerato participio attributivo. Non è da escludere tuttavia che possa essere

sottinteso esse e che quindi l’intera frase da ingenium a dicatum sia un’oggettiva. 12 Ricordati che dignus regge l’ablativo. 13 Sta per cum. 14 Forma sincopata per temptaverit. 15 Nel vocabolario trovi un’unica parola, quemadmŏdum. Introduce un’interrogativa indiretta.

Il participio subornatus ha funzione predicativa. 16 Proposizioni finali espresse con ad + accusativo del gerundivo. 17 Quasi mitiga il significato del termine a cui si riferisce e si può tradurre con “per così dire”;

il participio adumbratas ha funzione predicativa. 18 Il congiuntivo, come pure quello della coordinata cernat, va tradotto con l’indicativo: si

tratta infatti di proposizioni causali soggettive. 19 Abbiamo svolto il nesso relativo quibus, che funge da soggetto dell’ablativo assoluto, in et iis. 20 Inlustratis è contrapposto ad adumbratas; per tradurre bene devi considerare il significato

etimologico dei due termini: nell’uno compare il concetto di lux, nell’altro di umbra. Pensa anche al mondo delle idee in Platone. Il successivo sapientia duce è un ablativo assoluto. 21 Anche qui per comodità di analisi abbiamo spostato il verbo.

121


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Non tutti i filosofi vivono una vita degna dei loro insegnamenti TESTO

• Quotusquisque1 philosophorum invenitur, (qui sit2 ita moratus, ita animo ac vita3 constitutus), (ut4 ratio postulat?) • 5(qui disciplinam suam non ostentationem6 scientiae, sed legem6 vitae putet?) • 5(qui obtemperet ipse sibi) (et decretis suis pareat?) • Licet7 videre alios tanta levitate et iactatione, (ut is8 fuerit melius7 non didicisse9), alios pecuniae cupidos,10 gloriae non nullos, multos libidinum servos, (ut11 cum eorum vita mirabiliter12 pugnet oratio). • Quod13 quidem mihi videtur esse turpissimum. • {Ut14 enim, [si (grammaticum15 se professus) quispiam barbare loquatur16] (aut si absurde canat is) (qui velit17) (se haberi musicum), hoc18 turpior sit}, (quod in eo ipso peccet)19 (cuius profitetur scientiam), sic philosophus (in vitae ratione peccans) hoc18 turpior est, [quod in officio, (cuius magister esse vult), labitur] [et6 (artem vitae professus) delinquit in vita].

ANALISI 1 È un pronome interrogativo che indica un numero esiguo, ed è costruito con il genitivo partiti-

vo. 2 La relativa ha il congiuntivo caratterizzante: viene così denominato da alcuni grammatici

quel congiuntivo che evidenzia una caratteristica distintiva, una qualità o in generale una peculiarità tipica di una categoria di persone o cose. Secondo altri grammatici, invece, questo tipo di proposizione appartiene al gruppo delle relative improprie di valore consecutivo. Nella fattispecie conviene conservare il congiuntivo anche nella traduzione. 3 Ablativi di limitazione.

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4 Attento! Benché preceduto da ita, questo ut è accompagnato da un verbo all’indicativo:

dunque non può essere consecutivo. Quale valore ha? 5 La principale è ancora quella del periodo precedente (che, in pratica, prosegue anche oltre

il punto interrogativo). Per il congiuntivo nella relativa, cfr. nota 2. 6 È complemento predicativo dell’oggetto: puto ha qui la costruzione col doppio accusativo. 7 Licet è qui usato in funzione servile. 8 Chiaramente non può essere un nominativo singolare maschile, perché il predicato nominale

melius è neutro: sforzati di capire che forma è, ricordando che il pronome is, ea, id ha in alcuni casi voci alternative (ad esempio nel nominativo plurale: ii, ei, ı-). La funzione di ut, che introduce il congiuntivo fuerit, è evidente: esso infatti è preceduto da tanta. Tradurrai fuerit melius con il cosiddetto “falso condizionale” (non “è stato meglio”, ma “sarebbe stato meglio”). 9 È il soggetto di fuerit melius. 10 Cupidos, come il successivo servos, ha funzione predicativa. Anche il successivo gloriae

non nullos sottintende cupidos. 11 Che valore ha quest’altro ut (con il congiuntivo)? E come va tradotto? 12 Scegli per questo avverbio un significato adatto al contesto. 13 Nesso relativo (= et id). 14 Attento: un altro ut! Non lasciarti trarre in inganno dal fatto che introduca un congiuntivo

(sit): rifletti piuttosto sul fatto che esso è in correlazione con il successivo sic (seguito dall’indicativo est). Per comprendere la funzione del congiuntivo sit, cfr. nota 16. 15 Complemento predicativo dell’oggetto. 16 Si loquatur... si canat..., turpior sit è un periodo ipotetico della possibilità. Il secondo tipo

è caratteristico degli exempla ficta, che, come in questo caso, fanno riferimento a casi-limite proposti per assurdo, i quali dunque, a rigore, dovrebbero rientrare nel tipo dell’irrealtà: il fatto però di prospettarli come possibili conferisce loro quel minimo di credibilità che consente al lettore di prenderli sul serio almeno da un punto di vista puramente teorico. 17 Osserva l’articolazione chiastica di questa duplice ipotesi: professus (A): barbare loquatur

(B) = absurde canat (B’): qui velit (A’). 18 Prolettico rispetto a quod, che introduce una proposizione causale. 19 In eo ipso = in ea ipsa re. Osserva come questa causale abbia il congiuntivo (peccet) per-

ché risente ancora dell’ipotesi possibile formulata in precedenza; subito dopo, tuttavia, Cicerone si sposta sul piano della realtà, com’è evidente dall’uso dell’indicativo profitetur nella relativa, che pure potrebbe avere il congiuntivo per attrazione modale.

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Davanti alla virtù il dolore cede il passo TESTO

• (Dum1 tibi turpe nec dignum viro videbitur gemere, eiulare, lamentari, frangi, debilitari2 dolore), [dum honestas, (dum dignitas3), (dum decus3) aderit], [tuque (in ea intuens) te continebis], cedet profecto virtuti dolor (et animi inductione languescet). • Aut enim nulla4 virtus est (aut contemnendus5 omnis dolor). • Visne6 (prudentiam esse7), (sine qua ne intellegi quidem ulla virtus potest)? • Quid ergo?8 • Ea patieturne (te quicquam facere) (nihil proficientem) (et frustra laborantem9)? • (An10 temperantia sinet) (te inmoderate facere quicquam)? • (An coli iustitia poterit ab homine) (propter vim doloris enuntiante commissa11), (prodente conscios), (multa officia relinquente)? • Quid?8 • Fortitudini comitibusque eius, magnitudini animi, gravitati, patientiae, rerum humanarum despicientiae, quo modo 12respondebis? • Audiesne13 (adflictus) (et iacens) (et lamentabili voce deplorans)? • “o virum fortem!”14 • Te vero (ita adfectum) ne virum15 quidem quisquam16 dixerit17. • Amittenda igitur fortitudo est (aut sepeliendus18 dolor).

ANALISI 1 Dum significa “mentre” solo quando è accompagnato da un presente indicativo; qui

invece c’è l’indicativo futuro: ricordi come si traduce in questo caso? 2 Questi infiniti hanno funzione di soggetto del verbo videbitur: sono sostantivati e di

genere neutro, com’è evidente dai due predicativi del soggetto turpe e dignum. 3 Sottinteso aderit. 4 Non lasciarti indurre a tradurre nulla con il nostro “nulla”! Se così fosse, in latino tro-

veresti nihil.

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5 Sottinteso est. Si tratta di una perifrastica passiva. 6 Abbiamo spostato per esigenze di analisi -ne, particella interrogativa enclitica che

introduce qui una domanda diretta vera e propria (di cui cioè non si conosce in anticipo la risposta). Essa si trova “attaccata” solitamente alla parola a cui l’autore vuole attribuire maggior importanza, inserita ovviamente nella proposizione interrogativa diretta o indiretta (come nella successiva ea patieturne); qui invece la troviamo nella proposizione infinitiva, probabilmente perché la parola chiave del periodo è prudentiam. 7 Copula o predicato verbale? Bada che c’è un solo accusativo. 8 Sottinteso il verbo (putas o simili). 9 Proficientem e laborantem sono participi congiunti: il primo, accompagnato da nega-

zione, costituisce uno dei modi in cui il latino traduce il nostro “senza” + infinito; il secondo si rende bene con il gerundio. Cerca di riconoscere la funzione svolta dagli altri numerosi participi presenti nel brano. 10 Benché dopo laborantem vi sia il punto interrogativo, il periodo prosegue anche oltre: le

frasi introdotte da an non sono che il secondo ed il terzo membro dell’interrogativa diretta disgiuntiva il cui primo membro è ea patieturne. Osserva anche il successivo pronome quicquam al posto di aliquid: questo dovrebbe farti capire che la domanda è retorica di senso negativo. 11 È un sostantivo: scegli un significato adeguato al contesto. 12 Sul vocabolario si trova quomodo come avverbio; tuttavia, traducendo alla lettera l’e-

spressione quo modo, si giunge allo stesso significato. 13 Abbiamo anticipato la principale e spostato l’enclitica -ne nella sede richiesta dall’ana-

lisi. Tradurre il verbo audio semplicemente con “sentire”, in questo contesto, non basta: cerca di essere più preciso. 14 Principale all’accusativo esclamativo (ellittica del verbo). 15 Ha funzione predicativa; la sua posizione, sottolineata da ne... quidem, è di forte rilievo. 16 In frase negativa sostituisce il pronome nemo. 17 È un congiuntivo potenziale: ricordi come si traduce il perfetto? 18 Sottinteso est, ricavabile dal precedente amittenda est. Si tratta nuovamente di perifra-

stiche passive.

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Grazie Simonide, per aver inventato l’arte della memoria! TESTO

• Gratiam habeo Simonidi illi Cio, (quem ferunt) (primum artem memoriae protulisse). • Dicunt enim, (cum cenaret Crannone in Thessalia Simonides apud Scopam fortunatum hominem et nobilem) (cecinissetque id carmen), (quod in eum scripsisset), [in quo multa (ornandi causa) poetarum more in Castorem scripta et Pollucem fuissent], (nimis illum sordide Simonidi dixisse) [se dimidium eius ei, (quod pactus esset), pro illo carmine daturum]; • reliquum a suis Tyndaridis, (quos aeque laudasset), peteret, (si ei videretur). • Ferunt (paulo post esse nuntiatum Simonidi), (ut prodiret); • (iuvenis stare ad ianuam duo quosdam), (qui eum magno opere evocarent); • (surrexisse illum), (prodisse), (vidisse neminem): • [hoc interim spatio conclave illud, (ubi epularetur Scopas), concidisse]; • (ea ruina ipsum cum cognatis oppressum suis interisse): • (quos cum humare vellent sui) [neque possent (obtritos) internoscere ullo modo], Simonides dicitur ex eo, (quod meminisset) (quo eorum loco quisque cubuisset), demonstrator unius cuiusque sepeliendi fuisse; • (hac tum re admonitus) invenisse fertur (ordinem esse maxime), (qui memoriae lumen adferret). • [Itaque eis, (qui hanc partem ingeni exercerent), locos esse capiendos] [et ea, (quae memoria tenere vellent) effingenda animo] (atque in eis locis conlocanda); • (sic fore), (ut ordinem rerum locorum ordo conservaret), (res autem ipsas rerum effigies notaret) (atque ut locis pro cera, simulacris pro litteris uteremur).

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ANALISI DETTAGLIATA PRIMO PERIODO: • Gratiam habeo Simonidi illi Cio, (quem ferunt) (primum artem memoriae protulisse). Nella suddivisione del periodo in proposizioni abbiamo spostato il verbo ferunt per comodità di analisi, ma anche per evitare confusione nella sistemazione della parentesi. Detto questo, considera con attenzione il pronome quem: esso introduce la relativa, ma funge anche da soggetto della oggettiva (quem ferunt... protulisse corrisponde in pratica a et ferunt eum... protulisse); traducendo alla lettera non puoi sbagliare. Ferunt, poiché regge una proposizione oggettiva, non può avere il significato di “portare”, pertanto consulta con cura il vocabolario. Primum potrebbe essere sia un avverbio, sia un aggettivo predicativo del soggetto: in questo caso devi seguire il buon senso, ma in ogni modo non commetteresti un errore grave. Anche per il significato di protulisse, che ha come complemento oggetto artem memoriae, ti conviene consultare bene il vocabolario.

SECONDO PERIODO: • Dicunt enim, (cum cenaret Crannone in Thessalia Simonides apud Scopam fortunatum hominem et nobilem) (cecinissetque id carmen), (quod in eum scripsisset), [in quo multa (ornandi causa) poetarum more in Castorem scripta et Pollucem fuissent], (nimis illum sordide Simonidi dixisse) [se dimidium eius ei, (quod pactus esset), pro illo carmine daturum]; Questo periodo è composto di ben nove proposizioni, di cui una principale e otto dipendenti; gli introduttori sono cinque, dunque, escludendo la principale, tre proposizioni devono essere implicite e infatti ci sono una finale espressa con il gerundio e due oggettive con il verbo all’infinito. L’intero periodo dipende da dicunt. Esaminiamo le otto dipendenti: 1) cum... nobilem: il soggetto è Semonides, che è a cena da un uomo facoltoso; ci viene detto con precisione anche il nome del luogo, una città della Tessaglia, Crannone, in ablativo secondo le particolarità del complemento di stato in luogo. 2) cecinissetque id carmen: è coordinata alla precedente narrativa, ma, attento, il tempo del verbo è cambiato. 3) quod... scripsisset: la relativa ha il verbo al congiuntivo perché si riporta un racconto in forma indiretta (congiuntivo obliquo): in italiano si traduce con l’indicativo; il tempo resta invariato. Quod concorda con carmen che è di genere neutro. In eum: in questo caso non c’è idea di ostilità! 4) in quo... fuissent: è coordinata alla precedente relativa e in quo è ancora riferito al carmen di Simonide; scripta fuissent sta per scripta essent. 5) ornandi causa: finale espressa con il genitivo del gerundio + causa–. 6) nimis... dixisse: ecco l’oggettiva dipendente direttamente da dicunt. Illum, il soggetto, è Scopa. 7) se... daturum: oggettiva dipendente da dixisse. Se è sempre Scopa, soggetto di dixisse, e daturum sottintende esse; ei è Simonide e funge da complemento di termine retto da daturum esse. 8) quod pactus esset: relativa con il congiuntivo obliquo. Quod a questo punto non può essere riferito che ad eius, il quale deve essere di genere neutro: “la metà di quello che...”

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TERZO PERIODO: • reliquum a suis Tyndaridis, (quos aeque laudasset), peteret, (si ei videretur). Inizia qui l’oratio obliqua, per la quale ti rimandiamo alla scheda 31. Ti segnaliamo che la proposizione principale è esortativa e funge anche da apodosi del periodo ipotetico, che a prima vista sembra del terzo tipo. Se però provi a volgere in discorso diretto questo periodo, esso diventa: “Se ti pare, chiedi il resto ai tuoi Tindaridi, visto che li hai elogiati allo stesso modo”. Il periodo ipotetico è dunque del primo tipo, ma nel discorso indiretto sappiamo che i tempi e i modi dei verbi subiscono dei cambiamenti. Tu comunque devi tradurre il periodo in forma indiretta, perciò... occhio ai tempi! Ricorda la costruzione di petere, nonché quella di videor. La relativa ha, ovviamente, il congiuntivo, però potrebbe anche essere una relativa impropria con valore causale. In questo caso puoi scegliere come meglio credi.

QUARTO PERIODO: • Ferunt (paulo post esse nuntiatum Simonidi), (ut prodiret); Di nuovo abbiamo spostato il verbo ferunt per comodità di analisi. Esso costituisce la proposizione principale, da cui dipende l’oggettiva paulo post esse nuntiatum Simonidi; ut prodiret è una completiva retta da nuntiatum esse.

QUINTO PERIODO: • (iuvenis stare ad ianuam duo quosdam), (qui eum magno opere evocarent); Ancora un’oratio obliqua, che comprende anche i tre periodi successivi. Come tu sai nell’oratio obliqua le proposizioni principali enunciative hanno il soggetto in accusativo e il verbo all’infinito in quanto sono considerate, a volte solo idealmente, dipendenti da un verbo di dire o di pensare (noi infatti le abbiamo sottolineate e nello stesso tempo racchiuse tra parentesi tonde): nella traduzione però devono essere trattate come delle vere e proprie proposizioni principali. Considera attentamente: stare è un presente e come tale esprime azione contemporanea al verbo reggente: se dipendesse da ferunt dovrebbe essere tradotto con il presente indicativo “(raccontano che) alla porta ci sono...”, ma, come puoi capire facilmente, non va bene: infatti, che alla porta ci siano due giovani è quanto viene annunciato a Simonide, non quanto viene raccontato; in poche parole, raccontano che a Simonide fu annunciato che alla porta c’erano due giovani. Dunque stare dipende da esse nuntiatum e non da ferunt: pertanto va tradotto con l’imperfetto. Iuvenis, che concorda con duo quosdam, sta per iuvenes; quosdam puoi anche non tradurlo, infatti indica che non si sapeva chi fossero quei due giovani, ma in italiano l’espressione “due giovani” è già di per sé sufficientemente indeterminata.

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SESTO PERIODO: • (surrexisse illum), (prodisse), (vidisse neminem): Questo e i due periodi successivi dipendono da ferunt, che non devi più ripetere nella traduzione: ci troviamo infatti nell’oratio obliqua, in cui, ricordalo bene, le principali di tipo enunciativo sono infinitive. Nota la suspence creata dalla sequenza dei tre infiniti perfetti coordinati fra loro per asindeto, che farai bene a tradurre con il passato remoto.

SETTIMO PERIODO: • [hoc interim spatio conclave illud, (ubi epularetur Scopas), concidisse]; Continua l’oratio obliqua: la principale è concidisse. Ubi epularetur è relativa con il congiuntivo obliquo. Quanto al significato di spatio, scegli sul vocabolario un termine adeguato al contesto.

OTTAVO PERIODO: • (ea ruina ipsum cum cognatis oppressum suis interisse): Anche questo periodo è riportato in oratio obliqua; oppressum è participio predicativo rispetto a ipsum, infatti indica come è morto Scopa insieme agli altri convitati. NONO PERIODO: • (quos cum humare vellent sui) [neque possent (obtritos) internoscere ullo modo], Simonides dicitur ex eo, (quod meminisset) (quo eorum loco quisque cubuisset), demonstrator unius cuiusque sepeliendi fuisse; Il periodo dipendente da dicitur, che ha costruzione personale, si articola apparentemente in sette proposizioni: però, poiché dicitur ha la costruzione personale col nominativo e l’infinito, la proposizione ex eo… fuisse si considera parte integrante della principale. Il periodo dunque è formato da sei proposizioni, di cui una principale e cinque dipendenti. Gli introduttori sono quattro, il che significa che una proposizione deve essere implicita: trovi infatti un participio (obtritos) con valore causale e l’infinitiva retta da dicitur (ex eo... fuisse). I conti tornano. Esaminiamo dunque le singole proposizioni: 1) quos... sui: quos è nesso relativo, infatti la proposizione a cui appartiene è introdotta da cum narrativo; il soggetto è sui, vale a dire i parenti di ciascuno, ma come lo traduci alla lettera? 2) neque... modo: coordinata alla narrativa precedente. 3) obtritos: participio congiunto a eos sottinteso. Non è un participio sostantivato perché prima si è detto che i commensali sono stati travolti dal crollo della sala da pranzo, quindi sono appunto questi poveretti che sono obtritos. 4) Simonides dicitur ex eo… fuisse: la principale. Sepeliendi è genitivo del gerundivo concordato con unius cuiusque (non devi legarlo a fuisse!) ed è bene tradurlo con il significato della perifrastica passiva, infatti i morti dovevano essere seppelliti. La possibilità che unius cuiusque sia il complemento oggetto di sepeliendi è da scartare, in quanto Simonide indica le singole persone da seppellire, non indica, invece, di seppellire le singole persone; quindi non si tratta di un gerundivo usato in luogo del gerundio.

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5) quod meminisset: dichiarativa epesegetica strettamente collegata a ex eo: “(per il fatto) che...”. 6) quo... cubuisset: è interrogativa indiretta.

DECIMO PERIODO: • (hac tum re admonitus) invenisse fertur (ordinem esse maxime), (qui memoriae lumen adferret). In questo periodo, formato da quattro proposizioni, ti segnaliamo solo alcuni punti da considerare con attenzione. Fertur, la principale, ha costruzione personale (con il nominativo e l’infinito, esattamente come dicitur del periodo precedente): il soggetto sottinteso, con il quale concorda il participio ad esso congiunto, admonitus, è Simonide. Questi è anche soggetto di fertur invenisse; da invenisse dipende poi la oggettiva con il suo soggetto in accusativo ordinem (poiché questa oggettiva ha il soggetto in accusativo, e non in nominativo come richiesto dalla costruzione personale, non può dipendere da fertur). La relativa è introdotta da qui, che concorda con ordinem e ha il congiuntivo obliquo.

UNDICESIMO PERIODO: • [Itaque eis, (qui hanc partem ingeni exercerent), locos esse capiendos] [et ea, (quae memoria tenere vellent) effingenda animo] (atque in eis locis conlocanda); Questo e il periodo successivo sono riportati dall’autore in discorso indiretto o oratio obliqua in quanto esprimono il pensiero di Simonide. Il periodo consta di tre proposizioni infinitive, la principale e le sue due coordinate, e di due relative con il verbo al congiuntivo imperfetto. In italiano è bene tradurre i tempi al presente, perché la scoperta fatta da Simonide per aiutare la memoria è valida in tutti i tempi. Il latino deve però rispettare le regole della consecutio temporum e dell’oratio obliqua: in dipendenza da Simonidem invenisse la contemporaneità si esprime con l’imperfetto congiuntivo. In pratica nel discorso indiretto il periodo si presenta così: “Simonide aveva scoperto che, quelli che volevano..., dovevano...”; nel discorso diretto invece si presenta così: “Secondo Simonide, tutti quelli che vogliono..., devono...”. Nelle proposizioni infinitive si trova la perifrastica passiva: ricordati che essa indica sempre una necessità o un dovere e che colui che deve compiere un’azione si esprime in caso dativo.

DODICESIMO PERIODO: • (sic fore), (ut ordinem rerum locorum ordo conservaret), (res autem ipsas rerum effigies notaret) (atque ut locis pro cera, simulacris pro litteris uteremur). Il discorso relativo all’oratio obliqua vale anche per questo periodo. La circonlocuzione fore ut + congiuntivo si usa d’obbligo in sostituzione dell’infinito futuro quando il verbo non ha il supino, spesso in sostituzione dell’infinito futuro passivo, ma talvolta, come in questo caso, anche in luogo dell’infinito futuro attivo di un verbo che ha regolarmente il supino: conviene quindi evitare di tradurre alla lettera: “Così accadrà che...”; sarà molto meglio invece omettere fore e tradurre le tre completive ut... conservaret, ...notaret e ut... uteremur direttamente come principali con il verbo al futuro. Ora fai attenzione, all’interno di ogni proposizione, alla posizione delle singole parole, insomma

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alla costruzione. Ordinem rerum e locorum ordo formano un chiasmo, quindi ordinem regge rerum e ordo regge locorum; l’effigies rerum ha il compito di notare (cercane il significato sul vocabolario) ipsas res; il verbo utor regge l’ablativo (locis e simulacris). È importante comunque che tu capisca quello che l’autore vuole dire: per aiutare la memoria dobbiamo trasformare i concetti in immagini e inserire poi queste immagini in luoghi ben precisi che formeranno nella nostra mente un percorso obbligato più o meno lungo. Basterà associare le immagini ai luoghi per riuscire a ricordare perfettamente e in ordine tutti gli argomenti di un discorso. Nell’ultima frase il concetto viene ulteriormente chiarito con un paragone ovviamente adatto ai tempi in cui viveva Cicerone: tu sai che allora si scriveva su tavolette ricoperte di cera, così le immagini sono paragonate alle lettere e i luoghi alla cera in cui le lettere si imprimono.

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La vera ricchezza risiede nella sapienza TESTI

• Quis vero divitiorem1 quemquam putet 2 quam3 eum (cui nihil desit4) (quod quidem natura desideret5), aut potentiorem quam illum [qui omnia (quae expetat) consequatur], aut bea7 tiorem quam illum (qui sit omni perturbatione animi liberatus6), aut firmiore fortuna quam illum (qui ea possideat) [quae secum (ut aiunt) vel e naufragio possit ecferre]? • quod autem imperium, (qui magistratus), (quod regnum)8 potest esse praestantius, quam9 (despicientem10 omnia humana) (et inferiora sapientia ducentem)11 nihil umquam nisi sempiternum et divinum animo volutare? • (cui persuasum sit12) (appellari ceteros homines),13 (esse solos eos) (qui essent14 politi propriis humanitatis artibus)? • 15[ut mihi Platonis illud, (seu quis16 dixit alius), perelegans17 esse videatur]: • nam [eum18 (cum ex alto ignotas ad19 terras tempestas et in desertum litus detulisset), (timentibus ceteris propter ignorationem locorum), animadvertisse] dicunt (in arena geometricas formas quasdam esse descriptas); • 20(quas ut vidisset), (exclamavisse) (ut bono essent animo): • (videre enim se hominum vestigia); • quae21 videlicet ille non ex agri consitura (quam cernebat), sed ex doctrinae indiciis interpretabatur. ANALISI 1 Complemento predicativo dell’oggetto, come i successivi potentiorem e beatiorem. L’uso del

pronome quemquam, che, come sai, si usa solo in frasi negative o di senso negativo, si giustifica con il fatto che la domanda è retorica di senso negativo (quis putet? = nemo putet). 2 È un congiuntivo potenziale in forma interrogativa. 3 Introduce il secondo termine di paragone. 4 Relativa con il congiuntivo caratterizzante come le successive qui... consequatur, qui sit...

liberatus, qui... possideat e cui persuasum sit. 5 Questa relativa è propria: la presenza del congiuntivo si spiega o con una sfumatura even-

tuale (che puoi rendere a tua volta con il congiuntivo), o, più semplicemente, con l’“attrazione modale” (è una subordinata di secondo grado dipendente da un congiuntivo): se opti per quest’ultima soluzione, userai l’indicativo. Lo stesso discorso vale per le successive quae expetat e quae... possit ecferre, nonché per qui essent politi del terzo periodo. 6 Puoi tradurlo come un aggettivo (= “libero”): sit... liberatus ha infatti valore resultativo (“è

stato liberato”, dunque ora “è libero”). Così pure il successivo esse... descriptas (quinto periodo). 7 Ci si aspetterebbe un altro complemento predicativo dell’oggetto, come nelle frasi prece-

denti, e invece, con una variatio, Cicerone introduce un complemento di qualità in ablativo.

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8 In entrambe le frasi coordinate è sottinteso potest esse praestantius. 9 Introduce il secondo termine di paragone costituito dall’infinito volutare col cui soggetto

indeterminato sottinteso (aliquem o simili) concordano i participi in accusativo. Letteralmente la traduzione suona così: “quale regno può essere più bello che il meditare (qualcuno) nel proprio animo nulla mai se non eterno e divino, disprezzando... e considerando...”. Ovviamente questa è proprio una brutta traduzione: prova a renderla meglio attribuendo un soggetto al verbo volutare; anche perché, in caso contrario, ti troveresti in grave difficoltà nel tradurre il periodo successivo. 10 Despicientem, come il successivo ducentem, è riferito al soggetto sottinteso di volutare. 11 Considera attentamente la frase in questione e non lasciarti ingannare dalle terminazioni

apparentemente uguali: inferioră appartiene alla III declinazione, perciò è un neutro plurale; sapientia appartiene alla I declinazione e, non potendo essere né un nominativo (perché la frase è infinitiva e secondo la nota 9 il soggetto sottinteso è chiaramente in accusativo), né tanto meno un vocativo, deve essere per forza un ablativo (sapientia–), che si giustifica come secondo termine di paragone retto dal comparativo inferiora. Il verbo duco, oltre al significato di “condurre”, ha anche, come in questo caso, il significato di “stimare”. 12 La proposizione pare a prima vista interrogativa e persuasum sit può sembrare un congiun-

tivo potenziale: in realtà una traduzione in funzione di tale interpretazione non avrebbe senso (“chi potrebbe persuadersi...?”). Se poi cui fosse un nesso relativo, persuasum sit dovrebbe essere congiuntivo esortativo, ma di nuovo il senso non risulterebbe chiaro (“e costui si persuada...”). Rimane dunque una sola ipotesi: cui è un relativo vero e proprio, riferito al soggetto sottinteso di volutare. 13 Asindeto avversativo: aggiungi un “ma”. Il successivo esse sottintende homines (predicato

nominale). 14 Osserva come, in dipendenza dal congiuntivo perfetto persuasum sit, la relativa abbia il

congiuntivo piuccheperfetto (politi essent), il che è piuttosto strano: se cui persuasum sit fosse la principale, la consecutio sarebbe rispettata (il congiuntivo perfetto è infatti un tempo storico), ma invece esso dipende ancora da potest esse; si dovrebbe perciò ricadere nella regola di Reusch: tempo principale (frase a) - congiuntivo perfetto (frase b) - congiuntivo in luogo dell’indicativo (frase c); dunque nella frase c, la relativa, dovrebbe esserci un tempo principale, e non storico. 15 Ut... videatur è una consecutiva. Manca la principale, che si ricava facilmente da quanto

precede (“tanto è vero quello che affermo, che...”). 16 Sta per aliquis. 17 È un aggettivo ad una sola uscita e in questo caso, concordando con illud, è di genere neutro! 18 Abbiamo trasformato il nesso relativo quem in nam eum per maggior chiarezza di analisi. 19 La preposizione, come spesso accade, è posta tra l’aggettivo e il sostantivo (anàstrofe). 20 Inizia qui l’oratio obliqua, che prosegue fino a vestigia. Il successivo quas è un nesso

relativo e sta per et eas (et ut eas vidisset). 21 Nesso relativo (quae = et ea).

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Le doti di un buon governante: forza d’animo e disprezzo dei beni TESTO

• Iis,1 (qui habent a natura adiumenta rerum gerendarum2), (abiecta3 omni cunctatione) adipiscendi magistratus (et gerenda res publica est); • nec enim aliter aut regi4 civitas (aut declarari4 animi magnitudo) potest. • Haud scio5 [capessentibus6 autem rem publicam nihilo minus quam philosophis,7 an8 magis etiam, et magnificentia et despicientia adhibenda sit rerum humanarum, (quam saepe dico), et tranquillitas animi atque securitas], (si quidem nec anxii futuri sunt9) (et cum gravitate constantiaque victuri9). • Quae10 faciliora sunt philosophis, (quo11 minus multa patent in eorum vita), (quae fortuna feriat12), (et quo minus multis rebus egent), [et quia (si quid13 adversi eveniat), tam graviter cadere non possunt]. • Quocirca non sine causa maiores motus animorum concitantur maioraque studia efficiendi rem publicam gerentibus14 quam quietis;15 • quo magis iis7 et magnitudo est animi adhibenda et vacuitas ab angoribus. • (Ad rem gerendam16 autem qui accedit), caveat,17 (ne id18 modo consideret), (quam illa res honesta sit), (sed etiam19) (ut habeat efficiendi20 facultatem); • in quo ipso considerandum est, (ne21 aut temere desperet propter ignaviam) (aut nimis confidat propter cupiditatem). • In omnibus autem negotiis (priusquam adgrediare22), adhibenda est praeparatio diligens.

ANALISI 1 Dativo d’agente giustificato dalla presenza delle perifrastiche passive adipiscendi (sunt) e

gerenda est. 2 Genitivo del gerundivo retto da adiumenta; nella traduzione si rende bene con il valore

finale. 3 Ablativo assoluto. 4 I due infiniti sono entrambi retti da potest. Non confondere l’infinito passivo regi con il

dativo di rex, regis! 5 Haud scio è stato spostato per esigenze di analisi. 6 Capessentibus è un participio sostantivato in dativo d’agente, giustificato dalla presenza

della perifrastica passiva adhibenda sit. Attenzione! L’intero periodo presenta una certa difficoltà nella traduzione: infatti sintatticamente haud scio funge da proposizione principale, da cui dipende l’interrogativa indiretta dubitativa an… adhibenda sit; ma, se traducendo si mantiene questa dipendenza, il senso risulta poco chiaro: alla lettera suonerebbe così: “da

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esteriori coloro che si dedicano allo Stato, per nulla meno che dai filosofi, non so se anche di più debbano essere usati magnanimità e disprezzo...”. Conviene quindi svincolare adhibenda sit dalla dipendenza e costruire così: iis, (qui capessunt rem publicam), nihilo minus quam philosophis... et magnificentia et despicientia adhibenda est, traducendo l’espressione haud scio an con “forse”. 7 Dativo d’agente. 8 Introduce una domanda dopo un’espressione di dubbio. 9 La perifrastica attiva indica intenzione e volontà, oltre che azione imminente o predesti-

nata. Victuri sottintende sunt. 10 Nesso relativo (= et ea). 11 Controlla attentamente il vocabolario per questo quo. Considera inoltre il fatto che le pro-

posizioni quo... patent e quo... egent sono coordinate a quia... cadere non possunt. 12 La relativa ha il congiuntivo eventuale. 13 Sta per aliquid. Il periodo ipotetico, che ha come protasi si... eveniat e come apodosi cade-

re non possunt, è analogo a quello della eventualità greco; esso, pur essendo dipendente, ha l’apodosi all’indicativo perché si tratta di una causale oggettiva. 14 È participio sostantivato retto da concitantur: da esso (e non da efficiendi!) dipende il com-

plemento oggetto rem publicam. Si tratta di un dativo di relazione. 15 Traduci questo aggettivo sostantivato in modo adeguato al contesto e non confonderlo con

il sostantivo quies, quietis. 16 Attenzione: non si tratta di una finale! La presenza di ad + accusativo è dovuta alla reggen-

za di accedo. 17 Congiuntivo esortativo. Il verbum curandi regge le completive ne... consideret e ut

habeat. 18 Id è prolettico rispetto alla proposizione interrogativa quam illa res honesta sit. 19 Sottinteso caveat. 20 Genitivo del gerundio, retto da facultatem. 21 Anche ne... desperet e aut... confidat sono completive rette da un verbum curandi (conside-

randum est). 22 Forma sincopata per adgrediaris. Il soggetto è un “tu generico”.

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La rettitudine deve essere al di sopra anche dell’amicizia TESTO

• Maxime autem perturbantur officia in amicitiis, [quibus1 et non tribuere2 (quod recte possis3) et tribuere2 (quod non sit3 aequum) contra officium est]. • Sed huius generis totius breve et non difficile praeceptum est: • (quae4 enim videntur utilia, honores, divitiae, voluptates, cetera generis eiusdem), haec amicitiae numquam anteponenda sunt; • at neque contra rem publicam neque contra ius iurandum ac fidem amici causa5 vir bonus faciet, (ne si iudex quidem erit de ipso amico); • ponit enim personam amici, (cum induit iudicis). • Tantum dabit amicitiae, [ut (veram amici causam esse) malit], [ut orandae6 litis tempus, (quoad7 per leges liceat), accommodet]. • [Cum vero (iurato8) sententia dicenda erit], meminerit9 (deum se adhibere testem), id est,10 (ut ego arbitror), mentem suam, (qua11 nihil homini dedit deus ipse divinius). • Itaque praeclarum a maioribus accepimus morem rogandi6 iudicis, (si eum teneremus12), [“quae (salva fide)13 facere possit”14]. • Haec rogatio ad ea pertinet, (quae paulo ante dixi) (honeste amico a iudice posse15 concedi); • nam (si omnia facienda sint), (quae amici velint),16 non amicitiae tales, sed coniurationes putandae sint. • [Cum igitur id, (quod utile videtur in amicitia), cum eo, (quod honestum est), comparatur], iaceat17 utilitatis species, (valeat honestas); • [cum autem in amicitia (quae honesta non sunt) postulabuntur], religio et fides anteponatur18 amicitiae.

ANALISI 1 È bene intendere quibus come un nesso relativo equivalente all’espressione nam iis, così la

traduzione risulta in italiano sintatticamente corretta; altrimenti, mantenendo il pronome relativo, diventerebbe anacolutica. Quibus poi è riferito ad amicitiis astratto, ma conviene tradurlo come riferito al concreto amicis. 2 L’infinito funge da soggetto di est. 3 La relativa ha il congiuntivo in luogo dell’indicativo per attrazione modale come normal-

mente accade in dipendenza da locuzioni soggettive costituite da un infinito retto da un verbum dicendi, putandi, existimandi, da oportet, decet, licet, da gaudeo e miror e da espressioni come mos est, fas est, necesse est etc.

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4 Anticipazione o prolessi del relativo; in italiano si deve tradurre prima il termine cui si rife-

risce quae, e cioè haec. Il successivo anteponenda sunt è una perifrastica passiva. 5 Amici causa può indicare sia un fine, sia, più raramente, una causa: se non sei sicuro di fare

la scelta giusta, puoi servirti di una preposizione che in italiano abbia la stessa ambiguità del termine latino, per esempio “per”. Il periodo ipotetico faciet... si erit è della realtà. 6 Gerundivo in luogo del gerundio. 7 La proposizione temporale ha il congiuntivo perchè indica un’azione intenzionale. 8 Participio congiunto a ei (= iudici) sottinteso: il dativo (d’agente) si ricava dalla presenza

della perifrastica passiva. 9 Può essere tanto un congiuntivo esortativo (secondo noi più probabile), quanto un futuro

(memini ha solo le forme composte, quindi il futuro anteriore si traduce con il futuro semplice). Nel secondo caso si potrebbe tradurre “dovrà ricordarsi”, che come senso non è molto lontano dal concetto che implica il congiuntivo esortativo. 10 Brevissimo inciso in forma di principale: id est corrisponde esattamente al nostro “cioè” o

ai nostri due punti e qui serve a spiegare deum: mentem suam (a cui si riferisce il pronome relativo qua) è in accusativo perché è sottinteso adhibere. 11 Attenzione: l’hai già incontrato nel brano n. 4 alla nota n. 3. Non sbagliarlo! 12 È una protasi di periodo ipotetico del terzo tipo o della irrealtà, la cui apodosi è sottintesa;

il concetto espresso è il seguente: “potrebbe essere ancora una bellissima usanza, se solo la conservassimo”. Altri però considerano la frase come un inciso con il congiuntivo ottativo di tipo irreale: “oh se la conservassimo (ancora)!”. 13 Ablativo assoluto. Si suol dire in questi casi che è sottinteso il verbo sum, che non ha il

participio, ma si tratta di una spiegazione di comodo: in realtà, originariamente, il cosiddetto ablativo assoluto era costituito proprio da un sostantivo e da un aggettivo (o pronome o altro sostantivo), con funzione di complemento. 14 Un congiuntivo presente in dipendenza da tempi storici può apparire strano: tuttavia lo si

può spiegare con il fatto che accepimus è un perfetto logico (“abbiamo appreso” = “sappiamo”). Il congiuntivo è obliquo, perché riporta indirettamente le parole della formula con cui si esprimeva la preghiera al giudice. 15 Il soggetto è quae, che funge contemporaneamente da oggetto di dixi. 16 Osserva come, in dipendenza da questo periodo ipotetico della possibilità (si facienda

sint... putandae sint), la relativa quae velint sia passata al congiuntivo: la soggettività dell’ipotesi contenuta nella reggente si riflette infatti sull’azione espressa dalla subordinata, “attirandola” in un’atmosfera di eventualità. 17 Congiuntivo esortativo come i successivi valeat e anteponatur. 18 È singolare perchè concordato con uno solo dei due soggetti. In italiano però deve essere

tradotto con il plurale.

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A seconda delle circostanze si può rifiutare il piacere ed accettare TESTO

• Nemo ipsam voluptatem, (quia voluptas sit1), aspernatur (aut odit) (aut fugit), (sed quia consequuntur magni dolores eos), (qui ratione voluptatem sequi nesciunt), (neque porro quisquam est), [qui dolorem ipsum (quia dolor sit1) amet2], (consectetur), (adipisci velit), (sed quia non numquam eius modi3 tempora incidunt), (ut labore et dolore magnam aliquam quaerat4 voluptatem). • (Ut5 enim ad minima veniam), quis nostrum exercitationem ullam corporis suscipit laboriosam, (nisi ut aliquid ex ea commodi6 consequatur)? • Quis autem vel eum iure reprehenderit,7 (qui in ea voluptate velit8 esse), (quam9 nihil molestiae consequatur), vel illum,10 (qui dolorem eum fugiat8), (quo11 voluptas nulla pariatur)? • At vero eos et accusamus (et iusto odio dignissimos ducimus12), [qui (blanditiis praesentium voluptatum deleniti) (atque corrupti), [quos dolores (et quas molestias) excepturi sint13], (obcaecati cupiditate) non provident], (similique sunt in14 culpa), (qui officia deserunt mollitia animi), id est laborum et dolorum fuga . • Et harum quidem rerum facilis est et expedita distinctio. • Nam libero tempore, (cum soluta nobis est eligendi15 optio), (cumque nihil impedit), [quo minus16 id, (quod maxime placeat17), facere possimus], omnis voluptas assumenda est,18 (omnis dolor repellendus). • Temporibus autem quibusdam et aut officiis debitis aut rerum necessitatibus saepe eveniet, (ut19 et voluptates repudiandae sint) (et molestiae non recusandae20). • Itaque earum rerum hic tenetur a sapiente delectus, (ut21 aut reiciendis voluptatibus22 maiores alias consequatur) (aut perferendis doloribus22 asperiores repellat). ANALISI 1 In italiano la causale ha di norma il verbo all’indicativo, in latino invece ha il congiuntivo

quando è presentata come soggettiva. Ricorda tuttavia che anche in italiano, quando le proposizioni causali sono due, di cui la prima preceduta da “non” e la seconda da “ma”, la prima ha il verbo al congiuntivo se la causa è fittizia; es: “ti dico ciò non perché tu non sappia la verità, ma perché fingi di non saperla”. In latino, in questo caso, il fenomeno è meno avvertibile perché la negazione è stata assorbita dal pronome indefinito nemo. Lo stesso dicasi per la successiva quia dolor sit. 2 Proposizione relativa con il congiuntivo caratterizzante. Ad essa sono coordinate le due

successive proposizioni: consectetur e adipisci velit.

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il dolore 3 Si trova sul vocabolario come eiusmodi e anticipa il successivo ut consecutivo. 4 Il soggetto è indeterminato e potrebbe essere un aliquis sottinteso, ricavabile dal precedente

quisquam. 5 Ut ha qui valore finale, ma in frasi come questa, che possono anche essere omesse senza

compromettere il senso del brano, l’italiano usa la forma implicita con “per” + infinito. Altre espressioni simili sono: ne dicam..., ut omittam... = “per non parlare di...” 6 Genitivo partitivo retto da aliquid. 7 Congiuntivo potenziale da tradursi col condizionale presente. Iure è qui usato con valore

avverbiale. 8 Il congiuntivo in luogo dell’indicativo in questa relativa propria può essere caratteriz-

zante oppure dovuto ad una sfumatura di eventualità. 9 Relativa impropria con valore consecutivo, facilmente riconoscibile dalla presenza del-

l’aggettivo ea nella frase precedente. Is, ea, id quando precede ut consecutivo si traduce con “tale”. Molestiae è genitivo partitivo retto da nihil. 10 Nota la correlazione vel eum… vel illum. 11 Ablativo di origine; introduce una relativa consecutiva. 12 Ducimus ha la costruzione con il doppio accusativo, pertanto non vuol dire “condurre”: eos

è l’oggetto sottinteso, dignissimos è il predicativo dell’oggetto. 13 Gli aggettivi interrogativi quos e quas introducono due proposizioni interrogative indirette

che hanno il verbo (excepturi sint) in comune: poiché esso esprime un’azione futura rispetto alla reggente, e il congiuntivo non possiede il futuro, si ricorre al participio futuro seguito da sim o essem secondo le norme della consecutio temporum. 14 Ricorda che qualunque preposizione può essere inserita tra l’aggettivo e il suo sostantivo:

simili... in culpa = in simili culpa. 15 Genitivo del gerundio: è complemento di specificazione e puoi tradurlo con un sostantivo. 16 Il vocabolario riporta quominus in un’unica parola: introduce una proposizione completiva.

Controlla attentamente la costruzione dei verbi di impedimento. 17 La relativa ha il congiuntivo per attrazione modale o perché ha una sfumatura eventuale. 18 Perifrastica passiva: il dativo d’agente è nobis sottinteso, come si deduce dalla precedente

cum soluta nobis est eligendi optio; il successivo repellendus sottintende est. 19 Ut introduce una completiva dipendente da un verbo di accadimento. 20 Sottinteso sint. 21 Ut introduce una completiva epesegetica rispetto a hic... delectus. 22 Gerundivo: che caso è? Dativo o ablativo? Lo deduci dal contesto e anche dalla reggenza

dei verbi consequor e repello. Non confonderlo con il gerundivo di necessità.

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Pompeo viene ucciso a tradimento in Egitto TESTO

• (Quibus cognitis rebus)1 Pompeius, (deposito adeundae Syriae consilio2), Pelusium pervenit. • Ibi casu rex erat Ptolomaeus, puer aetate,3 (magnis copiis cum sorore Cleopatra bellum gerens), (quam paucis ante mensibus per4 suos propinquos atque amicos regno expulerat); • castraque Cleopatrae non longo spatio ab eius castris distabant. • Ad eum Pompeius misit,5 (ut pro hospitio atque amicitia patris6 Alexandria reciperetur) (atque illius opibus in calamitate tegeretur). • Sed ii7 (qui ab eo missi erant), (confecto legationis officio8) liberius cum militibus regis conloqui coeperunt (eosque hortari), (ut suum officium Pompeio praestarent9) (neve eius fortunam despicerent). • (His tum cognitis rebus) amici regis, (qui propter aetatem eius in procuratione erant regni), (sive timore adducti10), (ut postea praedicabant11), [ne12 (sollicitato exercitu regio8), Pompeius Alexandriam Aegyptumque occuparet], (sive despecta eius fortuna10), (ut13 plerumque in calamitate ex amicis inimici exsistunt), iis (qui erant ab eo missi), palam liberaliter responderunt [et (eum14 ad regem venire) iusserunt]; • ipsi (clam consilio inito8) Achillam, praefectum regium, singulari hominem audacia,15 et L. Septimium tribunum militum (ad interficiendum Pompeium16) miserunt. • (Ab his liberaliter ipse appellatus) (et quadam notitia17 Septimi perductus), (quod18 bello praedonum apud eum ordinem duxerat), naviculam parvulam19 conscendit 20 cum paucis suis; • ibi ab Achilla et Septimio interficitur.

ANALISI 1 Ablativo assoluto. Quibus è un nesso relativo (= et iis). 2 Anche deposito consilio è un ablativo assoluto. Adeo costruito con l’accusativo è da consi-

derarsi transitivo; Syriae è in genitivo perché, esattamente come un normale complemento oggetto, è stato attratto nel caso del gerundio (adeundi), che poi si è trasformato nel gerundivo adeundae; in italiano tuttavia deve essere tradotto come un complemento di moto a luogo. 3 Ablativo di limitazione.

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4 Esprime il complemento di mezzo rappresentato da persona. 5 Mitto seguito da ut + congiuntivo non significa semplicemente “mandare”: controlla il

vocabolario. 6 Genitivo oggettivo. Il successivo Alexandria è in caso ablativo: secondo le regole che hai

studiato dovrebbe essere in caso locativo (Alexandriae). 7 Abbiamo preferito sdoppiare il pronome doppio qui, per rendere più chiaro il soggetto

della proposizione principale. 8 Ablativo assoluto. 9 Completiva di tipo volitivo (quindi con negazione ne). Il successivo neve introduce la sua

coordinata negativa. Le esortazioni dei legati giustificano il precedente avverbio liberius, da intendersi, a nostro avviso, più come un comparativo di maggioranza (“più… di prima”) che come un comparativo assoluto. 10 Correlative espresse rispettivamente con il participio congiunto e con l’ablativo assoluto

(“sia indotti… sia essendo stata disprezzata”): poiché il valore di queste espressioni (praticamente intraducibili alla lettera) è causale, puoi ricorrere a due sostantivi corrispondenti, in forma di complemento di causa. 11 Proposizione incidentale. 12 Abbiamo spostato l’introduttore ne per renderti più chiara la struttura logica del periodo.

Ne... occuparet è una proposizione completiva retta dal sostantivo timore (sive timore adducti). 13 Questo ut ha valore causale. 14 Abbiamo trasformato eumque in et eum per esigenze di analisi. 15 Singulari audacia è ablativo di qualità. 16 Proposizione finale espressa con ad + gerundivo. 17 Notitia è un cosiddetto “falso amico”, in quanto non corrisponde al termine italiano “noti-

zia”. 18 Che valore ha questo quod? 19 Il diminuitivo usato con insistenza sia nel sostantivo sia nell’aggettivo (“una barchetta pic-

colina”) sottolinea la fine misera e in solitudine di quel Pompeo soprannominato Magno per la grandezza delle sue imprese. 20 La drammaticità del momento è messa in luce dall’uso del presente storico.

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Cesare tenta di evitare lo scontro armato TESTO

• Caesar petit1 ab utroque, (quoniam Pompei mandata ad se detulerint), (ne2 graventur) (sua quoque ad eum postulata deferre), [si3 parvo labore magnas controversias tollere (atque omnem Italiam metu liberare) possint]. • 4(Sibi semper primam reipublicae fuisse dignitatem vitaque5 potiorem). • (Doluisse se), (quod6 populi Romani beneficium sibi per contumeliam ab inimicis extorqueretur) [et7 (erepto semenstri imperio) in urbem retraheretur], [cuius8 (absentis)9 (rationem haberi proximis comitiis) populus iussisset]. • (Tamen hanc iacturam honoris10 sui rei publicae causa11 aequo animo tulisse); • (cum litteras ad senatum miserit), (ut omnes ab exercitibus discederent), (ne id quidem12 impetravisse). • (Tota Italia dilectus haberi), (retineri legiones duas), (quae ab se simulatione Parthici belli sint abductae), (civitatem esse in armis). • (Quonam haec omnia nisi ad suam perniciem pertinere13 )? • (Sed tamen ad omnia descendere se14 paratum) (atque omnia pati rei publicae causa). • Proficiscatur15 Pompeius in suas provincias, (ipsi exercitus dimittant), (discedant in Italia omnes ab armis), (metus e civitate tollatur), (libera comitia16) (atque omnis res publica17 senatui populoque Romano permittatur). • (Haec quo18 facilius certisque condicionibus fiant) (et iureiurando sanciantur), aut ipse19 propius accedat (aut patiatur) (se20 accedere); • (fore) (uti21 per conloquia omnes controversiae componantur).

ANALISI 1 Petit si costruisce con a o ab + l’ablativo e si usa quando si chiede qualcosa per ottenerla.

A petit fa idealmente riferimento tutto il brano che a partire dal secondo periodo è riportato in oratio obliqua. Come puoi notare tutte le proposizioni hanno il verbo o al congiuntivo o all’infinito, fatta eccezione per un unico ablativo assoluto. 2 Introduce la completiva volitiva dipendente da petit. 3 Si chiaramente non ha valore ipotetico, bensì interrogativo; lo si capisce dal senso: devi

quindi sottintendere un’espressione del tipo “per vedere”, infatti in dipendenza da verbi come conor, tento, experior, exspecto, video etc., al posto di num o -ne si usa meglio si. Nella successiva coordinata atque…liberare è sottinteso possint.

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4 Inizia qui l’oratio obliqua vera e propria. Anche se il verbo reggente non può più essere

petit, ma dicit, in quanto Cesare ora non fa delle richieste bensì delle affermazioni, questo e i periodi successivi fanno riferimento a petit per quanto riguarda il rapporto temporale. Noterai tuttavia una certa disinvoltura nell’uso dei tempi, poiché dal presente della reggente dipendono ora tempi principali ora tempi storici, ma questo è del tutto normale nell’oratio obliqua: infatti il presente è considerato storico. A ciò si aggiunga che anche in un contesto tutto al passato, quando aumenta la tensione emotiva, i tempi del verbo passano al presente. In italiano tuttavia non è il caso di rispettare alla lettera queste oscillazioni temporali: regolerai perciò tutti i tempi in base alla scelta operata all’inizio. 5 Secondo termine di paragone. Potiorem è predicato nominale, come il precedente primam. 6 Quod dichiarativo-causale in dipendenza da uno dei verba affectuum. 7 Per chiarezza di analisi abbiamo anticipato come et la congiunzione coordinante -que. 8 Nella traduzione di questa relativa impropria conviene svolgere cuius in cum eius, dando

all’intera proposizione un valore concessivo o avversativo. 9 Absentis ha sfumatura concessiva; il successivo infinito haberi è passivo in quanto manca

la persona a cui si rivolge il comando espresso da iussisset. 10 Non tradurre questo termine con “onore”. 11 Il genitivo + causa o gratia indica un complemento di fine. 12 Ne... quidem: impara a riconoscere a colpo d’occhio questa negazione che significa “neppu-

re” e che si riferisce alla parola che si trova nel mezzo. 13 L’interrogativa ha il verbo all’infinito esattamente come le enunciative, perché è presentata

più come un’affermazione che come una vera e propria domanda (“non tendevano a nient’altro che alla sua rovina”). 14 Il termine è stato spostato per chiarezza di analisi. Paratum sottintende esse e regge anche

l’infinito pati della coordinata. 15 Proficiscatur, come i successivi congiuntivi, è esortativo. Spesso nell’oratio obliqua, il

congiuntivo esortativo è espresso, anziché col presente, con l’imperfetto congiuntivo: qui, per uniformarti ai tempi verbali delle proposizioni precedenti, ti conviene tradurre questi presenti come se fossero imperfetti. 16 Sottinteso sint. 17 Qui res publica preceduto da omnis non può avere il significato di “ogni Stato”: individua

un termine più adatto al contesto. 18 Quo + congiuntivo: ricordi di che proposizione si tratta? Hai notato la presenza del compa-

rativo facilius? Osserva l’anàstrofe haec quo = quo haec. 19 Ipse = Pompeo. 20 Se = Cesare. 21 Sta per ut.

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Acceso discorso di Catilina ai suoi compagni TESTO

• (Ni1 virtus fidesque vostra spectata mihi foret2), nequiquam opportuna res cecidisset; • spes magna, dominatio in manibus frustra fuissent, (neque ego per ignaviam3 aut vana ingenia incerta4 pro certis captarem). • Sed (quia multis et magnis tempestatibus vos cognovi fortis5 fidosque mihi), eo6 animus ausus est maxumum 7 atque pulcherrumum facinus 8 incipere, {simul quia [vobis eadem (quae mihi9) bona malaque10 esse] intellexi}; • nam idem velle atque idem nolle,11 ea demum firma amicitia est. 12

• Sed (ego quae mente agitavi), omnes iam antea divorsi audistis. • Ceterum mihi in dies magis animus adcenditur, (quom13 considero), (quae condicio vitae futura sit14), (nisi nosmet15 ipsi vindicamus in libertatem). • Nam (postquam res publica in paucorum potentium ius atque dicionem concessit16), (semper illis reges tetrarchae vectigales17 esse), (populi nationes stipendia pendere18); • ceteri omnes,19 strenui boni, nobiles atque ignobiles, volgus fuimus sine gratia, sine auctoritate, iis obnoxii, [quibus, (si res publica valeret 20), formidini21 essemus]. • Itaque omnis gratia potentia honos divitiae apud illos sunt (aut ubi illi volunt); • nobis reliquere22 pericula repulsas iudicia egestatem. • Quae quo usque tandem patiemini, o fortissumi viri? • nonne23 emori per virtutem praestat 24 quam vitam miseram atque inhonestam, (ubi25 alienae superbiae ludibrio fueris26), per dedecus amittere?

ANALISI 1 Sta per nisi e introduce la protasi negativa del periodo ipotetico della irrealtà. 2 Sta per esset. 3 È qui usato l’astratto al posto del concreto. 4 Attenzione! Vana ingenia e incerta non sono concordati fra di loro. 5 Sta per fortes ed è, come fidos, predicativo di vos. Nota l’allitterazione della f.

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6 Riprende la proposizione causale precedente. 7 Arcaismo per maximum, come il successivo pulcherrumum per pulcherrimum. 8 Formato dalla stessa radice del verbo facio, è una vox media, cioè indica genericamente

un’azione che si compie: solo il contesto può chiarire se questa sia positiva o negativa. 9 Sottinteso sunt. 10 Bona malaque costituiscono il predicato nominale: il complemento oggetto è eadem. 11 Velle e nolle hanno la funzione di soggetto e vanno tradotti con l’infinito anche in italiano;

il successivo ea, concordato con firma amicitia, riprende con una certa enfasi i due infiniti precedenti, assumendone la stessa funzione. 12 Arcaico per diversi. Audistis = audivistis. 13 Arcaico per cum: introduce una proposizione temporale. 14 Futuro del congiuntivo: esprime semplicemente un’azione futura (la proposizione è inter-

rogativa indiretta): pertanto non devi tradurlo come la perifrastica attiva. 15 -met è rafforzativo di nos; controlla sul vocabolario l’espressione in libertatem vindicare. 16 Non tradurre il verbo concedo con il nostro “concedere”! 17 Non confondere il sostantivo neutro vectigal con l’aggettivo a due uscite vectigalis, e; vecti-

gales ha funzione predicativa. 18 Osserva la paronomàsia stipendia pendere. 19 È riferito a nos sottinteso, come si ricava facilmente dal verbo fuimus. 20 Il periodo ipotetico del terzo tipo esprime naturalmente il pensiero di Catilina, che giudica

la res publica inesistente, essendosi di fatto ridotta a res paucorum. 21 Quibus... formidini essemus: doppio dativo. Lo stesso costrutto si trova nell’ultimo periodo

(alienae superbiae ludibrio fueris). 22 Sta per reliquerunt. 23 L’abile discorso di Catilina è condotto in modo che i suoi ascoltatori non possono non esse-

re d’accordo, come conferma questa interrogativa retorica che attende una risposta affermativa (nonne = “non... forse”). 24 È usato impersonalmente e contiene in sé il valore comparativo, come attesta il successivo

quam: emori per virtutem praestat (= melius est) quam vitam... per dedecus amittere. 25 L’avverbio relativo di stato in luogo è riferito a vitam. 26 La relativa ha il congiuntivo per attrazione modale (Catilina non intende presentare questa

affermazione né come soggettiva né tantomeno come eventuale, bensì come oggettiva e rispondente alla realtà dei fatti: altrimenti il suo discorso sarebbe di gran lunga meno efficace).

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Giugurta, tradito da Bocco, viene consegnato a Silla TESTO

• Maurus (haec1 secum ipse diu volvens) tandem promisit; • ceterum [dolo (an vere2) cunctatus3], parum conperimus. • Sed plerumque regiae voluntates (ut vehementes4) sic mobiles,4 (saepe ipsae sibi advorsae4). • Postea (tempore et loco constituto), (in conloquium uti5 de pace veniretur6), Bocchus Sullam modo, modo Iugurthae legatum7 appellare,8 (benigne habere), (idem ambobus polliceri). • Illi pariter laeti ac spei bonae pleni esse. • Sed nocte ea, (quae proxuma fuit ante diem conloquio9 decretum), Maurus (adhibitis amicis) [ac statim (inmutata voluntate) remotis10] dicitur11 secum ipse multum agitavisse, voltu et oculis pariter atque12 animo varius; • [et scilicet ea13 ita (tacente ipso) occulta pectoris patefecisse]. • Tamen postremo (Sullam adcersi14) iubet (et ex illius sententia Numidae insidias tendit). • Deinde (ubi dies advenit) (et ei nuntiatum est) (Iugurtham haud procul abesse), cum paucis amicis et quaestore nostro (quasi obvius15 honoris causa) procedit 16 in tumulum facillumum visu17 insidiantibus.18 • Eodem Numida cum plerisque necessariis suis inermis,19 (uti dictum erat), adcedit, [ac statim (signo dato) undique simul ex insidiis invaditur]. • Ceteri obtruncati.20 • Iugurtha Sullae (vinctus21) traditur (et ab eo ad Marium deductus est).

ANALISI 1 Il termine è stato spostato per comodità di analisi all’interno della proposizione cui appar-

tiene. Haec è riferito alle proposte avanzate da Silla al re. 2 Costituisce il secondo membro della proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva, il

cui verbo sottinteso è cunctatus sit.

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3 Espressione fortemente ellittica; integra cunctatus in questo modo: utrum cunctatus sit.

Ricordati che, anche se il primo membro non ha introduttore, come in questo caso, in italiano non puoi fare a meno di esprimerlo. 4 Sottinteso sunt. Advorsae = adversae. Osserva gli altri arcaismi presenti nel brano, tipici

dello stile sallustiano: proxuma (= proxima), voltu (= vultu), facillumum (= facillimum). 5 Sta per ut; così pure nel terzultimo periodo (uti dictum erat). È in posizione di forte ipèrba-

to: in quanto introduttore, infatti, dovrebbe precedere in conloquium. 6 Il passivo impersonale espresso alla terza persona singolare neutra è ammesso anche, come

in questo caso, con i verbi intransitivi. 7 Modo, modo: correlativi e in posizione di chiasmo. 8 Infinito storico come i successivi habere, polliceri, esse. 9 Dativo di fine. 10 Virtuosismo sintattico: all’interno dell’ablativo assoluto ac statim... remotis (coordinato a

adhibitis amicis) è incastonato un altro ablativo assoluto: inmutata voluntate. 11 Osserva la costruzione personale di dicor: dicitur ha come soggetto Maurus e regge l’infi-

nito con il nominativo secum... agitavisse... varius. 12 Controlla sul vocabolario l’espressione pariter ac o atque. Animo è ablativo di limitazione,

come i precedenti voltu e oculis. 13 Abbiamo svolto il nesso relativo quae in et ea. La principale è ancora Maurus dicitur del

periodo precedente. 14 L’infinito retto da iubet è passivo in quanto non è espressa la persona a cui si rivolge il

comando. 15 Sottinteso esset se consideriamo procedit presente storico. 16 In quest’ultima parte del brano i tempi dei verbi oscillano tra il perfetto e il presente stori-

co, a sottolineare la drammaticità del momento. 17 Supino passivo: equivale in pratica ad un complemento di limitazione. 18 È un participio sostantivato con funzione di complemento di relazione (detto anche “dativo

del punto di vista” o dativus iudicantis). 19 Non lasciarti ingannare dal fatto che necessariis, suis e inermis abbiano terminazioni iden-

tiche: inermis è nominativo singolare, e quindi è riferito a Giugurta. 20 Sottinteso sunt. 21 Attenzione! È il participio perfetto di vincio, non di vinco!

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Il ricordo delle imprese gloriose infiamma l’animo dei grandi uomini TESTO

• Ex aliis negotiis, (quae ingenio exercentur), in primis magno usui1 est memoria rerum gestarum. • (Quoius2 de virtute quia multi dixere3), (praetereundum4) puto, (simul ne quis5 existumet) (per insolentiam6 memet7 studium meum laudando8 extollere). • Atque ego credo (fore9) [qui, (quia decrevi procul a re publica aetatem agere), tanto tamque utili labori meo nomen inertiae inponant10], (certe11) (quibus maxuma industria12 videtur salutare13 plebem et conviviis gratiam quaerere). • Qui (si reputaverint14), (et quibus ego temporibus magistratus adeptus sum15) (et quales viri idem adsequi nequiverint) (et postea quae genera hominum in senatum pervenerint), profecto16 existumabunt (me magis merito quam ignavia iudicium animi mei mutavisse) (maiusque commodum ex otio meo quam ex aliorum negotiis rei publicae venturum17). • Nam saepe ego audivi18 (Q. Maxumum, P. Scipionem, praeterea civitatis nostrae praeclaros viros solitos19 ita dicere), (quom20 maiorum imagines intuerentur), (vehementissume21 sibi animum ad virtutem adcendi). • Scilicet non ceram illam neque figuram tantam vim in sese 22 habere,23 (sed memoria24 rerum gestarum eam flammam egregiis viris in pectore crescere) (neque sedari), (priusquam25 virtus eorum famam atque gloriam adaequaverit).

ANALISI 1 È un complemento di effetto, che solitamente compare insieme al complemento di vantag-

gio nella costruzione del doppio dativo. 2 È forma arcaica per cuius. 3 Sta per dixerunt. 4 Sottinteso esse. 5 Di che pronome si tratta? È preceduto da ne, non è un pronome interrogativo perché è un

elemento della proposizione finale: dunque...? 6 Abbiamo inserito questo complemento all’interno della proposizione oggettiva a cui a parer

nostro appartiene sintatticamente (la “presunzione” non è di chi esprime un giudizio, ma di chi si loda), mentre Sallustio, collocandolo al di fuori di essa, lo pone in posizione di forte rilievo. Altri invece intende insolentia come “malignità”, e lo riferisce di conseguenza a quis. 7 Il suffisso -met rafforza il pronome me.

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8 L’ablativo del gerundio equivale ad un complemento di mezzo (“con il lodare” = “mediante

la lode”). È il solo caso in cui può essere tradotto con il gerundio anche in italiano. 9 Corrisponde a futuros esse, il cui soggetto eos si deve ricavare dal pronome doppio qui che

introduce la relativa seguente. 10 Congiuntivo caratterizzante: in italiano conviene tradurre con il futuro, in quanto la frase

è dipendente da fore, che proietta il pensiero dell’autore appunto nel futuro. Osserva inoltre come, nonostante dipenda da un congiuntivo, la causale quia decrevi abbia mantenuto l’indicativo: sulle leggi dell’attrazione modale prevale infatti in questo caso l’oggettività della motivazione addotta. 11 Abbiamo racchiuso tra parentesi l’avverbio perché, come puoi facilmente capire, non appar-

tiene a nessuna delle proposizioni seguenti e pertanto costituisce frase a sé (possiamo sottintendere una espressione del tipo id nomen imponent, ricavabile dalla frase precedente). 12 Ha funzione predicativa del soggetto. 13 È soggetto di videtur, come il successivo quaerere: qui gli infiniti hanno funzione nominale. 14 Congiuntivo perfetto o futuro anteriore? Periodo ipotetico della possibilità o della realtà?

Prima di operare una scelta casuale, considera attentamente il verbo della proposizione principale e non dimenticare la “legge dell’anteriorità”. 15 Trattandosi di una interrogativa indiretta, dovrebbe avere il verbo al congiuntivo (adeptus

sim), come la coordinata et... nequiverint. La difficoltà di spiegare questa stranezza sintattica ha indotto alcuni commentatori ad espungere il secondo et, dopo adeptus sum, e ad intendere la proposizione come una relativa prolettica rispetto a quales... nequiverint (“se considereranno e quali uomini non siano riusciti a raggiungere i miei stessi traguardi nei tempi in cui io ho ottenuto le magistrature e che razza di individui…”). Le due proposizioni seguenti, quales nequiverint e quae pervenerint, sono interrogative indirette regolari. 16 È un avverbio. 17 Sottinteso esse. 18 Il verbo audivi è qui seguito da un infinito: perciò ha il significato di “sentir dire”. 19 Sottinteso esse. 20 Forma arcaica per cum. 21 Forma arcaica per vehementissime. 22 Forma rafforzata mediante raddoppiamento di se. 23 Non si tratta né di una oratio obliqua né di un’oggettiva retta ancora dai precedenti audivi o

dicere: infatti l’avverbio scilicet, poiché deriva da scire licet, si costruisce spesso con l’accusativo e l’infinito. Il verbo all’infinito (in questo caso habere) va tradotto con l’indicativo. 24 Nominativo o ablativo? Rifletti bene. 25 Abbiamo unito prius a quam eliminando la tmesi. La proposizione temporale ha il con-

giuntivo perché esprime azione intenzionale.

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Questo bambino sarà re TESTO

• [Puero (dormienti), (cui1 Servio Tullio fuit nomen), caput arsisse2 multorum in conspectu] ferunt;3 • (plurimo igitur clamore inde ad tantae rei miraculum orto)4 (excitos5 reges), {et [cum quidam familiarium aquam (ad restinguendum) ferret],6 ab regina retentum}, [et eam7 (sedato tumultu)4 (moveri puerum) vetuisse]8 (donec sua sponte experrectus esset); • (mox cum somno et flammam abisse).9 • Tum (abducto in secretum viro)4 Tanaquil dixit:10 • “Viden11 tu puerum hunc (quem tam humili cultu educamus)? • Scire licet (hunc lumen quondam rebus nostris dubiis futurum12 praesidiumque regiae adflictae); • proinde materiam ingentis publice privatimque decoris omni indulgentia nostra nutriamus.”13 • (Inde puerum liberum loco14 coeptum haberi) (erudirique artibus) (quibus ingenia ad magnae fortunae cultum excitantur). • Evenit facile (quod dis cordi esset):15 • iuvenis evasit vere indolis regiae16 [nec,17 (cum quaereretur gener Tarquinio), quisquam Romanae iuventutis ulla arte conferri potuit], (filiamque ei suam rex despondit).

ANALISI 1 Dativo di possesso. Ricorda che, in casi come questo, il latino usa il perfetto (fuit), mentre

l’italiano preferisce l’imperfetto. 2 Non tradurre quest’espressione alla lettera: ne risulterebbe una formulazione veramente

ridicola (“a un bambino bruciò la testa”!). 3 Che cosa significa qui fero? Bada che regge un’oggettiva. La posizione di ferunt è stata

modificata per esigenze di analisi.

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4 Ablativo assoluto. 5 Sottinteso esse. Questo infinito e quelli che seguono, fino ad abisse, sono retti da ferunt:

per non appesantire troppo la tua traduzione, però, comportati come si fa normalmente nell’oratio obliqua, altrimenti sarai costretto a ripetere continuamente “raccontano che”. 6 Cum narrativo: il congiuntivo imperfetto indica contemporaneità o anteriorità? E, dopo

averlo tradotto con il gerundio, come lo svolgerai? Ad restinguendum è una proposizione finale. Il successivo retentum sottintende esse. 7 -que (= et) e sedato sono stati spostati per esigenze di analisi. 8 Anche puerum è stato spostato per esigenze di analisi. Veto, come altri verbi iussivi, richie-

de nell’oggettiva l’infinito passivo (moveri) se manca l’indicazione della persona cui è rivolto il divieto. Puoi comunque tradurre il verbo all’attivo. Il congiuntivo nella temporale introdotta da donec è dovuto al fatto che l’azione è intenzionale. 9 Et è una congiunzione coordinativa? 10 Dixit (= inquit) è stato spostato per esigenze di analisi. Tanaquil è il nome, palesemente non

latino, della moglie di Tarquinio Prisco: dovresti infatti ricordare che questo re era di origine etrusca. 11 Viden = videsne (vides + -ne). Che cosa segnala, nell’interrogativa diretta, il -ne enclitico? 12 Sottinteso esse. Il participio adflictae è attributivo. 13 Congiuntivo esortativo. 14 Bada che liberum non è accusativo singolare! Poiché è retto da loco, si tratta certamente di

un genitivo plurale (= liberorum). Che significato ha qui liber: quello di “libero” o quello di “figlio”? La domanda non è oziosa, dal momento che Servio Tullio, com’è evidente anche dal nome, era di origine servile. Il successivo coeptum sottintende esse, in quanto qui riprende in oratio obliqua il racconto introdotto da ferunt; ricorda che coepi, coepisse, quando regge un infinito passivo, diventa anch’esso passivo. 15 Il congiuntivo esset si può spiegare con il fatto che viene qui riportata non l’opinione del-

l’autore, ma quella dei personaggi (congiuntivo obliquo). 16 Indolis regiae è complemento di qualità. 17 Nec quisquam = et nemo. Iuventutis è genitivo partitivo.

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Sesto Tarquinio violenta Lucrezia TESTO

• (Paucis interiectis diebus) 1 Sextus Tarquinius (inscio Collatino) 2 cum comite uno Collatiam venit. • (Ubi3 exceptus benigne ab ignaris consilii) (cum post cenam in hospitale cubiculum deductus esset),4 (amore ardens), (postquam satis tuta circa sopitique omnes5 videbantur), (stricto gladio)1 ad (dormientem) Lucretiam venit [et6 (sinistra manu mulieris pectore oppresso)1 inquit]; • “Tace, Lucretia: • Sextus Tarquinius sum; • ferrum in manu est; • moriere, (si emiseris vocem).”7 • (Cum pavida ex somno8 mulier nullam opem, prope9 mortem imminentem10 videret), tum Tarquinius fateri amorem, (orare), (miscere precibus minas), (versare in omnes partes muliebrem animum).11 • (Ubi obstinatam12 videbat) (et ne13 mortis quidem metu inclinari), addit14 ad metum dedecus: • [cum ea15 (mortua) (iugulatum) servum16 nudum positurum] ait, (ut in sordido adulterio necata17 dicatur). • (Quo18 terrore cum vicisset obstinatam pudicitiam velut vi victrix19 libido), [profectusque inde Tarquinius ferox (expugnato) decore muliebri esset],20 Lucretia maesta tanto malo nuntium Romam eundem ad patrem Ardeamque ad virum mittit, (ut cum singulis fidelibus amicis veniant);21 • (ita facto maturatoque opus esse);22 • (rem atrocem incidisse). ANALISI 1 Ablativo assoluto. L’uso del participio perfetto nell’ablativo assoluto è limitato a due catego-

rie di verbi: ricordi quali sono e con quali costrutti si può sostituire l’ablativo assoluto? 2 Altro ablativo assoluto, questa volta privo del participio (cfr. nota 13 al brano n. 10 e la

scheda 8). 3 Ubi = et ibi (nesso relativo). 4 Cum + congiuntivo: in questo caso non si sarebbe potuto usare l’ablativo assoluto: per-

ché? Sarebbe stato possibile utilizzare invece il participio congiunto (deductus)? 5 La costruzione di videor è personale, anche se non è facile identificarne i soggetti: uno di

essi è evidentemente omnes, l’altro deve essere un omnia implicito nell’aggettivo tuta. Che funzione hanno dunque tuta e sopiti?

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6 Et (= -que) è stato spostato per esigenze di analisi. 7 Morie–re = morie–ris. Nota come la precipitosa concitazione del discorso diretto sia resa

da Livio con una serie incalzante di brevissime proposizioni principali. Emiseris è un futuro anteriore (che renderai con un futuro semplice, per la legge del “doppio futuro”): dunque il periodo ipotetico è della...? 8 Sottintendi excita (riferito a mulier). 9 Prope non regge mortem, perché in questo caso non è una preposizione, bensì un avver-

bio: lo puoi capire solo dal senso. 10 Il participio imminentem è predicativo rispetto al verbo di percezione videret: puoi tradurlo

con un infinito. 11 Fateri, orare, miscere, versare sono infiniti narrativi. Come si traducono? 12 Riferito a eam sottinteso. 13 È possibile intendere la reggenza di videbat in due modi diversi: a) da videbat

dipende prima un aggettivo in funzione predicativa (obstinatam), poi una proposizione oggettiva (et... inclinari): in tal caso si ha una variatio; b) obstinatam può essere a sua volta un’oggettiva, in cui sono sottintesi il soggetto eam e il verbo esse. Attento poi al successivo ne: è un introduttore? 14 A partire da questo periodo non possiamo tradurre alla lettera i tempi dei verbi se non

vogliamo infrangere le leggi che regolano il nostro sistema verbale: infatti all’imperfetto della proposizione temporale ubi... videbat fanno seguito i presenti addit, ait, dicatur; e ai due cum narrativi accompagnati dal piuccheperfetto congiuntivo fanno seguito i due presenti mittit e veniant. Tale uso dei tempi dei verbi, per noi troppo disinvolto, sottolinea invece in latino la concitazione e la drammaticità del momento. 15 Abbiamo integrato ea, cui si riferisce il participio congiunto mortua. 16 Attento! Il soggetto di questa oggettiva non è servum, bensì un se sottinteso riferito a

Tarquinio. È sottinteso anche il verbo esse. 17 Ut... dicatur è una finale. Necata sottintende esse, ed è un infinito con il nominativo: la

costruzione dei verbi dicor, feror, trador etc., nei tempi semplici, è infatti personale. E nei tempi composti, quale costrutto si usa? 18 Quo = et eo (nesso relativo). Costruisci così: et cum victrix libido vicisset eo terrore. 19 Nota la triplice allitterazione della sillaba vi e quella quadruplice della lettera v (vicis-

set... velut vi victrix). 20 Attento! Il verbo è profectus esset (piuccheperfetto congiuntivo) e expugnato decore può esse-

re interpretato in due modi: come un ablativo assoluto oppure come un participio congiunto a ferox (come risulta dalla nostra analisi). 21 Ut... veniant, più che una finale, è una completiva: è infatti sottinteso un verbo di “dire” o

di “chiedere” (“pregandoli di venire” o simili). 22 Brevissima oratio obliqua (da ita a incidisse). Attenzione alla resa di facto maturatoque

(participi sostantivati).

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Lucrezia si dà la morte TESTO

• Sp. Lucretius cum P. Valerio Volesi filio, (Collatinus cum L. Iunio Bruto1) venit, [cum quo forte (Romam rediens) ab nuntio uxoris erat conventus]. • Lucretiam sedentem maestam in cubiculo inveniunt.2 • Adventu suorum lacrimae obortae,3 [et4 (quaerenti) viro5 • “Satin salve?”6 • “Minime”7 • inquit]: • “quid enim salvi8 est mulieri (amissa pudicitia)? • Vestigia viri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; • ceterum corpus est 9 tantum violatum, (animus insons); • mors testis erit. • Sed date dexteras fidemque (haud impune adultero fore).10 • Sextus est Tarquinius [qui, hostis pro hospite, priore nocte vi armatus11 mihi sibique, (si vos viri estis), pestiferum hinc abstulit gaudium].” • Dant ordine omnes fidem;12 • consolantur aegram animi13 avertendo14 noxam ab15 (coacta) in auctorem delicti: • (mentem peccare, non corpus), [et (unde consilium afuerit) culpam abesse].16 • “Vos inquit videritis17 (quid illi debeatur)”: • “ego me (etsi peccato absolvo), supplicio non libero; • nec ulla deinde impudica18 Lucretiae exemplo vivet.” • Cultrum, (quem sub veste abditum19 habebat), eum in corde defigit, [et20 (prolapsa in volnus) moribunda cecidit].

ANALISI 1 Sottinteso venit. 2 Sedentem è participio predicativo. I presenti storici (come inveniunt) possono essere

tradotti sia al presente sia al passato remoto, purché la tua scelta sia uniforme e non oscilli tra un tempo e l’altro.

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3 Obortae sottintende sunt. 4 Il -que di quaerentique, trasformato in et, è stato spostato nella sede richiesta dall’analisi. 5 Attento! La frase è solo apparentemente in sospeso, perché il suo verbo è il successivo

inquit. Se l’avessimo spostato vicino a viro e trasformato in dixit, come abbiamo fatto altre volte, le reggenze sarebbero state poco chiare: infatti inquit introduce la risposta di Lucrezia (“Minime”) alla domanda di Tarquinio (“Satin salve?”) che è a sua volta introdotta da quaerenti. Abbiamo quindi chiuso la parentesi quadra dopo inquit lasciando in mezzo le due principali del discorso diretto, collocate, come puoi vedere, in posizione chiastica rispetto ai loro verbi reggenti. 6 Satin = satisne; è sottinteso il verbo est. Cerca questa locuzione idiomatica sul vocabolario.

Ricordi quale tipo di interrogativa diretta è introdotto da -ne? 7 Sottinteso salve est. 8 Genitivo partitivo retto da quid. Nota come salvi riprenda l’avverbio salve di poco prima. 9 Est è in ipèrbato rispetto a violatum; costruisci così: ceterum (avverbio!) corpus tantum vio-

latum est. Nella coordinata (animus insons) è sottinteso il verbo est. 10 Fore = futurum esse. Impune est alicui significa “qualcuno resta impunito”. 11 Non collegare vi con armatus! Da che cosa sono retti i dativi mihi sibique (complementi di

svantaggio)? Il successivo inciso ipotetico si vos viri estis si riferisce, per il senso, esclusivamente a sibi. 12 Nota la grande quantità di coppie di vocaboli allitteranti presenti nel brano: vestigia viri,

ceterum corpus, date dexteras, vos viri, ordine omnes, vos videritis. Qualcosa di più di una semplice allitterazione è hostis/hospite, che costituisce una paronomàsia. 13 Animi è locativo (= “nell’animo”): nella traduzione puoi ometterlo. 14 Ablativo strumentale del gerundio: questo è l’unico caso in cui il gerundio italiano e quello

latino coincidono (proprio dall’ablativo del gerundio latino deriva il gerundio italiano). 15 Sottinteso ea (= Lucretia). 16 Brevissima oratio obliqua. Come di regola, la principale di tipo enunciativo e la sua coor-

dinata (abesse) hanno l’accusativo e l’infinito, mentre le subordinate sono tutte al congiuntivo. A te, dunque, stabilire se la relativa unde... afuerit sia propria o impropria. 17 Ricorda che nelle proposizioni principali il futuro anteriore può sostituire il futuro semplice

quando si voglia esprimere con forza la certezza del compimento di un’azione. La proposizione che segue è un’interrogativa indiretta. 18 Ha valore predicativo rispetto a vivet. 19 Participio predicativo. Il successivo eum è pleonastico: puoi evitare di tradurlo. 20 -que è stato trasformato in et e spostato per esigenze di analisi.

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Quinto Fabio Massimo esorta Emilio Paolo a temporeggiare TESTO

• In Italia bellum gerimus, in sede ac solo nostro; • omnia circa1 plena civium ac sociorum sunt; • armis, viris,equis, commeatibus iuvant (iuvabuntque):2 • id iam fidei documentum in adversis rebus nostris dederunt; • meliores, prudentiores, constantiores nos tempus diesque facit.3 • Hannibal contra in aliena, in hostili est terra, inter omnia inimica infestaque, procul ab domo, ab patria; • neque illi terra neque mari est pax; • nullae eum urbes accipiunt, (nulla moenia4); • nihil usquam sui videt, (in diem rapto5 vivit); • partem vix tertiam exercitus eius6 habet (quem Hiberum amnem traiecit7); • plures fame quam ferro absumpti;8 • nec his paucis iam victus suppeditat. • Dubitas ergo (quin sedendo9 superaturi simus10 eum) (qui senescat in dies), (non commeatus, non supplementum, non pecuniam habeat)?11 • Haec una salutis est via, L. Paule, (quam difficilem infestamque12 cives tibi magis quam hostes facient). • Idem enim tui13 (quod hostium14) milites volent; • idem Varro consul Romanus (quod Hannibal Poenus imperator15) cupiet. • (Duobus ducibus unus resistas)16 oportet. • Resistes autem, (adversus famam rumoresque hominum si satis firmus steteris),17 (si te neque collegae vana gloria neque tua falsa infamia moverit).

ANALISI 1 Avverbio, non preposizione. Il soggetto è omnia, neutro plurale sostantivato. 2 Attento a non tradurre “giovano e gioveranno alle armi etc.”! Il verbo iuvare è transitivo e

regge perciò l’accusativo della persona cui si giova (in questo caso nos sottinteso); armis, viris, equis e commeatibus sono dunque complementi di...? 3 Concordanza a senso (facit invece di faciunt), dovuta al fatto che tempus diesque è una

sorta di endìadi (il concetto espresso è unico). 4 Sottinteso eum accipiunt.

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5 Dal sostantivo neutro raptum, i. 6 Eius è pronome o aggettivo? Nel primo caso si tratterebbe del possessivo di terza persona

(= “suo”) non riferito al soggetto: ma di chi è questo esercito? Nel secondo caso concorderebbe con exercitus (= “di quell’esercito”). Per poter scegliere la traduzione giusta devi individuare il soggetto di habet. 7 Traicio regge il doppio accusativo: quem è il complemento oggetto, Hiberum amnem è

retto dalla preposizione trans di cui è composto il verbo. 8 Sottinteso sunt. 9 Ablativo strumentale. Non tradurlo “stando seduti”! Fai sempre riferimento al contesto:

colui che sta parlando è Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore. 10 Completiva con verbum dubitandi. L’introduttore quin dovrebbe richiedere un verbo reg-

gente negativo, mentre dubitas, apparentemente, non lo è: in verità dubitas costituisce di per sé un’interrogativa retorica di senso negativo che potrebbe essere sostituita dalla frase di tipo enunciativo: “non devi dubitare che...”. Osserva inoltre, in superaturi simus, il cosiddetto futuro del congiuntivo: esso esprime non intenzionalità o imminenza, bensì semplicemente un rapporto di posteriorità rispetto alla reggente, e come tale si traduce o con il futuro semplice o con il condizionale passato. Che cosa si usa in sostituzione del participio futuro se il verbo è passivo o mancante del supino? 11 Le relative qui senescat e (qui) habeat hanno il congiuntivo: perché? Sono relative impro-

prie o hanno subìto una delle interferenze cui possono essere soggette le relative proprie (attrazione modale, soggettività, eventualità, congiuntivo caratterizzante)? E se sì, quale? 12 Difficilem e infestam sono predicativi dell’oggetto quam, per cui facio ha qui la costruzione

dei verbi effettivi. 13 Tui è riferito a milites. 14 Sottinteso milites volunt. Questo ed il successivo quod si riferiscono, ovviamente, a idem. 15 Quod sottintende cupit. 16 Oportet e necesse est si costruiscono talvolta con il congiuntivo senza ut (proposizione

completiva priva di introduttore) in luogo della più abituale infinitiva (soggettiva). Osserva il valore fortemente predicativo di unus, contrapposto a duobus ducibus. 17 La punteggiatura ed il senso inducono a ritenere preferibile il tipo di analisi e di traduzione

da noi suggerito, collegando adversus famam rumoresque a firmus anziché a resistes; in questo caso l’introduttore si risulterebbe in ipèrbato, ossia alquanto spostato rispetto alla sua sede naturale. Non è però da escludere che il periodo si possa analizzare e tradurre anche in quest’altro modo: resistes autem adversus famam rumoresque hominum (si satis firmus steteris). Il periodo ipotetico è della realtà con “doppio futuro”: nella subordinata c’è il futuro anteriore, nella principale il futuro semplice; in italiano si tende a tradurre tutto con il futuro semplice.

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Marcello rimprovera i suoi soldati TESTO

• Marcellus (postquam in castra reditum est1), contionem adeo saevam atque acerbam apud milites habuit (ut proelio per diem totum infeliciter tolerato tristior2 iis irati ducis oratio esset)3. • “Dis immortalibus, (ut in tali re),4 laudes gratesque” inquit “ago [quod5 victor hostis6 (cum tanto pavore incidentibus vobis in vallum portasque) non ipsa castra est adgressus]; 7

• deseruissetis profecto eodem terrore castra (quo omisistis pugnam). • Qui pavor hic, (qui terror),8 (quae oblivio)8 animos cepit? • Nempe iidem sunt hi hostes [quos vincendo et (victos)9 sequendo priorem aestatem absumpsistis], [quos10 hesterno die (nec iter facere) (nec castra ponere) passi estis]. • Quid haec nox, (quid hic dies)8 attulit? • Vestrae copiae imminutae sunt (an illorum auctae?)11 12

• Non equidem mihi videor cum exercitu meo loqui nec cum Romanis militibus: • corpora tantum atque arma eadem sunt. • An (si eosdem animos habuissetis), terga vestra vidisset hostis?13 • Signa alicui manipulo aut cohorti ademisset? • Adhuc caesis legionibus Romanis gloriabatur: • vos illi hodierno die primum fugati exercitus dedistis decus.” • Clamor inde ortus (ut veniam eius diei daret):14 • (ubi vellet) deinde experiretur militum suorum animos. • “Ego vero experiar,” inquit “milites, (et vos crastino die in aciem educam) (ut victores potius quam victi veniam15 impetretis) (quam petitis).”

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ANALISI 1 Il verbo intransitivo può essere fatto passivo nelle forme impersonali (itur = si va). 2 Cerca con attenzione il secondo termine di paragone. 3 Proposizione consecutiva. La conseguenza è reale, per cui dovrai tradurre il verbo all’indi-

cativo. Poiché si sottolinea il risultato dell’azione, con quale tempo dovrai esprimere il latino esset? Se hai dei dubbi, consulta la scheda 23. 4 Espressione ellittica che sottintende possum o simili. In questo caso ut ha valore limitativo

(= “per quanto”). 5 Questo quod è dichiarativo-causale (“per il fatto che”). 6 Ricordati che hostis ha il nominativo e il genitivo uguali: scegli il caso giusto in base al

senso: “il nemico vincitore” o “il vincitore del nemico”? Il successivo incidentibus vobis è un ablativo assoluto. 7 È uno dei congiuntivi delle proposizioni principali: controlla con attenzione. Puoi dedurne

facilmente il valore se immagini che sia sottintesa una condizionale (“se il nemico avesse assalito l’accampamento...”). 8 È sottinteso lo stesso verbo della principale. 9 È un participio congiunto, non sostantivato: tradurre “i vinti” non avrebbe senso, perché

sono i loro nemici che sono stati vinti, non delle persone generiche. Vincendo e sequendo equivalgono a complementi di mezzo (= “con la vittoria e con l’inseguimento”). 10 Funge anche da soggetto della proposizione infinitiva, oltre che essere la persona cui si

riferisce l’azione del verbo passi estis. Poiché il verbo patior regge in questo caso una proposizione infinitiva, non può avere il significato di “soffrire”: controlla il vocabolario. 11 Interrogativa diretta disgiuntiva il cui primo membro è privo, come talora accade, di par-

ticella introduttiva (utrum o -ne). 12 Ha costruzione personale. Non puoi tradurre l’espressione alla lettera (“sembro a me stes-

so”!). 13 Periodo ipotetico della irrealtà. L’apodosi è costituita dall’interrogativa diretta an...

vidisset, dove an esprime ironica meraviglia (“o forse...”). La stessa protasi (si... habuissetis) vale anche per la successiva apodosi signa... ademisset. 14 Ortus sottintende est. Dopo i due punti inizia una brevissima oratio obliqua (da ubi a ani-

mos), il cui verbo principale experiretur è un congiuntivo esortativo. 15 Non confondere questo sostantivo con la prima persona singolare del congiuntivo presente

o del futuro semplice del verbo venio. Il participio victi non costituisce frase a sé perché, come il precedente victores, funge da complemento predicativo del soggetto.

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Ercole e Caco TESTO

• [Herculem in ea loca1 (Geryone interempto) boves mira specie2 abegisse] memorant, {ac prope Tiberim fluvium, [qua3 (prae se armentum agens) nando traiecerat], loco herbido (ut4 quiete et pabulo laeto reficeret boves et ipsum fessum via) procubuisse}. • Ibi [cum eum (cibo vinoque gravatum) sopor oppressisset],5 pastor accola eius loci, nomine Cacus, ferox viribus, (captus pulchritudine boum) (cum avertere eam praedam vellet), [quia (si agendo armentum in speluncam compulisset) ipsa vestigia (quaerentem) dominum eo deductura erant],6 (aversos) boves eximium quemque7 pulchritudine caudis in speluncam traxit. • Hercules (ad primam auroram somno excitus) (cum gregem perlustrasset8 oculis) [et (partem abesse numero)9 sensisset], pergit ad proximam speluncam,10 (si forte eo vestigia ferrent). • Sed [ubi (ea11 omnia foras versa) vidit] (nec in partem aliam ferre), confusus atque incertus animi12 ex loco infesto agere porro armentum occepit. • [cum (inde13 actae) boves quaedam ad desiderium, (ut fit),14 relictarum mugissent], (reddita15 ex spelunca) inclusarum boum vox Herculem convertit. • [Quem16 cum (vadentem ad speluncam) Cacus vi prohibere conatus esset], (ictus clava) (fidem pastorum nequiquam invocans) occubuit.

ANALISI 1 Cioè in quella parte del Lazio dove sarebbe sorta Roma. Gerìone, nominato poco oltre, era

un mostro dai tre corpi che regnava sull’isola Eritrea, situata presso le Colonne d’Ercole. 2 Complemento di qualità. 3 Avverbio di moto per luogo; evidente la derivazione da un ablativo femminile (è sottinteso

via–).

4 Si tratta di una finale. Sottintendi se prima di ipsum. Ti conviene evitare la traduzione lette-

rale, se non vuoi far dire a Tito Livio qualcosa di veramente strano (Ercole ristorerebbe col pascolo i buoi e se stesso!).

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5 In questo brano sono presenti alcuni cum narrativi: è l’occasione giusta per verificare: a)

se sai riconoscerne il rapporto di contemporaneità (che renderai provvisoriamente con il gerundio semplice) ovvero di anteriorità (che renderai provvisoriamente con il gerundio composto) rispetto alla reggente; b) se sei in grado di svolgere il gerundio con una proposizione subordinata (causale o temporale) adeguata al contesto. 6 Periodo ipotetico della irrealtà solo apparentemente dipendente (l’apòdosi non è né all’infini-

to né al congiuntivo): quia equivale di fatto a nam. Nell’apodosi, anziché un congiuntivo, è presente un indicativo (deductura... erant), come talvolta accade con espressioni di dovere, potere, necessità, con paene e prope e con le perifrastiche attiva (come in questo caso) e passiva. 7 Traduci come se il testo fosse boum eximium quemque. Poiché l’uso di quisque è ristretto a

cinque casi soltanto (quali?), è evidente che qui eximius equivale ad un superlativo; ricordi come si traduce quisque dopo un superlativo (ad es.: optimus quisque)? Il successivo pulchritudine è ablativo di limitazione. 8 Perlustrasset = perlustravisset. 9 È possibile analizzare e tradurre queste frasi in due modi diversi: 1) et (partem abesse

numero) sensisset: “e dopo essersi accorto che una parte mancava al numero (= al totale)”; 2) et (partem abesse) numero sensisset: “e dopo essersi accorto dal numero (= contandoli) che ne mancava una parte”. Consulta il vocabolario e scegli! 10 È sottintesa una proposizione presumibilmente finale (“per vedere” o simili), che regge la

successiva interrogativa indiretta (si... ferrent). 11 Abbiamo svolto il nesso relativo quae in sed ea, modificando leggermente l’ordine dei

vocaboli per esigenze di analisi. Il successivo versa sottintende esse. 12 Animi è locativo (“nell’animo”); nella traduzione puoi ometterlo, in quanto pleonastico. 13 Inde cum = cum inde (anàstrofe). 14 Ut fit è una incidentale. Relictarum è sostantivato. 15 Concorda con vox, non con spelunca! Il successivo inclusarum è stato spostato per esigen-

ze di analisi. 16 Quem = et eum (nesso relativo). Svolgi così: et cum eum... Cacus vi prohibere conatus esset.

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La battaglia di Grumento TESTO

• Nondum Hannibal e castris exierat (cum1 pugnantium2 clamorem audivit); • itaque (excitus tumultu) raptim ad hostem copias agit.3 • Iam primos occupaverat equestris terror;4 • peditum etiam prima legio et dextra ala5 proelium inibat. • Incompositi hostes, (ut quemque6 aut pediti aut equiti casus obtulit), ita conserunt manus.7 • Crescit pugna subsidiis (et procurrentium ad certamen numero8 augetur); • pugnantesque,2 (quod nisi in vetere exercitu et duci veteri haud facile est),9 inter tumultum ac terrorem instruxisset Hannibal, [ni10 cohortium ac manipulorum (decurrentium per colles) clamor (ab tergo auditus) metum (ne intercluderentur a castris11) iniecisset]. • Inde pavor incussus (et fuga passim fieri coepta12) est; • minorque caedes fuit, [quia propinquitas castrorum breviorem13 fugam (perculsis14) fecit]. • Equites enim tergo inhaerebant; • in transversa latera invaserant cohortes [decurrentes15 (secundis collibus) via nuda ac facili]. • Tamen supra octo milia hominum16 occisa, (supra septingenti capti17); • signa militaria novem adempta;18 • elephanti etiam, (quorum nullus usus in repentina ac tumultuaria pugna fuerat), quattuor occisi, (duo capti).

ANALISI 1 Cum inversum: introduce una temporale che indica un fatto improvviso e inatteso, gene-

rando un effetto di suspence. 2 Participio sostantivato.

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3 Presente storico. Noterai che i tempi dei verbi hanno un uso piuttosto disinvolto rispetto

all’italiano: infatti nelle proposizioni principali si alternano presenti, imperfetti e perfetti, apparentemente senza logica. In effetti la logica c’è, ed è quella di riprodurre la situazione concitata e drammatica in cui le truppe di Annibale, colte di sorpresa, cercano disperatamente di evitare il peggio. Nella traduzione è bene uniformarsi ad un solo tempo. 4 Non tradurre alla lettera (“il terrore equestre”?). 5 Si tratta dell’esercito romano. Inibat è concordato con uno solo dei due soggetti. 6 Si usa quisque invece di unusquisque in quanto è preceduto da ut inteso come congiunzione

comparativa nel significato di “a seconda che...”; la traduzione letterale di questa comparativa è inaccettabile in italiano. 7 Per rendere bene questo periodo, ti conviene tradurre prima la principale e poi la compara-

tiva, che, essendo prolettica, ti creerebbe dei problemi. Il presente conserunt è storico, come i successivi crescit e augetur. 8 Ablativo strumentale o di causa, come il precedente subsidiis. 9 Inciso in forma di relativa appositiva (quod = “cosa che”). Costruisci così: quod haud est

facile nisi in vetere exercitu et duci veteri. Osserva il chiasmo vetere exercitu - duci veteri. 10 Ni = nisi. Il periodo ipotetico indipendente, che ha come protasi ni... iniecisset e come

apodosi la principale instruxisset, è della irrealtà. I tempi del congiuntivo indicano contemporaneità o anteriorità? Tienine conto nella tua traduzione. 11 Completiva con i verba timendi: essa però non dipende da un verbo, ma dal sostantivo

metum (“la paura che...”). Quando una completiva di questo tipo è introdotta da ne, si spera che il fatto accada o non accada? E qual è l’introduttore in caso contrario? 12 Sottinteso est. Ricorda che coepi assume forma passiva quando regge un infinito passivo di

forma e di significato: dunque fieri non significa qui né “diventare” né “accadere”, bensì “essere fatto”. 13 Breviorem è complemento predicativo dell’oggetto fugam. 14 Più che un participio sostantivato, lo consideriamo un participio congiunto con militibus

sottinteso. 15 Abbiamo anticipato decurrentes per rendere più chiara la struttura logica del periodo.

Consideriamo secundis collibus come un ablativo assoluto, piuttosto che come un complemento di mezzo o causa. Attento al significato di secundus in questo contesto: consulta con molta attenzione il vocabolario (può esserti utile in proposito l’espressione secundo flumine = “con il favore della corrente, secondo la corrente”). 16 Genitivo partitivo retto da milia. 17 Occisa e capti sottintendono sunt; il primo participio concorda con milia, il secondo con

homines sottinteso. 18 Sottinteso sunt, come pure nei successivi occisi e capti.

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L’atroce umiliazione delle Forche Caudine TESTO

• Primi consules prope seminudi sub iugum missi;1 • tum (ut2 quisque gradu proximus erat), ita ignominiae obiectus;3 • tum deinceps singulae legiones.4 • Circumstabant armati hostes,5 (exprobrantes) (eludentesque); • gladii etiam plerisque intentati,1 (et volnerati quidam)1 (necatique),1 (si voltus eorum indignitate rerum acrior victorem offendisset).6 • {Cum7 (ita traducti sub iugum) [et, (quod paene gravius erat), per hostium oculos8], e saltu evasissent}, [etsi (velut ab inferis extracti9) tum primum lucem aspicere visi sunt],10 tamen ipsa lux (ita deforme intuentibus11 agmen) omni morte tristior fuit. • Itaque (cum ante noctem Capuam pervenire possent),12 incerti de fide sociorum (et quod13 pudor praepediebat), circa viam haud procul Capua omnium egena corpora humi14 prostraverunt. • (Quod ubi15 est Capuam nuntiatum), evicit miseratio iusta sociorum16 superbiam ingenitam Campanis. • Confestim insignia sua consulibus, arma, equos, vestimenta, commeatus militibus17 benigne mittunt; • et (venientibus18 Capuam) cunctus senatus populusque (obviam egressus) iustis omnibus hospitalibus privatisque et publicis19 fungitur officiis. • Neque illis sociorum comitas voltusque benigni et adloquia non modo sermonem elicere {sed (ne ut20 oculos quidem attollerent) [aut (consolantes) amicos contra intuerentur] efficere21} poterant. ANALISI 1 Sottinteso sunt. 2 Questo ut ha valore comparativo ed è in correlazione con il successivo ita. L’uso di quisque

è consentito dalla presenza del correlativo e del superlativo proximus. Il periodo non può essere tradotto in modo letterale: rendilo con parole tue. 3 Sottinteso est. 4 Sottinteso ignominiae obiectae sunt. 5 È il soggetto di circumstabant. 6 Il periodo ipotetico ha la protasi al congiuntivo piuccheperfetto (si offendisset) e l’apodosi

all’indicativo perfetto (volnerati... necatique, che sottintende sunt). Come si spiega il fenomeno? Probabilmente l’indicativo che ci aspetteremmo nella protasi è passato al congiunti-

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vo irreale perché denota un’azione valida solo da un punto di vista soggettivo: infatti l’espressione contratta e sofferente dei soldati romani costretti a passare sotto il giogo è sentita dai Sanniti come un’offesa, ma in realtà non lo è. 7 Abbiamo anticipato cum perché traducti si riferisce al soggetto della narrativa cum… eva-

sissent: questo ti consente di mantenere la forma implicita di traducti anche nella tua traduzione (c’è infatti coincidenza di soggetto tra la subordinata participiale e la sua reggente). Se invece vuoi mantenere intatta la struttura del periodo, devi necessariamente svolgere il participio congiunto come se fosse una proposizione temporale (“dopo che furono fatti passare”): altrimenti farai dipendere traducti direttamente dalla principale ed otterrai un enunciato di questo genere: “fatti passare sotto il giogo,… tuttavia la luce stessa fu…”, che è gravemente scorretto. Guàrdati da questo tipo di errore, molto comune! Ricordati che la forma implicita è possibile solo se c’è coincidenza di soggetto tra la subordinata e la sua reggente. 8 Sottinteso traducti. Quod paene gravius erat è un inciso in forma di relativa appositiva: rendi il quod con “cosa che”. 9 Comparativa ipotetica in forma implicita; esplicitandola si otterrebbe velut extracti essent (e in tal caso velut sarebbe un introduttore). 10 Concessiva con l’indicativo: esprime la semplice constatazione di un fatto. Traduci perciò etsi con “anche se”, che è il suo esatto equivalente in italiano e regge anch’esso l’indicativo. Visi sunt sottintende sibi; videor ha qui costruzione personale, mentre in italiano si preferisce usare quella impersonale: perciò non tradurlo alla lettera (“sembrarono a se stessi”!). 11 Concorda con iis sottinteso; si tratta di un dativo di relazione (o “dativo del punto di vista”), che indica la persona in relazione alla quale ha valore una determinata affermazione. 12 Altra concessiva, espressa questa volta con cum + congiuntivo. 13 Variatio sintattica: all’aggettivo incerti, che ha valore implicitamente causale (“in quanto incerti”, “siccome erano incerti”), è coordinata una causale esplicita introdotta da quod. 14 Complemento di stato in luogo espresso mediante il locativo. 15 Quod ubi = et ubi id. Quod è un nesso relativo, mentre il vero introduttore è ubi: nota come il nesso relativo preceda sempre l’introduttore (anàstrofe). 16 Attento a sociorum, che potrebbe riferirsi tanto a miseratio quanto a superbiam. Il successivo ingenitam è un participio attributivo. 17 Non fare confusione: cerca di capire che cosa viene mandato a chi. 18 Concorda con iis (= militibus) sottinteso. Che complemento è Capuam? 19 Privatisque et publicis = et privatis et publicis (dove et... et significa “sia... sia”). Costruisci così: fungitur omnibus iustis officiis hospitalibus et privatis et publicis. Fungor regge l’ablativo. 20 Fra ne e ut, l’introduttore è quest’ultimo; a quale elemento della frase è legato ne e come si traduce? La proposizione introdotta da ut è una completiva retta da un verbum efficiendi (efficere). Se la frase fosse negativa, l’introduttore sarebbe ne o ut non? E perché? 21 Sottinteso poterant.

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Meglio i vecchi politici corrotti! TESTO

• Inde consedit [et (nominibus in urnam coniectis1) (citari nomen)2 (quod primum sorte excidit) (ipsumque e curia produci) iussit]. • (Ubi auditum est nomen), malum et improbum et supplicio dignum3 pro se quisque4 clamare.5 • Tum Pacuvius:6 • “Video7 (quae de hoc sententia sit); • date igitur, pro8 malo atque improbo, bonum senatorem et iustum.” • Primo silentium erat inopia potioris subiciundi;9 • deinde, [cum aliquis (omissa verecundia)1 quempiam nominasset10], multo11 maior extemplo clamor oriebatur, (cum alii negarent12) (nosse), [alii nunc probra, nunc humilitatem sordidamque inopiam et pudendae artis aut quaestus genus obicerent13]. • Hoc multo11 magis in secundo ac tertio citato senatore est factum,14 [ut (ipsius paenitere15 homines) appareret], [sed16 (quem in eius substituerent locum)17 deesse], [quia nec (eosdem nominari) attinebat nihil aliud] [quam (ad audienda probra) nominatos],18 (et multo11 humiliores obscurioresque ceteri erant eis) (qui primi memoriae occurrebant). • Ita dilabi5 homines, (notissimum quodque19 malum maxime tolerabile esse) (dicentes) (iubentesque) (senatum ex custodia dimitti).

ANALISI 1 Ablativo assoluto. 2 L’ordine dei vocaboli è stato leggermente alterato per esigenze di analisi. Osserva come, in

dipendenza da iussit, le oggettive presentino l’infinito passivo (citari, produci), poiché manca l’indicazione della persona cui è rivolto il comando. In italiano però questi infiniti si traducono come se fossero attivi. 3 Anche in questo caso l’ordine dei vocaboli è stato alterato per renderti più chiara la struttu-

ra sintattica. Malum, improbum e dignum sono predicativi dell’oggetto sottinteso eum (senatorem). 4 L’uso di quisque è consentito dalla presenza del riflessivo se. Quale altro pronome si usa in

sostituzione di quisque, quando l’uso di quest’ultimo è impossibile? 5 Infinito narrativo (detto anche storico o descrittivo). Desunto dalla lingua parlata e parti-

colarmente espressivo, viene usato soprattutto dagli storici per sottolineare la rapidità o la drammaticità di alcune situazioni. Si traduce per lo più con l’imperfetto; in questo caso però, poiché ha valore incoativo, si può rendere con il passato remoto del verbo “incominciare (a)” seguito dall’infinito. 6 Sottinteso dixit.

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7 Video, anche se non esprime né domanda, né dubbio, né incertezza, può reggere ugualmen-

te una proposizione interrogativa indiretta. 8 Pro significa sia “in favore di” che “al posto di”: scegli in base al contesto. 9 Gerundivo usato, come spesso, in sostituzione del gerundio: non tradurlo come la perifra-

stica passiva! Bada che potioris (sottinteso hominis) è il complemento oggetto attratto in genitivo, come richiede la costruzione con il gerundivo. Tuttavia nel genitivo e nell’ablativo senza preposizione, quando è presente il complemento oggetto, è possibile usare, oltre al gerundivo, il gerundio seguito dal suo complemento oggetto in accusativo. Qui puoi tradurre come se il testo fosse: inopia– subiciundi (= subiciendi) potiorem. 10 Nominasset = nominavisset. 11 Questo avverbio deriva da un antico ablativo di misura; la forma in -o è obbligatoria con i

comparativi (humiliores obscurioresque). 12 Nego non significa propriamente “negare”, ma piuttosto “affermare che non”. Il successivo

nosse sta per novisse (perfetto con valore di presente): sono sottintesi il soggetto se e il complemento oggetto eos. 13 Costruisci così: alii obicerent nunc probra, nunc humilitatem sordidamque inopiam et

genus artis pudendae aut quaestus. Tieni presente che quaestus è genitivo singolare (da quaestŭs, -u–s, della 4a) e che il gerundivo pudendae può essere reso in italiano con un aggettivo di significato adeguato senza dover ricorrere ad un’espressione esplicita di dovere o necessità. Inoltre esso si riferisce, a senso, anche a quaestus. 14 Secundo e tertio possono avere valore attributivo o predicativo (in quest’ultimo caso dipen-

derebbero da citato): scegli. La successiva ut... appareret è una consecutiva vera e propria e non una completiva retta da factum est, che non avrebbe senso. Ut va tradotto con “di modo che”: infatti manca l’elemento anticipatore nella reggente. La conseguenza è reale (da rendere perciò con l’indicativo) o supposta-intenzionale (da rendere quindi con il congiuntivo)? Ricorda che, comunque, il tempo non va modificato (perciò manterrai l’imperfetto). 15 È uno dei cinque verbi assolutamente impersonali (miseret, paenitet, piget, pudet, taedet), i

quali, come sai, si costruiscono con l’accusativo della persona che prova il sentimento (homines) e il genitivo della persona o cosa che determina il sentimento (ipsius). 16 Abbiamo sostituito autem (sempre posposto) con sed, per renderti più chiara la struttura

sintattica. 17 Questa relativa è impropria: ha infatti valore finale o consecutivo intenzionale. In italiano

il verbo si rende bene con l’infinito. L’introduttore quem è un pronome doppio e corrisponde a eum (soggetto di deesse) + quem (oggetto di substituerent): anche in italiano esiste il pronome relativo doppio (= chi). 18 Quam... nominatos (sottinteso esse) è una comparativa che funge da secondo termine di

paragone rispetto a eosdem nominari; ha come soggetto sottinteso eos (senatores). 19 In questo caso, qual è l’elemento che consente l’uso di quisque? E come si traduce il tutto?

Abbiamo spostato dicentes per maggior chiarezza.

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26 L’ultimo messaggio di Massinissa a Sofonisba TESTO • Ibi (arbitris remotis)1 [cum2 crebro suspiritu et gemitu, (quod3 facile ab circumstantibus tabernaculum exaudiri posset),4 aliquantum temporis5 consumpsisset], (ingenti ad postremum edito gemitu)1 fidum e servis unum vocat, (sub cuius custodia regio more ad incerta fortunae venenum erat), [et (mixtum in poculo) (ferre ad Sophonibam) iubet] (ac simul nuntiare) (Masinissam libenter primam ei fidem praestaturum fuisse)6 (quam vir uxori debuerit):7 • [quoniam eius arbitrium (qui possint) adimant], (secundam fidem praestare) (ne viva in potestatem Romanorum veniat).8 • [Memor patris imperatoris patriaeque et duorum regum (quibus nupta fuisset),9 sibi ipsa consuleret].10 • (Hunc nuntium ac simul venenum ferens11 minister cum ad Sophonibam venisset), dixit:12 • “Accipio nuptiale munus, (neque ingratum),13 (si nihil maius vir uxori praestare potuit). • Hoc tamen nuntia, (melius me morituram fuisse) (si non in funere meo nupsissem).”14 • Non locuta est ferocius [quam (acceptum) poculum, (nullo trepidationis signo dato),1 impavide hausit].15

ANALISI 1 Ablativo assoluto. 2 Attento! Cerca di capire se questo cum è: a) una preposizione (nel qual caso accompagne-

rebbe crebro suspiritu et gemitu e costituirebbe un complemento di modo); b) un introduttore (nel qual caso dovresti trovare un congiuntivo o un indicativo che si riferiscano ad esso e dovresti capire a quale complemento corrisponda l’ablativo semplice crebro suspiritu et gemitu). 3 Inciso in forma di relativa appositiva: il quod corrisponde al nostro “cosa che”. 4 Il congiuntivo posset non è spiegabile con l’attrazione modale, perché quest’ultimo feno-

meno (da non confondere con il congiuntivo obliquo) si verifica solo se la proposizione in questione costituisce parte integrante del discorso, mentre quod facile... exaudiri posset è, come s’è detto, un inciso. Si tratterà dunque di una relativa impropria con valore consecutivo (quod = ut id: “al punto che lo si poteva sentire”...).

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5 Temporis è genitivo partitivo. 6 Apodosi di un periodo ipotetico dipendente della irrealtà la cui protasi è sottintesa (“se

avesse potuto” o simili). Quale tempo avrebbe avuto la protasi? 7 Debuerit, “falso condizionale” (= debuit), è al congiuntivo perché da nuntiare a consuleret

le parole di Massinissa vengono riportate in forma indiretta (oratio obliqua). Osserva come nella parte successiva, non direttamente dipendente da nuntiare, la principale di tipo enunciativo sia espressa con accusativo + infinito (praestare, il cui soggetto se è sottinteso), mentre quella di tipo volitivo si trovi al congiuntivo (consuleret). Le subordinate esplicite passano invece tutte al congiuntivo, ma ovviamente dovrai tradurne alcune con l’indicativo (la causale quoniam... adimant, le relative qui possint e quibus nupta fuisset). Le oscillazioni dai tempi principali a quelli storici sono tipiche del discorso indiretto: non mantenerle nella tua traduzione. 8 Non è una finale, ma una completiva epesegetica rispetto a fidem (“la promessa che

non...”). 9 Nupta fuisset = nupta esset. I due re cui si allude sono Siface, primo marito di Sofonisba, e

Massinissa stesso. 10 Congiuntivo esortativo. 11 Traduci prima minister cum… venisset: ferens si riferisce infatti a minister. Nota il forte

ipèrbato di cum. 12 Inquit, qui sostituito da dixit, è stato spostato nelle sede richiesta dall’analisi. 13 Sottinteso est. 14 Periodo ipotetico dipendente della irrealtà. Nota si non in luogo di nisi: questo significa che

la negazione non è riferita al verbo nupsissem, ma solo al complemento in funere meo (come a dire: “se mi fossi sposata, ma non il giorno del mio funerale”). 15 Non potrai rendere alla lettera questo periodo: per comprendere la logica della comparativa

quam... hausit tieni presente che le due azioni messe a confronto (quella del parlare e quella del bere) sono indissolubilmente legate ai rispettivi avverbi (ferocius e impavide). Il paragone viene istituito dunque fra il parlare fieramente e il bere impavidamente.

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27 Morte di Magone TESTO • Mago (proximae silentio noctis profectus) (quantum pati viae per volnus poterat) (itineribus extentis) ad mare in Ligures Ingaunos pervenit. • Ibi eum legati ab Carthagine (paucis ante diebus in sinum Gallicum adpulsis navibus) adierunt, (iubentes) (primo quoque tempore in Africam traicere); • (id et fratrem eius Hannibalem facturum);

(nam ad eum quoque isse legatos) (eadem iubentes)

• (non in eo esse Carthaginiensium res) (ut Galliam atque Italiam armis obtineant). • Mago (non imperio modo senatus periculoque patriae motus) (sed metuens etiam) [ne victor hostis (moranti) instaret] [Liguresque ipsi (relinqui Italiam a Poenis) (cernentes) ad eos (quorum mox in potestate futuri essent) deficerent], (simul sperans) (leniorem in navigatione quam in via iactationem volneris fore) (et curationi omnia commodiora), (impositis copiis in naves) (profectus) (vixdum superata Sardinia) ex volnere moritur. Il brano è suddiviso in cinque periodi. Il tessuto sintattico si presenta piuttosto articolato, per cui bisogna esaminare con molta attenzione le singole proposizioni e i costrutti che in esse sono contenuti.

ANALISI DETTAGLIATA PRIMO PERIODO: Mago (proximae silentio noctis profectus) (quantum pati viae per volnus poterat) (itineribus extentis) ad mare in Ligures Ingaunos pervenit. Il periodo consta di quattro proposizioni, di cui una principale, due subordinate implicite e una relativa. Mago è un sostantivo della terza declinazione: pertanto è soggetto della principale, ma anche dell’intero periodo; pervenit è un verbo di movimento e regge il complemento di moto a luogo ad mare, a cui fa seguito una ulteriore precisazione, in Ligures Ingaunos, ad indicare il territorio dei Liguri, popolazione amica dei Cartaginesi, come si comprende poco oltre. Profectus è participio congiunto a Mago e puoi tradurlo col nostro participio passato; l’ablativo silentio, accompagnato dal genitivo di specificazione proximae noctis, precisa il momento della partenza. L’aggettivo proximus indica strettissima vicinanza, quindi può significare anche “precedente” o “seguente”; tuttavia è difficile da esprimere in italiano: qui indica evidentemente la notte successiva al ferimento di Magone e se nella traduzione lo omettiamo il senso non viene affatto modificato, anzi è più chiaro; dire infatti che qualcuno parte nel silenzio della notte significa che costui ha lasciato trascorrere il giorno e poi è partito durante la notte immediatamente successiva al giorno in questione: il senso è chiarissimo anche senza la precisazione data dall’aggettivo proximae.

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Quantum, avverbio relativo di quantità, regge il genitivo partitivo viae: l’espressione corrisponde a quantam viam. Pati è infinito presente dal verbo patior ed è retto da poterat; per volnus (= vulnus) è complemento di causa. Itineribus extentis è ablativo assoluto. Controllando con attenzione il vocabolario troverai sicuramente l’espressione tradotta: essa è tipica del linguaggio militare.

SECONDO PERIODO: Ibi eum legati ab Carthagine (paucis ante diebus in sinum Gallicum adpulsis navibus) adierunt, (iubentes) (primo quoque tempore in Africam traicere); Nella proposizione principale il verbo adierunt implica un movimento di avvicinamento; bisogna pertanto vedere da chi si recano i legati: cercherai dunque un accusativo, eum, senza preposizione perché questa è già presente nel verbo adeo (= ad + eo: “vado da”). Ab Carthagine sembra contraddire le particolarità dei complementi di luogo che hai studiato a proposito delle città, ville e piccole isole: generalmente si afferma che, quando i nomi di città hanno la preposizione, il complemento di moto a (o da) luogo indica i paraggi di una località (ad Romam pervenerunt = “giunsero nei paraggi di Roma”), ma in questo caso non avrebbe alcun senso ipotizzare che i legati provengano dai paraggi di Cartagine; perciò probabilmente ab Carthagine ha la stessa funzione di ab Carthaginiensibus (complemento di provenienza), cioè i legati vengono da parte dei Cartaginesi. Paucis... navibus: paucis ante diebus è complemento di tempo determinato. In sinum Gallicum è complemento di moto a luogo. Adpulsis navibus è ablativo assoluto: l’espressione si trova facilmente sul vocabolario sotto la voce del verbo adpello (= appello). Iubentes ha funzione di participio congiunto a legati e indica lo scopo della loro venuta, quindi ha valore finale. Primo... traicere: proposizione oggettiva dipendente da iubentes. La persona a cui si comanda è ovviamente Magone: il latino non abbonda nell’uso del pronome is, ea, id e dal momento che l’autore ha già detto che i legati adierunt eum, non ha più bisogno di ripetere eum dopo iubentes. Primo quoque tempore è espressione intraducibile alla lettera, ma il senso è facilmente intuibile: consulta comunque il vocabolario alla voce tempus sotto le locuzioni particolari.

TERZO PERIODO: (id et fratrem eius Hannibalem (nam ad eum quoque isse legatos) (eadem iubentes) facturum); Id... facturum (esse): inizia qui l’oratio obliqua: questa proposizione infinitiva ha dunque funzione di principale. Per tradurre bene il tempo del verbo, devi metterlo in relazione col tempo di modo finito del verbo della proposizione reggente, cioè con adierunt: l’azione futura rispetto ad un passato si rende in italiano con il condizionale passato; il soggetto è Hannibalem, la cui apposizione è fratrem eius; il complemento oggetto è id. Attento al valore di et che, non coordinando alcun elemento, ha la stessa funzione di etiam. Nam... legatos: questa proposizione fa parte di un inciso di carattere esplicativo, di cui costituisce la principale enunciativa in oratio obliqua. Questa volta il verbo è all’infinito perfetto, dunque per la legge dell’anteriorità avrà in italiano il trapassato prossimo. Eadem iubentes: il participio è congiunto a legatos e ha ancora valore finale; eadem, neutro plurale del pronome idem, eadem, idem, funge da complemento oggetto.

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QUARTO PERIODO: (non in eo esse Carthaginiensium res) (ut Galliam atque Italiam armis obtineant). Non... res: ancora una principale enunciativa in oratio obliqua: il verbo questa volta è all’infinito presente, quindi per la legge della contemporaneità va tradotto in italiano con l’imperfetto. Il termine res, soggetto, è molto generico: cerca di attribuirgli un significato adeguato al contesto. L’espressione in eo esse anticipa la consecutiva introdotta da ut, e si traduce con “essere in condizioni tali da...”. Ut... obtineant: è la consecutiva anticipata da in eo esse. Il verbo obtineo non va tradotto con il nostro “ottenere”, che qui non avrebbe senso; cerca pertanto un significato appropriato.

QUINTO PERIODO: Mago (non imperio modo senatus periculoque patriae motus) (sed metuens etiam) [ne victor hostis (moranti) instaret] [Liguresque ipsi (relinqui Italiam a Poenis) (cernentes) ad eos (quorum mox in potestate futuri essent) deficerent], (simul sperans) (leniorem in navigatione quam in via iactationem volneris fore) (et curationi omnia commodiora), (impositis copiis in naves) (profectus) (vixdum superata Sardinia) ex volnere moritur. In questo periodo si distinguono ben quindici proposizioni dipendenti le une dalle altre, articolate in un tessuto sintattico piuttosto complesso, all’interno del quale devi muoverti con molta attenzione. È di fondamentale importanza collocare con precisione le parentesi e stabilire i nessi di collegamento tra le varie proposizioni. Si contano quattordici verbi e cinque introduttori. Mettendo ogni introduttore in relazione con il suo verbo, ti accorgerai che all’introduttore et, nella frase et curationi omnia commodiora, non corrisponde nessun verbo. Che fare? Considera la frase precedente, quella a cui questa è coordinata, e vedrai subito che il verbo fore va bene per entrambe; dunque il problema è risolto: le frasi sono quindici e precisamente: una principale, tre esplicite e undici implicite, di cui una ellittica del verbo. Al soggetto della principale, Mago, sono riferiti alcuni participi da cui si dipanano a grappolo le altre proposizioni: visualizzare questa struttura ti sarà di grande utilità. Essa può essere schematizzata in questo modo: Mago, ...non modo motus, sed etiam metuens..., simul sperans..., profectus..., moritur. Motus è accompagnato dai due complementi di causa efficiente imperio e periculo seguiti ciascuno da un complemento di specificazione, senatus e patriae. Metuens, legato a motus dall’espressione non modo, sed etiam, regge la completiva ne... instaret, secondo la costruzione dei verba timendi; il soggetto è victor hostis. Non cadere nella tentazione di tradurre victor hostis come “il vincitore del nemico”: infatti, chi mai sarebbe il vincitore del nemico se non Magone stesso? E poi hostis è un sostantivo parisillabo della terza declinazione, che ha il nominativo e il genitivo uguali: dunque devi tradurre “il nemico vincitore”, cioè i Romani. Il verbo insto regge il dativo, in questo caso un ipsi sottinteso a cui è riferito il participio moranti; questo participio non può essere sostantivato: chi potrebbe essere, infatti, colui che si attarda? Può essere solo Magone, che, se si attarda, si espone al rischio di essere assalito dai Romani; pertanto moranti è participio congiunto a lui, Magone, cioè a ipsi sottinteso. Liguresque ipsi... ad eos... deficerent: è coordinata dal -que alla completiva retta da metuens. Ricordi la costruzione del verbo deficere nell’espressione deficere ab aliquo ad aliquem? Se no, controlla il vocabolario, tenendo presente che qui il complemento di allontanamento, ab aliquo, non c’è, anche se si capisce facilmente che si tratta dei Cartaginesi. Con Ligures è concordato il

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participio congiunto cernentes che puoi tradurre con un gerundio semplice; da cernentes dipende la oggettiva Italiam relinqui a Poenis. Ad eos è legata la relativa quorum mox in potestate futuri essent. Questa relativa ha il verbo al congiuntivo obliquo in quanto esprime un timore personale di Magone, è poi in forma perifrastica perché il congiuntivo, come ben sai, non ha il futuro e deve quindi ricorrere al participio futuro accompagnato dal verbo “essere” al congiuntivo. Da sperans dipendono le due coordinate oggettive con il verbo all’infinito futuro fore. Nella prima, iactationem volneris (soggetto e relativo complemento di specificazione) indica le scosse che riceve la ferita durante il viaggio; leniorem, il predicato nominale, è aggettivo comparativo e richiede un complemento di paragone introdotto da quam; i due termini messi a confronto sono in navigatione e in via; fore esprime azione futura rispetto alla principale e si traduce con il condizionale passato secondo la legge della posteriorità; nella seconda oggettiva omnia è soggetto, fore sottinteso è copula, commodiora, aggettivo di grado comparativo, funge da predicato nominale e regge il dativo curationi. Profectus è in relazione di tempo con l’ablativo assoluto impositis copiis in naves, in quanto prima vengono imbarcate le truppe e poi Magone parte. Un altro ablativo assoluto, vixdum superata Sardinia, conclude la serie di proposizioni in cui si consuma il dramma di Magone, scandito in tutta la sua tragicità dal presente storico moritur. Che moritur sia un presente storico si capisce dal fatto che i tempi del congiuntivo delle proposizioni dipendenti sono appunto storici: altrimenti, secondo la consecutio temporum, sarebbero stati principali.

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L’architetto deve rispettare il preventivo TESTO

• Nobili Graecorum et ampla civitate Ephesi1 lex vetusta dicitur 2 a maioribus dura condicione3 sed iure esse non iniquo constituta. • Nam architectus, (cum publicum opus curandum4 recipit), pollicetur, (quanto sumptu5 id sit futurum). • (Tradita aestimatione magistratui6) bona eius obligantur, (donec opus sit perfectum7). • (Absoluto8 autem), (cum ad dictum inpensa respondit), decretis et honoribus ornatur. • Item (si non amplius quam quarta9 ad aestimationem est adicienda), de publico praestatur, (neque ulla poena tenetur10). • (Cum vero amplius quam quarta9 in opere consumitur), ex eius11 bonis (ad perficiendum) pecunia exigitur. • Utinam dii inmortales fecissent12 (ea lex etiam populo romano13 non modo publicis sed etiam privatis aedificiis13 esset constituta!) • Namque non sine poena grassarentur14 inperiti, [sed (qui15 summa doctrinarum subtilitate essent prudentes), sine dubitatione profiterentur architecturam], (neque patres familiarum16 inducerentur ad infinitas sumptuum profusiones), (ut17 et e bonis eicerentur), [ipsique architecti (poenae timore coacti) diligentius modum inpensarum ratiocinantes explicarent], [uti18 patres familiarum ad id, (quod praeparavissent19), (seu paulo20 amplius adicientes), aedificia expedirent]. • Nam (qui quadringenta21 ad opus possunt parare), (si adicient22 centum), habendo spem perfectionis delectationibus tenentur23; • [ii autem24 (qui adiectione dimidia aut ampliore sumptu onerantur), (amissa spe)6 (et inpensa abiecta),6 (fractis rebus et animis)6 desistere coguntur]. ANALISI 1 Attenzione! L’intera espressione nobili Graecorum et ampla civitate Ephesi indica un com-

plemento di stato in luogo, ma Ephesi è locativo, mentre nobili et ampla civitate (apposizione + attributi) è ablativo senza preposizione: secondo le particolarità delle determinazioni di luogo, con i nomi di città accompagnati da qualificanti (apposizione, attributi) il nome proprio segue sempre la regola che gli è propria, mentre per l’apposizione e gli attributi si possono verificare diverse combinazioni, con e senza preposizione. Se non ricordi bene l’argomento, ti conviene ripassarlo. 2 Il verbo dicor è costruito personalmente. 3 Ablativo di qualità, come il successivo iure non iniquo. 4 È gerundivo con valore predicativo riferito a opus. 5 Ablativo di prezzo. Il complemento di prezzo normalmente si esprime in genitivo, ma,

con sostantivi generici (come sumptu), si usa l’ablativo. La proposizione è una interroga-

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tiva indiretta. 6 Ablativo assoluto. 7 Osserva il congiuntivo nella temporale introdotta da donec: esso segnala che l’azione

non è reale, ma intenzionale. 8 Sottinteso opere. Forse ti domanderai come si fa a capire che è sottinteso proprio questo

vocabolo: prima di tutto l’ultima frase del periodo precedente è donec opus sit perfectum, a cui si contrappone mediante autem il participio absoluto: da questo dovresti dedurre che i due verbi hanno il soggetto opus in comune; poi, consultando attentamente il vocabolario alla voce absolvo, trovi l’espressione absolvere opus, che a questo punto ti conferma la precedente supposizione. È comunque insolito, e decisamente postclassico, l’uso dell’ablativo assoluto senza il soggetto espresso. 9 Devi sottintendere pars. 10 Il soggetto è l’architetto. 11 Con eius si intende che i beni in questione sono quelli dell’architetto. La successiva

proposizione finale sottintende opus, con cui concorda il gerundivo perficiendum. 12 Si tratta di un congiuntivo ottativo: che informazione fornisce il piuccheperfetto? La pro-

posizione retta da fecissent (ea lex... esset constituta) è una completiva priva di introduttore. 13 Che complemento è? 14 Questo ed i successivi imperfetti del congiuntivo spiegano quello che accadrebbe si ea

lex constituta esset: ma tale legge non è mai stata approvata. Si tratta dunque di un congiuntivo irreale (riferito al presente o al passato?). 15 Ti conviene sdoppiare il pronome qui in ii qui, dove ii costituisce il soggetto di profiteren-

tur. Osserva come la relativa abbia anch’essa il congiuntivo (essent): essa ha infatti valore eventuale; l’imperfetto è ancora dovuto all’irrealtà dell’ipotesi formulata. 16 L’espressione patres familiarum qui indica semplicemente i comuni cittadini, cioè quei pri-

vati, molto probabilmente dei capifamiglia, che intendono farsi costruire un edificio. 17 Che valore ha questo ut? Potrebbe dipendere da inducerentur? È il buon senso, come al

solito, che deve guidarti nella direzione giusta. Il successivo et sta per etiam (= “perfino, addirittura”). 18 Sta per ut ed ha lo stesso valore dell’ut precedente. 19 La relativa è attratta al congiuntivo perché inserita in un contesto irreale (vedi nota 15). 20 Ablativo di misura che accompagna, come di regola, un comparativo. 21 Non si tratta dell’aggettivo, bensì del sostantivo neutro plurale, che indica una

quantità di sesterzi ben maggiore! Consulta attentamente il vocabolario. 22 Attenzione al tempo del verbo. 23 Questa espressione non è facile da rendere. Cerca in particolare di comprendere se

delectationibus funga da complemento di causa efficiente rispetto a tenentur oppure no. 24 Abbiamo sdoppiato il pronome qui in ii qui per rendere esplicito il soggetto di coguntur e

spostato autem per rendere più chiara la struttura sintattica.

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Il corpo umano: modello di proporzioni TESTO

• (Si homo conlocatus fuerit1 supinus2) (manibus et pedibus pansis) (circinique conlocatum3centrum in umbilico eius), circumagendo4 rotundationem utrarumque manuum et pedum digiti linea5 tangentur. • Non minus, (quemadmodum schema rotundationis in corpore efficitur), item quadrata designatio in eo invenietur. • Nam (si a pedibus imis ad summum caput mensum erit) (eaque mensura relata fuerit ad manus pansas), invenietur eadem latitudo uti6 altitudo, (quemadmodum areae7), (quae ad normam8 sunt quadratae). • Ergo (si ita natura composuit corpus hominis), (uti9 proportionibus membra ad summam figurationem eius respondeant10), cum11 causa constituisse videntur antiqui, (ut12 etiam in operum perfectionibus singulorum membrorum ad universam figurae speciem habeant13 commensus exactionem). • Igitur (cum in omnibus operibus ordines traderent),14 maxime in aedibus deorum, (quod eorum operum et laudes et culpae aeternae solent permanere). • Nec minus mensurarum rationes, (quae in omnibus operibus videntur necessariae esse), ex corporis membris collegerunt, uti15 digitum, palmum, pedem, cubitum, (et eas distribuerunt in perfectum numerum), (quem Graeci teleon16 dicunt).

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ANALISI 1 Fuerit al posto di erit indica una collocazione duratura: l’uomo cioè si stende supino e

rimane in questa posizione per tutto il tempo necessario a prendere le misure. In italiano si traduce con il futuro semplice, per la ben nota “legge dell’anteriorità”. Si... conlocatus fuerit... tangentur è un periodo ipotetico della realtà. Noterai che tutti i periodi ipotetici presenti nel brano sono di questo tipo. 2 È complemento predicativo del soggetto. 3 Sottinteso fuerit o anche semplicemente erit. 4 L’ablativo del gerundio latino corrisponde esattamente al gerundio italiano. 5 Linea– è ablativo di causa efficiente. 6 Sta per ut. L’espressione eadem... ut corrisponde a eadem... ac: consulta il vocabolario. 7 Sottinteso sunt. 8 Ad + accusativo (ad normam) indica in questo caso ciò a cui ci si attiene (cfr. ad legem). 9 Sta per ut; non perdere di vista ita, che si trova nella proposizione reggente: solo così puoi

avere la certezza che si tratti di una consecutiva. Cerca di capire se la conseguenza espressa da respondeant sia reale (da rendere perciò con l’indicativo) o intenzionale (da rendere quindi con il congiuntivo): in questo caso non è facile comprenderlo. 10 Guarda con attenzione la reggenza di respondeo (ad summam, non proportionibus!) e, in

funzione di questa, cerca sul vocabolario il significato che ti sembra più adatto. 11 Attento! Cum regge qui l’ablativo causa e indica un complemento di modo; nella traduzio-

ne puoi anche esprimerlo con un avverbio. 12 Ut introduce una proposizione completiva retta da constituisse. 13 Habeant è congiuntivo presente in quanto, in apparente violazione delle norme della conse-

cutio temporum, si regola sul tempo della principale (videntur), pur dipendendo da un infinito perfetto (constituisse) e pur essendo un congiuntivo vero e proprio (vale a dire non obliquo né dovuto ad attrazione modale). Svincolando l’infinito dalla dipendenza, tuttavia, si comprende meglio la logica dell’enunciato: si avrebbe infatti antiqui constituerunt ut... habeant, dove constituerunt si può considerare perfetto logico anziché storico (“hanno stabilito” = “è stabilito”: gli effetti dell’aver stabilito perdurano nel presente sotto forma di norme architettoniche tuttora in vigore). 14 Questo cum + congiuntivo ha una lieve sfumatura concessiva. Nella principale è sottinteso

tradiderunt. 15 Sta per ut ed ha valore avverbiale. 16 È predicativo dell’oggetto; nella traduzione è bene lasciare il termine greco: infatti il corri-

spondente termine italiano è “perfetto”, e quindi finiresti per ripetere quello che si è già detto.

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Tutti noi abbiamo delle colpe TESTO 2

• (Si volumus aequi1 rerum omnium iudices esse), hoc primum nobis persuadeamus,3 (neminem nostrum esse sine culpa);

• hinc enim maxima indignatio oritur: • “nihil peccavi” (et “nihil feci”). • Immo nihil fateris. • Indignamur (aliqua admonitione aut coercitione nos castigatos4), (cum5 illo ipso tempore peccemus), (quod adicimus6 malefactis adrogantiam et contumaciam). • Quis est iste (qui se profitetur omnibus legibus7 innocentem)? • (Ut8 hoc ita sit), quam angusta innocentia est ad legem bonum9 esse! • Quanto10 latius officiorum11 patet quam iuris regula! • Quam multa12 pietas humanitas liberalitas iustitia fides exigunt, (quae omnia extra publicas tabulas sunt)! • Sed ne13 ad illam quidem artissimam innocentiae formulam praestare nos possumus: • alia fecimus, (alia cogitavimus), (alia optavimus), (aliis favimus); • in quibusdam innocentes sumus, (quia non successit14). • (Hoc cogitantes) aequiores simus delinquentibus,15 (credamus obiurgantibus); • utique bonis ne irascamur cui enim non,16 (si bonis quoque17)? (minime dis18); • non enim illorum vitio, sed lege mortalitatis patimur (quidquid incommodi19 accidit).

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ANALISI 1 La costruzione col nominativo + infinito è tipica dei verbi servili. 2 Ha funzione prolettica rispetto alla proposizione infinitiva neminem nostrum esse sine

culpa, che è un’oggettiva. 3 Congiuntivo esortativo. Il dativo nobis è retto da persuadeo: come si traduce? 4 Sottinteso esse. 5 Cum + congiuntivo può avere vari valori: prima di tradurlo con il gerundio considera atten-

tamente il senso della frase: se è in contrasto con quanto si dice nella proposizione reggente devi considerare la possibilità che abbia valore concessivo o, come in questo caso, avversativo. 6 La proposizione causale ha l’indicativo poiché la causa è presentata come reale. 7 Può essere un ablativo di limitazione del tipo mea sententia, e in tal caso si traduce “secon-

do tutte le leggi”, oppure un dativo di relazione, e in tal caso si traduce “per tutte le leggi”. 8 Ricorda i valori di ut + congiuntivo: finale, consecutivo, concessivo, completivo, raramen-

te interrogativo indiretto (con il verbo video). Quale di questi? 9 Come puoi vedere, quando un infinito sostantivato è accompagnato da un predicato nomi-

nale o da un complemento predicativo riferiti esclusivamente all’infinito e non ad un termine specifico, questi si esprimono in accusativo. 10 Ablativo di misura che accompagna l’avverbio comparativo latius. 11 È retto da regula esattamente come iuris. 12 Introduce una proposizione esclamativa. Considera con molta attenzione genere, numero e

caso di quam multa e ricordati che quam multi sostituisce quot indeclinabile, che significa “quanti” (di numero): pertanto, ovviamente, non può essere singolare e di conseguenza non può essere concordato con pietas. 13 Ne non è un introduttore: considera attentamente il quidem successivo. 14 Il soggetto sottinteso è “la nostra azione”, “il nostro piano”. 15 Delinquentibus come il successivo obiurgantibus è participio sostantivato. 16 Il verbo è sottinteso, ma facilmente deducibile dalla proposizione principale: si tratta di ira-

scamur, che regge il dativo. Il valore del congiuntivo però è diverso: infatti nel primo caso è esortativo negativo, nel secondo caso è dubitativo. 17 Sottinteso irascimur. 18 Sottinteso irascamur. 19 Genitivo partitivo retto da quidquid.

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31 Il tempo è il bene più prezioso: non sprechiamolo TESTO • Agedum ad computationem aetatem tuam revoca. • Duc [quantum ex isto tempore creditor (quantum1 amica), (quantum rex2), (quantum cliens2) abstulerit], (quantum lis uxoria), (quantum servorum coercitio), (quantum officiosa per urbem discursatio); • adice morbos (quos manu fecimus),3 (adice et4) (quod sine usu iacuit): • videbis (te pauciores annos habere) (quam5 numeras). • Repete memoria tecum6 (quando certus consilii fueris), [quotus quisque7 dies (ut destinaveras) cesserit], (quando tibi8 usus tui fuerit), (quando9 in statu suo vultus), (quando animus intrepidus), (quid tibi in tam longo aevo facti operis sit),10 (quam multi vitam tuam diripuerint) (te non sentiente)11 (quid perderes), (quantum vanus dolor, stulta laetitia, avida cupiditas, blanda conversatio abstulerit), (quam exiguum tibi de tuo relictum sit): • intelleges (te inmaturum12 mori). • Quid ergo est in causa? • (Tamquam semper victuri)13 vivitis, (numquam vobis fragilitas vestra succurrit), (non observatis) (quantum iam temporis transierit); • velut ex pleno et abundanti perditis,14 [cum interim fortasse ille ipse (qui alicui vel homini vel rei donatur) dies ultimus sit]. • Omnia (tamquam mortales)15 timetis, [omnia (tamquam inmortales) concupiscitis].

ANALISI 1 Questo ed i successivi quantum sottintendono, com’è ovvio, abstulerit. Sono tutte interro-

gative indirette, che appartengono anch’esse alla grande famiglia delle completive. Ricorda che in latino, nell’interrogativa indiretta, è d’obbligo il congiuntivo secondo le regole della consecutio temporum (e in italiano?). Cerca di riconoscere, nel resto del brano, le numerose altre interrogative indirette, e non confonderle con le relative e con le comparative introdotte da quam, che troverai elencate in fondo alla pagina successiva. 2 È evidente che qui rex non significa “re”: cerca un altro significato! Il termine cliens allude,

com’è noto, al rapporto tipicamente latino fra il patronus e i suoi protetti. Ne è rimasta traccia nell’italiano “clientelare”, che però, a differenza del vocabolo latino, ha assunto signifi-

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cato esclusivamente dispregiativo. 3 Seneca esprime spesso, come qui, l’opinione che le malattie derivino in gran parte da uno

stile di vita innaturale. 4 Sottinteso id; et sta per etiam. 5 Attento! Quam è strettamente collegato al comparativo pauciores. 6 Propriamente memoria è ablativo di mezzo (“con la memoria”) e tecum è complemento di

compagnia (“con te”): ma è chiaro che non andranno tradotti alla lettera. 7 Si trova anche come quotusquisque, tutto attaccato; è singolare, come indica la persona del

verbo, ma si traduce con il plurale in quanto indica una numerazione, una serie (in pratica corrisponde a quot, ma indica un numero esiguo): che tipo di aggettivo è? 8 Tibi è dativo di possesso; usus è soggetto; la traduzione letterale in italiano è improponibi-

le: cerca di renderla più liberamente, rispettando naturalmente il senso. 9 Questo ed il successivo quando sottintendono fuerit. 10 Tibi è dativo di possesso, facti operis genitivo partitivo. 11 Te non sentiente è ablativo assoluto temporale. 12 Immaturum è predicativo di te, soggetto dell’oggettiva, per cui, come spesso i predicativi,

può essere tradotto con un avverbio. 13 Comparativa ipotetica implicita (il participio sta per victuri sitis). 14 L’espressione non è facile da tradurre; è implicita la metafora del recipiente da cui si attin-

ge, che, se vuoi, puoi esplicitare; puoi rendere pleno et abundanti come un’endiadi. Quanto al successivo cum, ricorda che cum + congiuntivo non ha solo valore narrativo: esso può esprimere in sostanza una temporale (= mentre, dopo che), una causale (= poiché), una concessiva (= benché) o una avversativa (= mentre). Bada di non confondere “mentre” temporale con “mentre” avversativo: quest’ultimo indica contrapposizione, non contemporaneità. 15 Comparativa ellittica del verbo: “come (temono) i mortali”; avrebbe l’indicativo. La suc-

cessiva tamquam inmortales è invece una comparativa ipotetica, anch’essa ellittica del verbo: “come (se foste) immortali”; avrebbe il congiuntivo sitis. Che i due tamquam introducano due proposizioni diverse è evidente dal senso: nel primo caso gli uomini sono veramente mortali, nel secondo caso invece gli uomini non sono immortali (ma si comportano come se lo fossero). Le relative sono tre: quos manu fecimus quod sine usu iacuit qui... donatur

La comparativa introdotta da quam è una sola: quam numeras

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Puoi trovare un amico anche in casa TESTO

• Non est, mi Lucili, (quod1 amicum tantum in foro et in curia quaeras): • (si diligenter adtenderis), et domi invenies.2 • Saepe bona materia cessat sine artifice: • tempta (et experire3). • (Quemadmodum stultus est) [qui (equum empturus) non ipsum inspicit sed stratum eius ac frenos], sic stultissimus est [qui hominem aut ex veste aut ex condicione, (quae vestis modo nobis circumdata est),4 aestimat]. • “Servus est”. • Sed fortasse liber animo. • “Servus est”. • Hoc illi nocebit? • Ostende (quis non sit): • alius libidini servit, (alius5 avaritiae), (alius ambitioni), (omnes spei), (omnes timori)6. • Dabo consularem aniculae servientem, (dabo ancillulae divitem),7 (ostendam nobilissimos iuvenes mancipia pantomimorum): • nulla servitus turpior est quam voluntaria. • Quare non est (quod1 fastidiosi isti te deterreant8) (quominus servis tuis hilarem te praestes9 et non10 superbe superiorem): 11

• colant potius te (quam timeant). • Dicet aliquis nunc (me vocare ad pilleum12 servos) (et dominos de fastigio suo deicere), (quod dixi) • “colant potius dominum (quam timeant)”. • “Ita” inquit “prorsus”?13 • “colant tamquam clientes, tamquam salutatores?”14 • (Hoc qui dixerit) obliviscetur2 (id dominis parum non esse) (quod deo sat est). • (Qui colitur), et15 amatur: • non potest amor cum timore misceri.

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ANALISI 1 Cerca sul vocabolario l’espressione non est quod + congiuntivo, e poi cerca di ricordartela,

perchè in Seneca è molto frequente. Il congiuntivo che segue (quaeras) è detto caratterizzante in quanto evidenzia una peculiarità specifica di una determinata categoria di cose o persone. 2 Doppio futuro: nella subordinata c’è il futuro anteriore, nella principale il futuro sempli-

ce. Come si traducono in italiano? Domi è un complemento di stato in luogo espresso mediante il locativo. 3 Attento! Non è un infinito: il verbo experior è deponente. 4 Circumdo ha una duplice costruzione: con dativo di persona e accusativo della cosa o con

accusativo della persona e ablativo della cosa (al passivo, ovviamente, l’accusativo diventa nominativo). Quale delle due costruzioni è usata qui? 5 In questa e nelle proposizioni successive sono sottintesi servit o serviunt. 6

La speranza non è affatto positiva dal punto di vista degli stoici: speranza e timore sono infatti i due rovesci della stessa medaglia: l’incapacità di vivere il presente.

7 Sottinteso servientem. 8 Controlla attentamente sul vocabolario il significato del verbo deterreo tenendo presente

che è seguito da quominus. 9 Completiva introdotta da verbum impediendi: la reggente è negativa, e perciò l’introdutto-

re è quominus o quin (che si traduce in questo caso con “da” + infinito). E se fosse affermativa? 10 Et non non è la stessa cosa di nec: se Seneca avesse usato nec, avrebbe inteso negare l’inte-

ra proposizione; usando et non, ha inteso riferire la negazione solo a superbe. 11 Congiuntivo esortativo come timeant. Osserva come la comparativa abbia in latino lo

stesso tempo e modo della reggente; in italiano si usa invece l’infinito. 12 Il pilleus o pileus era il berretto di feltro indossato dagli ex-schiavi o liberti; esso indica

dunque, metaforicamente, la libertà. 13 Sottinteso dicis o simili. 14 Si allude qui al cerimoniale tipicamente romano della salutatio, specie di visita di cortesia

che i clientes erano tenuti a fare ai loro patroni tutte le mattine. 15 Se coordini con et i verbi colitur e amatur, che fine fa la principale? Dunque et non è una

congiunzione copulativa, bensì...

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Chi subordina l’amicizia al proprio tornaconto non avrà mai un TESTO

• (Qui se spectat) (et propter hoc ad amicitiam venit) male cogitat. • (Quemadmodum1 coepit), sic desinet: • paravit amicum (adversum vincla laturum2 opem); • (cum primum3 crepuerit catena), discedet. • Hae sunt amicitiae (quas temporarias populus appellat4); • (qui utilitatis causa adsumptus est5) tamdiu placebit (quamdiu utilis fuerit).6 7

• Hac re florentes amicorum turba circumsedet,8 (circa eversos7 solitudo est), (et inde amici fugiunt) (ubi probantur); 9

• hac re ista tot nefaria exempla sunt aliorum9 metu relinquentium, aliorum metu prodentium. • Necesse est (initia inter se et exitus congruant):10 • (qui amicus esse11 coepit) (quia expedit),12 et13 desinet (quia expedit);12 • placebit aliquod pretium contra amicitiam, (si ullum14 in illa placet praeter ipsam). 15

• “In quid amicum paras?” • 16(Ut habeam) (pro quo mori possim),17 (ut habeam) (quem in exilium sequar), (cuius me morti et opponam) (et inpendam):18 • ista (quam tu describis) negotiatio est, non amicitia, (quae ad commodum accedit), [quae (quid consecutura sit) spectat]. • Non dubie habet aliquid simile amicitiae adfectus amantium; 19

• possis dicere (illam20 esse insanam amicitiam).

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vero amico ANALISI 1 Introduce una comparativa reale: nota la correlazione quemadmodum.... sic. 2 Participio congiunto con amicum; poiché si tratta di un futuro, puoi tradurlo con una finale. 3 Cum primum significa “non appena”: imparalo a memoria, onde evitare di tradurre “quando

per la prima volta” o, peggio, “quando in primo luogo”. Come puoi vedere, nella temporale è rispettata la legge dell’anteriorità espressa in questo caso con il futuro anteriore (“doppio futuro”). Tu, però, lo tradurrai col futuro semplice. 4 I verbi appellativi, come gli elettivi e gli estimativi, all’attivo vogliono il doppio accusati-

vo, del complemento oggetto e del predicativo dell’oggetto: quali sono in questo caso? 5 Sottinteso “come amico”. 6 Di nuovo il “doppio futuro”. 7 Participi sostantivati. 8 Asindeto avversativo: aggiungi, dopo la virgola, un “mentre”. 9 Alii... alii significa, come sai, “alcuni... altri”: sai tradurre meglio? 10 Necesse est può essere costruito con l’infinito o, se al presente indicativo come in questo

caso, con il congiuntivo senza ut (completiva). 11 I verbi copulativi (in questo caso esse) mantengono sempre il doppio nominativo, anche in

dipendenza da verbi servili come coepit. 12 Volendo tradurre la causale in forma esplicita, è meglio rendere il primo expedit con l’im-

perfetto, per sottolineare la contemporaneità dell’azione; il secondo expedit può essere tradotto con il presente o con il futuro; il latino usa invece qui un presente acronico in quanto esprime un concetto valido sempre, non legato ad un momento particolare. 13 Se questo et fosse una congiunzione, scomparirebbe la principale. Dunque che cos’è? 14 Sottinteso pretium. 15 Complemento di fine. 16 La principale è sottintesa (amicum paro). 17 Relativa impropria con valore finale (“qualcuno per cui io possa...”). Anche le successive

quem... sequar, cuius... et opponam et inpendam lo sono. 18 La presenza di uno zeugma (ci si oppone “a”, ma ci si adopera “per”) rende impossibile tra-

durre alla lettera cuius me morti et opponam et inpendam; il senso dell’affermazione è il seguente: cui (complemento di vantaggio) me inpendam ut eius morti me opponam. 19 Congiuntivo potenziale; il “tu generico” si traduce con il nostro “si”. 20 Illam concorda con il suo predicato nominale (amicitiam), ma in realtà è riferito ad adfectus.

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Superbia e arroganza dei padroni nei confronti degli schiavi TESTO

•Itaque rideo istos1 (qui turpe2 existimant) (cum servo suo cenare): •quare,3 [nisi quia superbissima consuetudo (cenanti) domino stantium servorum turbam circumdedit]4? •Est5 ille plus (quam6 capit), (et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac desuetum iam ventris officio), (ut7 maiore opera omnia egerat) (quam6 ingessit)8. •At infelicibus servis (movere labra ne in hoc9 quidem), (ut loquantur), licet; • virga murmur omne conpescitur, (et ne fortuita quidem verberibus excepta sunt,10 tussis, sternumenta, singultus); • magno malo (ulla voce interpellatum) silentium luitur; • nocte tota ieiuni mutique11 perstant. • Sic fit (ut isti de domino loquantur)12 (quibus coram domino loqui non licet). • At illi (quibus13 non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo), (quorum os non consuebatur), parati erant pro domino porrigere cervicem, (periculum inminens in caput suum avertere); • in conviviis loquebantur, (sed in tormentis tacebant).

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ANALISI 1 Non dimenticare che rideo, come tutti i verba affectuum, si costruisce con l’accusativo

(che non è un vero e proprio complemento oggetto, ma piuttosto una sorta di accusativo di relazione). 2 Turpe è complemento predicativo dell’oggetto, che è qui rappresentato dalla proposizione

infinitiva seguente. Il verbo duco, data la sua costruzione, ovviamente non può voler dire “condurre”. 3 Sottinteso id turpe existimant. La stessa frase è sottintesa anche fra i successivi nisi e quia,

ma non occorre tradurla. 4 Circumdo ha due possibili costruzioni: qui è usata quella con il dativo della persona (domi-

no) e l’accusativo della cosa (turbam): sai dire qual è l’altra? 5 Da edo (= “mangio”), non da sum! 6 Quam introduce una proposizione comparativa reale. 7 Benché questo ut introduca una consecutiva, non è anticipato dai consueti sic, ita, adeo o

simili. In questo caso (e solo in questo!) occorre tradurre ut con “tanto che”. Di norma, invece, lo si traduce con “che” (o, se la frase è implicita, “da” + infinito). Cerca di ricordarlo, perché spesso gli studenti traducono ut consecutivo in modo errato. 8 Attenzione a egerat: da ago (indicativo piuccheperfetto) o da egĕro (congiuntivo presente)?

Quam ingessit è da svolgere: non puoi tradurlo alla lettera. Quanto al concetto espresso, tieni presente che i Romani ricchi del periodo imperiale avevano l’abitudine di assumere sostanze emetiche a metà del banchetto, per poter vomitare e fare così... spazio alle portate rimanenti. 9 In hoc è complemento di fine e anticipa la proposizione finale seguente, che ha funzione

epesegetica. 10 Questo perfetto indica il risultato di un’azione (“sono escluse”, non “sono state escluse”!). 11 Predicativi del soggetto sottinteso (servi). 12 Le completive con ut rette da verbi di avvenimento, come questa, esprimono una constata-

zione oggettiva: perciò la loro negazione è non; se invece la completiva è di senso volitivo, la negazione è ne. 13 Dativo di possesso.

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Ottavia è un esempio negativo TESTO

• Nullum finem per omne vitae suae tempus flendi gemendique1 fecit (nec ullas admisit voces) (salutare aliquid adferentis),2 [3(ne avocari quidem se) passa est]; • intenta in unam rem et toto animo adfixa,4 talis per omnem vitam fuit (qualis in funere),5 6 7 non dico non ausa consurgere, (sed adlevari recusans) , (secundam orbitatem iudicans lacrimas mittere). • Nullam habere imaginem filii carissimi voluit, (nullam sibi de illo fieri mentionem8). • Oderat 9 omnes matres (et in Liviam maxime furebat), [quia videbatur10 ad illius filium transisse (sibi promissa) felicitas]. • Tenebris et solitudini familiarissima, (ne ad fratrem quidem respiciens), carmina (celebrandae Marcelli memoriae)11 composita aliosque studiorum honores12 reiecit (et aures suas adversus omne solacium clusit). • (A sollemnibus officiis seducta) (et ipsam magnitudinis fraternae nimis circumlucentem fortunam exosa) defodit se (et abdidit). • (Adsidentibus liberis, nepotibus), lugubrem vestem non deposuit, non sine contumelia omnium suorum, [13(quibus salvis)14 orba sibi videbatur].

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ANALISI 1 Questi gerundi dipendono da finem, di cui sono genitivi oggettivi, ed equivalgono di fatto a

sostantivi (“pianto e gemiti”). 2 Adferentis = adferentes. 3 Tra la parentesi quadra e la parentesi tonda puoi sottintendere et (in realtà l’introduttore è la

virgola precedente: passa est è coordinato per asindeto a admisit). Attenzione al successivo ne: non è un introduttore! Esso è infatti seguito da quidem, e, come dovresti ricordare, significa “neppure”; fra ne e quidem è interposta, come di regola, la parola negata. Lo stesso fenomeno si verifica nel 5° periodo (ne ad fratrem quidem). 4 Letteralmente: “fissa con tutto l’animo”. Toto animo è ablativo di mezzo. 5 Sottinteso fuit. 6 Non dico è un inciso e costituisce quindi un’altra principale; di fatto, però, la sua funzione

qui è quella di un non solum, che anticipa il successivo sed. 7 A rigore questa è una coordinata a non dico, con il verbo (dico) sottinteso; ma cfr. la nota

precedente. 8 Sottinteso voluit. 9 Ricorda che odi, odisse è un verbo difettivo con valore di presente; di conseguenza il piuc-

cheperfetto ha valore di imperfetto. 10 Il soggetto di videbatur è felicitas (costruzione personale di videor). 11 Proposizione finale espressa, alquanto insolitamente, con il dativo del gerundivo.

Ricorderai, a questo proposito, che il finale del VI libro dell’Eneide (vv. 860-885) celebra la figura di Marcello; si dice che, quando Virgilio lesse questi versi davanti alla famiglia imperiale, Ottavia sia stata colta da malore. 12 Attento all’interpretazione di studiorum honores: certo non significa “gli onori degli studi”! 13 Devi tradurre come se fra le due parentesi ci fosse nam, che ricavi svolgendo quibus (nesso

relativo) in nam iis: [nam (iis salvis) orba sibi videbatur]. 14 Ablativo assoluto privo del participio. Traduci come se fosse sottinteso il verbo sum.

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Nulla può affliggere Polibio finché è al fianco di Claudio TESTO

• Non desinam totiens tibi offerre Caesarem:1 • (illo moderante2 terras) (et ostendente) (quanto3 melius beneficiis imperium custodiatur quam armis), (illo rebus humanis praesidente) non est periculum [ne4 (quid5 perdidisse te) sentias]; • in hoc uno tibi satis praesidii, solacii6 est. • Attolle te, [et (quotiens lacrimae suboriuntur oculis tuis), totiens illos in Caesarem derige]: • siccabuntur maximi et clarissimi conspectu numinis; • fulgor eius illos, (ut nihil aliud possint aspicere),7 praestringet (et in se haerentes8 detinebit). • Hic tibi, (quem tu diebus intueris ac noctibus), (a quo numquam deicis animum), cogitandus est,9 (hic contra fortunam advocandus). • Nec dubito,10 (cum tanta illi11 adversus omnes suos sit mansuetudo tantaque indulgentia), (quin iam multis solaciis tuum istud vulnus obduxerit), [iam multa (quae dolori obstarent12 tuo) congesserit]. • Quid porro?13 • Ut nihil horum fecerit:14 • nonne15 protinus ipse (conspectus) per se tantummodo (et16 cogitatus) Caesar maximo solacio tibi17 est? • Di illum deaeque terris diu commodent.18 • Acta hic divi Augusti aequet, (annos vincat). • (Quam diu inter mortales erit), (nihil ex domo sua19 mortale esse) sentiat. • Rectorem Romano imperio filium longa fide20 adprobet (et ante illum consortem patris quam successorem aspiciat). • Sera et nepotibus demum nostris dies nota sit (qua illum gens sua caelo adserat).21

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ANALISI 1 Appellativo generico degli imperatori: qui allude, ovviamente, a Claudio. 2 Moderante, ostendente e praesidente sono ablativi assoluti con valore temporale. 3 Quanto melius... custodiatur è una interrogativa indiretta. 4 Le espressioni di pericolo, come non est periculum, si comportano come i verba timendi e

reggono perciò delle proposizioni completive, introdotte da ne se si spera che il fatto non accada, da ut (o ne non) se si spera che il fatto accada. 5 Quid, in questo caso, non è introduttore (come potrebbe, del resto, introdurre perdidisse,

che è un infinito?): si tratta infatti di aliquid che ha “perso le ali” perché preceduto da ne. 6 Praesidii e solacii sono genitivi partitivi retti da satis. 7 Finale o consecutiva? Bada che non si tratta di procedere per intuito, ma di conoscere la

grammatica: la presenza di ut nihil dissipa infatti ogni dubbio; quale delle due proposizioni è introdotta, al negativo, da ut non, ut nihil etc., e quale invece da ne, ne quid etc.? 8 Haerentes è participio predicativo (completa il senso di detinebit) ed è riferito a illos. 9 Cogitandus est e advocandus (sottinteso est) sono perifrastiche passive. 10 L’introduttore della completiva con il verbum dubitandi non è, ovviamente, il successivo

cum, ma quin (= “che”). Quale sarebbe se il verbo di dubbio fosse affermativo? 11 Illi è dativo di possesso. 12 Quae... obstarent è una relativa impropria con valore finale. 13 Sottinteso dicam o simili, ma traduci anche tu senza esprimere il verbo. 14 Ut... fecerit è un congiuntivo indipendente concessivo: ut significa qui “anche ammesso

che”. In casi come questo il confine tra la paratassi (= coordinazione) e la ipotassi (= subordinazione) è davvero labile: sarebbe bastato cambiare la punteggiatura, mettendo la virgola dopo fecerit, per trasformare il congiuntivo indipendente concessivo in una subordinata concessiva. 15 Introduce una interrogativa diretta retorica che prevede risposta affermativa. 16 Cogitatusque = et cogitatus. 17 Doppio dativo: solacio è dativo di effetto, tibi di vantaggio. 18 Inizia qui una serie di congiuntivi ottativi senza utinam. La speranza è concepita come

realizzabile o irrealizzabile? Puoi dedurlo dal tempo del congiuntivo (presente). 19 Complemento partitivo. 20 Incontrerai qualche difficoltà nel tradurre questa espressione. Ti aiuteremo dicendo che rec-

torem è predicativo di filium e che fides non significa né “fede” né “fedeltà”. 21 Il senso di questo augurio è in sintesi: “che la morte di Claudio avvenga il più tardi possibi-

le”. Il congiuntivo adserat attenua l’idea della morte presentandola come eventuale.

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La morte di Claudio TESTO

• Claudius animam agere coepit (nec invenire exitum poterat).1 • Tum Mercurius, (qui semper ingenio eius delectatus esset),2 unam e tribus Parcis seducit (et ait): • “Quid, femina crudelissima, (hominem miserum torqueri) pateris?3 • Nec umquam (tam diu cruciatus) cesset?4 • Annus sexagesimus et quartus est, (ex quo cum anima luctatur).5 • Quid huic et reipublicae invides? • Patere6 (mathematicos aliquando verum dicere), [qui illum, (ex quo princeps factus est), omnibus annis omnibus mensibus efferunt].7 • Et tamen non est mirum (si errant) (et horam eius nemo novit): • nemo enim umquam (illum natum)8 putavit. • Fac (quod faciendum est): • dede neci, (sine)9 (melior vacua regnet in aula).” • Sed Clotho dixit:10 • “Ego mehercules pusillum temporis adicere illi volebam, [dum hos pauculos (qui supersunt) civitate donaret], 11 constituerat enim omnes Graecos, Gallos, Hispanos, Britannos togatos12 videre [sed (quoniam placet) (aliquos peregrinos in semen13 relinqui) (et tu iubes) (ita fieri), fiat].” • Et ille quidem animam ebulliit, (et ex eo desiit vivere videri).14 • Expiravit autem (dum comoedos audit),15 (ut scias) (me non sine causa illos timere). • Ultima vox eius haec inter homines audita est, (cum maiorem sonitum emisisset illa parte),16 (qua facilius loquebatur). • “Vae me, puto concacavi me.”

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ANALISI 1 In questa metafora devono essere avvertiti simultaneamente il senso traslato e quello pro-

prio di agere animam (“morire”, ma anche “spingere fuori l’anima”) e di exitus (“morte”, ma anche “via d’uscita”). Claudio, insomma, non sa da che parte buttar fuori l’anima, e l’inevitabile conclusione è quella, oscena, del finale. 2 Relativa impropria con valore di causale soggettiva (qui = quippe qui). 3 Quid, in questo caso, non significa “che cosa” (pateris ha già come oggetto l’intera infiniti-

va hominem... torqueri): quale altro significato può avere? Pateris deriva da patior. 4 Cruciatus: da crucio o da cruciatus, us? Cesset è un congiuntivo dubitativo. 5 Ricorda che in latino l’età, quando è espressa con il numerale ordinale, è aumentata di

un’unità rispetto all’italiano. Il senso di questa affermazione è che Claudio non è mai stato veramente vivo (il concetto è più volte ribadito nel brano): Seneca allude al fatto che l’imperatore era afflitto da svariati problemi fisici, in particolare di locomozione e di fonazione. 6 Attento! Non pate–re (infinito di pateo), ma patĕre (imperativo di patior). È costruito con l’infinito (dicere), per cui non ha il significato di “soffrire”. 7 Qui effero ha un significato molto particolare: consulta con attenzione il vocabolario. 8 Sottinteso esse. 9 Sine è stato spostato per esigenze di analisi. Attento: qui rischi veramente un brutto errore;

se questo sine fosse la nota preposizione, quale sarebbe l’ablativo che essa regge? Non certo vacua, che concorda con in aula. Dunque c’è qualcosa che non va. Da che cos’altro può derivare sine? La successiva frase melior... regnet è una completiva priva di introduttore. 10 Inquit è stato trasformato in dixit e spostato per esigenze di analisi. 11 La temporale con dum e il congiuntivo indica che l’azione espressa non è reale, ma inten-

zionale. Qui dono è costruito con l’accusativo della persona e l’ablativo della cosa: in quale altro modo può essere costruito? 12 Participio predicativo. Si allude qui alla facilità con cui Claudio concedeva la cittadinanza. 13 In semen è complemento di fine. Il successivo ita è stato spostato per esigenze di analisi.

Fiat è congiuntivo esortativo. 14 L’allitterazione sottolinea la frecciata più velenosa del brano (vedi nota 5). 15 La temporale con dum e l’indicativo presente esprime un’azione contemporanea a quella

della reggente. La successiva ut scias è una finale. 16 Quale sia questa parte è evidente.

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Bisogna prevenire i desideri degli amici TESTO

• Molestum verbum est, onerosum, demisso voltu dicendum, ‘rogo’.1 • Huius facienda est 2 gratia amico et [quemcumque3 amicum sis promerendo facturus]; • properet licet:4 • sero beneficium dedit, (qui roganti5 dedit). • Ideo divinanda cuiusque6 voluntas [et, (cum intellecta est), necessitate gravissima rogandi7 liberanda] est; • (illud beneficium iucundum victurum8 in animo) scias,9 (quod obviam venit). • (Si non contigit praevenire), plura rogantis5 verba intercidamus; • (ne rogati videamur sed certiores facti10), statim promittamus [et11 (facturos nos),8 etiam (ante quam interpellemur), ipsa festinatione adprobemus]. • (Quemadmodum in aegris opportunitas cibi salutaris est) [et aqua (tempestive data) remedii locum optinuit], ita,12 (quamvis leve et volgare beneficium est),13 (si praesto fuit), (si proximam quamque14 horam non perdidit), multum sibi adicit (gratiamque pretiosi sed lenti et diu cogitati muneris vincit). • (Qui tam parate facit), non est dubium, (quin libenter faciat);15 • itaque laetus facit (et induit sibi animi sui voltum).16

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ANALISI 1 Propriamente rogo è una principale e costituisce un periodo a sé, ma, poiché qui funge da soggetto di molestum verbum est, non l’abbiamo separata dal periodo precedente. 2 Perifrastica passiva, che, come ricorderai, ha sempre senso di dovere. Huius (verbi) è riferito a rogo ed è retto da gratia; amico in questo caso non è dativo d’agente. 3 Per capire meglio la costruzione della frase, ti conviene sottintendere ei prima di quemcumque (che in pratica corrisponde a ei quem, quicumque est,...). Il successivo promerendo è ablativo del gerundio ed ha valore di complemento di mezzo (“meritando” = “con le tue benemerenze”). Facturus sis è una perifrastica attiva, che indica l’imminenza o la destinazione di un’azione o l’intenzione di compierla. 4 Congiuntivo indipendente concessivo. Originariamente licet era un verbo (all’indicativo presente): questo spiega perché il congiuntivo che esso accompagna abbia sempre il tempo presente o perfetto. 5 Participio sostantivato. 6 Dopo divinanda è sottinteso est. L’uso di quisque in questo contesto è irregolare: infatti tra i casi in cui si trova quisque in luogo di unusquisque non è contemplata la perifrastica passiva. 7 Anche questo rogandi equivale ad un sostantivo (“la necessità di una richiesta”) ed ha funzione di complemento di specificazione. 8 Sottinteso esse. 9 Congiuntivo esortativo, come i successivi intercidamus, promittamus e adprobemus. 10 Abbiamo considerato rogati e certiores facti come predicativi di videamur; puoi anche intenderli come infiniti col nominativo in dipendenza da videamur: in tal caso dovrai sottintendere esse. Cerca di ricordare a memoria le locuzioni idiomatiche certior fio = “sono informato” (de aliqua re, di qualcosa) e certiorem facio = “informo” (aliquem de aliqua re o alicuius rei, qualcuno di qualcosa). 11 Abbiamo trasformato -que in et, spostandolo nella sede richiesta dalla logica dell’analisi. 12 Ita è correlativo a quemadmodum, che introduce una proposizione comparativa. 13 Proposizione concessiva: l’uso di quamvis con l’indicativo è irregolare. 14 Osserva si non al posto di nisi (in anafora con il precedente si). Ancora un uso di quisque, questa volta accompagnato dal superlativo: ricorda l’espressione optimus quisque = “tutti i migliori” (letteralmente “ciascun ottimo”). 15 Completiva con verbum dubitandi: ricorda che quin si usa solo con reggenti negative o di senso negativo; con espressioni di dubbio affermative gli introduttori sono an, num, -ne. 16 Letteralmente: “si mette indosso (= indossa) il volto del suo animo”: espressione che, ovviamente, dovrai rendere in modo più appropriato.

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Non è un merito dare la vita ad un figlio TESTO

• Puta (me vitam pro vita reddidisse): • sic quoque munus tuum vici, (cum ego dederim1) (sentienti2), (cum3 sentiens4) (me dare), (cum vitam tibi non voluptatis meae causa aut certe per voluptatem dederim), (cum tanto5 maius sit retinere6 spiritum quam accipere), (quanto5 levius mori ante mortis metum7). • Ego vitam dedi (statim illa usuro2), (nescio tu8 vero) (an viveret9); • ego vitam dedi (mortem timenti2), (tu vitam dedisti) (ut mori possem); • ego tibi vitam dedi consummatam, perfectam, (tu me expertem10 rationis genuisti, onus alienum). • Vis scire, (quam non sit magnum beneficium vitam sic dare)?11 • Exposuisses:12 • nempe iniuria erat genuisse.13 • Quo14 quid colligo? • (Minimum esse15 beneficium patris matrisque concubitum), (nisi accesserunt alia), (quae prosequerentur16 hoc initium muneris) (et aliis officiis ratum17 facerent). 13

13

• Non est bonum vivere, sed bene vivere. • At bene vivo.18 • Sed potui et male;19 20

• ita hoc tantum est tuum, (quod vivo). • (Si vitam inputas mihi per se, nudam, egentem consilii), (et id ut magnum bonum iactas), cogita (te mihi inputare muscarum ac vermium bonum21.

ANALISI 1 Questo cum + congiuntivo ed i successivi hanno valore causale. 2 Piuttosto che sostantivato (“a uno che se ne accorgeva”), lo abbiamo considerato come participio congiunto riferito a tibi sottinteso; non sarebbe comunque sbagliato neppure optare per la prima ipotesi. Lo stesso discorso vale per usuro nel terzo periodo e per timenti nel quarto.

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3 Sottinteso dederim. 4 Il participio è predicativo. 5 Tanto e quanto sono ablativi di misura; la forma ablativale è richiesta dalla presenza del comparativo (maius, levius). La comparazione che Seneca istituisce è alquanto complessa e devi stare attento a penetrarne la logica: essa pone infatti su un piano di uguaglianza (tanto... quanto...) due paragoni. Il tutto potrebbe essere schematizzato in termini matematici così: retinere spiritum > accipere spiritum = mori ante mortis metum < mori post mortis metum. O, se preferisci, potremmo dire che il rapporto che esiste fra il conservare la vita e il nascere è l’inverso di quello che esiste fra il morire prima di avere temuto la morte e il morire dopo avere temuto la morte. 6 Retinere, accipere e il successivo mori sono infiniti sostantivati che fungono da soggetti. 7 In questa comparativa sono sottintesi il verbo (est) e il secondo termine di paragone (quam mori post mortis metum). 8 Sottinteso dedisti. Attento: nescio non è un verbo! 9 Interrogativa indiretta dubitativa: ricordi come si traduce an? Il soggetto di viveret è il generico individuo implicito in nescio. 10 Expertem e onus sono predicativi dell’oggetto. 11 Dare, infinito sostantivato, è il soggetto dell’interrogativa indiretta quam... sit. 12 Raro esempio di congiuntivo suppositivo: ricordi come si traduce? L’ipotesi formulata, come è chiaro dall’uso del piuccheperfetto, è irreale e riferita al passato. Osserva come invece la conseguenza sia espressa con l’indicativo (iniuria erat), a presentare il fatto come già praticamente compiuto. Non mancano i commentatori che intendono questo congiuntivo come irreale (“avresti potuto espormi”), ma questa interpretazione, a nostro avviso, è meno soddisfacente in rapporto al contesto. 13 Altro infinito sostantivato che funge da soggetto. 14 Quo è un nesso relativo (= et eo), non un pronome interrogativo! Svolgi così: et quid colligo eo (= ea re)? Attento poi al significato di colligo. 15 L’oggettiva dipende da un colligo sottinteso, che si ricava dal periodo precedente. 16 Relativa impropria con valore consecutivo intenzionale. 17 Predicativo dell’oggetto (che è ancora hoc initium muneris della frase precedente). 18 Seneca previene l’obiezione (at) di un immaginario interlocutore, alla quale replica immediatamente dopo (sed). 19 Integra così: sed potui vivere et (= etiam) male. 20 Prolettico rispetto alla dichiarativa epesegetica quod vivo. 21 Attento alla traduzione di questa espressione fortemente pregnante.

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Un terreno vecchio non è la causa di uno scarso raccolto TESTO

• Quaeris ex me, P. Silvine, (quod1 ego sine cunctatione non recuso docere), [cur2 priore libro veterem opinionem fere omnium, (qui de cultu agrorum locuti sunt), a principio confestim reppulerim] (falsamque sententiam repudiaverim censentium3) (longo aevi situ longique iam temporis exercitatione fatigatam) (et effetam4) (humum consenuisse). • Nec ignoro (te5 cum6 et aliorum inlustrium scriptorum tum6 praecipue Tremeli auctoritatem revereri), [qui, (cum plurima rusticarum rerum praecepta simul eleganter et scite memoriae prodiderit7), (videlicet inlectus8 nimio favore priscorum de simili materia disserentium9) falso credidit], [parentem omnium terram sicut muliebrem sexum (aetate anili iam confectam) progenerandis10 esse fetibus inhabilem]. • Quod ipse quoque confiterer,11 (si in totum nullae fruges provenirent). • Nam et hominis tum demum declaratur sterile senium,12 (non cum desinit13 mulier trigeminos aut geminos parere), (sed cum omnino nullum conceptum edere valet). • Itaque (transactis iuventae temporibus), (etiam si longa vita superest), partus tamen (annis14 denegatus) non restituitur. • At e contrario [seu sponte (seu quolibet casu15) derelicta] humus, (cum est repetita cultu), magno faenore cessatorum colono respondet. • Non ergo est exiguarum frugum causa16 terrae vetustas, [si modo,17 (cum semel invasit senectus), regressum non habet] [nec revirescere (aut repubescere) potest], (sed ne lassitudo quidem soli minuit agricolae fructum). 18

• Neque enim prudentis est adduci19 (tamquam in hominibus nimiae corporis exercitationi aut oneris alicuius ponderi20), (sic cultibus et agitationibus agrorum fatigationem succedere).

ANALISI 1 È una relativa appositiva con valore incidentale. 2 Dipende da quaeris e introduce una interrogativa indiretta il cui verbo è reppulerim. Nota come la relativa qui... locuti sunt, pur essendo retta da un congiuntivo dipendente, non subisca l’attrazione modale: essa infatti è nominale, in quanto costituisce una perifrasi (“coloro che hanno parlato di agricoltura” = “gli autori di trattati sull’agricoltura”). Anche la relativa del secondo periodo qui... credidit mantiene l’indicativo, perché esprime un’osservazione presentata come oggettiva.

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3 È participio sostantivato da cui dipende la oggettiva humum consenuisse. La frase -que repudiaverim è coordinata a cur... reppulerim. Falsam può avere valore attributivo o predicativo. 4 Fatigatam e effetam sono participi congiunti a humum; i complementi di causa efficiente legati rispettivamente ad essi sono coordinati dalla congiunzione enclitica -que, ma nella traduzione si deve far capire che da fatigatam dipende longo aevi situ mentre da effetam dipende longi iam temporis exercitatione: puoi pertanto separarli seguendo il seguente ordine: humum, fatigatam situ et effetam exercitatione, consenuisse. Sarà opportuno tradurre il -que con “o”, anziché con “e”, perché Columella fa riferimento a due tesi contrapposte circa l’invecchiamento del suolo. 5 Il termine è stato spostato per esigenze di analisi. 6 Cum... tum sono in correlazione. 7 Cum + congiuntivo con valore concessivo. 8 È participio congiunto a qui. 9 È participio attributivo riferito a priscorum. 10 Dativo del gerundivo retto da inhabilem. 11 Quod = et id (nesso relativo). La principale funge da apodosi del periodo ipotetico del terzo tipo o della irrealtà. 12 Cerca il termine giusto sul vocabolario! 13 Cum + indicativo ha solo valore temporale. Valeo nel significato di “essere in grado, potere” acquista valore di verbo servile. 14 Dativo o ablativo? Da cosa è retto? 15 Sottinteso est; il verbo derelicta est è sottinteso anche nella coordinata seu quolibet casu. 16 È il predicato nominale. 17 Ha valore concessivo. 18 Genitivo di pertinenza. 19 Considera molto attentamente la proposizione che dipende da questo verbo: poiché si tratta di una proposizione infinitiva, devi dare a adduci un significato tale che giustifichi questa costruzione. 20 Sottinteso fatigationem succedere. È una proposizione comparativa.

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Solo in campo chirurgico gli effetti della medicina sono evidenti TESTO

• (Tertiam esse medicinae partem),1 (quae manu curet),2 et vulgo notum (et a me propositum3) est. • Ea non quidem medicamenta atque victus rationem4 omittit, (sed manu tamen plurimum praestat), (estque eius effectus inter omnes medicinae partes evidentissimus). • [Siquidem5 in morbis, (cum multum fortuna conferat),6 (eademque saepe salutaria, saepe vana sint), potest dubitari7], [8secunda valetudo medicinae (an corporis) (an fortunae) beneficio contigerit]. • In is 9 quoque, (in quibus medicamentis maxime nitimur), (quamvis profectus evidentior est),10 tamen (sanitatem et11 per haec frustra quaeri) (et sine his reddi) saepe manifestum est: • (sicut12 in oculis quoque deprehendi potest), [qui (a medicis diu vexati) sine his interdum sanescunt]. • At in ea parte,13 (quae manu curat), evidens14 [omnem profectum, (ut aliquid ab aliis adiuvetur),15 hinc16 tamen plurimum trahere]. • Haec autem pars (cum sit vetustissima),17 magis tamen ab illo18 parente omnis medicinae Hippocrate quam a prioribus exculta est.

ANALISI 1 Proposizione soggettiva: il soggetto eam si ricava dal quae successivo. 2 La chirurgia, evidentemente. La perifrasi cerca di rendere alla lettera il termine greco χειρουργíα (che indica propriamente l’operare con la mano). Osserva come la relativa abbia il congiuntivo obliquo: si tratta infatti della citazione indiretta di affermazioni fatte da altri o dall’autore stesso in altre parti dell’opera. 3 Sottinteso est. 4 Gli argomenti rispettivamente della farmaceutica (medicamenta) e della dietetica (victus rationem). Attento a victus: che caso è? Quidem è usato spesso in correlazione con sed, specialmente nel latino postclassico, ad indicare contrapposizione, come il greco με′ν... δε′. Di solito si suggerisce agli studenti di tradurre le due particelle con “da una parte... dall’altra”: noi invece ti consigliamo di evitarlo accuratamente, se non vuoi appesantire orribilmente la tua traduzione e renderla anche, talvolta, ridicola, dando luogo ad autentiche

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“perle” come: “Alessandro da una parte mangiava, dall’altra parlava”. Puoi semplicemente omettere la traduzione di quidem e limitarti a tradurre sed (alla stessa stregua, i giovani grecisti eviteranno di tradurre il με′ν e tradurranno sempre il δε′), oppure sforzarti di trovare la soluzione che ti sembra più adatta al contesto. 5 Siquidem, introduttore causale, sottintende un ragionamento precedente che funge da principale: “(dico questo) perché...”. 6 Cum + congiuntivo (come pure nella coordinata eademque... sint): che valore ha? 7 Mentre in italiano il passivo con i verbi servili si realizza mediante il “si passivante” pre-

messo al verbo servile (“si può dubitare”), in latino il verbo servile conserva sempre la forma attiva, mentre è l’infinito retto da esso ad assumere la forma passiva (potest dubitari, propriamente “può essere dubitato”). Fanno eccezione coepi e desii, che diventano anch’essi passivi se l’infinito che li segue è passivo di forma e di significato. 8 Interrogativa indiretta disgiuntiva: il primo membro è secunda valetudo medicinae... beneficio contigerit, che qui non ha alcuna particella introduttiva: tu però dovrai integrarla, traducendola con “se”, come se fosse espresso l’introduttore utrum o -ne; il secondo ed il terzo membro sono introdotti da an (= “o”): (an corporis e an fortunae, che sottintendono beneficio contigerit). 9 Sottinteso morbis. Is sta per iis. 10 Proposizione concessiva: quamvis è costruito irregolarmente con l’indicativo. Evidentior ha come secondo termine di paragone la dietetica di cui si parla in precedenza. Alcuni tuttavia lo considerano comparativo assoluto. 11 Non è un introduttore: da che cosa lo si deduce? 12 La comparativa si riallaccia al discorso iniziato nel periodo precedente e ad esso fa riferimento anche per la principale. 13 Sottinteso medicinae. 14 Sottinteso est. 15 Che valore ha questo ut + congiuntivo? Potrà aiutarti osservare che subito dopo c’è un tamen (dunque l’osservazione introdotta da ut viene prima ammessa, poi immediatamente smentita). Aliquid non sarà soggetto di adiuvetur, ma piuttosto accusativo di relazione. Aliis è irregolarmente neutro (= aliis rebus). 16 Cioè appunto dalla chirurgia. 17 Di nuovo una concessiva, espressa questa volta con cum e il congiuntivo. Ricorda che la chirurgia è stata praticata fin dai tempi più remoti (cfr. ad esempio la prassi terapeutica degli Egizi). 18 Ille è usato, come spesso, con valore enfatico (“il celebre”, “il famoso”).

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Perché gli dèi permettono che Tiberio soffra tanto? TESTO

• Dolenda1 adhuc rettulimus: • veniendum ad erubescenda est.2 • Quantis3 hoc triennium, M. Vinici, doloribus laceravit animum eius! • Quam diu abstruso,4 (quod miserrimum est),5 pectus eius flagravit incendio, (quod6 ex nuru), [quod ex nepote dolere, (indignari), (erubescere)7 coactus est]! • Cuius temporis aegritudinem auxit amissa mater,8 eminentissima et per omnia9 deis quam hominibus similior femina, (cuius potentiam nemo sensit nisi aut levatione periculi aut accessione dignitatis). • Voto finiendum volumen sit.10 • Iuppiter Capitoline, et auctor ac stator Romani nominis Gradive Mars, perpetuorumque custos Vesta ignium et (quidquid numinum11 hanc Romani imperii molem in amplissimum terrarum orbis fastigium extulit), vos publica voce obtestor (atque precor): • custodite, (servate), (protegite) hunc statum,12 hanc pacem, hunc principem, [eique (functo13 longissima statione mortali) destinate successores quam serissimos,14 sed eos15] (quorum cervices tam fortiter sustinendo16 terrarum orbis imperio sufficiant) [quam (huius suffecisse)17 sensimus].

ANALISI 1 Neutro plurale sostantivato del gerundivo, come il successivo erubescenda. In questo caso esprime idea di dovere o necessità. 2 In unione con il verbo sum, il gerundivo dà luogo alla perifrastica passiva; veniendum est è impersonale. 3 Ricorda che quantus non indica numero, ma grandezza. 4 Con che cosa concorda abstruso? 5 Traduci quod con “cosa che”: la proposizione è una relativa appositiva. La “cosa penosissima” (miserrimum) è il fatto che tutto ciò sia accaduto in segreto: ecco perché l’inciso segue immediatamente abstruso. Incontrerai qualche difficoltà nella resa di questo periodo, soprattutto per quanto riguarda la disposizione delle parole.

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6 Sottinteso dolere, indignari, erubescere coactus est. Rifletti bene su questo quod (e sul successivo): è una congiunzione (dichiarativa o causale) o un pronome relativo? In quest’ultimo caso deve concordare con qualche sostantivo o pronome neutro: quale? 7 I due verbi sottintendono coactus est. I tre infiniti, coordinati per asindeto, costituiscono un’accumulazione disposta in clìmax ascendente. Sono presenti accumulazioni anche nell’ultimo periodo, con le successioni custodite, servate, protegite e hunc statum, hanc pacem, hunc principem (dove puoi osservare anche un poliptòto). Nota come la faziosità dell’ottica di Velleio lo induca a presentare come persecutori di Tiberio coloro che in realtà ne furono le vittime (cfr. brano n. 86). 8 Cuius = et eius (nesso relativo). Amissa mater (lett.: “la madre persa”) è un esempio di uso del concreto in luogo dell’astratto, tipico della mentalità latina: tu, però, modificherai l’espressione come richiesto dalla lingua italiana, trasformando cioè il verbo in un sostantivo. 9 Locuzione idiomatica: cercala sul vocabolario. 10 Altra perifrastica passiva, in cui però il verbo sum è al congiuntivo esortativo. 11 La traduzione letterale (“tutto ciò che di numi”) è inaccettabile: modificala come ti sembra più opportuno. Numinum è genitivo partitivo. 12 Nel senso di stato di cose o di nazione? 13 Functo concorda con ei: svolgilo con una temporale. Ricorda che utor, fruor, fungor, vescor

e potior si costruiscono con l’ablativo: qual è l’ablativo retto da functo? 14 Non avrai per caso fatto derivare serissimus da serius, a, um? Se lo hai fatto, pensaci meglio. Il superlativo preceduto da quam equivale al nostro “il più... possibile” (es.: quam plurimi = il più numerosi possibile): se non lo sai già (dovresti!), imparalo a memoria. 15 Spesso is, seguito da qui + congiuntivo, assume il significato di “tale”; la relativa è perciò impropria ed ha valore consecutivo-intenzionale: per tradurla svolgerai quorum in ut eorum. 16 Dativo del gerundivo (che sostituisce il gerundio) retto da sufficiant: imperio è il suo complemento oggetto, attratto anch’esso in dativo. 17 Huius sottintende cervicem; suffecisse sottintende sustinendo imperio. Attento a questo periodo: puoi correre il rischio di tradurlo in modo sgrammaticato.

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Catone Uticense chiede la condanna a morte dei catilinari TESTO

• Ille senatus dies (quo haec acta sunt) virtutem M. Catonis, iam multis in1 rebus conspicuam atque praenitentem, in altissimo illuminavit. • Hic, genitus proavo2 M. Catone, principe illo3 familiae Porciae, homo virtuti simillimus4 et per omnia ingenio diis quam hominibus propior, (qui numquam recte fecit) (ut facere videretur),5 (sed quia aliter facere non potuerat6), (cuique id7 solum visum est rationem habere) (quod haberet8 iustitiae), omnibus humanis vitiis immunis semper fortunam in sua potestate habuit. • Hic, tribunus plebis designatus 9 et adhuc admodum adulescens, (cum alii suaderent)10 (ut per municipia Lentulus coniuratique custodirentur),11 (paene inter ultimos interrogatus sententiam),12 tanta13 vi animi atque ingenii invectus est in coniurationem, (eo14 ardore oris orationem15 omnium lenitatem suadentium societate consilii suspectam fecit),16 (sic impendentia ex ruinis incendiisque urbis et commutatione status publici pericula exposuit), (ita consulis17 virtutem amplificavit) (ut universus senatus in eius sententiam transiret)18 [et19 (animadvertendum20 in eos), (quos praediximus), censeret].

ANALISI 1 Multis in = in multis (anàstrofe). 2 Letteralmente “discendente dal bisavolo”: cioè...? 3 Ille, come ricorderai, in unione con un nome proprio significa “il ben noto”, “il famoso”. 4 Non tradurre alla lettera questa espressione (“similissimo alla virtù”?). 5 In questo caso ut + congiuntivo esprime una finale; facere è usato in senso assoluto (puoi tradurlo con il verbo “agire”).

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6 Ti conviene usare il “falso condizionale”. 7 Id è prolettico rispetto al successivo quod. 8 Questo congiuntivo può essere spiegato in diversi modi: potrebbe trattarsi di semplice attrazione modale (la frase è infatti una dipendente di grado superiore al primo ed è retta da un infinito, habere); chi non crede nell’attrazione modale lo considererebbe invece un congiuntivo obliquo (si espone infatti indirettamente il pensiero di Catone) o caratterizzante. Tu lo tradurrai con l’indicativo. Quanto a iustitiae è lectio difficilior rispetto a iustitiam riportato da altri testi. Lo si può intendere come un genitivo retto dall’espressione habere rationem nel significato di “tener conto di” oppure come un dativo situato in una sorta di chiasmo con cui: “ciò che aveva una motivazione ragionevole per la giustizia”. Il senso non cambia: Catone agiva sempre secondo giustizia. 9 Non “designato tribuno della plebe”, come potrebbe sembrare, ma “tribuno della plebe designato” (ovvero già eletto, ma non ancora entrato in carica). 10 Questi generici alii hanno in realtà un nome, e illustre: Giulio Cesare; sua fu infatti la proposta di trattare i congiurati con indulgenza. Attento alla resa di questo cum + congiuntivo: ha valore avversativo. 11 In questo secondo caso ut + congiuntivo esprime una completiva di senso volitivo (la sua negazione sarebbe ne). 12 Rogo ed interrogo si costruiscono normalmente con l’accusativo della persona e de + ablativo della cosa o, se la cosa è rappresentata da un pronome neutro con l’accusativo. In un solo caso si costruiscono con il doppio accusativo (della persona e della cosa espressa da un sostantivo), ed è proprio nella formula giuridica rogare (o interrogare) aliquem sententiam. 13 Tantus non indica numero, ma grandezza. Quale frase anticipano tanta, eo, sic e ita? 14 Is, in casi come questo, significa “tale”. 15 Oris indica per metonìmia il discorso, anziché la bocca che lo pronuncia; oris orationem costituisce una figura etimologica. 16 La frase si costruisce così: fecit suspectam societate consilii orationem omnium suadentium lenitatem. Il participio suadentium è sostantivato (si allude di nuovo a Giulio Cesare, sospettato di connivenza con i congiurati). Societate è ablativo di causa. 17 Cicerone. 18 Ecco l’ut + congiuntivo anticipato da tanta, eo, sic e ita (vedi la nota 13). 19 -que (= et) è stato spostato per esigenze di analisi. Introduce una coordinata al precedente ut + congiuntivo. 20 Sottinteso esse: si tratta di una perifrastica passiva impersonale.

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Non rendo conto all’erario della mia amministrazione! TESTO

• (Cum a L. Scipione1 ex Antiochensi pecunia sestertii quadragies2 ratio in curia reposceretur), (prolatum ab eo) librum, (quo acceptae et expensae summae continebantur) (refellique3 inimicorum accusatio poterat), discerpsit, indignatus (de ea re dubitari), (quae sub ipso legato administrata fuerat).4 • Quin5 etiam in hunc modum egit: • “Non reddo, patres conscripti, aerario vestro sestertii quadragies rationem, alieni imperii minister,6 (quod7 meo ductu meisque auspiciis bis milies sestertio8 uberius9 feci): • neque enim puto (huc10 malignitatis ventum11), (ut12 de mea innocentia quaerendum sit): • nam (cum Africam totam potestati vestrae subiecerim), nihil ex ea, (quod meum diceretur),13 praeter cognomen retuli. • Non me igitur Punicae, non fratrem meum Asiaticae gazae avarum reddiderunt,14 (sed uterque nostrum15 invidia16 magis quam pecunia locupletior est)”. • Tam constantem defensionem Scipionis universus senatus conprobavit. • Quam17 quidem ei fiduciam conscientia illa dedit, (qua meminerat) (omnes leges a se esse servatas).

ANALISI 1 Attenzione! Dato che la breve spiegazione che compare sotto il titolo ti informa che il protagonista del brano è Scipione l’Africano, potresti tradurre, distrattamente, “poiché si chiedeva a Lucio Scipione”; tanto più che reposco si costruisce proprio con l’accusativo della cosa chiesta e a, ab + ablativo della persona cui la si chiede. Ma Scipione l’Africano si chiamava Publio Cornelio, non Lucio! Dunque devi pensare ad un’altra possibile traduzione. 2 Con gli avverbi numerali moltiplicativi (decies, vicies, centies etc.) il gen. plur. sestertium o il gen. sing. sestertii sottintendono centena milia ed indicano perciò la somma di 100.000 sesterzi. Quindi, alla lettera, sestertii quadragies (centena milia) significa “quaran-

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ta volte cento migliaia di sesterzi”: in altre parole, quanti sesterzi? 3 Coordinata alla relativa: perciò anch’essa è introdotta da quo. Attento, però: nelle due frasi quo svolge funzioni diverse: nel primo caso indica un ablativo di luogo, nel secondo un ablativo di mezzo. 4 Administrata fuerat = administrata erat. 5 Il fatto che questo quin sia all’inizio del periodo, dopo un punto fermo, rende evidente che non si tratta di un introduttore subordinante. Cercherai perciò sul vocabolario i significati di quin nelle proposizioni principali. 6 Minister è al nominativo, ma non è soggetto: hai identificato la sua funzione? Per capire quale sia il soggetto, basta osservare la persona del verbo principale reddo. 7 Rifletti bene su questo quod, pronome relativo. Nella frase precedente vi sono due nomi

neutri cui potrebbe riferirsi: aerarium e imperium; quale dei due scegli? In questo caso non devi badare tanto alla posizione, quanto piuttosto al senso. 8 Sestertio è ablativo di quantità. 9 Uberius è complemento predicativo dell’oggetto quod, secondo la costruzione col doppio

accusativo richiesta dai verbi effettivi (facio). 10 Huc è stato spostato nella sede richiesta dalla logica dell’analisi. 11 Sottinteso esse: è una forma impersonale, altrimenti un verbo intransitivo non potrebbe essere reso passivo. 12 Ut con il congiuntivo può introdurre una finale, una consecutiva o una completiva; qui, però, non ci sono dubbi: essendo anticipato da huc malignitatis (= “a tal punto di”), non può essere che una consecutiva. 13 Questa relativa ha il congiuntivo non giustificato da attrazione modale, perché dipendente

direttamente dalla principale retuli. È propria o impropria? Se è propria, che tipo di sfumatura ha assunto? 14 Anche reddo è un verbo effettivo, pertanto regge il doppio accusativo. 15 È genitivo partitivo retto dal pronome indefinito uterque. 16 Invidia è ablativo di abbondanza retto da locupletior: pertanto anche pecunia, il secondo termine di paragone, è in ablativo preceduto da quam. 17 Nesso relativo (quam = et eam).

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Nessuna pietà per i traditori TESTO

• Sed (dum1 exempla propositae rei persequor), mihi2 (latius circumspicienti) ante omnia se Fulvi Flacci constantia offert. • Capuam [fallacibus Hannibalis promissis (Italiae regnum nefaria defectione pacisci) persuasam] armis occupaverat. • Tam 3 deinde culpae hostium iustus aestimator quam speciosus victor Campanum senatum impii decreti auctorem funditus delere constituit4 • Itaque catenis onustum5 in duas custodias, Teanam Calenamque, divisit (consilium executurus6), (cum ea peregisset), (quorum administrandorum7 citerior esse necessitas videbatur). • (Rumore autem de senatus8 mitiore sententia orto), (ne debitam poenam scelerati effugerent), nocte (admisso equo9) Teanum contendit [et10 (interfectis iis11) (qui ibi adservabantur) e vestigio12 Cales est transgressus] (perseverantiae suae opus executurus13) [et (iam deligatis ad palum hostibus) litteras a patribus conscriptis nequiquam salutaris14 Campanis accepit]: • in sinistra enim eas manu, (sicut erant traditae), reposuit [ac (iusso lictore lege agere) tum demum aperuit], (postquam illis obtemperari15 non poterat). • Qua16 constantia victoriae quoque gloriam antecessit.

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ANALISI 1 Dum + presente indicativo indica una proposizione temporale che esprime sempre un’azione contemporanea a quella della reggente. 2 Mihi, in anàstrofe, è stato spostato nella sede richiesta dall’analisi. Il successivo latius è un comparativo assoluto. Di quale aggettivo o avverbio? 3 Anticipa una consecutiva (“tanto... da...”)? Oppure svolge un’altra funzione? Osserva il successivo quam. 4 Quando vi è identita di soggetto, come in questo caso, i verbi statuo, constituo, decerno si comportano come i verbi servili. 5 È riferito a senatum del periodo precedente ed è un aggettivo: nella traduzione ti conviene considerarlo alla stregua di un participio, che puoi ricavare dal verbo onerare. 6 Participio futuro con valore finale. 7 Si tratta di un genitivo del gerundivo retto da necessitas: una traduzione letterale risulte-

rebbe troppo faticosa: cerca di renderla in modo adeguato. 8 Quello di Roma o quello di Capua? Pensaci! 9 Ablativo assoluto. Si tratta di una locuzione idiomatica: cercala sul vocabolario. 10 Il -que è stato trasformato in et e spostato qui per esigenze di analisi. 11 Abbiamo esplicitato iis sottinteso. 12 Cerca quest’altra espressione idiomatica sul vocabolario. 13 Nuovo participio futuro con valore finale. Anche questa frase è da rendere in modo non letterale. 14 Salutaris = salutares. È riferito a litteras, che, come ben sai, al plurale ha significato diverso che al singolare. 15 Attento alla diàtesi! Obtempero è un verbo intransitivo che regge il dativo (in questo caso illis = litteris): al passivo diventa impersonale. La proposizione è temporale. 16 Qua = et ea (nesso relativo).

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Alessandro e il medico Filippo TESTO

1 • Inter haec a Parmenione, fidissimo purpuratorum, litteras accipit, (quibus ei denuntiabat), (ne salutem suam Philippo committeret):2

• (mille talentis a Dareo et spe nuptiarum sororis eius esse corruptum).3 • Ingentem animo sollicitudinem litterae incusserant, [et (quicquid in utramque partem4 aut metus aut spes subiecerat), secreta aestimatione pensabat]. • “Bibere perseverem,5 [ut,6 (si venenum datum fuerit),7 ne immerito quidem, (quicquid acciderit8), evenisse videatur]? • Damnem medici fidem? • (In tabernaculo ergo me opprimi) patiar? • At satius est (alieno me mori scelere quam metu nostro).”9 • (Diu animo in diversa versato)10 nulli, (quid scriptum esset),11 enuntiat [epistulamque (sigillo anuli sui impresso) pulvino,12 (cui incubabat), subiecit]. • (Inter has cogitationes biduo absumpto) inluxit a medico destinatus dies, [et ille cum poculo, (in quo medicamentum diluerat), intravit]. • (Quo13 viso) Alexander (levato corpore in cubili) (epistulam a Parmenione missam sinistra manu tenens) accipit poculum (et haurit interritus14); • tum (epistulam legere Philippum) iubet [nec a vultu (legentis)15 movit oculos], (ratus)16 (aliquas conscientiae notas in ipso ore posse deprendere).

ANALISI 1 Per i personaggi di Parmenione e Dario vedi versione “Alessandro uccide l’amico Clito” (n. 47). Per ironia del destino Parmenione, l’accusatore del medico Filippo, sarà anch’egli sospettato di tradimento e per questo motivo mandato a morte da Alessandro. Il successivo accipit è un presente storico; ve ne sono altri nel corso del brano: traducili preferibilmente con il passato remoto. 2 Ne committeret è una completiva negativa di senso volitivo (di qui l’uso di ne). 3 Brevissima oratio obliqua: la principale è espressa con accusativo + infinito, come di regola: per i tempi fa riferimento a denuntiabat. 4 L’espressione non va tradotta alla lettera: il termine pars indica qui la direzione in cui la paura e la speranza sospingono l’animo di Alessandro.

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5 Congiuntivo dubitativo, come i successivi damnem e patiar. 6 Ut... videatur è una consecutiva. Poiché ut non è anticipato dai soliti ita, sic, adeo o simili, dovrai renderlo con “in modo tale che”. 7 La forma verbale datum fuerit non esiste: essa equivale dunque a datum erit o a datum sit. Quale scegliere? Senz’altro la seconda: infatti si... datum fuerit dipende da ut... videatur (la sua apodosi), che dipende a sua volta da bibere perseverem per cui, per “attrazione modale”, passa anch’essa al congiuntivo. Quanto al tipo di questo periodo ipotetico, è da escludere per ragioni morfologiche l’irrealtà; purtroppo, però, come sai, con apodosi dipendente al congiuntivo i tipi della realtà e della possibilità risultano identici: dovrai perciò basarti sul contesto per decidere. Qui prevale a nostro avviso l’idea della possibilità (Alessandro non è affatto sicuro che Filippo voglia propinargli del veleno). 8 Di regola i pronomi raddoppiati (quicquid) e uscenti in -cumque vogliono l’indicativo: le relative indefinite sono però soggette alla cosiddetta attrazione modale, per cui in questo caso, in dipendenza da evenisse, acciderit sarà un congiuntivo perfetto e non un indicativo futuro anteriore. Nulla cambia però per la traduzione: si tratta infatti, in ogni caso, di un’azione anteriore rispetto ad una possibilità futura, per cui in italiano si può tradurre anche con il futuro. Il congiuntivo perfetto in luogo del piuccheperfetto che ci aspetteremmo dopo evenisse si giustifica con la regola di Reusch secondo la quale una subordinata che abbia il congiuntivo per attrazione modale o perché obliquo, se è retta da un infinito perfetto o da un congiuntivo perfetto, che dipendono a loro volta da un tempo principale, non segue le norme della consecutio temporum (vedi scheda 13). 9 Nostro è pluralis maiestatis. 10 Ablativo assoluto. Ve ne sono altri in questo brano: sai riconoscerli? Li troverai comunque elencati in dettaglio in fondo alla pagina. Nota la paronomàsia diversa versato. 11 Interrogativa indiretta. 12 Attento a non fare pasticci! Il soggetto di impresso è sigillo o pulvino? 13 Quo = et eo (Philippo) oppure et ea re (irregolarmente neutro, come talora accade soprattutto nel latino postclassico). E’ un nesso relativo. 14 Participio predicativo. 15 Il participio non è sostantivato, ma congiunto a eius (= Philippi) sottinteso. 16 Participio passato di reor: va tradotto con il gerundio semplice.

Gli altri ablativi assoluti sono: sigillo… impresso biduo absumpto quo viso levato corpore

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Alessandro uccide l’amico Clito TESTO

• Alexander (rapta lancea1 ex manibus armigeri) (Clitum adhuc eadem linguae intemperantia furentem percutere conatus)2 a Ptolomaeo et Perdicca inhibetur.3 • (Medium4 complexi et5 obluctari perseverantem)6 morabantur; • Lysimachus et Leonnatus etiam lanceam abstulerant. • Ille (militum fidem implorans) (comprehendi se a proximis amicorum), (quod Dareo nuper accidisset),7 exclamat [et8 (signum tuba dari), (ut ad regiam armati9 coirent), iubet]. 10

• Tum vero Ptolomaeus et Perdiccas (genibus advoluti) orant, (ne in tam praecipiti ira perseveret) (spatiumque potius animo det):11 • (omnia postero die iustius executurum).12 • Sed clausae13 erant aures (obstrepente ira).1 14

• Itaque impotens animi procurrit in regiae vestibulum [et (vigili excubanti hasta ablata) constitit in aditu], [quo necesse erat iis, (qui simul cenaverant), egredi]. • Abierant ceteri, (Clitus ultimus sine lumine exibat). • Quem15 rex, (quisnam esset), interrogat. • Eminebat etiam in voce sceleris, (quod parabat), atrocitas. • Et ille iam non suae, sed regis irae memor (Clitum16 esse) (et de convivio exire) respondit. • (Haec dicentis17) latus hasta transfixit [et8 (morientis18 sanguine adspersus) dixit]19 • “I nunc ad Philippum et Parmenionem et Attalum.”20

ANALISI 1 Ablativo assoluto. 2 Conatus è participio congiunto ad Alexander. Quando conor regge un infinito con cui ha identità di soggetto, si comporta come un verbo servile. 3 È uno dei numerosi presenti storici che incontrerai nel brano, alternati con tempi passati; in italiano però evita di oscillare da un tempo all’altro e scegli: o tutto al presente, o tutto al passato.

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4 Predicativo di Alexandrum sottinteso. Se non ricordi come si traduce, controlla attentamente sul vocabolario espressioni come in medio colle e simili. 5 Questo et è superfluo: non tradurlo. Esso coordina un aggettivo con funzione predicativa (medium) e un participio anch’esso predicativo (perseverantem), dando luogo ad una traduzione inammissibile in italiano: “abbracciatolo in mezzo (al corpo) e che continuava…”. 6 Anche perseverantem è qui usato in funzione servile. 7 Relativa appositiva: il pronome quod si riferisce infatti all’intera proposizione precedente, rispetto alla quale funge da apposizione; in questi casi tradurrai quod con “cosa che”. Il congiuntivo accidisset è obliquo (si riportano infatti indirettamente le parole di Alessandro) e perciò va reso con il corrispondente tempo dell’indicativo. 8 -que è stato trasformato in et e spostato nella sede richiesta dall’analisi. 9 È soggetto (“gli armati”) o predicativo del soggetto (“accorressero armati”)? In ogni caso nell’analisi non va separato dal verbo. Ut... coirent è una finale o una completiva? 10 Puoi evitare di tradurre questo vero, che sottolinea enfaticamente tum. 11 Ne perseveret è una completiva negativa di senso volitivo retta da orant; ad essa è coordinata la successiva -que det, il cui introduttore sottinteso è però affermativo (dunque ut, non ne!). Si tratta di un tipo di coordinazione alquanto insolito: normalmente l’affermazione precede la negazione, e quest’ultima è espressa con neque, neve o neu. Nel caso in cui entrambe le frasi coordinate siano negative, la seconda è introdotta solo da neve o neu. 12 Brevissima oratio obliqua: nota infatti come la principale sia espressa con accusativo e infinito (executurum sottintende esse; è sottinteso anche il soggetto dell’infinito, eum). 13 Questo clausae ha valore di aggettivo. 14 Animi è locativo. La locuzione impotens animi è idiomatica: cercala sul vocabolario. 15 Quem = et eum (nesso relativo). 16 Di regola è necessario esprimere il soggetto delle oggettive: in questo caso è sottinteso (se). 17 Participio congiunto con eius (= Cliti) sottinteso. 18 Abbiamo considerato questo participio come sostantivato, ma nulla vieta di intenderlo come participio congiunto con eius sottinteso. Nota l’insistenza dell’autore sui dettagli raccapriccianti (morientis sanguine adspersus). 19 Inquit (qui trasformato in dixit) è stato spostato nella sede richiesta dalla logica dell’analisi. 20 I è la seconda persona dell’imperativo presente di eo. Parmenione, il più valoroso dei generali di Alessandro, ed Attalo, zio della seconda moglie di Filippo (il padre di Alessandro), erano stati fatti uccidere da Alessandro stesso. Quanto a Clito, era uno degli amici più cari di Alessandro e gli aveva anche salvato la vita in battaglia.

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Così fan tutte TESTO

• Ceterum miles (delectatus1 et forma mulieris et secreto), (quicquid boni2 per facultates poterat) coemebat (et prima statim nocte in monumentum ferebat). • Itaque unius cruciarii parentes (ut viderunt)3 (laxatam4 custodiam), detraxere5 nocte pendentem6 (supremoque mandaverunt officio). • At miles (circumscriptus)7 (dum desidet), (ut postero die vidit unam sine cadavere crucem), (veritus8 supplicium), mulieri (quid accidisset)9 exponit: • (nec se expectaturum iudicis sententiam), (sed gladio ius dicturum ignaviae suae).10 • (Commodaret11 modo illa locum12) (perituro)13 (et fatale conditorium commune14 familiari ac viro faceret). • Mulier non minus misericors quam pudica dixit15 • “Nec istud dii sinant,16 (ut17 eodem tempore duorum mihi carissimorum hominum duo funera spectem). • Malo mortuum impendere quam vivum occidere.” • Secundum hanc orationem iubet (ex arca corpus mariti sui tolli18) [atque illi (quae vacabat) cruci affigi]. • Usus est miles ingenio prudentissimae feminae, (posteroque die populus miratus est) (qua ratione mortuus isset in crucem).19

ANALISI 1 Abbiamo spostato delectatus (in anàstrofe rispetto a miles) per esigenze di analisi. 2 Genitivo partitivo. Quicquid funge da complemento oggetto di poterat (sottinteso coemere). 3 Nota come il lessico colloquiale riprodotto da Petronio sia già prossimo all’italiano: parentes sono, di solito, i genitori, ma qui il vocabolo indica più probabilmente qualche congiunto; unus ha perso il suo significato di “uno solo” ed equivale già al nostro articolo indeterminativo. La congiunzione ut con l’indicativo può avere valore temporale (= quando), comparativo (= come) o dichiarativo-causale (= dato che). Che valore ha in ut viderunt e nella successiva ut... vidit? 4 Sottinteso esse.

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5 Detraxe–re = detraxe–runt. 6 Participio sostantivato oppure attributivo riferito a cruciarium sottinteso. 7 Attento al significato di circumscriptus in questo contesto. La temporale ha dum e l’indicativo presente: come si traduce? Non lasciarti trarre in inganno dal verbo principale exponit: si tratta di un presente storico, com’è evidente dal fatto che le subordinate hanno tempi storici (vidit, accidisset). 8 Ha valore di participio presente. 9 Interrogativa indiretta. 10 Breve oratio obliqua (da nec se a faceret). La principale e la sua coordinata, essendo di tipo enunciativo, hanno l’accusativo e l’infinito (expectaturum e dicturum sottintendono esse). 11 Quello che in oratio recta sarebbe un imperativo (commoda, fac), nel discorso indiretto

diventa un congiuntivo esortativo (commodaret, faceret). Il tempo è l’imperfetto, perché dipende da un dixit sottinteso. 12 Locum è stato spostato per esigenze di analisi. 13 Il participio non è sostantivato, ma congiunto con sibi sottinteso. Ricorda che il pronome

personale di prima persona (ego, nos) nella oratio obliqua si trasforma nel riflessivo sui, sibi, se, se, perché si riferisce al soggetto del verbo di “dire” da cui tutto dipende idealmente: in questo caso, al miles. 14 Rispetto all’oggetto di faceret che è, evidentemente, conditorium, che funzione hanno fatale e commune? Ti aiuteremo dicendo che uno di essi è predicativo dell’oggetto. 15 Inquit, trasformato in dixit, è stato spostato nella sede richiesta dall’analisi. Nota la perfida ironia dell’inciso non minus misericors quam pudica, detto di una donna che ha appena tradito la memoria del marito giacendo con un altro nella sua stessa tomba. 16 Congiuntivo ottativo. Il nec sembra presupporre un desiderio formulato tacitamente dalla donna, cui si coordina questo desiderio espresso in forma negativa. 17 Questo ut non introduce né una finale né una consecutiva, bensì una completiva epesegetica rispetto al precedente istud (che puoi omettere nella traduzione). Rifletti se sia meglio tradurre il successivo carissimorum con un superlativo relativo od assoluto. Nota il preziosismo stilistico duorum... carissimorum... duo, che abbina l’omeoptòto al poliptòto. 18 Iubeo regge l’infinito passivo, come in questo caso (tolli, affigi), quando manca l’indicazione della persona cui è rivolto il comando. 19 Interrogativa indiretta. Rifletti bene sul significato che assume ratio in questo contesto.

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Mio figlio studia troppo! TESTO

• 1(Quicquid illi vacat),2 caput de tabula non tollit. • Ingeniosus est et bono filo,3 (etiam si in aves morbosus est).4 • Ego illi iam tres cardeles occidi, (et dixi) (quia5 mustella comedit). • Invenit 6 tamen alias nenias, (et libentissime pingit). • Ceterum iam Graeculis7 calcem impingit8 (et Latinas coepit non male appetere), (etiam si magister eius sibi placens fit9) (nec uno loco consistit). • Scit quidem litteras,10 (sed non vult laborare11). • Est et alter non quidem10 doctus, sed curiosus, (qui plus docet) (quam scit).12 • Itaque feriatis diebus solet domum venire, [et (quicquid dederis),13 contentus est]. • Emi ergo nunc puero aliquot libra rubricata,14 (quia volo) (illum ad domusionem15 aliquid de iure gustare). • Habet haec res panem. • Nam litteris satis inquinatus est. • (Quod si resilierit), destinavi16 illum artificium docere, aut tonstrinum aut praeconem aut certe causidicum,17 (quod illi auferre non possit nisi Orcus).18 • Ideo illi cotidie clamo: • “Primigeni,19 crede mihi (quicquid discis), tibi discis. • Vides Phileronem causidicum: • (si non didicisset), hodie famem a labris non abigeret.20 • Modo modo collo suo circumferebat onera venalia, (nunc etiam adversus Norbanum se extendit).21 • Litterae thesaurum est,22 (et artificium numquam moritur)”. ANALISI 1 Osserva come tutto il discorso sia un continuo saltare “di palo in frasca”, di luogo comune in luogo comune. L’estrema brevità dei periodi, simili ai “pensierini” delle scuole elementari, denota di per sé la scarsa cultura del parlante. Incontrerai grandi difficoltà nel tradurre il brano: il latino del rigattiere Echìone, riprodotto da Petronio con camaleontica abilità, è approssimativo, ricco di volgarismi e di solecismi, molto diverso da quello che conosci. 2 Presta molta attenzione al verbo vaco, che cambia significato a seconda delle reggenze. Consulta il vocabolario e non farti trarre in inganno: illi non è una reggenza del verbo, ma un complemento di relazione. Tabula è la tavoletta cerata che i Romani usavano per scrivere. 3 Complemento di qualità. Il filo indica qui, per metonimia, la stoffa. 4 Etiam si si trova anche scritto etiamsi: introduce una concessiva.

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5 La causale, presentata come reale, si spiega sottintendendo una oggettiva: “gli ho detto (che sono morti) perché…”; tuttavia nel latino tardo la costruzione con il quod/quia e l’indicativo o il congiuntivo (già in uso nel latino parlato) soppianterà a poco a poco il costrutto con l’accusativo e l’infinito. Attraverso questo passaggio si spiega come mai in italiano le proposizioni oggettive siano introdotte dalla congiunzione “che”. 6 Inve–nit, non invĕnit: che differenza c’è? 7 Sottinteso litteris. Graeculus suona dispregiativo rispetto a Graecus. Nota come l’apprendimento delle lettere greche precedesse quello delle lettere latine. 8 Propriamente “spinge il calcagno verso”: cioè? Nota la paronomàsia pingit... impingit. 9 Placens è participio con funzione predicativa. Sfòrzati di comprendere il senso di queste ultime due frasi: non provare a tradurle alla lettera! 10 Nel latino postclassico quidem... sed indica una contrapposizione, come il greco με′ν... δε′: quidem non va tradotto, perché serve solo ad anticipare sed. 11 Qui si vede bene come laborare (originariamente “faticare”) inizi a subire un progressivo slittamento semantico verso il nostro “lavorare”. 12 Nota la comicità involontaria di questo elogio. Quam scit è una proposizione comparativa. 13 Congiuntivo perfetto o indicativo futuro? Con quicquid di norma c’è l’indicativo, ma in casi in cui si voglia accentuare l’eventualità o l’indeterminatezza si può trovare anche il congiuntivo. Traducendo ti accorgerai che in italiano si rende bene con il presente: dunque…? 14 Nota il neutro plurale libra invece di libros, forse per analogia con il greco βιβλíα. L’aggettivo rubricata allude al fatto che i libri di legge avevano i titoli in rosso. 15 Bizzarro sostantivo composto di domus e di usus. 16 Quod si, all’inizio di frase, corrisponde al nostro “ché se”, per la verità disusato; traducilo semplicemente “e se”. Il periodo ipotetico è dipendente: ha infatti come apodosi non la principale destinavi, come potrebbe sembrare, bensì l’oggettiva docere (la logica dell’enunciato è: “ho deciso che, se rinuncerà agli studi, gli insegnerò un mestiere”). Il congiuntivo perfetto in dipendenza da un tempo storico si può spiegare intendendo destinavi come un perfetto logico: “ho deciso”, quindi “è deciso”. In italiano si resilierit si rende bene con un futuro semplice, come nel periodo ipotetico della eventualità greco. 17 Nota come questa professione sia messa dal rigattiere all’ultimo posto, dopo quelle di barbiere e di banditore. 18 Relativa impropria con valore consecutivo; nella traduzione manterrai il congiuntivo, perché la conseguenza non è reale, ma intenzionale. Quod concorda con artificium. 19 Come è noto, i nomi propri della seconda declinazione che terminano in -ı̆us escono al vocativo singolare in -ı–. 20 Periodo ipotetico indipendente dell’irrealtà. Nota si non al posto di nisi. 21 Entrambe le frasi di questo periodo richiedono una certa accortezza interpretativa. 22 Est concorda, per attrazione, con il predicato nominale thesaurum anziché col soggetto litterae.

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Amore dei delfini per gli esseri umani TESTO

• Delphinus, non homini tantum amicum animal,1 verum et musicae arti, mulcetur symphoniae cantu, set praecipue hydrauli sono. • Hominem non expavescit ut alienum,2 (obviam navigiis venit), (adludit exultans), (certat etiam) [et (quamvis plena vela)3 praeterit]. • (Divo Augusto principe)4 (Lucrinum lacum invectus) pauperis cuiusdam puerum ex Baiano Puteolos5 in ludum litterarium itantem,6 [cum7 (meridiano immorans8) appellatum eum9 Simonis nomine saepius fragmentis panis, (quem ob iter ferebat), adlexisset], miro amore dilexit. • Pigeret10 referre,11 (ni res Maecenatis et Fabiani et Flavi Alfii multorumque esset litteris mandata12). • (Quocumque diei tempore inclamatus13 a puero), (quamvis occultus atque abditus14), ex imo advolabat [et15 (pastus e manu) praebebat (ascensuro16) dorsum], (pinnae aculeos velut vagina condens), [et15 (receptum17) Puteolos per magnum aequor in ludum ferebat] (simili modo revehens pluribus annis), [donec (morbo extincto puero18) (subinde ad consuetum locum ventitans tristis et maerenti19 similis) ipse quoque, (quod nemo dubitaret),20 desiderio expiravit].

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ANALISI 1 Animal è, a nostro avviso, apposizione di delphinus, anche se non è da escludere (eliminando la virgola dopo delphinus) una sua funzione di predicato nominale rispetto ad un verbo est sottinteso: in tal caso la frase mulcetur... sono dovrebbe essere considerata coordinata alla principale. Verum et = verum etiam. Il successivo set sta per sed. 2 Forma brachilogica che sintetizza una comparativa ipotetica (= ut alienus sit). 3 Sottinteso procedant. L’ordine dei vocaboli è stato leggermente alterato per esigenze di analisi. 4 Divo Augusto principe è un ablativo assoluto. Il successivo participio congiunto invectus

concorda con il soggetto sottinteso delphinus quidam. 5 Aggettivo sostantivato: indica la zona intorno a Baia. 6 Itare è frequentativo di ire: indica un’azione compiuta abitualmente. 7 Attento! Per stabilire la funzione di questo cum, osserva attentamente le nostre parentesi. 8 Sottinteso ibi. Meridiano non è aggettivo, ma sostantivo (complemento di tempo determinato). 9 Riferito al delfino. 10 Sottinteso me. Si tratta dell’apodosi di un periodo ipotetico della irrealtà, la cui protasi è ni (= nisi)... esset... mandata. Attento ai tempi: le azioni indicate da pigeret e da esset mandata non si collocano sul medesimo piano temporale. 11 Sottinteso id. 12 Cerca sul vocabolario la locuzione idiomatica litteris mandare. 13 Sottinteso erat. 14 I participi occultus e abditus hanno funzione di predicati nominali (è sottinteso il verbo esset). 15 -que è stato trasformato in et e spostato per esigenze di analisi. 16 Participio futuro che concorda con puero sottinteso. È uno dei modi per rendere la finale. 17 Concorda con puerum sottinteso. 18 Ablativo assoluto. 19 Il participio è sostantivato. 20 Inciso in forma di relativa appositiva. Il congiuntivo indipendente dubitaret è interpretato da alcuni come irreale nel presente (“nessuno dubiterebbe”), ma non vediamo ragioni per escludere che si tratti di un potenziale nel passato (“nessuno avrebbe potuto dubitare”).

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L’immortalità dell’anima è una favola per bambini TESTO

• Omnibus a supremo die eadem1 (quae ante primum2), (nec magis a morte sensus ullus aut corpori aut animae)3 (quam ante natalem). • Eadem4 enim vanitas in futurum etiam se propagat (et in mortis quoque tempora5 ipsa sibi vitam mentitur), alias inmortalitatem animae, alias transfigurationem, alias sensum inferis dando6 et manes colendo deumque faciendo7 (qui iam etiam homo esse desierit8), (ceu vero ullo modo spirandi9 ratio ceteris animalibus distet10) (aut non diuturniora in vita multa reperiantur), (quibus nemo similem divinat inmortalitatem). • Puerilium ista delenimentorum avidaeque numquam desinere11 mortalitatis commenta sunt. • Similis et de adservandis12 corporibus hominum ac revivescendi promisso Democriti vanitas,13 (qui non revixit ipse). • Quae, malum,14 ista dementia est (iterari vitam morte15)? • Quaeve genitis quies umquam,16 (si in sublimi sensus animae manet), (inter inferos umbrae17)? • Perdit profecto ista dulcedo credulitasque18 praecipuum naturae bonum, mortem, [ac duplicat obituri dolorem (etiam post futuri)19 aestimatione]. • Etenim (si dulce vivere est), cui potest esse vixisse20?

ANALISI 1 Sottinteso sunt. Omnibus è dativo di possesso; a supremo die ed il successivo a morte sono complementi di allontanamento: poiché tuttavia si tratta di allontanamento nel tempo, tradurrai a come se fosse post + accusativo. 2 Sottinteso fuerunt. 3 In entrambe le frasi (nec… animae e quam… natalem) è sottinteso il verbo “essere”, prima al presente, poi al passato; corpori ed animae sono dativi di possesso. Il successivo natalem sottintende diem. 4 Ossia “la medesima” vanità che l’uomo dimostra abitualmente: prova a tradurlo con un aggettivo più appropriato. 5 Attento! È collegato a in ed è moto a luogo (in + accusativo), non stato in luogo.

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6 Dando (= “attribuendo”) regge anche inmortalitatem e transfigurationem; animae ed inferis sono dativi di termine. 7 Dando, colendo e faciendo sono ablativi strumentali del gerundio. Deum è predicativo dell’oggetto sottinteso eum, cui si riferisce il successivo qui. 8 Tradurrai con l’indicativo questo congiuntivo obliquo (Plinio sta riportando le opinioni di coloro che credono nell’immortalità dell’anima). Come di regola, in dipendenza da un verbo servile (desierit) il verbo esse ha mantenuto il doppio nominativo (qui e homo). 9 Genitivo del gerundio: equivale in pratica ad un complemento di specificazione. 10 Ceu (= quasi)... distet è una comparativa ipotetica, come pure la sua coordinata aut... reperiantur. Osserva come l’ipotesi prospettata (fortemente ironica, come spesso accade) sia al congiuntivo presente per esigenze di consecutio temporum: tu però la tradurrai con il congiuntivo imperfetto. Ceteris animalibus è una comparatio compendiaria (“dagli altri animali” invece di “da quello degli altri animali”), tipica di espressioni che contengono l’idea di un confronto (distet) pur in assenza di un vero e proprio comparativo. 11 Costruisci così: ista sunt commenta delenimentorum puerilium et mortalitatis avidae numquam desinere. Poiché avidae significa in pratica quae cupit, regge l’infinito desinere come un verbo servile o fraseologico. 12 Il gerundivo adservandis è attributo di corporibus; il successivo gerundio reviviscendi equivale invece ad un sostantivo: si tratta di un genitivo epesegetico che determina promisso (“la promessa di...”). 13 Sottinteso fuit. 14 È un’imprecazione: cercala con attenzione sul vocabolario. 15 Infinitiva epesegetica rispetto a ista dementia. 16 Sottinteso est. 17 Sottinteso sensus manet. 18 Endìadi. 19 Il passo, di ardua interpretazione, va valutato in stretto rapporto con l’affermazione finale, polemica nei confronti della teoria della reincarnazione: il dolor di colui che sta per morire non è causato dalla paura di ciò che sarà dopo la morte, ma dal fatto che la dottrina della metempsicosi, prospettandogli la morte come il peggiore dei mali (tant’è vero che promette all’uomo di rivivere), rende ancor più terribile il distacco dalla vita per chi, come Plinio, è convinto che dopo la morte non vi sia nulla. Futuri non è dunque genitivo di futurum, i (“di quello che ci sarà anche dopo”), ma probabilmente participio riferito a un sui sottinteso (letteralmente: “al pensiero di sé destinato a vivere ancora”). 20 Vixisse è soggetto di cui potest esse (sottinteso dulce).

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Un buon maestro deve essere come un padre per i suoi allievi TESTO

• Sumat1 magister ante omnia parentis erga discipulos suos animum, [ac (succedere se in eorum locum) (a quibus sibi liberi tradantur2) existimet]. • Ipse nec habeat vitia (nec ferat). • Non austeritas eius tristis,3 (non dissoluta sit comitas), (ne inde odium, hinc contemptus oriatur). • Plurimus ei4 de honesto ac bono sermo sit: • nam (quo5 saepius monuerit), hoc5 rarius castigabit; • minime iracundus,3 [nec tamen eorum (quae emendanda erunt6) dissimulator3], (simplex3 in docendo,7 patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus). • Interrogantibus8 libenter respondeat, (non interrogantes percontetur ultro). • In laudandis 9 discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus,3 (quia res altera taedium laboris10), (altera securitatem parit). • In emendando (quae corrigenda erunt6) non acerbus minimeque contumeliosus;3 • nam id11 quidem multos a proposito studendi fugat, (quod quidam sic obiurgant) (quasi oderint12). • Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat (quae secum auditores referant13). • [Licet14 enim satis exemplorum15 (ad imitandum16) ex lectione suppeditet], tamen viva illa, (ut dicitur), vox alit plenius, praecipueque praeceptoris [quem discipuli, (si modo recte sunt instituti), et amant] (et verentur).

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ANALISI 1 È congiuntivo esortativo. Nel brano se ne trovano altri: individuali tu. 2 La proposizione relativa ha il congiuntivo per attrazione modale o perché l’azione è presentata come eventuale. 3 È sottinteso sit. 4 Dativo di possesso. 5 Quo + comparativo... hoc + comparativo sono in correlazione. Si tratta di ablativi di misura. Osserva il “doppio futuro” monuerit... castigabit: come si traduce in italiano? 6 Perifrastica passiva. 7 Gerundio: corrisponde ad un complemento di stato in luogo figurato. Puoi tradurlo con l’infinito sostantivato (“nell’insegnare”) o con un sostantivo (“nell’insegnamento”). Lo stesso discorso vale per in emendando nel nono periodo e per studendi nel decimo (che però è un genitivo oggettivo). Anche laboris, che si trova subito dopo in docendo, è un genitivo oggettivo retto da patiens (“tollerante della fatica” = “che tollera la fatica”). 8 Participio sostantivato, come il successivo interrogantes. Attento! Quest’ultimo è preceduto da non: a che cosa si riferisce questa negazione? Evita di tradurre, come fanno molti allievi (evidentemente esprimendo un desiderio inconscio), “non interroghi ulteriormente coloro che fanno domande”! 9 Questo gerundivo sostituisce un gerundio: quindi dictionibus dev’essere tradotto come il suo complemento oggetto. 10 Sottinteso parit. 11 Anticipa la successiva quod... obiurgant, che è una dichiarativa epesegetica (“questo... cioè che...”). 12 Comparativa ipotetica: ricordati che questo tipo di proposizione si rende in italiano esclusivamente con il congiuntivo imperfetto o trapassato. 13 Relativa impropria con valore consecutivo intenzionale. 14 Introduce una proposizione concessiva, come puoi facilmente capire anche dal tamen della proposizione principale. Cfr. tuttavia la nota 14 alla versione 36. 15 Genitivo partitivo retto da satis. 16 Proposizione finale implicita.

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Consigli al futuro oratore TESTO

• Ante omnia futurus orator, (cui1 in maxima celebritate2 et in media3 rei publicae luce vivendum est), adsuescat4 iam a tenero non reformidare homines (neque illa solitaria et velut umbratica vita5 pallescere). • Excitanda mens est (et attollenda semper6), (quae in eius modi secretis aut languescit) [et quendam (velut in opaco) situm ducit] (aut contra tumescit inani persuasione): • necesse est 7 enim (nimium tribuat sibi) (qui8 se nemini comparat). • Deinde (cum proferenda sunt studia), caligat in sole (et omnia nova offendit),9 (ut qui solus10 didicerit) (quod11 inter multos faciendum est). • Mitto12 amicitias, (quae ad senectutem usque firmissime durant) (religiosa quadam necessitudine inbutae13): • neque enim est sanctius sacris isdem quam studiis initiari.14 • Sensum ipsum, (qui communis dicitur), ubi discet, [cum se a congressu, (qui non hominibus solum sed mutis quoque animalibus naturalis est), segregarit15]? • Adde16 (quod domi ea sola discere potest) (quae ipsi17 praecipientur), (in schola etiam18) (quae aliis19). • Audiet (multa cotidie probari), (multa corrigi), (proderit20 alicuius obiurgata desidia), (proderit20 laudata industria), (excitabitur laude aemulatio), (turpe21 ducet cedere pari), (pulchrum22 superasse23 maiores). • Accendunt omnia haec animos, [et (licet24 ipsa vitium sit ambitio), frequenter tamen causa virtutum est].

ANALISI 1 Dativo d’agente che accompagna la perifrastica passiva. 2 Non lasciarti ingannare dal suono della parola: celebritas è un “falso amico” e non significa affatto “celebrità”. 3 L’aggettivo medius, a, um ha qui funzione predicativa (es. in medio foro = “in mezzo al foro”). 4 In questo brano, in cui l’autore dà consigli al futuro oratore, è del tutto naturale incontrare un congiuntivo esortativo (adsuescat, verbo fraseologico, da cui dipendono sia reformidare sia pallescere), come pure la perifrastica passiva, che indica necessità o dovere. 5 Vita non può essere nominativo in quanto il soggetto di tutto il periodo è chiaramente il futurus orator: dunque è ablativo; traducilo in stretta connessione con il verbo palle-

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scere. Il precedente velut, con cui esso allittera, non è un introduttore: la sua funzione è quella, tipicamente latina, di attenuare una metafora ardita (cfr. umbratica e pallescere). 6 Sottinteso est. Nella successiva velut in opaco è sottinteso accidit (comparativa). 7 Necesse est può essere seguito sia dall’infinito sia (se si trova al presente indicativo) dal congiuntivo con o senza ut (proposizione completiva). 8 Qui = is qui, dove is funge da soggetto di tribuat. 9 Anche offendit è un “falso amico”, e qui in modo particolare: presta molta attenzione alla sua traduzione! Il successivo ut qui, come utpote qui e quippe qui, introduce una proposizione relativa impropria con valore causale. 10 Attenzione, non è soggetto! Qual è la sua funzione? 11 Quod = id quod, dove id funge da complemento oggetto di didicerit e quod da soggetto della perifrastica. 12 Ovviamente in questo contesto non significa “mandare” (che senso avrebbe?): controlla con attenzione il vocabolario. 13 Concorda con quae, che a sua volta è riferito ad amicitias. Tale participio congiunto ha valore causale. 14 Considera con attenzione questo breve periodo: sanctius est ha come soggetto l’infinito passivo sostantivato initiari (di genere neutro come tutti gli infiniti); initiari regge il dativo sacris isdem (= iisdem), a cui si ricollega il secondo termine di paragone quam studiis (iisdem). 15 Sta per segregaverit. Osserva la regola del “doppio futuro” (discet nella principale, segregarit nella subordinata). 16 Il verbo addere regge una completiva dichiarativa introdotta da quod; controlla la costru-

zione sul vocabolario. 17 Attenzione: ipsi può essere sia nominativo maschile plurale sia dativo singolare: scegli! Controlla in proposito anche la reggenza del verbo praecipio. 18 Sottinteso potest discere ea. 19 Sottinteso praecipientur. 20 Da prodeo, da prodo o da prosum? 21 Ha funzione predicativa dell’oggetto, che in questo caso è rappresentato dalla proposizione infinitiva cedere pari; il verbo duco dunque ha qui la costruzione con il doppio accusativo: pertanto non significa “condurre”, bensì...? 22 Sottinteso ducet. 23 Sta per superavisse. 24 Funge da introduttore di una proposizione concessiva.

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Per concentrarsi nell’attività di studio è meglio isolarsi in un luogo TESTO

• [Ut1 semel (quod2 est potentissimum) dicam], [secretum, (quod3 dictando4 perit), atque liberum arbitris locum et quam5 altissimum silentium scribentibus6 maxime convenire] nemo dubitaverit.7 • Non tamen protinus audiendi8 (qui credunt aptissima in hoc nemora silvasque), (quod illa caeli libertas locorumque amoenitas sublimem animum et beatiorem spiritum parent9). • Mihi certe iucundus hic magis quam studiorum hortator videtur esse secessus10. • Namque necesse est [illa (quae ipsa delectant) avocent11 ab intentione12 operis destinati]. • Neque enim se bona fide in multa simul intendere animus totum13 potest, [et (quocumque respexit14) desinit intueri] (quod propositum erat). 15

• Quare silvarum amoenitas et praeterlabentia flumina et inspirantes ramis arborum aurae volucrumque cantus et ipsa late circumspiciendi libertas ad se trahunt, (ut16 mihi remittere potius17 cogitationem10 voluptas ista videatur quam intendere). • Demosthenes melius,18 [qui se in locum (ex quo nulla exaudiri vox19) (et ex quo nihil prospici posset20) recondebat], (ne aliud agere mentem cogerent oculi).

• Ideoque (lucubrantes21) silentium noctis et clusum cubiculum et lumen unum velut tectos 22 maxime teneat.

ANALISI 1 Conviene tradurre questa finale in modo implicito. 2 Da quod devi ricavare il complemento oggetto di dicam, che è sottinteso. 3 Quod, che introduce una relativa appositiva, si riferisce all’intera proposizione racchiusa tra parentesi quadre. 4 Ablativo del gerundio, in cui il gerundio italiano e il gerundio latino coincidono.

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appartato 5 Quam accompagna il superlativo altissimum, rafforzandolo. Come si traduce? 6 Participio sostantivato. 7 È congiuntivo potenziale: come si traduce il perfetto? 8 Sottinteso sunt (perifrastica passiva). 9 Attento a cercare il verbo giusto: paro o pareo? A parte l’enorme differenza di significato,

tieni presente che, se parent derivasse da pareo, sarebbe un indicativo, se derivasse da paro sarebbe invece un congiuntivo: perciò, nel primo caso la causale sarebbe oggettiva, nel secondo soggettiva. 10 Costruzione personale di videor. 11 Per spiegare questo congiuntivo senza introduttore, devi controllare la reggenza di necesse est. Osserva inoltre come la relativa quae delectant, pur dipendendo da un congiuntivo ed essendo parte integrante del periodo, non abbia subìto l’attrazione modale, perché esprime una constatazione oggettiva (i bei paesaggi sono in sé piacevoli). 12 “Falso amico”! Fai attenzione. 13 Aggettivo con funzione predicativa dell’oggetto se: puoi tradurlo anche con un avverbio. 14 Ti accorgerai certamente anche “a orecchio” che non si può tradurre questo perfetto con un tempo passato; esso infatti implica un’azione iterativa: indica cioè che tutte le volte che chi scrive volge lo sguardo da qualche parte, si distrae. 15 È plurale perché ad ogni albero corrisponde un soffio di vento: tanti alberi, tanti soffi. In italiano però conviene tradurre con il singolare. 16 È consecutivo: puoi sottintendere adeo nella proposizione reggente. 17 È bene tradurre potius vicino a quam: potius quam. 18 Sottintendi un verbo come faciebat. 19 Sottinteso posset. 20 Relativa impropria con valore consecutivo intenzionale. 21 Participio congiunto con nos, oggetto sottinteso di teneat. 22 Participio predicativo di nos sottinteso.

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È davvero più naturale uno stile improvvisato e incolto? TESTO

• Neque ignoro (quosdam esse) (qui curam omnem compositionis excludant1), {atque [illum horridum sermonem, (ut forte fluxerit2), modo3 magis naturalem, modo etiam magis virilem esse] contendant1}. • [Qui4 si (id demum naturale esse) dicunt] (quod5 natura primum6 ortum est) [et (quale ante cultum fuit)], tota hic ars orandi subvertitur. • Neque enim locuti sunt ad hanc regulam et diligentiam7 primi homines, [nec prohoemiis praeparare,8 (docere9 expositione), (argumentis probare10), (adfectibus commovere9) scierunt]. • Ergo his omnibus, non sola compositione caruerunt: • et11 [si (fieri nihil eorum11 melius) licebat], (ne domibus quidem casas aut vestibus pellium tegmina aut urbibus montes ac silvas mutari12) oportuit.13 • Quae porro ars statim fuit?14 • Quid non cultu mitescit? • Cur vites coercemus manu? • Cur eas fodimus? • Rubos arvis excidimus: • terra et15 hos generat. • Mansuefacimus animalia: • indomita16 nascuntur. • Verum id17 est maxime naturale [quod natura18(fieri optime) patitur19].

ANALISI 1 La relativa ha il congiuntivo caratterizzante. Il precedente ignoro regge qui una oggettiva. 2 Non sempre è possibile motivare con esattezza la presenza di un congiuntivo in una proposizione che dovrebbe avere il verbo all’indicativo: spesso, infatti, più fattori concorrono a

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determinare il fenomeno. Ne è un esempio questa proposizione comparativa, in cui il congiuntivo potrebbe essere giustificato sia dall’attrazione modale, sia dalla soggettività dell’affermazione (per nulla condivisa da chi scrive), sia dalla presenza di una sfumatura eventuale. 3 Modo... modo sono in correlazione: controllane il significato sul vocabolario. 4 È un nesso relativo = et ii (ii è soggetto della condizionale si... dicunt). 5 È legato a id che funge da soggetto della oggettiva. 6 È predicativo di quod: cerca un significato adeguato al contesto. La proposizione seguente è brachilogica ed è da intendere così: et quod est tale, quale ante cultum fuit; et pertanto è introduttore della coordinata alla relativa e quale è introduttore di una comparativa. 7 Puoi rendere bene i due termini con una endiadi. 8 Devi sottintendere il complemento oggetto, che è evidentemente il pubblico dell’oratore. 9 Sottinteso scierunt. 10 Anche qui è sottinteso scierunt. Il complemento oggetto sottinteso non può più essere il

pubblico, bensì la tesi che l’oratore vuole rendere credibile con le sue argomentazioni. 11 Nel testo originario, riportato nella prima sezione, si trova quorum, che è chiaramente un nesso relativo; se lo si scompone in et eorum, et fa parte della principale e come tale non viene considerato introduttore, eorum è retto da nihil che si trova all’interno della soggettiva dipendente da licebat, ed ha funzione di genitivo partitivo. Forse ti domanderai perché quorum non potrebbe essere retto da casas o da tegmina ed essere quindi un semplice complemento di specificazione. La domanda è legittima: però, se dire “le loro capanne” o “le loro pelli” può anche avere un senso, dire “i loro monti e le loro selve” non ne ha più. Perciò abbiamo preferito considerare quorum di genere neutro e farlo reggere da nihil, vicino al quale abbiamo sistemato eorum per maggior chiarezza e per comodità di analisi. 12 Controlla bene sul vocabolario la costruzione del verbo muto. 13 È il cosiddetto falso condizionale: oportuit si traduce in italiano con il condizionale passato. 14 Osserva il cumulo delle interrogative dirette: che si tratti di un artificio retorico è evidente dal fatto che tutte queste domande equivalgono in realtà ad affermazioni (es.: quae ars statim fuit? = nulla ars statim fuit). 15 La congiunzione et non ha qui il compito di coordinare due elementi; quindi sta per...? 16 Indomita è predicativo del soggetto. 17 Questo id è da legare strettamente al successivo quod. 18 Il termine è stato spostato per comodità di analisi. 19 Patitur regge un’oggettiva: dunque non significa “soffrire”.

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Importanza dello svago e del gioco nell’apprendimento TESTO

• Danda est omnibus aliqua remissio, (non solum quia1 nulla res est) (quae2 perferre possit continuum laborem), [atque ea quoque (quae sensu et anima carent), (ut servare vim suam possint), velut3 quiete alterna retenduntur], [sed quod studium discendi4 voluntate, (quae cogi non potest), constat5]. • Itaque et virium6 plus adferunt ad discendum7 (renovati ac recentes)8 et acriorem animum, (qui fere necessitatibus repugnat). • Nec me offenderit 9 lusus in pueris est et10 hoc signum11 alacritatis , (neque sperare possim12) (illum13 tristem semperque demissum erectae circa studia mentis14 fore), (cum in hoc quoque maxime naturali aetatibus illis impetu iaceat). • Modus tamen sit15 remissionibus, (ne aut odium studiorum faciant) (negatae16) (aut otii consuetudinem17 nimiae). • Sunt etiam nonnulli acuendis18 puerorum ingeniis non inutiles lusus, [cum (positis invicem cuiusque generis quaestiunculis19) aemulantur]. • Mores quoque se inter ludendum simplicius detegunt: • (modo20 nulla videatur aetas tam infirma) [quae21 non protinus (quid rectum pravumque sit) discat], tum vel22 maxime formanda23 (cum simulandi nescia est) (et praecipientibus24 facillime cedit); • frangas25 enim citius (quam corrigas26) (quae in pravum induruerunt).

ANALISI 1 Nota la correlazione non solum quia... sed quod (proposizioni causali). 2 La relativa ha il congiuntivo caratterizzante. 3 Il sostantivo quiete è accompagnato da velut, che in questo caso non funge da introduttore, ma attenua un’espressione metaforica: infatti l’autore immagina che le cose si riposino esattamente come le persone. Cerca dunque di rendere velut nel modo adeguato. 4 Discendi è riferito sia a studium che a voluntate: infatti lo studium discendi implica anche una voluntas discendi. Ricordati che, ai fini della traduzione, il gerundio non è altro che la declinazione dell’infinito. 5 Nel cercare il significato di constat sul vocabolario, tieni conto della reggenza che il verbo ha in questo contesto: voluntate... constat. 6 Genitivo partitivo retto da plus. 7 Questo gerundio non ha valore finale, ma è la reggenza del verbo adferunt: quindi è un complemento di moto a luogo figurato. Adferunt ha come oggetti sia plus sia il successivo animum.

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8 Attento: non sono soggetti; il soggetto sottinteso è discipuli. Il participio renovati è congiunto con il soggetto ed ha valore temporale; ad esso è coordinato, con una sorta di variatio, l’aggettivo recentes. 9 Offenderit è un congiuntivo indipendente: che valore ha? Per capirlo ti può essere molto utile esaminare il verbo della proposizione coordinata neque sperare possim: infatti sia il perfetto offenderit che il presente possim hanno lo stesso valore. Sai dire perché? 10 Poiché et non coordina due elementi, vuol dire che ha la stessa funzione di etiam. 11 Signum è il predicato nominale, mentre hoc è il soggetto. Non lasciarti ingannare dal fatto che hoc e signum si trovino uno di seguito all’altro: infatti, quando incontri il verbo “essere” devi controllare sempre con la massima attenzione se abbia funzione di copula (come in questo caso) o di predicato verbale. 12 L’espressione sperare possim è stata spostata per comodità di analisi. 13 È riferito a un discipulum sottinteso. 14 Erectae mentis è genitivo di qualità. 15 Ancora una proposizione principale con il verbo al congiuntivo esortativo. Osserva bene il verbo sit: poiché non ha il predicato nominale, non è copula. La proposizione successiva (ne... faciant) e la sua coordinata (aut... nimiae) sono finali negative. 16 È participio congiunto a remissiones sottinteso ed ha valore ipotetico o temporale, esattamente come il successivo aggettivo nimiae. 17 Sottinteso faciant. 18 Gerundivo in dativo retto da inutiles. 19 Ablativo assoluto. 20 Sta per dummodo e introduce una proposizione ipotetica restrittiva (“purché”, “solo che”...). 21 La relativa impropria anticipata da tam infirma è chiaramente consecutiva. 22 Vel rafforza il superlativo maxime: controlla l’espressione sul vocabolario. 23 Sottinteso est. 24 Participio sostantivato. 25 Congiuntivo indipendente: il soggetto è indeterminato (“tu” generico), dunque? 26 Il paragone tra due verbi in latino (salvo poche eccezioni) richiede che entrambi abbiano lo stesso tempo e lo stesso modo: quindi corrigas corrisponde in tutto a frangas; in italiano invece il verbo che funge da secondo termine di paragone si esprime con l’infinito.

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Durante l’infanzia si possono contemporaneamente ricevere più TESTO

• Quaeri1 solet [an, (etiamsi discenda sint haec2), eodem tempore tamen tradi omnia (et percipi3) possint]. • Negant4 enim quidam, (quia confundatur5 animus) (ac fatigetur5 tot disciplinis in diversum tendentibus), (ad quas nec mens nec corpus nec dies ipse sufficiat6), [et, (si maxime7 patiatur hoc aetas robustior), pueriles annos onerari non oporteat5]. • Sed non satis perspiciunt (quantum natura humani ingenii valeat), (quae ita est agilis ac velox), [sic in omnem partem, (ut ita dixerim8), spectat], (ut ne9 possit quidem aliquid agere tantum10 unum), (in plura vero non eodem die modo sed eodem temporis momento vim suam intendat11). • An vero citharoedi non simul et memoriae et sono vocis et plurimis flexibus serviunt,12 (cum interim alios nervos dextra percurrunt13), (alios laeva trahunt) (continent) (praebent), (ne pes quidem otiosus14 certam legem temporum servat), (et haec pariter omnia15)? • Quid?16 • Nos (agendi17 subita necessitate deprensi) nonne18 alia dicimus (alia providemus), (cum pariter inventio rerum, electio verborum, compositio gestus pronuntiatio vultus motus desiderentur19)? • (Quae si velut sub uno conatu tam diversa parent20 simul), cur non pluribus curis horas partiamur? • (Cum praesertim varietas ipsa21 reficiat animos) (ac reparet), (contraque sit aliquanto difficilius in labore uno perseverare22). ANALISI 1 Il soggetto è rappresentato dalla proposizione interrogativa indiretta an... possint. An sostituisce num o -ne: si tratta di un uso postclassico, perché l’interrogativa non dipende da un’espressione di dubbio. 2 Sono le varie discipline di cui Quintiliano ha parlato nei capitoli precedenti: la matematica, la musica, etc. 3 L’infinito percipi è retto, come tradi, da possint. 4 Come dovresti sapere, nego non significa “negare”, bensì “dire di no”. 5 Causale soggettiva: il congiuntivo segnala che la convinzione non è dell’autore: tienine conto nella traduzione! 6 La relativa ha il congiuntivo perché è impropria: ha infatti valore causale (soggettivo, come le precedenti causali) = et quia ad eas...

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insegnamenti 7 Controlla l’espressione si maxime sul vocabolario: avrai infatti capito che tradurre maxime con “soprattutto” non ha alcun senso. La proposizione ha valore concessivo. Et non oporteat è coordinata alle due precedenti causali soggettive. 8 Congiuntivo potenziale: il perfetto esprime, qui, un’affermazione cauta e modesta. 9 Attento! L’introduttore è ut (consecutivo), non ne. Quest’ultimo è infatti seguito da quidem. 10 Non lasciarti ingannare da tantum: è un avverbio. 11 È sempre retto da ut consecutivo. 12 Questo verbo non è facile da rendere in italiano: leggi attentamente il testo e poi, solo dopo aver compreso la situazione, cerca sul vocabolario un significato adeguato. L’interrogativa diretta introdotta da an esprime, come spesso, ironica meraviglia, e serve a convalidare l’affermazione precedente ponendo in contrasto con essa un’osservazione palesemente insostenibile. In pratica an sostituisce num. 13 Percurrunt e i verbi coordinati hanno come complemento oggetto le corde di uno strumento: scegli perciò significati adatti al contesto! 14 In questo caso, se traduci alla lettera, stravolgi completamente il senso dell’affermazione; il significato di quest’espressione è infatti il seguente: et pes, ne ipse quidem otiosus,... servat. Volendo, puoi sottintendere est e fare della successiva certam legem... servat una coordinata avversativa (quindi introdotta da sed), il che ti consente comunque di rimanere fedele alle intenzioni dell’autore. 15 Sottinteso faciunt. 16 Il verbo è sottinteso (dicam o simili). 17 Attento! Sei di fronte ad un notevole scoglio lessicale. Dovrai scegliere il significato di agere fra i termini tecnici che riguardano l’oratore. 18 Interrogativa diretta retorica: la risposta prevista è “sì” o “no”? 19 Altro scoglio lessicale: il significato di questo verbo deve adeguarsi via via nella traduzione italiana ai vari soggetti che sono elencati immediatamente prima. 20 Che verbo è? Paro o pareo? Solo il senso può dirtelo. E, di conseguenza: di che tipo è il periodo ipotetico indipendente? Bada che partiamur, il verbo dell’apòdosi, è un congiuntivo dubitativo! 21 Abbiamo spostato il termine per esigenze di analisi. Le tre proposizioni coordinate introdotte da cum (cum... reficiat, ac reparet, contraque sit) sono causali. La principale è ancora quella del periodo precedente. 22 Perseverare funge da soggetto di difficilius est. Il comparativo è assoluto.

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È controproducente essere troppo severi con gli allievi TESTO

• Ne illud quidem1 (quod admoneamus)2 indignum est, (ingenia puerorum nimia interim emendationis severitate deficere); • nam et desperant (et dolent) (et novissime oderunt) [et, (quod maxime nocet),3 (dum omnia timent) nihil conantur]. • Quod4 etiam rusticis notum est, (qui non putant)5 (frondibus teneris adhibendam esse6 falcem), (quia reformidare ferrum videntur) (et nondum7 cicatricem pati posse). • Iucundus ergo tum maxime8 debet esse praeceptor, [ut remedia, (quae alioqui natura sunt aspera9), molli manu leniantur10]: • 11laudare aliqua, (ferre quaedam), (mutare etiam) [reddita (cur id fiat) ratione], (inluminare interponendo aliquid sui). • Nonnumquam hoc12 quoque erit utile, (totas ipsum dictare materias), (quas et imitetur puer)13 (et interim tamquam suas amet): • at (si tam neglegens ei stilus fuerit)14 (ut emendationem non recipiat),11 expertus sum (prodesse) {quotiens [eandem materiam (rursus a me retractatam) scribere de integro] iuberem15}: • (posse enim eum adhuc melius);16 • (quatenus nullo magis studia quam spe gaudent).17 • Aliter autem alia aetas emendanda est, (et pro modo virium et exigendum)18 (et corrigendum opus). • Solebam ego dicere pueris (aliquid ausis licentius aut laetius19) (laudare illud me adhuc), (venturum tempus) (quo idem non permitterem):20 • ita et ingenio gaudebant (et iudicio non fallebantur).

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ANALISI 1 Il ne non è introduttore: che cosa significa ne... quidem con il vocabolo negato interposto? Illud è prolettico rispetto ad una frase successiva (= la anticipa): quale? 2 Hai ripassato i costrutti di dignus e indignus? Qui indignum è costruito con la relativa che ha il congiuntivo caratterizzante: come la si traduce? 3 Inciso in forma di relativa appositiva: si riferisce a quanto viene detto subito dopo. 4 Attento a questo quod! Non è un introduttore, ma un nesso relativo (= et id). 5 L’ordine delle parole è stato leggermente alterato per esigenze di analisi. 6 Perifrastica passiva: ne incontrerai altre nel corso del brano. 7 Sottinteso videntur. 8 “Particolarmente allora”: cioè quando? 9 Natură o natura–? Asperă o aspera–? Aspera concorda con natura o con remedia? 10 Proposizione finale o consecutiva? 11 Il verbo reggente è ancora debet della frase precedente. 12 Hoc è prolettico rispetto alla soggettiva totas ipsum dictare materias. 13 Relativa impropria: quas... imitetur = ut imitetur eas. Che valore ha questo ut? Altrettanto dicasi per la coordinata et... amet. 14 Fuerit è un congiuntivo (perfetto) o un indicativo (futuro anteriore)? 15 Traduci con l’indicativo questo congiuntivo (eventuale o forse, più semplicemente, dovuto ad attrazione modale). La persona a cui si ordina è eum sottinteso. 16 Brevissima oratio obliqua che dipende idealmente da un dicebam sottinteso. Dopo posse sottintendi facere. 17 Manca la principale, sottintesa (“mi comportavo così” o simili). Nullo (da nihil, non da nemo!) è irregolare: l’ablativo di nihil dovrebbe essere nulla re. 18 Sottinteso, come nella frase successiva, est. 19 Comparativi assoluti: di aggettivi o avverbi? 20 Questa frase è coordinata alla precedente mediante asindeto avversativo: traducila come se davanti a venturum (sottinteso esse) ci fosse sed. La relativa quo... non permitterem ha il congiuntivo obliquo; poiché è sullo stesso piano temporale di venturum (esse), si traduce anch’essa con il condizionale passato, che in italiano esprime un’azione posteriore rispetto ad una passata (solebam dicere).

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Cicerone fu davvero un grande oratore TESTO

• Mihi videtur M. Tullius, (cum se totum ad imitationem Graecorum contulisset), effinxisse1 vim Demosthenis, copiam Platonis, iucunditatem Isocratis. • Nec vero (quod2 in quoque3 optimum fuit) studio consecutus est tantum,4 (sed plurimas vel potius omnes ex se5 ipso virtutes extulit inmortalis ingenii beatissima ubertas). • Non enim pluvias, (ut ait Pindarus), aquas colligit, (sed vivo gurgite exundat), (dono quodam providentiae genitus) (in quo6 totas vires suas eloquentia experiretur). • Nam quis docere diligentius, (movere vehementius) potest,7 (cui8 tanta umquam iucunditas adfuit)? • {ut9 [ipsa illa (quae extorquet10) impetrare eum] credas}, [et (cum transversum vi sua iudicem ferat11), tamen ille non rapi1 videatur12] (sed sequi1). • Iam in omnibus (quae dicit) tanta auctoritas inest (ut dissentire pudeat), (nec advocati studium sed testis aut iudicis adferat13 fidem), [cum interim haec omnia, (quae vix singula quisquam intentissima cura consequi posset14), fluunt15 inlaborata], [et illa (qua16 nihil pulchrius auditum est) oratio prae se fert17 tamen felicissimam facilitatem].

ANALISI 1 Infinito con il nominativo, tipico della costruzione personale di videor. 2 Meglio sdoppiarlo in id quod, dove id funge da complemento oggetto di consecutus est e quod da soggetto di fuit. 3 Non è la congiunzione quoque, ma l’ablativo del pronome indefinito quisque, e si riferisce ai singoli oratori nominati prima. 4 Non tradurre con “tanto”! 5 È riferito logicamente a Cicerone, come si nota dal successivo ipso, anche se il soggetto grammaticale è ubertas. 6 La relativa è impropria ed ha valore finale. Puoi renderla più chiara sostituendo a in quo la forma esplicita ut in eo... 7 Potest regge sia docere che movere e si può rendere in italiano con il cosiddetto “falso condizionale”.

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8 È ancora un pronome interrogativo, come il precedente quis, e non un relativo. 9 Ut è consecutivo: conviene sottintendere eo oppure adeo (= eo ut...; adeo ut...) per rendere più chiara la traduzione. La principale è ancora quella del periodo precedente (in pratica, il periodo continua anche oltre il punto interrogativo). 10 Ti sarai reso conto, traducendo il brano, che vi compaiono parecchi termini fortemente espressivi, la cui resa in italiano non è semplice. Qui Quintiliano, in veste di critico letterario, ricorre ad una terminologia mirata ad esprimere la straordinaria forza dell’eloquenza ciceroniana. La difficoltà del traduttore consiste nella ricerca del significato più appropriato per ciascun termine. Nota la forte contrapposizione tra extorquet e impetrare e, poco oltre, tra rapi e sequi. Osserva poi come, a sottolineare ulteriormente la forza del vocabolo extorquet, la relativa propria conservi l’indicativo, pur essendo in condizione di assumere il congiuntivo per attrazione modale: il fatto è che, in questo caso, sugli automatismi (presunti) della sintassi prevale la volontà di Quintiliano di presentare questa azione come oggettiva e indiscutibilmente reale (Cicerone effettivamente estorce alcune sentenze!). 11 Che valore ha questo cum + congiuntivo seguito da tamen? 12 È retto ancora da ut consecutivo, come pure il videatur sottinteso nella successiva sed sequi. 13 La proposizione è coordinata alla consecutiva: pertanto adferat è retto da ut. 14 La relativa ha il congiuntivo irreale (Quintiliano giudica impossibile che qualcuno riesca a raggiungere gli effetti ottenuti da Cicerone). 15 Cum + indicativo esprime una proposizione temporale. Nota la pregnanza dell’espressione fluunt inlaborata, che presuppone una predisposizione innata di Cicerone per l’eloquenza (non per nulla prima lo ha definito dono quodam providentiae genitus!). 16 Secondo termine di paragone. 17 Cerca sul vocabolario la locuzione prae se ferre.

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Un giudizio poco lusinghiero su Seneca TESTO

• Ex industria Senecam in omni genere eloquentiae distuli, propter vulgatam falso de me opinionem [qua damnare eum (et invisum quoque habere1) sum creditus2]. • Quod accidit mihi3 (dum corruptum et omnibus vitiis fractum dicendi genus revocare ad severiora iudicia contendo): • tum autem solus hic fere in manibus adulescentium fuit. • Amabant autem eum magis (quam imitabantur), (tantumque ab illo defluebant) (quantum4 ille ab antiquis descenderat). • Foret5 enim optandum (pares ac saltem proximos illi viro fieri6). • Sed placebat propter sola vitia, (et ad ea se quisque dirigebat effingenda7) (quae poterat): • deinde (cum se iactaret eodem modo dicere), Senecam infamabat. • Cuius8 et multae alioqui et magnae virtutes fuerunt, ingenium facile et copiosum, plurimum studii, multa rerum cognitio, [in qua tamen aliquando ab iis (quibus inquirenda9 quaedam mandabat) deceptus est]. • Tractavit etiam omnem fere studiorum materiam: • nam et orationes eius et poemata et epistulae et dialogi feruntur. • In philosophia parum diligens fuit,10 (egregius tamen vitiorum insectator). • Multae in eo11 claraeque sententiae, (multa etiam morum gratia legenda11), (sed in eloquendo corrupta pleraque, atque eo12 perniciosissima) (quod abundant dulcibus vitiis). • Velles13 (eum suo ingenio dixisse, alieno14 iudicio): • nam (si15 aliqua contempsisset), (si prava non concupisset), (si non omnia sua amasset), (si rerum pondera minutissimis sententiis non fregisset), consensu potius eruditorum quam puerorum amore comprobaretur.

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ANALISI 1 Habeo in questo contesto non significa “avere”, infatti ha la costruzione con il doppio accusativo. Eum è il complemento oggetto non solo di damnare ma anche di habere; invisum ha funzione predicativa. Puoi tradurre l’espressione habere invisum con un unico verbo ricavato da invisum: cerca pertanto questo termine sul vocabolario. 2 In latino si usa la costruzione personale, in italiano invece si usa quella impersonale. Ricordi dicor, trador, narror, feror, ecc.? Se sì, dovresti sapere che di norma, con i tempi composti, si preferisce la costruzione impersonale. 3 Quod è un nesso relativo (= sed id). Con dum indicante contemporaneità in latino si trova il presente indicativo, ma in italiano che tempo devi usare? 4 Correlativo a tantum. 5 Sta per esset. Siamo in presenza di un congiuntivo indipendente: che valore ha? 6 Il soggetto è sottinteso, ma è facile capire che si tratta degli adulescentes di cui sta parlando. 7 Ad ea... effingenda è la reggenza di dirigebat. 8 Cuius = et eius (nesso relativo). 9 Questo gerundivo è predicativo: puoi tradurlo come il gerundivo della perifrastica passiva. 10 Il termine è stato spostato per esigenze di analisi. 11 Sottinteso sunt. 12 Anche in questa frase è sottinteso sunt. Nella proposizione successiva l’introduttore è quod: ricordi l’espressione eo... quod? In caso contrario controlla il vocabolario sotto la voce eo (non confonderla però con il verbo “andare”!) 13 Studiando i congiuntivi delle proposizioni principali hai sicuramente incontrato tra i desiderativi velim e vellem: essi si traducono in italiano nello stesso modo, ma indicano l’uno un desiderio realizzabile, l’altro un desiderio irrealizzabile. 14 Alieno è fortemente contrapposto a suo: in italiano è necessario farlo capire, mettendo al posto della virgola una congiunzione avversativa. 15 Inizia qui un periodo ipotetico indipendente del terzo tipo o della irrealtà. Esso è costituito da quattro proposizioni coordinate che fungono da protasi e da una apodosi. Come puoi notare, nelle protasi il verbo è al piuccheperfetto congiuntivo, per indicare una ipotesi nel passato; l’apodosi invece ha il verbo al congiuntivo imperfetto, per indicare la conseguenza nel presente. Nella traduzione devi ovviamente mantenere le stesse relazioni di tempo.

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Solo un uomo onesto può essere un vero oratore TESTO

• Rerum ipsa natura, in eo (quod1 praecipue indulsisse2 homini videtur) (quoque nos a ceteris animalibus separasse3), non parens sed noverca fuerit4 (si facultatem dicendi sociam5scelerum, adversam innocentiae, hostem veritatis invenit6). • Mutos enim nasci et egere omni ratione satius fuisset 7 quam providentiae munera in mutuam perniciem convertere. • Longius tendit hoc iudicium meum. • Neque enim tantum id 8 dico, [eum (qui sit9 orator) virum bonum esse] (oportere10), (sed ne futurum11 quidem oratorem nisi virum bonum). • Nam certe neque intellegentiam concesseris12 iis [qui (proposita honestorum ac turpium via)13 peiorem sequi malent], neque prudentiam, (cum in gravissimas14 frequenter legum, semper vero malae conscientiae poenas a semet ipsis inproviso rerum exitu induantur). • [Quod si (neminem malum esse nisi stultum eundem15) non modo a sapientibus dicitur] (sed vulgo quoque semper est creditum), certe non fiet umquam stultus16 orator.

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ANALISI 1 Quod introduce la relativa il cui verbo è videtur, però nello stesso tempo funge da comple-

mento oggetto del verbo della infinitiva indulsisse; qualcosa di analogo accade nella proposizione seguente coordinata alla relativa quoque nos... separasse, dove quoque (= et quo) rappresenta il complemento di mezzo del verbo separasse. 2 Il soggetto è natura. 3 Sta per separavisse ed è retto da videtur. 4 Questa proposizione, con il verbo al congiuntivo perfetto, ha funzione di apodosi di un

periodo ipotetico indipendente della possibilità. Per la protasi vedi la nota 7. 5 È predicativo dell’oggetto, come i successivi adversam e hostem. 6 Questa è la protasi, che, come puoi vedere, ha il verbo all’indicativo, il che significa che è

presentata come reale. Siamo dunque in presenza di un periodo ipotetico misto (apodosi della possibilità e protasi della obiettività). La traduzione letterale in italiano suonerebbe così: “se la natura ha inventato..., sarebbe stata...”. È chiaro che non puoi fornire una simile traduzione, che nella nostra lingua è scorretta: pertanto devi cercare di capire il pensiero dell’autore e poi esprimerlo in buon italiano. In pratica, Quintiliano ragiona per assurdo, immaginando che la natura abbia veramente inventato l’arte del dire come uno strumento al servizio del male. In questa situazione si sarebbe potuto dare alla natura l’appellativo di matrigna, da cui una apodosi presentata appunto come possibile. 7 È un congiuntivo indipendente: sai riconoscerlo? 8 È prolettico rispetto alla proposizione soggettiva eum... esse. 9 La relativa ha il congiuntivo obliquo. 10 Dipende da dico e regge eum... esse. 11 Sottinteso esse. Questa proposizione è oggettiva e dipende da dico. 12 È un congiuntivo potenziale al perfetto: come si traduce? 13 Proposita... via è un ablativo assoluto. 14 È riferito a poenas, che regge i due genitivi legum e malae conscientiae. 15 Eundem è qui rafforzativo: non tradurlo con “il medesimo”, ma con una espressione avver-

biale; controlla in proposito il vocabolario. 16 Attento! Non è predicativo del soggetto, ma aggettivo sostantivato che funge da soggetto.

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Nell’eloquenza sono più importanti le doti naturali o la dottrina? TESTO

• Scio (quaeri etiam) (naturane plus ad eloquentiam conferat) (an doctrina). • Quod ad propositum quidem operis nostri nihil pertinet, (neque enim consummatus orator nisi ex utroque fieri potest), [tamen (plurimum referre) arbitror] [quam (esse in hoc loco) quaestionem velimus]. • Nam (si parti utrilibet omnino alteram detrahas), natura etiam sine doctrina multum valebit, (doctrina nulla esse sine natura poterit). • (Sin ex pari coeant), (in mediocribus quidem utrisque maius adhuc naturae esse momentum) credam, [autem (consummatos plus doctrinae debere quam naturae) putabo], (sicut terrae nullam fertilitatem habenti nihil optimus agricola profuerit), [e terra uberi utile aliquid (etiam nullo colente) nascetur], (at in solo fecundo plus cultor quam ipsa per se bonitas soli efficiet). • Et (si Praxiteles signum aliquod ex molari lapide exculpere conatus esset), Parium marmor mallem rude: • at (si illud idem artifex expolisset), plus in manibus fuisset quam in marmore. • Denique natura materia doctrinae est: • haec fingit, (illa fingitur). • Nihil ars sine materia, (materiae etiam sine arte pretium) est; • ars summa materia optima melior.

ANALISI DETTAGLIATA Il brano è articolato in dieci periodi: PRIMO PERIODO: Scio (quaeri etiam) (naturane plus ad eloquentiam conferat) (an doctrina). Scio appartiene ai verba sentiendi e come tale regge una proposizione oggettiva, come sempre senza introduttore. Quaero è un verbo di domanda, perciò generalmente è seguito da una proposizione interrogativa indiretta, come in questo caso. Come puoi notare quaeri è passivo e non si vede traccia di un soggetto, il che significa che esso è usato impersonalmente. A dire il vero il soggetto esiste, ma siccome è rappresentato dall’intera interrogativa indiretta, che in effetti

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costituisce l’argomento dell’indagine, il verbo quaeri deve essere considerato impersonale. L’interrogativa indiretta in questione è disgiuntiva, cioè è composta da due membri di cui il primo è introdotto da -ne enclitico, il secondo da an, con il verbo conferat sottinteso.

SECONDO PERIODO: Quod ad propositum quidem operis nostri nihil pertinet, (neque enim consummatus orator nisi ex utroque fieri potest), [tamen (plurimum referre) arbitror] [quam (esse in hoc loco) quaestionem velimus]. Quod è un nesso relativo e funge da soggetto di pertinet. La preposizione ad regge propositum, secondo l’abituale costruzione del verbo pertinet, che puoi controllare sul vocabolario. Nihil ha funzione di avverbio (“per nulla”) e dunque non regge operis nostri. All’interno della coordinata introdotta da neque il soggetto è consummatus orator, mentre ex utroque, retto dal verbo fieri, è complemento di origine, pertanto non è difficile ormai capire quale significato si debba attribuire a fieri. Utroque si riferisce ai due elementi indispensabili alla formazione del perfetto oratore, natura e doctrina. Forse ti domanderai come mai utroque non sia femminile visto che natura e doctrina lo sono, ma, secondo le regole della concordanza, in riferimento a due o più nomi astratti femminili, benché si possa usare anche il femminile, più comunemente si usa il neutro, come in questo caso. La posizione di tamen è stata spostata solo per comodità di analisi. Per quanto riguarda il significato di referre, la presenza dell’avverbio plurimum deve indurti a cercare sotto la voce refert e non sotto refero, altrimenti ti troveresti fuori strada. Quam è un aggettivo interrogativo riferito a quaestionem di cui è il predicato nominale. Velimus non è servile, perché non c’è identità di soggetto con l’infinitiva. Le proposizioni sono dunque due, una interrogativa indiretta con il verbo velimus, il cui soggetto è nos sottinteso, e una oggettiva con il verbo all’infinito esse, il cui soggetto è questionem. La struttura sintattica di queste due proposizioni merita un’attenzione particolare: quam, l’introduttore della interrogativa indiretta, risulta infatti essere anche il predicato nominale di quaestionem, che funge contemporaneamente da complemento oggetto di velimus e da soggetto dell’oggettiva esse in hoc loco. Sembra un discorso complicato, ma in italiano esiste una costruzione molto simile a quella latina. Per esempio: “Ti chiedo quale pensi che sia il motivo della mia visita”: ti chiedo = proposizione principale; quale pensi = proposizione interrogativa indiretta; che sia il motivo della mia visita = proposizione oggettiva: l’aggettivo “quale” introduce l’interrogativa, ma ha anche funzione predicativa del soggetto dell’oggettiva: “Tu pensi che il motivo della mia visita sia... quale?”.

TERZO PERIODO: Nam (si parti utrilibet omnino alteram detrahas), natura etiam sine doctrina multum valebit, (doctrina nulla esse sine natura poterit). Siamo di fronte ad un periodo ipotetico indipendente con una protasi e con due apodosi coordinate fra di loro, di cui la prima funge da principale. Esso si presenta con la protasi al congiuntivo presente e con le apodosi all’indicativo futuro: in quale tipo rientra? Se conosci il greco, non ti sarà difficile individuarlo come un periodo ipotetico della eventualità; se però non hai studiato il greco, sappi che in casi come questo puoi tradurre la protasi con “se” + il futuro, oppure con “nel caso che” + congiuntivo presente.

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Nel tradurre alteram ricordati che questo pronome indica sia “uno dei due”, sia “l’altro”: a te la scelta. I termini in contrapposizione sono sempre natura e doctrina.

QUARTO PERIODO: (Sin ex pari coeant), (in mediocribus quidem utrisque maius adhuc naturae esse momentum) credam, [autem (consummatos plus doctrinae debere quam naturae) putabo], (sicut terrae nullam fertilitatem habenti nihil optimus agricola profuerit), [e terra uberi utile aliquid (etiam nullo colente) nascetur], (at in solo fecundo plus cultor quam ipsa per se bonitas soli efficiet). Il periodo ipotetico è identico al precedente, ma essendo introdotto da sin è avversativo rispetto a quello. L’autore ora prende in considerazione due oratori di medie capacità e due oratori perfetti ed esprime le sue convinzioni circa l’importanza delle doti naturali, natura, e delle tecniche acquisite con lo studio, doctrina. La contrapposizione è accentuata dall’uso di quidem... autem...: poiché la funzione di quidem è semplicemente quella di anticipare autem, puoi evitare di tradurlo. A proposito di momentum, il termine ha molti significati: non fermarti al primo, ma scegli sempre in base al contesto; esso è il soggetto da cui dipende il genitivo di specificazione naturae; maius è predicato nominale, esse è copula. Credam è stato spostato per comodità di analisi. Devi comunque stabilire se sia indicativo futuro o congiuntivo presente: per effettuare la tua scelta ti conviene procedere per confronto e metterlo in relazione con il verbo della precedente apodosi e con quello della successiva coordinata: entrambi sono al futuro, dunque non ci sono dubbi: anche credam è futuro. All’interno della seconda oggettiva, retta dal verbo putabo, doctrinae non è un genitivo retto da plus come potrebbe sembrare a prima vista, bensì un dativo retto da debere il quale non è usato come servile perché non è seguito da un infinito: cerca pertanto di rendere in modo adeguato anche il suo significato. Consummatos, il soggetto, sottintende utrosque, come si ricava, per confronto, dalla precedente oggettiva retta da credam. Con sicut l’autore introduce qualche esempio per rendere più chiaro il suo pensiero: vengono presi in considerazione prima un terreno arido contrapposto ad un terreno fertile (fai attenzione al forte asindeto avversativo prima di e terra, che dovrai rendere con “mentre”), poi un materiale vile contrapposto ad un materiale pregiato (nel quinto periodo): cerca di seguire attentamente i passaggi e di non perdere il filo del discorso, perché il ragionamento è piuttosto complesso. Sicut… profuerit è una proposizione comparativa. Il verbo prosum regge il dativo naturae con cui è concordato il participio habenti. E terra uberi è complemento di origine retto da nascetur e utile aliquid è soggetto. Ricordi la regola di aliquid seguito da un aggettivo neutro? Se l’aggettivo è della seconda classe, concorda con aliquid, se è della prima classe si esprime con il genitivo. In italiano in entrambi i casi si traduce “qualcosa di...”. Nullo colente è ablativo assoluto: alla lettera suona così: “non coltivandolo nessuno”; cerca di esprimerlo meglio. Nella proposizione introdotta da at i soggetti paragonati tra loro sono cultor e bonitas; da quest’ultimo dipende soli: si tratta del sostantivo neutro solum, i o dell’aggettivo solus, a, um? Sii oculato nella scelta!

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QUINTO PERIODO: Et (si Praxiteles signum aliquod ex molari lapide exculpere conatus esset), Parium marmor mallem rude: È questo un chiaro esempio di periodo ipotetico del terzo tipo o della irrealtà; nel tradurlo però fai attenzione ai tempi dei verbi: infatti nella protasi il congiuntivo è piuccheperfetto ed esprime azione passata, nella apodosi invece il congiuntivo è imperfetto, perciò esprime azione presente. L’ipotesi è irreale, in quanto Prassitele non ha scolpito nessuna statua da una macina da mulino.

SESTO PERIODO: at (si illud idem artifex expolisset), plus in manibus fuisset quam in marmore. Di nuovo un periodo ipotetico del terzo tipo messo in contrapposizione con il precedente mediante la congiunzione avversativa at.

SETTIMO PERIODO: Denique natura materia doctrinae est: natura e materia sono entrambi in nominativo, ma uno è soggetto, l’altro è predicato nominale: sai identificarli?

OTTAVO PERIODO: haec fingit, (illa fingitur). Due proposizioni coordinate per asindeto: in questo caso l’introduttore sottinteso, at o autem, è sostituito dalla virgola (asindeto avversativo). Haec si riferisce al termine più vicino, cioè a doctrina, illa al termine più lontano, cioè a natura. Il verbo fingo è usato prima in forma attiva, poi in forma passiva: non dimenticarlo al momento della traduzione.

NONO PERIODO: Nihil ars sine materia, (materiae etiam sine arte pretium) est; Di nuovo due coordinate per asindeto, di cui la prima principale. Il verbo est vale per entrambe. Attento però: nel primo caso è copula, nel secondo è predicato verbale.

DECIMO PERIODO: ars summa materia optima melior. È ancora sottinteso est. Ars summa materia optima: non lasciarti ingannare dalle desinenze! Ars summa è il soggetto (infatti ars non può essere altro che nominativo) e summa è il suo attributo; il verbo è est, il predicato nominale è melior che è comparativo, dunque materia optima deve essere il secondo termine di paragone, perciò in caso ablativo.

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Amore e morte TESTO

• Per idem tempus Octavius Sagitta plebei tribunus, Pontiae mulieris nuptae amore vaecors, ingentibus donis adulterium et mox (ut omitteret maritum)1 emercatur, (suum matrimonium promittens) (ac nuptias eius pactus). • Sed (ubi mulier vacua fuit), nectere2 moras, (adversam patris voluntatem causari) [et3 (reperta spe ditioris coniugis) promissa exuere4]. • Octavius contra modo conqueri, (modo minitari), (famam perditam),5 (pecuniam exhaustam) (obtestans), [denique salutem, (quae sola reliqua esset),6 arbitrio eius permittens]. • Ac (postquam7 spernebatur), noctem unam ad solacium poscit, [ut (ea– delenitus)8 modum in posterum adhiberet]. • Statuitur nox, (et Pontia consciae ancillae custodiam cubiculi mandat). • Ille uno cum liberto ferrum veste occultum infert. • Tum, (ut adsolet9 in amore et ira), iurgia preces, exprobratio satisfactio;10 • et pars tenebrarum libidini seposita;11 • sed (quasi incensus ex ea)12 (nihil metuentem)13 ferro transverberat (et adcurrentem ancillam vulnere absterret) (cubiculoque prorumpit).

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ANALISI 1 Tipica dello stile tacitiano è la tendenza alla variatio, che consiste nel rifiuto di ogni preve-

dibile accostamento sintattico; in questo caso abbiamo un complemento oggetto (adulterium) coordinato con una frase completiva di senso oggettivo (ut omitteret maritum). Emercatur è un presente storico: nel brano ne incontrerai altri; puoi tradurli con un tempo passato, o, se preferisci, mantenere il presente, che conferisce maggiore drammaticità ad alcune situazioni. 2 Infinito storico o narrativo. Ve ne sono altri in questo brano: sai riconoscerli? In caso di

dubbio, li troverai elencati in fondo alla pagina. 3 Il -que è stato trasformato in et e spostato nella sede richiesta dall’analisi. 4 Non tradurre alla lettera questa espressione! 5 Questo verbo ed il successivo exhaustam sottintendono esse. 6 Questo congiuntivo va reso con l’indicativo nella traduzione: si tratta infatti di un congiun-

tivo obliquo, dovuto al fatto che si riportano indirettamente le parole di qualcuno (in questo caso Ottavio). 7 Causale, piuttosto che temporale. 8 Qua... adhiberet è una relativa impropria con valore finale: qua– è dunque da svolgere in

ut ea–. La traduzione letterale dell’intera frase (“placato dalla quale usasse moderazione per l’avvenire”) è ben poco soddisfacente: dovrai modificarla.

9 Sottinteso fieri, evenire o simili. 10 Attento a satisfactio, che qui non significa affatto “soddisfazione”. È sottinteso il verbo fue-

runt. Altro stilema tipicamente tacitiano è l’ellissi del verbo: come qui puoi ben notare, Tacito conferisce con questo espediente la massima evidenza alle situazioni; cerca, se riesci, di mantenere questo effetto nella tua traduzione. 11 Sottinteso est. 12 Ex qua è un nesso relativo, da svolgere in sed ex ea. Incensus sottintende esset (la reggente

ha il presente storico) ed è il verbo di una comparativa ipotetica. 13 Il participio è riferito ad un mulierem sottinteso, che dovrai esplicitare.

Gli infiniti storici sono: causari, exuere, conqueri, minitari.

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La grande eloquenza fiorisce in tempi inquieti TESTO

• Crescit cum amplitudine rerum vis ingenii, (nec quisquam claram et inlustrem orationem efficere potest)1 (nisi qui causam parem invenit).2 • Non opinor Demosthenem orationes inlustrant (quas adversus tutores suos composuit),3 (nec Ciceronem magnum oratorem P. Quintius defensus aut Licinius Archias4 faciunt5): • Catilina et Milo et Verres et Antonius hanc illi famam circumdederunt;6 • (non quia7 tanti8 fuerit rei publicae malos ferre cives), [ut uberem (ad dicendum)9 materiam oratores haberent], [sed, (ut subinde admoneo),10 quaestionis meminerimus]11 (sciamusque) (nos de ea re12 loqui), (quae facilius turbidis et inquietis temporibus existit). • Quis ignorat (utilius ac melius esse frui pace quam13 bello vexari)? • Pluris14 tamen bonos proeliatores bella quam pax ferunt. • Similis eloquentiae condicio.15 • Nam (quo saepius steterit16 tamquam in acie) (quoque pluris14 et intulerit ictus) (et exceperit) (quoque maiores adversarios acrioresque pugnas sibi ipsa desumpserit), tanto altior et excelsior et illis nobilitata discriminibus in ore hominum agit, (quorum ea natura est), (ut secura velint), (<periculosa mirentur>)17.

ANALISI 1 Due sono le interpretazioni possibili di questa frase, a seconda che claram et inlustrem

siano considerati predicativi di orationem oppure no: prova a tradurla in entrambi i modi. 2 Per la legge dell’anteriorità, molto rigorosa in latino, il verbo sarà inve–nit, non invĕnit. Che differenza c’è? 3 Demostene, rimasto orfano di padre, fu costretto ad esordire giovanissimo come oratore

giudiziario in una causa contro i suoi tutori Àfobo e Onètore, che avevano dilapidato il suo patrimonio. 4 Il concreto per l’astratto, come d’abitudine in latino; nel tradurre, però, dovrai usare l’a-

stratto (non “Publio Quinzio difeso”, ma...).

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5 Faciunt è costruito con il doppio accusativo: perciò magnum oratorem è predicativo di

Ciceronem. 6 Ricordi la duplice costruzione di circumdo? Se no, ripassala. 7 Espressione brachilogica: è sottinteso il verbo principale. Traduci svolgendo così: dico hoc

non quia. È questo l’unico caso in cui la proposizione causale mantiene il congiuntivo anche in italiano; si tratta infatti di una causa fittizia cui dovrebbe seguire una causa reale introdotta da sed quia + indicativo: qui però il costrutto si fa ardito con l’uso della variatio rappresentata dai congiuntivi esortativi meminerimus sciamusque. Noi ci aspetteremmo invece una costruzione di questo tipo: “non perché... ma perché l’eloquenza fiorisce meglio in tempi burrascosi”. 8 Genitivo di stima. 9 Proposizione finale implicita inserita dentro una finale esplicita. 10 Inciso in forma di comparativa. 11 Congiuntivo esortativo, come il successivo sciamus; il fatto che meminerimus sia con-

giuntivo perfetto non deve stupirti: memini ha solo il perfetto (con valore di presente). I due congiuntivi esortativi sono coordinati con la causale quia... fuerit. 12 Allude, ovviamente, all’eloquenza. 13 Frui è un infinito sostantivato che funge da soggetto di esse melius, mentre vexari costitui-

sce il secondo termine di paragone. Per la costruzione di magis quam, potius quam, melius quam confronta la scheda 30 a sulle comparative. 14 Pluris = plures. 15 Sottinteso est. 16 Comparativa di uguaglianza, come le successive quoque (= et quo)... intulerit, et exceperit,

quoque... desumpserit. Quo e tanto, correlativi, sono ablativi di misura richiesti dalla presenza dei comparativi saepius, pluris ecc. (“quanto più... tanto più...”). Di norma la comparativa ha l’indicativo, per cui steterit, intulerit, exceperit e desumpserit saranno più facilmente dei futuri anteriori che dei congiuntivi perfetti (in tal caso di senso eventuale), anche se nella principale non c’è il futuro, ma il presente (agit). Comunque l’anteriorità è rispettata. 17 Proposizioni consecutive.

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Costumi delle donne germaniche TESTO

• Ergo saepta pudicitia agunt,1 (nullis spectaculorum illecebris, nullis conviviorum irritationibus corruptae). • Litterarum secreta2 viri pariter ac feminae ignorant. • Paucissima in tam numerosa gente adulteria,3 (quorum poena praesens4) (et maritis permissa): • (abscisis crinibus) (nudatam)5 coram propinquis expellit domo maritus (ac per omnem vicum6 verbere agit); • (publicatae) enim pudicitiae nulla venia:7 • non forma, non aetate, non opibus maritum invenerit.8 • Nemo enim illic vitia ridet,9 (nec corrumpere et corrumpi10 saeculum vocatur). • Melius quidem adhuc eae civitates,11 (in quibus tantum virgines nubunt)12 (et cum spe votoque uxoris semel transigitur).13 • Sic unum accipiunt maritum (quo modo unum corpus unamque vitam),14 (ne ulla cogitatio ultra),15 (ne longior cupiditas), (ne tamquam maritum sed tamquam matrimonium ament16). • Numerum liberorum finire (aut quemquam ex agnatis necare) flagitium habetur, (plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges).

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ANALISI 1 Agunt sottintende, come spesso, vitam. Attento alla traduzione di saepta– pudicitia–. 2 Litterae può significare, come sai, “lettere dell’alfabeto”, “letteratura” oppure “lettera mis-

siva”. A te la scelta! 3 Sottinteso sunt. Osserva, in questo brano, la caratteristica tendenza di Tacito all’ellissi del

verbo, che risponde ad esigenze di concisione espressiva e di densità semantica. 4 Sottinteso est. Praesens, pur essendo un participio, non costituisce frase a sé, perché equi-

vale ad un aggettivo in funzione di predicato nominale (poena est praesens) e come tale fa parte integrante della proposizione relativa; a questa frase è coordinata la successiva et... permissa (sottinteso est). 5 Abscisis crinibus è un ablativo assoluto; nudatam è un participio congiunto con valore tem-

porale ed è riferito ad uxorem, oggetto sottinteso di expellit. 6 Omnem vicum può significare “ogni villaggio”, cioè “tutti i villaggi”, o “tutto il villaggio”

considerato come insieme di diverse parti (cfr. l’inizio del De bello Gallico di Cesare: Gallia est omnis divisa in partes tres). Scegli la soluzione che ti sembra migliore. 7 Sottinteso est. 8 Invenerit è un congiuntivo perfetto potenziale (ricorda che nel potenziale il perfetto equi-

vale al presente). 9 Rideo regge l’accusativo della cosa di cui si ride (più che un vero complemento oggetto,

una sorta di accusativo di relazione). 10 Corrumpere e corrumpi non costituiscono frasi a sé: si tratta di infiniti sostantivati, che

fungono da soggetto di vocatur. 11 Sottinteso faciunt o simili. 12 Ricorda che il verbo nubere si usa esclusivamente per le donne, perché propriamente signi-

fica “velarsi”; per l’uomo si usa la locuzione uxorem ducere (aliquam). 13 Rendi con parole tue quest’espressione alquanto contorta e involuta. 14 Sottinteso accipiunt. Quo modo è di solito scritto tutto attaccato (quomŏdo). 15 Questa proposizione, come la successiva ne longior cupiditas, è fortemente ellittica: devi

integrare non solo il verbo (sit), ma anche il dativo di possesso iis (= mulieribus); ultra sottintende poi mortem mariti. Si tratta di una finale negativa: tieni presente che, per tradurre il ne, è bene evitare l’arcaico e pesante “affinché non”, che si può sostituire con il più elegante “per evitare che”. 16 Sottinteso virum.

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Morte di Otone TESTO

• Post quae1 (dimotis omnibus)2 paulum requievit. • Atque illum (supremas iam curas animo volutantem) repens3 tumultus avertit, (nuntiata consternatione ac licentia militum);2 • namque abeuntibus4 exitium minitabantur, atrocissima in Verginium vi,5 (quem clausa domo6 obsidebant). • (Increpitis seditionis auctoribus)2 (regressus) vacavit7 abeuntium4 adloquiis, (donec omnes inviolati digrederentur).8 • (Vesperascente die)2 sitim haustu gelidae aquae sedavit. • Tum (adlatis pugionibus duobus),2 (cum utrumque pertemptasset),9 alterum capiti subdidit. • Et (explorato)10 (iam profectos11 amicos), noctem quietam, et,12 (ut adfirmatur), non insomnem egit: • luce prima in ferrum pectore incubuit. • (Ad gemitum morientis4 ingressi) liberti servique et Plotius Firmus praetorii praefectus unum vulnus invenere.13 • Funus maturatum;14 • ambitiosis id precibus petierat (ne amputaretur caput) (ludibrio futurum).15 • Tulere 13 corpus praetoriae cohortes cum laudibus et lacrimis, (vulnus manusque eius exosculantes). • Quidam militum iuxta rogum interfecere13 se, non noxa neque ob metum,16 sed aemulatione decoris et caritate principis.

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ANALISI 1 Post quae = et post ea (nesso relativo). 2 È uno dei numerosi ablativi assoluti presenti nel brano. 3 Aggettivo o participio presente di repo? 4 Participio sostantivato. 5 Complemento di modo. 6 Clausa domo potrebbe essere un ablativo assoluto (“chiusa la casa”) o un ablativo di stato

in luogo (con clausa participio attributivo di domo: “nella casa chiusa”). Abbiamo preferito quest’ultima soluzione. 7 Attenzione al verbo vaco! A seconda delle reggenze cambia completamente significato:

controlla sul vocabolario. Qui regge adloquiis, che potrebbe essere un dativo o un ablativo; nel primo caso significherebbe “mancò dei (= si astenne dai) discorsi”, nel secondo “si dedicò ai (= trovò il tempo per i) discorsi”. Scegli! 8 Quando una temporale introdotta da dum, donec o quoad ha il congiuntivo, come in questo

caso, enuncia un fatto non reale, ma intenzionale; nella fattispecie, Otone s’intrattiene con i partenti allo scopo di farli andare via sani e salvi. Nell’analisi non abbiamo separato inviolati da digrederentur perché si tratta di un participio predicativo, che completa il significato del verbo da cui dipende. 9 Pertemptasset = pertemptavisset. Cum + piuccheperfetto indica contemporaneità o anterio-

rità? Il successivo alterum non significa “l’altro”, bensì... 10 Ablativo assoluto costituito dal solo participio passato; regge l’infinitiva iam profectos ami-

cos. 11 Sottinteso esse. 12 Abbiamo trasformato -que in et, spostandolo nella sede richiesta dall’analisi. 13 -e–re = -e–runt. 14 Sottinteso est. 15 Sia ne amputaretur sia futurum sono proposizioni finali, la prima esplicita (negativa), la

seconda implicita (con il participio futuro). 16 La variatio, apparentemente gratuita, ob metum rispetto agli ablativi causali noxa, aemula-

tione e caritate potrebbe indicare che la paura deriva da qualche minaccia o intimidazione esterna.

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Paolina, moglie di Seneca, vorrebbe morire con lui TESTO

• Ille interritus poscit1 testamenti tabulas; • ac (denegante centurione) (conversus ad amicos), [quando (meritis eorum referre gratiam) prohiberetur],2 (quod unum iam et tamen pulcherrimum habeat), (imaginem vitae suae relinquere) testatur: • (cuius3 si memores essent), (bonarum artium famam fructum4 constantis amicitiae laturos).5 • Simul lacrimas eorum modo6 sermone, modo intentior in modum coercentis7 ad firmitudinem revocat, (rogitans) (ubi praecepta sapientiae),8 (ubi tot per annos meditata ratio adversum imminentia). • (Cui enim ignaram fuisse saevitiam Neronis?)9 • (Neque aliud superesse post matrem fratremque interfectos) (quam ut10 educatoris praeceptorisque necem adiceret). • (Ubi haec atque talia velut in commune disseruit), complectitur uxorem (et paululum adversus praesentem fortitudinem mollitus rogat) (oratque) (temperaret dolori) (neu aeternum susciperet),11 (sed in contemplatione vitae per virtutem actae desiderium mariti solaciis honestis toleraret). • Illa contra (sibi quoque destinatam mortem)12 adseverat (manumque percussoris exposcit). • Tum Seneca gloriae eius non adversus, simul amore,13 [ne (sibi unice dilectam14) ad iniurias relinqueret], dixit:15 • “Vitae delenimenta monstraveram tibi, (tu mortis decus mavis): • non invidebo exemplo. • Sit huius tam fortis exitus constantia penes utrosque par, (claritudinis plus in tuo fine)”.16

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ANALISI 1 Presente storico come il successivo testatur. 2 Questo congiuntivo ed il successivo habeat non vanno resi nella traduzione: si tratta infatti

di congiuntivi obliqui, che l’autore usa per far capire che le affermazioni riportate non sono da attribuire a lui, ma a qualcun altro (nella fattispecie a Seneca). La vera e propria oratio obliqua non è ancora cominciata, ma già sono presenti le tipiche oscillazioni nella consecutio temporum (l’imperfetto prohiberetur è affiancato al presente habeat). 3 Cuius, retto da memores, è riferito a vitae della frase precedente; cuius è un nesso relativo,

non un introduttore. La frase cuius si memores essent può quindi essere trasformata in et si memores essent eius (= vitae). 4 Fructum è predicativo del complemento oggetto famam. 5 Laturos sottintende esse. Il periodo costituisce una brevissima oratio obliqua. 6 Le correlative modo... modo... introducono prima un ablativo strumentale (sermone), poi un

nominativo (intentior): siamo quindi in presenza di una tipica variatio tacitiana. 7 Non conta come verbo perché è sostantivato. 8 Sottinteso essent; nella frase successiva esset (interrogative indirette dipendenti da rogi-

tans, ma regolate per il tempo sul presente storico revocat: vedi nel settimo periodo orat… temperaret, neu susciperet e la nota 11). 9 Qui inizia la vera e propria oratio obliqua (l’interrogativa retorica è infatti all’infinito,

come vuole la regola del discorso indiretto). Lett.: “a chi infatti era stata ignota la crudeltà di Nerone?”. 10 Il quam, che è legato ad aliud della frase precedente, introduce il secondo termine di para-

gone, costituito da un’intera frase completiva introdotta da ut (ut adiceret). 11 Le completive temperaret neu susciperet non hanno introduttore. Il fatto che, apparente-

mente, la consecutio temporum non sia qui rispettata (da rogat oratque dipendono tre congiuntivi imperfetti), non deve stupire: i presenti (incluso complectitur della principale) sono infatti storici. Aeternum è predicativo. 12 Sottinteso esse. 13 Altra variatio: al nominativo adversus è coordinato l’ablativo causale amore. 14 Participio congiunto a eam mulierem sottinteso. 15 Inquit (qui sostituito da dixit) è il verbo della principale tum Seneca... inquit, posto come

sempre all’interno del discorso diretto che introduce. 16 Sottinteso sit. Claritudinis è partitivo.

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Un attentato fallito TESTO

• Noctem sideribus inlustrem et placido mari1 quietam (quasi ad2 convincendum scelus) dii praebuere.3 • Nec multum erat progressa navis, (duobus e numero familiarium Agrippinam comitantibus), (ex quis4 Crepereius Gallus haud procul gubernaculis adstabat), [Acerronia super pedes (cubitantis) reclinis5 paenitentiam filii et reciperatam matris gratiam per gaudium memorabat], [cum6 (dato signo)7 ruere8 tectum loci multo plumbo grave], (pressusque9 Crepereius) (et statim exanimatus est): • Agrippina et Acerronia eminentibus lecti parietibus10 ac forte validioribus (quam ut11 oneri cederent) protectae sunt. • Nec dissolutio navigii sequebatur, (turbatis omnibus)12 (et quod13 plerique ignari etiam conscios impediebant). • Visum14 dehinc remigibus unum in latus inclinare 15atque ita navem submergere: • sed neque ipsis promptus in rem subitam consensus,16 [et alii (contra nitentes) dedere3 facultatem lenioris in mare iactus]. • Verum Acerronia, [dum imprudentia17 (se Agrippinam esse) (utque subveniretur18 matri principis) clamitat19], contis et remis et (quae fors obtulerat) navalibus telis conficitur: • Agrippina silens (eoque minus20 adgnita) nando unum tamen vulnus umero excepit ,21 (deinde occursu lenunculorum Lucrinum in lacum vecta) villae suae infertur.

ANALISI 1 Sideribus e placido mari sono complementi di causa. L’impressione lirica che promana da

questo inizio di paragrafo è accentuata dal fatto che le prime parole, da noctem a mari, costituiscono un esametro dattilico (un po’ irregolare: cfr. ad es. placido–). 2 Abbiamo invertito ad e convincendum per esigenze di analisi. Si tratta di una proposizione

finale espressa con ad e il gerundivo. 3 -e–re = -e–runt. 4 Quis = quibus. 5 Attento! Cubitantis è sicuramente genitivo, ma reclinis? Il successivo per gaudium indica

un complemento di modo.

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6 Cum inversum: indica un fatto improvviso e inaspettato. La frase che introduce è solo in

apparenza una temporale: infatti logicamente la vera proposizione temporale dovrebbe essere la principale, ma invertendone l’ordine si crea un l’effetto di suspence (uno scrittore di gialli non direbbe: “quando stava entrando in casa, udì un rumore alle sue spalle”, ma: “stava entrando in casa, quando all’improvviso udì un rumore alle sue spalle”). 7 Ablativo assoluto. 8 Infinito storico o narrativo: conferisce maggior drammaticità alla proposizione introdotta

dal cum inversum. 9 Sottinteso est. 10 È bene considerare eminentibus parietibus non come ablativo assoluto bensì come ablativo

di causa efficiente giustificato dalla presenza del verbo passivo. 11 Il comparativo seguito da quam ut + congiuntivo (se ut è seguito da un pronome personale

o dimostrativo si avrà quam qui, quae, quod + congiuntivo) indica la sproporzione di una qualità rispetto ad una certa cosa; si traduce con “troppo... per...” (es.: fortior quam ut vincatur = troppo forte per essere vinto). La frase introdotta da ut è una consecutiva. 12 Nel latino postclassico omnibus può essere anche neutro: dunque “tutti erano turbati” oppu-

re “tutto era turbato”; il senso generale non cambia di molto. 13 Variatio: all’ablativo assoluto causale è coordinata una causale esplicita. 14 Visum (est) ha qui costruzione impersonale e non significa semplicemente “sembrare”,

bensì... ? 15 Sottinteso navem. 16 Sottinteso fuit. Ipsis è dativo di possesso, in rem subitam complemento di fine. Nota la

variatio nella coordinazione correlativa neque... et... 17 Abbiamo invertito imprudentia e dum per esigenze di analisi. Il concetto espresso dal ter-

mine imprudentia viene interpretato da alcuni come “sconsideratezza”, da altri come “ignoranza”: ne risultano due possibilità di traduzione. 18 Clamitat regge prima una proposizione oggettiva, poi una completiva con ut + congiuntivo

in quanto nel primo caso Acerronia fa una affermazione, nel secondo esprime una richiesta di aiuto. 19 Il presente indicativo si giustifica con la presenza di dum; in italiano però dovrai tradurlo

regolandoti sul tempo della principale; i presenti successivi, conficitur e infertur, sono storici e puoi renderli con il passato remoto. 20 Eo è un avverbio di modo. Qui minus, come spesso, equivale a non. 21 L’inciso è stato spostato dalla sua sede per esigenze di analisi.

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Tiberio finge di non volersi assumere la responsabilità dell’ impero TESTO

• Plus in oratione tali dignitatis quam fidei1 erat; • Tiberioque etiam in rebus (quas non occuleret),2 seu natura sive3 adsuetudine, suspensa semper et obscura verba:4 • tunc vero (nitenti)5 (ut sensus suos penitus abderet), in incertum et ambiguum magis implicabantur. • At patres, (quibus unus metus)6 (si intellegere viderentur),7 in questus lacrimas vota effundi;8 • ad deos, ad effigiem Augusti, ad genua ipsius manus tendere, [cum9 (proferri libellum) (recitarique) iussit]. • Opes publicae continebantur, (quantum civium sociorumque in armis),10 (quot classes, regna, provinciae, tributa aut vectigalia, et necessitates ac largitiones). • Quae11 cuncta sua manu perscripserat Augustus (addideratque consilium coercendi intra terminos imperii), (incertum) (metu) (an per invidiam).12 • Inter quae11 (senatu ad infimas obtestationes procumbente), dixit forte Tiberius [se (ut non toti rei publicae parem),13 ita (quaecumque pars sibi mandaretur) eius tutelam suscepturum14]. • Tum Asinius Gallus dixit:15 • “Interrogo, Caesar, [quam partem rei publicae (mandari tibi) velis].” • (Perculsus inprovisa interrogatione) paulum reticuit: • dein (collecto animo) respondit (nequaquam decorum pudori suo16) (legere aliquid) (aut evitare ex eo)17 (cui in universum excusari mallet18).

ANALISI 1 Dignitatis e fidei sono genitivi partitivi retti da plus. 2 Questo congiuntivo, trovandosi in una dipendente di primo grado, non può essere dovuto

ad attrazione modale. Potrebbe trattarsi di un congiuntivo obliquo (l’autore non riporta questa considerazione come un dato di fatto oggettivo) oppure eventuale.

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3 Seu... sive mettono qui in correlazione due complementi di causa (natura e adsuetudine). 4 Sottinteso erant; Tiberio è dativo di possesso. 5 Riferito a ei (= Tiberio) sottinteso. La frase che segue è una completiva; essendo di senso

volitivo, avrebbe come negazione ne. 6 Sottinteso erat. 7 Lett.: “se sembrassero capire”; traducilo meglio con parole tue. Il congiuntivo viderentur è

eventuale (= “nel caso in cui apparisse che...”). 8 Infinito narrativo, come il successivo tendere. 9 Cum inversum: indica una situazione improvvisa e inaspettata. Cfr. nota 6 alla versione n.

68. 10 Civium è genitivo partitivo retto da quot; è sottinteso, in questa interrogativa indiretta e

nella successiva, il verbo “essere”. 11 Quae = et ea (nesso relativo). 12 Espressione fortemente brachilogica (= concisa): incertum sottintende est ed è una coordi-

nata per asindeto alla principale; la frase che segue è una interrogativa indiretta disgiuntiva la cui prima parte è priva (come spesso) di utrum o -ne; è sottinteso anche il verbo, che si ricava dal periodo precedente. L’espressione completa suonerebbe così: incertum est utrum hoc addiderit metu an per invidiam (= invidia–). 13 Altra espressione brachilogica: il verbo della comparativa è sottinteso e il predicato nomi-

nale è stato attratto in accusativo dal precedente se. Svolgendo il tutto avremmo: ut non toti rei publicae par esset, dove il congiuntivo non è da rendere perché è dovuto al fatto che le parole di Tiberio sono riportate indirettamente (congiuntivo obliquo). Attenzione alla correlazione ut... ita..., che in questo caso è avversativa (“mentre... invece...”, “se... però...”). 14 Sottinteso esse. C’è prolessi della relativa indefinita (quaecumque... mandaretur); ti con-

viene evitarla nella traduzione. 15 Inquit è stato trasformato in dixit e spostato nella sede richiesta dall’analisi. 16 Sottinteso esse. 17 Sono due proposizioni soggettive rispetto alla precedente oggettiva: si può sottintendere il

soggetto se. 18 Anche mallet è un congiuntivo obliquo, per cui va reso con l’indicativo.

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La felicità dei tempi nuovi non cancella i guasti del passato TESTO

• Dedimus profecto grande patientiae1 documentum; • et (sicut vetus aetas vidit) (quid ultimum in libertate esset), ita nos2 (quid in servitute),3 (adempto per inquisitiones etiam loquendi audiendique4 commercio). • Memoriam quoque ipsam cum voce perdidissemus, (si tam in nostra potestate esset5 oblivisci quam tacere). • Nunc demum redit animus; • et (quamquam6 primo statim beatissimi saeculi ortu Nerva Caesar res olim dissociabilis7 miscuerit, principatum ac libertatem), (augeatque cotidie felicitatem temporum Nerva Traianus), (nec spem modo ac votum securitas publica, sed ipsius voti fiduciam ac robur adsumpserit8), natura9 tamen infirmitatis humanae tardiora sunt remedia quam mala; • et (ut corpora nostra lente augescunt), (cito extinguuntur), sic ingenia studiaque oppresseris facilius (quam revocaveris):10 • subit quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, (et invisa primo desidia postremo amatur). • Quid,11 (si12 per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium, multi fortuitis casibus13), (promptissimus quisque saevitia principis interciderunt), [pauci et,14 (ut ita dixerim),15 non modo aliorum sed etiam nostri superstites sumus], (exemptis e media vita tot annis), (quibus16 iuvenes ad senectutem, senes prope ad ipsos exactae17 aetatis terminos per silentium18 venimus)?

ANALISI 1 Questo brano è a tratti di ardua interpretazione e presenta notevoli difficoltà di resa dal

punto di vista lessicale: presta perciò la massima attenzione. Il primo scoglio è costituito da patientia, che non indica in questo contesto una virtù positiva (o, se così la si volesse intendere, si caricherebbe di forte ironia). 2 Sottinteso vidimus. 3 Sottinteso ultimum esset; si tratta di una coordinata alla proposizione interrogativa indiretta

dipendente, come puoi vedere, da un verbo che non indica né domanda, né dubbio. 4 Loquendi e audiendi sono genitivi oggettivi, dipendenti dal sostantivo commercio che

ovviamente non va tradotto con il nostro “commercio”.

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5 Periodo ipotetico indipendente: di quale tipo è? Il modo è il congiuntivo e i tempi sono

storici, dunque non puoi sbagliare; osserva però che il tempo dell’apodosi è diverso dal tempo della protasi: ricordatene nella traduzione. 6 Quamquam miscuerit, augeatque e nec adsumpserit sono proposizioni concessive fra loro

coordinate. 7 Qui Caesar, come spesso, non allude al dittatore, ma è un titolo generico degli imperatori.

Puoi evitare di tradurlo o tradurlo con “imperatore”. Dissociabilis sta per dissociabiles. 8 Tutta la frase da nec ad adsumpserit è di difficile resa: non puoi tradurla letteralmente.

Cerca di penetrarne il senso profondo e di renderlo con parole tue; potrà aiutarti sapere che spem ac votum e fiduciam ac robur sono da considerare endìadi: i due termini coordinati costituiscono cioè un concetto unico. 9 È un ablativo (natura–). Presta attenzione anche a questa frase, che è suscettibile di due traduzioni diverse, a seconda che infirmitatis humanae sia legato a natura o a remedia quam mala: nel primo caso humanae infirmitatis è genitivo soggettivo (= la natura della debolezza umana), nel secondo diventa oggettivo (= i rimedi alla debolezza umana). A nostro avviso è preferibile la prima ipotesi. 10 Ut augescunt è una comparativa di uguaglianza, come la sua coordinata cito extinguuntur;

quam revocaveris è una comparativa di maggioranza. Oppresseris e revocaveris sono congiuntivi potenziali: ricorda che nel potenziale il presente e il perfetto hanno lo stesso valore temporale. Ingenia studiaque è di nuovo un’endìadi. 11 Sottinteso dicamus de nobis o simili. 12 Si = siquidem. Questa protasi della realtà equivale, come spesso, ad una causale (“se la

mela è matura cade” = “poiché la mela è matura cade”). Puoi tradurre si con “se è vero che”. 13 Sottinteso interciderunt. Grande... spatium funge da apposizione di per quindecim annos. 14 Et coordina pauci a superstites: non è dunque un introduttore. 15 Incidentale. Dixerim è congiuntivo potenziale (vedi nota 8 al brano n. 57). 16 Complemento di tempo determinato. 17 Controlla il significato di exactae sotto la voce del verbo exigo. 18 Per silentium è un complemento di modo.

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Lo scalcinato esercito di Vitellio TESTO

• (Dum haec per provincias a Vespasiano ducibusque partium geruntur),1 Vitellius contemptior in dies segniorque, (ad omnis2 municipiorum villarumque amoenitates resistens), gravi urbem agmine petebat.3 • Sexaginta milia armatorum sequebantur, licentia corrupta;4 5

• calonum numerus amplior, procacissimis etiam inter servos lixarum ingeniis; • tot legatorum amicorumque comitatus inhabilis ad parendum,6 (etiam si summa modestia regeretur).7 • Onerabant multitudinem obvii ex urbe senatores equitesque, quidam metu, multi per adulationem, ceteri ac paulatim omnes [ne (aliis proficiscentibus) ipsi remanerent].8 9

• Adgregabantur e plebe flagitiosa per obsequia Vitellio cogniti, scurrae, histriones, aurigae, (quibus ille amicitiarum dehonestamentis mire gaudebat).10 • Nec coloniae modo aut municipia congestu copiarum, sed ipsi cultores arvaque11 (maturis iam frugibus) ut hostile solum12 vastabantur. • Multae et atroces inter se militum caedes, (post seditionem Ticini coeptam13 manente legionum auxiliorumque discordia); • (ubi adversus paganos certandum foret),14 (consensu).15

ANALISI 1 La temporale con dum e l’indicativo presente indica sempre contemporaneità. In questo

caso si tratta di un’azione contemporanea ad un fatto passato (petebat): la renderai perciò con l’imperfetto. Attenzione al significato di partes, che è qui politico. 2 Omnis = omnes. 3 Il verbo peto, a seconda delle reggenze, cambia del tutto significato: consulta attentamente

il vocabolario, tenendo presente che qui regge urbem. 4 Non è un ablativo assoluto. Di licentia corrupta si possono dare due interpretazioni, a

seconda che si legga licentia– corruptă o licentia– corrupta–: prova a tradurre in entrambi i modi.

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5 Sottinteso sequebatur. Anche procacissimis ingeniis non è un ablativo assoluto, bensì un

complemento di qualità. Per comprendere il senso di quest’affermazione, tieni presente che il calo era un servo di soldati (in questo caso dei vivandieri o lixae), dunque già una persona non certo raffinata di per sé; i calones del seguito di Vitellio si sarebbero distinti per le loro maniere anche fra gente come quella. 6 Nella principale è di nuovo sottinteso sequebatur. Ad parendum è retto dall’aggettivo inha-

bilis, che, come tutti gli aggettivi indicanti attitudine e propensione, può essere costruito con ad + accusativo o con il dativo. 7 Periodo ipotetico: il verbo dell’apodosi (che è la principale) è sottinteso, ma dalla protasi

(si regeretur) si ricava chiaramente il tipo: c’è il congiuntivo imperfetto e l’ipotesi espressa è contraddetta dai fatti (l’esercito non era comandato con il massimo rigore): Dunque... 8 Finale negativa. Aliis proficiscentibus è un ablativo assoluto con valore temporale. 9 Flagitiosă, non flagitiosa–: in questo caso la preposizione per è interposta tra l’aggettivo e il

suo sotantivo. E plebe è complemento di provenienza e cogniti è riferito ai soggetti che seguono. 10 Puoi ordinare così: quibus dehonestamentis amicitiarum ille mire gaudebat. La traduzione

letterale risulta comunque davvero inaccettabile: cerca di rendere il concetto in un buon italiano. 11 Puoi considerare cultores arvaque un’endìadi. In caso contrario, attento a tradurre vasta-

bantur con un termine che si adatti tanto ai contadini quanto ai campi (“i contadini erano saccheggiati”?). 12 Maturis iam frugibus è un ablativo assoluto. Ut hostile solum può essere tradotto così

com’è, cioè come un paragone, e quindi, per comodità, nell’analisi non lo abbiamo separato dalla principale: tieni però presente che questo ut introduce propriamente una comparativa ipotetica con il verbo (esset) sottinteso (“come se si trattasse di suolo nemico”). 13 Il verbo della principale (erant) è sottinteso. Osserva la ben nota tendenza del latino ad uti-

lizzare il concreto in luogo dell’astratto: dove l’italiano direbbe “dopo l’inizio della rivolta”, il latino preferisce la forma “dopo la rivolta iniziata”. Più che ad una vera rivolta, si allude qui ai disordini scoppiati nel campo di Vitellio a Pavia fra legionari romani ed ausiliari gallici. Manente... discordia è un ablativo assoluto. 14 Certandum foret (= esset) è una perifrastica passiva: il neutro e la terza persona singolare ti

segnalano una forma impersonale, che puoi rendere con il nostro “si passivante”. Il congiuntivo nella temporale conferisce all’azione una sfumatura di eventualità. 15 Ablativo assoluto il cui verbo sottinteso è ancora manente del precedente periodo; è in con-

trapposizione rispetto a manente discordia: introducilo perciò con una congiunzione avversativa. La principale è ancora multae et atroces caedes (erant).

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Muciano esorta Vespasiano a proclamarsi imperatore TESTO

• “Omnes, (qui magnarum rerum consilia suscipiunt), aestimare debent [an1 (quod inchoatur) rei publicae utile, ipsis gloriosum, promptum effectu2 aut certe non arduum sit]; • simul ipse (qui suadet) considerandus est3, (adiciatne4 consilio periculum suum), [et, (si fortuna coeptis5 adfuerit), (cui summum decus adquiratur)6]. • Ego te, Vespasiane, ad imperium voco, [(quam salutare rei publicae), (quam tibi magnificum), iuxta deos in tua manu positum est.]7. • Nec speciem adulantis expaveris:8 • a contumelia quam a laude propius fuerit 9 post Vitellium eligi. • Non adversus divi Augusti acerrimam mentem nec adversus cautissimam Tiberii senectutem, ne 10 contra Gai quidem aut Claudii vel Neronis fundatam longo imperio domum exurgimus; • cessisti etiam Galbae imaginibus: • torpere ultra et polluendam perdendamque 11 rem publicam relinquere sopor et ignavia videretur, (etiam si tibi quam inhonesta, tam tuta servitus esset).12 • Abiit iam (et transvectum est) tempus (quo posses videri non cupisse):13 • confugiendum est14 ad imperium. • An15 excidit trucidatus Corbulo? • Splendidior origine (quam nos sumus), Vitellium anteibat).16

fateor

(sed et Nero nobilitate natalium

• Satis clarus est apud timentem (quisquis timetur)”.17

ANALISI 1 Lo stile di questo discorso diretto è particolarmente elaborato e il suo tono retorico e sen-

tenzioso risulta alquanto lontano dalla tipica concisione tacitiana. An... sit è una interrogativa indiretta. L’uso di an non disgiuntivo è postclassico: negli scrittori classici si trova di norma dopo un’espressione di dubbio. 2 Supino passivo: equivale di fatto ad un complemento di limitazione.

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3 Perifrastica passiva. Il soggetto della perifrastica, ipse, posto in forte rilievo all’inizio della

frase, è in realtà il soggetto di adiciat e come tale ti conviene tradurlo. Puoi intendere così: considerandum est adiciatne ipse, qui suadet, consilio periculum suum. 4 L’uso di -ne o num segnala nelle interrogative indirette (non in quelle dirette!) risposta

indifferentemente incerta o negativa. 5 Da coeptum, i, sostantivo neutro. Periodo ipotetico dipendente: cerchiamo di capire insie-

me di che tipo sia. Escludiamo l’irrealtà, perché il congiuntivo non è né imperfetto né piuccheperfetto; i periodi ipotetici della realtà e della possibilità con apodosi al congiuntivo risultano morfologicamente identici; dobbiamo dunque ricorrere al contesto: l’apodosi (cui... adquiratur) è coordinata con adiciatne, in cui il congiuntivo è d’obbligo perché si tratta di un’interrogativa indiretta e non segnala possibilità. Si tratta dunque di un periodo ipotetico della realtà. Con un sistema più pratico, puoi provare a renderlo indipendente; questo è il senso: “Chi si prenderà il merito, se la fortuna sarà favorevole?”. Hai così la conferma che si tratta proprio di un periodo ipotetico del primo tipo. 6 Tra la parentesi tonda e la parentesi quadra devi sottintendere considerandum est. 7 Nota l’accostamento enfatico ego te in apertura di periodo. La proposizione iuxta deos...

positum est è coordinata alla principale (tra la quadra e la tonda puoi immaginare un et, ma è certo più efficace l’asindeto) e regge le due interrogative indirette introdotte da quam (con sit sottinteso in entrambe). 8 Adulantis è un participio sostantivato. Nec... expaveris è un imperativo negativo: in quali

altri modi è possibile esprimerlo? 9 Congiuntivo potenziale: il presente e il perfetto hanno lo stesso valore temporale. Post

Vitellium eligi funge da soggetto di fuerit. 10 È un introduttore? Prima di fare scelte affrettate, considera il termine che si trova dopo Gai

e mettilo in relazione con questo ne. I genitivi Gai, Claudii, Neronis sono tutti retti da domum, che qui non ha il significato di “casa”. 11 Gerundivi con valore predicativo rispetto a relinquere. 12 Periodo ipotetico indipendente della irrealtà. 13 Il congiuntivo in quo posses è interpretabile come consecutivo (= “le circostanze tali che tu

potevi...”). 14 Perifrastica passiva di forma impersonale. 15 Quando an introduce un’interrogativa diretta, equivale a num o a nonne: in questo caso prevede una risposta negativa. Excidit sottintende memoria–. 16 Nella principale è sottinteso fuit. Origine e nobilitate sono ablativi di limitazione. Et non è

in questo caso una congiunzione coordinante e corrisponde a etiam. 17 Nota la sententia. Timentem è un participio sostantivato. Quisquis timetur è una relativa

indefinita: rendila con il congiuntivo, anche se il latino usa l’indicativo (come di regola con i pronomi raddoppiati e in -cumque).

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Impopolarità di Galba TESTO

• Forte congruerat (ut Clodii Macri et Fontei Capitonis caedes nuntiarentur)1. • Macrum in Africa (haud dubie turbantem)2 Trebonius Garutianus procurator iussu Galbae, [Capitonem in Germania, (cum similia coeptaret), Cornelius Aquinus et Fabius Valens legati legionum interfecerant] (antequam iuberentur)3. • Fuere (qui crederent)4 [Capitonem, (ut avaritia et libidine foedum ac maculosum), ita5 cogitatione rerum novarum6 abstinuisse], [sed a legatis (bellum suadentibus), (postquam impellere nequiverint)7, crimen ac dolum ultro compositum8], [et Galbam mobilitate ingenii, (an9 ne altius scrutaretur), (quoquo modo acta10), (quia mutari non poterant), comprobasse11]. • Ceterum utraque caedes sinistre accepta,12 [et (inviso semel) principi seu bene seu male facta13 parem invidiam adferebant]. • Venalia cuncta,14 praepotentes liberti, servorum manus subitis avidae15 et (tamquam apud senem)16 festinantes, (eademque novae aulae mala, aeque gravia,14 non aeque excusata). • Ipsa aetas Galbae inrisui ac fastidio erat17 (adsuetis18 iuventae Neronis) [et imperatores forma ac decore19 corporis, (ut est mos vulgi), comparantibus].

ANALISI 1 Completiva retta da un verbo di accadimento; la sua negazione è non. 2 Sottinteso interfecerat. Iussu è una forma cristallizzata di ablativo di causa. In Africa indica

non solo il luogo in cui Macro è stato ucciso, ma anche quello in cui stava fomentando la rivolta, esattamente come in Germania per Capitone. 3 Le temporali introdotte da antequam e priusquam, quando hanno il congiuntivo, esprimo-

no un’azione intenzionale, oppure, come in questo caso, non avvenuta o non avvenuta in tempo. 4 Fue–re = fue–runt. Le espressioni sunt qui, nemo est qui etc. introducono un congiuntivo caratterizzante. 5 Foedum ac maculosum è un’endìadi. In questo caso ita ha valore avversativo rispetto a ut

(il cui verbo esset è sottinteso): puoi tradurre ut con “per quanto” e ita con “però” (cfr. nota 13 al brano n. 69).

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6 La perifrasi res novae indica qualsiasi evento sovversivo; il fatto che manchi in latino un

vocabolo equivalente al nostro “rivoluzione” è interpretabile come un fenomeno di rimozione del concetto stesso, profondamente temuto dalla classe dominante. 7 Congiuntivo obliquo, dovuto al fatto che si riporta indirettamente l’opinione di qualcuno. Il

verbo nequeo corrisponde a non possum. 8 Sottinteso esse. Crimen ac dolum è un’endìadi. 9 Espressione brachilogica: prima di mobilitate ingenii bisogna sottintendere incertum utrum;

an introduce la seconda parte dell’interrogativa disgiuntiva (= “non si sa se per... o per...”). La successiva ne scrutaretur è una finale negativa e costituisce una variatio rispetto al complemento di causa mobilitate. 10 Sottinteso essent. Acta è neutro plurale, riferito all’oggetto sottinteso di comprobasse (ea

facta o simili). 11 Comprobasse = comprobavisse. 12 Sottinteso est. 13 Il participio sostantivato facta funge da soggetto di adferebant e regge i due avverbi bene e

male: se vuoi tradurlo con il sostantivo “azioni” devi rendere bene e male con gli aggettivi corrispondenti. 14 Sottinteso erant. 15 Subitis deriva dal sostantivo neutro subitum, i (non da subeo). Di questo passo, di ardua

interpretazione, sono possibili due traduzioni assai diverse: 1) “le mani degli schiavi (erano) avidamente protese (avidae) per le occasioni improvvise”; 2) “le caterve (manus) di schiavi (erano divenute) avide per gli improvvisi rivolgimenti”. Subitis è ablativo di causa. 16 Integra così: tamquam accidere solet apud senem. 17 Doppio dativo: Galbae è dativo di svantaggio, inrisui ac fastidio dativo di effetto. 18 Questo adsuetis, come il successivo comparantibus, può essere interpretato come un dativo

di relazione (“per coloro che erano abituati”) o come un ablativo assoluto privo di soggetto, non troppo insolito in Tacito (“poiché [tutti] erano abituati”). 19 Ablativi di limitazione.

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Incondizionata ammirazione di Plinio per Tacito TESTO

• Librum tuum legi [et, (quam1 diligentissime potui), adnotavi] [quae (commutanda)2], [quae (eximenda) arbitrarer]. • Nam et ego verum dicere adsuevi, (et tu libenter audire3). • Neque enim ulli4 patientius 5 reprehenduntur, (quam6 qui maxime laudari merentur). • Nunc a te librum meum cum adnotationibus tuis exspecto. • O iucundas, o pulchras vices! • Quam1 me delectat [quod,6 (si qua7 posteris8 cura nostri), usquequaque narrabitur], (qua9 concordia, simplicitate, fide vixerimus)! • Erit rarum et insigne, (duos homines aetate dignitate10 propemodum aequales, non nullius in litteris nominis11 cogor enim de te quoque parcius5 dicere, (quia de me simul dico) alterum alterius12 studia fovisse). • Equidem adulescentulus,13 (cum iam tu fama gloriaque floreres), te sequi, (tibi ‘longo sed proximus intervallo’ et esse) (et haberi14) concupiscebam. • Et erant15 multa clarissima ingenia; • sed tu mihi videbaris.

ita similitudo naturae ferebat

maxime imitabilis, maxime imitandus16

• Quo magis gaudeo, [quod17 (si quis de studiis sermo), una nominamur], (quod17 de te loquentibus18 statim occurro). • Nec desunt (qui utrique nostrum19 praeferantur20). • Sed nos, nihil interest 21mea (quo loco22), iungimur; • nam mihi primus, (qui a te proximus).23

ANALISI 1 Gli usi di quam sono molteplici (comparativo, esclamativo, interrogativo, relativo, rafforza-

tivo del superlativo): perciò devi considerare molto attentamente il contesto in cui quam si trova. Nel brano se ne incontrano in tutto tre, di cui uno esclamativo, uno rafforzativo ed uno comparativo: sai riconoscerli? 2 Sottinteso esse arbitrarer; anche il successivo eximenda sottintende esse. La relativa ha il

congiuntivo arbitrarer (da rendere evidentemente con l’indicativo in italiano) perché sottolinea l’assoluta soggettività dell’intervento di correzione di Plinio, accentuando la modestia dell’affermazione (congiuntivo obliquo: puoi sottintendere “secondo me”).

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3 Tra la parentesi tonda e quella quadra è sottinteso il verbo adsuevisti. 4 Neque ulli = nulli (nominativo maschile plurale). 5 Comparativo neutro con funzione di avverbio, come pure parcius, che si trova poco oltre

nell’inciso cogor... dico: quest’ultimo, però, è un comparativo assoluto: ricordi come si traduce? 6 Proposizione completiva con valore dichiarativo. Quod in questo caso si rende bene in ita-

liano con “che”, “il fatto che”. 7 Sta per aliqua. 8 La frase è ellittica del verbo (erit sottinteso) e posteris è dativo di possesso. 9 Aggettivo interrogativo. 10 Ablativi di limitazione. 11 Non nullius nominis è genitivo di qualità. 12 Uso reciproco di alter. 13 Predicativo del soggetto sottinteso ego. Ricordati che in una frase, per poter identificare il

soggetto, devi analizzare prima di tutto il verbo, che in questo caso è di prima persona singolare. 14 Sia il precedente esse sia haberi sottintendono concupiscebam. Haberi al passivo non signi-

fica ovviamente “avere”, bensì rientra nei verbi di stima. Al complemento di distanza longo intervallo è coordinato, con audace variatio, il predicativo proximus, richiesto dal verbo di stima; costruisci così: concupiscebam et esse et haberi longo intervallo, sed proximus tibi. 15 Può essere considerato sia predicato verbale, sia copula: nel primo caso multa deve essere

considerato attributo di ingenia, nel secondo caso invece deve essere considerato predicato nominale. 16 Per quanto riguarda imitandus, puoi sottintendere esse (infinito con il nominativo), oppure

considerarlo un semplice aggettivo con funzione predicativa, come abbiamo fatto noi. 17 I due quod hanno valore dichiarativo-causale e introducono frasi completive. La successiva

proposizione si quis... sermo ha il verbo sottinteso (est, fit o simili). 18 Participio sostantivato; regge il complemento di argomento de te. 19 Genitivo partitivo retto dal pronome indefinito utrique (dativo singolare). 20 La relativa ha il congiuntivo caratterizzante (vedi nota 2 al brano n. 5). 21 Controlla attentamente la costruzione di interest e refert: come si traduce mea? 22 E’ una proposizione interrogativa indiretta il cui verbo sottinteso si ricava facilmente dalla

principale: iungamur. 23 In entrambe le frasi è sottinteso est; mihi è dativo di relazione: indica la persona dal cui

punto di vista è valida una certa affermazione.

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Quando siamo ammalati siamo migliori TESTO

• Nuper me cuiusdam amici languor admonuit,1 (optimos esse nos) (dum2 infirmi sumus). • Quem enim infirmum aut avaritia aut libido 3 sollicitat? • Non amoribus servit, (non adpetit honores), (opes neglegit) [et quantulumcumque, (ut4 relicturus), satis habet]. • (Tunc deos5) (tunc hominem esse se) meminit, (invidet nemini), (neminem miratur) (neminem despicit), (ac ne sermonibus quidem malignis aut attendit) (aut alitur): • balinea imaginatur et fontes. • Haec 6 summa curarum, summa votorum [mollemque in posterum7 et pinguem, (si contingat8 evadere9), hoc 10 est innoxiam beatamque , destinat vitam]. • Possum ergo (quod11 plurimis verbis, plurimis etiam voluminibus philosophi docere conantur), ipse breviter tibi mihique praecipere, (ut12 tales esse sani13 perseveremus), [quales (nos futuros14) profitemur infirmi13].

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ANALISI 1 Admonuit è seguito da una infinitiva oggettiva: devi quindi cercare sul vocabolario un

significato adeguato alla sua reggenza. 2 Dum significa “mentre” e “finché”: quale dei due sceglieresti qui? 3 Nella traduzione italiana, per non far nascere ambiguità tra il soggetto e il complemento

oggetto, conviene volgere la frase da attiva in passiva. 4 Ut sottolinea l’idea di soggettività, poiché è l’ammalato, in quanto tale, che giudica le cose

in un modo completamente diverso da quando è sano. Il participio relicturus esprime in forma implicita una comparativa ipotetica (= ut relicturus sit). 5 Sottinteso esse. 6 Haec concorda con summa, che è un sostantivo femminile; il verbo sottinteso, come si

intuisce facilmente, è est. 7 È un complemento di moto a luogo figurato (indica dove si proiettano i buoni propositi del

malato). 8 Si contingat... destinat è un periodo ipotetico del tutto analogo a quello del secondo tipo

greco: il congiuntivo nella protasi esprime un fatto puramente eventuale, mentre l’indicativo nell’apodosi esprime un fatto reale. 9 Non tradurlo con “evadere”, che qui non avrebbe senso! Cerca un significato adeguato al

contesto. 10 Se traduci alla lettera hoc con “ciò” e est con “è” e poi unisci le due parole in un vocabolo

unico, ottieni l’avverbio “cioè”, che infatti corrisponde esattamente all’espressione latina hoc est. 11 Relativa prolettica: quod si riferisce a un id sottinteso che costituisce l’oggetto di praeci-

pere e che nella traduzione dovrai esplicitare. 12 Introduce la completiva dipendente da praecipere: in italiano conviene però spezzare il

periodo dopo praecipere e tradurre la completiva come se fosse una proposizione principale col congiuntivo esortativo. 13 Predicativo del soggetto. 14 Sottinteso esse.

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Plinio intercede presso un amico a favore di un liberto TESTO

• Libertus tuus, [cui1 (suscensere te) dixeras], venit ad me [et2 (advolutus pedibus meis tamquam tuis) haesit]. • Flevit multum, (multum rogavit), (multum etiam tacuit), (in summa3 fecit mihi fidem paenitentiae verae): • credo (emendatum4) [quia (deliquisse se) sentit]. • Irasceris, scio5 , (et irasceris merito), id quoque scio5 ; • sed tunc6 praecipua mansuetudinis laus, (cum irae causa iustissima est). 7

• Amasti hominem (et, spero8 , amabis): • interim sufficit8 [ut (exorari te) sinas]. • Licebit rursus irasci, (si meruerit),9 [quod (exoratus) excusatius facies]. • Remitte aliquid adulescentiae ipsius, (remitte lacrimis), (remitte indulgentiae tuae). 10

• Ne torseris illum, (ne torseris etiam te); • torqueris11 enim (cum tam lenis12 irasceris). • Vereor13 (ne videar non rogare) (sed cogere), (si precibus eius meas iunxero14); • iungam tamen tanto 15 plenius et effusius, (quanto ipsum acrius severiusque corripui), (destricte minatus) (numquam me postea rogaturum16). • Hoc illi,17 [quem18 (terreri) oportebat], (tibi non19 idem); • nam fortasse iterum rogabo, (impetrabo iterum): • (sit modo20 tale), [ut (rogare me)21], [ut (praestare te) deceat]. • Vale.

ANALISI 1 Cui è retto da suscensere o da dixeras? Nel primo caso esso introdurrebbe una proposizione

relativa, ma si troverebbe ad essere anche elemento della proposizione oggettiva dal cui verbo è retto (vedi nota 18): con questa costruzione si suppone che l’amico abbia detto a Plinio di essere adirato con il liberto in questione. Nel secondo caso non ci sono problemi nella struttura sintattica, ma si dovrebbe supporre che l’amico di Plinio avesse detto direttamente al suo liberto di essere arrabbiato con lui. Prova tu a fare una scelta ragionata. 2 Abbiamo sostituito et a -que per rendere più chiara la struttura sintattica. 3 L’espressione latina è praticamente identica a quella italiana. 4 L’espressione completa sarebbe eum emendatum esse.

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5 La frase è incidentale e come tale va tradotta, senza legarla sintatticamente ad altre proposizioni. 6 Tunc è in correlazione con cum. È sottinteso est. 7 Amasti = amavisti. 8 Regge la completiva ut... sinas. 9 Per la legge dell’anteriorità, ad un futuro semplice nella principale corrisponde un futuro

anteriore nella dipendente: in italiano tale legge non è rispettata, per cui tradurrai il futuro anteriore con il futuro semplice. Il successivo quod è riferito al concetto espresso nelle frasi immediatamente precedenti ed introduce una relativa appositiva (si traduce con “cosa che”). 10 Ne in proposizione principale, in unione con le seconde persone del congiuntivo perfetto,

esprime l’imperativo negativo. Ricordi sotto quali altre forme si può presentare? 11 Che tempo è torque–ris? 12 È riferito a tu, soggetto sottinteso, che sarà bene esprimere nella traduzione. 13 Verbo di timore che regge una completiva (ne videar non rogare). Nella coordinata sed

cogere è sottinteso videar. 14 Come devi tradurre questo futuro anteriore? Forse stai cercando un futuro semplice per far

quadrare i conti con la “legge dell’anteriorità”, e non lo trovi; tieni però presente che l’espressione vereor ne videar contiene in sé l’idea del futuro (i timori di Plinio riguardano quello che penserà di lui il suo amico quando leggerà la lettera). Tutto regolare, dunque. 15 Tanto è in correlazione con quanto. Entrambi sono accompagnati da avverbi comparativi e

sono ablativi di misura. 16 Sottinteso esse. 17 Sottintendi dixi. 18 Quem è l’introduttore della relativa quem... oportebat, ma è anche il soggetto di terreri, il

verbo della proposizione soggettiva retta da oportebat. Si ripropone dunque il problema già segnalato nella nota 1 (prima ipotesi). In casi come questo, piuttosto frequenti, qualsiasi tipo di analisi risulta poco convincente: non soddisfa infatti quella da noi adottata, [quem (terreri) oportebat], per la presenza di un accusativo con il verbo oportebat, ma non soddisfa neppure la suddivisione (quem terreri) (oportebat): infatti oportebat sarebbe privo di introduttore, il che non è possibile, perché non si tratta di una proposizione coordinata per asindeto; né è possibile inserire entrambi i verbi in un’unica parentesi, perché si tratta di due proposizioni diverse. 19 Sottinteso dico. 20 Il soggetto sottinteso è il contenuto della preghiera, che ovviamente non deve essere scon-

veniente per nessuno dei due. Sit modo è una ipotetica restrittiva, il cui congiuntivo è affine a quello indipendente di tipo ottativo; la principale sottintesa è ancora rogabo, che si ricava dal periodo precedente. 21 Sottinteso deceat.

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Nelle votazioni a scrutinio segreto i burloni si divertono impunemente TESTO

• Scripseram tibi (verendum esse), (ne ex tacitis suffragiis vitium aliquod exsisteret). • Factum est. • Proximis comitiis in quibusdam tabellis multa iocularia atque etiam foeda dictu, (in una vero pro candidatorum nominibus suffragatorum nomina) inventa sunt. • Excanduit senatus [magnoque clamore ei (qui scripsisset) iratum principem est comprecatus]. • Ille tamen fefellit (et latuit), (fortasse etiam inter indignantes fuit). • Quid putamus (hunc domi facere), (qui in tanta re tam serio tempore tam scurriliter ludat), (qui denique omnino in senatu dicax et urbanus et bellus est)? • Tantum licentiae pravis ingeniis adicit illa fiducia: • “Quis enim sciet?” • Poposcit tabellas, (stilum accepit), (demisit caput), (neminem veretur), (se contemnit). • Inde ista ludibria scaena et pulpito digna. • Quo te vertas? • Quae remedia conquiras? • Ubique vitia remediis fortiora.

ANALISI DETTAGLIATA Il passo è stato assegnato all’esame di maturità classica nel 1985 ed è di difficoltà medio-bassa. Esso si suddivide in tredici periodi, ma, come puoi ben vedere, alcuni di questi sono formati da una sola proposizione principale. Il periodare breve sottolinea in questo caso l’incredulità e lo sdegno di Plinio di fronte ad un comportamento che si commenta da solo e per il quale non sembra esistano rimedi, quello appunto di un elettore che, approfittando della segretezza della votazione, si è permesso di scrivere sulla scheda spiritosaggini e sconcezze. Prendiamo in considerazione i singoli periodi:

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PRIMO PERIODO: Scripseram tibi (verendum esse), (ne ex tacitis suffragiis vitium aliquod exsisteret). Il periodo è composto da tre proposizioni di cui una principale e due dipendenti; vi è un solo introduttore, il che fa capire che, escludendo la principale, una proposizione deve essere implicita: e infatti verendum esse è una infinitiva. Il dativo del pronome personale (tibi) potrebbe fungere da complemento di termine di scripseram oppure da complemento d’agente di verendum esse, visto che siamo in presenza di una perifrastica passiva; la scelta è affidata al buon senso: infatti dovresti sapere che Plinio è scrittore di epistulae, e quindi avrà scritto i suoi timori all’amico (= scripseram tibi) a cui è indirizzata questa lettera, un certo Mesio Massimo, mentre non è probabile che abbia scritto, a chissà chi, che l’amico doveva temere (= tibi verendum esse). Da questo si capisce anche che verendum esse è una forma impersonale, appunto perché manca il dativo d’agente, cioè la persona che deve temere. Da verendum esse dipende la completiva ne... existeret: ricorda a questo punto la costruzione dei verbi di timore, metuo, timeo e vereor: timeo ne = temo che; timeo ut (ne non) = temo che non.

SECONDO PERIODO: Factum est. L’espressione è lapidaria. In italiano si può aggiungere “così”. La forma del verbo è impersonale. Ricorda i significati principali di fio, “essere fatto, essere, nascere, diventare, accadere”: scegli quello più appropriato.

TERZO PERIODO: Proximis comitiis in quibusdam tabellis multa iocularia atque etiam foeda dictu, (in una vero pro candidatorum nominibus suffragatorum nomina) inventa sunt. In questo periodo si trovano un solo verbo di modo finito e un supino passivo, che non abbiamo racchiuso tra parentesi perché equivale di fatto ad un complemento di limitazione; potresti essere indotto ad affermare che vi sia una sola proposizione: in realtà la presenza di vero, che segna un passaggio nel discorso, deve indurti a distinguere anche una coordinata alla principale con il verbo sottinteso (che è sempre inventa sunt). L’aggettivo proximus indica il più vicino anche in ordine di tempo, quindi “precedente, seguente” o semplicemente “ultimo”: quale scegli? Affidati sempre al buon senso. Il supino passivo è accompagnato da un aggettivo, in questo caso da foeda, di genere neutro plurale. In una sottintende tabella; pro regge l’ablativo nominibus che a sua volta regge il complemento di specificazione candidatorum; nomina, il soggetto, regge il suo complemento di specificazione suffragatorum.

QUARTO PERIODO: Excanduit senatus [magnoque clamore ei (qui scripsisset) iratum principem est comprecatus]. Le proposizioni sono tre, gli introduttori due: perciò accanto alla principale si distinguono due proposizioni esplicite, e precisamente una coordinata alla principale, introdotta da -que, e una relativa introdotta da qui. Il senso è di facile comprensione: Plinio ci descrive la reazione del senato contro l’autore delle battute. Il verbo comprecor si costruisce con il dativo della persona

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su cui si invoca o a cui si augura qualcosa e con l’accusativo della cosa: qui la cosa in realtà è rappresentata dal principem iratum. A proposito di iratum, sul vocabolario trovi che regge il dativo: ei può logicamente e anche sintatticamente essere riferito sia a iratum che a comprecatus est: infatti il senato invoca su quello sfrontato la punizione del principe e il principe si deve ovviamente adirare con lui; tuttavia, nella traduzione, è meglio farlo dipendere da comprecatus est. La relativa ha il congiuntivo obliquo.

QUINTO PERIODO: Ille tamen fefellit (et latuit), (fortasse etiam inter indignantes fuit). Il periodo consta di tre proposizioni fra loro coordinate: la prima di esse è la principale. Controlla i significati dei termini sul vocabolario: non dovresti incontrare nessuna difficoltà. Indignantes è participio sostantivato.

SESTO PERIODO: Quid putamus (hunc domi facere), (qui in tanta re tam serio tempore tam scurriliter ludat), (qui denique omnino in senatu dicax et urbanus et bellus est)? Si distinguono qui quattro proposizioni: la principale, una oggettiva e due relative fra loro coordinate. La principale si presenta in forma interrogativa ed è introdotta dal pronome neutro quid, il quale funge logicamente anche da complemento oggetto del verbo facere. Nel tradurre puoi mantenere lo stesso ordine in cui si trovano i termini in latino: “che cosa pensiamo che faccia...”. Domi è locativo. Le relative hanno il verbo di modo diverso; avranno dunque sfumature diverse: la prima infatti è impropria ed ha valore consecutivo, la seconda è presentata come propria e reale.

SETTIMO PERIODO: Tantum licentiae pravis ingeniis adicit illa fiducia: È una proposizione principale in cui illa fiducia è soggetto di adicit, pravis ingeniis è dativo retto da adicit, tantum è il complemento oggetto e regge il genitivo partitivo licentiae. In italiano non si può tradurre alla lettera l’espressione tantum licentiae: devi pertanto considerare licentiae come se fosse il complemento oggetto e tantum il suo attributo.

OTTAVO PERIODO: “Quis enim sciet?” Questa proposizione interrogativa diretta spiega in che cosa consista illa fiducia: l’autore di quegli scherzi è convinto che nessuno lo scoprirà mai. Attento al tempo di sciet; il complemento oggetto di sciet è un id sottinteso: in latino non è necessario, ma in italiano devi esprimerlo.

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NONO PERIODO: Poposcit tabellas, (stilum accepit), (demisit caput), (neminem veretur), (se contemnit). Cinque proposizioni coordinate per asindeto, molto incisive, per scandire le azioni compiute da questo individuo ed il suo comportamento morale. Attento però ai verbi: i primi tre sono al perfetto indicativo e indicano le operazioni che egli ha effettivamente svolto, gli ultimi due sono al presente per esprimere invece che egli deve essere di natura spregiudicata e indegna. In italiano cerca di trovare un sistema per non rendere troppo brusco il cambiamento del tempo dei verbi. Forse potrà suonarti strano il significato di contemno, ma in esso è contenuto il giudizio dell’autore: uno che si comporti così non ha rispetto per se stesso, dunque si disprezza.

DECIMO PERIODO: Inde ista ludibria scaena et pulpito digna. La proposizione, principale, è ellittica del verbo: puoi sottintendere sunt o, meglio ancora, fiunt. Ista ludibria funge da soggetto; al verbo sottinteso è bene dare il significato di “derivare, nascere”, data la presenza dell’avverbio inde; scaena e pulpito sono gli ablativi retti da digna.

UNDICESIMO PERIODO: Quo te vertas? La proposizione principale è costituita da una interrogativa diretta con il verbo al congiuntivo: devi quindi pensare all’uso del congiuntivo nelle proposizioni principali: potenziale, dubitativo, desiderativo etc.: quale di questi? Quo è avverbio di moto a luogo.

DODICESIMO PERIODO: Quae remedia conquiras? Questa proposizione è identica alla precedente. Quae è aggettivo interrogativo concordato con remedia, complemento oggetto.

TREDICESIMO PERIODO: Ubique vitia remediis fortiora. La conclusione, piena dello sconforto di Plinio, è affidata ad una frase che suona come una sentenza, perciò è ellittica del verbo. Vitia è soggetto; sunt è il verbo sottinteso; fortiora è aggettivo di grado comparativo e costituisce il predicato nominale; remediis è il secondo termine di paragone in ablativo.

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Eufrate, un filosofo nobilissimo TESTO

• Multa in Euphrate sic eminent (et elucent), (ut mediocriter quoque doctos advertant1) (et adficiant). • Disputat subtiliter graviter ornate, (frequenter etiam Platonicam illam sublimitatem et latitudinem effingit). • Sermo est copiosus et varius, dulcis in primis,2 (et qui repugnantes quoque ducat) (impellat). • Ad hoc 3 proceritas corporis, decora facies, demissus capillus, ingens et cana barba; • (quae licet4 fortuita5 et inania putentur), illi tamen plurimum venerationis6 adquirunt. • Nullus horror in cultu,7 (nulla tristitia8), (multum severitatis6); • revereari 9 occursum, (non reformides). • Vitae sanctitas 7summa; • comitas 7 par: • insectatur vitia non homines, (nec castigat errantes10) (sed emendat). • Soleo non numquam de occupationibus meis apud Euphraten queri. • Ille me consolatur, (adfirmat) (etiam esse hanc11 philosophiae et quidem pulcherrimam partem), (agere negotium publicum), (cognoscere12) (iudicare), (promere) (et exercere iustitiam), [et13 (quae ipsi doceant14) in usu habere]. • Mihi tamen hoc unum non persuadet,15 (satius esse ista facere16 quam cum illo dies totos audiendo17 discendoque consumere). • Quo18 magis te (cui vacat) hortor, (cum in urbem proxime veneris19), (illi te expoliendum20 limandumque permittas).21 • Neque enim ego (ut multi22) invideo aliis23 bono (quo24 ipse careo), (sed contra): • sensum quendam voluptatemque25 percipio, (si video26) [ea (quae mihi denegantur) amicis superesse]. ANALISI 1 Il soggetto è sempre multa, ma non occorre che tu lo esprima; l’identità di soggetto tra la con-

secutiva e la sua reggente ti consente anzi di usare, se vuoi, la forma implicita (“così... da...”). 2

Cerca la locuzione in primis sul vocabolario. La successiva et qui... ducat, cui è coordinata per asindeto impellat, è una relativa impropria: sai riconoscerne il valore?

3 Puoi sottintendere il verbo adicitur. 4 È usato come congiunzione concessiva e regge il verbo putentur. 5 Ha funzione di predicativo del soggetto, come il successivo inania. 6 Genitivo partitivo retto dall’avverbio di quantità.

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7 Sottinteso est. 8 Se non vuoi costellare questo brano di insensatezze (tipo “orrore nel culto”), stai molto

attento alle scelte lessicali e soprattutto ai... “falsi amici”! Tristitia è uno di essi. Questa caratteristica chiaramente non si addice al cultus, bensì all’atteggiamento del filosofo: ti conviene perciò specificarlo nella traduzione, integrando per esempio in eo. 9 Come il successivo reformides, è un congiuntivo potenziale: lo si desume facilmente dal

“tu” generico. 10 Il participio è sostantivato. 11 È concordato con partem ed è prolettico rispetto alla serie di infiniti che indicano le attività

svolte da Plinio. 12 Attenzione a scegliere il significato giusto! Si tratta infatti di un termine tecnico proprio del

linguaggio giuridico. 13 Il -que è stato trasformato in et e spostato per comodità di analisi. 14 La relativa ha il congiuntivo per attrazione modale. 15 Osserva il costrutto di persuadeo, che regge il dativo della persona (mihi) e, nonostante sia

intransitivo, l’accusativo della cosa, se si tratta, come in questo caso, di un pronome neutro (hoc unum). 16 La proposizione ista facere funge da soggetto di satius esse e da primo termine di parago-

ne; il secondo termine di paragone è costituito da quam cum illo... consumere. 17 È questo, come sai, il solo caso in cui il gerundio latino coincide con il gerundio italiano. 18 È un nesso relativo e corrisponde a et eo. Per l’espressione eo magis consulta attentamente

il vocabolario. Dovrai esaminare con molta cura anche le reggenze del verbo vaco, per poter tradurre esattamente il successivo cui vacat. 19 Congiuntivo perfetto o futuro anteriore? Bada che dipende da permittas! Ai fini della tradu-

zione, comunque, nulla cambia: si tratta pur sempre di un’azione anteriore rispetto ad un’azione futura, per cui l’italiano, poco sensibile alla “legge dell’anteriorità”, la rende con il futuro semplice. 20 Gerundivo concordato con te, come il successivo limandum. Ha valore predicativo, come

sempre con i verbi do, curo, mitto, trado, relinquo e simili. 21 Proposizione completiva che dipende da hortor: come avrai notato, è priva di introduttore! 22 Sottinteso faciunt o invident. 23 Invideo regge il dativo. Il successivo bono è un complemento di causa. 24 È riferito a bono, ma è retto da careo: che complemento è? Nella frase successiva (sed con-

tra) è sottinteso il verbo (afficior o simili). 25 Sensum... voluptatemque è un’endìadi. 26 Abbiamo spostato il verbo per esigenze di analisi.

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Per un giovinetto di buona famiglia occorre un maestro irreprensibile TESTO

• Adhuc illum pueritiae ratio intra contubernium tuum tenuit, (praeceptores domi habuit), (ubi est erroribus1 modica vel etiam nulla materia). • Iam studia eius extra limen proferenda sunt, (iam circumspiciendus2 rhetor Latinus), (cuius scholae3 severitas pudor in primis castitas constet). • Adest enim adulescenti nostro4 cum ceteris naturae fortunaeque dotibus eximia corporis pulchritudo, (cui5 in hoc lubrico6 aetatis non praeceptor modo sed custos etiam rectorque quaerendus est). • Videor 7 ergo demonstrare tibi posse Iulium Genitorem. 8

9

• Vir est emendatus et gravis, paulo etiam horridior et durior, ut in hac licentia temporum. • (Quantum eloquentia10 valeat), pluribus credere potes, (nam dicendi facultas aperta et exposita11 statim cernitur). • Nihil ex hoc viro filius tuus audiet nisi profuturum, (nihil discet) (quod nescisse rectius fuerit12), (nec minus saepe ab illo quam a te meque admonebitur), (quibus imaginibus oneretur13), (quae nomina et quanta sustineat13). • Proinde (faventibus dis) trade eum praeceptori, (a quo mores primum mox eloquentiam discat14), (quae male sine moribus discitur). • Vale.

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ANALISI 1 Error non è l’errore che l’allievo fa in un compito! Plinio intende dire che in casa un ragaz-

zo è tenuto sotto stretto controllo e quindi ha meno occasioni di...? Cerca in questo senso un vocabolo adatto. 2 Sottinteso est: si tratta di una perifrastica passiva coordinata con proferenda sunt. 3 Cuius è riferito a rhetor ed è il complemento di specificazione retto da scholae; a sua volta

scholae è complemento di specificazione retto dai tre soggetti severitas, pudor, castitas. La relativa ha il verbo al congiuntivo, dunque è impropria: qual è il suo valore? 4 Puoi considerarlo un dativo di possesso e come tale tradurlo. 5 È riferito a pulchritudo e non è dativo d’agente, come potrebbe sembrare data la presenza

di quaerendus est, bensì di vantaggio. 6 È sostantivo neutro. 7 Sottinteso mihi: poiché la persona su cui ricade l’azione del verbo è la stessa che funge da

soggetto, videor non si traduce con “sembrare”, ma con “pensare”, “credere”. 8 I due comparativi hanno valore assoluto in quanto non c’è il secondo termine di paragone,

e non lo si può neppure sottintendere. 9 Ut è qui usato come avverbio, non come congiunzione, ed ha valore limitativo-restrittivo. 10 Eloquentia può essere sia nominativo, soggetto di valeat, sia ablativo; in questo secondo

caso il soggetto di valeat è Giulio Genitore e eloquentia funge da complemento di limitazione. Il concetto non cambia. 11 Aperta ed exposita sono predicativi del soggetto. 12 L’azione espressa da fuerit è anteriore rispetto a quella della reggente discet; potrebbe quin-

di trattarsi o di un futuro anteriore (relativa propria) o, più verosimilmente, di un congiuntivo perfetto (relativa impropria con valore consecutivo), senza che questo cambi alcunché agli effetti della traduzione, per ragioni che diventano evidenti svincolando la relativa dalla dipendenza: se infatti la frase fosse indipendente, ci sarebbe hoc nescisse rectius fuit, dove fuit rientra nella casistica contemplata dal “falso condizionale”. Userai perciò il condizionale passato. 13 Proposizione interrogativa indiretta dipendente da admonebitur. 14 Ancora una relativa impropria, con valore consecutivo intenzionale. Osserva invece come

la successiva relativa abbia l’indicativo, in quanto esprime un’affermazione ritenuta incontestabile.

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Dubbi di Plinio sulla colpevolezza dei cristiani TESTO

• Sollemne1 est mihi, domine, omnia (de quibus dubito) ad te referre. • Quis enim potest 2 melius 3 vel cunctationem meam regere (vel ignorantiam instruere)? • Cognitionibus4 de Christianis interfui numquam: • ideo nescio5 (quid et quatenus aut puniri soleat) (aut quaeri). • Nec mediocriter haesitavi,6 (sitne aliquod discrimen aetatum), (an quamlibet teneri7 nihil a robustioribus differant); • (detur8 paenitentiae venia), [an ei, (qui omnino Christianus fuit), desisse9 non prosit]; • [nomen ipsum, (si flagitiis careat), an flagitia cohaerentia nomini puniantur10]. • Interim, in iis (qui ad me tamquam Christiani deferebantur), hunc sum secutus modum. • Interrogavi ipsos (an essent11 Christiani). • (Confitentes12) iterum ac tertio interrogavi (supplicium minatus): • (perseverantes12) (duci) iussi. • Neque enim dubitabam, (qualecumque esset13) (quod faterentur14), (pertinaciam certe et inflexibilem obstinationem debere puniri). • Fuerunt alii similis amentiae,15 [quos, (quia cives Romani erant), adnotavi16 in urbem remittendos].

ANALISI 1 “Falso amico”: non tradurlo con l’aggettivo “solenne”! È un sostantivo neutro: controlla il

vocabolario. 2 Meglio considerarlo un falso condizionale. Lo stesso verbo è sottinteso nella coordinata

vel… instruere. 3 Il secondo termine di paragone sottinteso è Traiano e corrisponde a quam tu oppure te in

ablativo.

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4 Attento: è un termine tecnico proprio del linguaggio giuridico. 5 Da nescio dipendono le due proposizioni interrogative indirette il cui verbo è soleat, che

regge i due infiniti puniri e quaeri. 6 Da haesitavi dipende una serie di interrogative indirette disgiuntive, di cui solo la prima

ha l’introduttore -ne nel primo membro; quelle senza introduttore sono indubbiamente più difficili da riconoscere: tuttavia il verbo al congiuntivo e la presenza del secondo membro introdotto da an costituiscono due elementi preziosi per identificarle. 7 Infinito passivo del verbo teneo o nominativo plurale maschile dell’aggettivo tener, a, um?

Nella scelta devi farti guidare non solo dal buon senso, ma anche dall’attento esame della struttura della frase: parti dal verbo differant e incomincia a porgli delle domande: qual è il soggetto? Qual è la sua costruzione? Alla fine non avrai più dubbi. Il successivo robustioribus, altro elemento prezioso per far luce sul significato di teneri, non va tradotto con “più robusti”: sforzati di trovare un significato migliore. 8 Il verbo è al congiuntivo e la proposizione che segue è introdotta da an: di che proposizione

si tratta? 9 Funge da soggetto al verbo prosit. 10 Ormai non dovresti più aver dubbi sulla natura della proposizione a cui appartiene il verbo

puniantur! Non lasciarti ingannare dalla mancanza di introduttore per puniantur: il periodo ipotetico è dipendente! Di conseguenza, come sempre accade con l’apòdosi al congiuntivo, solo il senso può farti comprendere se sia del primo o del secondo tipo. 11 Sostituisce num o -ne: si tratta di un uso postclassico (l’interrogativa non dipende infatti da

un’espressione di dubbio). 12 Confitentes e perseverantes possono avere sia la funzione di participi congiunti sia quella

di participi sostantivati: nel primo caso puoi renderli in italiano con una proposizione condizionale o temporale, con un complemento di tempo o, meno bene, con un gerundio. Il successivo duci sottintende ad supplicium o ad mortem. Nota come l’infinito sia passivo perché manca l’indicazione della persona a cui è rivolto il comando. 13 Il soggetto si ricava sdoppiando il pronome relativo seguente in id quod. Attento: il verbo

dubitabam regge in questo caso l’infinito debere puniri, pur conservando irregolarmente il significato di “dubitare” (il costrutto classico sarebbe: non dubitabam quin deberent puniri). Il congiuntivo in luogo del più normale indicativo nella proposizione introdotta da qualecumque ne sottolinea il carattere eventuale. 14 Il congiuntivo si giustifica sia con l’attrazione modale, sia con la sfumatura di eventualità

implicita nella relativa. 15 Genitivo di qualità. 16 Controlla la costruzione di adnotavi seguito dal gerundivo predicativo: in italiano possiamo

tradurre tale costrutto quasi alla lettera.

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Plinio comunica a Traiano il suo comportamento nei processi contro TESTO

• Propositus est libellus sine auctore multorum nomina continens. • (Qui1 negabant) (esse se Christianos) (aut fuisse), [cum (praeeunte2 me) deos adpellarent] {et imagini tuae, [(quam3 propter hoc iusseram) (cum simulacris numinum adferri4)], ture ac vino supplicarent}, (praeterea male dicerent Christo), (quorum5 nihil cogi posse dicuntur6) (qui sunt re vera Christiani), (dimittendos7) putavi. • Alii (ab indice nominati) (esse se Christianos) dixerunt (et mox negaverunt); • (fuisse 8 quidem) (sed desisse, quidam ante triennium, quidam ante plures annos, non nemo etiam ante viginti9). 10

• Hi quoque omnes et imaginem tuam deorumque simulacra venerati sunt (et Christo male dixerunt). • Adfirmabant autem (hanc fuisse summam vel culpae suae vel erroris),11 (quod essent soliti stato die ante lucem convenire), (carmenque Christo quasi deo dicere12 secum invicem) (seque sacramento non in scelus13 aliquod obstringere), [sed ne furta (ne latrocinia14) (ne adulteria14) committerent], (ne fidem fallerent), [ne depositum (adpellati15) abnegarent]. • (Quibus peractis)16 (morem sibi discedendi fuisse rursusque coeundi) (ad capiendum cibum, promiscuum tamen et innoxium); • (quod17 ipsum facere desisse post edictum meum), [quo secundum mandata tua (hetaerias esse) vetueram]. • Quo18 magis necessarium credidi [ex duabus ancillis, (quae ministrae dicebantur), (quid esset veri) et19 per tormenta quaerere]. • Nihil aliud inveni quam superstitionem pravam et immodicam.

ANALISI 1 Il periodo è reso piuttosto complesso dalla presenza di proposizioni infinitive, narrative e

relative, per altro non tutte indispensabili per individuarne la struttura portante, che può essere schematizzata in questo modo: putavi dimittendos (esse) (eos) qui negabant... La proposizione oggettiva retta da putavi manca del soggetto: come si fa a identificarlo? Lo si ricava sdoppiando il pronome qui in eos qui: come vedi anche le regole che le grammatiche presentano come ferree (quella appunto secondo cui le oggettive devono avere sempre il soggetto espresso o quella per cui l’antecedente del relativo viene assorbito dal relativo stesso solo quando è nel medesimo caso) trovano talvolta clamorosa smentita in autori della levatura di Plinio. 2 Attento al significato del verbo in questo contesto! 3 Come abbiamo notato già altre volte, quam introduce sintatticamente la relativa il cui verbo

è iusseram, ma funge anche da soggetto della infinitiva oggettiva retta da iusseram: le due proposizioni risultano quindi indissolubilmente legate. Le parentesi sono state poste nel solo modo possibile in relazione alla logica dell’enunciato; immagina di svolgere quam in

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i cristiani nam eam e di analizzare così: [nam (eam cum simulacris numinum adferri) propter hoc iusseram]; ora dovresti comprendere meglio il senso della nostra scelta. 4 Il verbo dipende da iubeo: sapresti spiegare il perché della diatesi passiva? 5 Si ripropone il caso già esaminato nella nota 3: quorum è in comune tra la relativa e l’infiniti-

va. Tradurre il tutto alla lettera in un italiano corretto non è possibile: ti suggeriamo pertanto di considerare questa relativa e quella seguente come un inciso, e di collocare un trattino prima di quorum e un altro dopo Christiani; in questo modo puoi considerare quorum come un nesso relativo e la proposizione da esso introdotta come una principale: [nam (eorum nihil cogi posse) dicuntur ii] (qui sunt re vera Christiani). Quorum è di genere neutro (= quarum rerum). 6 La costruzione è personale e il soggetto si ricava come al solito sdoppiando il pronome

relativo qui in ii qui. Il verbo cogo è costruito con l’accusativo della cosa cui si è costretti (nihil, rispetto al quale quorum è genitivo partitivo). 7 Sottinteso esse. 8 Breve oratio obliqua. 9 Determinazioni di tempo determinato: indicano “quanto tempo prima” è accaduta l’azione

in questione. Ante regge l’accusativo perché precede l’espressione numerica; quale caso si userebbe se la seguisse o fosse frapposta fra l’aggettivo e il sostantivo? 10 Ricordati che quoque si traduce prima della parola dopo la quale si trova. 11 Attento alla traduzione di summam! Hanc concorda con summam ed è prolettico rispetto al

quod dichiarativo, che introduce essent soliti. Il congiuntivo della dichiarativa è obliquo: Plinio infatti riporta indirettamente le affermazioni dei cristiani. 12 Questo infinito e quello che segue sono retti da essent soliti. Il carmen può essere in questo

contesto un canto o una preghiera; perciò invicem, che alla lettera significa “alternativamente”, indicherà i cori alternati. 13 Complemento di fine retto da obstringere; dallo stesso verbo dipendono le proposizioni

seguenti, che sono delle completive di tipo iussivo (quindi con la negazione ne). 14 Sottinteso committerent. 15 Participio congiunto al soggetto; ha valore temporale o ipotetico. 16 Quibus è un nesso relativo (= et iis). L’infinito fuisse è ancora retto da adfirmabant: questo

periodo ed il successivo sono in oratio obliqua: osserva tuttavia come la relativa quo... vetueram abbia conservato l’indicativo, perché esprime un’osservazione accessoria dell’autore. Tradurrai fuisse con un imperfetto, ignorando l’anteriorità che il latino avverte fortemente (i personaggi che fanno queste affermazioni sono stati cristiani, ma ora non lo sono più: quindi le loro affermazioni sono tutte riferite al passato). 17 È nesso relativo e funge da complemento oggetto di facere. 18 Quo = et eo (nesso relativo). Si tratta di un ablativo di misura che accompagna il compara-

tivo magis. 19 Attento a questo et: non è una congiunzione coordinante.

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Umana sensibilità di Plinio verso gli schiavi TESTO

• Confecerunt me infirmitates meorum, mortes etiam, et quidem iuvenum1. • Solacia duo nequaquam paria tanto dolori, solacia tamen:2 • unum 3 facilitas manumittendi videor 4 enim non omnino immaturos perdidisse, (quos iam liberos5 perdidi) (alterum3) (quod6 permitto servis quoque) (quasi testamenta facere), (eaque ut legitima custodio). • Mandant (rogantque) (quod visum7); • pareo (ut iussus)8. • Dividunt (donant) (relinquunt, dumtaxat intra domum); • nam servis 9 res publica quaedam et quasi civitas domus est. • Sed (quamquam10 his solaciis adquiescam), debilitor (et frangor eadem illa humanitate), [quae me (ut11 hoc ipsum permitterem) induxit]. • Non ideo tamen velim12 durior fieri. • Nec ignoro (alios eius modi casus nihil amplius vocare quam damnum), (eoque13 sibi magnos homines et sapientes videri). • (Qui14 an magni sapientesque sint), nescio; • 15homines non sunt. • Hominis 16 est enim adfici dolore, sentire, resistere tamen et solacia admittere, non solaciis non egere17. • Verum de his plura fortasse18 (quam debui19); • sed pauciora18 (quam volui19). • Est enim quaedam etiam dolendi voluptas, (praesertim si in amici sinu defleas20), (apud quem lacrimis tuis vel laus sit21 parata vel venia). • Vale. ANALISI 1 È riferito a meorum (sottinteso servorum). 2 Sottinteso mihi sunt. 3 Nota la contrapposizione unum... alterum, che spiega in che cosa consistano i due solacia.

Devi sottintendere il verbo est. 4 Costruzione personale di videor: è sottinteso mihi. Il successivo immaturos è predicativo

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dell’oggetto sottinteso eos, che devi ricavare da quos: poiché eos e quos sono nello stesso caso, il latino omette l’antecedente del pronome relativo. L’italiano possiede il pronome doppio “chi”, ma solo per il singolare. 5 Come immaturos, ha funzione predicativa dell’oggetto, che in questo caso è quos. 6 Questo quod è dichiarativo: traducilo con “il fatto che”. 7 Questa volta videor è costruito impersonalmente: dunque, nel contesto, non significa “sem-

brare”, bensì...? Si può sottintendere sit, se si vuole conferire alla relativa valore di eventualità, ma nulla vieta di sottintendere semplicemente est. Il perfetto in questo caso si può tradurre in italiano anche col presente: infatti in latino è strettamente osservata la legge dell’anteriorità secondo cui, prima di impartire delle disposizioni, bisogna che colui che fa testamento le abbia ritenute opportune. 8 Il participio iussus sintetizza una comparativa ipotetica (ut iussus sim). 9 Attento a non cadere nella facile tentazione di considerare questo servis come un dativo di

possesso. 10 Avrai certo studiato che nelle proposizioni concessive l’introduttore quamquam, essendo

raddoppiato, regge di norma l’indicativo, ma qui si trova una bella smentita: infatti adquiescam è congiuntivo (e non si giustifica neppure con l’attrazione modale): si tratta di un uso postclassico. 11 Questo ut è retto da induxit: quindi non è né finale né consecutivo. Di che proposizione si

tratta? 12 Congiuntivo ottativo: il desiderio è presentato come realizzabile (il tempo è infatti presente). 13 Qui eo significa “perciò”. Osserva di nuovo la costruzione personale di videor; magnos

homines et sapientes è predicativo di alios, soggetto sottinteso di videri. 14 Il nesso relativo qui (= et ii) funge da soggetto della interrogativa indiretta dubitativa

introdotta da an e come tale va inserito sintatticamente in essa. 15 Integra una congiunzione avversativa (at, vero...). 16 Genitivo di pertinenza. 17 Non lasciarti indurre in inganno dalle due negazioni: la prima sottintende hominis est, la

seconda nega soltanto egere. 18 Sottinteso dixi. 19 Osserva in entrambe le comparative la presenza del falso condizionale: in questo caso tra-

durre con l’indicativo non è proprio possibile! 20 Nella pròtasi del periodo ipotetico indipendente con apòdosi all’indicativo si può trovare il

congiuntivo (eventuale) quando il soggetto è indeterminato (come in questo caso: il “tu” è infatti generico). 21 Relativa impropria: il suo valore è consecutivo intenzionale (“un amico tale che presso di

lui sia pronta…”).

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Feroce comportamento di Domiziano contro la vestale massima TESTO

• Domitianus, (cum Corneliam Vestalium maximam defodere vivam concupisset),1 [ut qui2 (inlustrari saeculum suum eiusmodi exemplis) arbitraretur], pontificis maximi iure, seu potius immanitate tyranni, licentia domini reliquos pontifices non in Regiam sed in Albanam villam convocavit. • Nec minore scelere quam id3 (quod ulcisci videbatur), (absentem)4 (inauditamque)4 damnavit incesti,5 (cum6 ipse fratris filiam incesto non polluisset solum) (verum etiam occidisset); • nam vidua 7 abortu periit. • Missi statim pontifices (qui defodiendam necandamque curarent8). • Illa (nunc ad Vestam nunc ad ceteros deos manus tendens), multa sed hoc frequentissime clamitabat: • “Me Caesar incestam putat [qua9 (sacra faciente) vicit] (triumphavit)!” • {Haec10 (blandiens) [an (inridens)11], [ex fiducia sui (an ex contemptu principis11)11] dixerit}, dubium est. • Dixit (donec ad supplicium, nescio (an innocens13), [certe (tamquam innocens14)15] ducta est). • Quin etiam16 (cum in illud subterraneum demitteretur)1, [haesissetque (descendenti17) stola], vertit se (ac recollegit), [et18 (cum ei manum carnifex daret)1, aversata est] (et resiluit) [foedumque contactum (quasi19 plane a casto puroque corpore) novissima20 sanctitate reiecit].

ANALISI 1 Cum narrativo: esso esprime un rapporto nel contempo causale e temporale (logico-cro-

nologico) esistente fra due avvenimenti; non ha dunque un esatto equivalente in italiano, e per questo motivo si suggerisce di tradurlo in un primo tempo con il gerundio. Questo costrutto implicito, però, oltre a risultare spesso inelegante e faticoso, induce in errore gli allievi poco ferrati nella lingua italiana quando non c’è coincidenza di soggetto con la reggente: ti suggeriamo perciò di usare in un secondo tempo costrutti espliciti, valutando attentamente, caso per caso, se prevalga l’idea della causa o quella del tempo. 2 Ut qui, utpote qui (letteralmente “come colui che”), seguiti dal congiuntivo, introducono

una relativa impropria con valore causale. 3 Abbiamo sdoppiato il pronome relativo in id quod per permetterti di individuare il secondo

termine di paragone introdotto dal quam. Ti conviene ordinare la frase così: damnavit incesti eam… non minore scelere quam id (scelus) quod…

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Cornelia 4 Entrambi i participi sono riferiti ad eam sottinteso con cui concordano in qualità di partici-

pi congiunti. 5 Complemento di colpa. 6 Questo cum + congiuntivo non è narrativo, ma concessivo. 7 È riferito alla figlia del fratello ed ha funzione di predicativo del soggetto. 8 Qui… curarent è una relativa impropria con valore finale. Curo è qui costruito con il

gerundivo in funzione predicativa: consulta con attenzione il vocabolario in proposito. 9 Qua introduce sintatticamente la relativa il cui verbo è vicit; tuttavia costituisce anche il

soggetto dell’ablativo assoluto qua sacra faciente: è un costrutto che hai incontrato parecchie altre volte e di cui ormai non dovresti più stupirti: si tratta in pratica di una sorta di nesso relativo (qui potresti svolgere il tutto così: sed me sacra faciente vicit). 10 Haec è stato spostato per esigenze di analisi. Blandiens e inridens sono participi congiunti

con valore finale. Devi sottintendere utrum (vedi nota 12). 11 Sottinteso dixerit. 12 Da dubium est dipendono due proposizioni interrogative indirette disgiuntive di cui la

seconda ha il verbo sottinteso; entrambe poi mancano dell’introduttore del primo membro, utrum, che in italiano si traduce con “se”. Senza sottintesi il periodo si presenterebbe così: dubium est utrum blandiens an inridens haec dixerit, utrum ex fiducia sui an ex contemptu principis haec dixerit. 13 Sottinteso ad supplicium ducta sit: si tratta di una interrogativa indiretta dubitativa.

Innocens è predicativo del soggetto. 14 Sottinteso esset. La proposizione è una comparativa ipotetica. 15 Tra la parentesi tonda e la quadra sottintendi ad supplicium ducta est. La temporale intro-

dotta da donec ha l’indicativo perché esprime un dato di fatto. Che cosa denoterebbe invece la presenza di un congiuntivo? 16 Non sempre quin è un introduttore; qui, per esempio, non lo è: si tratta infatti di un avver-

bio che, in unione con etiam o immo, equivale al nostro “ché anzi”, “ma anzi”. Il subterraneum cui si fa cenno poco oltre si trovava nel campus sceleratus a sud-est di Porta Collina, dove le vestali impudiche venivano sepolte vive in una fossa poi murata. 17 È riferito a ei sottinteso ed è participio congiunto con valore temporale. 18 Per esigenze di analisi abbiamo anticipato la congiunzione coordinante enclitica -que tra-

sformandola in et. 19 Quasi introduce una comparativa ipotetica il cui verbo sottinteso è reiecisse, come si può

ricavare sia dal verbo della coordinata alla principale (reiecit), sia dal complemento di allontanamento a casto puroque corpore. 20 Non significa “nuovissima”! Consulta con attenzione il vocabolario.

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Plinio tesse un commovente elogio della giovane moglie Calpurnia TESTO

• Summum est acumen summa frugalitas; 1 • amat me, (quod2 castitatis indicium est). • Accedit his3 studium litterarum, (quod4 ex mei caritate concepit). • Meos libellos habet (lectitat) (ediscit etiam). • Qua 5 illa sollicitudine adficitur6 (cum videor acturus7), [quanto5 (cum egi) gaudio8]! • Disponit9 (qui nuntient sibi) (quem10 adsensum11) (quos clamores excitarim), (quem eventum iudici12 tulerim). • Eadem, (si quando13 recito), in proximo (discreta14 velo15) sedet, (laudesque nostras16 avidissimis auribus excipit). • Versus quidem meos cantat etiam (formatque17 cithara) (non artifice aliquo docente), (sed amore18) (qui magister est optimus). • His ex causis in spem certissimam adducor, (perpetuam nobis maioremque in dies futuram esse concordiam). • Non enim aetatem meam aut corpus, (quae19 paulatim occidunt20) (ac senescunt), sed gloriam diligit.

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ANALISI 1 Sono possibili due traduzioni diverse, a seconda che tu sottintenda eius (complemento di

specificazione) oppure ei (dativo di possesso): il senso, comunque, non cambia. 2 Quod si riferisce al concetto espresso nella principale (“il che”, “e questo”) ed introduce una relativa appositiva. 3 His è di genere neutro. 4 Concorda con studium e non dipende da accedit: lo si capisce prima di tutto dal senso, poi

dal fatto che accedit ha già il soggetto, studium, che è neutro esattamente come quod. 5 Introduce una proposizione esclamativa, come segnala chiaramente la punteggiatura a fine

periodo. 6 Abbiamo preferito spostare il verbo nella principale e sottintenderlo nella coordinata quan-

to... gaudio. Il verbo adficere si costruisce con l’ablativo della cosa e va reso in modo diverso a seconda del termine cui si accompagna: controlla bene il vocabolario in proposito. 7 Sottinteso esse: dipende da videor che ha costruzione personale. Attento al significato di

agere in questo contesto! Puoi intuirne il valore osservando il successivo iudici. 8 Sottinteso adficitur. 9 Plinio non dice né chi venga “disposto” da Calpurnia né dove: tu però dovrai specificarlo, per

quanto in modo generico, nella tua traduzione. La relativa qui nuntient ha il verbo al congiuntivo, pur dipendendo direttamente dalla principale: dunque è impropria; qual è il suo valore? 10 Inizia a questo punto una sequenza di tre proposizioni interrogative indirette introdotte

ciascuna da un aggettivo interrogativo. 11 Sottinteso excitarim, che sta per excitaverim. 12 Attento: da iudex o da iudicium? 13 Sta per aliquando e ha “perso le ali” perché è preceduto da si. 14 “Falso amico”! È participio congiunto a eadem e deriva dal verbo discerno. 15 Un altro “falso amico”: non tradurre con “velo”! Calpurnia non vuole farsi vedere, e un

velo, essendo trasparente, non potrebbe nasconderla. 16 È pluralis maiestatis: traduci con il singolare corrispondente. 17 Il verbo formo può assumere significati diversi a seconda del mezzo che si usa: può voler

dire infatti “scolpire”, “dipingere”, etc.; qui Calpurnia usa la cetra, dunque...? 18 Sottinteso docente. È ablativo assoluto coordinato con il precedente. 19 Le norme relative alle concordanze prevedono che due sostantivi di genere diverso indi-

canti cose (aetatem e corpus) siano ripresi da un pronome relativo neutro (quae: propriamente “cose che”). 20 Attenzione! Come sai, esistono due verbi, occı̆do e occı–do, che si distinguono solo per la quantità della “i”; il significato però è molto diverso: devi effettuare la tua scelta in modo oculato.

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Intemperanze giovanili di Nerone TESTO

• Petulantiam, libidinem, luxuriam, avaritiam, crudelitatem sensim quidem1 primo et occulte (et velut iuvenili errore2) exercuit, [sed (ut tunc quoque dubium nemini foret) (naturae illa vitia, non aetatis3 esse)4]. • Post crepusculum statim (adrepto pilleo vel galero)5 popinas inibat (circumque vicos vagabatur ludibundus6 nec sine pernicie tamen), [siquidem7 redeuntis8 a cena verberare (ac repugnantes9 vulnerare) (cloacisque demergere) assuerat],10 (tabernas etiam effringere) (et expilare). • Ac saepe in eius modi rixis oculorum et vitae periculum adiit, [a quodam laticlavio, (cuius uxorem adtrectaverat), prope ad necem caesus11]. • Quare numquam postea publico se illud horae 12 sine tribunis commisit procul et occulte subsequentibus. • Interdiu quoque (clam gestatoria sella delatus in theatrum) seditionibus pantomimorum13 e parte proscaeni superiore signifer14 simul ac spectator aderat; • et (cum ad manus ventum esset) (lapidibusque et subselliorum fragminibus decerneretur),15 multa et ipse iecit in populum (atque etiam praetoris caput consauciavit).

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ANALISI 1 Per quidem... sed vedi nota 4 alla versione 41. 2 Espressione brachilogica che condensa una comparativa ipotetica: “come (se lo facesse) per

un errore giovanile”. 3 Naturae e aetatis sono genitivi di pertinenza. 4 È sottinteso il verbo della coordinata alla principale (exercuit). La successiva ut... foret (=

esset) è una consecutiva: non essendoci alcun termine che anticipi ut, dovrai svolgerlo con “in modo tale che”. Non tradurre foret con il congiuntivo: la conseguenza è reale, non intenzionale; se usi il congiuntivo, ne risulta che Nerone si comporta così per far capire a tutti che i suoi sono autentici vizi e non intemperanze giovanili! 5 Ablativo assoluto. 6 Questo aggettivo ha funzione predicativa. 7 Siquidem si rende normalmente con la perifrasi “se è vero che”. 8 Redeuntis = redeuntes; è un participio sostantivato. 9 Abbiamo considerato repugnantes come participio sostantivato (“quelli che facevano resi-

stenza”), ma potrebbe trattarsi anche di un participio congiunto con redeuntis; in tal caso andrebbe analizzato così: [ac (repugnantes) vulnerare], e tradotto: “e, se facevano resistenza, (era solito) ferirli”. 10 Assuerat = assueverat (da assuesco). Il verbo regge anche i due infiniti che seguono. 11 Puoi svolgere caesus con una causale. 12 Illud è accusativo di relazione; horae è genitivo partitivo. 13 C’è chi intende pantomimorum come un genitivo oggettivo (“le risse che avevano per

oggetto i pantomimi”, come quella di cui si parla subito dopo), e chi invece lo interpreta come un genitivo soggettivo (“le lotte che i pantomimi ingaggiavano”). Noi preferiamo la seconda interpretazione. 14 Predicativo, come il successivo spectator. Il termine signifer è desunto dal linguaggio mili-

tare ed indica colui che porta un’insegna militare; in questo caso si tratterà piuttosto di un vessillo con il quale Nerone dava il segnale d’inizio alle lotte fra i pantomimi. 15 A proposito del cum narrativo, quale differenza c’è tra il congiuntivo piuccheperfetto

(ventum esset) e quello imperfetto (decerneretur)? Bada che è errore grave non tener conto di questa differenza temporale!

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Tiberio infierisce contro Agrippina TESTO

• Nurum Agrippinam (post mariti mortem liberius quiddam questam1) manu apprehendit (Graecoque versu dixit): • “(Si non dominaris), filiola, (iniuriam te accipere) existimas?”2 • (nec ullo mox sermone dignatus est3). • [Quondam vero inter cenam (porrecta a se4) poma gustare non ausam] etiam vocare desiit, (simulans) (veneni se crimine accersi);5 • 6(cum praestructum utrumque7 consulto esset), [ut et ipse (temptandi gratia)8 offerret] [et illa (quasi9 certissimum exitium) caveret]. • Novissime (calumniatus)10 (modo ad statuam Augusti modo ad exercitus confugere velle), Pandatariam11 relegavit [et12 (convicianti13) oculum per centurionem verberibus excussit]. • Rursus (mori inedia destinanti14) (per vim ore diducto) (infulciri cibum) iussit. • Sed (et perseverantem) (atque ita absumptam15) (criminosissime insectatus), [cum (diem quoque natalem eius inter nefastos referendum16) suasisset], imputavit etiam, [quod non (laqueo strangulatam) in Gemonias abiecerit]:17 • et12 (pro tali clementia interponi decretum) passus est, (quo sibi gratiae agerentur) (et Capitolino Iovi donum ex auro sacraretur).18

ANALISI 1 Questam deriva da queror o da quaero? È il primo dei numerosi participi congiunti che

incontrerai in questo brano e che ti renderanno difficile tradurlo senza incorrere in ripetizioni (non potrai tradurli sempre nello stesso modo!). Quiddam è accusativo di relazione. Abbiamo trasformato il successivo inquit in dixit, spostandolo nella sede richiesta dall’analisi. 2 Nota si non al posto di nisi. Due le interpretazioni proposte per questo “verso greco” di un

commediografo anonimo: 1) “Se non domini, figliola, credi di subire (per questo) un torto?”, con allusione al fatto che la morte di Germanico aveva tolto ad Agrippina ogni speranza di diventare imperatrice; 2) “Se non ti domini, figliola, (non) pensi che riceverai offesa?”, con allusione al castigo imminente. Quest’ultima ipotesi ci sembra da respingere per almeno tre motivi: nel latino precristiano dominor ha significato attivo, e non mediale (“dominare”, non “dominarsi”); accipere è presente e non futuro; la domanda, in quanto retorica, richiederebbe nonne.

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3 Coordinata alla principale del primo periodo (apprehendit). 4 Riferito al soggetto di desiit (= Tiberio). Il successivo ausam è un participio congiunto ad

eam (= Agrippinam) sottinteso. 5 Infinito presente passivo da accerso (= arcesso). La frase è un’oggettiva. 6 Manca, come vedi, la principale, ricavabile da quanto precede (hoc simulavit o simili). Il

cum + congiuntivo (cum... praestructum esset) è in questo caso avversativo: traducilo con “mentre” seguito dall’indicativo. 7 Utrumque, neutro generico, è prolettico rispetto al successivo ut ed anticipa le due intenzio-

ni formulate in seguito, et... offerret e et... caveret, le quali sono di conseguenza dichiarative epesegetiche; puoi esplicitare il tutto traducendo ut con “cioè che” seguito dal congiuntivo (che esprime l’intenzione). 8 Il genitivo del gerundio o gerundivo seguito da causa– o gratia– esprime la... ? 9 Quasi introduce una comparativa ipotetica con il verbo (caveret) sottinteso. 10 Questo participio ha valore attivo, non passivo, perché il verbo calumnior è deponente.

L’oggettiva che segue, confugere velle, manca del soggetto (eam). 11 Si tratta dell’isola oggi chiamata Ventotène. 12

-que è stato trasformato in et e spostato nella sede richiesta dall’analisi.

13 Convicianti è riferito ad Agrippinae sottinteso. Traduci il successivo excussit con un verbo

fraseologico causativo (“fece cavare”), perché l’azione non è compiuta direttamente da Tiberio, ma per centurionem. 14 Sottinteso ei (= Agrippinae), con cui concorda destinanti e che costituisce anche la reggen-

za in dativo sia di diducto sia di infulciri. 15 Sottinteso eam, con cui concordano perseverantem e absumptam e che costituisce l’oggetto

di insectatus. 16 Referendum sottintende esse: è una perifrastica passiva. Cum suasisset è un classico “cum

narrativo” causale-temporale. 17 Quod non... abiecerit è una dichiarativa: traduci quod con “il fatto che”; il congiuntivo è

obliquo (la paradossale affermazione è di Tiberio, non dell’autore!). Le Gemonie erano una scalinata sulla quale venivano trascinati i cadaveri dei giustiziati destinati ad essere gettati nel Tevere. 18 Quo (= decreto)... agerentur e et... sacraretur sono relative improprie con valore finale.

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Giudizio critico su Cicerone TESTO

• Hic tu fortasse iandudum requiras,1 (quo in numero2 locem M. Tullium), (qui caput atque fons3 Romanae facundiae cluet). • Ego arbitror (eum4 usquequaque verbis pulcherrimis elocutum) [et ante omnis5 alios oratores ad ea, (quae ostentare vellet6), ornanda7 magnificum fuisse]. • Verum is mihi videtur 8 a quaerendis scrupulosius verbis procul afuisse vel magnitudine animi vel fuga laboris vel fiducia9 {10(non quaerenti etiam) sibi, [quae vix aliis (quaerentibus) subvenirent11], praesto adfutura}. • Itaque conperisse videor,12 (ut qui eius scripta omnia studiosissime lectitarim),13 [cetera eum genera verborum copiosissime uberrimeque tractasse,14 verba propria, translata, simplicia, conposita et, (quae in eius scriptis ubique dilucent), verba honesta, saepe numero15 etiam amoena]; • (quom16 tamen in omnibus eius orationibus paucissima admodum17 reperias insperata atque inopinata verba), (quae non nisi18 cum studio atque cura atque vigilantia atque multa veterum carminum memoria indagantur). • Insperatum autem atque inopinatum19 vero appello, (quod praeter spem atque opinionem audientium aut legentium20 promitur, ita) {{ut, (si subtrahas) {atque [eum (qui legat) quaerere ipsum] iubeas}, aut nullum21 aut non ita significando22 adcommodatum verbum aliud reperiat23}}.

ANALISI 1 Congiuntivo potenziale. Il tu non è generico: non dimenticare che si tratta di una lettera a

Marco Aurelio. 2 Quo in numero = in quo numero (anàstrofe): introduce una proposizione interrogativa indi-

retta. 3 Caput e fons sono predicativi del soggetto qui (= Cicero). 4 Eum è stato spostato nella sede richiesta dall’analisi. Il successivo elocutum sottintende

esse. 5 Omnis = omnes. Nota omnis alios in luogo di ceteros. 6 Congiuntivo obliquo: Frontone presenta infatti la propria opinione come strettamente sog-

gettiva (cfr. ego, il cui uso è sempre enfatico). 7 Ad ea... ornanda: il costrutto è un gerundivo in accusativo con ad, ma non è una finale. Si

può tradurre ad con “rispetto a” “in relazione a”.

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8 Costruzione personale di videor. Attento, subito dopo, a scrupulosius: sottintende un secon-

do termine di paragone del tipo “rispetto a quello che fece”. 9 Nota come Frontone annoveri la magnitudo animi fra le cause del (presunto) disinteresse di

Cicerone per i vocaboli rari, lasciando aperto il dubbio sul significato dell’espressione: grandezza d’animo o aristocratico snobismo? L’oggettiva sibi... praesto adfutura, che ha il verbo esse ed il soggetto verba sottintesi (a quest’ultimo si riferisce il relativo quae), è epesegetica rispetto a fiducia, ossia spiega in che cosa consista questa fiducia. 10 Ti conviene collocare tra la parentesi quadra e quella tonda ea, il soggetto sottinteso di

adfutura, che si ricava facilmente dal pronome doppio quae che introduce la successiva relativa. Quaerenti concorda con sibi ed ha valore concessivo; il successivo quaerentibus, che concorda con aliis, ha invece valore temporale. 11 Anche questo congiuntivo è obliquo: viene riportata quella che Frontone ritiene essere una radicata convinzione (fiducia) di Cicerone. L’imperfetto è dovuto ad esigenze di consecutio temporum. 12 La costruzione di videor è nuovamente personale; è sottinteso mihi. Attenzione alla tradu-

zione, che in questo caso non può essere letterale (“io sembro a me”?). 13 Relativa impropria con valore causale: ut qui equivale a quippe qui, utpote qui. Lectitarim

= lectitaverim. 14 Tractasse = tractavisse. 15 Ecco un classico caso in cui l’allievo intelligente e critico può sbagliare per eccesso di zelo:

egli tenderà infatti ad interpretare numero come un ablativo di limitazione che determina amoena, attribuendo al vocabolo un significato tecnico-retorico perfettamente adatto al contesto (“ritmo”, “cadenza”, “armonia”), ma, ahimé, del tutto errato: saepenumero (che si può scrivere anche saepe numero) è infatti un avverbio. 16 Quom = cum. Ha valore avversativo: la principale è ancora quella del periodo precedente. 17 Superlativo... del superlativo! Ignora admodum nella tua traduzione. Reperias è congiunti-

vo potenziale: questa volta il tu è generico (= “si” impersonale). 18 Non nisi = solum. 19 Predicativi di verbum sottinteso, cui si riferisce il successivo quod. 20 Participi sostantivati. 21 Sottinteso verbum. 22 Significando, gerundio dativo, è retto da adcommodatum. 23 Ut... reperiat è una consecutiva: il suo soggetto è is sottinteso, che si ricava dal successivo

eum qui legat; la relativa nominale dovrebbe sottrarsi alle regole della consecutio: il congiuntivo si può giustificare con una sfumatura di eventualità (non un lettore ben preciso, ma chiunque eventualmente legga quel determinato scritto). Si subtrahas ha come oggetto sottinteso verbum. La consecutiva funge anche da apodosi di un periodo ipotetico dipendente della possibilità, le cui protasi sono si subtrahas e atque... iubeas.

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Ti amo, maestro mio! TESTO

• Have1 mihi magister dulcissime. • Nos valemus. • Ego aliquantum prodormivi propter perfrictiunculam,2 (quae videtur sedata esse). • Ergo ab undecima noctis in tertiam diei 3 partim4 legi ex Agri Cultura Catonis, (partim scripsi, minus misere mehercule quam heri). • Inde, (salutato patre meo),5 aqua mulsa sorbenda6 usque ad gulam et reiectanda “fauces fovi”, potius (quam dicerem7) • “gargarissavi” • nam est ad 8 Novium, credo , et alibi. • Sed (faucibus curatis)5 abii ad patrem meum [et (immolanti)9 adstiti]. • Deinde ad merendam itum.10 • Paululum studui (atque id ineptum11). • Deinde cum matercula mea (supra torum sedente) multum garrivi. • Meus sermo hic erat: • “Quid existimas (modo meum Frontonem facere)?” • Tum illa:12 • “Quid autem tu (meam Gratiam13)?” • Tum ego: • “Quid autem (passerculam nostram Gratiam minusculam)?” • (Dum ea fabulamur)14 (atque altercamur), (uter alterum vestrum magis amaret), discus crepuit, id est15 , pater meus in balneum transisse nuntiatus est.16 • (Loti igitur) in torculari cenavimus: • non17 (loti in torculari), [sed (loti) cenavimus]; 18

• et rusticos cavillantes audivimus libenter. • (Inde reversus), (priusquam me in latus converto) (ut stertam),19 meum pensum explico (et diei rationem meo suavissimo magistro reddo), [quem20 (si possem magis desiderare), libenter plusculum macerarer21]. • Valebis mihi Fronto, (ubiubi es), mellitissime, meus amor, mea voluptas. • Quid mihi tecum est? • Amo (absentem22).

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ANALISI 1 Have = ave. Il successivo mihi è un dativo etico (indica partecipazione emotiva). 2 Osserva come, in tutto il brano, l’indole tenera e affettuosa del giovane Marco si esprima

nel frequente ricorso a diminutivi e vezzeggiativi (perfrictiunculam, matercula, passerculam, minusculam...), a scelte lessicali puerilmente leziose (garrivi, fabulamur...), a vocaboli appartenenti all’area semantica del dolce (dulcissime, suavissimo, mellitissime). 3 I Romani calcolavano le ore del giorno a partire dalle sei del mattino (hora prima) fino alle

diciotto (hora duodecima); le ore della notte erano invece divise in quattro vigiliae (turni di guardia): qui però Marco Aurelio calcola le ore della notte come quelle del giorno. 4 Attento: partim, non partem! Osserva inoltre la correlazione partim... partim. 5 Ablativo assoluto. 6 Gerundivo in ablativo con funzione di complemento di mezzo. Tradurrai sorbenda e

reiectanda con il gerundio, considerando aqua mulsa come complemento oggetto. 7 Comparativa. Il congiuntivo dicerem è dovuto al fatto che, nell’alternativa fra le due azio-

ni, si respinge la seconda (considerata così irreale). 8 Ad = apud; Novio era un autore di atellane del I secolo a.C. 9 Participio congiunto riferito a ei (= patri) sottinteso. 10 Sottinteso est. Come ricorderai, i verbi intransitivi possono essere resi passivi nella forma

impersonale (pugnatur = si combatte). 11 Sottinteso fuit. 12 Tum illa e il successivo tum ego sottintendono rispettivamente dicebat e dicebam. 13 In questa frase e nella successiva passerculam... minusculam è sottinteso existimas facere. 14 Dum, nel significato di “mentre”, vuole sempre il presente indicativo. Da altercamur

dipende l’interrogativa indiretta uter... amaret. 15 Corrisponde al nostro “cioè”. 16 Irregolare nuntiatus est: di norma, infatti, i verbi dicor, feror, trador etc. vogliono la

costruzione personale (con il nominativo e l’infinito) solo nei tempi semplici. 17 Sottinteso cenavimus. 18 Participio predicativo. 19 Osserva l’indicativo nella temporale priusquam... converto: ciò significa che il fatto enun-

ciato è reale. Ut stertam è una proposizione finale: nota il verbo assai colorito. 20 Se traduci alla lettera questo relativo creerai un orribile anacoluto: quem è infatti l’oggetto

logico di desiderare, ma introduce macerarer. In italiano tradurrai il quem con la reggenza richiesta dal verbo “struggersi”, integrando eum come oggetto di desiderare. 21 Si possem... macerarer è un periodo ipotetico dell’irrealtà (terzo tipo). 22 Participio congiunto con valore concessivo riferito a te sottinteso.

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Un grammatico controcorrente TESTO

• Domitio, homini docto celebrique in urbe Roma grammatico, (cui cognomentum “Insano”1 factum est), (quoniam erat natura2 intractabilior et morosior), ei Domitio3 Favorinus noster, (cum forte apud fanum Carmentis obviam venisset) (atque ego cum Favorino essem), dixit:4 • “Quaeso te, magister,5 (dicas mihi): • num erravi,6 [quod7, (cum vellem demegorias Latine dicere), contiones dixi]? • Dubito quippe (et requiro), [an8 veterum eorum, (qui electius9 locuti sunt), pro verbis et oratione10 dixerit quis11 contionem]”. • Tum Domitius voce atque vultu atrociore respondit:4 • “Nulla prorsus bonae salutis spes reliqua est, (cum vos quoque, philosophorum inlustrissimi, nihil iam aliud quam verba auctoritatesque verborum12 cordi13 habetis). • Mittam autem librum tibi, (in quo id reperias),14 (quod quaeris). • Ego enim grammaticus15 vitae iam atque morum disciplinas quaero, [vos philosophi mera estis, (ut M. Cato ait), “mortualia”]: • glossaria namque colligitis et lexidia, res taetras et inanes et frivolas tamquam mulierum voces praeficarum. • Atque utinam inquit muti omnes homines essemus!”16 • “Minus improbitas instrumenti haberet.”

ANALISI 1 Concorda con cui. 2 Ablativo di limitazione. I successivi intractabilior e morosior, come puoi notare dall’assenza del secondo termine di paragone, sono comparativi assoluti. 3 L’autore riprende, dopo il lungo inciso, il Domitio con cui si apre il brano: pertanto usa l’aggettivo is, ea, id e non hic, haec, hoc come preferiremmo noi.

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4 Sostituisce inquit ed è stato spostato nella sede richiesta dall’analisi. 5 Quaeso può essere usato sia con il suo originario valore verbale (“ti prego”), sia con il significato di “per favore”. In questo caso si deve optare per la prima soluzione, sia per la presenza del complemento oggetto te, sia per la presenza della completiva senza ut rappresentata da dicas. 6 Si tratta di una interrogativa diretta che aspetta risposta negativa (evidentemente, Favorino è sicuro di non aver sbagliato!). 7 Quod introduce una causale oggettiva con il verbo all’indicativo. 8 Interrogativa indiretta: anche se dipende da requiro, il precedente dubito fa sì che venga presentata in forma dubitativa; l’introduttore è an (= “se non”) quando si propende per il sì, an non (= “se”) quando si propende per il no, -ne o num (= “se”) quando il dubbio è assoluto. Se però l’espressione di dubbio è negativa o di senso negativo, l’introduttore è sempre quin (non dubito quin = “non dubito che”). 9 Comparativo assoluto dell’avverbio electe. 10 Non è facile comprendere il senso di questo verbis et oratione; rifletti bene e consulta con attenzione il vocabolario: dovresti trovare un esempio famoso di Cesare che può illuminarti sul significato dell’espressione. 11 Quis equivale ad aliquis ed è il soggetto di dixerit; esso regge il genitivo partitivo veterum eorum. Il pronome aliquis ha “perso le ali”, probabilmente per via dell’introduttore an, per la verità insolitamente distante. 12 Attenzione alla traduzione di auctoritates verborum, che non può essere letterale (“le autorità delle parole” non significa nulla). Consulta con attenzione il vocabolario, tenendo ben presente il contesto (Favorino ha chiesto lumi su una parola e sul suo uso negli autori antichi). 13 Cordi è un dativo di effetto: lo hai studiato nel “doppio dativo”. 14 Il congiuntivo è dovuto al fatto che si tratta di una relativa impropria finale. 15 Grammaticus ha valore concessivo. 16 Congiuntivo indipendente ottativo. Il desiderio espresso è realizzabile o no? Ed è riferito al presente o al passato? Puoi dedurlo dal tempo del congiuntivo. 17 Altro congiuntivo indipendente. È sottintesa una premessa logica che equivale ad una protasi irreale: “Se noi uomini fossimo tutti muti...”. Il tempo è l’imperfetto: che tipo di congiuntivo è dunque questo haberet? Improbitatis è genitivo partitivo retto da minus.

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Atroce dubbio di Chilone in un processo capitale a carico di un suo TESTO

• (“Dicta” inquit “mea factaque in aetate longa pleraque1 omnia fuisse non paenitenda2), fors sit3 (ut vos etiam sciatis). 4 • Ego quidem in hoc certe tempore non fallo me (nihil esse quicquam commissum a me), (cuius memoria mihi aegritudini5 sit), (ni6 illud profecto unum sit), {quod7 [rectene8(an perperam9) fecerim], nondum mihi plane liquet}. • Super amici capite iudex cum duobus aliis fui. • Ita lex fuit, [uti10 (eum hominem condemnari) necessum esset]. • Aut amicus igitur capitis perdendus (aut adhibenda fraus legi11) fuit.12 • Multa cum animo meo (ad casum tam ancipitem medendum13) consultavi. • Visum est esse id, (quod feci), (praequam erant alia),14 toleratu facilius: • ipse tacitus (ad condemnandum13) sententiam tuli, [is15 (qui simul iudicabant), (ut absolverent), persuasi]. • Sic mihi et iudicis et amici officium in re tanta salvum fuit. • Hanc capio ex eo facto molestiam, (quod16 metuo), (ne a perfidia et culpa non abhorreat) [in eadem re eodemque tempore inque communi negotio, (quod17 mihi optimum factu duxerim18), diversum eius aliis suasisse19].” 20 • Et hic autem Chilo, praestabilis homo sapientiae, (quonam usque debuerit21 contra legem contraque ius pro amico progredi), dubitavit, (eaque res in fine quoque vitae ipso animum eius anxit). ANALISI 1 Controlla sul vocabolario il suo significato in relazione alla presenza di omnia. 2 Sottinteso mihi, come si ricava dalla presenza di mea. Paenitenda fuisse non deriva da paenitet! Come ricorderai, infatti, con i verbi assolutamente impersonali la perifrastica passiva è anch’essa ovviamente impersonale, per cui in questo caso si avrebbe: dictorum meorum factorumque (mihi) paenitendum non fuisse. Abbiamo dunque a che fare con l’aggettivo paenitendus, a, um, gerundivo del raro paeniteo, che si costruisce personalmente. 3 Sit è un congiuntivo potenziale: cerca la locuzione idiomatica fors sit o fors fuat sul vocabolario. Quale sarebbe la negazione della successiva completiva ut… sciatis? 4 Quidem certe è un’espressione con valore restrittivo: controllala sul vocabolario. Per poter tradurre bene la successiva proposizione oggettiva dipendente da fallo bisogna aggiungere “dicendo che”: “non fallo me (dicendo che) nihil esse quicquam commissum a me”. 5 Mihi aegritudini: dativo di svantaggio e dativo di effetto; di che costrutto si tratta? 6 Sta per nisi. La pròtasi è della possibilità, mentre l’apòdosi esse... commissum è della realtà (Chilone non mette in dubbio che le sue azioni siano state tutte oneste, a parte questa).

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amico 7 Questo quod introduce la relativa quod... nondum... liquet, ma nel contempo è complemento oggetto di fecerim. 8 È il primo membro della proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva retta da liquet. 9 Sottinteso fecerim. E’ il secondo membro della disgiuntiva. 10 Sta per ut ed introduce la proposizione consecutiva anticipata da ita. Il successivo necessum (= necesse) è un aggettivo neutro indeclinabile. 11 Sottinteso fuit. 12 Dal senso si capisce chiaramente che non si può tradurre perdendus fuit con “si dovette perdere”, perché Chilone non ha mandato a morte l’amico; siamo dunque in un caso di “falso condizionale”, da rendersi in italiano con il condizionale passato. 13 Proposizione finale in forma implicita. 14 Proposizione comparativa: cerca con attenzione praequam (ovvero prae quam) sul vocabolario. Il successivo toleratu è un supino passivo dipendente da facilius, con valore, come sempre, di complemento di limitazione; puoi trovarne un altro (factu) nel penultimo periodo. 15 Attento! Sta per iis. La proposizione è coordinata per asindeto, ma fortemente avversativa, come si deduce dal senso. La successiva ut absolverent è una completiva retta da persuasi: quale sarebbe la sua negazione? 16 Dichiarativa epesegetica che spiega in che cosa consista hanc... molestiam. La successiva ne... non abhorreat è una completiva in dipendenza da un verbum timendi (metuo). Ne non, come sai, equivale ad ut: ti sei mai chiesto perché lo si debba tradurre con “che non”, visto che è affermativo? Secondo molti grammatici, questa completiva era in origine una proposizione indipendente con il congiuntivo ottativo (dunque ut = utinam): Chilone, dunque, spera che la sua azione sia stata priva di perfidia e di colpa (e dire “spero” è la stessa cosa che dire “temo che non”). 17 Prolessi della relativa. Devi prima tradurre la soggettiva, e poi, arrivato a eius, inserire la relativa. L’ordine da seguire è questo: suasisse aliis diversum eius quod... Il genitivo eius è retto da diversum, che, come vedi, è costruito come dissimilis. 18 Il congiuntivo è dovuto ad attrazione modale: lo tradurrai perciò con l’indicativo. In dipendenza da suasisse ci aspetteremmo, per esigenze di consecutio temporum, il piuccheperfetto duxissem, ma questo congiuntivo rientra nella casistica contemplata dalla “regola di Reusch”: cfr. a tale proposito la nota 8 all’analisi del brano n. 46. 19 Manca il soggetto dell’infinitiva. È facile tuttavia capire che si deve sottintendere me. 20 Praestabilis è genitivo riferito a sapientiae (complemento di qualità). 21 In dipendenza da dubitavit ci aspetteremmo ancora una volta, secondo le norme della consecutio, un congiuntivo piuccheperfetto, cioè un tempo storico; tuttavia, con debeo, possum, oportet etc. (vedi “falso condizionale”), il nostro condizionale passato si rende comunemente con il perfetto congiuntivo anziché con il piuccheperfetto: pensa all’apodosi del periodo ipotetico del terzo tipo, nella quale si può far rientrare questo caso; se proviamo a immaginare l’ipotetico dubbio di Chilone, esso suonerebbe così: “Fino a che punto mi sarei dovuto spingere (= quousque progredi debui), se avessi voluto agire giustamente?”.

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È forse una colpa lavarsi i denti? TESTO

• Velim1 igitur (censor meus Aemilianus respondeat), (unquamne2 ipse soleat pedes lavare); • vel, (si id non negat), (contendat3) (maiorem curam munditiarum pedibus quam dentibus inpertiendam).4 • Plane quidem, [si quis (ita ut tu, Aemiliane),5 nunquam ferme os suum nisi maledictis et calumniis aperiat6], censeo (ne7 ulla cura os percolat) (neque ille exotico pulvere dentis emaculet), (quos iustius carbone de rogo obteruerit),8 (neque saltem communi aqua perluat): • quin ei nocens lingua mendaciorum et amaritudinum praeministra semper in fetutinis et olenticetis suis iaceat.9 • Nam quae, malum,10 ratio est (linguam mundam et laetam, vocem contra spurcam et tetram possidere), (viperae ritu niveo denticulo atrum venenum inspirare)? • Ceterum (qui sciat)11 (sese orationem prompturum4 neque inutilem neque iniucundam), eius merito os, (ut bono potui poculum),12 praelavitur. • Et quid ego de homine nato diutius?13 • Belua immanis, crocodillus ille (qui in Nilo gignitur), ea quoque, (ut comperior), purgandos14 sibi dentis15 innoxio hiatu praebet. • Nam (quod est ore amplo, set elingui16 et plerumque in aqua recluso), multae hirudines dentibus implectuntur; • eas illi, [cum (egressus in praeripia fluminis) hiavit], una ex avibus fluvialibus amica avis (iniecto rostro) sine noxae periculo exsculpit.

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ANALISI 1 Congiuntivo indipendente: che valore ha? Che differenza c’è fra velim e vellem? Ricorda che

la completiva che essi reggono è priva di introduttore. 2 Interrogativa indiretta: come si traduce -ne? Che funzione ha nell’interrogativa diretta? 3 Contendat può essere interpretato e tradotto in due modi diversi: come un congiuntivo esortativo (dunque una principale) oppure come un’altra completiva dipendente da velim. 4 Sottinteso esse. 5 Quis = aliquis. Il verbo sottinteso introdotto dal successivo ut è facis. 6 Protasi di un periodo ipotetico della realtà dipendente da censeo: l’apososi è ne percolat. 7 Censeo cambia significato a seconda del costrutto da cui è seguito: se regge l’accusativo e l’infinito significa “credo, penso”; se regge la completiva con ut, ne + congiuntivo significa “decreto, propongo”. I due successivi neque sono irregolari: quando infatti la prima completiva è negativa, la coordinazione negativa si realizza mediante neve o neu. 8 Inciso in forma di relativa: quos equivale a nam eos. In questa prospettiva il congiuntivo perfetto obteruerit è un potenziale e, come sai, il perfetto equivale ad un presente. 9 Atro congiuntivo indipendente: esprime un invito ironico rivolto al calunniatore di cui si sta parlando. Fetutinis et olenticetis può essere considerato un’endiadi. 10 Questo malum è un’imprecazione. 11 Sciat e sese sono stati invertiti per esigenze di analisi. Il congiuntivo sciat indica eventualità. Incontrerai qualche difficoltà nel tradurre questa frase, a causa della prolessi del relativo; costruisci così: merito praelavitur os eius qui sciat sese… etc. 12 Sottinteso praelavitur, che si ricava dal verbo della principale. Attento a potui: non è un verbo! 13 Sottinteso un congiuntivo dubitativo (loquar o simili). Nato è pleonastico: non tradurlo. 14 Il gerundivo, dopo i verbi do, curo, trado, mitto etc., ha valore predicativo; es.: dedit librum legendum = diede il libro da leggere. 15 Dentis = dentes. 16 Set = sed. Ore amplo è ablativo di qualità. Si credeva che il coccodrillo fosse privo di lin-

gua: in realtà la possiede, ma poco visibile a causa della sua particolare conformazione.

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La questua dei seguaci di Cìbele - I TESTO

• Die sequenti (variis coloribus indusiati) (et deformiter quisque1 formati), (facie caenoso pigmento delita)2 (et oculis obunctis graphice) prodeunt, (mitellis et crocotis et3 carbasinis et bombycinis iniecti),4 (quidam tunicas albas,5 in modum lanciolarum quoquoversum fluente purpura depictas, cingulo subligati), (pedes6 luteis induti calceis); • deamque (serico contectam amiculo) mihi gerendam7 imponunt [et8 (bracchiis suis umero tenus renudatis), (adtollentes immanes gladios ac secures), (evantes)9 exsiliunt] (incitante tibiae cantu lymphaticum tripudium). • Et (non10 paucis pererratis casulis) ad quandam villam possessoris beati perveniunt11 [et (ab ingressu primo statim absonis ululatibus constrepentes) fanatice provolant] [diuque (capite demisso) cervices lubricis intorquentes12 motibus] (crinesque pendulos in circulum rotantes) (et nonnunquam morsibus suos incursantes musculos); • ad postremum ancipiti ferro, (quod gerebant), sua quisque brachia dissicant. • Inter haec unus ex illis bacchatur effusius [ac (de imis praecordiis13 anhelitus crebros referens) (velut numinis divino spiritu repletus)14 simulabat sauciam vecordiam], (prorsus quasi deum praesentia soleant homines non sui15 fieri meliores), (sed debiles effici vel aegroti).

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ANALISI 1 La presenza del pronome quisque in questo contesto non è regolare: esso, infatti, si usa solo in cinque casi: a. dopo un pronome relativo o interrogativo; b. dopo un pronome riflessivo o un possessivo riflessivo; c. dopo un superlativo; d. dopo un numerale ordinale; e. dopo una congiunzione comparativa (ut). Nota la “figura etimologica” (che è anche un ossimòro) deformiter formati. 2 Da delı̆no. È uno dei molti participi che compaiono nel brano con varie funzioni: in particolare qui delita fa parte di un ablativo assoluto. 3 Mitellis e crocotis sono sostantivi, mentre carbasinis e bombycinis sono aggettivi. Ciò significa che il primo et non può avere lo stesso significato degli altri due, perché la coordinazione, come la somma, non ammette che si leghino fra loro elementi non omogenei. Come tradurrai, dunque, questi tre et? 4 È difficile rendere alla lettera questa frase: cerca di capirne il senso e poi attribuisci al participio iniecti un significato adeguato a questo contesto. 5 Accusativo di relazione o alla greca; letteralmente: “cinti da una fascia nelle tuniche bianche”. 6 Altro accusativo di relazione; letteralmente: “ricoperti nei piedi di calzari dorati”. 7 Il gerundivo, dopo i verbi do, curo, trado, mitto etc., ha valore predicativo; cfr. la nota 14

al brano 91. 8 Il -que è stato trasformato in et e spostato nella sede richiesta dalla logica dell’analisi. 9 Se sul vocabolario non trovi il verbo da cui deriva questo participio, cerca euhans, participio presente del verbo disusato euho. Ricorda che euhoe (= evoè) ed euhan (= evàn) erano le grida delle baccanti, cui qui Apuleio assimila evidentemente i coribanti (sacerdoti di Cìbele). 10 Abbiamo scisso nec in et non per esigenze di analisi. 11 Questo ed i seguenti provolant, dissicant e bacchatur sono presenti storici, com’è evidente

dal fatto che ad essi sono subordinati o coordinati degli imperfetti (gerebant e simulabat). 12 Intorquentes, rotantes e incursantes sono coordinati a constrepentes. 13 “Dal petto profondo” (imis attributivo) o “dal profondo del petto” (imis predicativo)? 14 Comparativa ipotetica in forma implicita: traduci come se dopo repletus fosse sottinteso esset. Anche la successiva quasi... soleant è una comparativa ipotetica, ma esplicita. 15 Attento! Sui non è genitivo, bensì nominativo maschile plurale: in questo caso suus significa “padrone di sé”. Concorda con meliores, insieme al quale costituisce il predicativo del soggetto homines.

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La questua dei seguaci di Cìbele - II TESTO

• Infit vaticinatione clamosa (conficto mendacio) semet ipsum incessere (atque criminari), (quasi contra fas sanctae religionis dissignasset aliquid),1 (et insuper iustas poenas noxii facinoris ipse de se suis manibus exposcere).2 • (Arrepto denique flagro), (quod semiviris illis proprium gestamen est, contortis taenis lanosi velleris prolixe fimbriatum et multiiugis talis ovium tesseratum),3 indidem sese multinodis commulcat ictibus mire contra plagarum dolores praesumptione munitus. • Cerneres4 (prosectu gladiorum ictuque flagrorum solum spurcitia sanguinis effeminati madescere). • Quae5 res incutiebat mihi non parvam sollicitudinem (videnti tot vulneribus largiter profusum cruorem),6 [ne quo7 casu deae peregrinae stomachus, (ut quorundam hominum lactem8), sic illa9 sanguinem concupisceret asininum]. • Sed (ubi tandem fatigati vel certe suo laniatu satiati pausam carnificinae dedere10), stipes aereas immo vero et argenteas (multis certatim offerentibus)11 sinu recepere patulo nec non12 et vini cadum et lactem et caseos et farris et siliginis aliquid.13

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ANALISI 1 Comparativa ipotetica. Nella fattispecie essa equivale ad una causale soggettiva, per cui farai bene a tradurre “dicendo che aveva” (anziché “come se avesse”). 2 L’infinito exposcere è retto anch’esso da infit della principale. 3 Non puoi tradurre alla lettera queste raffinate acrobazie verbali tipiche dello stile di Apuleio. Cerca piuttosto di capire com’è fatto esattamente l’arnese descritto, per poter rendere con parole tue la descrizione. 4 Congiuntivo potenziale riferito al passato: ti ricordi come si traduce? Il “tu” è generico: puoi renderlo con il nostro “si”. 5 Quae = et ea (nesso relativo). Nel latino classico, anziché quae res, si sarebbe detto più semplicemente quod. 6 Profusum è participio predicativo retto dal verbo di percezione videnti. Attenzione al successivo ne: non è finale! Poiché la principale esprime l’idea della preoccupazione (sollicitudinem), essa equivale, concettualmente, ad un verbum timendi, e come tale regge una completiva. Per tradurla correttamente dovrai premettere al ne un’espressione di timore. 7 Preceduto com’è da ne, aliquo ha “perso le ali”, trasformandosi in quo. 8 Sono sottintesi stomachus, di cui quorundam hominum è complemento di specificazione,

ed il verbo concupiscit, che si ricava dal successivo concupisceret. 9 C’è un vistoso anacoluto: prima il soggetto di concupisceret è stomachus, poi si trasforma in illa (= la dea). Non mantenerlo nella tua traduzione! 10 Dede–re ed il successivo recepe–re sono perfetti (= dede–runt, recepe–runt). 11 Ablativo assoluto. Poiché il verbo della principale (recepere) e quello dell’ablativo assoluto (offerentibus) hanno lo stesso complemento oggetto (stipes), il latino classico avrebbe preferito il participio congiunto riferito a stipes: stipes aereas... a multis certatim oblatas sinu recepere. 12 Ricorda che due negazioni, in latino, affermano: come puoi dunque tradurre nec non? 13 Siliginis è genitivo partitivo di aliquid.

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I ricchi romani disprezzano gli stranieri rispettabili TESTO

• At nunc, [si ad aliquem bene nummatum tumentemque ideo1 honestus advena2 (salutatum3) introieris primitum], (tamquam exoptatus4) suscipieris,5 [et (interrogatus multa) (coactusque mentiri), miraberis, (numquam antea visus), summatem6 virum tenuem te sic enixius observantem], (ut paeniteat7 ob haec bona tamquam8 praecipua) (non vidisse ante decennium9 Romam). • (Hacque10 affabilitate confisus), (cum eadem postridie feceris), (ut incognitus11 et repentinus) haerebis,12 [hortatore illo hesterno, clientes enumerando,13 (qui sis) (vel unde venias) diutius ambigente14]. • (Agnitus vero tandem) (et ascitus in amicitiam), (si te salutandi15 assiduitati dederis triennio indiscretus), (et per totidem dierum defueris tempus), reverteris16 (ad paria perferenda3), [nec17 (ubi esses) interrogatus], [et (ni18 inde miser discesseris), aetatem omnem frustra in stipite conteres summittendo19]. • Homines enim eruditos et sobrios ut infaustos et inutiles vitant,20 (eo quoque accedente21), [quod et nomenclatores,22 (assueti haec et talia venditare), (mercede accepta23), lucris24 quosdam et prandiis inserunt subditicios ignobiles et obscuros].

ANALISI 1 Costruisci così: et ideo tumentem. Il verbo tumeo è usato, ovviamente, in senso metaforico. 2 Apposizione del soggetto sottinteso tu. Si tratta di un “tu generico”. 3 È uno dei modi in cui il latino esprime la proposizione finale. 4 Comparativa ipotetica espressa in forma implicita: corrisponde a tamquam exoptatus sis. 5 Periodo ipotetico indipendente della realtà con il cosiddetto “doppio futuro”: nella protasi c’è infatti il futuro anteriore (introiĕris), nell’apodosi il futuro semplice (suscipie–ris: si tratta della 2a persona singolare del futuro semplice passivo di suscipio: l’hai identificata correttamente?). Traduci entrambi con il futuro semplice. 6 Da summas, -a–tis. Troverai qualche difficoltà nel tradurre questa frase: il verbo miraberis è

infatti costruito non già con l’accusativo e l’infinito, ma con un insolito participio predicativo (observantem), di sapore decisamente più greco che latino; inoltre sic viene precisato dal comparativo assoluto enixius (“alquanto...”, “piuttosto...”); in italiano però l’espressione risulta ridondante: dovrai pertanto sforzarti di renderla più semplice senza alterarne il senso. 7 È una consecutiva: poiché ut non ha alcun elemento che lo anticipi nella reggente, dovrai tradurlo con “di modo che”, “tanto che”. Paeniteat sottintende te: è un verbo assolutamente impersonale che hai studiato nella sintassi dell’accusativo.

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8 Tamquam significa “come” e si riferisce a praecipua: Ammiano intende dire che i beni di cui sta parlando sembrano eccezionali, ma non lo sono. 9 Ante decennium è una determinazione di tempo determinato: risponde alla domanda “quanto tempo prima?”. 10 Hacque = et hac. 11 Comparativa ipotetica espressa in forma implicita (come la sua coordinata et repentinus): vedi nota 4. 12 L’ordine dei vocaboli è stato leggermente alterato per esigenze di analisi. Haerebis, verbo assai espressivo, è usato in senso metaforico: cerca di renderlo in modo efficace. 13 Osserva come in questo caso l’ablativo del gerundio equivalga, esattamente come in italiano, ad una proposizione temporale. 14 Ablativo assoluto. Da ambigente dipendono le due interrogative indirette qui sis vel unde venias. 15 Si allude al cerimoniale tipicamente romano della salutatio mattutina compiuta dai clientes nei confronti del patronus. Attento alla traduzione del successivo indiscretus, predicativo del soggetto tu sottinteso, ma riferito per il senso a triennio. 16 Anche in questo caso il periodo ipotetico è della realtà con “doppio futuro” (vedi nota 5). 17 Attento! In questo caso nec non è introduttore: per poter coordinare interrogatus con reverteris dovremmo infatti sottintendere eris, ottenendo quindi un futuro anteriore (interrogatus eris) che non è assolutamente giustificato dal contesto. Nec equivale dunque a ne... quidem. 18 Ni = nisi. Per il periodo ipotetico, vedi note 5 e 16. 19 Summittendo, gerundivo, sostituisce in questo caso un gerundio e va perciò tradotto con l’infinito (non dimenticare che il gerundio è la declinazione dell’infinito). Attento al significato di summittere, che dovrai scegliere accuratamente in relazione a stipes (qui “tronco secco”, “palo”). 20 Il soggetto sottinteso sono i ricchi romani. 21 Ablativo assoluto. Eo (= ea re) è prolettico rispetto a quod, che introduce una dichiarativa epesegetica. 22 Il nomenclator era lo schiavo incaricato di riferire al padrone i nomi di coloro che si recavano a fargli visita. 23 Ablativo assoluto. Molto ironico il vocabolo mercede, che potresti rendere con il nostro “bustarella”. 24 Allude alle elargizioni di denaro. Costruisci così: inserunt lucris et prandiis quosdam subditicios ignobiles et obscuros.

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Giuliano è proclamato imperatore TESTO

• 1Nemo post haec finita 2 reticuit, [sed militares omnes, praeter paucos, (horrendo fragore scuta genibus illidentes), (quod3 est prosperitatis indicium plenum), 4 nam contra, (cum hastis clipei feriuntur), irae documentum est et doloris , immane5 (quo quantoque gaudio) Augusti6 probavere iudicium] (Caesaremque admiratione digna7 suscipiebant, imperatorii muricis fulgore flagrantem). • Et (eius8 oculos cum venustate terribilis,9 vultumque excitatius gratum,10 diu multumque contuentes), (qui11 futurus sit) colligebant (velut scrutatis veteribus libris12), (quorum lectio per corporum signa pandit animorum interna). • Eumque, (ut potiori13 reverentia servaretur), nec supra modum laudabant nec infra (quam decebat),14 (atque ideo censorum voces15 sunt aestimatae, non militum). • (Susceptus16 denique ad consessum vehiculi) (receptusque in regiam), hunc versum ex Homerico carmine susurrabat: • ε[λλαβε πορφύρεος θάνατος καὶ μοι∼ρα κραταιή.

ANALISI 1 Il periodo è piuttosto complesso, ma se ne cerchiamo per così dire l’asse portante possiamo riscriverlo così: nemo post haec finita reticuit, [sed militares omnes, praeter paucos,... Augusti probavere iudicium] (Caesaremque admiratione digna suscipiebant… flagrantem): esso appare formato sostanzialmente da una principale e da due proposizioni ad essa coordinate. Dobbiamo dedurre che le frasi centrali costituiscono due incisi: 1) da nam fino a doloris per spiegare brevemente come i soldati disapprovino le decisioni; 2) da immane a gaudio per commentare una reazione di gioia ritenuta incredibile. L’inciso immane... gaudio va così inteso: immane est quo quantoque gaudio probaverint. Attento! Se hai collegato immane con gaudio hai commesso un grave errore: l’ablativo di immanis è immani. Infine cerca sul vocabolario le locuzioni particolari relative a questo aggettivo, quando è accompagnato da est. 2 Il latino è solito usare il concreto là dove l’italiano predilige l’astratto: in questo caso non diremo “dopo queste cose finite”, ma “dopo la fine di queste cose (= di questo discorso)”. 3 Introduce un inciso in forma di relativa appositiva. Prosperitatis è genitivo retto da indicium. Ai fini della traduzione è meglio considerare prosperitatis indicium plenum come un’ipàllage, cioè come se il testo fosse prosperitatis plenae indicium. 4 Questo primo inciso è articolato in due proposizioni: la prima ne costituisce la principale, la seconda è una temporale espressa con cum + indicativo.

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5 Il secondo inciso è formato da una proposizione principale (il cui verbo sottinteso è est) e da due interrogative indirette. Per esigenze di praticità abbiamo evitato di separare queste due frasi nell’analisi (esse condividono infatti verbo e complementi); anche perché que, più che coordinare le due proposizioni, coordina i loro introduttori quo e quanto. 6 Come dovresti ricordare, dopo la riforma di Diocleziano e l’istituzione della tetrarchia (293 d.C.), capi supremi dell’impero erano i due Augusti (d’Occidente e d’Oriente), cui erano associati nella responsabilità di governo (in posizione tuttavia subalterna) i due Cesari. 7 Digna concorda in ablativo con admiratione e non lo regge. 8 Abbiamo svolto il nesso relativo cuius in et eius per maggior chiarezza. 9 Terribilis = terribiles (riferito a oculos). Attento a cum: devi stabilire se è: a) una preposizione (in tal caso accompagnerebbe un complemento: quale?); b) un introduttore (in tal caso dovresti rintracciare il verbo ad esso relativo). 10 Assai arduo comprendere (e, una volta compresolo, rendere) il senso di questo excitatius gratum: tieni presente che excitatius, comparativo (assoluto) dell’avverbio di modo excitate, precisa in che senso fosse gratus (= “amabile”) il volto di Giuliano: il difficile è proprio cogliere il senso di questa precisazione. Provaci. 11 L’aggettivo interrogativo qui (usato in questo caso come pronome) non è esattamente equivalente a quis: il primo infatti esprime la qualità, il secondo l’identità. Tienine conto. La proposizione è interrogativa indiretta con il verbo al futuro del congiuntivo; la consecutio temporum non è però rispettata: in dipendenza da colligebant dovremmo infatti avere futurus esset. 12 Ablativo assoluto con funzione di comparativa ipotetica (corrisponde a ωJς + genitivo assoluto nella lingua greca). 13 Potiori allude a Costanzo II: il concetto è che i soldati cercavano di moderare il proprio entusiasmo nei confronti di Giuliano per evitare di urtare la suscettibilità dell’Augustus. 14 Si tratta di una comparativa: in italiano il verbo va espresso con il congiuntivo. 15 Soggetto o predicativo del soggetto? 16 Il soggetto sottinteso è Giuliano. Osserva come Ammiano costruisca tutta la scena con grande senso del teatro: il protagonista sparisce dietro le quinte pronunciando un verso omerico che suona come un inquietante presagio.

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Origine dei Saturnali TESTO

• Regionem istam (quae nunc vocatur Italia), regno Ianus optinuit, (qui1 creditur geminam faciem praetulisse), {ut2 [quae ante (quaeque3 post tergum4) essent5] intueretur}: • quod 6 procul dubio ad prudentiam regis sollertiamque referendum est, (qui et praeterita nosset7) (et futura prospiceret). • Hic igitur Ianus, [cum8 Saturnum (classe pervectum) excepisset hospitio], [et (ab eo edoctus peritiam9 ruris), ferum illum et rudem ante fruges cognitas10 victum in melius redegisset11], regni eum societate muneravit. • (Cum8 primus quoque aera signaret), servavit et12 in hoc Saturni reverentiam, [ut, (quoniam ille navi fuerat advectus13), ex una quidem parte sui14 capitis effigies, ex altera vero navis exprimeretur15], (quo16 Saturni memoriam in posteros propagaret). • (Aes ita fuisse signatum17) hodieque intellegitur in aleae lusu, [cum18 pueri (denarios in sublime iactantes) “capita” aut “navia” lusu teste19 vetustatis exclamant]. • (Cum8 inter haec subito Saturnus non comparuisset20), Ianus primum terram omnem dicioni suae parentem21 Saturniam nominavit, (aram deinde cum sacris tamquam deo condidit22), (quae Saturnalia nominavit). • Regni eius tempora felicissima23 feruntur, cum propter rerum copiam, (tum et quod24 nondum quisquam servitio vel libertate discriminabatur): • quae25 res intellegi potest, (quod Saturnalibus26 tota servis licentia permittitur).

ANALISI 1 È riferito a Ianus; la costruzione personale di credor non può essere mantenuta in italiano. 2 Ha valore finale o consecutivo? 3 Quaeque = et quae. 4 Sottinteso essent. 5 La relativa ha il congiuntivo per attrazione modale. 6 Questo quod è un nesso relativo, di genere neutro perché riprende ciò che è stato detto nel periodo precedente. 7 Sta per novisset. Il congiuntivo nella relativa e nella sua coordinata può essere spiegato con il valore causale soggettivo implicito in esse (relative improprie, dunque).

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8 Classico cum narrativo: il suo valore è infatti temporale-causale (cfr. la nota 1 all’analisi del brano 83). Per quanto riguarda il successivo classis, poiché non si fa esplicito riferimento ad una flotta di navi, il termine può essere tradotto in modo generico. 9 È accusativo di relazione. Di norma edoctus regge l’ablativo di limitazione. 10 Corrisponde ad una temporale implicita o ad un complemento di tempo determinato. 11 Et... redegisset è coordinata a cum... excepisset. 12 In questo caso et non coordina due elementi tra di loro: pertanto corrisponde a etiam. 13 Fuerat advectus = advectus erat. Osserva come la causale non abbia subìto l’attrazione modale perché esprime un dato di fatto ritenuto incontestabile. 14 È riferito a Giano, soggetto logico della frase (anche se il soggetto grammaticale è la sua immagine, effigies). Per quidem... vero vedi la nota 4 all’analisi del brano 41. 15 Controlla sul vocabolario la costruzione del verbo exprimo per poter comprendere meglio la funzione dei due complementi espressi con ex + ablativo. La proposizione ut... exprimeretur è anticipata da in hoc: più che una consecutiva (che d’altra parte non si può escludere), sembra essere piuttosto una completiva epesegetica (“in questo..., cioè che”); ut in luogo di quod sottintende forse un verbum efficiendi che lo regga (efficiens ut...). 16 Relativa finale; quo corrisponde a ut hoc (= hac re), dove hoc è complemento di mezzo. 17 Fuisse signatum = signatum esse. La proposizione infinitiva funge da soggetto di intellegitur. Il successivo -que di hodieque non è una congiunzione: equivale ad etiam. 18 Quando cum introduce un indicativo (exclamant), non ci sono dubbi sulla sua funzione. 19 È riferito a lusu con cui concorda nel caso. La consuetudine cui si fa riferimento è in uso anche ai giorni nostri, con la differenza che noi diciamo “testa o croce”. 20 Qui non comparere significa “sparire”. 21 Attento: qui i genitori non c’entrano per niente! Da che cosa deriva parentem? 22 Devi sottintendere ei: ei tamquam deo condidit. 23 È possibile considerare felicissima come complemento predicativo del soggetto; sottintendendo invece il verbo fuisse, felicissima diventa predicato nominale e l’intera frase costituisce l’infinito con il nominativo retto da feruntur costruito personalmente; in entrambi i casi il significato della traduzione non cambia. 24 Quod causale: costituisce una variatio rispetto al complemento di causa propter rerum copiam; complemento di causa e proposizione causale sono messi in correlazione da cum... tum. Et che precede quod sta per etiam. 25 Nesso relativo (quae = et ea). Il latino classico avrebbe detto quod, che tuttavia Macrobio sembra evitare di proposito per evitare confusioni con il quod dichiarativo-causale immediatamente successivo, che introduce permittitur. 26 Complemento di tempo determinato.

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Il cristiano affronta il martirio non per fanatismo, ma perché Dio TESTO

• Quis non miles sub oculis imperatoris audacius1 periculum provocet?2 • Nemo enim praemium percipit ante experimentum. • Et imperator tamen (quod3 non habet), non dat: • non potest propagare vitam, (4potest honestare militiam). • At enim5 Dei miles nec in dolore deseritur (nec morte finitur). • Sic Christianus miser videri potest, (non potest inveniri6). • Vos ipsi calamitosos viros fertis ad caelum, ut Mucium Scaevolam, [qui, (cum errasset in regem),7 perisset in hostibus], (nisi dexteram perdidisset). • Et quot8 ex nostris, (non dexteram solum, sed totum corpus uri) (cremari) sine ullis eiulatibus pertulerunt,9 (cum10 dimitti praesertim haberent in sua potestate11)! • Viros cum Mucio vel cum Aquilio aut Regulo comparo? • Pueri et mulierculae nostrae cruces et tormenta, feras et omnes suppliciorum terriculas (inspirata patientia doloris12) inludunt. • Nec intellegitis, o miseri, (neminem esse) (qui aut sine ratione velit13 poenam subire) (aut tormenta sine Deo possit13 sustinere).

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è con lui ANALISI 1 Avverbio comparativo: si tratta di stabilire però se sia comparativo di maggioranza o assoluto. Il secondo termine di paragone manca, ma può essere facilmente sottinteso, perché il modo di combattere di un soldato sotto lo sguardo del suo comandante è certamente audacius rispetto a quello che sarebbe se il comandante non fosse presente. 2 La proposizione è indipendente, il verbo è al congiuntivo presente, il soggetto è indeterminato: si tratta dunque di un congiuntivo potenziale. 3 È pronome doppio e corrisponde a id (complemento oggetto di dat) quod (complemento

oggetto di habet). La relativa è prolettica. 4 Traduci integrando l’avverbio tantum o solum. 5 L’espressione at enim si usa quando si vuole prevenire, confutandola, un’obiezione del proprio interlocutore: si può tradurre con “ma certo” o semplicemente con una forte avversativa (“invece”). 6 Sottinteso miser, che ha ancora funzione di complemento predicativo del soggetto. 7 Cum errasset (= erravisset) è un classico cum narrativo causale-temporale. La relativa qui... perisset funge da apodosi del periodo ipotetico del terzo tipo la cui protasi è nisi dexteram perdidisset. 8 Indeclinabile, corrisponde a quam multi e regge il complemento partitivo ex nostris. Il suo valore è qui esclamativo. 9 Da pertulerunt dipendono le due infinitive con i verbi uri e cremari. 10 In base al contesto, che valore ha questo cum + congiuntivo? Cerca con attenzione la locuzione cum praesertim (o praesertim cum) sul vocabolario. 11 Poiché l’espressione haberent in sua potestate corrisponde a possent, dunque ad un verbo servile, abbiamo racchiuso in quest’unica parentesi anche il verbo dimitti. 12 Ablativo assoluto. Doloris è genitivo oggettivo retto da patientia. 13 La relativa ha il congiuntivo caratterizzante.

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Sulla splendida riva del mare alcuni ragazzi giocano a rimbalzello TESTO

• Cum1 hoc sermone eius (medium spatium civitatis emensi) iam liberum litus tenebamus. • Ibi harenas extimas, (velut sterneret ambulacro2), (perfundens lenis3) unda tendebat; • et, [ut4 semper mare (etiam positis flatibus) inquietum est], (etsi non canis5 spumosisque fluctibus exibat ad terram), tamen crispis tortuosisque ibidem erroribus delectati perquam sumus, (cum in ipso aequoris limine plantas tingueremus), [quod6 vicissim nunc (adpulsum7 nostris pedibus) adluderet fluctus], [nunc (relabens8) (ac vestigia retrahens) in sese resorberet]. • (Sensim itaque tranquilleque progressi) oram curvi molliter litoris, (iter fabulis fallentibus), legebamus.9 • Haec fabulae erant Octavii disserentis de navigatione narratio. • Sed (ubi eundi spatium satis iustum cum sermone consumpsimus), (eandem emensi viam10) (rursus versis vestigiis) terebamus, {et (cum ad id loci ventum est11), [ubi (subductae12) naviculae (substratis13 roboribus14 a terrena labe suspensae12) quiescebant], pueros videmus certatim gestientes15 testarum in mare iaculationibus ludere}. • Is lusus est (testam teretem iactatione fluctuum levigatam legere16 de litore), [eam testam plano situ (digitis comprehensam) inclinem ipsum17 atque humilem (quantum potest18) super undas inrotare19], (ut20 illud iaculum vel dorsum maris raderet) (enataret), (dum leni impetu labitur),21 [vel (summis fluctibus tonsis) emicaret] (emergeret), (dum adsiduo saltu sublevatur). • Is22 se in pueris victorem23 ferebat, (cuius testa et procurreret24 longius) (et frequentius exsiliret24).

ANALISI 1 È legato all’ablativo hoc sermone, con il quale forma un complemento di unione. 2 Dativo di fine. Velut introduce una comparativa ipotetica, il cui soggetto è unda. 3 È riferito a unda ed ha funzione di complemento predicativo del soggetto. 4 Questo ut ha valore dichiarativo-causale. 5 Attento: qui non ci sono animali domestici e nessuno sta cantando! 6 Quod è pronome relativo di genere neutro, riferito a limine e retto da adluderet. Adludo, generalmente intransitivo, è qui costruito con l’accusativo secondo un uso eminentemente poetico, ed ha il significato di “scherzare contro”, “battere contro”. Inoltre quod introduce anche il successivo resorberet, di cui è complemento oggetto: quindi, se vorrai tradurre questo costrutto alla lettera, dovrai ripetere quod e tradurlo in due modi diversi, per evitare un orribile zeugma. In ogni caso, però, non ne risulterà una bella traduzione, per via della correlazione nunc... nunc

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(“contro il quale ora batteva scherzando... e che ora riassorbiva”). 7 È participio congiunto a quod. 8 È participio congiunto a fluctus, come il successivo retrahens. 9 Iter fabulis fallentibus è ablativo assoluto. Attento a legebamus, che qui non ha nulla a che fare con la lettura. 10 Eandem viam funge da complemento oggetto sia di emensi sia di terebamus: i due verbi

hanno lo stesso significato e se si traducesse il tutto alla lettera si otterrebbe una frase di questo tipo: “Avendo percorso la medesima strada la percorrevamo”; cerca di evitare la tautologia. 11 Loci è genitivo partitivo retto da id. Ventum est è la forma impersonale passiva di venio. 12 È riferito a naviculae. 13 È riferito a roboribus. 14 Robur indica, oltre al legno di rovere, anche tutta una serie di oggetti fatti di rovere o di altro legno duro: devi pertanto scegliere l’oggetto giusto, tenendo conto che qui si parla di barche tirate in secco. Quanto al successivo terrena labe, sono possibili due interpretazioni diverse, a seconda che si intenda labes come “rovina” (in tal caso si tratterà del “terreno che può causare danno” allo scafo delle barche) o come “pendenza”, significato che si ricava più che altro dal verbo labor da cui il vocabolo deriva (in tal caso si alluderà invece ad una sistemazione delle barche al riparo da un “terreno inclinato”). 15 È participio predicativo riferito a pueros e retto dal verbo di percezione videmus. 16 L’infinitiva spiega in che cosa consista is lusus: la sua funzione è quella di soggetto di est, per cui is lusus assume funzione di predicato nominale. 17 Si riferisce al ragazzo che lancia il sassolino ed è in accusativo in quanto il soggetto di una proposizione infinitiva (qui sottinteso) si esprime in accusativo; nella traduzione puoi renderlo genericamente con un plurale. 18 Proposizione relativa limitativa che corrisponde alla nostra espressione “il più possibile”. 19 Ha la stessa funzione di legere (vedi nota 16). 20 Ha valore consecutivo. Il congiuntivo imperfetto dipendente dal presente si spiega con il fatto che la consecutiva è sganciata dalla consecutio. Qui l’autore, dopo avere fatto un’affermazione sul gioco dei bambini in generale (“questo gioco consiste nel...”), sposta nuovamente lo sguardo su quei bambini che giocavano sulla spiaggia quel giorno, per cui ritorna ad usare il passato. Si dovrebbe propriamente tradurre: “così che quel sasso lanciato radeva la superficie del mare”, ma in italiano è forse preferibile mantenere tutto al presente. 21 Dum con l’indicativo presente nelle temporali indica sempre contemporaneità (“mentre”). 22 Conviene tradurre il soggetto is al fondo della frase, subito prima di cuius. 23 Complemento predicativo dell’oggetto se. 24 Il congiuntivo della relativa è eventuale.

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Gli spettacoli sportivi come manifestazione di follia collettiva TESTO

• (Cum ergo furor interdicitur1 nobis), ab omni spectaculo auferimur, etiam a circo, (ubi proprie furor praesidet). • Aspice 2 populum ad id spectaculum iam cum furore venientem, iam tumultuosum, iam caecum, iam de sponsionibus3 concitatum. • Tardus est illi4 praetor: • semper oculi in urna eius cum sortibus volutantur. • Dehinc ad signum5 anxii pendent; 6

• unius dementiae una vox est cognosce dementiam de vanitate7 : • “Misit” • dicunt, (et nuntiant invicem) (quod simul ab omnibus visum est8). • Teneo testimonium caecitatis: • non vident (missum quid sit);9 • (mappam)10 putant, (sed est diaboli ab alto praecipitati figura). • Ex eo itaque itur11 in furias et animos et discordias et (quicquid non licet sacerdotibus pacis).12 • Inde maledicta, convicia sine iustitia odii, etiam suffragia sine merito amoris.13 • Quid enim suum consecuturi sunt, (quid illic agunt), (qui sui non sunt)?14 • Nisi forte hoc solum15 (per quod sui non sunt): • de aliena infelicitate contristantur, (de aliena felicitate laetantur). • (Quicquid optant), (quicquid abominantur),16 extraneum ab illis est; • ita et amor apud illos otiosus et odium iniustum.17

ANALISI 1 Benché di regola cum + indicativo abbia valore temporale, qui è evidente che il senso della proposizione è causale. 2 Tertulliano si rivolge in seconda persona ad un interlocutore generico (apòstrofe). Nota il participio venientem che dipende dal verbo di percezione aspice. Che valore ha?

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3 Per tradurre il termine sponsio, tieni presente che la scena è ambientata alle corse dei cavalli. 4 Dativo di relazione o del punto di vista: indica la persona in relazione alla quale ha valore una determinata affermazione. 5 Il segnale della partenza. Nota come Tertulliano, di qui in poi, riferisca al soggetto populus,

singolare collettivo, verbi al plurale (concordanza a senso). Ad signum non è la reggenza di pendent, ma dipende da un verbo sottinteso (spectantes o simili). 6 Osserva il poliptòto unius... una. Una è predicato nominale rispetto al soggetto vox. 7 Il concetto di vanitas, tipicamente ebraico (cfr. il vanitas vanitatum dell’Ecclesiaste) e poi

cristiano, copre un ambito semantico ben più vasto del nostro “vanità”: esso indica ciò che fa parte del mondo delle apparenze, dove tutto è inganno, menzogna e insensatezza. 8 Non si tratta del verbo videor, bensì del passivo di video, come dovresti capire dalla presenza del complemento d’agente ab omnibus. 9 Anàstrofe (missum quid sit = quid missum sit). Si tratta di una interrogativa indiretta. 10 Sottinteso id esse. Sottintendendo solo id puoi considerare mappam come un semplice predicativo dell’oggetto: putant id mappam = “lo ritengono un...” 11 I verbi intransitivi possono essere resi passivi nella forma impersonale. In italiano si ricorre

al “si” passivante. 12 Attento: significa “non è lecito ai sacerdoti” (= i sacerdoti non possono farlo) o “non è lecito per i sacerdoti” (= i sacerdoti lo proibiscono)? La frase è una relativa indefinita; come ricorderai, in latino i pronomi e gli avverbi raddoppiati ed uscenti in -cumque vogliono di regola l’indicativo; in italiano la scelta del modo dipende da come si traduce il pronome o avverbio indefinito (se traduci quicquid “qualsiasi cosa” userai il congiuntivo, se invece lo traduci “tutto ciò che” userai l’indicativo). 13 Sottinteso oriuntur o simili; puoi però mantenere l’ellissi del verbo anche in italiano. 14 Consecuturi sunt è una perifrastica attiva: in questo caso indica l’imminenza di un’azione, la destinazione di essa o l’intenzione di compierla? Attento alla terza frase di questo periodo (qui sui non sunt), che non è coordinata alle altre, ma subordinata ad entrambe: non si tratta perciò di una interrogativa diretta, bensì di una relativa; il pronome qui va sdoppiato in ii (soggetto delle due interrogative dirette: quid... consecuturi sunt e quid... agunt) e qui (soggetto della relativa). Sui è predicato nominale. 15 Nella principale è sottinteso agunt. Il periodo successivo (de aliena infelicitate contristantur, de aliena felicitate laetantur), epesegetico rispetto a hoc solum, dovrebbe chiarirti il senso di questa affermazione apparentemente sibillina. 16 Altre due relative indefinite coordinate fra loro per asindeto. 17 Sottinteso est.

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100 Bisogna soccorrere in qualunque circostanza un uomo bisognoso TESTO • (Si1 nocere2 homini contra naturam est), (prodesse homini secundum naturam sit3) necesse est, [quod4 (qui non facit), hominis se appellatione despoliat], (quia humanitatis officium est necessitati hominis ac periculo subvenire2). • Quaero igitur ab5 iis (qui non putant) (flecti et misereri2 esse sapientis), [si6 homo (ab aliqua bestia comprehensus) auxilium sibi armati hominis inploret], [utrumne7 (succurrendum8) putent] (an9 minime). • Non sunt tam inpudentes, (ut negent)10 (fieri) (oportere) (quod11 flagitat), (quod exposcit humanitas). • Item,12 (si6 aliquis circumveniatur igni), (ruina opprimatur), (mergatur mari), (flumine rapiatur), (num putent) (hominis13 esse non auxiliari2). • Non sint ipsi homines, (si putent)14 nemo enim potest eiusmodi periculis non esse subiectus, [immo vero (et hominis et fortis viri13 esse servare2 periturum15) dicent16]. • [Si ergo in eiusmodi casibus, (quia periculum vitae homini adferunt17), (succurrere2 humanitatis13 esse) concedunt], quid causae18 est [cur, (si homo esuriat) (sitiat) (algeat), (succurrendum esse19) non putent]? • (Quae cum20 sint paria natura21 cum illis casibus fortuitis) (et unam eandemque humanitatem desiderent), tamen illa discernunt,22 (quia non re ipsa vera, sed utilitate praesenti omnia metiuntur22). • Nam23 [illos (quos periculo subripiunt) sibi gratiam relaturos] sperant,16 [(egentes) autem (quia non sperant), arbitrantur24] (perire)16 (quidquid25 eiusmodi hominibus inpertiant).

ANALISI 1 Introduce un periodo ipotetico indipendente della realtà la cui apodosi è necesse est. 2 Nocere, prodesse, subvenire, flecti, misereri, auxiliari, servare, succurrere sono infiniti sostantivati con funzione di soggetti: in quanto tali, non sono stati racchiusi tra parentesi. 3 Completiva senza introduttore retta da necesse est. 4 Concorrenza del relativo: essa si verifica quando in una proposizione si trovano due pronomi relativi, di cui uno la collega alla frase precedente, l’altro a quella seguente. In questo caso quod (che si può considerare nesso relativo: et id) si riferisce a tutto ciò che precede, mentre qui introduce il successivo facit. Traduci svolgendo così: et qui non facit id. 5 Generalmente si studia che peto regge a, ab + ablativo e quaero invece e, ex + ablativo: come puoi constatare qui, la regola non è così rigida. Abbiamo spostato i due infiniti flecti e misereri per esigenze di analisi.

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6 Periodo ipotetico dipendente misto con protasi possibile ed apodosi reale. 7 Introduce un’interrogativa indiretta disgiuntiva dipendente da quaero. 8 Succurro regge il dativo: sottintendi ei (riferito all’uomo assalito dalla fiera); dato che succurrendum dipende da putent, puoi sottintendere anche esse: ei succurrendum esse. 9 Introduce il secondo membro della proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva, il cui verbo è sottinteso: in forma esplicita la frase dovrebbe essere an putent ei minime succurrendum esse, ma in latino non si ripete mai ciò che è facilmente deducibile dal contesto. 10 Proposizione consecutiva. 11 Quod è pronome doppio: conviene pertanto sdoppiarlo in id (soggetto di fieri) quod (complemento oggetto di flagitat). Costruisci così: ut negent oportere fieri id quod flagitat. 12 In questo periodo la proposizione principale ha il verbo sottinteso quaero. Non è difficile ricavarlo se si fanno alcune considerazioni: esaminando il secondo periodo puoi notare che quaero è seguito da una protasi di periodo ipotetico del secondo tipo, si... imploret, e da una interrogativa indiretta introdotta da utrumne; in questo quarto periodo la struttura si ripete: infatti trovi quattro protasi di periodo ipotetico del secondo tipo, si... circumveniatur etc., e una interrogativa indiretta introdotta da num. Da ultimo item significa “allo stesso modo”: pertanto è facile capire che il verbo sottinteso è lo stesso di prima, quaero. 13 Genitivo di pertinenza. 14 Periodo ipotetico indipendente della possibilità. Per quanto riguarda la traduzione del successivo nemo... non esse, ricordati che in latino due negazioni affermano. 15 È participio futuro sostantivato ed indica una persona “in procinto di”, “che sta per...”. 16 Abbiamo spostato il termine per esigenze di analisi. 17 Attento: soggetto sono gli eiusmodi casus. 18 Genitivo partitivo retto da quid. Il periodo ipotetico indipendente si... concedunt, quid causae est è della realtà. 19 Sottinteso illi homini. Si homo esuriat sitiat algeat, succurrendum esse è ancora un periodo ipotetico dipendente misto (vedi nota 6). 20 Quae = et ea (nesso relativo). La presenza di tamen nella principale deve indurti a pensare che il valore di questo cum sia concessivo. 21 Non concorda con paria! In che caso è? 22 Il soggetto sono gli individui generici con cui Lattanzio sta polemizzando. 23 Enim è stato trasformato in nam e spostato nella sede richiesta dall’analisi. 24 Attento alla costruzione di questo periodo, ricco di sottintesi. Costruisci e integra così: quia autem non sperant egentes relaturos esse sibi gratiam, arbitrantur perire... 25 Osserva come il pronome, pur essendo raddoppiato, introduca un congiuntivo (inpertiant).

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101 La morte dell’amico TESTO • Mecum iam errabat in animo ille homo (et non poterat anima mea sine illo1). • Et ecce tu inminens dorso fugitivorum tuorum,2 “Deus ultionum” et fons misericordiarum simul, (qui convertis nos ad te miris modis), ecce abstulisti hominem de hac vita, (cum vix explevisset annum in amicitia mea, suavi mihi super omnes suavitates illius3 vitae meae). • Quo4 dolore contenebratum est cor meum [et (quidquid aspiciebam5) mors erat]. • Et erat mihi patria supplicium et paterna domus mira infelicitas,6 [et (quidquid cum illo conmunicaveram5), sine illo in cruciatum inmanem verterat]. • Expetebant eum undique oculi mei, (et non7 dabatur); • et oderam omnia, (quod non haberent8 eum), (nec mihi iam dicere poterant): • “Ecce veniet”, 9

[sicut (cum viveret)], (quando10 absens erat).

• Factus eram ipse mihi magna quaestio (et interrogabam animam meam), (quare tristis esset) (et quare conturbaret me valde), (et noverat nihil11 respondere mihi). • Et (si dicebam) • “Spera in Deum”, 12

iuste non obtemperabat, [quia verior erat et melior homo, (quem carissimum13 amiserat), quam phantasma], (in quod sperare iubebatur).14 •Solus fletus erat dulcis mihi. •Et ego mihi remanseram infelix locus, (ubi nec esse possem) (nec inde recedere).15

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ANALISI 1 Sottinteso il verbo dipendente da poterat (vivere o simili). 2 Metafora inquietante e un po’ onirica, frequente in Agostino: chi si allontana dalla fede è come un fuggitivo alle cui spalle incalza, non visto, l’inseguitore, cioè Dio. 3 “Quella” vita perché per Agostino si tratta di un capitolo ormai chiuso, diverso dalla sua vita attuale. Suavi è ablativo e concorda con vita; mihi è dativo di relazione. Nota la figura etimologica suavi... suavitates. 4 Quo = et eo (nesso relativo). 5 Relativa indefinita. Come ricorderai, i pronomi e gli avverbi raddoppiati (come quidquid) ed uscenti in -cumque vogliono di norma l’indicativo. Nota il parallelismo cum illo communicaveram - sine illo... verterat. 6 Attento ad identificare, in questa serie di nominativi, i soggetti ed i predicativi dei soggetti. 7 Più forte di nec. 8 Il soggetto è omnia (“tutte le cose”). La causale è soggettiva: di qui l’uso del congiuntivo obliquo, che nega validità assoluta alla motivazione addotta (qui infatti l’odio è scatenato da un movente del tutto irrazionale e come tale non oggettivamente valido: infatti per Agostino la realtà che lo circonda è accettabile solo a condizione che in essa viva la persona amata). La proposizione seguente ha invece l’indicativo, il che indurrebbe a credere che si tratti di una coordinata alla principale. Ai fini della traduzione non cambia nulla. 9 Le due proposizioni che seguono fanno ancora parte del periodo che inizia con et oderam. Sicut sottintende fiebat (o un verbo analogo). 10 Di norma avverbio interrogativo, quando può talora essere anche congiunzione causale o, più raramente, temporale, come in questo caso. 11 Nihil è stato spostato per esigenze di analisi. A proposito di noverat, non dimenticare che novi è un perfetto logico che ha valore di presente; a che cosa equivale dunque il piuccheperfetto? 12 Le proposizioni che seguono fanno ancora parte del periodo che inizia con et si dicebam. Si dicebam... non obtemperabat è un periodo ipotetico indipendente della realtà. 13 La posizione di carissimum, posticipato rispetto a homo e attratto in accusativo da quem, lascerebbe intendere che esso abbia valore predicativo. Nella traduzione comunque ti conviene considerarlo riferito a homo (homo carissimus quem): renderlo in modo letterale significherebbe appesantire terribilmente la traduzione. 14 Costruzione personale di iubeor; in italiano non è possibile mantenerla. 15 Il congiuntivo possem si spiega col fatto che le due relative fra loro coordinate sono improprie: hanno infatti valore consecutivo; per tradurle senza creare un anacoluto, dovrai svolgere ubi in (talis) ut ibi, di modo che l’introduttore ut possa riferirsi anche a inde: “(un luogo) tale che in esso... e che da esso...”.

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102 Solo l’impunità distingue il governante disonesto dal ladro TESTO • (Remota itaque iustitia),1 quid sunt regna, nisi magna latrocinia? • Quia2 et ipsa latrocinia quid sunt, nisi parva regna? • Manus3 et ipsa hominum est, (imperio principis regitur), (pacto societatis adstringitur), (placiti4 lege praeda dividitur). • (Hoc malum si5 in tantum6 perditorum hominum accessibus crescit), (ut7 et loca teneat), (sedes constituat), (civitates occupet), (populos subiuget), evidentius regni nomen assumit, (quod8 ei in manifesto9 confert non adempta cupiditas, sed addita impunitas). • Eleganter enim et veraciter Alexandro illi10 Magno (comprehensus) pirata respondit. • Nam (cum idem rex hominem interrogasset11), (quid ei videretur12), (ut13 mare haberet infestum), ille libera contumacia respondit:14 • “(Quod tibi) (ut orbem terrarum);15 • sed (quia id ego exiguo navigio facio), latro vocor; • (quia tu magna classe), imperator”.16

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ANALISI 1 Ablativo assoluto con valore temporale o condizionale. 2 Questo quia non è un introduttore, ma una semplice formula di passaggio, come talvolta il

nostro “perché” (es.: “perché, non ti piace?”). Et non è un introduttore, né coordina due elementi: dunque, che cosa significa? 3 Attento al significato di questo sostantivo nel contesto. Il successivo et ha lo stesso valore del precedente. 4 Non è un participio, ma un sostantivo (placitum, i). Cerca di comprendere a fondo il concetto espresso e di renderlo con parole tue. 5 Ipèrbato: si, che è l’introduttore, si trova in terza posizione. Di che tipo è il periodo ipotetico (la pròtasi è si... crescit, l’apòdosi assumit)? 6 Nel latino classico troveresti semplicemente tantum. 7 Introduce la consecutiva anticipata da in tantum. Le tre frasi successive sono ad essa coordinate per asindeto. 8 Causale o relativo? Pensaci bene, tenendo conto del fatto che, se si tratta di un pronome

relativo, deve potersi riferire ad un sostantivo o pronome neutro che lo preceda. 9 Puoi tradurlo come l’avverbio manifeste. 10 Che cosa significa ille quando accompagna un nome proprio di persona? 11 Forma sincopata per interrogavisset. 12 Videor è qui usato assolutamente (manca il complemento predicativo): come si traduce? Attento a quid, che può significare “che cosa” o “perché”. 13 Rifletti bene sul valore di questo ut + congiuntivo (vedi la nota 8 alla versione 30). Cerca sul vocabolario la locuzione idiomatica habeo infestum. 14 Inquit, qui sostituito da respondit, è stato spostato nella sede richiesta dalla logica dell’analisi. 15 Il periodo è ellittico della principale e le due subordinate hanno il verbo sottinteso. Integra così: mihi videtur idem quod tibi videtur ut orbem terrarum habeas infestum. 16 Integra così: quia tu magna classe id facis, imperator vocaris.

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LE TRADUZIONI L

e traduzioni che ti proponiamo sono state realizzate con uno scopo puramente didattico, per aiutarti a capire esattamente ciò che l’autore ha scritto, riproducendo per quanto possibile i meccanismi propri della lingua latina. Di conseguenza sono sempre piuttosto letterali: in caso contrario, risulterebbero certo più piacevoli alla lettura, ma del tutto inutili in rapporto agli obiettivi di questo libro. Con tutta la buona volontà, però, in taluni casi sarebbe stato impossibile tradurre “alla lettera” senza offendere la lingua italiana e, spesso, le intenzioni dell’autore: siamo quindi ricorse al compromesso di utilizzare le note per riportare la traduzione letterale là dove siamo state costrette a discostarcene. Abbiamo poi segnalato con parentesi tonde le nostre integrazioni rispetto al testo latino. Le tue traduzioni in classe, però, visto che tu le fornisci ad un professore e non ad uno studente, non dovranno inseguire ad ogni costo la letteralità, che è propria dei principianti, e soprattutto non saranno corredate di parentesi e di note per “far capire al professore che hai capito”. Ricordati che tradurre alla lettera non significa forzare la nostra lingua facendole assumere costrutti che le sono estranei, bensì rendere il pensiero dell’autore con la maggior precisione possibile, in un italiano dei nostri tempi, rispettoso delle proprie strutture: altrimenti produrresti solo una cattiva traduzione, spesso incomprensibile.


1

Sopportare il dolore è come affrontare una battaglia

Come in battaglia succede che un soldato

codardo e timoroso, non appena veda (1) un nemico, getti lo scudo e fugga a più non posso (2) e per quel motivo muoia talvolta anche senza aver ricevuto alcuna ferita (3), mentre non accade (4) nulla di simile a chi sia rimasto saldo, così quelli che non possono sopportare l’idea del dolore, si deprimono e in questo modo giacciono abbattuti e sgomenti; quelli che invece resistono (5), ne escono molto spesso vincitori. Vi sono infatti alcune somiglianze dell’animo col corpo. Come i pesi si portano più facilmente quando il corpo è in tensione (6), mentre schiacciano quando (il corpo) è rilassato, proprio allo stesso modo (7) l’animo con il suo impegno scaccia tutta l’oppressione degli affanni, mentre con l’abbattimento è così depresso da non essere in grado di risollevarsi. E se cerchiamo la verità, nel compiere tutti i doveri dobbiamo far uso dell’impegno dell’animo; questo è l’unica, per così dire, guardia del dovere. Ma nel dolore soprattutto bisogna preoccuparsi proprio di questo (8), di non fare (cioè) nulla in modo vergognoso, nulla da vili né da codardi, nulla (che sia) degno di uno schiavo o di una donna (9).

2

(3) col corpo intatto; (4) è accaduto;

(5) hanno resistito;

(6) essendo i corpi tesi; (7) molto similmente;

(8) questa medesima cosa; (9) che non facciamo nulla vergognosamente, nulla vilmente, nulla codardamente, nulla da schiavo o da donna.

La poesia dispensa gloria e immortalità

Se qualcuno infatti pensa che il frutto della

gloria che si raccoglie dalla poesia greca sia inferiore a quello che si raccoglie dalla poesia latina (1), sbaglia di grosso, in particolar modo perché le (poesie) greche vengono lette da tutte le genti (2), mentre quelle latine rimangono entro i propri confini davvero esigui. Perciò, se quelle imprese che abbiamo compiuto sono delimitate dai confini (3) del mondo, dobbiamo desiderare che la gloria e la fama penetrino là dove sono giunte le armi dei nostri soldati (4), poiché non solo per gli stessi popoli delle cui gesta si scrive queste (imprese) sono di onore, ma anche per quelli che rischiano la vita per la gloria questo è certamente il più grande incitamento ad (affrontare) pericoli e

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(1) abbia visto; (2) gettato lo scudo fugga quanto può;

(1) che si raccolga un minore frutto di gloria dai versi greci che da (quelli) latini; (2) in tutti i popoli;

(3) dalle regioni; (4) dei nostri uomini;


fatiche. Quanti scrittori delle sue imprese si dice che abbia avuto con sé quel famoso Alessandro Magno! Ed egli tuttavia, essendosi soffermato davanti alla tomba di Achille nel (promontorio) Sigeo, disse: “O giovane fortunato, poiché trovasti Omero come banditore del tuo valore!”. E giustamente. Infatti se quella famosa Iliade non fosse esistita, (quel) medesimo tumulo che aveva ricoperto il suo corpo, avrebbe sepolto anche il (suo) nome. Che cosa (possiamo aggiungere)? Questo nostro (Pompeo) Magno il cui valore fu degno della sua fortuna (5) non ha forse donato la cittadinanza, in presenza del suo esercito adunato (6), a Teofane di Mitilene, scrittore delle sue imprese?

3

(5) che eguagliò la fortuna col valore; (6) nell’assemblea dei soldati.

Un buon governante deve badare al bene di tutti i cittadini

Q

uelli che intendono governare lo Stato tengano (a mente) due insegnamenti di Platone: il primo (è) che difendano l’utile dei cittadini in modo che, qualunque cosa facciano, la rapportino ad esso, dimentichi dei loro vantaggi; il secondo (è) che curino l’intero organismo dello Stato per evitare che (1), mentre (ne) proteggono una parte, trascurino le altre. Come infatti la tutela (di un giovane), così l’amministrazione dello Stato deve essere gestita a beneficio dei governati, non dei governanti (2). Quelli invece che provvedono ad una parte dei cittadini (e) ne trascurano un’altra, introducono nello Stato un male assai funesto, la sedizione e la discordia; in seguito a ciò accade che alcuni sembrano essere fautori del partito popolare, altri (appaiono essere) sostenitori degli ottimati (3), pochi (rispettosi del bene) di tutti. Di qui (nacquero) presso gli Ateniesi grandi discordie (e) nel nostro Stato non solo sedizioni, ma anche disastrose guerre civili; un cittadino responsabile e forte e degno del primo posto nello Stato, fuggirà e odierà questi (mali) e si dedicherà tutto allo Stato senza inseguire (4) denaro o potere, e lo proteggerà nella sua totalità in modo da provvedere a tutti (i cittadini).

(1) affinchè non;

(2) per l’utile di coloro che sono stati affidati, non per (l’utile) di coloro ai quali è stata affidata (la tutela e l’amministrazione); (3) di tutti i migliori;

(4) né inseguirà.

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4

Conosci te stesso

L

a madre di tutti i beni è la sapienza, dal cui amore la filosofia ha trovato il suo nome mediante una parola greca (e) della quale non è stato dato dagli dei immortali alla vita degli uomini nulla di più fruttuoso, nulla di più proficuo, nulla di più nobile. Questa sola infatti ci ha insegnato non solo tutti gli altri valori, ma anche, cosa che è difficilissima, a conoscere noi stessi; e la forza ed il significato di questo insegnamento sono così grandi (1) che esso veniva attribuito (2) non ad un uomo, ma al dio di Delfi. Infatti chi conoscerà se stesso sentirà per la prima volta di avere (in sé) qualcosa di divino e considererà la sua mente dentro di lui come una sorta di immagine divina consacrata e farà e sentirà qualcosa di sempre degno di (questo) dono degli dei così grande, e quando si sarà esaminato e scrutato interamente, capirà di quali doni sia stato fornito alla nascita dalla natura (3) e che grandi strumenti abbia per mantenere e conseguire la sapienza, poiché in principio ha concepito intuitivamente e razionalmente (4) le idee di tutte le cose per così dire annebbiate e, fatta luce su di esse, sotto la guida della sapienza, capisce che diventerà un uomo nobile e per questo stesso motivo felice.

5

(1) vedi analisi alla nota 7; (2) essa veniva attribuita;

(3) come sia venuto al mondo fornito dalla natura; (4) con l’animo e con la mente.

Non tutti i filosofi vivono una vita degna dei loro insegnamenti

C

hi si riesce a trovare tra i filosofi che si comporti, pensi e viva esattamente (1) come richiede la ragione? Che consideri la sua dottrina non come una ostentazione di sapere, bensì come una legge di vita? Che si sottometta senza costrizioni (2) a se stesso e che obbedisca ai suoi precetti? È possibile vederne alcuni così frivoli e boriosi (3), che per loro sarebbe stato meglio che non avessero studiato, altri avidi di denaro, taluni (avidi) di gloria, molti schiavi delle passioni, al punto che il loro modo di parlare contrasta incredibilmente con la loro vita. E mi sembra proprio che questo sia molto vergognoso. Come infatti, se uno, che si è dichiarato letterato, parlasse

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(1) che sia così costumato e così regolato nel modo di pensare e nella condotta di vita; (2) egli stesso; (3) di tanta frivolezza e vanagloria;


in modo scorretto, o se cantasse in modo stonato uno (4) che volesse essere giudicato esperto di musica, sarebbe proprio per questo più vergognoso, per il fatto (cioè) che sbaglierebbe in quella stessa materia in cui si dichiara esperto (5), così un filosofo che sbaglia nella (sua) condotta di vita, per questo è più spregevole, (cioè) per il fatto che fallisce nel compito di cui vuole essere maestro, e, dopo aver dichiarato di professare (= professus) l’arte della vita, sbaglia nella vita.

6

(4) colui; (5) di cui dichiara conoscenza.

Davanti alla virtù il dolore cede il passo

F

inché ti sembrerà vergognoso e indegno di un uomo gemere, urlare, lamentarsi, lasciarsi annientare (e) avvilire dal dolore, finché ci saranno l’onore, la dignità (e) il decoro e tu, con gli occhi rivolti a queste virtù (1), ti controllerai, certamente il dolore cederà alla virtù e grazie alla fermezza dell’animo si affievolirà. Infatti, o la virtù non esiste, o bisogna disprezzare ogni dolore. Vuoi che esista la saggezza, senza la quale non si può neppure comprendere alcuna virtù? E cosa (pensi) dunque? Essa permetterà che tu faccia qualcosa senza trarne alcun profitto e affaticandoti inutilmente? O forse la temperanza permetterà che tu faccia qualcosa senza moderazione? O forse la giustizia potrà essere onorata da un uomo che per la violenza del dolore rivela i (segreti) confidati(gli), denuncia i compagni, trascura molti doveri? E poi? (2) Alla fortezza e alle sue compagne, la magnanimità, la serietà, la pazienza e il disprezzo dei beni umani, come risponderai? Mentre sei afflitto e abbattuto e ti lamenti con voce implorante, (le) sentirai (dire): “O che uomo forte!”? In una simile condizione nessuno ti potrebbe chiamare (3) neppure uomo. Pertanto, o bisogna rinunciare alla (4) forza d’animo, o bisogna seppellire il dolore.

(1) a loro;

(2) e che?;

(3) nessuno potrebbe chiamare te che sei in un simile stato d’animo (ita adfectum); (4) mettere da parte la.

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Grazie Simonide, per aver inventato l’arte della memoria!

R

ingrazio quel famoso Simonide di Ceo che, a quanto si dice (1), inventò per primo l’arte della memoria. Dicono infatti che, mentre Simonide cenava a Crannone in Tessaglia a casa di (2) Scopa, uomo ricco e nobile, e dopo che ebbe cantato (3) quel carme che aveva scritto in suo (= di Scopa) onore, nel quale a scopo di ornamento (4), secondo il costume dei poeti, erano state scritte molte lodi per Castore e Polluce, costui (= Scopa), con un comportamento davvero taccagno (5), disse a Simonide che per quel carme gli avrebbe dato la metà di quello che era stato pattuito; chiedesse il resto ai suoi Tindaridi, se gli sembrava opportuno, visto che li aveva elogiati nello stesso modo. Raccontano che poco dopo fu annunciato a Simonide di uscire; alla porta (infatti) stavano due giovani che chiedevano di lui con grande insistenza; egli si alzò, uscì fuori, (ma) non vide nessuno: nel frattempo (6) quella sala, dove Scopa banchettava, crollò; durante quel crollo lo stesso Scopa morì schiacciato insieme ai suoi parenti: poiché i parenti delle vittime (7) volevano seppellirli e non potevano riconoscerli in alcun modo, perché erano sfigurati, si dice che Simonide indicò (8) ciascun uomo da seppellire grazie al fatto che ricordava in quale posto ciascuno di loro fosse seduto a tavola; messo così in avviso da questo fatto, si dice che abbia scoperto che è soprattutto l’ordine che fa luce alla memoria. Pertanto quelli che vogliono esercitare questa facoltà della (loro) mente, devono prendere dei luoghi e devono raffigurare nella mente e collocare in quei luoghi, quei concetti che vogliono tenere a memoria; così l’ordine dei luoghi conserverà l’ordine degli argomenti, mentre la raffigurazione dei concetti indicherà i concetti stessi, e noi ci serviremo dei luoghi come della cera e delle immagini come delle lettere.

8

La vera ricchezza risiede nella sapienza

C

hi, in verità, potrebbe considerare qualcuno più ricco di colui al quale non manca nulla almeno (di quello) che la natura richiede o più potente di

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(1) che dicono che; (2) presso; (3) e avendo cantato; (4) per ornare;

(5) troppo con spilorceria;

(6) intanto in questo spazio (di tempo); (7) i loro; (8) fu indicatore di.


colui che ottiene tutto ciò che desidera o più felice di colui che è libero (1) da ogni turbamento dell’animo o (dotato) di una fortuna più solida di colui che possiede quei beni che può salvare insieme alla sua vita (2), come si suol dire (3), anche da un naufragio? D’altra parte quale comando, quale magistratura, quale regno potrebbe essere più bello di (quello che possiede l’uomo che), disprezzando tutti i beni umani e considerandoli inferiori alla sapienza, nel suo animo non medita mai nulla che non sia (4) eterno e divino? (L’uomo) che è convinto che tutti gli altri si chiamino uomini, (ma) che lo siano (di fatto) solo quelli che sono stati ingentiliti dagli studi propri della cultura? Al punto che mi sembra che sia molto fine quella frase di Platone o di qualcun altro (5): dicono infatti che egli, dopo che una tempesta l’ebbe sbattuto dall’alto (mare) verso terre sconosciute e in una spiaggia deserta, mentre tutti gli altri avevano paura perché non conoscevano i (6) luoghi, vide che sulla sabbia erano disegnate delle figure geometriche; e, come le ebbe viste, esclamò di stare di buon animo: vedeva infatti tracce di uomini; evidentemente egli le giudicava non dalla coltivazione del terreno, che (pure) vedeva, ma dagli indizi della cultura.

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(1) è stato liberato; (2) portar via con sé; (3) come dicono;

(4) quale comando, quale magistratura, quale regno potrebbe essere più bello che... il meditare mai nulla se non; (5) sia che l’abbia detta qualcun altro;

(6) per l’ignoranza dei.

Le doti di un buon governante: forza d’animo e disprezzo dei beni esteriori

C

oloro che hanno (ricevuto) dalla natura le capacità per governare, messa da parte ogni esitazione, devono ottenere le magistrature e prendere parte al governo; e infatti non si può in altro modo o reggere uno Stato o manifestare la grandezza d’animo. D’altra parte coloro che si dedicano alla politica devono, non meno dei filosofi, (ma) forse anche di più, possedere nobiltà d’animo e disprezzo dei beni terreni (1), come (io) dico spesso (2), e tranquillità e serenità d’animo, se davvero essi non vogliono essere inquieti e vogliono vivere con serietà e coerenza. Ma questo è più facile per i filosofi in quanto nella loro vita lasciano meno scoperto il fianco ai colpi della fortuna (3) e in quanto sono minori i loro bisogni (4) e perché, nel caso che capiti loro qualche disgrazia (5), non possono cadere tanto rovinosamente. Perciò non senza

(1) da coloro che si dedicano allo Stato, per nulla meno che dai filosofi, non so se anche di più debbano essere usati magnanimità e disprezzo dei beni terreni; (2) che spesso dico; (3) in quanto nella loro vita si aprono (parti) meno numerose che la fortuna possa colpire; (4) in quanto hanno bisogno di meno numerose cose; (5) qualcosa di avverso;

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motivo sorgono (6) slanci dell’animo più forti e maggior desiderio di agire in coloro che sono al governo (7) che non in coloro che se ne stanno in disparte (8); e per questo essi devono possedere in misura maggiore grandezza d’animo ed essere esenti da affanni (9). Inoltre chi si accosta all’attività politica (10) badi bene di non considerare soltanto l’onore che potrebbe derivargli (11), ma anche di avere la capacità di agire; e proprio in questo deve fare attenzione a non disperare senza motivo per debolezza o a non essere eccessivamente fiducioso per troppa ambizione. D’altra parte in ogni attività, prima di incominciare, c’è bisogno di una scrupolosa preparazione.

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1(6) vengono suscitati; 1(7) per coloro che amministrano lo Stato; 1(8) tranquilli; 1(9) ed assenza di affanni; (10) a gestire la cosa (pubblica); (11) di non considerare solo questo, cioè quanto quell’attività sia onorevole.

La rettitudine deve essere al di sopra anche dell’amicizia

M

a i doveri si confondono soprattutto nelle amicizie; infatti sia non concedere agli amici ciò che si può onestamente, sia concedere ciò che non è giusto, è (comportamento) contrario al dovere (1). Ma di tutta questa casistica vi è una norma breve e semplice. Quelle cose infatti che sembrano utili, cioè gli onori, le ricchezze, i piaceri e le altre cose dello stesso genere, non devono (2) mai essere anteposte all’amicizia; ma un uomo retto non agirà, per un amico, né contro lo Stato, né contro il giuramento e la lealtà, neppure se sarà giudice dello stesso amico; depone infatti la veste di amico, quando indossa quella di giudice. Concederà all’amicizia quel tanto da formulare l’augurio (3) che la causa dell’amico sia giusta e da concedergli (tutto) il tempo, nei limiti concessi dalla legge (4), di difendere la sua causa. Quando poi, sotto giuramento (5), dovrà emettere il verdetto, si ricordi che egli ha per testimone Dio, cioè, come io penso, la propria coscienza, della quale lo stesso Dio non ha concesso nulla di più divino all’uomo. Pertanto (sarebbe) bellissima, se noi la mantenessimo (ancora), l’usanza (che) siamo venuti a conoscere (6) dai nostri antenati, (quella cioè) di pregare il giudice (di fare tutto) ciò che è in suo potere (7), fatta salva la sua coscienza. Questa preghiera è in argomento con (8) quello che poco fa ho detto che può essere concesso onestamente da un giudice all’amico; infatti, se si dovesse fare tutto ciò che

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(1) alle quali non concedere... è contrario al dovere;

(2) queste non devono;

(3) concederà all’amicizia soltanto di desiderare; (4) finché sia lecito per legge; (5) avendo giurato;

(6) siamo venuti a conoscere una bellissima usanza; (7) può fare; (8) è pertinente a.


gli amici vogliono, tali (amicizie) non dovrebbero essere considerate amicizie, bensì sette segrete. Pertanto, quando si mette a confronto ciò che sembra utile nell’amicizia con quello che è onesto, soccomba l’apparenza di utilità (e) prevalga l’onestà; ma quando nell’amicizia si richiederanno comportamenti che non sono onesti, siano anteposti all’amicizia lo scrupolo morale e la coscienza.

11

A seconda delle circostanze si può rifiutare il piacere ed accettare il dolore

N

essuno disprezza o odia o fugge il piacere in sé, perché è piacere, ma perché grandi dolori colpiscono quelli che non sanno ricercare il piacere con razionalità, e d’altra parte non c’è nessuno che ami, insegua (e) voglia raggiungere il dolore in sé, perché è dolore, ma perché talvolta capitano situazioni tali (1) che (uno) cerca qualche grande piacere attraverso la fatica e il dolore. Per venire a casi molto banali, chi di noi intraprende un esercizio fisico faticoso, se non per ottenere qualche vantaggio da esso? Chi d’altra parte rimprovererebbe a buon diritto colui che voglia provare quel piacere che nessun fastidio può colpire (2), o colui che fugga quel dolore da cui non nasce (3) alcun piacere? Però accusiamo e riteniamo sicuramente degni di giusto odio quelli che, attratti e corrotti dalle lusinghe dei piaceri presenti, non prevedono, accecati dal desiderio, quali dolori e quali fastidi avranno (4), e sono similmente colpevoli (5) (coloro) che trascurano i doveri per debolezza d’animo, cioè per evitare (6) fatiche e dolori. E la distinzione tra (7) queste cose è davvero semplice e agevole. Infatti nel tempo libero, quando abbiamo (8) la possibilità di scegliere senza vincoli di sorta (9), e quando nulla ci impedisce di poter fare quello che più ci piace, bisogna accogliere ogni piacere e allontanare ogni dolore. Ma in alcune circostanze, o (10) per doverose incombenze o per necessità di cose, spesso capiterà che si debbano respingere i piaceri e non rifiutare i dispiaceri. Pertanto in tali situazioni viene adottato dal sapiente questo criterio di scelta (11): (12) o, rifiutando i piaceri, conseguirne altri maggiori, o, sopportando i dolori, evitarne (di) più gravi.

1(1) di tal modo;

1(2) voglia essere in quel piacere che nessun fastidio colpisce; 1(3) è generato;

1(4) accoglieranno; 1(5) si trovano in simile colpa; 1(6) per fuga da; 1(7) di; 1(8) a noi è; 1(9) sciolta (da legami); (10) e o;

(11) viene tenuta dal sapiente questa scelta di quelle cose; (12) cioè che... o ne consegua... o ne eviti.

337


12

Pompeo viene ucciso a tradimento in Egitto

C

onosciuti questi fatti, Pompeo, messo da parte il proposito di andare in Siria, giunse a Pelusio. Lì era re per caso Tolomeo, un ragazzo (1), che con grandi forze militari faceva guerra alla sorella Cleopatra, che pochi mesi prima aveva scacciato dal regno con l’aiuto (2) di suoi parenti ed amici; e l’accampamento di Cleopatra non era molto distante (3) dal suo accampamento. Pompeo gli mandò (a chiedere) di accoglier(lo) (4) ad Alessandria in nome dell’ospitalità e dell’amicizia verso (suo) padre e di proteggerlo (5) nella sventura con i suoi mezzi. Ma coloro che erano stati da lui inviati, terminato il compito dell’ambasceria, incominciarono a parlare più apertamente con i soldati del re e ad esortarli a dare il loro aiuto a Pompeo e a non disprezzare la sua sventura. Venuti allora a conoscenza di questi fatti, gli amici del re che a causa della sua età si occupavano della (6) amministrazione del regno, o spinti dal timore, come in seguito andavano dichiarando, che Pompeo, sobillato l’esercito del re, occupasse Alessandria e l’Egitto, o per disprezzo verso la sua sorte (7), dato che per lo più nella disgrazia dagli amici vengono fuori i nemici, a coloro che erano stati mandati da lui (= da Pompeo), risposero apertamente con cortesia e lo invitarono a recarsi dal re; essi stessi (però), accordatisi in segreto (8), inviarono ad uccidere Pompeo, Achilla, prefetto regio, uomo di singolare audacia, e Lucio Settimio, tribuno militare. Egli, invitato cortesemente da costoro, e indotto da una certa conoscenza di Settimio, perché durante la guerra contro i pirati aveva guidato una centuria sotto di lui (9), salì su una piccola barchetta con pochi (dei) suoi; lì venne (10) ucciso da Achilla e da Settimio.

13

1(2) per mezzo; 1(3) non distava un lungo spazio; 1(4) che fosse accolto; 1(5) che fosse protetto;

1(6) erano nella;

1(7) disprezzata la sua sorte;

1(8) presa la decisione in segreto;

1(9) presso di lui; (10) viene.

Cesare tenta di evitare lo scontro armato

C

esare chiese (1) ad entrambi, dal momento che gli avevano riportato il messaggio (2) di Pompeo, di riferirgli cortesemente (3) anche le sue richieste, (per vedere) se con un piccolo sforzo potessero risol-

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1(1) un ragazzo per età;

1(1) chiede; 1(2) i messaggi; 1(3) di non sentirsi infastiditi di riferire;


vere (4) un grosso dissidio (5) e liberare tutta l’Italia dalla paura. Per lui la dignità dello Stato era sempre stata al primo posto e più importante della (sua stessa) vita. Gli era dispiaciuto che gli venisse strappata oltraggiosamente (6) dai (suoi) avversari la concessione (accordata) a lui dal popolo romano (7) e che, dopo essergli stati tolti sei mesi di comando, venisse fatto rientrare in città, nonostante il popolo avesse approvato che nei prossimi comizi si tenesse conto di lui benché assente (8). Tuttavia aveva sopportato di buon animo per amore dello Stato questo sacrificio della sua carica; (pur) avendo scritto una lettera al senato nella quale chiedeva che tutti lasciassero gli eserciti (9), neppure quello aveva ottenuto. Si facevano leve in tutta l’Italia, si trattenevano due legioni che gli erano state tolte con la scusa della guerra partica, la città era in armi. A che scopo mai (10) miravano tutte queste (manovre) se non alla sua rovina? Ma tuttavia (era) pronto ad abbassarsi a tutto e a sopportare tutto per lo Stato. Partisse (11) Pompeo per le sue province, licenziassero essi stessi (= Cesare e Pompeo) gli eserciti, tutti in Italia deponessero le armi, si eliminasse la paura dalla città, i comizi (fossero) liberi e ogni pubblico affare fosse lasciato al senato e al popolo romano. Perché ciò si potesse (12) fare più facilmente e con accordi sicuri e si sancisse con un giuramento, o si recasse (13) egli stesso (da Cesare) o permettesse che Cesare (14) andasse (da lui); a voce (15) si sarebbero potuti appianare (16) tutti i dissidi.

14

1(4) eliminare; 1(5) grandi controversie; 1(6) con l’offesa; 1(7) il beneficio del popolo romano;

1(8) del quale benché assente, il popolo aveva decretato che si tenesse conto; 1(9) perché tutti si allontanassero dai (loro) eserciti; (10) dove mai;

(11) parta (vedi l’analisi alla nota 15);

(12) queste cose si possano; (13) si accosti più da vicino; (14) egli; (15) con colloqui; (16) accadrà che si appianino.

Acceso discorso di Catilina ai suoi compagni

S

e il vostro valore e la vostra lealtà non fossero per me certi, invano si sarebbe presentata (questa) circostanza favorevole; la grande speranza del potere (1) invano si sarebbe trovata nelle (nostre) mani, né io cercherei l’incerto al posto del certo con gente ignava o leggera (2). Ma poiché vi ho conosciuti forti e fedeli in molte circostanze importanti (3), (proprio) per questo il mio animo ha osato intraprendere un’impresa grandissima e bellissima, (e) nello stesso tempo perché ho capito che per voi i beni e i mali sono gli stessi che per me; infatti volere e non volere le stesse cose (4), questa davvero è salda amicizia. Ma

1(1) la grande speranza e il potere (endìadi); 1(2) attraverso l’ignavia o gli spiriti leggeri; 1(3) in molte e importanti circostanze; 1(4) volere la stessa cosa e non volere la stessa cosa;

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i piani che io ho concepito nella mia mente (5), (voi) tutti ad uno ad uno (li) avete sentiti già prima. Del resto l’animo mi si accende ogni giorno di più quando considero quale sarà la (nostra) condizione di vita se non ci liberiamo da soli dalla schiavitù. Infatti, dopo che lo Stato è passato sotto l’autorità e il controllo di pochi potenti, re e principi sono sempre loro tributari, popoli e nazioni pagano (loro) un’imposta; (noi) altri tutti, valorosi (e) onesti, nobili e non nobili, (da allora) siamo stati un volgo senza credito, senza autorità, sottoposti a gente a cui (ora) faremmo paura (6), se lo Stato (res publica = cosa pubblica) avesse ancora il (suo) valore (7). Così prestigio, potere, cariche pubbliche e ricchezze, sono tutti nelle loro mani (8) o dove quelli vogliono; a noi hanno lasciato pericoli, insuccessi politici, processi (e) povertà. Fino a quando, insomma, miei prodi (9), sopporterete questi (soprusi)? Non è forse meglio morire con valore che perdere con infamia una vita misera e priva di onori, nella quale si è stati (10) (oggetto) di scherno per la superbia altrui?

15

1(5) le cose che io ho pensato con la mente;

1(6) a coloro ai quali saremmo di paura; 1(7) fosse in buona salute; 1(8) presso di loro; 1(9) fortissimi uomini; (10) tu sia stato.

Giugurta, tradito da Bocco, viene consegnato a Silla

I

l Mauro, rimuginando a lungo fra sé e sé queste proposte, finalmente promise; per altro non sappiamo con certezza se esitasse per astuzia o realmente. Ma per lo più i sentimenti dei re (1), come (sono) violenti, così (sono) mutevoli (e) spesso contraddittori (2). Poi, stabilito il tempo e il luogo perché si venisse ad un colloquio sulla pace, Bocco ora mandava a chiamare Silla, ora l’ambasciatore di Giugurta, (li) trattava benevolmente, prometteva la stessa cosa ad entrambi. Quelli erano parimenti lieti e pieni di fiducia (3). Ma quella notte che precedette il giorno (4) stabilito per il colloquio, si dice che il Mauro, convocati gli amici e subito, mutato parere, allontanati(li), meditasse molto tra sé e sé, mutevole nel volto e nello sguardo come (lo era) nell’animo (5): ed evidentemente questi atteggiamenti, benché egli tacesse, rivelavano così i segreti del (suo) cuore. Alla fine tuttavia fa chiamare (6) Silla e secondo la sua volontà tende un agguato al Numida. Poi, quando giunse il giorno (stabilito) e gli fu annunciato che

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1(1) regali; 1(2) essi stessi in contrasto con se stessi;

1(3) di buona speranza; 1(4) che fu la più vicina prima del giorno; 1(5) nel volto e negli occhi parimenti che nell’animo; 1(6) ordina che venga chiamato;


Giugurta non era lontano, con pochi amici e con il nostro questore, come se (gli andasse) incontro per (rendergli) onore, avanzò (7) verso un’altura ben visibile (8) per coloro che erano in agguato. Nello stesso luogo si reca il Numida con la maggior parte dei suoi amici, senz’armi, come era stato detto, e subito, dato il segnale, da tutte le parti contemporaneamente viene assalito a tradimento. Tutti gli altri (sono) trucidati (9). Giugurta in catene (10) è consegnato a Silla e da lui condotto (11) a Mario.

16

1(7) avanza; 1(8) facilissima da vedersi;

1(9) (furono) trucidati; (10) legato; (11) fu condotto.

Il ricordo delle imprese gloriose infiamma l’animo dei grandi uomini

T

ra le altre attività che si esercitano con l’ingegno, di grande utilità è in particolare la storiografia (1). Ma poiché molti hanno (già) parlato della sua eccellenza, ritengo di dover passare oltre, anche perché nessuno pensi che io per presunzione voglia esaltare (2) me stesso lodando la mia attività. Ed io credo che ci saranno (alcuni) che, dal momento che ho deciso di vivere lontano dalla politica (3), imporranno (4) il nome di inerzia a questa mia fatica tanto grande e tanto utile: sicuramente (lo faranno) coloro ai quali sembra attività importantissima rendere omaggio alla plebe e cercar(ne) il favore con banchetti. Costoro, se considereranno in quali tempi io ho ottenuto le magistrature e quali uomini non vi siano riusciti (5), e che razza di gente sia entrata a far parte del senato (6) in seguito, certamente stimeranno che io ho cambiato opinione (7) più per merito che per pigrizia e che allo Stato verrà maggior vantaggio dalla mia vita privata che dalle attività (pubbliche) di altri. Infatti spesso ho sentito (raccontare) che Quinto Massimo, Publio Scipione e poi altri uomini illustrissimi della nostra città erano soliti dire che (8), nel contemplare (9) i ritratti dei (loro) antenati, l’animo si infiammava loro di enorme ardore (10) per la virtù. Naturalmente non quella cera né (quella) immagine avevano in sé tanta forza, ma quella fiamma cresceva in petto agli uomini egregi grazie al ricordo delle imprese compiute (dai loro antenati), e non poteva essere placata (11) prima che il (loro) valore fosse riuscito ad eguagliare la fama e la gloria di quelli.

1(1) il ricordo delle imprese;

1(2) esalti; 1(3) dallo Stato; 1(4) impongano;

1(5) non abbiano potuto ottenere la stessa cosa; 1(6) quali tipi di uomini siano arrivati in senato; 1(7) il giudizio della mia mente;

1(8) dire così, (cioè) che...; 1(9) contemplando (essi); (10) assai fortemente;

(11) non si placava.

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Questo bambino sarà re

Raccontano che sul capo di un bambino di

nome Servio Tullio fossero apparse mentre dormiva delle fiamme (1), sotto gli occhi di molte (persone); dunque, levatosi in seguito a ciò (2) un enorme clamore (di fronte) al prodigio di un fatto così insolito (3), accorsero il re e la regina (4), e, poiché uno dei servi stava portando dell’acqua per spegnere (il fuoco), fu trattenuto dalla regina; ella (5), placatosi il tumulto, vietò di muovere il bimbo finché (non) si fosse svegliato spontaneamente: subito, con il sonno, se ne andò anche la fiamma. Allora Tanaquil, tratto in disparte il marito, (gli) disse: “Vedi questo bambino che stiamo allevando con un’educazione così umile? E’ evidente (6) che un giorno egli sarà la luce delle nostre difficoltà (7) e il baluardo della reggia abbattuta; perciò educhiamo con tutta la nostra tenerezza (colui che sarà per noi) occasione di grandissimo lustro pubblico e privato (8).” Quindi si cominciò a trattare il bambino come un figlio (9) e ad istruirlo in (quelle) arti con cui si incitano gli animi a coltivare grandi aspirazioni (10). Accadde facilmente ciò che stava a cuore agli dèi: il giovane si rivelò di indole veramente regale: quando si cercava un genero per Tarquinio, nessuno (11) della gioventù romana poté essere paragonato a lui in nessuna attività, ed il re gli promise in sposa la propria figlia.

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1(1) raccontano che ad un bambino addormentato, al quale fu nome Servio Tullio, avesse preso fuoco la testa; 1(2) sorto di qui; 1(3) tanto grande; 1(4) furono richiamati fuori i re; 1(5) ed ella;

1(6) è lecito sapere; 1(7) luce per le nostre situazioni difficili; 1(8) in pubblico e in privato; 1(9) considerare il bambino in luogo di figli; (10) alla cura di una grande sorte; (11) né, cercandosi un genero per Tarquinio, alcuno.

Sesto Tarquinio violenta Lucrezia

T

rascorsi pochi giorni, Sesto Tarquinio, all’insaputa di Collatino, andò a Collazia con un solo compagno. Qui, accolto benevolmente da coloro che erano all’oscuro delle (sue) intenzioni, essendo stato accompagnato, dopo cena, nella camera degli ospiti, ardente d’amore, quando (gli) parve che (tutto) attorno (fosse) abbastanza tranquillo e che tutti (fossero) addormentati (1), impugnata la spada, si recò da Lucrezia che dormiva, e, premuto il petto della donna con la mano sinistra, disse: “Taci, Lucrezia: sono Sesto Tarquinio; ho una spada in mano (2); se dirai

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(1) dopo che (tutto) intorno sembrava abbastanza sicuro e tutti (sembravano) addormentati; (2) un ferro è in mano;


una (sola) parola, morirai”. Mentre la donna, svegliatasi in preda al terrore (3), non vedeva nessuna (possibilità di) aiuto (e sentiva) ormai la morte incombere su di sé (4), Tarquinio intanto (le) confessava (il suo) amore, (la) pregava, univa alle preghiere le minacce, tentava in ogni modo (5) l’animo della donna. Quando (però) vide (che era) irremovibile e che non si lasciava piegare neppure dal timore della morte, aggiunse alla paura il disonore: disse che avrebbe messo con (lei, una volta) morta, uno schiavo nudo sgozzato, perché si dicesse (che era stata) uccisa nel corso di un ignobile adulterio. Dopo che la libidine trionfatrice ebbe sconfitto con questa spaventosa minaccia, come con la violenza, l’indomabile pudore, e (dopo che) Tarquinio, (tutto) fiero di avere espugnato l’onore della donna (6), se ne fu andato, Lucrezia, afflitta da una così grave disgrazia, mandò uno stesso messaggero a Roma da (suo) padre e ad Ardea da (suo) marito, (pregandoli) di venire ciascuno con un amico fidato (7); bisognava fare così, e sùbito (8); era accaduta una cosa tremenda.

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(3) (svegliatasi) spaventata dal sonno; (4) vedeva nessun aiuto e la morte incombere da vicino; (5) rivoltava in tutte le direzioni;

(6) fiero dell’onore femminile espugnato; (7) con amici fidati uno per ciascuno; (8) c’era bisogno di fare così e di affrettarsi.

Lucrezia si dà la morte

S

purio Lucrezio arrivò con Publio Valerio, figlio di Volesio, Collatino con Lucio Giunio Bruto, in compagnia del quale era stato incontrato per caso, mentre ritornava a casa, dal messaggero della moglie. Trovarono Lucrezia seduta, afflitta, nella stanza da letto. All’arrivo dei suoi scoppiò in lacrime (1), ed al marito che le chiedeva: “Tutto bene?” (2) rispose: “Per niente. Che resta di bene (3), infatti, per una donna, una volta che ha perso l’onore? Nel tuo letto, Collatino, ci sono le tracce di un estraneo (4); ma soltanto il corpo è stato violato: l’animo è innocente; la morte (ne) sarà testimone. Ma datevi le destre e promettete (5) che l’adultero non resterà impunito. È Sesto Tarquinio, che la scorsa notte, nemico in veste di (6) ospite, con la violenza, armato, si è preso da questo letto (7) un piacere funesto per me e, se voi siete uomini, per lui.” Tutti, uno dopo l’altro (8), promettono; cercano di consolare l’afflitta (9) facendo ricadere la colpa da (lei, che è stata)

(1) nacquero le lacrime; (2) (va) abbastanza bene?; (3) che c’è di salvo; (4) uomo estraneo; (5) date le destre e la parola; (6) invece di; (7) ha strappato di qui; (8) in ordine; (9) l’afflitta nell’animo;

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costretta, sull’autore del delitto: (le dicono che) è l’animo a peccare, non il corpo (10), e (che) dove è mancata l’intenzione manca (anche) la colpa (11). “Vedrete voi” disse (ella) “quale pena (12) sia dovuta a lui: io, anche se mi assolvo dal peccato, non mi esimo dal castigo; d’ora in poi nessuna donna vivrà impudica per l’esempio di Lucrezia”. Si conficcò nel cuore il (13) coltello che teneva nascosto sotto la veste e cadde moribonda accasciandosi (14) sulla ferita.

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(13) quel; (14) essendosi accasciata.

Quinto Fabio Massimo esorta Emilio Paolo a temporeggiare

(Noi) combattiamo (1) in Italia, in casa (nostra) e sul nostro suolo; tutti i dintorni (2) sono pieni di concittadini e di alleati; (ci) aiutano e (ci) aiuteranno con armi, uomini, cavalli, viveri: ci hanno già dato questa prova di fedeltà quando eravamo in difficoltà (3); la situazione e il trascorrere del tempo ci rendono migliori, più accorti, più tenaci. Annibale, invece, è in una terra straniera, avversa, circondato solo da inimicizia e ostilità (4), lontano dalla (sua) casa, dalla (sua) patria; per lui non c’è pace né per terra né per mare; nessuna città, nessuna cinta di mura lo accoglie; in nessun luogo vede alcunché di suo, vive di rapine (5) alla giornata; ha a malapena un terzo di quell’esercito che trasportò al di là del fiume Ebro; sono stati uccisi più (uomini) dalla fame che dalla guerra (6); e a questi pochi non basta più il cibo. Dubiti dunque che (noi) temporeggiando vinceremo Annibale (7), che s’indebolisce giorno per giorno, (che) non ha viveri, non (ha) rinforzi, non (ha) denaro? Questa è l’unica via di salvezza, Lucio Paolo, che i concittadini, più (ancora) che i nemici, ti renderanno difficile e insidiosa. I tuoi soldati, infatti, vorranno la stessa cosa che (vogliono i soldati) dei nemici; Varrone, console romano, desidererà la stessa cosa che (desidera) Annibale, generale cartaginese. Bisogna che (tu), da solo, resista a due comandanti. Ma riuscirai a resistere, se rimarrai abbastanza saldo contro le dicerie e le chiacchiere degli uomini (8), se non ti smuoveranno (9) né la vanagloria del (tuo) collega né le accuse infondate di non essere all’altezza della situazione (10).

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(10) l’animo pecca, non il corpo; (11) da dove è stata lontana l’intenzione, è lontana la colpa; (12) che cosa;

1(1) conduciamo la guerra; 1(2) tutte le cose intorno; 1(3) nelle nostre avversità;

1(4) tra tutte cose nemiche e minacciose; 1(5) rapina; 1(6) dal ferro; 1(7) lui;

1(8) oppure: e resisterai contro le dicerie e le chiacchiere degli uomini se rimarrai abbastanza saldo; 1(9) avrà smosso; (10) la tua cattiva fama immeritata.


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Marcello rimprovera i suoi soldati

M

arcello, dopo che si ritornò nell’accampamento, tenne un discorso così aspro e severo ai suoi soldati, che il discorso del comandante adirato fu per loro più doloroso della battaglia sostenuta con insuccesso per tutto il giorno. “Lodo e ringrazio gli dei immortali (1), per quanto (mi è possibile) in una simile situazione, che il nemico vincitore, mentre voi vi precipitavate con tanta paura verso il vallo e le porte, non abbia assalito l’accampamento stesso; avreste abbandonato di sicuro l’accampamento con il medesimo terrore con cui avete abbandonato la battaglia. Che paura è questa, quale terrore, quale dimenticanza si è impadronita del (vostro) animo? (2) Eppure questi nemici sono gli stessi che avete sbaragliato l’estate scorsa vincendo(li) e inseguendo(li) dopo aver(li) vinti, (gli stessi) a cui nella giornata di ieri non avete permesso né di marciare né di porre l’accampamento. Che cosa ha portato questa notte, che cosa questo giorno? Sono forse diminuite le vostre truppe o sono aumentate le loro? Non mi sembra affatto di parlare con il mio esercito, né con dei soldati romani: sono identiche solo le armi e la vostra persona (3). O forse, se aveste conservato lo stesso coraggio (4), il nemico avrebbe visto le vostre spalle? Avrebbe strappato le insegne a qualche manipolo o a (qualche) coorte? Finora (Annibale) si vantava di avere fatto a pezzi le legioni romane (5), voi oggi (6), per la prima volta, (gli) avete offerto la gloria di avere messo in fuga un esercito (romano) (7).” Si levò dunque un grido, perché concedesse (loro) il perdono per quel giorno (8): quando volesse, d’ora innanzi, mettesse alla prova l’animo dei suoi soldati. “Io certo lo metterò alla prova, soldati, e domani vi porterò in battaglia, perché come vincitori piuttosto che come vinti otteniate il perdono che chiedete”.

(1) rendo lodi e ringraziamenti agli dei immortali;

(2) ha preso gli animi;

(3) i corpi; (4) gli stessi animi;

(5) delle legioni romane fatte a pezzi; (6) nel giorno odierno; (7) di un esercito messo in fuga; (8) di quel giorno.

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22

Ercole e Caco

R

accontano che Ercole, ucciso Gerione, (gli) avesse portato via i (suoi) buoi, di rara bellezza, (conducendoli) in quei luoghi, e che presso il fiume Tevere, là dove (1) l’aveva attraversato a nuoto spingendo davanti a sé la mandria, si fosse sdraiato in un prato (2) per ristorare col ricco pascolo i buoi e col riposo se stesso (3), stanco (com’era) per il viaggio. Poiché, appesantito dal cibo e dal vino, era stato sopraffatto qui dal sonno (4), un pastore abitante di quel luogo, di nome Caco, fiero e forte (5), colpito dalla bellezza dei buoi, volendo sottrar(gli) quella preda, siccome, se avesse fatto entrare nella (sua) grotta la mandria spingendola (davanti a sé), le impronte stesse vi avrebbero condotto il proprietario in cerca (degli animali) (6), trascinò nella grotta tutti i buoi più belli (7) all’indietro, per la coda. Ercole, svegliatosi sul far dell’alba, dopo aver passato in rassegna con lo sguardo la mandria ed essersi accorto che mancava una parte al totale (8), si diresse alla più vicina grotta, (per vedere) se per caso le impronte portassero là. Ma quando vide che esse (erano) tutte rivolte verso l’esterno e non portavano in (nessun’) altra parte, confuso e incerto (9) cominciò a spingere avanti l’armento (allontanandolo) da (quel) luogo malsicuro. Ma poiché alcune (delle) mucche, spinte (via) di qui, avevano muggito, come avviene (di solito), per il rimpianto di quelle rimaste (indietro), la voce delle mucche rinchiuse, proveniente (10) dalla grotta, fece voltare Ercole. E siccome Caco aveva tentato di impedirgli con la forza di entrare (11) nella grotta, colpito dalla (sua) clava, morì invocando inutilmente l’aiuto dei pastori.

23

1(1) per dove; 1(2) luogo erboso; 1(3) con il riposo e col ricco pascolo i buoi e se stesso; 1(4) il sonno lo aveva sorpreso qui; 1(5) feroce per forze;

1(6) cercante; 1(7) i buoi ciascuno straordinario (= tutti i buoi straordinari) per bellezza; 1(8) al numero;

1(9) incerto nell’animo;

(10) emessa; (11) aveva tentato di respingerlo con la forza mentre entrava.

La battaglia di Grumento

A

nnibale non era ancora uscito dall’accampamento, quando udì il clamore dei combattenti; perciò, chiamato fuori da (quello) scompiglio, fece avanzare (1) in fretta le truppe contro il nemico. Già il panico provocato dalla cavalleria (2) aveva invaso

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(1) conduce; (2) il terrore equestre;


le prime file (3) (dei Cartaginesi); anche la prima legione di fanteria (4) e l’ala destra (dei Romani) stava(no) accingendosi al combattimento (5). I nemici combattevano alla rinfusa chi contro un fante, chi contro un cavaliere, a seconda di chi il caso avesse (loro) messo di fronte (6). La battaglia diveniva più accesa in seguito all’arrivo dei rinforzi (7) e s’ingigantiva per il numero di coloro che correvano a combattere; e Annibale - cosa che non riesce facilmente se non in un esercito di veterani e ad un comandante di lunga esperienza (8) - avrebbe schierato i (suoi) soldati (9) (pur) in mezzo al tumulto e al terrore, se il frastuono delle coorti e dei manipoli che si precipitavano giù dai colli, che si udì (ad un tratto) alle spalle, non avesse infuso (nei Cartaginesi) il timore di rimanere chiusi fuori del (loro) accampamento. Perciò furono presi dal terrore e cominciarono a fuggire disordinatamente (10); e la strage fu minore (del previsto solo) perché la vicinanza dell’accampamento rese più breve la fuga ai (soldati ormai) sconfitti. Infatti i cavalieri (li) incalzavano alle spalle; (e) ai fianchi, di traverso, (li) avevano assaliti le coorti, che si lanciavano di corsa lungo il pendio dei colli (11) per una via sgombra e agevole. Tuttavia (furono) uccisi oltre ottomila uomini (e) più di settecento (furono) presi prigionieri; nove insegne militari (furono) sottratte (loro); (furono) uccisi anche quattro elefanti, di cui in (quella) improvvisa e disordinata battaglia non si era fatto alcun uso (12), e (ne furono) catturati due.

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1(3) i primi; 1(4) di fanti; 1(5) entrava in battaglia; 1(6) i nemici disordinati, come il caso offrì ciascuno (= dei Cartaginesi) o a un fante o a un cavaliere (= dei Romani), così vengono alle mani; 1(7) la battaglia cresce per i rinforzi; 1(8) cosa che non è facile se non in un vecchio esercito e per un vecchio comandante; 1(9) i combattenti; (10) quindi il terrore fu infuso (in loro) e la fuga cominciò ad essere fatta disordinatamente;

(11) essendo i colli favorevoli;

(12) non c’era stato nessun uso.

L’atroce umiliazione delle Forche Caudine

P

er primi furono fatti passare sotto il giogo i consoli, quasi seminudi; poi furono sottoposti allo stesso disonore (gli altri ufficiali), ciascuno in ordine decrescente di grado (1); poi, di seguito, le legioni, una per una. Stavano attorno i nemici armati, insultandoli e sbeffeggiandoli; contro la maggior parte (dei soldati) furono anche puntate le spade, e alcuni (furono) feriti e uccisi, se (solo) la loro espressione, troppo sdegnata per quel trattamento umiliante (2), avesse dato l’impressione di offendere (3) il vincitore. Dopo che, fatti così passare sotto il giogo e, cosa che

(1) come ciascuno era prossimo di grado, così (fu sottoposto) al disonore;

(2) per l’indegnità delle cose; (3) avesse offeso;

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era quasi più intollerabile, sotto gli occhi dei nemici, furono usciti dalla gola, anche se ebbero l’impressione (4) di vedere la luce allora per la prima volta, come (se fossero stati) liberati dagli inferi, tuttavia la luce stessa, fu (per loro), alla vista di (5) un così miserabile schieramento, più triste di qualsiasi (6) morte. Perciò, sebbene avessero la possibilità di arrivare a Capua prima di notte, (poiché erano) incerti sulla lealtà degli alleati e il pudore (li) tratteneva, non lontano da Capua si lasciarono cadere a terra (7) ai lati della strada (8), bisognosi di tutto. Non appena però questo fu annunciato a Capua, una ragionevole compassione per gli alleati ebbe la meglio sulla innata superbia dei Campani. Sùbito (essi) mandarono (9) premurosamente (10) ai consoli le loro insegne, ai soldati armi, cavalli, vestiti e viveri; e quando giunsero a Capua, tutto il senato ed il popolo, uscito (loro) incontro, adempì (11) a tutti i giusti doveri d’ospitalità privata e pubblica (12). Ma la gentilezza, i volti benevoli e i discorsi (di conforto) degli alleati non riuscivano non solo a strappar loro (di bocca) una parola, ma neppure [ne... quidem] a far sì che alzassero gli occhi (da terra) o ricambiassero gli sguardi degli amici che tentavano di consolarli (13).

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1(4) parve loro; 1(5) (per loro) che guardavano; 1(6) ogni;

1(7) lasciarono cadere a terra i corpi bisognosi di tutto; 1(8) intorno alla via; 1(9) mandano; (10) generosamente; (11) quando giungono… adempie; (12) sia privati sia pubblici; (13) guardassero in contraccambio gli amici che (li) consolavano.

Meglio i vecchi politici corrotti!

Q

uindi si sedette e, gettati i nomi in un’urna, ordinò di pronunciare il nome che per primo fu estratto a sorte (1) e di fare uscire (il sorteggiato) stesso dalla curia. Non appena fu udito il nome, ciascuno per conto suo (si mise a) gridare (che era) un farabutto e un disonesto e (che era) degno della pena di morte. Allora Pacuvio (disse): “Vedo (bene) quale sia il (vostro) parere su costui; suggerite(mi) (2) dunque un senatore retto e onesto al posto di (questo) farabutto e disonesto”. Dapprima ci fu (3) silenzio, per l’incapacità (4) di proporne (uno) migliore; poi, dato che un tale, messa da parte la timidezza, aveva fatto il nome di qualcuno, subito si levò (5) un baccano molto più forte (di prima), poiché alcuni dicevano di non conoscere (quell’individuo), altri (gli) rinfacciavano ora azioni infami, ora le modeste origini e le meschine condizioni economiche e un genere di lavoro o di guadagno vergognoso (6). Questo si verificò

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(1) cadde per sorteggio;

(2) date; (3) c’era; (4) la mancanza; (5) sorgeva;

(6) il genere di vergognoso mestiere o del guadagno;


ancor più (7) con i senatori estratti a sorte per secondo e per terzo (8), di modo che era evidente che la gente era insoddisfatta di lui, ma che non c’era chi mettere al suo posto (9), perché nominare gli stessi individui aveva l’unico scopo di averli nominati per sentirli insultare (10), e tutti gli altri erano di condizioni molto più modeste e oscure di quelli che per primi venivano (loro) in mente. (E) così la folla si disperse, affermando che i mali più noti sono sempre i più tollerabili (11) e chiedendo che i senatori venissero rimessi in libertà (12).

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1(7) molto di più; 1(8) nel senatore chiamato per secondo e terzo; oppure: nel secondo e terzo senatore chiamato; 1(9) mancava chi sostituissero al posto di lui; (10) non aveva nessun altro motivo che (quello) che fossero stati nominati per sentire insulti; (11) ciascun male notissimo è tollerabilissimo; (12) rilasciati dalla sorveglianza.

L’ultimo messaggio di Massinissa a Sofonisba

Q

ui, allontanati i testimoni, dopo aver passato parecchio tempo a sospirare e gemere di continuo (1), il che si poteva udire facilmente da parte di coloro che stavano intorno alla tenda, alla fine, emesso un fortissimo lamento, chiamò un servo fidato (2), sotto la cui custodia stava, secondo la regia consuetudine, del veleno (pronto) per le incertezze della sorte, e, versatolo in una coppa, ordinò di portarlo a Sofonisba e nel contempo di riferir(le) che Massinissa avrebbe volentieri mantenuto nei suoi confronti il primo impegno, (quello) che come marito avrebbe dovuto a sua moglie: (ma), poiché coloro che avevano potere (su di lui) lo privavano della facoltà di decidere (3), manteneva il secondo impegno, (quello) di impedire che ella cadesse (4) viva nelle mani dei Romani. Ricordandosi del generale (suo) padre, della patria e dei due re cui era stata sposata, provvedesse da sola (5) a se stessa. Dopo che fu giunto da Sofonisba il servo che portava questo annuncio e insieme il veleno, (ella) disse: “Accetto il dono nuziale, e non (mi è) sgradito, se il marito non ha potuto offrire alla moglie nulla di meglio. Riferisci(gli) tuttavia questo: che sarei morta più volentieri (6) se non mi fossi sposata il giorno del mio funerale.” (7) Pronunciò queste parole con fierezza non maggiore del coraggio con cui, presa la tazza, senza dare alcun segno di esitazione, bevve (il veleno). (8)

(1) con frequente sospiro e gemito; (2) uno fidato dei servi;

(3) eliminavano la sua decisione; (4) (quello) che non cadesse; (5) ella stessa;

(6) meglio; (7) nel mio funerale; (8) non parlò più fieramente di quanto... impavidamente bevve (il contenuto della) tazza presa.

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Morte di Magone

M

agone, partito nel silenzio della notte (1), viaggiando a marce forzate per quanto riusciva a (2) sopportare a causa della ferita, giunse al mare nel (territorio dei) Liguri Ingauni. Lì lo raggiunsero dei messaggeri (provenienti) da Cartagine, che erano approdati (3) pochi giorni prima nel golfo Gallico, per ordinargli (4) di tornare in Africa al più presto; avrebbe fatto ciò anche suo fratello Annibale - infatti i messaggeri erano andati anche da lui ad ordinare (4) le stesse cose -; le risorse dei Cartaginesi non erano tali da (consentire di) mantenere la Gallia e l’Italia con le armi. Magone, spinto non solo dal comando del senato e dal pericolo della patria, ma temendo anche che il nemico vincitore (lo) assalisse se indugiava, e (temendo ancora) che gli stessi Liguri, vedendo che l’Italia era abbandonata dai Cartaginesi, passassero dalla parte di coloro sotto il cui potere ben presto si sarebbero trovati, nello stesso tempo sperando che lo sballottamento della ferita sarebbe stato più lieve nella navigazione che per strada e che tutte le cure (5) (sarebbero state) più agevoli, partito dopo aver imbarcato le truppe (6), appena superata la Sardegna morì (7) per la ferita.

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(3) essendo approdate le navi; (4) ordinando;

(5) tutti gli interventi (= le cose) per la cura; (6) poste le truppe sulle navi; (7) muore.

L’architetto deve rispettare il preventivo

S

i dice che ad Efeso, nobile e grande città greca (1), venne promulgata dagli antenati (dei cittadini) una antica legge severa, ma non ingiusta (2). Un architetto infatti, quando riceve l’incarico di occuparsi (della costruzione) di un’opera pubblica (3), presenta un preventivo (dichiarando) che costo (essa) avrà (4). Consegnato il preventivo al magistrato, i suoi beni vengono vincolati finché l’opera (non) sia stata terminata. Compiuta (l’opera) poi, quando la spesa corrisponde al preventivo (5), (egli) viene ricompensato con (particolari) riconoscimenti decretati in suo onore (6). Così pure, se si deve aggiungere alla stima non più della quarta (parte), (questa) viene pagata col denaro pubblico (7) e (l’architetto) non è

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(1) della notte immediatamente seguente (al suo ferimento); (2) per quanto di strada riusciva a;

1(1) dei Greci; 1(2) di applicazione severa, ma con una normativa non ingiusta; 1(3) un’opera pubblica da curare; 1(4) promette di quanta spesa sarà; 1(5) a (ciò che è stato) detto; 1(6) viene onorato con decreti e onori (endìadi); 1(7) dal pubblico (denaro);


sottoposto ad alcuna pena (8). Ma quando nell’opera si spende più della quarta (parte), il denaro per completare (l’opera) viene prelevato dai beni dell’architetto (9). Oh se gli dèi immortali avessero fatto in modo che una tale legge fosse stata stabilita anche per il popolo romano, non solo per gli edifici pubblici, ma anche per quelli privati! E infatti gli incompetenti non continuerebbero ad agire impuniti (10) a danno (degli altri), mentre quelli preparati con straordinaria precisione nelle loro competenze professionali (11) eserciterebbero senza (alcun) timore l’attività di architetti (12), e i cittadini privati (13) non sarebbero indotti a spendere sperperando denaro senza fine (14) al punto da essere addirittura spogliati dei (loro) averi, e gli stessi architetti, spinti dal timore di una punizione, stenderebbero il conto delle spese calcolando(lo) più accuratamente, cosicché i cittadini potrebbero portare a termine i (loro) edifici (stando) a quello che avevano preventivato o aggiungendovi poco di più. Infatti coloro che possono stanziare per l’opera quattrocento(mila sesterzi), se dovranno aggiungerne (15) cento(mila), sono ugualmente contenti (16) poiché hanno la speranza di (portarla a) compimento; quelli che invece sono gravati di una aggiunta pari alla metà o di una spesa ancora maggiore, perduta la speranza e sprecato il denaro, sono costretti a sospendere (i lavori) perché prostrati nel morale e nelle finanze (17).

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1(8) non è tenuto da alcuna pena; 1(9) dai suoi beni;

(10) senza pena; (11) quelli che fossero esperti con estrema precisione di competenze; (12) l’architettura; (13) i padri di famiglie; (14) a infiniti sperperi di spese;

(15) aggiungeranno; (16) sono vincolati con piacere (al nuovo onere);

(17) essendo stati prostrati il patrimonio e gli animi.

Il corpo umano: modello di proporzioni

S

e un uomo verrà collocato supino (1) con mani e piedi distesi e se si punterà l’asta fissa del compasso nel suo ombelico, tracciando una circonferenza, le dita di entrambe le mani e di (entrambi) i piedi saranno toccate da (questa) linea. Nondimeno, come si può inscrivere il corpo in una circonferenza (2), allo stesso modo si potrà trovare in esso la figura di un quadrato (3). Se infatti (lo) si misurerà dalla pianta dei piedi fino alla sommità della testa e quella misura sarà rapportata alle braccia distese, si troverà che la larghezza e l’altezza sono uguali (4), come (accade negli) spiazzi (5) che sono stati squadrati col

1(1) sarà stato posto a giacere supino;

1(2) è costruita in un corpo la figura della circonferenza; 1(3) una figura quadrata; 1(4) si troverà la medesima larghezza come altezza; 1(5) come gli spiazzi;

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regolo. Pertanto, se la natura ha costruito il corpo dell’uomo in modo che le membra corrispondano nelle (loro) proporzioni alla sua configurazione completa, sembra che gli antichi abbiano giustamente (6) stabilito che (gli architetti) osservino (7) nell’esecuzione dei (loro) lavori l’esattezza delle proporzioni (8) delle singole parti con la struttura generale della figura. Dunque, pur rispettando (9) (i canoni dei tre) ordini in tutte le loro opere, (li rispettarono) soprattutto nei templi degli dèi, perché i pregi e i difetti di quelle opere solitamente durano nei secoli (10). E inoltre le proporzioni delle misure, che sembrano essere indispensabili in tutte le opere (di costruzione), (le) ricavarono dalle membra del corpo, come il pollice (11), il palmo, il piede, il cubito, e le fissarono in un numero perfetto che i Greci chiamano téleon.

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1(6) con un (buon) motivo; 1(7) abbiano; 1(8) della proporzione; 1(9) tramandando; (10) sogliono rimanere eterni;

(11) il dito.

Tutti noi abbiamo delle colpe

S

e vogliamo essere giudici equi di tutti i fatti (che accadono), convinciamoci prima di tutto di questo, (cioè) che nessuno di noi è senza colpa; la massima indignazione infatti nasce da qui: “Non ho sbagliato in nulla” e “Non ho fatto niente (di male)”. Piuttosto, non confessi nulla! Ci sdegniamo di essere stati castigati con qualche ammonizione o punizione, mentre (proprio) in quello stesso momento siamo colpevoli perché aggiungiamo alle malefatte arroganza e superbia. Chi è costui che si proclama innocente rispetto a tutte le leggi? Ammettiamo pure che ciò sia vero (1), che limitata innocenza è l’essere buono di fronte alla legge! Quanto più ampiamente si estende la regola dei doveri rispetto a quella (2) del diritto! Quante cose esigono l’amore, l’umanità, la generosità, la giustizia, la lealtà, (cose) che sono tutte al di fuori delle tavole della legge (3)! Ma non siamo in grado di soddisfare neppure quella ristrettissima formula di innocenza (= la norma legale): alcune colpe (4) (le) abbiamo commesse, altre (le) abbiamo pensate, altre (le) abbiamo desiderate, altre (le) abbiamo favorite; in alcune circostanze siamo innocenti perchè (il nostro piano) non è riuscito. Riflettendo su

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(1) sia così; (2) di quella;

(3) tavole pubbliche;

(4) cose;


questo, cerchiamo di essere (5) più equi con coloro che sbagliano e diamo retta a quelli che (ci) rimproverano; soprattutto non adiriamoci con i buoni - con chi infatti non (dovremmo adirarci), se (ci adiriamo) anche con i buoni? - (e) meno che mai con gli dèi; infatti non per una loro colpa, ma per la legge della (nostra) condizione mortale (6) soffriamo tutto ciò che di male accade.

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(5) siamo;

(6) della mortalità.

Il tempo è il bene più prezioso: non sprechiamolo

B

ene: tira le somme della tua vita (1). Calcola quanto di questo tempo ti abbia sottratto un creditore, quanto un’amante, quanto un tuo superiore, quanto un cliente, quanto una lite coniugale, quanto la punizione degli schiavi, quanto il correre su e giù per la città per i tuoi doveri sociali (2); aggiungici le malattie, che ci siamo creati con le nostre mani, aggiungi anche quel tempo che è rimasto inutilizzato: e vedrai che hai meno anni di quanti ne conti. Richiamati alla memoria quando tu sia rimasto saldo in una decisione (3), quante (4) giornate siano andate come avevi prestabilito, quando tu abbia potuto disporre di te stesso (5), quando il tuo volto sia rimasto nella sua espressione (naturale) (6), quando il (tuo) animo sia rimasto imperturbato, che cosa tu abbia concluso (7) in una vita così lunga, quante persone abbiano saccheggiato la tua vita senza che tu ti accorgessi (8) di che cosa perdevi, quanto ti abbia portato via un dolore inutile, una gioia sciocca, un desiderio avido, un incontro allettante, quanto poco ti sia stato lasciato del tuo (tempo): e capirai che muori prematuramente (9). Quale (ne) è dunque il motivo? (10) Voi vivete come se doveste vivere (per) sempre (11), non vi viene mai in mente la vostra fragilità, non state a guardare quanto tempo sia già passato; lo buttate via come (se lo attingeste) da un (recipiente) pieno fino all’orlo (12), mentre intanto, forse, quel giorno stesso che viene da voi donato a qualche persona o attività è l’ultimo. Voi avete paura di tutto come dei mortali, (ma poi) desiderate tutto come (se foste) immortali.

1(1) orsù, richiama ad un conto la tua vita;

1(2) il correre su e giù doveroso;

1(3) sia stato sicuro di una decisione; 1(4) quanto poche; 1(5) a te sia stato uso di te stesso; 1(6) nella sua condizione; 1(7) che cosa di opera conclusa sia a te; 1(8) non accorgendoti tu;

1(9) prematuro; (10) che cosa c’è dunque in causa?; (11) come destinati a vivere sempre; (12) pieno e abbondante.

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Puoi trovare un amico anche in casa

N

on c’è motivo, mio Lucilio, per cui tu debba cercare un amico soltanto nel foro e nella curia: se starai bene attento (1), (lo) troverai anche in casa. Spesso un buon materiale rimane inerte senza un artista (che lo lavori): tenta, fanne la prova. Come è sciocco colui che, avendo intenzione di comprare un cavallo, non esamina (il cavallo) stesso, ma la sella e le briglie, così è estremamente sciocco colui che giudica un uomo dal vestito o dalla condizione (sociale), che indossiamo come un vestito (2). “È uno schiavo”. Ma forse di animo libero (3). “È uno schiavo”. (E) questo gli nuocerà? Mostrami qualcuno che non lo sia (4): uno è schiavo dei piaceri, uno dell’avidità, uno dell’ambizione, tutti della speranza, tutti del timore. (Ti) citerò un ex-console che è schiavo di una vecchietta, (ti) citerò un ricco (che è schiavo) di una umile serva (5), ti mostrerò nobilissimi giovani schiavi di pantomimi: nessuna schiavitù è più vergognosa di (quella) volontaria. Perciò non c’è motivo per cui codesti (uomini) arroganti ti distolgano dal mostrarti ai tuoi schiavi sorridente e superiore senza alterigia (6): ti rispettino, piuttosto che temerti. Qualcuno ora dirà che io incito gli schiavi alla ribellione (7) e faccio precipitare i padroni dall’alto del loro prestigio sociale (8), (solo) perché ho detto “rispettino il padrone, piuttosto che temerlo”. “Ah, è davvero così (che la pensi)? - dirà (9) - Devono rispettarlo (10) come i clienti, come quelli che vanno a porgergli il saluto mattutino?” Se uno dirà questo, non terrà conto del fatto (11) che non è poco per i padroni ciò che è abbastanza per Dio. Chi è rispettato è anche amato: l’amore non può coesistere col timore (12).

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1(1) se sarai stato attento con diligenza;

1(2) che ci è stata messa intorno al modo di un vestito; 1(3) libero nell’animo; 1(4) chi non lo sia;

1(5) servetta;

1(6) e non superbamente superiore; 1(7) al berretto (da liberto) = alla libertà; 1(8) getto giù i padroni dalla loro altezza; 1(9) dice; (10) lo rispettino; (11) chi avrà detto ciò, si dimenticherà; (12) l’amore non può essere mescolato col timore.


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Chi subordina l’amicizia al proprio tornaconto non avrà mai un vero amico

C

hi pensa (solo) a se stesso e per questo (motivo) stringe un’amicizia, sbaglia i suoi calcoli (1). Come ha iniziato (il rapporto), così (lo) concluderà. Si è procurato un amico perché gli portasse aiuto in caso di prigionia (2): (bene), al primo cigolìo di catene (3) (l’amico) se ne andrà. Queste sono le amicizie che la gente chiama ‘di circostanza’; colui che è stato scelto (come amico) in vista di un tornaconto, sarà apprezzato finché sarà utile. Per questo motivo una folla di amici circonda chi si trova nella buona sorte, (mentre) intorno a chi è caduto in disgrazia (4) c’è il deserto, e gli amici se ne vanno (5) quando sono messi alla prova; per questo motivo ci sono tanti (6) infami esempi di uomini che abbandonano per paura, di uomini (7) che tradiscono per paura. È inevitabile che la fine sia coerente con l’inizio (8): chi ha cominciato ad essere amico per convenienza (9), per convenienza (9) smetterà anche (di esserlo); non disdegnerà qualche compenso (per andare) contro l’amicizia, se in essa ricerca qualche (compenso) che non sia l’amicizia stessa (10). “(Ma allora), per quale scopo ti fai un amico?” Per avere (uno) per cui poter morire, per avere (uno) da seguire in esilio, alla cui morte io possa oppormi con tutte le mie forze (11): è una speculazione, non un’amicizia, codesta che tu (mi) descrivi, che tende all’utile, che mira ai vantaggi che otterrà (12). Senza dubbio l’amore (13) ha qualcosa di simile alla (vera) amicizia; si potrebbe definirlo (14) un’amicizia folle.

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1(1) chi guarda sé e per questo viene nell’amicizia, pensa male; 1(2) contro le catene; 1(3) non appena la catena avrà scricchiolato;

1(4) intorno ai rovinati; 1(5) fuggono di lì; 1(6) codesti tanti; 1(7) di alcuni ..., di altri; 1(8) è necessario che gli inizi e le fini siano coerenti fra di loro; 1(9) perché conviene; (10) (gli) piacerà qualche prezzo contro l’amicizia, se in quella (gliene) piace qualcuno oltre ad essa stessa; (11) contro la cui morte io sia mi opponga, sia mi adoperi; (12) che guarda che cosa otterrà; (13) il sentimento degli innamorati; (14) potresti dire che è.

Superbia e arroganza dei padroni nei confronti degli schiavi

P

erciò mi fanno ridere codesti individui (1) che considerano sconveniente pranzare con il proprio schiavo: per quale motivo, (poi), se non perché un’usanza oltremodo presuntuosa ha messo attorno al padrone che pranza una folla di schiavi che stanno in piedi? Quello (= il padrone) mangia più di quanto possa contenere (2), e con enorme avidità sovraccari-

(1) rido di costoro;

(2) contiene;

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ca il suo ventre gonfio e ormai disavvezzo alla funzione di ventre, tanto che rigetta tutto il cibo con sforzo maggiore di quello fatto per ingoiarlo (3). Invece ai poveri schiavi non è permesso muovere le labbra neppure al semplice scopo di parlare (4). Con il bastone si mette a tacere ogni mormorio, e neppure i (rumori) casuali - tosse, starnuti, singhiozzo - sfuggono alle (5) frustate; il silenzio disturbato da un qualche suono si paga con un grave castigo; se ne stanno in piedi tutta la notte digiuni e muti. Così accade che parlino (alle spalle) del padrone, questi (6) (schiavi) cui non è permesso parlare in presenza del padrone. Ma quelli (di un tempo) cui non solo era permesso parlare (7) di fronte ai padroni, ma con i (padroni) stessi, la cui bocca non veniva cucita, erano pronti a dare la vita (8) per il padrone, ad attirare sul proprio capo il pericolo incombente; parlavano nei banchetti, ma sotto tortura (9) tacevano.

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(3) rigetta tutto con fatica maggiore di quanto (= di quella con cui) ha ingerito; (4) neppure per ciò, perché parlino; (5) sono esclusi dalle;

(6) codesti; (7) era il discorso; (8) porgere il collo; (9) nelle torture.

Ottavia è un esempio negativo

P

er tutto il resto della sua vita (Ottavia) non smise mai di piangere e di lamentarsi, né accettò (di ascoltare) alcuna parola che (le) arrecasse un po’ di conforto (1); non permise neppure di essere distratta (dal suo dolore); rivolta ad un solo pensiero e con la mente totalmente fissa (in esso), rimase per tutta la vita come era stata (2) durante il funerale, non dico senza riuscire a risollevarsi, ma (addirittura) rifiutando di essere tirata su, convinta che smettere di piangere (significasse) perdere il figlio un’altra volta (3). Non volle avere alcun ritratto del figlio tanto amato, (non volle) che le venisse fatto alcun accenno a lui. Odiava tutte le madri e impazziva di rabbia soprattutto nei riguardi di Livia, perché le sembrava che a suo figlio fosse passata la felicità che lei si aspettava per il suo (4). Amica soltanto del buio e della solitudine (5), senza curarsi neppure del fratello, respinse le poesie composte per celebrare il ricordo di Marcello ed altri onori della cultura e chiuse le sue orecchie ad ogni conforto. Appartata dalle cerimonie ufficiali e odiando profondamente (exosa) perfino la gloria troppo splendente della grandezza fra-

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(1) qualcosa di salutare;

(2) fu;

(3) una seconda privazione;

(4) promessa a sé; (5) amicissima delle tenebre e della solitudine;


terna, si seppellì (viva) e si nascose (a tutti). Pur circondata dai figli e dai nipoti (6), non depose (mai) la veste da lutto, non senza un atteggiamento offensivo nei confronti di tutti i suoi: infatti, sebbene essi fossero (ancora) vivi, lei si considerava sola al mondo.

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(6) (pur) sedendole presso i figli e i nipoti.

Nulla può affliggere Polibio finché è al fianco di Claudio

N

on smetterò di presentarti continuamente (1) (l’immagine di) Cesare (= Claudio). Finché egli governerà (2) la terra e dimostrerà (2) quanto meglio il potere si conservi con i benefici che con le armi, finché egli presiederà (2) alle vicende umane, non c’è pericolo che tu senta di aver perduto qualcosa: in lui solo hai (3) abbastanza protezione, abbastanza conforto. Risollevati e, tutte le volte che le lacrime spuntano nei tuoi occhi, (4) rivolgili a Cesare: si asciugheranno alla vista del sommo e splendido nume; il suo fulgore li abbaglierà, tanto che non potranno vedere nient’altro, e (li) terrà fissi su di sé. A lui, che tu contempli giorno e notte, dal quale non distogli mai la mente, (a lui) devi pensare (5), lui devi chiamare in aiuto contro la sorte. E non ho dubbi che, avendo egli una mitezza e una clemenza così grandi (6) nei confronti di tutti i suoi, abbia già cicatrizzato (7) codesta tua ferita con molti conforti, abbia già predisposto molti (rimedi) per contrastare (8) il tuo dolore. E poi? (9) Mettiamo pure che non abbia fatto nulla di (tutto) ciò: non ti è forse di enorme conforto (anche) solo e semplicemente la stessa vista, lo stesso pensiero di Cesare, in sé e per sé (10)? Che gli dèi e le dee lo concedano a lungo al mondo! Possa egli eguagliare le gesta del divino Augusto, superarne gli anni (di vita). Finché sarà in mezzo ai mortali, possa non accorgersi che esiste alcunché di mortale nella sua casa (11). Possa far riconoscere, dopo lunga prova (12), (suo) figlio come reggitore dell’impero romano (13), e averlo (14) prima come collega del padre che come (suo) successore. Tardi (15), e soltanto (16) ai nostri nipoti, sia noto il giorno in cui la sua famiglia lo assumerà in cielo (17)!

1(1) tante volte; 1(2) governando egli..., dimostrando..., presiedendo; 1(3) è a te; 1(4) quante volte..., tante volte...;

1(5) costui deve essere pensato da te; 1(6) essendo a lui così grande mitezza e clemenza; 1(7) coperto; 1(8) che contrastassero; 1(9) che cosa poi?; (10) direttamente (protinus) soltanto (tantummodo) Cesare stesso di per sé visto e pensato; (11) possa accorgersi che nulla della sua casa sia mortale; (12) con lunga prova (fide); (13) per l’impero romano; (14) prenderlo; (15) tardo (= il giorno); (16) infine; (17) lo assegni al cielo.

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La morte di Claudio

C

laudio cominciò a spinger fuori l’anima, ma non riusciva a (1) trovare l’uscita. Allora Mercurio, che si era sempre compiaciuto del di lui ingegno, chiamò (2) in disparte una delle tre Parche e (le) disse: “Perché, crudelissima donna, lasci che (quel) pover’uomo sia torturato? Non dovrà mai trovar pace, dopo essere stato tormentato così a lungo? Sono sessantatré anni che (3) lotta con la vita. Perché vuoi male a lui e allo Stato? Lascia che una buona volta dicano il vero gli astrologi, che, da quando è diventato imperatore, tutti gli anni (e) tutti i mesi lo danno per spacciato (4). E tuttavia non c’è da stupirsi (5) se sbagliano e (se) nessuno conosce la sua ora: nessuno, infatti, ha mai pensato (che fosse davvero) nato. Fa’ ciò che è da farsi: consegnalo alla morte, lascia (6) che uno migliore regni nel palazzo deserto.” Ma Cloto rispose: “Io, per Ercole, volevo aggiungergli (ancora) un pochino di tempo, perché desse la cittadinanza a questi quattro gatti (7) che restano” - infatti (egli) aveva deciso di vedere in toga (8) tutti, Greci, Galli, Ispani, Britanni - “ma siccome s’è deciso di lasciare (9) qualche straniero per (fare) semenza e tu ordini che sia così, (così) sia!”. Ed egli in effetti si sgonfiò dell’anima come una vescica (10), e da quel momento smise di sembrare vivo (11). Ad ogni modo, spirò mentre ascoltava degli attori comici, (tanto) perché tu sappia che li temo non senza motivo. Le ultime sue parole che furono udite fra gli uomini, dopo che ebbe emesso un rumore più forte da quella parte con la quale si esprimeva più facilmente, furono queste (12): “Accidenti a me, devo essermela fatta addosso.” (13)

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1(2) chiama;

1(3) è il sessantaquattresimo anno da quando; 1(4) lo portano a seppellire; 1(5) non è strano; 1(6) permetti (sine = imperativo di sino);

1(7) finché donasse la cittadinanza a questi pochini; 1(8) togati; 1(9) piace che sia lasciato; (10) mandò fuori bollendo l’anima; (11) smise di sembrare vivere; (12) come ultima sua voce fra gli uomini fu udita questa; (13) me la sono fatta addosso, suppongo.

Bisogna prevenire i desideri degli amici

È

un’espressione sgradevole, pesante, da pronunciare a viso basso, ‘per favore’ (1). Bisogna risparmiarla all’amico ed a chiunque tu abbia intenzione di renderti amico con i tuoi benefici (2); mettiamo pure che si affretti: (troppo) tardi ha concesso un

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1(1) e non poteva;

1(1) prego; 1(2) e (bisogna risparmiarla a) chiunque tu abbia intenzione di renderti amico meritando(telo);


beneficio colui che (lo) ha concesso ad uno che (lo) chiedeva. Perciò bisogna indovinare i desideri (3) di ciascuno, e, una volta che sono stati compresi, bisogna esimerlo (4) dal bisogno quanto mai opprimente di chiedere; sappi che il (solo) beneficio che vivrà bene accetto nel ricordo (5) (è) quello che si è presentato spontaneo (6). Se non è capitata (l’occasione) di prevenire (la richiesta), (almeno) interrompiamo le preghiere di colui che continua a chiedere (7); per non dare l’impressione di essere stati pregati, bensì informati, promettiamo immediatamente, e con la (nostra) stessa prontezza dimostriamo che manterremo la promessa (8), anche prima di esserne sollecitati (9). Come negli ammalati il cibo dato al momento opportuno (10) è salutare, e l’acqua somministrata a tempo debito ottiene spesso l’effetto di una medicina (11), così, per insignificante e ordinario che sia un beneficio, se è stato pronto, se non ha sprecato nessuna delle ore successive (12), aumenta di molto il proprio valore (13) ed ottiene più riconoscenza (14) di un dono prezioso, ma lento e a lungo meditato. Chi agisce in modo così pronto, non c’è dubbio che agisca di buon grado; perciò agisce con gioia (15) e diventa lo specchio del suo animo (16).

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1(3) la volontà; 1(4) quando è stata compresa, bisogna esimerla; 1(5) animo; 1(6) è venuto incontro; 1(7) le parole di colui che chiede più cose;

1(8) faremo; 1(9) prima che (ne) siamo sollecitati; (10) l’opportunità del cibo; (11) ha avuto la funzione di una medicina; (12) se non ha perso ciascuna ora successiva; (13) si aggiunge molto; (14) supera la riconoscenza; (15) lieto; (16) indossa il volto del suo animo.

Non è un merito dare la vita ad un figlio

S

upponi che io ti abbia restituito la vita in cambio della vita: anche così il mio dono è stato superiore al tuo (1), perché io ho dato (la vita a te) che (ne) eri cosciente, perché (te l’ho data) cosciente di dartela, perché la vita non te l’ho data per il mio piacere, o quanto meno attraverso il piacere, perché tanto più importante è conservare la vita che riceverla, quanto meno terribile (è) morire prima di avere conosciuto la paura della morte (2). Io ho dato la vita (a te) che avresti potuto farne uso subito, tu invece (ad uno) che non si rendeva (neppure) conto se fosse vivo (o no); io ho dato la vita (a te) che avevi paura di morire (3), tu, dandomi la vita, mi hai destinato a morire (4); io ti ho dato una vita completa, perfetta, tu mi hai generato privo di ragione, un peso per gli altri. Vuoi sapere che modesto beneficio sia (5) il dare la vita così? Supponiamo che (tu) mi avessi abbando-

1(1) ho superato il tuo dono;

1(2) quanto più insignificante (è) il morire prima della paura della morte; 1(3) che temevi la morte; 1(4) (mi) hai dato la vita così che io potessi morire; 1(5) quanto non sia un grande beneficio;

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nato appena nato (6): evidentemente sarebbe stato (7) un torto avermi messo al mondo. Che cosa ne deduco? Che è un beneficio irrisorio il coito tra il padre e la madre (8), se (ad esso) non si sono aggiunte altre azioni (9) che portassero avanti questo inizio di dono e (lo) rendessero valido con altri impegni. Non è un bene il vivere, ma il vivere bene. Ma, (dirai tu), vivo bene. Però avrei potuto anche (vivere) male; così, solo questo è (merito) tuo: il fatto che vivo. Se tu mi rinfacci la vita (in sé e) per sé, nuda, priva di ragione, e te ne vanti come di un grande bene, renditi conto (10) che mi rinfacci un bene (che è proprio anche) delle mosche e dei vermi.

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1(6) esposto; 1(7) era; 1(8) del padre e della madre; 1(9) altre cose;

(10) pensa.

Un terreno vecchio non è la causa di uno scarso raccolto

M

i chiedi, Publio Silvino - cosa che io senza esitazione non rifiuto di spiegarti -, perché nel libro precedente io subito fin dal principio non abbia accolto l’antica opinione di quasi tutti quelli che hanno parlato della coltivazione dei campi e abbia respinto come falso il parere (1) di coloro che pensano che un terreno sia diventato vecchio (perché) logorato da una lunga inattività (2) o sfruttato da un periodo ormai lungo di coltivazione (3). E non ignoro che tu rispetti l’autorevolezza non solo di altri scrittori illustri, ma in particolare quella di Tremelio, che, pur avendo tramandato (4) con eleganza a un tempo e con competenza moltissimi insegnamenti (in materia) di agricoltura, evidentemente sviato da troppa benevolenza verso gli antichi che trattavano di un simile argomento, ha creduto a torto che la terra madre di tutte le cose, come una donna (5) logorata ormai dalla vecchiaia, sia inabile a generare (6). Anche io stesso ammetterei ciò, se non (ne) nascesse assolutamente nessun frutto. Infatti anche del genere umano (7) la vecchiaia viene dichiarata sterile solo allora, non quando una donna smette di partorire tre o due gemelli, ma quando non è più affatto in grado di concepire e di dare alla luce alcunché (8). E così, passati i tempi della giovinezza, anche se rimane una lunga vita, non viene tuttavia restituita agli anni (senili) la capacità di partorire (ad essi) negata. Al contrario invece la terra abban-

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(1) oppure: respinto la falsa opinione; 1(2) da lunga inattività di tempo (cfr. analisi); 1(3) e sfruttato da un’attività di un periodo ormai lungo; 1(4) affidato alla memoria;

1(5) il sesso femminile; 1(6) produrre prole; 1(7) di un uomo;

1(8) dare alla luce nessun essere concepito;


donata, vuoi di proposito vuoi per un caso qualunque, quando viene di nuovo sottoposta a coltivazione, risponde al coltivatore dei (terreni) rimasti incolti con gran frutto. Dunque non è la vecchiaia del terreno la causa di scarsi raccolti, anche se (9), una volta che la vecchiaia sia subentrata, non torna indietro né può rinverdire o ringiovanire, ma neppure la stanchezza del suolo diminuisce il frutto all’agricoltore. E infatti non è (proprio) di una persona saggia essere indotto a (credere) che, come negli uomini (l’affaticamento subentra) al troppo esercizio fisico o dopo che si è portato qualche peso (10), così alla continua coltivazione (11) subentri la stanchezza dei campi.

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1(9) se pure;

(10) al peso di qualche carico; (11) alle coltivazioni e alle attività.

Solo in campo chirurgico gli effetti della medicina sono evidenti

C

he la terza branca della medicina sia la chirurgia (1), è noto a tutti (2) ed è stato detto in precedenza da me. Essa, seppure non trascuri i farmaci e la dieta, tuttavia opera soprattutto con le mani, ed i suoi effetti sono i più evidenti (3) fra tutti (quelli dei vari) settori della medicina. (Questo) perché nelle malattie, dato che la fortuna ha molta parte e i medesimi rimedi (4) sono spesso salutari, spesso (invece) inutili, può sorgere il dubbio (5) se la guarigione (6) sia avvenuta per merito della medicina o dell’organismo (stesso) o della fortuna. Anche in quelle (malattie) in cui ci affidiamo soprattutto ai farmaci, sebbene il miglioramento sia più evidente, tuttavia spesso è chiaro che la salute si cerca invano mediante essi e si riacquista (7) senza di essi: lo (8) si può osservare anche nel caso degli (9) occhi, che, tormentati a lungo dai medici, a volte guariscono senza di essi. Ma nel settore della chirurgia (10) (è) evidente che ogni miglioramento, seppure possa essere favorito in parte da altri fattori (11), tuttavia deriva soprattutto da essa (12). E questa branca, sebbene sia antichissima, tuttavia è stata praticata più dal celebre padre di tutta la medicina, Ippocrate, che dai (suoi) predecessori.

1(1) (quella) che cura con la mano; 1(2) al volgo; 1(3) non tralascia i farmaci e la regola del nutrimento, ma opera soprattutto con la mano e il suo effetto è il più evidente; 1(4) le medesime cose; 1(5) si può dubitare; 1(6) lo stato di salute favorevole;

1(7) è restituita; 1(8) come; 1(9) negli; (10) in quella parte che cura con la mano; (11) per quanto in qualcosa sia favorito da altre cose; (12) di qui.

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Perché gli dèi permettono che Tiberio soffra tanto?

Fin qui abbiamo riferito casi dolorosi (1):

bisogna (ora) passare a cose che fanno arrossire (2). Con che sofferenze (3), o Marco Vinicio, questi (ultimi) tre anni hanno straziato il suo animo! Per quanto tempo (4) in segreto, cosa, (questa), che è particolarmente penosa, è stato arso da un incendio il suo cuore (5), costretto dalla nuora, costretto dal nipote (6) a soffrire, a indignarsi, a provare vergogna! Ed ha accresciuto la tristezza di questo periodo la perdita della madre (7), donna eccelsa e simile in tutto più agli dèi che agli uomini, la cui potenza nessuno avvertì (mai) se non grazie ad un pericolo scongiurato o ad una promozione di grado (8). (Questo) libro deve concludersi (9) con un voto. Giove Capitolino, e (tu), Marte Gradivo, fondamento e sostegno del popolo romano, e (tu), Vesta, custode del fuoco perenne (10), e (voi) tutti dèi che avete innalzato (11) questa grandezza dell’impero romano (fino) ai più alti livelli del mondo, vi supplico e vi imploro a nome della collettività (12): custodite, salvate, proteggete questo stato (di cose), questa pace, questo imperatore, e a lui, dopo che avrà terminato il (suo) lunghissimo soggiorno mortale, destinate dei successori il più possibile remoti (13), ma tali che le loro spalle (14) siano in grado di sostenere l’impero del mondo così saldamente come abbiamo visto che sono state in grado (di fare) le sue.

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(4) quanto a lungo; (5) il suo petto bruciò di un incendio segreto; (6) che è stato costretto dalla nuora, che (è stato costretto) dal nipote; (7) la madre persa; (8) o per l’allontanamento di un pericolo o per un accrescimento di grado; (9) sia da concludersi; (10) dei fuochi perpetui; (11) tutto quel che di dèi ha innalzato; (12) con voce pubblica;

(13) tardivi; (14) i cui colli.

Catone Uticense chiede la condanna a morte dei catilinari

I

l giorno di quella riunione del senato (1) in cui accaddero questi fatti, mise in luce nel più chiaro dei modi le qualità morali (2) di Marco Catone, (rivelatesi) già in molte occasioni insigni e splendide. Pronipote di (3) Marco Catone, il celebre capostipite della famiglia Porcia, egli (4), (che era) la virtù personificata (5), per natura più vicino in tutto agli dèi che agli uomini, che non agì mai in modo retto per farsi vedere (6), ma perché non avrebbe potuto (7) fare altrimenti, e al quale sembrò (sempre) ragionevole

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(1) cose di cui dolersi; (2) cose di cui arrossire; (3) con quanto grandi sofferenze;

(1) quel giorno del senato; (2) al massimo la virtù; (3) discendente dal bisavolo; (4) questi; (5) uomo similissimo alla virtù; (6) perché apparisse che agiva; (7) aveva potuto;


solo ciò che era giusto (8), (che era) immune da tutti i vizi umani, ebbe costantemente la sorte in suo potere. Egli (4), tribuno della plebe designato e ancor giovanissimo, mentre altri proponevano che Lentulo e i congiurati fossero incarcerati in (diversi) municipi, richiesto del suo parere quasi tra gli ultimi, con tanta forza d’animo e di mente inveì contro la congiura, con tale ardore di linguaggio rese sospetti di complicità con le trame (rivoluzionarie) i discorsi (9) di tutti coloro che suggerivano clemenza, così (chiaramente) mise in luce i pericoli incombenti a causa delle rovine e degli incendi della città e del sovvertimento dell’ordine pubblico, a tal punto esaltò le qualità del console, che tutti i senatori passarono dalla sua parte (10) e ritennero che si dovessero punire i predetti colpevoli (11).

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1(8) sembrò avere ragione solo ciò che faceva conto della giustizia (vedi nota 8 all’analisi).

1(9) rese sospetto per comunanza di piano il discorso;

(10) tutto il senato passava nella sua opinione; (11) (coloro) che abbiamo detto prima.

Non rendo conto all’erario della mia amministrazione!

P

oiché in senato si chiedeva conto (a Scipione l’Africano), da parte di Lucio Scipione, dei quattro milioni di sesterzi derivanti dall’amministrazione di Antiochia (1), egli fece a pezzi il libro, da lui presentato, in cui erano registrate le entrate e le uscite (2), e (grazie al quale) poteva essere confutata l’accusa dei (suoi) avversari, indignato per il fatto che si nutrissero sospetti su ciò che era stato amministrato sotto il suo governo (3). Anzi, per di più parlò (4) così: “Non intendo, senatori, ministro (come sono stato) di un potere altrui, rendere conto (5) dei quattro milioni di sesterzi al vostro erario, che sotto la mia guida e la mia autorità ho reso più ricco di duecento milioni di sesterzi: non credo infatti che si sia giunti ad un punto tale di malignità da dover sottoporre ad inchiesta la mia onestà (6): perché, dopo aver sottomesso tutta l’Africa al vostro dominio, non ne ho riportato niente che potesse essere detto mio, tranne il soprannome. Dunque i tesori punici non hanno reso avido me, né quelli asiatici mio fratello, ma ciascuno di noi due è ricco più di invidia (altrui) che di denaro”. Tutto il senato approvò la difesa così ferma di Scipione. E certo questa fiducia gli derivò dalla consapevolezza con cui ricordava di avere osservato tutte le leggi (7).

(1) dal denaro di Antiochia; (2) le somme ricevute e spese; (3) si dubitasse di quella cosa che era stata amministrata sotto lui stesso governatore; (4) agì; (5) non rendo conto; (6) che si sia giunti qui di malignità che si debba indagare sulla mia buona fede;

(7) e certo gli diede questa fiducia quella consapevolezza con cui ricordava che tutte le leggi erano state da lui osservate.

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Nessuna pietà per i traditori

M

a, mentre vado cercando esempi dell’argomento che mi sono prefisso, volgendo lo sguardo attorno con una certa ampiezza, mi si presenta (1) anzitutto (quello della) fermezza di Fulvio Flacco. Egli aveva occupato con le armi Capua, indotta dalle ingannevoli promesse di Annibale ad assicurarsi con un patto, in cambio di un infame tradimento, il dominio sull’Italia (2). Quindi, tanto giusto giudice della colpa dei nemici quanto glorioso vincitore, decise di sterminare completamente i senatori campani (3), (in quanto) responsabili dell’empia decisione. Perciò, dopo averli messi in catene, li fece rinchiudere in due prigioni diverse (4), quella di Teano e quella di Cales, intenzionato ad eseguire il suo piano dopo avere condotto a termine quegli impegni di cui gli pareva necessario occuparsi prioritariamente (5). Ma dopo che si sparse la voce che una pena più mite era stata decretata dal senato (romano) (6), per evitare che (7) (quegli) infami sfuggissero alla giusta punizione, nella notte partì a briglia sciolta alla volta di Teano e, fatti uccidere (quelli) che erano ivi custoditi, sùbito si trasferì a Cales, per mandare ad effetto la punizione prevista dalla sua inflessibilità (8), e quando già i nemici erano stati legati al palo, ricevette dai senatori (romani) una lettera che decretava la grazia per i Campani, (ma) inutilmente (9): infatti (Fulvio) la ripose nella mano sinistra, così come gli era stata consegnata (= senza aprirla), e, impartito al littore l’ordine di eseguire la sentenza (10), solo allora l’aprì, quando non si poteva (più) obbedire ad essa. Grazie a questo rigore si conquistò una gloria addirittura superiore a quella della vittoria (11).

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(1) a me che volgo lo sguardo attorno alquanto ampiamente si presenta;

(2) a pattuire con un infame tradimento il regno dell’Italia; (3) il senato campano; (4) carico (= il senato) di catene, (lo) divise in due prigioni; (5) quelle cose la necessità di amministrare le quali (gli) pareva essere anteriore; (6) di una sentenza più mite del senato; (7) perché non;

(8) l’opera della sua perseveranza; (9) inutilmente salvifica per i Campani; (10) procedere secondo la legge; (11) superò anche la gloria della vittoria.

Alessandro e il medico Filippo

F

rattanto (Alessandro) ricevette da Parmenione, il più fidato dei (suoi) dignitari, una lettera con la quale (egli) lo avvertiva di non mettere la sua vita nelle mani di Filippo (1): era (infatti) stato corrotto da Dario con mille talenti e con la promessa di

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(1) di non affidare la sua salvezza a Filippo;


sposarne la sorella (2). La lettera aveva suscitato enorme inquietudine nell’animo (di Alessandro), ed (egli) andava soppesando con segrete riflessioni tutto ciò che gli avevano ispirato, nell’uno e nell’altro senso, o la paura o la speranza. “Dovrei ostinarmi a bere, in modo tale che, se (mi) fosse stato dato (3) del veleno, potrebbe sembrare che, qualsiasi cosa fosse accaduta (4), io me la fossi anche voluta (5)? Non dovrei credere alla buona fede del medico? (6) Dunque dovrei lasciarmi sopraffare (dalla malattia) nella (mia) tenda? Ma è meglio morire per un delitto altrui che per la mia paura!” Dopo essersi a lungo dibattuto fra opposti pensieri (7), non rivelò a nessuno che cosa (gli) fosse stato scritto e nascose la lettera, impresso(vi) il sigillo del suo anello, sotto il cuscino su cui si appoggiava. Trascorsi due giorni in mezzo a questi pensieri, sorse (finalmente) il giorno stabilito dal medico, ed egli entrò con il bicchiere in cui aveva sciolto il medicamento. A quella vista (8), Alessandro, levatosi a sedere sul letto (9), tenendo con la mano sinistra la lettera inviata(gli) da Parmenione, prese il bicchiere e bevve senza esitazioni (10); poi ordinò a Filippo di leggere la lettera e non distolse gli occhi dal viso (di lui) che leggeva, convinto di poter cogliere sul (suo) stesso volto qualche indizio della (sua) colpevolezza (11).

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1(2) con la speranza delle nozze della sorella di lui (= Dario);

1(3) vedi nota 7 all’analisi; 1(4) vedi nota 8 all’analisi; 1(5) fosse accaduta neppure immeritatamente; 1(6) dovrei condannare la lealtà del medico?; 1(7) essendosi a lungo l’animo rivoltato in direzioni opposte;

1(8) visto quello (= il medico); oppure: visto ciò; 1(9) alzato il corpo nel letto; (10) beve intrepido;

(11) consapevolezza.

Alessandro uccide l’amico Clito

A

lessandro, strappata la lancia dalle mani di una guardia, dopo aver tentato di colpire Clito, che ancora insisteva sconsideratamente nella (1) medesima intemperanza di linguaggio, venne bloccato da Tolomeo e Perdicca. Avvinghiatolo alla vita, lo trattenevano, mentre egli continuava a dibattersi (2): Lisimaco e Leonnato gli avevano tolto anche la lancia. Egli, invocando la lealtà dei soldati, gridò che veniva fatto prigioniero dai suoi amici più cari (3), (cosa) che poco prima era accaduta a Dario; e ordinò di dare con la tromba il segnale di accorrere armati alla reggia. Allora Tolomeo e Perdicca, gettatisi alle (sue) ginocchia, lo pregarono di non ostinarsi in una collera così rovinosa e di concedere piuttosto (un po’

(1) infuriava con la;

(2) abbracciato (lui) in mezzo (al corpo) e che continuava a opporre resistenza; (3) dai più vicini fra gli amici;

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di) tempo al ragionamento; il giorno seguente avrebbe potuto sistemare la faccenda (4) in modo più giusto. Ma le (sue) orecchie erano chiuse, rese sorde dall’ira (5). Perciò, fuori di sé, si precipitò nell’atrio della reggia e, presa la lancia a una sentinella di guardia, si fermò nell’ingresso dal quale dovevano uscire coloro che avevano cenato con lui (6). Tutti gli altri se n’erano andati: Clito usciva per ultimo, senza lume. Il re gli chiese chi fosse. Era evidente perfino nella voce l’atrocità del delitto cui si apprestava (7); ed egli, ormai dimentico della sua collera, ma non di quella del re (8), rispose che era Clito e stava uscendo dal banchetto. Mentre diceva questo, (Alessandro) gli trafisse il fianco con la lancia (9), e, cosparso del sangue del morente, esclamò: “(E) adesso vattene da Filippo, Parmenione ed Attalo!”

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(4) eseguire ogni cosa; (5) strepitando l’ira; (6) era necessario uscire per coloro che avevano cenato insieme; (7) che preparava; (8) memore non più della sua, ma della collera del re; (9) trafisse il fianco di (lui) che diceva queste cose.

Così fan tutte

I

ntanto il soldato, attratto dalla bellezza della donna e dalla segretezza (di quell’amore), comprava tutto ciò che di buono poteva con i suoi (modesti) mezzi e subito, al calar della notte, lo portava nella tomba. Perciò i parenti di uno dei crocifissi (1), come videro che la sorveglianza era diventata meno stretta, una notte tirarono giù (il loro congiunto) appeso e gli resero gli estremi onori (2). Ma il soldato, raggirato mentre si dava al bel tempo (3), non appena il giorno seguente vide una delle croci (4) senza cadavere, temendo di essere giustiziato (5), spiegò alla donna che cosa fosse successo: e (aggiunse che) non avrebbe aspettato la sentenza del giudice, ma avrebbe fatto giustizia della sua incuria con la spada. Solo, concedesse lei (stessa) un posto a (lui) che stava per morire e rendesse comune al marito e all’amante (quel) sepolcro fatale. La donna, non meno pietosa che casta, rispose: “Gli dèi non permettano che (6) io veda in così breve tempo (7) i due funerali dei due uomini a me più cari! Preferisco appendere (alla croce) il morto che far morire il vivo.” Conformemente a questo discorso, ordinò (8) di togliere dalla bara il cadavere di suo marito e di attaccarlo alla croce (9) che era (rimasta) libera. Il soldato mise in atto la trovata di quella donna così assennata (10), e il giorno dopo la gente si chiese con meraviglia come avesse fatto il morto a salire in croce. (11)

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1(1) un crocifisso;

1(2) (lo) affidarono all’estremo servigio; 1(3) mentre resta inerte; 1(4) una croce; 1(5) temendo il supplizio;

1(6) codesta cosa, (cioè) che; 1(7) nel medesimo tempo; 1(8) ordina; 1(9) a quella croce; (10) della assennatissima donna; (11) in quale modo il morto fosse andato in croce.


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Mio figlio studia troppo!

A

ppena ha un momento libero (1), non alza la testa dai quaderni (2). È intelligente e di buona stoffa, anche se è appassionato di uccelli. Io gli ho già fatto fuori tre cardellini, e gli ho detto che se li è mangiati la faina. Comunque s’è trovato altri passatempi, e dipinge molto volentieri. Ad ogni modo sta già dando un calcio alla (letteratura) greca ed ha cominciato ad affrontare mica male (quella) latina, anche se il suo maestro è uno che si dà delle arie (3) e non si sofferma (mai) sullo stesso argomento (4). Sì, la materia la sa, ma non ha voglia di lavorare. Ce n’è anche un altro, non preparato, ma volonteroso, che è più quel che insegna che quel che sa (5). Perciò ha l’abitudine di venire a casa nei giorni festivi, e tutto quel che gli dài (6), (lui) si accontenta. Ebbene, adesso ho comprato al ragazzo alcuni libri con i titoli in rosso (= di legge), perché voglio che assaggi qualcosa di diritto ad uso familiare. Questa è una cosa che rende (7). Perché di letteratura è fin troppo impregnato (8). E se poi abbandonerà (gli studi), ho deciso di insegnargli un mestiere, o il barbiere o il banditore o per lo meno l’avvocato, (qualcosa) che nulla se non la morte (9) possa portargli via. Perciò gli strillo tutti i giorni: “Primigenio (mio), credimi, tutto quel che studi, lo studi nel tuo interesse (10)! Lo vedi Filerone l’avvocato: se non avesse studiato, oggi non si toglierebbe la fame di bocca (11)! Adesso adesso portava in giro sulle spalle dei bagagli per quattro soldi (12), (e) oggi i suoi possedimenti si estendono fino alla zona di Norba (13). La cultura è un tesoro, ma (14) un mestiere non te lo toglie nessuno (15)!”

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1(1) tutto ciò che a lui è libero; 1(2) dalla tavoletta (per scrivere);

1(3) sebbene... sia (uno) che si compiace di se stesso; 1(4) e non si ferma (mai) in un sol luogo; 1(5) insegna più di quanto sa; 1(6) avrai dato; oppure: abbia dato;

1(7) questa cosa ha del pane; 1(8) è abbastanza contaminato; 1(9) non... se non l’Orco; (10) per te; (11) oggi non scaccerebbe la fame dalle labbra; (12) portava in giro col suo collo bagagli a pagamento; (13) si estende anche verso il Norbano; (14) e; (15) non muore mai.

Amore dei delfini per gli esseri umani

I

l delfino, animale amico non solo dell’uomo (1), ma anche dell’arte (2) musicale, è incantato dal suono degli strumenti, e soprattutto (da quello) dell’organo idraulico. Non teme l’uomo come un (essere) estraneo, va incontro alle navi, gioca saltando(vi attorno), fa anche a gara (con esse) e, per quan-

(1) all’uomo; (2) all’arte;

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to (procedano) a gonfie vele, (le) supera. Sotto il principato del divino Augusto (un delfino), penetrato nel lago Lucrino, si affezionò di un affetto straordinario al bambino di un (uomo) povero, che era solito recarsi alla scuola elementare dalla zona di Baia a Pozzuoli, poiché più volte (il bimbo), fermandosi (lì) a mezzogiorno, lo aveva attirato, chiamandolo con il nome di Simone, con dei pezzetti di pane che portava (con sé) per (mangiarli durante) il viaggio. Non mi sembrerebbe il caso di (3) riferire (questo episodio), se il fatto non fosse stato registrato per iscritto da (4) Mecenate, Fabiano, Alfio Flavio e molti (altri). In qualsiasi ora del giorno il bambino lo chiamasse (5), anche se (era) nascosto e non visibile, accorreva dalle profondità (del lago) e, dopo avere preso il cibo dalle sue mani (6), (gli) offriva il dorso perché (vi) salisse, riponendo gli aculei della pinna come in un fodero, e dopo averlo fatto salire (7) (lo) portava a scuola a Pozzuoli attraverso la vasta distesa (del lago), riportandolo (poi) indietro nello stesso modo per molti anni; finché, morto il bambino per una malattia, ritornando ripetutamente al solito posto, triste e visibilmente afflitto (8), anch’esso, cosa di cui nessuno avrebbe potuto dubitare, morì di dispiacere (9).

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(3) (mi) rincrescerebbe; (4) affidato agli scritti di; (5) (fosse stato) chiamato dal bambino; (6) cibatosi dalla mano; (7) accolto;

(8) simile a (uno) che è afflitto; (9) per il rimpianto.

L’immortalità dell’anima è una favola per bambini

T

utti, dopo l’ultimo giorno (di vita), (si trovano) nella medesima situazione in cui (si trovavano) (1) prima del primo (giorno), e dopo la (2) morte il corpo o l’anima non (hanno) alcuna sensibilità più di (quanta ne avessero) prima del (giorno) natale. Infatti la consueta (3) vanità (umana) si spinge anche nel futuro, ed (è) essa stessa (che) si inventa una vita (che si protrae) anche nel tempo della morte, ora (attribuendo) all’anima l’immortalità, ora la reincarnazione, ora attribuendo una sensibilità ai morti e venerando i Mani e facendo (un) dio (di) chi ormai ha smesso anche di essere un uomo: come se poi il (nostro) modo di respirare fosse minimamente diverso (4) da (quello degli) altri animali o non si trovassero molti esseri più longevi (5) (dell’uomo), per i quali nessuno predice una simile immortalità. Questi sono sogni di bambini illusi (6) e della

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(1) per tutti, (a partire) dall’ultimo giorno, (ci sono) le stesse cose che (c’erano); (2) dalla; (3) medesima;

(4) distasse in alcun modo; (5) più duraturi nella vita; (6) codeste sono invenzioni di consolazioni puerili;


(nostra) mortalità avida di non finire mai. Analoga, anche a proposito della conservazione dei corpi umani e della promessa di tornare a vivere, la vanità di Democrito, che non è risuscitato (neppure) lui. Dannazione, (ma) che follia è (mai) questa, (di credere) che con la morte ricominci la vita? O quale riposo (vi potrebbe mai essere) per i mortali (7), se in cielo (8) rimane una sensibilità all’anima, sottoterra all’ombra? Davvero codesta credulità da donnette (9) distrugge il principale bene della natura, la morte, e raddoppia il dolore di colui che sta per morire facendogli credere che esisterà ancora (10). Infatti, se vivere è piacevole, per chi può esser(lo) l’avere finito di vivere (11)?

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1(7) i generati; 1(8) in alto; 1(9) dolcezza e credulità (endìadi); (10) con la convinzione che esisterà anche dopo (vedi nota 19 all’analisi); (11) avere vissuto.

Un buon maestro deve essere come un padre per i suoi allievi

P

rima di tutto il maestro assuma nei confronti dei suoi allievi la disposizione d’animo di un padre e pensi che egli subentra al posto di coloro che gli affidano i figli (1). Egli stesso non abbia vizi e non ne sopporti. La sua severità non sia opprimente e non esageri nel dare confidenza (2), per non suscitare (3) da una parte odio, dall’altra disprezzo. Parli moltissimo dell’onestà e del bene (4): infatti, quanto più spesso ammonirà, tanto più raramente punirà; non (sia) assolutamente irascibile e tuttavia non tralasci le correzioni che si dovranno fare (5), (sia) semplice nell’insegnamento, resistente alla fatica, metodico piuttosto che incostante (6). Risponda volentieri a chi pone domande, interroghi di sua iniziativa chi non ne pone. Nel lodare l’esposizione degli allievi non sia né parco né eccessivo, perché il primo atteggiamento genera (in loro) fastidio per la fatica, il secondo li fa adagiare nella tranquillità (7). Nel correggere gli errori (8) non (sia) aspro e non (sia) assolutamente offensivo: proprio questo, infatti, allontana molti dal proposito di studiare, (ossia) il fatto che alcuni (insegnanti) rimproverano (9) come se odiassero. Egli stesso dica quotidianamente qualcosa, anzi molte cose, che gli ascoltatori possano meditare fra sé. Sebbene infatti dalla lettura derivino sufficienti esempi per l’imitazione, tuttavia alimenta in modo più completo la (10) voce, come si dice, viva, e specialmente (quella) dell’insegnante, che gli allievi, se solo sono stati bene istruiti, amano e rispettano.

1(1) dai quali i figli gli sono affidati; 1(2) la sua cordialità non sia esagerata; 1(3) perché non sorga; 1(4) a lui sia moltissimo discorso sull’onesto e il buono; 1(5) e tuttavia non (sia) dissimulatore di quelle cose che si dovranno correggere; 1(6) costante piuttosto che senza misura;

1(7) genera sicurezza; 1(8) le cose che dovranno essere corrette; 1(9) così rimproverano;

(10) quella.

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Consigli al futuro oratore

P

rima di tutto il futuro oratore, che deve vivere in (mezzo a) una grandissima folla e sotto gli sguardi di tutti nella vita pubblica (1), si abitui fin da bambino a non aver soggezione della gente (2) e a non diventare pallido, per così dire, all’ombra di una vita solitaria (3). Bisogna sempre spronare ed innalzare la mente, che in una solitudine di quel genere o langue e tende ad ammuffire (4), come (succede stando) al buio, o al contrario si gonfia di una vuota presunzione: è inevitabile infatti che attribuisca troppo a se stesso colui che non si confronta con nessuno. Poi, quando deve (5) portare in pubblico i propri studi, gli si annebbia la vista in piena luce e inciampa in situazioni tutte nuove (per lui), dal momento che (6) ha imparato da solo quello che si deve fare in mezzo a molti. Tralascio le amicizie che durano indissolubilmente fino alla vecchiaia, fondate su un vincolo quasi religioso (7): infatti essere iniziati agli stessi riti sacri non è (vincolo) più santo che (essere iniziati) agli (stessi) studi. (Ma) quello stesso senso cosiddetto (8) comune, dove (lo) imparerà, se (9) si sarà appartato dalla vita associata, che è naturale non solo per gli uomini, ma anche per gli animali muti? Aggiungi il fatto che a casa può imparare solo quelle cose che verranno insegnate a lui personalmente, (mentre) a scuola (può imparare) anche (quelle cose) che (verranno insegnate) ad altri. Sentirà approvare (10) ogni giorno molte cose, molte correggere (11), (gli) gioverà il rimprovero della pigrizia di qualche compagno, (gli) gioverà l’elogio dello zelo (di qualcun altro) (12), lo spirito di emulazione sarà suscitato (in lui) dalla lode, reputerà vergognoso essere da meno di uno pari (a lui), (reputerà) bello aver superato quelli più bravi (di lui). Tutti questi (stimoli) accendono gli animi, e sebbene l’ambizione sia di per sé un difetto, tuttavia spesso è motivo di virtù.

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1(1) in mezzo alla luce dello Stato; 1(2) a non temere gli uomini; 1(3) impallidire in quella vita solitaria e per così dire all’ombra; 1(4) forma una certa muffa;

1(5) si devono; 1(6) come colui che;

1(7) imbevute di un certo vincolo religioso; 1(8) che si dice; 1(9) quando;

(10) essere approvate; (11) essere corrette; (12) gioverà la pigrizia rimproverata di qualcuno, gioverà lo zelo lodato.


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Per concentrarsi nell’attività di studio è meglio isolarsi in un luogo appartato

P

er fare una buona volta un’affermazione (1) inconfutabile, nessuno potrà mettere in dubbio che un luogo appartato e privo di testimoni e un silenzio il più profondo possibile si addicono moltissimo a coloro che scrivono, condizione che invece non sussiste con la dettatura (2). Non si devono tuttavia ascoltare senz’altro coloro che credono adattissimi a ciò i boschi e le selve perché il cielo aperto (3) e l’amenità dei luoghi elevano l’animo e rendono l’ispirazione più feconda (4). A me sicuramente questo ritiro sembra essere piacevole, più che ispiratore di studi. È inevitabile infatti che quelle immagini, che di per sé sono piacevoli, distolgano dal concentrarsi sul lavoro (5) (che si è) progettato. Né di certo l’intelletto può, in tutta coscienza (6), concentrarsi interamente in molte cose nello stesso tempo, e, dovunque si volga, smette di esaminare quello che si era proposto. Perciò l’amenità delle selve, i fiumi che scorrono, il soffio del vento che spira dai rami degli alberi, il canto degli uccelli e la stessa libertà di volgere attorno lo sguardo per ampio tratto attraggono a sé al punto che mi sembra che codesto piacere allenti la concentrazione, più che acuir(la). Meglio (faceva) Demostene, che si nascondeva in un luogo da cui non si potesse sentire nessuna voce e da cui non si potesse vedere nulla, perché gli occhi non costringessero la mente a pensare ad (7) altro. E perciò, nella nostra veglia di lavoro (8), (ci) tengano per così dire al sicuro (9) soprattutto il silenzio della notte, la stanza chiusa e (la compagnia di) una sola lucerna.

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(1) per dire una volta ciò che è;

(2) cosa che viene meno dettando; (3) quell’ampiezza del cielo; (4) (secondo loro) procurano un animo sublime e un’ispirazione più felice; (5) dalla concentrazione del lavoro; (6) con buona fede;

(7) fare; (8) lavorando di notte; (9) protetti.

È davvero più naturale uno stile improvvisato e incolto?

N

on ignoro che vi sono alcuni che rifiutano ogni cura nella composizione (1) e pretendono che quel discorso incolto, (così) come è venuto fuori per caso, sia ora più naturale, ora anche più virile. Ma se questi intendono dire (2) che è naturale proprio soltanto ciò che è nato originariamente dalla natura e

(1) della composizione;

(2) dicono;

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(tale) quale fu prima della cultura, a questo punto si sconvolge tutta l’arte dell’eloquenza. Infatti i primi uomini né parlavano secondo queste regole precise (3), né sapevano (4) preparare (il pubblico) con gli esordi, informar(lo) con l’esposizione, provare (un fatto) con le argomentazioni, commuovere con i sentimenti. Perciò essi mancavano (5) di tutte queste cose, non della sola capacità di comporre (6): e se non era lecito che nessuna di queste cose diventasse migliore, non sarebbe stato opportuno neppure che le capanne fossero sostituite dalle case, o le vesti (fatte) di pelli (fossero sostituite) dagli abiti, o i monti e le selve dalle città. E poi, quale arte è nata lì per lì (7)? Che cosa non si raffina con il perfezionamento? Perché potiamo (8) le viti? Perché zappiamo (il terreno intorno a) loro? Estirpiamo i rovi dai campi: (ma) la terra genera anche questi. Addomestichiamo gli animali: (eppure) nascono selvatici. In verità la cosa più naturale è quella che la natura permette che si compia (9) nel modo migliore.

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(3) parlarono secondo questa regola e accuratezza; (4) seppero; (5) mancarono; (6) della sola composizione;

(7) subito; (8) limitiamo con la mano;

(9) sia fatta.

Importanza dello svago e del gioco nell’apprendimento

B

isogna concedere a tutti (gli allievi) qualche pausa, non solo perché non c’è nessun essere che possa sopportare una fatica continua - e anche quelle cose che sono prive di sensibilità e di anima, per poter conservare la loro efficienza, si distendono per così dire con intervalli di riposo (1) -, ma perché il desiderio di imparare si basa sulla volontà, che non può subire costrizioni. E così, rinvigoriti e messi a nuovo, (gli studenti) mettono nell’imparare più forze (2) e una attenzione più viva, che generalmente si ribella alle imposizioni. Né mi dispiacerebbe il gioco nei fanciulli - anche questo è segno di vivacità -, e non potrei sperare che quel (ragazzo) triste e sempre a testa bassa sarà di intelligenza sveglia negli studi, dal momento che dorme anche in questo slancio (che è) perfettamente naturale per quelle età. Le pause tuttavia abbiano un limite (3), perché non generino o odio verso gli studi, (se) negate, o abitudine all’ozio, (se) eccessive. Vi sono anche alcuni giochi non inutili ad affinare le menti dei fanciulli, quando, postesi

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(1) con alterno riposo; (2) più di forze;

(3) sia tuttavia un limite alle pause;


vicendevolmente delle piccole domande di ogni (4) genere, fanno a gara (per rispondere). Nel gioco si scoprono più facilmente anche le tendenze naturali: a patto che nessuna età sembri così debole da non comprendere subito che cosa sia bene e (che cosa) male, (è) soprattutto allora che deve essere plasmata, quando è incapace di fingere e cede con molta facilità a coloro che insegnano; potresti infatti più facilmente spezzare che correggere i difetti incalliti (5).

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(4) ciascun;

(5) più velocemente spezzare che correggere (le cose) che si sono indurite verso il male.

Durante l’infanzia si possono contemporaneamente ricevere più insegnamenti

(Ci) si suole domandare se, per quanto queste discipline si debbano imparare, si possano tuttavia insegnare e apprendere tutte contemporaneamente (1). Infatti alcuni dicono di no, perché la mente verrebbe (2) confusa e affaticata da tante discipline con diversi indirizzi (3), per (apprendere) le quali non basterebbero (4) né la mente né il corpo né la giornata stessa, e anche ammesso che un’età più matura riuscisse a sopportare ciò, non bisognerebbe che ne fossero caricati gli anni dell’infanzia (5). Ma (costoro) non vedono a sufficienza quanto sia potente la natura della mente umana, che è così agile e veloce, (e) a tal punto volge lo sguardo, per così dire, in ogni direzione, che non riesce neppure a fare soltanto una cosa (per volta) (6), ma applica la sua energia in più attività non solo nello stesso giorno, ma (addirittura) nello stesso momento (7). Non è forse vero che i citaredi riescono a concentrarsi contemporaneamente sulla memoria, sul suono della voce e su moltissime modulazioni, mentre nel frattempo con la mano destra pizzicano (8) alcune corde e con la sinistra (ora) ne tendono, (ora ne) trattengono, (ora ne) allentano altre, (e) il piede, neppure (esso) ozioso, batte il tempo (9), e tutte queste cose simultaneamente? E che? Noi (stessi), còlti dalla improvvisa necessità di pronunciare un discorso (in pubblico), non diciamo forse alcune cose, altre ne pensiamo (10), mentre bisogna contemporaneamente trovare gli argomenti, scegliere le parole (giuste), organizzarle, (studiare) la mimica, la pronuncia, l’espressione del volto, i gesti (11)? E se mezzi così diversi (12) sono contemporaneamente a nostra disposizione, per così dire in un

1(1) nello stesso tempo; 1(2) (secondo loro) viene; 1(3) che tendono in direzione opposta; 1(4) non basta; 1(5) infantili;

1(6) qualcosa di unico soltanto; 1(7) momento di tempo;

1(8) percorrono; 1(9) rispetta la legge precisa dei ritmi; (10) predisponiamo (mentalmente); (11) si cercano contemporaneamente il reperimento degli argomenti, la scelta delle parole, l’organizzazione, la mimica, la pronuncia, il volto, i gesti; (12) cose così diverse;

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unico sforzo (creativo), perché non dovremmo dividere le ore in più studi? Soprattutto perché la stessa varietà (degli argomenti) ricrea la mente (13) e (la) rinfranca, mentre (14), al contrario, è alquanto più difficile perseverare in un’unica fatica.

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È controproducente essere troppo severi con gli allievi

N

eppure quell’(altro) avvertimento è fuori luogo (1): (ossia che) le qualità naturali dei ragazzi talvolta si deprimono per l’eccessiva severità del castigo; infatti essi perdono la fiducia e soffrono e finiscono per provare odio (2), e, cosa che è sommamente dannosa, mentre hanno paura di tutto, non osano (far) nulla. E questo è noto anche ai contadini, che ritengono che con i teneri virgulti non si debba usare la falce, perché sembra che essi abbiano paura del ferro e non siano ancora in grado di sopportare una cicatrice. Dunque soprattutto allora (= quando castiga) il maestro dev’essere ben disposto, perché i correttivi, che altrimenti risultano duri per natura, siano mitigati con mano leggera: (egli deve) lodare alcuni risultati, sopportarne altri (3), anche correggerne (alcuni), dopo avere reso conto del motivo per cui ciò viene fatto (4), (e) abbellire (un periodo) aggiungendovi qualcosa di suo. Qualche volta sarà utile anche questo: che il maestro stesso detti tutti i temi, perché il ragazzo li imiti e intanto li ami come suoi (5). Ma se lo stile dell’allievo sarà (6) tanto trascurato da non ammettere correzione, ho sperimentato che c’era un miglioramento (7) ogni qual volta ordinavo (al ragazzo) di riscrivere daccapo lo stesso tema nuovamente spiegato da me: infatti poteva (fare) ancor meglio; perché nulla esalta l’impegno nello studio più della speranza (di riuscire) (8). D’altra parte le correzioni devono tener conto dell’etá dei ragazzi (9), e il (loro) operato deve essere giudicato e corretto in rapporto alle (loro) capacità. Io ero solito dire ai ragazzi che si erano permessi qualche eccesso di libertá e di esuberanza (10), che per il momento lo approvavo, (ma che) sarebbe venuto il giorno in cui non lo avrei piú permesso (11): così, mentre si rallegravano delle loro qualità naturali, non erano tratti in inganno nel giudicarle (12).

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(13) gli animi; (14) e.

1(1) neppure quello è indegno che lo ricordiamo; 1(2) alla fine odiano;

1(3) certe cose; 1(4) perché ciò sia fatto; 1(5) che il ragazzo sia imiti, sia ami intanto come suoi; 1(6) nel caso in cui a lui lo stile sia stato; 1(7) giovava; 1(8) di nulla più che della speranza godono gli studi; 1(9) l’una età deve essere corretta in un modo, l’altra in un altro; (10) che avevano osato qualcosa in modo troppo libero o allegro; (11) il tempo in cui non avrei permesso la medesima cosa; (12) così, sia godevano delle qualità naturali, sia non erano ingannati nel giudizio.


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Cicerone fu davvero un grande oratore

M

i sembra che Marco Tullio, dedicatosi totalmente all’imitazione dei Greci, abbia riprodotto la forza (espressiva) di Demostene, la facondia di Platone (e) la piacevolezza di Isocrate. Né a dire il vero si limitò a raggiungere (1) con il suo studio ciò che di meglio vi era in ciascuno (di loro), ma la meravigliosa ricchezza della sua mente divina riuscì a tirar fuori dal suo intimo (2) moltissime o meglio tutte le virtù (dell’eloquenza). Infatti non raccoglie, come dice Pindaro, le acque piovane, ma trabocca di un’onda viva e impetuosa (3), (egli che fu) generato, per un dono della Provvidenza, perché l’eloquenza potesse sperimentare interamente (4) in lui le sue forze. Chi potrebbe infatti esporre i fatti in modo più preciso, (chi) impressionare (gli animi) con più forza, chi mai fu così piacevole (5)? Al punto che potresti credere che egli riesca ad ottenere con preghiere quelle stesse cose che (invece) estorce (con la forza), e sebbene si porti a spasso il giudice con il potere della sua parola (6), tuttavia sembra che egli lo segua (docilmente), non che venga trascinato (7). (E) poi in tutto ciò che dice vi è tanta autorevolezza che ci si vergogna a contestarlo, né egli mostra lo sforzo dell’avvocato, ma la credibilità di un testimone o di un giudice, mentre intanto tutte quelle virtù, che a stento uno potrebbe singolarmente raggiungere con un impegno intensissimo, fluiscono spontanee, e quell’eloquenza (8), di cui non si è (mai) sentito nulla di più bello, rivela (9) tuttavia una meravigliosa facilità.

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(1) raggiunse solo; (2) tirò fuori da se stesso; (3) di acqua impetuosa (gurgite) viva; (4) intere; (5) a chi mai fu tanta piacevolezza;

(6) la sua potenza; (7) non sia trascinato, ma (lo) segua;

(8) quel discorso; (9) porta innanzi a sé.

Un giudizio poco lusinghiero su Seneca

D

i proposito, nel trattare ogni genere letterario (1), ho rimandato (di parlare di) Seneca, a causa dell’opinione divulgata falsamente su di me, secondo la quale si è creduto che io lo condanni e lo detesti anche. Questo mi è capitato mentre mi sforzavo di richiamare a criteri più severi un genere di eloquenza guastato e indebolito da tutti i difetti: ma allora

(1) in ogni forma di espressione (letteraria);

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nelle mani dei ragazzi c’era quasi solo costui. Però (i ragazzi), più che imitarlo, lo amavano, e tanto degeneravano rispetto a lui, quanto egli era peggiorato rispetto agli antichi. Sarebbe (stato) infatti auspicabile che diventassero pari a quell’uomo o per lo meno molto simili. Ma egli piaceva solo per i suoi difetti, e ciascuno si volgeva ad imitare quelli che poteva: poi, vantandosi di parlare nello stesso modo, screditava Seneca. Per altro le sue virtù furono molte e grandi, una mente pronta e feconda, moltissimo studio, vasta conoscenza in campo culturale (2), in cui tuttavia talvolta fu ingannato da coloro a cui affidava alcuni argomenti da ricercare. Trattò anche quasi ogni argomento di studio (3): infatti si tramandano di lui orazioni, componimenti poetici, epistole e dialoghi. Nella filosofia (fu) poco preciso, tuttavia fu un mirabile persecutore dei vizi. In lui (si trovano) molte massime famose (4), molti (suoi) scritti (5) si devono leggere anche per il loro contenuto morale (6), ma nello stile (essi) sono per lo più (7) corrotti e tanto più dannosi per il fatto che abbondano di difetti affascinanti. Vorresti che egli avesse parlato con il suo ingegno, ma secondo il gusto altrui: infatti, se avesse disdegnato alcune cose, se non avesse desiderato stravaganze, se non avesse amato tutto ciò che scriveva (8), se non avesse spezzato con minutissime frasi argomenti profondi (9), sarebbe approvato dal consenso dei dotti piuttosto che dall’amore dei ragazzi.

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(2) molta conoscenza di argomenti; (3) degli studi;

(4) molte e famose massime; (5) molte cose; (6) per la morale; (7) la maggior parte delle cose è;

(8) tutte le sue cose; (9) i pesi delle cose.

Solo un uomo onesto può essere un vero oratore

L

a stessa natura sarebbe stata non madre, bensì matrigna (proprio) in ciò che sembra aver elargito all’uomo con maggior generosità e con cui (sembra) averci separati dagli altri esseri animati, se (risultasse che) ha inventato l’eloquenza come complice di delitti, contraria all’innocenza e nemica della verità. Sarebbe stato meglio, infatti, nascere muti e privi di ogni (forma di) razionalità, che mutare i doni della Provvidenza in vicendevole rovina. (Ma) questo mio pensiero va più lontano. Non dico infatti solo questo, (cioè) che colui che è oratore deve essere un uomo onesto, ma che neppure sarà oratore colui che non sia onesto (1). E

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(1) se non un uomo onesto;


infatti sicuramente non potresti riconoscere (2) né l’intelligenza a coloro che, posti davanti alla via del bene e del male, preferiranno seguire la peggiore (delle due), né la saggezza, perché, non avendo previsto l’esito delle (loro) azioni, cadono da soli (3) frequentemente nelle gravissime pene delle leggi, ma sempre (in quelle) del rimorso (4). E se non solo è affermato dai sapienti, ma è anche una credenza popolare (5) che nessuno è malvagio se non (è) allo stesso tempo stolto, di certo uno stolto non diventerà mai oratore.

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(2) concederesti;

(3) si impigliano da se stessi; (4) della cattiva coscienza; (5) non solo viene detto dai sapienti, ma è sempre stato creduto anche comunemente.

Nell’eloquenza sono più importanti le doti naturali o la dottrina?

I

o so che ci si domanda anche se all’eloquenza giovino di più le doti naturali o la tecnica (acquisita con lo studio). A dire il vero questo non ha nulla (1) a che fare con l’argomento della nostra opera - e infatti non può nascere un perfetto oratore se non dal connubio di entrambe (2) -, tuttavia penso che sia molto importante (stabilire) in quali termini vogliamo porre la questione (3) su questo problema. Infatti se ad uno dei due elementi si toglierà completamente l’altro, le doti naturali anche senza la tecnica varranno molto, ma non ci potrà essere tecnica che tenga (4) senza le doti naturali. Nel caso invece che (tecnica e doti naturali) vadano di pari passo, io potrò supporre (5) che in (due) persone entrambe di mediocri capacità sia ancora maggiore l’importanza della natura, ma penserò che gli (oratori) perfetti siano maggiormente debitori verso la (loro) preparazione tecnica che verso le (loro) doti naturali, (proprio) come ad un terreno che non ha alcuna fertilità non porterà nessun giovamento un ottimo contadino, (mentre) da un terreno fertile potrà nascere (6) qualcosa di utile anche se nessuno lo coltiva, ma in un terreno fertile un coltivatore produrrà di più della stessa bontà del suolo abbandonata a se stessa (7). E se Prassitele avesse tentato di scolpire una statua da una pietra da macina, preferirei del marmo pario grezzo: ma se il medesimo artista avesse lavorato quel marmo (8), ci sarebbe stato più (merito) nelle (sue) mani che nel marmo. In conclusione, l’attitudine naturale è la materia della tecnica: questa plasma, quella è plasmata. L’arte non vale nulla senza la materia, la materia invece anche senza l’arte ha un suo valore (9); (però) un’arte eccelsa è migliore della miglior materia.

(1) per nulla; (2) da entrambe; (3) quale vogliamo che sia la questione; (4) nessuna tecnica; (5) crederò;

(6) nascerà; (7) di per sé;

(8) quello;

(9) alla materia è un valore anche senza l’arte.

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Amore e morte

I

n quel medesimo tempo Ottavio Sagitta, tribuno della plebe, folle d’amore per Ponzia, una donna sposata, tentò di comperarsi (1) con ricchissimi doni (il suo) adulterio e poi l’abbandono del marito (2), promettendole di sposarla (3) e accordandosi sulle nozze con lei. Ma la donna, quando fu libera, (si mise a) cercare dei pretesti, a tirare in ballo l’opposizione (4) del padre, e, non appena le balenò la speranza (5) di un partito migliore, si rimangiò le promesse (6). Ottavio, dal canto suo, un po’ la supplicava, un po’ la minacciava, protestando (che) il (suo) buon nome (era) distrutto, il (suo) patrimonio dissipato, e infine affidando la sua vita, la sola cosa che gli fosse rimasta (7), al capriccio di lei. Ma poiché veniva respinto, (le) chiese un’unica notte per consolarsi, di modo che, placato da essa, potesse frenare il suo ardore in avvenire (8). Venne stabilita la notte, e Ponzia affidò la sorveglianza della camera da letto ad un’ancella (sua) complice. Egli, accompagnato da un solo liberto, entrò portando con sé (9) un pugnale nascosto nella veste. (Ecco) allora scenate e suppliche, rimproveri e scuse, come suole (accadere) dove ci sono amore e rabbia (10); e una parte della notte fu dedicata al piacere; ma (all’improvviso), come esaltato da esso (11), egli trafisse con il pugnale (la donna), che non nutriva il minimo sospetto (12), respinse, ferendola (13), l’ancella che accorreva (in suo aiuto) e si precipitò fuori della stanza.

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1(1) si compera; 1(2) che lasciasse il marito; 1(3) il suo matrimonio; 1(4) la volontà contraria; 1(5) trovata la speranza; 1(6) si spogliò delle promesse; 1(7) la salvezza, che sola era rimasta; 1(8) placato dalla quale usasse moderazione per l’avvenire;

1(9) porta dentro; (10) nell’amore e nell’ira; (11) dal quale (piacere) per così dire esaltato; (12) che non temeva nulla; (13) e respinge con una ferita.

La grande eloquenza fiorisce in tempi inquieti

L

a potenza del talento cresce con l’importanza degli argomenti (trattati), e nessuno, se non chi ha trovato una causa adeguata, può produrre un discorso brillante ed elevato. A Demostene, suppongo, non danno fama le orazioni che compose contro i suoi tutori, né la difesa di Publio Quinzio o di Licinio Archia fanno di Cicerone un grande oratore (1): Catilina, Milone, Verre e Antonio gli hanno creato questa reputazione (2); non che sia valsa la pena (3) per lo Stato di sopportare dei cattivi cittadini perché gli

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(1) né rendono Cicerone grande oratore Publio Quinzio difeso o Licinio Archia; (2) gli hanno messo intorno questa fama; (3) non (dico questo) perché sia stato di tale valore (tanti);


oratori avessero abbondante materia per i loro discorsi (4), ma, come continuo a ripetere (5), non dimentichiamoci del (nostro) argomento e teniamo presente che stiamo parlando di un’arte (6) che fiorisce più facilmente in tempi torbidi e inquieti. Chi ignora che è più utile e conveniente (7) godere della pace che essere travagliati dalla guerra? (E) tuttavia le guerre producono buoni combattenti più (8) della pace. La situazione dell’eloquenza (è) analoga. Infatti, quanto più spesso essa starà, per così dire, in campo, quanti più colpi darà e riceverà, quanto più temibili (saranno) gli avversari e accanite le battaglie (che) essa stessa si sceglierà (9), tanto più alta, sublime e nobilitata da quei pericoli essa starà sulla bocca (10) degli uomini, la cui natura è tale che (essi) desiderano la sicurezza, (ma) ammirano il rischio (11).

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1(4) affinché gli oratori avessero abbondante materia per parlare; 1(5) come continuamente ammonisco; 1(6) quella cosa; 1(7) meglio; 1(8) più numerosi (pluris = plures); 1(9) quanto più spesso sarà stata..., avrà dato e ricevuto..., si sarà scelta; (10) sta nella bocca; (11) vogliono le cose sicure, ammirano le cose rischiose.

Costumi delle donne germaniche

D

unque trascorrono (la vita) barricate nel loro pudore, non corrotte da seduzioni di spettacoli o eccitamenti di banchetti (1). Uomini e donne sono ugualmente all’oscuro dei segreti della scrittura (2). (Sono) pochissimi, in una popolazione così numerosa, gli adultèri, e la loro punizione (3) (è) immediata e affidata ai mariti (stessi): il marito, in presenza dei parenti, caccia di casa (la moglie), nuda (e) coi capelli tagliati, e la insegue frustandola (4) per tutto il villaggio; infatti non (c’è) perdono per il pudore violato: (la donna adultera) non potrà trovare marito né grazie alla bellezza, né grazie alla giovinezza, né grazie alle ricchezze. Là, infatti, nessuno ride dei vizi, e corrompere e farsi corrompere non si chiama moda. Anzi, meglio ancora (si comportano) quelle tribù in cui soltanto le vergini possono sposarsi (5) e la speranza e il desiderio di maritarsi si appagano una volta sola (6). Così ricevono un solo marito, come un solo corpo e una sola vita, perché non (abbiano più) alcun pensiero (del genere) dopo (la morte del marito) (7), perché (in loro) non sopravviva il desiderio (8), perché non amino (nell’uomo) il marito, ma il matrimonio (9). Limitare il numero delle nascite o uccidere qualcuno dei figli cadetti è considerato delitto, e sono più efficaci là i buoni costumi che altrove le buone leggi.

1(1) con pudore protetto (non) corrotte da nessuna seduzione di spettacoli, da nessun eccitamento di banchetti; 1(2) delle lettere; 1(3) la punizione dei quali;

1(4) con la frusta;

1(5) si sposano; 1(6) una sola volta si conclude con la speranza e il desiderio di (diventare) moglie; 1(7) oltre; 1(8) non (sia a loro) più lungo il desiderio; 1(9) perché non (lo) amino come marito, ma come matrimonio.

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Morte di Otone

D

opo ciò, fatti allontanare tutti, si riposò un poco. E mentre ormai meditava nell’animo gli estremi pensieri, lo distolse (da essi) un improvviso frastuono (1), (e gli fu) annunciata una sfrenata rivolta (2) dei soldati; infatti (essi) minacciavano di morte quelli che se ne andavano (dal campo) (3), con una violenza particolarmente feroce nei confronti di Virginio, che, chiuso in casa (4), stringevano d’assedio. (Otone), rimproverati i promotori della sedizione, tornato indietro, trovò il tempo per (ascoltare) le parole di quelli che partivano, aspettando che (5) tutti si allontanassero sani e salvi. Verso sera, placò la sete con un sorso di acqua gelata. Poi, fattisi portare due pugnali, dopo avere saggiato entrambi, ne nascose uno sotto il cuscino (6). E accertatosi che ormai gli amici se n’erano andati, trascorse una notte tranquilla e, a quanto si dice, non insonne: sul far del giorno si trafisse il petto con la lama (7). Entrati al gemito del moribondo, i liberti, i servi e Plozio Fermo, il prefetto del pretorio, trovarono una sola ferita. Il funerale venne celebrato in fretta (8); (egli stesso) lo aveva chiesto con preghiere insistenti, per evitare che la testa (gli) fosse tagliata per farne oggetto di scherno (9). Trasportarono il (suo) corpo le coorti pretorie, con lodi e lacrime, baciandone teneramente la ferita e le mani. Alcuni fra i soldati si tolsero la vita presso il (suo) rogo, non per (il rimorso di qualche) colpa né per timore (di Vitellio) (10), ma per desiderio d’imitarne la gloria (11) e per amore verso l’imperatore.

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1(6) (ne) pose uno sotto il capo; 1(7) si appoggiò col petto sul ferro; 1(8) (fu) affrettato; 1(9) per essere di scherno;

(10) vedi nota 16 all’analisi; (11) per emulazione di gloria.

Paolina, moglie di Seneca, vorrebbe morire con lui

E

gli, senza scomporsi, chiese (1) le tavole del testamento; e, poiché il centurione (gliele) negava, rivolgendosi agli amici, affermò (2) che, dal momento che gli veniva impedito di ricompensare i loro meriti, lasciava (loro in eredità) l’unica cosa, e tuttavia la più bella, che ormai avesse, l’immagine della sua vita: e se ne avessero conservato il ricordo, avrebbero ottenuto

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1(1) un improvviso frastuono distolse lui che ormai meditava...; 1(2) rivolta e disordine (endìadi); 1(3) minacciavano la morte a quelli che se ne andavano; 1(4) nella casa chiusa; oppure: chiusa la casa: vedi nota 6 all’analisi; 1(5) finché;

(1) chiede; (2) rivoltosi agli amici, afferma;


la fama di persone virtuose (3) come premio (4) di un’amicizia fedele. Intanto, vedendoli piangere, li richiamava alla fermezza (5), ora con discorsi pacati, ora con maggior severità, con tono di rimprovero (6), continuando a chiedere (loro) dove fossero finiti i (suoi) insegnamenti di saggezza, dove quella razionalità nei confronti degli eventi esterni per tanti anni meditata. In effetti, chi non conosceva la crudeltà di Nerone? Non gli restava altro, dopo l’uccisione della madre e del fratello, che aggiungervi l’assassinio del (suo) educatore e maestro. Dopo aver rivolto queste esortazioni (7), ed altre del genere, per così dire alla collettività, abbracciò (8) la moglie e in un attimo di cedimento, pur nel coraggio fino allora dimostrato, (la) pregò e (la) supplicò (9) di moderare il dolore e di non conservar(lo) (10) in eterno, ma di sopportare il rimpianto del marito con nobili conforti, in contemplazione della (loro) vita trascorsa nella virtù. Ella, invece, affermò che la morte (era) destinata anche a lei e chiese che la mano di qualcuno la colpisse (11). Allora Seneca, per non ostacolare la sua gloria (12), e nello stesso tempo per amore, per non abbandonare cioè agli oltraggi (dei nemici quella donna) a lui cara sopra ogni cosa, (le) disse: “Ti avevo indicato i conforti della vita: tu preferisci l’onore della morte. Non ti impedirò di mettere in atto un simile esempio (13). La fermezza di questa morte così coraggiosa sia uguale in entrambi, ma sia pure più splendida la gloria della tua (14)”.

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1(3) di buone attività; 1(4) frutto; 1(5) richiama alla fermezza le loro lacrime; 1(6) più severo, al modo di uno che rimprovera;

1(7) pronunciato queste cose; 1(8) abbraccia; 1(9) un po’ rammollito rispetto al presente coraggio, (la) prega e (la) supplica; (10) assumer(lo); (11) afferma… e chiede la mano di un uccisore; (12) non contrario alla sua gloria;

(13) non sarò ostile all’esempio; (14) più di splendore sia nella tua fine.

Un attentato fallito

G

li dèi concessero una notte luminosa di stelle e tranquilla per la serenità del mare (1) come per dare la prova del delitto. E la nave non si era ancora spinta molto (al largo), mentre Agrippina era in compagnia di due dei (suoi) amici (2) - tra i quali Crepereio Gallo stava in piedi non lontano dal timone, Acerronia (invece), distesa (reclinis) ai piedi (di lei che se ne stava) sdraiata (cubitantis), (le) ricordava con gioia il pentimento del figlio e il recuperato prestigio di madre -, quando, a un segnale convenuto (3), si sfasciò il tetto della cabina, appesantito da una gran quantità di piombo (4), e Crepereio fu schiac-

(1) tranquilla per il mare placido; (2) accompagnando Agrippina due del numero degli amici;

(3) dato il segnale; (4) pesante per molto piombo;

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ciato e morì sul colpo: Agrippina ed Acerronia furono protette dalle spalliere del letto sporgenti e casualmente troppo robuste per cedere al peso. E non si verificava in seguito (5) il (previsto) sfasciamento della nave, perché la confusione era generale (6) e perché i più, all’oscuro (del piano), ostacolavano anche quelli che (ne) erano al corrente. Sembrò dunque opportuno ai rematori (far) inclinare la nave su un lato e così affondarla: ma non riuscirono a mettersi d’accordo velocemente su una manovra (così) repentina (7), e (per di più) altri, facendo lo sforzo opposto (8), resero la caduta in mare meno brusca (9). Ma Acerronia, mentre, non comprendendo (la situazione) (10), andava gridando di essere Agrippina e che si corresse in aiuto della madre dell’imperatore, venne finita a colpi di pali e di remi e di ogni altro arnese navale che il caso avesse offerto (11): Agrippina (invece), nuotando in silenzio e perciò senza essere riconosciuta (12) - ricevette tuttavia un’unica ferita alla spalla -, poi, portata al lago Lucrino da alcune barchette accorse (in suo aiuto) (13), venne condotta alla sua villa.

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1(5) non seguiva; 1(6) oppure: perché tutti erano turbati;

1(7) né ad essi (fu) pronto l’accordo per una cosa improvvisa; 1(8) sforzandosi all’opposto; 1(9) diedero la possibilità di una caduta più dolce in mare; (10) con sconsideratezza; (11) con pali e con remi e con arnesi navali che il caso aveva offerto; (12) proprio per questo non riconosciuta; (13) dall’accorrere di barchette.

Tiberio finge di non volersi assumere la responsabilità dell’impero

I

n un discorso del genere c’era più (ostentazione di) magnificenza che sincerità; e Tiberio, anche nelle circostanze in cui non fingeva (1), o per natura o per abitudine, usava sempre un linguaggio equivoco ed oscuro (2): quando poi si sforzava di nascondere del tutto i suoi pensieri, (le sue parole) si facevano ancor più involute, incerte ed ambigue (3). Ma i senatori, i quali non temevano altro che di lasciar trapelare che avevano capito (le sue intenzioni) (4), si profondevano in lamenti, lacrime e suppliche; tendevano le mani agli dèi, alla statua di Augusto, alle ginocchia di Tiberio (5), quand’(ecco che) egli fece produrre e leggere un inventario. Vi erano contenute (tutte) le risorse dell’impero: quanti (fossero) i cittadini e gli alleati in armi (6), quante le flotte, (quanti) i regni (tributari), (quante) le province, le imposte dirette o indirette, le spese necessarie e le elargizioni. Tutto questo (lo) (7) aveva scritto Augusto di suo pugno, e (vi) aveva aggiunto il consiglio di non esten-

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(1) anche nelle cose che non nascondeva; (2) a Tiberio (erano)... sempre parole incerte e oscure; (3) allora (a lui) che si sforzava... (le parole) si intricavano di più verso l’incerto e l’ambiguo; (4) ai quali (era) un’unica paura, (cioè) se sembrassero capire; (5) di lui stesso; (6) le forze pubbliche, quanto di cittadini e di alleati (vi fosse) in armi; (7) tutte queste cose;


dere i confini dell’impero (8), non si sa (se) per timore o per invidia. Intanto (9), mentre il senato si abbassava alle suppliche più umilianti, a Tiberio capitò di dire (10) che, se egli (si sentiva) ìmpari a (governare) tutto lo Stato, avrebbe però accettato il governo di qualsiasi parte (di esso) gli venisse affidata (11). Allora Asinio Gallo esclamò: “Posso chiederti, Cesare, quale parte dell’impero desideri che ti sia affidata? (12)”. Rimasto interdetto per la domanda imprevista, (Tiberio) tacque per un po’: poi, ripreso il controllo, rispose che non (era) affatto confacente alla (13) sua modestia scegliere o rifiutare qualcosa di ciò da cui preferiva essere interamente dispensato.

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1(8) di contenere (il territorio) entro i confini dell’impero; 1(9) fra queste cose; (10) Tiberio per caso disse; (11) qualsiasi parte gli fosse affidata, avrebbe accettato il suo governo; (12) chiedo, Cesare, quale parte dello Stato vuoi che ti sia affidata; (13) decoroso per la.

La felicità dei tempi nuovi non cancella i guasti del passato

A

bbiamo dato davvero una grande prova di sopportazione; e come l’età antica vide gli eccessi della libertà, così noi (abbiamo visto) gli eccessi della schiavitù (1), giacché (ci) è stato tolto per mezzo di spie (2) anche il diritto reciproco (3) di parlare ed ascoltare. Avremmo perso anche la memoria stessa, insieme alla voce, se dimenticare fosse in nostro potere come tacere (4). Ora finalmente riprendiamo coraggio (5); e sebbene sùbito, al primo sorgere di (questa) beatissima età, l’imperatore Nerva abbia unito (due) realtà un tempo inconciliabili, il principato e la libertà, e (sebbene) Nerva Traiano accresca ogni giorno la felicità dei tempi, e il popolo, ormai sicuro, abbia fatto proprie non solo la speranza ìnsita nelle promesse, ma (anche) la salda fiducia nel loro compimento (6), tuttavia, per la naturale debolezza umana (7), i rimedi sono più lenti dei mali; e, come i nostri corpi crescono lentamente (e) rapidamente si estinguono, così è più facile soffocare (8) che far rivivere le attività intellettuali (9): infatti si insinua (nell’animo umano) anche la dolcezza dell’inattività stessa, e l’ozio, dapprima odioso, finisce coll’essere amato (10). Che (dire dunque di noi), se (è vero che) per quindici anni - lungo periodo di tempo nella vita di un uomo (11) - molti sono morti per eventi fortuiti, tutti i più coraggiosi per la crudeltà

1(1) come l’età antica vide che cosa (di) estremo ci fosse nella libertà, così noi che cosa (di estremo ci fosse) nella servitù; 1(2) per mezzo di inquisizioni; 1(3) lo scambio; 1(4) se dimenticare fosse in nostro potere tanto quanto tacere; 1(5) ritorna il coraggio; 1(6) e la sicurezza pubblica abbia preso per sé (adsumpserit) non solo la speranza e la promessa, ma la fiducia e la forza della promessa stessa; 1(7) per la natura della debolezza umana; 1(8) più facilmente potresti soffocare; 1(9) gli ingegni e le attività; (10) alla fine è amato; (11) grande spazio della vita mortale;

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dell’imperatore, e siamo in pochi a sopravvivere, per così dire (12), non solo agli altri, ma anche a noi stessi, dopo che ci sono stati sottratti nel mezzo (13) della vita tanti anni, durante i quali siamo giunti in silenzio, (noi) giovani alla vecchiaia, i vecchi quasi all’estremo limite della senilità (14)?

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(14) quasi ai termini stessi dell’età trascorsa.

Lo scalcinato esercito di Vitellio

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entre nelle province queste imprese (1) venivano compiute da Vespasiano e dai capi del (suo) partito, Vitellio, di giorno in giorno più spregevole e inerte, fermandosi (di fronte) a tutte le attrattive delle città e dei villaggi (che incontrava), marciava su Roma con (il suo) greve esercito. (Lo) seguivano sessantamila soldati corrotti e indisciplinati (2); un numero (ancora) maggiore di portabagagli, (individui) dall’indole particolarmente impudente perfino per essere servi di vivandieri (3); una banda di innumerevoli (4) legati ed amici, inetti ad obbedire perfino se fossero (stati) assoggettati ad una disciplina ferrea (5). Appesantivano (quella) massa senatori e cavalieri che (gli) erano venuti incontro da Roma, alcuni per paura, molti per adularlo (6), i rimanenti, e poco per volta tutti, per non restare soli (7) mentre (gli) altri partivano. Si aggregavano plebei (8) noti a Vitellio per i (loro) ignobili servigi buoni a nulla, attori, aurighi - delle cui disonorevoli amicizie egli si compiaceva straordinariamente (9). E non solo le colonie o i municipi venivano saccheggiati come terra nemica per ammassare provviste (10), ma (anche) i campi dei singoli contadini (11) in cui le messi erano già mature (12). Molte e feroci (erano) le uccisioni reciproche dei soldati, poiché, dopo lo scoppio della rivolta del Ticino, non era cessata la discordia fra legionari ed ausiliari (13); quando (però) si doveva combattere contro i civili, l’accordo non mancava (14).

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(12) siamo pochi e, per così dire, superstiti; (13) portati via dal mezzo;

1(1) queste cose;

1(2) sessanta migliaia di armati corrotte (= le migliaia) dall’indisciplina (oppure: di corrotta indisciplina); 1(3) anche tra gli schiavi di vivandieri; 1(4) tanti; 1(5) inetta (= la banda) ad obbedire anche se fosse retta con somma disciplina; 1(6) per adulazione; 1(7) essi stessi; 1(8) (individui provenienti) dalla plebe; 1(9) dei quali disonori di amicizie egli godeva mirabilmente; (10) per accumulo di provviste; (11) i contadini stessi e i campi; (12) essendo già mature le messi; (13) permanendo la discordia delle legioni e delle milizie ausiliarie dopo la rivolta iniziata del Ticino; (14) (permanendo) l’accordo, quando bisognasse combattere contro i civili.


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Muciano esorta Vespasiano a proclamarsi imperatore

T

utti (coloro) che prendono la decisione di (accingersi a) (1) grandi imprese devono considerare se ciò che intraprendono (2) sia utile allo Stato, motivo di gloria per (loro) stessi, agevole da realizzare o almeno non (troppo) difficile; (e) insieme bisogna tenere in considerazione se la (persona) stessa che (li) consiglia (3) aggiunga al (proprio) suggerimento (anche) il proprio rischio, e, nel caso in cui la sorte sia stata propizia all’impresa, a chi tocchi (4) la gloria maggiore. (Ebbene), io invito all’impero te, Vespasiano, (e) quanto (ciò sia) salutare per lo Stato, quanto (sia) splendido per te, è nelle tue mani, dopo (quelle degli) dèi (5). E non temere che io abbia l’aria di un adulatore (6): essere eletti dopo Vitellio potrebbe essere più vicino ad un insulto che ad un onore. Noi non insorgiamo contro la mente acutissima del divo Augusto, né contro l’accortissima vecchiaia di Tiberio, (e) neppure contro la dinastia di Gaio (Caligola) o di Claudio o di Nerone, consolidata dal lungo impero; ti sei ritirato anche di fronte alle immagini (degli antenati) di Galba: rimanere ancora immobile e lasciar profanare e distruggere lo Stato parrebbe inerzia e viltà, anche ammesso che (7) la schiavitù fosse per te tanto sicura quanto disonorevole. Se n’è ormai andato, è finito il tempo in cui potevi dissimulare le tue ambizioni (8): non resta che (9) rifugiarsi nell’impero. O forse ti sei dimenticato dell’assassinio di Corbulone (10)? (Egli era) più nobile di origine di quanto lo siamo noi, lo ammetto, ma anche Nerone era superiore a Vitellio per nobiltà di natali. Chiunque sia temuto è abbastanza illustre agli occhi di chi teme (11).

1(1) intraprendono piani di; 1(2) ciò che viene incominciato;

1(3) la persona stessa deve essere considerata se; 1(4) a chi sia procurata;

1(5) dopo gli dèi è stato posto nella tua mano; 1(6) e non temere l’apparenza di un adulatore;

1(7) anche se; 1(8) sembrare non aver desiderato; 1(9) bisogna; (10) o forse ti è caduto (dalla mente) Corbulone assassinato?; (11) presso colui che teme.

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Impopolarità di Galba

P

er caso si era verificata la coincidenza che l’uccisione di Clodio Macro e (quella) di Fonteio Capitone venissero annunciate (contemporaneamente). Macro, che senza dubbio stava organizzando una sedizione (1) in Africa, (era stato lì ucciso) per ordine di Galba dal procuratore Trebonio Garuziano (2); Capitone, mentre tentava un’impresa simile (3), era stato ucciso in Germania dai comandanti delle legioni Cornelio Aquino e Fabio Valente (4) prima che ne ricevessero l’ordine (5). Ci fu chi credette (6) che Capitone, per quanto vergognosamente macchiato (7) di avidità e lussuria, tuttavia non avesse (mai) meditato progetti rivoluzionari (8), ma che dai comandanti, i quali avevano cercato di indurlo a ribellarsi (9), fosse stata a bella posta (10) montata (contro di lui) un’accusa calunniosa (11) dopo che avevano fallito nel tentativo di persuaderlo (12), e che Galba avesse dato il (suo) consenso, (o) per leggerezza (13) o per evitare di indagare più a fondo, dato che non era possibile cambiare (i fatti) in qualunque modo (si fossero) svolti (14). Peraltro entrambe le uccisioni (furono) accolte sfavorevolmente, e all’imperatore, una volta (divenuto) odioso, tanto le buone quanto le cattive azioni procuravano uguale ostilità. La corruzione dilagava (15), i liberti (erano) sempre più potenti (16), le mani degli schiavi (erano) avidamente protese per le occasioni improvvise (17) e si affrettavano (a coglierle), come (si fa in genere) con un vecchio (18), e (insomma) i mali della nuova corte (erano) gli stessi (della vecchia), altrettanto gravi, (ma) non altrettanto scusati. Perfino l’età era per Galba motivo di derisione e disprezzo da parte di coloro che erano abituati (19) alla giovinezza di Nerone e che facevano il confronto fra gli imperatori, com’è abitudine della gente, in base alla (loro) bellezza ed avvenenza fisica (20).

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1(1) fomentava disordini; 1(2) il procuratore Trebonio Garuziano... (aveva ucciso) Macro; 1(3) mentre intraprendeva cose simili; 1(4) i comandanti delle legioni... avevano ucciso Capitone; 1(5) prima che fossero ordinati; 1(6) ci furono (alcuni) che credevano; 1(7) vergognoso e macchiato; 1(8) si fosse astenuto dal pensiero di cose nuove (= rivoluzioni); 1(9) che (gli) consigliavano la guerra; (10) spontaneamente; (11) un’accusa e un inganno; (12) dopo che non poterono indurlo; (13) mobilità d’animo; (14) non potevano essere cambiati; (15) tutte le cose (erano) in vendita; (16) troppo potenti; (17) oppure: le caterve di schiavi (erano divenute) avide per gli eventi improvvisi; (18) e che si affrettavano come presso un vecchio; (19) per coloro che erano abituati; oppure: poiché (tutti) erano abituati; (20) del corpo.


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Incondizionata ammirazione di Plinio per Tacito

H

o letto il tuo libro e, più attentamente che ho potuto, ho annotato i passi che a mio avviso dovevano essere cambiati e quelli che dovevano essere eliminati (1). Io infatti ho l’abitudine di dire la verità e tu di ascoltar(la) volentieri. Nessuno, infatti, più di quelli che meritano sommamente di essere lodati, è disposto ad accettare di buon grado le critiche (2). Ora aspetto da te il mio libro con le tue annotazioni. O che scambio fruttuoso e felice! Quanto mi fa piacere (il fatto) che, se i posteri si prenderanno qualche cura di noi (3), sempre si dirà con quale concordia, semplicità e lealtà siamo vissuti! Sarà cosa rara e straordinaria che due uomini quasi uguali per età e condizione sociale, di una qualche fama nelle lettere - sono costretto infatti a parlare con una certa moderazione (4) anche di te, perché parlo nello stesso tempo di me - abbiano incoraggiato l’uno gli studi dell’altro. In realtà, (quando ero un) ragazzino, mentre tu eri già al culmine della fama e della gloria, desideravo ardentemente seguire te; (desideravo) essere ed essere considerato (anche) a grande distanza da te, ma il secondo (rispetto a te). E vi erano molte menti eccelse; ma mi sembrava che tu fossi (5) quello che si poteva e si doveva imitare di più - così esigeva la somiglianza della (nostra) natura. Per questo mi fa più piacere (il fatto) che, se (nasce) qualche discorso sugli studi, siamo nominati insieme, (il fatto) che a chi parla di te vengo subito in mente io. E non mancano persone che vengono preferite a entrambi noi. Ma (l’importante è che) noi - non mi importa nulla in quale posizione (6) - siamo uniti; infatti per me il primo (è) quello che viene dopo di te.

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(1) le cose che ritenevo si dovessero cambiare e quelle che (ritenevo) si dovessero eliminare; (2) nessuno infatti viene criticato più pazientemente di quelli che...; (3) se ai posteri (sarà) qualche cura di noi;

(4) piuttosto moderatamente;

(5) ma tu mi sembravi;

(6) ma noi, nulla mi importa in quale luogo.

Quando siamo ammalati siamo migliori

R

ecentemente la malattia di un amico mi ha fatto pensare che noi siamo ottime persone quando (1) siamo ammalati. Quale ammalato infatti è stimolato dall’avarizia o dalla lussuria (2)? Non si dedica agli amori, non desidera cariche, non si cura delle ricchezze e per quanto poco (abbia) lo considera sufficiente, come

(1) siano ottimi mentre; (2) quale ammalato stimola l’avarizia o la lussuria [soggetti]?;

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uno che sta per lasciarlo. Allora si ricorda (che esistono) gli dèi, allora (si ricorda) di essere un uomo, non invidia nessuno, non guarda nessuno con ammirazione, non disprezza nessuno, non dà (più) retta nemmeno ai pettegolezzi e non se ne alimenta (3): immagina (solo) bagni e sorgenti. Questa è la sua più grande preoccupazione, questa la sua più grande aspirazione, e riserva al per il futuro, nel caso che gli riesca (4) di scamparla, una vita rilassata e tranquilla, cioè inoffensiva e felice. Quello che i filosofi si sforzano di inculcare con un fiume di (5) parole e anche con un’enorme quantità di (6) libri, io posso insegnarlo a te e a me in breve: continuiamo (7) (quando siamo) sani ad essere tali quali promettiamo di essere (quando siamo) ammalati.

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(3) e neppure ai discorsi maligni o dà retta o è alimentato (da quelli); (4) (gli) tocchi; (5) moltissime; (6) moltissimi; (7) che continuiamo.

Plinio intercede presso un amico a favore di un liberto

I

l tuo liberto, col quale mi avevi detto di essere adirato, è venuto da me e, gettatosi ai miei piedi come (se fossero) i tuoi, (vi) è rimasto attaccato. Ha pianto molto, molto ha pregato, è stato anche molto in silenzio, insomma mi ha convinto (1) del suo reale pentimento: credo (che si sia) corretto, perché è convinto di aver sbagliato. Sei arrabbiato, lo so, e sei arrabbiato giustamente, so anche questo; ma il merito della mitezza (è) grandissimo (proprio) quando (2) il motivo dell’ira è più giusto (3). Hai voluto bene a (quell’) uomo e, spero, gliene vorrai (ancora): nel frattempo è sufficiente che ti lasci intenerire (4). (Ti) sarà consentito arrabbiarti di nuovo se lo meriterà, cosa che farai in modo più giustificabile dopo esserti lasciato intenerire. Concedi qualcosa alla sua giovinezza, alle (sue) lacrime, alla tua (stessa) indulgenza (5). Non tormentarlo (e) non tormentare anche te; infatti ti tormenti quando, (tu) così mite, ti arrabbi. Ho paura che sembri che io non ti preghi, ma ti costringa, se unirò alle sue preghiere le mie; tuttavia (le) unirò tanto più intensamente e abbondantemente quanto più aspramente e severamente l’ho redarguito, dopo averlo risolutamente minacciato che in seguito non (ti) avrei mai più pregato (per lui). Questo (l’ho detto) a lui, che bisognava si spaventasse, (ma) a te non (dico) la stessa cosa; infatti forse (ti) pregherò di nuovo, di nuovo otterrò: purché (la circostanza) sia tale che si addica a me pregare (e) a te concedere. Stammi bene.

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(1) mi ha dato garanzia;

(2) allora, quando; (3) giustissimo; (4) che (tu) permetta di farti intenerire;

(5) concedi qualcosa alla sua adolescenza, concedi(la) alle lacrime, concedi(la) alla tua indulgenza.


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Nelle votazioni a scrutinio segreto i burloni si divertono impunemente

T

i avevo scritto che bisognava temere che dalle votazioni a scrutinio segreto saltasse fuori qualche guaio. (Così) è accaduto. Negli ultimi comizi in alcune schede sono state trovate molte battute spiritose e anche delle sconcezze (1); in una poi, al posto dei nomi dei candidati, (sono stati trovati) i nomi dei (loro) fautori. Il senato diede in escandescenze e invocò a gran voce l’ira del principe (2) su colui che aveva scritto (quelle battute). Egli tuttavia è passato inosservato ed è rimasto sconosciuto, forse si è trovato addirittura fra coloro che si indignavano. Che cosa pensiamo che faccia nella vita privata (3) costui che in un momento così importante, in una circostanza così seria, scherza in modo così sguaiato, che insomma, per dirla in breve, in senato fa l’impertinente, lo spiritoso e il buffone? Tanta sfrontatezza infonde nelle indoli depravate la fiduciosa convinzione: “Chi lo verrà a sapere?” (4). Ha chiesto le schede, ha preso la matita (5), ha abbassato la testa, (è uno che) non ha paura di nessuno, (che) disprezza se stesso. Da qui (nascono) codeste beffe degne del palcoscenico di un teatro (6). Dove rivolgersi? Quali rimedi cercare? Dovunque i mali sono più forti dei rimedi.

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(1) cose vergognose a dirsi;

(2) il principe adirato;

(3) a casa (sua);

(4) quella fiducia: “Chi infatti (lo) saprà?” (5) lo stilo; (6) di un palcoscenico e di un teatro (endìadi).

Eufrate, un filosofo nobilissimo

P

er quanto mi è dato di vedere, in Eufrate molte qualità spiccano e rifulgono così da attrarre e colpire anche persone di cultura mediocre. Disserta in modo acuto, profondo, elegante, spesso riproduce anche quella famosa sublimità e ricchezza d’eloquio di Platone. La sua conversazione è faconda e varia, straordinariamente (1) piacevole, e (tale) che trascina e conquista anche quelli che recalcitrano. A ciò (si aggiunge) l’alta statura del corpo, un bel volto, capelli fluenti, una grande barba bianca (2); e per quanto queste qualità si possano considerare casuali e futili, a lui tuttavia conferiscono moltissimo (3) carisma. Nel suo modo di vestire (non c’è) nulla di

(1) fra le prime; (2) una barba grande e bianca; (3) moltissimo di;

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trasandato (4), (in lui non c’è) nessuna durezza, (bensì) molta (5) austerità; potresti provare un senso di rispetto quando ti viene incontro, non di paura (6). Grandissima (è) l’integrità della (sua) vita; pari la (sua) affabilità: perseguita i vizi, non gli uomini, e non punisce quelli che sbagliano, ma li corregge. Talvolta ho l’abitudine di lamentarmi con Eufrate delle mie occupazioni. Egli mi conforta (e) afferma che anche questo fa (7) parte della filosofia, e (ne è) anzi la (parte) più bella, (cioè) l’esercitare un’attività pubblica, l’istruire un processo, il giudicare (una causa), il mettere in luce e l’applicare la giustizia, e (insomma) il mettere in pratica quei (precetti) che gli stessi (filosofi) insegnano. Tuttavia solo in questo non riesce a convincermi: che sia preferibile svolgere queste attività (8) che trascorrere con lui intere giornate ad ascoltar(lo) e ad imparare. E tanto più esorto te, che hai tempo libero, ad affidarti a lui, quando verrai a Roma la prossima volta, per farti affinare e perfezionare. Io infatti non invidio altri, come (fanno) molti, per un bene di cui sono personalmente privo; anzi, al contrario: provo una sensazione di piacere (9) se vedo che gli amici possiedono in abbondanza quei beni che a me sono negati.

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(4) nessuno squallore; (5) molto di; (6) potresti rispettare il suo incontro, non temerlo;

(7) è;

(8) fare codeste cose;

(9) una sensazione e un piacere.

Per un giovinetto di buona famiglia occorre un maestro irreprensibile

F

inora il motivo della fanciullezza lo ha tenuto nell’(ambito della) tua cerchia familiare, ha avuto dei precettori in casa, dove le occasioni per deviare sono scarse o addirittura inesistenti (1). Ormai (però) i suoi studi devono uscire fuori della soglia (di casa), ormai bisogna pensare a procurarsi un retore latino della cui scuola siano (assolutamente) certe la severità, la dignità (e) soprattutto la condotta morale irreprensibile (2). Il nostro giovinetto infatti possiede (3), insieme a tutte le altre doti della natura e della fortuna, una straordinaria bellezza fisica, per la quale in questo (momento così) critico della (sua) età bisogna cercare non solo un precettore, ma anche un custode e una guida. Penso pertanto di poterti indicare Giulio Genitore. È un uomo corretto e serio, anche un po’ troppo rude e intransigen-

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(1) l’occasione per le deviazioni è scarsa o addirittura nulla;

(2) castità; (3) nel nostro ragazzo si trova;


te rispetto alla sregolatezza di questi tempi (4). Puoi prestar fede a parecchie persone (che garantiscono) quanto sia bravo nell’eloquenza (5): infatti la (sua) capacità di parlare si vede subito chiara e palese. Da quest’uomo tuo figlio non sentirà nulla che non sia destinato a giovargli (6), non imparerà nulla che sarebbe stato meglio non aver saputo e non gli sarà ricordato meno spesso da lui che da me e da te quali illustri antenati pesino su di lui (7), quali e quanto importanti nomi regga (sulle sue spalle). Perciò, con il favore degli dèi, affidalo a un precettore dal quale impari prima di tutto i buoni costumi, poi l’eloquenza, che mal si impara senza i buoni costumi. Stammi bene.

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(4) limitatamente a questa sregolatezza dei tempi; (5) oppure: quanto vigore abbia la sua eloquenza (cfr. analisi); (6) nulla se non destinato a giovare; (7) da quali illustri antenati sia gravato.

Dubbi di Plinio sulla colpevolezza dei cristiani

È

mia consuetudine, signore, riferire a te tutte le questioni sulle quali ho dei dubbi. Chi potrebbe infatti meglio (di te) guidare la mia esitazione o illuminare la (mia) ignoranza? Non ho mai partecipato ad inchieste sui cristiani: perciò non so che cosa e fino a che punto si sia soliti o punire o indagare. E sono stato non poco in dubbio se si debba fare qualche differenza di età (1) o se (i bambini), per quanto piccoli, non si debbano distinguere per nulla dagli adulti (2); (se) si debba concedere (3) il perdono al pentimento o se a colui che è stato senza dubbio cristiano non giovi l’aver cessato (di esserlo); (se) si debbano punire (4) il nome (in se) stesso, se (pure) sia scevro da misfatti, o i misfatti legati a (quel) nome. Nel frattempo, con quelli che mi venivano consegnati come cristiani, ho seguito questo procedimento. Ho domandato loro se fossero cristiani. Se confessavano, glielo domandavo (5) una seconda e una terza volta con la minaccia della condanna a morte (6): se si ostinavano (invece) ordinavo (7) di condurli (alla morte). Non avevo dubbi infatti che, qualunque cosa fosse quella che confessavano, si dovessero certamente punire la caparbietà e l’inflessibile ostinazione. Vi furono altri, affetti dalla stessa follia (8), che, dal momento che erano cittadini romani, ho condannato ad essere inviati a Roma.

(1) se ci sia qualche differenza delle età; (2) non si distinguano per nulla da quelli più vigorosi; (3) si conceda; (4) si puniscano;

(5) confessandolo... interrogai; oppure: interrogai quelli che confessavano; (6) avendo minacciato la condanna a morte; (7) ostinandosi... ordinai; oppure: quelli che si ostinavano, ordinai; (8) di simile follia.

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Plinio comunica a Traiano il suo comportamento nei processi contro i cristiani

(Mi) è stata presentata una denuncia anonima (1) contenente i nomi di molti. Quelli che negavano di essere cristiani o di esserlo stati, quando invocavano gli dèi secondo la formula da me pronunciata (2), e rendevano omaggio con incenso e vino alla tua immagine che per questo avevo ordinato di portare insieme alle statue degli dèi, e inoltre maledicevano Cristo - atti, questi, ai quali si dice che non possano assolutamente essere costretti (3) quelli che sono veramente cristiani - ho ritenuto che (fossero) da rilasciare. Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani e subito dopo (lo) negarono; (lo) erano stati, è vero, ma avevano smesso (di esserlo), alcuni da tre anni, altri da più (di tre) anni, qualcuno addirittura da vent’anni. Anche tutti questi venerarono la tua immagine e le statue degli dèi e maledissero Cristo. Affermavano poi che tutta la loro colpa o tutto il loro errore (4) erano consistiti in questo, (cioè) nel fatto che erano soliti (5) radunarsi in un giorno stabilito prima che sorgesse il sole, e recitare tra loro a cori alternati (6) una preghiera a Cristo come (se fosse) un dio, e vincolarsi con un giuramento non a (commettere) qualche crimine, ma a non commettere furti, violenze, adulteri, a non venir meno alla parola data, a non rifiutare (di restituire) un deposito dopo esserne stati richiesti. Compiuti questi atti, avevano (7) l’abitudine di ritirarsi e poi di riunirsi nuovamente per mangiare un cibo (che era) tuttavia comune e innocente; ma avevano smesso di fare anche questo (8) dopo il mio editto con il quale, secondo i tuoi ordini, avevo vietato che si formassero (9) dei sodalizi. Tanto più ritenni necessario interrogare due schiave, che si facevano chiamare diaconesse, (per scoprire) che cosa ci fosse di vero, ricorrendo anche alla tortura (10). Non ho trovato nient’altro che una superstizione stravagante e fanatica.

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1(1) senza autore; 1(2) suggerendo io (la formula);

1(3) a nessuno dei quali atti;

1(4) la totalità o della loro colpa o del (loro) errore; 1(5) era stata questa, che erano stati soliti; 1(6) a vicenda;

1(7) avevano avuto; 1(8) questa stessa cosa;

1(9) che ci fossero; (10) chiedere a due schiave che erano chiamate diaconesse che cosa ci fosse di vero, anche mediante torture.


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Umana sensibilità di Plinio verso gli schiavi

M

i hanno abbattuto le malattie, (e) anche le morti, dei miei (schiavi), per giunta ancor giovani. (Ho) due motivi di conforto, per nulla all’altezza di (1) un così grande dolore, ma pur sempre (2) conforti: uno (è) la facilità (che ho) di affrancare (gli schiavi) (mi) sembra infatti di non aver perduto del tutto prematuramente coloro che ho perduto già liberi -, l’altro (consiste nel) fatto che permetto anche agli schiavi di fare una specie di testamento, e lo osservo come (se fosse) legale. (In esso) ordinano e domandano ciò che (è) parso (loro) opportuno; (io) obbedisco come se fosse un ordine (3). Fanno divisioni, doni, lasciti, ma solo entro la casa; per gli schiavi infatti la casa è una specie di Stato e per così dire una città. Ma sebbene mi calmi con questi conforti, sono spossato e avvilito da quella stessa sensibilità umana che mi ha indotto a permettere proprio ciò. Non vorrei tuttavia per questo diventare più insensibile. Né ignoro che altri chiamano incidenti di tal genere niente più che danno (economico) e che per questo pensano di essere uomini grandi e saggi. Se costoro siano grandi e saggi, non so; (ma certo) non sono uomini. La prerogativa dell’uomo è infatti quella di (4) essere colpito dal dolore, sentir(lo), resister(gli) tuttavia e accogliere motivi di conforto (5), non (quella di) non avere bisogno dei conforto (5). Ma forse in proposito (6) (ho detto) più di quanto avrei dovuto; meno però di quanto avrei voluto. Esiste infatti una sorta di piacere anche nel soffrire (7), soprattutto se (tu) possa piangere sul petto di un amico, presso il quale sia pronta la lode o l’indulgenza per le tue lacrime. Stammi bene.

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(1) niente affatto pari a; (2) tuttavia;

(3) come (se fossi stato) comandato;

(4) è infatti proprio dell’uomo; (5) conforti; (6) su queste cose; (7) del soffrire.

Feroce comportamento di Domiziano contro la vestale massima Cornelia

D

omiziano, avendo concepito il desiderio di seppellire viva Cornelia, vestale massima (1), poiché pensava (2) che la sua èra venisse resa illustre da esempi di tal genere, grazie alla (sua) autorità di pontefice massimo o piuttosto alla (sua) ferocia di tiranno, con l’arbitrio di un padrone convocò gli altri

(1) massima delle vestali; (2) come colui che pensava;

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pontefici non nella Regia, ma nella (sua) villa Albana. E con un delitto non minore di quello che sembrava (voler) punire, (la) condannò per incesto senza farla venire di persona e senza averla ascoltata (3), benché egli stesso non solo avesse contaminato con l’incesto la figlia di (suo) fratello, ma l’avesse anche uccisa; infatti morì a causa di un aborto, (quando era già) vedova. Subito i pontefici (furono) inviati a provvedere a che fosse seppellita e uccisa (4). Ella, tendendo le mani ora a Vesta ora agli altri dèi, andava gridando molti lamenti (5), ma con particolare insistenza questo: “Cesare giudica impura me, grazie ai cui sacrifici (6) ha vinto (e) celebrato trionfi!”. Non si sa con certezza se dicesse (7) ciò per adularlo o per schernirlo, per sicurezza di sé o per disprezzo verso l’imperatore. (Lo) ripeté finché fu condotta al supplizio, non so se innocente, (ma) certo con l’apparenza di un’innocente (8). Ché anzi, mentre veniva calata in quel (famigerato) sotterraneo, poiché nello scendere (le) (9) si era impigliato il mantello, (ella) si voltò e (lo) recuperò, e poiché il carnefice le dava la mano, si ritrasse e fece un balzo indietro e respinse (quel) ripugnante contatto con un’estrema (testimonianza di) castità, come se il suo corpo fosse stato assolutamente casto e puro (10).

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1(3) assente e non ascoltata;

1(4) a seppellir(la) e uccider(la); 1(5) molte cose; 1(6) facendo la quale sacrifici; 1(7) è dubbio (se) abbia detto; 1(8) come (se fosse stata) innocente; 1(9) (a lei) che scendeva;

(10) come se (l’avesse respinto) da un corpo assolutamente casto e puro.

Plinio tesse un commovente elogio della giovane moglie Calpurnia

L

a (sua) intelligenza (e) la (sua) semplicità sono grandissime; mi ama, il che è segno di purezza. Si aggiunge a queste (doti) la passione per le lettere, che ha concepito grazie al (suo) amore per me. Tiene con sé (1) i miei scritti, (se li) legge continuamente, (li) impara anche a memoria. Da quale preoccupazione ella (è agitata) quando si accorge che sto per pronunciare un’arringa (2), da quanta gioia è animata quando l’ho tenuta! Pone (qua e là delle persone) che le facciano sapere quale consenso, quali applausi io abbia suscitato, quale esito del processo io abbia ottenuto. Così pure (3), se qualche volta tengo una lettura pubblica, si siede vicinissimo, separata da una tenda, e coglie con orecchie insaziabili le mie lodi. Canta poi anche i miei versi e (li) modula (accompagnandosi) con la cetra, senza che glielo

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(1) ha; (2) quando io (le) sembro stare per pronunciare un discorso;

(3) ella medesima;


abbia insegnato alcun musicista (4), ma (solo) l’amore, che è il miglior maestro. Da questi motivi sono indotto a sperare con la massima certezza (5) che la nostra armonia sarà (6) eterna e di giorno in giorno maggiore. Ella infatti non ama la mia giovinezza o le mie doti fisiche (7), che a poco a poco sfioriscono (8) e invecchiano, ma la (mia) gloria.

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(4) non insegnando(glielo) alcun musicista; (5) sono portato alla speranza certissima; (6) l’armonia per noi sarà; oppure: a noi sarà un’armonia; (7) la mia età o il (mio) corpo; (8) vengono meno.

Intemperanze giovanili di Nerone

M

anifestò la (sua) impudenza, la (sua) libidine, la (sua) lussuria, la (sua) avidità (e) la (sua) crudeltà dapprima gradualmente e di nascosto e come se si trattasse di errori giovanili (1), ma in un modo tale che anche allora nessuno aveva dubbi (2) che quei vizi fossero di natura (e) non di gioventù. Subito dopo il crepuscolo, calzato (3) un berretto o una parrucca, entrava nelle osterie e vagabondava per le strade in vena di scherzi (4), d’altronde non inoffensivi (5), se (si considera che) era solito picchiare (le persone) che ritornavano da una cena e ferire e buttare nelle fogne (quelle) che opponevano resistenza, (ed) anche sfondare le (porte delle) botteghe e saccheggiar(le). E spesso, in risse di questo genere, corse il rischio di (perdere) gli occhi e la vita, (essendo stato) ferito quasi a morte da un tale di rango senatorio, alla cui moglie aveva messo le mani addosso. Perciò, in seguito, non si azzardò mai più (a presentarsi) in pubblico (6) a quell’ora senza (la scorta di alcuni) tribuni, che lo seguivano di lontano e con discrezione (7). Anche in pieno giorno, fattosi trasportare di nascosto in teatro su una lettiga, assisteva dall’alto del proscenio alle liti dei pantomimi, nel contempo come vessillifero e come spettatore; e (una volta), poiché si era venuti alle mani e si lottava a (colpi di) pietre e di pezzi di sgabelli, gettò anch’egli molti (proiettili) sulla gente e ferì pure gravemente alla testa un pretore. (8)

(1) come per un errore giovanile; (2) a nessuno era dubbio; (3) afferrato; (4) dandosi al gioco; (5) e tuttavia non senza pericolo;

(6) non si affidò mai a un (luogo) pubblico; (7) di nascosto;

(8) la testa di un pretore.

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Tiberio infierisce contro Agrippina

P

oiché la nuora Agrippina, dopo la morte del marito, gli aveva indirizzato qualche lamentela un po’ troppo vivace, la prese per mano (1) e (le) rispose con un verso greco: “Se non domini, (cara) figliola, ritieni di subire (per questo) un torto?” (2), e in seguito non la degnò (più) di una parola. Dato che poi un giorno, a pranzo, ella non osò assaggiare dei frutti offerti(le) da lui, smise anche di invitar(la) (3), con il pretesto di essere accusato di (tentato) avvelenamento (4): mentre erano state preordinate ad arte entrambe le cose, (cioè) che egli (le) offrisse (i frutti) per metterla alla prova e che lei li rifiutasse, convinta che (mangiandoli) sarebbe senza dubbio morta (5). Alla fine, accusandola di volersi rifugiare ora presso la statua di Augusto, ora presso gli eserciti, la relegò a Pandataria, e siccome continuava ad insultarlo, le fece cavare un occhio a frustate da un centurione (6). Allora, avendo (ella) deciso di lasciarsi morire di fame, ordinò di rimpinzarla di cibo aprendole a forza la bocca (7). Ma poiché (ella) si ostinava (nel suo proposito) e trovò così la morte, dopo aver continuato a perseguitarla con estremo accanimento (ed) aver anche suggerito di includere (8) il suo giorno natale fra (quelli) nefasti, (si) fece un merito perfino (del fatto) di non averla fatta strangolare con un cappio e gettare nelle Gemonie (9): e permise che, per tale (atto di) clemenza, si emanasse un decreto in base al quale gli fossero rese grazie e si consacrasse un’offerta d’oro a Giove Capitolino.

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(1) prese per mano la nuora Agrippina che dopo la morte del marito s’era lamentata di qualcosa troppo liberamente; (2) vedi nota 2 all’analisi; (3) smise anche di invitare (lei) che un giorno a pranzo non aveva osato...; (4) fingendo di essere incolpato dell’accusa di veleno; (5) e che ella se ne guardasse, come da una morte certissima; (6) e (a lei) che insultava cavò un occhio a frustate per mezzo di un centurione; (7) ordinò che (a lei), che era risoluta a morire di fame, il cibo fosse cacciato dentro, aperta(le) la bocca a forza; (8) che doveva essere registrato; (9) che non l’aveva gettata nelle Gemonie strangolata con un laccio.

Giudizio critico su Cicerone

A

questo punto tu forse vorresti sapere già da un pezzo in quale considerazione (io) tenga Marco Tullio (Cicerone), il quale ha fama (di essere) il vertice e la fonte dell’eloquenza romana. Io ritengo che in ogni occasione egli si sia espresso con parole splendide e che sia stato magnifico, più di (1) tutti gli altri oratori, nell’abbellire (2) ciò che voleva mettere in evidenza. Ma mi pare che egli sia rimasto (ben) lontano dal ricercare i vocaboli più accuratamente, o per

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(1) davanti a; (2) rispetto all’abbellire;


grandezza d’animo, o per evitare la fatica (3), o per la convinzione che si sarebbero trovate a sua disposizione (4) anche senza cercarle (le parole) che ad altri venivano in mente a stento cercandole. Perciò (mi) sembra di aver appurato, poiché ho letto e riletto con estrema attenzione tutti i suoi scritti, che egli abbia usato con grande abbondanza e ricchezza tutti gli altri tipi di vocaboli: vocaboli propri, traslati, semplici, composti e vocaboli nobili che risplendono dappertutto nei suoi scritti, (e) spesso anche parole divertenti; mentre, al contrario, in tutte le sue orazioni si possono trovare (5) davvero pochissime parole impreviste e inattese, che non si possono scoprire (6) se non grazie allo studio, alla scrupolosità, all’attenzione e ad un saldo possesso mnemonico (7) dei componimenti poetici antichi. E definisco imprevista e inattesa (quella parola) che si pronuncia contro le previsioni e le aspettative (8) degli ascoltatori o dei lettori, di modo che, se (la) si eliminasse e si esortasse (9) colui che legge a cercar(ne una) lui stesso, o non (ne) troverebbe nessuna, o (troverebbe) un’altra parola non così adatta ad esprimere il significato (10).

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1(3) per rifiuto della fatica; 1(4) per lui sarebbero state presenti a disposizione;

1(5) puoi trovare; 1(6) scoprono; 1(7) molto ricordo; 1(8) l’attesa e l’opinione; 1(9) se tu la eliminassi e invitassi; (10) a significare.

Ti amo, maestro mio!

S

alve, maestro mio dolcissimo (1). Noi stiamo bene. Io sono rimasto a letto un po’ più del solito (2) per via della (mia) febbriciattola, che sembra essere passata. Dunque, dalle cinque alle nove del mattino (3), un po’ ho letto (qualche passo) dal De agri cultura di Catone, un po’ ho scritto, in modo meno miserabile di ieri, davvero! Poi, dopo aver salutato mio padre, inghiottendo acqua e miele fino alle tonsille (4) e risputando(la) “(mi) sono ristorato la gola”, piuttosto che dire “ho fatto i gargarismi” (quest’espressione) si trova infatti in Novio, credo, e altrove. Comunque, curata(mi) la gola, me ne sono andato da mio padre e (l’)ho assistito mentre sacrificava. Poi siamo andati (5) a (fare) colazione. Ho studiato un po’, ma non ho concluso nulla (6). Quindi ho cianciato a lungo con la mia mammina seduta sul letto. Io le dicevo (7): “Cosa pensi che stia facendo in questo momento il mio Frontone?”. E lei: “Tu, piut-

(1) salute (a te), maestro dolcissimo; (2) ho continuato a dormire un po’; (3) dall’undicesima (ora) della notte alla terza del giorno;

(4) fino alla gola;

(5) si andò; (6) e ciò (è stato) inutile; (7) il mio discorso era questo;

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tosto, cosa (pensi che stia facendo) la mia Grazia?” E io: “E cosa la nostra passerotta, Grazia la piccolina?” Mentre così chiacchieravamo (8) e litigavamo (su) chi (di noi) amasse di più l’uno (o l’altro) di voi due, è suonato il gong, ovvero è stato annunciato che mio padre era passato in bagno. Fatto il bagno, dunque, nel frantoio abbiamo cenato: (cioè,) non: “fatto il bagno nel frantoio”, ma: “fatto il bagno abbiamo cenato (nel frantoio)”; ed abbiamo ascoltato con piacere gli scherzi dei contadini (9). Tornato (a casa) di lì, prima di girarmi su un fianco per russare, svolgo il mio compito e faccio il resoconto della (mia) giornata al mio adorabile maestro, per il quale, se potessi sentirne di più la mancanza, mi struggerei volentieri ancora di più (10). Stammi bene (11), Frontone, dovunque tu sia, dolcissimo, amore mio, gioia mia. (Ma) che mi succede con te? (12) (Ti) amo anche se non ci sei (13)!

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1(8) (ci) raccontavamo tali cose;

1(9) i contadini scherzare; (10) che, se potessi rimpiangere di più, volentieri mi struggerei un po’ di più; (11) mi starai bene; (12) che cos’è a me con te?; (13) amo (te) che non ci sei.

Un grammatico controcorrente

A

Domizio, uomo erudito e grammatico celebre nella città di Roma, al quale era stato dato il soprannome di “Matto” perché era di carattere (1) piuttosto insofferente e scorbutico, a questo (2) Domizio, (dunque), il nostro Favorino, siccome lo aveva incontrato (3) per caso presso il tempio di Carmenta - ed io ero con Favorino - disse: “Ti prego, maestro, di rispondermi (4): ho forse sbagliato, per il fatto che, volendo tradurre in latino (il termine greco) “demegorie”, ho detto contiones? In effetti sono in dubbio e sto cercando di sapere (5) se qualcuno di quegli antichi (autori) che si sono espressi in modo più elegante abbia (mai) definito “concione” un discorso privato o pubblico” (6). Allora Domizio, con (un tono di) voce e un’espressione piuttosto severi, rispose: “Davvero non rimane (7) alcuna speranza di salvezza, se (8) anche voi, i più illustri tra i filosofi, non avete più a cuore altro che le parole e gli esempi autorevoli del loro uso (9). Ti manderò comunque un libro, in cui tu possa trovare ciò che cerchi. Io (10), (che pure sono) un grammatico, cerco ormai norme di vita e di comportamento, (ma) voi filosofi siete, come

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1(1) per natura; 1(2) quel; 1(3) era venuto incontro; 1(4) di dirmi;

1(5) indago; 1(6) abbia detto “concione” per parole e discorso; 1(7) non è rimanente; 1(8) di buona salute, quando; 1(9) le autorità delle parole; (10) io infatti;


dice Marco Catone, autentici beccamorti (11): infatti fate collezione di (12) glosse e parolucce, cose ripugnanti e inutili e insulse come le voci delle prèfiche (13). E magari” concluse “tutti (noi) uomini fossimo muti! La disonestà avrebbe meno risorse” (14).

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(11) mortori; (12) raccogliete; (13) delle donne prèfiche; (14) meno di risorsa;

Atroce dubbio di Chilone in un processo capitale a carico di un suo amico

“È

probabile - disse - che anche voi sappiate che, nel corso della (mia) lunga vita, pressoché tutte le mie parole e le (mie) azioni sono state (tali) da non dovermene pentire. Io, almeno (quidem certe) in questo momento, non mi inganno (affermando) che da me non è stato commesso nulla il cui ricordo mi sia (motivo) di inquietudine, se non ci fosse, a dire il vero, quell’unica cosa che non mi è ancora del tutto chiaro se io abbia compiuto rettamente o meno (1). Io fui giudice, insieme ad altri due, nel processo capitale (a carico) di un amico. La legge era tale (2) che non si poteva evitare (3) che quell’uomo fosse condannato. Si sarebbe dovuto pertanto o perdere un amico (condannandolo) a morte o ricorrere alla frode nei confronti della legge (4). Meditai molto tra me e me (5) per trovare un rimedio ad una situazione così ambigua. (Mi) parve che la soluzione che adottai (6) fosse, in confronto alle altre, più facilmente tollerabile (7): io stesso in segreto votai per condannar(lo), (ma) convinsi quelli che giudicavano insieme (a me) ad assolver(lo). Così, in una situazione tanto grave, per me fu salvo il dovere del giudice e (quello) dell’amico. (Ma) da quel fatto ricavo un senso di disagio: temo (infatti) (8) che non sia privo di mala fede e di colpa l’aver convinto altri, sulla medesima questione, nella medesima occasione e in un’incombenza comune, ad un (comportamento) opposto a quello che mi sembrò il migliore da adottare (9) per me”. E così questo Chilone, uomo di eccelsa sapienza, fu in dubbio sul limite al quale mai (10) si sarebbe dovuto spingere per un amico contro la legge e contro il diritto, e quel dubbio angustiò il suo animo perfino in punto di morte (11).

1(1) o malamente; 1(2) fu così; 1(3) era necessario; 1(4) applicare la frode alla legge; 1(5) esaminai molte cose (= possibilità) con il mio animo; 1(6) quello che feci; 1(7) rispetto a quanto lo erano altre, più facile a sopportarsi;

1(8) questo disagio, (cioè il fatto) che temo;

1(9) la cosa che ritenni migliore da farsi; (10) fin dove mai; (11) quella cosa angustiò il suo animo anche nella stessa fine della vita.

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È forse una colpa lavarsi i denti?

M

i piacerebbe dunque che il mio accusatore Emiliano (mi) rispondesse se egli stesso abbia mai l’abitudine di lavarsi i piedi; o, se non nega di averla (1), (mi piacerebbe che) proclamasse (2) che bisogna riservare maggior cura di pulizia ai piedi che ai denti. Certo, se uno, come (fai) tu, Emiliano, non apre (3) praticamente (ferme) mai la bocca (4) se non per (pronunciare) insulti e calunnie, mi pare giusto che non dedichi alcuna cura alla (sua) bocca (5) e che non si pulisca con una polvere esotica i denti - farebbe infatti meglio a strofinarseli con carbone di rogo (6) - e che non se li lavi nemmeno con acqua comune: anzi, la sua lingua (7) malefica, dispensatrice di menzogne e cattiverie, se ne stia sempre ferma nel suo fetente letamaio (8). Perché, dannazione, che senso ha (9) avere la lingua pulita e piacevole (e) la voce, invece, sporca e disgustosa, iniettare come una vipera nero veleno da un dentino candido? Al contrario, la bocca di colui che sa di dover pronunciare un discorso né inutile né spiacevole, viene a buon diritto preparata lavandola (10), come il bicchiere per una buona bevanda. Ma perché mi dilungo sull’essere umano? (11) (Quella) belva terribile, il ben noto coccodrillo che nasce nel Nilo, anch’essa, come sento dire, offre i denti a bocca spalancata per farseli pulire, senza fare del male (12). Infatti, siccome ha la bocca larga (13), ma priva di lingua e per lo più aperta nell’acqua, molte sanguisughe si impigliano ai (suoi) denti; e dopo che, uscito sulla riva del fiume, ha aperto la bocca, uno degli uccelli del fiume, (suo) amico (14), infilatovi il becco, gliele estirpa senza correre alcun rischio (15).

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1(3) non apra; 1(4) la sua bocca; 1(5) ritengo opportuno che non si dedichi alla bocca con alcuna cura; 1(6) che più giustamente potrebbe strofinare con carbone (proveniente) da un rogo; 1(7) a lui la lingua; 1(8) nei suoi letamai e fetori; 1(9) infatti… che sistema è;

(10) colui che sappia... , a buon diritto la sua bocca viene lavata prima; (11) e perché io (dovrei parlare) più a lungo del nato uomo?; (12) offre i denti da pulire a sé con innocuo spalancamento; (13) è di bocca larga; (14) uccello amico; (15) senza pericolo di danno.

La questua dei seguaci di Cìbele - I

I

l giorno seguente, agghindati con abiti di vari colori (1) e tutti quanti camuffati con fogge orribili (2), con la faccia spalmata di untuoso belletto e gli occhi truccati con la matita, si presentano (in pubblico), dopo aver indossato (3) piccole mitre e vesti – gialle femminili (crocotis) sia di lino sia di seta, (ed)

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1(1) se non nega ciò; 1(2) oppure: provi a proclamare;

(1) vestiti di vari colori; (2) e orribilmente foggiati ciascuno; (3) messisi dentro;


alcuni con tuniche candide strette in vita da una cintura (4), adorne di (motivi di) porpora a forma di piccole lance che serpeggiava(no) in ogni direzione (5), calzando nei piedi scarpette dorate; poi (6), la (statua della) dea, coperta con un mantello di seta, me la mettono da portare (sul dorso) (7), e, denudatisi le braccia fino alle spalle, levando in alto enormi spade e scuri, si scatenano al grido di “Evàn!” in una danza forsennata, eccitata ancora di più dal suono del flauto (8). Passate in rassegna non poche casette, giungono ad una villa di un ricco signore, e subito davanti alla porta (9) si danno a correre come dei pazzi, mettendosi a strepitare con urla assordanti, a lungo contorcendo il collo, a testa bassa, con movimenti serpentini, roteando all’intorno i penduli capelli e di tanto in tanto azzannandosi i muscoli; alla fine, con un coltello a doppio taglio che impugnavano, ognuno si tagliuzzò le braccia (10). In mezzo a questo scompiglio uno di loro si agitava (11) più sfrenatamente (degli altri), e, traendo respiri affannosi (12) dal profondo del petto, come (se fosse) invasato dal divino afflato della dea, simulava uno spossato delirio: come se la presenza divina fosse solita rendere gli uomini, anziché maggiormente padroni di sé, deboli o malati (13).

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1(4) cinti (= i sacerdoti) nelle tuniche bianche da una fascia; 1(5) dipinte di porpora serpeggiante in ogni direzione in forma di piccole lance; 1(6) e; 1(7) mi pongono sopra (imponunt) da portare la dea coperta con un mantello di seta; 1(8) si scatenano gridando “Evàn!” mentre il suono del flauto eccita una danza forsennata; 1(9) dal primo ingresso; (10) tagliano ciascuno le sue braccia; (11) in mezzo a queste cose uno di loro si agita; (12) frequenti; (13) proprio come se gli uomini per la presenza degli dèi fossero soliti non diventare migliori padroni di sé, ma essere resi deboli o malati.

La questua dei seguaci di Cìbele - II

Cominciò, con voce altisonante da profeta

invasato (1), ad accusare e incolpare se stesso, ma se l’era inventato di sana pianta (2), dicendo che aveva profanato non so che (3) violando le leggi della (sua) santa religione (4), e, come se non bastasse (insuper), (si mise) ad esigere lui stesso per sé, dalle (5) proprie mani, la giusta punizione del delitto commesso (6). Infine, afferrato un flagello - che è l’arnese (7) tipico di quei mezzi uomini - munito, a mo’ di frangia, di lunghe cordicelle ritorte di lana (8) e fornito di tasselli (tesseratum) (fatti) di numerosi ossicini di pecora, con questo comincia a percuotersi (9) sferzandosi

(1) comincia con profezia a voce spiegata; (2) inventata una menzogna; (3) come se avesse dissuggellato qualcosa; (4) contro la legge della santa religione; (5) con le; (6) del fatto colpevole; (7) il carico; (8) frangiato abbondantemente di cordicelle ritorte di vello lanoso; 1(9) da questa stessa cosa si percuote;

401


con i molti nodi (delle corde) (10), reso straordinariamente insensibile ai (11) dolori dei colpi dalla (sua) ostinazione. Si sarebbe potuto vedere, ai tagli delle spade e ai colpi dei flagelli, il suolo inzupparsi della porcheria di (quel) sangue effeminato. E questo fatto mi incuteva non poca preoccupazione, mentre vedevo (12) il sangue versato in abbondanza da tante ferite, (nel timore) che per qualche caso, come lo stomaco di certi uomini ha sete di latte, così quello della dea straniera avesse sete di sangue d’asino (13). Ma quando infine, stanchi o per lo meno sazi del proprio dilaniarsi, posero fine alla carneficina, si misero a raccogliere nelle ampie vesti le monete di bronzo, anzi, perfino d’argento, che molti gettavano loro (14) a gara, non senza un orcio di vino, del latte, formaggi e un po’ di farro e di frumento.

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(12) a me che vedevo... incuteva;

(13) (nel timore) che per qualche caso lo stomaco della dea straniera, come (quello) di alcuni uomini (desidera) il latte, così ella desiderasse sangue d’asino; (14) molti offrendole (loro).

I ricchi romani disprezzano gli stranieri rispettabili

O

ra invece, se (tu), straniero rispettabile, ti recherai per la prima volta, per salutarlo, da qualcuno ben provvisto di soldi e perciò pieno di sé, sarai accolto come (se fossi) ardentemente desiderato, e, sottoposto a molte domande e costretto a inventarti le risposte (1), ti stupirai che, senza averti mai visto prima (2), un personaggio (così) illustre presti una così intensa attenzione (3) a te (che sei un uomo) da nulla, (tanto) che ti dispiacerà, per questa accoglienza in apparenza straordinaria (4), di non aver visitato Roma dieci anni prima. E quando, fiducioso in questa affabilità, il giorno dopo rifarai la stessa cosa, dovrai restartene (lì) impalato (5) come uno sconosciuto e un seccatore (6), mentre quello che ieri ti aveva invitato, passando in rassegna i (suoi) clienti, troppo a lungo stenterà a ricordare (7) chi sei o di dove arrivi. Poi, finalmente riconosciuto ed ammesso fra gli amici (8), se per tre anni di seguito (9) ti sarai dedicato alla consuetudine del saluto (del mattino) e per altrettanti giorni (10) sarai mancato, ritornerai per sopportare un identico trattamento (11), senza che ti si chieda neppure dove (tu) sia stato (12); e se, disgraziato, non te ne andrai di lì, passerai tutta la vita a cavare sangue da una rapa (13). Infatti (i ricchi romani) evitano

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(10) con colpi dai molti nodi; (11) fortificato contro i;

1(1) mentire; 1(2) ti stupirai, (tu) mai visto prima, che; 1(3) presti attenzione così, in modo alquanto intenso; 1(4) per questi beni come straordinari; 1(5) starai fisso; 1(6) inaspettato; 1(7) quell’invitatore di ieri... rimanendo troppo a lungo dubbioso; 1(8) nell’amicizia; 1(9) immancabile; (10) per un tempo di altrettanti giorni; (11) per sopportare pari cose; (12) neppure interrogato dove fossi; (13) a far germogliare inutilmente un palo;


gli uomini cólti e perbene come (individui) di malaugurio e inutili, e a questo si aggiunge (14) anche (il fatto) che pure i nomenclatori, abituati a far commercio di queste e simili cose, intascata la mancia, ammettono alle elargizioni ed ai banchetti certi (individui) di bassa condizione e sconosciuti.

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Giuliano è proclamato imperatore

N

essuno tacque dopo la fine di questo discorso (1), ma tutti i soldati battendo gli scudi sulle ginocchia con spaventoso fragore, il che è segno di pieno consenso (2), - al contrario, infatti, quando si percuotono gli scudi con le lance, è segno di ira e di malcontento (3) -, approvarono, tranne pochi, la scelta dell’Augusto, (è) incredibile con quale e quanto grande gioia, ed accoglievano con meritata ammirazione il Cesare, splendente nel fulgore (4) della porpora imperiale. Ed osservandone a lungo ed attentamente gli occhi belli e terribili (5) ed il volto amabile pur nei lineamenti un po’ contratti (6), cercavano di cogliere che uomo (7) sarebbe stato, come se avessero consultato (8) gli antichi libri la cui lettura rivela, attraverso (l’interpretazione dei) tratti somatici, le intime disposizioni dell’animo (9). E, perché fosse rispettata la deferenza nei confronti del superiore (= Costanzo II), non lo lodavano né in modo eccessivo (10) né meno di quanto fosse conveniente, e perciò (i loro) furono considerati giudizi di censori, non di soldati. (Ma Giuliano), ammesso infine a condividere il carro (con l’imperatore) (11) ed accolto nella reggia, sussurrava (fra sé) questo verso del (12) poema di Omero: “lo colse la purpurea morte e il fato onnipotente”.

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(14) aggiungendosi a ciò.

1(1) dopo queste cose finite; 1(2) segno pieno di felicità; 1(3) di dolore; 1(4) per il fulgore; 1(5) terribili con bellezza; 1(6) amabile (sebbene) in modo un po’ eccitato; 1(7) coglievano quale; 1(8) come essendo stati consultati; 1(9) le cose interne degli animi; (10) oltre misura; (11) al sedere insieme sul carro [vehiculi = genitivo oggettivo]; (12) (tratto) dal.

Origine dei Saturnali

S

u questa terra che ora si chiama Italia regnò (1) Giano, che si dice avesse due facce, così da poter vedere le cose che erano davanti e quelle che erano dietro le (sue) spalle: ma questa (credenza)

(1) tenne con il regno questa terra…;

403


deve essere senza dubbio riferita alla saggezza e all’abilità del re, che conosceva il passato e prevedeva il futuro. Questo Giano dunque, avendo ospitato (2) Saturno (che era) giunto per mare (3), e, dopo aver imparato (4) da lui la pratica dell’agricoltura, avendo migliorato quell’alimentazione (che) prima della scoperta della coltivazione (5) (era) selvaggia e rozza, lo ricompensò associandoselo nel regno (6). Essendo pure il primo a coniare (7) monete di rame, (Giano) espresse (8) il (suo) rispetto per Saturno anche in questo, (cioè nel fatto) che, siccome egli era giunto su una nave, da una parte (delle monete) era raffigurata l’effigie della sua testa, dall’altra invece una nave, per tramandare così (9) ai posteri il ricordo di Saturno. Che la moneta fosse stata così coniata lo si capisce anche oggi nel gioco d’azzardo, quando i ragazzi, lanciando in alto le monetine, esclamano, con un gioco testimone dell’antichità (della tradizione), “testa” (10) o “nave”. Poiché intanto Saturno era scomparso all’improvviso, Giano dapprima chiamò Saturnia tutta la regione soggetta al suo dominio, poi (gli) consacrò come a un dio un altare con riti sacri che chiamò Saturnali. Si dice che i tempi del suo regno (siano stati) assai felici, non solo per l’abbondanza dei prodotti, ma anche perché non esisteva ancora nessuna discriminazione tra schiavi e liberi (11): e questo si può capire dal fatto che durante i Saturnali viene concessa ai servi libertà totale.

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1(2) accolto in ospitalità; 1(3) trasportato da una nave; 1(4) essendo stato istruito nella; 1(5) prima delle messi conosciute; 1(6) lo ricompensò con la società del regno; 1(7) coniando per primo; 1(8) conservò; 1(9) (un sistema questo) con cui tramandasse;

(10) teste;

(11) perché nessuno ancora era discriminato in base alla schiavitù o alla libertà.

Il cristiano affronta il martirio non per fanatismo, ma perché Dio è con lui

Q

uale soldato non sfiderebbe il pericolo con maggior audacia sotto gli occhi del comandante? Nessuno infatti riceve il premio prima di (aver dato) prova (del suo valore). E tuttavia il comandante non può dare (1) quello che non possiede: non può prolungare la vita, può (solo) attribuire onore al comportamento sotto le armi (2). Invece il soldato di Dio non è abbandonato nel dolore, né cessa di esistere con la morte. Così il cristiano può apparire infelice, ma non può (mai) esserlo veramente (3). Voi stessi portate alle stelle (4) uomini disgraziati come Muzio Scevola, che, avendo sbagliato (il colpo) contro il re, sarebbe

404

(1) non dà; (2) al servizio militare; (3) essere rinvenuto (tale); (4) al cielo;


perito fra i nemici se non avesse fatto perire la (sua mano) destra. E quanti dei nostri sopportarono senza alcun gemito che non solo la mano destra, ma tutto il (loro) corpo fosse arso (e) bruciato, sebbene (cum praesertim) fosse (5) in loro potere il sottrarsi (a simili torture)! Paragono con Muzio o con Aquilio o con Regolo (i nostri) uomini? (Ma perfino) i nostri fanciulli e le nostre donnette si fanno beffe delle croci e delle torture, delle belve e di tutte le forme più spaventose di supplizi (6), poiché è stata (loro) ispirata (da Dio) la sopportazione del dolore! E non capite, sciagurati, che non c’è nessuno che voglia subire una pena senza una ragione o che possa sopportare le torture senza (l’aiuto di) Dio.

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(5) avessero;

(6) tutti gli spauracchi dei supplizi.

Sulla splendida riva del mare alcuni ragazzi giocano a rimbalzello

M

entre egli così parlava (1), dopo aver attraversato il centro della città, eravamo ormai arrivati sul litorale aperto. Lì l’onda, riversandosi lieve, levigava i bordi sabbiosi come se li spianasse per una passeggiata; e poiché il mare è sempre in movimento anche dopo che i venti si sono calmati, sebbene non si abbattesse sulla terra con flutti bianchi di spuma (2), tuttavia fummo grandemente dilettati dai (suoi) ondeggiamenti increspati e insieme sinuosi, poiché noi bagnavamo le piante (dei piedi) proprio sul limitar dell’acqua, che l’onda con moto alterno ora spingeva fino ai nostri piedi scherzando (3), ora, rifluendo e cancellando (4) le orme, riassorbiva in sé. Procedendo (5) così lentamente e tranquillamente, percorrevamo il limite della spiaggia dolcemente incurvata, mentre i discorsi ingannavano il cammino. Questi discorsi erano il racconto di Ottavio, che parlava del (suo) viaggio per mare. Ma, dopo aver percorso discorrendo un tratto di strada abbastanza lungo da esaurire quest’argomento (6), ripercorrevamo a ritroso la stessa strada ritornando sui nostri passi (7), e quando giungemmo in quel luogo in cui (8) le barche tirate in secco riposavano, tenute sollevate dal terreno che può danneggiarle per mezzo di rulli di legno (9) messi sotto, scorgemmo (10) dei ragazzi che a gara si divertivano a giocare lanciando

1(1) con questo suo discorso;

1(2) bianchi e spumeggianti;

1(3) contro il quale ora, alternativamente spinto ai nostri piedi, batteva scherzando; 1(4) trascinando via; 1(5) avendo camminato; 1(6) abbastanza commisurato con il discorso; 1(7) percorrevamo la stessa strada avendola (già) percorsa, voltati nuovamente i passi; 1(8) si giunse a quel luogo dove; 1(9) sospese dal danno terreno con legni; oppure: dalla pendenza terrena; (10) scorgiamo;

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sassolini (11) in mare. Questo gioco consiste nel raccogliere dalla spiaggia un ciottolo arrotondato levigato dal movimento delle onde, (e), dopo averlo preso tra le dita di piatto (12), (stando) inclinati e abbassati verso terra quanto più si può, lanciarlo facendolo ruotare a pelo dell’acqua, in modo che quel proiettile sfiori (13) la superficie del mare (e) resti a galla mentre scivola con slancio leggero, oppure, dopo aver tagliato la sommità delle onde, schizzi fuori e riemerga mentre si solleva con continui salti. Si riteneva vincitore tra i ragazzi quello il cui sasso arrivasse più lontano e rimbalzasse di più.

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(11) con lanci di sassolini;

(12) questo ciottolo, preso con le dita in posizione piatta; (13) sfiorasse (per questo e gli altri congiuntivi imperfetti tradotti con il presente cfr. nota 20 all’analisi).

Gli spettacoli sportivi come manifestazione di follia collettiva

D

al momento che, dunque, il delirio ci è proibito, siamo tenuti lontani da ogni spettacolo, anche da (quelli del) circo, dove il delirio è padrone incontrastato (1). Guarda la gente che si reca a questo (tipo di) spettacolo già in preda alla follia (2), già sovreccitata, già cieca, già in agitazione per le scommesse. Il pretore le sembra lento (3): gli occhi roteano continuamente nella sua urna insieme con i biglietti da estrarre. Poi aspettano col fiato sospeso, ansiosi, il segnale (del via) (4); il grido di quella demenza collettiva è uno solo (5) - riconosci la demenza dall’insensatezza (del comportamento) -: “Via!”, esclamano, e si annunciano l’un l’altro ciò che è stato visto contemporaneamente da tutti. Ho la prova della (loro) cecità: non vedono che cosa sia stato lanciato; credono (che sia) un drappo, ma è l’immagine del diavolo precipitato dall’alto. Così, da quel (momento), ci si lascia andare (6) al delirio, alle passioni, alle risse e a tutto ciò che i sacerdoti della pace non ammettono (7). E poi maledizioni, insulti senza giusta ragione (iustitia) di odio (ed) anche grida di entusiasmo (8) senza plausibile motivo (merito) d’amore. Quale possesso intimo sono infatti destinati a conseguire (9), che cosa fanno lì (quegli individui) che non sono (nemmeno più) in possesso di se stessi? (10) A meno che, per caso, (non siano lì per fare) solo ciò grazie a cui non sono più se stessi (11): (infatti) per l’infelicità altrui si affliggono, per la felicità altrui si rallegrano. Tutto ciò che desiderano, tutto ciò che odiano, è loro estraneo; così in loro l’amore è futile e l’odio immotivato.

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1(1) presiede specialmente; 1(2) con furore; 1(3) per essa il pretore è lento; 1(4) pendono ansiosi (guardando) al segnale; 1(5) di una sola demenza una sola è la voce;

1(6) si va; 1(7) tutto ciò che per i sacerdoti della pace non è lecito; 1(8) approvazioni; 1(9) che cosa (di) loro, infatti, hanno intenzione di ottenere; (10) che non sono loro (= padroni di se stessi); (11) non sono loro.


100

Bisogna soccorrere in qualunque circostanza un uomo bisognoso

S

e nuocere ad un uomo è contro natura, ne consegue necessariamente (1) che giovare ad un uomo sia conforme a natura: e chi non fa ciò, si spoglia del nome di uomo, poiché è dovere dell’umanità soccorrere un uomo che si trova nella necessità e nel pericolo (2). Domando dunque a coloro che non ritengono che sia proprio del sapiente intenerirsi e commuoversi, se pensano che si debba portare aiuto o no nel caso in cui un uomo, assalito da una belva, supplichi per sé il soccorso di un uomo armato. Non sono così impudenti da dire che non bisogna fare (3) ciò che esige, ciò che implora la natura umana. Allo stesso modo (domando) se pensino che sia proprio di un uomo non prestare soccorso nel caso in cui qualcuno sia circondato dal fuoco, schiacciato da un crollo, sommerso dal mare, travolto da un fiume. Non sarebbero essi stessi uomini se (lo) pensassero - tutti infatti possono essere esposti (4) a pericoli di tal genere -, anzi diranno piuttosto che salvare uno che sta per morire è proprio di un uomo, e di un uomo coraggioso. Se dunque in casi di tal genere, che mettono in pericolo la vita (5) di un uomo, concedono che sia proprio dell’umanità portare soccorso, che motivo c’è per cui ritengano che non si debba portare aiuto nel caso in cui un uomo abbia fame, sete, freddo? Benché queste (evenienze) siano per natura pari a quei casi fortuiti e richiedano un’unica e medesima umanità, tuttavia per quelle fanno una distinzione (6), perché misurano tutte le cose non dalla realtà del fatto in sé (7), ma dall’utilità presente. Infatti sperano che quelli che (essi) strappano al pericolo contraccambieranno loro il favore, (quanto a)i bisognosi invece, poiché non sperano (di essere contraccambiati da loro), ritengono che vada perduto tutto ciò che donano a uomini di tal genere.

101

(1) è necessario;

(2) venire in aiuto alla necessità e al pericolo di un uomo;

(3) che si faccia;

(4) nessuno infatti può non essere soggetto; (5) poiché portano pericolo alla vita;

(6) distinguono quelle; (7) dal reale fatto stesso.

La morte dell’amico

O

rmai quell’uomo errava con me nell’animo e la mia anima non poteva (stare) senza di lui. Ed ecco (che) tu, che incombi alle spalle dei tuoi fuggitivi, “Dio delle vendette” e nello stesso tempo fonte di ogni miseri-

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cordia (1), che ci converti a te in modi stupefacenti, ecco (che) lo togliesti (2) da questa vita, dopo che aveva trascorso un anno appena nella mia amicizia, per me dolce al di sopra di tutte le dolcezze di quella mia vita. Da questo dolore il mio cuore fu ricoperto di tenebra, e tutto ciò che vedevo era morte. E la patria era per me un supplizio, e la casa paterna una incredibile infelicità, e tutto ciò che avevo messo in comune con lui, senza di lui si era mutato in una sofferenza lacerante. I miei occhi lo cercavano dovunque, e non lo trovavano (3); e odiavo tutte le cose perché non avevano lui, e non potevano più dirmi: “Ecco(lo), verrà”, come quando da vivo non era lì (4). Io stesso ero divenuto per me un grosso punto interrogativo, e chiedevo alla mia anima perché fosse triste, perché mi tormentasse tanto (5), e non sapeva rispondermi niente. E se (le) dicevo: “Spera in Dio”, giustamente non (m)i obbediva, perché era più vero e migliore (quell’) uomo carissimo che aveva perso, di (quel) fantasma in cui le ordinavo (6) di sperare. Solo il pianto mi era dolce. Ed io continuavo ad essere (7) per me un luogo di infelicità (8), dove non potevo restare, dal quale non potevo fuggire (9).

(1) delle misericordie; (2) togliesti l’uomo;

(3) non si dava (allo sguardo); (4) come quando era assente essendo vivo; (5) molto; (6) era ordinata (da me); (7) ero rimasto; (8) infelice; (9) dove né potevo stare né allontanarmi di lì.

102

Solo l’impunità distingue il governante disonesto dal ladro

I

(1) allontanata la giustizia;

n assenza della giustizia (1), quindi, che (altro) sono i regni, se non grandi bande di ladri? Perché, anche le bande di ladri che (altro) sono, se non piccoli regni? Anche la banda (2) è un insieme di uomini, è retta dal comando di un capo, è vincolata da un patto sociale (3), (e in essa) il bottino si divide in base ad una legge concordemente accettata (4). Se questa mala pianta cresce con l’adesione di (altri) delinquenti (5) al punto (in tantum) da occupare anche territori, stabilire (proprie) sedi, impadronirsi di città (e) sottomettere popolazioni, assume più chiaramente il nome di regno, che le viene attribuito evidentemente non per l’avidità eliminata, ma per l’impunità raggiunta (6). In modo davvero spiritoso e veritiero rispose al famoso Alessandro Magno un pirata (che era stato) fatto prigioniero. Poiché infatti il suddetto (7) sovrano gli aveva chiesto che mai avesse in mente per infestare il mare (8), egli, con schietta franchezza, rispose: “(Quello) che (hai in mente) tu per (infestare) il mondo (9); ma siccome io lo faccio con una piccola nave, vengo definito ladro; siccome tu (lo fai) con una grande flotta, (sei chiamato) imperatore”.

408

(2) essa stessa; (3) di società; (4) con la legge di ciò che è stato approvato; (5) se questo malanno cresce con le adesioni di uomini sciagurati; (6) che chiaramente le conferisce non l’avidità abolita, ma l’impunità aggiunta; (7) il medesimo; (8) aveva chiesto all’uomo che cosa gli sembrasse (giusto), (così) da infestare il mare; (9) (quello) che (sembra giusto) a te, (così) da (infestare) il mondo.


LE SCHEDE Questa sezione non è un tradizionale corso di sintassi latina, bensì una raccolta in ordine alfabetico di schede sui principali argomenti della sintassi del verbo e del periodo. Essa ha lo scopo pratico di aiutarti a ripassare velocemente quello che non ricordi più, che conosci solo in modo approssimativo o che non sai come tradurre. Le schede sono pertanto organizzate in maniera tale che tu possa utilizzare solo quello che ti serve. Infatti esse contengono, per le proposizioni: • un riquadro in cui sono evidenziati semplicemente gli introduttori e il modo del verbo; • una parte prettamente teorica con l’esemplificazione delle regole; • infine un altro riquadro che contiene i consigli pratici di traduzione. A seconda del livello delle tue conoscenze potrai consultare l’una o l’altra parte, con sicuro profitto e senza perdita di tempo.


SCHEDE SINTATTICHE

1

I TEMPI DELL’INDICATIVO E LA “LEGGE DELL’ANTERIORITÀ”

I

l latino rispetta con maggior precisione dell’italiano i rapporti temporali che intercorrono tra una proposizione dipendente e la sua reggente (“tempi relativi”). In particolare nell’indicativo, quando l’azione della dipendente si verifica prima di quella della reggente, è molto sentita la “legge dell’anteriorità”, secondo la quale i tempi si regolano come indicato nel seguente schema: PROPOSIZIONE PRINCIPALE PROPOSIZIONE DIPENDENTE presente perfetto imperfetto piuccheperfetto futuro semplice futuro anteriore Un caso molto comune in latino è quello del “doppio futuro” (futuro semplice nella principale + futuro anteriore nella dipendente). In italiano, fatta eccezione per la temporale, si usa il futuro semplice in entrambe le proposizioni. Es.: si te rogavero aliquid, nonne respondebis? = se ti chiederò qualche cosa, non mi risponderai forse?

2 L

INDICATIVO LATINO E CONDIZIONALE ITALIANO (“FALSO CONDIZIO-

a lingua latina usa l’indicativo, là dove la lingua italiana preferisce usare il condizionale, nei seguenti casi: 1) Con verbi che esprimono possibilità, convenienza, obbligo, quali possum, debeo, necesse est, oportet, licet, decet, interest, etc. Es.: deleri totus exercitus potuit = avrebbe potuto essere distrutto l’esercito intero (ma non è stato così). 2) Con verbi che esprimono intenzione, speranza, aspettazione, opinione, per lo più in frasi negative riferite al passato, quali puto, spero, arbitror, especto, existimo, etc. Es.: numquam putavi/putaveram te falsum dicere = non avrei mai pensato che tu dicessi il falso. 3) Con alcune espressioni impersonali formate da un aggettivo neutro o da un sostantivo in unione con il verbo sum, quali longum est, dementia est, difficile est, etc. Es.: longum est omnes Caesaris victorias enumerare = sarebbe lungo elencare tutte le vittorie di Cesare. 4) Con la perifrastica passiva, ove il contesto lo consenta. Es.: promissum potius non faciendum, quam tam taetrum facinus admittendum fuit = la promessa non si sarebbe dovuta fare, piuttosto che commettere un delitto così orrendo. 5) Spesso con i verbi di volontà volo, nolo, malo. Es.: malueram quod erat susceptum ab illis silentio transire, sed vereor ne non liceat = avrei preferito che ciò che era stato intrapreso da loro passasse sotto silenzio, ma temo che non sia possibile.

410


I tempi e i modi si regolano così: IN LATINO:

IN ITALIANO:

Indicativo presente Indicativo imperfetto, perfetto, piuccheperfetto

Condizionale presente Condizionale passato

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Prima di tradurre un indicativo latino con il condizionale italiano, accertati che rientri in uno dei casi sopra elencati e poi che il contesto te lo permetta: devi infatti verificare che l’affermazione del verbo all’indicativo, venga smentita dalla realtà dei fatti, altrimenti dovrai usare anche tu l’indicativo. Per quanto riguarda il tempo del verbo, tradurrai l’indicativo presente con il condizionale presente e l’indicativo passato (imperfetto, perfetto, piuccheperfetto) con il condizionale passato. Es.: possum hoc facere, sed... = potrei fare ciò, ma... poteram/potui/potueram hoc facere, sed... = avrei potuto fare ciò, ma...

3

I CONGIUNTIVI INDIPENDENTI

Il congiuntivo è il modo della soggettività: quando perciò incontri un congiuntivo in una proposizione indipendente, sei di fronte ad un fatto non considerato nella sua realtà oggettiva, ma concepito da chi scrive come possibile, voluto, sperato, supposto, etc. Per ragioni di opportunità pratica, divideremo i congiuntivi indipendenti in due tipi:

con negazione ne

esortativo ottativo concessivo

(coordinazione negativa mediante neque o nec se il primo congiuntivo è affermativo, neve o neu se è negativo).

con negazione non

potenziale dubitativo suppositivo irreale

(coordinazione negativa mediante neque).

N.B.: il congiuntivo suppositivo ammette anche la negazione ne.

411

SCHEDE SINTATTICHE

6) Con paene, fere, prope (“quasi”, “per poco non”, sempre con il perfetto). Es.: paene dixi = avrei quasi detto. Il perché di questa stranezza va ricercato nella diversa sensibilità delle due lingue: il latino pone l’accento sul fatto che l’opportunità, la possibilità, l’obbligo, etc. sussistano veramente, indipendentemente dalla loro concreta smentita; l’italiano invece preferisce sottolineare proprio il fatto che quei dati possibili vengono poi smentiti nella realtà (potueras hoc dicere, sed... = avresti potuto dirlo, ma...)


CONGIUNTIVO ESORTATIVO Particelle introduttive: nessuna. Tempo: presente. Traduzione: congiuntivo presente. Esprime un’esortazione, un invito, un consiglio, un comando: integra perciò le persone mancanti dell’imperativo (seppure talvolta si trovi anche alla 2a persona singolare o plurale). Es.: amemus patriam = amiamo la patria; ne irascamur amicis = non adiriamoci con gli amici.

B CONGIUNTIVO OTTATIVO Particelle introduttive: utinam, si (non obbligatorie). Tempi: presente, perfetto, imperfetto, piuccheperfetto Traduzione: “oh se”, “voglia/volesse il cielo che” + congiuntivo Esprime un desiderio o un augurio, realizzabili o meno, secondo il seguente schema: Desiderio realizzabile

⎫ ⎬ ⎭

Desiderio irrealizzabile

⎫ ⎬ ⎭

SCHEDE SINTATTICHE

A

presente (nel presente o nel futuro) perfetto (nel passato) imperfetto (nel presente o nel futuro) piuccheperfetto (nel passato).

Traduzione: “oh se” + congiuntivo imperfetto o trapassato (desiderio realizzabile e irrealizzabile); “voglia il cielo che” + congiuntivo presente o passato (desiderio realizzabile); “volesse il cielo che” + congiuntivo imperfetto o trapassato (desiderio irrealizzabile). Es.: utinam bonus sis = voglia il cielo che tu sia buono! (E puoi esserlo); utinam bonus fueris = voglia il cielo che tu sia stato buono! (E puoi esserlo stato); utinam pater meus viveret = oh se mio padre fosse vivo! (Ma non lo è); utinam ne hoc fecisses = oh se (volesse il cielo che) tu non avessi fatto questo! (Ma lo hai fatto). NOTA BENE

Si considerano come congiuntivi ottativi anche le forme verbali velim, vellem = vorrei, nolim, nollem = non vorrei, malim, mallem = preferirei, che propriamente sono potenziali. Come puoi notare, in questo caso tra il presente e l’imperfetto non c’è differenza ai fini della traduzione: essi segnalano semplicemente il tipo del desiderio, che è realizzabile con i congiuntivi presenti velim, nolim, malim, irrealizzabile con i congiuntivi imperfetti vellem, nollem, mallem. Essi reggono: • l’infinito se c’è identità di soggetto con il verbo cui si accompagnano; • il congiuntivo senza introduttore (più raramente l’accusativo e l’infinito) se non c’è identità di soggetto (i tempi del congiuntivo si regolano sulla consecutio temporum). Es.: velim bonus sis = vorrei che tu fossi buono (e puoi esserlo); velim bonus fueris = vorrei che tu fossi stato buono (e puoi esserlo stato); vellem pater meus viveret = vorrei che mio padre fosse vivo (ma non lo è); vellem ne hoc fecisses = vorrei che tu non avessi fatto questo (ma lo hai fatto).

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CONGIUNTIVO CONCESSIVO Particelle introduttive: licet, sane, ut (non obbligatorie). Tempi: presente (per il presente), perfetto (per il passato). Traduzione: “ammettiamo pure che...”, “anche ammesso che...”, “concediamo pure che...” + congiuntivo presente (per il presente) o passato (per il passato). Serve per concedere (cioè ammettere come vero) un fatto del quale, subito dopo, viene negata la rilevanza. È dunque un espediente retorico. Es.: sit sane pulcher: at stultus est = ammettiamo pure che sia bello: ma è stupido; licet verum dixeris: at tibi non credo = ammettiamo pure che tu abbia detto il vero: ma non ti credo.

D CONGIUNTIVO POTENZIALE Particelle introduttive: nessuna. Tempi: presente o perfetto indifferentemente (per il presente o il futuro); imperfetto (per il passato). Traduzione: condizionale presente o indicativo futuro, spesso con i verbi fraseologici “potere” o “dovere” (per il presente o il futuro); condizionale passato, spesso con i verbi fraseologici “potere” o “dovere” (per il passato). Esprime un fatto ritenuto possibile o una semplice eventualità pensata da chi scrive. Ha di solito il soggetto indeterminato (“tu” generico, pronomi indefiniti, interrogativi, negativi) e si trova spesso in frasi interrogative retoriche. Es.: quis dubitet te bonum esse? = chi dubiterà (dubiterebbe, potrebbe dubitare) che tu sia buono? (Risposta: nemo dubitet = nessuno dubiterebbe); nemo hoc dixerit = nessuno dirà (direbbe, potrebbe dire) questo; crederes hostes victos = avresti creduto (potuto credere) i nemici vinti. NOTA BENE

Attento alle forme attenuative: dixerim = oserei dire, crediderim = sarei propenso a credere, ausim = oserei, etc.

E CONGIUNTIVO DUBITATIVO Particelle introduttive: nessuna. Tempi: presente (per il presente o il futuro); imperfetto (per il passato). Traduzione: indicativo futuro o infinito o condizionale presente dei verbi fraseologici “dovere” o “potere” + infinito (per il presente o il futuro); condizionale passato dei verbi fraseologici “dovere” o “potere” + infinito (per il passato). Si differenzia dal precedente perché esprime un dubbio in forma sempre interrogativa e con il soggetto di solito determinato. Es.: quid agam, iudices? = che dovrei fare (che farò, che fare), giudici?; cur amicum meum non defenderem? = perché non avrei dovuto difendere il mio amico?

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SCHEDE SINTATTICHE

C


Non confondere il soggetto indeterminato con il soggetto sottinteso! Sono due cose completamente diverse. Un soggetto è determinato quando è chiaramente identificabile, anche se sottinteso. Es.: “Siete gentili” (il soggetto è sottinteso ma determinato, perché chiaramente identificabile: “voi”).

F CONGIUNTIVO SUPPOSITIVO Particelle introduttive: nessuna. Tempi: presente, perfetto, imperfetto, piuccheperfetto. Traduzione: “supponiamo che”, “immaginiamo che” + congiuntivo. Non devi confonderlo con il concessivo. In questo caso, infatti, non si tratta di un’ammissione retorica, ma di una vera e propria supposizione o ipotesi, che può essere considerata realizzabile o irrealizzabile. Questo congiuntivo è dunque una sorta di pròtasi di periodo ipotetico in forma indipendente. Generalmente, infatti, è seguito da una proposizione principale che riporta le conseguenze del fatto ipotizzato (una sorta di apòdosi). I tempi si regolano secondo il seguente schema:

supposizione irrealizzabile

⎫ ⎬ ⎭

supposizione realizzabile

⎫ ⎬ ⎭

SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE

presente (nel presente o nel futuro) perfetto (nel passato) imperfetto (nel presente o nel futuro) piuccheperfetto (nel passato).

Es.: dones ei librum: fortasse non legat = supponiamo che tu gli doni un libro (ed è possibile): forse non lo leggerebbe; viveret Cicero: quid de re publica diceret? = supponiamo che fosse vivo Cicerone (il che è impossibile): che cosa direbbe dello Stato? rogaverit aliquis eum sententiam: quid responderit? = immaginiamo che qualcuno gli abbia chiesto il suo parere (ed è possibile): che cosa avrebbe risposto? pecuniam Marco commodavisses: domum suam non vendidisset = supponiamo che tu avessi prestato del denaro a Marco (ma non glielo hai prestato): non avrebbe venduto la sua casa.

G CONGIUNTIVO IRREALE Particelle introduttive: nessuna. Tempi: imperfetto (per il presente); piuccheperfetto (per il passato). Traduzione: condizionale presente (per il presente); condizionale passato (per il passato). Esprime un fatto che sarebbe accaduto se si fossero realizzate determinate condizioni (ma che di fatto non è accaduto). È in pratica l’apodosi di un periodo ipotetico dell’irrealtà con protasi sottintesa o espressa in forma indipendente.

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4

L’IMPERATIVO NEGATIVO

Fa parte delle proposizioni principali ed esprime un comando in forma negativa, cioè un divieto.

Esso si rivolge alla seconda persona singolare e plurale e si costruisce di norma con ne, negazione di tipo volitivo, e il perfetto congiuntivo.

Se è già presente un elemento negativo come nemo, nihil, nullus, numquam etc., il ne viene da esso assorbito. Es.: ne feceris = non fare; ne feceritis = non fate; de me nihil timueris = quanto a me, non temere nulla. In poesia si può trovare ne + imperativo presente, che è un uso arcaico. Es.: equo ne credite = non prestate fede al (dono del) cavallo. Nelle leggi, nei trattati o, meno spesso, nei precetti si usa ne + imperativo futuro per indicare che il divieto va rispettato nel tempo. Es.: hominem mortuum in urbe ne sepelito = non seppellire in città un uomo morto. ALTRI MODI PER ESPRIMERE L’IMPERATIVO NEGATIVO:

1) noli, nolite + infinito. Es.: noli facere = non fare; nolite facere = non fate. 2) cave, cavete (ne) + congiuntivo; vide, videte ne + congiuntivo; cura, curate ne + congiuntivo. Es.: cave hoc facias = guardati dal fare ciò; cavete hoc faciatis = guardatevi dal fare ciò; vide ne hoc facias = vedi di non fare ciò; videte ne hoc faciatis = vedete di non fare ciò. 3) fac, facite ne + congiuntivo; effice, efficite ne + congiuntivo. Es.: fac ne aliud cures hoc tempore = fa’ di non curare altro in questo momento. Se il divieto è rivolto alla prima persona plurale o alla terza persona singolare e plurale si rende con ne + congiuntivo presente (cfr. congiuntivo esortativo), costrutto che è invece raro per le seconde persone. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

L’unico rischio che corri di fronte ad un imperativo negativo espresso con ne + congiuntivo è quello di scambiare il ne per l’introduttore di una proposizione finale negativa o di una completiva volitiva negativa. In effetti il pericolo non dovrebbe esistere perché l’imperativo negativo appartiene alle proposizioni principali e non a quelle dipendenti. Tieni comunque presente che il ne: • non dipende da nessun verbo;

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: plura tibi scriberem = ti scriverei di più (protasi sottintesa: “se ne avessi il tempo” o simili); libenter Marcum vidissem, sed non potui = avrei visto volentieri Marco, ma non ho potuto (protasi espressa in forma indipendente).


SCHEDE SINTATTICHE

• accompagna un congiuntivo perfetto, mentre il ne finale o completivo accompagna il congiuntivo presente o imperfetto; • il verbo che esso regge è di seconda persona singolare o plurale. Es.: ne funestam hanc pugnam morte consulis feceris, etiam sine hoc lacrimarum satis luctusque est = non rendere funesta questa battaglia con la morte di un console; anche senza questo ci sono abbastanza lacrime e lutto.

5

L’INFINITO

L’

infinito usato in funzione nominale e non verbale, si comporta esattamente come un sostantivo di genere neutro. Nei casi diretti esso può ricoprire il ruolo di soggetto, di complemento oggetto e di predicato nominale, ma può anche essere retto da una preposizione come inter, ex, pro, etc.; per i casi indiretti invece, rientra nella costruzione del gerundio (vedi scheda 9). Es.: errare humanum est = sbagliare è umano. 1) Se l’infinito di un verbo che ammette la costruzione col doppio nominativo è accompagnato da una determinazione che funge da predicato nominale riferita esclusivamente all’infinito e non ad un termine specifico, questa si mette in accusativo. Es.: contentum suis rebus esse maximae sunt divitiae = essere contento delle proprie cose è una ricchezza grandissima. 2) L’infinito semplice come soggetto si trova in dipendenza da verbi ed espressioni impersonali quali: necesse est, opus est, decet, dedecet, oportet, interest, refert, paenitet, piget, iuvet, etc. Nella traduzione lascerai l’infinito. N.B.: in dipendenza da videor, dicor, etc. l’infinito è usato in funzione di predicato nominale. 3) L’infinito semplice come complemento oggetto si trova in dipendenza dai verbi servili e da tutti quei verbi che sono usati come servili, in quanto il loro senso viene completato appunto dall’infinito stesso. Perché si verifichi questa condizione occorre che il soggetto del verbo reggente e quello dell’infinito coincidano, se no l’infinito non sarà più usato come semplice complemento oggetto, bensì come il predicato verbale di una proposizione oggettiva o soggettiva. Tali verbi sono: possum, queo, nequeo = posso, non posso; volo, nolo, malo = voglio, non voglio, preferisco; debeo = devo; scio, nescio = so, non so; coepi, incipio, instituo = incomincio; desino, desisto = smettere; soleo, assuesco, consuesco = sono solito; statuo, constituo, decerno = stabilisco; dubito, vereor = esito; etc. Se l’infinito retto da un verbo servile è accompagnato da un predicato nominale o da un complemento predicativo del soggetto, questo si mette in nominativo. Es.: scio esse bonus = so essere buono. Nella traduzione lascerai l’infinito da solo o preceduto dalle preposizioni “a” o “di” a seconda del verbo da cui è retto.

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4) L’infinito semplice può essere usato in funzione epesegetica rispetto a un pronome della frase reggente (hoc, illud, etc.). Es.: hoc praeclarum est, ignoscere inimicis = questa è una cosa nobilissima, perdonare ai propri nemici. 5) Nelle proposizioni principali quando gli eventi narrati diventano particolarmente drammatici, si usa l’infinito storico (o narrativo o descrittivo) invece del verbo di modo finito. Esso sostituisce l’imperfetto o più raramente il perfetto e in italiano si traduce quasi sempre con l’imperfetto indicativo in quanto esprime un’azione per lo più durativa. Lo si riconosce facilmente perché ha il soggetto in nominativo ed è indipendente, cioè non è retto da nessun verbo né espresso, né sottinteso. Es.: Catilina in prima acie vorsari, laborantibus succurrere, integros pro sauciis arcessere, omnia providere, multum ipse pugnare, saepe hostem ferire = Catilina si aggirava nelle prime file, soccorreva quelli in difficoltà, faceva venire (soldati) integri al posto dei feriti, provvedeva a tutto, combatteva egli stesso molto, spesso feriva un nemico. 6) Simili al precedente sono l’infinito esclamativo e l’infinito interrogativo: essi esprimono sdegno, stupore e meraviglia in forma esclamativa o interrogativa (con l’enclitica -ne) e hanno il soggetto in accusativo. Queste proposizioni, che sono annoverate fra le principali, in effetti dal punto di vista sintattico sono delle vere e proprie oggettive che si possono considerare dipendenti da un verbo come miror, indignor o simili per l’infinito esclamativo e da un congiuntivo dubitativo come dicam o simili per l’infinito interrogativo; tali verbi divenuti sottintesi hanno lasciato a queste infinitive il loro valore esclamativo o interrogativo. Tu comunque devi tradurle come proposizioni indipendenti e anche in italiano è preferibile mantenere l’infinito o presente o passato esattamente come in latino. Es.: mene incepto desistere victam? = rinunciare io, vinta, al (mio) proposito? (= si dirà che io rinuncio…?); te in tantas aerumnas propter me incidisse! = tu essere caduta in tante disgrazie per causa mia! (= mi stupisco che tu sia caduta…!).

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

L’infinito presente o perfetto usato in funzione nominale, con il valore di soggetto o di complemento oggetto, ha il suo esatto corrispondente anche in italiano: basterà che tu lo traduca alla lettera con l’infinito presente o passato (vedi punti 2 e 3). Lo stesso discorso vale anche per l’infinito esclamativo e per quello interrogativo. L’infinito storico si traduce invece con l’imperfetto indicativo. L’importante è che tu non confonda questi infiniti con quelli delle proposizioni oggettive o soggettive!

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: vincere scis Hannibal; victoria uti nescis = sai vincere Annibale, ma non sai sfruttare la vittoria; coeperunt hoc facere = incominciarono a fare ciò; Caesar proelium committere statuit = Cesare decise di attaccare battaglia.


SCHEDE SINTATTICHE

6

IL PARTICIPIO

È una forma nominale del verbo e deriva il suo nome dal fatto che partecipa contemporaneamente della natura del nome (genere, numero, caso) e della natura del verbo (tempo, diatesi). Per quanto riguarda i tempi, si distinguono: IL PARTICIPIO PRESENTE:

è di forma attiva e lo hanno tutti i verbi, i transitivi e gli intransitivi, gli attivi e i deponenti: laudans (trans.), veniens (intrans.), hortans (dep. trans.), moriens (dep. intrans.). Esso indica un’azione contemporanea rispetto al verbo della proposizione reggente; IL PARTICIPIO PERFETTO: è di forma e significato passivi nei verbi transitivi attivi, mentre è sempre di significato attivo nei verbi deponenti transitivi e intransitivi e manca nei verbi intransitivi attivi: laudatus (passivo), hortatus (attivo), profectus (attivo). Esso indica un’azione anteriore rispetto al verbo della proposizione reggente; IL PARTICIPIO FUTURO: è di forma attiva e lo hanno tutti i verbi che possiedono il supino: laudaturus (trans.), venturus (intrans.), hortaturus (dep. trans.), profecturus (dep. intrans.). Esso indica un’azione posteriore rispetto al verbo della proposizione reggente. Poiché dunque il participio, come l’infinito, esprime solo un rapporto di contemporaneità, di anteriorità, di posteriorità, nella traduzione, trasformando il participio in una proposizione esplicita, bisognerà rispettare le leggi che in italiano regolano i rapporti dei tempi tra la proposizione reggente e quelle dipendenti. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Può esserti utile osservare questo schema: (participio presente): repellimus hostes impetum facientes = respingiamo i nemici che (ci) assalgono (contemporaneità nel presente); repellebamus hostes impetum facientes = respingevamo i nemici che (ci) assalivano (contemporaneità nel passato); repellemus hostes impetum facientes = respingeremo i nemici che (ci) assaliranno (contemporaneità nel futuro);

PER LA CONTEMPORANEITÀ

(participio perfetto): omni suspicione liberati domum perveniunt = ritornano a casa (dopo che sono stati) liberati da ogni sospetto (anteriorità rispetto ad un presente); omni suspicione liberati domum pervenerunt = ritornarono a casa (dopo che erano stati) liberati da ogni sospetto (anteriorità rispetto ad un passato); omni suspicione liberati domum pervenient = ritorneranno a casa (dopo che saranno stati) liberati da ogni sospetto (anteriorità rispetto ad un futuro);

PER L’ANTERIORITÀ

(participio futuro): Romam iturus patrem meum saluto = poiché andrò a Roma, saluto mio padre (posteriorità rispetto ad un presente); Romam iturus patrem meum salutavi = poiché sarei andato a Roma, salutai mio padre (posteriorità rispetto ad un passato);

PER LA POSTERIORITÀ

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L’uso del participio può essere verbale o nominale: nel primo caso il participio fa le veci di una proposizione subordinata o coordinata, nel secondo caso invece fa le veci di un nome o di un attributo e come tale si comporta. L’uso verbale del participio comprende: il participio congiunto e l’ablativo assoluto; l’uso nominale del participio comprende: il participio sostantivato, il participio attributivo e il participio predicativo.

A PARTICIPIO CONGIUNTO INTRODUTTORI: nessuno MODO DEL VERBO: participio

Il participio congiunto è usato con funzione verbale, è collegato strettamente al soggetto o ad un complemento qualsiasi della proposizione reggente con cui concorda in genere, numero e caso e costituisce una proposizione implicita subordinata o coordinata. Come subordinata può avere funzione di: 1) proposizione temporale. Es.: timeo Danaos et dona ferentes = temo i Danai anche quando portano doni. 2) proposizione causale. Es.: Vercingetorix, veritus ne ab omnibus desereretur, legatos ad Caesarem misit = Vercingerorige, poiché temeva di essere abbandonato da tutti, mandò ambasciatori a Cesare. 3) proposizione concessiva. Es.: Marius, humili loco natus, consul factus est = Mario, benché fosse di umili origini, divenne console. 4) proposizione ipotetica. Es.: quis est qui totum diem iaculans non aliquando colliniet? = chi è colui che se scaglia giavellotti tutto il giorno non colpirà prima o poi il bersaglio? 5) proposizione finale. Es.: legati venerunt de pace agentes = giunsero degli ambasciatori per trattare la pace. Spesso il participio congiunto, quando ha valore temporale, può essere tradotto con una proposizione coordinata copulativa. Es.: T. Manlius Gallum caesum torque spoliavit = T. Manlio uccise un Gallo e lo spogliò della collana = T. Manlio spogliò della collana un Gallo, dopo averlo ucciso.

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SCHEDE SINTATTICHE

Romam iturus patrem meum salutabo = poiché dovrò andare a Roma, saluterò mio padre (posteriorità rispetto ad un futuro).


SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE

Alcune autorevoli grammatiche riportano tra i valori del participio congiunto anche quello relativo, riferito ad un participio concordato con un complemento della proposizione reggente. Es.: vir bonus sequitur viam ad virtutem ducentem = l’uomo buono segue la vita che conduce alla virtù (ducentem = quae ducit ad virtutem). Altri considerano tutti i participi che possono essere trasformati in una relativa propria, semplicemente come aggettivi, e dunque come attributivi: quest’ultimo criterio è aderente alla classificazione funzionale delle proposizioni, perché le relative proprie sono proposizioni aggettive. Poiché a nostro avviso non tutti i participi che si traducono con una proposizione relativa sono necessariamente attributivi, nelle analisi abbiamo ritenuto di racchiudere tra parentesi (considerandoli quindi congiunti) tutti quei participi che possono essere trasformati in proposizioni espresse con il cum + congiuntivo o con una proposizione coordinata o in cui è sottinteso il termine a cui si riferiscono (per evitare confusione con il participio sostantivato).  Abbiamo invece considerato participi attributivi quelli che, oltre ad indicare una qualità permanente del sostantivo con cui concordano, possono essere trasformati in un aggettivo di ugual senso o in un sostantivo. Es.: post Siciliam captam = dopo la conquista della Sicilia; pinus villae imminens = il pino che sporge sulla fattoria (= il pino sporgente). Invece nella frase seguente dormiens è da considerare participio congiunto: es.: miles dormiens ab hoste occisus est = il soldato che dormiva (= mentre dormiva), fu ucciso dal nemico. Per quanto concerne i tempi del verbo con cui si traduce il participio congiunto, quando lo si rende in forma di proposizione esplicita, bisogna considerare che il participio presente indica un’azione contemporanea al verbo della reggente, il participio perfetto indica un’azione anteriore e il participio futuro indica un’azione posteriore: pertanto in italiano si devono rispettare le leggi che regolano i rapporti tra i tempi della reggente e quelli della sua subordinata (vedi anche proposizioni infinitive e scheda sul participio).

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE IN LATINO:

IN ITALIANO:

1) participio riferito al soggetto: presente

gerundio semplice o proposizione relativa

perfetto

gerundio composto attivo (se il verbo è deponente) o passivo (se il verbo è transitivo attivo)

futuro

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gerundio (= “stando per” + infinito: vedi perifrastica attiva)


SCHEDE SINTATTICHE

2) participio riferito ad un complemento qualsiasi: presente

proposizione relativa

perfetto

participio passato

futuro

proposizione relativa (= “che sta per” + infinito: vedi perifrastica attiva)

Es.: Cornelius Rufus dormiens oculorum visum amisit = C. Rufo dormendo (mentre dormiva) perse la vista degli occhi; Caesar cohortatus milites proelium commisit = Cesare avendo esortato (dopo aver esortato) i soldati attaccò battaglia; Alexandro caelestes honores concupiscenti non deerat perniciosa adulatio = ad Alessandro che bramava (poiché bramava) onori divini, non mancava una rovinosa adulazione; hostes urbem captam incenderunt = i nemici incendiarono la città presa (dopo averla presa); stultus est qui equum empturus non ipsum inspicit sed stratum eius ac frenos = è stolto colui che avendo intenzione di comprare un cavallo non esamina (il cavallo) in sé, bensì la sua gualdrappa e le briglie. NOTA BENE

Ovviamente, tutte le volte che si può, è bene tradurre il participio congiunto con una appropriata proposizione esplicita (vedi anche ablativo assoluto).

B PARTICIPIO SOSTANTIVATO È usato in funzione nominale come sostantivo e lo si riconosce solo da un’attenta lettura del testo, in quanto non si distingue affatto dal participio congiunto, che è usato in funzione verbale. Tieni tuttavia presente che, generalmente, esso non è riferito a nessun sostantivo o pronome espresso o sottinteso e funge da soggetto o da complemento. Si traduce con un sostantivo corrispondente o con un’espressione come “colui/colei/coloro che...”. Es.: sapientes mortem non timent = i sapienti non temono la morte; turres procul intuentibus pares sunt = le torri sono uguali per coloro che guardano da lontano.

C PARTICIPIO ATTRIBUTIVO È usato in funzione nominale come attributo ed accompagna un nome a cui è riferito. Può essere tradotto con un aggettivo corrispondente o con una proposizione relativa. Es.: miles patiens laboris = un soldato tollerante della fatica, un soldato che tollera la fatica; astrologi motum errantium stellarum notaverunt = gli astrologi studiarono il moto delle

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SCHEDE SINTATTICHE

ATTENZIONE!

Visto che il participio attributivo si può tradurre con una proposizione relativa come talvolta il participio congiunto (vedi scheda del participio congiunto), ti domanderai che differenza ci sia. Il participio congiunto indica una circostanza, mentre il participio attributivo, esattamente come un aggettivo, esprime una qualità distintiva del sostantivo a cui si riferisce. Dire homo sapiens è diverso che dire homo dormiens: nel primo caso sapiens indica una qualità dell’uomo; nel secondo caso dormiens indica un’azione che l’uomo sta compiendo in quel momento e si può rendere anche con una proposizione temporale. Sapiens poi è un aggettivo a tutti gli effetti, perché ha anche la forma del comparativo e del superlativo.

D PARTICIPIO PREDICATIVO È usato in funzione nominale e funge da complemento predicativo del soggetto o dell’oggetto. Lo si trova: 1) nella perifrastica attiva per determinare il verbo sum come predicato nominale: Es.: non estis cenaturi? = Non avete intenzione di pranzare? (= non siete persone intenzionate a...?); 2) in dipendenza dai verbi facio e induco nel significato di “rappresentare”, come predicativo dell’oggetto: Es.: Omerus Polyphemum cum ariete colloquentem facit = Omero fa parlare Polifemo con l’ariete (= rappresenta Polifemo che parla con l’ariete); 3) in dipendenza dai verbi di percezione diretta come video e audio, come predicativo dell’oggetto: Es.: vidi pueros ludentes = vidi dei ragazzi giocare (lett.: giocanti); 4) in dipendenza da habeo, come predicativo dell’oggetto: Es.: domitas habere libidines = tenere a freno le passioni. Il participio predicativo non è molto frequente in latino, mentre è molto usato in greco.

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L’ABLATIVO ASSOLUTO

INTRODUTTORI: nessuno MODO DEL VERBO: participio

È

una costruzione molto comune in latino ed è alternativa al cum + congiuntivo e al participio congiunto: ha funzione di proposizione subordinata temporale, causale, concessiva, ipotetica. Esso è formato da due parole entrambe in caso ablativo, di cui una costituisce il soggetto e può essere un nome o un pronome, l’altra costituisce il verbo ed è un participio presente (usato con tutti i verbi) o perfetto (usato solo con i verbi Deponenti Intransitivi e con i Transitivi Attivi = D. I. T. A.). Es.: Romulo regnante = regnando Romolo, mentre regnava Romolo; quibus profligatis = sconfitti i quali, e dopo averli sconfitti; mortuo Caesare = morto Cesare, dopo la morte di Cesare.

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Es.: dis invitis = essendo contrari gli dei, contro il volere degli dei; Hannibale vivo = essendo Annibale vivo, finchè Annibale era vivo; ignaris omnibus = essendo ignari tutti, all’insaputa di tutti; pueris nobis = essendo noi bambini, quando noi eravamo bambini; Cicerone consule = essendo Cicerone console, sotto il consolato di Cicerone; Scipione duce = essendo comandante Scipione, sotto il comando di Scipione. È possibile infine che l’ablativo assoluto sia costituito da una sola parola e precisamente da un participio perfetto: si tratta di formule arcaiche appartenenti alla sfera sacrale o militare, che il vocabolario riporta puntualmente. Ne ricordiamo alcune: augurato = presi gli augurii; auspicato = dopo aver preso gli auspici; certato = dopo aver combattuto; debellato = conclusa la guerra; explorato = dopo aver mandato pattuglie in ricognizione; sortito = tratto a sorte; etc. L’ablativo assoluto di norma non è legato alla proposizione reggente da vincoli grammaticali, bensì solo da legami logici: infatti absolutus significa “sciolto, slegato”. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE IN LATINO:

IN ITALIANO:

Participio presente Participio perfetto

Gerundio semplice Gerundio composto passivo o participio passato

Es.: veniente Caesare = venendo Cesare profligatis hostibus = sconfitti i nemici, essendo stati sconfitti i nemici.

Ovviamente questo tipo di traduzione sarà quella che potrai dare nella prima stesura, quando non ti è ancora ben chiaro il valore dell’ablativo assoluto; poi, quando renderai in una forma più fluida ed elegante il tuo lavoro, dovrai ricordarti che l’ablativo assoluto è una proposizione implicita con significato non solo narrativo (vedi cum + congiuntivo), ma anche ipotetico (vedi participio congiunto) e concessivo (vedi ancora cum + congiuntivo e participio congiunto); pertanto, nel renderlo esplicito, dovrai considerare molto attentamente il senso del brano e il suo contesto per attribuirgli il giusto valore.

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SCHEDE SINTATTICHE

Tuttavia talvolta il participio manca: in tal caso l’ablativo assoluto è formato sempre da due parole di cui una (nome o pronome) costituisce il soggetto, l’altra (nome o aggettivo) costituisce il complemento predicativo. Nella traduzione per lo più dovrai esplicitare il verbo “essere”.


SCHEDE SINTATTICHE

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LA PERIFRASTICA ATTIVA

La perifrastica attiva è un costrutto tipicamente latino che non ha un esatto corrispondente

nella lingua italiana. Essa non costituisce una proposizione a sé stante, bensì un mezzo per esprimere un’azione che si compirà e come tale riguarda esclusivamente il verbo della proposizione di cui fa parte: questo infatti si presenta sotto forma di participio futuro (concordato ovviamente con il suo soggetto) in unione con il verbo essere coniugato nel modo e nel tempo richiesti dalla proposizione cui appartiene; es.: profecturus sum, eram, sim... L’azione espressa mediante la perifrastica attiva ha tre significati fondamentali: 1) imminenza: profecturus sum = sto per partire; 2) intenzione: locuturus non sum amplius = non ho intenzione di parlare di più; 3) fatalità: omnes homines morituri sunt = tutti gli uomini sono destinati a morire. Sarà solo il contesto a farti capire quale di questi tre significati dovrai usare. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Ricorda che non tutte le locuzioni formate dal participio futuro + il verbo esse costituiscono perifrastiche attive: infatti ci sono proposizioni in cui l’azione futura non può essere espressa altrimenti se non ricorrendo al participio futuro unito a esse: queste sono ad esempio le infinitive con il verbo all’infinito futuro e le proposizioni interrogative indirette con il futuro nel congiuntivo; in questi casi il verbo va tradotto semplicemente con il futuro indicativo o con il condizionale passato, a seconda del verbo della principale (dic mihi quid acturus sis = dimmi che cosa farai; dicebam me venturum esse = dicevo che sarei venuto. Vedi le schede 18 e 19). Appurato dunque che si tratti proprio di perifrastica attiva, tradurrai il verbo esse con una delle seguenti locuzioni: “stare per”, “essere sul punto di”, “avere intenzione di”, “essere destinato a” + l’infinito del verbo che in latino ha il participio futuro: Es.: si hoc futurum est, fiet = se ciò è destinato ad accadere, accadrà; cum moriturus esset, primum locutus est = in punto di morte (= mentre era sul punto di morire), per la prima volta parlò. NOTA BENE

Puoi trovare il participio futuro con la sola funzione di participio congiunto, non seguito cioè dal verbo esse: in tal caso seguirai i consigli di traduzione che ti abbiamo fornito nella scheda 6 relativa al participio.

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GERUNDIO E GERUNDIVO

I

l gerundio è una forma nominale del verbo o sostantivo verbale e corrisponde alla declinazione dell’infinito: – Genitivo: laudandi = di (del) lodare – Dativo: laudando = a (al) lodare – Accusativo: ad laudandum = per lodare (proposizione finale implicita) – Ablativo semplice: laudando = col lodare, lodando – Ablativo con preposizione: in laudando = nel lodare; ex laudando = dal lodare, etc. Con la funzione di soggetto o di complemento oggetto si usa l’infinito (presente o perfetto) che è considerato alla stregua di un sostantivo di genere neutro (vedi scheda 5). Es.: errare humanum est = sbagliare è umano. L’ablativo, se è semplice, corrisponde esattamente al gerundio italiano; se è accompagnato da preposizione, ha la funzione del complemento indicato dalla preposizione stessa. Il gerundio dei verbi transitivi può avere un complemento oggetto; in tal caso si verifica quanto segue: a) in luogo del gerundio si usa l’aggettivo corrispondente, il gerundivo (= laudandus, a, um), e lo si concorda in genere e numero con il suo complemento oggetto; b) il complemento oggetto viene attratto nel caso del gerundio. In pratica il gerundio e il suo complemento oggetto sono sentiti come un unico complemento formato da un aggettivo (= il gerundio trasformato in gerundivo) e da un sostantivo (= il complemento oggetto) entrambi nel caso originario del gerundio. La costruzione del gerundivo al posto del gerundio è: – obbligatoria con il dativo, con l’accusativo preceduto da ad e con l’ablativo preceduto da preposizione; –  preferibile con il genitivo e con l’ablativo semplice; tuttavia in questi due casi si può mantenere il gerundio seguito dal suo complemento oggetto regolarmente in accusativo. Es.: Genitivo: spes liberandae patriae = spes liberandi patriam = la speranza di liberare la patria. Dativo: agricolae praesunt agris colendis = i contadini presiedono alla coltivazione dei campi (al coltivare i campi). Accusativo: miserunt equites ad liberandos captivos = mandarono la cavalleria a liberare i prigionieri. Ablativo semplice: legendis libris multa discimus = legendo libros multa discimus = leggendo i libri impariamo molte cose. Ablativo con preposizione: Galli sunt in consiliis capiendis mobiles = i Galli sono volubili nel prendere le decisioni; summa voluptas ex libris legendis capitur = si trae grandissimo piacere dalla lettura dei libri (dal leggere libri).

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SCHEDE SINTATTICHE

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SCHEDE SINTATTICHE

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Il gerundio si traduce come un normale complemento rappresentato non da un nome bensì dall’infinito declinato come un nome; es.: aptus pugnando = adatto a combattere. Il gerundivo al posto del gerundio non deve essere confuso con il gerundivo di necessità (vedi sotto) e con la perifrastica passiva, con cui non ha nulla a che vedere. Pertanto nel tradurre dovrai seguire questo procedimento: tradurrai il gerundivo come un infinito e il sostantivo che lo accompagna come il suo complemento oggetto. Es.: in laudandis amicis = nel lodare gli amici (e non certo “negli amici da lodare”!): in laudandis = nel lodare; amicis = gli amici (complemento oggetto). Il gerundivo può essere usato anche: 1) come aggettivo indicante necessità (puer laudandus = un fanciullo da lodare); 2) come complemento predicativo dell’oggetto o del soggetto dopo verbi che indicano dare, affidare, concedere, mandare, etc., quali do, trado, curo, mitto, praebeo, suscipio, rogo, etc. Es.: fratrem tyrannum interficiendum curavit = fece uccidere il fratello tiranno; Antigonus Eumenem mortuum propinquis sepeliendum tradidit = Antigono diede ai parenti il corpo di Eumene da seppellire (= perché lo seppellissero).

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LA PERIFRASTICA PASSIVA

Anche la perifrastica passiva, come quella attiva, è un costrutto tipicamente latino che non

ha un esatto corrispondente nella lingua italiana. Anch’essa non costituisce proposizione a sé, bensì è un mezzo per esprimere un’azione che si deve compiere. A differenza della perifrastica attiva, però, può far parte di qualunque proposizione, mantenendo sempre lo stesso valore di dovere, obbligo, necessità. In latino è costituita dal gerundivo di necessità in unione con il verbo esse coniugato nel modo e nel tempo richiesti dalla proposizione cui appartiene. Poiché in latino il gerundivo di necessità è di forma passiva, mentre in italiano le espressioni che indicano dovere, obbligo o necessità sono attive, nella traduzione devi tener conto della differenza che esiste fra le due lingue: in particolare noterai che la frase italiana di forma attiva “noi dobbiamo amare i genitori” corrisponde alla frase latina di forma passiva nobis parentes amandi sunt, dopo aver subito queste trasformazioni: 1) il soggetto “noi” è passato al dativo d’agente che indica la persona da cui deve essere compiuta l’azione di amare; 2) il complemento oggetto “i genitori” è diventato il soggetto; 3) l’espressione verbale “dobbiamo amare” è stata sostituita dal gerundivo del verbo “amare” concordato con il suo soggetto e seguito dal verbo esse nello stesso tempo e modo del verbo “dovere”. Se dovessimo tentare di tradurre alla lettera questa frase, essa suonerebbe così: “da noi i genitori sono da amarsi”, ma capisci facilmente anche tu che non puoi fornire una simile traduzione!

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Anche i verbi intransitivi possono avere la perifrastica passiva, ma solo nella forma impersonale. Es.: eundum est = si deve andare, bisogna andare; pugnandum erat = bisognava combattere, si doveva combattere. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Tradurre alla lettera la perifrastica passiva non è possibile, perché costringeresti la lingua italiana a piegarsi ad un costrutto non suo; pertanto ti converrà seguire questo sistema: 1) accertati prima di tutto che si tratti di una perifrastica passiva e non di un gerundivo al posto del gerundio: lo capirai constatando che il gerundivo di necessità è in nominativo e che è accompagnato dal verbo esse; 2) cerca il dativo d’agente: se c’è, deve essere tradotto come soggetto; 3) traduci il verbo esse con il verbo “dovere” (concordato con il suo soggetto) o “bisognare” (impersonale) nello stesso tempo e modo di esse; 4) traduci il gerundivo con l’infinito; 5) cerca poi il soggetto in nominativo: se c’è, deve essere tradotto come complemento oggetto; se non c’è e il gerundivo è di genere neutro, tutta l’espressione è usata impersonalmente. Es.: magistro multa utilia dicenda sunt: magistro (dativo d’agente) = il maestro (soggetto); sunt = deve (presente indicativo, concordato col maestro); dicenda = dire (infinito); multa utilia (soggetto in nominativo) = molte cose utili (complemento oggetto).

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PROPOSIZIONI INTERROGATIVE DIRETTE

Si dividono in: a) interrogative semplici se consistono in una sola domanda; b) interrogative disgiuntive se propongono più domande alternative fra loro.

A INTERROGATIVE DIRETTE SEMPLICI ELEMENTI INTRODUTTORI: PRONOMI:

quis? quid? = chi, che cosa? quisnam? quidnam?; ecquis? ecquid? = chi, che cosa mai? numquis? numquid? = forse qualcuno, forse qualcosa? uter? utra? utrum? = chi dei due?

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SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE


SCHEDE SINTATTICHE

AGGETTIVI:

qui? quae? quod? = che, quale? qualis? quale? = quale? quinam? quaenam? quodnam?; ecqui? ecqua (ecquae)? ecquod? = quale mai? numqui? numquae? numquod? = forse qualche? uter? utra? utrum? = quale dei due? cuius? cuia? cuium? = di chi? quot?; quam multi, ae, a? = quanti (di numero)? quantus, a, um? = quanto grande? quotus, a, um? = che? in quale ordine?

AVVERBI:

quo? = per quale scopo?; cur? quid?= perché?; quando? = quando? quotiens? = quante volte? quomodo? qui? = come? ubi? = dove? (stato in luogo); quo? = dove? (moto a luogo); qua? = per dove?; unde? = da dove?

PARTICELLE: num?

= forse che? (aspetta risposta negativa) nonne? = forse che non? (aspetta risposta affermativa) -ne? (aspetta una risposta qualunque) an? = forse? forse che?

MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo (dubitativo o potenziale).

Sono proposizioni indipendenti e si riconoscono facilmente dalla presenza del punto interrogativo, oltre che degli elementi introduttori sopra riportati. Nella traduzione in italiano non presentano alcuna difficoltà: basterà tradurre alla lettera, come puoi facilmente notare dagli esempi che ti proponiamo. NOTA BENE

11) l’avverbio qui? corrisponde a quomodo? e non devi confonderlo con il pronome: solo l’attento esame della frase e il senso possono aiutarti a non cadere in errore. Es.: qui possum facere hoc? = come posso fare ciò? 12) il pronome numquis? nonché il suo aggettivo si usano quando si aspetta risposta negativa. Es.: numquis te vidit? Nemo. = ti ha forse visto qualcuno? Nessuno. 13) uter? utra? utrum? se è usato come pronome regge il genitivo partitivo; se è usato come aggettivo concorda con il sostantivo che accompagna. Es.: uter eorum pater tuus est? = chi di loro due è tuo padre? uter consul ad Cannas mortuus est? = quale dei due consoli è morto a Canne? 14) cuius? cuia? cuium? (= di chi?), essendo un aggettivo, concorda con il sostantivo a cui è riferito. Es.: cuia illa mulier est? = di chi è quella donna? 15) quot? è indeclinabile, significa “quanti di numero” e spesso è sostituito da quam multi, ae, a. Ovviamente è sempre plurale. Es.: quot (= quam multos) libros legisti? = quanti libri hai letto? 16) quotus, a, um? aspetta come risposta un numero ordinale; quando quotus è seguito da quisque assume lo stesso significato di quot.

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17) le interrogative introdotte da num o nonne si dicono retoriche in quanto presuppongono già una risposta. In realtà come senso corrispondono alle enunciative, tanto è vero che nell’oratio obliqua passano all’accusativo + infinito. Es.: num hoc fecisti? = hai forse fatto questo? (certamente no); nonne verum dixi? = non ho forse detto la verità? (certamente sì). 18) la risposta alla domanda si fornisce nel seguente modo: a) se è positiva si usano gli avverbi affermativi ita, sane, profecto oppure si ripete la parola su cui poggia il peso della domanda. Es.: rediitne eius pater? Rediit. = è tornato suo padre? Sì. b) se è negativa si usano gli avverbi negativi non ita, minime, minime vero oppure si ripete il verbo della interrogativa preceduto dalla negazione. Es.: estne frater intus? Non est. = è dentro il fratello? No. 19) la particella an conferisce una certa enfasi ad una domanda anch’essa retorica: Es.: an potuit Minerva navigium Aiacis deturbare, ipsa soror ac coniunx Iovis Aenean ab Italia arcere non potero? = possibile!? Minerva potè affondare il naviglio di Aiace, mentre io, sorella e sposa di Giove, non potrò allontanare Enea dall’Italia? 10) la proposizione interrogativa indiretta ha il verbo al congiuntivo quando ha valore dubitativo o potenziale. Es.: quid facerem? = che cosa avrei potuto fare? quis dicat te strenuum non fuisse? = chi potrebbe dire che tu non sei stato valoroso? ATTENZIONE!

Gli interrogativi qui, quae, quod; qualis, e; quantus, a, um; quot; quam multi, ae, a etc., sono usati anche con valore esclamativo. Le proposizioni da essi introdotte si chiamano esclamative, sono indipendenti e si riconoscono facilmente perché in genere terminano con il punto esclamativo.

B INTERROGATIVE DIRETTE DISGIUNTIVE Sono costituite da due o più membri così introdotti: primo membro:

secondo membro (e tutti gli altri membri):

utrum -ne (-n) —

an an an

Se il secondo membro è costituito semplicemente da “o no” lo si esprime con annon. Es.: utrum mecum Romam venis an domi manes? = vieni con me a Roma o rimani a casa? venisne mecum Romam an domi manes? = vieni con me a Roma o rimani a casa? venis mecum Romam an domi manes? = vieni con me a Roma o rimani a casa? venisne mecum Romam annon? = vieni con me a Roma o no?

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: quota hora est? Tertia = che ora è? La terza; quotus quisque philosophus? = quanti filosofi?


SCHEDE SINTATTICHE

SINTASSI DEL PERIODO

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CLASSIFICAZIONE DELLE PROPOSIZIONI DIPENDENTI

Spesso accade che gli studenti, frettolosamente e/o distrattamente, classifichino le proposizioni dipendenti semplicemente sulla base della loro forma e non della loro funzione, incorrendo in gravi errori: un ut + congiuntivo, per esempio, viene talvolta qualificato come “finale” anche quando è completivo, senza che l’allievo si renda conto della profonda differenza esistente fra i due tipi di subordinate. Se vorrai evitare errori del genere, quindi, dovrai abituarti a classificare le proposizioni dipendenti sulla base della loro funzione nel periodo. Si tratta in realtà di un criterio assai semplice, poiché ti consente di identificare tre tipi fondamentali di proposizioni dipendenti: 1) Completive o sostantive o complementari dirette: sono quelle che, a prescindere dalla loro forma, hanno funzione di soggetto o di oggetto rispetto alla reggente, della quale perciò costituiscono l’indispensabile completamento (da cui il nome “completive”). Es.: dimmi chi sei = dimmi il tuo nome (interrogativa indiretta con funzione oggettiva); è opportuno che tu venga = è opportuna la tua venuta (completiva con funzione soggettiva). 2) Relative o aggettive o attributive-appositive: sono così dette perché equivalgono ad un aggettivo in funzione attributiva o ad una apposizione, e si riferiscono quindi ad un sostantivo o pronome della reggente. Es.: mi piacciono i ragazzi che studiano = mi piacciono i ragazzi studiosi (relativa con funzione di attributo); il delfino, che è un mammifero acquatico, ama la compagnia dell’uomo = il delfino, mammifero acquatico, ama la compagnia dell’uomo (relativa con funzione di apposizione). 3) Avverbiali o circostanziali: assolvono, rispetto alla reggente, alla stessa funzione che nella proposizione hanno gli avverbi o i complementi indiretti (causa, fine, tempo, luogo, modo...). Es.: siccome ti sono amico sopporterò la tua offesa = a causa della mia amicizia per te sopporterò la tua offesa; mentre si faceva buio i soldati uscirono dall’accampamento = al crepuscolo i soldati uscirono dall’accampamento. Se imparerai a ragionare in questi termini, non correrai più il rischio di confondere due proposizioni come queste: cura ut valeas = cerca di star bene (ut valeas è oggetto di cura: senza di esso l’enunciato è privo di senso);

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Le proposizioni dipendenti si classificano dunque così, in base alla loro appartenenza all’uno o all’altro di questi tre gruppi:

COMPLETIVE

RELATIVE

AVVERBIALI

O SOSTANTIVE O COMPLEMENTARI DIRETTE

O AGGETTIVE O ATTRIBUTIVE-APPOSITIVE

O CIRCOSTANZIALI

infinitive (soggettive e oggettive)

relative proprie

finali consecutive

interrogative indirette

causali

completive introdotte da ut, ne

temporali

completive introdotte da ut, ut non

condizionali ipotetiche restrittive

completive con verba timendi

concessive

completive con verba impediendi e recusandi

avversative

completive introdotte da quin

comparative relative improprie

completive introdotte da quod (dichiarative)

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LA CONSECUTIO TEMPORUM

È l’insieme di norme che regolano il tempo dei verbi delle proposizioni dipendenti al congiuntivo in rapporto al tempo della proposizione reggente.

Distinguiamo: 1) la consecutio nelle proposizioni dipendenti di primo grado la cui reggente è la principale; 2) la consecutio nelle proposizione dipendenti di secondo o altro grado, la cui reggente è una proposizione a sua volta dipendente.

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SCHEDE SINTATTICHE

cura valetudinem tuam, ut bene vivas = cura la tua salute, per vivere bene (cura ha già un complemento oggetto, valetudinem, e l’enunciato ha un senso anche senza ut bene vivas, che è una determinazione accessoria e precisamente un complemento di fine).


SCHEDE SINTATTICHE

PROPOSIZIONI DIPENDENTI DI PRIMO GRADO: In dipendenza da una proposizione principale i tempi della subordinata si regolano secondo il seguente schema: PROPOSIZIONE PRINCIPALE:

PROPOSIZIONE DIPENDENTE:

TEMPI PRINCIPALI:

TEMPI PRINCIPALI:

Indicativo presente, futuro o perfetto logico; imperativo presente o futuro; congiuntivo presente o altro tempo equivalente, come il perfetto potenziale o il perfetto dell’imperativo negativo (es: ne feceris = non fare)

⎫ ⎪ ⎪ ⎬ ⎪ ⎪ ⎭

PRESENTE CONGIUNTIVO

(azione contemporanea) PERFETTO CONGIUNTIVO

(azione anteriore) PERIFRASTICA ATTIVA + SIM

(azione posteriore)

PROPOSIZIONE PRINCIPALE:

PROPOSIZIONE DIPENDENTE:

TEMPI STORICI:

TEMPI STORICI:

Indicativo imperfetto, perfetto storico (= passato remoto) o piuccheperfetto; congiuntivo imperfetto, perfetto o piuccheperfetto

⎫ ⎪ ⎪ ⎬ ⎪ ⎪ ⎭

IMPERFETTO CONGIUNTIVO

(azione contemporanea) PIUCCHEPERFETTO CONGIUNTIVO

(azione anteriore) PERIFRASTICA ATTIVA + ESSEM

(azione posteriore)

Es.: non dubito quin strenue pugnes = non dubito che tu combatta valorosamente; non dubito quin strenue pugnaveris = non dubito che tu abbia combattuto valorosamente; non dubito quin strenue pugnaturus sis = non dubito che tu combatterai valorosamente; dic mihi quid egeris = dimmi (imperativo) che cosa hai fatto; velim scire quid acturus sis = vorrei (congiuntivo desiderativo) sapere che cosa farai; ne dixeris quid agas = non dire (imperativo negativo) che cosa fai; hic quis obiectaverit quam periculo obnoxia haec ratio agendi sit = qui qualcuno potrebbe obiettare (congiuntivo potenziale) quanto sia pericoloso questo modo d’agire; non dubitabam/dubitavi/dubitaveram quin strenue pugnares = non dubitavo/dubitai/   avevo dubitato che tu combattessi valorosamente; non dubitabam/dubitavi/dubitaveram quin strenue pugnavisses = non dubitavo/dubitai/avevo dubitato che tu avessi combattuto valorosamente; non dubitabam/dubitavi/dubitaveram quin strenue pugnaturus esses = non dubitavo/ dubitai/avevo dubitato che tu avresti combattuto valorosamente. utinam dixerit quid sentiret = oh se avesse detto (ed è possibile) che cosa pensava (pensa)! NOTA BENE

1) Il perfetto logico può corrispondere al nostro passato prossimo quando indica un’azione passata i cui effetti perdurano nel presente; es.: la televisione è nata pochi decenni fa (= la televisione esiste ancora adesso); oppure può essere considerato alla stregua di un presente come in memini, novi, odi, consuevi, didici, cognovi, etc., verbi che si traducono appunto come presenti (consuevi = mi sono abituato = ho l’abitudine).

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PROPOSIZIONI DIPENDENTI DI SECONDO O ALTRO GRADO: Distinguiamo i seguenti casi: 1) la proposizione reggente ha il verbo all’infinito: a) l’infinito presente o futuro non esercita alcuna influenza sul verbo della dipendente, che si regola, di conseguenza, sul verbo della proposizione che a sua volta regge l’infinitiva; b) l’infinito perfetto funge da tempo storico: pertanto la proposizione che ne dipende ha il congiuntivo dei tempi storici. Es.: puto te pugnare ut vincas = penso che tu combatta per vincere; puto te pugnavisse ut vinceres = penso che tu abbia combattuto per vincere. 2) la proposizione reggente ha il verbo al congiuntivo: a) il congiuntivo presente in quanto tempo principale regge i tempi principali; b) il congiuntivo imperfetto, il perfetto e il piuccheperfetto in quanto tempi storici reggono i tempi storici. Es.: ex te quaero quid agas ut eum adiuves = ti chiedo che cosa fai per aiutarlo; ex te quaero quid egeris ut eum adiuvares = ti chiedo che cosa hai fatto per aiutarlo. 3) la proposizione reggente ha il verbo al participio, al gerundio o al supino: la proposizione dipendente si regola sul verbo della proposizione che a sua volta regge il participio, il gerundio, il supino: infatti le forme nominali del verbo non esercitano alcuna influenza. Es.: Miltiades, timens ne classis regia adventaret, Athenas rediit = Milziade, temendo che la flotta regia arrivasse, ritornò ad Atene. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Gli esempi sopra riportati ti forniscono anche i consigli pratici di traduzione: infatti, come puoi notare, là dove la consecutio temporum è rispettata, per lo più l’italiano mantiene gli stessi tempi del latino e spesso anche il modo congiuntivo. Tuttavia vi sono alcuni casi in cui l’italiano si scosta dal latino: 1) nel futuro perifrastico, in cui dovrai rendere il rapporto di posteriorità secondo quanto hai studiato nelle proposizioni infinitive e nel participio. Es.: non so che cosa farai; non sapevo che cosa avresti fatto. nelle comparative ipotetiche, quando nella reggente si ha un tempo principale. Es.: manet Atticus longe a Roma tamquam hic nulla negotia habeat = Attico rimane lontano da Roma come se qui non avesse alcun interesse. 2)

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SCHEDE SINTATTICHE

Nel primo caso regge di preferenza i tempi storici (imperfetto, piuccheperfetto, futuro perifrastico + essem), nel secondo i tempi principali (presente, perfetto, futuro perifrastico + sim), con la sola eccezione di memini che può avere entrambe le reggenze. 2) Il presente storico corrisponde nel significato ad un perfetto, ma nella sua forma è un presente: perciò può reggere tanto un tempo storico, quanto un tempo principale. 3) L’infinito storico, poiché equivale ad un imperfetto, regge i tempi storici. 4) Il perfetto congiuntivo ha funzione di tempo principale in una proposizione dipendente, ma ha funzione di tempo storico in una proposizione reggente.


SCHEDE SINTATTICHE

3)

talvolta nelle interrogative indirette. Es.: tradit Tacitus quam inexplicabilis fuerit Tiberius = scrive Tacito quanto fosse ambiguo Tiberio (il rapporto di anteriorità è rispettato, ma si deve sottolineare che Tiberio era abitualmente ambiguo); intellexit Cicero quam grave esset inermes contra armatos certare = riconobbe Cicerone quanto sia pericoloso lottare disarmati contro (uomini) armati (l’imperfetto esprime azione contemporanea nel passato, in quanto Cicerone fa questa constatazione ai suoi tempi; poiché però tale affermazione non è limitata all’epoca in cui visse Cicerone, ma vale per tutti i tempi, in italiano si preferisce usare il presente congiuntivo in luogo dell’imperfetto). ATTENZIONE!

1) Seguono rigorosamente la consecutio temporum tutte le proposizioni che di regola vogliono il congiuntivo (finali, narrative, comparative ipotetiche, interrogative indirette, etc.) eccetto: – le consecutive (vedi scheda 23); – il periodo ipotetico della irrealtà; – le subordinate il cui verbo ha valore di congiuntivo potenziale nel passato o di congiuntivo dubitativo nel passato, perché altrimenti perderebbero il loro valore; – le proposizioni parentetiche o incidentali, che mantengono l’indicativo; – le temporali costruite con dum + indicativo presente. Es.: velim scire cur tibi defendendus non esset reus ille = vorrei sapere perché tu non avresti dovuto difendere quell’accusato; nescio quis ei ignosceret = non so chi avrebbe potuto perdonarlo; non pugnaverat, quod sciam = ch’io sappia, non aveva combattuto. 2) Comune è il caso in cui una proposizione (c) che di per sé non avrebbe il congiuntivo (vedi scheda 17), si trovi a dipendere da una proposizione (b) con il verbo all’infinito perfetto o al congiuntivo perfetto, che a sua volta dipende da una reggente (a) con il verbo di tempo principale: in questo caso la proposizione (c) mantiene lo stesso tempo che avrebbe se la proposizione (b) fosse indipendente. È questa la cosiddetta “regola di Reusch”. Se invece la proposizione (c) avesse comunque il congiuntivo per natura, o se la proposizione (a) avesse il verbo di tempo storico, la consecutio temporum sarebbe rispettata. Es.: hoc Periclem praestitisse (b) ceteris oratoribus ⏐⏐ dicit (a) Socrates, ⏐⏐ quod is Anaxagorae physici fuerit (c) auditor = Socrate dice (a) ⏐⏐ che Pericle superò (b) per questo tutti gli altri oratori, ⏐⏐per il fatto che fu (c) scolaro del fisico Anassagora (regola di Reusch; in forma indipendente: Pericles praestitit ceteris oratoribus quod Anaxagorae physici fuit auditor); scio ⏐⏐te hortatum esse eum ⏐⏐ut ad me veniret = so ⏐⏐che tu lo hai esortato ⏐⏐a venire da me (qui la consecutio è rispettata perché ut ad me veniret avrebbe il congiuntivo anche se te hortatum esse fosse indipendente: eum hortatus es ut ad me veniret = lo hai esortato a venire da me). 3) Nelle subordinate causali introdotte da cum o nelle relative causali (qui = cum is), nonché nelle subordinate introdotte dal cum avversativo, spesso la consecutio è trascurata e il tempo è rapportato al presente anche se nella reggente vi è un tempo storico; Es.: cum ceteris in coloniis duumviri appellentur, hi se praetores appellari volebant = costoro volevano essere chiamati pretori, mentre in tutte le altre colonie (i loro pari) venivano chiamati duumviri.

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IL FUTURO DEL CONGIUNTIVO

Il latino come l’italiano non possiede nel congiuntivo un tempo apposito per esprimere il futuro.

Questo problema è stato risolto nella nostra lingua con l’uso del futuro semplice o del condizionale passato, a seconda che nella reggente si trovi un tempo presente o un tempo passato; nella lingua latina, invece, in cui non esiste il condizionale e non è consentito l’uso dell’indicativo in proposizioni che richiedono per loro natura o per la sensibilità dell’autore il congiuntivo, si ricorre ad una espressione formata dal participio futuro seguito dal verbo esse al congiuntivo. I casi più frequenti in cui si trova questo costrutto, normalmente definito “futuro del congiuntivo”, sono i seguenti: 1) interrogative indirette, comprese le dubitative. Es.: dic mihi quid facturus sis = dimmi che cosa farai.

2) completive introdotte da espressioni di dubbio negative (non dubito quin, haud dubium est quin, etc.). Es.: non dubito quin hoc facturus sis = non dubito che farai questo; 3) apodosi dipendente al congiuntivo nel periodo ipotetico del I e del II tipo (vedi scheda 27 b1). Esso comunque ricorre in tutti i casi in cui l’idea del futuro non è espressa in modo abbastanza chiaro nella reggente. Es.: non deterret sapientem mors, quo minus rei publicae consulat, cum posteritatem ipsam, cuius sensum habiturus non sit, ad se putet pertinere = la morte non impedisce al sapiente di provvedere allo Stato, dal momento che ritiene che la stessa posterità, di cui non avrà percezione, lo riguardi. NOTA BENE

1) Nelle proposizioni finali, nelle volitive e in dipendenza da verbi che indicano comando, impedimento, timore, speranza etc., che contengono già in sé l’idea del futuro, non si usa il futuro congiuntivo, bensì il congiuntivo presente o imperfetto. Es.: eam potestatem vos habetis ut statuatis utrum nos miseri semper lugeamus an aliquando recreemur = voi avete il potere di decidere se noi dovremo piangere sempre miseramente o se un giorno avremo sollievo. 2) Se l’azione futura è contemporanea a quella del verbo reggente che si trova già al futuro o che contiene in sé idea di futuro, non si usa il futuro congiuntivo bensì il semplice congiuntivo. Es.: dico me ex te quaesiturum esse quid facias = dico che ti chiederò che cosa farai; dicebam me ex te quaesiturum esse quid faceres = dicevo che ti avrei chiesto che cosa avresti fatto. 3) Quando non sia possibile formare il futuro congiuntivo o perché il verbo è passivo o perché non ha il supino, si ricorre al verbo possum (al congiuntivo) + infinito del verbo, oppure ad avverbi che contengono in sè l’idea del futuro quali mox (ben presto), brevi (fra breve), in posterum (in futuro), post (in seguito, poi), seguiti dal verbo al semplice congiuntivo, oppure ancora alla perifrasi futurum sit / esset + congiuntivo presente o imperfetto. Es.: non dubito quin mox timeas (possis timere, futurum sit ut timeas) = non dubito che avrai paura.

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SCHEDE SINTATTICHE

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SCHEDE SINTATTICHE

4) Il futuro anteriore del congiuntivo è costrutto talmente raro che le regole per esso proposte sono frutto di una ricostruzione ipotetica operata dai grammatici (tra l’altro non in maniera univoca); esso risulta quindi del tutto privo di interesse pratico e non verrà preso in considerazione in questa sede. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Come si è già detto a proposito della perifrasica attiva, non devi confondere con quest’ultima il futuro del congiuntivo: ti sarà facile però evitare di cadere nell’equivoco se leggerai con attenzione i casi in cui i due costrutti si presentano e terrai sempre d’occhio il contesto ponendoti questa domanda: si tratta di un’azione intenzionale o destinata a compiersi, oppure è una semplice azione futura? Es.: non dubito quin hoc mihi dicturus sis = non dubito che mi dirai ciò (semplice azione futura); cum consul locurutus esset omnes tacuerunt = poiché il console stava per parlare (azione imminente), tutti tacquero.

L’ATTRAZIONE MODALE

Per “attrazione modale” (o “assimilazione modale”) s’intende il passaggio al congiuntivo di

alcune subordinate che per natura avrebbero l’indicativo. Tale passaggio è determinato dalla valutazione del rapporto con la reggente, strettamente legata con la soggettività dell’autore: come tale non è obbligatorio. E’ comunque più frequente in dipendenza da un tempo storico. L’attrazione modale si verifica a condizione che la subordinata in questione: a. sia di grado superiore al primo; b. dipenda a sua volta da un congiuntivo o da un infinito; c. sia parte integrante del discorso. Il congiuntivo dovuto ad attrazione modale va tradotto con l’indicativo. Es.: accidit ut milites qui lignationis causa discessissent repentino hostium adventu interciperentur (Cesare) = accadde che i soldati che si erano allontanati per far legna furono tagliati fuori dall’improvviso arrivo dei nemici. Come puoi vedere, la relativa è di secondo grado, dipende dal congiuntivo interciperentur e non puoi eliminarla dal discorso senza che il senso ne risenta. Puoi anche notare come il congiuntivo discessissent non si giustifichi né come obliquo (non si riporta l’opinione di nessuno), né come eventuale (l’azione è reale e ben determinata), né come caratterizzante (non si tratta di una particolare categoria di soldati addetti a far legna). Non è mancato chi, pur di negare l’esistenza dell’attrazione modale, ha fatto di questa frase una relativa impropria causale, forzando l’interpretazione del passo fino a far dire a Cesare che i soldati furono sorpresi dal nemico “perché” erano andati a far legna; mentre a noi sembra che Cesare intenda semplicemente informarci del fatto che furono sorpresi dal nemico non dei soldati qualunque, ma “quelli che” erano andati a far legna.

Per la condizione c. sopra esposta, sono escluse dall’attrazione modale le relative nominali (che equivalgono di fatto ad un sostantivo), le proposizioni incidentali ed in generale tutte le

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Tanta vis probitatis est, ut eam vel in eis quos numquam vidimus diligamus (CICERONE) = è così grande la forza dell’onestà, che noi l’amiamo anche in quelli che non abbiamo mai visto. In questo caso abbiamo a che fare con una relativa nominale (“coloro che non abbiamo mai visto” = “gli sconosciuti”). UNA PRECISAZIONE DOVEROSA

La denominazione di “attrazione modale” è contestata da molti grammatici, soprattutto perché non si vede in che senso un infinito possa “attrarre” al congiuntivo una subordinata. Inoltre sono sempre più numerosi coloro che mettono in forse l’esistenza stessa dell’attrazione modale, sostenendo che il congiuntivo nelle subordinate che dovrebbero avere l’indicativo si giustifichi di volta in volta come obliquo, eventuale o caratterizzante. Tale tesi non ci sembra condivisibile, per i motivi esposti nella scheda 17 relativa al congiuntivo “vero” e “falso”, alla quale rimandiamo per ogni ulteriore considerazione. Ci limitiamo qui ad osservare che: – la confusione tra l’attrazione modale e il congiuntivo obliquo ci sembra derivare dal fatto che l’“ottativo obliquo” greco ha molti punti di contatto con l’attrazione modale (soprattutto perché, come s’è detto, anche quest’ultima si verifica per lo più in dipendenza da un tempo storico); – se il problema è il nome “attrazione”, lo si potrebbe risolvere semplicemente adottando una denominazione più precisa e pertinente, che tenga conto anche della presenza dell’infinito tra i fattori determinanti di tale fenomeno, senza negare per questo anche l’esistenza stessa del fenomeno; – se invece, per via della suddetta somiglianza con l’ottativo obliquo greco, piace attribuire all’attrazione modale la denominazione di “congiuntivo obliquo”, sarebbe opportuno trovare per quest’ultimo una nuova denominazione, onde evitare confusioni tra fenomeni diversi (vedi scheda 17).

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DIFFERENZE FRA IL LATINO E L’ITALIANO NELL’USO DELL’INDICATIVO

L’indicativo è il modo della oggettività e lo si usa tutte le volte che si vuole riferire un fatto

come reale, certo, obiettivo. Es.: homo quem vides, pater meus est = l’uomo che vedi è mio padre. L’indicativo latino e quello italiano per lo più coincidono, tranne in alcuni casi in cui l’italiano usa il congiuntivo. Questo accade soprattutto nelle proposizioni introdotte da: – pronomi, avverbi e congiunzioni raddoppiati o uscenti in -cumque (quisquis, quicumque, quotquot, utut, quamquam etc.); – sive... sive, seu... seu. Al contrario, invece, accade spesso che ad un congiuntivo latino corrisponda l’indicativo italiano: la scheda 17 è dedicata interamente a questo argomento.

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SCHEDE SINTATTICHE

proposizioni che esprimono una realtà oggettiva, non riconducibile in alcun modo alla soggettività della reggente. Es.: Caesar Helvetios in fines suos, unde erant profecti, reverti iussit (CESARE) = Cesare comandò che gli Elvezi ritornassero nei loro territori, da dove erano partiti. Come puoi notare, si tratta di una constatazione oggettiva.


SCHEDE SINTATTICHE

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CONGIUNTIVO “VERO” E CONGIUNTIVO “FALSO”

PREMESSA

Non c’è forse argomento della sintassi latina che metta in imbarazzo il traduttore (e non solo quello inesperto) come l’uso del congiuntivo nelle subordinate che non lo avrebbero per natura. Ti sarà ben noto lo sconforto che si prova, ad esempio, di fronte al congiuntivo di una relativa che potrebbe essere impropria oppure soggetta a qualche “interferenza” come l’attrazione modale o il congiuntivo obliquo o quello caratterizzante, e che di conseguenza non si sa esattamente come tradurre. Di fronte a questo argomento è opportuno, a nostro parere, assumere una posizione cauta e prudente, non priva di una buona dose di umiltà: non di rado, infatti, capita di imbattersi nello stesso esempio citato da diversi grammatici come testimonianza inoppugnabile di tesi del tutto opposte. Eppure è assolutamente indispensabile che tu abbia le idee il più possibile chiare su questo argomento. Cominceremo perciò col porre un paio di punti fermi: 1) come regola di base, l’indicativo serve per esprimere oggettività (fenomeno constatato), il congiuntivo per esprimere soggettività (fenomeno solo pensato); 2) non sempre è possibile stabilire con certezza il valore di un congiuntivo in una proposizione subordinata che per sua natura avrebbe l’indicativo, anche perché nelle subordinate di grado superiore al primo spesso all’attrazione modale si sovrappongono fenomeni diversi, come l’eventualità o l’obliquità o la funzione caratterizzante. Inoltre, come diremo meglio in seguito, parecchi grammatici hanno abolito l’attrazione modale, sostenendo che non vi sia differenza fra questo fenomeno e i congiuntivi obliquo, eventuale e caratterizzante. Come se non bastasse, taluni rifiutano la definizione di “congiuntivo caratterizzante” ed annoverano le relative soggette a questo fenomeno (che, in quanto tali, sarebbero proprie) tra le relative consecutive (cioè improprie). Tutto questo testimonia della obiettiva difficoltà di interpretare una serie di fenomeni strettamente connessi con una sensibilità linguistica che non è più la nostra.

CONGIUNTIVO “VERO” O CONGIUNTIVO “FALSO”?

Q uando incontri un congiuntivo in una proposizione dipendente, devi sempre domandarti se esso sia “vero” o “falso”; ossia, in termini più scientifici: 1) dovuto alla natura della subordinata stessa (es.: finale, consecutiva, interrogativa indiretta...); in tal caso si tratta di un congiuntivo “vero”: la sua presenza è obbligatoria e per la sua traduzione devi fare riferimento alle indicazioni date per le singole proposizioni (es.: nella consecutiva si traduce con l’indicativo, nella finale con il congiuntivo, etc.); 2) usato in luogo di un indicativo (congiuntivo “falso”); in tal caso esso può essere: a. attratto, cioè determinato dalla valutazione del rapporto con la reggente, purché essa stessa subordinata al congiuntivo o all’infinito (vedi scheda 15): poiché tale valutazione è legata alla soggettività dell’autore, la presenza del congiuntivo è facoltativa (non si tratta, dunque, di un semplice automatismo che scatta in ogni caso); esso va reso nella traduzione con l’indicativo; b. dovuto a qualche “interferenza”, cioè a qualche fattore intervenuto a “disturbare” l’oggettività di una constatazione; tali interferenze sono sostanzialmente tre: l’obliquità, l’eventualità, la funzione caratterizzante. Nella traduzione renderai l’eventualità preferibilmente (ma non obbligatoriamente) con il congiuntivo, mentre tradurrai generalmente con l’indicativo i congiuntivi obliquo e caratterizzante.

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A nostro parere esiste invece fra questi congiuntivi una certa differenza, che cercheremo subito di chiarire: a) il CONGIUNTIVO ATTRATTO non è che il riflesso della soggettività espressa nella reggente su una subordinata che di per sé riporta un dato che può essere anche assolutamente oggettivo, privo di valore eventuale e di funzione caratterizzante, come nel seguente esempio: Es.: scito me, postquam in urbem venerim, redisse cum veteribus amicis in gratiam (CICERONE) = sappi che io, dopo che sono ritornato a Roma, mi sono riconciliato con i vecchi amici. In questo caso il fatto riportato nella temporale è certo ed oggettivo, anche se espresso con il congiuntivo (Cicerone è effettivamente ritornato a Roma): su di esso si riflette solo la soggettività dell’informazione fornita dall’autore. Il congiuntivo perciò non “serve” a nulla. b) il CONGIUNTIVO OBLIQUO presenta invece come in sé soggettiva (o obliqua o indiretta che dir si voglia) l’osservazione contenuta nella subordinata. Es.: adnotavi quae commutanda, quae eximenda arbitrarer (PLINIO IL GIOVANE) = ho annotato le cose che ritenevo (secondo il mio parere) da modificare o da eliminare. La relativa è di primo grado e dipende da un indicativo: quindi è proprio l’affermazione contenuta in essa ad essere presentata come soggettiva. Il congiuntivo “serve” in questo caso ad accentuare la modestia e la deferenza di Plinio nei confronti di Tacito, presentando le correzioni da apportare come un semplice suggerimento derivante da una valutazione strettamente soggettiva. Se un congiuntivo obliquo è veramente tale, deve sempre essere possibile aggiungere un’espressione come “secondo lui”, “a suo dire”, “a sentir lui” o simili. c) il CONGIUNTIVO EVENTUALE presenta un’azione non già come determinata e specifica, ma come generica o ripetuta; Es.: omnes cupiebant Caesarem stare condicionibus iis quas tulisset (CICERONE) = tutti desideravano che Cesare si attenesse ai patti che (di volta in volta o eventualmente) stipulasse (lett.: “avesse stipulato”). Si allude qui a patti non specifici, bensì strettamente legati ad una eventuale decisione di Cesare. d) il CONGIUNTIVO CARATTERIZZANTE evidenzia una peculiarità, una caratteristica distintiva di una categoria di persone o di cose (perciò non è mai riferito ad una persona o cosa ben definita). Lo si trova solo in dipendenza da espressioni come: est qui, sunt qui = c’è chi; non desunt qui = non mancano coloro che; nemo est qui = non c’è nessuno che; nihil est quod = non c’è motivo che; quis est qui? = chi c’è che?; dignus o indignus qui = degno o indegno che; e simili. Es.: quis est qui hoc non intellegat? (CICERONE) = chi c’è che non capisce questo?

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SCHEDE SINTATTICHE

Come si diceva, molti grammatici sostengono che non abbia senso distinguere il congiuntivo attratto da quello obliquo, eventuale o caratterizzante. In particolare il congiuntivo attratto e quello obliquo riportano entrambi un pensiero indiretto (di persona diversa da chi scrive, o anche dello stesso autore, ma riferito ad un’epoca diversa da quella in cui egli scrive, oppure visto in un’altra ottica).


SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE

Come accennato in precedenza, alcuni grammatici annoverano le relative con il congiuntivo caratterizzante fra quelle improprie consecutive, specialmente per quanto riguarda le espressioni negative o di senso negativo: nemo est qui significherebbe infatti “non c’è nessuno tale che...”, e così via. Si obietta però, da parte dei sostenitori del congiuntivo caratterizzante, che queste relative non esprimono affatto una conseguenza, bensì una peculiarità. Autentiche relative consecutive sarebbero dunque solo quelle in cui qui si può trasformare in ut is.

LE COMPLETIVE

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PROPOSIZIONI INFINITIVE (SOGGETTIVE E OGGETTIVE)

INTRODUTTORI: nessun introduttore MODO DEL VERBO: infinito: a) presente, se esprime azione contemporanea alla reggente

b) perfetto, se esprime azione anteriore alla reggente c) futuro, se esprime azione posteriore alla reggente

P

er proposizioni infinitive si intendono le proposizioni oggettive, soggettive ed esplicative (o epesegetiche) che in latino hanno il soggetto in accusativo e il verbo all’infinito. Esse appartengono alla grande famiglia delle completive. LE PROPOSIZIONI OGGETTIVE fungono da complemento oggetto del verbo reggente e sono introdotte da: 1) verba dicendi e declarandi come dico, adfirmo, nego, declaro, demonstro, significo, scribo, respondeo, fateor, confiteor, promitto, iuro, persuadeo, narro, trado, fero, nuntio, etc. Es.: dico te studere = dico che tu studi.

2) verba sentiendi come credo, puto, cogito, opinor, sentio, animadverto, audio, video, accipio, comperio, intellego, scio, nescio, ignoro, cognosco, memini, recordor, obliviscor, spero, despero, fido, confido, etc. Es.: scio te studere = so che tu studi. 3) verba affectuum come gaudeo, laetor, doleo, indignor, miror, admiror, lugeo, maereor, glorior, etc. Es.: gaudeo te studere = sono contento che tu studi. 4) verba voluntatis come volo, nolo, malo, iubeo, prohibeo, veto, etc. Es.: volo te studere = voglio che tu studi. LE PROPOSIZIONI SOGGETTIVE

fungono da soggetto del verbo reggente e sono introdotte da:

1) verbi impersonali come oportet, opus est, necesse est, decet, dedecet, iuvat, interest, licet, libet, placet, paenitet, etc. Es.: oportet te studere = è opportuno che tu studi.

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Le proposizioni infinitive assumono funzione esplicativa (o epesegetica) quando spiegano un soggetto o un complemento oggetto generico della reggente e sono normalmente preannunciate da un pronome neutro con funzione prolettica: id, hoc, illud, etc. Es.: hoc turpe est, iudicem falsum dicere = questa è un’azione turpe, che un giudice dica il falso. In italiano sono introdotte: – dalla congiunzione “che” con il verbo di modo finito, se il soggetto della frase è diverso da quello della reggente; – da “di” con il verbo all’infinito, se il soggetto è lo stesso. Es.: so che tu vincerai la gara (io soggetto della reggente; tu soggetto della oggettiva); sono sicuro di vincere (io soggetto della reggente; io soggetto della oggettiva). NOTA BENE

1) i verbi che mancano di supino non hanno il participio futuro, pertanto quando devono esprimere un’azione futura rispetto al verbo della reggente, hanno bisogno di “aiuto”. Questo viene fornito loro da: a) fore ut + congiuntivo presente o imperfetto a seconda del tempo del verbo della reggente. Es.: magister dicit fore ut Latinas litteras discatis = il maestro dice che voi imparerete il latino; magister dixit fore ut Latinas litteras disceretis = il maestro disse che voi avreste imparato il latino. b) posse + infinito presente. Es.: totius Galliae sese potiri posse sperant = sperano di potersi impadronire (che si impadroniranno) di tutta la Gallia. 2) con i verbi possum, debeo, volo il futuro semplice viene reso con l’infinito presente posse, debere, velle poiché essi contengono già in sé l’idea del futuro. Es.: scio milites vincere velle = so che i soldati vorranno vincere (so che i soldati vogliono vincere). 3) l’infinito futuro anteriore si esprime in latino con il participio perfetto + fore. Es.: puto cras meum fratrem profectum fore = credo che domani mio fratello sarà (già) partito. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Nella traduzione devi rispettare il rapporto di contemporaneità, anteriorità e posteriorità che intercorre tra il verbo della reggente e il verbo della infinitiva; pertanto: 1) se nella reggente c’è un tempo presente seguirai questo schema: DICO: a) te bonum esse b) te bonum fuisse c) te bonum futurum esse

DICO CHE: a) tu sei buono b) tu eri (sei stato, fosti) buono c) tu sarai buono

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SCHEDE SINTATTICHE

2) espressioni formate dal verbo esse alla terza persona singolare e da un sostantivo o aggettivo neutro sostantivato che funge da predicato nominale o da un genitivo di pertinenza: magna laus est, sapientis est, turpe est, etc. Es.: turpe est falsum dicere = è vergognoso dire il falso.


SCHEDE SINTATTICHE

2) se nella reggente c’è un tempo passato qualunque, seguirai questo schema: DICEBAM (DIXI, DIXERAM): a) te bonum esse b) te bonum fuisse c) te bonum futurum esse

DICEVO (DISSI, AVEVO DETTO) CHE: a) tu eri (sei) buono b) tu eri stato buono c) tu saresti stato buono

Se il verbo reggente è puto (o altro verbo simile che indichi opinione soggettiva), in italiano il verbo dell’infinitiva si traduce con il congiuntivo; pertanto: 1) se nella reggente c’è un tempo presente seguirai questo schema: PUTO: a) te bonum esse b) te bonum fuisse c) te bonum futurum esse

PENSO CHE: a) tu sia buono b) tu sia stato buono c) tu sarai buono

2) se nella reggente c’è un tempo passato qualunque seguirai questo schema: PUTABAM (PUTAVI, PUTAVERAM): a) te bonum esse b) te bonum fuisse c) te bonum futurum esse

PENSAVO (PENSAI, AVEVO PENSATO) CHE: a) tu fossi buono b) tu fossi stato buono c) tu saresti stato buono

Il soggetto della proposizione infinitiva è generalmente espresso, ma traducendo i brani riportati in questo libro ti accorgerai che questa non è una regola tassativa. Comunque in dipendenza da statuo, constituo e decerno si trova l’infinito semplice se vi è identità di soggetto. Es.: statui hunc librum legere = ho deciso di leggere questo libro. ATTENZIONE!

Un verbo che regga una proposizione infinitiva deve sempre rientrare, per quanto riguarda il significato, in una delle categorie di verbi che abbiamo elencato all’inizio della scheda. Se il verbo in questione ha più significati, devi cercare con attenzione quello adatto a reggere una proposizione appunto infinitiva. Il verbo fingo, ad esempio, ha come primi significati “formare, plasmare, modellare, adornare, educare, comporre, etc.”, ma cercando attentamente sul vocabolario si trova anche “immaginare, fingere e supporre”, significati che possono reggere un’oggettiva. Es.: Lycurgus auctorem earum legum Apollinem Delphicum esse finxit = Licurgo finse che autore di quelle leggi fosse Apollo Delfico.

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INTERROGATIVE INDIRETTE

A INTERROGATIVE INDIRETTE SEMPLICI INTRODUTTORI: avverbi, pronomi e aggettivi interrogativi: gli stessi che introducono le pro-

posizioni interrogative dirette (vedi scheda 11); particelle: num, -ne = se nonne = se non an = se non (dopo espressioni di dubbio) an non = se (dopo espressioni di dubbio) MODO DEL VERBO: congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum.

S

ono proposizioni subordinate che esprimono una domanda in forma indiretta: pertanto non hanno il punto interrogativo. Esse si possono riconoscere da tre fattori fondamentali: 1) hanno il verbo al congiuntivo rigorosamente regolato sulle norme della consecutio temporum con la sola eccezione dell’imperfetto dubitativo e potenziale, che non potrebbero altrimenti essere riconosciuti; 2) dipendono da espressioni che implicano una domanda, un dubbio, una curiosità etc., e che possono essere costituite da verbi (interrogo, quaero, dico, non dico, nescio, scio, dubito, cogito, etc.), da sostantivi (cogitatio, quaestio, dubium, etc.), da aggettivi (dubius, incertus, nescius, etc.); 3) sono introdotte da avverbi, pronomi, aggettivi o particelle interrogative. Es.: dic mihi quid acturus sis = dimmi che cosa farai; ex te quaero nonne me verum dixisse putes = ti chiedo se non credi che io abbia detto la verità; Epaminondas quaesivit num salvus esset clipeus = Epaminonda chiese se lo scudo fosse salvo; harum sententiarum quae sit veri simillima magna quaestio est = grande è la discussione (su) quale di queste opinioni sia la più verosimile; diu incertus fuit quonam modo aciem instrueret = rimase a lungo incerto su come schierare l’esercito.

B INTERROGATIVE INDIRETTE DISGIUNTIVE Sono costituite da due o più membri così introdotti: PRIMO MEMBRO:

utrum -ne (-n) —— —— -ne (-n)

(e tutti gli altri membri): an an an -ne -ne

SECONDO MEMBRO

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SCHEDE SINTATTICHE

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SCHEDE SINTATTICHE

Se il secondo membro è costituito semplicemente da “o no” lo si esprime con necne. Es.: utrum sit aureum poculum an crystallinum, nihil refert = nulla importa se la tazza sia d’oro o di cristallo; nox incertos victi victoresne essent diremit = la notte li separò, incerti se fossero vinti o vincitori; dic mihi isne sit quem quaero, necne = dimmi se egli sia o no colui che cerco. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Come puoi facilmente dedurre dagli esempi riportati, le proposizioni interrogative indirette mantengono anche in italiano il congiuntivo esattamente come in latino (eccetto pochi casi, generalmente in dipendenza da imperativi, dopo i quali si usa l’indicativo dello stesso tempo: Es.: dic mihi quid ei dixeris = dimmi che cosa gli hai detto). Dovrai però fare attenzione a quei casi in cui le due lingue non coincidono: 1) quando nell’interrogativa indiretta l’azione è posteriore a quella della reggente: in latino si trovano le forme perifrastiche -urus sim, -urus essem; in italiano invece si usano l’indicativo futuro o il condizionale passato a seconda del tempo della reggente. Es.: ex te quaero quid acturus sis = ti chiedo che cosa farai; ex te quaerebam quid acturus esses = ti chiedevo che cosa avresti fatto; 2) quando nell’interrogativa indiretta disgiuntiva latina manca l’introduttore nel primo membro: in latino si sottintende, ma in italiano bisogna sempre esprimerlo con “se”; 3) quando nell’interrogativa indiretta latina si trova un congiuntivo imperfetto in dipendenza da un presente: si tratta in tal caso di un congiuntivo dubitativo o potenziale del passato che in italiano si traduce con il condizionale passato. Es.: ex te quaero quid facerem = ti chiedo che cosa avrei dovuto fare (congiuntivo dubitativo).

C INTERROGATIVE INDIRETTE DUBITATIVE Da espressioni di dubbio o di incertezza (nescio, dubito, dubium est, haud scio, incertum est, etc.) dipendono anche le proposizioni interrogative indirette dubitative. Esse sono introdotte dalle particelle: an = se non (quando si suppone una risposta probabilmente affermativa = “forse sì”); an non = se (quando si suppone una risposta probabilmente negativa = “forse no”); -ne, num = se (quando il dubbio è totale). Es.: dubito an hoc verum sit = sono in dubbio se ciò non sia vero (= forse è vero) dubito an non hoc verum sit = sono in dubbio se ciò sia vero (= forse non è vero) dubito num hoc verum sit = sono in dubbio se ciò sia vero (= non lo so proprio).

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ALTRE COMPLETIVE

Come sai, per completiva (o sostantiva, o complementare diretta) s’intende una proposizione

che ha funzione di soggetto o di complemento oggetto rispetto alla reggente (vedi scheda 12). La completiva per eccellenza è la proposizione infinitiva, già trattata nella scheda 18; appartengono alle completive pure le interrogative indirette, anch’esse trattate a parte nella scheda 19. Resta da esaminare una serie di proposizioni che possono essere classificate sulla base dei loro introduttori e/o della loro appartenenza a due gruppi fondamentali: - completive esprimenti volontà (desiderio, timore, comando, esortazione), con negazione ne; - completive esprimenti una semplice constatazione, con negazione non.

A COMPLETIVE INTRODOTTE DA UT, NE INTRODUTTORI: ut = che, di, a;

ne = che non, di non, a non MODO DEL VERBO: congiuntivo presente o imperfetto secondo le norme della consecutio

temporum. N.B.: in presenza di un pronome, aggettivo o avverbio negativo, la negazione passa nell’introduttore: ut nemo = ne quis; ut nihil = ne quid; ut numquam = ne umquam, e così via. Si suole definirle, molto impropriamente, “completive di natura finale”, ma con le finali non hanno nulla a che vedere: fungono infatti da complemento diretto (soggetto o oggetto), e non da complemento circostanziale (complemento di fine). In italiano gli introduttori sono: che, che non + congiuntivo; di, di non + infinito; a, a non + infinito. Il tempo del congiuntivo, tanto in latino quanto in italiano, è il presente o l’imperfetto, perché il comando, l’esortazione, la richiesta etc. non possono ovviamente mai collocarsi su un piano temporale anteriore rispetto a quello della reggente. Esse costituiscono il complemento oggetto o il soggetto dei verbi appartenenti alle seguenti categorie: a. curare, provvedere, cercare di, sforzarsi (curo, facio, efficio, video, provideo, operam do, contendo, enitor, etc.). Es.: cura ut valeas = cerca di star bene; videte ne quid detrimenti capiatis = state attenti a non subire qualche danno. b. esortare, indurre, incitare, persuadere, consigliare, comandare (hortor, moneo, admoneo, suadeo, persuadeo, impello, incito, induco, praecipio, impero, etc.). Es.: consul milites hortatur ne animo deficiant = il console esorta i soldati a non perdersi d’animo; amicum meum monui ut id faceret = ho consigliato al mio amico di fare questo. c. pregare, chiedere, desiderare (oro, exoro, rogo, peto, volo, nolo, quaero, precor, obtestor, flagito, opto, etc.). Es.: ne id facias a te peto = ti chiedo di non farlo; te oro ut venias = ti prego di venire.

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SCHEDE SINTATTICHE

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d. ottenere, permettere, concedere (obtineo, impetro, concedo, permitto, do, etc.). Es.: mihi dedit ne damnarer = mi ha concesso di non essere condannato; impetravit ut salvus esset = ottenne di essere salvo. e. alcuni verbi ed espressioni impersonali (necesse est, oportet, interest, placet, lex est, mos est, etc.). Es.: mihi placet ut mecum Romam venias = mi sembra opportuno che tu venga con me a Roma; lex erat ne quis magistratus civem necaret = era legge che nessun magistrato uccidesse un cittadino. NOTA BENE

1) Talvolta, in dipendenza da alcuni di questi verbi come oro, volo, nolo... o da espressioni impersonali come necesse est, oportet, licet..., la completiva è priva dell’introduttore ut. Es.: necesse est veniatis = è necessario che veniate. L’imperativo cave sottintende invece l’introduttore negativo (ne). Es.: cave id facias = guardati dal farlo; non farlo. Si tratta in realtà di un costrutto paratattico: i congiuntivi che seguono tali verbi sono infatti per lo più esortativi. Es.: id facias te oro (= ti prego di farlo) corrisponde ad un originario id facias: te oro “fallo: ti prego!” . 2) La coordinazione negativa si realizza mediante neque, neve o neu se la prima completiva è affermativa, con neve o neu se è negativa. Es.: tibi suadeo ut venias neque domi maneas = ti consiglio di venire e di non rimanere a casa; vos oro ne ei irascamini neve eum iniuste reprehendatis = vi prego di non adirarvi con lui e di non rimproverarlo ingiustamente. 3) Molti di questi verbi ammettono una duplice costruzione: con l’accusativo e l’infinito quando indicano una semplice enunciazione; con ut, ne + congiuntivo quando hanno valore volitivo. Es.: te moneo fratrem meum Romae esse = ti avverto che mio fratello è a Roma; te moneo ut ad eum scribas = ti consiglio di scrivergli. 4) Facio ed efficio si costruiscono con ut, ne quando significano “procuro che”, “mi adopero a che”; con ut, ut non quando invece significano “faccio sì che”, “produco come conseguenza che”. Es.: miles effecit ne consul interficeretur = il soldato si adoperò a che il console non fosse ucciso; sapientia ipsa efficit ut philosophus miser non sit = la sapienza stessa fa sì che il filosofo non sia infelice. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Con un minimo di attenzione, osservando il verbo da cui sono rette e la funzione che svolgono, imparerai a distinguere queste proposizioni dalle finali. Evita assolutamente di tradurre l’introduttore ut, ne con “affinché, affinché non”, secondo una cattiva abitudine ben radicata nell’uso scolastico: non si consiglia a qualcuno “affinché faccia” qualcosa, ma gli si consiglia “di fare” qualcosa! 446


COMPLETIVE CON VERBA TIMENDI (NE, UT/NE NON) INTRODUTTORI: ne = che, di;

ut, ne non = che non, di non MODO DEL VERBO: congiuntivo presente, perfetto, imperfetto o piuccheperfetto secondo le

norme della consecutio temporum. N.B.: in presenza di un pronome, aggettivo o avverbio negativo: – con ne la negazione viene assorbita nell’introduttore (ne quis, ne quid, ne umquam...); – con ne non si mantiene il ne insieme al pronome, aggettivo o avverbio negativo, mentre il non scompare (ne nemo, ne nihil, ne numquam...). Queste proposizioni fungono da complemento oggetto o da soggetto rispetto a verbi ed espressioni di timore (timeo, vereor, metuo, metus est, periculum est, in magno timore sum, etc.). Sono anch’esse di natura volitiva come le precedenti completive, ma usano i quattro tempi del congiuntivo, secondo le norme della consecutio, perché il timore può riferirsi anche ad un’azione passata (non si usano invece le forme perifrastiche con sim o essem, perché nei verbi di timore è già implicita l’idea del futuro). I loro introduttori si traducono in modo del tutto particolare (quello negativo affermativamente, quello affermativo negativamente): timeo ne = temo che + congiuntivo, temo di + infinito; timeo ut o ne non = temo che non + congiuntivo, temo di non + infinito. Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che in origine, probabilmente, si trattava di un costrutto paratattico ed il congiuntivo era di natura ottativa; timeo ne faciat (= temo che faccia) corrisponde perciò ad un originario timeo: ne faciat! (= ho paura: speriamo che non faccia!), mentre timeo ut faciat (= temo che non faccia) equivale a timeo: ut faciat! (= ho paura: speriamo che faccia!). Di conseguenza: ne = spero che non = temo che; ut (ne non) = spero che = temo che non. Es.: timeo ne stultus tibi videar = temo di sembrarti sciocco (spero di no); timebam ut (ne non) impetravissem eius veniam = temevo di non avere ottenuto il suo perdono (speravo di sì). NOTA BENE

1) Se il verbum timendi è negativo, è obbligatorio usare ne non al posto di ut. Es.: non timeo ne non vincam = sono sicuro di (non temo di non) vincere. 2) Due o più completive rette da verba timendi si coordinano in genere per asindeto oppure con et, anche se la prima è negativa. Es.: metuebam ne quid stulte faceres et ne amicis molestus esses = temevo che tu facessi qualche sciocchezza e dessi fastidio agli amici. 3) Se il verbum timendi regge un infinito, assume il significato di “esitare, dubitare, non osare”. Es.: hostes timebant in Caesarem impetum facere = i nemici non osavano assalire Cesare.

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SCHEDE SINTATTICHE

B


SCHEDE SINTATTICHE

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Ti conviene tradurre con espressioni affermative i verbi di timore preceduti da negazione, e precisamente: non timeo ne = sono sicuro che non (lett.: non temo che); non timeo ne non = sono sicuro che (lett.: non temo che non).

C COMPLETIVE INTRODOTTE DA UT, UT NON INTRODUTTORI: ut = che, di;

ut non = che non, di non. MODO DEL VERBO: congiuntivo presente, perfetto, imperfetto o piuccheperfetto secondo le norme della consecutio temporum. N.B.: se è presente un pronome, aggettivo o avverbio negativo, esso resta immutato (ut nemo, ut nihil, ut numquam e così via). Si suole definirle, anche in questo caso molto impropriamente, “completive di natura consecutiva”, ma con le consecutive non hanno nulla a che vedere (vedi le considerazioni fatte a proposito delle completive con ut, ne). In italiano gli introduttori sono: che, che non + indicativo o congiuntivo; di, di non + infinito. I tempi del congiuntivo sono il presente, il perfetto, l’imperfetto e il piuccheperfetto (con esclusione, quindi, delle forme perifrastiche con sim o essem, perché l’azione espressa da queste completive non si colloca mai su un piano temporale posteriore rispetto a quello della reggente). Costituiscono il soggetto dei verbi appartenenti alle seguenti categorie: a. verbi impersonali di avvenimento (fit, accidit, cadit, evenit, est = accade; futurum est = sta per accadere; fieri potest, non potest = può accadere, non può accadere; etc.). Es.: accidit ut milites qui lignationis causa discessissent repentino hostium adventu interciperentur = accadde che i soldati che si erano allontanati per far legna furono tagliati fuori dall’improvviso arrivo dei nemici. b. verbi e locuzioni impersonali indicanti “seguire, rimanere” (sequitur, restat, relinquitur, superest, reliquum est = resta, rimane; proximum est, extremum est = rimane per ultimo; huc accedit = a questo si aggiunge; etc.). Es.: restat ut de virtute loquar = resta che io parli della virtù. c. verbi indicanti “risultare” (ex quo efficitur, hinc efficitur = ne consegue; facio, efficio, perficio = faccio sì: vedi nota 4 alle completive con ut, ne; committo = dò motivo; etc.). Es.: hinc efficitur ut nemo nisi sapiens beatus dici possit = ne consegue che nessuno, tranne il sapiente, può essere detto felice. d. espressioni impersonali costituite da un sostantivo o da un aggettivo neutro in unione con il verbo sum alla 3a persona singolare (mos, lex, consuetudo, tempus, locus... est; aequum, iustum, rectum, par, verum, falsum, facile, difficile... est; mihi integrum est = sono in grado, è in mio potere; etc.). Es.: aequum est ut humani nihil a nobis alienum putemus = è giusto che non consideriamo estraneo a noi nulla che riguardi l’uomo (nulla di umano).

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Alcuni dei verbi e delle espressioni sopra elencati ammettono anche la costruzione con l’accusativo e l’infinito (proposizione soggettiva), ad ulteriore dimostrazione del fatto che le frasi da essi rette hanno funzione di soggetto. Es.: mos erat Lacedaemonios binos reges habere (= mos erat ut Lacedaemonii binos reges haberent) = era costume che gli Spartani avessero due re. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE 1) A proposito della presunta affinità di queste proposizioni con le consecutive, anche ammesso che abbia un senso tradurre accidit ut venires con “si verificò così che tu venissi” (?), basta sostituire al verbo della completiva il complemento corrispondente (“si verificò il tuo arrivo”) per rendersi conto della reale funzione di queste proposizioni: “il tuo arrivo” è infatti soggetto, e non conseguenza, di “si verificò”. Evita dunque, se puoi, di tradurre ut completivo con “in modo che”, “così che” o simili. 2) In italiano alcune di queste completive si traducono con l’indicativo, altre con il congiuntivo. Non esiste una regola precisa, perché molto è affidato alla sensibilità linguistica di chi traduce. In linea di massima, però, tradurrai con l’indicativo le proposizioni che dipendono da un verbo indicante la constatazione oggettiva di un fatto (“accadde che furono visti”, seppure non sia scorretto dire “accadde che fossero visti”), mentre opterai per il congiuntivo nei casi in cui sia presente una sfumatura di dubbio o di soggettività (“può darsi che siano arrivati”, “è giusto che tu sia lodato”, e così via).

D COMPLETIVE CON VERBA IMPEDIENDI E RECUSANDI (NE, QUOMINUS, QUIN) INTRODUTTORI: reggente affermativa: ne, quominus = che, di;

reggente negativa: quominus, quin = che, di. MODO DEL VERBO: congiuntivo presente o imperfetto secondo le norme della consecutio

temporum. Queste proposizioni fungono da complemento oggetto o da soggetto rispetto a verbi ed espressioni indicanti impedimento/opposizione e rifiuto (impedio, deterreo, retineo, detineo, intercludo, interdico etc. = proibisco, vieto; obsto, obsisto, resisto, officio etc. = mi oppongo; recuso = rifiuto; per me stat, per me fit quominus = dipende da me che non; impedimento sum alicui quominus = sono d’impedimento a qualcuno a che; etc.). Il congiuntivo ha solo il presente e l’imperfetto, secondo le norme della consecutio, perché la circostanza espressa da queste completive è generalmente posta in rapporto di contemporaneità rispetto alla reggente. I loro introduttori sono: • quando la reggente è affermativa: ne o quominus = che + congiuntivo, di + infinito; • quando la reggente è negativa: quominus o quin = che + congiuntivo, di + infinito. Es.: dolor me impedit ne (quominus) plura dicam = il dolore mi impedisce di dire di più; nihil obstat quin (quominus) beati simus = nulla si oppone a che siamo felici.

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SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE


SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE

1) Solo in un caso quominus si traduce “che non”: quando è retto dall’espressione impersonale per me (te, eum...) fit (stat) = dipende da me (te, lui...). Es.: per te fit quominus hoc faciam = dipende da te che io non faccia questo; non stat per me quominus te amem = non dipende da me che io non ti ami. L’eccezione è solo apparente: in effetti, tra fit (o stat) e quominus è sottinteso un verbo di impedimento: per me fit (impedire) quominus facias = dipende da me impedire che tu faccia = dipende da me che tu non faccia. 2) Prohibeo, impedio e recuso si costruiscono anche con l’infinito o accusativo + infinito (per prohibeo questo è anzi il costrutto più comune). Es.: filium suum domum redire prohibuit = proibì a suo figlio di tornare a casa. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

La traduzione di queste completive non dovrebbe crearti problemi: qualunque sia l’introduttore, infatti, la traduzione è sempre “che, di” (con l’unica eccezione segnalata sopra) e i tempi del congiuntivo sono gli stessi in latino e in italiano.

E COMPLETIVE INTRODOTTE DA QUIN INTRODUTTORE: quin = che, di, a (vedi sotto) MODO DEL VERBO: congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum.

Fungono da complemento oggetto o da soggetto rispetto a proposizioni negative o interrogative retoriche di senso negativo. Il loro introduttore è quin, il cui significato è negativo (“che non”), ma che va tradotto sempre affermativamente (“che”). Questa stranezza si spiega col fatto che in origine quin, derivante da qui (= quomodo) + non, significava “come non”, “perché non”; il costrutto era paratattico ed il congiuntivo introdotto da quin era di natura potenziale; a partire da un originario non dubito: quin id iustum sit? (= non ho dubbi: come potrebbe non essere giusto questo?) è facile comprendere l’evoluzione verso non dubito quin id iustum sit (= non dubito che questo sia giusto). Reggono la completiva con quin: a. le espressioni di dubbio negative o di senso negativo come (non dubito, non est dubium, nemo dubitat, quis dubitat?, quis dubitet?, non abest suspicio (= non manca il sospetto), etc. Con queste espressioni la completiva usa tutti i tempi del congiuntivo, poiché può esprimere un’azione contemporanea, anteriore o posteriore a quella della reggente. Es.: num dubitas quin res publica peritura sit? = dubiti forse che lo Stato andrà in rovina? non est dubium quin hoc dixerit = non c’è dubbio che abbia detto questo; nemo dubitabat quin bonus esses = nessuno aveva dubbi che tu fossi buono.

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SCHEDE SINTATTICHE

b. alcune locuzioni particolari, di cui le più comuni sono: fieri non potest quin = non si può fare a meno di; facere non possum quin = non posso fare a meno di; non multum (paulum, nihil) abest quin = poco (nulla) manca che; non moror, nullam interpono moram quin = non frappongo alcun indugio a; vix (aegre) abstineo (me contineo) quin = a stento mi trattengo dal; praeterire non possum quin = non posso mancare di; silentio praeterire non possum quin = non posso passare sotto silenzio che; nihil praetermitto (omitto) quin = non tralascio di; nullus intercidit dies quin = non passa giorno senza che; nullum praetermitto diem quin = non lascio passare giorno senza (+ infinito), etc. Con tali espressioni si trova per lo più il congiuntivo presente o imperfetto, poiché la completiva esprime in genere un’azione contemporanea a quella della reggente. Es.: vix abstineo quin tibi omnia dicam = mi trattengo a stento dal dirti tutto; nullus intercidebat dies quin eam viderem = non passava giorno senza che io la vedessi. NOTA BENE

1) Non dubito, se costruito con l’infinito, significa “non esito a”. Es.: non dubitavi id quod vellem facere = non esitai a fare ciò che volevo. 2) Facere non possum e fieri non potest reggono, oltre a quin, anche l’introduttore ut non (vedi completive con ut, ut non), ma cambiano significato: facere non possum ut non = non posso far sì che non; facere non possum quin = non posso fare a meno di; fieri non potest ut non = non può accadere che non; fieri non potest quin = non si può fare a meno di. 3) Quin può coesistere con una negazione: in tal caso la completiva acquista senso negativo. Es.: non est dubium quin hoc verum non sit = non c’è dubbio che ciò non sia vero (= è certo che ciò è falso). CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Come puoi constatare dagli esempi, basterà che tu traduca sempre quin con “che, di” (tranne nelle espressioni nullus intercidit dies quin e nullum praetermitto diem quin: vedi sopra) e non potrai sbagliare. Attento però a non confondere non dubito quin con dubito an (vedi scheda 19 c): la confusione sarebbe grave, perché an si traduce “se”.

F COMPLETIVE INTRODOTTE DA QUOD (DICHIARATIVE) INTRODUTTORE: quod = che, il fatto che, per il fatto che MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo obliquo.

Queste completive hanno funzione soggettiva, oggettiva o epesegetica (= esplicativa) rispetto alla reggente. Il loro introduttore è quod, costruito in genere con l’indicativo, ma anche con il congiuntivo obliquo se la completiva esprime una valutazione soggettiva.

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SCHEDE SINTATTICHE

In italiano gli introduttori sono: che, il fatto che + indicativo (raramente congiuntivo); a + infinito; (cioè) che, (ossia) che + indicativo (dichiarativa epesegetica); per il fatto che + indicativo (quod dichiarativo-causale, dipendente da verba affectuum e da verbi di lode, biasimo, accusa, ringraziamento). La completiva con quod dichiarativo si usa: a. dopo le espressioni costituite da un verbo + un avverbio di modo o un aggettivo neutro indicante sensazione, come bene, male, commode, opportune, inopportune fit (accidit, evenit) = accade bene, male, a proposito, opportunamente, inopportunamente; iucundum, gratum, molestum est = è cosa piacevole, gradita, molesta; bene, male facio = faccio bene, male; gratum facio = faccio cosa gradita, etc.). Es.: bene facis, quod eum hortaris = fai bene ad esortarlo; opportune accidit quod Marcus abesset = accadde opportunamente che Marco non fosse presente; pergratum mihi fecisti quod librum tuum ad me misisti = mi hai fatto cosa molto gradita a mandarmi il tuo libro. b. con verbi ed espressioni di aggiungere e tralasciare, come huc (eo, ad id) accedit = a ciò si aggiunge; addo, adicio = aggiungo; omitto, praetermitto, mitto, praetereo = tralascio, etc. Es.: adde quod sapientia eius maxima est = aggiungi che la sua sapienza è grandissima; mitto quod res ipsa prava fuit = tralascio il fatto che la cosa era (lett.: fu) disonesta in sé. c. per spiegare un pronome, sostantivo, avverbio della reggente in funzione prolettica (dichiarativa epesegetica), come hoc, id, illud; causa, laus; inde, ita, sic, etc. Es.: hoc ab eo differs, quod amicos diligis = in questo sei diverso da lui, (cioè) che tu ami gli amici; id me delectat, quod ego tuos libros lego et tu meos = questo mi fa piacere, (cioè) che io leggo i tuoi libri e tu i miei. NOTA BENE

1) Quod all’inizio di una proposizione introduce un nuovo argomento e si traduce “quanto al fatto che, riguardo a quello che, per quanto”. Es.: quod a me auxilium exspectas, nihil facere possum = quanto al fatto che aspetti un aiuto da me, non posso far nulla; quod ad me attinet, optimus civis est = per quanto mi riguarda, è un ottimo cittadino. 2) Alcuni verba affectuum (gaudeo, irascor, miror, doleo, gratulor, etc.) si costruiscono sia con accusativo + infinito, sia con il quod dichiarativo-causale. Es.: gaudeo te hoc fecisse (quod hoc fecisti) = sono contento che tu abbia fatto ciò. 3) I verbi di accadimento non accompagnati da un avverbio reggono ut + congiuntivo (vedi le completive con ut, ut non). 4) Accedit si costruisce anche con ut + congiuntivo. Es.: ad eius miseriam accedebat ut caecus esset (quod caecus erat) = alla sua disgrazia si aggiungeva il fatto che fosse cieco.

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Devi stare molto attento a non confondere quod dichiarativo con quod causale e quod relativo: commetteresti un grave errore! Quod è dichiarativo se e solo se la proposizione da esso introdotta costituisce il soggetto o il complemento oggetto (e non il complemento di causa!) del verbo o dell’espressione reggente, oppure se ha funzione epesegetica rispetto ad un elemento prolettico presente nella reggente. Inoltre quod relativo si distingue da quello dichiarativo perché si riferisce ad un sostantivo o pronome neutro della reggente.

LE AGGETTIVE

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RELATIVE

INTRODUTTORI: qui, quae, quod = che, il quale, la quale;

ubi = dove (stato in luogo); quo = dove (moto a luogo); unde = da dove, donde; qua = per dove; quomodo = al modo in cui; quoad = fino al punto in cui; qualis, e = quale, come; quantus, a, um = quanto grande; quantum = quanto; quot, quam multi = quanti. Relativi indefiniti: quicumque, quaecumque, quodcumque = chiunque, qualunque, qualunque cosa; quisquis, quidquid = chiunque; ubicumque = dovunque (stato in luogo); quocumque = dovunque (moto a luogo); undecumque = da qualunque luogo; quacumque = per qualunque luogo; ubiubi = dovunque; quoquo = in qualunque luogo, dovunque; quaqua = da qualunque parte; qualiscumque, qualecumque = quale che sia; quantuscumque, quantacumque, quantumcumque = per quanto grande (piccolo), di qualunque grandezza; quotcumque, quotquot = quanti, qualunque sia il numero; utcumque = comunque; quandocumque = in qualunque tempo. MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo.

Sono introdotte, come in italiano, da pronomi, aggettivi e avverbi relativi. Se l’introduttore è un pronome, questo concorda in genere e numero con il termine della reggente a cui si riferisce. A seconda della loro natura si distinguono in: A) relative proprie con l’indicativo; B) relative proprie con il congiuntivo; C) relative improprie con il congiuntivo.

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SCHEDE SINTATTICHE

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE


SCHEDE SINTATTICHE

A RELATIVE PROPRIE CON L’INDICATIVO Sono dette anche aggettive o appositive perché si riferiscono ad un nome o pronome (espresso o sottinteso) della reggente, rispetto al quale hanno la funzione di un aggettivo qualificativo o di una apposizione. Il loro introduttore non può essere sostituito dall’introduttore di nessun’altra proposizione. Esse hanno di norma l’indicativo ed in tal caso registrano un dato di fatto presentato come reale. Es.: amamus eos qui nos amant = amiamo coloro che ci amano. Vi appartengono anche: a. le precisazioni geografiche di tipo accessorio: Es.: Thebae, quod Boeotiae caput est, in magno tumultu erant = Tebe, che è la capitale della Beozia, era in gran tumulto. b. le relative nominali, cioè quelle perifrasi che sostituiscono un sostantivo. Es.: ii qui legunt = i lettori; id quod sentio = la mia opinione; ii qui sentiunt = gli ascoltatori; ea quae gignuntur = i prodotti, etc. c. le relative incidentali del tipo qua es prudentia, quae tua prudentia (est) = prudente qual sei, data la tua prudenza. d. alcune espressioni restrittive presentate come reali, quali quantum possum = per quanto posso; quantum in me est = per quanto è in me; quod ad me attinet = per quel che mi riguarda; quantum perspicio = per quel che vedo, etc. Queste particolari relative (a, b, c, d), data la loro peculiarità, si sottraggono anche all’attrazione modale.

B RELATIVE PROPRIE CON IL CONGIUNTIVO Le relative proprie possono tuttavia presentarsi con il congiuntivo là dove l’italiano spesso usa l’indicativo (vedi scheda 17): questo fenomeno si può spiegare con: a. l’attrazione modale: si verifica in proposizioni dipendenti almeno di secondo grado (vedi in proposito la scheda 15). Es.: accidit ut nonnulli milites caperentur qui discessissent = accadde che furono catturati parecchi soldati che si erano allontanati. b. l’interferenza di alcuni fattori che, sovrapponendosi all’enunciazione di un semplice dato di fatto, ne disturbano per così dire il normale comportamento. Tali fattori sono: • l’obliquità o soggettività: si verifica in proposizioni dipendenti anche solo di primo grado, quando si presenta un fatto non come reale, bensì come pensato da altri e da cui l’autore prende le distanze, oppure come frutto di tradizioni, abitudini, leggi etc. (in dipendenza da mos est, oportet, decet, licet, fas est, etc.). Si riconosce perché è possibile inserire accanto al verbo della relativa l’espressione “secondo lui/lei/loro”, oppure “secondo le tradizioni” o altre simili locuzioni, che tuttavia è bene omettere nella traduzione. In italiano tali relative si traducono con il verbo all’indicativo. Es.: apud Hypanim flumen Aristoteles ait quasdam bestiolas nasci quae unum diem vivant = Aristotele dice che presso il fiume Ipani nascono alcuni animaletti che (a sentir lui) vivono un giorno solo.

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C RELATIVE IMPROPRIE Le relative improprie o avverbiali sono proposizioni il cui introduttore può essere sostituito dall’introduttore di una proposizione circostanziale o avverbiale: esse infatti stanno al posto di proposizioni finali, consecutive, causali, ipotetiche, avversative, concessive, limitative o restrittive: a. relative finali: il pronome relativo può essere sostituito dall’introduttore finale ut; il congiuntivo è di norma al presente o all’imperfetto. In italiano si traducono con il congiuntivo. Es.: bacillum propter me, quo abigam, ponitote = mettetemi vicino un bastoncino con cui possa scacciare (le fiere e gli uccelli). b. relative consecutive: il pronome relativo può essere sostituito dall’introduttore consecutivo ut e possono essere anticipate nella reggente da is, talis, eiusmodi, tantus, tam, etc. oppure da un comparativo + quam (vedi in proposito la scheda 23). In italiano si traducono con l’indicativo o con il congiuntivo se è presente un’idea di intenzionalità. Es.: est innocentia adfectio talis animi quae noceat nemini = l’innocenza è una disposizione dell’anima tale che non nuoce a nessuno. c. relative causali: il pronome relativo può essere sostituito dall’introduttore causale quod; talvolta il valore causale è sottolineato dalla presenza di rafforzativi che accompagnano il relativo come in quippe qui, ut qui, utpote qui. In italiano si traducono con l’indicativo. Es.: me, qui ad multam noctem vigilassem, somnus complexus est = poiché ero stato sveglio fino a tarda notte, mi colse il sonno.

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SCHEDE SINTATTICHE

• la eventualità: si verifica anch’essa in proposizioni dipendenti di primo o altro grado, quando si presenta un’azione come generica o ripetuta, e si riconosce dal fatto che si può inserire accanto al verbo l’avverbio “eventualmente” (ricordati però di non lasciarlo nella traduzione). In italiano tali relative si traducono preferibilmente con il verbo al congiuntivo. Es.: di tibi dent quaecumque optes = gli dei ti concedano qualunque cosa desideri (tu possa eventualmente desiderare). • il congiuntivo caratterizzante: si verifica in proposizioni dipendenti anche solo di primo grado per esprimere una caratteristica distintiva, una qualità o in generale una peculiarità tipica di una categoria di persone. Alcuni ritengono che tali relative siano in realtà di tipo consecutivo, in quanto è possibile anticipare mentalmente il pronome relativo con “tale/tali”: es.: non desunt qui ament inimicos = non mancano persone (tali) che amano i loro nemici. Se però sostituiamo all’introduttore qui l’introduttore della consecutiva ut, la frase non ha più nessun senso: non desunt ut = non mancano (così) che (?). Sarebbe diverso però, se si trattasse di una vera relativa consecutiva; es.: si quis est talis qui me accuset = si quis est talis ut me accuset = se c’è qualcuno tale da accusarmi. In italiano tali relative si traducono generalmente con l’indicativo. Le principali espressioni che introducono una relativa caratterizzante sono: nemo est (invenitur, reperitur, adest, etc.) qui = non c’è nessuno che (non si trova, non è presente nessuno che); est o sunt (inveniuntur, reperiuntur, exsistunt, adsunt, etc.) qui = c’è chi, ci sono (si trovano, sono presenti alcuni che); est quod = c’è motivo per; nihil est quod = non c’è ragione che; dignus sum qui = sono degno di; unus est qui = è il solo che; etc. Es.: sunt multi qui omnino Graecas non ament litteras = ci sono molti che non amano affatto la letteratura greca.


SCHEDE SINTATTICHE

d. relative ipotetiche: il pronome relativo può essere sostituito dall’introduttore ipotetico si + quis: seguono le norme del periodo ipotetico della possibilità o della irrealtà ed equivalgono ad una protasi. In italiano si traducono con il congiuntivo. Es.: qui vidisset urbem, captam dixisset = chi (= se uno) avesse visto la città, l’avrebbe detta conquistata. e. relative avversative: il pronome relativo può essere sostituito dal cum avversativo. In italiano si traducono sostituendo il relativo con “mentre” o facendolo seguire da “invece” con il verbo all’indicativo. Es.: quam tu tuam causam non nosti, qui alienas tam facile discas! = quanto ignori la tua causa, tu che invece (= mentre) impari tanto facilmente quelle altrui! f. relative concessive: il pronome relativo può essere sostituito dall’introduttore quamvis; spesso nella reggente si trova tamen. In italiano si traducono facendo seguire il relativo da “pure” con il verbo all’indicativo. Es.: ego, qui eius carmina sero legerim, nunc tamen vehementer diligo = io, che pure ho letto tardi le sue poesie, tuttavia adesso le amo moltissimo. g. relative limitative o restrittive: il pronome relativo è spesso accompagnato da quidem (= almeno) o da modo (= soltanto). Hanno normalmente il congiuntivo: quod sciam = ch’io sappia; quod quidem meminerim = almeno per quel che ricordo, etc. In alcune espressioni analoghe tuttavia si ha l’indicativo (vedi relative proprie con l’indicativo alla lettera d). In italiano si possono tradurre sia con il congiuntivo, sia con l’indicativo, a seconda del contesto.

PARTICOLARITÀ NELL’USO DEL PRONOME RELATIVO 1) nesso relativo: si trova di regola all’inizio di un periodo, dopo un punto fermo, due punti, punto e virgola. È facilmente riconoscibile anche dal fatto che non ha un suo verbo (se lo considerassi un introduttore, contando i verbi di modo finito, ti accorgeresti che manca la principale: vedi scheda di metodo al punto 5), ma si appoggia a quello della proposizione immediatamente seguente: esso deve essere considerato come la fusione di una congiunzione coordinante (et, sed, nam) con i pronomi is, ea, id o hic, haec, hoc e come tale deve essere tradotto. Es.: qui fugerunt ut eum viderunt = ed essi fuggirono non appena lo videro. 2) prolessi o anticipazione del relativo: la proposizione relativa è anticipata rispetto alla sua reggente, di conseguenza anche l’antecedente del pronome relativo viene a trovarsi posticipato rispetto ad esso. Nella traduzione conviene invertire l’ordine delle proposizioni: si partirà pertanto dalla reggente e, giunti all’antecedente del relativo, si inserirà dopo di questo la proposizione relativa anticipata. Nel caso invece in cui il relativo non sia richiamato dal suo antecedente, esso ha funzione di pronome doppio, pertanto dovrà essere sdoppiato in “colui/colei/coloro che”. Es.: quod fuit consilium, quorum et vim in bello et fidem in pace expertus esses, cum iis tibi bellum esse quam pacem malle? = come ti è venuto in mente di preferire la guerra piuttosto che la pace con coloro di cui avevi sperimentato la forza in guerra e la lealtà in pace?; qui hoc dixerunt, mendaces sunt = coloro che dissero ciò sono dei bugiardi. 3) concorrenza del relativo: è un particolare costrutto che si verifica quando in una proposizione relativa il pronome relativo che funge da introduttore è preceduto da un altro pronome relativo subordinante, spesso di genere e caso diversi, legato ad un elemento della frase precedente e che a sua volta è l’introduttore della frase seguente.

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4) attrazione del relativo: non è molto frequente nella lingua latina e consiste in: a. attrazione diretta: il pronome relativo viene attratto nel caso del termine a cui è riferito e che si trova nella frase reggente. Es.: hac quidem causa qua dixi = proprio per questa ragione che ho detto. b. attrazione inversa: il termine a cui è riferito il pronome relativo viene attratto all’esterno o all’interno della relativa e concordato anche nel caso con il pronome relativo: quem locum = locus quem. Es.: ad quas res aptissimi erimus (= in iis rebus ad quas aptissimi erimus) potissimum elaborabimus = ci applicheremo soprattutto a quelle cose per cui avremo maggiore attitudine. c. attrazione in proposizione accessoria: il pronome relativo, quando si trova in frase accessoria contenente un sostantivo che funge da predicato nominale (o predicativo), concorda con tale predicato. Es.: omnes Belgae, quae tertia erat Galliae pars, contra populum Romanum coniuraverunt = tutti i Belgi, che erano la terza parte della Gallia, congiurarono contro il popolo romano.

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Poiché le proposizioni relative sono introdotte anche in italiano dal pronome relativo, quest’ultimo dovrà essere tradotto all’inizio della frase. Prima di tradurlo comunque devi individuare la sua esatta funzione logica, devi capire cioè che complemento è, a quale elemento della frase precedente è riferito o, se si tratta di una anticipazione del relativo, da quale elemento della frase seguente è ripreso. Ricorda che in situazioni normali il relativo si riferisce all’ultima parola che abbia il suo stesso genere e il suo stesso numero. Il pronome relativo che introduce una proposizione relativa deve sempre essere tradotto come tale: pertanto non può né essere omesso né tanto meno sostituito con un pronome dimostrativo. Il verbo ha in italiano per lo più il modo indicativo eccetto che nelle relative eventuali, finali e consecutive con sfumatura di intenzionalità: il tempo è lo stesso che si trova in latino. NOTA BENE

devi fare molta attenzione a non confondere le relative con le interrogative indirette, con cui esse hanno molti introduttori in comune!

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SCHEDE SINTATTICHE

Altra forma di concorrenza del relativo si verifica quando, invece di due pronomi relativi, si ha un solo pronome relativo seguito da una congiunzione subordinante quale cum, si, ubi, quamquam, etc. o dall’introduttore di una interrogativa indiretta. In realtà, in tutti questi casi, il primo relativo può essere considerato alla stregua di un nesso relativo e come tale tradotto. Es.: magna vis conscientiae, quam qui (= et ii qui eam) neglegunt, cum me violare volent, se indicabunt = la forza della coscienza è grande e coloro che la trascurano, si denunceranno proprio nel momento in cui vorranno danneggiarmi.


SCHEDE SINTATTICHE

LE CIRCOSTANZIALI O AVVERBIALI

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FINALI

INTRODUTTORI: ut (uti), quo = affinché, perché + congiuntivo; per + infinito;

ne = affinché non, perché non, per evitare che + congiuntivo; per non + infinito. MODO DEL VERBO: congiuntivo presente o imperfetto secondo la consecutio temporum. N.B.: le proposizioni finali possono essere espresse in latino anche con il gerundio o il gerundivo; il participio; il supino attivo; le relative finali.

Esprimono il fine a cui mira il verbo della proposizione reggente: IN LATINO GLI INTRODUTTORI SONO:

1) ut (uti) introduce la proposizione finale positiva. Es.: non ut edam vivo, sed ut vivam edo = non vivo per mangiare, ma mangio per vivere. 2) quo sostituisce ut generalmente quando all’interno della proposizione finale si trovano un aggettivo o un avverbio comparativo oppure un verbo di valore comparativo come malo. Es.: ager aratur, quo meliores fetus possit edere = si ara un campo perché possa dare frutti migliori. 3) ne introduce la proposizione finale negativa. Es.: Dionysius tyrannus ne tonsori collum committeret, tondere suas filias docuit = il tiranno Dionigi, per non affidare il collo ad un barbiere, insegnò a radere alle sue figlie. La finale può essere anticipata nella reggente da espressioni come idcirco, eo, eo consilio, ob eam causam, propterea, etc. Es.: idcirco genueram, ut esset qui pro patria mortem non dubitaret occumbere = per questo l’avevo generato, perché fosse tale da non esitare a morire per la patria. I tempi del congiuntivo si regolano sulla consecutio temporum e precisamente si usa: – il presente congiuntivo se nella reggente si trova un tempo principale; – l’imperfetto se nella reggente si trova un tempo storico. Ovviamente non si possono usare né il perfetto né il piuccheperfetto, perché un fine non è mai proiettato nel passato. NOTA BENE

1) la proposizione negativa coordinata ad una finale è introdotta da neve o neu se questa è negativa, se è positiva oltre che da neve o neu può essere introdotta da neque o nec. Es.: fide data egressus claudi curiam iubet praesidiumque in vestibulo relinquit ne quis adire curiam iniussu suo neve inde egredi possit = prestato giuramento, dopo essere uscito, fa chiudere la curia e lascia una guardia nel vestibolo perché nessuno possa entrare nella curia senza suo ordine né di là possa uscire.

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3) la finale può avere valore incidentale in espressioni come: ut ita dicam = per così dire ut vere dicam = a dire il vero ne dicam, ut non dicam = per non dire ut in pauca conferam = per dirla in breve. N.B.: ut non dicam e ne dicam non hanno lo stesso valore: il primo, infatti, significa “per tacere di” (ma intanto se ne parla! È la cosiddetta “preterizione”); il secondo, invece, significa “direi quasi” e serve a mitigare un’espressione troppo forte. Es.: ut non dicam de Bruto, qui Caesarem necavit = per non parlare di Bruto, che ha ucciso Cesare; mulier insolens, ne dicam proterva = una donna insolente, per non dire (direi quasi) sfacciata. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Dagli esempi riportati è facile capire come debbano essere rese in italiano le proposizioni finali, tuttavia esse si traducono bene in forma implicita con “per” + infinito, quando vi è identità di soggetto con la reggente. Es.: eo Roman ut patrem meum videam = vado a Roma per vedere mio padre; in forma esplicita con “perché” + congiuntivo (stesso tempo che si trova in latino e cioè presente o imperfetto), quando non vi è identità di soggetto. Es.: Roman veni, ut me pater meus videret = venni a Roma perché mio padre mi vedesse. Evita di tradurre ut con “affinché”. ALTRI MODI DI ESPRIMERE LE FINALI:

1) relativa finale: Es.: missi sunt legati qui pacem peterent = furono mandati ambasciatori a chiedere (= che chiedessero) la pace; 2) ad + accusativo del gerundio o gerundivo: Es.: missi sunt legati ad petendam pacem = furono mandati ambasciatori per chiedere la pace; 3) genitivo del gerundio o gerundivo + causa o gratia: Es.: missi sunt legati pacis petendae causa = furono mandati ambasciatori per chiedere la pace; 4) supino attivo in dipendenza da verbi di movimento: Es.: missi sunt legati pacem petitum = furono mandati ambasciatori per chiedere la pace; 5) participio presente o futuro: Es.: missi sunt legati pacem petentes = furono mandati ambasciatori per chiedere (chiedenti) la pace; missi sunt legati pacem petituri = furono mandati ambasciatori per chiedere (destinati a chiedere) la pace.

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SCHEDE SINTATTICHE

2) quando nella finale si trovano un pronome, un aggettivo o un avverbio negativo, la negazione passa nell’introduttore: ne quis (pronome), ne ullus (aggettivo) = perché nessuno ne quid = perché nulla ne umquam = perché mai ne usquam = perché in nessun luogo; etc.


SCHEDE SINTATTICHE

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CONSECUTIVE

INTRODUTTORI: ut = che + indicativo; di, da, + infinito

ut non = che non + indicativo; di non, da non + infinito quin = che non (solo se la reggente è negativa). In genere sono anticipate nella reggente da ita, sic, tam, etc. (vedi schema sottostante). MODO DEL VERBO: congiuntivo presente, imperfetto o perfetto (svincolato dalla consecutio temporum). N.B.: le proposizioni consecutive possono essere espresse in latino anche con le relative consecutive.

E

sse sono generalmente anticipate nella proposizione da cui dipendono, da espressioni correlative come: 1) sic, ita = così; 2) tam (+ aggettivo o avverbio), tanto (+ comparativo), tantum (+ verbo), tanti (+ verbo di stima), tantopere = tanto; 3) (usque) adeo, usque eo = a tal punto; tali espressioni possono essere seguite dal genitivo = a tal punto che... Es.: eo insaniae pervenit, ut amicum necaverit = giunse a tal punto di pazzia da uccidere l’amico. 4) totiens = tante volte; 5) is, ea, id; talis, tale = tale. Es.: ea sagacitate erat ut decipi non posset = era di una tale accortezza che non lo si poteva ingannare; ad id ventum inopiae est, ut... = si giunse ad un tale bisogno che...; in eo eram ut mihi loquendum non esset = ero in una tal situazione che non dovevo (più) parlare. 6) eiusmodi (eius modi) = di tal fatta, di tal genere; 7) tantus, a, um = tanto grande; 8) tot (indeclinabile), tam multi, ae, a = tanti (di numero). NOTA BENE

1) quando nella consecutiva si trovano un pronome, un aggettivo o un avverbio negativo, la negazione non passa mai nell’introduttore: ut non = che non ut nemo = che nessuno ut nihil = che nulla ut numquam = che mai. 2) la proposizione negativa coordinata ad una consecutiva è introdotta da neque, nec; 3) se la reggente è negativa la consecutiva può essere introdotta da quin, che corrisponde a ut non oppure a qui/quod non (solo per il nominativo maschile e neutro). Es.: numquam tam male est Siculis, quin (= ut non) aliquid facete dicant = i Siciliani non si trovano mai così male da non dire qualcosa di spiritoso;

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4) la proposizione consecutiva può presentarsi sotto forma di proposizione relativa impropria con il verbo al congiuntivo (relativa consecutiva): in tal caso, in luogo di ut, è introdotta dal pronome relativo qui, quae, quod. Es.: neque tu is es, qui, quid sis, nescias = né tu sei tale da non sapere che cosa tu sia. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

In italiano le consecutive si possono esprimere: – in forma implicita con “di”, “da” + infinito, quando vi è identità di soggetto con la reggente: Es.: tam bonus sum ut omnes amen = sono così buono da amare tutti. – in forma esplicita con “che” + indicativo, quando non vi è identità di soggetto. Es.: tam malus sum ut omnes me vituperent = sono così cattivo che tutti mi biasimano. Ricorda comunque che: 1) in generale al congiuntivo latino corrisponde in italiano l’indicativo, a meno che la conseguenza non sia prospettata come intenzionale: in tal caso manterrai il congiuntivo. Es.: filium tuum trade magistro tali ut nihil pravum ab eo discere possit = affida tuo figlio ad un maestro tale che da lui non possa apprendere nulla di malvagio. 2) i tempi verbali della proposizione consecutiva latina sono il presente, l’imperfetto e il perfetto congiuntivo e si traducono in italiano, in forma esplicita, con i corrispondenti tempi dell’indicativo: IN LATINO:

IN ITALIANO:

Presente congiuntivo Imperfetto congiuntivo

Presente indicativo Imperfetto indicativo (talvolta si può tradurre con il passato remoto se l’autore vuole evidenziare la conseguenza in sé piuttosto che la durata dell’azione) Passato prossimo o remoto

Perfetto congiuntivo

Es.: tam bonus sum ut omnes me laudent = sono tanto buono che tutti mi lodano; tam bonus eram ut omnes me laudarent = ero tanto buono che tutti mi lodavano; tam bonus fui ut omnes me laudaverint = fui tanto buono che tutti mi lodarono; tam funestus nuntius fuit, ut omnes lugerent = la notizia fu così luttuosa che tutti piangevano (= azione duratura); oppure “la notizia fu così luttuosa che tutti piansero” (conseguenza considerata in sé, in senso assoluto). ATTENZIONE!

Le correlative ita, sic, tam, etc. possono mancare. In tal caso devi esaminare attentamente se la proposizione introdotta da ut sia finale o consecutiva (lo puoi capire dalla presenza della negazione non o, in mancanza di questa, dal senso): se è consecutiva, in italiano bisogna comunque esprimere la correlativa mancante: pertanto tradurrai ut “così che”, “tanto che”, “a tal punto che”. Es.: Epaminondas fuit disertus, ut nemo ei Thebanus par esset eloquentia = Epaminonda fu eloquente a tal punto che nessun Tebano gli era pari nell’arte oratoria.

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: nemo tam ferus fuit quin (= qui non) eius casum lacrimaverit = nessuno fu così insensibile da non piangere per la sua sorte.


SCHEDE SINTATTICHE

Se però sono espresse, le correlative che sono sentite come strettamente unite al termine che accompagnano (tam, tantus, tot, eo + genitivo etc.) vanno tradotte esattamente dove si trovano; in tal caso ut si traduce “che”, e non “così che” (altrimenti ti troveresti a fare una ripetizione insensata: “fu così buono... così che...”). Es.: Xerxes conflixit adeo in angusto freto, ut eius naves explicari non potuerint = Serse combatté in uno stretto talmente angusto, che le sue navi non poterono fare manovre. Non sarebbe affatto la stessa cosa dire: “Serse combatté in uno stretto angusto, cosicché (= e così) le sue navi non poterono fare manovre”. In questo modo la subordinazione (e con essa il rapporto causa-effetto) si perde, e si ha una vera e propria coordinazione.

ALCUNE PARTICOLARI CONSECUTIVE:

Nota le seguenti espressioni: 1) tantum abest ut + congiuntivo… ut + congiuntivo = sono tanto lontano dal (+ infinito)... che... In questa espressione il primo ut introduce una proposizione completiva, il secondo ut invece introduce una proposizione consecutiva. Es.: philosophia tantum abest ut laudetur, ut a multis etiam vituperetur = la filosofia è tanto lontana dall’essere lodata, che anzi viene biasimata da molti. 2) maior quam ut (quam qui/quae/quod) + congiuntivo = troppo grande per... Il comparativo ha qui valore assoluto e la consecutiva ha un valore comparativo. Es.: quis non intellegit Canachi signa rigidiora esse quam ut imitentur veritatem? = chi non capisce che le statue di Canaco sono troppo rigide per imitare la realtà?

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CAUSALI

INTRODUTTORI: quod, quia = perché (spesso in correlazione con eo, ea re, propterea, ob

eam rem, ideo, idcirco) quand– o, quandoquidem, quoniam, quatenus = dal momento che, giacché cum, quippe cum, utpote cum, praesertim cum = poiché siquidem = se è vero che, poiché ut = siccome, dato che (dichiarativo-causale) MODI DEL VERBO: indicativo e congiuntivo

N.B.: le proposizioni causali possono essere espresse in latino anche con l’ablativo assoluto; il participio congiunto; le relative causali.

Esprimono la causa, reale o pensata, di quanto viene detto nella proposizione reggente. 462


2) quando, quandoquidem, siquidem, quoniam, ut = dal momento che, giacché, per il fatto che, siccome; vogliono l’indicativo in quanto esprimono cause obiettive. 3) cum = poiché; regge il congiuntivo secondo le regole della consecutio temporum; spesso cum è rafforzato da quippe, utpote, praesertim col significato di “soprattutto perché”.

LOCUZIONI PARTICOLARI

non quod (quo) + congiuntivo, sed quia + indicativo = non perché..., ma perché; sive quia (quod) + indicativo, sive quia (quod) + indicativo = sia perché..., sia perché; non quin + congiuntivo, sed quia (quod) + indicativo = non perché non..., ma perché. Per i valori di quod dichiarativo-causale vedi le proposizioni dichiarative (scheda 20 f).

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

In italiano sono introdotte da congiunzioni causali ed hanno il verbo di norma all’indicativo, ma ammettono il congiuntivo quando esprimono in frase negativa una causa fittizia cui segue una causa reale; es.: non ti ho risposto, non perché fossi arrabbiato con te, ma perché non avevo sentito la tua domanda. A parte questo caso, puoi attenerti al seguente schema: IN LATINO: IN ITALIANO: Introduttore + indicativo o congiuntivo di tutti i tempi

Introduttore + indicativo dello stesso tempo del latino

Es.: dux quidam noctu populabatur agros, quod triginta dierum essent pactae, non noctium indutiae = un comandante devastava i campi di notte, perché era stata pattuita una tregua di trenta giorni, non di trenta notti.

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SCHEDE SINTATTICHE

In latino le congiunzioni causali hanno le seguenti reggenze: 1) quod, quia = perché; reggono l’indicativo o il congiuntivo a seconda che esprimano una causa obiettiva o soggettiva. Si intende per causa obiettiva, una causa vera o presentata come tale da chi parla o scrive. Es.: Titus, quia natura erat benevolentissimus, amor et deliciae generis humani appellatus est = Tito, poiché era per natura molto benevolo, fu chiamato amore e delizia del genere umano. Si intende invece per causa soggettiva quella causa vera o falsa addotta non da chi parla o scrive, ma da un altro. Es.: Aristides nonne ob eam causam expulsus est patria, quod praeter modum iustus esset? = Aristide non è forse stato allontanato dalla patria per il motivo che era oltremodo giusto? Frequenti sono le espressioni correlative eo... quod (quia); ea re... quod (quia); propterea... quod (quia); idcirco... quod (quia), ob eam causam (rem)... quod (quia) = per questo motivo, perché; proprio per questo, perché (o semplicemente perché).


SCHEDE SINTATTICHE

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TEMPORALI

INTRODUTTORI: cum = quando

cum primum, ubi, ubi primum, ut, ut primum, simul ac (atque), simul ut, statim ut = appena, come, non appena postquam, posteaquam = dopo che antequam, anteaquam, priusquam = prima che dum, donec, quoad, quamdiu = mentre, finché quotiens, quotienscumque = tutte le volte che MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo

N.B.: Le proposizioni temporali possono essere espresse in latino anche con: cum + congiuntivo; ablativo assoluto; participio congiunto.

Esprimono la circostanza temporale in cui si colloca l’azione della reggente. In latino le congiunzioni temporali hanno le seguenti reggenze: 1) cum + indicativo = quando; col valore iterativo di “tutte le volte che” ha l’indicativo dei tempi composti, ma questi si traducono con i corrispondenti tempi semplici. Es.: cum ver esse coeperat, Neapolim remeabat = quando cominciava la primavera, ritornava a Napoli. Cum accompagnato da subito o repente assume il significato di “quand’ecco che, ed ecco che” (cum inversum); 2) cum primum, ubi, ubi primum, ut, ut primum, simul ac (atque), simul ut, statim ut + indicativo = appena, come, non appena; 3) postquam, posteaquam, post(ea)... quam + indicativo = dopo che; 4) antequam, priusquam, ante... quam, prius... quam + indicativo o congiuntivo = prima che; si usa il congiuntivo quando c’è idea di eventualità o intenzione. Es.: priusquam signum pugnae daretur, Hannibal tabellarium cum caduceo mittit = Annibale inviò un araldo con la verga, prima che fosse dato il segnale della battaglia (l’invio dell’araldo non è un fatto casuale, ma voluto da Annibale in relazione ad una precisa circostanza temporale); 5) dum + indicativo presente = mentre; indica sempre contemporaneità (in italiano il presente si traduce con il presente o con l’imperfetto, a seconda che nella proposizione reggente si trovi un tempo principale o storico). Es.: dum haec geruntur, Caesar profectus est = Cesare partì, mentre si svolgevano questi avvenimenti. dum haec geruntur, tibi scribo = ti scrivo mentre si svolgono questi avvenimenti; 6) dum, donec, quoad, quamdiu + indicativo o congiuntivo = finchè; si usa il congiuntivo se c’è intenzione. Es.: expectabo, dum venias = aspetterò finchè tu non arrivi (ho intenzione di aspettare il tuo arrivo); 7) quotiens, quotienscumque + indicativo = tutte le volte che.

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Generalmente le proposizioni temporali non presentano difficoltà e il più delle volte basta tradurre alla lettera sia l’introduttore sia il tempo e il modo del verbo (anche in italiano infatti sono introdotte da congiunzioni temporali e possono avere il verbo sia all’indicativo sia al congiuntivo). Ci sono però alcuni casi in cui l’italiano si comporta in modo diverso dal latino e precisamente: • col cum con valore iterativo (cfr. punto 1), in cui il latino usa il tempo composto e l’italiano il corrispondente tempo semplice; • col dum che significa “mentre” (cfr. punto 5), in cui il latino usa sempre il presente indicativo e l’italiano invece usa il presente o l’imperfetto; • con antequam, priusquam, postquam, in cui l’italiano può usare l’infinito se vi è identità di soggetto con la reggente. Ricordati che nelle proposizioni temporali è rispettata di norma le legge dell’anteriorità soprattutto quando l’azione è proiettata nel futuro; in italiano tale legge è meno sentita e nel caso in cui si abbia il futuro anteriore, questo va tradotto con il futuro semplice (legge del “doppio futuro”). Se la temporale si presenta con il congiuntivo devi considerare volta per volta se si tratti di congiuntivo dovuto all’attrazione modale oppure ad una sfumatura di eventualità o intenzionalità: sarà solo il contesto a permetterti di capirlo.

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CUM NARRATIVO E CUM + CONGIUNTIVO

INTRODUTTORE: cum MODO DEL VERBO: congiuntivo secondo le regole della consecutio temporum.

I

l cum narrativo è molto usato in latino nelle narrazioni (cum historicum) ed ha significato causale-temporale. Esso è accompagnato da tutti i tempi del congiuntivo secondo le regole della consecutio temporum e si traduce in italiano in modo implicito con il gerundio o (meglio) in modo esplicito con una proposizione causale o temporale, secondo il contesto.

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE IN LATINO: cum + congiuntivo presente o imperfetto (= tempi semplici) cum + congiuntivo perfetto o piuccheperfetto (= tempi composti)

IN ITALIANO:

Gerundio semplice Gerundio composto

Es.: Pyrrus, cum Argos oppidum oppugnaret, interiit = Pirro, assediando (= mentre assediava) la città di Argo, morì; cum Caesar eos suum adventum exspectare iussisset, paruerunt = avendo Cesare ordinato (= poiché Cesare aveva ordinato) loro di aspettare il suo arrivo, (gli Elvezi) obbedirono.

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SCHEDE SINTATTICHE

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE


SCHEDE SINTATTICHE

Nel rendere esplicita la proposizione narrativa, userai l’indicativo con lo stesso tempo del congiuntivo latino. NOTA BENE

Quanto al valore temporale del cum + congiuntivo, alcuni grammatici sostengono che non sia corretto tradurlo con la congiunzione “quando”, dal momento che esiste in tal senso la costruzione del cum + indicativo. Tuttavia, in determinati contesti, quando l’azione è contemporanea e la frase contiene in sé una sfumatura ipotetico-causale, “quando” è l’unica congiunzione che possa esprimere tale sfumatura. Es.: cum abiurarent, eos dimittebam = quando (“nel caso in cui”, “se e in quanto”) abiuravano, li lasciavo andare (abiurando essi, li lasciavo andare).

ATTENZIONE!

Il cum + congiuntivo può avere altri valori oltre a quello narrativo: 1) può esprimere un pensiero che, tradotto semplicemente con il gerundio, risulterebbe in disaccordo con la reggente. Ciò si verifica tutte le volte che esso enuncia un fatto a dispetto del quale si realizza ciò che viene detto nella reggente. In questo caso ha valore concessivo. Lo tradurrai, in modo implicito, con “pur” + il gerundio, oppure, in modo esplicito, con una congiunzione concessiva + il congiuntivo. Es.: cum malus sis, omnes te laudant = pur essendo tu (sebbene tu sia) malvagio, tutti ti lodano. 2) può essere accompagnato da praesertim, quippe, utpote ed in tal caso ha valore causale (vedi scheda 24). 3) può esprimere un fatto che è in opposizione a quello della reggente: in tal caso ha valore avversativo. Es.: nihil satis paratum ad bellum habebant Romani, non exercitum, non ducem, cum Perseus omnia praeparata haberet = i Romani non avevano nulla di sufficientemente pronto per la guerra, non un esercito, non un comandante, mentre Perseo aveva ogni cosa predisposta.

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CONDIZIONALI: IL PERIODO IPOTETICO

Si definisce periodo ipotetico l’insieme di due proposizioni: 1) una condizionale, detta pròtasi (= premessa), che esprime una condizione o ipotesi; 2) una reggente, detta apòdosi (= spiegazione, risposta), che esprime la conseguenza di quanto premesso nella pròtasi. Es.: Se fai questo (pròtasi), sbagli (apòdosi). L’ipotesi può essere prospettata in latino in tre modi diversi, che danno luogo a tre tipi di periodo ipotetico: 1) reale o della obiettività 2) possibile 3) irreale. La pròtasi, ovviamente, essendo una condizionale, è sempre dipendente. L’apòdosi può essere: a) una principale: si avrà allora un periodo ipotetico indipendente; b) una subordinata all’infinito o al congiuntivo: si avrà allora un periodo ipotetico dipendente.

A PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE INTRODUTTORI: 1) nella pròtasi: si = se

nisi, si non = se non sin = se invece 2) nell’apòdosi: nessuno. MODI DEL VERBO: 1) nella pròtasi: indicativo o congiuntivo;

2) nell’apòdosi: indicativo, imperativo o congiuntivo. N.B.: la pròtasi può essere espressa anche con: il participio; l’ablativo assoluto; la relativa condizionale. I TIPO o della realtà LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: indicativo

indicativo

Apòdosi: indicativo o modi delle proposizioni indipendenti (imperativo o congiuntivo)

indicativo o modi delle proposizioni indipendenti

Es.: poma, si matura sunt, decidunt = i frutti, se sono maturi, cadono; ne vivam, si hoc sciebam = che io muoia, se lo sapevo.

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SCHEDE SINTATTICHE

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SCHEDE SINTATTICHE

II TIPO o della possibilità LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: congiuntivo: presente (possibilità nel presente) perfetto (possibilità nel passato)

congiuntivo imperfetto (possibilità nel presente) o trapassato (possibilità nel passato)

Apòdosi: come la pròtasi (raro però il congiuntivo perfetto)

condizionale presente (possibilità nel presente) o passato (possibilità nel passato)

Es.: si eum videas, certe agnoscas = se tu lo vedessi (e può darsi), lo riconosceresti di certo; si hoc ex eo quaesieris, libenter responderit = se tu gli avessi chiesto questo (e, per quel che ne so, può essere accaduto), avrebbe risposto volentieri.

III TIPO o della irrealtà LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: congiuntivo: imperfetto (irrealtà nel presente) piuccheperfetto (irrealtà nel passato)

come per il secondo tipo (congiuntivo imperfetto o trapassato)

Apòdosi: come la pròtasi

come per il secondo tipo (condizionale presente o passato)

Es.: si Romae esset, libenter eum viserem = se fosse a Roma (ma non c’è), gli farei volentieri visita; nisi te amarem, hoc tibi non dixissem = se non ti amassi (ma ti amo), non ti avrei detto questo.

NOTA BENE

1) Talvolta nel periodo ipotetico del I tipo, quando il soggetto è indeterminato, si ha il congiuntivo nella pròtasi e l’indicativo nell’apòdosi (come nel periodo ipotetico dell’eventualità greco). Es.: hoc facile discitur, si studeas = lo si impara facilmente, se lo si studia (lett.: studi). 2) Si usa spesso il periodo ipotetico del II tipo negli exempla ficta (esempi immaginari addotti a sostegno di una tesi). Es.: si furiosus quidam gladium a te petat, dones? = se un pazzo ti chiedesse una spada, gliela daresti? 3) Nell’apòdosi del II e del III tipo si usa spesso l’indicativo in luogo del congiuntivo con le espressioni di “potere”, “dovere” e necessità (dove l’italiano ha il cosiddetto “falso condizionale”). In particolare si usa l’indicativo presente nella apodosi del II tipo mentre si usa l’indicativo imperfetto, perfetto o piuccheperfetto nell’apodosi del terzo tipo. Es.: si velim, possum = se volessi, potrei.

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– con le perifrastiche attiva e passiva. Es.: Romam relicturus eram (= reliquissem), nisi te vidissem = avrei lasciato Roma, se non ti avessi visto; hoc tibi faciendum erat, si eum amares = se tu lo amassi, avresti dovuto fare questo; – con paene o prope (= “per poco non”, “quasi”, “a momenti”), con cui è obbligatorio l’uso del perfetto indicativo. Es.: paene eum necavi, nisi tu adfuisses = per poco non lo ammazzavo, se non ci fossi stato tu; – quando si vuole indicare che un fatto era ormai praticamente accaduto, se non si fosse verificata una circostanza inattesa (di solito si usa il piuccheperfetto). Es.: mortuus erat, nisi amici concurrissent = sarebbe morto (era spacciato), se non fossero accorsi gli amici. 4) Naturalmente, tanto nel periodo ipotetico indipendente quanto in quello dipendente, è possibile che la pròtasi e l’apòdosi si pongano su piani temporali diversi (es.: si hoc fecerit, eum reprehendam = se avesse fatto questo, lo rimprovererei), anche se, per esigenze di semplificazione schematica, non sempre questo è evidente negli esempi. 5) La possibilità nel passato è da taluni grammatici ristretta alla sola pròtasi (cioè alla premessa ipotetica), perché, a rigor di logica, nell’apòdosi (che esprime una conseguenza) non sarebbe giustificata; di un’azione passata, infatti, si conosce già l’esito, per cui non avrebbe senso presentarla come possibile: dire “sarebbe potuto andare” significa in pratica dire “non è andato”. Nonostante questo, abbiamo preferito mantenere la possibilità nel passato anche nell’apòdosi, perché si può dare, sia pur molto raramente, il caso in cui colui che parla non sappia se l’azione si sia verificata o meno, e dunque la consideri possibile.

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Lo schema sopra riportato ti fornisce chiare indicazioni di come debbano essere tradotti in italiano i tempi dei periodi ipotetici latini. Tieni però presente che il latino, come già sai, è molto più preciso dell’italiano nel rendere i rapporti temporali, soprattutto quelli di anteriorità: perciò potrai trovare nella pròtasi un tempo composto là dove l’italiano usa un tempo semplice. Es.: si id fecerit, errabit = se farà (lett.: avrà fatto) questo, sbaglierà; si hoc dixeris, rideam = se tu dicessi (lett.: avessi detto) questo, riderei; si Cicero locutus esset, tacerem = se parlasse (lett.: avesse parlato) Cicerone, tacerei. Sei molto avvantaggiato, comunque, dal fatto che la lingua italiana non riesca a distinguere morfologicamente tra il secondo ed il terzo tipo (che, come avrai notato, si esprimono con gli stessi tempi e modi).

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SCHEDE SINTATTICHE

Inoltre, nell’apòdosi del III tipo, si può trovare l’indicativo in luogo del congiuntivo piuccheperfetto nei seguenti casi:


SCHEDE SINTATTICHE

B1 PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE CON APÒDOSI AL CONGIUNTIVO INTRODUTTORI: 1) nella pròtasi: si = se

nisi, si non = se non sin = se invece 2) nell’apòdosi: quello richiesto dalla natura della proposizione. MODO DEL VERBO: 1) nella pròtasi: congiuntivo

2) nell’apòdosi: congiuntivo. N.B.: la pròtasi può essere espressa anche con: il participio; l’ablativo assoluto; la relativa condizionale.

I TIPO o della realtà

Pròtasi:

LATINO:

ITALIANO:

congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum

uguale al periodo ipotetico indipendente (indicativo) come richiesto dalla natura della subordinata

Apòdosi: come la pròtasi

Es.: Indipendente: si hoc dicis, erras = se dici questo, sbagli (realtà nel presente)

Dipendente: →

si hoc dixisti, erravisti = se hai detto → questo, hai sbagliato (realtà nel passato)

si hoc dices, errabis = se dirai questo, sbaglierai (realtà nel futuro)

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non dubito quin, || si hoc dicas, erres = sono sicuro che, se dici questo, sbagli; non dubitabam quin, || si hoc diceres, errares = ero sicuro che, se dicevi questo, sbagliavi. non dubito quin, || si hoc dixeris, erraveris = sono sicuro che, se hai detto questo, hai sbagliato; non dubitabam quin, || si hoc dixisses, erravisses = ero sicuro che, se avevi detto questo, avevi sbagliato. non dubito quin, || si hoc dicas (dixeris), erraturus sis = sono sicuro che, se dirai questo, sbaglierai; non dubitabam quin, || si hoc diceres (dixisses), erraturus esses = ero sicuro che, se avessi detto questo, avresti sbagliato.


SCHEDE SINTATTICHE

II TIPO o della possibilità

Pròtasi:

LATINO:

ITALIANO:

congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum

uguale al periodo ipotetico indipendente (congiuntivo imperfetto o trapassato)

Apòdosi: congiuntivo (di solito presente o imperfetto) secondo le norme della consecutio temporum

uguale al periodo ipotetico indipendente (condizionale presente o passato)

Es.: Dipendente:

Indipendente: si hoc dicas, erres = se dicessi questo, sbaglieresti (possibilità nel presente o nel futuro)

non dubito quin, || si hoc dicas, erres (erraturus sis) = sono sicuro che, se tu dicessi questo, sbaglieresti; non dubitabam quin, || si hoc diceres, errares (erraturus esses) = ero sicuro che, se avessi detto (lett.: dicessi) questo, avresti sbagliato (lett.: sbaglieresti).

si hoc dixeris, erraveris = se avessi detto questo, avresti sbagliato (possibilità nel passato)

non dubito quin, || si hoc dixeris, erraveris = sono sicuro che, se avessi detto questo, avresti sbagliato; non dubitabam quin, || si hoc dixisses, erravisses = ero sicuro che, se avessi detto questo, avresti sbagliato.

III TIPO o della irrealtà

Pròtasi:

LATINO:

ITALIANO:

Identico a quello indipendente, e cioè: congiuntivo imperfetto (irrealtà nel presente) congiuntivo piuccheperfetto (irrealtà nel passato), a prescindere dalle regole della consecutio.

uguale al periodo ipotetico indipendente (congiuntivo imperfetto o trapassato)

Apòdosi: congiuntivo imperfetto (irrealtà nel presente); – urus fuerim o (se il verbo è passivo o privo di supino) congiuntivo piuccheperfetto (irrealtà nel passato)

uguale al periodo ipotetico indipendente (condizionale presente o passato)

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: Indipendente:

Dipendente:

si hoc diceres, errares = se dicessi → questo, sbaglieresti (irrealtà nel presente)

non dubito quin, || si hoc diceres, errares = sono sicuro che, se dicessi questo, sbaglieresti non dubitabam quin, || si hoc diceres, errares = ero sicuro che, se avessi detto (lett.: dicessi) questo, avresti sbagliato (lett.: sbaglieresti)

non dubito quin, || si hoc dixisses, erraturus fueris (erravisses) = sono sicuro che, se avessi detto questo, avresti sbagliato; non dubitabam quin, || si hoc dixisses, erraturus fueris (erravisses) = ero sicuro che, se avessi detto questo, avresti sbagliato.

si hoc dixisses, erravisses = se avessi detto questo, avresti sbagliato (irrealtà nel passato)

NOTA BENE

1) Se l’apòdosi del I e del II tipo contiene l’idea del futuro, si può trovare, in luogo del congiuntivo presente o imperfetto, la perifrastica attiva con sim o essem, o (nel II tipo) anche possim / possem + infinito presente, specie in presenza di un “falso condizionale” presente. Es.: scire volo quid facturus sis, si eum videas = voglio sapere che cosa farai (faresti) se lo vedrai (vedessi); non dubito quin errare possis, si hoc dicas = non dubito che sbaglieresti (potresti sbagliare), se dicessi questo. 2) Nell’apòdosi del III tipo, in luogo del piuccheperfetto, si preferisce la perifrastica attiva con fuerim se il verbo è attivo ed ha il participio futuro. Es.: nescio quid facturus fuerit (= fecisset), si consul fuisset = non so che cosa avrebbe fatto se fosse stato console. In luogo di fuerim si può trovare fuissem nelle interrogative indirette dipendenti da un tempo storico. Inoltre i falsi condizionali passati (“avrei potuto”, “avrei dovuto”, “sarebbe stato troppo lungo”, etc.) e la perifrastica passiva si rendono di solito, anziché con il piuccheperfetto, con il perfetto (potuerim, debuerim, longum fuerit, etc.). Es.: non dubitabam quin, si verum scisses, tibi dicendum fuerit = non dubitavo che, se tu avessi saputo la verità, avresti dovuto dirla. 3) Naturalmente anche nel periodo ipotetico dipendente la pròtasi può essere implicita. Es.: timeo ne, coactus, verum dicat = temo che, (se sarà) costretto, dica la verità. 4) La possibilità nel passato, come e più che per il periodo ipotetico indipendente, è considerata da taluni grammatici inammissibile nell’apòdosi. La si è presa in considerazione sia per amore di completezza sia perché, per i motivi già esposti, non ci sembra da escludere totalmente. CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE 1) Osserva come, se la reggente è al passato (dubitabam), tutti e tre i tipi possano essere identici (con l’eccezione dell’apòdosi del III tipo in -urus fuerim): infatti, la pròtasi del I tipo passa al congiuntivo per attrazione modale; i tempi del congiuntivo non possono che essere l’imperfetto ed il piuccheperfetto anche nel I e nel II tipo, per ragioni di consecutio. Sarà dunque in genere il contesto a permetterti di stabilirne il tipo.

472


B2 PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE CON APÒDOSI ALL’INFINITO INTRODUTTORI: 1) nella pròtasi: si = se

nisi, si non = se non sin = se invece 2) nell’apòdosi: nessuno. MODI DEL VERBO: 1) nella pròtasi: congiuntivo

2) nell’apòdosi: infinito. N.B.: la pròtasi può essere espressa anche con: il participio; l’ablativo assoluto; la relativa condizionale. I TIPO o della realtà LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum

indicativo

Apòdosi: infinito presente, perfetto o futuro (a seconda del rapporto temporale con la reggente)

indicativo

Es.: Dipendente:

Indipendente: →

scio || te errare, si hoc dicas = so che, se dici questo, sbagli; sciebam || te errare, si hoc diceres = sapevo che, se dicevi questo, sbagliavi

si hoc dixisti, erravisti = se hai detto → questo, hai sbagliato (realtà nel passato)

scio || te erravisse, si hoc dixeris = so che, se hai detto questo, hai sbagliato; sciebam || te erravisse, si hoc dixisses = sapevo che, se avevi detto questo, avevi sbagliato.

scio || te erraturum esse, si hoc dicas (dixeris) = so che, se dirai questo, sbaglierai; sciebam || te erraturum esse, si hoc diceres (dixisses) = sapevo che, se avessi detto (lett.: dicessi) questo, avresti sbagliato.

si hoc dicis, erras = se dici questo, sbagli (realtà nel presente)

si hoc dices (dixeris), errabis = se dirai questo, sbaglierai (realtà nel futuro)

473

SCHEDE SINTATTICHE

2) Quando il periodo ipotetico dipende da un tempo storico, in italiano non è consigliabile rispettare i rapporti temporali propri del periodo ipotetico latino riferito al presente o al futuro: un enunciato come “pensava che farebbe questo” suona ormai scorretto e obsoleto alle nostre orecchie (noi diremmo: “pensava che avrebbe fatto questo”; cfr. tuttavia la prosa manzoniana).


SCHEDE SINTATTICHE

II TIPO o della possibilità LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum

uguale al periodo ipotetico indipendente (congiuntivo imperfetto o trapassato)

Apòdosi: infinito futuro o posse + inf. pres.

uguale al periodo ipotetico indipendente (condizionale presente o passato)

Es.: Indipendente:

Dipendente:

si hoc dicas, erres = se dicessi questo, sbaglieresti (possibilità nel presente o nel futuro)

scio || te erraturum esse, si hoc dicas = so che, se dicessi questo, sbaglieresti; sciebam || te erraturum esse, si hoc diceres = sapevo che, se avessi detto (lett.: dicessi) questo, avresti sbagliato

si hoc dixeris, erraveris = se avessi detto questo, avresti sbagliato (possibilità nel passato)

scio || te erraturum esse, si hoc dixeris = so che, se avessi detto questo, avresti sbagliato; sciebam || te erraturum esse, si hoc dixisses = sapevo che, se avessi detto questo, avresti sbagliato.

III TIPO o della irrealtà LATINO:

ITALIANO:

Pròtasi: Identico a quello indipendente, e cioè: congiuntivo imperfetto (irrealtà nel presente) congiuntivo piuccheperfetto (irrealtà nel passato), a prescindere dalle regole della consecutio

uguale al periodo ipotetico indipendente (congiuntivo imperfetto o trapassato)

Apòdosi: infinito futuro in -urum, am, um fuisse; futurum fuisse ut + cong. imperf. (verbi passivi o senza supino)

uguale al periodo ipotetico indipendente (condizionale presente o passato)

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SCHEDE SINTATTICHE

Es.: Dipendente:

Indipendente: si hoc diceres, errares = se dicessi questo, sbaglieresti (irrealtà nel presente)

scio || te erraturum fuisse, si hoc diceres = so che, se dicessi questo, sbaglieresti; sciebam || te erraturum fuisse, si hoc diceres = pensavo che, se avessi detto (lett.: dicessi) questo, avresti sbagliato

si hoc dixisses, erravisses = se avessi detto questo, avresti sbagliato (irrealtà nel passato)

scio || te erraturum fuisse, si hoc dixisses = so che, se avessi detto questo, avresti sbagliato; sciebam || te erraturum fuisse, si hoc dixisses = sapevo che, se tu avessi detto questo, avresti sbagliato.

NOTA BENE

1) Nell’apòdosi del II tipo si può trovare anche, in luogo dell’infinito futuro, posse + infinito presente. Es.: scio, si hoc feceris, me posse irasci tibi = so che, se tu avessi fatto questo, mi infurierei con te. 2) Nell’apòdosi del III tipo, se il verbo è passivo oppure manca del supino, si ricorre alla perifrasi futurum fuisse ut + congiuntivo imperfetto. Es.: credo, si eius carmina amares, futurum fuisse ut ea disceres = credo che, se tu amassi le sue poesie, le avresti imparate (impareresti). 3) Se l’apòdosi del III tipo contiene un falso condizionale o una perifrastica passiva riferiti al presente, questi si rendono con l’infinito presente; se invece il falso condizionale o la perifrastica passiva sono riferiti al passato, si usa l’infinito perfetto. Es.: puto me, nisi tempus deesset, plura dicere posse = credo che, se non mancasse il tempo, potrei parlare più a lungo; puto mihi, nisi tempus defuisset, plura dicenda fuisse = credo che, se non fosse mancato il tempo, avrei dovuto parlare più a lungo. 4) Osserva come nel periodo ipotetico della realtà riferito al passato, se dipendente da un tempo principale (puto), sia rispettata la “regola di Reusch” (vedi scheda 13): dall’infinito perfetto dell’apòdosi (erravisse) dipende infatti il congiuntivo perfetto della pròtasi (dixeris). CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE 1) Nel periodo ipotetico con apòdosi all’infinito, il tipo della realtà riferito al futuro ed il tipo della possibilità in -urum esse risultano morfologicamente identici: ancora una volta, sarà solo il contesto a permetterti di distinguerne la funzione. 2) Nell’apòdosi del III tipo, erraturum fuisse o futurum fuisse ut errares possono corrispondere ad un errares (da tradurre con il condizionale presente) o a un erravisses (da tradurre con il condizionale passato): in questo caso, il confronto con la pròtasi e un attento esame del contesto dovrebbero suggerirti la scelta giusta.

475


SCHEDE SINTATTICHE

SCHEMI RIASSUNTIVI DEL PERIODO IPOTETICO

A PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE I TIPO

Pròtasi: Indicativo

congiuntivo se il soggetto è indeterminato

II TIPO

III TIPO

Apòdosi:

Pròtasi:

Apòdosi:

Pròtasi:

Apòdosi:

Indicativo o modi delle proposizioni indipendenti

Congiuntivo presente o perfetto

Congiuntivo presente o (raramente) perfetto

Congiuntivo imperfetto o piuccheperf.

Congiuntivo imperfetto o piuccheperf.

falso condizionale e perifrastica passiva: indicativo presente

1) falso condizionale e perifrastiche attiva e passiva nel passato: indicativo imperfetto, perfetto, piuccheperfetto; 2) fatto ormai praticamente accaduto, ma in realtà non verificatosi: indicativo piuccheperfetto; 3) paene, prope: indicativo perfetto.

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PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE CON APÒDOSI AL CONGIUNTIVO I TIPO

Pròtasi: Congiuntivo secondo le regole della consecutio

II TIPO

Apòdosi: Congiuntivo secondo le regole della consecutio

Pròtasi: Congiuntivo secondo le regole della consecutio

participio futuro + sim / essem se c’è idea di futuro

III TIPO

Apòdosi: Congiuntivo (per lo più presente o imperfetto) secondo le regole della consecutio

Pròtasi:

Apòdosi:

Congiuntivo imperfetto o piuccheperfetto (svincolati dalla consecutio)

Congiuntivo imperfetto; participio futuro + fuerim o (se il verbo è passivo o non ha il supino) congiuntivo piuccheperfetto (svincolati dalla consecutio)

1) participio futuro + sim / essem se c’è idea di futuro; 2) possim / possem + infinito presente col falso condizionale presente

falso condizionale e perifrastica passiva nel passato: congiuntivo perfetto

B2 PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE CON APÒDOSI ALL’INFINITO I TIPO

Pròtasi: Congiuntivo secondo le regole della consecutio

II TIPO

Apòdosi: Infinito presente, perfetto o futuro

Pròtasi: Congiuntivo secondo le regole della consecutio

III TIPO

Apòdosi: Infinito futuro; posse + infinito presente

Pròtasi: Congiuntivo imperfetto o piuccheperfetto (svincolati dalla consecutio)

Apòdosi: Infinito futuro in -urum, am, um fuisse (verbi senza supino o passivi: futurum fuisse ut + congiuntivo imperfetto) falso condizionale e perifrastica passiva: infinito presente o perfetto.

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SCHEDE SINTATTICHE

B1


SCHEDE SINTATTICHE

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IPOTETICHE RESTRITTIVE

INTRODUTTORI: dum, modo, dummodo = purché, pur di;

dum ne, modo ne, dummodo ne = purché non, pur di non. MODO DEL VERBO: congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum.

Si definiscono così alcune proposizioni condizionali che hanno valore restrittivo e spesso desiderativo, poiché esprimono una condizione necessaria e il più delle volte sperata.

Es.: oderint, dum metuant = (mi) odino, purché mi temano; dum ne sibi stultus videretur, ceteris videri non laborabat = purché non sembrasse stupido a se stesso, non si curava di sembrarlo agli altri. NOTA BENE

1) A questo tipo di proposizioni sono di solito assimilate quelle introdotte da nedum (= “figuriamoci se”, “tanto meno”, “non che”), che regge il congiuntivo presente (azione presente) o il congiuntivo imperfetto (azione passata). Es.: vix quid accidat intellegere possum, nedum sciam quo modo me tuear = a mala pena riesco a capire che cosa stia succedendo, figuriamoci poi se so come difendermi. 2) Modo e nedum sono propriamente avverbi: modo significa “soltanto”, nedum “tanto meno”. Il congiuntivo che vi si unisce è in realtà di natura indipendente: ottativo-esortativo nel caso di modo, potenziale nel caso di nedum. Es.: ego ista studia non improbo, moderata modo sint = io non disapprovo questi studi: soltanto, siano moderati; vix in urbe tectisque tuti sumus, nedum in mari = a mala pena siamo al sicuro in città e in casa (nostra), tanto meno (potremmo esserlo) in mare.

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CONCESSIVE

INTRODUTTORI: quamquam, quamvis, etsi, tametsi, etiamsi, ut, licet = sebbene, benché,

quantunque, seppure, per quanto, nonostante, ancorché + congiuntivo; anche se + indicativo o congiuntivo. MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo (in genere secondo le norme della consecutio temporum). N.B.: Le proposizioni concessive possono essere espresse in latino anche con: cum + congiuntivo; ablativo assoluto; participio congiunto; qui, quae, quod + congiuntivo (relativa impropria). Spesso nella reggente compaiono elementi correlativi alle congiunzioni concessive (tamen = tuttavia, nihilomı̆nus = nondimeno, etc.).

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nella reggente.

In latino le congiunzioni concessive hanno le seguenti reggenze: 1) quamquam, etsi, tametsi vogliono l’indicativo. Es.: gaudeo etsi non scio quare = son contento anche se non so perché; 2) quamvis vuole sempre il congiuntivo. Es.: quamvis sapiens sit, tamen erravit = per quanto sia saggio, tuttavia ha sbagliato; 3) etiamsi vuole l’indicativo o il congiuntivo a seconda del tipo di ipotesi formulato (in base alle regole del periodo ipotetico). Es.: etiamsi hoc voluissem, assequi non potuissem = anche se avessi voluto questo, non avrei potuto ottenerlo (ipotesi irreale); etiamsi quid scribam non habebo, cotidie tibi litteras mittam = anche se non avrò di che scriverti, ti manderò una lettera ogni giorno (ipotesi reale); 4) cum e ut (negazione ut non) hanno sempre il congiuntivo. Es.: cum facile hoc habere posset, noluit = sebbene potesse avere ciò facilmente, non volle; ut id verum non sit, tamen credere volo = quand’anche ciò non sia vero, tuttavia voglio crederlo; 5) licet si costruisce solo con il congiuntivo presente o perfetto. Es.: licet me omnes deserant, solus agam = quand’anche tutti mi abbandonino, agirò da solo. È del tutto evidente la parentela di quest’ultimo costrutto (come pure della concessiva con ut) con il congiuntivo indipendente concessivo (vedi scheda 3); esso è infatti più paratattico che ipotattico: basterebbe sostituire alla virgola i due punti per trasformare questa (presunta) subordinata concessiva in una principale. NOTA BENE

– le concessive al congiuntivo non sempre rispettano rigorosamente le norme della consecutio; – talvolta quamvis accompagna un aggettivo o un avverbio (es.: quamvis lente = per quanto lentamente); – spesso quamquam, etsi e tametsi hanno valore avverbiale: introducono perciò una proposizione indipendente ed assumono il significato correttivo di “per quanto”, “d’altra parte”, “ma a dire il vero”, “ma poi”. Es.: quamquam, quid tibi hoc dicam? = ma poi, perché dovrei dirtelo? CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

In italiano le proposizioni concessive, in forma esplicita sono introdotte da congiunzioni concessive; in forma implicita sono espresse con il gerundio o il participio preceduti da “pur” (es.: “sebbene lo conosca” = “pur conoscendolo”). Tutte le congiunzioni concessive reggono il congiuntivo, con la sola eccezione (parziale) di “anche se”: evita perciò strafalcioni sintattici, sempre più comuni nel linguaggio colloquiale, come “sebbene sei”, “benché sembra” e altri simili orrori.

479

SCHEDE SINTATTICHE

Esprimono una circostanza, reale o ipotetica, a dispetto della quale si verifica quanto detto


SCHEDE SINTATTICHE

Per quanto riguarda “anche se”, esso può reggere l’indicativo o il congiuntivo, con le stesse precisazioni fatte per il latino etiamsi (cfr. gli esempi e la rispettiva traduzione). ATTENZIONE!

I costrutti con cum e ut + congiuntivo possono indurti a commettere gravi fraintendimenti. Prima di optare per la concessiva, accertati che il pensiero espresso nella subordinata sia effettivamente in contraddizione con quello della reggente!

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COMPARATIVE

L

e proposizioni comparative esprimono un paragone rispetto a quanto si dice nella reggente e, a seconda che il paragone sia reale o ipotetico, si distinguono in comparative reali e comparative ipotetiche.

A COMPARATIVE REALI INTRODUTTORI: a) comparative di uguaglianza: quam, quantus, quantum, quanti, quanto (+

comparativo), qualis, quot, ut, sicut, quemadmodum + indicativo, etc. Sono anticipate nella proposizione reggente dalle rispettive correlative tam, tantus, tantum, tanti, tanto (+ comparativo), talis, tot, sic, ita, eodem modo, item, etc. b) comparative di maggioranza e minoranza: quam + tempo e modo del verbo reggente. Nella reggente si trova un comparativo di maggioranza o di minoranza (potius, magis, plus, etc.) o una espressione che implichi una preferenza (malo, praestat, etc.) c) comparative di confronto che indicano parità, diversità, somiglianza: ac, atque, et + indicativo. Nella reggente si trovano aggettivi e avverbi implicanti un confronto: aequus, par, idem, similis, aeque, pariter, perinde, similiter, alius, contrarius, dissimilis, aliter, contra, secus, etc. MODI DEL VERBO: indicativo o congiuntivo obliquo, potenziale, irreale.

NOTA BENE

1) Quando si mettono semplicemente a confronto due affermazioni si usa magis (potius, prius, diutius, etc.)... quam e sia la reggente che la comparativa hanno il verbo nello stesso tempo e modo. Es.: cavebat magis Pompeius, quam timebat = Pompeo, più che temere, stava in guardia.

480


3) Quando nella reggente si trovano alius, aliter, contra e secus la comparativa può essere introdotta, oltre che da ac, et, atque, anche da quam; con alius si trova spesso anche nisi. Es.: alia sentio quam dicis = sento cose diverse da quelle che dici; nihil aliud fecerunt, nisi hoc dixerunt = non fecero altro che dire ciò.

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE 1) Nel caso delle correlative tam... quam, tantus... quantus, totiens... quotiens, sic... ut, etc. l’italiano non si discosta dal latino, per cui sarà sufficiente una traduzione letterale. Es.: haec ita gesta sunt ut exposui = queste azioni sono state compiute così come ho detto; talis est filius, qualis pater fuit = il figlio è tale quale fu il padre. 2) Nel caso della correlazione magis... quam, potius... quam, comparativo... quam, mentre il latino usa sia nella reggente che nella comparativa gli stessi tempi e modi (eccetto per potius... quam: vedi Nota bene 2), l’italiano, nella comparativa, usa l’infinito o il congiuntivo. Es.: diutius manserunt, quam putavi = rimasero più a lungo di quanto pensassi. 3) Nel caso di identità, diversità e somiglianza bisogna ricordare bene che gli introduttori della comparativa (et, ac, atque) non possono essere tradotti come la congiunzione copulativa “e”, bensì come formule che instaurano appunto un rapporto di parità o di diversità, come “diversamente da...”, “simile a...”, etc. Es.: ne sim salvus, si aliter scribo ac sentio = possa io morire, se scrivo diversamente da quel che sento.

B COMPARATIVE IPOTETICHE INTRODUTTORI: quasi, velut, velut si, tamquam, tamquam si, etc. = come se

aeque... ac si, similiter... ac si, etc. = come se, allo stesso modo che se non secus... ac si, non aliter... ac si, etc. = non diversamente che se aliter... ac si, etc. in modo diverso che se MODO DEL VERBO: congiuntivo

Esprimono un paragone puramente ipotetico: pertanto in latino come in italiano hanno il verbo al congiuntivo; però, mentre in latino sono usati tutti i tempi del congiuntivo, in italiano si usano generalmente solo due tempi, l’imperfetto e il trapassato. In latino i tempi si regolano così: a. quando l’introduttore non è accompagnato da si, oppure lo contiene già in sé come in quasi, si osservano rigorosamente le regole della consecutio temporum;

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SCHEDE SINTATTICHE

2) Quando invece tra due possibili situazioni se ne sceglie una e si scarta l’altra, si usa potius (prius, citius)... quam con il congiuntivo. Es.: statuit mori potius quam serviret = decise di morire piuttosto che cadere in schiavitù.


SCHEDE SINTATTICHE

b. quando l’introduttore è accompagnato da si, si modellano sul periodo ipotetico del secondo e del terzo tipo a seconda che la proposizione comparativa contenga una sfumatura di possibilità o di irrealtà (con la sola eccezione di tamquam si che, nonostante il si, a volte segue la consecutio). Es.: iratus me aspicis, quasi tuam mentem videre possim = mi guardi adirato, come se io potessi vedere il tuo animo (nonostante l’ipotesi sia irreale è osservata la consecutio); hoc negotium sic velim suscipias, ut si esset res mea = vorrei che ti occupassi di questo affare come se fosse una cosa mia (si sottolinea l’irrealtà dell’ipotesi, per cui viene usato il tempo storico pur in dipendenza da un tempo principale).

CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE

Poiché l’italiano non è in grado di distinguere una ipotesi irreale da una possibile, i casi a) e b) non sono contemplati: pertanto userai il congiuntivo imperfetto (= come se fossi...) là dove il latino usa il congiuntivo presente (= quasi sim) o imperfetto (= quasi essem), mentre userai il congiuntivo trapassato (= come se fossi stato...) là dove il latino usa il congiuntivo perfetto (quasi fuerim) o piuccheperfetto (quasi fuissem).

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L’ORATIO OBLIQUA O DISCORSO INDIRETTO

1. CHE COSA S’INTENDE PER ORATIO OBLIQUA Si tratta di un costrutto assai frequente in latino, in particolare nella prosa storica, ma di comprensione non immediata, perché pochissimo usato in italiano. Noi siamo infatti soliti distinguere fra “discorso diretto” (in latino oratio recta), che riporta le parole di un personaggio così come furono pronunciate, fra virgolette, e “discorso indiretto” (da alcuni chiamato “stile indiretto”, senza che ciò contribuisca gran che a chiarire la questione), che pone queste stesse parole in dipendenza da un verbo di dire, pensare, chiedere, rispondere: Discorso diretto: Gli chiese: “Come stai?” Discorso indiretto: Gli chiese come stesse. Il latino conosce, naturalmente, anche questo secondo modo di riportare i discorsi, ma non è questo che s’intende, propriamente, per oratio obliqua: quest’ultima, infatti, utilizza costrutti che solo in parte si giustificano con la dipendenza da un verbo di dire (espresso o sottinteso, ma comunque situato al di fuori dell’oratio obliqua). Ti proponiamo un esempio in italiano, perché il concetto ti sia più chiaro: Lo assalì indignata: “Perché ti ostini a mentire? Ho scoperto tutto! E dovrei anche perdonarti?” Oratio obliqua: Lo assalì indignata: perché si ostinava a mentire? Aveva scoperto tutto! E avrebbe dovuto anche perdonarlo?

Oratio recta:

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In latino, nel passaggio dall’oratio recta all’oratio obliqua, si verificano alcuni cambiamenti che ti renderanno talvolta difficile identificare con sicurezza il tipo e la funzione delle varie proposizioni. Qui di seguito ti forniamo uno schema generale che dovrebbe esserti d’aiuto. Inoltre ricorda che, in caso di dubbio, esiste un piccolo ma utilissimo trucco: trasformare l’oratio obliqua in oratio recta.

2. LE PROPOSIZIONI PRINCIPALI E LE LORO COORDINATE a. I MODI – Le principali enunciative (negazione non), cioè quelle all’indicativo, le interrogative retoriche non volitive, le esclamative e i congiuntivi potenziali e irreali in forma non interrogativa, si esprimono con accusativo + infinito (da notare che l’apodosi irreale e quella potenziale nel passato hanno l’infinito in -urum fuisse o potuisse + infinito presente); – Le principali volitive (negazione ne), vale a dire quelle con l’imperativo ed i congiuntivi esortativo ed ottativo, le interrogative reali e le interrogative retoriche volitive (incluse quelle con i congiuntivi potenziale e dubitativo) si esprimono con il congiuntivo. N.B.: Il congiuntivo concessivo è espresso ora con l’accusativo e l’infinito, ora con il congiuntivo. b. I TEMPI I tempi dell’infinito sono regolati dal loro rapporto con il verbo di dire espresso o sottinteso (in quest’ultimo caso farai riferimento al tempo dell’ultima proposizione principale); avremo cioè: – l’infinito presente se il rapporto è di contemporaneità; – l’infinito perfetto se il rapporto è di anteriorità; – l’infinito futuro se il rapporto è di posteriorità. I tempi del congiuntivo sono quelli richiesti dalla consecutio temporum; tuttavia tieni presente che nel discorso indiretto la consecutio non è osservata rigorosamente.

3. LE PROPOSIZIONI SUBORDINATE Le subordinate di modo indefinito (infinito, participio, gerundio, gerundivo, supino) restano immutate; le subordinate di modo finito (indicativo o congiuntivo) passano tutte al congiuntivo: gli indicativi si trasformano infatti in congiuntivi obliqui, perché si riporta indirettamente il pensiero di qualcuno. I tempi del congiuntivo sono quelli richiesti dalla consecutio temporum, ma con qualche libertà. Restano all’indicativo le frasi che introducono osservazioni obiettive o incidentali e le relative nominali, oltre alle temporali con dum e il presente indicativo.

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SCHEDE SINTATTICHE

Come ben vedi, non tutti i costrutti dell’oratio obliqua sopra riportata sono ammissibili in dipendenza da un verbo di dire o di chiedere: in particolare, se davvero tutto fosse sottoposto ad una qualsivoglia dipendenza sintattica, non vi sarebbero domande dirette. Diremo perciò che l’oratio obliqua è un discorso direttamente o idealmente retto da un verbo di dire (o simili), oppure mediato attraverso il pensiero di qualcuno.


SCHEDE SINTATTICHE

NOTA BENE

Domandati sempre se i congiuntivi delle subordinate fossero tali in origine, oppure se si tratti di indicativi passati al congiuntivo: saperlo è essenziale per tradurli correttamente!

4. PRONOMI E AVVERBI Nel passaggio dall’oratio recta all’oratio obliqua i pronomi personali e dimostrativi, gli aggettivi possessivi, gli avverbi di tempo e di luogo subiscono alcune trasformazioni, in verità abbastanza ovvie: è chiaro, infatti, che una frase come: “Ieri abbiamo visto qui tuo padre”, dovendo dipendere da un “essi dissero” sottinteso, si trasformerà così: “Il giorno prima avevano visto lì suo padre”. In particolare avremo: - se (e non ille o is!) al posto di ego (si usa però ipse al nominativo e nelle contrapposizioni); - suus, sua, suum (e non eius o eorum/earum!) al posto di meus e noster. - ille o is al posto di tu e vos; - illius, illorum o eius, eorum al posto di tuus e vester; se però essi acquistano valore riflessivo, si rendono con sui, sibi, se e con suus, sua, suum); - ille al posto di hic o iste. SCHEMA RIASSUNTIVO PROPOSIZIONI

MODI

ORATIO RECTA Principali e loro coordinate

Subordinate

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Oratio obliqua

1. enunciative (all’indicativo, interrogative retoriche non volitive, esclamative, congiuntivi potenziali e irreali in forma non interrogativa)

1. accusativo + infinito

2. volitive (imperativo, congiuntivi esortativo e ottativo, interrogative reali e retoriche volitive)

2. congiuntivo

1. con modi indefiniti

1. restano inalterate

2. con modi finiti

2. congiuntivo (tranne le incidentali, le osservazioni obiettive, le relative nominali e le temporali con dum + presente indicativo).


SCHEDE SINTATTICHE

TEMPI

1. i congiuntivi seguono, con una certa libertà, la consecutio temporum; 2. gli infiniti si regolano in base al loro rapporto temporale con il verbo di dire espresso o sottinteso.

UN ESEMPIO D’AUTORE Verifichiamo quanto appena visto su un passo tratto dagli Annales (14. 1) di Tacito, autore che fa larghissimo uso del discorso indiretto. Ecco le parole di Poppea, moglie di Otone e concubina di Nerone, sdegnata con quest’ultimo, che non si decide a sposarla, e con la futura suocera Agrippina: Cur enim differri nuptias suas? Formam scilicet displicere et triumphales avos, an fecunditatem et verum animum? Timeri ne uxor saltem iniurias patrum, iram populi adversus superbiam avaritiamque matris aperiat. Quod si nurum Agrippina non nisi filio infestam ferre posset, redderetur ipsa Othonis coniugio. Perché, infatti, si rimandavano le sue nozze? Evidentemente gli dispiacevano la sua bellezza e i suoi avi trionfatori, o la sua fecondità e il suo animo sincero? (O forse) si temeva che, una volta divenuta moglie, rivelasse quanto meno i soprusi nei confronti dei senatori, il malcontento del popolo contro l’arroganza e l’avidità di sua madre! E se Agrippina non poteva tollerare una nuora se non ostile al figlio, la si rendesse a suo marito Otone. Osserviamo le singole frasi: Cur enim differri nuptias suas? Formam scilicet displicere et triumphales avos, an fecunditatem et verum animum? Si tratta di interrogative retoriche (la seconda disgiuntiva) che equivalgono di fatto ad enunciazioni di senso negativo (“Non c’era nessun motivo per rimandare le sue nozze; non potevano certo dispiacergli la sua bellezza e i suoi avi trionfatori, o la sua fecondità e il suo animo sincero”). Come tali, si esprimono con accusativo + infinito. Osserva poi il mutamento del pronome: l’originario meae è diventato suas. Timeri ne uxor saltem iniurias patrum, iram populi adversus superbiam avaritiamque matris aperiat: La principale (timeri) è enunciativa e quindi vuole anch’essa accusativo + infinito. Osserva come gli infiniti (differri, displicere e timeri) siano tutti presenti: il rapporto con il verbo di dire sottinteso è dunque di contemporaneità. Ne... aperiat è la completiva del precedente timeri: trattandosi di una subordinata con un modo finito, in oratio obliqua non poteva che avere il congiuntivo; è d’obbligo dunque una domanda: il congiuntivo era tale già in origine? O abbiamo a che fare con un “falso congiuntivo” che nasconde in realtà un indicativo? In questo caso la risposta è semplice: le completive con i verba timendi richiedono sempre il congiuntivo. Notiamo che, come spesso nella oratio obliqua, la consecutio non è rispettata: aperiat è infatti un congiuntivo presente, mentre il verbo reggente sottinteso (dixit o simili) ha sicuramente un tempo storico.

485


SCHEDE SINTATTICHE

Quod si nurum Agrippina non nisi filio infestam ferre posset, redderetur ipsa Othonis coniugio. È un periodo ipotetico: ma di che tipo? Infatti, poiché nella oratio obliqua tutte le subordinate passano al congiuntivo e tutti i tempi tendono a diventare storici, tutti i periodi ipotetici finiscono per assomigliarsi; in particolare, le protasi sono identiche. Dobbiamo procedere per esclusione. Osserviamo l’apodosi, cioè la principale: scopriamo che dobbiamo subito scartare qualsiasi frase di tipo enunciativo: essa avrebbe infatti l’accusativo e l’infinito, mentre qui c’è un congiuntivo (redderetur). Si tratta dunque di una principale volitiva: e, poiché la forma non è interrogativa, non resta che pensare ad una frase originariamente all’imperativo o al congiuntivo esortativo (nulla, infatti, lascia supporre che si tratti di un congiuntivo ottativo); dunque un’apodosi della realtà. Il ragionamento ti pare troppo complicato? Non sei sicuro di avere capito? Ti resta sempre la “prova del nove”: l’intervista con il personaggio. Ascoltiamo questo discorso dalla viva voce di Poppea, trasformando le sue petulanti recriminazioni in oratio recta: “Perché si continua a rimandare il mio matrimonio? Non mi dirai che ti dispiacciono il mio aspetto fisico e i miei avi trionfatori, o la mia fecondità e la mia sincerità d’animo? O forse hai paura che, una volta divenuta tua moglie, io denunci, per tacere del resto, i soprusi nei confronti dei senatori, il malcontento del popolo contro l’arroganza e l’avidità di tua madre! Ma allora, se Agrippina è in grado di sopportare soltanto una nuora che vuol male a suo figlio, mi si renda a mio marito Otone!”. Adesso è tutto chiaro: il periodo ipotetico è in effetti della realtà, con protasi originariamente all’indicativo e apodosi al congiuntivo esortativo.

486


INDICI INDICE GENERALE – Presentazione ................................................................................. – Alcuni suggerimenti per l’applicazione di una corretta tecnica traduttiva ............... – Scheda di metodo ............................................................................ – Scheda riassuntiva di metodo ............................................................... – Applichiamo insieme il metodo in dieci punti .............................................

Pag. 3 5 6 15 19

I TESTI ..........................................................................................

33

LE ANALISI ....................................................................................

113

LE TRADUZIONI ............................................................................. 329 LE SCHEDE .................................................................................... 409


INDICE DELLE VERSIONI Le versioni sono elencate per ciascun autore in ordine crescente di difficoltà

Legenda: Facile (o quasi) Abbastanza impegnativa Difficile Se mi capita a tiro chi l’ha scelta...

Corro a vedere l’analisi: è dettagliata! TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

11. Sopportare il dolore è come affrontare una battaglia

35

114

330

12. La poesia dispensa gloria e immortalità

35

116

330

13. Un buon governante deve badare al bene di tutti i cittadini

36

118

331

14. Conosci te stesso

37

120

332

15. Non tutti i filosofi vivono una vita degna dei loro insegnamenti

37

122

332

16. Davanti alla virtù il dolore cede il passo

38

124

333

39

126

334

40

132

334

19. Le doti di un buon governante: forza d’animo e disprezzo dei beni esteriori

40

134

335

10. La rettitudine deve essere al di sopra anche dell’amicizia

41

136

336

11. A seconda delle circostanze si può rifiutare il piacere ed accettare il dolore

42

138

337

12. Pompeo viene ucciso a tradimento in Egitto

43

140

338

13. Cesare tenta di evitare lo scontro armato

44

142

338

14. Acceso discorso di Catilina ai suoi compagni

45

144

339

15. Giugurta, tradito da Bocco, viene consegnato a Silla

45

146

340

16. Il ricordo delle imprese gloriose infiamma l’animo dei grandi uomini

46

148

341

CICERONE

17. Grazie Simonide, per aver inventato l’arte della memoria! 18. La vera ricchezza risiede nella sapienza

DIFFICOLTÀ

CESARE

SALLUSTIO

488


TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

17. Questo bambino sarà re

47

150

342

18. Sesto Tarquinio violenta Lucrezia

48

152

342

19. Lucrezia si dà la morte

49

154

343

20. Quinto Fabio Massimo esorta Emilio Paolo a temporeggiare

49

156

344

21. Marcello rimprovera i suoi soldati

50

158

345

22. Ercole e Caco

51

160

346

23. La battaglia di Grumento

52

162

346

24. L’atroce umiliazione delle Forche Caudine

52

164

347

25. Meglio i vecchi politici corrotti!

53

166

348

26. L’ultimo messaggio di Massinissa a Sofonisba

54

168

349

55

170

350

28. L’architetto deve rispettare il preventivo

55

174

350

29. Il corpo umano: modello di proporzioni

56

176

351

30. Tutti noi abbiamo delle colpe

57

178

352

31. Il tempo è il bene più prezioso: non sprechiamolo

58

180

353

32. Puoi trovare un amico anche in casa

58

182

354

33. Chi subordina l’amicizia al proprio tornaconto non avrà mai un vero amico

59

184

355

34. Superbia e arroganza dei padroni nei confronti degli schiavi

60

186

355

35. Ottavia è un esempio negativo

61

188

356

36. Nulla può affliggere Polibio finché è al fianco di Claudio

61

190

357

37. La morte di Claudio

62

192

358

38. Bisogna prevenire i desideri degli amici

63

194

358

39. Non è un merito dare la vita ad un figlio

64

196

359

64

198

360

TITO LIVIO

DIFFICOLTÀ

27. Morte di Magone

VITRUVIO

SENECA

COLUMELLA 40. Un terreno vecchio non è la causa di uno scarso raccolto

489


TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

65

200

361

42. Perché gli dèi permettono che Tiberio soffra tanto?

66

202

362

43. Catone Uticense chiede la condanna a morte dei catilinari

67

204

362

44. Non rendo conto all’erario della mia amministrazione!

67

206

363

45. Nessuna pietà per i traditori

68

208

364

46. Alessandro e il medico Filippo

69

210

364

47. Alessandro uccide l’amico Clito

70

212

365

48. Così fan tutte

71

214

366

49. Mio figlio studia troppo!

71

216

367

50. Amore dei delfini per gli esseri umani

72

218

367

51. L’immortalità dell’anima è una favola per bambini

73

220

368

52. Un buon maestro deve essere come un padre per i suoi allievi

74

222

369

53. Consigli al futuro oratore

74

224

370

54. Per concentrarsi nell’attività di studio è meglio isolarsi in un luogo appartato

75

226

371

55. È davvero più naturale uno stile improvvisato e incolto?

76

228

371

56. Importanza dello svago e del gioco nell’apprendimento

77

230

372

CELSO 41. Solo in campo chirurgico gli effetti della medicina sono evidenti

DIFFICOLTÀ

VELLEIO PATERCOLO

VALERIO MASSIMO

CURZIO RUFO

PETRONIO

PLINIO IL VECCHIO

QUINTILIANO

490


DIFFICOLTÀ

TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

57. Durante l’infanzia si possono contemporaneamente ricevere più insegnamenti

77

232

373

58. È controproducente essere troppo severi con gli allievi

78

234

374

59. Cicerone fu davvero un grande oratore

79

236

375

60. Un giudizio poco lusinghiero su Seneca

80

238

375

61. Solo un uomo onesto può essere un vero oratore

80

240

376

81

242

377

63. Amore e morte

82

246

378

64. La grande eloquenza fiorisce in tempi inquieti

82

248

378

65. Costumi delle donne germaniche

83

250

379

66. Morte di Otone

84

252

380

67. Paolina, moglie di Seneca, vorrebbe morire con lui

84

254

380

68. Un attentato fallito

85

256

381

69. Tiberio finge di non volersi assumere la responsabilità dell’impero

86

258

382

70. La felicità dei tempi nuovi non cancella i guasti del passato

87

260

383

71. Lo scalcinato esercito di Vitellio

88

262

384

72. Muciano esorta Vespasiano a proclamarsi imperatore

88

264

385

73. Impopolarità di Galba

89

266

386

74. Incondizionata ammirazione di Plinio per Tacito

90

268

387

75. Quando siamo ammalati siamo migliori

91

270

387

76. Plinio intercede presso un amico a favore di un liberto

91

272

388

92

274

389

93

278

389

79. Per un giovinetto di buona famiglia occorre un maestro irreprensibile

94

280

390

80. Dubbi di Plinio sulla colpevolezza dei Cristiani

94

282

391

81. Plinio comunica a Traiano il suo comportamento nei processi contro i Cristiani

95

284

392

82. Umana sensibilità di Plinio verso gli schiavi

96

286

393

62. Nell’eloquenza sono più importanti le doti naturali o la dottrina?

TACITO

PLINIO IL GIOVANE

77. Nelle votazioni a scrutinio segreto i burloni si divertono impunemente 78. Eufrate, un filosofo nobilissimo

491


DIFFICOLTÀ

TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

97

288

393

98

290

394

85. Intemperanze giovanili di Nerone

98

292

395

86. Tiberio infierisce contro Agrippina

99

294

396

100

296

396

101

298

397

89. Un grammatico controcorrente

102

300

398

90. Atroce dubbio di Chilone in un processo capitale a carico di un suo amico

102

302

399

91. È forse una colpa lavarsi i denti?

103

304

400

92. La questua dei seguaci di Cìbele - I

104

306

400

93. La questua dei seguaci di Cìbele - II

105

308

401

94. I ricchi romani disprezzano gli stranieri rispettabili

105

310

402

95. Giuliano è proclamato imperatore

106

312

403

107

314

403

108

316

404

83. Feroce comportamento di Domiziano contro la Vestale Massima Cornelia 84. Plinio tesse un commovente elogio della giovane moglie Calpurnia

SVETONIO

FRONTONE 87. Giudizio critico su Cicerone

MARCO AURELIO 88. Ti amo, maestro mio!

AULO GELLIO

APULEIO

AMMIANO MARCELLINO

MACROBIO 96. Origine dei Saturnali

MINUCIO FELICE 97. Il cristiano affronta il martirio non per fanatismo, ma perché Dio è con lui

492


DIFFICOLTÀ

TESTI

ANALISI

TRADUZIONI

pagina

pagina

pagina

109

318

405

110

320

406

110

322

407

101. La morte dell’amico

111

324

407

102. Solo l’impunità distingue il governante disonesto dal ladro

112

326

408

98. Sulla splendida riva del mare alcuni ragazzi giocano a rimbalzello

TERTULLIANO 99. Gli spettacoli sportivi come manifestazione di follia collettiva

LATTANZIO 100. Bisogna soccorrere in qualunque circostanza un uomo bisognoso

AGOSTINO

493


INDICE ALFABETICO DEGLI ARGOMENTI SINTATTICI indicati come oggetto di ripasso nei singoli brani Il numero in blu rimanda alla pagina della scheda sintattica (il ripasso degli argomenti non specificamente trattati dovrà essere effettuato sul testo di grammatica del ginnasio); i numeri in nero rimandano alle versioni. ABLATIVO ASSOLUTO

422

10, 12, 15, 17, 18, 28, 45, 46, 66, 68, 95

CONGIUNTIVO CONCESSIVO

4, 28, 58, 77

CONGIUNTIVO DUBITATIVO

436 465 462

9, 11, 16, 30, 54, 56, 57, 64, 101 481

31, 51, 52, 75, 83, 92, 93, 98 480

31, 32, 33, 34, 38, 62, 70, 82, 95 COMPLETIVE CON I VERBA IMPEDIENDI E RECUSANDI

448 445

450

COMPLETIVE INTODOTTE DA QUOD: vedi

dichiarative 478

24, 38, 41, 52, 53, 70, 78 ,82

456

100 CONGIUNTIVI INDIPENDENTI (in generale) 411

494

414 439 412

28, 36, 60, 89, 91 413

6, 8, 11, 33, 50, 54, 56, 61, 65, 70, 72, 78, 87, 91, 93, 97 CONGIUNTIVO SUPPOSITIVO

414

39 CONSECUTIO TEMPORUM 8, 29, 46, 87, 90

431

CONSECUTIVE

460

4, 25, 27, 29, 34, 44, 46, 54, 59, 64, 68, 78, 85, 87, 94, 102 COORDINAZIONE

47, 91 CUM NARRATIVO

17, 22, 83, 85, 96 14, 15, 30, 31, 34, 36, 45, 73, 77, 78

49, 62, 84, 99

50, 56, 60, 61, 89, 91

CONGIUNTIVO OBLIQUO

DATIVO (sintassi dei casi)

CONCORDANZE (sintassi dei casi) CONCORRENZA DEL RELATIVO

438

28, 50, 60, 61, 89

CONGIUNTIVO POTENZIALE

20, 36, 38

CONCESSIVE

CONGIUNTIVO IRREALE

447

1, 3, 4, 9, 12, 13, 20, 24, 33, 37, 46, 47, 48, 53, 67, 68, 69, 75, 81, 90, 91 COMPLETIVE INTRODOTTE DA QUIN

439

10, 11, 55

CONGIUNTIVO OTTATIVO

1, 3, 11, 34, 73, 90 COMPLETIVE INTRODOTTE DA UT, NE

CONGIUNTIVO IN LUOGO DELL’INDICATIVO

449

23, 27, 36, 76, 77, 90, 93 COMPLETIVE INTRODOTTE DA UT, UN NON

CONGIUNTIVO EVENTUALE

27, 41, 47, 63, 67, 69, 74, 77, 81, 86, 87

11, 32 COMPLETIVE CON I VERBA TIMENDI

412

80, 91

1, 87

COMPARATIVE

CONGIUNTIVO ESORTATIVO

3, 9, 10, 13, 17, 32, 37, 38, 42, 52, 53, 56, 64, 91

2, 10, 14

COMPARATIVE IPOTETICHE

413

37, 46

4, 25, 34, 43, 44, 65

CAUSALI

413

36, 38

ACCUSATIVO (sintassi dei casi)

AVVERSATIVE

439

5, 16, 32, 74, 97

ABLATIVO (sintassi dei casi)

ATTRAZIONE MODALE

CONGIUNTIVO CARATTERIZZANTE

DETERMINAZIONI DI LUOGO

24, 28, 32 DETERMINAZIONI DI TEMPO

81, 94

465


DICHIARATIVE

451

13, 52, 53, 86, 90, 94

NOMINATIVO (sintassi dei casi)

7, 15, 18, 35, 59, 82, 88, 96 ,102

DOPPIO FUTURO: vedi “legge dell’anteriorità”

OGGETTIVE: vedi infinitive

ESCLAMATIVE

ORATIO OBLIQUA O DISCORSO INDIRETTO

427

482

2, 30, 84, 97 FALSO CONDIZIONALE

410

5, 55, 59, 82, 90 FINALI

458

4, 12, 34, 35, 45, 50, 56, 64, 65, 66, 71, 94 FUTURO DEL CONGIUNTIVO

435

14, 20, 27

425

1, 9, 10, 11, 12, 25, 28, 38, 40, 42, 45, 51, 52, 56, 60, 78, 88, 92, 94 415

72, 76 INFINITIVE (oggettive e soggettive)

440

7, 55, 58, 61, 75, 81, 96 INFINITO SOSTANTIVATO

427

INTERROGATIVE INDIRETTE SEMPLICI 443

13, 16, 19, 31, 36, 39, 57 (con an), 69, 72 (con an), 79, 80 (con an), 84, 91, 95, 99, 100 443

470

14, 26, 49, 72, 80,87, 100 PROLESSI DEL RELATIVO

456

69, 75, 90, 91 RELATIVE: PROPRIE CON L’INDICATIVO 453

RELATIVE IMPROPRIE

455

2, 11, 25, 26, 33, 37, 39, 42, 49, 53, 54, 58, 59, 63, 77, 78, 79, 82, 83, 84, 86, 89, 101 SOGGETTIVE: vedi infinitive SUPINO

15, 77, 90 TEMPORALI

464

USI DI CUM

1, 30, 39, 40, 43, 57, 59, 68, 83, 86, 96, 97 444

9, 39, 82, 83, 89 478

56, 76 410

16, 18, 29, 32, 33, 94 NESSO RELATIVO

PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE

10, 16, 23, 28, 37, 40, 45, 48, 66, 68, 71, 73, 83, 98

15, 41, 62, 69, 80 ,83, 90, 100

LEGGE DELL’ANTERIORITÀ

467

2, 5, 9, 10, 14, 21, 22, 23, 24, 29, 40, 49, 50, 57, 60, 61, 62, 70, 71, 72 ,75, 88, 94, 97, 100

2, 7, 8, 11, 20, 44, 55, 77

6, 21

IPOTETICHE RESTRITTIVE

426

RELATIVE: PROPRIE CON IL CONGIUNTIVO 454

INTERROGATIVE DIRETTE DISGIUNTIVE 429

INTERROGATIVE INDIRETTE DUBITATIVE

PERIFRASTICA PASSIVA

416

2, 6, 14, 17, 19, 21 (con an), 36, 55, 57 (con an), 72 (con an), 77, 89, 99

INTERROGATIVE INDIRETTE DISGIUNTIVE

424

3, 9, 38, 99

40, 44, 59, 76, 77, 99 (rel. indefinite), 101 (rel. indefinite)

15, 18, 25, 63 INTERROGATIVE DIRETTE SEMPLICI

PERIFRASTICA ATTIVA

416

16, 39, 65, 100 INFINITO STORICO O NARRATIVO

418

6, 21, 39, 40, 56, 80, 86, 88, 92, 98, 99

PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE

19, 52, 64, 74, 100

IMPERATIVO NEGATIVO

PARTICIPIO

1, 3, 6, 9, 10, 38, 42, 52, 53, 58, 77, 79

GENITIVO (sintassi dei casi) GERUNDIO E GERUNDIVO

7, 8,13 ,18, 19, 21, 26, 27, 46, 47, 48, 67

456

USI DI DUM

6, 37, 60 USI DI QUIN

20, 36, 38, 83 USI DI QUOD

53, 74, 82, 84, 96 USI DI UT

1, 3, 5, 11, 30, 43, 57, 82, 98

7, 8, 35, 62, 63, 67, 69, 95

495


INDICE DELLE SCHEDE SINTATTICHE LE COMPLETIVE

SINTASSI DEL VERBO 11 i tempi dell’indicativo 11 e la “legge dell’anteriorità” p. 410 12 indicativo latino e condizionale italiano 11 (“falso condizionale”) 410 13 i congiuntivi indipendenti: 411 a. ESORTATIVO, 412 b. OTTATIVO, 412 c. CONCESSIVO, 413 d. POTENZIALE, 413 e. DUBITATIVO, 413 f. SUPPOSITIVO, 414 g. IRREALE, 414 14 l’imperativo negativo 15 l’infinito 16 il participio: a. CONGIUNTO, 419 b. SOSTANTIVATO, 421 c. ATTRIBUTIVO, 421 d. PREDICATIVO, 422

415 416 418

17 l’ablativo assoluto 18 la perifrastica attiva 19 gerundio e gerundivo 10 la perifrastica passiva 11 le interrogative dirette a. SEMPLICI, 427 b. DISGIUNTIVE, 429

422 424 425 426 427

a) b) c) d)

496

attratto, 439 obliquo, 439 eventuale, 439 caratterizzante, 439

20 le altre completive: a. INTRODOTTE DA UT, NE, 445 b. CON I VERBA TIMENDI, 447 c. INTRODOTTE DA UT, UT NON, 448 d. CON I VERBA IMPEDIENDI E RECUSANDI, 449 e. INTRODOTTE DA QUIN, 450 f. INTRODOTTE DA QUOD (DICHIARATIVE), 451

440 443

445

LE AGGETTIVE

21 relative: a. PROPRIE, 454 b. PROPRIE CON IL CONGIUNTIVO, 454 c. IMPROPRIE, 455

453

particolarità: “nesso relativo”, prolessi, concorrenza, attrazione, 456

LE CIRCOSTANZIALI O AVVERBIALI

SINTASSI DEL PERIODO 12 classificazione delle proposizioni 11 dipendenti 13 la consecutio temporum 14 il “futuro del congiuntivo” 15 l’attrazione modale 16 differenze fra il latino e l’italiano 11 nell’uso dell’indicativo 17 congiuntivo “vero” 11 e congiuntivo “falso”:

18 le proposizioni infinitive 11 (soggettive e oggettive) 19 le interrogative indirette: a. SEMPLICI, 443 b. DISGIUNTIVE, 443 c. DUBITATIVE, 444

430 431 435 436 437 438

22 finali 458 23 consecutive 460 24 causali 462 25 temporali 464 26 cum narrativo e cum + congiuntivo 465 27 condizionali: il periodo ipotetico: 467 a. INDIPENDENTE, 467 b1. DIPENDENTE CON APODOSI AL CONGIUNTIVO, 470 b2. DIPENDENTE CON APODOSI ALL’INFINITO, 473 28 ipotetiche restrittive 478 29 concessive 478 30 comparative: 480 a. REALI, 480 b. IPOTETICHE, 481 31 l’oratio obliqua o discorso indiretto 482



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