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SPAZIO TEORICO

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CUBO NERO

CUBO NERO

Può l’architettura essere il luogo e il mezzo per dare forma all’arte? Può uno spazio inatteso, con un atto di liberazione, raccontare e costruirsi come atto artistico?

Lo stenogramma dipinto da Meo di Guido da Siena, della prima metà del Trecento, ritrae S. Ercolano (uno dei santi protettori di Perugia), che regge tra le mani la città. In ciò si pone in evidenza un parallelismo simbolico tra la piazza, sede del potere comunale e religioso, e la civitas. Le mura e la piazza rappresentano emblematicamente la città nella sua interezza. La cinta delle mura racchiude strettamente questo microcosmo – che si presenta come un’isola, al di là del quale vi è il nulla.

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Ed è proprio il micro cosmo consolatorio del filosofo francese Michel Foucault, in grado di formulare una prospettiva radicale sullo spazio e sul tempo, come condizione storicamente emergente. Nel volume “Spazi altri, I luoghi delle eterotopie” dice – “Le descrizioni dei fenomenologi ci hanno insegnato che non viviamo in uno spazio omogeneo e vuoto, ma al contrario, in uni spazio carico di qualità, uno spazio che è anche, probabilmente, abitato da fantasmi; lo spazio della nostra percezione primaria, quella dei nostri sogni, delle nostre passioni, che posseggono in se stesse delle qualità che sono intrinseche; si tratta di uno spazio leggero, etereo, trasparente, o meglio è uno spazio oscuro, aspro, saturo […]”. 1⁰ Quindi, tra tutti questi luoghi, alcuni hanno la curiosa proprietà di essere in relazione con tutti gli altri luoghi, ma con una modalità che Foucault descrive come in grado di sospendere, neutralizzare e invertire l’insieme dei rapporti che sono ad essi stessi delineati, riflessi e rispecchiati. Questi spazi, assolutamente altri, hanno il potere di giustapporre, in un unico luogo reale, diversi spazi, diversi luoghi che sono tra loro incompatibili.

Ne è un esempio il teatro, che realizza nel riquadro della scena luoghi estranei gli uni agli altri; o il cinema quale spazio scatolare in fondo alla quale, su uno schermo a due dimensioni, si vede proiettato uno spazio a tre dimensioni. Infine, chiarisce come l’ultimo elemento che contraddistingue questi spazi altri, si riferisce al fatto che questi luoghi sviluppino con lo spazio restante, una funzione. Questa si dispiega tra due poli estremi. Esse hanno il compito di creare uno spazio illusorio che indica come ancor più illusorio ogni spazio reale: tutti quei luoghi all’interno dei quali la vita umana è relegata. L’architettura come atto di liberazione. Il “Meraviglioso Urbano” citando quel-

1⁰ M. Foucalt, Spazi altri. I luoghi delle Eterotopie, Milano, Mimesis Edizioni 2011

Meo di Guido da Siena, S. Ercolano, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria

lo che Renato Nicolini amava chiamare “L’estate Romana”, vero e proprio manifesto urbanistico, culturale e architettonico, ripetutosi per qualche anno, nella città di Roma. Il 25 Agosto 1977 si aprì la prima rassegna cinematografica romana, all’aperto, con ‘’Senso”, di Luchino Visconti. L’Estate Romana, citando Benjamin, coinvolgeva per la prima volta tutta la città. Un esperimento colto e teorico tanto affascinante quanto complesso. Si costituisce di architetture effimere, sperimentali e costruite di poco ma con una grande attenzione alla socialità. L’architettura è il manifesto della liberazione creativa (in riferimento: Festival dei Poeti di Castelporziano), di un apparato ideologico complesso che reagisce alle sovversioni politiche.

Estate Romana, Franco Purini, Teatro scientifico 1977

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