Approccio Parametrico alla Progettazione Architettonica

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universitĂ degli studi di udine

Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura

Tesi di Laurea Approccio parametrico alla progettazione architettonica

caso studio un edificio multifunzione a berlino

Relatore: Diego Ersetig

Laureando: Enrico Pontello

Correlatore: Daniele Poles

Anno Accademico 2014-2015



universitĂ degli studi di udine

Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura

Tesi di Laurea Approccio parametrico alla progettazione architettonica

caso studio un edificio multifunzione a berlino

Relatore: Diego Ersetig

Laureando: Enrico Pontello

Correlatore: Daniele Poles

Anno Accademico 2014-2015



“You'd be surprised how much architecture looks to philosophy.” - Greg Lynn


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Introduzione Capitolo primo: I Maestri dell’approccio parametrico 1.1 Antoni GaudÏ 1.2 Pier Luigi Nervi 1.3 Richard Buckminster Fuller 1.4 Sergio Musmeci 1.5 Frei Otto

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Capitolo secondo: Il Parametricismo 2.1 Il manifesto parametricista 2.2 La rappresentazione parametrica della cittĂ 2.3 La modellazione variazionale

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Capitolo terzo: La progettazione parametrica 3.1 Linee guida al processo algoritmico 3.2 Gli architetti dovrebbero imparare a programmare? Capitolo quarto: Architetture realizzate 4.1 Visione panoramica degli esempi considerati 4.1.1 Walt Disney Concert Hall 4.1.2 BMW Welt 4.1.3 Centro Pompidou 4.1.4 Stadio Olimpico di Pechino 4.1.5 The Yas Hotel 4.1.6 Torre O-14 4.1.7 Museo Soumaya 4.1.8 Galaxy Soho

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4.1.9 Absolute Towers 4.1.10 Padiglione Cina Capitolo quinto: Gli infiniti campi di applicazione 5.1 “Nervous System” tra gioielleria e moda 5.2 Design e arte parametrica 5.2.1 Ilabo Shoe 5.2.2 Installazione Slipstream 5.2.3 Padiglione Blobwall 5.2.4 Citco Limited Edition Capitolo sesto: Alcuni Software parametrici 6.1 Grasshopper 6.1.1 L’interfaccia 6.1.2 Oggetti Grasshopper 6.1.3 Parti di un componente 6.2 Dynamo 6.3 Para 3D 6.4 Xpresso 6.6 Catia 8

Capitolo settimo: Caso studio - Edificio multifunzionale a Berlino 7.1 Inquadramento di progetto 7.2 Maglia strutturale 7.3 Solai interpiano 7.4 Facciate 7.4.1 Facciata esterna 7.4.2 Facciata interna 7.5 Volta vetrata

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Conclusioni

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Bibliografia

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Sitografia

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Iconografia

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Introduzione

L’approfondimento in esame, ha coronato l’interesse alla progettazione architettonica atraverso un nuovo approccio parametrico. Il termine “progettazione parametrica”, infatti, sta ad indicare una progettazione basata sull’adozione di “parametri”. Secondo i dizionari ufficiali, la parola “parametro” si riferisce ad un dato che modifica una situazione, ma poiché tutti i progetti di edifici sono influenzati da condizioni esterne, questa definizione non riesce a dare una risposta esaustiva all’importanza dei “parametri” all’interno della progettazione architettonica. In riferimento al Parametricismo, inteso come movimento architettonico postulato da Patrik Schumacker, è stato immediato volerlo introdurre al tema in esame, ma descritto solo marginalmente e trattato dal punto di vista esclusivamente teorico e filosofico. Nonostante questo l’approccio parametrico sia strettamente correlato all’utilizzo ed alle competenze di software per la programmazione e la modellazione, queste non devono implicare necessariamente uno specifico rispetto ad un altro. L’obiettivo infatti è discutere tramite un persorso teorico di sintesi, l’evoluzione metodologica e progettuale nell’era digitale, un approccio alla modellazione parametrica basata sulla logica algoritmica: l’algoritmo come procedimento unificatore tra le finalità pratiche e di ricerca nella progettazione, in cui modellare o disegnare con la matita, significa generare possibili soluzioni oltre che a comunicarle. Mediante l’aiuto di schede tecniche illustrate su casi concreti di edifici realizzati, risulta di più immediata comprensione anche l’effettiva applicazione della progettazione parametrica nel mondo dell’edilizia e dell’ingenierizzazione delle opere architettoniche. Per una più completa e meticolosa indagine, sono stati illustrati numerosi altri campi di applicazione per l’approccio parametrico, non solo in termini architettonici, ma anche nella gioielleria, nella moda e nell’arte. Lo strumento, tra i tanti analizzati per la progettazione algoritmica, che consente di mettere in pratica questo approccio, è il plug-in Grasshopper®, un editor visuale per lo scripting applicato al software di modellazione Rhinoceros®. Rhinoceros® e Grasshopper® sono marchi registrati di Robert McNeel & Associates. Il caso studio preso in considerazione, ha permesso la sperimentazione in prima persona di questa filosofia, al fine di ripercorrere le linee guida dell’approccio parametrico studiato, argomentato ed applicato per lo sviluppo di un edificio multifunzionale a Berlino.

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Capitolo primo

i maestri dell’approccio parametrico

1.1 Antoni Gaudì Antoni Gaudì è stato un architetto spagnolo e massimo esponente del modernismo catalano, pur essendo la personalità meno organica a tale movimento artistico di cui comunque condivideva i presupposti ideologici e tematici, completandoli però con una ispirazione personale basata principalmente su forme naturali, che giunse a degli esiti anticipatori dell’espressionismo e di altre avanguardie, compreso il surrealismo. Egli è stato definito da Le Corbusier come il “plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro”. Sette delle sue opere, situate a Barcellona, sono state inserite nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1984. Oltre ai lavori svolti per Güell, Gaudí ricevette un’elevata quantità di commissioni e iniziò un’innumerevole quantità di progetti. Molti di essi, fortunatamente, si convertirono in realtà, altri restarono solo sulla carta. Durante la fase della maturità, i capolavori si succedettero uno dopo l’altro: la Torre Bellesguard, il parc Güell, il restauro della cattedrale di Maiorca, la chiesa di Colonia Güell, la Casa Batlló, la Pedrera e, infine, la Sagrada Familia. Curiosamente, lo splendore dell’architettura gaudiana coincise con una decisione personale dell’architetto: il progressivo ritiro dalle apparizioni pubbliche. Gaudí che in gioventù aveva frequentato teatri, concerti e dibattiti, passò dall’essere un giovane dandy dai gusti culinari raffinati, a trascurare il proprio aspetto personale, mangiare frugalmente e rifuggire la vita sociale per dedicarsi con fervore crescente a un sentimento mistico e religioso.

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Fig. 2: Parco G眉ell vista sul giardino panoramico. Fig. 3: Casa Batll贸, esterno della facciata. Fig. 4: Casa Batll贸, interno della sala da pranzo.

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1.2 Pier Luigi Nervi Pier Luigi Nervi è uno dei maggiori artefici di architetture strutturali nel panorama internazionale del Novecento. A lui si devono alcune delle più belle opere dell’architettura contemporanea, frutto di un’eccezionale coniugazione fra arte e scienza del costruire. Insieme con altri ingegneri particolarmente sensibili alla sintesi fra invenzione statica e spaziale, Nervi contribuisce alla rottura dei paradigmi formali del razionalismo.

Le sue costruzioni, basate su ardite soluzioni tecnico-strutturali, raggiungono risultati di straordinaria eleganza e divengono icone di un nuovo modo di fare architettura, ammirate a livello mondiale. Attraverso le sue realizzazioni, sparse fra Italia, Europa, America ed Australia, l’architettura italiana vive in quegli anni una stagione di gloria. Tra Ottocento e Novecento alla tecnologia dell’acciaio inizia ad affiancarsi alla nuova tecnica del calcestruzzo armato, che rinnoverà il modo di costruire e l’idea stessa di progetto negli anni a venire. Nervi inizia a svolgere la propria carriera professionale sullo sfondo delle ricerche e dei progetti di François Hennebique o Robert Maillart, nelle cui opere innovazione tecnologica e ricerca formale avanzano di pari passo. Per tutto l’arco della sua vita Nervi manterrà un doppio ruolo di progettista e costruttore, che ne farà una figura atipica nel panorama dell’ingegneria e dell’architettura del secondo Novecento. Fig. 2: Progetto di Aviorimessa, Orvieto

Fig. 3: Palazzetto dello Sport, Roma

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Nel Salone per Torino Esposizioni (1949) i conci prefabbricati della volta a botte sono realizzati da Nervi utilizzando la nuova tecnologia del ferro-cemento, altra innovazione che, negli anni successivi, sarà utilizzata con risultati di grande qualità nei gusci delle volte e delle cupole di alcune delle sue opere più celebri. Il complesso si compone da quattro edifici disposti attorno ad un giardino rettangolare. Sul lato nord è presente l’ingresso principale con un ampio porticato a tutta altezza, mentre accanto trova posto un volume circolare che ospita un ristorante. Le prime modifiche del dopoguerra interessano il padiglione centrale e contemplano l’allungamento del padiglione rettangolare centrale con una copertura autoportante di voltini prefabbricati progettata da Pier Luigi Nervi. Sempre a Nervi si deve l’aggiunta di un nuovo, grande padiglione che si sviluppa sul lato destro di via Petrarca, caratterizzato da una volta a vela nervata, poggiante su quattro arconi. A livello sotterraneo invece si trova il vasto salone a volta tesa ad opera di Riccardo Morandi.

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Fig. 4: Salone per Esposizioni, Torino.


1.3 Richard Buckminster Fuller Fuller nacque il 12 luglio 1895 a Milton, Massachusetts. Era solito realizzare oggetti in legno, e in gioventù sperimentò idee per costruire delle piccole barche a propulsione umana. Questi studi gli diedero una buona base di conoscenza dell’uso dei materiali, e delle tecnologie necessarie a lavorarli e maturò in lui il desiderio di approfondire tali competenze.

Fuller in seguito guadagnò una qualificazione da operatore di macchine, ed imparò a lavorare su numerose macchine utensili per la lavorazione delle lamiere. Fuller frequentò la Milton Academy in Massachusetts, ed in seguito frequentò l’Università Harvard, ma ne fu espulso due volte: la prima per aver dato spettacolo davanti ad un intero corpo di ballo, la seconda per la sua “irresponsabile mancanza di interesse”. Come dato a margine ricusò, e non si adattò mai all’ambiente delle cosiddette “fratellanze universitarie”, tipiche di alcune università americane. Fuller accettò un incarico in un piccolo college in North Carolina. Lì sviluppò il concetto di cupola geodetica. Progettò il primo edificio a cupola, estremamente leggero, ma “in grado di sostenere il proprio peso”, senza apparenti utilizzi pratici. Il Governo capì l’importanza del progetto ed assunse Fuller per costruire cupole per le installazioni dell’esercito. Fuller diventò così famoso principalmente per le sue cupole geodetiche, che sono parte anche delle moderne stazioni radar, di edifici civili e tensostrutture. La loro costruzione si basa sull’estensione di alcuni principi base dei solidi semplici, come il tetraedro, l’ottaedro e solidi con numero di facce maggiore che possono considerarsi approssimazione della sfera. Le strutture così concepite sono estremamente leggere e stabili. La cupola geodetica è stata brevettata nel 1954, ed è stata una parte fondamentale del processo creativo di Fuller teso all’esplorazione della natura per inventare nuove soluzioni di design.

Fig. 1: Cupola geodetica

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Sebbene un buon numero di progetti di Fuller non raggiunsero mai il successo industriale e di pubblico, altri hanno avuto fama e riscontrato un interesse mondiale. Molte cupole geodetiche sono state costruite e sono ancora in uso: secondo il Buckminster Fuller Institute oggi ne esistono di diametro superiore ai 200 metri. Le principali si trovano in Giappone e Stati Uniti. In Italia, e precisamente all'ingresso sud di Spoleto, sorge una cupola geodetica opera di Fuller, donata alla città nel 1967 e chiamata Spoletosfera. Il 21 dicembre del 2008, grazie a un'idea dell'architetto spoletino Giorgio Flamini e all'intervento dei fratelli Zefferino e Maria Flora Monini, la cupola è stata dotata di un sistema di illuminazione formato da circa 105.000 luci a LED bianche che la rendono "viva" anche nelle ore di buio facendo diventare l'opera di Fuller uno dei simboli della città. Le strutture geodetiche non ebbero il successo previsto da Fuller nel mercato delle abitazioni, soprattutto a causa della difficoltà nell'adattarvi strutture pensate per case tradizionali, e soprattutto per la non convenzionalità della forma. Il grande merito di Fuller fu quello di spingere un'intera generazione di studenti e professionisti a pensare "fuori dagli schemi" e a mettere in dubbio le concezioni finora date per scontate. 18

Fig.05: La Spoletosfera 1.4 Sergio Musmeci Progettista, ha vinto nel 1970 uno dei sei primi premi ex aequo al concorso internazionale indetto dall’ANAS per il ponte sullo stretto di Messina e realizzato, ad inizio degli anni settanta del XX secolo, il Ponte sul Basento, a Potenza, in cui ha concretizzato le sue teorie sul minimo strutturale. Parallelamente all’attività professionale, Musmeci aveva continuato a collaborare con la facoltà di architettura di Roma: assistente ordinario ai corsi di Statica e di meccanica


razionale del professor Giuseppe Tedone dal 1956, nel 1968 ottenne l’incarico per l’insegnamento di Meccanica razionale e dal 1971 fu titolare del corso di Ponti e grandi strutture. In ambito accademico fu legato da profonda stima e amicizia a Bruno Zevi, che lo accolse nel suo Istituto di critica operativa dell’architettura all’Università di Roma (fondato nel 1970) e con il quale condivise l’esperienza dell’In/Arch (Istituto nazionale di architettura). Musmeci è conosciuto, a livello internazionale, in particolare per due opere che si possono definire fuori dall’ordinario: il progetto per il ponte sullo stretto di Messina (1969-70) e il ponte sul fiume Basento (1967-69). Quest’ultimo è costituito da un’unica volta di 30 centimetri di spessore e quattro campate di circa settanta metri di luce ciascuna, che scavalca il fiume Basento, due strade e lo scalo ferroviario di Potenza. L’impalcato è una linea diritta e sottile, appena inclinata verso la città che si adagia quasi sul paesaggio, sorretto da una articolata forma tridimensionale, un guscio sottile che mentre lo sorregge ruota e si appoggia al suolo, aprendosi quasi come le dita di una mano. Una membrana in cemento armato dello spessore di 30 cm, a formare quattro archi contigui, ad interasse di m. 69,20 e luce libera fra gli appoggi di m. 58,80. L’impalcato è composto da una sequenza di travi Gerber, continue su quattro appoggi. con giunti ed elementi appoggiati di 10,38 m di lunghezza e mensole di 3,46 m. Tra due impalcati contigui è interposta una struttura costituita da travi semplicemente appoggiate, aventi la funzione portante e di giunto per le deformazioni termiche. La sezione trasversale è a cassone con la soletta superiore di 16 cm. e quella inferiore di 14 cm. e con una altezza massima di 1,30 metri. L’impalcato, largo 16 metri, è sostenuto in punti arretrati di 2 metri rispetto al bordo, dagli archi rigirati verso l’alto del guscio ogni 17,30 metri. Le verifiche di stabilità sono state eseguite rifacendosi sia agli schemi tradizionali dei sistemi monodimensionali piani, sia ad uno schema spaziale costituito da una lastra sottile a doppia curvatura, caratterizzato dalla proprietà di avere una distribuzione di sforzi isotropa ed uniforme.

Fig. 2: Ponte sul Basento

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1.4 Frei Otto Otto studiò e si laureò in architettura nel 1948 all’università Berlino. Durante la guerra, per mancanza di materiali da costruzione e per la penuria degli alloggi, ha cominciato a sperimentare grandi tende per il riparo. Dopo la guerra studiò brevemente negli Stati Uniti, dove conobbe le opere di grandi architetti. Da subito cominciò ad esercitare la professione di architetto in Germania nel 1952 aprendo lo studio a Berlino.

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La carriera di Otto ricorda per certi versi gli esperimenti architettonici più completi di Buckminster Fuller: entrambi erano insegnanti all'Università di Washington a St. Louis verso la fine degli anni cinquanta; entrambi erano architetti importanti all'Expo di Montréal del 1967 ed entrambi erano interessati alle strutture reticolari nello spazio. Infine, tutt'e due sperimentarono tali strutture nelle costruzioni gonfiabili. Il loro lavoro va di molto oltre i metodi tradizionali di calcolo delle tensioni strutturali. Otto è stato un architetto pioniere sotto molto punti di vista: da quello più puramente tecnico che ha finito per legare il suo nome indissolubilmente all’”invenzione” e all’impiego delle tensostrutture, membrane tese con una leggera struttura reticolare, all’approccio progettuale sempre attento all’ambiente, che ne ha fatto un anticipatore dell’attuale edilizia sostenibile e lo ha visto collaborare con diverse figure professionali (biologi, naturalisti, artisti, storici, filosofi, ingegneri). Infatti credeva in un utilizzo responsabile dei materiali e nella necessità di un impatto minimo dell’architettura sull’ambiente.

Fig. 2: Padiglione della musica, Kassel


L’osservazione della natura e dei suoi meccanismi era fondamentale negli studi di Otto, per cui si può definire un anticipatore dell’architettura biomimetica, visto che molte sue strutture traggono il loro funzionamento dall’imitazione di fenomeni naturali.La sua architettura si distingueva quindi dal contesto culturale in cui era cresciuto, quello della Germania nazionalsocialista, caratterizzato dall’utilizzo di forme massicce e compatte. Le sue realizzazioni erano invece leggere e aperte alla luce naturale. Ma soprattutto Frei Otto era un utopista, convinto che l’architettura fosse in grado di realizzare per tutti un mondo migliore. Tra le sue opere più rappresentative emergono senza dubbio quelle caratterizzate dall’uso delle tensostrutture, prime fra tutte le coperture delle strutture olimpiche di Monaco, del 1972, la voliera dello zoo di Monaco e la Diplomatic Club Heart Tent a Riyadh, in Arabia Saudita, entrambe del 1980, o il padiglione giapponese all’Expo 2000 di Hannover, progettato in collaborazione con l’architetto giapponese Shigeru Ban, vincitore del Pritzker lo scorso anno. Ma già in precedenza aveva realizzato opere importanti come alcune strutture per le German Federal Exhibitions del 1950 e il Padiglione tedesco all’esposizione universale del 1967 di Montreal.

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Fig. 3: Padiglione per l’Expo di Montréal del 1967


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Capitolo secondo

Il Parametricismo

2.1 Il manifesto parametricista “Le città sono un condotto cruciale dei nostri consumi globali di energia, acqua e aria. Gli edifici consumano e inquinano durante il loro ciclo vitale così come durante la loro costruzione. La sostenibilità ecologica della nostra civiltà dipende dalla nostra abilità nel trovare metodi più intelligenti e più veloci per imbrigliare e utilizzare le limitate risorse dell’ambiente naturale. Questa necessità impone nuove restrizioni alla progettazione dell’ambiente edificato e il ricorso non solo a nuove tecnologie e a soluzioni ingegneristiche innovative, ma anche a un nuovo ordine architettonico e a una nuova espressione stilistica del contesto urbano. Tuttavia l’imperativo del risparmio energetic non deve implicare “l’abbassamento delle saracinesche”. L’obbiettivo è quello di creare città che si adattino in modo sostenibile all’ambiente naturale senza arrestare quella ambizione verso il progresso e lo sviluppo della nostra civiltà. Le città devono continuare a offrire condizioni di vita favorevoli alla creazione innovativa. Prima di affrontare la questione di come migliorare le nostre città dal punto di vista dell’ingegneria ambientale, dobbiamo trovare una risposta all’interrogativo su quali siano le morfologie architettoniche e i modelli urbanistici più adatti a vitalizzare e a rinnovare la vita produttiva e i processi della comunicazione, da cui dipende lo svolgersi di ogni attività. Tale risposta riconosce nelle competenze fondative dell’architettura e nella sua funzione sociale le condizioni imprescindibili per riuscire a ordinare e incorniciare la comunicazione sociale attraverso la progettazione innovativa e adattativa dell’ambiente costruito. Tutte le forme di comunicazione sociale richiedono istituzioni. Tutte le istituzioni richiedono cornici architettoniche1.

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La risposta pertinente si è delineata ed espressa sotto la forma della teoria della complessità, con l’analisi e la simulazione di sistemi di autoregolazione, partendo dai semplici meccanismi di reazione omeostatica, passando per gli organismi, fino agli ecosistemi in evoluzione. Le medesime risorse astratte e le tecniche computazionali che consentono ai meteorologi di ricostruire le previsioni atmosferiche globali e agli scienziati di studiare i mutamenti del clima sono accessibili anche agli urbanisti e agli architetti per affrontare le sfide della riorganizzazione socioeconomica postfordista. L’obbiettivo è quello di progettare la crescita e la trasformazione delle città come un processo sistematico morfogenetico che in gran parte si autoregola. L’emergente morfogenesi della città è “progettata” attraverso procedimenti di calcolo computazionali (algoritmi genetici) che implicano sia processi generativi, sia congeniti criteri selettivi, la network society segnerà una crescita esponenziale e un sempre maggiore sfruttamento di ogni mezzo di comunicazione. Quando cresce l’uso di Internet e degli apparecchi portatili, cresce anche la domanda di luoghi per la comunicazione faccia a faccia, mediata dagli spazi urbani e architettonici. Ecco perché la ricerca di una soluzione non deve sottindere la fine della “porosità” e del “flusso” urbani. Il postfordismo esige modelli di organizzazione spaziale profondamente integrati, più variegati e più complessi, che siano intrinsecamente multivalenti e adattabili. Guardando indietro, il postmodernismo degli anni Ottanta e il decostruttivismo degli anni Novanta possono essere considerate i primi tentativi compiuti dall’architettura in questa direzione. Ora, seppur se ne conservano ed elaborano le intuizioni parziali e le loro scoperte, sono stati superati da un paradigma nuovo e incisivo e da uno stile che promette di indirizzare una nuova lunga onda di ricerca e innovazione progettuale: il parametricismo2. Il parametricismo sta per diventare il primo nuovo stile globale che potrà e dovrà sostituire il modernismo come vero stile di un’epoca. Per fare questo dovrà opporre alle vestigial della monotonia del modernismo e alla cacofonia del caos urbano esplosa alla vigilia della sua fine un ordine complesso e variegato che si ispiri ai processi autorganizzati della natura. La premessa del parametricismo consiste nella parametrica malleabilità di tutti gli elementi architettonici e urbani. Invece di mettere insieme rigide ed ermetiche figure geometriche, come tutti i precedenti stili architettonici, il parametricismo avvicina componenti malleabili in un gioco dinamico di mutue rispondenze e di adattabilità al contesto. I processi chiave della progettazione sono costituiti dalla variazione e dalla correlazione. Nel calcolo, ogni caratteristica – la posizione, la geometria, il materiale – di un singolo elemento architettonico può essere associata o essere in relazione di causa-effetto con qualsiasi altra caratteristica di qualsiasi altro elemento del progetto. Il progettista inventa e formula correlazioni di regole simili a quelle della natura. Così ogni oggetto è creato per connettersi potenzialmente a una rete di oggetti e per riverberarsi in ognuno di essi. Il risultato dovrebbe consistere in una intensificazione delle diverse relazioni tra le cose tale da conferire al campo urbano densità performante, ricchezza informativa e coerenza cognitiva che migliorino la leggibilità, facilitino la navigazione e l’effettivo e veloce coinvolgimento in un’arena sociale complessa, dove l’abilità di ciascuno di eseguire una scansione della sempre crescente simultaneità degli eventi e di muoversi attraverso una rapida successione di incontri comunicativi costituirà la forma essenziale del moderno avanzamento culturale.


Le stesse concezioni progettuali, le tecniche e gli strumenti del parametricismo che permettono agli architetto contemporanei di scalare la complessità comunicativa dell’ambiente edificato sono ugualmente funzionali al raggiungimento dell’ottimizzazione delle forme architettoniche nel rispetto dei criteri ecologici di esecuzione. Le variabili morfologiche esterne possono essere programmate per rispondere ai parametri ambientali interni. Per esempio, un dataset costituito da una mappa dell’intensità delle radiazioni solari cui è esposta la facciata di un edificio in un periodo di tempo definito può diventare il mezzo di immissione dati per la modulazione adattativa di un sistema di schermi. Il sistema di schermi avvolge la facciata e la spazialità, la forma e l’orientamento dei singoli elementi si trasformano gradualmente per adattarsi alla specifiche condizioni di esposizione al sole del punto della facciata in cui sono rispettivamente collocati. La facciata ha un pattern che determina un’inclinazione e che cambia continuamente ottimizzando la protezione dai raggi del sole in relazione alla immissione di luce per ogni punto della facciata. Questa modulazione adattativa dà all’edificio un’estetica organica che rende leggibile la sua collocazione nell’ambiente e facilita la comprensione e la navigazione del contesto urbano. L’articolazione differenziata della facciata contiene e trasmette informazioni sulla sua posizione invece di rimanere indifferente e cieca. Lo stesso principio della variazione adattativa e della correlazione è stato applicato ai parametri dello svolgersi della vita cittadina. La genericità disorientante, la neutralità e la monotonia del modernismo cedono il passo alla eloquenza ecologicamente adattativa del parametricismo.” 25

1

Per una esposizione completa del significato e del valore del parametricismo, si veda:

Patrik Schumacher, Parametricism: A new global style for architecture and urban design, in Neil Leach (ed), AD Digital Cities, Architectural Design, Vol 79, No 4, July/August 2009. 2

Una elaborazione teorica della definizione di funzione sociale dell’architettura si trova nel saggio di Patrik

Schumacher “The Autopoiesis of Architecture” - John Wiley & Sons Ltd, 2010.

Fig. 1: Icona del Parametricismo come movimento architettonico


2.2 La rappresentazione parametrica della città La rappresentazione della città, secondo i dettami della manualistica e della letteratura classiche, si sviluppa attraverso lo studio della morfologia e del linguaggio espressivo della trama urbana, in stretta relazione con i monumenti e gli edifici significativi. Nell’era digitale contemporanea, la città può essere intesa come connessione di elementi concorrenti nella generazione dello spazio costruito, secondo logiche aggregative individuabili da parametri. L’attuale pianificazione del territorio può avvalersi di tali criteri, simulando realtà in divenire per seguire frontiere di sviluppo prevedibili od auspicabili, formalizzando modelli prodotti attraverso programmi di calcolo che coadiuvano le scelte progettuali di trasformazione e gestione della città. Le possibilità fornite dalle tecnologie parametriche consentono di associare informazione ai modelli digitali che possono così assumere la valenza di contenitori informativi consultabili in tempo reale.

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C’era una volta l’architettura della città e la cultura del progetto urbano. C’era una volta la disciplina urbanistica costruita attraverso il lavoro di autorevoli studiosi in grado di delineare un maniera di pensare l’urbanistica (Le Corbusier) e una coscienza analitica e progettuale dei fatti urbani (A. Rossi), di approfondire le modalità con cui rappresentare (A. Cavallari Murat), interpretare e leggere i segni e il linguaggio dell’ambiente costruito (G. Cullen), assegnando valori e significati, disponendo elementi e oggetti all’interno della trama spaziale urbana secondo una lettura antropologica (C. Sitte), definendo gerarchie e interrelazioni leggibili attraverso l’esperienza sensoriale umana (K. Lynch), di costruire strutture spaziali aggregate secondo pattern e di prevederne la futura evoluzione (C. Alexander), di avviare uno strumento di partecipazione democratica alle scelte sul destino della città, alla ricerca di un benessere collettivo in grado di equilibrare la sfera pubblica e privata (G. Astengo), di assegnare alla città un ruolo di sviluppo sociale e umano, come pura e autentica rappresentazione di una comunità e di una civiltà (M. Romano). Il Novecento è denso di teorie, metodologie di analisi e progetti in grado di allargare gli orizzonti culturali della disciplina, di investigare il territorio e lo spazio costruito, di proporre soluzioni mirate ad uno sviluppo urbano sostenibile (quando ancora il concetto di sostenibilità non era stato formulato) e al raggiungimento della qualità sociale dell’ambiente urbano: dall’innovativo piano di Amsterdam (1934) all’esperienza italiana dei piani INA Casa (19491963), dal Greater London Plan (1942-1944) agli interventi razionalisti nelle città di fondazione e nelle trasformazioni urbane realizzate in Italia durante il periodo fascista. Con modi e tempi differenti, a partire dall’inizio del secolo scorso nella Germania federale, in Spagna e Portogallo vengono avviati dalle istituzioni pubbliche studi e nuove leggi urbanistiche. Il processo di pianificazione si estende alla scala mondiale e si arricchisce dei piani per le aree metropolitane di Filadelfia, Tokyo, Lima, San Paolo, Buenos Aires, Sydney, etc. Ma il processo virtuoso intorno agli anni Cinquanta assume una deriva di inadeguatezza, nel momento in cui la pianificazione urbanistica non viene affiancata da una efficace programmazione economica e amministrativa.


Fig. 2: Piano di Amsterdam, 1934. In Italia Il boom capitalistico degli anni Sessanta offre la possibilità di attuare progetti e interventi, che, seppur privi di un’organicità concettuale in termini morfologici e, troppo spesso, di qualunque rapporto, di collegamento o di servizio, alla città esistente, risultano in grado di produrre grossi agglomerati di espansione urbana, le periferie moderne, sulla base delle previsioni di crescita del Prg. Negli anni Ottanta la necessità di riutilizzare vaste aree deindustrializzate, poste in posizione strategica rispetto alle zone centrali, quindi con un potenziale di mercato assai elevato, fa sì che grandi gruppi industriali si costituiscano come partner delle amministrazioni comunali per la trasformazione delle città mediante la valorizzazione delle loro proprietà immobiliari: dal Lingotto di Torino, alla Bicocca di Milano fino alla Fiat- Fondiaria di Firenze Novoli. Tuttavia pochissimi dei progetti prospettati vengono realizzati per intero e in tempi rapidi, fallendo miseramente l’occasione e generando spreco e ulteriore degrado.

Fig. 3 a sinistra: Piano INA casa, quartiere coordinato C.E.P. Barca, Bologna, 1957- 1962. Fig. 4 a destra: Piano per la Grande Londra (1942-1944)

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Negli anni Novanta si avviano i programmi complessi per gli interventi di riqualificazione e recupero urbano: a partire da una riflessione sugli errori del passato - l’espansione incontrollata e il deterioramento del patrimonio edilizio e monumentale dei centri storici - vengono attuate procedure di concertazione tra pubblico e privato, mentre è in corso la bufera politica di Tangentopoli nel settore dell’urbanistica e delle concessioni edilizie. Il passaggio d’epoca all’era post-moderna, legata all’inizio di un nuovo Millennio, sembra aver creato un generale disorientamento: la cultura urbanistica attuale appare incapace di utilizzare gli strumenti già noti, messi a disposizione dalla disciplina e di avviare una riflessione critica nell’ambito del disegno e del progetto urbano, appare sempre più in difficoltà a concretizzare una visione della città futura. E’ evidente l’oggettiva complessità nel definire l’oggetto “città”, espressione di estrema frammentazione e disomogeneità, dal punto di vista sociale, economico e politico, su cui è quasi impossibile applicare gli insegnamenti del passato perché basati su un assetto generale che non è più assimilabile al modello della modernità. La letteratura indugia sugli aspetti della crisi dell’urbanistica, intesa come disciplina, gli interventi di trasformazioni del territorio e di progettazione di nuovi assetti urbani sono sempre più slegati dal contesto in cui si collocano, senza quasi dialogare con la struttura urbana consolidata, come elementi giustapposti a risolvere questioni di localizzazione di residenze, infrastrutture e servizi piuttosto che orientati a completare omogeneamente il plot narrativo della forma urbana. Proliferano i grossi complessi commerciali in aree periferiche decentrate e le urbanizzazioni incontrollate nei comparti di espansione della città, che danno vita a sobborghi morfologicamente e architettonicamente omogenei, per lo più a carattere residenziale, quindi privi dei servizi primari, e abitati dal medesimo gruppo sociale o etnico. Alla crisi d’identità dell’urbanistica contemporanea si affianca un generale rinnovamento negli strumenti e nei mezzi per lo studio e la conoscenza della città. L’avvento dell’era digitale ha modificato la modalità di approccio alla sperimentazione dei luoghi, nella dimensione globale persone e informazioni sono in continua espansione attraverso lo spazio geografico, cosicchè ognuno abita più di un luogo contemporaneamente e ottiene dati e rappresentazioni dei luoghi che non conosce non più solamente attraverso la propria esperienza fisica, ma soprattutto attraverso quella virtuale. Non solo, la fortissima accelerazione tecnologica degli ultimi anni ha rivoluzionato l’uso di mezzi già noti, comunemente utilizzati per la rappresentazione della città, in maniera innovativa: dalle vecchie macchine fotografiche ad ottica panoramica alle fotocamere digitali in grado di rappresentare tridimensionalmente panorami immersivi, dalla modellazione digitale a filo di ferro ai prototipi virtuali in grado di simulare morfologie complesse seguendo parametri modificabili in tempo reale, disponibili in larga misura e in varie forme per principianti o per utenti esperti. Per l’urbanista contemporaneo è oggi disponibile uno strumento capace di costruire scenari di città futuribili o possibili: si tratta di software parametrici (ad esempio City Engine™, sviluppato presso l’ETH di Zurigo, prima release lanciata nel 2008) che, sulla base di dati tecnico-urbanistici assegnati, partendo eventualmente da modelli strutturali predefiniti, sono in grado di elaborare progetti e visioni di nuovi assetti territoriali. Questi strumenti sono ovviamente valide risorse a cui è possibile attingere come supporto ad un processo di simulazione delle scelte progettuali, ma sarebbe molto incauto pensare che possano porsi come soluzioni alternative ad una consapevole e


approfondita progettazione urbanistica. L’illusione di aver scoperto un congegno in grado di ragionare autonomamente, una volta inseriti i dati di input, potrebbe generare spiacevoli sorprese. Non va dimenticato che il progettista, architettonico o urbanistico che sia, è portatore di un sapere non sostituibile da un calcolatore o da un software, perché capace di raccogliere, leggere e interpretare i segni della cultura e della storia e di rifletterli all’interno di un universo costruito al cui centro c’è sempre l’Uomo.

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Fig. 5: Lingotto di Torino, primo progetto del 1915

Fig. 6: Bicocca di Milano, 1985


2.3 La modellazione variazionale

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La modellazione parametrica è uno strumento potente basato sulla formalizzazione di vincoli e caratteri in grado di mettere a sistema variabili di forma e di relazione. I programmi che possono gestire questa modalità di rappresentazione, verticali per l’ambiente costruito, sono stati sviluppati a livello commerciale per offrire strumenti di pianificazione ai progettisti, ora capaci mediante essi di immaginare e visualizzare alternative di aggregazione e sviluppo secondo le logiche più disparate. La libertà fornita di affrancarsi dal controllo d’insieme dei tanti vincoli tra loro correlati e dei quali il moderno urbanista deve tenere in conto, appare come il più immediato vantaggio che questi strumenti possono apportare. Pertanto, rendendo più agile il sistema, nasce la volontà di una sperimentazione più libera, dove cioè il pianificatore può avventurarsi nello studio di logiche aggregative complesse, ispirate alle dinamiche di crescita e sviluppo dettate finanche dalla mimesi naturale. In tale ottica il concetto di parametrizzazione, ormai ben consolidato nella modellazione digitale, dovrebbe forse essere sostituito da quello di variazionalità, intesa come un metodo di rappresentazione bidirezionale dove non si perviene solamente ad un modello influenzato da parametri bensì la topologia del modello stesso in divenire può modificare i vincoli imposti in precedenza, raggiungendo una maturità strumentale senza dubbio maggiore per le finalità analitiche e di progetto. Dal punto di vista funzionale, un modellatore variazionale così immaginato dovrebbe risolvere simultaneamente più equazioni non lineari per rispettare la biunivocità dell’impianto di variabili del problema in esame, ma ciò non appare essere un problema, considerata la potenza di calcolo alla portata dei moderni elaboratori. Muovendosi tra algoritmi in grado di gestire più parametri, il designer urbano può così concentrarsi sulla scala di layout sulla base del proprio senso critico e della propria esperienza: sarà il software in un secondo momento, od in parallelo, a restituire automaticamente valori di aree, densità abitative, metrature per gli spazi di parcheggio, criticità diffuse e così via. La scienza, scrive Jane Jacobs, è passata dal sistema a “due variabili” newtoniano all’estremo dell’analisi statistica dove miriadi di parametri interagiscono (Jacobs, 1961). Questo il vero valore dello strumento digitale moderno: presentare in tempo reale dati di feedback maturati da scenari complessi e necessari ad ottenere una maggiore qualità progettuale. Il processo diviene in tal modo generativo, coinvolgendo sequenzialmente le variabili in gioco e le loro implicazioni nei confronti della completezza dello scenario urbano (Alexander, 1987). Il meccanismo si configura come strumento di concertazione tra saperi, dal momento che le diverse conoscenze degli attori partecipanti al progetto possono convergere attraverso il calcolatore in un modello unitario, olistico per definizione, aggregante e sviluppabile a piacimento: il designer smette di essere un “esperto solitario” per trasformarsi in un collaboratore tra collaboratori e fruitori del costruito (Fowles, 1977), strutturando il proprio pensiero in un processo omnicomprensivo dove il termine stesso “urban design” torna ad indicare la completezza spaziale della città (Alexander, 2004). In questa luce, software parametrici in grado di raccogliere informazione e distribuirla graficamente su vari livelli possono essere una valida interfaccia a ben più complessi sistemi


di trattamento dati geospaziali (GeoDBMS) atti a generare accurati e vasti modelli urbani (Höllerer e Feiner, 2004), visualizzabili perfino su larga distribuzione con semplici strumenti WebGIS quali Google Earth o MS Virtual Earth (Garagnani, Mingucci, Muzzarelli, 2009). Regolare morfologia e funzione attraverso variabili parametriche non è propriamente un’innovazione culturale recente: già il principio dell’architettura classica voleva che il costruito fosse mutuato da regole precise, parametri aventi lo scopo di armonizzare le forme e gli spazi seguendo rapporti metrici naturali, finanche nel contesto urbano. Sebbene negli ultimi anni le visionarie e pericolose derive estremiste del cosiddetto New Urbanism abbiano riportato alla ribalta questo vernacolo esasperato di epoca neoclassica, la lezione che la storia ha tramandato, transitando per la crisi del modernismo, del post-moderno, del decostruttivismo e del minimalismo, è stata quella di individuare principi ordinatori applicabili alla scala architettonica ed a quella urbana. L’urbanistica di avanguardia si è così rivolta verso una parametrizzazione favorita dagli strumenti computazionali già introdotti, assurgendo a nuovo stile. L’impiego di nuove tecniche, di animazioni digitali, di simulazioni virtuali e di strumenti per cercare nuove forme, insieme alla modellazione variazionale e “scriptabile” ha condotto in questi ultimi anni ad un movimento strettamente interconnesso a livello mondiale di progettisti alla ricerca di soluzioni innovative nella pianificazione della città. Per arrivare a questo però i soli strumenti per quanto avanzati non sono sufficienti: l’estetica urbana infatti è per i progettisti parametrici sintetizzabile in un’eleganza ordinatrice della complessità e della fluidità continua che i sistemi esistenti in natura ispirano (Schumacher, 2007). La città come un organismo vivente quindi cresce, si organizza e ri-organizza dinamicamente attraverso pattern che si auto-generano seguendo ordinamenti non sempre previsti o precostituiti (Frei Otto, 2009). Mentre il Moderno era fondato sul concetto di spazio universale, l’urbanistica parametrica dei nuovi progettisti computazionali differenzia i campi: lo spazio è vuoto, i campi sono pieni, come riempiti da un fluido in movimento, con le sue onde, i suoi moti laminari o turbolenti. Strumenti come Generative Component™ di Bentley o Digital Project™ di Gehry Technologies stanno lentamente conquistandosi una nicchia di utilizzatori esperti sempre più ampia,

Fig. 7: Interfaccia grafica del software Procedural City Engine.

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contribuendo a chiudere il cerchio di quello svincolamento tra progetto e onere per il progettista di supervisione generale già trattato. Ne è un valido esempio il Kartal-Pendik Masterplan di Istanbul ad opera di Zaha Hadid Archiects, nel quale l’ottimizzazione della rete viaria di un’importante area nella porzione asiatica della città è stata parametrizzata con il modulo hair dynamics di Autodesk Maya. In questo particolare caso di studio si è ricercata un’articolazione relazionale tra torri, edifici a blocco e strade nel tessuto urbano, in virtù della modellazione digitale in grado di variare continuamente lo spazio in funzione delle decisioni di progetto. Il software CityEngine™ della società svizzera Procedural sintetizza pragmaticamente quanto esposto in questo scritto, rendendo disponibili tutta una serie di trasformazioni volumetriche comandate da parametri: ancora una volta resta valida, per fortuna, la posizione del filosofo John Searle, il quale afferma che l’esecuzione di un programma da parte di un calcolatore non lo promuoverà mai ad essere pensante. Ciò proprio a causa delle limitazioni intrinseche alla programmazione, ma più in generale del buon senso dell’utilizzatore.

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Fig. 8: Simulazione grafico-visuale delle volumetrie del Progetto di Zaha Hadid Architects per la trasformazione urbana del waterfront di Istanbul.

Tratto dall’articolo dall’Ing. Luisa Bravo e dall’Ing. Simone Garagnani: “La rappresentazione parametrica della città - The parametric representation of the city” - DisegnareCON, giugno 2010.


Capitolo terzo

LA PROGETTAZIONE PARAMETRICA

3.1 Linee guida al processo algoritmico La progettazione parametrica, è un approccio avanzato della progettazione architettonica come sistema dinamico non lineare, una metodologia progettuale che gestisce la complessità contemporanea del costruito operando attraverso sequenze logiche progressive. Il progetto viene, dunque, costruito come struttura operativa logica attraverso codici di trasformazione dell’esistente verso uno possibile che soddisfi la qualità cercata. Lo scopo in questo caso non è scoprire una forma, ma ricercare nuovi modi di progettare la città e gli edifici attraverso architetture che forniscano soluzioni migliori ai problemi che il mondo deve affrontare e allo stesso tempo, offrano maggiore libertà all’immaginazione. La progettazione inizia essenzialmente con la selezione di una singola linea di condotta. Non si tratta solo di scegliere un metodo qualsiasi, bensì un metodo specifico, l’unico possibile. Pianificazione urbanistica e progettazione architettonica, superfici, forme e materiali sono tutti determinati da questa linea d’azione.

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Tale procedimento comincia con l’esame della situazione. Si realizzano molti studi, si sviluppano idee e gradualmente i dettagli cominciano a trovare il loro posto. Non si tratta di diventare capaci di completare un progetto con un clic del mouse. Lo scopo è chiarire aspetti del processo che finora restavano indeterminati, in modo da comprendere meglio ciò che si vuole davvero. Si tratta di ottenere una qualità superiore e di conseguenza una maggiore efficienza. È importante che sia migliore e allo stesso tempo veloce e controllato. Questa idea non implica che il computer trovi un gran numero di soluzioni fra cui scegliere né necessariamente servirsene per creare forme inusuali. Quando viene utilizzato così, un computer non è altro che un’estensione della matita. Anziché usare i computer per pensare, occorre utilizzarli come estensioni della mente. In realtà non si tratta solo di generare forme con il computer. Fondamentale è che il programma proponga soluzioni per le situazioni di progetto. Questo metodo ha qualcosa in comune con la scienza delle complessità: le sue procedure assomigliano al processo di scoperta di strutture nascoste nei sistemi urbani e sociali. È il processo che contribuisce al progetto, non le forme. In questo senso, possono contribuire anche la vita artificiale, gli algoritmi genetici e i programmi di connessioni neurali. Cio’ apre una nuova era nel design e nella produzione industriale: la sfida di una nuova naturalita’ dell’oggetto industriale come evento unico ed irripetibile, specchio dell’unicita’ ed irripetibilita’ dell’uomo e della natura. Ancora una volta l’uomo emula la natura, come e’ proprio del fare arte. Dopo duecento anni dell’era veteroindustriale di oggetti clonati per limiti tecnologici, l’oggetto unico diventa una nuova risposta al bisogno umano, a lungo disatteso, di ritrovarsi in un mondo che rispecchi, in ogni evento artificiale, l’unicità ed irripetibilità di ogni uomo. In un’epoca segnata da ripetuti tentativi di clonazione del naturale, il design ritrova, in campi tecnologicamente avanzati come i sistemi dinamici non lineari, la vita artificiale e l’intelligenza artificiale, il piacere estetico ed etico di confrontarsi con i processi ed i caratteri propri della natura. I modelli tridimensionali generati con il software, risultati plurimi dell’idea espressa, sono utilizzabili direttamente dalle macchine industriali manifatturiere a controllo numerico e dai robot che gia’ rappresentano le tecnologie attuale della produzione industriale. Questa riprogrammazione generativa ed automatica dei robot consente di produrre oggetti unici con gli stessi macchinari e con costi paragonabili a quelli di oggetti tutti uguali; come una stampante che, con lo stesso costo, stampa pagine tutte uguali o pagine diverse. Si e’ cosi improvvisamente aperta la possibilità di ritrovare campi possibili della creatività umana impensabili senza gli stumenti informatici. Se questi, all’inizio dell’era informatica, potevano sembrare strumenti che portassero a limitare o addirittura ad estinguere la creatività umana, oggi, permettendo di agire creativamente e direttamente sui codici dell’armonia, divengono strumenti di apertura verso nuovi confini e di rilancio della creatività intesa come connubio indissolubile tra arte e scienza.


Nella storia dell’architettura, stili architettonici diversi hanno presentato differenti tipi di geometria e logica di articolazione ed ogni periodo ha saputo trovare un modo per affrontare i suoi problemi geometrici. Dal momento in cui i computer hanno iniziato ad aiutare architetti, simulando lo spazio e le articolazioni geometriche, sono diventati uno strumento fondamentale nel processo della progettazione. La geometria computazionale diventa un soggetto interessante per lo studio e per la combinazione di algoritmi di programmazione con la geometria, ha infatti dato vita a geometrie come gli algoritmi generativi. Sebbene i software 3D aiutano a simulare quasi tutto lo spazio visualizzato, è la nozione di algoritmo generativo che porta le possibilità attuali del design, come “progettazione parametrica” nel campo dell’architettura. Architetti iniziano ad utilizzare le curve di forme libere e superfici per progettare e studiare gli spazi al di là delle limitazioni di geometrie convenzionali dello “spazio euclideo”. La progettazione architettonica è oggetto di potenzialità di calcolo algoritmico, geometrie con le gerarchie multiple ad alto livello di complessità. La progettazione e la modellazione di superfici free-form e curve, quali elementi costitutivi che sono associati con componenti diversi e hanno più pattern non è un lavoro facile da fare con i metodi tradizionali.

35 Fig. 1: Configurazione grafica per la creazione algoritmica di una tazza di caffè. Definizione di Algoritmo: Un algoritmo è un procedimento che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi elementari. Questo è il potere di algoritmi e script che vengono avanti superando ogni limite. E ‘ovvio che, anche riflettendo su una geometria complessa, abbiamo bisogno di strumenti adeguati, in particolare software, che sono in grado di simulare queste geometrie e controllare le loro proprietà. Come risultato, gli architetti sono interessati a utilizzare algoritmi per generare modelli concreti e andare oltre i canoni attuali delle forme e degli spazi disponibili. L’orizzonte è un catalogo ricco di complessità e molteplicità che unisce creatività e ambizione insieme. Un passo avanti porta a incorporare le proprietà dei sistemi materiali in algoritmi di progettazione, che sembra essere più possibile in questo concetto parametrico. Guardando gli effetti materiali e le loro risposte all’ambiente hosting in fase di progettazione, ora le potenzialità intrinseche dei componenti e sistemi, devono essere applicati ai modelli parametrici della progettazione. Non solo questi algoritmi parametrici devono trattare con la generazione di forme, ma c’è anche un grande potenziale per incorporare la logica dei sistemi materiali nelle stesse forme.


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La logica alla base della progettazione parametrica può essere strumentalizzata qui come un metodo di design alternativo, quello in cui il rigore geometrico della modellazione parametrica può essere distribuita prima a integrare i vincoli di produzione, le logiche di montaggio e le caratteristiche dei materiali nella definizione di componenti semplici, per poi proliferare nelle componenti dei più grandi sistemi. Questo approccio utilizza l’esplorazione delle variabili parametriche, per capire il comportamento di un tale sistema, si utilizza questa conoscenza per elaborare strategie di risposta del sistema alle condizioni ambientali e forze esterne. Per lavorare con oggetti complessi, il processo di progettazione di solito inizia da un livello molto semplice, poi per livelli si aggiungono forme complesse che sono costituite da diverse gerarchie, ciascune associate ad una sua logica dettagliata. Questi livelli sono interconnessi tra loro e si influenzano reciprocamente in questo senso. Quindi, fondamentalmente il punto finale di una curva potrebbe essere il punto centrale di un altro cerchio e ogni modifica della curva avrebbe cambiato il cerchio di conseguenza. Sostanzialmente questo metodo si occupa della progettazione, con un enorme quantità di dati e calcoli, attraverso il flusso degli algoritmi, ove uno è dipendente e dipende dall’altro. Il punto è che tutte queste geometrie sono facilmente regolabili, dopo il processo. L’architetto ha sempre accesso agli elementi di progettazione di un prodotto dal punto di partenza fino ai dettagli. In realtà, poiché il prodotto di design è il risultato di un algoritmo, gli ingressi dell’algoritmo possono essere variati e il risultato verrebbe anche aggiornato di conseguenza. Ora è possibile tracciare digitalmente un modello, generare centinaia di varianti di progetto, regolando parametri geometrici di base. E’ importante e vitale incorporare le proprietà dei materiali, strutturare vincoli di fabbricazione e di assemblaggio in logiche di parametri. Il design parametrico permette il riconoscimento di modelli di comportamento geometrici e le relative capacità performative e tendenze del sistema.

Tratto dall’articolo di Andrea Pancini, David Raveggi, Nicola Roncoli e Fabio Semeraro: “Progettazione generativa” - Linke, maggio 2010.


3.2 Gli architetti dovrebbero imparare a programmare?

tempo

Molti giovani architetti si sono posti questa domanda, che in questo caso risulta tanto mirata quanto di poco scontata risposta. Dopo aver a lungo considerato la possibilità di utilizzare dei specifici software per la programmazione algoritmica, la risposta rimane semplice ed è NO! Per programmazione si intende l’insieme delle attività e tecniche che una o più persone specializzate, programmatori o sviluppatori (developer), svolgono per creare un programma, ossia un software da far eseguire ad un computer, scrivendo il relativo codice sorgente in un certo linguaggio di programmazione. Con l’avvento dell’ingegneria del software l’attività di programmazione rappresenta solo la fase implementativa dell’intero ciclo di sviluppo del software con l’obiettivo ultimo di soddisfare le specifiche funzionali richieste dal committente secondo una predefinita analisi di strutturazione. Quindi quando si parla di programmazione visuale, si intende un processo che viene compiuto tramite un software già creato e funzionante, al servizio dell’utilizzatore. Grasshopper ad esempio è un programma di visual editing, che consente tramite un’interfaccia grafica semplice ed intuitiva, di gestire numerosi componenti già predefiniti al fine di creare le forme più varie presenti nella mente dell’architetto. L’architetto fortunatamente ha la possibilità di scegliere se specializzarsi ed approfondire le tecniche di progettazione algorimica al fine di essere completamente autonomo, oppure rimanere in una posizione di generale conoscenza della materia, ma avere la consapevolezza che i computational designers quali specialisti nel campo, ricoprono sempre più un ruolo importante all’interno di uno studio di progettazione. Gli studi con numerose commesse e risorse da poter investire in personale e ricerca, avranno a disposizione e l’interesse ad avvalersi dei migliori specialisti in materia per far sì che il tempo a disposizione sia sempre impiagato in maniera proficua e che quindi anche il rapporto con il lavoro svolto riesca a rispettare le scadenze imposte.

lavoro

Legenda: Programmazione visuale Disegno in 3D

Disegno in 2D Disegno a mano

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Nel grafico proposto, vengono confrontati quattro diversi approcci e sistemi progettuali, tutti validi ed applicabili ai progetti attuali, ma con diverse relazioni tra il fattore tempo e il fattore lavoro. Il disegno a mano, implica un’enorme quantità di tempo per compiere un disegno di qualsiasi dimensione, soprattutto per le curvature, ci si deve dotare di strumenti specifici per avvicinarsi il più possibile al risultato pensato e sperato. Questo sistema difficilmente viene applicato nei progetti contemporanei, proprio perchè con l’avvento del computer, sono stati introdotti i programmi di disegno CAD che consentono la rapida replicabilità di qualsiasi disegno, garantendo una precisione assoluta. In questo caso, l’inclinazione della semiretta verde si allontana da quella gialla e delinea una via che successivamente verrà percorsa anche dai programmi di modellazione 3D. I software di questo tipo, sono stati implementati a quelli che inizialmente erano nati solo in bidimensione, ma che grazie a plugin aggiuntivi consentono la rapida esportazione del necessario numero di disegni tecnici come piante, prospetti o sezioni. Infine la programmazione visuale presenta un’andatura inusuale dalle altre precedenti, infatti presupponendo che ci sia la necessità di creare geometrie di base in 3d, l’inizio del primo segmento rosso, è in corrispondenza della semiretta azzurra, perchè dipende ancora dalla modellazione tridimensionale. Il segmento verticale indica quindi la fase in cui il progettista scrive l’algoritmo, in cui non si percepisce un risultato concreto e tangibile del lavoro svolto. Il flusso si interrompe nel momento in cui la definizione dell’algoritmo viene completata, qui l’utente è in grado di estrapolare qualsiasi dato o informazione necessaria alla redazione dei disegni tecnici. La lunghezza del segmento verticale dipende ovviamente dalle competenze dell’operatore e dalla complessità dell’algoritmo in termini di informazioni da esportare.

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Capitolo quarto

architetture realizzate

In relazione alle riflessioni sviluppate e discusse sull’approccio parametrico in ambito architettonico, si vuol dimostrare che questo sistema progettuale viene adottato e concretamente sfruttato per la realizzazione di edifici da parte sia di grandi che di meno conosciute firme architettoniche. Grazie a queste sintetiche schede tecniche, si individua molto chiaramente lo sviluppo e la ricerca della tecnica per garantire una sicurezza sempre maggiore nella gestione dei singoli elementi architettonici quali la copertura, le partizioni murarie, le aperture finestrate e rivestimenti di facciata, sempre più attenti a temi importanti quali ad esempio l’ecosostenibilità ed il basso impatto energetico dell’edificio. L’ordine con cui sono stati presentati è quello cronologico, rimanendo all’interno di un’era contemporanea si percepisce un’evoluzione nelle commissioni: dalle sale di teatri ed auditori delle grandi firme ai padiglioni temporanei di piccoli studi meno conosciuti.

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4.1 Walt Disney Concert Hall

Data: 2003 Superficie: 3.000 mq Luogo: Los Angeles, Stati Uniti Architetto: Gehry Partners Cliente: Filarmonica di Los Angeles (donazione di Lilian Disney)

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L’edificio è collocato all’interno della maglia regolare di Los Angeles; ogni ingresso è differenziato dall’altro sia per forma che per funzione. Quest’edificio, infatti, è una continua contraddizione non solo tra la simmetria interna e l’asimmetria esterna, ma anche tra i volumi chiusi e gli spazi permeabili che creano una tensione spaziale; gli spazi esterni, inoltre, mirano a far dialogare il Walt Disney Concert Hall con il Music Center posizionato dall’altra parte della strada. Dal punto di vista costruttivo, l’intera struttura risulta dalla fusione di due sistemi costruttivi: quello interno, regolare a maglia con pilastri in cemento ad interasse costante e un sistema a setti, e quello esterno, rivestito di calcare francese e acciaio inossidabile. Tutto il progetto gira intorno alla sala concerti che contiene 2265 posti, la cui forma interna è dettata da parametri acustici. Anche per la realizzazione di questo progetto Gerhy si è avvalso di un programma usato dall’aeronautica militare, per poter eseguire i calcoli su una struttura così complessa.


4.2 BMW Welt

Data: 2007 Superficie: 25.000 mq Luogo: Monaco, Germania Architetto: Coop Himmelb(l)au Cliente: Gruppo BMW 41

Vetro e acciaio sono i materiali dell’edificio centrale del Mondo BMW, caratterizzato da un doppio cono simboleggiante un ciclone di nuvole che si distribuiscono formando una copertura ondulata e leggermente concava, quasi che il sottostante spazio espositivo la attiri a sé come un magnete. Sfidando le leggi della statica e richiamandosi alla meraviglia del tempio di Segesta, l’architetto ha preso la superficie del tetto del tempio e l’ha decuplicata, progettando la copertura ripiena di cellule fotovoltaiche e tenuta in piedi da soli 11 appoggi. La facciata metallica a graticcio viene riscaldata dall’energia solare prodotta dall’enorme tetto, con conseguenti vantaggi di climatizzazione degli interni: pavimenti e pareti sono utilizzati per immagazzinare calore e in base alle esigenze possono scaldare o raffreddare. Le superfici in vetro, contraddistinte da bassi coefficienti di trasmissione termica, consentono di ottenere una temperatura superficiale piacevole, mentre le strutture del pavimento e delle pareti, aumentano la capacità di accumulo.


4.3 Stadio Olimpico di Pechino

Data: 2008 Superficie: 250.000 mq Luogo: Pechino, Cina Architetto: Herzog & de Meuron Cliente: Governo della Repubblica Popolare Cinese

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L’edificio ha come caratteristica peculiare la copertura, indipendente dalla struttura interna, che rende lo stadio paragonabile, appunto, ad un nido d’uccello: si presenta come una mastodontica griglia di elementi d’acciaio chiusa da uno strato di materiale semi-trasparente, l’EFTE. Questo materiale, dalle prestazioni sorprendenti, è utilizzato sia come membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, sia come isolante acustico. Anche all’interno il “Nido” si presenta in maniera particolare: i 91.000 posti a sedere di color terracotta fanno pensare all’interno di un vascello, e la sua copertura, costituita da una struttura mobile, è priva di pilastri di sostegno che intralcino la vista favorendo un’ottima visuale da ogni postazione. I percorsi interni sono “segnati” da elementi in ardesia, intervallati da boschetti di bamboo, blocchi in pietra e piccoli giardini coperti. In questa architettura, in cui facciata e struttura coincidono, l’effetto visivo è sorprendente, nonostante la semplicità e l’essenzialità dell’idea.


4.4 Centro Pompidou

Data: 2010 Superficie: 11.330 mq Luogo: Metz, Francia Architetto: Shigeru Ban Architects Cliente: Città di Metz 43

Al fine di creare gli spazi funzionali, l’edificio è stato articolato in volumi semplici con una chiara circolazione tra loro, in modo da semplificare la loro interrelazione funzionale. Le gallerie generali con diversi requisiti per le lunghezze si basavano su un modulo largo 15 metri, mentre i tre vani impilati verticalmente in acciaio esagonale contengono le scale e gli ascensori. Una struttura di copertura in legno a forma di un esagono aleggia tutti i volumi separati per unificarli in uno unico insieme coerente. Sebbene sia preferibile il triangolo come figura rigida, dividendo l’intera superficie in triangoli sei elementi di legno sarebbero convergenti ad ogni intersezione quindi avere giunzioni estremamente complesse, con la creazione di un modello di esagoni e triangoli solo quattro elementi in legno non si intersecano mai. Le intersezioni non utilizzano giunti metallici meccaniche, perché altrimenti la superficie diventerebbe voluminosa e aumenterebbero la complessità e il costo delle articolazioni.


4.5 Yas Hotel

Data: 2010 Superficie: 85.000 mq Luogo: Abu Dhabi, Emirati Arabi Architetto: Asymptote Architecture Cliente: Proprietà Aldar, PJSC Abu Dhabi

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In questo scenario, i progettisti hanno creato un’icona, traendo ispirazione dalle forme associate al concetto di velocità e cercando di ottenere una risposta architettonica all’arte e poesia della velocità. L’edificio consiste di una copertura curvilinea in acciaio e vetro che si estende per 217 metri, composta da 5800 pannelli vetrati, romboidali, orientabili, fissati alla struttura metallica. Un involucro esteso, che conferisce una percezione di leggerezza, all’intero complesso sottostante: due strutture dedicate all’ospitalità e un ponte con struttura a monoscocca in acciaio, che sovrasta la pista automobilistica e collega i due edifici alberghieri. “Una perfetta unione ed armoniosa interazione tra spettacolo ed eleganza” è l’espressione che usa Hani Rashid per definire il progetto. L´esterno é pensato come una pelle che di giorno riflette il cielo e le presenze circostanti, mentre di notte è illuminata da un sistema a LED che produce effetti ottici, riflessioni colorate e video che contrastano con gli elementi naturali circostanti, trasformando l’edificio in un evento.


4.6 Torre O-14

Data: 2010 Superficie: 31.400 mq Luogo: Dubai. Emirati Arabi Architetto: Reiser + Umemoto Architects Cliente: Centro Affari di Dubai 45

L’edificio è composto da 22 piani in elevazione di zona commerciale e destinazione d’uso a uffici, il basamento abbraccia la base della torre e ospita altri due livelli di zona commerciale aperti al pubblico ed accessibili sia dalla zona aperta, che dal parcheggio realizzato nel blocco seminterrato. La pianta della torre, una figura quadrangolare dai lati fluidi, è suddivisa in due blocchi: un blocco centrale, dove sono realizzate le funzioni di servizio, e un blocco perimetrale, dove invece alloggiano le funzioni commerciali. Per realizzare l’esoscheletro è stata utilizzata una tecnica costruttiva slip-form: una cassaforma modulare rampante realizzata in acciaio si muove lungo l’asse verticale dell’edificio, eliminando i processi di ponteggio per i diversi piani e diminuendo la tempistica di posa in opera e pompaggio delle varie fasi. Le forature sono realizzate grazie ad un sistema computerizzato CNC che ha consentito lo studio e la posa in opera dei gusci in polistirolo che si intrecciano con la fitta maglia di armature ed occupano le bucature al momento di pompaggio del cemento.


4.7 Museo Soumaya

Data: 2011 Superficie: 16.000 mq Luogo: Città del Messico, Messico Architetto: Fernando Romero EnterprisE Cliente: Fondazione Carlos Slim

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L’intento progettuale dell'architetto è in questo caso quello di costruire un reticolo senza giunture su una superficie chiusa. La generazione di modelli geometrici senza soluzione di continuità su una superficie razionale chiusa come una sfera era più facile che la costruzione di superfici irrazionali chiuse. L’architetto ha iniziato la prima fase progettuale del motivo di facciata con una dettagliata analisi delle superfici, precisamente le zone di elevata curvatura. La nuova finalità progettuale per il disegno, consisteva da curve tese nelle zone con elevata curvatura, infatti il processo di impacchettamento della sfera nidificata, il disegno risultante è stato compresso anziché allungato negli angoli della facciata. Il progettista ha sviluppato un metodo per allungare parametricamente il disegno in modo tale da poter scegliere fino a che punto avrebbe voluto allungare i pannelli. Ciò ha consentito l’architetto di vedere facilmente molte iterazioni del motivo con diversi rapporti di stiramento.


4.8 Galaxy Soho

Data: 2012 Superficie: 332.000 mq Luogo: Pechino, Cina Architetto: Zaha Hadid Architects Cliente: SOHO China Limited 47

Una composizione di cinque volumi che scorrono continui, che sono separati, fusi o collegate da ponti allungati. Questi volumi si adattano reciprocamente in tutte le direzioni, generando un’architettura panoramica senza spigoli o transizioni brusche che rompano la fluidità della sua composizione formale. Le corti interne del progetto sono un riflesso dell’architettura tradizionale cinese, queste creano un mondo interno di continui spazi aperti. Qui, l’architettura non è più formata da blocchi rigidi, ma è invece costituita da volumi che si fondono per creare un continuo adattamento reciproco e un movimento fluido tra ciascun edificio. Spostandosi all’interno, la progettazione ha fuso i piani gli uni sugli altri per generare un profondo senso di avvolgimento e gli spazi seguono sempre la stessa logica formale dell’edificio. I tre piani più bassi sono dedicati all’intrattenimento, i livelli subito sopra forniscono spazi lavorativi per imprese e la parte più alta dell’edificio è dedicata a bar e ristoranti che offrono una vista lungo uno dei più grandi viali della città.


4.9 Absolute Towers

Data: 2012 Superficie: 45.000 mq per torre Luogo: Mississauga, Canada Architetto: MAD Architects Cliente: Fernbrook / Cityzen

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Affettuosamente soprannominate le torri “Marilyn Monroe” dai residenti locali, le Torri Absolute sono il connubio tra fluidità in torsione e linee naturali. Impossibile da percepire con certezza da fuori, ma uno sguardo attento ai singoli piani rivela che le lastre del pavimento delle torri sono assolutamente le stesse: la forma da cima a fondo di un limone. La rotazione è di 0,5 gradi vicino alla parte superiore e inferiore e da 1 a 4 gradi nella metà della struttura. Nella progettazione delle torri, i balconi continui circondano l’intero edificio, eliminando le barriere verticali che sono tradizionalmente utilizzate. L’obiettivo era quello di fornire una vista a 360 gradi, per risvegliare l’apprezzamento della città e per un contatto diretto con la luce del sole e il vento. Per supportare le torri dalla forma unica, il sistema strutturale è stato sviluppato mediante una serie di muri portanti in cemento che attraversano il piano degli edifici per fornire un ampio supporto verticale e laterale, pur rispondendo alla geometria singolare del modulo.


4.10 Padiglione Cina

Data: 2015 Superficie: 4.590 mq Luogo: Milano, EXPO 2015 Architetto: Studio Link-Arc Cliente: Governo della Repubblica Popolare Cinese 49

Yichen-Lu, giovane e pieno di entusiasmo, parla del suo progetto per il Padiglione della Cina ispirato dal tema “The Land of Hope” rifiutando il concetto tipico di un oggetto in una piazza. Un grande tetto ondulato, con il profilo di un paesaggio naturale, esprime l’armonia tra città e natura. Nella facciata nord il profilo è quello della città, mentre nella parte sud è quello delle montagne, concepito come una struttura in legno fa riferimento all’architettura tradizionale cinese. Il tetto del padiglione è stato pensato e realizzato tramite software parametrici per creare l’ampiezza delle campate e la tessitura del tetto ricoperto dal complicato sistema a sandwich di copertura: 1052 pannelli diversi giuntati con le lastre curve in pvc sopra la sinuosità del legno lamellare che crea effetti di luce e di trasparenza suggestivi. L’ambiente più suggestivo è l’uscita che era stato concepito come ingresso, ma alla fine lasciato come ultima immagine al visitatore che termina la sua esperienza Cinese a Milano.


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Capitolo quinto

Gli infiniti campi di applicazione

5.1 “Nervous System” tra gioielleria e moda “Nervous System” è uno studio di progettazione generativa che lavora tra scienza, arte e tecnologia. Mediante il processo parametrico, utilizzano la simulazione al computer per generare disegni e fabbricazione digitale per la realizzazione di prodotti. Traendo ispirazione dai fenomeni naturali, scrivono algoritmi specifici per computer basati su processi e modelli presenti in natura e utilizzano sotware parametrici per creare pezzi unici d'arte, gioielleria e articoli per la casa. Questo studio produce una linea di gioielli (bracciali, anelli, collane, orecchini e spille), che vengono generati da sofisticati algoritmi, vengono poi o direttamente stampati in 3D, o in alcuni casi prototipati su diverse scale mediante la stampante 3d e in un secondo momento messi in produzione seriale. I Nervous System utilizzano tre diversi algoritmi per la gran parte delle loro linee di prodotto: • Limitata diffusione di aggregazione: che produce una magnifica ramificazione a corallo delle strutture; • Distorsione delle maglie utilizzando un simulatore di fisica: che produce maglie tortuose e naturali allo stesso momento; • Catmull-Clark o superfici di suddivisione: che producono maglie elastiche, ma molto più manipolabili.

Fig. 1: Configurazione grafica di un bracciale.

Fig. 2: Prototipo stampato in 3d.

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Fig. 3: Definizione di un anello in Grasshopper.

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Fig. 4: Prototipi con stampa 3d di anelli.

Molteplici sono le soluzioni di pattern applicabili a modelli quali anelli, collane o gioielleria di vario genere e configurazione fomale. Grazie alla controllabilità ed all’intuitivo utilizzo dei software parametrici, risulta agevole anche la la progettazione di gioielli complessi in cui è indispensabile garantire un’alta precisione. Nel caso della gioielleria, c’è un potente plug-in chiamato Rhinojewel, che contiene una grande varietà di strumenti per la creazione di gioielli ed un’ampia scelta per i tagli delle pietre e materiali gemmologici, compatibile con Rhinoceros.

Fig. 5: Collana con pattern forato da geometria fogliata.


La cinematica è quel ramo della meccanica che si occupa di descrivere quantitativamente il moto dei corpi, indipendentemente dalle cause del moto stesso. È significativa la sua definizione di geometria del movimento: in effetti la cinematica del punto si può pensare come geometria dello spazio vettoriale quadridimensionale formato dalle tre coordinate spaziali e dalla coordinata temporale. In questo caso viene inteso come sistema per la stampa tridimensionale che permette la creazione di forme complesse e pieghevoli composte da moduli articolati. Il sistema fornisce un modo per trasformare qualsiasi forma tridimensionale in una struttura flessibile usando la stampa 3D. La cinematica combina tecniche di geometria computazionale con la fisica del corpo rigido e la personalizzazione. In pratica, la cinematica permette di prendere oggetti di grandi dimensioni e comprimerli per la stampa 3D attraverso una simulazione. Essa permette anche la produzione di complicati oggetti indossabili che si conformano alle geometrie del corpo. L'abito Cinematico rappresenta un nuovo approccio alla produzione che integra perfettamente il design, la simulazione e la fabbricazione digitale per creare complessi e prodotti personalizzati. I corpi sono in tre dimensioni, mentre nell’abbigliamento si lavora tradizionalmente su una superficie piatta che viene poi tagliata e faticosamente assemblata. Al contrario, gli indumenti cinematici sono creati in 3D direttamente dalle scansioni del corpo e non richiedono alcun montaggio. Si avvalgono di una strategia intelligente pieghevole per comprimere capi cinematici in una forma più piccola per la fabbricazione efficiente. Piegando i capi prima della stampa, sono in grado di realizzare strutture complesse più grande di una stampante 3D che dispiegano nella loro forma desiderata. L'abito su misura è una struttura complessa ma con la fantasia di migliaia pannelli triangolari unici collegati da cerniere, tutto stampato in 3D in un unico pezzo in nylon. Mentre ogni componente è rigido, nel complesso, si comportano come un tessuto continuo che permette l'abito di conformarsi in modo flessibile e fluido il flusso in risposta al movimento del corpo. A differenza del tessuto tradizionale, questo tessuto non è uniforme; varia in rigidità, drappo, flessione, porosità e modello attraverso lo spazio.

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Fig. 5/6/7: Dettagli e visione d’insieme del vestito cinematico stampato in 3d.


5.2 Design e Arte parametrica 5.2.1Ilabo Shoe Il designer britannico Ross Lovegrove ha lavorato con l’esperto di modellazione parametrica Arturo Tedeschi ad una calzatura presentata al Milan Design Week 2015. Il computational designer Tedeschi, si è dotato di software parametrici per la creazione della fitta maglia che avvolge la suola ed il piede di chi indossa questa scarpa che come una tenda, si apre in corrispondenza della punta e del tallone. La libertà offerta dalla sfrenata modularità dell’oggetto, libera ogni immaginario alla stampa 3D che stimola il piacere di concretizzare l’idea mediante la prototipazione tridimensionale. Un nuovo mondo dell'estetica nasce alla stessa velocità di sviluppo dei software che permettono la loro realizzazione, questo studio ha cercato di essere una prima linea di ottimizzazione e sfruttare questo potenziale nel campo del disegno industriale e architettonico, inteso come processo accademico e di ricerca in fenomenologia naturale piuttosto che l’autoreferenziale e stagnante mondo del design.

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Fig. 8/9: Rappresentazione virtuale della scarpa “Siamo entrati in un secondo rinascimento, come una navicella spaziale si allontana da una Terra analogica, in una nebulosa di straordinaria bellezza, che alzerà la nostra psiche a nuovi limiti di speculazione e di comprensione biomimetica.” Così spiega Lovegrove l’ambiente in cui viviamo ogni giorno e consapevole di questo, egli cerca di fondare il suo concetto sulla bellezza anatomica femminile, in questo caso scansionando il piede per mantenere le superfici coerenti con le curvature naturali, in grado di fornire la morbida fisionomia in modo altrettanto naturale. Questo è un principio fondamentale in tutto il lavoro di Ross, per le sue forme si avvale di principi di genesi che guidano e mantengono le linee guida del concept iniziale, fedele ai propri obiettivi. Rimanendo fedele alla possibilità di ottimizzare le potenzialità tramite i complessi software di modellazione algoritmica, si è in grado di fornire alla scarpa i benefici di un processo di progettazione a fondo strutturato, che innova attraverso la modellazione sistematica l’interesse nel trovare un punto di convergenza tra tutte le considerazioni analizzate.


Fig. 10: Fotografia della Ilabo Shoe per il Milan Design Week 2015 In questo progetto si stabilisce un momento, in cui l'innovazione fisica della densità dei materiali e la stratificazione della struttura si fondono per aumentare la sensualità del corpo femminile, pur rimanendo chiaramente legati alla tecnologia costruttiva. In ultima analisi la scarpa è stata troncata in cima, per estendere la percezione della verticalità e così facendo eliminare il peso e la conseguente massa che per il designer è simbolo di decadenza. I filamenti sono stati modellati utilizzando sistemi particellari e logiche di attrazione-repulsione in parallelo alla geometria bionica del piede. La maglia del poligono tridimensionale complessa fornisce quella che viene definita una geometria a tenuta d'acqua, per cui nulla è lasciato al caso, sia in termini di volume sia di materiale o caratteristiche funzionali. Questo modello di convergenza beneficia delle dinamiche di gravità e di attrazione delle particelle.

5.2.2 Installazione Slipstream La bellezza dell’acqua in movimento è una cosa che ha catturato l'immaginazione di molti artisti provenienti da Katsushika Hokusai, infatti la grande onda di Kanagawa ha colpito registi di sport d'azione come Curt Morgan, che ha ripreso una delle più grandi onde del mondo. Gli Architetti di Los Angeles FreelandBuck, sono stati sedotti da questa forza acquatica trasformando il moto delle onde che si infrangono, in una scultura statica. Ispirati da disegni di Lebbeus Woods e dai tentativi di Da Vinci per spiegare la turbolenza, i FreelandBuck hanno creato Slipstream, un'installazione che rappresenta le iterazioni violente dell’acqua in movimento. Il lavoro traduce le linee in uno spazio tridimensionale utilizzando 1.800 pezzi separati di compensato, tenuti insieme uno all'altro senza l'uso di leganti. Il risultato è una rappresentazione colorata della turbolenza dell'acqua schiantarsi in sé a varie velocità.

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Fig. 11 in alto: Dipinto di Lebbeus Woods, Inhabiting the Quake. Fig. 12 a destra: Schizzo architettonico di Lebbeus Woods. Interpretato da due disegni dimensionali, la parola traduce le linee in uno spazio tridimensionale utilizzando 1.800 pezzi separati di compensato, tenuti insieme uno all’altro senza l’uso di altri leganti. Il risultato è una rappresentazione colorata della turbolenza dell’acqua schiantarsi in sé a varie velocità. Il lavoro è stato esposto anche presso la BridgeGallery di New York e definito dalla critica come: 56

"Un unico disegno digitale di due insiemi di vettori, estrusi attraverso la Galleria Ponte di New York e tagliate via per produrre una serie di spazi interconnessi." Fig. 13: L’installazione Slipstream alla Bridge Gallery, New York.


5.2.3 Padiglione Blobwall Per questa collaborazione, Greg Lynn FORM che ha sviluppato il metodo di fabbricazione per i "mattoni" e Panelite, ha prodotto e distribuito il materiale architettonico. Si tratta di una ridefinizione innovativa del mattone - più unità di costruzione di base dell'architettura - in un oggetto leggero in plastica colorata e reinterpretato in elementi modulari. Blobwall è un indipendente parete interna o esterna costruita con bassa densità - polimero riciclabile resistente agli urti. L'unità blob, o "mattone" è una forma cava trilobata prodotta in serie, formata mediante lo stampaggio rotazionale, che viene poi assemblata con precisione a incastro per formare la parete. Blobwall è un sistema di parete contemporaneo che recupera le più voluttuose forme, i chiaroscuri e la grotta come texture di architettura barocca e rinascimentale in gradienti pixelati di colori vivaci. Fig. 14 a destra: i singoli Blob-mattoni Fig. 15 a destra e 16 in basso: Blobwall nella Galleria Sci-Arc a Los Angeles.

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Anche se il padiglione Blobwall è stato progettato in semilavorato per un totale di oltre 500 mattoni individuali in dieci colori diversi, esso può essere configurato anche per forme e combinazioni di colori. Le varie tonalità di rosa che compongono il corpo dell’installazione nella Galleria SCI-Arc, celebrano le qualità dei materiali e dei colori della plastica disposta come se immersa in una luce calda, affinchè le luci non siano bianche ma invece cremisi, prugna e rosa. Numerose sono state le proposte con diverse tonalità di colore e conformazione, le variazioni consistono nel numero dei mattoni che variano in relazione alla lunghezza lineare del muro. Tra le possibili soluzioni progettate si individuano in pianta la forma “I”,“L” e la “O” che garantiscono una suggestiva partizione dello spazio in maniera tanto intelligente quanto creativa.

Fig. 17: Tre soluzioni con pianta, prospetto e render di Blobwall a forma “I”,“L” e “O”.

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Muro a “I”: 35x15 mattoni

Muro a “L”: 25x13 mattoni

Muro a “O”: 40x13 mattoni


5.2.4 Citco Limited Edition In occasione di Marmomacc a Verona l’azienda presenta un progetto esclusivo: una serie limitata costituita da 6 grandi pannelli marmorei realizzati su disegno di Zaha Hadid Architects. Un incontro fortunato quello nato tra Citco e Zaha Hadid Architects che ha avuto origine durante il Salone del Mobile di Milano 2012 dove l’azienda ha presentato una prima serie di superfici firmate dall’archistar che sono state inserite nel Padiglione The Secret Garden da lei progettato e collocato all’interno dell’Orto Botanico dell’Accademia di Brera. “La dinamica formale del design del padiglione è stata generata con gesti delicati che seguono un ordine logico e coerente. Un ritmo di fenditure, pieghe e recessi definisce gli spazi che circondano ogni pezzo; un’integrazione di forme diverse che riflette l’individualità di ciascun pannello, eppure invita a considerare ogni pezzo nell‘insieme. Questo dialogo di geometrie stabilisce una relazione diretta tra natura e architettura, un’evoluzione naturale del linguaggio creativo esplorato grazie a pratiche che mettono a frutto le innovazioni dei processi di design digitale e le tecniche di produzione”. Zaha Hadid Citco è un’azienda riconosciuta per l’eccellente perizia nella realizzazione di superfici intarsiate in marmo di grande espressività. I lavori di Citco sono inseriti nelle dimore e nei locali più esclusivi di tutto il mondo. Con questo progetto di spessore l’azienda intende catturare l’attenzione dei progettisti invitandoli ad introdurre elementi carichi di espressività in grado di conferire carattere ad un interno. Zaha Hadid Collection LIMITED EDITION: La collezione progettata per Citco è costituita da sei grandi pannelli marmorei realizzati su disegno di Zaha Hadid Architects. Sei progetti di cui sono state realizzate solo 3 copie ciascuno. Fig. 17/18/19: Tre Pannelli marmorei della Citco booth al Marmoracc 2012.

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Vere e proprie sculture in marmo e pietra scolpite su toni neutri e dall’effetto tridimensionale e chiaroscurale. Fonte d’ispirazione la natura stessa della pietra nella sua geologia, come dichiara la Hadid. “La composizione di ogni pannello di marmo deriva dalla complessa bellezza dei sistemi organizzativi del mondo naturale. Questi affascinanti scenari nascono quando l’energia viene applicata alla geologia, sviluppando una serie geometrica di cicli ripetuti di crescita o erosione che sono stati sovrapposti sul marmo immacolato di Citco. Ogni pezzo è una composizione strutturata che invita ad essere esplorata, rivelando complessità formale, ripetizioni e trame che celebrano il processo dettagliato e la fluidità dei sistemi naturali: un manifesto convincente della logica e dell’armonia senza eguali della natura; un viaggio alla scoperta delle forze che le creano. L’organizzazione esigente, l’integrità strutturale e la precisione di questi sistemi naturali ispirano un linguaggio architettonico ricco con la capacità innata di programmazioni complesse.” Zaha Hadid

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Fig. 20: Pannello in marmo della Citco Limited Edition


Capitolo sesto

Software parametrici

Attraverso la rete è possibile avere una panoramica molto ampia per quanto riguarda i software utilizzati per la progettazione parametrica. Sono molti infatti i plugin ed i programmi che si possono scaricare, gratuitamente e a pagamento, dalla rete e che permettono, in affiancamento a programmi di progettazione come CAD e similari, di generare e gestire forme nuove e molto complesse. Tra i software più utilizzati nel campo della progettazione parametrica ne vengono individuati e spiegati cinque: • Grasshopper associato a Rhinoceros • Dynamo associato a Revit • Para 3d associato a 3d Studio Max PARA 3D • Xpresso associato a Cinema 4D • CATIA distribuito da Dassault Systèmes POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

FLESSIBILITA'

Con l’utilizzo del diagramma di Kiviat o semplicemente spider chart sono stati analizzati cinque diverse variabili che illustrano le potenzialità o incapacità del programma. La distanza dal centro del punto marcato sul raggio è proporzionale al valore della variabile rispetto al valore massimo raggiungibile. I punti sui raggi vengono congiunti con segmenti, così che il grafico ha la forma di una stella o di una ragnatela. La scelta di paragonare diversi software fra loro permette una visione d’insieme tra gli strumenti di carattere generativo e comprendere le potenzialità della piattaforma più adatta alle esigenze del caso specifico da sviluppare. Nel dettaglio è stato approfondito maggiormente il plugin Grasshopper per le sue potenzialità, flessibilità e dialogo con altri software e largo utilizzo che ne viene fatto per la progettazione parametrica. Inoltre nel caso studio preso in esame, è stato adottato un approccio parametrico alla progettazione architettonica mediante l’utilizzo della programmazione visuale di Grasshopper, quindi l’approfondimento di natura più tecnica sarà propedeutico alla comprensione del caso studio successivo.

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6.1 Grasshopper Viene definito come il software basato sul linguaggio di programmazione visuale sviluppato da David Rutten a Robert McNeel & Associates e rilasciato gratuitamente nel Settembre del 2007 inizialmente chiamato Explicit History. Grasshopper funziona all'interno dell'applicaGRASSHOPPER zione Rhinoceros 3D CAD. Questo plugin è diventato parte degli strumenti standard di Rhinoceros nella versione 6.0 e successive.

POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

FLESSIBILITA'

6.1.1 L’interfaccia

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Una volta caricato il plug-in si riuscirà a visualizzare il foglio di lavoro di Grasshopper, in questa interfaccia ci sono molti elementi, buona parte dei quali familiari all’utente che utilizza Rhinoceros: A La barra principale del menu Il menù è del tutto simile a quelli di Windows, con l’eccezione del controllo per la ricerca dei file sull’estremità destra B. Con questo menù a tendina si può scorrere velocemente tra i file caricati. Attenzione se si usano i comandi da tastiera (shortcuts), poichè sono gestiti dalla finestra attualmente attiva che può essere quella principale di Rhino, quella di Grasshopper o qualsiasi altra finestra di dialogo all’interno di Rhino. B La ricerca dei file Come già anticipato, questo menù a tendina viene usato per passare tra un file e l’altro di quelli caricati. A

B C

D


C Pannello dei Componenti Questo pannello mostra tutte le categorie di componenti, ognuno dei quali appartiene ad una certa categoria (tipo “Param” per tutti i tipi di dati primitivi, o “Curves“ per tutti gli strumenti che hanno a che fare con le curve). Ogni categoria ha il suo specifico pannello. Larghezza e lunghezza delle barre possono essere personalizzate. consentendo di tenere visibili più o meno pulsanti per categoria. I pannelli di categoria contengono tutti i componenti che appartengono a quella categoria. Poichè potenzialmente il loro numero può essere molto elevato, vengono mostrati solo quelli mostrati più di recente, mentre per visualizzare gli altri è necessario premere sulla freccia nera nell’angolo in basso a sinistra della barra: Si può selezionare il componente desiderato e trascinarlo sul canvas (la parte dove si componene il progetto). La sola selezione del componente lo rende disponibile nel menù chiuso, ma per usarlo è comunque necessario trascinarlo sul canvas. Si possono trovare i componenti anche facendo doppio click sull’area del canvas e scrivendo il nome nella finestra che appare: vedrai una lista di componenti che rispondono al criterio di ricerca (che contengono la parola scritta). 63

D Canvas Questo è lo spazio dove definisci e disegni lo schema dell’History. Il canvas (letteralmente la tela su cui dipinge il pittore) ospitasia gli oggetti che compongono la definizione che alcuni Widgets di interazione con l’utente G. Gli oggetti sul canvas hanno una codifica di colore che ne indica lo stato:

A

B

C

D

E


A) Parametro. Un parametro che contiene avvisi è mostrato in arancio. La maggior parte dei Parametri inizialmente appaiono di questo colore, perchè non ancora connessi a dati. B)Parameter. Un parametro che non contiene errori nè avvisi (colore nero) C) Componente. Un componente è sempre un oggetto più complesso, contenendo parametri input e di output. Questo specifico componente ha associato almeno un avviso (colore arancio). Si può individuare qual’è il parametro che genera avvisi ed errori attraverso il menù contestuale degli oggetti (tasto destro su corpo o input/output dell’oggetto). D) Componente. Un componente che non contiene errori nè avvisi (colore nero). E) Componente. Un componente che contiene almeno un errore (colore rosso). L’errore può derivare sia dal componente o da uno dei parametri di input/output. Tutti gli oggetti selezionati vengono mostrati con un sovra-colore verde.

6.1.2 Oggetti Grasshopper

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Una definizione di GH si compone di molti tipi di oggetti, ma per iniziare è necessario comprendere almeno la differenziazione tra: • Parametri • Componenti I parametri contengono dati, nel senso che immagazzinano informazioni. I componenti contengono azioni, nel senso che svolgono determinate azioni.

C

A G B

D

F

E

A) Un parametro che contiene dati. Dal momento che non c’è alcuna connessione sul lato sinistro dell’oggetto, significa che esso non eredita i suoi dati da qualcos’altro. I parametri che non contengono errori o avvisi sono blocchetti sottili di colore nero con dicitura orizzontale. B) Un parametro che non contiene alcun dato. Qualsiasi oggetto che non contiene dati è considerato sospetto in una definizione di History (storia di costruzione) esplicita, poichè non se ne vede l’utilità. Per conseguenza, tutti i parametri (appena aggiunti) sono di colore arancio, ad indicare che non contengono (ancora) dati e non hanno alcun effetto tangibile sul risultato della soluzione dell’History. Nel momento in cui un parametro eredita o gli viene attribuito un dato, diventa nero. C) Un componente selezionato. Tutti gli oggetti selezionati presentano una sovra-colorazione


verde. D) Un componente regolare. E) Un componente che contiene avvisi/o. poichè eè probabile che un componente abbia diversi input ed output, ad intuito non si può capire quale abbia generato l’avviso. Ce ne possono essere anche più di uno. Con il menù contestuale, ne si possono individuare le cause. A volte gli avvisi non devono necessariamente essere risolti. Possono essere perfettamente regolari. F) Un componente che contiene almeno un errore. Come per gli avvisi, non è possibile vedere a prima vista qual’è l’origine dell’errore. G) Una connessione. Le connessioni sono sempre tra un parametro di output ed uno di input, non esiste alcun limite al numero di connessioni che un parametro può avere, ma non è possibile creare una definizione con connessioni cicliche/ricorsive.

6.1.3 Parti di un componente Un componente normalmente richiede dati per svolgere la sua azione, che di solito produce un risultato. Questa è la ragione per cui gran parte dei componenti hanno un set di parametri annidati, a cui ci si riferisce come parametri di Input e di Output. Gli Input si trovano sul lato sinistro del componente, mentre gli Output sono sul lato destro:

A

B

C

A) I tre parametri di Input del componente Divisione. Di default, i nomi dei parametri sono abbreviati. Eventualmente sono anche rinominabili a discrezione. B) L’area del componente Divisione (di solito contenente il suo nome). C) I tre parametri di Output del componente Divisione.

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6.2 Dynamo Questo software viene descritto come: “Uno strumento di programmazione visuale che mira ad essere accessibile a entrambi: programmatori e non programmatori allo stesso modo. Questo offre agli utenti la possibilità di visionare il comportamento dello DYNAMO script, definire pezzi personalizzati della logica, e utilizzare script di vari linguaggi di programmazione testuali.” Dynamo permette di lavorare all’interno di

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POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

FLESSIBILITA'

un processo di programmazione visuale in cui si possonoì collegare più elementi insieme, per definire i rapporti e le sequenze di azioni che compongono algoritmi personalizzati. Si possono utilizzare gli algoritmi per una vasta gamma di applicazioni, in tempo reale e senza scrivere una riga di codice. Dynamo con tutti gli strumenti geometrici annessi ha accesso alla gestione dei pacchetti che gli utenti attuali di Revit hanno già disponibile, mentre gli utenti non-Revit saranno ora in grado di ottenere una versione “sandbox” di Dynamo, simile a quella che molti hanno già utilizzato. E’ ormai una certezza che l’interesse al suo utilizzo, si sta espandendo ad un gruppo sempre più ampio di persone, che forniscono nuovi modi per semplificare la consegna progettuale in riferimento alla funzionalità ed alle necessità del cliente e dell’impresa costruttrice. Per la gente negli uffici, questo dovrebbe essere un ponte tra gli utenti non-Revit e progetti


basati Revit. Questo sistema di gestione dovrebbe agevolare il confronto con consulenti e collaboratori attraverso altre piattaforme come Navis e Rhino, e di aprire il calcolo per gli utenti al di lĂ del tradizionale BIM. I ricercatori per lo svuluppo del software Dynamo stanno continuando a fare ricerche e migliorie per potenziare sempre piĂš questo strumento, questo continuerĂ ad essere distribuito e supportato via DynamoBIM.org.

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6.3 Para 3d Inizialmente nato sotto il nome di Parametric Array, è un plugin per 3ds Max che consente agli utenti di creare modelli digitali parametrici ed animazioni utilizzando tutte le funzionalità di modellazione di 3ds Max. Para 3D è progettato per essere il più semplice e user friendly possibile. L’interfaccia utente è PARAdi3D simile a quella Material Editor 3ds Max, per ridurre eventuali curve di apprendimento ripide volte all’ambiente Para 3d. Para 3d è l’antitesi al tradizionale approc-

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POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

FLESSIBILITA'

cio degli architetti prendendo in prestito il software da animatori di professione. Il software è stato progettato principalmente per architetti e designer. Ciò è dimostrato dal fatto che non è richiesta nessuna conoscenza di programmazione di alcun tipo, infatti il risultato della sua facilità d’uso è che chiunque potrebbe essere in grado di utilizzarlo. PARA 3D è molto utile per varie discipline, tra cui motion graphics e visualizzazione. Tuttavia, a causa della crescente richiesta di velocità e potenza che Animatori invariabilmente richiedono, la versione più veloce di PARA 3D è attualmente in fase di sviluppo. Tutto può essere fatto semplicemente trascinando e rilasciando lo strumento scelto e manipolare i valori a qualsiasi livello richiesto. Vi è una combinazione quasi illimitata di strumenti che possono essere uniti. Para 3d è stato progettato per essere il più efficiente possibile, utilizzando la minor memoria


possibile, infatti gli sviluppatori sono riusciti a rendere i tempi di calcolo molto più leggeri di Parametric Array. L’interfaccia che si propone all’utente è molto simile a molti plugin che interagiscono con altri software di modellazione 3d, i componenti possono venir trascinati direttamente sull’area di lavoro con un sistema drag&drop, le connessioni tra i componenti sono state create con uno stile abbastanza intuitivo da permettere un semplice filo conduttore che percorrse tutto l’algoritmo. Negli ultimi anni, Autodesk ha contribuito attivamente al progetto open source Dynamo, Dynamo fornisce un ambiente di programmazione visuale accessibile dai progettisti e permette loro di creare visualmente delle modalità che abilitano le geometrie e i comportamenti degli elementi e dei dati di Revit, introducendo costantemente nuove funzionalità per ampliare la famiglia di prodotto Revit e per ottimizzare i workflow.

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6.4 Xpresso Xpresso è una partizione del software Cinema 4D, per la modellazione 3D e l'animazione prodotto dalla software house MAXON Computer GmbH. Il programma supporta tecniche di modellazione procedurale, poligonale e solida, la creazione e l'applicazione di texture, la XPRESSO gestione dell'illuminazione, l'animazione e il rendering delle scene.

POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

FLESSIBILITA'

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Cinema 4D è dedicato principalmente alla post-produzione di film per la realizzazione di effetti speciali, principalmente grazie al modulo opzionale Bodypaint 3D. È apprezzato anche nel mondo della grafica e dell'animazione, grazie all'integrazione con i più diffusi software del settore, come Adobe Flash. Il metodo tradizionale di lavorazione è tramite vertici, cioè gruppi di punti situati su superfici. Queste superfici possono essere a loro volta divise in "patch", con tre o quattro vertici regolabili ognuna. Muovendo i vertici su tre dimensioni si possono ottenere forme complesse. Una volta che la scena è conclusa viene renderizzata: vengono calcolate le ombre e le luci, i riflessi e le reazioni dei materiali alla luce. A questo punto il file viene salvato come filmato o come immagine statica: questo processo può richiedere pochi secondi (per scene semplici) oppure interi giorni (per scene più complesse).


Con l’editor per nodi XPresso di CINEMA 4D è possibile impostare complesse iterazioni automatizzate, ricavabili da oggetti semplici come linee di disegno e oggetti, oppure da elementi più complessi come muscoli che si rigonfiano automaticamente, occhi che lampeggiano a random o meccanismi di clock per gli interruttori di una luce è veramente più facile gestire scene di animazione. XPresso Editor è il luogo in cui si costruiscono questi comportamenti, chiamati “espressioni”. Xpresso consente di aggiungere porte di input ed output per ogni oggetto presente nel menù di gestione, così come rapidamente si possono collegare diversi oggetti al fine di comporre uno script algoritmico. Le espressioni sono frammenti di programmazione visuale in cui complesse relazioni tra gli oggetti possono essere create e controllate dal progettista o addirittura regista - parlando di cortometraggi o semplici animazioni. Le Espressioni tendono a semplificare e automatizzare le interazioni, permettendo di guadagnare tempo e fotogrammi ripetitivi.

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6.5 CATIA Acronimo di Computer Aided Three dimensional Interactive Application è una piattaforma commerciale di tipo CAD/CAE/CAM. Il software è sviluppato dalla azienda francese Dassault Systèmes e venduto tramite l'IBM. Il programma, scritto nel linguaggio C++, CATIA è la pietra miliare della suite di Dassault Systèmes per la gestione del ciclo di vita del prodotto. Il software, creato tra la fine degli anni set-

POTENZIALITA'

PREZZO

UTILIZZO

INTUITIVITA'

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FLESSIBILITA'

tanta e i primi anni ottanta per sviluppare il Mirage, l'aereo da combattimento della Dassault, fu in seguito adottato nelle industrie aerospaziali, automobilistiche, navali e in molte altre. CATIA fu sviluppato inizialmente nel 1977 per uso interno dal produttore di aerei francese Dassault Aviation, a quel tempo utilizzatore del software CADAM. Nel 1984, la Boeing scelse CATIA come suo principale software CAD 3D divenendone il più grande acquirente. Nel 1990, la General Dynamics Electric Boat scelse CATIA come software per progettare i sottomarini di classe Virginia. Nel 1992, CADAM fu acquistato da IBM e l’anno successivo fu distribuito CATIA CADAM v4. Nel 1998 fu distribuita CATIA V5, una versione completamente riscritta e supportata da UNIX, Windows NT e dal 2001 Windows XP. Nel 2008, Dassault ha annunciato CATIA V6 supportato unicamente da Windows. Denominato comunemente come software tridimensionale per la gestione del ciclo di vita di


un prodotto, CATIA è in grado di supportare numerosi stadi della vita del prodotto, dalla creazione, al design (CAD), alla produzione (CAM), all’analisi (CAE). CATIA si appoggia a un kernel geometrico comprendente un modellatore parametrico di superfici e di solidi (parametric feature based modeler). Questo utilizza curve NURBS come principale rappresentazione interna delle superfici. CATIA è un sistema altamente scalabile pertanto può essere corredato di altre applicazioni o moduli comprendenti tutti gli strumenti normalmente disponibili per questa fascia di sistemi PLM come, ad esempio, piattaforme PDM (tra le quali si ricordano Enovia e Smarteam), ambienti CAE per l’analisi agli elementi finiti, routine CAM per la definizione e il calcolo dei percorsi utensile, ecc.

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L’architetto Frank Gehry ha usato questo software per conto della C-Cubed Virtual Architecture (ora Virtual Build Team), per progettare i suoi edifici curvilinei, oggetto di numerosi riconoscimenti. L’azienda tecnologica che a lui fa capo, la Gehry Technologies, ha sviluppato un software, basato su CATIA, denominato Digital Project. Quest’ultimo è stato usato per progettare edifici in tutto il mondo per conto di diversi studi ed ha permesso di portare a compimento progetti davvero molto ambiziosi. Va detto che la modellazione di forma libera applicata a strutture architettoniche è stata oggetto di critiche in quanto si rende necessario utilizzare molto più materiale portante del normale, oltre a perdere talvolta le funzionalità primarie per le quali l’edificio è stato realizzato.


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Capitolo settimo

Caso studio Edificio multifunzionale a Berlino

7.1 Inquadramento di progetto Nel cuore pulsante di Berlino, all’interno dell’area generata dai tre poli di interesse storico e culturale quali la “Porta di Brandenburger”, Potsdamer Platz e il Kreuzberg si individua la planimetria con individuazione del lotto di interesse su cui si è sviluppata una analisi del contesto, un progetto e una risposta alla necessità di ideare un edificio di carattere commerciale, direzionale e residenziale. La zona di progetto, riconosciuta per il suo valore storico attribuito al Checkpoint Charlie per i suoi riferimenti architettonici quali il quartiere residenziale progettato dall’Arch. Aldo Rossi e l’edificio di Josef Paul Kleihues, trova all’incrocio tra la Friedrichstraße e Schützenstraße lo spazio di intervento pari a circa 2200mq di superficie.

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Fig. 1 In alto: La Biblioteca centrale della Humboldt Universitat a Berlino. Fig. 2 destra: Planimetria generale con i riferimenti storici geografici. 76

I riferimenti diretti su cui si è potuto trarre ispirazione sia dal punto compositivo che tecnologico è la Biblioteca centrale della Humboldt Universitat dell’Arch. Max Dudler. Questa ha subito suscitato l’interesse per la sua ripartizione alternata delle colonne di facciata, che in questo progetto è stata riproposta con una serie di pilastri della dimensione di 75x75cm generando aperture finestrate diverse di dimensione modulare, sempre nel rispetto della proporzione tra superficie opaca e trasparente richiesta dalla normativa Berlinese. L’alternanza di pieni e vuoti attribuiscono alla facciata un carattere dinamico che la rendono sempre diversa. La distribuzione interna a diversi usi dell’edificio è specifica per ogni piano: al piano terra sono presenti due ingressi alla corte interna ed agli spazi commerciali, al piano mezzanino continua la destinazione commerciale del piano inferiore, i successivi quattro piani sono ad uso ufficio mentre gli ultimi due livelli sono destinati a residenze per un totale di sette unità abitative di diversa superficie. La presenza della corte interna dell’edificio consente l’accesso a tutti gli spazi commerciali ed a tutti i piani dell’edificio. Inoltre la suggestiva copertura vetrata generata dalla costruzione matematica di un’iperbole al centro dell’area comune, garantisce la protezione dello spazio sottostante dagli agenti atmosferici rendendolo più versatile. Per ogni piano ad uso direzionale sono garantite le scale di sicurezza e gli ascensori che servono tutti i piani dell’edificio. Il piano tipo presenta un “anello di circolazione” che collega la sala riunioni sempre ad angolo tra le due strade principali, i punti di pausa-ristoro, tutte le postazioni di lavoro e i servizi igienici.


La differenziazione delle aperture finestrate è data dalla modularità di ogni pilastro che regola in maniera intelligente la luminosità di ogni ambiente, la scelta del telaio è data dalla percezione globale del prospetto che richiede la definizione delle linee forti della pietra come partito architettonico predominante.

Distribuzione interna degli spazi: 4 2

3

6

1

1_Ufficio 2_Ufficio del Dirigente 3_Scale e Ascensori 4_Sala riunioni 5_Open space 6_Area relax

Distribuzione interna di un appartamento: 1_Cucina 2_Bagno 3_Soggiorno 4_Stanza da letto 5_Terrazza 6_Giardino 7_Studio

3 4 1 7

2 5

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7.2 Maglia strutturale La struttura portante disegnata su una maglia strutturale di 600x600cm, con una eccezione anch’essa modulare di 750cm, viene pensata in calcestruzzo armato a pilastri strutturali di 50x50cm. La scelta di predisporre i pilastri con riferimenti da quota zero fino all’estradosso dell’ultimo solaio del piano uffici, ha permesso la gestione di questi 62 pilastri autonomamente, a prescindere dall’altezza dei vari solai interpiano. L’algoritmo, sviluppato tramite il plugin di Grasshopper abbinato al modellatore NURBS di Rhinoceros, si compone di due parti quasi identiche rispettivamente per la parte nord e quella sud dei pilastri che si differenzia solo per la campata centrale di ingresso dalla via principale est dell’edificio.

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1 2

1

2


Nello specifico si prende in analisi l’algoritmo che consente di gestire i pilastri dalla corte alla facciata nord dell’edificio. Leggendo da sinistra verso destra lo script, si sono individuati due Number slider che consentono di inserire le dimensioni totali al lordo delle superfici perimetrali dell’area considerata. Queste sono le coordinate geometriche e punti che mediante il componente Rectangular grid è possibile regolare il numero di spazi, ovvero il numero di campate che desidero predisporre. Il componente Cull-i agisce inversamente al componente List Item e consente di selezionare ed eliminare da una lista i pilastri che non sono previsti dal progetto, in questo caso quelli appartenenti alla corte interna, per cui si predisporrà una copertura a parte in un secondo momento. Infine si associa ogni punto collegato alla struttura al componente Box, che con le dimensioni dai number slider di 25cm in asse al pilastro crea dei parallelepipedi di dimensione 50x50x1055cm. Il componente Move assicura che la griglia non parta dalle coordinate 0;0;0 ma da una coordinata Y definita.

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1


7.3 Solai interpiano Diverse sono le destinazioni d’uso degli otto piani dell’edificio, per questo motivo ogni piano ha una sua altezza netta e di conseguenza è stato necessario sviluppare un algoritmo indipendente anche per per la progettazione dei solai. Il componente principale è il Box, che riceve tre input dai Number slider ed emette i dati necessari per comporre un volume di spessore 60cm e ampio quanto la superficie dell’intero edificio. In questo caso è stato scelto di utilizzare la stessa sequenza per tutti i solai interpiano, assicurandosi che ognuno di essi fosse alla quota corretta rispettando soprattutto le altezze degli edifici esistenti. Infine per avere il solaio nella posizione corretta sono stati introdotti i componenti Move nelle tre direzioni spaziali per garantire l’esatta collocazione del suo ingombro.

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Mediante il sistema di raggruppamento visuale dei componenti, è tanto necessario quanto immediato, disporre con ordine tutti gli elementi necessari alla stesura di qualsiasi algoritmo, al fine di renderne intuitiva ed immediata la lettura e comprensione.


All’interno dell’edificio si svilupperà una corte e non potendo avere la parte di solaio in questa zona, è stato utilizzato il componente Trim che per logica sottrattiva ha eliminato la parte in eccesso. Il volume che consente la sottrazione booleana ha anch’esso delle coordinate e limiti massimi tra due punti estremi.

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Il volume evidenziato in verde corrisponde al volume nel quale non sarà presente la superficie calpestabile, mentre l’unione degli algoritmi generati finora illustrano il sistema strutturale completo.


7.4 Le facciate 7.4.1 La facciata esterna Il prospetto si presenta come un’alternanza quasi casuale tra pieni e vuoti ma ancora una volta grazie ad algoritmi più complessi, è stato possibile controllare sia le dimensioni delle aperture finestrate sia le altezze delle colonne. Nel rispetto delle normative sul rapporto illuminotecnico degli ambienti, sono state calcolate le superfici di vetro necessarie e parametrizzate modularmente alla larghezza della colonna. La serie di algoritmi necessari per il controllo di queste operazioni è stata strutturata per livelli: inizialmente è stata suddivisa la campata, poi ripetuta rispettivamente al numero di campate del lato e successivamente il lato è stato copiato in numero pari al numero di piani della stessa facciata.

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In alto: Prospetto nord A sinistra: Partizione della facciata modulare A destra: Dettaglio costruttivo della colonna.


Nella composizione dell’algoritmo, due Number slider hanno il compito di specificare le coordinate dei punti in cui si posizioneranno le colonne, mentre il terzo indica il numero degli spazi nell’intervallo assegnato. Per semplificare e rendere più immediato l’orientamento all’interno del Canvas, è stato assemblato un componente valido per tutte le campate, chiamato Cluster.

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Attraverso il Cluster è possibile ottenere componenti personalizzati raggruppando in un singolo oggetto sequenze algoritmiche più o meno complesse. La creazione di quest’ultimo avviene seguendo due semplici passaggi: • La Selezione - all’interno dell’algoritmo - degli input da trasformare in input del nuovo componente. • La creazione del Cluster selezionando l’intera sequenza presente nel menù. I Cluster possono essere “aperti“ - al fine di visualizzare l’algoritmo relativo - in un nuovo file chiamato “unnamed“ di Grasshopper. Una volta creato, il cluster potrà essere salvato nel pannello componenti per essere richiamato in future sessioni di lavoro. C’è la possibilità anche di scegliere la categoria e sottocategoria di archiviazione nel menù degli oggetti creati.


L’ordinata schematizzazione dei singoli algoritmi, mi consente di comporre il gioco compositivo delle colonne di facciata su entrambi i lati dell’edificio, con un componente che in questo caso si chiama: Rotate. Il meccanismo di raggruppamento delle singole colonne può avvenire tramite un parametro neutro che funge solo da contenitore e muoverlo in altezza nei diversi piani dell’edificio.

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Sono stati utilizzati due sottogruppi per le facciate rispettivamente sul lato nord e sul lato est, che avendo due lunghezze diverse avranno un numero diverso di campate. Il processo è ormai meccanico e viene ripetuto per gli otto piani dell’edificio.


Sempre nel rispetto della normativa, grazie alla parametrizzazione secondo canoni imposti dal progettista, gli consente di aggiungere potenzialmente infiniti altri canoni per arricchire con numerosi dettagli il progetto. Il risultato che ne deriva è la completa percezione visiva della pelle dell’edificio esterna che con discrezione nasconde la maglia strutturale, in quello che è un movimento omogeneo a distinte densità di pieni e vuoti. L’osservatore si sente quasi coinvolto nello scoprire quale sarà l’alternativa corretta da percorrere con lo sguardo per arrivare in cima all’edificio. La visione d’insieme non risalta immediatamente le aperture verso la corte interna ma anzi le mimetizza con il passo costante delle colonne al piano terra l’unico modo per individuarne l’ingresso è percorrere il lato in tutta la sua lunghezza.

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7.4.2 La facciata interna Nella corte interna la somiglianza con la scelta compositiva esterna è immediata. In corrispondenza del vano dei servizi, dove sono stati posizionati vani scale e ascensori ad esempio, la distanza tra i pieni si riduce a 25 cm mentre per garantire più luce naturale in corrispondenza dell’area svago sono state aumentate a 75 o125 cm. Come per la facciata precedente, la gestione dell’algoritmo utilizza il Number slider per le distanze tra pieni e vuoti, il componente Cluster con le proprietà definite per tutte le campate ed infine il componente Move per la localizzazione in altezza dei singoli volumi. Per facilitare la gestione di tutti i dati presi in esame per piano, sono state raggruppate tutte le colonne in un componente Geometry.

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7.5 Volta vetrata Al fine di creare una copertura vetrata nella corte interna dell’edificio, è stata adottata una maglia geometrica estrapolata da un’iperbole matematica generata tra l’intersezione della retta sul lembo superiore del blocco ad uffici e la retta ortogonale al centro della corte. L’operazione successiva è stata una rivoluzione del profilo lungo l’asse centrale sui binari rettangolari del bordo superiore. La scelta di concretizzare la superficie vetrata con pannelli triangolari in acciaio vetro, risale al richiamo di riferimenti già sperimentati in altri casi realizzati come ad esempio la copertura della DZ Bank a Berlino oppure la nuova corte del British Museum a Londra. L’algoritmo per la discretizzazione della superficie consiste nella suddivisione sul lato inferiore e superiore in punti che tra loro definiscono una geometria triangolare.

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Fig. 3: Copertura della DZ Bank a Berlino

Concept compositivo della copertura vetrata.

Fig. 4: Corte del British Museum a Londra


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Il punto di partenza di quest’algoritmo è il richiamo della superficie creata in Rhinoceros con il comando Sweep nurbs mediante il componente Surface. Successivamente la superficie è stata collegata al discretizzatore in singole mesh in questo caso triangolari chiamato TriB. Le superfici triangolari sono state raccolte in un componente Geometry insieme agli elemeni tubolari, generati dal componente Pipe avendone specificato con un Number slider il raggio. Trattandosi di migliaia di oggetti, le operazioni di calcolo sono state di notevole rilevanza tempistica, quindi ancora una volta la percezione e attenzione generale del progettista nella stesura dell’algoritmo risulta di indispensabile importanza per evitare errori che comportano un sovraccarico di lavoro per il calcolatore utilizzato. L’ultima fase della progettazione è il trasferimento dei dati delle geometrie dai singoli componenti alle mesh in Rhinoceros mediante il comando Bake che consente la restituzione fisica del modello nello spazio tridimensionale.


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La definizione dell’algoritmo completo dell’edificio in Grasshopper.




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Conclusioni

Sono passati ormai decine di anni da quando il pensiero parametrico ha cominciato ad influenzare concretamente il processo progettuale e compositivo dell’architettura. I maestri dell’approccio parametrico, hanno insegnato e dimostrato con progetti concreti, che il processo evolutivo alla base della progettazione e realizzazione di edifici è possibile, ma necessitano di un’enorme quantità di tempo, a volte un’intera vita. L’approccio parametrico è stato testato, negli ultimi decenni, dallo sviluppo delle tecnologie informatiche applicate al disegno ed alla progettazione architettonica. L’evoluzione dei programmi hanno messo l’utente nella posizione di massimo controllo del progetto. Questo forte impulso, ha permesso uno stimolo di ricerca tale da consentire l’interesse nel migliorare ed affinare questo approccio ed applicarlo all’architettura contemporanea con estremo successo. Il fine della tesi, è quello di testare un approccio alla modellazione parametrica basato dulla logic algoritmica attraverso alcune applicazioni nel campo della modellazione geometrica. In riferimento agli algoritmi generativi dei capitoli precedenti è possibile comprenderne le potenzialità produttive nella progettazione architettonica semplicemente soffermandosi sulle modalità di realizzazione degli stessi e sui risultati visualizzati. Quindi è possibile visualizzare e riconfigurare le geometrie in input e in output, con la semplice variazione parametrica di questi, con una velocità quasi istantanea. Quest’approccio contribuisce infine a rendere ancora più flessibile la progettazione on demand, già attuata grazie all’utilizzo di software parametrici associativi, estendendola a una produttività generativa più concreta in cui i computational designer realizzano strumenti per progettare tenendo conto delle tecnologie produttive in uso nell’azienda specifica, la quale produce su richiesta del committente, guidato dal progettista, sul processo di trasformazione geometrica del modello. Grazie all’analisi di alcuni edifici su cui in cui è stata compiuta l’applicazione del pensiero parametrico, sono state approfondite le basi e le linee guida per una più efficiente consapevolezza del concreto uso che ne viene fatto. Nella redazione del caso studio si è utilizzato il software Grasshopper (plug-in di Rhinoceros), il quale si è dimostrato uno degli strumenti più intuitivi per legare insieme l’idea progettuale attraverso un interfaccia grafica per nodi, mantenendo il concept aperto a futuri cambiamenti nonchè applicazioni di varia natura.

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Capitolo secondo: 1.1 http://2.bp.blogspot.com/-J4nHMRhC9zw/UmWD1geOzKI/AAAAAAAAA FA/sJg-8zsV0y4/s1600/image001.jpg 1.2 http://www.cittasostenibili.it/urbana/img/Amst_General_plan.jpg 1.3 http://www.francopalpacelli.it/img/opere/urbanistica/cep/cep.jpg 1.4 http://www.cittasostenibili.it/urbana/img/londra1944.jpg 1.5 http://urbanplanning.library.cornell.edu/DOCS/howard5.gif 1.6 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f1/Lingotto.JPG 1.7 http://www.unimib.it/upload/bicocca%2004.jpg 1.8 http://3.bp.blogspot.com/-bz4ugFhhouo/UawBK2YJ64I/AAAAAAAAAW g/-zqCUPrFlM4/s320/cityengine.jpg 1.9 http://c1038.r38.cf3.rackcdn.com/group1/building2886/media/media_8.jpg 2.0 http://www.ibb.gov.tr/tr-TR/SiteImages/Haber/subat2008/kartal_kentsel31.jpg Capitolo terzo: 3.1 3.2 http://i.imgur.com/Q8kV8.png

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Capitolo quarto: 4.1 Walt Disney Concert Hall 1.1. http://mihanbana.com/wp-content/uploads/2014/07/walt_disney_concert_hall_ la1.jpg 1.2. http://images.adsttc.com/media/images/526a/7df8/e8e4/4ee8/e100/04c2/lar ge_jpg/wdch_plans_a0_2-02_clean-aia.jpg?1382710516 1.3. http://c1.staticflickr.com/5/4137/4857726346_33aea9a719_b.jpg 1.4. http://4.bp.blogspot.com/_aFeR5OQB5c8/TLA_n-51pFI/AAAAAAAAAfU/ wpWnNwnAwZg/s1600/Walt_Disney_Concert_Hall_Section2.jpg 4.2 BMW Welt 2.1. http://www.architectural-review.com/Journals/2013/04/25/x/o/h/Himmel blau-zoomed-01.jpg 2.2. http://m1.sinaimg.cn/maxwidth.640/m1.sinaimg.cn/f64d89598ddf6266469df 394d323adde_554_416.jpg 2.3. http://madeineurope.miesbcn.com/Mies/Constructions/BMW%20Welt/ Images/static_files/big_27-2318.jpg 4.3 Centro Pompidou 3.1. https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/4/44/Metz_(F)_-_Centre_ Pompidou_-_Au%C3%9Fenansicht.jpg 3.2. http://www.bauenmitholz.de/files/smthumbnailda a/800x600/5/7/6/8/8/1767720jpg 3.3. http://tout-metz.com/wp-content/uploads/2009/02/ext_image_img_ big_80_cpm_forum.jpg 3.4. http://41.media.tumblr.com/8e548b557c4c91401320359bb2e29463/


tumblr_ngd1yjCDW71rtf8mko1_1280.jpg 4.4 Stadio Olimpico di Pechino 4.1. http://img.archilovers.com/projects/b_730_50261720-FDF5-4C21-A187- CF16251827D9.jpg 4.2. http://bim-sim.org/wyan/images/BirdNestRevit.jpg 4.3. https://vincentloy.files.wordpress.com/2008/12/11.jpg?w=450 4.4. https://libertecture.files.wordpress.com/2014/01/how-to-do-the-algorith mic-boogie.jpg 4.5 Yas Hotel 5.1. http://static.wixstatic.com/media/b3e12d_96ef5f4f9fd670e271e 0fef331031d83.jpg_srz_p_980_440_75_22_0.50_1.20_0.00_jpg_srz 5.2. http://4.bp.blogspot.com/-RC4OUG2psyI/VHE9LZYi-yI/AAAAAAAA-gU/ bL0HDyobavc/s1600/4075028048_73114f6586_o.jpg 5.3. http://1.bp.blogspot.com/-FfM_fNE-ySg/VT1-CDH30KI/AAAAAAAA AwY/hTJ8mDX3S0A/s1600/Screenshot%2B3_Emad_Al-Qattan.jpg 4.6 Torre O-14 6.1. http://interpamblog.com.br/wp-content/uploads/dubai.jpg 6.2. https://cdn.protenders.com/projects/photos/920/natural.jpg?1427065784 6.3. http://goo.gl/WCL6SG 6.4. http://www.ctbuh.org/Portals/0/High-rise%20Resources/Featured%20 Tall/2010/O14/O14-stress.jpg 4.7 Museo Soumaya 101 7.1. https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5d/Museo_Sou maya_Plaza_Carso_V.jpg 7.2. http://goo.gl/vs6pFn 7.3. / 7.4./ 7.5. http://issuu.com/gehrytech/docs/sou_06_issuu_version 4.8 Galaxy Soho 8.1. http://www.dorma.com/hk/upload/references/106/large/Galaxy_Soho_4_ZH- Galaxy-Soho-005_982x432px_RGB.jpg 8.2. http://perspectives.3ds.com/wp-content/uploads/Screen-Shot-2015-01- 27-at-11.51.25-AM.png 8.3. http://www.popoffices.com/design/app/1114/popoffices_galaxy_soho-11.jpg 8.4. http://www.zaha-hadid.com/wp-content/files_mf/cache/th_65d1300db 123ce22f6e2569fb36764f8_f8.png 4.9 Absolute Towers 9.1. http://acdn.architizer.com/thumbnails-PRODUCTION/f3/7f/f37fc20f 4796b6ef86c9320c86640c99.jpg 9.2. http://media.point2.com/p2a/htmltext/7e49/aa55/4e02/1d3b d295038c05b4fd93/original.jpg 9.3. http://4.bp.blogspot.com/-16Hto4GNwfU/UJ1B7eK-xKI/AAAAAAAA O6Y/CVhVxlxeupM/s1600/Absolute+Towers+by+Mad09.jpg 9.4. http://4.bp.blogspot.com/-6l5ZQRX8FWM/UzDe4Xa1LRI/AAAAAAAAA


Gs/q7NJTyDuQp8/s1600/project1_screenshot_step6.jpg 4.10 Padiglione Cina Expo 10.1. http://www.1421.consulting/wp-content/uploads/2015/08/AAA2761-Edit.jpg 10.2. http://architecturelab.net/wp-content/uploads/2015/05/A007_SergioGrazia.jpg 10.3. http://cdn.archinect.net/images/1200x/2w/2wtx8s517x0e376o.jpg 10.4. http://www.jiudi.net/upLoad/news/month_1501/201501231501108591.jpg 10.5. http://cdn.archinect.net/images/1200x/j5/j5sbozwaj0ty0tsb.jpg

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Capitolo quinto: 1. https://n-e-r-v-o-u-s.com/cellCycle/images/cellCycleapp.jpg 2. https://74fdc.files.wordpress.com/2013/06/nervous-system-ring.jpg 3. https://jewellerymorph.files.wordpress.com/2013/02/pararing_cones2.png 4. http://i.materialise.com/blog/wp-content/uploads/2012/10/R-PAP-001.jpg 5. http://n-e-r-v-o-u-s.com/projects/i.php?/000/774/jump-composite,xlar ge.1417361094.jpg 6. http://static.dezeen.com/uploads/2014/12/Kinematics-dress-by-Nervous-Sy stem_dezeen_468_16.jpg 7. http://unproductive.tumblr.com/page/5 8. http://www.cepklinik.com/wp-content/uploads/2014/12/Kinematics_Dress.jpg 9. http://www.arturotedeschi.com/wordpress/wp-content/uploads/2015/04/ila bo_by_ross_lovegrove_for_united_nude_image_courtesy_of_united_nude.jpg 10. http://goo.gl/oCbFO0 11. http://www.arturotedeschi.com/wordpress/wp-content/uploads/2015/04/ross-lo vegrove-arturo-tedeschi-ilabo.jpg 12. https://bgommartin.files.wordpress.com/2015/09/inhabiting-the-quake-qua ke-city-lebbeus-woods.jpg 13. http://ad009cdnb.archdaily.net/wp-content/uploads/2012/03/1331344787-wo ods-geomechanical-machines-fb178608-sm-1.jpg 14. http://blog.archpaper.com/wp-content/uploads/2012/08/freelandbuck_au ction_02.jpg 15. http://www.arcspace.com/CropUp/-/media/161297/12blobwall.jpg 16. http://farm4.static.flickr.com/3230/2647768785_eaa858d405_b.jpg 17. http://www.revistaplot.com/wp-content/uploads/2012/08/sciarc_blob_wall_ Greg_Lynn.jpg 18. http://www.archi-living.com/wp-content/uploads/Citco_Zaha-Hadid_Thorn-3_ resize.jpg 19. http://www.designfolio.co.nz/Sophie/CITCO_Ridge.jpg 20. http://www.designfolio.co.nz/Sophie/CITCO_Swirl.jpg 21. http://www.morfae.com/data/1395/11.jpgCapitolo sesto:


Grasshopper 1. http://static.wixstatic.com/media/66d56c_de773021d50d47cba8d53e 03020a2bb4.jpg_srz_380_114_75_22_0.50_1.20_0.00_jpg_srz 2. Immagine personale 3. http://modelab.is/download/grasshopper-primer-gitbook-pdf/ Dynamo 1. http://dynamobim.com/ 2. Immagine personale 3. http://2.bp.blogspot.com/-ooII4aIZpVw/Ut1VCroCmrI/AAAAAAAAFKA/mz 6z_03A3u8/s1600/2013-09-24_1038.png 4. http://4.bp.blogspot.com/-fIlKob3peQA/UfVhN6WiQhI/AAAAAAAABv8/rU slKX--iQA/s1600/Dynamo-0.JPG Para 3D 1. http://torabiarchitect.com/parametric-array/wp-content/uploads/2012/04/Pa ra_3D_logo1.png 2. Immagine personale 3. http://i.ytimg.com/vi/RJnZbd4Bb9o/maxresdefault.jpg 4. http://i.ytimg.com/vi/EShmnXBBVYU/maxresdefault.jpg 5. http://i.ytimg.com/vi/uiKvmQUqET0/maxresdefault.jpg 6. http://i.ytimg.com/vi/Kn4bcGm_40E/maxresdefault.jpg Cinema 4D 1. http://img.netzwelt.de/dw160_dh120_sw0_sh0_sx0_sy0_sr4x3_nu1/software/ 103 icons/2014/15615/c4d-r13-logopng.png 2. Immagine personale 3. http://www.a-d-k.de/data/dat20121216_210832/xpresso.jpg 4. http://i.ytimg.com/vi/Oh5WyVRBW8o/maxresdefault.jpg 5. http://www.smart-page.net/smarttween/ 6. http://i.ytimg.com/vi/DbgXvAu2WSk/maxresdefault.jpg CATIA 1. http://www.preminv.org/uploads/images/logo_catia.png 2. Immagine personale 3. http://goo.gl/b2xJT5 4. http://www.gehrytechnologies.com/en/ Capitolo settimo: 1. http://www.detail.de/fileadmin/_processed_/csm_171_416_500_3ea9e9aa56. jpg 2. https://www.google.it/maps 3. http://i.imgur.com/2InBPr7.jpg 4. http://www.sbp.de/system/attachments/project_images/1860/xlar ge_1725_102_b.jpg Le immagini non citate sono di proprietĂ e creazione personale.


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