Vetro: espressione dello spirito L’arte meta-estetica di Misha Ignis
Vetro: espressione dello spirito L’arte meta-estetica di Misha Ignis
Prefazione Vetro: espressione dello spirito L’arte meta-estetica di Misha Ignis opere di Misha Ignis
Avere avuto l’opportunità di trascorrere due giorni a Maastricht a stretto contatto con Misha Ignis, vedere le sue opere e poter discutere liberamente ed amichevolmente con lui, ci ha permesso di scoprire un lato intimo e riservato di questo artista e di capire che a Misha Ignis non interessa la figuratività, perché con il vetro tridimensionale intende mostrare l’anima dell’uomo più della realtà visibile od in qualunque modo percettibile. Ecco perché, per questa mostra, si è scelto il titolo “Vetro: espressione dello spirito”, con l’ulteriore precisazione: “L’arte meta-estetica di Misha Ignis”, ove il prefisso “meta” assume un significato “al di là, oltre”.
mostra in collaborazione con Notenstein Banca Privata SA, Lugano
Guardando le opere d’arte di Misha Ignis si può vedere che il filo conduttore della sua produzione è il dinamismo, il movimento della luce sui volumi del vetro che diventa un distillato di trasparenza e colore.
catalogo a cura di AION Masterpieces SA, Lugano
Questo movimento è uno stimolo a percepire l’incessante ed inarrestabile cambiamento dell’essere umano, forse la sua più grande risorsa, che gli permette di ritrovare sempre in sé la libertà dell’anima e del pensiero, due forze che non gli possono essere tolte.
testi di Elena Biscotti Amedeo Morandotti Maria E. Giorgi
L’espressione dell’anima che più affascina Misha Ignis è quella dell’Amore Universale, dove la purezza irradia tutti indistintamente, senza condizioni, estraniandosi dal fine. E’ un flusso dove vedere e sentire il gioire altrui ti rende felice.
progetto grafico e impaginazione netmilk.it stampato da Lazzati Industria Grafica s.r.l., Casorate Sempione (VA) in copertina The Mistery
AIΩN
Masterpieces
La libertà e la spiritualità costituiscono quindi il senso profondo che l’artista attribuisce al suo lavoro. Ed è proprio dall’anima, dalla “psyché” come definita da Socrate e da Platone, ovvero dal mondo interiore dell’uomo, che Misha Ignis, dopo aver purificato la mente da ogni pensiero del quotidiano, inizia il suo percorso di elaborazione creativa che inevitabilmente lo metterà in contatto con l’anima del mondo, dato che l’anima di ogni uomo non è altro che un frammento di questa. Il rapporto con la potenza invisibile della psiche costituisce il vero segreto dell’opera alchemica perché nella psiche e nello spirito umano è insita una forza magica capace di trasmutare la materia.
Ecco quindi che il vetro, risultato di un “procedimento alchemico” di tradizione plurisecolare è indubbiamente il materiale che ben si addice per rappresentare quel principio intelligente che opera incessantemente nell’inconscio dell’essere umano e che pulsa plasmando la psiche per renderla sempre più raffinata, “sottile e trasparente”, fino a diventare pura luce, pura energia, per manifestarsi in tutto il suo splendore. Nel procedimento alchemico ogni trasformazione della materia e dell’energia che porta alla produzione della cosiddetta “Grande Opera” è favorita dagli influssi intelligenti (“energheja”) del cielo sulla terra, ovvero da una “illuminazione” dello Spirito dell’alchimista. Carl Gustav Jung scrisse: “Gli sforzi incessanti che esige l’elaborazione della Grande Opera sembrano, in definitiva, destinati a produrre la proiezione della coscienza in stato di veglia su un piano di stato transazionale di risveglio, e quindi l’ascensione della materia fino alla Luce Ignea che ne costituisce il limite”. Ecco quindi, nelle opere di questo artista, la luce, il suo bagliore, la sua luminosità, la sua capacità di inondare il mondo di colori, di sfumature e di dettagli. Ogni colore è uno strumento musicale che Misha Ignis suona senza spartito, un’autentica jam session, lasciandosi guidare unicamente dalla voce della sua anima e dai suoi pensieri d’Amore Universale inviati nell’universo che ritornano e si concretizzano, evidenziando come il prodotto dell’incontro e della contaminazione sia spesso più ricco e prezioso della singola parte, pur bella, presa individualmente. Con la mostra intitolata “Vetro: espressione dello spirito”, AION Masterpieces vuole non solamente dare spazio ad un artista, o ad un artigiano, come si definisce lo stesso Misha Ignis, di grande spessore sia dal punto di vista professionale che personale, ma desidera esprimere l’essenza del proprio modo di agire, ossia la totale trasparenza nei confronti dei propri interlocutori. Le opere dell’artista sono qui di seguito corredate da interventi che presentano il vetro, la sua storia e le sue molteplici lavorazioni ed applicazioni nei secoli, nonché la sua indiscussa bellezza; contributi questi resi dalla dottoressa Biscotti e dal signor Morandotti su iniziativa e sotto la supervisione di Claudio Metzger. Lugano, aprile 2013
Federico U. Mion Fabrizio P. Mion Maria E. Giorgi
Ringraziamenti Un particolare ringraziamento va alla Notenstein Banca Privata SA, succursale di Lugano, per aver accettato di esporre le opere e per aver ospitato il vernissage della mostra.
Il vetro: una storia in trasparenza di Elena A. Biscotti
Quando un uomo osserva un vetro può posare su di esso lo sguardo; oppure, se preferisce, attraversarlo e spiare così il cielo. George Herbert, The Elixir
Dedication I dedicate this jubilee exhibition to my Mother Rada Belic Ignjatovic, who initiated me into the Mistery of this World and the Mistery of Stars. She introduced me to unconditional love for all living beings and stimulated my creativity. My Mother was my first teacher of visual arts and music, mathematics and poetry. It was my Mother who encouraged me to value my dreams as The Reality of my Devine Origin. I am sincerely grateful, Son Misha Dedico questa mostra-anniversario a mia madre Rada Belic Ignjatovic, che mi ha introdotto al Mistero del Mondo e al Mistero delle Stelle. Lei mi ha fatto conoscere l’amore incondizionato per tutti gli esseri viventi e ha stimolato la mia creatività. Mia madre è stata la mia prima insegnante di arti visive, di musica, di matematica e di poesia. È stata mia madre che mi ha incoraggiato a considerare i miei sogni come la Realtà della mia Origine Divina. Con sincera gratitudine, Suo figlio Misha It is an honor and privilege to have my works exhibited by AION Masterpieces SA. I wish to express my sincere appreciation to Mr. Federico U. Mion and Ms. Maria E. Giorgi for their professionalism and dedication. For the first time in my life I met such a highly spiritually elevated lawyer as Mr. Fabrizio P. Mion. M.I. È un onore e un privilegio che le mie opere siano esposte da AION Masterpieces SA. Desidero esprimere il mio sincero apprezzamento per il contributo attento e professionale del signor Federico U. Mion e della signora Maria E. Giorgi. Per la prima volta nella mia vita ho incontrato un avvocato con un’elevata spiritualità nella persona del signor Fabrizio P. Mion. M.I.
Materiale “divino” grazie al suo mistero creativo e alla sua “umanizzazione” attraverso lo sviluppo della tecnica, il vetro ha silenziosamente accompagnato l’evoluzione della storia umana. Infatti, nella trasparenza del vetro l’umanità vede riflessa la propria immagine cristallizzando la visibilità e l’invisibilità della sua essenza. Un’essenza caratterizzata dall’incontro di due elementi fondamentali: l’anima (invisibile) e il corpo (visibile). Da sempre l’essere umano ha cercato di “rendere visibile l’invisibile”, di andare oltre lo sguardo per carpire i misteri profondi alla base delle leggi della creazione. Il vetro stesso è un enigma che ha stregato e affascinato l’uomo: è una sostanza alchemica che assurge in sé potenzialità metamorfiche infinite. Esso è composto da un elemento naturale solido amorfo, vale a dire la silice (biossido di silice) presente nella sabbia e nei cristalli di quarzo o flint, che, con l’aggiunta di fondenti (carbonato di sodio o di potassio), stabilizzanti (calcio, 1
magnesio, bario, piombo, zinco, allumina o anidride carbonica) e altri metalli (sostanze ossidanti e affinanti, decoloranti e coloranti), si trasforma in liquido ad altissima viscosità attraverso la fusione e, successivamente, ancora in solido grazie a un processo di raffreddamento. Ed è proprio il carattere materiale e immateriale del vetro che, parafrasando Herbert, permette di “posare su di esso lo sguardo” o “attraversarlo” azionando sia i sensi sia il pensiero e, dunque, al vetro non va nascosta l’anima. Perché per vedere il vetro non bastano gli occhi. Perché vedere è più che solo vedere. Vedere è anche sentire, guardare è già ascoltare, vedere è pensare. In questo senso il vetro implica il pensare, perché è come se dentro di esso ce ne fosse un altro, di vetro, a cui si giunge solo e solamente attraverso un approccio cui siano coinvolti i sensi. 1
Pensare, guardare, ascoltare, sentire, vedere grazie al vetro è illuminante per comprendere
FINAZZER FLORY, MASSIMILIANO – MARINELLI, GIOVANNI (a cura di), Non solo vetro, Milano, 2004, p. 7.
piccolo litorale, non più largo di cinquecento passi, “la trasparenza” della nostra storia giacché, come molti secoli fa ebbe origine il vetro. Si narra che una lente, esso ne amplifica la bellezza, le idee e una nave di mercanti di soda sia lì approdata; i le innovazioni. Se ci guardiamo intorno, anche mercanti, riversatisi sulla spiaggia, cominciarono solo per un singolo istante, ci rendiamo conto a preparare le cibarie, ma non essendovi una di quanto il vetro condizioni molti aspetti della pietra adatta a sostenere il focolare, posero sotto i calderoni dei pani di soda (“nitrum”) che avevano nostra vita, ma la sua presenza è diventata preso dal loro carico, ma quando li accesero dopo un’assenza a furia dell’abitudine: è visibile e che essi si furono impastati con la sabbia, un rivo invisibile al tempo stesso. È come un amico di nuovo, trasparente liquido cominciò a fluire: fedele presente in tutti i momenti importanti e, questa fu l’origine del vetro. 2 spesso, non ce ne rendiamo conto. Allora viene spontaneo domandarsi: il mondo sarebbe lo Accanto al racconto di Plinio, esiste una stesso senza il vetro? teoria basata su elementi scientifici per mezzo della quale alcuni studiosi sostengono che la Rendere l’invisibile nuovamente visibile scoperta fortuita del vetro potrebbe essere legata alla metallurgia. Si è osservato, infatti, come La nascita del vetro è avvolta nel mistero e non in molteplici operazioni di fusione dei metalli si hanno dati certi né sul dove né sul quando sia si formino delle scorie sotto forma di vetro apparso per la prima volta. Neanche sul come si colorato e, per avallare questa teoria, sono state hanno elementi assodati e si pensa che il vetro condotte accurate analisi archeometriche sui sia frutto di una scoperta casuale, come attesta vetri antichi. I risultati hanno attestato l’origine il racconto di Plinio il Vecchio: metallica delle scorie composte dalle sostanze vitree rafforzando al tempo stesso l’idea della Quella parte della Siria che si chiama Fenicia e che comparsa accidentale del vetro dai residui confina con la Giudea include nel monte Carmelo metallurgici fusi. Grazie alla teoria scientifica e una palude che si chiama Candebia. Si crede che alle ricerche archeologiche, la leggenda di Plinio da là nasca il fiume Belo, che dopo aver percorso cinque miglia sfocia nel mare, nei pressi della è, così, sfatata. colonia di Tolemaide. Il suo corso è lento, le sue Il cammino del vetro sembra iniziare acque non sono buone da bere e tuttavia sono nel III millennio a. C. in Medio Oriente, più usate nelle cerimonie sacre; il suo letto è limoso, precisamente in Mesopotamia e in Egitto, per profondo e riversa nel mare le sue sabbie solo con poi approdare, tra il VII e il VI sec. a. C., lungo le la bassa marea. Perciò queste brillano, finché non sono agitate dalle onde e ripulite così dalle impurità; coste del Mediterraneo orientale, che ben presto inoltre esse furono utilizzate solo nel momento in divennero la culla della produzione vetraria. cui si pensò avessero proprietà aspre e astringenti, Sotto l’egida del Dio Hiyon, la civiltà fenicia tipiche dell’acqua salmastra. E proprio in un così
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PLIN, Hist. Nat., 36, 190-199.
contribuì alla fioritura di metodi di lavorazione innovativi e alla diffusione dei prodotti in vetro grazie alle attività commerciali che coprivano il bacino compreso fra il Mar Nero e l’estremo Occidente, toccando le coste dell’Africa settentrionale. Anche l’Asia orientale non rimase immune al fascino del vetro, arrivato in un periodo imprecisato fra il 1500 a. C. e il 500 a. C., e le tecniche di lavorazione non avevano nulla da invidiare all’Occidente. Si può pertanto affermare che nel I sec. a. C. il mondo fino ad allora esplorato (in cui non rientrava l’America, l’Australasia e l’Africa subsahariana) possedeva tutte le tecnologie necessarie alla produzione del vetro, seppur privo del carattere che lo contraddistingue: la trasparenza. Di fatto l’aspetto del vetro antico era ben diverso da quello odierno e nelle sue prime forme presentava una tipica colorazione verdastra derivante dalla presenza degli ossidi di ferro. Per ottenere un vetro incolore era necessario aggiungere alle sabbie l’ossido di manganese, mentre per dar vita a diverse colorazioni si utilizzavano l’antimonio (vetro giallo), il cobalto (vetro blu) o il rame (vetro blu oppure rosso). Tutto ciò è confermato dai rinvenimenti archeologici dei primi oggetti in vetro che, a partire dal 1500 a. C., sono sempre più numerosi e forniscono informazioni preziose anche sul processo di lavorazione del materiale stesso. Invero, è proprio al 1500 a. C. che risale l’arcaica tecnica “su nucleo friabile” o della “formatura su anima”, probabilmente diretta antenata del metodo di produzione
della ceramica. Si tratta di una primitiva forma di lavorazione basata sull’utilizzo di una verga metallica sulla quale veniva fissato uno stampo, ottenuto riempiendo un sacchetto di sabbia bagnata oppure ricoprendo d’argilla un’anima di legno, che poteva essere interamente ricoperto di fili di vetro o immerso in un crogiuolo di vetro riscaldato. Quando i manufatti erano ancora caldi venivano decorati con l’apposizione di fili di vetro colorati e, con l’ausilio di punte metalliche, assumevano un andamento ondulatorio, a mosaico, a piume. Eventuali manici e piedi erano modellati a parte e applicati in un secondo momento e, infine, una volta raffreddatosi l’oggetto, si procedeva all’estrazione dell’anima con l’asportazione di eventuali residui materici. A rivoluzionare il processo di lavorazione del vetro è l’invenzione della soffiatura, probabilmente
introdotta verso la metà del I sec. a. C. in Siria o in Iraq, ma, come testimoniano gli affreschi delle tombe di Beni Hasan, già nota agli Egiziani dal XV sec. a. C. (fig. 1). La soffiatura prevedeva l’uso Fig. 1: Lavorazione egiziana del vetro.
Fig. 1
Fig. 2
di una cannuccia in ferro cava, della lunghezza di circa un metro, con cui si prelevava dal forno una quantità sufficiente di pasta vetrosa. Quest’ultima veniva soffiata finché non si formava una bolla che, in seguito, poteva essere lavorata a mano libera o con l’ausilio di stampi. Se fino a questo momento il vetro era considerato uno dei materiali più lussuosi e accessibile a pochi eletti, con l’introduzione della soffiatura si avviò un lento processo di democratizzazione grazie all’abbassamento dei costi di produzione. Ma non solo. La soffiatura permise d’ottenere
una qualità innata del vetro: l’utilità mista alla bellezza (fig. 2-3). E non è un caso che siano stati proprio loro a scoprirlo. In tutto l’Impero Romano il vetro fu apprezzato grazie alle sue capacità di conservare ed esaltare le qualità dionisiache della bevanda per eccellenza: il vino. La trasparenza del vetro, così, fa la differenza in Occidente e ciò comportò l’impiego del materiale in tutti gli ambiti di produzione: dall’incisione alla stampa, dalla pittura all’architettura, dalla verrerie alla verroterie, dal design ai rivestimenti e, in epoche successive, dall’ottica alla scienza.
un tipo di vetro più trasparente, più sottile e più versatile dando il via all’esplorazione di nuovi impieghi del materiale. Il culmine dell’utilizzo della tecnica della soffiatura si ha con la civiltà romana, dove il vetro divenne il materiale più impiegato rispetto ad altre epoche storiche. Ciò è riconducibile alla profonda conoscenza dei processi di lavorazione e all’importanza che il vetro iniziò ad assumere grazie alle sue caratteristiche. I Romani, infatti, compresero
Con la caduta dell’Impero Romano (476 d. C.) si verificò un declino nella produzione del vetro e una perdita delle capacità tecniche, ma parte dell’eredità romana fu conservata. Nel Medioevo la produzione del vetro persistette nei centri marginali del decaduto Impero Romano - quali la Germania, la Francia Settentrionale e l’Inghilterra fino ad arrivare in Scozia, in Scandinavia, in Afghanistan, nel Sahara centrale - anche se l’arte vetraria troverà nuova linfa in
Fig. 2: Balsamario a corpo globulare in vetro, I-II sec. d.C. Fig. 3: Vaso monoansato in vetro, III-IV sec. d.C.
Fig. 3
Siria, in Egitto e nell’Impero Orientale. E, a partire dal V sec., è proprio la regione araba a dominare l’arte vetraria e a porre le basi degli avanzamenti scientifici dell’Europa Medievale grazie alla sua posizione strategica di crocevia fra Oriente e Occidente. Anzitutto è da ricordare come l’attività degli scienziati arabi fra il IX e il XII sec. si basasse sulla formulazione di nuovi pensieri teorico-scientifici partendo sia dalla riscoperta e dall’assimilazione delle innovazioni greco-romane sia dallo studio approfondito delle filosofie orientali (India e Cina) attraverso la verifica, l’indagine e la sperimentazione. Diretta conseguenza di tale atteggiamento fu la realizzazione di un’adeguata strumentazione per condurre gli esperimenti che, guarda caso, presupponevano l’utilizzo del vetro (lenti, prismi, specchi, contenitori, etc.). Il vetro diventò, quindi, l’elemento chiave negli studi matematici e logici, nella formulazione delle teorie chimiche, nell’avanzamento della medicina e, soprattutto, nell’osservazione dei fenomeni ottici. Importanti contributi nel campo dello studio della luce e delle sue manifestazioni si devono ad al-Kindi, che riordinò le osservazioni della scienza greca, ma, soprattutto, ad Alhazer, artefice del trattato sulla visione. Lo studioso formulò le sue considerazioni attraverso un lavoro empirico per mezzo del quale arrivò a sostenere che i raggi luminosi viaggiavano su linee rette ed erano in grado di attraversare alcuni materiali senza subire alterazioni. Con i suoi studi Alhazer ribaltò la
teoria della visione fino ad allora vigente e fornì un decisivo contributo alla comprensione del funzionamento dell’occhio, anche se aveva un’opinione erronea della sua anatomia: erano le forme ad entrare nell’occhio e ad essere ricostruite dal cervello e non l’occhio ad emanare raggi luminosi sugli oggetti. Nonostante l’avanzamento tecnologico e sperimentale, gli arabi non furono in grado di dare organicità alle loro ricerche e di avviare una rivoluzione scientifica. Un passo importante nella fabbricazione del vetro, come abbiamo detto in precedenza mai del tutto arrestatasi, venne compiuto con l’inizio del XII sec. in Europa, specie in Italia Settentrionale (Venezia, Altare, Firenze), in Germania, in Inghilterra e in Francia Settentrionale, dove le intuizioni e gli studi arabi posero le basi all’ampliamento dei confini della conoscenza e al ribaltamento delle concezioni sul mondo in voga fino ad allora. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza una corretta predisposizione all’apprendimento basata sulla curiosità, sulla meraviglia, sullo stupore, sulla volontà di andare oltre i confini mista agli importanti avanzamenti tecnologici e all’aumento della ricchezza. Prese, perciò, il via la “Rivoluzione del sapere” sia in campo scientifico che in campo artistico. Il XII sec. diede un importante impulso allo sviluppo della matematica grazie alla volontà dei filosofi e degli studiosi di sondare l’eredità perduta della geometria greca, importantissima
nelle teorizzazioni dei matematici islamici riprese, in seguito, dai matematici medievali. Secondo Einstein la geometria è alla base della rivoluzione scientifica proprio perché consentì d’effettuare grandi progressi nello studio della luce e dello spazio, favoriti dalle ricerche in campo ottico. In quest’atmosfera di fermento conoscitivo, gli strumenti di analisi e di misurazione divennero fondamentali e il vetro consentì la realizzazione di apparecchiature all’avanguardia per l’osservazione dei fenomeni visivi, come vetri sferici (già noti ai Romani), prismi di vetro, cristalli esagonali, specchi, lenti. Ne conseguì la nascita della metodologia della scienza moderna basata, da un lato, sul metodo sperimentale e, dall’altro, sul principio di economia. Esempio in tal senso è l’opera di Ruggero Bacone che, partendo dall’ottica, propose una filosofia della casualità naturale e indagò le modalità di propagazione della luce per mezzo di strumenti ottici in vetro: Se si osservano i caratteri di un libro o qualsiasi altro oggetto minuto attraverso un piccolo frammento di una sfera di vetro o di cristallo, ponendo la base piana contro di loro, essi appariranno più chiari e più grandi […]. E, di conseguenza, questo strumento è utile per gli anziani e per coloro che hanno una vista debole. Essi, infatti, possono vedere i caratteri più piccoli che vengono sufficientemente ingranditi […] le cose più grandi possono apparire estremamente piccole e viceversa; anche gli oggetti più remoti possono apparire a portata di mano e viceversa.
Perché possiamo conferire forme tali ai corpi trasparenti, e disporli in un ordine tale rispetto all’occhio e agli oggetti, che i raggi saranno rifratti e deviati in qualsiasi direzione ci piaccia; cosicché possiamo vedere l’oggetto vicino, a portata di mano, o a distanza, sotto qualsiasi angolo ci piaccia. 3
Bacone conosceva a fondo le leggi della natura e i suoi studi diedero grande impulso alla realizzazione di nuove strumentazioni basate sull’utilizzo delle lenti: gli occhiali, introdotti per la prima volta in Italia settentrionale nel 1285, il microscopio, apparso nel XVII sec. nei Paesi Bassi ma continuamente perfezionato fino al XIX sec., il telescopio, probabilmente anch’esso comparso nei Paesi Bassi nel XVII sec., la macchina fotografica, antenata dei primi Daguerreotypes del 1839, fino ad arrivare al cinema, nato nel 1895 con i fratelli Lumière. Ma questi sono solo alcuni esempi che attestano come “guardare attraverso una lente sia stato il primo passo tecnologico”4 fondamentale per la trasformazione dei rapporti fra l’umanità e il mondo naturale. Le innovazioni scientifiche in campo ottico sembrano essere radicate anche nel pensiero cristiano dove la metafisica della luce assume un’importanza simbolica ed epifanica del divino. Come afferma Richards, “il vetro sembrava essere il materiale predestinato per unire i cieli e la terra, illuminando il contenitore spaziale all’interno del quale l’uomo era al contempo spettatore e attore”.5
la creazione di un rapporto fra lo spazio, la luce e la forma, di fornire riparo dalle intemperie e dal calore e, infine, di produrre un equilibrio luministico. Le vetrate e le finestre iniziarono, così, ad agire profondamente sulle dinamiche della visione del mondo e scardinarono i confini del fisico e del metafisico, del dentro e del fuori, del vicino e del lontano, della concretezza e dell’astrazione.
Fig. 4
È indubbio il ruolo del cristianesimo nell’implementazione dell’impiego del vetro nell’architettura gotica dove, grazie all’introduzione degli archi rampanti che scaricano le spinte al suolo, è stato possibile inserire ampie vetrate6 nelle pareti laterali contribuendo, così, alla smaterializzazione formale e alla trascendenza luministica. Sin dall’XI sec. l’utilizzo delle vetrate nell’architettura religiosa era ampiamente diffuso e furono i monaci benedettini, diretti emissari dell’eredità romana, a contribuire alla diffusione del vetro, considerato un materiale atto alla glorificazione di Dio (fig. 4). Tuttavia, le vetrate acquisirono il loro massimo splendore nel XII sec. a causa del miglioramento delle tecniche di produzione verificatesi nel Nord Europa. Accanto all’impiego cristiano delle vetrate, il vetro fu utilizzato, già in epoca romana, nell’edilizia come elemento centrale. Ciò è dovuto alle sue capacità di favorire
Fig. 4: Vetrate gotiche, Sainte Chapelle, Parigi Le vetrate venivano realizzate sulla base di un disegno su cartone o tavola in cui s’indicavano i colori dei vetri, tagliati secondo le indicazioni. Al fine di far emergere i dettagli del disegno, i singoli pezzi di vetro venivano poi dipinti con una tinta monocroma e ricotti per fermare i colori. Infine, i vetri venivano inseriti all’interno di un’intelaiatura, fissata allo stipite della finestra, e uniti fra loro per mezzo di listelli di piombo. Le vetrate ebbero un ruolo di preminenza nell’architettura e iniziarono a sostituire sia gli affreschi sia i mosaici.
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MACFARLANE, ALAN – MARTIN, GERRY, Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo, Bari, 2003, pp. 44-45. FINAZZER FLORY, MASSIMILIANO – MARINELLI, GIOVANNI (a cura di), Non solo vetro, Milano, 2004, p. 29. 5 RICHARDS, BRENT, Vetro. Materiali in architettura, Modena, 2006, p. 11. 3 4
Anche le raffigurazioni artistiche furono fortemente influenzate dalle innovazioni tecnicoscientifiche e filosofiche basate sull’utilizzo del vetro. Se fino alla metà del XIII sec. circa l’arte riproduceva simbolicamente il mondo, dove il significato e il significante generavano divari enormi, con l’avvio della rivoluzione scientifica e del rinnovamento culturale, fortemente radicato nella riscoperta dei classici greci e latini e che prese il nome di Rinascimento, si verificò un drastico cambiamento nelle creazioni artistiche. Grazie agli importanti studi condotti sull’ottica, si comprese come la visione umana fosse permeata dalla prospettiva, teorizzata da Leon Battista Alberti e da Filippo Brunelleschi, per mezzo della quale l’occhio focalizza l’attenzione sugli elementi in primo piano, che risultano più grandi, riducendo drasticamente le dimensioni di quelli posti in secondo piano. Come affermano Macfarlane e Gerry
Vi è una grande chiarezza, un profondo interesse per i dettagli; l’uomo inizia a descrivere il suo mondo con una precisione analoga a quella di un’immagine riflessa in uno specchio; la quantità di informazioni attendibili fornite dai dipinti è enormemente aumentata; la loro principale funzione non è più quella di ricordare o indicare: essi schiudono ormai magiche finestre su nuovi mondi. Osservare un dipinto equivale a guardare il mondo attraverso potenti lenti. 7 Fig. 5
Il vetro contribuì alla nascita di un nuovo sguardo sul mondo non più incentrato sulla mente, sul pensiero e sulla scrittura, quanto sulla visione. E tutto questo fu possibile grazie a tre fattori principali: l’introduzione e l’utilizzo della prospettiva generata dagli studi della scienza ottica e della geometria medievale, l’influenza degli oggetti di vetro nella creazione
d’illusioni (si veda l’utilizzo degli specchi e delle finestre nell’arte del periodo, fra cui ricordiamo Parmigianino, Vermeer, Van Eyck, etc.) e, infine, l’importanza dell’individualità favorita dagli effetti prodotti dallo specchio che plasmarono una nuova immagine del sé (fig. 5). Come è stato fin’ora dimostrato, il vetro ha una duplice funzione: stimolare il pensiero e, allo stesso tempo, aumentare le comodità dell’ambiente in cui viviamo. L’impiego “pratico” del vetro subì una forte accelerata a partire dal XVIII sec. con l’introduzione della tecnica di fusione del vetro basata sull’utilizzo del carbon fossile anziché della legna (Inghilterra), per poi proseguire con l’avvento della rivoluzione industriale, dove artigianalità e tecnologia sono due facce della stessa medaglia. Diretta conseguenza dell’industrializzazione fu la produzione di massa degli oggetti in vetro che, come per i Romani, univano la bellezza all’utilità e tendevano all’economicità. Esempio lampante dell’incontro fra l’innovazione tecnologica, l’utilità e la bellezza è il Crystal Palace, costruito nel 1851 a Londra per ospitare la Great Exhibition. Si tratta della prima vera architettura in cui il vetro è l’elemento costruttivo preponderante e che rappresenta il primo manifesto dei principi dell’architettura moderna: leggerezza e spazi geometricamente chiari, modularità e assemblaggio, esplicita dialettica fra interno ed esterno. Con la comparsa del Crystal Palace l’immagine delle città moderne è destinata a cambiare
MACFARLANE, ALAN – MARTIN, GERRY, Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo, Bari, 2003, pp. 65-66. Fig. 5: Parmigianino, Autoritratto, 1524 ca., Kunsthistorisches Museum, Vienna. 7
di Louis Comfort Tiffany), il Déco, e il Bauhaus, progettarono manufatti che rispondevano ad esigenze funzionali miste a quelle estetiche (fig. 6). Ma ci si spinge oltre. La trasparenza, la viscosità e la bellezza del vetro iniziarono ad essere utilizzate come metodo d’espressione artistica (Sottsass, Picasso, Scarpa, etc.) dove le caratteristiche del vetro aspiravano, e aspirano tutt’oggi, a “rendere visibile l’invisibile”. Sul piano scientifico non si riuscì più a stare al passo con gli avanzamenti tecnologici del vetro: nanotecnologie, informatica, elettronica, ottica etc.
Fig. 6
radicalmente grazie all’architettura in vetro che, da una parte, tende alla “luminosità della costruzione” e, dall’altra, a “costruire con la luce”. Accanto agli avanzamenti tecnologici del vetro in ambito architettonico, anche la produzione di oggetti d’uso quotidiano subì nuovi impulsi con l’avvento dell’industrializzazione e alcuni movimenti artistici del XIX e XX sec., fra cui si ricordano l’Art Nouveau (si vedano le creazioni
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Dopo questo breve excursus sulla storia del vetro che ha cercato di rendere l’invisibile nuovamente visibile, ossia di mostrare l’importanza, spesso dimenticata, di questo materiale all’interno dell’umanità, possiamo rispondere alla domanda iniziale: il mondo sarebbe lo stesso senza il vetro? Probabilmente no giacché il vetro “è solo una causa forse necessaria, ma lungi dall’essere sufficiente”8 delle scoperte e degli avanzamenti che si sono verificati all’interno della storia umana e, dunque, “dal vetro si ricavano tanti benefici per i servizi dell’uomo, che par quasi una cosa impossibile poter fare senza il suo uso”.9
Fig. 6: Lampada Tiffany, Dragonfly lamp, fine XIX sec. MACFARLANE, ALAN – MARTIN, GERRY, Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo, Bari, 2003, p. 224. 9 CLINANTI, PINO, Il fuoco, il vetro, il vino. Dal vetro antico alla bottiglia moderna, Montalcino, 1992, p. 21.
Bibliografia AMBROSETTI, NADIA, L’eredità arabo-islamica nelle scienze e nelle arti del calcolo nell’Europa medievale, Milano, 2008; ARNHEIM, RUDOLF, Arte e percezione visiva, Milano, 1991; BAXANDALL, MICHAEL, Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento, Torino, 1978; BURCKARDT, JOHN, La civiltà del Rinascimento in Italia, Firenze, 1996; CLINANTI, PINO, Il fuoco, il vetro, il vino. Dal vetro antico alla bottiglia moderna, Montalcino, 1992; DJEBBAR AHMED, Storia della scienza araba. Il patrimonio intellettuale dell’Islam, Milano, 2002; FINAZZER FLORY, MASSIMILIANO – MARINELLI, GIOVANNI (a cura di), Non solo vetro, Milano, 2004; GIUSTI, ENRICO – PETTI, RAFFAELLA (a cura di), Un ponte sul Mediterraneo. Nicola Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente, Firenze, 2002; GOTTLIEB, CARLA, The Window in Art, New York, 1981; HARRÉ, ROM, Great Scientific Experiments, London, 1983; LINDBERG, DAVID C., The Beginnings of Western Science. The European Scientific Tradition in Philosophical, Religious and Institutional Context, 600 BC to AD 1450, Chicago, 1992; LINDBERG, DAVID C., Theories of vision from Al-Kindi to Kepler, Chicago, 1976; MACFARLANE, ALAN – MARTIN, GERRY, Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo, Bari, 2003; MARIACHER, GIOVANNI, L’arte del vetro. Dall’antichità al Rinascimento, Milano, 1966; MARIACHER, GIOVANNI, Il vetro europeo dal XV al XX secolo, Novara, 1964; RICHARDS, BRENT, Vetro. Materiali in architettura, Modena, 2006.
Sitografia Immagini
Fig. 1: http://ilvetro.files.wordpress.com/2011/02/vetro-egizio.jpg Fig. 4: http://www.travelblog.it/tag/vetrate+gotiche Fig. 5: http://it.wikipedia.org/wiki/Autoritratto_entro_uno_specchio_convesso Fig. 6: http://www.lampadedesign.info/2010/12/05/vita-di-designer-louis-comfort-tiffany-e-lamore-per-le-lampadeche-fonda-uno-stile/
Referenze Fotografiche
Fig. 2-3: Archivio AION Witnesses of Time SA
La bellezza del vetro
Breve lettura critica sulle opere in vetro di A. Morandotti In una fase di vivace confronto tra una interpretazione estetica basata su convincimenti filosofici spiritualistici e le posizioni via via emergenti di realismo oggettuale, è molto interessante applicare a risultati come questi qui presentati, il percorso sintetico che l’osservatore trae dall’ assunzione visiva. In questa sede è il mezzo (oggetto) al centro del nostro interesse. Il vetro è natura plasmabile e fragile al contempo, articolabile in gamme infinite di combinazioni ed effetti di colore, luminescenza, fluorescenza, trasparenza, in grado di fluidificare i ritmi creativi dell’artista. Nato come materiale idoneo a oggetti d’uso, per l’amplissimo specchio di opportunità che offre al suo arricchimento nel succedersi di culture diverse: vasi, coppe, lampade, ecc. (decori, forme, art design, invenzioni d’arte) si presta ad esercizio d’Arte tout-court. La sostanza plastica di questo materiale fa sì che, anche abbandonando il paradigma figurativo o utensile, si rivela assai adatto a percorsi informali e astratti dove la sua natura, per ragioni di legge fisica, a volte ci parla, a volte si lascia penetrare. Lo ritengo a mio avviso meno aggressivo delle proposizioni fattuali di arte concettuale – astratta, che premia materiali come metalli, composizioni di elementi dialoganti o stranianti,
come luci, legni, ecc. Pensiamolo come la tridimensionalità della drifting e dripping painting, o delle lacerazioni, dei vuoti e pieni. Ecco perché mi piace considerare questa un’opportunità per porre di fronte soggetto ed oggetto in questo contesto. L’immediata empatia visuale e tattile che può accendersi tra il fruitore e l’oggetto è la primaria fase di apprezzamento che proseguirà poi in territori interpretativi più complessi. L’approccio immediato si strutturerà nel soggetto con i suoi personali percorsi di archetipi e di esperienze e, anche senza l’aiuto della critica professionista (è la reverenza a l’ekfrasis) direttamente potrà dialogare con uguale dignità con l’opera, sintetizzando un momento magico – poetico ucronico e universale. Il vetro, mi pare, può avere le caratteristiche di comunicativa bellezza atta a chiudere il cerchio di come interagiscono l’io dell’osservatore e il mondo della creazione artistica.
Trent’anni di una danza con acqua e fuoco Incontro con Misha Ignis di Maria E. Giorgi
Non può che destare stupore ed esigere un grande rispetto la profonda coscienza che Misha Ignis ha del suo agire artistico. Classe 1953, dopo anni di creazioni in vetro non ha esitazioni nell’esporre la genesi delle sue opere, il suo rapporto con l’arte e quindi con il mondo intero. E lo fa in modo talmente coinvolgente e fresco da ricordare più un giovane artista nel pieno entusiasmo dei suoi esordi, che un maestro autodidatta con una carriera ormai trentennale (proprio oggi si celebra quello che lui ama definire il suo “giubileo del vetro” unitamente al suo sessantesimo compleanno).
e preconcetti. Se è vero che un artista pieno di idee è un artista pieno di ego, Ignis insiste sulla necessità di un continuo distacco dalla sua dimensione sensibile al fine di raggiungere la migliore disposizione all’atto creativo. Da non confondere con un semplice stato di vacuità, lo “Zero State” è onnipotenza e onnipresenza; un momento del tempo non lineare carico dell’attesa di qualcosa che non si è ancora manifestato, ma che misteriosamente è già in esso contenuto. Dopotutto non è forse il bianco il colore solo apparentemente neutrale che in realtà racchiude in sé tutti gli altri?
I suoi vasi, microcosmi di luce e colore, non hanno bisogno solo di energie fisiche per essere soffiati, ma richiedono in principio una mente creatrice che li ponga in essere, l’anima libera e liberata dell’artista. Viene quasi spontaneo associare le creazioni in vetro di Ignis a dei “cosmi” se si pensa all’importanza che all’interno del suo processo creativo viene conferita al “nulla”, sensorialmente declinato ora come un sonoro silenzio ora come un virginale e luminoso bianco. Un’analogia perfetta con quel “brodo primordiale” da cui poi è nato il mondo. Ignis lo definisce il suo “Zero State”. Un terreno in cui la sua mente è allargata, priva di idee, che andrebbero inevitabilmente a essere riciclate nella creazione, sgombra da influenze
Se la creazione artistica è per Ignis una vera e propria religione, non ho esitazioni nel definire lui stesso un grande mistico di questo culto, che non mi espone il suo pensiero programmatico ma semplicemente mi presenta la sua confessione, una confessione d’amore per la ritualità del suo lavoro. La preparazione che ogni rituale impone risiede proprio in quel silenzio dell’ego che lui identifica come condizione indispensabile affinché possa entrare in azione “la terza mano”. Una forza che spinge e guida il suo arto mentre è intento a modellare la massa viscosa del vetro, una potenza superiore sulla quale incombe la latente e perenne tentazione di opporsi per auto-imporsi. Immediatamente Ignis si scusa, consapevole dell’incomunicabilità
ultima di un’esperienza tanto intima, della quale leggo però un nitido e sincero ricordo nei suoi occhi. Scuse accettate nell’istante stesso in cui mi tornano alla mente le parole di un inno contemplativo di san Bernardo: “Nec lingua valet dicere, nec lettera exprimere”; come per ricordarmi che è proprio tale incomunicabilità la cifra autentica delle esperienze mistiche più genuine.
ogni semplificazione mentale, psicologica o concettuale. Solo ora dunque arrivo a capire che quel suo entusiasmo che tanto mi colpiva all’inizio altro non è che l’espressione del più autentico “enthousiasmos” dei poeti greci: quell’essere talmente tanto vicini al divino, un vero e proprio esserci dentro (“en – theos”), che è lo stesso spirito divino che agisce, compone, crea.
L’invito che qui vi rivolgo è ovviamente quello di guardare le opere di Ignis, di scrutarne le forme, di lasciarvi suggestionare dai colori, ma al tempo stesso di non fermarvi a metà di quel percorso spirituale che l’artista ha preparato per noi attraverso il suo lavoro. Perché se c’è una cosa, tra tutte quelle che mi ha detto, che mi ha particolarmente scossa, è che sebbene l’occhio umano sia uno strumento miracoloso in quanto ci permette la percezione, è l’intuizione la forma di conoscenza più affidabile. Abbiamo quindi il coraggio di inoltrarci in quell’“Oltre” che i cosmi di Ignis schiudono davanti a noi, e non spaventiamoci se si tratta di un sentiero più misterioso e complesso rispetto a quello che normalmente i sensi ci impongono di percorrere per arrivare a un giudizio. Le parole umane non sono necessarie e forse nemmeno adeguate nel percorrere questa strada, e sarà così che questi microcosmi di vetro rimarranno accompagnati dal silenzio, lo stesso dal quale sono nati. Non a caso Ignis definisce con profonda coscienza la sua arte come “meta-estetica” o “arte dell’Etica”: un’esperienza puramente spirituale, libera da
Inevitabile porgli la domanda: “Perché proprio il vetro?”, e altrettanto inevitabile trovarsi spiazzati nell’iniziare a percepire, dalle sue poche e pesate parole, che è stato il vetro a scegliere lui e non il contrario. E la sua presa di posizione è stata chiara sin da subito. Perché quando si è scelti da qualcosa o si scappa, o ci si lascia abbracciare e ci si abbandona completamente. Il vetro nella sua vita è stato un incontro, e Ignis lo ha sempre trattato come molto di più di materiale inerte; si è costantemente rapportato ad esso come con una persona viva, come con una principessa che solo se corteggiata nel modo giusto svela la sua multiforme e mutevole bellezza. Lavorare il vetro è avere il coraggio di invitare la principessa a ballare. Ma è una danza difficile, una danza con l’acqua e con il fuoco allo stesso tempo, nella quale è necessario mantenersi vigili, alla ricerca perenne e paziente del giusto equilibrio, della perfetta armonia tra cuore e gesto.
Vetro: espressione dello spirito Opere e testi di Misha Ignis
“To me, ZERO is the NAME of everything that still has not undergone any manifestation, in any form whatsoever!” “Everything we can experience by our dormant senses or measure by various instruments is nothing but greater or lesser density of the same. GREAT ZERO represents TIME as omnipresent POTENTIALITY which is THE SOURCE of everything”. “Per me, ZERO è il nome di tutto ciò che non si è ancora manifestato, sotto qualsiasi forma!” “Tutto quello di cui possiamo fare esperienza tramite i nostri sensi dormienti o che possiamo misurare con vari strumenti non è nient’altro che una maggiore o minore densità della medesima cosa. Il GRANDE ZERO rappresenta il TEMPO come un POTENZIALE onnipresente che è la fonte di tutto”.
The Year of the Snake
#1
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Red Swan
Lion
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Interrupted
Great Hope
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Departure
“Ever since I make my glass works I have been experiencing rather confusing sensations. My right hand has a ‘mind of its own’. The feeling was as if the third hand was guiding my right hand. At the beginning I tried to resist, but at a certain moment I simply let go. I have been wondering: where does it come from?” “I am wondering how one can experience art unless being religious”. “Da sempre, ogniqualvolta lavoro il vetro provo delle sensazioni abbastanza confuse. La mia mano destra ha una ‘mente propria’. È come se la TERZA MANO guidasse la mia mano destra. Inizialmente provavo a resistere, ma ad un certo momento l’ho semplicemente lasciata agire. Mi sono chiesto: da dove arriva?” “Mi chiedo come uno possa sperimentare l’arte senza essere religioso”.
Nostalgia
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Black & White in Full Colors
Descending
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“Once we recognize our individual predestination and we accept it by means of our personal FREE WILL we may achieve the SELF-REALIZATION”. “Nel momento in cui riconosciamo la nostra predestinazione e la accettiamo tramite il nostro LIBERO ARBITRIO possiamo raggiungere l’AUTOREALIZZAZIONE”.
Scapegoat
#10
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Spring Time
“It is purely THE SPIRITUAL EXPERIENCE, liberated from all other mental, psychological and conceptual simplifications. That is the reason I am inclined to call that state, the state of Ethic experience, and my work ‘THE ART OF ETHICS’ ”. “È puramente l’ESPERIENZA SPIRITUALE, liberata da tutte le altre semplificazioni mentali, psicologiche e concettuali. Questo è il motivo per cui io tendo a chiamare quello stato, lo stato dell’esperienza Etica, e il mio lavoro l’ ‘ARTE DELL’ETICA’ ”.
Dragon Flight
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In a Jungle
Tibet
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Landscape
Tsunami
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Scandic Air
Exit
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Schepping
“Most of the time we are placed in circumstances for which we are trained. Then we try to create art within the tradition that is embedded in us. I have chosen another path; during the actual process and dialog with glass THE MYTSERY has unveiled itself to me”. “The only reality is the one of MULTITUDE OF FREQUENCES”. “La maggior parte del tempo ci troviamo in circostanze per le quali siamo stati educati. Quindi cerchiamo di creare arte all’interno della ‘tradizione’ sedimentata in noi. Io ho scelto un’altra strada; durante l’attuale processo e dialogo con il vetro, IL MISTERO stesso mi si è svelato”. “La sola realtà è una realtà fatta di UNA MOLTITUDINE DI FREQUENZE”.
Small Bowl
#20
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Resonance Blue
The Mistery
#22
“The meaning is in traveling. Not in arriving”. “It is like a blind diving. The very moment I remove my work from the cooling oven I can see what I took out, and I do not even try to recognize what it is. I just do my best to accept it as it is. The very name of the process could be ZERO MEDITATION while dancing with fire”. “Il significato è nel viaggiare e non nell’arrivare”. “È come una cieca immersione. Solo nel momento esatto in cui estraggo la mia opera dal forno in fase di raffreddamento io posso vedere il risultato, e non cerco di capire di cosa si tratti. Faccio solo del mio meglio per accettare quello che è. Il vero nome di questo processo potrebbe essere MEDITAZIONE ZERO mentre danzo con il fuoco”.
Balkan Dance
#23
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Red Elephant
White Wolf
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High Up Mountain
“Art-experience is a privilege of spiritually elevated individuals. I am to be forgiven for elitism. It is not meant to be discriminatory”. “It is a luxury and privilege to sculpt in a colorful or clear luminous space. My relationship with glass could be compared to a relationship between BELOVED AND LOVER”. “L’esperienza artistica è un privilegio degli individui SPIRITUALMENTE ELEVATI. Perdonate il mio elitarismo. Non vuole essere discriminatorio”. “È un lusso e un privilegio scolpire in uno spazio colorato o luminoso. Il mio rapporto con il vetro può essere paragonato ad una relazione tra L’AMATO E L’AMANTE”.
On the Wings of Love
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The Passion
Vortex, Four in One
#29
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Vortex, Five in One
Atlantis
#31
“Even though I have a great respect for all art glass traditions (Venetian and Swedish) and for the entire art history, my priority is actually WORK WITH GLASS”. “I also do not confuse movements with actions (trends and individual processes)”. “Art history reminds me of a big fruit tree with many impressive branches. However, sweet delicious fruits grow on the smallest, remote branches”. “Per quanto io abbia grande rispetto nei confronti di tutte le tradizioni di arte vetraria (veneziana e svedese) e dell’intera storia dell’arte, la mia priorità è in realtà LAVORARE CON IL VETRO”. “Inoltre non confondo i movimenti con le azioni (mode e processi individuali)”. “La storia dell’arte mi ricorda un grande albero da frutta con molti rami imponenti. Ciò nonostante, i frutti dolci e deliziosi crescono sui rami più piccoli e nascosti”.
Shadow
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Tail
Sea Life
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A Drop of Cosmos
Baboon
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AIâ„ŚN
Masterpieces
Finito di stampare nel mese di aprile 2013
AIΩN
Masterpieces
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