Edoardo Poeta - L'articolo immaginato

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«Scienze.Com» Corso di perfezionamento scientifico in Scienze della Comunicazione

Anno accademico 2000-01 Direttore del Corso: Prof. Mario Morcellini

L articolo

immaginato

> Edoardo Poeta

Progetto di un laboratorio

di scrittura per l articolo di giornale

all Esame di Stato

Università degli Studi La Sapienza di Roma

Dipartimento di Sociologia e Comunicazione


L’articolo

immaginato

Abstract

L'articolo alla maturità non è un articolo di giornale. Né la sua simulazione. La scrittura giornalistica, in esso, finisce infatti per indossare i panni che appartennero al tema scolastico. Dalla consapevolezza di queste distinzioni prende le mosse lo studio per un progetto di laboratorio di scrittura volto ad offrire agli studenti (più che ai docenti) le risorse per affrontare la prova dell’articolo all’Esame di Stato. I maturandi sono chiamati dalla Scuola ad eseguire un elaborato definito attraverso regole di stesura che hanno scarsi legami con la realtà. E così le consegne danno vita ad un modello minimo di “articolo”, per il quale non servono particolari competenze comunicative, ma che invece nasconde un’intricata relazione. Questo neonato “genere giornalistico” infatti potrebbe sviluppare - su spinta individuale o collettiva - una scrittura procedurale, documentata e funzionale vicina all’articolo della carta stampata. Ma ha una difficoltà da superare: lo studente è tenuto ad immaginare, per questo testo, la destinazione ad un pubblico che però non coincide con il reale destinatario: i professori. I quali, a loro volta, nel valutarlo detengono un proprio "stereotipo di lettore" rispetto alla testata prescelta, frutto di studi, convinzioni personali o aggiornamento offerto da Provveditorato, Fnsi ed Università. L’acquisizione del controllo della scrittura da parte degli studenti può quindi passare proprio attraverso la presa di coscienza di tale “millefoglie comunicativo”. Dalla verifica poi di potenzialità e deficit di scrittura, nonché dei metodi di valutazione dei docenti, si individuano le competenze da maturare attraverso un apprendimento basato sull’esperienza, che - con moduli base, intermedi e avanzati - permetta agli studenti l’acquisizione dei “ferri del mestiere”.

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L’articolo

immaginato

Sommario

Abstract

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4.

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L’articolo immaginato Visto, (non) si stampi

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L’articolo vestito da tema

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Istruiti per l’uso

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Indifferenze di testo

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Scritti al minimo

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Il destinatario implicito

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L’articolo totipotente

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Un millefoglie comunicativo

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Le versioni dell’articolo: gli studenti

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Le versioni dell’articolo: i professori

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Valuto ergo sum

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Le (in)capacità di scrittura

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Ipertestualità, sapere circolare e chat

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I ferri del mestiere

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E’ un esame, non un reportage

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Una traccia e tanti indizi

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Il pensiero in gabbia

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Le parole sono pietre

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L’articolo ed il metro

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6. Lavorazioni di bottega

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Appendice

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Evoluzione consegne sessioni 1999 – 2000 - 2001

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Manuali per l’articolo all’Esame di Stato

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Bibliografia

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L’articolo

immaginato

L’impaginazione lungi dall’essere un semplice problema di estetica grafica e tipografica, è in primo luogo un fenomeno strettamente pubblicistico inerente all’espressione di un’opinione e all’intento di provocare un’adesione alle opinioni stesse da parte di coloro che cercano nell’organo di stampa non solo la semplice raccolta di informazioni, ma anche una loro interpretazione coerente, fedele, comprensiva, intelligente. Ignazio Weiss Esame de Il Giorno

1. L’articolo immaginato Un articolo di giornale prima si guarda, poi si legge. O viceversa. Questo (quasi simultaneo) doppio livello di percezione evidenzia come grafica e scrittura nei giornali siano inscindibilmente legati. Più che in un libro, sebbene illustrato, il giornale rispetta e genera convenzioni di “invito testuale” attraverso la collocazione dello scritto nella pagina e di questa nel “timone”. Un “richiamo” che avviene per mezzo dei caratteri, per la compresenza o meno di elementi iconografici e persino per il formato cartaceo1. In altre parole, questa tipologia di testo, grazie alla sua complessità, suggerisce al lettore i possibili percorsi di lettura, tra “pezzi giornalistici” ed all’interno del singolo “pezzo”2. L’atto di “inscrivere” qualcosa in un giornale deve così tener conto della compresenza di altri scritti, titoli, immagini e dello stesso foglio su cui si stamperà. Questo concetto di articolo di giornale – come “testo” non riducibile alla sola componente scritta, ma come specifico insieme testuale3 – trova riprova anche nei processi di confezionamento. E questo avviene con più evidenza dopo l’introduzione, nelle redazioni, di sistemi editoriali che fanno perno sulla videoimpaginazione4. Mentre in passato era il menabò, il progetto di pagina, ad esser tutt’al più tenuto d’occhio dal giornalista5, oggi al redattore6 è possibile “guardare” in anteprima dove scrive7 proprio mentre stende o rivede un articolo: in quale posizione, con quale tipologia di titolo8, con quale corredo di immagini. E, dall’introduzione delle pagine a tema in poi, anche se il foglio sarà alla destra o alla sinistra del lettore9. In una parola: l’autore percepisce subito in quali concrete relazioni paratestuali si troverà il suo scritto. Alla coppia vedere/leggere del lettore corrisponde così quella – simmetrica - del vedere/scrivere del redattore. Nella lettura di un giornale “impaginato”, dalla “visione non alfabetica” propria dell’intelligenza simultanea, in grado di cogliere il tutto sincronicamente, si passa – con schemi verosimilmente diversi da lettore a lettore – alla “visione alfabetica”, espressione della cosiddetta intelligenza sequenziale10. Il grado e l’ordine di utilizzo di ognuna delle due modalità di percezione possono essere variamente sollecitati, in ragione della frammentarietà, delle sottolineature grafiche o della rispondenza alle convenzioni dell’impaginato. Insomma, l’andamento della lettura di “Teresa”, il magazine televisivo11 creato da Giorgio Dell’Arti, o del frammentario “Metro”12, o quello de “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, caratterizzato da un’impostazione grafica essenziale, non può essere identico. Se non altro per diversità dell’optical focus – il punto focale da cui iniziare la lettura – che tali prodotti cercano di suggerire. Visto, (non) si stampi Ciò premesso, non resta che constatare come l’articolo di giornale all’Esame di Stato per le scuole superiori – così come viene descritto nelle direttive del Ministero della Pubblica Istruzione13 - non può avere i caratteri testuali dell’articolo destinato alla stampa. E’ anch’esso un insieme di testi, ma di natura diversa, dove continua a preva-

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lere una sostanziale linearità. Resta così difficile parlare dell’articolo all’esame come una simulazione14 (dal latino simulare > rendere simile), quanto piuttosto di un articolo immaginato (se non addirittura immaginario), frutto di supposizioni e congetture15. La differenza più evidente, tutto sommato, è proprio data dall’essere la prova d’esame non “impaginata” a stampa, sebbene il suo estensore possa dichiararne (immaginariamente) la collocazione in una categoria di stampato. Essa non riesce dunque a restituire al lettore, nel momento in cui lo percepisce, quelle “sollecitazioni informative” che la grafica può provocare. Questo testo, tuttavia, non è neanche riducibile a quel contributo grezzo – lo “scritto” – che il collaboratore, il corrispondente o l’inviato d’altri tempi dettavano a stenografi o dimafonisti per essere sottoposto al lavorìo di penna, forbici e colla del redattore. L’elaborato scolastico viene infatti titolato dallo stesso autore: lo studente. Neppure tale pratica, però, riesce – per sua natura - a rispettare quelle convenzioni che discendono, ad esempio, dalle dimensioni del corpo dei caratteri, stravolgendo così – di fatto – i modelli di titolazione del giornalismo stampato. Quando le lettere sono scritte uniformente a penna, l’occhiello, il titolo ed il sommario possono perdere la loro funzione originaria, fino a far svanire l’ordine di visione suggerito dal “corpo” e dall’aspetto (a bastone, romano o di fantasia16) dei font. Lo studente, al limite, potrebbe simularne l’immagine con un pennarello. Ma i risultati potrebbero essere discutibili, se non altro sotto il profilo estetico–calligrafico. Il non utilizzo del computer17, poi, anche come semplice word processor (senza bisogno di ricorrere ad un software di desktop publishing), differenzia le pratiche di scrittura dell’esame da quelle tipiche del lavoro giornalistico. E’ impossibile, ad esempio, abbozzare una scaletta dalla quale espandere lo scritto. Ancora: possono esserci serie difficoltà nello svolgimento del “taglia ed incolla”, con il rischio di perdere il controllo – tra asterischi, cancellature ed annotazioni – della lunghezza dell’elaborato (che tra l’altro è vincolato solo nella misura massima e non – come avviene nei giornali – anche nella minima). L’uso del foglio protocollo, poi, riempito non in più di quattro o cinque colonne, appiattisce i testi – qualunque sia l’immaginata destinazione, collocazione o natura – su un unico livello percettivo: quello “alfabetico”. Uno spazio lineare, con un prima ed un dopo, senza la possibilità di cogliere lo scritto come una tessera di una mappa rappresentata dall’impaginazione dei testi (fatta di titoletti, sommari, infografica, “pezzi” principali, risvolti, box, foto eccetera). Una scelta, quella del testo lineare, che potrebbe ritenersi importante, in quanto esalta – nello scrivere – il momento analitico e rielaborativo, l’attivazione dell’intelligenza sequenziale. In tale opzione hanno però campo libero non solo processi di knowledgetransforming, quelli dove si “trasforma ciò che si sa”. Infatti tale tipologia di spazio grafico non evita, a qualche studente, di scivolare nel modello di scrittura del knowledgetelling, quello che viene attribuito ai bambini ed agli scrittori inesperti, dove le informazioni vengono riportate “piattamente”, così come la memoria le restituisce18. Una situazione nella quale il docente potrebbe non riuscire ad accertare agevolemente padronanza della lingua, capacità espressive, logico-linguistiche e critiche espresse dalla creatività del candidato (legge 425/1997, art. 3, comma 1)19. Insomma, l’utilizzo di una gabbia di impaginazione o del computer20 avrebbero forse potuto stimolare meglio l’adozione dell’agognato modello di knowledge-transforming21 nella stesura di un testo basato su documenti forniti in precedenza (la cosiddetta scrittura documentata22).

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L’articolo

immaginato

L’articolo vestito da tema In definitiva, l’elaborato “articolo di giornale” rischia, nella realtà, di essere assimilato dallo studente al tema classico, quello precedente alla riforma dell’Esame di Stato. E tale eventualità è così consistente da non agevolarne l’identificazione: il 30% dei partecipanti alla prima tornata dell’Esame di Stato, nel 1999, pur avendo trattato l’argomento collegato alla tipologia dell’articolo o del saggio breve, non era riuscito ad indicare quale forma testuale fosse stata utilizzata23. Inoltre la novità non aveva riscosso grandi consensi tra gli studenti, avendola scelta il 25% dei candidati24. Questa situazione25 ha costretto il Ministero a modificare le consegne della prima prova d’esame, affinché fosse chiaro che i materiali offerti non erano spunti per un commento (o elementi da mettere piattamente in fila uno dietro l’altro), ma che essi dovevano essere utilizzati e rielaborati in un testo di scrittura documentata. La tipologia dell’articolo o del saggio, spiegata meglio, ha così riportato un maggiore successo nella sessione successiva, quella del 2000: il 52% delle prove era di questo tipo26. L’articolo dell’Esame di Stato ha però perfino una forma esteriore – come formato e grafica (il foglio protocollo) – analoga al tema tradizionale. Esso dovrebbe differenziarsene nei contenuti, secondo le intenzioni ministeriali, in primis perché esercizio di “scrittura procedurale” (frutto di una sequenza di passaggi logici, dalla mappa concettuale alla scaletta e da questa alla stesura e revisione) nonché “documentata”. E proprio sull’uso dei dati documentali emerge un altro punto di distanza con la pratica giornalistica: nelle redazioni – specie dei quotidiani – difficilmente i materiali in possesso del redattore sono punti fermi. La stesura di un articolo è un processo costantentemente in divenire, dove la massa delle parole fermenta e matura nel susseguirsi dei lanci di agenzia, dei contatti con le fonti, degli influssi dell’organizzazione produttiva, nonché in funzione del tempo e dello spazio27. Un sistema di “in-scrivere” che forse il modello del knowledge-transforming non riesce a descrivere a pieno. In effetti è difficile concepire, secondo alcuni28, il processo di scrittura come isolato sia dal contesto sociale e motivazionale nel quale la stesura ha luogo, sia dai più impliciti processi coinvolti nella produzione di testo. All’Esame di Stato, invece, lo studente è solo di fronte ad un insieme di materiali immutabile, statico, cui può aggiungere integrazioni informative esclusivamente attingendo al proprio patrimonio di conoscenze, che devono però essere dati, informazioni e non solo convincimenti personali (pena il trasformare la prova nel vecchio tema di attualità). 1 Sergio Ruffolo, “Vestire i giornali”, Gutemberg 2000, Milano, 1986 pag. 57 e ss. ove viene riportata la teoria dei quadranti nella definizione dell’optical point, il punto focale da cui inizia la lettura, e la sua confutazione in ragione delle possibilità di lettura ripiegata causata dai formati del supporto cartaceo. Analogo approccio in Ignazio Weiss, “Esame de Il Giorno”, Spazio 1958. Sulla semiotica dell’articolo di giornale in relazione agli elementi paratestuali Gianni Faustini (a cura di), “Tecniche del linguaggio giornalistico”, Carocci, Roma, 2000 e Rossella Savarese “Grafica quotidiana” in Massimo A. Bonfantini - Arturo Martone (a cura di), “Specchi del senso: le semiotiche speciali”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1991, pag. 183-209. 2 Sulla cooperazione del lettore Umberto Eco, “Lector in fabula”, Milano, 1979. Marshall Blonsky in “Amo il giornale di carta ma mi affascina anche on line”, Primavera 1996, Telèma on line all’indirizzo http://www.fub.it/telema/TELEMA4/Blonsky4.html. 3 Umberto Eco – Paolo Fabbri, “Progetto di ricerca sull’utilizzazione dell’informazione ambientale” in “Problemi dell’informazione”, n. 4, 1978. 4 La videompaginazione ha due filosofie: quella un’architettura a “box” come interfaccia del database dei contenuti, simulando sullo schermo il menabò, o ad “oggetti grafici”, ricreando virtualmente il “bancone di tipografia” con caratteri, linee e blocchi di piombo da collocare sulla pagina. Anton Stanley, “Impaginare con il pc”, PcWorld, n. 9, settembre 1997, pag. 164-184. 5 Non accadeva e non accade lo stesso per il collaboratore, che è semplicemente un content provider, un fornitore di contenuti, talvolta di alto livello, ma in condizioni di percepire/controllare solo una parte del processo produttivo. 6 E’ ormai il redattore di desk la figura prevalente nel lavoro giornalistico, non la “firma”. Su questa condizione professionale Censis – Ucsi “Primo rapporto annuale sulla comunicazione in Italia. Offerta di informazione e uso dei media nelle

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famiglie italiane”, 4 luglio 2001, par. 3.1: il campione esaminato (125 giornalisti) ha denunciato troppo lavoro di scrivania (34,7%) e troppa routine (33,9%). 7 Nelle piccole realtà editoriali il poligrafico viene “emarginato” dall’uso di programmi di desktop publishing. In alcuni giornali di medie dimensioni spetta ancora al giornalista il potere/dovere di controllare l’aspetto finale della pagina, ricorrendo comunque ad una (oggi ridotta) mediazione dei poligrafici. Nei periodici il contratto nazionale di lavoro distingue tra gli interventi di carattere tecnico-produttivo, di competenza dei grafici, e la fase di ideazione progettazione e realizzazione delle pagine di competenza esclusiva del giornalista grafico. 8 Gianni Faustini (a cura di), “Le tecniche del linguaggio giornalistico” cit.; Umberto Eco “Guida all’interpretazione del linguaggio giornalistico” in Vittorio Capecchi – Marino Livolsi, “La stampa quotidiana in Italia”, Bompiani, Milano, 1971 pag. 354-358; Sergio Lepri, “Medium e messaggio”, Gutemberg 2000, Milano 1986 pag. 121-126; Antonio Arricale “Fare il giornale oggi”, Spring Edizioni, Caserta, 2000. 9 Vittorio Roidi, “La fabbrica delle notizie”, Laterza, Roma – Bari 2001 e la puntata di Fahreneit di RadioTre dedicata all’argomento trasmessa il 31 gennaio 2001 (dalle ore 15) con l’autore, Claudio Angelini e Michele Sorice. 10 Raffaele Simone, “La Terza Fase”, Laterza, Roma – Bari 2000, pag. 14 e ss. sviluppando un’intuizione di Condillac distingue tra “intelligenza simultanea” ed “intelligenza sequenziale”: «La prima opera su dati simultanei e per così dire sinottici (come gli stimoli visivi, che si presentano in gran numero nello stesso momento, e tra i quali è difficile stabilire un ordine) e quindi ignora il tempo; la seconda opera invece sulla successione degli stimoli, e li dispone in linea, analizzandoli e articolandoli». L’autore le associa a tre diversi metodi di acquisizione della conoscenza: la “simultanea” alla visione non alfabetica, la “sequenziale” alla visione alfabetica ed all’ascolto. 11 La struttura grafica del giornale riprende in alcune pagine la segmentazione, l’apparente assenza di gerarchia, la prevalenza dell’immagine sul testo che in qualche caso ne diviene un semplice complemento, del linguaggio televisivo. 12 Quotidiano gratuito di format svedese distribuito nella metropolitana di Roma e diretto da Fabrizio Paladini, caratterizzato dalla notevole brevità e frammentarietà degli articoli. 13 La rassegna delle direttive impartite è consultabile in http://www.istruzione.it. 14 DISC, Dizionario Italiano Sabatini Colletti, Giunti, Firenze, 1997: «Riprodurre in modo artificiale le condizioni di un fenomeno reale a fini di esperimento». 15 DISC, cit. entrambi i termini derivati dal latino tardo a sua volta ricavati dale termine classico imago > immagine. 16 Una tavola sistematica delle famiglie di caratteri è riproposta in Sergio Ruffolo, “Vestire i giornali” cit. pag. 27. 17 All’indirizzo http://www.istruzione.it/argomenti/esamedistato/faq/prima.htm, nel sito ufficiale del Ministero della Pubblica istruzione viene espressamente esclusa la possibilità, per ora, di utilizzo del computer durante la prima prova. 18 Carl Bereiter – Marlene Scardamalia, “Psicologia della composizione scritta”, La Nuova Italia, Firenze 1995. Per i modelli classici vengono richiamate le elaborazioni di John R. Hayes, “A new framework for understanding cognition and affect in writing”, in Michael Levy – Sarah Ransdell, “The science of writing”, Hillsdale (N.J.), Erlbaum 1996; John R. Hayes Linda S. Flower, “Identifying the organisation of writing processes”, in Lee W. Gregg – Erwin R. Steinberg, 1980, “Cognitive processes in writing”, Hillsdale (N.J.), Erlbaum 1980. Per una integrazione dei modelli di Flower ed Hayes e di Bereiter e Scardamalia cfr. Mark Torrance e David Galbraith “Knowing what to write: Conceptual processes in text production“, Amsterdam University Press, Amsterdam, 1999 e Denis Alamargot, Monik Favart e David Galbraith “Evolution of ideas in argumentative writing: writing as a knowledge-constituting process?” in http://www.staffs.ac.uk/personal/sciences/smt15/mt15/cogres/strategies/alamargot_favart_galbraith.pdf ove l’idea chiave è che i fattori che promuovono lo sviluppo delle idee durante la pianificazione sono diversi dai fattori che promuovono lo sviluppo delle idee durante la produzione del testo. 19 L’argomento – in teoria - può essere svolto in una forma scelta dal candidato tra modi di scrittura diversi: saggio breve, relazione, articolo di giornale, intervista, lettera. Nelle prime tre sessioni sono stati proposti solo saggio ed articolo. 20 Jean Simard, Faculté des sciences de l’éducation, Université de Moncton, Canada, “The writing process in a Multimedia Environment”, http://horizon.unc.edu/projects/monograph/CD/Language_Music/Simard.aspag. Sull’uso didattico del wordprocessor (in particolare di Microsoft Word): Pinuccia Samek Ludovici (a cura di), “Laboratorio di scrittura” La Nuova Italia, 1995, Firenze. 21 Modello classico in Ministero Pubblica Istruzione, “Linee Guida 2000/2001”. 22 Gabriele Pallotti , “Alcune osservazioni sul saggio breve e l’articolo di giornale”, 13 maggio 1999 in http://www.hermesscuole.na.it/prog_altri/labscrittura/hom_map_ter/regioni/Emilia/relazionepallotti.htm (dead link in cache su http://www.google.it); Gabriele Pallotti, “Il saggio documentato: una proposta per la valutazione delle capacità di scrittura nella scuola superiore” in Ugo Cardinale “Insegnare italiano nella scuola del 2000”, Unipress, Padova, 2000; Gabriele Pallotti, “Perché la scrittura documentata? La scrittura documentata un anno dopo”, in Ministero Pubblica Istruzione, Linee Guida 2000/2001, pag. 368 – 373. 23 Mario Ambel – Patrizia Faudella, “La capacità di scrittura negli esami di Stato. Analisi delle prime prove. Sessione 1999”, Franco Angeli, Milano-Frascati, 2001. 24 Dati ufficiali riportati in Ministero Pubblica Istruzione, Linee Guida 2000/2001, “Introduzione” a cura di Katia Petruzzi, Coordinatrice della Segreteria tecnica centrale degli ispettori, pag. 346 e 347. 25 Osservatorio Nazionale sugli Esami di Stato, “Gli esami in numeri. Sessione 1999”, Franco Angeli, Cede, MilanoFrascati 2000, alla tabella 8, pag. 29, un’indagine tra tutti i presidenti di commissione rileva come la programmazione scolastica sia stata considerata in grado di consentire di affrontare agevolmente le prove nel 55,9% dei casi per analisi e commento di un testo, nel 54,1 nell’argomento specifico dell’indirizzo, nel 57,8% nell’argomento storico e ben nell’86,4% nel tema di ordine generale. Lo stesso volume nella sezione “Codifica delle Osservazioni libere circa lo svolgimento degli esami (Mod. ES3, pag.1)” a cura di Francesca Romana Beneo riporta a pag. 142, tab. 50, su 3000 relazioni estratte dalle circa 13.000 pervenute all’Osservatorio, sulla prima prova un giudizio positivo pari al 2,2% dei casi esaminati, una dichiarazione di insuccesso per poca dimestichezza degli studenti nell’1,4%, un giudizio negativo per l’1,2%, la rilevazione

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di tracce difformi dai programmi svolti nello 0,3% e la questione B1 e B2 (articolo e saggio breve) nello 0,7% del campione. 26 Giulio Benedetti, “Maturità, scelto il saggio breve”, Corriere della Sera, 22 giugno 2000. Mario Reggio, “La maturità dell’Olocausto”, La Repubblica, 22 maggio 2001 pag. 2. Curioso come invece iMinistero Pubblica Istruzione, “Linee Guida 2000-2001”, pag. 30 e pag. 79 quantifichi tale dato ora come «circa il 60%» ed ora come «oltre il 50%». 27 Giovanni Cesareo, “Fa notizia”, Editori Riuniti, Roma, 1981, pag. 17: «fa notizia ciò che il senso comune giornalistico e la logica produttiva dell’apparato riescono a cogliere e produrre come tale». Sergio Lepri “Medium e messaggio”, cit., pag. 94-99. 28 Mark Torrance e David Galbraith “Knowing what to write: Conceptual processes in text production“, cit..

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In definitiva (ci si perdoni l’insistenza su questo punto) la tecnica non è altro che la realizzazione dei valori, i quali non esistono affatto «per sé», come l’iperuranio platonico, ma solo in quanto si attuano nella vita della scuola. Bruno Ciari Le nuove tecniche didattiche

2. Istruiti per l’uso Le consegne che il Ministero della Pubblica Istruzione sottopone agli esaminandi permettono di scorgere quale è – in concreto – il “testo” che si chiede allo studente. Ecco riassunte, schematicamente, le istruzioni nella versione utilizzata a partire dalla prima prova scritta del 20001: viene fornito un argomento; si chiede di scegliere tra saggio breve o articolo di giornale (ma non di dichiararlo): o se saggio breve: di interpretare e confrontare i documenti e i dati forniti di svolgere su questa base la trattazione, attingendo anche alle conoscenze personali si può organizzare la trattazione suddividendola in paragrafi con titolo si deve dare al saggio un titolo coerente bisogna ipotizzarne una destinazione editoriale: • rivista specialistica • fascicolo scolastico di ricerca e documentazione • rassegna di argomento culturale • altro o se articolo di giornale: lo studente deve individuare nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che gli sembrano rilevanti deve costruire su di essi il suo ‘pezzo’ deve dare all'articolo un titolo appropriato deve indicare il tipo di giornale sul quale ne ipotizza la pubblicazione: • quotidiano • rivista divulgativa • giornale scolastico • altro per attualizzare l’articolo il candidato può riferirsi a circostanze immaginarie o reali: • mostre • anniversari • convegni • eventi di rilievo non si devono superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo. Indifferenze di testo La prima questione riguarda la distinzione tra articolo e saggio breve. Quali siano le eventuali differenze tra le due tipologie testuali nel mondo della carta stampata è controverso2: una “Bustina di Minerva”3 di Umberto Eco, ad esempio, può essere l’uno e l’altro4. Stesso dicasi per alcuni fondi di prima o pezzi di terza pagina5. Ma probabilmente non conviene fossilizzarsi troppo nel concepire classi di testi chiuse e nettamente delimitate6.

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Le caratteristiche di entrambi i tipi testuali vengono infatti “definite”, in sede di esame, attraverso l’indicazione di norme di scrittura7. E sembra opportuno proprio far riferimento a queste, se non altro perché attraverso la loro lettura – per come sono (e non in funzione dei modelli che cercano di simulare) – si può tentare di comprendere quali “valori” si stiano cercando di attuare nella scuola. E’ anche realistico pensare che tali regole possano cambiare nelle future sessioni. Ma è attraverso di esse che si può comunque intuire quale strada è stata imboccata nel quadro della verifica della padronanza della lingua, delle capacità espressive, logicolinguistiche e critiche frutto dalla creatività del candidato come previsto dalla legge 425/1997, all’art. 3, comma 1. In linea di massima, come ha detto Tullio De Mauro8, questo tipo di prove consiste «nel far scrivere qualcosa non a ruota libera, ma su un determinato argomento. Per esempio un breve saggio sulla Conciliazione tra Stato e Chiesa, per il quale il ministero fornisce un’adeguata documentazione. Poi nel dare le misure: una pagina, due pagine o tre pagine». L’obiettivo è – con evidenza9 – quello di arrivare, negli anni, ad una prova di scrittura procedurale, documentata10 e funzionale11 (vale a dire – secondo la definizione di Vittorio Masoni – consequenziale, informativa, economica ed operativa)12. Un elaborato, insomma, in grado di mettere alla prova le capacità di lettura, di rielaborazione concettuale e di uso pragmatico del testo. Ma non è possibile avere “tutto e subito”. E conviene quindi riflettere sul livello minimo dal quale ci si muove, piuttosto che analizzare un modello ideale (ed astratto) di testo cui ci si augura di arrivare. Scritti al minimo Le istruzioni, in entrambi i tipi testuali, hanno esordito – agli inizi dell’esperimento – suggerendo (e pre-scrivendo) il percorso mentale di comparazione e selezione che dovrebbe seguire lo studente prima della scrittura: formulare un giudizio di rilevanza dei dati (interpretazione), dopo averli distinti dagli altri (individuazione) attraverso un’attività che non può che essere di confronto. Chi sceglie il saggio, però, sembra destinato a compiere tale operazione preliminare su tutto il materiale messo a disposizione, possibilmente aggiungendovi conoscenze personali. Di contro, chi sceglie l’articolo può scartare quel che non ritiene rilevante. E non sembra tenuto, sempre secondo le istruzioni ministeriali, ad attingere alla propria “enciclopedia”. Lo scrivere viene denominato “trattazione” quando si riferisce al saggio, “costruzione” se finalizzato all’articolo. La “trattazione”13 è definibile, stando al diffusissimo Zingarelli14, come «esposizione, svolgimento di un argomento». Dallo stesso vocabolario si ricava però anche che “tema” ha come significato: «argomento di un componimento scolastico». Se lo studente apre il dizionario per comprendere le istruzioni offertegli, il passo per indurlo a scivolare dal saggio al tema è davvero breve15, considerato che i dati ed i documenti forniti devono essere interpretati e confrontati16. E’ però evidente l’intenzione di chiedere la stesura di un testo argomentativo17. Il candidato, inoltre, ha la facoltà di rendere visibile la scaletta concettuale seguita, inserendo dei titoletti tra i vari paragrafi del saggio. Per l’articolo di giornale, invece, viene suggerito allo studente che esso ha – per natura – una struttura (come nel modello reale). Questo scritto, gli si dice, va costruito seguendo evidentemente uno schema standard. Esso è, secondo il Ministero, un insieme organico da comporre. Il che potrebbe creare difficoltà a chi non ha neanche una vaga idea dello schema sottostante, ma basta che egli conosca la regola delle 5W (who, where, what, when, why)18 per ritenere essere quella la struttura richiesta. Ma ciò potrebbe non verificarsi. L’interpretazione infatti potrebbe essere deviata: anche il periodo (nel senso di sintassi) viene “strutturato”, ma secondo regole grammaticali, sintattiche e logiche. A far da antidoto a questo possibile fraintendimento (sebbene

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possa apparire un caso limite) c’è l’aver fornito dei materiali da utilizzare: si spera che lo studente si chieda a cosa servano e li utilizzi come “mattoni” per realizzare il proprio elaborato. Se si analizzano i documenti offerti nelle sessioni di esame dal 1999 al 2001, non sempre riportano cifre, informazioni precise, brani da utilizzare nel testo. Le fonti sono state precise ed abbondanti soprattutto per gli ambiti socio-economico e tecnico-scientifico. Ma talora gli studenti hanno avuto a disposizione anche soltanto poesie o immagini. In questo caso l’implicito appello al loro patrimonio “nozionistico” e l’invito a collocarsi nella tipologia del saggio o dell’articolo culturale è stato pressante. Se il candidato non l’ha fatto e magari ha dichiarato di scrivere un pezzo per un quotidiano, commentando più che cercando di informare il lettore, si è esposto al rischio di una valutazione di non adeguatezza alla tipologia testuale. La qualità dei dati offerti alla rielaborazione del candidato, in definitiva, può influire cospicuamente sull’esito della prova. Molto più di quanto poteva fare l’indicazione della traccia nel tema tradizionale. Le istruzioni sull’uso dei materiali, inoltre, fanno riferimento ad una selezione tra tali dati, senza invitare al richiamo delle conoscenze personali: dopo averli ricombinati seguendo un qualche ordine, i materiali potrebbero essere parafrasati e disposti senza rielaborazione, secondo uno schema paratattico, di derivazione orale19, più consono ad una generazione accusata – più o meno giustamente – di avere scarsa propensione alla lettura, all’analisi ed all’uso delle mappe concettuali20. Ma, pure in questa evenienza, lo studente dovrà dimostrare almeno di possedere una forma di disciplina del pensiero: quella di scrivere a misura, senza superare il limite (elastico) delle quattro o cinque colonne. I possibili comportamenti “minimi” del candidato – privo di adeguata formazione – che improvvisasse la tipologia B) della prima prova possono essere due. La prima condotta, se si cimenterà con il saggio, potrebbe essere quella di partorire un “tema tradizionale” – magari privo di efficaci accorgimenti retorici e dialettici – però imperniato in misura variabile sui “dati” offerti, più o meno commentati ed argomentati nel rispetto della lunghezza massima e nell’ambito della tematica proposta. Ciò nonostante, il candidato potrebbe riuscire a far emergere la sua “maturità”21, secondo i desiderata ministeriali. La seconda “patologia”22, qualora invece scegliesse l’articolo, è quella di non indovinarne la struttura, il linguaggio, la natura di testo informativo (implicita nell’essere destinato ad un giornale) o incappare nelle degenerazioni gergali e stilistiche della scrittura giornalistica, senza magari neanche inserirvi una rielaborazione personale dei materiali. Da ciò l’impellente necessità, per i candidati, di avere a disposizione la “cassetta degli attrezzi” per redigere l’articolo di giornale. Il destinatario implicito Una notazione a parte va fatta a proposito di titolazione, destinatario ed occasione (da immaginare) per la stesura degli scritti. Mentre si fa perno sulla “coerenza” con quanto si argomenta nel caso del saggio – considerando perciò il titolo come parte del percorso logico seguito, oltre che come “invito testuale” per il lettore – nell’articolo si fa invece riferimento al requisito di appropriatezza. Un’adeguatezza che sembra potersi riferire sia ai contenuti, sia al destinatario, sia alle circostanze che hanno dato lo spunto di attualità al “pezzo” (il che richiede dimestichezza con i cosiddetti “valori notizia”, riassunti nelle consegne come mostre, anniversari, convegni e generici eventi di rilievo)23. Per l’individuazione del “destinatario” le consegne sono generiche. Infatti si chiede allo studente di indicare per quale rivista specialistica24, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione o rassegna di argomento culturale elabora il proprio “saggio breve”. Tutto sommato tale individuazione risulta agevolata, sia dall’argomento, sia dal lavorare su un testo “specialistico”.

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Nell’articolo di giornale, invece, lo stereotipo di lettore è ben più evanescente. Il candidato potrebbe infatti accontentarsi di affermare che sta scrivendo per un quotidiano tout court25 o per una rivista divulgativa qualsiasi o, infine, per un giornale scolastico. Tanto il saggio che l’articolo danno comunque la possibilità allo studente di indicare un pubblico “ben definito”, per parlare al quale non servono particolari competenze comunicative: la scuola. La ricerca o il giornale scolastico sono infatti due “generi” diffusi nella didattica26, la cui applicazione pratica – specie nel secondo caso – ha dato vita a variegati risultati. Nell’ambito dell’Esame di Stato, la loro presenza induce a scorgere una sorta di autoreferenzialità della prova. Chi scrive, specie nell’articolo, fa riferimento ad un lettore immaginario che appartiene al suo stesso gruppo, interagisce nel medesimo contesto sociale e, molto probabilmente, utilizza un codice ben dominato dall’autore del testo. Insomma, in questo caso è facile “dare per scontato”, far riferimenti impliciti, ed è altrettanto agevole “immedesimarsi nell’altro” in quanto si opera su un patrimonio già condiviso (dal latino communicare > mettere in comune). Ed anzi, se questa capacità comunicativa non è necessario venga esercitata, si apre il varco (oltre al più volte citato superamento dell’esigenza di seguire processi di knowledge transforming) anche all’aggiramento del bisogno di curare l’adeguatezza dello scritto alla destinazione dichiarata. Si tratta in altri termini di un salvagente: “se non so a che categoria di giornale riferirmi, posso sempre affermare che si tratta di un testo per la scuola”. A ben vedere, in ogni caso, l’abilità sarà tanto nell’individuare, a posteriori, che lo scritto potrà avere una determinata collocazione, quanto nel contrario (nel dichiarare la destinazione editoriale e poi scrivere un testo ad essa adatto) 27. L’articolo all’Esame di Stato appare dunque finalizzato non tanto ad “informare” un lettore, bensì a “dimostrare” a qualcun altro una capacità di rielaborazione concettuale e di utilizzo della forma espressiva prescelta o comunque un’abilità nel riconoscerne, successivamente, i caratteri prevalenti presenti nel testo. Quando poi questa competenza di scrittura si materializzerà nel foglio protocollo allo scopo di superare l’esame, è evidente che il candidato – in particolare se immagina il “pezzo” nel giornale scolastico (ma anche negli altri casi) – tenderà a scrivere soprattutto per uno dei possibili lettori ideali. Quello che più lo interessa in quel momento, colui che giudicherà le sue capacità di “maneggiare” il testo: il professore28. L’articolo totipotente Cos’è allora l’articolo di giornale all’Esame di Stato? La risposta non è definitiva, né esauriente. Le stesse consegne si rivelano quasi un testo “aperto”, una regola con lacune normative, che il giovane può/deve integrare e interpretare, attingendo alle proprie competenze. La presenza del “fattore umano” non fa escludere sorprese positive, legate ad exploit individuali, che però possono divenire sempre più fenomeni ordinari e diffusi grazie a graduali interventi formativi. E così l’articolo all’Esame di Stato finisce per somigliare ad una cellula staminale. Una di quelle che i biologi chiamano totipotenti: entità elementari in grado di trasformarsi – a seconda degli stimoli ricevuti – in un qualsiasi altro organo complesso, che ne condividerà comunque il patrimonio genetico. Fuor di metafora: l’articolo alla maturità è un testo di moderata complessità, privo di particolari condizionamenti paratestuali. Ma – se la competenza dello studente li possiede – può comunque contenerne, senza bisogno di un’esplicita richiesta. Tanto materialmente (sebbene con qualche limite fisico), quanto immaginariamente (attraverso l’indicazione della collocazione dello scritto all’interno della pagina, del timone o delle sezioni del giornale).

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L’articolo è anche un elaborato che concretizza una struttura espositiva, seppur elementare (ad esempio la regola delle 5W). Però può anche averne di sofisticate, assai vicine a quelle in uso nella pratica giornalistica. E’ uno scritto informativo che ha fonti e dati preconfezionati da selezionare ed attualizzare. Anzi, si potrebbe insinuare che essi costringano lo studente a percorsi concettuali predefiniti29 e ne condizionino l’adeguatezza alla tipologia prescelta. Eppure l’articolo si presta ad essere integrato e sistematizzato grazie alle informazioni provenienti dall’archivio personale dello studente30. Di più: la loro valorizzazione ed attualizzazione può avvenire attraverso un focus concettuale e l’in-scrizione nel testo di percorsi di lettura che tengano conto dei “valori notizia”, suggerendo – più o meno esplicitamente – nella strutturazione dell’articolo il punto di vista dell’autore sotto le vesti di raffinata forma di argomentazione31. «L’impostazione ipotizzata come praticabile nella prova d’esame – ha scritto Katia Petruzzi32, coordinatrice degli ispettori del Ministero – e quale risulta anche dalle esercitazioni didattiche già realizzate per tali generi in alcuni istituti scolastici del territorio nazionale, rappresenta un tipo medio e convenzionale. Ciò non esclude che il singolo studente possa raggiungere forme più spiccate o complesse o comunque originali, valutabili positivamente, purché il suo elaborato soddisfi gli altri criteri di accettabilità (pertinenza del contenuto, consapevolezza della forma testuale realizzata, rispondenza del registro linguistico alla funzione del testo), oltre a quello generale della correttezza formale della lingua». La riduzione della distanza dal modello base, l’elementare articolo totipotente, all’elaborato ideale, quello progettato dagli esperti ministeriali, passa inevitabilmente per un progressivo miglioramento del livello delle competenze di lettura/scrittura degli allievi. Tale processo, però, è destinato a fare i conti con la scuola, intesa come formazione sociale. E quasi sicuramente il modello ideale di articolo di giornale (se qualcuno lo ha pensato) nell’incontro con le strutture e le culture scolastiche potrebbe risultarne alterato. Ma non necessariamente sminuito. 1 Si fa riferimento alle consegne maturate a biennio di sperimentazione concluso (anni scolastici 1998-1999 e 19992000) riprodotte in Appendice. 2 Sul sito del Cede, organismo delegato dal Ministero della Pubblica Istruzione ad essere un osservatorio sul nuovo esame, figura ad esempio un contributo di un liceo di Bergamo ove – in pratica – l’articolo di giornale viene indicato come un “saggio breve” divulgativo http://www.cede.it/ones/ForumInfo/pagine/prima_prova.htm. Di contro la coordinatrice della segreteria centrale tecnica degli ispettori afferma: «Basti pensare alla elevata complessità e alla notevole consistenza culturale di certi articoli di giornale, difficilmente distinguibili da un saggio breve». http://www.treccani.it/ iteronline/ documentaz/quaderni/pdf/Istituzioni_Petruzzi.pdf, pag. 33. 3 Celebre rubrica ospitata su l’Espresso che ha poi dato vita alla raccolta Umberto Eco, “La Bustina di Minerva”, Bompiani, Milano, 2001. 4 Katia Petruzzi, “I contenuti del nuovo esame: la prima prova scritta”, http://www.treccani.it/iteronline/documentaz/quaderni/pdf/Istituzioni_Petruzzi.pdf. Gabriele Pallotti, “Saggio breve e articolo di giornale”, in “Innovazione educativa” n. 3, 1999, pag. 13-17. E le acute osservazioni dell’Associazione Progetto Scuola di Bologna in http://www. treccani.it/site/iniziative/scuola/documenti/dalfonso.pdf. 5 Nel gergo giornalistico i pezzi di terza erano quelli che oggi costituiscono le pagine culturali dei quotidiani. 6 Gabriele Pallotti, atti del seminario nazionale «Laboratorio di Scrittura» - Fiuggi, 18-21 gennaio 2000 GISCEL (Gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica) in Ministero Pubblica Istruzione, Linee Guida 2001-2001 cit. pag. 360 e ss. 7 Ma agli insegnanti, impegnati nella programmazione didattica, vengono offerte regole di altro tenore in Ministero Pubblica Istruzione, “Linee Guida 2000-2001”, cit., pag 55 e ss. 8 Paolo Mauri, “Questa volta facciamo sul serio dopo trent’anni la svolta: mutano la commissione gli scritti le prove orali. Sarà una vera rivoluzione? Ne discutiamo con Beniamino Placido e Tullio De Mauro”, la Repubblica, 9 marzo 1999, pag. 34. 9 In questo senso si muovono gli studi ministeriali di cui ai contributi di Ministero Pubblica Istruzione, “Linee Guida 2000/2001”, cit., pag. 345 – 438. 10 Maurizio Della Casa, “Scrivere testi. Il processo, i problemi educativi, le tecniche”, La Nuova Italia, Firenze 1994. 11 Dario Corno, “La scrittura. Scrivere, riscrivere, sapere di sapere”, 1999.

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12 Vittorio Masoni, “La scrittura funzionale: guida operativa per redigere relazioni e rapporti”, Franco Angeli, Milano 1974, che nella IV edizione (“Scrivere chiaro. Guida operativa per redigere relazioni e rapporti”, De Agostini - Franco Angeli, Milano, 1994) così definisce le necessità della scrittura funzionale: «essa dev’essere consequenziale, come la prosa scientifica, sì da presentare coerentemente e linearmente le parti tecnico-logiche dell’argomento; informativa, cioè presentare i dati del problema in maniera circostanziata ed esauriente; economica, donde la tipica brevità del documento di organizzazione ben redatto; operativa, cioè orientata a produrre degli effetti pratici e piuttosto immediati in chi legge. 13 Il primo termine appare abbastanza colto: non è ricompreso nel “Vocabolario di base” di Tullio De Mauro, ha radici latine (da tractatione, derivato a sua volta da tractare), è stato utilizzato nella lingua italiana a partire dal XVI secolo e soprattutto appartiene, secondo il Sabatini e Colletti, ad un registro d’uso non comune, DISC, cit.. Tullio De Mauro, “Guida all’uso delle parole”, Editori Riuniti, Roma, 1983, verifica effettuata con software di analisi del testo. Le consegne per la sessione 2000-2001 così analizzate hanno dato il seguente risultato: 62,83 % vocabolario fondamentale, 10,99 % vocabolario di alto uso, 14,14 % vocabolario di alta disponibilità e 12,04 non appartenenti al vocabolario di base. 14 Nicola Zingarelli, “Zingarelli 2000. Vocabolario della lingua italia”, Zanichelli, Bologna, 1999. 15 In inglese tanto tema scolastico che saggio sono indicati con lo stesso lemma: “essay”. 16 Come sinonimo di “trattazione” è invece indicato, sempre nello Zingarelli cit., il termine “dissertazione”, che – nonostante il registro d’uso elevato – avrebbe forse potuto far meglio emergere il desiderio che il saggio fosse un “testo argomentativo” in senso stretto, uno scritto dotato di “autorevolezza” scientifica per la forza delle sue argomentazioni. 17 Il tradizionale “tema scolastico” viene da tempo distinto dal “tema libero” ed avvicinato al “tema saggio”. Centro Iniziativa Democratica Insegnanti di Lamezia, http://www.infoline.it/cidilamezia/esame.htm, che non ritiene ci sia da aver timore, per chi ha operato nella scuola, nell’accostarsi a questa forma di scrittura. 18 Domande che Joseph Folliet, “Tu sarai giornalista”, Armando editore, Roma, 1964 attribuisce ai trattati di retorica classici sotto la forma più compelta perché comprensiva del “come” di quis? quid? ubi? cur? quomodo? quando?. 19 Sul passaggio dal modo di pensare “orale” a quello dialettico della “scrittura” Eric A. Havelock, “Cultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone”, Laterza, Roma – Bari, 1995 e – sul rapporto causale tra scrittura e pensiero – le osservazioni di Giovanni Reale, “Socrate”, Rcs Libri, Milano, 2000. 20 Raffaele Simone, “La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo”, cit., pag. 123 – 140. 21 Secondo la ratio della legge 425/1997. 22 Ma è improprio, a rigore, parlare di patologia, in quanto si tratta – nella sostanza – dell’interpretazione che destinatari privi di particolari competenze, maturate nel ciclo degli studi o nell’esperienza di vita, potrebbero dare alle consegne. 23 Curiosamente il Ministero ha utilizzato un termine “gergale” – tipico del giornalismo – che, evidentemente, si ritiene entrato nel linguaggio comune e che (come quando si parla di “strutturare” l’articolo) sembra voler suggerire al candidato l’essere la prova uno scritto per il quale sono indispensabili conoscenze tecniche. 24 L’essere la rivista “specialistica” implica una scelta di ambito tematico ristretto, ma non necessariamente di pubblico. Nella realtà editoriale esistono prodotti divulgativi, ma – nelle consegne – la “rivista divulgativa” è associata alla tipologia dell’articolo e non del saggio breve. Contra Gabriele Pallotti in Ministero Pubblica Istruzione, “Linee Guida 2001-2001” cit. pag. 360 e ss. che ipotizza la possibilità di testi in grado di trovare – senza modifiche sostanziali – più collocazioni. 25 Soluzione comunque in grado di evitare che emittente e destinatario potessero essere manifestati grammaticalmente o l’esplicita segnalazione dell’udienza. 26 A partire dai fondamenti pedagogici posti da Célestin Freinet. Per le metodologie didattiche alle elementari: Bruno Ciari, “Le nuove tecniche didattiche”, Editori Riuniti, Roma, 1971. Per le Superiori: Giuseppe Tabasso, “Facciamo un giornale”, Tuttoscuola, Roma, 2001. 27 Gabriele Palotti, ult. cit.: «ciò che conta è che lo studente impari a scegliere una collocazione plausibile per il suo testo, e a scriverlo in modo tale che sia adeguato per tale collocazione». Tanto per il livello di possesso di competenze comunicative, quanto per la concreta realizzabilità di un testo di tal fatta, salvo non posizionarne il registro sul livello più divulgativo, finisce per apparire ardita la successiva affermazione dello studioso. «Potrà capitare – dice Pallotti, precisando che comunque non tutto è pubblicabile ovunque – che lo stesso testo sia adatto sia per il giornale scolastico che per un fascicolo di ricerca, sia per una rivista specialistica (nel senso di specializzata nel trattare un certo settore, non nel senso di rivolta solo agli specialisti) sia per un quotidiano: questo, occorre ribadirlo, non deve essere considerato un problema». 28 Le previsioni di Benedetto Vertecchi sono in Mario Reggio, “Il vecchio tema sfida articoli e brevi saggi”, La Repubblica, 23 giugno 1999, pag. 12. 29 Contro questo tipo di “costrizione” è stata avviata una raccolta firme sul newsgroup it.politica.cattolici (soggetto del thread: Nuova maturità: da distribuire a tutti, messaggio del 1999/07/01 da by the way of David e Fiorenza): «infatti quando un giovane si trova ad affrontare un argomento di cui non possiede che pochi elementi, soprattutto in sede d’esame, non può far altro che riferirsi a ciò che gli viene dato, in questo caso i giudizi e i materiali offerti dalle tracce». 30 Sull’archivio come risorsa dei giornalisti Giampaolo Pansa, “Carte false”, Rizzoli Libri, Milano, 1986, pag. 30 e ss. 31 Sull’impossibile obiettività dei testi: Sergio Lepri, “Medium e messaggio”, cit., pag. 131-146 e, per quelli televisivi, Leandro Castellani, La tv dall’anno zero, Edizioni Studium, Roma, 1995, pag. 20-26. 32 Katia Petruzzi, “I contenuti del nuovo esame: la prima prova scritta”, cit., pag.33.

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Acindino, trovando tutti ubriachi, / non volle bere. E per questo lui solo / parve l’ubriaco. Luciano Epigrammi

3. Un millefoglie comunicativo «E’ una prova più difficile e ambigua di quella proposta abitualmente ai praticanti giornalisti nell’esame per diventare professionisti». L’osservazione di Furio Colombo1 mette in luce un carattere (ineliminabile) dell’articolo alla maturità: l’ambiguità. Connotato condiviso d’altronde con tutti gli scritti, come ad esempio la lettera o il saggio breve, che – pur essendo prove di esame – obbligano lo studente a selezionare un destinatario “altro” rispetto a chi lo valuterà. «Nell’articolo di giornale – afferma Benedetto Vertecchi2 – oltre allo spazio e al tempo breve, c’è il target. E’ uno dei grossi problemi della scrittura scolastica: lo studente ha come target solo l’insegnante che corregge il tema. Questo falsa la situazione: chi scrive di Leopardi o del colonialismo adatta il compito a come la pensa il professore». O meglio: come egli ritiene la pensi l’insegnante. Compito che potrebbe risultare agevolato, allorché la commissione sarà costituita solo da membri interni. Ma che fino all’esame 2001 con la presenza di commissari esterni si è dimostrata essere ancor più una scommessa. Ciò avviene tanto nel tema tradizionale che nelle nuove prove. Solo che nell’articolo all’Esame di Stato l’intreccio dei livelli comunicativi è ben più aggrovigliato. Il “testo” dovrà essere destinato ad un particolare pubblico (lo “stereotipo di lettore”), il quale però non sarà quello che realmente lo giudicherà (la Commissione di esame). I professori valuteranno a loro volta – secondo autonomi criteri e personali competenze testuali – l’adeguatezza dell’elaborato alla forma, al mezzo di comunicazione ed ai destinatari prescelti, oltre che al rispetto delle direttive e delle scelte di materiali compiute da un ulteriore agente: il Ministero della Pubblica Istruzione. I cui esperti, infine, hanno avuto idealmente di fronte due destinatari: i “maturandi” ed i commissari. Se lo studente, dunque, non prende consapevolezza degli strati di questo “millefoglie comunicativo” servitogli sul banco d’esame, rischia di rimanere vittima di un ambiguo meccanismo. Quello di vedersi magari giudicare come insufficiente un pezzo in grado di fargli vincere il “Premio Barzini” oppure, nel caso inverso, di estendere un articolo da cestinare, ma perfettamente adeguato all’ideale di giornalismo che il professore possiede nonché a quello di prova corretta (che il docente potrebbe indurre dalle consegne). L’opportunità offerta però dalla natura totipotente della tipologia B) è proprio questa: arrivare gradatamente, attraverso l’interazione con studenti e docenti, alla presa di dimestichezza dell’uso funzionale del testo “articolo all’Esame”. Esso richiede infatti capacità di comunicazione e di scrittura, su almeno due livelli (quello immaginario della collocazione editoriale e quello pragmatico della prova di esame). Ma non quelle che, a prima vista, sembra esigere sotto le (presunte) spoglie di articolo di giornale. Per tale via si potrebbe dunque tentare di agevolare l’acquisizione – attraverso un’esperienza di laboratorio – proprio di quel “controllo della scrittura” che figura tra gli obiettivi del nuovo Esame di Stato.

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Le versioni dell’articolo: gli studenti Professori e studenti hanno probabilmente, ciascuno, un’idea più o meno approssimativa di quale struttura, quale linguaggio, quale stile comunicativo possa avere un articolo (della carta stampata). Basta che siano abituati a consultare i giornali per aver percepito, quanto meno, cosa può essere un articolo. Sebbene, comunque, «c’est en écrivant qu’on apprend à écrire3», anche l’atto della lettura implica una costruzione del testo (uno scrivere in senso lato) attraverso l’attività di cooperazione. «Le lettura dell’apprendista scrittore, tuttavia – osserva Mario Vargas Llosa4 – è una lettura diversa dalla lettura per così dire ‘normale’ […] Non è questa la lettura che rivela le tecniche, il modo di utilizzare il linguaggio o il modo di costruire una storia affinché questa storia sia persuasiva, affinché i personaggi abbiano rilievo, affinché ciò che accade sia verosimile». E’ necessario infatti che il lettore – spontaneamente o sotto sollecitazione – provi uno “straniamento” per iniziare a comprendere come è scritto un articolo. Questa potenziale condizione non risulta però condivisa da tutti. Coloro che alle Superiori leggono un quotidiano ogni giorno (o quasi), i cosiddetti “lettori regolari”, sono più del doppio tra gli insegnanti che non tra gli studenti. Il 55,7% tra i primi, il 23,2% tra i secondi. La fascia di non lettura, vale a dire coloro gettano gli occhi sul giornale meno di una volta a settimana, è simmetrica: il quadruplo tra gli studenti rispetto ai docenti (19,3% contro 5,1%). C’è poi il gruppo di quanti i quotidiani li guardano quando capita, forse anche distrattamente: 39,2% tra i docenti, 57,5% tra gli studenti (Iard 2000)5. Le maggiori carenze si registrano tra le femmine6 (27% non lettrici) e negli istituti professionali, dove la consistenza dei lettori regolari (19,3%) e dei non lettori (25,2%) è inversa rispetto a quella nei licei e negli istituti tecnici (Tabella 5). In buona sostanza, potrebbero avere un’idea di cosa sia un articolo di giornale, sebbene a livelli diversificati7, il 94,9% dei professori e l’80,7% degli studenti. Queste cifre possono forse apparire alte tra i ragazzi, soprattutto se raffrontate con le basse frequentazioni di biblioteca ed in libreria (Iard 2000) 8. Quindi gli studenti appaiono poter avere: una vaga idea di articolo di giornale, con scarsa predisposizione ad imitarne a) il linguaggio scritto9 (nell’ambito dei non lettori che sono il 19,3%); b) un’idea meno vaga della tipologia testuale, ma una limitata potenziale attitudine ad imitarne le tecniche espressive (nell’ambito dei lettori irregolari che sono il 57,5%); c) un’idea di scritto giornalistico, con una potenziale capacità imitativa (nell’ambito dei lettori regolari che sono il 23,2%). La lettura dei giornali non è in grado di sviluppare, per se stessa, abilità mimetiche. Ma può costituirne la base, in proporzione alla capacità di osservazione (spontanea o guidata) ed agli esercizi compiuti dallo studente. D’altro canto «i ragazzi, soprattutto i più giovani, concordano sull’importanza della parola scritta, sanno che leggere un articolo può anche insegnare a parlare, ad acquisire una maggiore proprietà di linguaggio, ma tali riflessioni, nella pratica quotidiana, non si traducono nell’acquisto del giornale»10. Qualche ulteriore elemento sulle potenzialità “giornalistiche” dei giovani può essere ricavato dalle motivazioni nella scelta delle pubblicazioni da leggere. Alcuni indizi sono forniti dal “Primo rapporto annuale sulla comunicazione in Italia” del Censis del luglio 2001. Secondo questo studio, tra i giovani dai 14 ai 25 anni (campione meno significativo rispetto a quello Iard 200011) il 36,8% afferma di scegliere un quotidiano per interesse/identificazione con il prodotto editoriale, il 12,8% per ragioni di leggibilità e ben il 50,4% perché lo si legge o lo si leggeva già in famiglia. Un dato questo ultimo che trova conferma anche in altre ricerche condotte con dei focus group, allorché la lettura viene legata a circostanze “casuali”12. Non accade lo stesso per i periodici: il 59,8% li seleziona facendosi guidare da interesse, completezza e coincidenza di opinioni,

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il 28,5% per delega al gruppo familiare/tradizione ed il 13,1% per la facilità di lettura. Questa situazione si riflette sulla pulsione all’acquisto: il 54,7% acquista un quotidiano per gli inserti che contiene, mentre la presenza dell’allegato nei periodici è determinante soltanto per il 33% degli intervistati. Si prospetta così una diffusa spinta motivazionale nel consumo dei periodici ed in misura minore in quello dei quotidiani13. Quanto ai generi nel 199614 (Tabella 1) si rilevava una netta prevalenza per la cronaca bianca (nazionale, locale e sociale), per gli spettacoli e per circa la metà del campione – in particolare per i più giovani – lo sport e la nera. Restavano in coda politica, economia e scienza. Un altro studio – più recente, ma meno focalizzato sugli adolescenti – è quello del Censis del 2001, il quale però perviene a risultati non troppo diversi, fatta salvo un maggiore orientamento allo sport (Tabelle 2 e 3) 15. Il giornalismo di attualità (al 21,1% contro una media del 37,3% ) occupa solo il quarto posto tra i periodici – la tipologia di giornale preferita dagli under 25 (Censis 2001), anche se non è chiaro di quale sesso16 – ed è preceduto, in questo settore, da argomenti spesso caratterizzati da linguaggi specialistici. Lo stesso dicasi nei quotidiani, dove quelli sportivi rappresentano una cospicua quota delle letture dei teen-agers (come già in Iard 2000) e sopravanzano, negli interessi, la cronaca tanto nazionale che locale (Censis 2001). Complessivamente è forte il rilievo attribuito a tutto ciò che è spettacolo, cinema e musica. Il giornalismo culturale risulta più frequentato tra i lettori di quotidiani piuttosto che tra chi si dedica a settimanali e mensili. Non tutti gli indizi sulle potenziali attitudini alla scrittura giornalistica dei giovani sembrano avere lo stesso valore. Informazioni sufficientemente significative sui maturandi – seppure con la distorsione del forte peso esercitato sui dati dai quotidiani sportivi (a prevalente pubblico maschile, utilizzati quasi come un mezzo di precoce socializzazione17) – possono considerarsi quelle sul rapporto tra studenti e quotidiani (Iard 2000). Ad esse, per diretta relazione, possono essere accostate quelle sugli interessi nei quotidiani, ma con il disturbo della presenza nel campione della fascia 18-25 anni (Censis 2001). Le due indagini – Iard 2000 e Censis 2001 – non sono ovviamente confrontabili in maniera diretta per evidenti ragioni di metodo. Ma ciò non impedisce di constatare che il profilo statisticamente maggioritario risulta ad oggi infatti quello di giovani liceali e studenti tecnici, che (potenzialmente) hanno una qualche dimestichezza con il linguaggio giornalistico (specie a carattere sportivo). Tale potenziale attitudine sarebbe comunque attribuibile a costoro anche per cronaca (bianca o nera) e spettacoli. Non del tutto rappresentativi possono invece dimostrarsi i dati sui periodici (Censis 2001): oltre al campione omnicomprensivo (da 14 a 25 anni) non è disponibile, per ora, un rilevamento parallelo tra gli studenti delle Superiori sul se e sul quanto leggano settimanali e mensili, così da suggerire un dubbio sull’attribuzione degli interessi registrati alla fascia dei teenagers o a quella dei maggiorenni. Si può allora solo ipotizzare – per una quota superiore al 20% delle risposte date dal campione – l’esistenza di potenziali competenze in materia di cronaca, moda e spettacoli, senza però poterne quantificare la presenza nella scuola. In questo background si inseriscono, infine, altri due fattori: la scuola e gli altri mezzi di comunicazione. La prima agevola l’esistenza di un particolare stile di consumo mediale dei giovani, quello degli “informati”: ragazzi che ritengono essere i media (giornali inclusi) strumenti di conoscenza e studio. Insomma risorse, utili anche per affrontare compiti in classe di attualità18. Ma non si può ignorare che spesso il quotidiano entra in casa perché è stato qualcun altro a sceglierlo o lo si è acquistato per tradizione familiare (Censis 2001)19. Una condotta che non fa supporre né una particolare attenzione alle caratteristiche del prodotto né una dieta variata quanto a testate lette, con conseguente scarsa coscienza (seppure in nuce) delle differenze editoriali e di pubblico tra queste. Il consumo di informazione non è fatto solo di quotidiani. La loro lettura viene certo stimolata dalla partecipazione alla vita della scuola secondaria e dall’azione di altre agen-

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zie di socializzazione, come associazioni, movimenti e la tv20. Ma la situazione, nei consumi culturali dei ragazzi, si è dimostrata ulteriormente in evoluzione e non la si può racchiudere nella contrapposizione tra lettori e non lettori. Ormai i teen-agers usano di tutto, dai quotidiani ai videogames. Nel 1998, ha rilevato un’indagine sulle scuole della provincia di Roma, il 43% degli adolescenti stava più di 240 minuti al giorno davanti al televisore; nel 2000 vi è rimasto solo il 13,2%. Inoltre – a rettifica del Rapporto Censis – è rilevabile un aumento della fruizione della stampa quotidiana rispetto alla media della popolazione, anche se i preferiti restano i giornali sportivi, con scarso interesse per news e politica21. Le versioni dell’articolo: i professori Quale concetto di articolo di giornale (della carta stampata) hanno invece gli insegnanti? Le indagini finora citate non sono in grado di fornire una risposta. «Ovviamente i professori leggono molto di più dei loro allievi ma tale situazione non si spiega in termini di una condizione docente o studente, ma di condizioni pregresse rispetto a queste ultime: età, percorso formativo, classe sociale»22. Tanto crescono di livello e maggiori sono i consumi culturali. Una sola notazione: secondo lo Iard gli insegnanti giovani leggono meno dei più anziani (7,8% per chi ha meno di 40 anni). Gli insegnanti, secondo lo studio Iard, si trovano all’incrocio di situazioni particolarmente favorevoli al consumo di stampa quotidiana: sono di mezz’età, quasi sempre laureati e di ‘ceto medio’. In estrema sintesi la ricerca messa a punto dallo Iard (Tabella 4) fornisce un’immagine della segmentazione – quanto a lettura dei quotidiani – tra i due protagonisti del rapporto comunicativo che si instaura in occasione dell’Esame di Stato. Ed emerge come a parità di genere, livello culturale familiare, classe sociale, area geografica, ampiezza del comune di residenza ed istituto scolastico la lettura “regolare” dei quotidiani da parte dei professori si riproduce – tra gli studenti –nella categoria dei “lettori irregolari” con pressoché le stesse percentuali. E la crescita di interesse verso la carta stampata sembra dipendere direttamente dall’accrescersi dell’età anagrafica cui corrisponde anche la scoperta di argomenti come politica e notizie economiche di norma snobbati dai più giovani23. Quali argomenti “interessino” i professori, però, non è possibile ricavarlo dalle ricerche a disposizione. Se comunque dovessimo utilizzare la media degli argomenti preferiti dagli italiani nei quotidiani (Censis 2001), gli under 25 si troverebbero, nella gerarchia delle preferenze, a queste distanze:

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L’articolo

immaginato

Elaborazione su dati Censis 2001

Questo approccio, nonostante i limiti insiti nella ricerca Censis, può permettere di misurare in maniera grossolana la distanza che separa la media della comunità dai giovani con meno di 25 anni (che sono parte della medesima entità sociale). Ne emerge, ad esempio, una probabile minor dimestichezza da parte di teen-agers e maggiorenni fino ai 25 anni rispetto alla collettività (di cui sono parte anche i prof) con tematiche e linguaggi legati a cronaca (nazionale e locale), politica, economia e lavoro, questioni sociali/civili, nonché temi religiosi. Ma non si può ignorare comunque che alcuni di questi temi – in particolare la cronaca – sono quelli maggiormente “gettonati” tra le nuove generazioni. I ragazzi appaiono invece teoricamente più attenti della media della popolazione a sport, spettacoli, tv, cultura, cronaca nera, costume, ambiente, esteri e piccoli annunci. Tabella 1 Notizie dei quotidiani Cronaca nazionale Spettacolo Cronaca locale Notizie sociali Cronaca nera Servizi vari Cultura Sport Cronaca mondana Politica interna Notizie scientifiche Politica estera Politica locale Notizie economiche

15-17 anni

18-20 anni

67,1 68,8 66,3 55,9 57,4 48,1 46,1 54,9 41,9 31,6 38,4 20,4 19,2 14.,4

73,2 69,4 69,6 63,9 59,8 58,0 56,1 46,4 43,8 44,4 37,0 32,6 31,7 24,5

18

Media

70,15 69,10 67,95 59,90 58,60 53,05 51,10 50,65 42,85 38,00 37,70 26,50 25,45 19,45 Elaborazione su dati Iard 1996


L’articolo

immaginato

Tabella 3 Argomenti preferiti nei settimanali/mensili (val. %)

Tabella 2 Argomenti preferiti nei quotidiani (val. %)

Argomenti

Giovani con meno Argomenti di 25 anni

Moda Musica Bellezza Attualità/informazione Cinema/spettacolo Problematiche giovanili Sport Motori Computer Cultura/mostre/libri Astrologia Problematiche femminili Fumetti Ambiente Animali Scienza/tecnica Viaggi/vacanze Televisione Salute/medicina Il totale delle Tabelle 2 e 3 non è uguale a 100 perché Arredamento/architettura era possibile indicare più di una risposta - Fonte: inda- Cucina/gastronomia Enigmistica gine Censis, 2001 Politica Psicologia/sentimenti Questioni sociali/civili Storia/archeologia Economia/lavoro Bambini Religione Piccoli annunci Giardinaggio Narrativa/fotoromanzi Sport Cronaca nazionale Cronaca locale Spettacoli Cultura Cronaca nera Televisione Questioni sociali/civili Politica Costume Economia/lavoro Ambiente Esteri Piccoli annunci Temi religiosi

51,1 29,6 28,5 20,4 19,3 17,8 17,8 15,2 12,6 10,7 10,4 7,0 4,1 3,7 1,1

19

Giovani con meno di 25 anni

23,9 23,6 21,8 21,1 21,1 17,5 15,7 11,8 11,1 10,4 9,6 9,3 9,3 8,6 7,9 7,5 7,5 7,1 6,4 5,7 5,0 5,0 4,6 4,6 4,3 3,9 3,6 2,5 1,4 1,1 0,7 0,7


L’articolo

immaginato

Tabella 4 Lettura di quotidiani per genere, etĂ , background culturale familiare, classe sociale familiare, area geografica, ampiezza comune, tipo scuola negli insegnanti e negli studenti della scuola media superiore (valori e percentuali di riga)

Lettore regolare

Insegnanti Lettore irregolare

Non lettore

Lettore regolare

Studenti Lettore irregolare

Non lettore

Genere Maschi Femmine

57,4 54,4

37,4 40,6

5,1 5,0

27,2 18,8

60,4 54,3

12,4 27,0

23,1 23,4

56,9 58,7

20,0 17,9

EtĂ 15-17 anni 18 anni e oltre Fino a 40 anni 41-50 anni 51 anni e oltre

43,0 54,7 69,0

49,2 40,3 28,2

7,8 5,0 2,9

60,4 52,4 51,6

35,9 41,4 42,5

3,7 6,2 5,8

24,7 21,8 22,4

61,3 52,1 56,6

14,0 26,1 21,1

59,9 57,9 52,3 51,1

35,5 38,1 42,6 42,0

4,5 4,0 5,1 6,9

29,3 20,2 21,4 20,8

52,6 65,5 52,4 59,5

18,0 14,3 26,2 19,7

58,1 59,8 58,5 51,6 51,5

37,6 35,6 36,0 42,3 44,3

4,3 4,6 5,5 6,0 4,1

32,2 20,0 24,2 18,5 22,1

52,5 68,2 63,2 53,8 54,4

15,3 11,8 12,6 27,7 23,5

65,2 55,9 50,7

31,8 39,9 42,2

3,0 4,2 7,1

25,3 25,5 22,1

60,8 57,1 56,9

13,9 17,3 21,0

53,4 59,3 51,9

40,3 36,6 42,6

6,3 4,1 5,5

22,9 25,9 19,3

58,3 57,9 55,5

18,8 16,2 25,2

Background culturale familiare Alto Medio Basso Classe sociale familiare Superiore Impiegatizia Autonoma Operaia e assimilata Area geografica Nord - Ovest Nord - Est Centro Sud Isole Ampiezza comune Grande (>250 mila) Medio (50-250 mila) Piccolo (<50 mila) Tipo scuola Liceo Istituto Tecnico Istituto professionale

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Furio Colombo, “Lontano dai giovani”, La Repubblica, 24 giugno 1999, pag. 1. Mario Reggio, “Il vecchio tema sfida articoli e brevi saggi”, cit., pag. 12. 3 Célestin Freinet, “Grammaire française en quatre pages pour l’imprimerie à l’école”, Brochures d’Education Nouvelle Populaire, n.2, octobre 1937 in http://freinet.org/pef/gra4page.htm. 4 Nelle “Lezioni” pubblicate on line da Einaudi, http://www.einaudi.it/einaudi/ita/news/can4/91-181.jspag. 5 Ferruccio Biolcati Rinaldi (a cura di), “Lettura e non lettura: insegnanti e studenti a confronto”, Supplementi a Laboratorio IARD n. 1 marzo 2000. I dati sono stati ricavati da studi che in un caso (una ricerca del 1996) contemplavano la distinzione tra quotidiani di informazione e quotidiani sportivi ed in un altro assimilavano tutto in un’unico valore (una ricerca del 1999). Vale la pena segnalare che i ricercatori dello Iard per poter raffrontare le variabili relative agli indici di lettura dei quotidiani hanno creato una nuova variabile sulla quale lo studente ha il valore della frequenza di lettura più alta fra quelle delle due variabili originarie. 6 Il dato Iard è condizionato dalla rilevanza nella lettura dei giornali sportivi (a forte pubblico maschile) conseguente alla metodologia adottata di cui si fa cenno alla nota precedente. Uno studio Istat ha ipotizzato l’esistenza di un gruppo di “giovani saltuarie che non leggono” (età 15-24) pari al 12,7% della popolazione. Linda Laura Sabbadini, “I consumi culturali: un approccio di genere”, Convegno “Donna nelle arti – La cultura come risorsa”, Ancona 22-24 febbraio 2001. 7 Si ipotizza che la costanza nella lettura possa dare luogo a differenze rilevanti. 8 I lettori nel giorno medio per la fascia 14-17 anni rilevati dall’Osservatorio dell’Asig - Associazione stampatori giornali italiani, Osservatorio tecnico per i quotidiani e le agenzie di informazione, “Rapporto sull’industria dei quotidiani in Italia 2000”, http://www.ediland.it/OSSERV/DOCU/ RAP00/prod02.htm - (proiezione riferita al 1999 su dati Audipress) sono il 32,9% dei teen-agers italiani. La percentuale è sì comprensiva dei ragazzi che non studiano, ma costoro sono un numero esiguo rispetto a quanti frequentano le Superiori: dall’anno scolastico 1997/1998 a quello 2000/2001 la quantità dei “frequentanti” (scuole private escluse) è stata sempre superiore a 2 milioni e 300 mila studenti (dati da Ministero Pubblica Istruzione – Eds, Serie storiche delle principali grandezze del sistema scolastico statale, Roma, 2001), quando la popolazione nella fascia di età 14-17 presa come universo di riferimento dall’Osservatorio era di 2.424.000 giovani. 9 Viene utilizzato talora quello televisivo, con effetti a volte esilaranti come quello di “passare la parola” (per iscritto) all’intervistato, quasi fosse davanti ad un microfono aperto che ne registra passivamente le affermazioni. 10 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, Giovani/quotidiani, indagine sul lato oscuro dell’informazione, direttore della ricerca prof. Mario Morcellini, coordinamento scientifico ed organizzativo Geraldina Roberti, ricerca effettuata per la Fnsi, luglio settembre 2001. 11 Il campione del Censis è più ampio, sia anagraficamente che per composizione sociale, oltre a ricomprendere anche chi non frequenta le scuole superiori. Inoltre nella determinazione delle medie può aver pesato la distribuzione demografica nelle fasce di età. Nell’anno precedente, ad esempio, i lettori di 14-17 anni erano stimati in 797.000 contro i 2.510.000 della fascia 17-24 (fonte Osservatorio Asig, cit.). E questo di aver considerato giovani gli under 25 sfugge alla definizione “classica” di minore che è una variabile comprendente soggetti tra i 14 ed i 17 anni. 12 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, luglio – settembre 2000, cit. pag. 34. 13 Si è osservato tra l’altro che spesso tra i giovani la lettura dei settimanali non implica una significativa apertura ad altri consumi culturali. Mario Morcellini, “Passaggio al futuro”, Franco Angeli, 1997, Milano, pag. 246. 14 Dati ricavati da Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, cit., pag. 11. 15 Dalle note metodologiche a margine della tabella si deduce non potersi parlare di “preferenze” in senso stretto, in quanto era possibile dare più di una risposta al questionario. 16 I periodici risultavano preferiti alle donne. Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, cit., pag. 39. 17 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, cit., pag. 9. 18 Si fa riferimento alla classificazione proposta dalla ricerca dell’Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, “Teen – agers, adulti e consumi generazionali. Le parti in gioco. Ritratti generazionali” (direzione della ricerca Mario Morcellini), pag. 28 e ss. presentata in occasione del seminario “Formazione, Comunicazione, Nuove Generazioni” (6 giugno 2001, Centro Congressi d’Ateneo, via Salaria, Università “La Sapienza”). 19 L’utilizzo della famiglia nella ricerca Censis come unità di rilevazione è una novità rispetto ai dati Istat che sono su matrice individuale ed il dato sull’uso dei media nelle famiglie può essere “correttivo” rispetto a quello dei consumi individuali. Ma appare condivisibile l’osservazione che soprattutto nella modernità le scelte degli individui risultano più influenti delle appartenenze familiari. 20 Mario Morcellini, “Passaggio al futuro”, cit., pag. 249 e ss ed Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, cit. 21 Sono questi, in estrema sintesi, alcuni dei risultati cui è approdato il seminario “Formazione, Comunicazione, Nuove Generazioni” cit. Un intervento di quasi cinque anni in 24 tra Medie e Superiori di Roma ed hinterland per un totale di 863 ragazzi, svolto in collaborazione con la Provincia di Roma. 22 Ferruccio Biolcati Rinaldi (a cura di), “Lettura e non lettura: insegnanti e studenti a confronto”, Supplemento a Laboratorio Iard n, 1 marzo 2000, pag. 21. 23 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, luglio – settembre 2000, cit. pag. 10. 1 2

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L’articolo

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Ma avevo quattordici anni e venivo dai monti. Per andare alle magistrali mi ci voleva la licenza. Quel fogliuccio era in mano a cinque o sei persone estranee alla mia vita e a quasi tutto ciò che amavo e sapevo. Gente disattenta che teneva il coltello dalla parte del manico. Mi provai dunque a scrivere come volete voi. Posso ben credere che non ci riuscii. Certo scorrevano meglio gli scritti dei vostri signorini esperti nel frigger aria e nel rifrigger luoghi comuni. Scuola di Barbiana Lettera a una professoressa

4. Valuto ergo sum Ma cosa e come valutano i commissari? Si è constatato che docenti manifestano un’idea di fondo: il testo scritto è simbolo di cultura. Tale pre-giudizio nasce da una contrapposizione tra le “culture del libro” e le “culture dello schermo”1 e restituisce quale atteggiamento hanno alcuni dei professori nei confronti dei quotidiani. E’ poi nella conseguente rappresentazione che gli insegnanti danno dei consumi studenteschi di carta stampata che si può comprendere cosa realmente li separa, in questo campo, dai teen-agers: la maggior parte dei docenti pone infatti all’ultimo posto tra i consumi dei ragazzi la lettura dei quotidiani (ad eccezione probabilmente dei giornali sportivi). I giovani, sempre secondo i “prof”, mancherebbero di passione, di stimoli alla comprensione ed alla riflessione e spesso studiano solo per il voto. Anzi libro e quotidiani sono considerati i media più odiati dagli studenti (per colpa dei mezzi di comunicazione), anche se in alcune scuole si è affermato che: «qui effettivamente ci sono dei ragazzi che leggono»2. Eppure – a fronte di questa percezione – c’è l’80,7% degli studenti che risulta lettore (regolare o irregolare) di quotidiani (Iard 2001). Eppure, sebbene in minor misura, i ragazzi leggono argomenti ritenuti “interessanti” anche dai loro insegnanti. Eppure anche i docenti consumano televisione. Eppure, infine, i teen-agers non vedono barriere tra i vari mass media, dando corpo al desiderio dei professori di una generazione che apprezza e comprende l’esistenza di linguaggi plurimi, di diverse forme espressive e della varietà delle forme di comunicazione3. L’insegnante, dunque, si ritiene avvantaggiato nel comprendere cosa sia un articolo di giornale (nella carta stampata). La sua percezione è però riferibile alla autorappresentazione del proprio ruolo nella relazione didattica con lo studente. Quest’ultimo serba però potenzialità che potrebbero invece trovare realizzazione attraverso un percorso guidato “in bottega”. Il rapporto che si viene dunque a creare – tra i vari fattori – nella prima prova scritta della tipologia B (articolo di giornale) è riassumibile in questo schema:

Articolo nella realtà

Articolo da consegne MPI studente

professore

Entrambi gli attori – studente e professore – risentono delle rappresentazioni che hanno l’uno dell’altro e dell’effetto alone dell’articolo così come viene percepito nella real-

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L’articolo

immaginato

tà della pratica giornalistica. Ma sono chiamati ad incontrarsi (lo studente nei panni di autore implicito e enunciatore rivolto ad un enunciatario - ricavabile dalla testata dichiarata – ed il docente in quelli di lettore implicito) su un testo diverso che non è un articolo di giornale: l’articolo all’Esame di Stato. Quest’ultimo – fermi restando i limiti intrinseci alla sua natura testuale – potrebbe comunque arrivare progressivamente ad identificarsi con il modello reale. Per avvicinare i due modelli potrebbe rivelarsi utile l’intervento congiunto progettato dal Ministero della Pubblica Istruzione in collaborazione con la Federazione nazionale della stampa (Fnsi). Si tratta di una serie di iniziative nei provveditorati, di interventi provenienti dall’ambiente accademico e professionale, nonché di una pubblicazione – “L’articolo di giornale” – allegata alle linee guida sull’Esame di Stato 2000/20014. Nel panorama scolastico si è così creata una stratificazione tra istituti e docenti “formati” e scuole con insegnanti privi di formazione specifica (o lasciati ad attività di studio autonome e spontanee). In più, talora, alcuni presidi hanno affiancato giornalisti ai docenti per attività extra-curriculari, rendendo così ulteriormente frastagliato il panorama. Si è formata poi una sorta di “docimologia dell’articolo di giornale”, che si sforza di fissare attraverso una riflessione scientifica i particolari criteri di esame (dal greco dokimàzo, esaminare) di tale tipologia di testo. Sin dal settembre 1998 il Ministero ha proposto in un suo documento ufficiale5 una griglia di valutazione per le prove scritte. Ulteriori schemi sono stati messi a punto per la formazione a distanza di Rai Educational6 e, spontaneamente, da vari docenti7. Tutti comunque riportano indicatori e relativi descrittori per la misurazione. Se si escludono quelli comuni a tutte le prime prove, i criteri specifici di valutazione dell’articolo ruotano frequentemente intorno a 1. conformità e congruenza dello stile e del registro linguistico del saggio con la tipologia del destinatario dichiarata dal candidato; 2. trattazione/analisi dei dati e corretto utilizzo ai fini pragmatici; 3. originalità e correttezza morfosintattica. L’Irssae Piemonte ha infine proposto, a livello nazionale ed al termine di uno studio in convenzione col Cede8, una griglia che valuta: a. adeguatezza (aderenza alle convenzioni della tipologia testuale); b. caratteristiche del contenuto (comprensione dei materiali forniti e loro utilizzo coerente ed efficace, capacità di argomentazione, significatività e originalità degli elementi informativi, delle idee e delle interpretazioni); c. organizzazione del testo; d. lessico e stile; e. correttezza ortografica e morfosintattica. Quanto al metodo, «misurazione e valutazione rappresentano due momenti distinti del processo valutativo, l’uno preliminare all’altro. Per questo motivo risulta più corretto assegnare prima i punteggi grezzi e trasformarli in un secondo momento in voti»9. Le (in)capacità di scrittura La base di partenza – per poter parametrare un intervento di laboratorio alle attitudini di scrittura minime o “naturali” – è quella della sessione 1999, la prima con le nuove prove. Tale piattaforma proviene da un’indagine dell’Irrsae Piemonte, che ha evidenziato, da un lato, le carenze degli studenti alle prese per la prima volta con l’articolo di giornale e, dall’altro, un elevato livello di valutazione da parte di ricercatori-docenti. Lo studio si è svolto su 500 prove provenienti da tutta Italia, equamente distribuite sia tra licei/magistrali, istituti tecnici ed istituti professionali sia per tipologia di prova (100 ognuna). Non si tratta però di un campione probabilistico della popolazione scolastica che ha affrontato l’esame, ma di un insieme di casi ritenuto sufficientemente ampio per il rilevamento di competenze e di modalità di scrittura. In pratica la ricerca offre occasioni per fotografare un “rapporto comunicativo,” dove i giovani coinvolti, privi di una qualsiasi formazione ad hoc, appaiono rappresentativi del più basso grado di cognizioni teoricamente possibili nell’affrontare la tipologia B) e dove – nel contempo – i valutatori, provenienti dalla scuola, esemplificano un elevato livello di

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L’articolo

immaginato

consapevolezza scientifica del loro compito10. Va premesso che la valutazione analitica utilizzata è cosa diversa da quella tradizionale “a carattere globale”, dove invece – contro una convinzione che la vede meno severa – «gli aspetti più negativi del testo finiscono col prevalere e non si tiene conto di aspetti positivi della prova, seppure parziali». Le buone performances, registrate dagli indicatori e descrittori11 nei confronti del tema storico (tipologia C), confermano che i docenti tendono a collocare i casi di “eccellenza” in un campo dove c’è comune consapevolezza delle caratteristiche testuali del genere. Questo tipo di scrittura non deriva da una specifica didattica, ma piuttosto da un’acquisizione implicita, che un’élite di studenti compie nello studio dei manuali di storia. Va anche detto che nel tema storico combaciano, nel commissario, enunciatario e lettore implicito, mentre – in virtù del condiviso universo di riferimento – si riduce l’alea della scommessa comunicativa in gioco tra le parti. E la conferma che la difficoltà, nel caso della tipologia B), sia nella gestione della comunicazione – tanto quale “luogo” in comune, quanto quale dinamica di rapporti – viene proprio dall’esito tutt’altro che positivo del saggio breve in ambito storico sociale, un testo parzialmente assimilabile per contenuto alla prova C), ma caratterizzato nella forma/struttura da un “millefoglie comunicativo” come l’articolo. Un analogo apprendimento implicito delle abilità di scrittura a proposito dell’articolo di giornale può essere ipotizzato – quanto meno per i soli studenti-lettori regolari di giornali (un’élite come nel caso del tema storico) – circa il rispetto delle convenzioni linguistiche e strutturali e la correttezza del registro utilizzato12. La tabella che segue prospetta infatti un tendenziale legame tra consumi di quotidiani e le competenze di chi “legge ogni giorno”13: Studenti delle scuole superiori e quotidiani Non lettori Lettori irregolari 19.3% 57.5%

Lettori regolari 23.2% (fonte: Iard 2000)

Adeguatezza al genere testuale Punteggio basso Punteggio medio 35.3% 45.1%

Punteggio alto 19,6 (fonte: Irssae Piemonte)

Adeguatezza del registro Punteggio basso 41.2%

Punteggio medio 39.7%

Punteggio alto 19.1% (fonte: Irssae Piemonte )

Il parallelismo, però, non si riproduce tra lettori irregolari e punteggio medio, registrandosi invece un appiattimento in basso degli indicatori, in particolare per l’adeguatezza del registro. A proposito però dei giudizi negativi registrati con tale descrittore è utile sottolineare che tutte le tipologie di prova, secondo gli analisti14, comportavano un registro “medioelevato scritto” (il quale diventa un must nel caso del saggio15). Ciò vale anche per gli articoli di cronaca bianca o di colore e, in generale, sottintende – sotto il profilo pragmatico – una parziale pre-definizione del contesto, del destinatario ed anche dello scopo dell’articolo, oltre a riconfermare quale idea “stilistica” da cultura del libro sia pregiudiziale in parte del corpo docente. Concessioni ad un registro parlato-trascurato o gergale erano invece ammesse per le citazioni di discorso diretto e per i soli articoli di cronaca rosa, nera o sportiva, vale a dire per alcuni dei generi che si rileva essere più frequentemente oggetto di interesse da parte degli under 25 (tra cui i teenagers) rispetto alla media degli adulti (tra cui professori). In sostanza si tratta dei testi dove, probabilmente, i prof hanno minori attitudini acquisite implicitamente e quindi dove le distanze tra i due attori della relazione comunicativa si allargano. Inoltre all’Esame di Stato 1999 – la sessione sottoposta ad analisi – adattare

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L’articolo

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una delle tracce16 all’immagine di simili generi giornalistici era piuttosto impegnativo (come nel caso di poeti e letterati di fronte alla “grande guerra”). Tranne forse per quelle di ambito socio-economico sui mutamenti sociali della famiglia italiana, ove si sarebbe potuto spaziare, seppure con una forzatura ed il possesso di una ricca enciclopedia individuale, dall’epoca dei “paparazzi” a Coppi e la Dama bianca, ai delitti tra le mura domestiche per pezzi di rosa o di nera. Di conseguenza, nel corpus delle prove esaminate, è stata individuata dai docenti una serie di carenze sia nel registro, che nella varietà e proprietà del lessico o nell’impiego di risorse stilistiche (con ricorso ad enfasi eccessiva o cadute di stile), collocando l’articolo di giornale tra i peggiori punteggi medi registrati. Da tale analisi emerge una lingua mediamente formale, in cui si mescolano – forse nel tentativo di imitare i giornalisti – espressioni tipiche del parlato (senza una netta scelta di campo o l’uso creativo del gergo), dove si ricorre a termini ombrello come “fare” o “cosa”. La prova ha evidenziato inoltre un’altra difficoltà: la gestione della sintassi. Nell’articolo/saggio il 30% del campione esaminato dall’Irssae Piemonte non ha saputo indicare quale delle due tipologie aveva prescelto. Proprio siffatta ambiguità latente sul modello testuale adottato sembra aver trascinato dietro di sé l’esposizione, caratterizzata da un procedere dei periodi faticoso e da collegamenti tra parti del testo deboli ed imprecisi. Uno dei “punti neri” dell’articolo immaginato è stato registrato, ad esempio, nel parallelismo delle subordinate, uno degli oggetti linguistici – queste ultime – meno frequentati dal giornalismo “reale” dove spesso prevale una struttura paratattica17. La scrittura, poi, si è mostrata così confusa da avere effetti negativi anche sulla continuità tra frasi, paragrafi e sezioni (linearità tematica e logico-temporale, ricostruibile anche attraverso inferenze del lettore) dove – com’era prevedibile – l’articolo ha evidenziato le medesime lacune del tema classico. Analoghe mancanze si registrano nella scansione dell’argomento centrale ed il suo sviluppo logico, nell’equilibrio della struttura, nell’utilizzo di unità informative concluse, non contraddittorie e non ripetive (e senza approfondimenti). Tutto ciò appare quale indice di una comune (in)competenza nella scrittura da parte degli studenti. Nell’organizzazione del testo, insomma, i punteggi più bassi sono condivisi con il tema classico, seppure l’articolo ha avuto esiti di poco migliori. La presenza di un contesto comunicativo “immaginato”, il vincolo del numero di pagine da utilizzare, così come il supporto delle fonti potrebbero essere stati di maggiore aiuto agli studenti nel costruirne la struttura. Un’architettura che però i professori hanno ipotizzato secondo lo schema introduzione parte centrale conclusione con informazioni a blocchi e sezioni costruite per affinità tematica, mentre nella pratica giornalistica la parte conclusiva è spesso anticipata nel 1° o 2° lead, che – a seconda degli stili adottati – non risponde rigidamente alla regola delle 5W riportata di frequente nei manuali scolastici. Analogo rapporto di forza con il tema tradizionale – sempre per la presenza nell’articolo della documentazione quale antidoto alla genericità – si riproduce per pertinenza e compiutezza delle informazioni, significatività/originalità e capacità rielaborative e critiche. Entrambe le prove, a questo proposito, restano però tra le peggiori, per caratteristiche del contenuto, di tutte quelle analizzate in occasione dell’Esame di Stato 1999. La definizione del giornalismo come “storiografia dell’istante” di Eco, citata fino alla noia, risulta però stimolante per un ulteriore raffronto tra tema storico ed articolo/saggio. Nel primo caso il punteggio medio registrato dalla ricerca Irrsae Piemonte si colloca ad 1,9 quanto a chiarezza argomentativa ed elaborazione di un autonomo percorso di

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pensiero a partire dai documenti offerti ed a 1,79 quanto a qualità delle informazioni, delle idee e delle interpretazioni espressa in apporti personali ed originalità di spunti. Sugli stessi descrittori l’articolo ed il saggio riportano ciascuno 1,6 e 1,52, mentre la distribuzione in fasce rivela come – nei medesimi indici – il 63,3% ed il 55,4% delle prove “giornalistiche” si siano situate in quelle basse. Su tale esito pesano però i reagenti di tali “cartine tornasole”, che tendono a privilegiare testi dichiaratamente e strutturalmente argomentativi, come tema storico e saggio breve (sebbene l’articolo si ponga come dichiaratamente informativo e strutturalmente argomentativo18). Ma a segnare la distanza appaiono le competenze “storiografiche” messe in campo. Mentre per la storia esse sono supplite dalla “digestione” delle fonti compiuta dagli storici di professione – autori della manualistica in uso nelle scuole – cui la memoria può attingere lasciando così spazio ai “commenti”, non altrettanto accade per i materiali grezzi dell’articolo/saggio, la cui rielaborazione è affidata prevalentemente allo studente senza alcuna “guida” o premasticatura. Inoltre il controllo delle fonti, attraverso triangolazioni con risorse presenti nell’enciclopedia del candidato, la sistematizzazione dei dati sparsi in più documenti e la loro selezione secondo criteri di notiziabilità (o supporto delle tesi sostenute) appaiono ardue per i ragazzi chiamati a svolgere da soli, nella costruzione del proprio testo, compiti da “storiografi dell’istante”. «Di fronte a questa richiesta la maggior parte di essi si è comportata come di fronte al tema tradizionale. Di conseguenza ha utilizzato i testi di supporto in modo superficiale, cogliendone solo gli aspetti più ovvi e conosciuti, talvolta li ha travisati, in alcuni casi li ha del tutto ignorati e, complessivamente, ha dimostrato di non saperli rielaborare, non riuscendo ad inserirli all’interno di un proprio percorso di ragionamento»19. In fondo le abilità “storiografiche” nel tema storico sono appannaggio di una ristretta cerchia di studenti. In un’indagine campionaria del Ministero della Pubblica Istruzione sulla prova 1999 la scelta della tipologia C) è all’ultimo posto in ogni tipo di scuola20. L’articolo è invece primo negli istituti tecnici, mentre è preceduto dal tema di cultura generale nell’istruzione professionale ed artistica e dall’analisi del testo in quella classica (dove la specifica abilità viene ampiamente esercitata negli insegnamenti di greco e latino). Ed ecco in conclusione le competenze di scrittura, nei vari indirizzi delle Superiori, registrate dalla ricerca Irrsae Piemonte nella prova dell’articolo/saggio. Da esse si desume una difficoltà grave a districarsi con le pratiche di scrittura documentata nei licei/istituti d’arte e negli istituti professionali, mentre in quelli tecnici la situazione appare lievemente più incoraggiante. Competenze di scrittura Istituto

basso

medio

alto

n. elaborati

Licei/magistrali

28,4

41,8

29,9

[67]

Istituti tecnici

49,3

35,5

14,9

[67]

Istituti professionali

64,4

25,4

10,2

[59]

60

40

0

[10]

Licei/ist. d’arte

Fonte Irrsae Piemonte 2001

Ipertestualità, sapere circolare e chat Abituatisi con web e gsm, i giovani hanno iniziato ora a snobbare la tv. «Ti impone cosa vedere» contestano. Pure Internet a scuola, per i teenagers, ha lo stesso difetto: ci sono i professori che indicano dove navigare. I ragazzi, invece, vogliono scegliere; anche quale medium utilizzare nei loro consumi culturali. Ormai, per le nuove generazioni, non

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L’articolo

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ci sono più muri tra mezzi di comunicazione. E delle loro quattro ore di tempo libero, nel 46% dei casi21, ne dedicano una al pc. Questo fenomeno si inserisce in un trend di “mediamorfosi” orientato a soddisfare le tendenziali esigenze di integrazione tra fruizioni passive, focalizzate sull’intrattenimento, con modalità attive orientate alla conoscenza ed alla ricerca dei contenuti. In altri termini, si sta consolidando – anche grazie alla progressiva convergenza dei formati mediali – una dimensione complessivamente ipertestuale in grado di potenziare e, nel contempo, evidenziare l’interazione del lettore con i testi tradizionali prospettata nel modello semiotico-enunciazionale22. Ma già oggi la mappa dei consumi giovanili si rivela talmente articolata da smentire il luogo comune di una generazione schiacciata sull’audiovisivo ed incapace di differenziare le proprie pratiche culturali23. Le informazioni in circolazione sono enormemente aumentate rispetto al passato e si sono create delle vere e proprie “banche della conoscenza”. Il che ha implicato, da un lato, la necessità di procedure di accesso (basate su preconoscenze che la scuola non riesce a fornire, ma provenienti, ad esempio, dall’alfabetizzazione informatica offerta dai videogiochi) e procedure di selezione, più o meno automatizzate (quindi poco consapevoli), per evitare che la ridondanza di dati divenga ostacolo alla conoscenza, una sorta di archivio di Babele. D’altro canto le nozioni non richiedono più memorizzazione: spesso se ne tiene a mente il record, cioè una schedina col “nome” dell’informazione e qualche generica notizia al proposito. Ma, si è osservato, «avere il record di una determinata conoscenza non equivale affatto a disporre fino in fondo di essa»24. In questo quadro si è ritenuto che il linguaggio giovanile possa essere rappresentato dal “parlare cellulare”, la chat, ovvero il “parlato senza scopo e senza fine”, indicato addirittura come una colonna della modernità25. Ma cercare di catalogare il linguaggio dei giovani sotto il profilo pragmatico, lessicale e contenutistico rischia di trasformarsi in una rincorsa infinita dietro ai concreti atti linguistici. I ragazzi manifestano invece – per quanto attiene all’espressione – delle costanti linguistiche26: l’uso delle iperboli, quello delle abbreviazioni, l’utilizzo delle deformazioni e l’approccio ludico della parola, fino ad arrivare – in qualche caso – al totale svuotamento dei significati. Pensare poi che i ragazzi non scrivano è ancora una volta ingannevole: cinquantaquattro milioni di messaggini gsm in media al giorno27 sono un forte indizio in senso contrario (sebbene non siano tutti spediti da teenagers). Sotto il profilo dell’espressione un campo di indagine interessante, sebbene non esaustivo, è rappresentato proprio dagli sms, che costituiscono un modello limite dello scrivere “sintetico” già presente in e-mail e chat. L’esasperazione dei caratteri linguistici dei messaggi gsm proviene dai loro limiti tecnologici: il testo non può superare i 180 caratteri e va immesso attraverso la tastiera di un telefonino (che deve fare a meno di soluzioni di semplificazione dell’input come il T9 per sfruttarne al massimo lo spazio). Lo sms è di conseguenza breve, brachilogico, poco strutturato. Nel contempo si rivela una palestra per lo sviluppo di sintesi e creatività28. Ne sono nati almeno tre generi testuali: lo stenogramma, ovvero la scrittura abbreviata (es. “x “al posto di “per”); il memo, vale a dire un’informazione secca come “ci vediamo alle 3” (alcuni cellulari hanno formulari memorizzati per gli appuntamenti) ed i memoranda: frasi brevi, ma evocative29, particolarmente “fatiche” e spesso accompagnate dai cosiddetti emoticons, simboli visivi che cercano di imitare l’espressione facciale dell’enunciatore. Insomma, gli sms (come e-mail e chat) mimano l’oralità. E la sintassi elementare con ampia presenza di contenuti impliciti, fondati su una conoscenza condivisa – che arriva fino allo scambio minimalista di uno “squillo” - è un carattere tipico della comunicazione informale (la chiacchierata, il dialogo familiare ecc.). Questo massiccio ritorno ad una seconda forma di oralità, in grado di piegare su se stessa alcuni caratteri chirografici30, potrebbe rientrare – per quanto attiene alla riela-

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borazione della conoscenza necessaria alla scrittura - in quello che Raffaele Simone ha chiamato un “fenomeno vago”31. Esistono, per questo linguista, due modi di usare il linguaggio: il proposizionale – caratterizzato dagli imperativi “sii analitico, sii referenziale, sii strutturato, sii gerarchico” – ed il non proposizionale. Quest’ultimo è connotato da genericità (il pensiero viene evocato globalmente, senza scomposizione analitica), vaghezza referenziale (non designa individualità, ma categorie), assenza di denominazioni. Esso è inoltre allusivo attraverso l’uso di “parole generali” (fa riferimento ad una conoscenza condivisa), ostile ad una struttura gerarchica dei componenti (quella sintattica e testuale) ed orientato all’uso di strutture semplici (non c’è una scala, lasciando all’interlocutore il compito di crearsene una). Il primo approccio è razionalista. Il non proposizionale, invece, è irrazionalista in senso filosofico, ma anche tipico del linguaggio familiare e dello small talk. Le nuove generazioni manifesterebbero – sempre secondo Simone – una forte propensione per questo secondo uso del linguaggio (benché in questa lettura estrema ricorda più culture New Age che non l’universo giovanile), mentre la scuola è tradizionalmente proposizionale ed il parteciparvi appare, per i ragazzi, una “finzione vera”, terminata la quale possono tornare ad una realtà se non altro moderatamente proposizionale. Le difficoltà di scrittura individuate nell’articolo di giornale all’Esame di Stato sembrano confermare questa ipotesi: i professori-analisti si attendevano come optimum un lessico medio-elevato ed un’impostazione razionalista, gli studenti nello sforzo di adeguarsi a questa istanza sono invece scivolati – a giudizio degli esaminatori – su stereotipi, sciatteria e banalità, oltre a manifestare carenze sintattiche e strutturali. La scuola però, ormai non più il principale agente di socializzazione, può essere concepita come un ambiente parallelo: offre sì un sapere iniziale complesso (ad esempio la matematica elementare), ma non specialistico. Appare arroccata – come ha rilevato Alberto Marinelli32 – nella “tecnologia libro”, considera “supporti” tutti gli altri mezzi e chiede che qualcuno le fornisca pc ed istruzioni sul come usarli, invece di buttarsi nella mischia prima ancora che “sia troppo tardi”. Sull’altro binario si muovono invece le generazioni tra i 15 ed i 17 anni che hanno una spiccata tendenza verso consumi outdoor a forte connotazione collettiva, ove la radio ha un’elevata penetrazione, il cinema tiene ed oltre la metà legge un giornale almeno una volta a settimana. Certo il panorama non è omogeneo: c’è – come per gli adulti – una piccola fascia di esclusi (i rapporti sociali sono delegati a tv e a qualche altro mezzo), un’altra di inclusi (con un media mix equilibrato), un’altra ancora di innovatori (che mediano tra nuove e vecchie tecnologie) ed una nascente area fondata sull’autonomia comunicativa che spazia dall’esplorazione di reti e tecnologie all’auto-emarginazione33. Inoltre, se si osservano le testate preferite emergono giornali – come Metro34 – caratterizzati da articoli brevissimi, semplici, di stile frammentario e sintetico, quasi speculare al formato “visivo non alfabetico” ed orale di multimedia e sms. Ciò nonostante l’articolo può rivelarsi un’occasione per far entrare in osmosi queste due dimensioni della realtà. La lingua del giornalismo, quella che si legge sulla carta stampata o arriva via etere, è infatti quasi il punto di incontro fra lingua scritta e lingua parlata35, vale a dire tra lingua colta e lingua comune, tra visione “alta” e senso comune. Per questo la natura totipotente della prova dell’Esame di Stato potrebbe essere il cavallo di Troia per far entrare il “mondo” nelle aule scolastiche, consentendo lo sfruttamento delle risorse di una “cultura nuova” della quale i ragazzi si scorgono ambasciatori. La loro dieta stimola infatti processi di intelligenza simultanea e sequenziale, di visione non alfabetica ed alfabetica, orientandoli in potenza a concepire l’articolo di giornale come un testo in un contesto particolarmente ricco36. Di contro le consegne e la valutazione degli elaborati avvengono sulla scorta di una visione sequenziale e proposizionale. E questo, purtroppo, non può essere ignorato, se si punta ad un esito positivo della prima prova scritta.

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L’articolo

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1 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, “Teen – agers, adulti e consumi generazionali. Le parti in gioco. Ritratti generazionali “, cit., pag. 39 – 40. 2 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, “Teen – agers, adulti e consumi generazionali. Le parti in gioco. Ritratti generazionali”, cit., pag. 41 – 42. 3 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, “Teen – agers, adulti e consumi generazionali. Le parti in gioco. Ritratti generazionali”, pag. 40. 4 Ministero della Pubblica Istruzione, Coordinamento per l’Esame di Stato – Federazione della Stampa Italiana, “L’articolo di giornale”, Roma, novembre 2000. Gli interventi hanno avuto come destinatari, per lo più i docenti, all’evidente scopo di incidere strutturalmente sulla Scuola, e – minoritariamente – gli studenti, anche con la partecipazione di giornalisti. E’ stato anche progettato un sito web (non ancora attivato) con la finalità di coordinare ed aggiornare – attraverso processi di comunicazione interna/esterna ai lavori di gruppo – i protagonisti dell’azione formativa. 5 Ministero Pubblica Istruzione, Direzione generale per l’istruzione classica, scientifica e magistrale, “La Prima Prova Scritta – Le tipologie”, settembre 1998, reperibile sul sito http://www.istruzione.it. 6 Silvana Serra, “Il nuovo Esame di Stato: la prima prova”, http://www.educational.rai.it/corsiformazione/corso1/articolo e saggio.doc e http://www.educational.rai.it/corsiformazione/corso1/lezione4.htm. 7 Palone – Todisco, “Griglie di valutazione per gli elaborati di prima e seconda prova”, http://web.tiscali.it/latino/esami2000.html. 8 Mario Ambel – Patrizia Faudella (a cura di), “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 34. 9 Silvana Serra, “Il nuovo Esame di Stato: la prima prova”, cit. 10 Mario Ambel – Patrizia Faudella (a cura di), “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit.. Il Comitato tecnico scientifico della ricerca era così costituito: Mario Ambel (responsabile), Patrizia Faudella (coordinatrice), Riccardo Barbero, Daniela Bertocchi, Giampaolo Caprettini, Dario Corno, Maurizio Della Casa, Marco Guastavigna, Carla Marello, Alessandro Piccolo e Patrizia Truffa. Le analiste erano invece nove professoresse di licei, istituti tecnici commerciali e per geometri nonché Ipsia delle province di Torino, Cuneo e Alessandria. 11 La ricerca curata da Ambel e Faudella ha adottato i seguenti indicatori (contrassegnati da numeri) ed i seguenti descrittori (caratterizzati dal numero dell’indicatore accompagnato da una lettera alfabetica): 1) Adeguatezza pragmatica 1a) aderenza alla consegna 1b) presenza di elementi che siano adeguati alla struttura e alle convenzioni del genere testuale 1c) messa a fuoco del contesto, del destinatario e dello scopo 2) Caratteristiche del contenuto 2a) pertinenza e compiutezza delle informazioni 2b) capacità riebalorative e critiche 2c) significatività e originalità degli elementi informativi, delle idee, delle interpretazioni 3) Organizzazione del testo 3a) struttura complessiva coerente e articolazione del testo in parti 3b) continuità tra frasi, paragrafi e sezioni 3c) equilibrio fra le parti; assenza di contraddizioin e/o ripetizioni 4) Lessico e stile 4a) proprietà e varietà del lessico 4b) adeguatezza del registro 4c) impiego di risorse stilistiche 5) Correttezza ortografica e morfosintattica 5a) correttezza ortografica 5b) coesione testuale e correttezza morfosintattica 5c) correttezza della punteggiatura. A ciascun descrittore era possibile assegnare un punteggio minimo di 1 e massino di 3. Mario Ambel - Patrizia Faudella, “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 13 e ss. 12 Il descrittore utilizzato dall’Irssae Piemonte nell’ambito dell’indicatore Adeguatezza pragmatica per la messa a fuoco di contesto, destinatario e scopo: “Il registro è appropriato al contesto e al destinatario” ha forti punti di contatto con il descrittore “presenza di elementi che siano adeguati alla struttura e alle convenzioni del genere testuale” e con il descrittore “adeguatezza del registro” dell’indicatore Lessico e stile. A parziale riprova l’adeguatezza del registro ha riportato come punteggio medio 1,78, l’adeguatezza al genere testuale 1,84 e la focalizzazione contesto/destinatario/scopo 1,78. Tanto che si può affermare essere le componenti linguistiche, formali e strutturali nonché il registro utilizzato alcune delle leve per la selezione del destinatario: «Se un articolo è scritto in maniera comprensibile anche ad un pubblico meno preparato, è certo che sarà comprensibile anche ad altri. Non è invece vero il contrario». Gian Franco Laparelli – Marco Ludovici, “L’articolo di giornale all’esame di maturità”, Donzelli, 1999, pag.23. 13 Ad ulteriore riprova di tale tesi c’è l’esito medio, come punteggio assegnato ai medesimi descrittori, degli Istituti professionali dove sulla base dello studio Iard citato si registrano i più bassi livelli di lettura rispetto a Licei e Istituti tecnici. 14 Ambel – Faudella (a cura di), “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 28. 15 Ambel – Faudella (a cura di), “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 98. 16 Ecco le tracce della sessione 1998-1999: Poeti e letterati di fronte alla "grande guerra"; Le trasformazioni provocate dai mutamenti sociali degli ultimi decenni nella struttura della famiglia italiana; La resistenza intellettuale al nazismo; Progresso scientifico-tecnologico e risorse del Pianeta: una sfida per il prossimo millennio. 17 La correttezza ortografica, invece, con una moda di 3 punti (il massimo attribuibile) ed una media di 2,19 non ha destato preoccupazioni, mentre la punteggiatura ha sfiorato la sufficienza.

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L’articolo

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A tal proposito Sergio Lepri, “Medium e messaggio”, cit., pag. 131 ss. Mario Ambel – Patrizia Faudella, “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 115. 20 In sintesi http://www.istruzione.it/news/1999/ne990607.shtml. 21 Come emerso dal seminario “Formazione, Comunicazione, Nuove Generazioni” cit. 22 Il modello è quello di Eco nella lettura offerta da Alberto Marinelli, “Verso il futuro. Le tecnologie digitali ed internet” in Mario Morcellini (a cura di), “Mediaevo”, Carocci, Roma, 2001, pag. 507 – 525. 23 Romana Andò - Mario Morcellini – Luciano Russi, “Il caleidoscopio dei media e dei consumi culturali. Spettacolo, teatro, sport e tempo libero”, in Mario Morcellini (a cura di), “Mediaevo”, cit., pag. 67 – 72. 24 Raffaelle Simone, “La Terza Fase”, cit. , pag. 64. 25 Raffaelle Simone, “La Terza Fase”, cit. , pag. 48. Simone non fa apprezzamenti positivi o negativi sul fenomeno, che nel medioevo aveva ottenuto una considerazione tutt’altro che onorevole. Carla Casagrande – Silvana Vecchio, “I peccati della lingua”, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1987. Essa ècondannata come manifestazione della “vita inautentica” da Heiddeger. 26 La proposta di Lorenzo Coveri annunciata per il seminario “Linguaggi selvaggi” del 16 marzo 2000 all’Alpheus di Roma è stata riportata da Cinzia Fiori, “Ragazzi nella Babele dei linguaggi globali”, Corriere della Sera, 15 marzo 2000 pag. 35. 27 Dato medio riferito a gennaio 2002 e fornito dai provider, pubblicato su .Com del 22 gennaio 2002, pag. 3. 28 Michele Cortellazzo, “«6 proprio 3mendo»: dalla lettera ai messaggini in codice”, Corriere della Sera, 19 agosto, 2000, pag. 29. 29 La classificazione è di Paolo Fabbri in un’intervista pubblicata dall’Espresso il 16 marzo 2000 pagg. 84-88. 30 Walter J. Ong, “Orality and Literacy: The Technologizing of the Word”, New York, 1988. 31 Il concetto di “fenomeno vago”, forse discutibile, è stato introdotto da Raffaele Simone, “Parlare di sé” in AA.VV., “Il trionfo del privato”, Laterza, Roma-Bari 1980, pag. 63-92 e riproposto in Raffaele Simone, “La Terza Fase”, cit. pag. 125. In pratica si tratta di fenomeni avvertiti dal singolo, spesso intuiti dalla rappresentazione artistica ma difficilmente misurabili con indagini empiriche o altri metodi scientifici. Un esempio per tutti il linguaggio giovanile della sinistra italiana immortalato da Nanni Moretti ma sfuggito agli studi linguistici della ricerca scientifica. 32 Seminario “Formazione, Comunicazione, Nuove Generazioni” cit. 33 Romana Andò - Mario Morcellini – Luciano Russi, “Il caleidoscopio dei media e dei consumi culturali. Spettacolo, teatro, sport e tempo libero”, in Mario Morcellini (a cura di), “Mediaevo”, cit., pag. 67 - 68 su dati Iard 1996. 34 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, luglio – settembre 2000, cit. pag. 48. 35 Bruno Migliorini, “Lingua contemporanea”, G.C. Sansoni, Firenze, 1939, pag. 6. 36 I giovani hanno mostrato di cercare due tipi di informazione: una contingente, relativa agli eventi d’attualità appresi attraverso la fruizione quotidiana dei mass media; l’altra approfondita e soggettiva, che va al di là del consumo di news ed implica una conoscenza trasversale alle diverse discipline e saperi, non necessariamente attuale e non necessariamente veicolata dai media. Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, cit., pag. 21. 18 19

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Montanelli aveva letto alcuni corsivi che pubblicavo da studente, e aveva chiesto di conoscermi. Mi ha detto subito che se avevo scritto per due anni un articolo alla settimana di Crema, scrivere del mondo sarebbe stato uno scherzo: in fondo, c’erano più argomenti. Beppe Severgnini Corriere della Sera, 23 luglio 2001

5. I ferri del mestiere Che cosa deve saper fare, insomma, lo studente alle prese con l’articolo all’Esame di Stato? L’elenco degli obiettivi-competenze da conquistare e trasformare in ferri del mestiere potrebbe coincidere con la lista delle “carenze”. Ma non basta. Infatti, a richiedere degli skills aggiuntivi sono la natura del testo ed i rapporti comunicativi che s’intrecciano in esso, condizionati come sono da alcuni limiti (o risorse) del linguaggio giovanile – col quale i ragazzi conservano, elaborano e trasmettono informazioni1 – nonché influenzati dalla dieta mediale dei teenagers e dei professori. Di conseguenza, apprendere come funziona un giornale o come si scrive un articolo (nella realtà) può essere utile, ma non sufficiente, sebbene alcune tecniche risultino comunque utilizzabili in un ambito diverso da quello di una redazione. Quel che conta è il contesto concreto dove nasce il testo “articolo all’Esame di Stato” e nell’ambito del quale vanno individuate le abilità che serviranno durante la prova. Capacità di scrittura che si possono già condensare nelle regole della Scuola di Barbiana: «Aver qualcosa importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi limiti di tempo»2. E’ un esame, non un reportage Obiettivo. Gestire il rapporto comunicativo dell’articolo “scolastico”. Percorsi. Percorsi. Svelare unilateralmente e subito tutti gli strati del “millefoglie comunicativo” che si cela nell’articolo all’Esame di Stato potrebbe disorientare gli studenti. Appare pertanto opportuno procedere per graduali scoperte su informazione, comunicazione e decodifica, ricavabili dalla vita quotidiana3 nonché con l’applicazione delle abilità acquisite a nuove situazioni comunicative (come il saper dare per scontato). Si tratta insomma di prendere coscienza, prima praticamente poi analiticamente, delle relazioni stratificate che si attivano in occasione dell’articolo alla “maturità”: una comunicazione senza rapporto diretto, come nei media, dove però è possibile avere – durante l’anno scolastico – il feedback dei docenti. Limiti/risorse. Serve dunque ridurre le incertezze della scommessa comunicativa. E, per fortuna, l’attitudine alla presa di coscienza dell’altro potrebbe apparire agevolata da alcuni comportamenti giovanili come ad esempio il lancio di sms “al buio” per avviare conversazioni con sconosciuti, dalla frequentazione di chatroom oppure ancora dall’uso dei videogiochi4. Tra questi ultimi figurano anche i diffusi Mmorpg (massive multiplayer online role playing game) che però possono essere avvicinati più al chattare, data la scarsa quantità di regole del gioco5 nella costruzione del proprio personaggio6. In particolare i Mud (multi user dungeon) – eredi dei role play e talora ancor oggi affiancati ai libri-gioco – offrono narrazioni parziali ove il giocatore, indossando vesti altre, deve agire secondo le regole della personalità prescelta per completarne l’intreccio. Il limite è dato dalla possibilità, tutt’altro che remota, di autorappresentazione della propria identità7 o di un “altro ge-

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nerico” scelto per il piacere di essere un perfetto sconosciuto8, fino a quella di interiorizzare più personalità ritenendole aspetti reali di se stessi. D’altro canto non si può pensare che un giovane abile nel chattare o nei videogiochi sia per ciò solo di essere un abile comunicatore. Lo sviluppo però di competenze nella conversazione attraverso il superamento dell’indefinitezza del destinatario o le regole del role play elettronico potrebbe offrire allo studente materiale per una riflessione su queste ultime9 e permettere così di distinguere e saper gestire i caratteri delle comunicazioni sincrone – come faccia a faccia e chat (sms inclusi) - nonché asincrone – quali email (che attiva dialoghi di tipo chat) e testo scritto (nel caso di specie l’articolo). In compenso, la propensione a consumi culturali non domestici e di gruppo può essere un’ulteriore base per una riflessione sui rapporti conversazionali interni/esterni ad esso in occasione di eventi pubblici. Questa dieta potrebbe rivelarsi utile anche quale piattaforma per evolvere le capacità di scrittura dei ragazzi partendo, magari, dalla stesura di una cronaca/recensione su argomenti di interesse dei giovani (e non da una critica, più affine al tema tradizionale)10. Infine preziosa per la presa di coscienza dei caratteri della comunicazione può rivelarsi, a proposito dell’uso del linguaggio scritto, l’autoanalisi delle ragioni di difficoltà nel rapporto con i giornali. «Alcuni concetti alcune idee – lamentano gli studenti – vengono espressi magari sulla base di conoscenze che il lettore non è detto che abbia, mentre chi parla, chi scrive, ha già fatto sue». E ancora: « I giornalisti, rispetto a noi che abbiamo diciassette anni, hanno una cultura superiore e anche un modo di parlare diverso, quindi magari usano anche parole che noi non conosciamo e, come dicevamo prima, le parole devono essere cercate sul vocabolario»11. Una traccia e tanti indizi Obiettivo. Individuare il focus dell’articolo/saggio sulla base delle consegne e dei materiali a disposizione (offerti dal Ministero e dalla propria enciclopedia). Percorsi. Lo studente deve poter acquisire esperienza di problem solving circa idee e materiali da utilizzare, organizzandoli e decidendo quali vuol privilegiare nel contesto del compito assegnato. La traccia della prova B) costituisce di solito l’enunciazione di un argomento generale (es. la famiglia) in un particolare stato (es. evoluzione, crisi, fine ecc.). Essa fornisce l’argomento del testo, la cornice dove collocare le fonti disponibili, ma non il focus, ovvero il possibile nesso che unisce i vari materiali per farli divenire una “notizia”12. “News is what papermen make it”. Le notizie sono quelle che rendono tali i giornalisti, si dice. Ed è proprio l’individuazione del focus il momento chiave anche della prova affidata al candidato, il quale, per pervenirvi, deve aver acquisito dimestichezza con i “valori notizia”13 in un itinerario che parta da macro-valori della stampa popolare14 fino a quelli più raffinati. Il tutto attraverso l’osservazione delle scelte della stampa, cambiando il focus alle notizie o con l’invenzione (in senso etimologico) di valori notizia. Un’abilità che richiede inoltre il saper agganciare i materiali a disposizione all’attualità, oltre a possedere capacità logiche (inferenze, analogie ecc.) e preconoscenze individuali. I documenti offerti e la cornice influiscono sulla scelta del destinatario “immaginato” e quindi della testata, della collocazione e dello stile da adottare. Una significativa risorsa sarà l’aver costruito nel corso dell’anno scolastico un “archivio” analogo a quello dei grandi giornalisti, da richiamare dalla memoria a lungo termine. Ma l’analisi e la strutturazione, tipiche dell’approccio proposizionale, restano il nucleo del lavoro da compiere. «Al di là della sua importanza o attualità, la forza di un articolo consiste nella capacità del giornalista di afferrare il focus e organizzare i materiali in sua funzione»15. In questa fase viene compiuta una prima scelta sul genere di pubblicazione (e quindi di destinatario). Lo studente dovrà utilizzare i criteri di notiziabilità che la sua espe-

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rienza di laboratorio gli ha fatto maturare come più adatti ai caratteri intrinseci della traccia e, soprattutto, più consoni alle sue capacità espositive. Tale individuazione non basta: sarà infatti necessario che in sede di revisione l’allievo torni a valutare se il suo progetto si è realizzato, deve cioè poter individuare a posteriori quale è l’effettivo genere di pubblicazione uscito dalla sua penna. Ciò allo scopo pratico di garantire un buon esito alla prova (al bisogno gli basterà correggere la dichiarazione di testata prescelta) e parallelamente per accrescere, in occasione della ciclica messa a punto, il controllo delle specifiche norme testuali. Da esercizi di scrittura modellata sul knowledge telling si deve poter passare al knowledge transforming: dall’elenco istintivo delle idee/materiali attinenti all’argomento si selezionano i concetti più significativi per arrivare, infine, ad una “mappa ideativa” del testo. Lo studente dovrà dunque abituarsi ad interrogare le fonti con domande che farebbero i suoi lettori (quelli “immaginati” e quelli reali), vagliarne per quanto possibile la credibilità16, stabilire una sorta di dialogo socratico con esse, per ricavarvi i componenti dai quali produrre il proprio elaborato. E’ la fase del why nello schema delle 5W: indagare sul retroterra e sulle implicazioni di una notizia che, pur non facendone parte, consentono al lettore di comprenderne la portata ed il significato17. Tale operazione non resterà circoscritta alla fase di progettazione, ma una volta approdati a trascrizione e revisione (secondo il modello classico dei processi di scrittura di Hayes – Flower), si attiveranno ulteriori contenuti prodotti dalla lettura del testo già redatto, dal contenuto precedentemente generato e dal testo appena scritto18. Limiti/risorse. Ai giovani viene attribuito – quale retroterra di un linguaggio generico, sincretico e destrutturato – un pensiero non proposizionale o quasi proposizionale collegato ad un’intelligenza simultanea o, comunque, non sequenziale. Il che sembrerebbe implicare un fabbisogno di tecniche di riqualificazione autonome delle generalizzazioni, delle cancellazioni o delle deformazioni linguistico-concettuali per evitare che la ricerca del focus si traduca, in fase di trascrizione, in un abbozzo impreciso o in una piatta narrazione (knowledge telling). La consuetudine con testi brevi ed a struttura elementare (sms o web) e con testi frammentari, come quelli percepiti nelle pratiche di visione della tv19, sembrano poter richiedere uno sforzo ricostruttivo per individuarne i nessi intertestuali contenuti nei più disparati supporti (cd, enciclopedie, risorse on line ecc.). Queste banche della conoscenza – attivabili grazie ad una dieta ipermediale – potrebbero essere sfruttate dai teenagers per addestrarsi nella ricerca, attraverso richiami tra “testi”, di quei sottili fili che si possono vedere dietro la realtà, anche virtuale20. E’ la forma mentis del multitasking e del multithreading quella che potrebbe far nascere – attraverso il controllo di più compiti e più processi – uno spirito sempre più profondo di interconnessione tra i fenomeni21. Un “navigatore” inesperto22 può sì saltare casualmente al link (nel senso lato di “collegamento al testo/medium”), acquisirne consapevolezza solo dopo averlo attivato, dimenticare la motivazione del suo clic, sentirsi intrappolato in un percorso significativo solo per l’autore di un ipertesto o venir stordito da effetti audio/video. Ma questo genere testuale può potenziare e, nel contempo, evidenziare l’interazione del lettore con esso. Se poi si spostano gli studenti, in laboratorio, sul lato dell’autore ipertestuale – attraverso contributi al “testo aperto” (modificabile da chiunque) di una banca dati collettiva (l’archivio da utilizzare con richiami memnonici) – si può realizzare un interessante modello di apprendimento cooperativo e per esplorazione diretta. Una tendenza dell’attuale fase dell’industria culturale – dopo la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte – può rinvenirsi nella rottura della sacralità dello stampato: non è più un’entità chiusa e protetta, ma sta tornando ad essere un oggetto aperto e penetrabile, liberamente copiabile ed interpolabile. L’autore scompare per lasciare spazio all’opera

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collettiva, ad una produzione testuale open source23, facendo nascere così i “non libri” che ricordano le antiche compilationes, le opere di consultazione o i cosiddetti libri game24. Il lettore può contribuire più facilmente alla costruzione del testo, sia come enunciatore che come enunciatario. La stessa pubblicazione è alla portata di tutti, basta pensare al fenomeno della musica autoprodotta, alle fanzine, alla videoimpaginazione fatta in casa, alle pagine web gratuite o anche solo ai portali personalizzabili dal navigatore. Nell’ipermedialità, sia essa su supporto analogico o digitale, la conoscenza è organizzata in modo non sequenziale. L’incontro di nodi problematici e la necessità di soluzioni pone il navigatore nella situazione di effettuare riflessioni metacognitive sulle cause/effetti di date azioni. Inoltre l’orientamento nel cyberspazio, lungi dall’essere un’abilità “automatica”, è piuttosto un’abilità metacognitiva: permette un percorso verso l’autoregolazione cognitiva25. Un limite potrebbe rinvenirsi nel diffondersi della strutturazione a record della conoscenza individuale, mere schede mentali prive di dettagli. Imparare ad apprendere significa però imparare a cambiare, poiché apprendere non vuol dire semplicemente accumulare un sapere sopra già quello esistente, ma riorganizzare le conoscenze possedute e, in qualche modo, modificare la propria visione del mondo26. Il pensiero in gabbia Obiettivo. Individuare il registro stilistico più congeniale alle attitudini di scrittura individuale ed al focus, nonché utilizzare le tecniche per la strutturazione dell’articolo/saggio in funzione del genere giornalistico più adatto alle istanze della traccia e dei materiali messi a disposizione. Percorsi. Gli scritti «tu crederesti che parlino pensando essi stessi qualcosa, ma se volendo capire bene, domandi loro qualcosa di ciò che hanno detto, continuano a ripetere una sola e medesima cosa». Già nel “Fedro” platonico il testo scritto nella sua materialità appare come una gabbia del pensiero. E’ pertanto necessario acquisire la capacità di tradurre (più che trascrivere) una mappa concettuale ramificata e volatile in una sequenza lineare e concreta, costituita da un prima e da un dopo, ove l’ordinamento può o rispondere al reale (come la fabula nelle narrazioni) o essere artificialmente testuale (come nella trama/intreccio). Insomma, il pensiero deve saper allineare, secondo un ordine logico27, i materiali sparsi sul tavolo della memoria dalla prima progettazione dell’articolo. La presa di coscienza di tale condizionamento sequenziale aiuta a chiarire che la notizia non è una riproduzione della realtà, ma un punto di vista su di essa, secondo quei valori – variabili per tempo, spazio e medium – che il giornalista (nel cui ruolo lo studente si deve immaginare) ritiene interessino i lettori. Nel contempo la notizia è anche il risultato della cooperazione con i destinatari, che leggeranno la stessa notizia in modo diverso a seconda della collocazione editoriale28 (reale: una prova di esame; immaginata: una pubblicazione) ed a seconda del ruolo di fruitori immaginati (i lettori, di fatto inesistenti) o effettivi (docenti in possesso di propri prototipi che sembrano dire: «io lo avrei scritto così»). A tal fine il focus diventa la bussola per montare parole, frasi e periodi. Un fuoco che però deve far leva sulle prime parole dell’articolo, ovvero sul lead, la “guida alla lettura”. Spesso la chiave del pezzo è condensata proprio in questo “cappello”. Le capacità da sviluppare partono – con osservazioni e learning by doing – da un modello base, il summary lead, che coincide con l’uso delle 5W, per passare poi a strutture più complesse come quella nate dal “Giorno”. Si tratta di “cappelli” che utilizzano un particolare29: o un’enunciazione, o una situazione, o una dichiarazione, o un interrogativo. In quest’ultimo caso, ed in quello di un giudizio come incipit, essi condizioneranno la stesura al punto tale da sostituire, come peso,

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la questione o la valutazione proposta alla notizia. Ma devono subito considerarsi impraticabili i “pezzi” che hanno il lead in altri elementi della pagina, per la semplice ragione che all’Esame non vi è impaginazione. Un metodo per addestrare a lead è quello della sua continua riscrittura, delle tecniche di sottrazione o aggiunta di informazioni, della sperimentazione creativa degli attacchi (a slogan, a sorpresa, visivo, discorsivo ecc.). Ma anche la simulazione di laboratorio di un’angosciante esperienza: il confronto mattutino con la concorrenza. Lo studente, ad esempio, può elaborare in autonomia i suoi “attacchi” e le sue focalizzazioni su lanci di agenzia e confrontarli – successivamente – con quelli concretamente utilizzati dalle varie testate. La gestione del focus non è però sufficiente a dare il pieno controllo dell’impianto testuale. Intrecciata ad esso è la capacità di collocare coscientemente il “punto di vista” di chi scrive: esterno, dove il giornalista fa emergere la sua ineliminabile prospettiva, o interno, dove il lettore si ritrova “al posto del cronista” o di uno dei testimoni/protagonisti, assumendone più o meno inconsapevolmente l’angolazione30. Lo studente deve anche saper scegliere quale rapporto31 attivare con il lettore immaginato e quello reale: questa opzione non ha solo effetti su lessico e stile, ma anche su sequenza degli argomenti da affrontare32 e valutazione finale. La strategia di cercare una complicità potrebbe infatti rivelarsi pagante nel caso di perfetta conoscenza del docente/commissario e della scelta come medium immaginato del giornale scolastico. Diversamente sarebbe preferibile l’approccio della distanza. Ma è sconsigliabile quella di tono pedagogico, dove lo studente si pone ad un livello più alto del lettore immaginato. Questa impostazione può portare il professore, assuefatto all’attività didascalica, a valutare l’elaborato non come articolo ma dal punto di vista dell’approccio “educativo”, proiettandosi così nei panni del giornalista immaginato. L’esito può essere disastroso– sotto il profilo del giudizio finale – se lo studente non è stato capace di riprodurre un modello didattico ritenuto condivisibile dal docente. E’ quindi più agevole praticare l’approccio della distanza su un piano paritetico. Il “dar notizia” può essere affrontato dal candidato secondo lo schema classico della cronaca o dei features (sia articles, sia le italiane “storie”) 33. Il new journalism34 invece, esigente com’è sotto il profilo delle capacità narrative, rischia di disorientare i docenti. Serve inoltre una buona dose di “carpenteria”. Dall’apprendimento della struttura di base, quella oggi consolidata nei lanci d’agenzia35 (lead, ampliamento, precedenti)36, si passa a quelle di altre forme testuali più complesse per modello37 (la notizia, il resoconto ed il reportage, il fogliettone, gli editoriali e le opinioni ecc.), per genere38 (cronaca bianca o nera, costume, spettacoli, sport, politica, economia ecc.) e per collocazione editoriale (periodicità e target della pubblicazione immaginata). In alcuni di essi è maggiore l’istanza di un solido background nella materia che si affronta, in altri può bastare un’abile giustapposizione dei materiali. Ma non tutti i generi, i modelli e gli schemi sembrano utilizzabili all’Esame di Stato. Delle prove assegnate nei primi tre anni di Esame di Stato il 66,66% degli argomenti poteva essere collocato (ed in un terzo dei casi in via esclusiva) in una pagina di cultura. Spesso si adattavano o al saggio breve o a quel tipo di inchiesta che una volta era in “Terza” a firma di un intellettuale. Gli ambiti socio-economico e tecnico-scientifico hanno invece offerto spunti per una collocazione dei testi più variegata, mentre solo nell’ultimo anno quelli artistico-letterario e storico-politico hanno abbandonato tracce del tipo “Il male di vivere nella poesia e nell’arte del Novecento” o “La resistenza intellettuale al nazismo”. Il Ministero finalmente ha scelto di affrontare tematiche come l’aggregazione giovanile o la musica, non solo più vicine agli interessi dei teenagers, ma in condizioni di offrire ai candidati la scelta tra più modelli e schemi di articolo di giornale.

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Generi utilizzabili per ambito sessioni 1999 - 2000 – 2001 artistico- sociostoricoGenere | Ambito letterario economico politico Cultura 3 1 2 Costume 0 3 1 Economia 0 3 1 Bianca 0 2 1 Nera 0 2 0 Spettacoli 1 1 0 Esteri 0 1 0 Politica 0 0 1 Opzioni per ambito 4 13 6 Modelli utilizzabili per ambito sessioni 1999 - 2000 - 2001 artistico- sociostoricoModello | Ambito Ambito letterario economico politico Servizio generico 3 3 3 Servizio: Inchiesta 3 3 3 Servizio: Reportage 1 3 1 Servizio: Recensione 1 1 0 Opzioni per ambito 8 10 7 Schemi utilizzabili per ambito sessioni 1999 - 2000 - 2001 artistico- sociostoricoSchema| Ambito letterario economico politico Cronaca 3 3 3 Features: articoli 3 3 3 Features: storie 1 3 1 Opzioni per ambito 7 9 7

tecnicoscientifico 3 2 2 0 1 0 1 0 9

tecnicoscientifico 3 3 1 0 7

tecnicoscientifico 3 3 1 7

Totale Genere 9 6 6 3 3 2 2 1

Totale Genere 12 12 6 2

Totale Genere 12 12 6

Classificazioni elaborate su tracce Ministero Pubblica Istruzione

Incrociando i dati di queste tabelle con le consegne date agli studenti in occasione degli Esami si possono individuare due archetipi di struttura. Anche se nulla impedisce che si introducano altri generi o modelli39. Il primo è quello generico del servizio, che sembra ritagliarsi sulle istruzioni per l’articolo: focalizzare tra dati e documenti un aspetto su cui impostare l’architettura del pezzo agganciandolo ad un evento attuale. Il ricorso a preconoscenze individuali viene presentato come opzionale, ma è di fatto irrinunciabile nella fase di focusing. La natura argomentativa, infine, è celata nei “fatti che parlano da soli” e nel loro montaggio40. Questo schema generalista va bene quasi per tutto ed accoglie in sé – in un rapporto da genus a species - recensioni, pezzi di costume e cronache sportive. Ovvero familiari esperienze di lettura (e scrittura) dalle quali i giovani potrebbero partire per inferire le possibili strutture del servizio. Un modello che, nella variante più evoluta dell’inchiesta conoscitiva, si attaglia bene alle tracce offerte dal Ministero della Pubblica Istruzione per il riferirsi più a fenomeni che non a fatti. Vi sarebbe spazio anche per il reportage. Ma questo modello, purtroppo, procede per dilatazione del fatto noto e quindi richiede risorse talora indisponibili al candidato, rischiando di farlo trascinarlo nella fiction. Lo stesso pericolo viene corso con l’intervista. Immaginarla senza avere un soggetto reale che risponde avvicina la penna alla letteratura o alla “contraffazione”. «Non ho vergogna di questi falsi anzi non li considero tali perché ho l’immodesta pretesa di aver sempre, o quasi sempre, azzeccato la battuta giusta per l’autore giusto: nel senso che l’una s’intona perfettamente allo stile dell’altro». L’affermazione è di un grande giornalista, Indro Montanelli41. Ma non è detto che gli studenti posseggano altrettanta perizia nell’arte falsaria. Alcuni strutture, come ad esempio il fogliettone, risultano poi di difficilissimo utilizzo. E non solo per l’assenza della grafica (è la collocazione in fondo alla pagina a fornirne la

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“marca”). Quanto, piuttosto, per l’essere il feuilleton un testo che rompe la nozione dell’articolo di cronaca come puro reporting. Altrettanto vale per lo schema della storie, dove lo sviluppo della capacità narrativa è spesso ai margini dei percorsi formativi tradizionali della scuola superiore (sia sul lato docente, che discente). Il pericolo del malinteso, insomma, è dietro l’angolo. Il secondo archetipo riguarda il saggio. Si chiede allo studente di interpretare, confrontare i materiali ed attingere all’enciclopedia personale. In questo caso il modello è quello dell’inchiesta tradizionale a carattere interpretativo, non necessariamente vincolata all’attualità. Le argomentazioni possono essere palesi, sebbene non sganciate dai dati di fatto e strutturabili secondo gli schemi retorici tradizionali. La prova è dunque ambigua, a metà strada tra la dissertazione (con tesi, antitesi, sintesi e l’apparato di analogie, sillogismi ecc.) e la rubrica o l’editoriale, in grado di generare anche opinioni, analisi o corsivi. Ma così potrebbe far riapparire tra le righe il caro vecchio tema. La gestione della collocazione editoriale richiede, infine, una concreta conoscenza del media system italiano e, soprattutto, delle caratteristiche derivanti da periodicità e pubblici di riferimento. Sarà opportuno approfondire quali giornali si immagina possano ospitare i modelli e gli schemi (nonché i generi) proposti e proponibili in occasione della prova scritta. L’attività sarà quella di ricostruire i percorsi seguiti dal giornalista reale nel compilare il “testo” giornale (assetto produttivo, concorrenza, fonti, valori notizia eccetera). E le letture abituali degli studenti possono costituire il punto da cui iniziare l’analisi. Sia l’inchiesta tradizionale (saggio breve) che quella conoscitiva (articolo) sono però due modelli in via di estinzione. E’ difficile rintracciarne esempi sulla carta stampata. Gli esempi reperibili sono astratti o svianti. «Quando facciamo un’inchiesta – stigmatizza Miriam Mafai – noi non chiediamo alla gente cosa pensa. Gli chiediamo soltanto di confermare con le loro parole ciò che noi sappiamo già o crediamo di sapere. Giriamo l’Italia selezionando le informazioni fino a quando coincidono con gli schemi che ci siamo già costruiti»42. Insomma: un giornalismo a tesi. Un po’ come le argomentazioni nel tema. All’Esame, però, i materiali da utilizzare sono quelli forniti dal Ministero e – per le regole del gioco della prima prova – non possono essere snobbati del tutto. Semmai non è vietato integrarli con altri provenienti dal proprio archivio, mettendo in campo le competenze per l’articolo immaginato. In alternativa, per arrivare all’inchiesta come tecnica di scrittura si può seguire un percorso formativo che passi dal take d’agenzia alla notizia e da questa ai servizi di costume, musica o spettacoli43. In questi ultimi si scrive su fenomeni e non su eventi. Proprio come è stato chiesto dalle tracce assegnate in sede di Esame. Da questo punto si potranno sviluppare a forme più raffinate di struttura, come quelle dell’inchiesta o della prosa esplicitamente argomentativa. Resta in secondo piano, nell’articolo all’Esame di Stato, il bisogno di “scrivere a misura”, causa di celebri bocciature all’esame professionale da giornalista. Le consegne richiedono infatti solo di non superare una lunghezza massima e non di rispettare una quantità minima, come accade invece nella carta stampata. Eppure questo aspetto formale (o di difettosa simulazione) ha risvolti sostanziali. Lo studente dovrà essere in grado di concepire e realizzare una struttura che non ecceda il limite o, qualora lo superi per difetto di sintesi, che sia facilmente riducibile attraverso l’eliminazione di moduli senza danneggiare l’impianto complessivo. Ciò impone l’utilizzo di una scrittura sintagmatica. Nel contempo, per evitare testi lillipuziani, il candidato deve addestrarsi ad inserire con precisione e completezza – oltre agli elementi utili al rispetto delle 5W – l’esposizione di uno o più fatti, dichiarazioni o testimonianze, digressioni nonché commenti secondo un ordine logico, cronologico o di azione/reazione44. Una volta scelto l’approccio stilistico e strutturato l’articolo entra in gioco la competenza a saper rinvenire, per confronto, a quale genere ascrivere il testo giornalistico pro-

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dotto45. Essa verrà utilizzata reiteratamente in fase di stesura e revisione. E ad elaborato concluso questa verifica servirà per qualificare la pertinenza dell’articolo ad una collocazione editoriale e, solo allora, dichiararla ai commissari. Limiti/risorse. La necessità di tradurre la mappa concettuale in una sequenza da trascrivere su carta non è però una novità assoluta per i ragazzi. E’ infatti proprio nella scuola che viene loro chiesto di farlo per la prima volta. E ad essa ripetutamente si fa appello, sebbene in modo astratto rispetto ai bisogni di scrittura quotidiani. Sotto un primo profilo il nodo è che l’articolo possiede un impianto di fondo diverso dal tema. Esso infatti stravolge la disposizione delle parti in 1) introduzione; 2) analisi del problema o della cornice storico-letteraria della traccia; 3) descrizione dei fatti; 4) descrizione delle diverse opinioni sul problema; 5) descrizione del proprio punto di vista; 6) conclusioni. Né, a rigore, basta sostituire il punto 1) con il lead46 o rifarsi ad una generica macrostruttura introduzione parte centrale conclusione47. Non meraviglia, dunque, che gli articoli all’Esame di Stato 1999 hanno dato nell’organizzazione del testo gli stessi risultati negativi del tema: i ragazzi ed i professori hanno prodotto e valutato “temi” immaginando che fossero “articoli”. Semmai può sorprendere che una prova consolidata dalla tradizione dia ancora un esito negativo. Ma questo è un altro problema. Sotto un secondo profilo entrano in gioco le attitudini alla scrittura funzionale e comunicativa dei ragazzi. E’ sviante affermare che esse non esistono, per le ragioni già esposte. Né si può dire, con la “morte dell’autore” (come titolare di copyright), che non ci siano le condizioni per esercitare – fuori dalle aule – l’antica arte degli scrittori di cui si legge nel Fedro. E cioè quella dell’aphaireō e del kollaō: il taglia ed incolla, strumento immancabile nella cassetta degli attrezzi del giornalista. Esso ha solo bisogno di essere consapevolmente utilizzato48, ed a lungo, per ottenere quell’abilità artigianale necessaria a costruire un testo – seguendo schemi standard di matrice giornalistica (ma adattabili al contesto scolastico) - che sia un articolo rispondente all’immagine che di esso hanno i “docenti-lettori di giornali”. E che, nel contempo, superi i difetti di suddivisione in paragrafi e continuità logico tematica riscontrati con l’uso di strutture preconfezionate e di messe a fuoco orientate ai “valori notizia”. Quanto alla capacità di discriminare schemi, modelli e generi vale la considerazione che essa è condizionata dall’attitudine alla lettura di giornali dei giovani. Solo chi possiede la cognizione di altri testi è in grado di compiere quei richiami intertestuali necessari ad individuare le regole formali costanti con cui queste strutture sono codificate dai produttori e riconosciute dal pubblico. E questo è un limite difficile da superare, in media, per solo due studenti su dieci: quelli che non hanno mai letto un quotidiano. Sul controllo delle dimensioni di scrittura vanno infine ricordate le competenze di chi sa sintetizzare concetti in uno sms, anche se talora utilizza un linguaggio iniziatico, sgrammaticato, in grado solo di marcare l’appartenenza ad un gruppo. Ma le righe dei fogli protocollo su cui si compone l’articolo sono comunque un punto di riferimento per prender coscienza delle dimensioni del proprio scritto più di quanto aiuti a fare il conta caratteri di un wordprocessor. Le parole sono pietre Obiettivo. Obiettivo. Utilizzo di un lessico e di uno stile adeguati alle attese dei commissari nonché superamento di generalizzazioni, incongruenze e fraintendimenti nella formalizzazione dei contenuti. Percorso. Le parole d’ordine per la gestione delle frasi, i “mattoni” da inserire nell’intelaiatura dell’articolo, sono almeno cinque: chiarezza, semplicità, sintesi, completezza e precisione. Un “pentalogo” giornalistico, cui si aggiunge il pensiero fisso ad un let-

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tore che – secondo le testate, i luoghi e le epoche – è stato ora il lattaio, ora la portinaia, ora il barbiere, ora uno stereotipo inesistente49 oppure un profilo ricavato magari da un’indagine sugli “stili di vita”. «Esistono – scrivono Gian Franco Laparelli e Marco Ludovici50 – due differenti modalità di esprimersi in italiano: la forma scritta e quella parlata. Una particolarità di quella usata in campo giornalistico è che, pur essendo scritta, deve suonare come fosse parlata evitando però i termini dialettali e le espressioni popolari. Cancellare subito, anche perché ne è vietato l’uso, anche tutti quei termini che in caso di dubbio alla prima rilettura ci fanno domandare: lo userei se stessi parlando? Eliminare le frasi fatte ed i luoghi comuni (ad esempio: massimo riserbo, colto da malore, estremo saluto, notte brava ecc.)». E’ insomma lo scritto che simula il parlato, non è il parlato che viene tra-scritto. D’altro canto, pur volendolo, non potrebbe: le interviste dimostrano che esse non possono essere offerte alla lettura così come sono state sbobinate. Ci sono interiezioni, costrutti monchi, ripetizioni. E se il parlare si riversa nello scritto, com’è accaduto in alcuni elaborati, l’esito è (giustamente) segnato con la matita blu. L’insegnamento della scrittura, a livello di alfabetizzazione, ha tradizionalmente preso le mosse dal processo di riproduzione delle sonorità orali già acquisite attraverso dei segni tracciati su un quaderno a quadri. E’ quindi plausibile attendersi, in assenza di successivi interventi sulla scrittura come attività cognitiva e sociale diversa dal parlare, che l’insegnante si meravigli perché gli studenti alle Superiori «non sanno scrivere». Simmetricamente le grammatiche – incardinate sulla lingua scritta – censurano espressioni del parlato, estrapolate da dialoghi dove, invece, sono attivi pure linguaggi non verbali. Un laboratorio per l’articolo immaginato non può però occuparsi delle basi generali di ortografia, grammatica, lessico e sintassi dell’italiano scritto51. E’ un sapere iniziale complesso, il cui pluriennale insegnamento è compito della scuola. La capacità da acquisire in vista dell’Esame di Stato è, invece, quella di piegare la lingua colta alla produzione di effetti di parlato senza, per questo, violare la correttezza formale dello scritto. Non è esattamente la stessa abilità dei drammaturghi, dove la tecnica è quella di far dialogare52 i personaggi. Ma gli somiglia. Anche per la ricerca di una tonalità53 non fastidiosa per il lettore. Cambia l’intento: che è fàtico e comunicativo per il giornalista, poetico ed artistico per lo scrittore. Ed il fine ne distingue i mezzi lessicali e sintattici. In fondo, nei giornali la letteratura e persino i riferimenti letterari sono stati da tempo condannati a morte54. L’articolo utilizza alcuni elementi del parlato: iperboli, forme pittoresche e modi di dire, mutuati da altre forme espressive. La finalità, sia nei colloqui orali sia nel giornalismo, è identica: mantenere alta l’attenzione del destinatario. Proprio quello che ha bisogno di fare il candidato con il commissario. La lettura del suo “pezzo” deve scorrere, come bere un bicchier d’acqua. Ed i giovani, si è visto, già maneggiano gli attrezzi necessari a produrre tale effetto. Di contro i docenti si attendono, nell’articolo, un registro medio-elevato. Sono disposti a concederne uno più quotidiano per cronaca rosa, nera o sportiva55. Ma, a dispetto della lingua da “cultura del libro”, la scrittura giornalistica narra attraverso accostamenti, nei quali le connessioni logiche sono insite nei fatti, e non passano per espliciti collegamenti: più frasi paratattiche, in sé autonome, vicine al disordine della sintassi dell’oralità. Il percorso di laboratorio che suggeriscono Laparelli e Ludovici può accompagnarsi ad altri esercizi per ottenere chiarezza e semplicità. Tra essi vanno compresi l’attività di montaggio e smontaggio di brani complessi in brevi frasi oppure l’addestramento al linguaggio colloquiale in assenza del destinatario. Con quali sistemi? Redigere ad esempio un brano destinato ad una lettura radiofonica56. Lo sforzo sarà di: 1) congegnare il testo in maniera brillante, ma riproducibile da un altro “studente – annunciatore”57 (servirà allora controllo del ritmo, della grafia, dei virgolettati e dei forestierismi); 2) di renderlo comprensibile agli ascoltatori (spiegando le sigle ed i termini meno noti) con risparmio di su-

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bordinate e di incisi superflui; 3) di prendere coscienza di alcune caratteristiche del parlato (come la ridondanza delle parole) e di sostituirle, nella strutturazione sintagmatica, con meccanismi di coesione del testo scritto (anafore, ripetizioni di parole o sintagmi, connettivi). Un altro passaggio di laboratorio è l’inversione della prospettiva parlato scritto in quella scritto parlato. Può ricercarsi tra l’altro attraverso: a) esercizi di gestione della punteggiatura e dei capoversi, da intendersi in entrambi i casi come segmentazione logica e non come riproduzione delle pause del parlato; b) eliminazione in autocorrezione dei tratti del parlato comuni all’italiano dell’uso medio che non appartengono alla norma dello scritto (tema sospeso, imperfetto indicativo nelle ipotetiche, uso di "gli" invece di “a lei”, concordanze ed uso del “che “ polivalente)58 c) esercizi di strutturazione organica del discorso attraverso trascrizioni di testi parlati prodotti dagli stessi studenti. Inoltre si può svolgere un’analisi sulla stampa per verificare, con discussioni di gruppo, la sperimentazione nei testi a destinazione scolastica di neologismi, di riusi o di travasi da altri linguaggi (settoriali, stranieri, dialettali), ma anche di frasi pronte all’uso, della pubblicità, della burocrazia o della politica nonché di metafore, ellissi o iperboli. Ed ancora: si possono progettare esercizi per l’uso giornalistico di articoli, avverbi, forme passive, discorso diretto ed indiretto. Accanto a semplicità e chiarezza, la tecnica giornalistica richiede sintesi. Per fare un buon pezzo servono più informazioni di quelle che si useranno. Ma con tanta messe di idee è facile travolgere il limite delle cinque mezze colonne su foglio protocollo per scrupolo di completezza. Sono allora due le strade per esser sintetici: una a priori ed un’altra a posteriori. La prima è pensare il brano per riformulazioni successive prima ancora di metterlo nero su bianco. E’ la ricerca della versione più concisa, fatta sfrondando i pleonasmi dal tronco principale, dalla questione cioè in cui lo studente ha classificato le informazioni a disposizione. Per esercitarsi c’è il “rimpasto”. Più articoli, tra loro pertinenti, vengono letti (e discussi) alla ricerca di sintagmi-pilota e parole-chiave, con la consegna di fonderli sì in quante più versioni differenti per schema, modello e stile, ma soprattutto di renderli più brevi ed “irriconoscibili” rispetto agli originali. La seconda via è quella del “taglia ed incolla”, tanto delle parole (in primis eliminando avverbi ed aggettivi), delle frasi, che dei moduli in cui è strutturato il pezzo già scritto. Essa non può essere usata per assemblare documenti di fonte diversa - ne scaturirebbe un ibrido stilistico – ma per accorciare e rimontare il proprio testo in maniera rapida. Proprio come si fa al desk all’ora di chiusura (o, mutatis mutandis, di consegna dell’elaborato). Completezza e precisione, infine, sembrano in conflitto con il dovere di sintesi. Per raggiungerle lo studente è tenuto a riqualificare le proprie frasi. Esse possono essere contorte o generiche, tanto sul piano concettuale che lessicale-sintattico. Per dissipare le oscurità il candidato può usare il trucchetto di un vecchio capocronista. “Con parole tue, cosa vuoi dire?”, domandava. La risposta in genere era molto più chiara e precisa dello scritto e veniva riportata, tale e quale, al posto delle frase contorta. Se restava insoddisfatto, ripeteva la domanda. Nel caso invece di terminologia generica – per lo più derivata dal parlato o, secondo altri, dalla cultura giovanile – si può ricorrere a batterie di domande “a precisazione”, tanto sulla risposta a ciascuna delle 5W (ad esempio: il chi della notizia quali attributi fisici ha, quali tratti personali, quale storia, quale professione) quanto per ottenere la gestione consapevole di generalizzazioni, cancellazioni o deformazioni di altre parti. L’abitudine ai particolari, di stampo anglosassone, e la maieutica verso le fonti portano verso il cosiddetto giornalismo di precisione. “Non dar nulla per scontato”, si consiglia non a caso ai cronisti alle prime armi.

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Al termine del proprio articolo il candidato deve affrontare la parte più difficile del suo lavoro: il titolo. Scriverlo prima di redigere il “pezzo” non solo è scorretto, ma non conviene. In fase di stesura andrà “fuori tema” o compirà acrobazie per restarvi coerente. Averne in testa una sommaria idea mentre scrive, invece, consente di tener chiaro il focus condensato in uno slogan e, nello stesso tempo, di non rimanerne schiavi. Il passaggio è altresì delicato perché il professore avrà come chiave di interpretazione il titolo59. E, in ogni modo, benché non vistose come nei giornali reali, saranno le prime parole ad essere lette: è controproducente dare subito una cattiva impressione. L’assenza di impaginazione consiglia l’uso dello schema classico di occhiello (cornice della notizia), titolo (esposizione della notizia) e sommario (completamento/chiarimento della notizia)60. Le classificazioni dei titoli sono innumerevoli. Ma all’inizio conviene accontentarsi della dicotomia tra enunciativi e paradigmatici chiarendone le funzioni e le relative collocazioni editoriali. Quanto agli strumenti, le abilità a trovare il “nocciolo” dell’articolo – cioè la “notizia” - possono maturare attraverso la titolazione di testi altrui (e poi propri), nel confronto con modelli reali e collocando i risultati nelle varie categorie61. Per esercitare la creatività nei titoli a carattere paradigmatico62 si potrebbe far ricorso alle capacità ludiche del linguaggio giovanile. Ma se neologismi e trovate in stile pubblicitario sono efficaci nei giornali reali, diventano “a rischio” in sede di Esame. Queste forme espressive fanno ampio appello a richiami intertestuali che i professori potrebbero non possedere. Semmai i riferimenti andrebbero cercati nel campo delle esperienze culturali della scuola (parafrasi di titoli di libri, film, frasi o motti, eccetera). Ma scivolare nel superficiale o nel ridicolo non è impossibile63. Limiti/risorse. Sulla forma scritta adottata nell’articolo di giornale i limiti degli studenti sono stati già ampiamente richiamati (sovrapposizioni di registro formale/informale, termini ombrello, lessico inappropriato ecc.). Va comunque tenuto conto che il linguaggio della stampa assorbe e restituisce mode lessicali (anche giovanili). Il giornalista è un “cacciatore di tendenze” per conto dell’azienda editoriale, ma anche un forte recettore dei sottocodici della pubblicità, della politica e della burocrazia. Da qui la degenerazione del “giornalese”: codice oscuro, iniziatico ed autoreferenziale, appiattito sulla lingua delle fonti e dei punti di riferimento culturali, politici ed economici. E’ anche la culla delle frasi fatte, quelle impiegate da chi va incontro all’audience nella speranza di persuaderla. E, in questo quadro, allo studente si aprono due sentieri pericolosi da seguire sul foglio protocollo: o scimmiottare questo lessico o creare un “giornalese scolastico” – personalizzato, poco sperimentato e quindi stilisticamente non unitario – con referenti gli immancabili professori. L’articolo ed il metro La cassetta dei ferri del mestiere finora descritta deve fare i conti – sotto il profilo pratico – con il metro di valutazione dei professori. Esistono, è vero, diversi esempi di griglia di misurazione su cui gli insegnanti fondano la loro valutazione. Ma per tutti i sistemi di misura è possibile individuare uno schema sottostante – relativo alle dimensioni compresenti nella realizzazione di un testo64 – cui le competenze finora enumerate riescono a dare soddisfazione. Esso deriva dall’impostazione del knowledge transforming di Carl Bereiter e Marlene Scardamalia65 che è propugnata ad ogni pie’ sospinto dagli esperti del Ministero della Pubblica Istruzione. La realizzazione di schema che segue – attraverso un accorto uso degli strumenti dell’articolo di giornale finora illustrati – rappresenta dunque l’obiettivo da raggiungere per gli insegnanti, per gli studenti e per un laboratorio di scrittura che abbia come finalità anche quella di realizzare buone performance all’Esame di Stato oltre quella di una più complessiva crescita culturale.

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L’articolo

immaginato

SAPER SCRIVERE Gestire L’INTERAZIONE

Identificare i vincoli posti dalla consegna: tipo di testo(articolo immaginato), scopo (informare/esser valutato), destinatario (lettore immaginato/professori)

Rappresentarsi il contesto della comunicazione Saper gestire contemporaneamente problemi di tipo

Tener conto delle conoscenze e delle caratteristiche del destinatario e della destinazione d’uso del testo

PRAGMATICO

Gestire l’OGGETTO della comunicazione TEMATICO

Delimitare il “ritaglio” di mondo di cui si vuole/si deve trattare

Capire da quale angolatura affrontare l’oggetto della comunicazione (focus e lead)

Scegliere gli argomenti pertinenti, reperendoli nella memoria o documentandoli

TESTUALE Padroneggiare lo schema testuale caratteristico del tipo di testo (strutture articolo)

Gestire il TESTO Decidere il piano generale del testo LINGUISTICO

Dare al testo una organizzazione coerente

Gestire il LINGUAGGIO Trasformare in frasi i materiali scelti ed organizzati secondo il proprio piano

Selezionare il lessico adeguato (chiarezza, semplicità, sintesi, completezza e precisione linguistiche)

Scegliere i mezzi linguistici che garantiscono una scrittura corretta

Mario Morcellini – Giovambattista Fatelli, “Le scienze della comunicazione”, Carocci, Roma, 2000, pag. 43. Scuola di Barbiana, “Lettera a una professoressa”, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1967, pag. 20. 3 Ad esempio l’assenza di “campo” con il telefonino, le istruzioni ad una persona di cui dobbiamo “assumere i panni”, l’osservazione/interazione con i bambini (o gli stranieri), osservazioni su spettacoli registrati e live eccetera. 4 Nelle chat la leggerezza dell’identità data dal nickname permette di aggirare imbarazzi o timidezze, annulla la distanza io/tu, ma costringe comunque a scavare nell’indeterminatezza (o ambiguità) altrui. Quanto ai videogiochi si possono distinguere tra on line (Mmporg e Mud) ed off line. In quest’ultima categoria rientrano due scuole: a) quella anglosassone/occidentale dove il giocatore ha la possibilità di creare il proprio personaggio nel rispetto di regole più o meno stringenti ed il finale viene raggiunto scegliendo più strade; b) quella giapponese dove i “caratteri” sono predefiniti e le vie per raggiungere la conclusione sono obbligate. I Mmporg – che stanno riscuotendo un notevole successo , sebbene costosi (serve l’Adsl) – si avvicinano alle chat: consentono di assumere liberamente un’identità e nel rapporto comunicativo non offrono a priori marche per l’utilizzo di richiami intertestuali utili ad identificare chi si ha di fronte. Il contrario accade, con diverse graduazioni, nei Mud e nei videogiochi off line. I videogames nella scuola come strumento didattico sono sperimentati dal Distretto scolastico 21 di Cecina in cinque prime classi delle Superiori, progetto “MediAnch’io”. Marco Gasperetti, “I videogiochi? Fanno studiare di più”, CorrierEconomia, supplemento Corriere della Sera, 25 marzo 2002, pag. 22. 5 Norme di game quale langue distinta dal play come da intendersi come parole. Per la distinzione Umberto Eco, “Homo Ludens” oggi, saggio introduttivo a Johan Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, Milano, 1973. 6 «In UO (Ultima Online, il più diffuso Mmorpg, nda) non ci sono professioni predefinite che determinano cosa un personaggio possa o non possa fare. Al contrario [...] ogni personaggio ha la possibilità di imparare ciò che vuole da una lista di abilità predefinite, e di sviluppare liberamente quelle che lo soddisfano di più. Così, come nella vita reale, è ciò che un personaggio sa fare che definisce la sua “professione”, non il contrario». Vincenzo Beretta – Stefania Molinari, “Ultima Online”, supplemento di Zeta, febbraio 1999, pag. 12. 7 «E’ molto probabile che il primo personaggio che create rappresenti una media tra ciò che siete e ciò che vorreste interpretare in un mondo fantasy. In questo caso, la sua personalità verrà direttamente definita dalle vostre scelte e dalle vostre azioni. E’ però interessante, magari più avanti, provare almeno una volta a creare un personaggio “autonomo”, dotato di una psicologia indipendente dalla nostra». Vincenzo Beretta – Stefania Molinari, cit., pag. 12. 8 Francesco Conti, “L’informatica e i giochi elettronici”, in Mario Morcellini (a cura), “Mediaevo”, cit., pag. 479 – 487. 1 2

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9 I giochi di ruolo hanno la radice nei giochi tradizionali per antonomasia come “guardie e ladri” e sono utilizzati non solo nella selezione/formazione aziendale, ma anche nella didattica delle elementari (un’esperienza in tal senso è stata compiuta dalla Direzione didattica di San Mauro Torinese). 10 Alberto Papuzzi, “Professione Giornalista”, Donzelli, Roma 1998, pag. 182-184. 11 Università “La Sapienza” Dipartimento di Sociologia, Osservatorio Mediamonitor, “L’astensionismo lettorale”, cit., pag. 40 e pag. 47. 12 Non sembra condivisibile l’affermazione che «Tra le molte indicazioni che una traccia piò suggerire, infatti, la notizia è sempre e soltanto una» contenuta in Ministero della Pubblica Istruzione – Coordinamento per l’Esame di Stato – Fnsi, “L’articolo di giornale, supplemento alle “Linee guida” sull’Esame di Stato 2000/2001”,cit., pag. 44. Infatti ciò equivarrebbe ad affermare che la notizia è il fatto e non il resconto di un fatto. Significherebbe – il che è forse più grave – ridurre la prova della tipologia B) ad un esercizio dove il compito dell’esaminato è scoprire quale pubblicazione si nasconde dietro ai materiali offerti per poi scimmiottarne lo stile espositivo. 13 Ma nello specifico contesto dell’Esame di Stato avranno rilevanza – seguendo la classificazione dei “valori notizia” proposta da Mauro Wolf e rielaborata da Michele Sorice - solo i criteri valutativi strutturali, relativi al prodotto ed la pubblico, restando irrilevanti quelli dipendenti dal mezzo e dalla concorrenza. Per i criteri: Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), cit. , pag. 66-74. 14 I trittici “sesso, sangue, soldi” o “famiglia, salute, soldi”. 15 Alberto Papuzzi,”Professione giornalista”, cit., pag. 129. 16 Una tecnica è quella della triangolazione, divenuta ulteriormente preziosa in una fase di sovrabbondanza di fonti non sempre facilmente controllabili. Sull’argomento Andrea Piersanti – Vittorio Roidi, “Giornalisti nella rete”, Ente dello Spettacolo, Roma, 1999. Inoltre: Claudio Fracassi, “Sotto la notizia niente”, I libri dell’Altritalia, Roma, 1994; Claudio Fracassi, Le notizie hanno le gambe corte, Rizzoli, Milano, 1996; Salvatore Casillo – Federico Di Trocchio – Salvatore Sica, “Falsi giornalistici”, Alfredo Guida Editore, Salerno, 1997. 17 La tesi è di Silvano Rizza riportata in Gianni Faustini (a cura di ), cit., pag. 123. 18 David Galbraith – Mark Torrance, “Conceptual processes in writing: from problem solving to text production”, http://www.staffs.ac. uk/personal/sciences/smt15/mt15/dissertations/conc_proc_chapag.html. 19 Sempre più un membro della famiglia che parla da sé mentre il “pubblico” attende ad altre occupazioni come emerso nel seminario “Formazione, Comunicazione, Nuove Generazioni”, cit.. 20 Anche la visione pessimista di Raffaele Simone è attenuata proprio da questa possibilità, il quale nel corso della trasmissione “Il Grillo” del 16 gennaio 2001 su Rai Educational ha affermato: «Credo che la vera cultura - se non la saggezza, per lo meno la sapienza - sarà basata sulla libera la capacità critica di passare da un medium all'altro secondo la necessità». http://www.emsf.rai. it/grillo/trasmissioni.asp?d=746. 21 Jeremy Rifkin, “L’era dell’accesso”, Mondadori, Milano, 2000, pag. 283. 22 Università degli Studi di Cassino, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione, “I nuovi media nella scuola, come quando e perché avvalersene”, http://www.let.unicas.it/links/didattica/cartelli/testi/testo03.ppt 23 La definizione di open source, concetto di derivazione informatica introdotto da Richard Stallman del Mit, è a http://www.opensource.org/docs/osd-italian.html. Sull’applicabilità dell’open source come opere a più mani senza vincoli di copyright per interpolazioni, aggiunte o cancellazioni sono stati avanzati dubbi dal guru della materia Eric S. Raymond: «La musica e la maggior parte dei libri non sono come i programmi informatici, perché in genere non hanno bisogno di essere corretti o aggiornati». Oggi però sta cambiando posizione: «Il momento propizio sarà quando i programmi open source avranno vinto la battaglia delle idee». Graham Lawton, New Scientist in “L’avanzata del copyleft”, Internazionale, 8 marzo 2002, n. 427 pagina 36-39 dove si riporta il fallimento dell’enciclopedia Nupedia affidata ad un lavoro open source di esperti (perché non offriva “punti accademici”) ed il successo invece di Wikipedia enciclopedia aperta a chiunque, anche ai dilettanti. 24 Raffaele Simone, “La Terza Fase”, cit. pag. 118 – 122. 25 Direzione didattica di Pavone Canavese, Claudia Valentini, “Didattica metacognitiva, Ipermedialità e metacognizione”, http://www. pavonerisorse.to.it/meta/meta7.htm. 26 L’isolamento della lettura e della scrittura – secondo Michael Heim – si sta trasformando nell’inserimento in una rete pubblica, nella quale la griglia simbolica personale – necessaria alla produzione di contenuti originali – è minacciata dal collegamento con la testualità totale delle espressioni umane. Dal “cogito ergo sum” si può temere di scivolare verso il “sono connesso, dunque esisto”; di arrivare, in questo frammentarsi e moltiplicarsi di rapporti, alla scomparsa del sé (come ipotizza Kenneth Gergen), per lasciar posto a molteplici identità (come quelle studiate da Sherry Turkle nei Mud). Di contro – con Robert J. Lifton – si può diagnosticare che la coscienza proteiforme permette di creare una maggiore empatia verso gli altri e che pensiero sistematico, lavoro di squadra e costruzione del consenso sono parte dell’ethos delle reti. Per una sintetica rassegna: Jeremy Rifkin, cit., pag. 271 – 289. 27 I rapporti tra una parte e l’altra possono essere di tipo: incrementativo, oppositivo, modificativo o disgiuntivo. Vittorio Masoni, “Scrivere chiaro”, cit., pag. 86-87. 28 Umberto Eco, “Guida all’interpretazione del linguaggio giornalistico”, in Vittorio Capecchi – Marino Livolsi in “La stampa quotidiana in Italia”, cit. 29 Qualche dubbio, inoltre, è stato espresso sulla praticabilità all’Esame di Stato dell’attacco centrato su un aspetto apparentemente insignificante, in Ministero della Pubblica Istruzione – Coordinamento per l’Esame di Stato – Fnsi, “L’articolo di giornale, supplemento alle “Linee guida” sull’Esame di Stato 2000/2001”, cit., pag. 45. Ma tale preoccupazione prescinde dal fatto che i professori sono lettori di giornali e per questo per un buon numero “abituati” a simili lead. 30 Alberto Papuzzi, “Professione Giornalista”, cit., pag. 112 – 123.

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31 Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di),”Le tecniche del linguaggio giornalistico”, cit. , pag. 110 –112. 32 Una notizia sulla concessione della pensione alle casalinghe, ad esempio, ha una struttura espositiva diversa a seconda si usi la strategia della complicità o del distacco pedagogico (andrà prima il “come fare per ottenerla” rispetto alle informazioni su come e perché sia stato deciso il provvedimento) rispetto al distacco equidistante, dove quello stesso ordine può essere rispettato o meno a seconda della collocazione editoriale dell’articolo. 33 I feaures articles allargano l’ambito della notizia, includendo nel suo dominio anche vicende, questioni, fenomeni sociali, aspetti della realtà che secondo la teoria classica non dovrebbero farne parte. «La storia è un articolo che origina sempre da un fatto di cronaca ed è costruito sulla base di elementi di cronaca, ma impiega impressioni e commenti per trasformare l’avvenimento nella rappresentazione simbolica di fenomeni e problemi della società contemporanea». Alberto Papuzzi, “Professione giornalista”, cit., pag. 105-109. 34 Nato negli anni 60 tra New York e la California questo tipo di giornalismo ha rasentato spesso la letteratura benché ancorato ai fatti. Celebri esponenti: Truman Capote, Norman Mailer, Gay Talese e Tom Wolfe. 35 A rigore non esiste una regola univoca per il montaggio degli articoli, come osserva Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), ”Le tecniche del linguaggio giornalistico”, cit., pag. 89. Ma nella prassi giornalistica una cospicua parte dei materiali scritti proviene dalle agenzie, che utilizzano protocolli rigidi condizionati tanto dal destinatario (i giornalisti e gli spazi sui giornali) quanto dal mezzo (i take distribuiti per via telematica). Ne è nata uno stile di scrittura basic: «Ecco l’obiettivo ideale: che le notizie sembrino scritte tutte da una stessa mano» ha sostenuto il direttore dell’Ansa Sergio Lepri. E questi materiali grezzi sono utilizzabili o solo per essere titolati e messi in pagina o per essere rielaborati e trasformati in un altro testo strutturalmente differente. Lo stesso percorso evolutivo può essere sfruttato in sede di laboratorio di scrittura, come suggerito anche dall’impostazione del manuale di Gian Franco Laparelli – Marco Ludovici, “L’articolo di giornale all’esame di maturità”, cit., pag. 27 e seguenti. 36 Sergio Lepri, “Medium e messaggio”, cit., pag. 116. 37 Sui modelli tradizionali è in corso un processo sincretico che talora ne rende poco agevole la distinzione. Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), ”Le tecniche del linguaggio giornalistico”, cit., pag. 79. 38 Il concetto di genere viene qui inteso come «insieme di relazioni e categoria sistematica: un genere giornalistico si presenta come l’ambito in cui la concezione ed il trattamento della notizia presentano medesime specificità. I generi infatti corrispondono alla tradizionale ripartizione delle notizie in aree convenzionali e rispecchiano peculiarità linguistiche, vale a dire teoriche e tecniche». Alberto Papuzzi, “Professione giornalista”, cit., pag. 159. Anche in questo campo accanto a testate organizzate secondo quella che Eric Landowski chiama forma oggettivante della narrazione della quotidianità, ne sono nate altre che seguono una forma soggettivante dove la suddivisione in politica, cronaca, eccetera è meno rigida o addirittura annullata. Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), ”Le tecniche del linguaggio giornalistico”, cit. , pag. 106 – 109. 39 Non esiste un’univoca nomenclatura dei pezzi. E forse mai esisterà, vista la convergenza in corso, di cui dà ampia sottolineatura Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), ”Le tecniche del linguaggio giornalistico”, cit. L’Ordine dei Giornalisti si limita a distinguere, in sede di definizione del tariffario, tra notizia, articolo e servizio. Il criterio utilizzato è quello delle dimensioni dello scritto, man mano crescenti (come i compensi ad essi associati). La notizia viene invece intesa, dalla prassi redazionale e dalla manualistica, come cronaca essenziale su un fatto. Il servizio di contro è una notizia alla quale sono stati aggregati altri elementi informativi. Esso può essere genericamente un pezzo più lungo, ma può anche specificarsi in uno dei sub modelli: il resoconto, il reportage o le varie tipologia di inchiesta (dove l’autore dispone della maggiore autonomia di strutturazione). A proposito di queste ultime Alberto Papuzzi, “Professione giornalista”, cit., pag. 68 semplifica tutte le distinzioni riducendole alla dicotomia inchiesta investigativa/inchiesta conoscitiva. 40Un esempio di scuola: «Captammo Roma. Trasmettevano il discorso del Ministro Martino. Un bel discorso. Ma, a chiusura, udimmo il grido lanciato in aula dai deputati comunisti: «Viva l’armata rossa!». A pochi passi da noi, l’armata rossa stava mitragliando nelle cantine gli operai e gli studenti di Budapest, rimasti senza munizioni». Indro Montanelli, “Così ho visto la battaglia di Budapest”, Corriere della Sera, 13 novembre 1956. 41 Indro Montanelli, “Il meglio di «Controcorrente»”, Rizzoli, Milano, 1993, pag. 8. 42 L’affermazione, fatta al Manifesto, è riportata da Giampaolo Pansa, “Carte false”, cit., pag. 99. 43 Una “recensione” intesa come insieme di report ed analisi critica, dove le 5W vengono accostate ad uno sforzo ricostruttivo, alla ricerca di una chiave di lettura e di materiali ulteriori da giustapporre, e dove la “notizia” non si impone sempre con nitidezza, come invece nella cronaca nera. Ma in compenso appartiene ad una realtà, anzi alla realtà: quella dei giovani. 44 Alberto Papuzzi, “Professione giornalista”, cit., pag. 131 offre anche una rassegna dei criteri di ordinamento dei materiali. 45 Roberto Grandi, “I mass media fra testo e contesto”, Lupetti e Co., Milano, 1992, pag. 119. 46 La macrostruttura e la proposta sono in Ministero della Pubblica Istruzione – Coordinamento per l’Esame di Stato – Fnsi, “L’articolo di giornale, supplemento alle “Linee guida” sull’Esame di Stato 2000/2001”, pag. 45. 47 In Mario Ambel – Patrizia Faudella, “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 26. 48 Il rischio, ad essere apocalittici sulle culture della rete, potrebbe essere quello di un progressivo degeneramento in uno stato di incapacità a produrre testi se non “a quattro mani”, sempre però che si accetti la tesi che nella società interconnessa si agisce in collaborazione continua con altri ed è quindi difficile segnare una separazione netta tra espressione personale ed espressione collettiva. Jeremy Rifkin, “L’era dell’accesso”, cit., pag. 276. 49 Sergio Lepri, “Medium e Messaggio”, cit., pag. 65 parla a proposito dello stereotipo di “lettore inesistente” richiamando una considerazione di Schlesinger riportata da Mauro Wolf, “Teorie delle comunicazioni di massa”, Bompiani , Milano, 1985 sul fiuto come somma di plausibili appunti di ciò che il pubblico conosce ma che in realtà il giornalista non sa.

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Gian Franco Laparelli – Marco Ludovici, “L’articolo di giornale all’esame di maturità”, cit., pag. 23. Al limite può far conoscere qualche manuale di redazione, come quello del Sole 24 Ore reperibile all’indirizzo http://www. odg.mi.it/corso/scrive. htm. 52 Su questa tecnica Vincenzo Cerami, “Consigli a un giovane scrittore”, Einaudi, Torino, 1996, pag. 113-139. 53 Nell’evitare tanto che ci siano cadute di tono, quanto il “parlare come un libro stampato”. 54 «Io stesso – premette Ettore Mo a “Sporche guerre”, Rcs Libri, Milano, 1999, pag. 12 – rischiai la fucilazione almeno una volta, quando, arrancando lungo il mitico Khyber Pass, riesumai la buzzatiana fortezza Bastiani e gli infelici eroi del Deserto dei Tartari». 55 Per paradosso nella pratica giornalistica proprio gli ultimi due generi esigono spesso forti abilità lessicali e stilistiche. 56 Il rapido susseguirsi del parlato radiofonico – di cui i giovani sono buoni consumatori – può essere tradotto in un fraseggio spezzettato e paratattico, ricco di punti e povero di virgole, privo di incisi ed ellissi. Uno scritto che parla semplicemente, ma non banalmente. Stesso discorso per la speciale lingua delle cronache sportive che – raccontando, in sostanza , sempre la stessa partita – è un magma di invenzioni lessicali da smitizzare, mettere sotto sordina e ripensare in vista dell’articolo dell’Esame. E’ una lingua polisemica che si trasferisce dallo scritto al parlato per neologismi, stereotipi e forestierismi, meno per metafore, iperboli o richiami colti. 57 Esistono esperimenti di lettura prosodica affidata ad un computer che in teoria potrebbero essere utilizzati in sostituzione del lettore in carne ed ossa. Ad esempio “Parla” , un software di sintesi della lingua italiana da testo scritto, dotato di un processore linguistico per una corretta intonazione prosodica sviluppato presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università degli Studi di Padova sotto la supervisione di Gian Antonio Mian, in collaborazione con il Centro di Sonologia Computazionale di Padova, in particolare con l’ing. Graziano Tisato, con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, soprattutto per la parte di elaborazione linguistica, sotto la supervisione di Rodolfo Delmonte, e con l' Istituto di Fonetica e Dialettologia del Cnr di Padova, relativamente all'implementazione finale, sotto la supervisione dell’ing. Piero Cosi. http://nts.csrf.pd. nr.it/TTS/Italian-TTS-PARLA.htm 58 Sergio Bozzola, “Scritto e parlato”, http://www.maldura.unipd.it/filo/bzl.htm. 59 Sulla titolazione Umberto Eco, “Guida all’interpretazione del linguaggio giornalistico” in Vittorio Capecchi – Marino Livolsi, cit. 60 «Il titolo – diceva Bruno Marchiaro della “Stampa” - dev’essere chiaro, semplice e sincero, ma anche invogliante e bene ammobiliato, ossia dotato d’un corredo di occhiello e sommario scritti con gusto e cura». Giampaolo Pansa,”Carte false”, cit., pag. 10. 61 Per una pratica e semplice guida alla titolazione Ministero della Pubblica Istruzione – Coordinamento per l’Esame di Stato – Fnsi, L’articolo di giornale, supplemento alle “Linee guida” sull’Esame di Stato 2000/2001,cit. ,pag. 40 - 41. Ecco i cinque passaggi proposti: 1. leggere attentamente il pezzo ed annotare la parte più importante, cioé la “notizia”; 2. tenere sempre evidente la composizione del titolo e lo spazio disponibile (occhiello se c’è, righe di titolo e eventuale sommario); 3. rileggere più volte il pezzo valutandone i particolari; 4. provare una prima stesura, quindi procedere alla sostituzione dei termini con sinonimi di più facile ed immediata presa; 5. riscrivere anche più volte il titolo fino a quando non si è soddisfatti del risultato ottenuto. Viene inoltre riprodotta la classificazione dei titoli di Guglielmo Zucconi tra avalutativi e valutativi. Rispetto alla forma: nominali(senza verbi)/verbali(con verbi)/ellittici(privi di una parte del discorso). Rispetto alla struttura: paratattici/ipotattici. Rispetto al contenuto: denotativi/connotativi. Rispetto al linguaggio: descrittivi, evocativi, imperativi, minacciosi, rassicuranti, ironici ecc. Per un’analisi dettagliata dei titoli e delle funzioni: Michele Sorice, “Dall’evento al testo”, in Gianni Faustini (a cura di), “Tecniche del linguaggio giornalistico”, cit. , pag. 91 – 98. 62 «Un titolo dev'essere un'espressione-stimolo che funga da trampolino per l'immaginazione. Un titolo deve essere una formula magica, una specie di apriti sesamo che ci fa intravedere prospettive incantate. Perciò i titoli che funzionano di più sono quelli costruiti su figure retoriche forti come ossimori (l'accostamento di due contrari: "l'amante vergine"), contrapposizioni, paradossi, ecc. insomma sono quelli basati su formule drammatiche o potentemente allusive. Distingueremmo comunque tra titoli riassuntivi e tematici e titoli evocativi e misteriosi che magari estraggono e enfatizzano un dettaglio della storia». Stefano Brugnolo – Giulio Mozzi, “Ricettario di scrittura creativa”, Zanichelli, Bologna, 2000, pag. 234-235. 63 Per le citazioni cinematografiche a sproposito, ecco il titolo di un’edizione locale de “Il Messaggero” su una gara cinofila disturbata dal maltempo: “Ululando sotto la pioggia”. 64 Mario Ambel – Patrizia Faudella, “Le capacità di scrittura negli Esami di Stato”, cit., pag. 16. 65 Carl Bereiter – Marlene Scardamalia, “Psicologia della composizione scritta”, cit. 50 51

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Per quasi un mese, il mio capo-artigiano mi addestrò sulle notizie di scarto, quelle che non sarebbero mai state stampate. Io le preparavo e le titolavo come fossero destinate alla tipografia. Alla fine della serata di lavoro (era già mezzanotte suonata), Marchiaro ordinava una vodka e, centellinandola, controllava il mio compito. Giam Giampaolo Pansa Carte False

6. Lavorazioni di bottega «I corsi di scrittura “creativa” – ha affermato Nadine Gordimer1, premio Nobel per la letteratura – possono solo insegnare all’aspirante autore a guardare con occhio critico i suoi scritti, non a creare. L’unica scuola dello scrittore è la biblioteca: leggere, leggere, leggere». Ma mentre la produzione letteraria può forse esser studiata in solitudine, senza una guida, il testo giornalistico no. L’articolo non è opera libera da vincoli. E quello all’Esame di Stato lo è ancor di meno. E’ infatti cruciale per lo studente – oltre all’acquisizione delle tecniche di scrittura documentata – comprendere quali sono le regole della tipologia testuale cui fa riferimento il professore e che non sempre corrispondono a quelle in uso nelle redazioni dei giornali. In altri termini: è necessario che il candidato instauri e riesca a gestire un rapporto comunicativo con il docente/commissario. Ma è altrettanto auspicabile – per evitare equivoci tra costoro– che essi “crescano” insieme in un processo di condivisione di valori. A tal fine il lavoro di entrambi nel laboratorio di scrittura sarà un tentativo di ridurre le distanze reciproche e quelle con la prassi giornalistica (nei limiti dalla natura “immaginata” dell’articolo scolastico) . Si propone, dunque, la creazione di una bottega organizzata per moduli utilizzabili – con gli opportuni adattamenti – a più livelli di formazione: personalizzata, collettiva o anche a distanza. Il lavoro è paragonabile a quello dell’apprendista che si “modella” sull’artigiano e sugli altri praticanti. Allievi che, in forza di uno status riconosciuto nel laboratorio, assumono a rotazione compiti di tutoring. Insomma, un’attività pratica, guidata e collettiva, dove si apprende anche insegnando. La questione è dove cominciare. Dall’esperienza, dall’osservazione, dall’astrazione concettuale o dalla sperimentazione attiva delle pratiche “giornalistiche”? Non esiste, in assoluto, una sola risposta. Qualunque punto va bene - dipende dalle caratteristiche, dai bisogni e dagli interessi di chi apprende - purché si percorra l’intero ciclo (modello di Kolb2):

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L’articolo

immaginato

«Il maestro in vista del primo giorno di scuola – scriveva Bruno Ciari3 - ha già pronto, se è diligente, tutto un suo programma di esercitazioni; ha in testa il “metodo” per l’apprendimento della lingua, globale o no, con tutti i suoi passaggi; ha pronti i cartelloni , magari le bustine col materiale più minuto. Dal primo istante in cui il fanciullo varca la soglia dell’aula il meccanismo, più o meno razionale, si mette in moto. [...] il ragazzo diventa subito schiavo del “procedimento”; la sua vera personalità, la sua esperienza di vita, è rimasta fuori, e probabilmente, se non entra in principio nella scuola, non vi entrerà più». Il programma didattico e la scaletta degli esercizi vanno dunque orientati sulla base della motivazione degli studenti. Le “lezioni” devono essere il più possibile agganciate alla loro “realtà”. Tanto quella fuori dell’aula, quanto quella di un esame che li sdoganerà, in teoria, verso un lavoro o un’aula universitaria. Sbagliando si impara. Più nella vita, meno nella scuola. Ed ecco allora che, ad esempio, si può iniziare con lo scrivere testi senza istruzioni, spontanei, su temi attraenti e con una tangibile destinazione d’uso (anche se ludica). Articoli, titoli o altre esperienze dalle quali ricavare non tanto cosa sanno di giornalismo gli studenti, quanto cosa costoro sanno fare. Da queste produzioni, attraverso l’osservazione e la riflessione (meglio se di gruppo4) guidate dal “caposervizio immaginato”, si potrà arrivare alla individuazione di regole, schemi o modelli da correggere e sperimentare di nuovo in analoga, ma non identica, situazione. E quindi verificarne ancora gli esiti, secondo lo stesso schema, con graduale e crescente autonomia. Non si chiede di esprimere a parole concetti astratti, ma di applicarli. L’abilità è connettere le singole azioni (ed i loro effetti) con una categoria di circostanze. Nulla comunque impedisce, in una classe entrata in laboratorio già ad uno stadio avanzato, di partire invece dalla “astrazione concettuale” ad esempio sul tono da usare nel “contratto di lettura” con i prof per poi farne un test sul campo, con “cavie” in carne ed ossa. L’intero processo potrebbe però incagliarsi, se all’interno della bottega non si attiveranno dinamiche di collaborazione o se, addirittura, si manifesteranno frizioni o rivalità5. Va da sé, oltre a ciò, la ricerca di una sintonia tra stili di apprendimento a carattere analitico-sequenziale del docente e gli eventuali stili sintetici-non sequenziali di alcuni studenti6. Ovviamente si terrà conto degli interessi attivati dall’esperienza “giornalistica” di lettura/scrittura. Infine l’ambiente di apprendimento dovrà consentire a ciascuno di esprimere le proprie idee, prendersi cura degli errori e risultare, tutto sommato, “confortevole”. Quella che non si potrà riprodurre è una redazione di giornale “classica”. Semmai si sperimenteranno giochi di ruolo affini a quello cui gli studenti si sottoporranno in sede di Esame: immaginarsi giornalisti per un pubblico di professori. Insomma, si potrebbero creare – tra le varie attività “realistiche” ipotizzabili – una newsletter per i docenti (i quali restituiranno il loro feedback), un radiogiornale web7, la “cucina” di articoli scritti da insegnanti, giornalisti e persone inesperte o ancora la costruzione di un archivi personali e di “redazione”. Il tutto svolgendo gli argomenti dei singoli moduli. L’ambiente di experience learning per l’articolo può divenire anche virtuale. Juan R. Pimentel, della Kettering University in Michigan, ha ad esempio elaborato un modello di laboratorio – utilizzabile nella formazione a distanza (Fad) – che combina le nuove tecnologie con i quattro passaggi del modello di Kolb e con gli stili di apprendimento8. Nel caso concreto il prototipo è stato pensato per un corso sui circuiti elettrici, ma la sua filosofia è adattabile anche ad una bottega virtuale di giornalismo. L’intero laboratorio, infine, può essere svolto in alternativa con un sistema di istruzione personalizzata, meno coinvolgente di quello basato sulle esperienze dirette, anche se un’ibridazione tra i due metodi non è impossibile. Lo studente segue il proprio ritmo naturale di apprendimento, il passaggio all’unità successiva avviene solo dopo il superamento dell’unità precedente, c’è spazio per la comunicazione scritta nel rapporto di-

47


L’articolo

immaginato

dattico e gli studenti anziani fungono da proctor (correggono, nelle vesti di “docenti”, gli elaborati dei più giovani, di fatto divenendone i “modelli”). In questo schema resta comunque ovvia la necessità, ad un livello superiore, della presenza del “caposervizio immaginato”. Arriviamo finalmente ad un esempio di struttura delle “materie”. Si tratta di componenti che devono esser concepiti con la proprietà di adattarsi ai tempi ed ai bisogni della scuola dove il laboratorio viene attivato. Ed è evidente che il fattore temporale, assieme a quello della disponibilità dei docenti a sottoporsi agli effetti del laboratorio, è condizionante per l’utilizzo dei metodi prospettati e per lo svolgimento dei tre livelli: base, intermedio ed avanzato. La misurazione delle esigenze formative potrà avvenire in simultanea alla produzione dei “testi liberi” con cui avviare il laboratorio oppure derivare da una preventiva batteria di test che riscontri la presenza o meno delle capacità implicite nell’elenco di argomenti al centro delle attività della bottega. La griglia che li rappresenta porta sulla prima colonna la sequenza logica e cronologica dei moduli, mentre le restanti tre corrispondono ad altrettanti gradi di fabbisogno formativo. La stessa tabella può essere letta per modulo in orizzontale, per interventi in profondità su un argomento oppure ripercorsa per intero dall’alto in basso e transitando di livello in livello. moduli

livello base

livello intermedio

livello avanzato

L’Esame di Stato

il laboratorio, lettura delle consegne le scritture giornalistiche la scrittura per l’esame i giornali come aziende il processo produttivo tipologie di giornale 1 nozione elementare, comunicazione scritta valori notizia e focus raccolta di materiali: l’archivio il lead

analisi delle consegne

il contesto

Giornalismo: mito e realtà

La comunicazione La notizia

La struttura

la struttura standard

l’organizzazione

modelli e paradigmi. il giornale come “testo” l’archivio integrazione dei materiali (uso fonti extrascolastiche) schemi: features e cronaca varianti di lead

Esercizi di stile

lingua scritta e lingua parlata scrivere a misura 1 montaggio 1 taglio e cucito

La titolazione

struttura di base

registri di titolazione

titolare per l’esame di Stato tipologie di giornale praticabili

tipi di titolazione con cenni di grafica analisi dei pubblici, destinatari simulati e reali

Le scelte d’esame

48

tipologie di giornale 2

le fonti

i generi il ritmo ed il senso: punteggiatura e incisi sintesi e completezza: tecniche, precisione: la riqualificazione punti di vista: interno ed esterno scrivere a misura 2 montaggio 2 revisione

Il linguaggio

il saggio breve 1 il registro ed il destinatario stile paratattico ed ipotattico

analisi delle prove assegnate

stili di comunicazione i valori notizia specialistici analisi dei materiali modelli di articolo e relative strutture storie, new journalism e feuilleton il saggio breve 2 linguaggi specialistici le degenerazioni del linguaggio rapporti con il lettore scrivere a misura 3 montaggio 3 ottimizzazione del testo varianti di titolazione e tipo di pubblicazione

caratteri produttivi delle testate


L’articolo

immaginato

Nadine Gordimer, “Le domande di chi scrive”, Internazionale, 22 febbraio 2002, n. 425, pag. 32-33. Modello ricavato dalla prima formulazione di David A. Kolb, “Management and the Learning Process”, California Management Review, 18/3, Spring 1976, pag. 21 e riprodotto in http://www.infed.org/biblio/b-explrn.htm. Allo stesso indirizzo una sintesi del pensiero della scuola esperenziale di Kolb e delle critiche che le sono state rivolte. 3 Bruno Ciari, “Le nuove tecniche didattiche”, Editori Riuniti, Roma, 1971, pag. 19. 4 Don Lorenzo Milani sperimentò la scrittura collettiva e la lettura dei giornali come mezzo per portare il “mondo” nella scuola. Scuola di Barbiana, “Lettera ad una professoressa”, cit., pagg. 26 e 126. 5 Uno studio di Lerida Cisotto del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’ Università di Padova ha analizzato le reazioni degli alunni in sede di revisione nei confronti dei testi prodotti da amici e di quelli dei compagni non simpatici : per questi ultimi si registrerà un ricorso frequente ad annotazioni di tipo negativo, nei primi si riscontreranno anche commenti e annotazioni positive. Abstract in http://www.mindschool.com/ricerca/contributi/psicologia/ doc.libro/Sessione2.htm. 6 Gli stili di apprendimento sequenziali sono spesso propri di chi guida il laboratorio e che è tentato di usarli come archetipo ideale d’insegnamento. Gli altri sono più frequenti tra ragazzi, magari meno attenti alla forma linguistica, ma più concreti nei contenuti. Luciano Mariani, “Stili e strategie nella dinamica apprendimento/insegnamento della lingua”, Lingua e Nuova Didattica, Anno XXV, Numero speciale, Settembre 1996 reperibile all’indirizzo http://www.google.it/ search?q=cache: X6kzN0xgD0MC:web.tiscali.it/ TanteViePerImparare /html/stili_e_strategie.html. 7 La simulazione non è ovviamente applicabile alle “dirette” (né alle interviste a presa diretta) e deve tener comunque conto della specificità del linguaggio radiofonico. 8 Juan R. Pimentel, “Design of Net-Learning Systems Based on Experiential Learning”, JALN Volume 3, Issue 2 - November 1999, http://www.aln.org/alnweb/journal/Vol3_issue2/pimentel.htm. Sono quattro gli stili di apprendimento “classici”: converger, diverger, assimilator e accomodator. Ma essi non sono stati ritenuti - Mark Tennant, “Psychology and Adult Learning”, Routledge, London, 1997 - sufficienti a fotografare tutte le situazioni di apprendimento, anche nello studio di Pimentel. 1 2

49


L’articolo

immaginato

Appendice Evoluzione consegne sessioni 1999 – 2000 - 2001 Anno scolastico 1998/1999

Anno scolastico 1999/2000

Consegna

Leggibilità

Sviluppa l'argomento scelto o in forma di "saggio breve" o di "articolo di giornale", utilizzando i documenti e i dati che lo corredano e facendo riferimento alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Dà un titolo alla tua trattazione. Se scegli la forma del "saggio breve", indica la destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se scegli la forma dell' "articolo di giornale", indica il tipo di giornale sul quale ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l'argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.

Gunning’s 13 Fog

Consegna

Leggibilità

Sviluppa l'argomento scelto o in forma di "saggio breve" o di "articolo di giornale", utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Se scegli la forma del "saggio breve", interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e svolgi su questa base la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Da' al tuo saggio un titolo coerente e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se scegli la forma dell'"articolo di giornale", individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo 'pezzo'. Da' all'articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l'argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.

Gunning’s 14 Fog

50

Gulpease

46

Caratteri/ Parola

5,8

Parole/ Frase

19,7

Frasi/ Paragrafo

3

Gulpease

47

Caratteri/ Parola

5,5

Parole/ Frase

25

Frasi/ Paragrafo

7

Vocabolario di base di Tullio De Mauro Fondamentale

62,71%

Alto uso

11,86%

Alta disponibilità

13,56%

Non VdB

11,86%

Note: L’indice di Gunning’s Fog appare adeguato agli anni di studio, quello del Gulpease è però nella fascia di lettura comprensibile a chi ha un’istruzione di grado superiore

Vocabolario di base di Tullio De Mauro Fondamentale

62,86%

Alto uso

11,43%

Alta disponibilità

14,86%

Non VdB

10,86%

Note: aumenta la comprensibilità Gulpease, ma cresce anche il livello di scolarizzazione necessario alla leggibilità della consegna.

Variazioni 1. cancellato l’invito generalizzato a riferirsi alle conoscenze ed esperienze di studio 2. nel saggio lo studente deve interpretare e confrontare i dati e fare riferimenti opportuni alle conoscenze ed esperienze di studio 3. nell’articolo il candidato deve individuare nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi su cui focalizzare il pezzo 4. nel saggio richiesto un titolo coerente, nell’articolo il titolo deve essere appropriato


L’articolo

immaginato

Anno scolastico 1999/2000

Consegna

Leggibilità

Sviluppa l'argomento scelto o in forma di "saggio breve" o di "articolo di giornale", utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Se scegli la forma del "saggio breve", interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e svolgi su questa base la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Da' al tuo saggio un titolo coerente e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo. Se scegli la forma dell'"articolo di giornale", individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo 'pezzo'. Da' all'articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l'argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.

Gunning’s 14 Fog Gulpease

46

Caratteri/ Parola

5,5

Parole/ Frase

23,9

Frasi/ Paragrafo

8

Vocabolario di base di Tullio De Mauro Fondamentale

62,83%

Alto uso

10,99%

Alta disponibilità

14,14%

Non VdB

12,04%

Note: come nella sessione 2000 il rapporto parole/ frase si è innalzato notevolmente.

Variazioni 1. invito a suddividere e titolare i paragrafi del saggio breve

Manuali per l’articolo all’Esame di Stato Autori AA.VV. Arricale Anrtonio

Cilento Antonella Pedimonte Antonio Emanuele Di Mauro Elvira Somma Anna Laparelli Gian Franco Ludovici Marco Tabasso Giuseppe Torno Sabrina Vottari Giuseppe

Titolo L’articolo di giornale (supplemento alle linee guida sull’Esame di Stato 2000/2001) Fare il giornale oggi: da Gutemberg alla stampa elettronica [manuale per giornalisti, studenti e docenti con appendice sul nuovo Esame di Stato] Scrivere. Dalla scrittura creativa all’articolo di giornale

Anno 2000 2000

Editore Ministero P.I. Fnsi Spring

2000

Simone

L' esame di Stato. Testi letterari, di attualità e saggi con 2000 esemplificazioni ed esercitazioni mirate L’articolo di giornale all’esame di maturità 1999

Liguori

Facciamo un giornale La prima prova scritta dell'esame di Stato

Tuttoscuola Alpha Test

51

2001 2000

Donzelli


L’articolo

immaginato

Bibliografia FAUSTINI GIANNI (a cura di), “Tecniche del linguaggio giornalistico”, Carocci, Roma, 2000 FOLLIET JOSEPH, “Tu sarai giornalista”, Armando editore, Roma, 1964 FRACASSI CLAUDIO, “Le notizie hanno le gambe corte”, Rizzoli, Milano, 1996 FRACASSI CLAUDIO, “Sotto la notizia niente”, I libri dell’Altritalia, Roma, 1994 GRANDI ROBERTO, “I mass media fra testo e contesto”, Lupetti e Co., Milano, 1992 HAVELOCK ERIC A., “Cultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone”, Laterza, Roma – Bari, 1995 LAPARELLI GIAN FRANCO– LUDOVICI MARCO, “L’articolo di giornale all’esame di maturità”, Donzelli, Roma, 1999 LEPRI SERGIO, “Medium e messaggio”, Gutemberg 2000, Milano 1986 LEPRI SERGIO, “Professione giornalista”, Milano, Etas Libri, 1999 LEPRI SERGIO, “Scrivere bene e farsi capire”, Gutemberg 2000, Torino, 1989 MASONI VITTORIO, “La scrittura funzionale: guida operativa per redigere relazioni e rapporti”, Franco Angeli, Milano 1974 MEDICI MARIO - PROIETTI DOMENICO (a cura di), “Linguaggio del giornalismo”, Mursia, Milano, 1992 MIGLIORINI BRUNO, “Lingua contemporanea”, Firenze, 1939 MO ETTORE, “Sporche guerre”, Rcs Libri, Milano, 1999 MONTANELLI INDRO, Il meglio di «Controcorrente», Rizzoli, Milano, 1930 MORCELLINI MARIO (a cura di), Mediaevo, Carocci, Roma, 2001 MORCELLINI MARIO– FATELLI GIOVAMBATTISTA, “Le scienze della comunicazione”, Carocci, Roma, 2000 MORCELLINI MARIO, Passaggio al futuro, Franco Angeli, Milano, 1997 MURIALDI PAOLO, Storia del giornalismo ita liano, Gutemberg 2000, Torino, 1986 ONG WALTER J., “Orality and Literacy: The Technologizing of the Word”, New York, 1988 PALLOTTI GABRIELE, “Il saggio documentato: una proposta per la valutazione delle capacità di scrittura nella scuola superiore” in UGO CARDINALE “Insegnare italiano nella scuola del 2000”, Unipress, Padova, 2000 PALLOTTI GABRIELE, Scrivere per comunicare, Compiano, Milano, 1999 PANSA GIAMPAOLO, “Carte false”, Rizzoli Libri, Milano, 1986 PAPUZZI ALBERTO Manuale del giornalista, Donzelli, Roma, 1993 PAPUZZI ALBERTO, “Professione Giornalista”, Donzelli, Roma 1998 PIERSANTI ANDREA – ROIDI VITTORIO (a cura di), “Giornalisti nella rete”, Ente dello Spettacolo, Roma, 1999 PIERSANTI ANDREA (a cura di), “Bytes all’arrabbiata”, Ente dello Spettacolo, Centro documentazione giornalistica - Agenda del Giornalista, Roma, 2000 REALE GIOVANNI, “Socrate”, Rcs Libri, Milano, 2000 RIFKIN JEREMY, “L’era dell’accesso”, Mondadori, Milano, 2000

Monografie AA.VV., “L’articolo di giornale” supplemento alle “Linee guida” sull’Esame di Stato 2000/2001”, Ministero della Pubblica Istruzione, Federazione nazionale della stampa italiana, Roma, novembre 2000 AA.VV., “La Prima Prova Scritta – Le tipologie”, Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione generale per l’istruzione classica, scientifica e magistrale, Roma, 1998 AA.VV., “Linee Guida 2000/2001”, Ministero Pubblica Istruzione, Roma, 2000 AA.VV., “L'Esame di Stato: materiali per l'aggiornamento. La scuola che cambia”, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, novembre 2000 AA.VV., “Linee Guida 2000/2001”, Ministero Pubblica Istruzione, Roma 2000 AA.VV., “Manuale di scrittura e comunicazione”, Zanichelli, Bologna, 1997 AA.VV., Osservatorio Nazionale sugli Esami di Stato, “Gli esami in numeri. Sessione 1999”, Franco Angeli, Cede, Milano-Frascati, 2000 AMBEL MARIO - FAUDELLA PATRIZIA, “La capacità di scrittura negli esami di Stato. Analisi delle prime prove. Sessione 1999”, Franco Angeli, Cede, Milano-Frascati, 2001 ARRICALE ANTONIO, “Fare il giornale oggi”, Spring Edizioni, Caserta, 2000 BELLOCCHI UGO Bibliografia del giornalismo italiano, Roma, Centro documentazione giornalistica, 1991 BERARDINELLI ALFONSO “La forma del saggio” in BRIOSCHI FRANCO – DI GIROLAMO COSTANZO (a cura di) “Manuale di letteratura italiana. Storia per generi e problemi”, Bollati Boringhieri, Torino, 1996 BEREITER CARL - SCARDAMALIA MARLENE, “Psicologia della composizione scritta”, La Nuova Italia, Firenze, 1995 BRUGNOLO STEFANO – MOZZI GIULIO, “Ricettario di scrittura creativa”, Zanichelli, Bologna, 2000 CASTELLANI LEANDRO, “La tv dall’anno zero”, Edizioni Studium, Roma, 1995 CERAMI VINCENZO, “Consigli a un giovane scrittore”, Einaudi, Torino, 1996 CESAREO GIOVANNI, “Fa notizia”, Editori Riuniti, Roma, 1981 CIARI BRUNO, “Le nuove tecniche didattiche”, Editori Riuniti, Roma, 1971 CORNO DARIO, “La scrittura. Scrivere, riscrivere, sapere di sapere”, 1999 DARDANO MAURIZIO, “Il linguaggio dei giornali italiani”, Laterza, Bari-Roma, 1973 DE MAURO TULLIO, “Guida all’uso delle parole”, Editori Riuniti, Roma, 1983 DELLA CASA MAURIZIO, “Scrivere testi. Il processo, i problemi educativi, le tecniche”, La Nuova Italia, Firenze, 1994 ECO UMBERTO, “Guida all’interpretazione del linguaggio giornalistico”, in CAPECCHI VITTORIO – LIVOLSI MARINO, “La stampa quotidiana in Italia”, Bompiani, Milano, 1971 ECO UMBERTO, “Homo Ludens” oggi, saggio introduttivo a Johan Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, Torino, 1973 ECO UMBERTO, “Lector in fabula”, Bompiani, Milano, 1979

52


L’articolo

immaginato

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L’articolo

immaginato

Centro Congressi d'Ateneo di via Salaria - Università "La Sapienza" UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CASSINO, FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA, Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione, “I nuovi media nella scuola, come quando e perché avvalersene”, http://www.let.unicas.it/links/didattica/cartelli/testi/testo03.ppt UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA, L’astensionismo lettorale, Giovani/quotidiani:indagine sul lato oscuro dell’informazione (direttore della ricerca Mario Morcellini, coordinamento scientifico Geraldina Roberti), Me diamonitor luglio - settembre 2000, Indagine effettuata per Fnsi, http:// www.fnsi.it/download/RapportofinaleFNSIProfMorcellini .doc VARGAS LLOSA MARIO, Lezioni” pubblicate on line da Einaudi, http://www.einaudi.it/einaudi/ita/news/can4/91181.jspag WOLF MAURO, Generi e mass media, dispensa dattiloscritta, seminario "La scrittura televisiva" linguaggi, apparati, società (Istituto Studi sociali facoltà Scienze Politiche Università di Perugia, Audac, Comune di Perugia e Rai) coordinatore Paolo Mancini (Centro documentazione spettacolo, Perugia 29-I/28-V-1985)

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Nota: i link non più attivi possono essere raggiunti attraversoThe Internet Archive http://www.archive.org

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