Era Superba n44

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IL MENSILE GENOVESE A DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO VI n 44 a.c. PIRRI


E SPEAKER

I futuri progetti della giovane testata genovese diventano un percorso partecipato. Laboratori didattici, workshop e uno spazio online per le proposte della città.... Scopri il progetto su www.erasuperba.it

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Alla fine del laboratorio alcuni dei partecipanti saranno selezionati per entrare nel team della nascente WebTv di Era Superba!


EDITORIALE Ciao, ti rubo un minuto. Vorrei chiederti se è vero che ti senti distante da tutto quello che ti circonda, che ti sembra inutile e pesante approfondire la tua conoscenza, che la tua curiosità si sazia scorrendo le agenzie di stampa e seguendo il telegiornale all’ora di cena. Mi piacerebbe sapere se è vero che ti senti fuori dai giochi e che non ti interessa più di tanto farne parte. È vero che ti distrae e ti rilassa la vita da avatar sui social network e la televisione accesa sullo sfondo? È vero che hai trent’anni e ti guardi intorno spaesato perché nessuno ti ha ancora offerto mille euro al mese per otto ore al giorno? Mi permetto di chiederti se è vero, a venti come a cinquant’anni, che non conosci la tua città, che non hai idea di come vengano amministrati gli affari pubblici e che ti accontenti di sapere che c’è qualcuno che si è preso per te la briga di farlo. È vero che l’unica cosa che conta è il tuo sedere, che ti incuriosiscono le vicende sentimentali dei famosi e che le tue conversazioni con gli amici hanno lo stesso taglio delle notizie sull’homepage di Yahoo? Perché vedi, si dice così in giro, sia di me che di te. Maledette malelingue. Con affetto, Gabriele Serpe

EDITORE Associazione Culturale Pirri DIRETTORE Gabriele Serpe AMMINISTRAZIONE Manuela Stella, Marco Brancato GRAFICA E IMPAGINAZIONE Constanza Rojas COPERTINA Constanza Rojas REDAZIONE Manuela Stella, Matteo Quadrone, Claudia Baghino, Marta Traverso, Elettra Antognetti HANNO COLLABORATO Michela Alibrandi, Gianni Martini, Gigi Picetti, Gianluca Nicosia, Daniele Canepa, Daniele Aureli, Emiliano Bruzzone, Diego Arbore, Adriana Morando, Andrea Giannini, Giorgio Avanzino COMMERCIALE Annalisa Serpe (commerciale@ erasuperba.it) STAMPA Tipografia Meca CONTATTI www.erasuperba.it 0103010352 redazione@erasuperba.it Autorizzazione tribunale di Genova registro stampa n 22/08

SOTTO LA LENTE

l'italia può uscire dall'euro? analisi e riflessioni

A VOXE DE ZENA

il peso dell'impercepibile iit: una giornata con i ricercatori fischi di carta a spasso per zena: palazzo della meridiana

di tutto un po'

lettere dalla luna Diario di viaggio: brighton nice to meet you english vino veritas liberamente

il caffè degli artisti

intervista a fabio giovinazzo art commission fermata a richiesta il banditore l'ango lo di gianni martini

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varie ed eventuali lista distribuzione parla come mangi un zeneize all'inferno agenda

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analisi

sotto la lente

e

riflessioni

l'italia può USCIRE DALL' EURO?

Cari lettori, io penso sia giunto il momento di dire chiaramente che bisogna uscire dall’euro. Ovviamente non posso motivare questa presa di posizione in punta di teoria economica: non perché non mi sia informato quanto più approfonditamente mi fosse possibile, ma perché non ho alcuna autorità in materia; e

di andrea giannini

quindi non sarei considerato credibile, né sarei capace di contrastare efficacemente eventuali obiezioni tecniche. Cercherò semplicemente di riportare quello che ho appreso e che più mi convince, soffermandomi prima sugli aspetti prettamente economici, in un secondo momento su quelli politici.


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l' economia La teoria economica offre abbondanti analisi sul tema dell’Area Valutaria Ottimale (vedi QrCode, approfondimento da erasuperba. it ndr), vale a dire quell’insieme di paesi che possono condividere con successo un regime di cambio fisso, oppure addirittura la stessa moneta. L’Italia è passata attraverso entrambi questi sistemi: siamo stati in un regime di parità di cambio, lo SME, dal 1979 al 1992; e siamo in un’unione monetaria, l’euro-zona, dal 1° gennaio del 1999. Queste esperienze, per molti economisti, hanno dimostrato che l’Europa non è un’Area Valutaria Ottimale, che uscire da quest’area valutaria mal intesa sarà inevitabile e che un’uscita “pilotata” sarebbe comunque

preferibile, relativamente gestibile e non provocherebbe danni incalcolabili. Critici dell’euro furono già in tempi assolutamente non sospetti economisti del calibro di Paul Krugman, Martin Feldstein e Nouriel Roubini: quindi, che nella costruzione dell’euro-zona ci fosse qualcosa che non andava, lo si sapeva già da tempo. Sulle paure legate ai rischi di un’uscita dell’Italia e di una dissoluzione della moneta unica, rimando per ragioni di spazio alla rubrica tenuta dal sottoscritto su erasuperba.it, dove in più di un’occasione abbiamo visto come i costi del processo sarebbero assolutamente sopportabili e che anche la psicologia e le ansie dei mercati sarebbero del tutto gestibili. Cerchiamo prima di tutto di

"LA TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI" capire perché “un’altra Europa” non è possibile, perché cioè non si possa riformare il sistema rimanendo al suo interno. Questo discorso si lega alle ragioni profonde di questa crisi, che non dipende dal fatto che per anni abbiamo speso troppo: perché questo semplicemente non è vero.

IL SEGRETO DI PULCINELLA: COME MAI SIAMO IN CRISI? La crisi nasce da uno shock esterno: la bolla dei mutui sub-prime, che è scoppiata negli USA e poi da lì si è ripercossa sui mercati globali. Giunta in Europa la bolla ha impattato contro un’ideologia economica ottusa e un sistema monetario troppo rigido e squilibrato, che ha impedito di contenere gli effetti negativi, e anzi li ha ampliati, creando una spirale recessiva perversa e senza uscita. E’ stato così che gli errori strutturali dell’euro-zona hanno trasformato una crisi finanziaria in

una grave recessione continentale; recessione che a sua volta frena la ripartenza dell’intera economia globale. Ma cerchiamo di capire da cosa dipende l’inadeguatezza del nostro sistema… Ci sentiamo spesso ripetere il mantra della “competitività”: cioè che oggi bisogna competere, competere e ancora competere. Ed in effetti, a livello microeconomico, l’idea pare dare i suoi frutti: stimola l’innovazione e orienta l’offerta alle esigenze del consumatore. Ma

c’è anche un lato negativo: se si accetta la competizione, si dà per scontato che ci saranno si dei vincitori, ma ci saranno anche dei vinti, cioè aziende che chiudono perché hanno perso la sfida. E’ logico – ed è d’altra parte confermato dalla teoria economica – che non si può essere tutti contemporaneamente i più competitivi, esattamente come non si può arrivare tutti contemporaneamente primi. Il problema, si dice, si potrà riassorbire, perché i lavoratori che perdono


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il posto potranno essere riassunti là dove la competizione è stata vinta. Tuttavia, se si traspone lo stesso scenario a livello macroeconomico, il risultato è diverso: i vinti non sono più aziende, ma interi paesi che si impoveriscono, paesi che, con la stessa logica, per riassorbire la disoccupazione dovrebbero lasciar emigrare i loro abitanti. Cosa che in Europa non è successa… abbiamo anzi assistito al fallimento annunciato di un presupposto centrale dell’Unione Europea: la mobilità intracomunitaria dei lavoratori. Che non si è mai realizzata non solo perché abbiamo differenti lingue, differenti culture, differenti storie, differenti sensibilità e differenti obiettivi; ma anche perché – più prosaicamente – all’interno dell’UE si trasferiscono pochissime risorse, non si condivide lo stesso debito, abbiamo un diverso mercato del lavoro, un diverso sistema giudiziario,

un diverso apparato burocratico e una diversa fiscalità. L’euro non ha fatto altro che ampliare gli squilibri commerciali tra i paesi aderenti, grazie anche all’atteggiamento mercantilista della Germania (vedi QRcode, approfondimento da erasuperba.it ndr), che ha praticato deliberatamente la scelta di contenere il suo tasso d’inflazione reale sotto la media europea per essere più competitiva con l’estero (se i prezzi degli altri crescono più velocemente, i miei diventano più convenienti e io vendo di più). Così la Germania ha accresciuto le esportazioni, realizzando un surplus strutturale. Per contenere il tasso d’inflazione è bastato comprimere i salari, impedendo ai consumi di decollare. Le esportazioni tedesche sono partite non verso la Cina (come tutti i paesi, anche la Germania è in deficit rispetto alla Cina), ma in gran parte verso il resto dell’Unione

"LA GERMANIA E IL SISTEMA MERCANTILISTA" Europea: si è creato così al suo interno un gruppo di paesi che, avendo perso la sfida dell’export a causa della minore inflazione tedesca, si sono ridotti al ruolo di importatori. E basta dare un’occhiata ai dati dell’Eurostat per scoprire che tra questi paesi importatori, quelli che non avevano l’euro non sono andati in crisi: mentre quelli che lo avevano… sono diventati PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).

C o s a s uc c e d e r à e c o s a d ov r e m mo fa r e Ormai abbiamo capito, dunque, che non è certo lasciando il quadro immutato e con la sola austerità che usciremo dalla crisi: persino chi sostiene che dobbiamo restare a tutti i costi nell’Unione Europea capisce che il piano di salvataggio non salverà nessuno. E il motivo è semplice: se un paese è in crisi e lo Stato taglia la spesa, ci saranno ancora meno consumi e quindi ci sarà ulteriore recessione (quello che è accaduto in Grecia:

(vedi QrCode approfondimento da erasuperba.it ndr). Prima o poi, dunque, la frustrazione sociale per una ripresa che non si riesce ad intravvedere diventerà insostenibile. Oppure un altro paese debitore finora toccato solo marginalmente dalla crisi, ma che presto dovrà vedersela “con l’Europa”, vale a dire la Francia, potrebbe decidere autonomamente di uscire. O forse saranno altri a fare il primo passo: magari gli stessi tedeschi. Una cosa è

"FINIRE COME LA GRECIA: CHE COSA SIGNIFICA?"


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sicura: se un progetto è insostenibile, prima o poi perderà il sostegno e crollerà. D’altra parte modificare il quadro di regole che ci sta stritolando è impensabile, perché gli squilibri politici ed economici sono troppo accentuati e gli interessi dei vari paesi completamente divergenti. Nell’immediato, ad esempio, avremmo bisogno di maggiore inflazione in Germania, cioè di un aumentato potere d’acquisto dei salari tedeschi, che “tiri” i consumi e favorisca le importazioni da paesi esteri come il nostro: ovvero quel ruolo di “locomotiva d’Europa” che finora la Germania ha avuto solo sulla carta. Poi avremmo bisogno di una forma di condivisione del debito per calmierare i tassi d’interesse; e naturalmente dovremmo abolire il fiscal compact, consentendo ai singoli Stati di finanziare con la spesa pubblica la loro ripresa. A quel punto potremmo cominciare a ricostruire l’Europa da capo, all’insegna di una vera integrazione. Se ci fosse la volontà, si potrebbe fare così: ma se ci fosse la volontà, lo si sarebbe già fatto. Invece sono passati cinque anni, abbiamo devastato un paese come la Grecia, aumentato la povertà e la disoccupazione in Spagna, Portogallo e Italia; e l’ultima volta che l’UE si è riunita per prendere una decisione sul bilancio comunitario – che corrisponde a circa l’1% del PIL – il risultato è stato l’ennesimo nulla di fatto. Dobbiamo concludere allora che per il Nord Europa la moneta

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unica è stata semplicemente un’occasione di guadagno e che non sono intenzionati a rimetterci soldi loro per salvarla. Se adesso la tirano tanto per le lunghe, è solo perché non sanno decidersi a rinunciare alla gallina dalle uova d’oro. E’ chiaro che il capitalista tedesco non vuole rinunciare ad un assetto su cui ha lucrato per lungo tempo: ed è altrettanto chiaro che il lavoratore tedesco non vuole fare sacrifici per noi, perché gli hanno detto che è tutta colpa del sud sprecone che non ha voglia di lavorare. Insomma, è nostro interesse non restare un minuto di più in un sistema destinato comunque a sicura fine, che nel frattempo penalizza le nostre industrie, i nostri redditi e la

nostra residua autonomia politica. E questa è, a mio giudizio, la teoria più convincente sulla crisi dell’euro che ci sia in circolazione, ed è sostenuta, tra gli altri, da economisti quali Fabrizio Tringale, Claudio Borghi, Alberto Bagnai. Se non altro è l’unica in base alla quale i manuali di economia, le opinioni dei grandi economisti, i dati macroeconomici e i comportamenti dei singoli attori in campo assumono un senso ed una coerenza. Va da sé che, non essendo io un economista, se un giorno dovessi essere convinto da una spiegazione di tipo diverso, non mancherò di riportarlo. Detto questo possiamo muovere verso il corollario più inquietante: le implicazioni politiche.


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LA POLITICA IL PARADOSSO: LA MONETA UNICA OSTACOLA LA SOCIETÀ EUROPEA Cominciamo a sgombrare il campo dagli equivoci. Uscire dall’euro non significa bloccare i commerci con l’estero, chiudere le frontiere o imboccare la strada di un cieca e becera autarchia nazionalista. Dal punto di vista commerciale dire che i deficit strutturali sul lungo periodo non sono sostenibili, comporta ammettere che bisogna studiare un modo per riequilibrare l’import e l’export, o per finanziare il disavanzo di partite correnti dei paesi importatori (cioè evitare che continuino all’infinito a comprare più di quanto vendono, perché il sistema non può reggere): il che ovviamente non comporta ridurre o eliminare il commercio. Allo stesso modo, dal punto di vista culturale uscire dalla moneta unica non comporta richiudersi in sé stessi e rinnegare l’Europa, il multiculturalismo, i valori comuni, la cooperazione: anzi, è esattamente il contrario. Questo equivoco si deve al fatto che si sono volutamente sovrapposti tre termini che invece hanno significati ben diversi: “Europa”, “Unione Europea” e “Euro”. Banalmente, l’euro-zona comprende 17 stati, mentre l’Unione Europea ne comprende ben 27: quindi ci sono 10 paesi che sono nell’Unione Europea, ma non hanno l’euro. Tra questi ci sono ad esempio l’Inghilterra e la Polonia (che nel frattempo ha pure svalutato con effetti tutt’altro che catastrofici): e ovviamente non sono ridotti ai razionamenti, ma anzi, hanno

un’economia che cresce, pur col freno tirato dalla recessione che noi gli stiamo regalando. Il termine “Europa”, invece, designa un concetto storico e culturale che non si vuole assolutamente negare o sminuire: ma far coincidere questo concetto con l’adozione di una moneta unica è una forzatura. L’esperienza dimostra che l’euro ha allontanato i paesi europei, ha alimentato reciproci sospetti, costruito rancori e soffiato sul fuoco dei nazionalismi, come il recente exploit di Alba Dorata in Grecia sta a dimostrare. Per cui, se si vuole costruire davvero gli Stati Uniti d’Europa, bisogna cancellare questa moneta che distrugge i rapporti e ricominciare da capo con una vera integrazione: dove non ci sono cessioni di sovranità imposte dai burocrati a colpi di spread, ma “condivisione di sovranità” da parte di quei popoli che dimostrano democraticamente di perseguirla. E tuttavia c’è da dubitare che si voglia davvero arrivare a questo, per una verità politica tanto banale quanto trascurata (anzi, rispetto alla liturgia mediatica corrente, direi quasi “esecrata”), la quale recita così: “gli interessi nazionali esistono”. Capisco che sia più confortante pensare che siamo tutti fratelli e ci vogliamo tutti bene, ma la realtà è che i lavoratori tedeschi, come quelli brasiliani o statunitensi, per quanto possano anche solidarizzare con i

loro colleghi stranieri, hanno sempre privilegiato e continueranno a privilegiare quelle “ricette” che favoriscono le industrie per cui lavorano, anziché le industrie concorrenti all’estero. Ciò significa che la capacità di costruire legami transnazionali europei basati sulla convergenza di interessi comuni (categorie, tipo di lavoro, tassazione, ecc.) è limitata e superata dall’appartenenza ad una comunità nazionale. In altri termini non esiste un’unica società civile europea, ma un insieme disomogeneo di opinioni pubbliche nazionali. Questa frammentazione non è il frutto casuale di una mancata integrazione a lungo cercata, ma un obiettivo volutamente perseguito, che svela anzi gli interessi che hanno guidato la creazione della moneta unica.


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L ' E U R O C O M E ST R U M E N TO DI U N ' I D E O LO GI A P O L I T IC A Possiamo spiegarlo usando le parole di Mario Monti: «Alle istituzioni europee interessava che i paesi facessero politiche di risanamento. E hanno accettato l’onere dell’impopolarità essendo più lontane, più al riparo, dal processo elettorale» (Libro-intervista a F. Rampini, p. 40-41). Il principio di allontanare il centro del governo dalle dinamiche democratiche, che qui Monti rivendica come una mossa astuta, viene ovviamente giustificato con la pretesa di fare il bene delle masse a loro insaputa (“l’onere dell’impopolarità”), con un tono paternalistico che ritorna spesso nel mito delle élite illuminate dedite a forgiare il popolo europeo. Ma se dalle parole di Monti prendiamo il dato concreto, cioè l’illiquidità, la lontananza che separa il processo decisionale dalla società in cui si esplica, e lo confrontiamo con gli effetti concreti, allora emerge tuttto il senso dell’operazione. Il primo effetto concreto è, come anticipato poc’anzi, l’impossibilità della società europea di coalizzarsi per interessi di categoria, a causa dalla scarsa mobilità e dal permanere di concrete differenze regionali. Il secondo effetto emerge da un semplice raffronto. Fino al 1979 la lira non era imbrigliata in alcun rapporto di parità; la Banca d’Italia comprava i titoli di Stato rimasti invenduti (per calmierare lo spread); ed infine salari e pensioni erano al riparo grazie alla scala mobile, che le indicizzava all’inflazione. La filosofia che ispirava questo sistema è evidente: la moneta è una

merce che si può benissimo apprezzare o deprezzare, ma bisogna evitare che i lavoratori finiscano preda dalla logica disumanizzante del libero mercato. Poi, con alterne vicende e un processo lungo vent’anni, iniziato nel 1979 e terminato nel 1999, ci siamo ritrovati con un sistema alternativo: c’è una moneta unica europea, per cui non ci si può difendere dalla concorrenza interna svalutando; la Banca d’Italia ha smesso di coordinare la sua azione col ministero dell’economia (prima che arrivasse la BCE e proseguisse l’opera); infine salari e pensioni non sono indicizzati. Appare piuttosto chiaro, dunque, che questo assetto privilegia una logica opposta: si deve proteggere la moneta dal mercato, mentre i lavoratori dovranno cavarsela da soli. Questo risultato non si è prodotto a caso, ma è stato perseguito attivamente da chi ne aveva l’interesse. E chi ne avesse l’interesse è presto detto. Se vivete del vostro lavoro e fate poco risparmio, probabilmente vorrete salvaguardare il potere d’acquisto dei salari; se all’opposto riuscite ad accumulare discreti capitali, probabilmente vi viene comodo un sistema dove questi non si svalutano per l’inflazione, ma possono essere investiti comodamente andando alla ricerca del tasso di interesse più alto. Questo quadro realizza precisamente l’ideologia del pensiero neo-liberista, che ha sempre propugnato la libera circolazione di merci e capitali, l’affrancamento

dell’economia da ogni forma di controllo o tutela da parte dello Stato, la divisione del fronte sindacale (divide et impera) e soprattutto la costituzione di un quarto potere, dopo quello legislativo, esecutivo e giudiziario: il potere monetario, sottratto al controllo democratico e a cui è demandato il compito di controllare l’inflazione. E’ l’ideologia responsabile della liberalizzazione dei movimenti di capitali, della deregulation, della finanziarizzazione dell’economia, della penalizzazione dell’economia reale. Le istituzioni europee e internazionali (UE, BCE e FMI) sono imbevute di questi presupposti ideologici. Hanno reagito ad una crisi di credito privato come se si fosse trattato di un problema di debito pubblico, perché porre dei vincoli al sistema finanziario, eventualmente nazionalizzare le banche, aumentare la spesa pubblica per far ripartire l’economia e acquistare illimitatamente titoli di Stato avrebbe comportato ammettere che il dogma del “privato è bello” e l’impianto di Maastricht, tutto concentrato sul contenimento del debito pubblico e dell’inflazione, è completamente sbagliato. Avrebbe significato ridiscutere i presupposti dell’organizzazione dell’economia e della società, col rischio di perdere tutte le conquiste del pensiero liberista degli ultimi trent’anni. Per cui finora si è scelto di tenere duro, anche se l’evidenza delle cose sta a poco a poco sgretolando la compattezza di questo fronte.


ANTICA OSTERIA

DI CAMPENAVE

Dal 1908 il punto di riferimento per la buona cucina nel ponente genovese. I migliori piatti dell’Osteria vengono preparati alla brace sulla piastra del barbecue, come la Bistecca Fiorentina, salsicce e spiedini, costine di agnello e wurstel. Per gli amanti dei frutti di mare è possibile, previa prenotazione, preparare anche menù a base di pesce. I primi piatti rispecchiano le antiche tradizioni della cucina ligure: fra le specialità, le trofie al pesto, i ravioli au toccu, i pansotti al sugo di noci, gnocchetti verdi al basilico e i ravioloni con ripieno gorgonzola-noci conditi al castelmagno. Il locale è specializzato nell’organizzazione di matrimoni, cerimonie e feste per bambini, grazie anche alla presenza del magnifico parco verde con giochi che circonda la nostra struttura e all’ampio parcheggio clienti capace di ospitare oltre ottanta vetture. Via Superiore dell’Olba 41, Crevari, Frazione Campenave (Ge Voltri) Telefono 010 610.14.35 info@anticaosteriacampenave.it www.anticaosteriacampenave.it


IL PESO DELL'IMPERCEPIBILE L' ATTO PROTRATTO

DEL CONTATTO TRA IL PROGETTO

E L'OGGETTO Quando, con buona pace della Genesi, eravamo darwinianamente pre-umani e ci aggiravamo a quattro gambe per incontaminate boscaglie, scorgevamo un appetitoso frutto (biologico senza norme perché lo erano tutti) non facevamo altro che addentarlo direttamente con la bocca, sputandone gli scarti. Passati i millenni ci siamo evolutivamente selezionati in pitecantropi eretti con braccia e mani dal pollice opponibile, e così potevamo strappare da un ramo il frutto faticoso da raggiungere con i denti e portarlo poi alla bocca. E già tra fauci e cibo si era interposta la destrezza manuale, ma era sempre un contatto corporeo di poco differito dal morso diretto ed immediato. Poi sconosciuti inventori crearono l’attrezzo, prima di pietra ed in seguito nella versione 2.0, in più affidabile ed affilabile metallo: con quello si potevano tagliare comodamente sia i rami carichi di frutti che i frutti dai rami. Altro balzo millenario, fino a quel che fanno oggi gli umani che desiderano ingoiare frutta: anzitutto devono munirsi del denaro procurato da precedente attività per recarsi al supermercato rispettando l’orario di apertura e aggirarsi

di Gigi Picetti

successivamente tra i banchi fino a raggiungere l’area di esposizione della frutta, spesso fuori stagione, giunta da lontano e chimicamente conservata. Poi bisogna ricoprirsi una mano con un guanto anticontatto di plastica non biodegradabile e così prelevare la quantità desiderata del prodotto, metterlo in un sacchetto di ulteriore plastica non biodegradabile strappato prima dal rotolo e aperto con qualche difficoltà, fare un nodo per chiudere il sacchetto, recarsi ad una bilancia calcolante, selezionare il giusto tasto, porre il sacchetto sul piatto, premere il pulsante del peso, attendere lo scontrino con il prezzo convertito in barre, incollarlo al sacchetto della frutta e recarsi in coda alla cassa, magari con davanti gente dal carrello traboccante e la credit card smagnetizzata dallo smartphone. Giunto il proprio turno attendere che l’acquisto scorra sul tappetino fino alla cassiera e, spostata la stecca divisoria, far scorrere la penna ottica sullo scontrino incollato con un ossessivo trillo che fa stampare ed uscire dalla slot la ricevuta di pagamento, sborsare i soldi e aspettare il resto con lo scontrino. Poi uscire, tornare a casa, aprire la porta, andare in cucina, aprire

il frigo e metterci il sacchetto. Giunta l’ora canonica del pasto riaprire il frigo, strappare il sacchetto della frutta, estrarla e metterla in un piatto, posare il piatto in tavola, sedersi, iniziare con il primo e il secondo e, giunto il turno della frutta, pulirla col coltello e tramite la forchetta portarla (finalmente!) alla bocca. Il tutto senza avvertire le occulte frustrazioni del corpo e della mente, causate dal lungo differimento della naturale pulsione ad addentare, scatenata al momento della remota prima visione del frutto. Solo i bambini, che nascono con ancora per un po’ sane eredità, spesso afferrano la frutta dal banco e la portano subito alla bocca, tra le sgrida di rimprovero dei genitori. Tutto questo per ora, ma in futuro? Dicono che si debba toccare con l’indice l’immagine elettronica del frutto selezionato sul proprio schermo... E poi? Non oso pensarci! Cari saluti a voi e alla natura.


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IIT, ISTITUTO ITALIANO

DI TECNOLOGIA UNA GIORNATA CON I RICERCATORI

di Elettra Antognetti

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, fondazione di diritto privato istituita congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è uno dei centri di ricerca scientifica più attivi in Italia e rinomato a livello internazionale. Ma cosa sanno i genovesi del centro di Via Morego 30 a Bolzaneto? IIT, attivo da fine 2005, è stato creato sul modello tedesco del Max Plank Institut. Ad aggiudicarsi i natali dell’Istituto, proprio Genova, che ha sbaragliato all’epoca la concorrenza di Pisa grazie alla presenza di Ansaldo, Siemens e altre importanti realtà industriali, che l’hanno resa preferibile alla città toscana. Accanto al laboratorio centrale di Genova, si contato altri dieci piccoli centri della rete IIT, dislocati su tutto il territorio italiano, dal Trentino alla Puglia. L’istituto genovese – fucina di nuove scoperte, crogiolo di intelligenze nostrane e internazionali- occupa 1141 persone e può vantare una struttura articolata al suo interno in dieci dipartimenti (dalla nanofisica alla robotica avanzata), i quali si occupano di discipline diverse (ingegneria, informatica, medicina, neuroscienze, biologia ecc).

Fotografia di Massimo Brega “The Lighthouse”

Lo staff presenta un’età globale inferiore ai 34 anni, con una presenza forte di profili giovani di ricercatori, e anche i ruoli apicali sono ricoperti da personale con un’età media inferiore ai 50. Dato ancora più rilevante, i ricercatori dell’IIT provengono da circa 50 nazioni diverse... la quota dei ricercatori provenienti dall’estero raggiunge il 42%, di cui il 24% è costituito da stranieri veri e propri e il restante 18% da italiani occupati all’estero e rientrati nel loro paese d’origine: il “ritorno dei cervelli”. Grazie ai successi riscontrati, già nel dicembre 2011 il fund raising per IIT ammontava a ben 40 milioni di euro per i progetti previsti a partire

dal 2012, ricavati da finanziamenti pubblici (100 milioni all’anno provenienti dalle casse statali, secondo quanto stabilito dalla Legge 326) e privati. Abbiamo varcato le soglie dell’IIT e siamo andati a vedere cosa succede dentro i cancelli di Via Morego. Prendendo parte direttamente ad un esperimento…


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Fotografia di Massimo Brega “The Lighthouse”

l’esperimento Siamo ospiti della sezione Robotics, Brain and Cognitive Sciences (RBCS) dell’IIT, nel laboratorio di percezione visivo-tattile (Visuo-Haptic Perception Lab). Ad accoglierci, Monica Gori, ricercatrice post-doc del dipartimento di RBCS. Ci spiega Monica: «Il nostro progetto consiste nell’approfondire la conoscenza di come diverse modalità sensoriali interagiscono nel bambino e nell’adulto. Al contrario di quanto creduto fino a qualche anno fa, il nostro gruppo di ricerca ha scoperto che fino all’età di 8 anni i bambini non sono in grado di integrare differenti tipi di informazioni sensoriali, ma usano solo una modalità sensoriale alla volta. Ciò permette predizioni sullo sviluppo di bambini con disabilità sensoriali e motorie. L’assenza di comunicazione tra modalità sensoriali nei primi anni di vita, infatti, sembra compromettere lo sviluppo di specifici aspetti percettivi non solo relativamente al canale sensoriale sede della disabilità, ma anche relativamente ad altri canali, a cui viene a mancare il senso ”insegnante”. I primi 3 anni di

vita sono gli anni più importanti per lo sviluppo percettivo derivante dal processo di comunicazione tra le modalità sensoriali. Il progetto che stiamo sviluppando in IIT ha evidenziato finora la necessità di un intervento precoce per ristabilire una comunicazione tra modalità sensoriali. Dopo queste prime scoperte, adesso stiamo valutando la possibilità di sviluppare veri e propri dispositivi in grado di ristabilire il ruolo del senso mancante. Ciò che ci rende orgogliosi -continua Monicaè che noi dell’RBCS siamo stati i primi (contemporaneamente a un solo altro gruppo di ricercatori inglesi) a occuparci di questa tematica». Uno alla volta, siamo stati bendati, accompagnati all’interno di una stanza e fatti accomodare su uno sgabello, il braccio destro avvolto in una fascia dotata di sensori. Il tutto si è svolto rigorosamente al buio, per non influenzare la percezione delle “cavie” e per non alterare l’esito dell’esperimento. Proprio come dei non vedenti, siamo restati al buio per tutta la durata dell’esperimento. Il primo esercizio consisteva nell’udire tre suoni, uno di seguito all’altro,

identificando il secondo come più “vicino” spazialmente al primo o al terzo. Il secondo esercizio, invece, consisteva nel concentrarsi sulla stimolazione tattile: le serie di suoni venivano accompagnate da altrettanti impulsi elettrici sul braccio, i quali avrebbero dovuto aiutare la percezione uditiva. Infine, l’ultima prova consisteva nel ripetere l’esercizio iniziale di riconoscimento della provenienza dei suoni. In quest’ultimo caso, terminato l’iter delle varie prove, la percezione uditiva doveva risultare più precisa, grazie alla precedente stimolazione sensoriale. Terminato il tutto, finalmente liberati dalle bende, abbiamo visto quello che ci circondava: un’angusta stanza e un tavolo con delle casse da cui provenivano i suoni, disposte a creare una sorta di “x”. A detta dei ricercatori che hanno condotto l’esperimento, sembrerebbe che i risultati siano stati quelli sperati: a una iniziale incertezza sulla determinazione della provenienza dei suoni ha fatto seguito una progressiva diminuzione del margine d’errore, a conferma della tesi dell’integrazione delle diverse modalità sensoriali tra loro e di ripristino del senso mancante.


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FISCHI DI CARTa POESIA GIOVANE A DISTRIBUZIONE GRATUITA Passeggiando tra i tavoli della Berio può capitare di imbattersi in un piccolo libriccino: quattro pagine pinzate insieme in maniera semplicissima, e, al loro interno, poesie su ciascuna facciata. “Fischi di Carta” è il titolo della neonata rivista, fondata da cinque giovani poeti genovesi: Federico Ghillino, Silvio Magnolo, Alessandro Mantovani, Andrea Pesce, Emanuele Pon. Tutti studenti universitari, quattro ventenni e un ventunenne. «Siamo nati in modo completamente casuale. Un giorno ci siamo incontrati in Via Balbi e, andando a prendere un tè, ci siamo ritrovati a fantasticare su un’ipotetica rivista letteraria, ma, essendoci resi conto che poteva diventare ben più di una fantasia, abbiamo deciso d’impeto di lanciarci in questa avventura». Sulla vostra pagina si legge che scrivete “per rammentare l’importanza di una letteratura pura ed onesta”: Cos’è per voi una letteratura pura e onesta, ma soprattutto cosa non lo è? «La letteratura pura e onesta è quella che esprime emozioni sentite profondamente, in commistione ad una finezza di mezzi e forme letterarie non virtuosistiche, ma affini e complementari alle sensazioni che le hanno suscitate. Poiché nel concetto di onestà è implicita anche l’idea di umiltà, noi, senza prenderci troppo sul

serio, tentiamo di inserirci in un determinato discorso letterario, trasformandoci in uno dei tanti anelli di questa catena secolare, nella quale vogliamo dire la nostra senza mai considerarci poeti Vati». Quelle quattro pagine, che giacevano sul tavolo dove le ho trovate, mi hanno fatto pensare ai volantini lasciati in giro dai poeti futuristi... «Non possiamo negare, in effetti, le molte e pesanti analogie con lo spirito del movimento futurista, almeno nel momento della sua nascita. Con spirito intendiamo soprattutto le modalità di diffusione, quella sorta di “volantinaggio”, che appartiene anche a noi; ma non possiamo fare a meno di sottolineare, unitamente a questo, l’abisso che ci separa dalla poetica futurista. Se non altro perché i futuristi affermavano il progresso

di claudia baghino

negando il passato, quando noi al passato ci appoggiamo, ci ricongiungiamo, per ripartire da lì». Quali obiettivi vi siete prefissati? «Sensibilizzare gli ascoltatori e i lettori che leggono molto ma spesso leggono male, condizionati, in questo momento storico, da una dilagante superficialità, dove la forma è favorita a discapito del contenuto, e le persone si abbandonano alla generale passività culturale. Ma la nostra aggressività (positiva, sia chiaro) non è programmatica: per noi è molto più importante considerare il Fischio come un rumore di fondo, ma sempre distinto dal ronzio, discreto ma costante, atto a stimolare di continuo la sensibilità intorpidita delle persone. Vogliamo essere attivi, perché siamo esseri umani e reali».


a voxe de zena

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A SPASSO PER ZENA

palazzo della

meridiana Palazzo Grimaldi, meglio conosciuto come Palazzo della Meridiana, dall’affresco dell’orologio solare che campeggia sulla facciata sud dell’edificio, costituisce una delle prime testimonianze del rinnovamento architettonico cui andrà incontro, più tardi, questa zona della città, con la costruzione della Strada Nuova (1550), attuale Via Garibaldi. Edificato (1536-1544) lungo l’erta pendenza di Salita San Francesco, fu commissionato da Gerolamo Grimaldi, figlio di quel Giorgio Oliva che, entrato a far parte del patriziato genovese, aveva potuto iscriversi dietro lauto compenso nell’albergo Grimaldi ed acquisirne, di diritto, il nome, insomma una “primogenitura” che ricorda il racconto biblico delle lenticchie di Esau. Acquisito un nome altisonante tra la nobiltà della città e forte di un ingente patrimonio che gli era derivato dal suo “mestiere” di banchiere, Gerolamo Oliva Grimaldi, rientrato a Genova nel 1516, sentì l’esigenza di corredarsi di una dimora consona al suo rango. Sul committente vi è, in realtà, qualche incertezza poiché alcune fonti riportano che sia stato in realtà il figlio Giovanni Battista, sta di fatto che, quest’ultimo, ne fu certamente il destinatario che ne portò a termine il compimento, chiamando in cantiere architetti e pittori di prestigio

di adriana morando

Fotografia di Daniele Orlandi

quali il Bergamasco (vero nome G.B. Castello, forse autore del progetto), Galeazzo Alessi, Bernardo Spazio, Bernardo Cantone, Giovanni Ponzello e Luca Cambiaso. Infatti, con il testamento del 1550, Gerolamo Grimaldi lasciò “in fedeicommissum” il Palazzo all’unico figlio maschio, Battista, al quale si deve, sicuramente, il decoro della facciata più alta con le “Storie di Ercole” (Aurelio Busso) e degli affreschi cinquecenteschi interni. L’impianto architettonico dell’edificio, tipico del ‘500, presenta una facciata principale che, per pendenza del declivio e assenza di altra via di comunicazione, fu orientata su Salita San Francesco ove si apre l’adito di accesso che, anticamente, era costituito da due cortili comunicanti, oggi chiusi da una vetrata.

I chiostri erano, e sono, circondati da un colonnato con campate ricoperte da volticelle circolari, ottagonali, quadrangolari, riccamente decorate che, come quelle dei saloni e delle scale, sono da attribuirsi (1565 e il 1573) al Bergamasco. Il prospetto sud, originariamente occupato da uno dei tre giardini che completavano la struttura del palazzo, è stato ampiamente rimaneggiato per la costruzione della via Nuovissima (1778–1786), attuale via Cairoli. Grazie ad un vasto sbancamento e livellamento del terreno fu realizzata la piazza antistante (Piazza Meridiana), fu aggiunto l’attuale avancorpo (opera di Giacomo Brusco), fu recuperato un piano, furono aumentati gli assi delle finestre e la parete venne fregiata con la meridiana.


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lettere dalla luna

LETTERE

DALLA LUNA Ripercorro i miei pensieri a ritroso, mi inciampo e mi rialzo da solo. Controcorrente correre incontro alla cascata, fare il doppio della fatica e non arrivare mai è roba da intenditori. Le luci artificiali decorano il paesaggio, come la torta il giorno del compleanno, soffiare con il doppio della forza e non riuscire a spegnerle è passatempo da visionari. Ripercorro i miei pensieri a ritroso, evitando le buche per non sprofondare e ad ogni passo mi dimentico da dove sono partito, fumare hashish per fare pace con la noia è roba da creativi. Da dove si inizia a contare per arrivare a zero? Dammi un indizio, sono pronto a convincermi che è tutto sbagliato, ma non chiedermi la soluzione, me ne sarò già andato. Ripercorro i miei pensieri a ritroso fra pozzanghere di marmellata e gelatina cerebrale. Nulla di immediatamente riconducibile al reale. Meglio tornare al via, inizia a farsi buio, forse mi conviene voltarmi e ricominciare da capo, anche se non ricordo da dove sono partito. Forse puoi aiutarmi… Da dove si inizia a contare per arrivare a zero? Dammi un indizio, sono pronto a convincermi che è tutto sbagliato, ma non chiedermi la soluzione, me ne sarò già andato.

SEI UNO SCRITTORE? SCRIVICI! VIDEOSCRITTORI

IL NUOVO FORMAT DI ERASUPERBATV Due persone che non si conoscono. Una di fronte all’altra. La prima è uno scrittore. Alla seconda piace fare domande ed ascoltare. Una penna che scrive, una voce che legge. Il mondo di uno scrittore che si compone pian piano, la sua faccia, la sua storia, davanti alla telecamera per dieci minuti di libera creatività... Se sei interessato a partecipare scrivi una email a redazione@erasuperba.it

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DI TUTTO UN po'

BRIGHTON UN VIAGGIO NEL SEGNO degli WHO

di diego arbore

Fotografia di Diego Arbore

Prendete un film di nome Quadrophenia, un disco degli Who, un movimento culturale chiamato Mod e la mitica Vespa Piaggio, amalgamate bene il tutto e otterrete Brighton, una città piuttosto grande sulle coste meridionali dell’East Sussex, dove gli inglesi passano le estati tra luna park, discoteche e stabilimenti balneari in quella che può essere considerata una piccola Londra sul mare. Un’estate di qualche anno fa, durante una vagabondata in giro per l’Europa, un treno dalla colorata Olanda mi ha portato nel malinconico Belgio e nel nord della Francia e precisamente nel dipartimento del Passo di Calais. Sarebbe stato troppo facile

arrivare in Inghilterra e prendere il primo treno per Londra, abbiamo deciso invece di arrivare a Dover, per poi proseguire sulla costa verso Ovest e visitare Brighton. Mentre mi avvicinavo alle bianche scogliere ascoltavo I’m One degli Who per entrare nel clima giusto ed ero certo che il mio amore per la Gran Bretagna sarebbe ulteriormente aumentato dopo questa esperienza. Il primo approccio con Brighton è stato come l’incontro tra due cani, ci siamo annusati e studiati, ma appena abbiamo capito di essere compatibili abbiamo iniziato a scodinzolare. Al di fuori della Brighton Station le strade sono disordinate e

non proprio pulite, a prima vista può ingannare ma dopo qualche metro ci si innamora subito di ogni marciapiede e muro della città. Un taxi leopardato ci ha portato in centro, dove le immagini di Quadrophenia scorrevano davanti ai miei occhi, vedevo Ace (nel film interpretato da Sting) scorrazzare con la sua vespa insieme a Jimmy, i capobanda dei Mods prendere parte alle risse contro i Rockers con le loro giacche di pelle e le grosse moto roboanti. Il film racconta fatti realmente accaduti negli anni 60, il conflitto tra Mods e Rockers fu cruento e sanguinoso e Brighton insieme ad altre località del sud dell’Inghilterra fu sede di scontri tra le due


Fotografia di Diego Arbore

fazioni, la più importante ad Hastings dove i combattimenti durarono due giorni e i giornali soprannominarono l’evento come “La seconda battaglia di Hastings”. Lungo la splendida promenade sul mare spiccano gli imponenti moli simbolo di riconoscimento della città. Il più importante, è il Palace Pier dove sale giochi e luna park conditi da piccoli negozi di cianfrusaglie distraggono i turisti durante le sere estive mentre non molto lontano troviamo il West Pier, un molo inaugurato nel 1966 e chiuso al pubblico nel 1975, nel 2003 è stato vittima di un incendio che lo ha fatto crollare, le sue spoglie di ferro si trovano ancora adagiate sulla riva e sono diventati un simbolo per fotografi e artisti che traggono da esso le loro idee. La bellezza delle spiagge di Brighton si contrappone alla temperatura non proprio piacevole dei venti e del mare, tuttavia gustare un cocktail nei locali lungo le spiagge ascoltando pezzi suonati dal vivo è sempre un’ occasione da non perdere. Un locale in modo particolare permetteva ogni giorno a musicisti e

cantanti di esibirsi all’aperto. La città è impregnata di cultura musicale e cinematografica, decine di artisti lungo le strade suonano canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones, brani dei Police e naturalmente degli Who, sui muri si trovano murales con riferimenti ai migliori film cult della storia. Le intense serate si smaltiscono sempre con ottimi hamburger facilmente acquistabili vicino alle spiagge o nei piccoli bistrot distribuiti lungo le vie del centro, un toccasana prima di andare a dormire e caricare

le pile in vista del giorno dopo. Finiti i giorni a disposizione sono ritornato verso il Big Ben come i veri londinesi in attesa dell’aereo per il ritorno che sarebbe partito cinque giorni dopo per la volta dell’aeroporto Cristoforo Colombo. Questo viaggio mi ha lasciato molto più di quanto pensavo di trovare, esistono luoghi che ti attraggono come una calamita e sai che un giorno arriverai a loro, Brighton è uno di questi, mi ha chiamato, l’ho cercata, ci siamo trovati, amati e detti addio, proprio come Jimmy e Steph.

Fotografia di Diego Arbore


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Nice 2 meet u

ENGLISH di daniele canepa

Qualche anno fa mi trovavo per studio in Galles nella città di Newport. “A shit hole,” la definiva un mio coinquilino locale. Per non turbare la vostra sensibilità eviterò di tradurre letteralmente il significato della locuzione: vi basterà sapere che essa esprime un giudizio alquanto negativo... In realtà, per quanto come città in sé Newport non abbia monumenti tali da meritarsi una definizione di segno opposto, mi ero affezionato alla bandiera con il dragone del Galles e alle persone che avevo conosciuto. Avevo stretto diversi legami di amicizia non solo con i gallesi, ma anche con inglesi, arabi, georgiani, cinesi… e altri italiani, of course. E’ stato in quell’occasione, durante quei mesi, che ho capito profondamente il senso di studiare l’inglese. Non si tratta delle opportunità lavorative che l’inglese prospetta: sì, è vero, esiste anche l’aspetto “utilitaristico” dell’apprendimento, ma dietro alla conoscenza dell’inglese c’è molto di più, ovvero la possibilità di comunicare con tutti – o quasi – gli altri esseri umani, provenienti da paesi diversi, ma accomunati dalla conoscenza di una lingua franca globale. E’ meraviglioso avere uno strumento che permette di conoscere storie di persone e di culture lontane, a patto che esista un elemento essenziale, ovvero la nostra curiosità, che ci stimola a studiare per ascoltare, capire e approfondire. Stimolare il vostro interesse - e non impartire delle lezioni - è lo scopo principale di questa rubrica, perché alla base di qualsiasi percorso di apprendimento si trovano le motivazioni. Se in qualche modo vi siete sentiti incuriositi durante questi mesi insieme, mi auguro che continuerete a seguire Nice to Meet You, English! che dal prossimo mese sarà disponibile solo online sul sito di Era Superba con uscita settimanale. Per concludere, un amico conosciuto proprio in Galles mi disse che è triste salutare qualcuno con “Goodbye”, perché sa di addio. Io spero invece di incontrarvi online e preferisco ringraziarvi e salutarvi con See you soon … A presto!

DI TUTTO UN po'

VINO V E R I TA S di gianluca nicosia

IL VALLE D’AOSTA BLANC DE MORGEX ET DE LA SALLE È UN VINO DOC la cui produzione è consentita nella Regione Valle d’Aosta, all’interno dei due comuni omonimi in Valdigne, tra i 900 e 1300 metri sul livello del mare. E’ consentito produrlo esclusivamente con uve Prié Blanc raccolte nei vigneti più alti d’Europa. Questa DOC è caratterizzata da un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli; il profumo è fine e delicato e ha sentore di erbe di montagna e fieno appena tagliato. Il sapore è secco, molto delicato. La gradazione alcolica minima è 9°. Prima della vendita è sottoposto ad un affinamento minimo di due mesi ed è consigliato consumarlo entro i 12-18 mesi. Questa doc è prevista anche nelle tipologie Spumante Brut, Extra brut e Demi-Sec con gradazione alcolica minima 10.5°. Gli abbinamenti consigliati sono: antipasti valdostani; piatti di pesce; carni bianche; formaggi, in particolare fontina e reblec. Ottimo come aperitivo.


di tutto un po'

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Liberam e nt e IL VALORE DEL SILENZIO

a cura della psicologa

michela alibrandi

Si parla spesso dell’importanza del dialogo e dell’ascolto, di essere sempre informati, vengono proposti corsi di comunicazione, la moda richiede di mettere in piazza, in rete, anche i nostri pensieri più privati. Senza nulla togliere al valore della socializzazione, occorre però ricordarsi anche del silenzio, che tende a passare in secondo piano, se non viene ricercato appositamente. Eppure il silenzio è fondamentale, permette di riposare, di riflettere, di ascoltare se stessi. In psicoterapia, la ricerca attiva del silenzio è un momento importante, uno dei primi esercizi da sperimentare e da ripetere a casa finché non diviene una buona abitudine. Proviamo a fare silenzio fuori e dentro di noi: le idee piano piano prenderanno forma, saranno più definite, più originali, più limpide, nuove. E se non abbiamo nulla a cui pensare, che meraviglia! Ascoltiamo o immaginiamo di sentire il ritmo del nostro corpo, il respiro lento che rilassa e dà pace, il battito del cuore, le pulsazioni, la nostra musica vitale. E’ questo il presente vero, utile, importante, non le paure del futuro o i rimpianti del passato con cui riempiamo le nostre giornate e di cui ci preoccupiamo inutilmente. A volte tendiamo ad evitare attivamente il silenzio, a riempirlo di parole, pensieri, Facebook, televisione “che mi fa compagnia”, per paura di scoprire chissà quali fantasmi o scheletri nell’armadio, chissà quali dolori e paure che pensiamo vengano a galla quando siamo soli con noi stessi. Ma se davvero ci sono, questi segreti che ci spaventano tanto, forse vale la pena affrontarli, da soli o aiutati da una guida, per scoprire che forse sono più innocui di quanto immaginiamo e che possiamo essere più forti delle nostre aspettative. Per

informazioni:

www.psicologo-genova.it

Illustrazione di Alessandro Ripane


il caffè degli artisti

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fabio giovinazzo

esordio del giovane

regista genovese Definisce il suo lavoro come “un sogno o una fiaba” e usa l’immagine video per analizzare se stesso. «Non mi interessa far arrivare al pubblico un messaggio. Non mi interessa insegnare niente a nessuno. Sono un grande egoista in questo senso. Mi piace analizzare il mio pensiero, in uno stile complicato. Diciamo che attraverso le immagini cerco di curare il mio animo». Il suo lavoro d’esordio, ispirato alla figura di Edoardo Sanguineti e alla città di Genova, e intitolato “Kinek ìrod ezt”, è stato sostenuto e prodotto dall’Università di Genova, finanziato nel montaggio dalla Cineteca Griffith e proiettato nella sua prima versione a Madrid, presso il Garaje Lumière. Come è avvenuto il tuo avvicinamento al linguaggio filmico? «Non ho frequentato alcun corso tecnico di cinema, mi sono formato guardando un gran numero di film e seguendo il mio istinto. Nel senso che una cultura cinematografica può essere sicuramente importante, ma quello che conta veramente è sentire qualcosa di eccitante scorrere nelle vene quando ci si trova sul set per girare un film. La passione, l’istinto… Quando giro sento qualcosa che mi trascina verso l’azione. Ho sempre avuto una gran fantasia e il

cinema è un luogo dove posso esprimermi al meglio. Scrivere e girare un film, per me significa viverlo. Vorrei vivere per sempre e avere molte vite. Fare cinema mi permette tutto questo. Ogni film è una parte di me, è una vita che avrei voluto seguire. In questo senso è stata una scelta obbligata. Per non parlare dei pensieri che mi assillano, allora non faccio altro che imprigionarli nel linguaggio cinematografico per liberarmene. Fino alla prossima volta, ovvio» Il tuo film sembra essere documentaristico ma sembra anche avere risvolti evocativi-allucinati… «Si tratta di un documentario tra il vero ed il falso. Nel senso che ho sia rubato scene di

di claudia baghino

vita quotidiana, sia ricostruito certe situazioni. Ho giocato con le diverse inquadrature, alcune molto geometriche, e sfruttato i vari momenti narrativi per far emergere nello spettatore una qualsivoglia emozione. Bella o brutta non mi interessa. L’importante è far arrivare qualcosa di me, far vivere anche un singolo frammento del mio essere nelle altre persone». Perché hai scelto la figura di Sanguineti per il tuo film? A quali esigenze rispondeva tale scelta? «Ho scelto Sanguineti per il modo di scrivere molto sperimentale, ludico direi. Diciamo che rispecchia, in alcuni versi, il mio modo di fare regia. Lui giocava con le parole, io gioco con le immagini».


il caffè degli artisti

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ART COMMISSION

OPERE D'ARTE

IN AFFITTO «Mostre ed eventi sono importanti per far conoscere gli artisti e metterli in relazione con il territorio, ma scopo ultimo di ogni artista è vendere le proprie opere. Tuttavia, complice anche il periodo di crisi, sono sempre meno le persone che possono permettersi di acquistare un’opera d’arte». Per questo motivo Art Commission lancerà prossimamente un progetto di arte in affitto: si potrà avere un’opera per un periodo da uno a tre mesi, a un prezzo accessibile, e solo al termine decidere se acquistarla o meno. In questo modo si fa entrare l’arte nelle case, si ritrova il contatto fra l’opera e il suo pubblico. Questo interessante progetto è solo uno dei tanti che Art Commission da tempo organizza sul territorio: oltre 36 eventi nel 2012, che spaziano dalle mostre collettive a performance che abbinano all’arte visiva il teatro, la poesia o altre forme creative. Tra i più recenti, Segrete, Made in Italy e ContemplArt: «Uno dei tratti distintivi di Art Commission è valorizzare il patrimonio culturale e architettonico di Genova attraverso l’arte contemporanea. Per questo organizziamo mostre in luoghi istituzionali ma poco visitati, come i chiostri del centro storico in occasione di ContemplArt, per attirare un pubblico che

di marta traverso

Fotografia di Constanza Rojas

non conosce i beni della propria città. Al tempo stesso chiediamo agli artisti di non essere “invasivi”, ossia di concepire opere che si adattino a spazi non nati per ospitare mostre d’arte contemporanea: in questo modo il pubblico è invitato a riflettere, a porsi domande quali “Perché questa installazione si trova qui?”». Art Commission è una realtà molto attiva a Genova, curata dall’artista Virginia Monteverde, che ha in sé una doppia anima: da un lato l’organizzazione di eventi, dall’altro associazione culturale con oltre100 iscritti. Con una quota di iscrizione di 20 € è possibile partecipare agli incontri dell’associazione e conoscere le attività in programma (infoartcommission.genova@gmail.com). L’associazione mette in rete

artisti di Genova, ma non solo: uno degli scopi di Art Commission è far conoscere gli artisti di Genova fuori città – di recente hanno partecipato a eventi a Bergamo, Milano e Varese – e portare a Genova artisti “foresti”, provenienti anche da fuori Italia. A questo scopo ci sono due iniziative in programma: un premio di pittura internazionale, che culminerà in una mostra al Museo di Sant’Agostino a fine 2013; una mostra collettiva al Munizioniere di Palazzo Ducale (28 giugno – 28 luglio 2013) con 35 artisti italiani e 35 artisti finlandesi, intitolata “Le latitudini dell’arte” e che auspica di essere la prima di una serie di esposizioni per valorizzare gli scambi culturali fra artisti di diversi Paesi, senza vincoli di età o di tematica.


foto di Daniele Orlandi

Fermata a richiesta:

una storia, una foto Un’ ora illegale

di Daniele Aureli aurelidaniele@gmail.com Ogni giorno allo stesso momento, allo stesso giro di lancette. Ogni giorno lo stesso effetto: un rumore odioso che decreta un nuovo inizio. Ogni volta che penso di cambiare suoneria, (una buona musica invece del drin che non sopporto da anni) mi lascio prendere da altro e dimentico di farlo. Domani lo farò, lo giuro e questa volta non valgono incroci. Spengo la sveglia, faccio un sospiro, sposto le coperte e conto fino a tre. Provo ad alzarmi ma non ce la faccio. Conto fino a cinque, va un po’ meglio. Mi alzo, cerco le ciabatte. Ne trovo una, l’altra è sparita da qualche parte. Guardo sotto al letto: c’è! la prendo e la indosso. Due ciabatte di lana rossa ai miei piedi, un risveglio comodo e ridicolo. Vado verso il bagno, sbatto contro l’armadio: trattengo la rabbia qualche parolaccia e il dolore. Scuoto la testa ed entro in bagno. Mi guardo allo specchio, non riesco a vedermi bene, apro gli occhi completamente, non mi vedo ancora bene, accendo la luce: ora va meglio. I miei capelli ricordano lo stile di David Bowie anni 80, ma il mio fascino non è lo stesso. Prendo una manciata d’acqua fredda e me la getto sul viso. Prendo un po’ di vitalità. Mi pulisco e mi metto le mani nei capelli… non per la disperazione, ma per azzardare una pettinatura più decente. Esco dal bagno, vado in cerca dei vestiti. Sbatto ancora contro l’armadio: cerco di trattenere la rabbia e il dolore; qualche parolaccia scappa. Cerco la giacca grigia, trovo quella blu nera marrone avana prugna gessata bianca nera elegante nera sportiva… quella grigia non c’è; mi viene in mente che io una giacca grigia non l’ho mai avuta.

Opto per la blu ma prendo la nera sportiva: sono pronto. Mi guardo allo specchio, la mia autostima cade, non la raccolgo. Mi volto per uscire, sbatto contro l’armadio: non trattengo la rabbia e do un pugno contro il muro, mi faccio ancora più male e inizio a imprecare in due lingue usando ripetutamente le parole “fuck” e “porca”. Prendo le chiavi di casa, le chiavi del cancello, le chiavi del garage, le chiavi della macchina. 32 anni, 32 natali, 32 compleanni e mai nessuno mi ha regalato un portachiavi. Esco da casa: qualcosa non va. C’è una luce diversa questa mattina e la mia vicina di casa non ha ancora annaffiato i fiori. Monto in auto, metto la prima. Vado. C’è poco traffico ma non è domenica; oggi è un triste lunedì 30 ottobre e improvvisamente la città sembra ancora dormire. Primo semaforo verde, secondo verde, terzo rosso. Mi fermo, nessuno che mi viene in contro con un cartello un santino e una mano verso l’alto: la fine del mondo forse è vicina. Verde. Arrivo al posto di lavoro, parcheggio. Vado a prendere un caffè. Il bar è semideserto e il barista sta sbadigliando. Prendo un cornetto ancora caldo e ordino il caffè. Lo bevo, pago e uscendo guardo l’orologio del bar: è indietro di un’ora. Mi viene un dubbio (?), poi un pensiero (!), poi un’imprecazione (ca***) e infine una certezza: per una volta che regalano un’ora gratis, io sono l’unico che non lo viene a sapere. … Rivoglio i miei 60 minuti! Domani ruberò un’ora. Me la regalerò appena sveglio, in silenzio, senza far niente, una passeggiata distante da tutti: così saremo pari! Cambierò anche suoneria: Across The Universe; Beatles. Al lavoro porterò una giustificazione: avevo un conto in sospeso con il tempo!


il caffè degli artisti

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IL BANDITORE Per avere maggiori informazioni sui bandi e scoprire altre opportunità per gli artisti visita www.erasuperba.it * Concorso di arte figurativa Sergio Fedriani 2013 settima edizione del bando in memoria dell’illustratore genovese. Opere sul tema “La vita è sogno”, per artisti residenti in Italia nati dopo il 1 gennaio 1978. In palio mostra collettiva in Sala Dogana, Palazzo Ducale e 1.500 €, 1.000 € e 500 € ai primi tre classificati. Scadenza: 29 marzo. * EurHope immagini dal futuro seconda edizione del concorso di illustrazione in vista del Festival Smack Comics. Fino a tre opere sul tema “Abitare il mondo”, per artisti residenti in Europa nati dopo il 1 gennaio 1978. In palio 1.500 €, 1.000 € e 500 € ai primi tre classificati e l’esposizione in una mostra pubblica durante il Festival. Scadenza: 2 aprile. * PREMIO ANDERSEN 2013 concorso per fiabe inedite, legato all’omonimo Festival di Sestri Levante. Possono partecipare opere a tema libero in lingua italiana, inglese, francese, tedesca, spagnola. Quattro sezioni: scuola materna, bambini, ragazzi e adulti. In palio 1.000 € al primo classificato delle prime tre sezioni, 3.000 € al primo classificato della sezione adulti. Scadenza: 15 aprile. * Spaesamenti concorso di grafica e fotografia a cura del Premio Skiaffino (Camogli). Due sezioni: una aperta a tutti, una per studenti di grafica e illustrazione. Inviare fino a tre opere abbinate a un aforisma di Gualtiero Schiaffino (info www.premioskiaffino.it). In palio un fine settimana per due persone a Camogli e una mostra pubblica. Scadenza: 19 aprile.


l' angolo di Gianni Martini Nel confrontare questo ultimo periodo con la grande esplosione creativa degli anni ’60 e ’70, emerge l’assenza di condizioni di vita, simboli, accadimenti, contesti diffusi in tutto il mondo occidentale (e non solo) che riescano ad attivare processi identitari in grado di far maturare quel “sentore comune” da cui possano nascere nuove interpretazioni del mondo, espresse da nuovi linguaggi.

Le esperienze innovative che, come in un tracciato, troviamo disseminate in questi ultimi 30 anni, sono tutte fortemente debitrici della grande “avventura creativa”, costituita dagli anni ’60 e ’70. Certo – lo si è già affermato – ciò che è diventato il “suono della storia” non è stato solo il frutto della creatività di tanti singoli individui isolati, ma un fermento che animò parte della società e che, dopo una prima fase di incubazione, esplose, dilagando e travolgendo le vecchie concezioni del mondo. Ciò che oggi mi incuriosisce e mi stupisce è il contesto di grande criticità economica sociale in cui versa il mondo intero, in particolare l’occidente (l’area denominata “cindia”, economicamente in ascesa, andrebbe trattata a parte): da una simile situazione di disagio ci si aspetterebbero nuovi segnali di rivolta. Oltretutto la rete, permettendo una diffusione delle informazioni con una densità inimmaginabile fino a 15 anni fa, si pensava potesse facilitare enormemente la crescita dei movimenti. Intendiamoci: in parte è avvenuto e sta avvenendo (gli indignados in Spagna, i fatti della Grecia, la “Primavera araba”, anche qui in Italia c’è abbastanza trambusto…), ma tutti questi segnali tangibili di malcontento non sono – per ora – riusciti a determinare una svolta radicale, un nuovo ’68. Nell’epoca della globalizzazione dove ad una vicinanza, ad una “amicizia” solo virtuale, come quella di facebook, si contrappone una reale dislocazione/ allontanamento/

nascondimento dei grandi processi economici e finanziari, il potere riesce sempre a circoscrivere e gestire ciò che succede a livello locale. Per quanto riguarda specificamente la musica va osservato che i circuiti ufficiali internazionali continuano sostanzialmente a promuovere la stessa musica, con varianti che suonano di maniera e che non rimettono in discussione alcunché. È come se vivessimo in una continua e unica ricapitolazione degli anni ’60 e ’70 ma, come canta Gian Piero Alloisio: “…anni ’60 senza boom”! Considerando poi un paese come l’Italia non si può non rilevare come vent’anni di berlusconismo abbiano prodotto un livello di idiozia di massa sconcertante, oltre ad un preoccupante imbarbarimento della vita civile. Ma, Italia a parte, ciò che mi sembra manchi – appunto – sono contesti, accadimenti, simboli, condizioni esistenziali che possano dar vita a processi identitari in grado di veicolare un “sentore comune”. Proprio questo penso sia il punto. La ribellione esplosa alla fine degli anni ’60, come già si è analizzato, ha incubato per oltre 50 anni, con ideali di giustizia e libertà risalenti addirittura alla rivoluzione francese, ma ben presenti nella testa e nel cuore di tante persone, come patrimonio di “memoria storica”. Tuttavia, ciò che ha reso possibile una diffusione così rapida in tutto il pianeta dei fermenti rivoluzionari e innovativi, penso sia dovuto ad una inedita condizione di relativa omogeneità che tutto il mondo avanzato si

trovò a vivere. I principali fattori uniformanti mi sembrerebbero questi: 1) condizione di prostrazione post bellica generalizzata sia tra i vinti che tra i vincitori 2) conseguente imponente azione di ricostruzione industriale e sociale 3) connesso sviluppo industriale con nuovi assetti tecnologici che determinarono il raggiungimento di un certo livello di benessere 4) programmi di istruzione obbligatoria allargati a tutti i ceti popolari 5) diffusione della tecnologia mass-mediatica a livello internazionale (tv, radio, telefonia ecc…) 6) prime generazioni di giovani cresciute in condizioni esistenziali totalmente diverse rispetto alle generazioni precedenti 7) abnorme sviluppo delle città 8) partiti politici e sindacati (soprattutto di sinistra) in pieno sviluppo con apparati ideologici e organizzativi di grande rilievo 9) progressiva presa di coscienza dei livelli di sfruttamento capitalistico 10) critica e rifiuto del mondo diviso in due blocchi. Ecco questi mi sembrano i più importanti fattori che, diffusi in maniera relativamente omogenea in tutto il mondo, abbiano fatto da “contesto vitale” per ciò che sarebbe esploso nel ’68.


l ista

d i st r i b u z i o n e

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Gli espositori fissi si trovano in Piazza Dante (attraversamento pedonale di fronte casa Colombo), Via XII Ottobre (attraversamento pedonale di fronte bar Moody), Via Assarotti 11R (Rapid Service Mosca), Matitone (ingresso lato levante), Ospedale Galliera (atrio principale), Monoblocco Ospedale San Martino (atrio), Berio Cafè (c/o Biblioteca Berio via del Seminario), Sestri Ponente (Biblioteca Bruschi-Sartori, Via Biancheri zona stazione FS).

CENTRO

Piazza Dante (espositore attraversamento pedonale), Via Fieschi/Seminario (Berio Cafè), Via Ceccardi (Libreria La Feltrinelli), Piazza Colombo (Ma.Ma.Cla, Bar Manhattan), Via Cesarea (Teatro della Gioventù), Via XII Ottobre (espositore attraversamento pedonale), Via Assarotti (Rapid Service Mosca), Fontane Marose/ Via Garibaldi (Edicola Fontane Marose, BookShop Palazzo Tursi, Baribaldi, Guitar Land), Zona Maddalena (edicola via Maddalena, La Lepre, bar Piazza Posta Vecchia, Pub i 4 Canti, GloGlo Bistrot), Zona San Lorenzo/ Giustiniani (Bar Pasticceria Da Giuse, Nouvelle Vague), XXV aprile/ Casana (Bar Baruffa, Bar 25, Bar Antica Casana), Matteotti/ Porta Soprana (Informa Giovani, Mentelocale, Bar Boomerang), Zona piazza Erbe/Via di San Bernardo (Giardini Luzzati, Alabardieri Taberna Storica, Teatro della Tosse, Cantine Embriaci) Via San Luca/ Fossatello (Edicola Fossatello, Pasticceria Cavo, Caffetteria Lomellini), Via Cairoli (Les Aperitif, Barpagianni, O Caffè, Libreria Bozzi, Ghetto Blaster), Piazza del Carmine (Bar Marika, Bar 8 rosso), Zona Largo Zecca (La Fermata, Mescite), Via Balbi/ Santa Brigida (Università di Lettere Balbi 4, Scienze Politiche/Giurisprudenza Balbi 5 accoglienza, Università Lingue, Polo Universitario, Antica trattoria Lupo), Porto Antico (Università di Economia, libreria Porto Antico, Museo Luzzati, Antica Vetreria del Molo, Biblioteca De Amicis)

CARIGNANO - CASTELLETTO

Ospedale Galliera (atrio principale), Piazza Manin (Alle Volte)

FOCE

Piazza Rossetti (Bisquit Cafè), Corso Buenos Aires (Il baretto), Via Finocchiaro Aprile (La Rosa dei Venti), Via Pisacane (Il Bar), Via Rivale (bar Movie, bar Boom), Via di S.Zita (bar Mediterraneo), Via Trebisonda (Checkmate Club)

ALBARO

Boccadasse (La Tartana, La Strambata), Via F. Cavallotti (Hobby sport junior, Hobby Sport, Posh), Via De Gaspari (piscine di Albaro), Via Gobetti (Bar Brio), Via Nizza (Belli che aneti), Via Piave (bar Piave)

SAN MARTINO

Ospedale San Martino (atrio Monoblocco), Corso Europa (Università Scienze motorie, Università di Medicina e Scienze Naturali)

QUARTO - QUINTO - NERVI

Lungomare Via Quarto (Caffè Balilla), Via Schiaffino (O’Connor Pub), Priaruggia (Sede Gruppo Editoriale Era Superba, Bar Tino), Via Gianelli (Bar Colombo, A due Passi dal Mare), Via Oberdan (gelateria Gaggero, gelateria Chicco, Why?- ex Paips)

SAN FRUTTUOSO - Marassi - MOLASSANA - PRATO

Piazza Giusti – Manzoni (Bar Don Chisciotte, Sportello del cittadino), Via Paggi (teatro Garage), Via Monticelli (PharmaSPA, Centro erboristico Monticelli), Via del Chiappazzo (scuola di musica ‘Music Line’), Via Adamoli (Piscina Sciorba) Via Struppa altezza piazza Suppini (edicola)

SAMPIERDARENA

Piazza Modena (teatro dell’Archivolto)

CORNIGLIANO

Via Cornigliano (Pintori dolce e salato, Music Bar Ikebana), Via Nino Cervetto (Biblioteca Guerrazzi/Città dei mestieri), Via Muratori (VillaBombrini)

SESTRI PONENTE

Via Biancheri (espositore fisso lato stazione), Via Soliman (Biblioteca Civica Bruschi Sartori), Vico al Gazzo (Les Barriques), Via Sestri (Le Petit Cafè, La caffetteria, Bar il Fragolino, L’Arte dell’Espresso, Bar Tentazioni, Libreria Mondadori)

MULTEDO

Via Ronchi (Cafè Restaurant La Porcigna), Via Dei Reggio (Molli Malone’ s Guinnes Pub)

PEGLI

Via Pegli (La Tana dei Golosi), Largo Calasetta (circolo Rari – Nantes), Lungomare di Pegli (Bar Pasticceria Amleto), Pontile Milani (Bar chiosco), Piazza Rapisardi (Bar Franca), Via Parma (Bar Angelo), Via della Maona/Odisso (Bar Christian’s), Stazione FS (edicola), Via Martiri della Libertà (Bar le Palme)

PRA'

Via Prà (Bar Nuovo Cafè Rolando, Tony e Giò, 104 Rosso, Bar Grisù), Via Murtola (Bar Flò)

VOLTRI

Via Camozzini (Farmacia Serra, Voltri Cafè, Bar Luigi, Bar Roma), Passeggiata mare (Fuori Rotta), Piazza Odicini (Circolo Anpi Odicini, La Bottega del Goloso 2), Via S.Ambrogio 18r (Kapitombolo), Piazza Lerda (New Gibò, bar Gli Archi), Stazione FS (Bar Stazione), Via Biscaccia – Mele (Cartiera 41)

RIVAROLO

Piazzale Guerra (Biblioteca Cervetto), Via Rossini (Bar Ciacci, Mastrolibraio)

CERTOSA

Via Jori (Bar Pinin)

BOLZANETO

Via Orietta Doria (Bar Pippo), Piazza Rissotto (Bar Goccia di Caffè)

PONTEDECIMO

Piazza Pontedecimo (Bar Margherita)


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parla come mangi

MANGI

FOCACCETTE AL FORMAGGIO

Ingredienti (per 6/8 persone) 1 chilo di farina 00 rinforzata o manitoba, 1 chilo di crescenza o di stracchino, 2 dl di acqua fredda, olio di oliva, sale qb Preparazione Preparate un impasto con la farina, l’acqua, un pò di olio e il sale: lavoratela per circa 10 minuti in modo da ottenere una pasta elastica e soda e lasciatela poi riposare per una mezz’ora. Tirate poi la pasta, che deve risultatare piuttosto sottile, tagliate con la rotella dei cerchi, magari aiutandovi con un piattino, e riempiteli con la crescenza o con lo stracchino. Chiudete il cerchio a metà e sigillate bene i bordi in modo che l’impasto non esca in fase di cottura. Friggete in olio caldo fino a che le focaccette si gonfiano, asciugatele nella carta e servitele. Se volete preparare una ricetta più leggera, potete cuocere le focaccette in forno, avendo cura di oliare bene il tegame per la cottura.

A CURA DI BRUNO GATTORNO canto VI In to seximo tornòu me sòn addesciòu, e primma de mesciâ i pê, bezeugna che in gio ghe dagghe de eûggiê, ma me devo crovî perché ciêuve comme ægua da o trêuggio in sci ingordi, che se riparan sotta a ûn schêuggio. Condannæ da o Cerbero, can con tre teste, a quelle anime dannæ, o ghe da de ciotê, ròsci o lá i êuggi, ea barba neigra e vunta, e con quelle ungie lunghe o sguara i miseri pe zunta, comme ûn can o crïa, e quande o l’arve a bocca, o fà puïa. Anche a noiâtri o là çercòu de asbriâse mostrando i denti, ma o Virgilio li vixin o gha asbriòu da bratta in ti gösci rûzzenenti. Ghea ûn mûggio de ombre abëlæ in tera tûtte quante, e nïatri pe passà, in to müro ghe ciantavimo e ciante, in mezo ae anime che da a puïa ean in tera accuccie, solo ûnn-a a se tià sciù in pê! (Reconoscime se ti poæ!) e mí a le: (Caö fuento, ti e raxon dëse in te questa rœa, sens’atro, se semmo visti fœa).

(Mi sòn o Ciacco, peccatô de gôa, sûpèrbia, invidia e avariçia,sòn insemme ai mæ amante de a concittadin, che han peccòu insemme a mí, comme questi indegni, Fainà, o Teggia, o Rustegucci, l’Arrigo eo Mosce che han usòu o mâ pe i sò inzegni, atro che,”fammei conosce”, ti devi savei, che sòn condannæ in te eterne angoscie, ma quando ti saiè in to döçe mondo, mençonime te prego e parla de mí ai vivi, anche se oua sòn chi in tí cattivi) e mí, (chi no s’adescia ciù o son da tromba, o l’aspetià a lûxe do Segnô, quande a l’arrivià, troviëi ognun a triste tomba). Dito questo, lascemmo sta mescciûa de ombre con i passi lenti, piña de peccœi mordenti, e giemmo in quella stradda, approfittando oua che a negia a se diradda, dindo ao Ducca: (Hö! mæ Meistro aggiuttime ad andâ via da questi tormenti, dove e anime sòn sempre ciù mordenti, no importa quande arrivemmo, e manco se o saiâ ûn nemigo quello che attrovemmo).



agenda

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GLI EVENTI AGGIORNATI IN TEMPO REALE LI TROVI NELL’AGENDA ONLINE DI ERA SUPERBA: w w w . e r a s u p e r b a . i t

SEGNALA I TUOI EVENTI eventi@erasuperba.it TUTTI I MERCOLEDì

-PENSA ALLA SALUTE! Mercatino biologico per l’intera giornata in piazzetta Tavarone (tra p. San Matteo e p. Campetto). -H 20 I MERCOLEDÌ DEL BUON ESSERE. Apericena e cena per vegan, vegetariani e aspiranti al benessere. Berio Cafè, per info 0105705416. Mail seminario@beriocafè.it

-H 21 FILUMENA MARTORANA: commedia di Eduardo De Filippo. Teatro Garage, prezzi intero 12 ridotto 9 euro -H 2230 ABA SHANTI, deepdub. In apertura Mountain Top feat Baro e Farmer Roots. Csoa Zapata, ingresso 8 euro

DOMENICA 10 MARZO

-H 2030 POST IT. Il teatro Sotterraneo di Firenze in uno spettacolo brioso, ironico e intelligente. Teatro della Tosse, prezzi da 12 euro

-H 10 PORTO ANTICO IN ROSA. Una giornata dedicata al divertimento e al fitness ma anche un momento per soffermarsi sull’importanza di tematiche sociali come la prevenzione e la violenza sulle donne. Porto Antico area Mandraccio

VENERDì 8 E SABATO 9 MARZO

LUNEDì 11 MARZO

DA MERCOLEDì 6 A SABATO 9 MARZO

-H 21 CASA DOLCE CASA spettacolo di teatro acrobatico. Teatro dell’Archivolto, prezzi 20/22 e intero, 18 ridotto, 7,5 studenti

VENERDì 8 MARZO

-H 1830 “IL PROFUMO DELLA VITA” parole e musica scelti dalle donne per le donne. Con la partecipazione di Udi, Udi politica, Korea Together. Gelateria Profumo di Rosa, via Cairoli. -H 21 IL MIO AMICO GIORGIO GABER con Gian Piero Alloisio, che ha lavorato con Giorgio Gaber per 14 anni come autore di prosa e canzoni e con Gianni Martini, che è stato il suo chitarrista per 18 anni. A dieci anni dalla sua scomparsa, i due artisti genovesi raccontano un personalissimo “Signor G” inedito e certamente autentico. Teatro della Tosse, prezzi 15 euro

DAL 9 MARZO

-H 2045 LA PULCE NELL’ORECCHIO: farsa per eccellenza dal ritmo frenetico, basato sulla “matematica” dell’effetto comico. L’abilità di Feydeau genera da decenni risate in ogni tipo di pubblico. Teatro della Gioventù, domenica ore 1530, lun chiuso

SABATO 9 MARZO

-H 1530 MANGIARE BENE PER VIVERE MEGLIO. Prevenzione e cura attraverso il cibo e corretti stili di vita. Biblioteca Bruschi Sartori -H 21 THE BEATBOX IN CONCERTO. Omaggio ai Beatles. Teatro della Tosse, prezzi 20 euro

-H 21 INCONTRO CON STEFANO RODOTA’ sul tema “esiste ancora la Privacy?” nell’ambito della rassegna Vivere in rete, il mondo a portata di un click. Palazzo Ducale

MARTEDì 12 MARZO

-CINEFORUM GENOVESE: proiezione di Margin Call di J.C. Chador (USA 2012). Multisala America, via Colombo. Ore15, 17.30 e 21.15 -H 1715 VIAGGIO AL CERN. Seconda conferenza sul tema della fisica nell’ambito della rassegna “Viaggio nell’infinitamente piccolo”. Biblioteca Berio -H 22 ZEROCOVER: concerto di Mauro Cipri. Kitchen, via San Donato

DA MARTEDì 12 A DOMENICA 17 MARZO

-H 203 R III - RICCARDO TERZO: Alessandro Gassmann interprete e regista della tragedia di William Shakespeare. Teatro della Corte, prezzi da 17 a 25 euro. Domenica ore 16

MERCOLEDì 13 MARZO

-H 2230 GIARDINI DI MIRO’ IN CONCERTO. In apertura il cantautore Lipbone Redding. La Claque, prezzo 11 euro

MERCOLEDì 13 E GIOVEDì 14 MARZO

-H 21 A SOLO DRAMA: autoritratto di una natura malinconica con Francesca Zaccaria. Teatro dell’Archivolto, prezzi 20/22 e intero, 18 ridotto, 7,5 studenti


agenda

DA VENERDì 15 A DOMENICA 17 MARZO

-H 930/1930 FANTASY E HOBBY 2013 - La fiera della creatività. Mostra mercato su bricolage, hobbistica e arti manuali. Magazzini del Cotone

SABATO 16 MARZO

-H 21 SPETTACOLO DI GIORGIO PANARIELLO: Teatro Carlo Felice, prezzi da 20 a 50 e + prev -H 2230 ASHER G IN CONCERTO: uno dei migliori selecter d’Inghilterra ska, rocksteady e early reggae. Insieme a lui, Dj Piddu. Lso Buridda, ingresso 5 euro

SABATO 16 E DOMENICA 17 MARZO

-IL GRANDE FIASCO. Testo musical-teatralcabarettistico con Andrea Carretti Teatro Garage, prezzi intero 12, ridotto 9. Sab h 21, dom h 17

LUNEDì 18 MARZO

-H 21 LUNEDI’ FEG, LE PAROLE TRA NOI. Conversazione con Geppi Cucciari. Teatro dell’Archivolto, ingresso libero fino ad esaurimento posti

MARTEDì 19 MARZO

-H 22 ZEROCOVER: concerto di Sergio Pennavaria. Kitchen, via San Donato

MERCOLEDì 20 E GIOVEDì 21 MARZO

-H 21 LUCA E PAOLO IN ‘NON CONTATE SU DI NOI’. Il teatro canzone di Gaber-Luporini. Politeama genovese, prezzi da 26 a 31 euro

VENERDì 22 MARZO

-H 21 DE ANIMA. Il nuovo capolavoro di Virgilio Sieni, tra Aristotele e rimandi pittorici a Picasso, Watteau e Tiepolo. Teatro dell’Archivolto, prezzi 20/22 e intero, 18 ridotto, 7,5 studenti -H 21 TRITTICO. In questo originalissimo spettacolo si incontrano alcuni dei talenti più interessanti del teatro italiano: la regista Pezzoli, il premiatissimo autore e attore Tarantino, gli attori Valente e Postiglione. Teatro Cargo

SABATO 23 MARZO

-H 2230 RATTLERATTLE+THE HERMITS doppio concerto con tributi ai Deep Purple e Led Zeppelin. Muddy Waters, Calvari, prezzi 10 euro senza consumazione -H 2230 MEGANOIDI, OD FULMINE, SONGS AFTER BONGS LIVE. Csoa Zapata, ingresso 8 euro

DA SAB 23 MARZO A DOM 1 APRILE

-FIERA PRIMAVERA: dieci giorni da dedicare ai grandi acquisti per la casa, il tempo libero, il mangiar bene. Fiera di Genova, ingresso libero

SABATO 23 E DOMENICA 24 MARZO

-LE SERVE: considerazioni precise e lucidissime

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sulla donna e sull’amore. Teatro Garage, prezzi intero 12, ridotto 9. Sab h 21, dom h 17

MARTEDì 26 MARZO

-H 21 NEGRITA IN CONCERTO. Politeama Genovese, prezzi da 25 a 35 euro -H 21 FRANCESCO DE GREGORI IN CONCERTO. Teatro Carlo Felice, prezzi da 30 a 45 euro -H 22 ZEROCOVER: concerto di Lele delle Scimmie. Kitchen, via San Donato

MARTEDì 26 E MERCOLEDì 27 MARZO

-H 2030 GABER SE FOSSE GABER con Andrea Scanzi. Teatro della Corte, prezzi da 17 a 25 euro. Domenica ore 16

MERCOLEDì 27 MARZO

-H 21 INCONTRO CON MICHELE AINIS sul tema “La democrazia al tempo del web” nell’ambito della rassegna Vivere in rete, il mondo a portata di un click. Palazzo Ducale -H 21 POCO LONTANO DA QUI: dialogo tra due grandi attrici,Chiara Guidi e Ermanna Montanari, due storie importanti della ricerca teatrale, quella di Socìetas Raffaello Sanzio e quella del Teatro delle Albe. Teatro dell’Archivolto, prezzi 20/22 e intero, 18 ridotto, 7,5 studenti -H 2230 PSYCHIC ILLS, Formazione newyorkese di rock psichedelico. In apertura, Dresda. La Claque, prezzo 11 euro

MERCOLEDì 27 E GIOVEDì 28 MARZO

-H 21 SEI GRADI: SPETTACOLO CON GIOBBE COVATTA. Politeama Genovese, prezzi da 17 a 25 €

DA SAB 30 MARZO A LUN 1 APRILE

-ERBA PERSA E NON SOLO: manifestazione florovivaistica dedicata alla maggiorana e alle altre piante, con stand di arredi, cosmesi, giardinaggio, alimentare. Villa Durazzo, Santa Margherita Ligure

SABATO 30 MARZO

-H 2230 FESTA DELLA SEMINA. Groove Yard lgs Rino aka Sismaman - guest Cpt Sureis e Dabadub from L\’ Aquila. Csa Tdn

MARTEDì 2 APRILE

-H 21 LUNEDI’ FEG, LE PAROLE TRA NOI. Conversazione con il vignettista e fumettista Francesco Tullio Altan. Teatro dell’Archivolto. -H 22 ZEROCOVER: concerto di Bobby Soul. Kitchen, via San Donato

DA MARTEDì 2 A MERCOLEDì 24 APRILE

-H 2030 I RAGAZZI IRRESISTIBILI: un classico della risata per due attori , Eros Pagni e Tullio Solenghi, dalla forte vena comica. Teatro della Corte, prezzi da 17 a 25€. Domenica ore 16, lun chiuso



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