Riss(e) n°0, graphic design Giancarlo Norese

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studio di Ermanno Cristini via S. Pedrino 4, Varese cristini.reset@libero.it

(6) NOTMADEKNOW. Luca Scarabelli maggio 2012 L’intervento è in due parti: la presenza di un piccolo gruppo di lavori e un’azione collettiva che non differenzia l’atto quotidiano (una cena) dalla sua rappresentazione. Un tema trattato e considerato dai recenti lavori di Luca Scarabelli e rilanciato in occasione della serata da riss(e) è quello della caduta e del fallimento, visto a posteriori come positiva possibilità per riscrivere una situazione o ricrearla a proprio vantaggio, e fin qui tutto bene, tutto bene finché si rimane sul filo, perché il problema è aver la capacità di non curvarsi sulla dura superficie una volta arrivati a toccarla, ma farsi rimbalzo, e abbracciare l’incertezza dello stacco e della sospensione, che poi è una costante del nostro tempo. Si cade malamente quando non si trasforma il senso del filo in mestiere, in necessità. Anche se è prevista una cena come ambiente comunicativo aperto al dialogo, gli piace ricordare che solo chi sa digiunare, chi sa sospendersi come Siddhartha, è libero dai ricatti.

nº 0 settembre 2012

riss(e)

(3) THE WEIGHT OF DREAMS. Francesco Mattuzzi gennaio-febbraio 2012 Il progetto si compone di un’installazione video, materiale fotografico e radiografico, recentemente oggetto di una mostra alla Galleria Civica di Trento, a cura di Denis Isaia. Il lavoro di Francesco Mattuzzi è incentrato sulle relazioni che soggiacciono ai processi di transito e di trasporto delle merci. The Weight of Dreams è il racconto di ciò che sta alle nostre spalle. Risultato finale di sette anni di ricerca fra interviste, testi, reperti, fotografie e video. The Weight of Dreams si sporge nel mondo dei camionisti per descrivere lo stato dei nostri sogni fra bulimia dei bisogni, sovraesposizione ai segni e ripristino del desiderio.

(7) TRE COLLEGAMENTI FISICI. Paolo Tognozzi a cura di Alessandro Castiglioni giugno 2012

(5) REJECTED WORKS. Antonio Catelani marzo-aprile 2012 Rejected works si compone di un ristretto nucleo di “oggetti” appositamente raccolti per riss(e), formando un ciclo ibrido a metà tra ready–made e manufatto artistico non pienamente estrinsecato; alcune parti di oggetti d’uso rinvenute per strada si ibridano, o soltanto si accostano, a reperti interni allo studio dell’artista: lemmi decaduti, lasciati in disparte o scartati e non utilizzati nell’articolazione di cicli più ampi e omogenei di opere. Ciò che si scopre in questa mostra appare incongruo con il percorso espressivo dell’artista: un’interruzione imbarazzante; una forzatura che fa abdicare allo stile e alla usuale operatività per lasciar spazio ad un alter ego, ad un altro e più disinvolto bricoleur che prende la mano e conduce il gioco delle relazioni, dove ciò che è rifiutato, rigettato dallo stesso artista, assurge momentaneamente al rango di opera messa in mostra.

Il progetto Tre collegamenti fisici è parte di un più ampio programma curato da Alessandro Castiglioni, dedicato all’esplorazione dei sistemi di conoscenza caratteristici della contemporaneità. La mostra di Paolo Tognozzi è il primo di questi appuntamenti. Smantellate le ultime infrastrutture della nostra modernità, ciò che muove Paolo, ma come lui, molti artisti nella nostra contemporaneità, è l’interesse per le metodologie, i sistemi, i meccanismi di conoscenza. Dotati di smartphone, costantemente connessi e a caccia di free WiFi, ci avvaliamo di un perpetuo accesso a informazioni, dati, immagini. Si tratta di un’architettura complessissima in cui l’unico modo per non perdersi è capire come accedere alle sue molteplici e diverse stanze. Paolo Tognozzi, che per ragioni anagrafiche non ha conosciuto l’informazione prima della rivoluzione, racconta il riflesso di questo mondo. Parla di collegamenti fisici, cioè delle relazioni dirette, tra campi di ricerca e risultati ottenuti. Parla di immaginari e approssimazioni e continua a domandarsi come nel nostro universo mediale ci si pone una domanda. E così continua a porre domande.


(9) HOMO MUNDUS MINOR. Una volontà degli altrove Alec Lewis Pwerla, Collectif Indigène, Ermanno Cristini e The Clement Project a cura di Jean-Marie Reynier luglio 2012 “Solo” due quadri fisici, che diventano una stratificazione linguistica. ​Alec Lewis Pwerla artista australiano offre alla visione dell’occidente un linguaggio composito di algebre e memorie, mentre il Collectif indigène (Andreanne Oberson & Jean-Marie Reynier, artisti franco-svizzeri) dona un insieme di anatomia e modificazione. Il ruolo di Ermanno Cristini non è solo quello di ospitante, ma anche quello di testimone. E come nello studiolo di San Gerolamo il testimone e custode degli eventi tradurrà il linguaggio in linguaggio. Dal titolo “homo mundus minor”, l’esposizione si sposta dunque verso la necessità dell’umano di essere e inventare mondi più grandi di sé, e questo anche grazie a una interazione di più corpi e incarichi. Una liquefazione degli intenti.

I sentieri si costruiscono viaggiando.

Paths are made by walking.

—Franz Kafka

—Franz Kafka

Non c’è etica senza riattribuzione del senso e non c’è senso senza ripensamento del valore del fare. Riss(e) nasce così. Oggi la realtà è talmente cruda da non consentire perbenismi. Dunque un terreno di confronto fuori dai limiti. E poi “riss” in tedesco è “fessura”, “crepa”, “squarcio”; e dalla crepa entra la luce. È valicando i limiti che si può riattribuire un senso al fare e più nello specifico al fare artistico. Non è cosa nuova, ma forse ora assume il valore di un’emergenza imprescindibile.

There is not ethics without re-attribution of the sense and there is not sense without re-thinking the value of making. Riss(e) is born that way. Today reality is so harsh that it does not allow conformisms. Therefore, it is a territory of comparison beyond any limit. And also “riss” in German is “split”, “crack”, “gash”; and from the crack the light comes in. It is crossing the limits that one can re-attribute a sense to making and, in particular, to artistic making. This is not new, but maybe right now it has got the value of an emergency that can not be ignored.

Valicare i limiti è varcare i confini: è l’attitudine del viandante. Senza mappa, senza meta, senza ritorno; perché l’unica meta è il ricominciare ad andare via. Riss(e) ha questo spirito. È uno spazio fisico solo accidentalmente perché non può essere “qui”. Riss(e) vuole essere piuttosto un “dovunque”, un “altrove”; una sorta di piattaforma che si sposta trovando nell’erranza la propria dimensione etica.

Crossing the limits is like crossing the borders: it is the attitude of the wayfarer. Without map, without destination, without return; because the only destination is to begin again to leave. Riss(e) has that spirit. It is a physical space only accidentally, because it can not be “here”. Riss(e) wants rather be “everyhere”, “somewhere else”; a kind of platform that moves finding in the wandering its own ethical dimension.

Riss(e) non è un project-space perché non ha una linea curatoriale organica. Propone “mostre”, anche ma non soprattutto, e vuole misurarsi con un continuo “fuori registro”; quella condizione che deriva dalla consapevolezza che, abbandonata la mappa, non resta che stupirsi degli incontri. Riss(e) raccoglie una disposizione al dialogo che ha fatto nascere altri progetti, come ROAMING, L’OSPITE E L’INTRUSO, DIALOGOS; diversi tra loro ma accomunati da un bisogno di confronto, in una dimensione relazionale che attraversa la domanda sul “che fare?” un po’ con lo spirito dell’interrogativo di Leonardo da Vinci: “la luna, come sta la luna?”.

Riss(e) is not a project-space because it does not have an organic curatorial line. It proposes “exhibitions”, also but not only, and it wants to have a confrontation with a continuous displacement; that condition that comes from the awareness that, left the map, there is nothing left to get amazed than the meetings. Riss(e) is open to the dialogue, and initiated other projects, such as ROAMING, THE GUEST AND THE INTRUDER, DIALOGOS; different from each other but with a shared need of confrontation, in a relational dimension that goes through the question about “what is to be done?”, with the spirit of the Leonardo da Vinci’s question: “the moon, how the moon is?”.

Ermanno Cristini

Ermanno Cristini (translated by Cecilia Guida)

Riss(e) è nata con il contributo ideale e di discussione di diversi “passanti”: Cesare Biratoni, Sergio Breviario, Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Vera Portatadino, Luca Scarabelli. Oggi, nella sua fase di avvio, sta incrociando altri “passanti”, tra cui: Marion Baruch, Antonio Catelani , Viviana Checchia, Clement Project, Francesca Marianna Consonni, Valerio Del Baglivo, Alessandro Di Pietro, Diana Dorizzi, Simone Frangi, Daniele Geminiani, Cecilia Guida, Patrick Gosatti, The Island, Erika La Rosa, Luc Mattenberger, Francesco Mattuzzi, Metamusa, Giovanni Morbin, Adreanne Oberson, Chiara Pergola, Cesare Pietroiusti, Jean Marie Reynier, Lidia Sanvito, Noah Stolz, Marco Tagliafierro, Temporary Black Space, Virginia Zanetti. In attesa dei prossimi.

(2) CHIRALITÀ parte seconda novembre-dicembre 2011 La chiralità è un paradosso: un’immagine speculare non sovrapponibile a se stessa. Articola e problematizza dunque l’immagine, anzi l’archetipo dello “specchio”, cioè del doppio, del riflesso, del guardato che guarda. Chiralità è un’esperienza di scambio e di negoziazione dei saperi che ha preso avvio da un’installazione di Oppy De Bernardo realizzata, a cura di Jean-Marie Reynier, presso i Sotterranei dell’Arte a Monte Carasso a Bellinzona (CH). Un gruppo di lavoro composto da quattro artisti – Ermanno Cristini, Barbara Fässler, Marzia Rossi, Lidia Sanvito –, un filosofo – Simone Frangi –, un critico d’arte – Alessandro Castiglioni –, si è misurato con le distorsioni spazio-temporali proposte dal lavoro di Oppy De Bernardo. Ne è risultato un workshop e un’operazione installativa che da I sotterranei dell’arte si è poi sviluppata a riss(e) e poi ancora al Teatro Margherita di Bari. Qui con due ulteriori contributi che percorrono il tema dello sfasamento spazio-temporale: – Metti una sera a pranzo, di Giancarlo Norese in collegamento skype da Pechino – Io sono preciso anche se gli altri non lo sanno, di Cesare Biratoni in collegamento skype da Barcellona

Riss(e) is born with the ideal contribution and the discussion of various “passers-by”: Cesare Biratoni, Sergio Breviario, Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Vera Portatadino, Luca Scarabelli. Today, at its beginning, it is crossing other passersby, among them: Marion Baruch, Antonio Catelani , Viviana Checchia, Clement Project, Francesca Marianna Consonni, Valerio Del Baglivo, Alessandro Di Pietro, Diana Dorizzi, Simone Frangi, Daniele Geminiani, Cecilia Guida, Patrick Gosatti, The Island, Erika La Rosa, Luc Mattenberger, Francesco Mattuzzi, Metamusa, Giovanni Morbin, Adreanne Oberson, Chiara Pergola, Cesare Pietroiusti, Jean Marie Reynier, Lidia Sanvito, Noah Stolz, Marco Tagliafierro, Temporary Black Space, Virginia Zanetti. Waiting for the next ones.

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(1) ZERO Pa. Marion Baruch, Cesare Pietroiusti ottobre-novembre 2011 La Teoria quantistica dei campi ci rivela che neanche un vuoto ideale, con una pressione misurata di zero Pa, è veramente vuoto. Il primo appuntamento è dedicato al vuoto e presenta due esperienze: Une chambre vide di Marion Baruch e Entra in una stanza vuota e fai l’elenco di tutto quello che c’è dentro di Cesare Pietroiusti. (4) DOPPIO APPELLO. Giannetto Bravi, Chiara Pergola con Antonella Huber marzo 2012

Une chambre vide nasce da un desiderio di respiro e di trasformazione plastica dello spazio. È un’esperienza nata a Parigi nel 2009 e attualmente in sviluppo in diversi spazi.

Due artisti e il Museo: Giannetto Bravi con le sue Quadrerie D’arte, “il museo di tutti i musei”, una ricerca che da quarant’anni contraddistingue la sua poetica, e Chiara Pergola con Madeleine, un’ipotesi di lavoro sull’idea di museo che si articola in azione grazie alla presenza di Antonella Huber, docente di Museologia del Contemporaneo. Al cospetto di una quadreria di sedici pezzi con cartoline aventi per tema paesaggi e nature morte, due generi topici della fenomenologia museale, si sidegna una riflessione sul senso del museo. In origine era il luogo sacro alle muse, figlie di Zeus e Mnemosyne, il luogo del farsi della memoria collettiva. Ma se il museo sia questo oggi, al di là del suo ruolo di teatro del turismo culturale, non è chiaro. Come è possibile ricordarsi di tutti? Potrà mai il segno di ognuno, formare un linguaggio? E che forma deve avere, questa lingua, perché possa essere parlata? La domanda prende la forma di un esperimento volto a sondare il grado di preparazione al riconoscimento reciproco.

Entra in una stanza vuota e fai l’elenco di tutto quello che c’è è un’azione di Cesare Pietroiusti compresa tra i suoi Pensieri non funzionali. L’intento è quello di riflettere sulla relatività della definizione di “stanza vuota”. Già realizzata nel 2010 al MAXXI di Roma, per Riss(e) è presentata in una versione inedita, realizzata da tre performer.

(10) L’APPUNTAMENTO. Diana Dorizzi luglio 2012

UPCOMING Settembre: THE ISLAND Ottobre: LUC MATTEMBERGER, a cura di Noah Stolz

riss(e) n°0, settembre 2012 contributi fotografici di: Debora Barnaba, Luca Scarabelli, Francesco Mattuzzi, Massimo Marchetti, Primoz Bizjak, Paolo Tognozzi, Adreanne Oberson, Diana Dorizzi progetto grafico Giancarlo Norese

Novembre: IO SONO UN INCIDENTE DI BOSCO E GRAMMATICA. Sergio Breviario, Giovanni Morbin, Samuele Menin, a cura di Rossella Moratto, Lidia Sanvito, Marco Tagliafierro Dicembre: L’ERRORE, a cura di Cecilia Guida Gennaio: VIRGINIA ZANETTI Febbraio: TEMPORARY BLACK SPACE Marzo: SIMONE FRANGI / VALERIO DEL BAGLIVO

Nell’agosto del 2010 ero appena tornata dai viaggi e ho guardato tutti i miei negativi dal primo all’ultimo; alcuni li ho stampati su carta, mezzo 18x24 strappato a mano; ho scritto sul retro e poi li ho inviati a diverse persone, come se fossero cartoline. Il mio appuntamento non prevede una rappresentazione, non prevede una performance, non una mostra, non un’opera d’arte, nessuna cornice e nessun piedistallo. Invito tutti; tra le persone che verranno ci saranno alcune o tutte le persone che hanno ricevuto la cartolina, se le avranno volute portare e saranno voluti venire; l’unico modo di vederle è di chiedere, di parlarsi, di trovarsi. Io offro la scusa, il pretesto, per poterlo fare.


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