Riss(e) n°5, graphic design òbelo (Claude Marzotto, Maya Sambonet)

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progetto grafico òbelo ÷ graphics, workshop, research obelo.it

ZENTRUM via San Pedrino,  4—Varese cristini.reset@libero.it

Non c’è etica senza riattribuzione del senso e non c’è senso senza ripensamento del valore del fare. riss(e) nasce così. Oggi la realtà è talmente cruda da non consentire perbenismi. Dunque un terreno di confronto fuori dai limiti. E poi Riss in tedesco è ‘fessura’, ‘crepa’, ‘squarcio’; e dalla crepa entra la luce. È valicando i limiti che si può riattribuire un senso al fare e più nello specifico al fare artistico. Non è cosa nuova, ma forse ora assume il valore di un’emergenza imprescindibile.

riss(e) è nata con il contributo ideale e di discussione di diversi ‘passanti’: Cesare Biratoni, Sergio Breviario, Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Vera Portatadino, Luca Scarabelli.

Oggi ha incrociato e sta incrociando altri ‘passanti’, tra cui: Marion Baruch, Lisa Mara Batacchi, Antonio Barletta, Marco Belfiore, Francesco Bertocco, Lorenza Boisi, Federica Boràgina, Giulia Brivio, Antonio Catelani , Mario Casanova Salvioni, Viviana Checchia, Richard Clements, Clement Project, Gianluca Codeghini, Francesca Marianna Consonni, Mauro Cossu&Francesca Conchieri, Valerio Del Baglivo, Alessandro Di Pietro, Diana Dorizzi, Freya Douglass-Morris, Graziano Folata, Francesco Fossati, Simone Frangi, Archie Franks, Daniele Geminiani, Patrick Gosatti, Patrizia Giambi, Sabina Grasso, Elio Grazioli, Cecilia Guida, Silvia Hell, Cecilie Hjelvik Andersen, The Island, Gabriele Jardini, Erika La Rosa, Lucia Leuci, Cathy Lomax, Corrado Levi, Chiara Luraghi, Luc Mattenberger, Andrea Magaraggia, Beatrice Marchi, Francesco Mattuzzi, Samuele Menin, Metamusa, Yari Miele, Concetta Modica, Rossella Moratto, Giovanni Morbin, Angelo Mosca, Alberto Mugnaini, Marco Neri, Adreanne Oberson, Stefano W. Pasquini, Chiara Pergola, Cesare Pietroiusti, Marta Pierobon, Jean Marie Reynier, Rosamaria Rinaldi, Laura Santamaria, Lidia Sanvito, Angelo Sarleti, Alli Sharma, Annalisa Sonzogni, Noah Stolz, Marco Tagliafierro, Francisca Silva, Temporary Black Space, Federico Tosi, Virginia Zanetti.

10.2015

riss(e) non è un project-space perché non ha una linea curatoriale organica. Propone ‘mostre’, anche ma non soprattutto, e vuole misurarsi con un continuo ‘fuori registro’; quella condizione che deriva dalla consapevolezza che, abbandonata la mappa, non resta che stupirsi degli incontri. riss(e) raccoglie una disposizione al dialogo che ha fatto nascere altri progetti, come Roaming, L’ospite e l’intruso, Dialogos; diversi tra loro ma accomunati da un bisogno di confronto, in una dimensione relazionale che attraversa la domanda sul ‘che fare?’ un po’ con lo spirito dell’interrogativo di Leonardo da Vinci: ‘la luna, come sta la luna?’. —Ermanno Cristini

upcoming— 10.2015—Il Prufesur 12.2015—Dustin Cauchi—Francesca Mangion

risseart.jimdo.com ermannocristini.it roaming-art.it dialogosart.jimdo.com strabismi.tumblr.com

Elio Grazioli, Primo sogno foto Luca Scarabelli

Lisa Mara Batacchi, Soulmates poncho in fase di lavorazione, 2014 stampa fotografica su carta, 2014 foto Vera Portatadino

Elsewhere – Altrove è una mostra interamente dedicata alla pittura e mette a confronto sei pittori legati da un lato alle esperienze di riss(e) e dall’altro a quelle di Transition Gallery, un artist-run space londinese diretto da Cathy Lomax. Così Elsewhere – Altrove fa incontrare e dialogare due realtà indipendenti, centri di sperimentazione e produzione di idee, in quello che vuole essere il primo step di una collaborazione progettuale.

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Elewhere-Altrove foto Vera Portatadino

elsewhere – altrove

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09/10.2014―Cesare Biratoni―Freya Douglas-Morris―Archie Franks ―Cathy Lomax―Vera Portatadino―Alli Sharma

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Ba t ac c

Soulmates è nato dalla frequentazione e dallo scambio di idee tra Lisa Batacchi e Lapo Binazzi, uno dei fondatori degli UFO, il gruppo fiorentino di architettura radicale che negli anni ’60 ripensò il ruolo del prodotto e del design. Soulmates, ‘anime gemelle’, ci parla di persone attraverso le cose o meglio di cose che valgono in quanto catalizzatori e veicoli di relazioni. Al centro è una maglia e da questo fulcro, a raggera, si dipanano storie dove il privato diventa pubblico e viceversa. Un modo per riflettere sui rapporti ma anche sul ‘prodotto’, che in questo caso si sottrae ai ritmi del sistema della moda per guadagnare invece il tempo necessario a ‘consumare’ ogni incontro in quanto esercizio del sentimento.

In attesa dei prossimi.

Valicare i limiti è varcare i confini: è l’attitudine del viandante. Senza mappa, senza meta, senza ritorno; perché l’unica meta è il ricominciare ad andare via. riss(e) ha questo spirito. È uno spazio fisico solo accidentalmente perché non può essere ‘qui’. riss(e) vuole essere piuttosto un ‘dovunque’, un ‘altrove’; una sorta di piattaforma che si sposta trovando nell’erranza la propria dimensione etica.

riss(e) n°5

Elsewhere – Altrove è anche l’avvio di una mutazione che vede riss(e) affiancarsi a due nuovi spazi indipendenti, Yellow, a cura di Vera Portatadino e Surplace, a cura di Luca Scarabelli, a formare insieme ZENTRUM, un deposito temporaneo di opere e forme, idee, riflessioni, pensieri, incontri, scontri, cose... per l’arte contemporanea.

riss(e)

I sentieri si costruiscono viaggiando. ―Franz Kafka


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Elio Grazioli, Primo sogno foto Luca Scarabelli

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Un critico espone? Perché no? Di fatto, ci si pensa poco, ma si espone sempre, e d’altra parte si occupa normalmente del rapporto tra immagine e parola e dunque perché non produrre anche delle immagini? Eccomi dunque, in realtà non per la prima volta, a provarci alla mia maniera. In mostra, su una parete, sei fotografie e due video, scattate e girati dal sottoscritto; sulla parete di fronte, un mio ritratto dipinto da Dario Bellini, su mia richiesta e da una foto fornita da me, un video degli stessi girati per i miei due video, ma montati da Aurelio Andrighetto, e infine un’altra mia fotografia ritoccata ad acquarello. Le immagini sono varie ma giocano tutte sul doppio. — Elio Grazioli

in contemporanea —Il kouros scultura teatrale di Dario Bellini attori—Francesco Alberici, Luca Iuliano, Mauro Scalora, Daniele Turconi oggetti sonori—Gianluca Codeghini costumi—Mariella Butturini assistente alla regia—Simona Baccolo

on canvas

03/04.2015―Angelo Mosca―Marco Neri―Angelo Sarleti

Gabriele Jardini, Erotica stampa fotografica su carta, 2014 foto Federico Jardini

Sul versante diametralmente opposto all’istantanea, la fotografia qui prende tempo. Set le cui costruzioni avvengono con tempi lunghissimi trasudano infinita pazienza, sostenuta dalla non comune capacità di aspettare.

Gabriele Jardini, Calder parterre IV stampa fotografica su carta, 2014 foto Luca Scarabelli

Ne Il crudo e il cotto Claude Lévi Strauss si interroga sulla tensione tra natura e cultura alla ricerca della ‘casa’ del mito; questa mostra ne prende a prestito il ‘profumo’ nell’intento di evocare un’attenzione per le dialettiche degli opposti che è elemento cardine nel lavoro di Gabriele Jardini. Ma in questo caso si tratta di dialettiche disassate perché il ‘crudo’ si oppone al ‘dritto’ realizzando uno scarto sull’asse del buonsenso fino a farci toccare con mano il limite, quel luogo dove il possibile sconfina nell’impossibile. Jardini usa la fotografia per operare una fotografia del limite.

Light è una mostra bipersonale unicamente per l’assonanza dei cognomi dei due artisti tra loro e con me. In comune si è scoperto, poi, che abbiamo un’attrazione per i significati doppi e le traiettorie che uniscono cose apparentemente senza alcuna relazione. Ne è nata una mostra leggera e luminosa dove il guardare cerca nel dubbio il proprio orizzonte. La parola Light in inglese indica sia la luce, come stostantivo, che la leggerezza, come aggettivo, oltre a varie sfumature che arrivano fino alla gentilezza.

light

03/04.2015―Gianluca Codeghini―Stefano W. Pasquini

Gianluca Codeghini, Scampoli preparatori libro, 2015 foto Ermanno Cristini

Gianluca Codeghini, Stefano W. Pasquini Light foto Ermanno Cristini

Stefano W. Pasquini, UE 1502 polaroid, 2015 foto Stefano W. Pasquini

‘Su tela’ è ciò che accomuna il lavoro dei tre artisti in questa mostra, una mostra di pittura nel senso stretto del termine, ovvero interamente giocata intorno alla relazione tra un telaio, una tela, un’imprimitura e dei colori. Io ho qualche difficoltà oggi a rapportarmi alla pittura, perché in ultima analisi me ne sfugge il senso, eppure e forse proprio per questo la pittura talvolta mi corrompe con una sottile fascinazione. È il potere attrattivo di ciò che non si offre mai completamente e dunque si propone a un corteggiamento continuo. Questa mostra nasce così, come un momento di questo corteggiamento. Nessuna intenzione di esaustività rispetto agli orientamenti attuali della pittura in Italia anche se si tratta di tre autori di primo piano. Semplicemente la ‘messa in mostra’ di tre incontri, in tempi diversi e di figure diverse, capaci di stimolare la mia curiosità, e la volontà di capire. Tre percorsi raccontati in una mostra con pochissimi lavori, all’insegna della massima economia espositiva, perché le diversità appaiano con l’evidenza e la passione di un chiaroscuro ad altissimo contrasto.

Angelo Sarleti, Angelo Mosca, Marco Neri, On Canvas foto Luca Scarabelli


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