Mantero. Cento anni di architettura

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Mantero. Cento anni di architettura edito in occasione della mostra allestita in Como nel giugno 2011

mostra a cura di

Davide Mantero e Jessica Ana誰s Savoia volume a cura di

Jessica Ana誰s Savoia

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Con il patrocinio di

Con il patrocinio e il contributo di

Provincia di Como Assessorato alla cultura

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Mantero. Cento anni di architettura IL LIBRO a cura di Jessica Ana誰s Savoia testi Antonio Albertini, Fabio Cani, Silvano Cavalleri, Luigi Chiara, Mario Colombo, Mario Fosso, Sergio Gaddi, Alberto Longatti, Davide Mantero, Enrico Mantero, Nicola Mastalli, Alberto Novati, Massimo Novati, Aurelio Pezzola, Jessica Ana誰s Savoia, Giovanni Tacchini, Marco Valsecchi, Marco Vido, Daniele Vitale fotografie allo stato di fatto fotografo Nicola Belluzzi responsabile parte visiva e architettonica arch. Riccardo Palmieri progetto grafico e impaginato Paolo Filippo Soldan operaidellacomunicazione.it traduzioni Nicoletta Caresani per il Park Hotel Meubl辿 e il Condominio San Rocco Jacqueline Fuchs per tutti gli altri testi controllo redazionale Fabio Cani edizione NodoLibri, Como LA mostra dal 8 giugno al 7 luglio 2011 Como, Spazio Culturale Antonio Ratti (ex Chiesa di San Francesco) a cura di Davide Mantero e Jessica Ana誰s Savoia comitato scientifico Antonio Albertini, Silvano Cavalleri, Luigi Chiara, Mario Fosso, Nicola Mastalli, Alberto Novati, Massimo Novati, Aurelio Pezzola, Marco Valsecchi, Marco Vido direzione e coordinamento organizzativo Associazione Culturale Erodoto, Como art director immagine coordinata Matteo Margheritis operaidellacomunicazione.it inaugurazione EnotecaCatering

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SOMMARIO INTRODUZIONI 014 015 016 017

Anonimo, dopo una formazione di Davide Mantero Assi cartesiani di un secolo di Fabio Cani Conoscere il patrimonio culturale di Mario Colombo Identità Culturali di Sergio Gaddi

MOSTRA | exhibition 020

Mantero. Cento anni di architettura di Jessica Anaïs Savoia

INTERPRETI | interpreters 026 030

Gianni Mantero: interprete della storia dell’architettura di Enrico Mantero Enrico Mantero: architetto e docente di architettura di Alberto Longatti e Jessica Anaïs Savoia

PROGETTI | Projects 038 046 054 064 072 082 104 112 120 130 140 150 160

Palazzo Barazzoni a cura di Davide Mantero Palazzo Mantovani a cura di Silvano Cavalleri Canottieri Lario a cura di Massimo Novati Villa Pirovano a cura di Massimo Novati Casa dell’artista sul lago a cura di Nicola Mastalli Casa del Balilla e Stadio a cura di Alberto Novati e Davide Mantero Park Hotel Meublé a cura di Marco Vido Condominio San Rocco a cura di Marco Vido Scuola Media di Albate a cura di Antonio Albertini Scuole di Olgiate Comasco a cura di Nicola Mastalli e Marco Valsecchi Ca’ d’Industria a Rebbio a cura di Luigi Chiara Scuola Media di Lipomo a cura di Nicola Mastalli e Marco Valsecchi Casa sul Bosforo a cura di Nicola Mastalli e Marco Valsecchi

SAGGI CONCLUSIVI 168 172 176 180

Enrico Mantero: il mestiere delle arti di Mario Fosso Note sparse sulle telefonate notturne di Enrico Mantero di Aurelio Pezzola Lungo linee di coste lacuali di Giovanni Tacchini Como e la speranza dell’architettura di Daniele Vitale

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introduzioni

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anonimo, dopo una formazione DAVIDE MANTERO

Ogni debito va saldato. Se questa è la lezione si direbbe che siamo all’inizio. Non è semplice, anche se può apparire facile, iniziare di fronte a tanti, davvero tanti documenti. Tutto farebbe pensare che siano sufficienti per fare un buon lavoro. E invece no, si tratta di ben altro. Studiare, capire, indagare, è tanto più importante quanto il tempo che si crede si sia perso facendolo, se poi si aggiunge il peso di una eredità, tutto si complica. Ho pensato tanto a questa mostra, al fatto che andava fatta, assolutamente. E spero con tutto me stesso che possa essere apprezzata. Per il lavoro delle persone che si sono impegnate, per l’affetto che ha circondato il progetto, per chi, davvero, ha segnato “la terra del lavoro”. Cento anni di architettura sono pochi, ma sono un’immensità per due persone che le arti sorelle le hanno davvero frequentate, attivamente. Ormai maggio inoltrato, si può davvero guardare avanti.

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assi cartesiani di un secolo FABIO CANI

Una caratteristica del moderno fare architettura a Como è recentemente emersa come particolarmente significativa: quella del fare gruppo. Se nelle indagini “storiche” sul Razionalismo comasco si era posta l’attenzione sull’emergere delle singole – grandi – personalità, da un certo momento in avanti si è centrata l’attenzione sulla rete di relazioni che tutti i progettisti intrecciavano, in una serie di raggruppamenti sempre diversi e – a volte – addirittura irrituali (architetti e ingegneri, certo, ma anche pittori e scultori, e filosofi e poi “amici” a diverso titolo). Con questa nuova pubblicazione e con la mostra che l’accompagna, alle relazioni orizzontali si aggiungono quelle verticali; anche questa è una caratteristica che nello svolgimento storico del secolo passato, che per la cultura comasca è stato tutt’altro che “breve”, assume un ruolo del tutto particolare. Molti degli studi professionali protagonisti di questa stagione conoscono più generazioni: è il caso dello studio Terragni, ormai giunto, dopo il passaggio dall’architetto Giuseppe al fratello ingegnere Attilio, alla terza generazione; è il caso di quello dei Ponci, passato dal fratello maggiore Piero al minore Carlo, e poi a una generazione successiva; è il caso dei Giussani, per cui all’ingegnere Antonio, protagonista del passaggio dall’Otto al Novecento, succede Gabriele; è il caso – con tutta evidenza – anche dei Mantero, di cui questo volume indaga la vicenda professionale lungo un arco che sfiora i cent’anni. Nella scelta delle architetture da proporre all’attenzione di chi legge – scelta operata a partire da un repertorio di progetti e realizzazioni assai vasto – si è posta particolare attenzione a sottolineare il valore di testimonianza del tempo e, quindi, la significativa evoluzione da un progettista all’altro; contemporaneamente si avverte la maturazione professionale nell’alveo del continuo mutare delle condizioni storiche e, insieme, il ritornare, con nuova sensibilità, a certi temi e addirittura a certi specifici edifici. Gli interventi sulla sede della Canottieri Lario o sullo Stadio Sinigaglia, per esempio, rappresentano un impegno pluridecennale condotto con modalità diversificate, ma con identico impegno; viceversa, alcuni progetti condotti insieme svolgono quasi il ruolo di testimone trasferito dalle mani dell’uno a quelle dell’altro. Gianni ed Enrico Mantero non sono solo padre e figlio, ma sinceri e profondi interpreti del mutare delle condizioni del fare architettura e del persistere di ben individuati modelli professionali. Le relazioni di gruppo (“orizzontali”) e quelle di generazione (“verticali”) sono gli ideali assi cartesiani che forniscono il sistema di riferimento a una lunga stagione in cui Como e il suo territorio hanno davvero contribuito a fare la storia dell’architettura: basta porre attenzione ai progetti scelti per rendersi conto che non ci si può limitare all’ormai celebrato Razionalismo. Rubando una nota definizione ad Alberto Sartoris, si può davvero parlare di “ordre e climat” lariani e, esattamente come egli ha insegnato, non fermarsi ai fatidici anni tra le due guerre. L’omaggio a Gianni ed Enrico Mantero è, in realtà, un omaggio a un’intera città e alla sua storia recente.

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mantero : cento anni di architettura a cura di JESSICA ANAÏS SAVOIA

Rinvenire la storia della tua città e delle persone che l’hanno costruita, studiata, voluta, passando attraverso la documentazione autentica di un archivio ancor oggi da scoprire è stato, ed è tuttora, un incombente, quanto gratificante, lavoro, attraverso il quale si ritrova il piacere della scoperta, della conoscenza, della storia stessa. Perché cominciare a metter mano su un archivio da anni chiuso, dovendo ordinare incartamenti e fotografie, è come aprire un pacco regalo ricevuto da uno sconosciuto; leggere tra gli appunti di quaderni ordinati, riempiti dalla bella calligrafia che ritroviamo ancora a completamento dei disegni, con quote, numeri e titoli, è come spiare qualcuno dalla serratura, nei suoi segreti più intimi e più veri. Nella mole considerevole di disegni impeccabili, tra linee nere come la china che le ha tracciate e conservate sino ad oggi su lucidi ormai fragili e croccanti che rivelano i loro anni, quasi cento, su fogli ingialliti dal passare delle stagioni, autentici nel loro essere unici, ho ritrovato l’anima di un uomo che ha vissuto l’importante passaggio storico da un secolo all’altro. Un uomo che ha vissuto e combattuto due guerre mondiali, che ha lavorato nella città di Terragni senza esimersi dal mettersi alla prova, confrontandosi con il Movimento Moderno Europeo e con il Razionalismo Comasco. Questo perché per raccontare il recente passato di cui fanno parte la storia, gli ideali, gli studi e le passioni di un architetto amato come lo è stato, e lo è ancora, Enrico Mantero, non potevamo che cominciare dalle sue radici, ben ancorate in suo padre, l’ingegnere Gianni, colui che Luciano Caramel descriveva nel 1989 in Il Razionalismo lariano. Como 1926-1944, come il personaggio atipico e non allineato del gruppo razionalista comasco. Sì, perché in un’epoca in cui l’identità del singolo doveva venire meno a favore del progetto collettivo della nuova architettura, quella funzionale e razionalista capitanata da Giuseppe Terragni, l’architettura di Gianni Mantero viene ricordata come “la nota più decorativa” dallo stesso Carlo Ponci, parlando ad esempio del carattere impresso all’arredamento della Sartoria Moderna allestita alla IV Mostra Internazionale delle Arti Decorative a Monza, nel 1930. Lui che laureatosi in ingegneria civile nel 1921, dopo un biennio all’Accademia di Belle Arti di Brera per divenire architetto-ingegnere prima della Grande Guerra, esordirà con il progetto dell’azienda tessile di famiglia in via Volta, ancor oggi apprezzabile esempio di stile lombardo con ricchi decori per le facciate. Da qui il palazzo storicistico Barazzoni, di via Garibaldi, del 1926, di cui verranno esposte un numero considerevole di tavole originali che raccontano l’amore e la precisione con cui qualsiasi elemento veniva studiato e disegnato, dal soffitto a cassettoni, alla pavimentazione, sino ai lampioni delle scale, oltre agli arredi, le finestre e agli elementi meccanici che le componevano. Seguirà Palazzo Mantovani, il cui aspetto funzionale soccombe a quello decorativo offrendo alla nostra città il primo centro commerciale con l’introduzione di una galleria aperta con doppia esposizione interna al piano terreno, anticipando la concezione di architettura per il commercio messa in opera da Giuseppe Terragni nel vicino negozio Vitrum di piazza Duomo. La modernità del progetto del Mantovani preparerà l’ingegnere alle due sfide più importanti: la progettazione della Canottieri Lario (1930-1931) e dell’Opera Nazionale Balilla (1933-1936) sull’impianto preesistente dello Stadium di Giovanni Greppi (del 1925-1927), di cui manterrà la conformazione lunga e stretta. Nel primo caso l’idea del progetto sarà quella di legare anche idealmente gli atleti alle acque del Lario, come ricorda Luigi Cavadini nel volume sopra citato, offrendo loro una novità assoluta per l’Italia, data dal bacino d’istruzione e allenamento al coperto grazie all’innovativa vasca di voga. Tutt’intorno un’architettura unica nella sua bellezza, arricchita allora dai complementi d’arredo interamente disegnati da Mantero stesso, per quella grande sala a cui fa da sfondo l’affresco di Arturo Songa. Nel secondo caso verrà progettata l’opera sportiva con il portale tripartito in marmo, di cui è conservato un numero considerevole di tavole, documenti, schizzi e disegni, comprendenti la parte della piscina con il trampolino a due piani, l’allora palestra e sala

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per la scherma, nonché gli uffici dell’ONB. Non furono gli unici impianti dedicati allo sport e ai servizi progettati da Gianni Mantero, ma come in ogni progetto espositivo occorre fare delle scelte legate alla storia narrata e agli spazi che la ospiteranno. Per cercare di raccontare quasi cento anni di architettura, nonché la storia professionale e le contaminazioni culturali tra un padre e un figlio, abbiamo indirizzato le nostre scelte, insieme all’architetto Davide Mantero in prima istanza, e poi con il comitato scientifico composto da professionisti comaschi e docenti del Politecnico di Milano, verso progetti significativi non solo per stile o modernità, ma anche per essere stati rimaneggiati, completati o aggiornati negli anni, da Enrico Mantero, in una sorta di eredità intellettuale e progettuale. Tra questi, per la tipologia delle residenze borghesi urbane, seppur di modeste dimensioni, è stato scelto il progetto di Villa Pirovano, villa che venne appunto ristrutturata da Enrico verso la metà degli anni Novanta, come successe per il Mantovani, lo Stadio e la Canottieri. Dopo il progetto della Casa dell’Artista sul Lago proposta alla V Triennale di Milano nel 1933 con il gruppo razionalista comasco, e dopo la seconda guerra mondiale, Gianni Mantero seguirà un tema molto forte all’interno della progettazione architettonica quale il completamento di un isolato, con il tema dell’angolo e il fattore volumetrico. Qui abbiamo portato l’esempio dell’imponente edificio che salda viale Masia con via Recchi, costruito tra il 1961 e il 1965, in cui, all’ultimo piano, l’ingegnere ebbe la sua residenza per una decina d’anni. In questi anni Enrico Mantero si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, facoltà che lo vedrà insegnante e direttore del Dipartimento di Progettazione sino agli ultimi giorni della sua vita. Sono anche gli anni in cui comincia a praticare la professione, non nello stesso Studio del padre però, per volere proprio di Gianni, ma in continuo confronto e stimolo con lui. Molti sono i progetti che vennero svolti da entrambi gli Studi, ma quasi nella totalità dei casi Gianni sceglieva il progetto del figlio, convinto che la sua architettura avesse fatto il suo corso, e che quel presente necessitasse di idee nuove. A testimonianza di queste vicende verranno presentati al pubblico due progetti di estrema modernità: il Park Hotel di Como (1960-1965) di cui fu Enrico Mantero a eseguire il progetto esecutivo, e la Scuola media, oggi anche elementare, di Albate, di cui si metteranno a confronto i due progetti inizialmente in concorso. Una storia analoga si può raccontare per le Scuole materna ed elementare di Olgiate Comasco, due edifici interessanti sotto l’aspetto della didattica, soprattutto per le aule del secondo edificio, strutturate su due livelli per consentire all’insegnante di svolgere nel medesimo spazio attività didattiche e di laboratorio. Il tema della puerizia, come quello della terza età, qui ricordato con il progetto per la casa di riposo a Rebbio – Ca’ d’Industria –, sarà caro a Enrico Mantero per molti anni. Numerosi sono infatti gli edifici progettati dall’architetto nella provincia di Como, ma anche di Lecco e di Milano, che necessiteranno di essere trattati nella loro complessità in separata sede. Qui riportiamo solo un ultimo progetto, del 1983, che vedrà nascere la Scuola media e successivamente anche la palestra di Lipomo, in cui Enrico Mantero si confronterà con l’orografia del terreno in una progettazione organica quasi alla Frank Lloyd Wright, in un altissimo livello compositivo che raggiunge i suoi massimi livelli nel progetto di Casa sul Bosforo a Instanbul, dalla cui pianta si evince un grande vuoto, dentro al quale si affacciano tutti gli ambienti interni. Un ennesimo omaggio al funzionalismo di quel Movimento Moderno di cui è stato un infaticabile studioso.

In alto, una prova di carico del trampolino a lago della Canottieri Lario. Sopra, uno schizzo su carta relativo al primo progetto del trampolino della Piscina Sinigaglia di Gianni Mantero On top, a load test of the diving board at the Canottieri Lario. Above, a sketch of the first project’s diving board of the Piscina Sinigaglia, by Gianni Mantero

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mantero : one hundred years of architecture edited by JESSICA ANAÏS SAVOIA

Discovering the history of your city and the people who built, studied and willed it, by way of authentic documentation of an archive still to be fully discovered today, has been, and still is, as much an obligation as it is gratifying and where the pleasure of discovery, of knowledge, of history itself can be rediscovered. Going through an archive that has been stored away for years, sorting through papers and photographs, is like opening a gift received from a stranger. Reading through the notes of the orderly notebooks filled with beautiful calligraphy that can also be found in the designs with quotes, numbers and titles, is like spying on someone’s truest and deepest secrets through a keyhole. Among the considerable collection of impeccable designs – lines as black as the Indian ink that drew them, conserved on fragile and crisp tracing paper demonstrating their nearly one hundred years, yellowed by the passing of seasons, authentic in their uniqueness – I found the soul of a man who lived through the important historical transition from one century to another, who lived and fought two world wars, who worked in Terragni’s city, without ever refraining from putting himself to the test, measuring himself against the European Modern Movement and Como Rationalism. In order to relate the recent past that includes the story, ideals, studies and passions of an architect as beloved as Enrico Mantero was – and still is – we had to start from his roots that are anchored to his father the engineer Gianni, whom Luciano Caramel in 1989 described in Il Razionalismo lariano. Como 1926-1944 as an unusual and non-aligned individual of the Rationalist Como Group. In an age in which the identity of the individual was to be disregarded in favour of the collective project of the new functional and rational architecture headed by Giuseppe Terragni, Gianni Mantero’s is remembered as “the most decorative” by Carlo Ponci, speaking for instance of the character of the furnishings of the Sartoria Moderna staged at the IV Mostra Internazionale delle Arti Decorative in Monza in 1930. He graduated in civil engineering in 1921, after two years at the Accademia di Belle Arti di Brera to become an architect-engineer before the Great War, debuting with the family textile firm in via Volta, still today a valuable example of the Lombard style featuring richly decorated façades. From there to Palazzo Barazzoni in 1926, a historicist building in via Garibaldi, of which a considerable number of original drawings will be shown that tell of the love and precision with which every element was studied and designed, from the coffered ceilings to the flooring, the lamp posts in the stairwell as well as the furnishings and windows and the mechanical elements that composed them. Palazzo Mantovani followed, whose functional aspect succumbs the decorative aspect, offering our city its first shopping centre with the introduction of an open gallery with a double internal exposure on the ground floor, anticipating the architectural conception for trade implemented by G. Terragni in the nearby Vitrum store in Piazza Duomo. The modernity of the Mantovani project prepared the engineer for his next two major challenges: designing the rowing club Canottieri Lario in 1930-1931 and the Opera Nazionale Balilla (1933-1936) on the pre-existing installation of Giovanni Greppi’s Stadium of 1925-1927, retaining the long, narrow structure. In the first case, the idea of ​​the project was to also connect the athletes to the waters of the lake, as noted by Luigi Cavadini in the abovementioned volume, by offering them an absolute novelty in Italy given by the tuition scope of a training pool thanks to an innovative rowing tank. A unique architecture all round in its beauty, enriched by furnishings designed entirely by Mantero himself for the great hall featuring Arturo Songa’s fresco. In the second case, the sporting structure was designed with a tripartite entrance with marble cladding, of which a considerable amount of designs, documents, sketches and drawings have been preserved, including the pool with the two-level diving board, the then gym and fencing hall as well as the ONB offices. These were not the only structures dedicated to sporting facilities and services designed by Gianni Mantero, but as in any exhibition, choices

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must be made in relation to the story being narrated and to the space that will host it. In the attempt to narrate almost a hundred years of architecture, as well as the professional history and cultural influences between father and son, we have had to direct our choices – together with architect Davide Mantero in the first instance, and then with the honourable scientific committee constituted by Como professionals and lecturers from the Polytechnic of Milan – towards major projects not only in terms of style or modernity but having been recast in terms of their completion or restructuring over the years by Enrico Mantero, in a kind of intellectual and design heritage. Amongst these, although modest in size, Villa Pirovano was chosen as typifying the urban bourgeois home, renovated by Enrico in the mid Nineties in the same way as Palazzo Mantovani, the Stadium and Canottieri Lario. Following the Artist’s House on the Lake project, presented at the 5th Milan Triennale in 1933 with the Como rationalist group, and after the second world war, Gianni Mantero pursued a very strong theme within architectural design, namely the completion of a block characterised by the corner theme and its volumetric aspect. Here as an example, we have the imposing building that marks the corner of viale Masia and via Recchi built from 1961 to 1965, where the engineer resided for ten years on the top floor. In those years, Enrico Mantero graduated in Architecture at the Politecnico di Milano, where he later taught and was Director of the Design Department until the final days of his life. These were also the years in which Enrico began to practice his profession, not in the same studio as his father – by Gianni’s own volition – but with continued stimulation and discussions between them. Many projects were undertaken by both Studios, but in almost all cases Gianni chose his son’s projects, convinced that his own architecture had run its course and required new ideas. In testimony to these events, the public will be presented two projects of extreme modernity: the Park Hotel in Como (1960-1965) where Enrico Mantero was project executive, and the School of Albate where two initially competing projects are contrasted (1966 and 1969). A similar story can be narrated for the Schools of Olgiate Comasco, two buildings that are extremely interesting in terms of didactic opportunities due to the classrooms in the second building, constructed on two levels that allow teachers to perform teaching and laboratory activities within the same space. The theme of youth, as well as the elderly – recalled here with the nursing home in Rebbio – Ca’ d’Industria – were very dear to Enrico Mantero for many years. There are numerous such buildings designed by the architect in the provinces of Como, Lecco and Milan as well, but due to their complexity will need to be presented on a separate occasion. Here we offer a last project of 1984, which was the creation of the school, and later the gym, in Lipomo, where Enrico Mantero confronts the terrain in an organic design recalling Frank Lloyd Wright. An extremely high level of composition that achieved its maximum expression in the House on the Bosphorus, in Istanbul, where the design features a big void, which all the interior environments look onto. Yet another tribute to that functionalism of the Modern Movement of which he was a tireless scholar.

Sopra due immagini storiche del cantiere della Casa del Balilla di Gianni Mantero Above, two historic photos of the yard of the Casa del Balilla by Gianni Mantero

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INTERPRETI interpreters

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gianni mantero: interprete della storia dell’architettura

Enrico Mantero *testo redatto nel 1997 in occasione dei cent’anni dalla nascita del padre ing. Gianni Mantero

Gianni Mantero nasce a Novi Ligure nel 1897, ultimo di otto fratelli, da una famiglia di imprenditori tessili guidata dalla madre Enrica Sovera, che trasferisce, nel giro di pochi anni, i figli a Como dove costruiranno una delle fabbriche tessili tra le più prestigiose nell’ambito della secolare storia dell’industria tessile comasca che tanto ha influito sulla forma urbis. Gianni è l’unico che non sceglie questa strada e opta per gli studi di ingegneria. Si iscrive, nel 1913, al “Biennio” dell’Accademia di Brera, fase “obbligata” per gli ingegneri civili. Ha come professore, tra gli altri, Camillo Boito. Nel 1915 parte per il fronte del Carso con il Reggimento Genio Zappatori della Divisione Mantova. Torna nel 1919 dopo una lunga prigionia ospedaliera in Ungheria dove conobbe giovani ingegneri austriaci, tedeschi e polacchi che ritrovò negli anni Trenta in seno al Movimento Moderno. Ecco il giovanile contatto “tecnicoculturale” con la Città Mitteleuropea, anche se in seno alla tragedia bellica. Tornato a “casa”, frequenta il Triennio di Ingegneria Civile e si laurea nel 1921 al Politecnico con Giovanni Muzio, che resterà il suo riferimento fondamentale per la “storica tradizione urbanistica ed edile” della Città. Nel 1928 realizza i Magazzini Mantovani iniziando la sua ricerca di interprete del pensiero di Adolf Loos: è l’addio cosciente all’Eclettismo e l’inizio degli studi sulle Scuole dei Nuovi Maestri. Nel 1930, ed è qui l’incontro con i giovani Razionalisti comaschi, partecipa all’ultima edizione, la IV, dell’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa di Monza, sul tema della Sartoria. Inizia qui il rapporto con il Gruppo e la grande amicizia concettuale e artistica con Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri. Nel 1931 realizza la sede della Canottieri Lario che è di fatto un omaggio all’altro suo grande maestro Walter Gropius: è il confronto con le funzioni collettive negli stilemi universali del Movimento Moderno europeo. Nel 1933 con tutto il Gruppo di Como e con il lecchese Mario Cereghini realizza, alla V Triennale, la Casa dell’artista sul Lago, limpida opera razionalista. Sempre nel 1933 realizza il completamento dello Stadio Sinigaglia a Como nel rispetto dei “tracciati” del suo maestro milanese Luigi Greppi: è il ritorno ad esplorare una reale monumentalità delle funzioni collettive alla scala della città. La stupenda esperienza di opere di architettura che, pur diverse tra loro, per i riferimenti che ho citato prima, hanno definito un tessuto delle “forme” che, grazie al loro prestigio, hanno definito il luogo che testimonia il passaggio tra Ottocento e Novecento. Che dire, al di là dei sentimenti e dell’amore per l’architettura di mio padre, della sua opera “la Canottieri” alla quale col suo consenso nel 1980 ho completato il lato est adibito a

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palestra? Mio padre ha sempre avuto grande interesse e un grande riferimento alle opere e alle prime figure culturali del Movimento Moderno Centro Europeo e, in particolare, a quello tedesco e olandese. La Canottieri è certamente una visitazione alle opere giovanili di Walter Gropius trasportata in una “catarsi mediterranea”. Il “sigillo” che mio padre ha voluto lasciare a questa “Mediterraneità”, e alla scenografia del Lago nel suo rapporto di “natura naturata”, è certamente il Trampolino, opera dell’intellettualità ingegneristica, ardimentosa, pur nella sua “misura domestica”. Il Trampolino si “abbraccia”, per così dire, con il Monumento ai Caduti del Peppino (Terragni, ndr.), si abbraccia e si unisce a lui in una stupenda astrazione formale che, radicata nell’esprit novecentesco anticipa il realismo delle Forme Architettoniche Razionaliste. Tutto quanto ho detto in queste brevi note, lo sento come un rimpianto rispetto alla condizione attuale dell’Architettura che la Società Civile di oggi non reputa più, non conosce più e, infine, non pratica. Dopo di che, la Seconda Guerra. Capitano del Genio Pontieri della gloriosa Divisione Autotrasportata Mantova parte per affrontare il Fronte Cirenaico ma, l’8 settembre, rimane bloccato in Calabria con i suoi Genieri. In un’ultima licenza, nel 1943, s’incontra con il Peppino e quando tornò nel 1945 cercò per primi Lingeri e Terragni. Troverà solo Pietro Lingeri, Peppino se ne era già andato in cielo. Siamo così agli Anni della “Ricostruzione”. Con Uslenghi, Giussani, Ponci, lavora per l’IACP progettando Quartieri Operai che, pur nella loro “miseria edile”, rimangono per lui gli unici segni della continuità del Razionalismo e della sua passione d’interprete. Eccolo di nuovo a interpretare, anche se per piccoli brani, le tracce delle idee dell’espansione metropolitana contenute nel QT8 di Piero Bottoni così com’erano state nell’Amsterdam Zuid di Hendrik Petrus Berlage. Progetta e realizza fabbriche tessili, asili, restauri, soprattutto oltre che per la Mantero anche per la Somaini di Lomazzo, intrecciando la professione con la creazione di fatti ed episodi artistici, nella pittura e nell’incisione, fondando la BNEL. Ecco era la sua coscienza di praticare i valori derivanti dall’unione delle Arti Sorelle. Significativa di questa coscienza è la simbiosi tra funzione tecnica e stile, cioè, utilità e bellezza contenuta nel Park Hotel del 1962 localizzato nell’area del Prato Pasqueè vicino al suo Stadio, e nella Scuola Media di Albate del 1966, conclusiva per il mio proseguire nel Suo insegnamento. Se ne va nel maggio del 1985 lasciando viva e operativa in noi la sua grande capacità d’interprete dialettico, nella contemporaneità, dei contenuti tipologici e lessicali del Movimento Moderno Europeo.

Sopra un primo piano dell’ing. Gianni Mantero. Sotto una storica immagine che lo ritrae sul tetto del Duomo di Como. Nella pagina a fianco una sua immagine in occasione dell’inaugurazione della Casa del Balilla, attorniato dai gerarchi fascisti Above, a close up of engineer Gianni Mantero. Bottom left, an historical image of him on the rooftop of Como’s Cathedral. On the opposite page, a photo shot during the inauguration of Casa del Balilla, surrounded by fascist “gerarchi”

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gianni mantero : interpreter of architectural history Enrico Mantero *text written in 1997 on the occasion of the centenary of the birth of his father engineer Gianni Mantero

Gianni Mantero was born in Novi Ligure in 1897, the youngest of eight siblings, to a family of textile entrepreneurs led by their mother Enrica Sovera. Within a few years, she moved her children to Como where they built one of the most prestigious textile factories in the century-long history of Como’s textile industry, greatly influencing the Forma Urbis. Gianni was the only one not to follow this path, choosing instead to study engineering. In 1913, he enrolled in the two-year Accademia di Brera course, which was an obligatory step for civil engineers. Among his professors was Camillo Boito. In 1915, he left for the Karst front with the Genio Zappatori Regiment of the Mantova Division. He returned in 1919 after a long hospital confinement in Hungary, where he met young engineers from Austria, Germany and Poland; they were all to meet again in the 1930’s as part of the Modern Movement. Thus came about the young “technical-cultural” contact with the Mitteleuropean city, albeit through the tragedy of war. Once back “home”, he enrolled in the three-year civil engineering course at the Polytechnic and graduated in 1921 with Giovanni Muzio, who would remain his fundamental reference for the city’s “historic urban and construction tradition”. In 1928, he designed the Magazzini Mantovani with which his study as interpreter of the thinking of Adolf Loos began: a conscious farewell to eclecticism and the beginning of the study of the Schools of the New Masters. In 1930, encountering the young Como Rationalists, he participated in the fourth, and last, edition of “Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa di Monza”, on the theme of tailoring. This is where the relationship with the group and his great conceptual and artistic friendship with Giuseppe Terragni and Pietro Lingeri began. In 1931, he designed the Canottieri Lario rowing club, which was in fact a tribute to his other great teacher, Walter Gropius: it was a comparison with the collective functions of the universal styles of the European Modern Movement. In 1933, together with the entire Como Group and the Lecco-based Mario Cereghini, he designed, at the 5th Triennale in Milan, the Artist’s House on the Lake, a clearly rationalist work. Also in 1933, he designed the “Stadio Sinigaglia” in Como, completed according to his Milanese teacher Luigi Greppi’s “schema”, which marked the return to exploring the real monumentality of the collective functions on a city scale. The wonderful experience of architectural works, although different from each other as a result of the references cited earlier, defined a fabric of “forms”, which – thanks to their prestige – also defined the scenario encompassing the passage from the 19th to the 20th century. What can be said, beyond my father’s feelings and love for architecture, about his work “la Canottieri” which, with his consent in 1980, I completed by turning the east side into a gym? My father always had great interest in, and made considerable reference to, the works and earlier cultural forms of the Central European Modern Movement and, in particular, to the German and Dutch. The Canottieri Lario is certainly an allusion to the early works of Walter Gropius, transposed into a “Mediterranean catharsis”. The diving board was, without doubt, the personal mark that my father wanted to leave to this “Mediterraneanism” and to the Lake scenery in its natura naturata: a work of engineering intellectualism, courageous even in its “domestic proportions”. The diving board “embraces”, so to speak, Terragni’s “War Memorial”, uniting with it in a beautiful formal abstraction rooted in the twentiethcentury esprit that preceded the realism of the rationalist architectural forms. Everything in these brief notes to some degree expresses remorse for the current conditions of architecture that civil society no longer values, no longer knows and, in the end, no longer practises. Then came the Second World War. As captain of the Genio Pontieri, part of the glorious “Divisione Autotrasportata Mantova”, he departed for the Cyrenaica Front, but on September 8 was held up in Calabria with his military engineers. On his last posting in 1943, he met up with Peppino (Terragni). On his return in 1945, the first people he sought out were Lingeri and Terragni; he only found Pietro Lingeri, Peppino having already passed away. Then followed the “Reconstruction” years. Together with Uslenghi, Giussani and Ponci, he worked for the IACP (the welfare housing institute), designing workers’ quarters that, despite their “humble construction”, remained for him the only signs of the continuity of Rationalism and his passion as its interpreter. Here he was again interpreting – albeit in a small way – the ideas expressed in Piero Bottoni’s QT8 subway expansion, similar to those of Hendrik Petrus Berlage’s Amsterdam Zuid. He designed and built textile factories and nurseries and undertook restorations, mostly for the Mantero firm but also for Somaini Lomazzo, intertwining his profession with the creation of artistic works and events, paintings and xylographies, founding the BNEL. Here was his conscious desire to practice the values ​​emerging from the union of the sister arts. A significant feature of this is the symbiosis between technical function and style, namely the utility and beauty of the 1962 Park Hotel located in the Prato Pasqueè area near the Stadium, and the 1966 “School of Albate”, decisive in my continued learning from his teachings. He passed away in May 1985, leaving alive and still active within us his great ability as a contemporary dialectic interpreter of the typical and lexical contents of the European Modern Movement.

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REGESTO OPERE / WORKS SUMMARY 1922-1923 1925-1926 1927 1928-1929 1928-1932 1929 1930 1930 1930 1930 1930-1931 1930-1931 1930-1931 1931 1932 1932-1933 1933 1933 1933-1934 1933-1936 1934-1935 1936 1936-1937 1936-1937 1937 1937 1939 1940-1941 1946 1946 1946-1947 1946-1948 1947 1947-1952 1948-1949 1948-1950 1949-1951 1949-1951 1950-1960 1950-1960 1951 1953-1955 1954 1955 1955-1965 1955-1965 1955-1965 1956-1958 1956-1962 1959-1962 1960 1961-1965 1962 1966

Sede delle Seterie Mantero, via Volta, Como. Palazzo Barazzoni, via Garibaldi angolo viale Varese, Como Cappella Nava, Cimitero di Civate (Lc) Magazzini Mantovani e residenza, via Plinio, Como Tennis Club Villa Olmo, Como Casa campi ad Appiano gentile (Co) Tennis privato in Villa Frigerio, Roncate, Como Edicole funerarie Bini, Buzzi, Mantero, Pusterla e tomba Gilardoni, Cimitero Monumentale, Como Monumento ai Caduti di Como (supervisione) Arredamento Sartoria Moderna, per la IV Esposizione Internazionale di Arte Decorativa, Monza (con Mario Cereghini, Gabriele Giussani, Pietro Lingeri, Giuseppe Terragni) Sede Canottieri Lario, Como Ampliamento e ristrutturazione casa Albertini, via Zezio, Como Casa Baragiola, via Vittorio Emanuele II, Como Edicola funeraria Castelli al Cimitero Monumentale di Como Concorso Mercato generale annonario (motto “Gamma” e motto “Helor”), Como Villa Pirovano, via Sant’Elia, Como Progetto per “Hotel A” e “Hotel B”, Campione d’Italia (Co) Casa dell’Artista sul Lago, V Triennale, Milano (con Mario Cereghini, Adolfo Dell’Acqua, Gabriele Giussani, Pietro Lingeri, Oscar Ortelli, Carlo Ponci, Giuseppe Terragni, e con i pittori Marcello Nizzoli, Mario Radice) Concorso Piano regolatore (motto Baradello 51), Como (con Adolfo Dell’Acqua, Oscar Ortelli, Carlo Ponci) Casa del Balilla, ristrutturazione Stadio, Como (con Angelo Croppi) Casa Soc. An. Imm. Diana, via Mentana angolo via XX Settembre, Como Villa Carmela, Brunate Casa Molteni Bettoni, via Parini, Como Ristrutturazione casa Mantero, Stomaino, Cernobbio (Co) Mostra Coloniale a Villa Olmo (sale A, B, C, D), Como (con Adolfo Dell’Acqua, Piero Saibene) Progetto casetta coloniale Progetto casa S.A.I.G.A., piazza Peretta, Como Casa della Madre e del Bambino, via Italia Libera, Como Edificio S.Chiara, via Milano, Como Progetto per Villa Mantero, Solzago, Tavernerio (Co) Ristrutturazione Villa Cavicchini, Roncate, Como Ampliamento stabilimento Mantero, Menaggio (Co) Villa Ferrari, Argegno (Co) Casa Marzorati-Ferrari, via Fratelli Cairoli, Como Villa Sacchi, Moltrasio (Co) Asilo Somaini, Lomazzo (Co) INA-Casa, Menaggio (Co) INA-Casa, Lomazzo (Co) INA-Casa, Oggiono (Lc) INA-Casa, Porlezza (Co) Concorso per INA-Casa per Amministrazione provinciale, Como Quartiere “Maestri Comacini” Cooperativa Edificatrice, via Alciato, Como (con Silvio Longhi, Luigi Ponci, Luciano Trolli) Edificio, via Albertolli 9, Como (con Carlo De Piera) Oratorio, Rovenna, Cernobbio (Co) Edificio residenziale, via Rosales, Como Edificio residenziale, via Scalabrini, Como Edificio abitazioni e uffici, via Bellinzona, Como Casa “La Benvenuta”, via Magenta, Como Quartiere “Giussani” Cooperativa Edificatrice, via Zezio, Como (con Silvio Longhi, Luigi Ponci, Luciano Trolli) Quartiere “Secondo Risorgimento” Cooperativa Edificatrice, via Briantea, Como (con Silvio Longhi, Luigi Ponci, LucianoTrolli) Park Hotel Meublé, via Rosselli, Como (con Enrico Mantero) Condominio San Rocco, viale Masia angolo via Recchi, Como Edificio residenziale, via Scalini, Como Scuola media, Albate, Como (con Enrico Mantero)

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enrico mantero : architetto e docente di architettura ALBERTO LONGATTI e JESSICA ANAÏS SAVOIA

Enrico Mantero nasce a Como il 17 gennaio del 1934. Di lui stesso diceva “Non sono un urbanista, ma solo un architetto e un docente di architettura”, ma la sua figura, ricca e complessa, ha rappresentato molto di più per Como, e non solo, anche oggi, dopo la sua scomparsa avvenuta il 14 novembre 2001, a 67 anni. Il padre Gianni era un prestigioso progettista, oltre che sportivo di rango, che lo introdusse in un ambiente di alto livello con professori come Luigi Dodi e Gio Ponti. L’ingegner Gianni era inoltre un appassionato di grafica ed uno xilografo valente, negli anni giovanili, dal segno forte e classicamente severo, alla De Carolis, un infaticabile e competentissimo collezionista di ex-libris che riversava nelle superfici dei palazzi questa sua predilezione per gli arabeschi e gli intrecci di segni. L’amicizia con Giuseppe Terragni, e l’esempio trascinante di questo grande seduttore del rinnovamento architettonico, indusse Gianni ad uscire, in una stagione creativa intensa e feconda, accanto ad alcune eleganti applicazioni dello stile novecentista, a realizzazioni architettoniche obbedienti alle regole del Razionalismo, essenziali ed armoniose nelle forme, rigorose nella struttura. La strenua battaglia ideale di Terragni, stroncata dalla guerra e dalla sua tragica conclusione, rappresentò un momento d’irripetibile slancio verso la modernità, vera o presunta che fosse: e per Gianni Mantero, come per altri compagni d’avventura, la conclusione non senza amarezze dell’esuberanza giovanile. Della carismatica presenza di Terragni rimase l’eco, e il giovane Enrico Mantero ne avvertì presto la suggestione, comprendendone la portata anche attraverso le testimonianze paterne, come un lessico familiare. Laureatosi in Architettura al Politecnico di Milano nel 1960, Enrico venne chiamato già nel 1962 da Ernesto Rogers come suo assistente. Diventerà dal 1971 Libero docente di Composizione, professore ordinario di Composizione Architettonica presso la stessa facoltà di Milano dal 1981, e direttore del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dal 1982 al 1985. Diventerà presto un esperto e studioso delle metodologie di progettazione e in particolare del periodo razionalista. La sua tesi di laurea, poi riversata nel volume Giuseppe Terragni e la città del Razionalismo italiano (Dedalo Libri, 1969), tese a ricostruire un metodo di lavoro, una figura, un ambiente. In particolare, attraverso una paziente e minuziosa ricerca d’archivio, Enrico Mantero ritrovò e classificò una messe di documenti d’epoca, lettere, articoli di giornale, spunti di dibattiti e di polemiche, che illuminavano la rete di rapporti fra i personaggi che negli anni Trenta avevano favorito oppure osteggiato il progetto di un microcosmo urbano del Razionalismo. Accanto alla coerente esposizione del percorso seguito dal grande architetto comasco, accompagnato dalla prima diretta catalogazione delle opere originali, aveva così realizzato una specie di contrappunto corale, fatto di mille voci, discordanti o amichevoli, fra le quali si librava con vigore, e talora con una sorta di disperata energia, la voce dello stesso protagonista, che spiegava, replicava, difendeva ogni elaborazione del suo ingegno. Da allora, si può dire senza interruzioni, Enrico Mantero ha compiuto in saggi – specialmente ne Il Razionalismo italiano (Zanichelli 1984) –, conferenze, studi, lezioni, mostre, fra cui in particolare Lo spazio armonico allestita a Como nel 1978, un avvicinamento progressivo all’eredità di Giuseppe Terragni ed anche di quanti l’hanno affiancata e raccolta, chiarendo il senso e la misura del laboratorio progettuale razionalista, che seppe uscire dall’ambito ristretto di una piccola città di confine per guadagnare panorami progettuali ben più ampi. Il suo articolato intervento per la mostra antologica di Terragni alla Triennale nel 1994, Dai paesaggi familiari all’orizzonte europeo, rappresenta non la conclusione ma certo l’esito avanzato di un appassionante processo di conoscenza anche umano, di penetrazione psicologica, iniziato oltre trent’anni prima. Dal 1963 di Enrico Mantero furono pubblicati oltre 50 progetti – opere e studi – sulle principali riviste di architettura italiane e straniere. Oltre al lavoro infaticabile su Terragni svolse un’intensa attività professionale nel campo della ricerca storico-urbanistica e architettonica che lo spinse a partecipare a numerosissimi concorsi italiani e internazionali, oltre ad iscriversi nel 1964 all’Albo Gescal per la sezione Edilizia e Urbanistica a seguito della positiva partecipazione al Primo Concorso Biennale per la formazione dell’Albo Nazionale dei progettisti – dedicato al programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori –, nonché membro effettivo dell’Istituto Nazionale di Urbanistica – Sezione Lombardia dal 12 dicembre del 1971. Entrò a far parte del comitato scientifico per diverse esposizioni relative l’architettura ed ebbe l’incarico per l’allestimento della Sezione introduttiva internazionale alla XIII Triennale di Milano, dedicata al tempo libero (con Canella, Gregotti e Semerani), precedentemente alla mostra su Terragni. Tenne stage di Progettazione Interfacoltà presso le facoltà di Architettura di Delft, di Barcellona, di Atene e numerosi seminari e convegni in moltissime città italiane oltre a partecipare, nel 1976 a un ciclo di cinque trasmissioni sull’Architettura moderna per 22


conto della Televisione della Svizzera Italiana. Il “lessico familiare”, inteso e praticato nella casa paterna, divenne in lui un costante principio-guida di operatività, una linea d’impegno morale, un ordine mentale che nella rigorosa scansione degli spazi proietta la sua concezione equilibrata, democratica, della vita collettiva. I suoi molti allievi all’università l’hanno appreso dagli esempi, oltre che dalle lezioni. Ed hanno capito, seguendolo, che l’aspirazione al nuovo non può essere frutto di capriccio, che l’invenzione deve tener conto di valori intramontabili: che l’architettura, infine, prima di cambiare la realtà delle cose, deve proporsi di agevolarne il regolare sviluppo senza traumi né brusche spezzature. La misurata continuità dell’esperienza razionalista, lo studio dell’opera di Terragni, contarono in lui non soltanto per ragioni di equità storica, ma per l’intima adesione a ciò che possono rappresentare in ogni tempo: la classica armonia delle proporzioni, l’inserimento coerente in un contesto ambientale ricco di significative preesistenze, il rispetto per una tradizione culturale che cercando di aderire alle esigenze del suo tempo non può comunque mai rinnegare se stessa. Questo è l’esempio che ha dato in un’attività professionale intensa e coerente, con decine e decine di progetti; questa è l’eredità che ci lascia, nella sua città alla quale è rimasto fedele, fino all’ultimo respiro.

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enrico mantero : architect and professor of architecture ALBERTO LONGATTI e JESSICA ANAÏS SAVOIA

Enrico Mantero was born in Como on January 17, 1934. He used to say of himself “I’m not an urban planner but an architect and a professor of architecture”, but his considerable and complex persona represented much more for Como, and still does today, after his death on November 14, 2001. His father Gianni was a respected architect, as well as a sportsman of rank, who introduced him to a high-level milieu amid professors such as Luigi Dodi and Gio Ponti. In his youth, his engineer father Gianni had a passion for the graphic arts and was a talented xylographer, from the classically austere and powerful lines to De Carolis. He was a highly competent and tireless collector of ex libris, who also lavished onto external façades his predilection for the arabesques and the intertwinement of lines. Yet, his friendship with Giuseppe Terragni and the enthralling paragon that this great seducer of architectural restoration was, led him, in an intensely fruitful and creative period, along with a number of elegant applications of the twentieth-century style, to architectural achievements in obedience of the rules of Rationalism, essential and harmonious in their shapes, rigorous in their structure. With innate clean lines suggestively reflecting Terragni’s own teachings, he designed the future without cutting ties with the past and without erasing the ancient vestiges of historical Italian cities but enhancing them instead. Terragni’s strenuous battle of ideals – cut short by war and by his tragic end – was a unique thrust towards modernity, actual or presumed, and was for Gianni Mantero, as for his other comrades in adventure, the bitter end of youthful exuberance. Of Terragni’s charismatic presence only an echo – distorted by closure, refusal, the treachery of his peers, and the longing of a few – remains in the place where he lived. And the young Enrico Mantero, in the family home where the vibrations of that suspended echo remained and through his father’s testimonies, felt the evocation early on, comprehending its importance as a family lexicon. He graduated in Architecture at the Politecnico di Milano in 1960 and in 1962 was summoned by Ernesto Rogers as his assistant. He became Lecturer of Composition in 1971 and Professor of Architectural Composition at the same faculty in Milan

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in 1981; from 1982 to 1985, he held the position of Director of the Department of Architectural Planning. Enrico Mantero was an expert and scholar of design methodologies, and in particular of the Rationalist period. His thesis, thereafter elaborated in his book Giuseppe Terragni e la città del Razionalismo italiano (Dedalo Libri, 1969), aimed to reconstruct a working method, a form, an environment. In particular, through patient and painstaking archival research, Enrico Mantero discovered and classified a wealth of historical documents, letters, newspaper articles, ideas for discussion and debate, clarifying the network of relationships between those individuals who in the 30s had favoured or opposed the project of a Rationalist urban microcosm. Alongside consistent exposure of the path followed by the great Como architect, and accompanied by the first direct cataloguing of original works, he achieved a kind of choral counterpoint, made up of a thousand discordant or amicable voices, amongst which the voice of the protagonist himself vibrated vigorously, and sometimes with a kind of desperate energy, explaining, responding, defending every development of his genius. One can state without interjection that since then Enrico Mantero – with his publications (especially in Il Razionalismo italiano, Zanichelli 1984), conferences, studies, lectures, exhibitions, including in particular Lo spazio armonico organized in 1978 in Como – progressively approached the legacy of Giuseppe Terragni and those who assisted and collected it, clarifying the meaning and extent of the Rationalist “design laboratory”, able to step outside the restricted environment of a small border city in order to gain much broader design landscapes. His articulated intervention for the retrospective Terragni exhibition at the Triennale in 1994 Dai paesaggi familiari all’orizzonte europeo, represents not the end but undoubtedly the advanced results of a passionate and human knowledge process, a psychological penetration that began over thirty years ago. A process of knowledge, but not only. Since 1963 to today, more than 50 of his projects, works and studies have been published in leading Italian and international architectural journals. He conducted intense research in the historic-urban and architectural sphere, which led to his participation in numerous Italian and international competitions. He enrolled in the Construction and Urban Planning section of the Gescal Professional Association of Architects in 1964 following his successful participation in the Primo Concorso Biennale for the formation of the National Register of Architects for the ten-year construction programme for worker housing. Furthermore, on December 12, 1971 he became a member of the National Urban Development Institute (Lombardy Section). He joined the Scientific Committee on a number of architectural exhibitions and was commissioned to arrange the Sezione introduttiva internazionale alla XIII Triennale di Milano that was dedicated to leisure time (together with Canella, Gregotti and Semerani). He held inter-faculty design internships at the Delft, Barcelona and Athens Faculties of Architecture. In addition, he held numerous seminars and conferences in many Italian cities and participated in 1976 in a series of five broadcasts on modern architecture for Swiss Italian Television. The “family lexicon”, understood and practiced in the family home, became an operating guiding principle, a line of moral commitment, a mental order that in the rigorous scanning of spaces projected his balanced and democratic view of collective life. His many university students learned this from examples as well as from his lectures. And by following him, understood that striving for novelty cannot be the result of a whim; that invention must take account of timeless values: architecture, therefore, prior to changing the reality of things, must aim to facilitate orderly development without trauma or sudden fractures. The measured continuity of the Rationalist experience and the study of the work of Terragni, mattered to him not only for reasons of historical equity, but for their intimate adherence to what these represent in all ages: the “classical” harmony of proportions, coherent integration in an environmental context with a wealth of pre-existing significance, respect for cultural tradition that in attempting to adhere to the requirements of his time could never be disowned. This is the example that he gave in his intense and consistent professional work through dozens of projects; this is the legacy that he leaves us in the hometown to which he remained faithful until his last breath.

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REGESTO OPERE / WORKS SUMMARY 1959-1962 Casa a torre Cooperativa Edificatrice, Como (con Gianni Mantero) 1960-1962 Casa per un pittore, Sestri Levante (Ge) 1960-1965 Park Hotel Meublé, via Fratelli Rosselli, Como (con Gianni Mantero) 1961 Ina Casa, Annone Brianza (con Gianni Mantero) 1961 Concorso IACPM Quartiere Giasino 1961 Progetto per quartiere di espansione, via Oltrecolle, Como (realizzato solo in parte) 1961-1962 Concorso Biblioteca Comunale, Como (con Silvano Cavalleri, Gabriele d’Alì, Giorgio Medri) 1962 Ina Casa a Porlezza (con Gianni Mantero) 1963-1967 Complesso residenziale, via Bixio, Como 1964 Concorso internazionale Città di Sofia 1964 Colorificio CM, Tavernerio 1965 Progetto scuola media, via dei Mille, Como, 1965 1966 Concorso per nuovo teatro, Cagliari 1966-1975 Scuola media, Albate, Como 1967 Progetto edificio residenziale, via Volta via Garibaldi, Como 1968 Concorso per Istituto tecnico di Setificio, Como 1970 Industria cartaria, Orsenigo (Co) 1971 Restauro ex darsena Donegana, Lago di Como 1972 Tessitura, Costa Masnaga (Lc) 1973 Restauro ex filanda Comitti, Brienno (Co) 1974-1982 Ca’ d’Industria, sede di Rebbio, Como (con Arturo Bosetti) 1975 Concorso per Scuola media e Palestra, Vertemate (Co) 1975 Scuola materna e Scuola elementare, Olgiate Comasco (Co) 1975 Restauro ex palazzo Erba, Como 1977 Concorso per nuova casa di riposo, Cantù (Co) 1977 Scuola elementare e palestra, Tavernerio (Co) 1979 Concorso Scuola consortile, Torno (Co) 1979 Restauro villa liberty, Brunate (Co) 1979 Scuola elementare e palestra, via Giussani, Rebbio, Como 1976-1979 Scuola media superiore G. Parini e palestra, Lecco (con Giancarlo Bono) 1980 Concorso Scuola materna, Campione d’Italia (Co) 1980 Progetto ridestinazione banchine portuali e aree produttive, Delft-Haven, Rotterdam 1980 Scuola elementare e palestra, Cernobbio (Co) 1980 Scuola elementare e palestra, Porlezza (Co) 1980 Tessitura, Grandate (Co) 1980 Restauro villa liberty, Cardano, Como 1980-1984 Scuola media e palestra, Lipomo (Co) 1981 Centro Commerciale Tessile, Sagnino, Como 1981-1989 Progetto per una casa sul Bosforo, Istanbul 1982 Progetto di restauro con destinazione museale di Porta Torre, Como 1982 Restauro villa liberty, Roquebrune (Monte Carlo) 1982 Scuola professionale Enfapi, Lurate Caccivio (Co) 1983 Apmpliamento e ristrutturazione della Canottieri Lario, Como 1984 Edificio per uffici, abitazioni, via Borsieri, Como 1984 Concorso nuova stazione ferroviaria, Bologna 1985 Concorso Credito Industriale Sardo, Cagliari 1985 Scuola professionale Enfapi, Erba (Co) 1987 Concorso a inviti nuova chiesa parrocchiale, Lipomo (Co) 1988 Concorso per Biblioteca e Centro Sociale, Seregno (Mi) 1988 Progetto palazzetto dello sport, Cantù (Co) 1988 Edificio per uffici, negozi, abitazioni, Cernobbio (Co) 1988 Scuola elementare, Rebbio, Como 1988 Restauro ex palazzo Maderni, Como 1989 Progetto “Per Venezia”, Mostra Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia 1989 Cooperativa di abitazioni, Erba (Co) 1989-1991 Ristrutturazione e ampliamento Stadio “G. Sinigaglia”, palestra e piscina, Como (incarico congiunto con l’ing. Antonio Plankensteiner) 1989-2001 Restauro e ampliamento Stadio Sinigaglia, Como 1990 Concorso Politecnico di Milano alla Bovisa, Milano 1990 Piano attuativo per strutture di interesse pubblico, piana di Lazzago - Autostrada Como Nord, Como 1990 Scuola elementare e media, Bregnano (Co) 1990-1994 Ampliamento casa di riposo dell’Ordine ospedaliero Fatebenefratelli, Solbiate (Co)

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1990-1995 1992 1992-1993 1992 1992-1995 1992-1996 1992-1999 1993-1995 1994 1995-1996 1996 1996 1996-1997 1997 1997 1998 1998 1998 1998 1998-1999 1999 1999 1999 1999 2000 2000 2000 2000

Edifici residenziali, Brecciago, Como (con Giancarlo Noseda, Gino Morganti) Concorso a inviti per progettazione urbanistica e architettonica dell’Area S. Rocco - S. Rocchetto Concorso area ex Ticosa, Como (poi 1999, studio di fattibilità) Casa di riposo, Bollate (Mi) Concorso Scalo Farini, Milano (con Luigi Chiara) Progetto per una struttura protetta, Bollate (Mi) Nuova casa di riposo, Conche, Sale Marasino (Bs) Ristrutturazione di Villa Pirovano, Como (con ing. Giovanni Del Curto) Concorso per casa di riposo Villa Celesia, Como Progetto per la sistemazione urbanistica e architettonica del centro storico, Cernobbio (Co) Concorso ex area SPT, Como Ca’ d’Industria, studio di fattibilità per una struttura protetta per anziani, Como Centro polifunzionale Bregnano (Co) (incarico congiunto) Centro Sportivo polifunzionale, Erba (Co) (incarico congiunto) Scuola elementare, Merone (Co) Scuola elementare, Tavernerio (Co) Ristrutturazione dello Stadio G. Sinigaglia, distinti e curva est, Como (incarico congiunto con l’ing. Antonio Plankensteiner) Palestra, Merone (Co) (incarico congiunto) Ristrutturazione del Palazzo Mantovani, Como (incarico congiunto) Palestra comunale, Mozzanica (Bg) (incarico congiunto) Biblioteca comunale, Mozzo (Bg) Edificio per abitazioni, Tavernerio (Co) Palestra Comunale, Cermenate (Co) (incarico congiunto) Scuole Elementare e Media, Lomazzo (Co) Palestra comunale, S. Omobono Valle Imagna (Bg) (incarico congiunto) Concorso lungo lago di Ascona (CH) Concorso Scuola media 2, Bellinzona (CH) Concorso nuova chiesa, Petosino, Sorisole (Bg)

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PROGETTI projects

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1925-1926 – Palazzo Barazzoni, poi Taroni, poi Moretti – Gianni Mantero Secondo edificio progettato dall’ingegnere Gianni Mantero dopo la sede delle Seterie Mantero in via Volta a Como. Splendido esempio di stile stiricistico di cui ci sono pervenuti straordinari disegni perfettamente conservati riportanti i dettagli degli interni, degli elementi compositivi e delle facciate, in cui si evince ancora uno stile marcatamente decorativo. 1925-1926 – Palazzo Barazzoni, then Taroni, thereafter Moretti – Gianni Mantero The second building designed by Gianni Mantero after the Seterie Mantero headquarters in via Volta in Como. A splendid example of historicist style of which extraordinary and perfectly preserved designs remain showing details of the interior and of the compositional elements and façades. The markedly decorative style is evident. Sito in | Located in via Garibaldi angolo viale Varese, Como 30


palazzo barazzoni a cura di DAVIDE MANTERO

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palazzo barazzoni

“(...) il vero architetto (...) dovrà possedere doti intellettuali e attitudine all’apprendere, perché né il talento naturale senza preparazione scientifica, né la preparazione scientifica senza il talento naturale possono fare il perfetto artefice. Sia perciò competente nel campo delle lettere e soprattutto della storia, abile nel disegno e buon matematico; curi la sua preparazione filosofica e musicale; non ignori la medicina, conosca la giurisprudenza e le leggi che regolano i moti degli astri” (De Architectura, Vitruvio). Probabilmente Palazzo Barazzoni, prima opera residenziale del progettista, rappresenta come questo sia davvero possibile. Questo edificio ultimato nel 1926 è l’espressione più alta della capacità di controllo del progetto dimostrata da Gianni Mantero agli inizi della sua carriera. Chiamato Barazzoni, poi Taroni e ancora Moretti, rappresenta appieno lo stile decorativo che contraddistinse Gianni in tutta la sua carriera, nonostante l’abbraccio al Razionalismo e all’architettura funzionalista degli anni successivi. Si tratta infatti di un palazzo nel quale ogni singola componente è progettata, ideata

e disegnata fino a lasciare disarmati per la totale precisione del dettaglio. Non solo quindi il tema urbano dell’angolo di un isolato – che Gianni affronterà in più occasioni, come per il Palazzo Mantovani progettato due anni dopo condominio San Rocco degli anni Sessanta – non solo gli aspetti distributivi degli alloggi di grande pregio, bensì la decorazione che qui trova uno spazio infinito. Scale, parapetti, cancelli, soffitti, portali, maniglie, camini, finestre, come del resto le decorazioni dipinte nei vani interni, vengono approfonditi nei disegni in modo quasi maniacale che sfocia in un risultato pittorico di rara bellezza. La stessa scelta dei materiali come il travertino delle Serre di Siena, utilizzata per la zoccolatura del fabbricato che investe tutto il piano rialzato, o lo scalone d’ingresso in marmo di Musso, testimoniano il desiderio di offrire a questo palazzo tutto quanto era possibile utilizzare all’epoca per offrire il pregio richiesto. Ogni singolo disegno redatto per il progetto risulta un’opera d’arte a sé stante. Si vedano ad esempio i disegni relativi ai soffitti a cassettoni in legno, che sembrano quasi

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“vivi”, o il parapetto della scala in cui il disegno del ferro battuto sembra quasi “istruire” il fabbro che lo dovrà eseguire, richiamandolo a una perfetta esecuzione. Anche gli alloggi, nella loro distribuzione e divisione, ma anche nella cura del dettaglio fine ed elegante, come in altri progetti e realizzazioni dell’ingegnere, sono di altissimo livello qualitativo, soprattutto in relazione all’epoca in cui è stato edificato. Il Palazzo Barazzoni, ritornando alla citazione vitruviana iniziale, insieme ad altri progetti più o meno coevi, come la sede della Canottieri Lario (1931), dimostra l’alta capacità di Gianni Mantero di saper progettare coerentemente edifici neoclassici e moderni, denotando una certa sensibilità nei confronti dell’evolversi degli stili di inizio secolo scorso. In tutto e per tutto questo progetto rappresenta difatti il testamento culturale di una personalità in contatto con il mondo delle arti internazionali e dei colleghi d’Oltralpe, oltre che essere un esecutivo di altissimo livello che rivela la capacità di rispondere alle richieste della committenza interpretandole magistralmente, indipendente-

mente dallo “stile” che essa richiedeva al progettista. L’Ing. Mantero qui insegna quanto il Movimento Moderno e il Razionalismo mediterraneo, quindi comasco, che succederanno questo edificio e il Palazzo Mantovani, siano l’evoluzione di scelte attinte dal mondo classico, affondando radici sugli storici mutamenti delle tipologie urbane e quindi della città. Al variare delle “liturgie” o delle “tragedie episodiche”, come disse Aristotele per identificare i contenuti degli eventi, variano infatti gli assetti spaziali tipologici della Città e dell’Architettura. Non a caso il Palazzo Barazzoni ha un che di monumentale trovandosi di fatto sul sedime della Porta Sala, uno degli ingressi alla città murata di fondazione romana, quasi a voler restituire al luogo un elemento di forte significato. Per questo palazzo, come per la maggior parte dei progetti – tra i quali la Canottieri Lario, lo Stadio e il Park Hotel Meublé –, l’impiantistica idraulica e illuminotecnica fu realizzata dalla allora Ditta Fratelli Turba, storica azienda che opera sul territorio comasco dalla fine del 1800.

Sopra le tavole originali relative alle piante del piano terra, del primo piano e la sezione. Nella pagina a fronte i prospetti su via Garibaldi e viale Varese nel disegno originale di Gianni Mantero e, a sinistra la fotografia dello stato attuale Above, the original drawings of the plans of the ground floor, first floor and the cross-section. On the opposite page, views of Via Garibaldi and viale Varese from an original drawing by Gianni Mantero and, on the left a current photo

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palazzo barazzoni

“(...) the true architect (...) must possess intellect and aptitude for learning, because neither natural talent with no scientific training nor scientific training without natural talent can make the perfect author. Therefore be competent in the field of literature and especially history, skilled in design and a good mathematician; nurture philosophical and musical preparation; do not ignore medicine, know the law and the laws governing the motions of the stars (...)” (De Architectura, Vitruvio). Palazzo Barazzoni, the designer’s first residential work, probably symbolizes that this is indeed possible.This building, completed in 1926, is the highest expression of Gianni Mantero’s ability to purposefully direct projects as demonstrated early in his career. Palazzo Barazzoni – thereafter called Taroni and then Moretti – fully represents the decorative style that distinguished Gianni throughout his career, despite embracing the rationalist and functionalist architecture of later years. Indeed, this is a palace where each individual component is planned,

created and designed – disarming in the complete accuracy of its detail. Not only the urban theme of the corner building – which Gianni confronted on several occasions as in the Palazzo Mantovani designed two years later or the Condo San Rocco in the sixties – not only the distributive aspects of the noble residences, but rather the decoration that here finds infinite space. Stairs, railings, gates, ceilings, doors, handles, fireplaces, windows, as indeed the painted decorations in the interior rooms, are further elaborated in the designs in an almost obsessive way, resulting in a painting of rare beauty. The choice of materials such as Serre di Siena travertine, used for the wainscot that encircles the mezzanine, or the entrance stairwell in Musso marble, testify to the desire to offer this building all that could be used at the time to provide the quality sought. Each and every design completed for the project is a work of art in itself. See, for example, the designs of the wood-coffered ceilings, which almost seem “alive”, or the wrought iron staircase rail-

Sopra un dettaglio della facciata allo stato attuale. A destra l’interno del vano scale con le decorazioni originali alle pareti e il corrimano disegnato da Gianni Mantero. Di più recente costruzione il vano ascensore in vetro Above a detail of the façde at present. On the right inside the stairwell with the original decorations on the walls and handrails designed by Gianni Mantero. More recent times, the glass elevator shaft

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ing where the design seems to “instruct” the blacksmith who will produce it, appealing for its perfect execution. The rooms, in their distribution and division, but also in terms of the care to fine and elegant detail, as in the engineer’s other projects and installations, are also of the highest quality, particularly in relation to the time it was built. Palace Barazzoni, returning to the initial Vitruvius citation, along with other more or less contemporary projects, such as the Canottieri Lario rowing club (1931), demonstrates Gianni Mantero’s high capacity of knowing how to coherently design neoclassical and modern buildings, denoting certain sensitivity in respect of the evolution of styles of the last century. All in all this project indeed represents the cultural testament of a personality in contact with the international world of arts and foreign colleagues, as well as a top-level director, revealing his ability to respond to client requests by masterfully interpreting them, regardless of the “style” demanded. Mantero here teaches how

the Modern Movement and Mediterranean Rationalism, hence of Como, that succeeded this building and Palazzo Mantovani, are the evolution of choices drawn from the classical world, embedded in the historical changes in urban typologies and thus in the city. The typological spatial structure of the city and of the architecture varies to the variations in “liturgies” or “episodic tragedies” – as Aristotle stated to identify the contents of events. It is no coincidence that Palazzo Barazzoni has something of the monumental, located in fact on the abutment of Porta Sala, one of the entrances to the Roman-founded walled city, as if wishing to restitute an element of great significance to the site. For this building, as for most of the projects - including the Canottieri Lario rowing club, the Stadium and the Park Hotel Meublé - the plumbing and lighting were designed by a historic company that has operated in the Como area since the end of the 1800’s, then called Ditta Fratelli Turba.

Sopra i disegni preparatori per finestre a piano terra, soffitto a cassettoni e corrimano interno. A sinistra una foto degli interni. Nella pagina a fianco lo stato di fatto perfettamente conservato dell’entrata del palazzo Above, the preparatory drawings for windows on the ground floor, coffered ceiling and handrail. On the left, a photo of the interior. On the opposite page, the perfectly preserved entrance

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