Aeolo 0 - Primo

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Rivista letteraria ed oltre -----------------------------------

Sommario EDITORIALE ....................................................... 3 IL VENTO NON C’È VENTO DA PERDERE ............................... 8 DIPINGERE IL VENTO .......................................... 13 BUFERE L’ECO ORRI FICA DEL VECCHIO SECOLO .............. 22 GIÙ LE MANI DAI TFR ........................................ 28 LSD................................................................... 37 LE “LEZIONI AMERICANE” E IL «ROMANZO COME GRANDE RETE» ....................................................... 41 SPIFFERI I DEMONI ............................................................ 52 MEDIOCRE, ALACRE MORTE QUOTIDIANA ........... 56 ONNIVORI VUOTI A PERDERE .............................. 56 PRIMO CONTATTO .............................................. 58 OLOCAUSTO ....................................................... 63 FORSE ONNIPOTENZA ......................................... 71 MONOLOGO ....................................................... 72 ACQUA TONICA E LIMONE .................................. 75 ANCH’IO USO I LIMONI ....................................... 76 1


Aeolo ----------------------------------TEMPO PER L’IMPROVVISAZIONE ........................ 77 MICROCOSMO URBANO ...................................... 82 È GIÀ TANTO AMARA LA VITA, ALMENO IL CAFFÉ LO PRENDO DOLCE ....................................................... 83 NELLA NOTTE NELLA VIA ................................... 88 LA CASA SULLA SCOGLIERA ............................... 89 INTER[VENTI] INTERVISTA A SANTUCCI .................................... 96 PERCORSI SUL ‘68 ............................................ 103

CREDITI E DEBITI COLLABORATORI E RINGRAZIAMENTI ............... 111

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Editoriale L’università dovrebbe essere un luogo di confronto e di dibattito, una piazza per lo scambio di idee, dove venti giunti da lontano portino le loro intensità, i loro profumi, i loro sapori, non un cortiletto strozzato, dove gli unici odori che stagnano sono quelli delle cappe delle cucine che vi si affacciano. Pisa potrebbe essere una grande piazza, nella quale migliaia di studenti italiani e non solo si incontrano discutono e crescono, ma non lo è. Perché? Di chi è la responsabilità? Noi crediamo che al fondo di questa mancanza vi sia lo scarso spirito di iniziativa e di partecipazione; da qui nasce Aeolo, una rivista che vuole raccogliere le correnti che erompono dalla bocca di chiunque desidera spazzare via questa quiete, questa bonaccia. E non importa da che parte giunga il vento purché scuota, sradichi, ribalti, dando origine a nuovi paesaggi, nuovi modi di comunicare e di recepire. L’idea di Aeolo nasce nella primavera del 2008 con una telefonata; nel giro di un mese una decina di studenti si erano impegnati a organizzare e realizzare ciò che adesso tenete in mano, grazie al contributo di più di trenta 3


Aeolo ----------------------------------collaboratori, che hanno inviato il loro materiale alla redazione, la quale si è dedicata alla scelta dei testi e delle immagini da pubblicare, riservando alle opere non qui incluse visibilità on-line. Il progetto iniziale prevedeva una cadenza quadrimestrale a tiratura ampia (circa 250 esemplari); ora, benché mutata la periodicità in semestrale, ci siamo visti costretti a ridurre il numero di copie per mancanza di fondi. Per ogni uscita circa 100 copie verranno distribuite gratuitamente nell’ateneo, mentre chi vorrà sostenerci potrà acquistare Aeolo ad un prezzo quasi di costo, permettendoci così di stamparne altre copie1. Ogni numero della nostra rivista verrà dedicato ad un tema, per il quale vi sarà un’apposita sezione: quello proposto per questa prima uscita è il Vento, nostro nume tutelare. La sezione Bufere raccoglie articoli di varia natura, letteraria, divulgativa, di costume, di attualità, ecc. La sezione Spifferi si compone di racconti brevi e poesie. Inter[venti], invece, espone interviste, recensioni, presentazioni di libri e quant’altro. La rivista sarà disponibile anche on-line sul nostro sito, dove saranno presenti le opere degli autori che per vari motivi non sono stati pubblicati su cartaceo. 1

Aeolo viene stampato su carta riciclata nel rispetto dell’ambiente.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Nell’ambito del progetto ci proponiamo di organizzare eventi culturali, nella speranza di affermare e far crescere il progetto di Aeolo, portandolo anche al di fuori dei confini cittadini. Perciò vi invitiamo a tenere d’occhio la sezione NEWS del nostro sito (www.aeolo.it). Se queste pagine hanno un taglio prevalentemente letterario è esclusivamente in ragione dei contenuti pervenutici e degli interessi dei singoli redattori. In ogni caso, ci proponiamo di affrontare temi ed argomenti da punti di vista diversi, nella convinzione che sia questo l’unico modo di sondare i nodi, comprenderli e scioglierli. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti i collaboratori, in special modo: i redattori di Catrame Letterario che ci hanno assistiti e consigliato nei primi passi dell’organizzazione, Renata Schiavo che ha realizzato la copertina, Alessandro Russo che ha disegnato il logo di Aeolo; il bar dell’Ussero che ci ha ospitato per la presentazione della rivista; l’associazione culturale Spertejo che ci ha stimolato e ci ha appoggiato per la riuscita del lavoro. A questo punto non resta che augurarvi una buona lettura, invitandovi a soffiare con noi. La Redazione 5


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Vento

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Non c’è vento da perdere di Sara Buscio Il problema dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici ha aperto da 20 anni a questa parte una questione fondamentale sulla necessità di utilizzare energia rinnovabile che diminuisca le emissioni di anidride carbonica. Tra le fonti rinnovabili, abbiamo l’energia eolica che scientificamente è il prodotto della conversione dell’energia cinetica del vento in altre forme. Lo sfruttamento dell’energia del vento risale a tempi antichi attraverso l’invenzione dei mulini nati in Olanda e utilizzati per pompare l’acqua migliorando il drenaggio dopo la costruzione delle dighe e in uso fino al XIX secolo quando furono sostituiti dalle macchine a vapore. Solo negli anni settanta, a causa del forte aumento dei costi energetici si è sviluppato un nuovo interesse per le macchine che sfruttano la potenza del vento. La Germania oggi è il leader mondiale per quanto riguarda il settore eolico con una produzione di 8.753 MW annui e un investimento sempre maggiore di capitali nella costruzione di nuovi impianti, proprio all’inizio di 8


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------quest’anno sono iniziati sul Mar Baltico e sul Mare del Nord i lavori per l’installazione di circa 30 parchi eolici in mare aperto che scientificamente sono denominati offshore. Questi tipi di impianti sono molto presenti in Spagna, che secondo i dati dell’International Energy Agency è collocata al terzo posto su scala mondiale per produzione di eolico, superando a livello energetico anche il nucleare. La Navarra è la regione iberica che vanta una produzione di energia eolica che copre il 70 % del suo fabbisogno con una presenza di circa 1100 impianti. La produzione annua dell’intera Spagna sul fronte eolico è di 3.335 MW, preceduta dagli Stati Uniti con 4.245 MW e seguita dalla Danimarca con 2.471MW. In tutte queste nazioni, sempre più spesso, privati cittadini o piccole imprese agricole producono l’energia di cui hanno bisogno grazie all’installazione di impianti eolici collocati sulle loro proprietà e vendendo poi a grandi enti nazionali l’energia in eccesso. Per l’Italia, invece, la situazione è completamente diversa: siamo al 7° posto come produttore di energia eolica e il suo sfruttamento, iniziato negli anni ‘90, è stato per lo più promosso da enti pubblici. In tutto il territorio nazionale sono collocati circa 60 impianti presenti soprattutto nel sud Italia, zona più ventosa rispetto al resto della penisola. Le regioni che a livello quantitativo producono più energia sono la 9


Aeolo ----------------------------------Campania e la Sicilia, proprio nell’isola, più precisamente a Ragusa, nel 2005 è nata una disputa tra la Società Eolica per la Sicilia (SES) che ha progettato un maxi parco eolico approvato dalla giunta regionale e alcune associazioni ambientaliste che sostengono che il luogo sul quale stanno sorgendo gli impianti è sotto la protezione dell’UNESCO. La SES ha eliminato 34 turbine già costruite e ha chiesto un risarcimento di 14 mila euro per il rallentamento dei lavori. Il braccio di ferro va avanti da ormai più di 3 anni e la situazione è sempre più ingarbugliata, soprattutto dopo l’intervento della Sovrintendenza ai beni paesaggistici della provincia che ha vietato l’installazione delle pale nel nuovo sito deciso dal municipio: la discarica di Ibelo. In Molise, nel marzo 2007, il consiglio regionale ha affondato il progetto del primo parco eolico italiano in mare aperto che sarebbe dovuto sorgere in pieno Adriatico a 3 km dalla costa di Vasto e di Termoli. Sfruttando la forza del vento sul mare avrebbe prodotto l’energia necessaria al consumo di circa 120 famiglie, cifra che secondo la giunta era così irrisoria da non far approvare il piano. Anche la Sardegna ha avuto i suoi problemi sulla questione eolica: la giunta regionale ha bloccato alcuni progetti per la costruzione di impianti sostenendo che deturpano il paesaggio a causa delle loro grandi 10


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------dimensioni, senza prendere in considerazione l’ipotesi di collocarli in mare aperto o in aree dismesse e non necessariamente sulle cime delle colline. Questi episodi rendono fin troppo chiaro il quadro dell’Italia circa la questione eolica sulla quale molto si detto e scritto e poco si è fatto o forse più semplicemente non si è capito che un soffio di vento non solo non inquina ma ci può rendere autonomi dal punto di vista energetico grazie alla sua inesauribilità!

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2 “Place Wilson, Digione” di Luca Caproni; “Quadro con panni stesi al vento” di Roberto Funai

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Dipingere il vento di Valeria Venuti Il vento: un’entità astratta, impalpabile eppure percepibile. Può sfiorarti la pelle, farti assaggiare col pensiero le castagne d’autunno o immaginare la donna distratta che ha perduto il suo foulard. Caldo, pungente o beffardo, quando si diverte a far ribaltare gli ombrelli nel bel mezzo di una pioggia torrenziale: è sempre lui a manifestarsi come semplice vento o come qualche cosa di più, come fonte di ispirazione per artisti e poeti. Si può parlare di vento in una poesia, in una descrizione, in un racconto; facendo ricorso ad onomatopee per rievocare il “fruscio”. Ma come può un pittore rappresentare con colori e pennello il vento? L’incompreso Van Gogh ci trasmette il suo dramma interiore: un vento disperato e tumultuoso che sfocia in un turbinio sfaccettato di tonalità celesti e brune, come in “Campo di grano con corvi”. “Una delle più belle opere di Van Gogh” è stato definito dalla critica. Io personalmente credo che un dipinto di Van Gogh non possa considerarsi banalmente “bello”. 13


Aeolo ----------------------------------Non è un semplice campo di grano quello che dipinge nel luglio del 1890 (una delle ultime opere realizzate prima del suicidio); dietro quelle pennellate, dietro quella strada tortuosa e irregolare, c’è di più. È proprio il cielo a smuovere tutto, quel cielo che, più chiaro all’orizzonte, via via si fa sempre più scuro, fino ad incontrare il volo dei corvi neri, che si levano come tristi presagi. Il campo di grano appare così mosso da sembrare in fiamme o nel bel mezzo di una bufera tempestosa che increspa l’erba e i colori del cielo. Al centro del quadro appare una strada vuota che porta chissà dove: forse verso quell’orizzonte tormentato che incontra il cielo cupo del suo animo, angosciato e costernato di pensieri neri, proprio come quei corvi. I corvi, come avvoltoi, si levano sul grano impazienti e tetri, come su di un cadavere che nascosto per bene tra le spighe suggerisce l’angoscia nascosta dietro quelle pennellate nervose. La tela diventa per Van Gogh un autentico grido di dolore, accentuato dal vorticoso ritmo a tratti del pennello. L’artista è solo dinnanzi a quel paesaggio interiore. Solo alla ricerca di qualcosa oltre quella strada, ma non trova altro che se stesso. Ogni dipinto di Van Gogh è pieno di carica interiore, tumultuoso, viscerale.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Soggetti ricorrenti, oltre ai campi desolati sono: girasoli, campagne, colline, cieli mutevoli e tormentati come lo sguardo dei suoi autoritratti. Ma [benché] totalmente lontano sia cronologicamente che esteticamente da Van Gogh, mi torna alla mente Sandro Botticelli e la sua “Nascita di Venere” (1483-85, Uffizi; Firenze) che ancora prima dell’incompreso pittore dell’angoscia esistenziale e in maniera più simbolica, ci offre una visione del vento in carne ed ossa. Siamo sul finire del 3Quattrocento, dunque lontani dall’espressività pittorica del “Campo di grano con corvi”. Qui ad emergere è l’estetica, la perfezione formale, 3

“Primo piano di Venere” di Valeria Venuti

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Aeolo ----------------------------------l’equilibrio rinascimentale della Firenze Medicea, non i pensieri e l’animo del pittore, che forse si possono cogliere solo dallo sguardo pacato dei personaggi raffigurati. Venere sovrasta la scena: al centro della tela in piedi emerge dalle acque del mar Ionio su di una bianchissima conchiglia. Sul lato destro la ninfa Ora (ninfa che presiede il cambio delle stagioni) l’attende a riva, pronta ad accoglierla sulla terra e proteggerla con un mantello fiorito; a sinistra, sospeso in aria sta Zefiro tra le braccia della ninfa Clori che, con le guance rigonfie, la fronte corrucciata e i capelli mossi, soffia con forza la dea sulla sua conchiglia verso la riva, dopo averle dato la vita proprio dalla schiuma di quel mare. Come leggere la figura di Zefiro e della ninfa Clori? Zefiro è un vento primaverile, fecondo, un soffio vitale di passione; la Ninfa abbraccia il Dio Zefiro scivolandogli attorno: ecco l’idea filosofica dell’amore umano e divino, della conoscenza terrena e celeste strette insieme. I capelli bruni di Zefiro e biondi di Clori diventano un tutt’uno con le ali retrostanti. La carnagione di Clori è più chiara di quella di Zefiro che appare ombrosa; il gruppo sembra galleggiare nell’aria. Gli Zefiri, l’Ora e la dea appena nata sono dolcemente descritti: fronte alta, archi sopraccigliari allungati, naso sottile e regolare, labbra minute e delicate, tutto riconduce 16


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------all’idea di una bellezza rinascimentale che si avvale dei modelli classici di armonia e proporzione. Più che un quadro è un autentica “poesia”. Di fatto, non trovo miglior modo per descriverlo se non citando i versi che hanno ispirato il pittore: “Una donzella non con uman volto Da’ zefiri lascivi spinta a proda Gir sopra un nicchio; e par che ciel ne goda. Vera la schiuma e vero il mar diresti, E vero nicchio e ver soffiar di venti (…)” “Stanze”, Poliziano Versi e dipinto sono l’uno la risposta poetica dell’altro; concatenati perfettamente insieme. L’Eros, inteso come forza dell’amore (spiritus amoris), è accostabile al biblico spirito creatore che soffiava sulle acque primordiali. Il “ver soffiar di venti ” suggerito dal soffio degli “zefiri lascivi” è qui perfettamente narrato: la brezza corre verso le nudità della dea, ne scopre le levigatezze muovendo le chiome ondeggianti, mentre in atto di pudicizia con le mani si copre inclinando il viso. Attorno tutto sembra partecipare al mitologico evento: le onde descrivono piccole “V” sull’acqua inerme, fiori in 17


Aeolo ----------------------------------bocciolo o già schiusi volteggiano nell’aria; il manto dell’Ora che attende sulla riva si increspa di chiaroscuri rosso arancio. Il vento è qui inteso come brezza nuova, che si sposta, smuove e cambia le menti; ideologie e nuove teorie intellettuali possono nascondersi dietro il volto di “Zefiro”. In questo caso siamo in piena corrente Neoplatonica, della quale Botticelli era un promotore convinto, e questa tela può considerarsi come manifesto poetico del Neoplatonismo. Marsilio Ficino (il fondatore di tale corrente di pensiero) recupera la filosofia del mondo delle idee focalizzando gli aspetti di anima, amore e bellezza, concetti che si sposano perfettamente con gli ideali rinascimentali. È l’anima del vento a presentarsi ai nostri occhi come Zefiro, è l’amore di Zefiro e Clori a dar vita al vento primaverile, a far rinascere la natura e la stesa Venere, personificazione della vera e pura bellezza. Di fatto è la “Venus pudica” che viene qui proposta, quasi a richiamare un binomio “anima-corpo”: esistenza convergente dei due opposti insiti nella natura della persona umana. Dunque: cos’è il vento per artisti e poeti? Sia esso dolce o disperato, tumultuoso o fecondo: è fonte di ispirazione, è vita e soffio vitale. È un turbinio di 18


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------pennellate disperate che Van Gogh ha racchiuso nei suoi campi di grano; è Zefiro, è una foglia o una gemma volteggiante: è corrente , è divenire. Per la gente comune il vento è tedioso se ti coglie all’uscita dal parrucchiere, fastidioso se è un granello di sabbia nell’occhio, pacifico se è una vela spiegata all’orizzonte: è una piuma, un foglio di carta, un aquilone. Ma dolce o tormentato che sia, è poesia quella che Botticelli ha reso immortale: e se in silenzio osserviamo quella grande tela agli Uffizi, zitti senza fiatare, sembra quasi di sentirlo ancora: dolcemente soffiare per tanta bellezza, tra le labbra schiuse dei visitatori e degli osservatori più sensibili, che con stupore e un pizzico di fantasia riescono a vedere ancora quelle chiome fluenti e sinuose in movimento, proprio come le immaginò il suo artefice, nel lontano (ma vicino) 1483.

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Bufere

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L’eco orrifica del vecchio secolo Un triste faccia a faccia con la contemporaneità

di Francesco Chiofalo Mai come in questi momenti viene da chiedersi se la Razionalità e la Ragionevolezza abbiano abbandonato questo mondo, che si perde in divisioni inutili fra gli uomini, limes morali che furono messi in discussione più di tre secoli fa’, ma che irrimediabilmente qualcuno, ogni tanto, ritira fuori. “Tutti gli uomini sono uguali per natura” enuncia la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, postulando così un principio fondamentale per la civiltà contemporanea e, soprattutto, vincolando tale principio tanto alla moralità del singolo, quanto alla responsabilità dell’individuo come cittadino, come abitante di una comunità. Dopo secoli di soprusi e inciviltà i cittadini parigini, appoggiando alcuni tra i più illustri intellettuali europei, rendevano reale ciò che fino a quel momento era stato solo razionale, ripromettendosi che gli errori del passato non sarebbero stati ripetuti. Purtroppo, come tristemente la storia insegna, non fu così. I nazionalismi scellerati e imperialistici del XIX secolo prepararono solo il terreno alle catastrofi delle due 22


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Guerre, che fecero piombare l’Europa, lo stesso Occidente che ora si pone come faro per il Mondo intero, nel periodo più buio e degradante dell’ultimo secolo: la Shoah. Per l’ennesima volta si guardava l’altro per quello in cui differiva da noi, si parlava di razze, d’uomini-bestia, si puniva qualcuno per colpe che non aveva, mentre l’intero Occidente restava a guardare immobile, mentre 10 milioni di persone si spegnevano lentamente sotto i loro occhi. Vorrei, se mi permettete, soffermarmi per qualche secondo su queste persone, per ricordarle, per ricordare la loro morte insensata, trucidati come animali dalle vere bestie, dai “miti carnefici” come li chiamerà montale in Primavera Hitleriana. Per questo bisogna onorare il loro sacrificio, in modo da non dare spazio ad un revisionismo tanto scellerato quanto gli esecutori, diretti e indiretti, di quel massacro. Mi pongo ora il problema della memoria, proprio perché questo revisionismo e gli ultimi fatti avvenuti in Italia e nel mondo, ci portano a percepire nell’aria l’Eco orrifico del vecchio secolo, una malsana tendenza a ripercorrere gli errori del passato, proprio appellandosi a quei limes, a quelle divisioni tra gli uomini che si dimostrano inesistenti, ma che sono usati come alibi morale per le scelleratezze compiute nella storia. Ed ecco che nell’epoca della globalizzazione dei capitali e dei mercati (dove naturalmente tali divisioni 23


Aeolo ----------------------------------valgono e non valgono secondo gli interessi), la stessa che annichilisce gli individui e le popolazioni, sempre più persone caldeggiano idee campanilistiche, insorgendo contro un nemico invisibile e lontano. In preda al terrore ci si appella a Radici inesistenti o in ogni caso soppiantate da tempo: si ripiomba così nella paura dell’altro, del diverso somatico e culturale, nella paura del diverso in sé. Mi spiego meglio. Non sto affermando, come qualcuno può pensare, che le nostre radici culturali ed ideologiche non siano quelle giudaico- cristiane tanto di moda in questi ultimi tempi; solo che esse non sono le uniche. Potrebbero i due secoli di cultura, arte e filosofia rinascimentale, che segnarono profondamente ed in positivo la Vecchia Europa, essere esonerate da tali radici? Non ci ha influenzato e influenza ancora l’Eco del Secolo dei Lumi, delle nuove implicazioni politiche che esso portava con sé (una politica laica e di tutti) e del progresso scientifico del XVIII secolo, prima diretta ripercussione delle idee filosofiche illuministiche, dai dubbi scettici di Hume, fino alle certezze, fondate, da Kant, sulla ragione umana e non su dogmi divini. E così in meno di quattro secoli l’uomo, sopportando grandissime tribolazioni, riuscì a togliersi il giogo della religio e a prendere le redini del suo destino. Tali ideali, tali correnti filosofiche ci scorrono tuttora nelle vene, alimentano le nostre vite, regolano i nostri modi di agire. 24


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Io credo che se si sente il bisogno di ritornare a servire un padrone, è perché si ha una forte e indomabile paura della libertà. Non del relativismo o della secolarizzazione, ma di una cosa molto più pericolosa, e cioè la possibilità di fare le proprie scelte guidati solo dal proprio senso critico, di ragionare e pensare con la nostra testa, di dispiegare, come l’Albatros di Baudelaire, le nostre ali davanti alla gente che non aspetta altro che un nostro errore, un nostro piede messo in fallo. Quindi questa visione abbastanza preoccupante della società si può sconfiggere solamente con l’uso massiccio del raziocinio, dissolvendo così quest’atmosfera di preoccupante ritorno al Medioevo, che permea il nostro stato attuale. Concludo rivolgendomi al Calderoli che si annida dentro ognuno di noi: non siamo solo noi il mondo, non siamo noi come “nome e cognome”, ma nemmeno come noi pisani, toscani, e, meno che meno, noi come italiani a formare la società. Siamo noi come individui e cittadini, che formiamo, tutti insieme, un’unica civiltà globale, inevitabilmente laica ed eterogenea. Dobbiamo mettercelo in testa, perché se continueremo con l’atteggiamento attuale nei confronti dell’Oriente, del Sud del Mondo, del diverso in generale, piomberemo in una guerra civile su scala mondiale, la guerra santa del nuovo millennio, mascherata con gli ideali democratici e 25


Aeolo ----------------------------------moralistici che non le appartengono: conflitto che porterà all’annichilimento della totale razza umana. Un’Apocalisse faidatè. Ho scritto questo articolo nel mese di marzo del 2003. Avrei voluto archiviarlo pochi mesi dopo la sua stesura, smentito dagli avvenimenti che accadevano intorno a me, e che mi avrebbero urlato che le mie paure non erano che fantasie irrealizzabili. Purtroppo un fatto mi ha portato a rispolverarlo. Era la notte del 30 aprile quando Nicola Tommasoli, 29enne disegnatore in un officina metalmeccanica, veniva picchiato a morte da Federico Perini, Andrea Vesentini (20 anni), Nicolò Veneri, Raffaele Delle Donne, Guglielmo Corsi (19) per dubbie e non ancora precisate motivazioni. Quella notte, io mi preparavo per la scampagnata che avrei fatto il giorno dopo, assieme ai miei amici. Non voglio strumentalizzare la morte INSENSATA di un giovane innocente, e nemmeno la ferocia macchiata di nazifascismo di un gruppo di bestie travestite da uomini. Solo attestare, con mio profondo rammarico, quanto l’articolo che avete appena letto, scritto quasi ormai 2 anni or sono, sia tristemente attuale.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Ho visto la trasmissione “AnnoZero” sui fatti di Verona, e la stampa di una maglietta, mostrata durante il programma, mi ha fatto accapponare la pelle, come un oscuro e cassandrino presagio:

“DIFENDI IL TUO SIMILE… DISTRUGGI IL RESTO”

Spero non siano le trombe dell’Apocalisse, quelle che sento, liquide, vibrarmi nei timpani.

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Giù le mani dai TFR di Francesco Bertoncini Una delle decisioni cruciali a cui i lavoratori dipendenti sono chiamati dal giugno 2007 è la scelta tra destinare la propria quota annua del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) a una delle tante forme di previdenza complementare incentivate dalla Riforma Maroni del 2005 (come i fondi pensione o le polizze vita) oppure mantenerla in azienda (o trasferirla all’INPS, Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, nelle aziende con più di 50 lavoratori dipendenti, ma nulla cambia per il lavoratore). Scegliendo la prima strada, torme di economisti, gestori di fondi e sindacalisti assicurano che il lavoratore potrà costituirsi una pensione complementare a quella pubblica, in modo da compensare l’inevitabile riduzione della pensione pubblica dovuta al passaggio dal sistema pensionistico retributivo, dove la pensione è calcolata in proporzione al salario percepito, al sistema contributivo dove invece essa dipende esclusivamente dall’ammontare dei contributi versati all’INPS.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Ma cos’è il TFR? In sostanza si tratta della famosa “liquidazione” o “salario differito”, che viene corrisposto al lavoratore dipendente al momento della cessazione del rapporto di lavoro, vuoi per licenziamento, vuoi per pensionamento o qualsiasi altra causa; viene accantonato ogni anno nella misura del 6.91% del salario lordo percepito e rivalutato secondo la formula 1.5 + 0.75π che lo aggancia all’inflazione (π), per cui ha un rendimento annuale che in termini tecnici si definisce “indicizzato”. E’ un meccanismo molto importante, perché permette alla liquidazione di difendersi nei momenti di alta inflazione e comunque di mantenere un rendimento di tutto rispetto anche in momenti di bassa inflazione come gli anni passati, indicativamente intorno al 3-4% annuo lordo; è vantaggioso anche per l’azienda perché rappresenta un finanziamento a lungo termine a costi più bassi di quelli che affronterebbe per esempio chiedendo prestiti alle banche (di qui la polemica innescata specialmente dalle piccole imprese); infine bisogna ricordare come, anche in caso di fallimento dell’azienda, la liquidazione sia garantita dall’INPS. A fronte di questo importante strumento, quali sono le argomentazioni offerte da quelle orde di appassionati dell’investimento in borsa (coi soldi degli altri) per 29


Aeolo ----------------------------------convincere i lavoratori a cadere nella trappola e versare annualmente la liquidazione ai fondi pensione? Una prima argomentazione degna più di un cartomante che di uno studioso è la seguente: i fondi pensione offrono rendimenti straordinariamente superiori a quelli del TFR, specialmente in periodi di tempo medio-lunghi e specialmente se investono in azioni le loro risorse provenienti dai flussi contributivi. In realtà, nessuna forma previdenziale assicura rendimenti straordinari (come vedremo più avanti, vi sono alcuni tipi di fondi che garantiscono solo rendimenti “comparabili” a quelli del TFR, ma non superiori) e basterebbe che si andassero a vedere i risultati del risparmio gestito negli ultimi anni per rendersi conto che i risparmiatori agli sportelli delle banche e delle assicurazioni ci stanno correndo semmai per ritirare i loro soldi dal settore dei fondi comuni di investimento, molto simili per struttura ai fondi pensione seppure non aventi una funzione previdenziale: soltanto nel Gennaio 2008 si sono avuti deflussi netti pari a oltre 19 miliardi di euro. Certo, fondi comuni di investimento e fondi pensione non sono esattamente la stessa cosa: infatti cambia la seconda parte del nome, visto che i gestori sono gli stessi, e cioè le famigerate SGR (Società di Gestione del Risparmio, legate a filo diretto con le banche) e le assicurazioni. Tanto è vero che la spinta delle adesioni alla 30


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------previdenza complementare è già crollata, complici le perdite registrate nei primi mesi del 2008, per cui l’incremento delle adesioni è stato solo di un misero 1.7%. Altra argomentazione martellante sono i fantasmagorici vantaggi contributivi e fiscali offerti dalla previdenza complementare rispetto al TFR. Tra essi fondamentale è quello del contributo del datore di lavoro che viene elargito però solo nel caso in cui il lavoratore conferisca nel fondo un suo contributo volontario oltre la quota TFR annua e solo se gli accordi collettivi lo prevedono: in pratica, ciò avviene solo nel caso dei fondi chiusi o di categoria. In media esso si aggira intorno all’1.20% del salario lordo e non occorrono perciò ipotesi particolarmente pessimistiche sui rendimenti o sull’ammontare delle commissioni di gestione pagate perché questo vantaggio mostri la sua pochezza. Inoltre, tale contributo non è liberamente portabile perché se il lavoratore decidesse di trasferire la sua posizione maturata presso un altro fondo diverso da quello di categoria, il datore di lavoro potrebbe decidere di non versare più il suo contributo; contributo che comunque non è affatto un regalo, dato che viene elargito in alternativa a un aumento dello stipendio, a meno che non pensiamo che i datori di lavoro italiani siano dei filantropi incalliti (e i dati sui salari medi italiani confrontati con quelli della media UE non ci dicono certo questo). 31


Aeolo ----------------------------------I vantaggi fiscali sono invece a dir poco sconcertanti: essendo la tassazione della previdenza complementare uniforme per tutte le categorie di reddito (sistema c.d. ETT e cioè contributi deducibili, rendimenti tassati all’11% e prestazione finale tassata uniformemente da un max del 15% a un minimo del 9% a seconda degli anni di contribuzione) essi sono molto più consistenti per le categorie di reddito superiori e molto scarsi, diciamo pure praticamente nulli, per le categorie più basse specie su orizzonti lavorativi di lungo periodo, quindi per i giovani; il principio di progressività stabilito dall’art. 53 della Costituzione evidentemente rappresenta per i nostri moderni legislatori una anticaglia sovietica di cui poter fare tranquillamente a meno. Comunque, anche sommando queste 2 tipologie di vantaggi, e ammettendo la parità di rendimenti tra TFR e fondi pensione, il vantaggio finale per le categorie di reddito medio basse che più abbisognano di una robusta pensione complementare, non supera in termini di scarto di montante4 il 15-20%; di quali grandi vantaggi dunque

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Lo scarto di montante non è altro che la differenza percentuale tra la prestazione finale del lavoratore che aderisce alla previdenza complementare e quella del lavoratore che invece non vi aderisce, adottando una serie di ipotesi semplificatrici, come la parità di

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------favoleggiano gli “esperti” della previdenza complementare? Forse dei vantaggi che andrebbero ai soliti noti, banche e assicurazioni in primis, che si ritroverebbero a gestire un ammontare enorme di quattrini, sul quale fanno pagare le commissioni di gestione che sono la loro fonte di reddito principale. Tralasciando gli aspetti quantitativi sopra esaminati, vi sono altre norme della riforma Maroni che non sono esattamente rispettose della tutela dei lavoratori. Una prima norma è quella del c.d. “silenzio-assenso”: il lavoratore dipendente neoassunto, se entro 6 mesi dall’assunzione non avesse ancora deciso la destinazione del TFR, si ritroverebbe la liquidazione conferita automaticamente in una forma di previdenza complementare secondo un certo ordine di priorità stabilito dal decreto Maroni: in primis al fondo di categoria, in ultimo al fondo pensione gestito dall’INPS, denominato FONDIINPS; la tipica legge italiana, secondo il bizzarro principio per cui chi non esprime una preferenza, esprime invece una preferenza (si guardi ad esempio la legge sull’8 x 1000, per cui ogni anno la Chiesa Cattolica introita 1 miliardo di euro di cui gran rendimento e flussi contributivi pari alla media nazionale forniti dalla COVIP, l’organismo di vigilanza sui fondi pensione.

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Aeolo ----------------------------------parte derivanti da un meccanismo praticamente uguale a quello visto sopra). E’ vero che il decreto Maroni prevede all’articolo 8, comma 9 che in caso di conferimento tacito, le somme vadano nei comparti “a contenuto più prudenziale tali da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili, nei limiti previsti dalla normativa statale e comunitaria, al tasso di rivalutazione del TFR”, ma comunque è una formula molto generica; e per poter garantire rendimenti uguali a quelli del TFR bisogna mettere in atto strategie finanziarie che comportano un costo aggiuntivo per l’aderente che può divenire anche molto oneroso. Inoltre non ci vuole uno scienziato per capire che se questi comparti garantiscono soltanto il rendimento del TFR, allora è più conveniente lasciarlo in azienda, senza sostenere costi aggiuntivi. Una seconda norma è quella dell’irreversibilità: chi sceglie di destinare la quota TFR alla previdenza complementare, non può più tornare indietro sulla sua scelta, ma soltanto vagare all’interno del mondo dei fondi pensione e delle polizze vita per il resto dei suoi giorni: della serie, una volta entrati nella trappola, non se ne esce più. Un’altra norma che lascia di stucco è la seguente: in caso di licenziamento, si potrà ritirare la posizione maturata presso il fondo pensione soltanto nella misura del 34


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------50% dopo un anno di disoccupazione e l’altro 50% dopo 4 anni di disoccupazione; invece nel caso del TFR maturato in azienda, esso è ritirabile immediatamente e per intero. Una disparità di trattamento talmente enorme che da sola costituisce una mina vagante per la diffusione della previdenza complementare, sulla quale stranamente non abbiamo sentito annunciare rivolte da parte dei sindacati, cui forse fanno più gola le poltrone concesse negli organi di amministrazione e controllo dei fondi di categoria che gli interessi di coloro che invece dovrebbero rappresentare. A noi pare una norma fortemente lesiva per il lavoratore, forse studiata apposta per consentire ai fondi pensione di poter disporre di denaro da giocare in borsa senza troppi intoppi per periodi medio-lunghi, mentre il lavoratore disoccupato per così dire “si attacca al tram e tira forte”. In conclusione, il nostro auspicio sarebbe che la riforma della previdenza complementare subisse delle modifiche sostanziali, nella direzione di maggiore correttezza, equità, trasparenza e incentivazione perciò anche della concorrenzialità del settore pensionistico, modifiche che però non ci sembrano al momento caldeggiate né dall’una né dall’altra parte politica; basti pensare che la riforma Maroni, disegnata dal centro-destra,

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Aeolo ----------------------------------è entrata in vigore integra durante il governo Prodi che ne ha persino anticipato al 2007 la sua efficacia. Nell’attesa, consigliamo ai lavoratori di riflettere molto attentamente prima di compiere un passo decisivo ed irreversibile, verso una scelta cosĂŹ importante.

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LSD Lacrime, Sesso e Denaro: le nuove droghe nella tv di oggi

di Silvia Litterio In autunno, si sa, cadono le foglie; nel periodo delle castagne poi, ci cadono i capelli, ma perché in televisione a scivolar giù sono sempre gli indumenti femminili? Qualche tempo, fa mi sono imbattuta nella visione di un programma di intrattenimento domenicale trasmesso da Mediaset, a causa di alcuni amici, che si erano incantati davanti allo schermo con gli occhi sgranati, senza parola alcuna proferir; la scena era così composta: al centro un uomo – un calciatore – al suo fianco la presentatrice e di fronte a loro due donne semi-svestite; l’uomo era stato gravato del compito di scegliere una delle due ragazze al fine di offrirle la possibilità di diventare inviata speciale per un famoso spettacolo della realtà (o reality show, se vi è più congeniale). Unico criterio di scelta: l’arrendevolezza e la resistenza alla forza di gravità rispettivamente di scollatura e gonna; avvenenti fanciulle

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Aeolo ----------------------------------che avrebbero bisogno di essere doppiate anche per starnutire. La cara vecchia Rai, invece, avendo forse deciso, durante l’ultimo CDA, di risparmiare sui riscaldamenti degli studi, ha sorprendentemente vestito le ballerine dei quiz preserali, donando loro quasi una certa professionalità, ma non esula dal fare tv spazzatura, mandando in onda programmi in cui si fa del Nulla una catastrofe, in cui si piange e si drammatizzano situazioni normalissime, in un programma che dovrebbe pretendere solo di essere un gioco e di intrattenere un pubblico spesso stanco ed annoiato, appena riemerso da una giornata di lavoro, ma – forse riscoprendo una sua qualche vocazione classicista –per dare un tocco di tragicità alla situazione, preferisce mettere in palio del denaro: cuccagna, pena e delizia dell’ italiano medio, capace di provare immensa gioia per il buono stato di salute del suo conto bancario (via d’uscita e trappola per molti). E allora vai! Si apre il sipario ed ecco ancora in moto il perverso orpello televisivo: il binomio lacrime e denaro alza gli ascolti; vale l’equazione per cui ad un pubblico più numeroso si associa un numero maggiore di sequenze pubblicitarie e quindi più soldi. È una spirale che continua ad attorcigliarsi su se stessa e noi tutti dimoriamo nei suoi gironi, un po’ come Charlie Chaplin ingoiato dalla catena di montaggio. 38


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------La rotondità delle forme femminili fa aumentare gli ascolti e le persone si inebetiscono guardando, come lobotomizzati. Pensare non serve. Insoddisfazione personale e bisogno di carnalità potrebbero essere alcuni dei motivi che tengono i più come ipnotizzati davanti a simili farse. È quello il regno della “cosa” (leggi: donna o anche denaro) che è lì, ma non si può toccare, possedere, dominare. È la fiera delle vanità, in cui guardare è come stringere nella mano un pugno di sabbia. Desiderio irrealizzabile a cui è impossibile non cedere. Ed è così che in televisione può capitare di assistere all’imperizia e all’ignoranza racchiuse in un bel corpo di pseudogiornalista che si vanta, su La7, di essere laureata e che ciononostante non è in grado di capire le risposte dell’intervistato e si limita a recitare domande che altri hanno preconfezionato per lei. Per quanto riguarda i telegiornali delle tre emittenti televisive nazionali, il copione non cambia; il fatto preoccupante è proprio questo: non solo i programmi di intrattenimento, ma anche quelli di informazione spesso cedono all’irresistibile morbidezza del lacrimevole, del languido e del compassionevole. Per questo si fanno sempre più numerosi i servizi di cronaca nera, il ripetersi incessante e monotono della mediatizzazione dei casi giudiziari, per non parlare dei reportage sugli animali tanto cari a Studio Aperto. 39


Aeolo ----------------------------------Sussistono comunque, in questa giungla di parole ed immagini, quale è il piccolo schermo nazionale, alcuni programmi degni nota in cui si parla, si argomenta e si discute, in cui si ricorda cosa sia l’informazione e grazie a cui si fa divulgazione culturale, sia essa scientifica, letteraria (una vera rarità), artistica o storica. Mi gira ora per la testa una frase della giornalista (vera) Naomi Klein, che sosteneva che ci tenessero in vita soltanto per consumare: se la televisione è lo spettro smunto e cupo della nostra società, le conclusioni che si possono trarre da queste riflessioni sono tutt’altro che incoraggianti. Lo spleen della televisione italiana incombe con i suoi schiamazzi da pollaio nelle nostre menti. È soltanto rendendoci conto che non abbiamo bisogno di una donna nuda per acquistare del silicone che potremmo fare un uso più critico della grande scatola televisiva, assumendo con moderazione le droghe che oggi assorbono alte percentuali della programmazione televisiva pubblica e privata italiana.

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Le “Lezioni Americane” e il «romanzo come grande rete» Considerazioni sull’oggetto in Calvino

di Luca Caproni Calvino nell’estate 1985 stava scrivendo le Lezioni americane per rispondere all’invito a partecipare alle prestigiose Norton lectures dell’università di Harvard, quando morì in seguito ad un ictus. Così, quelle conferenze, programmaticamente sei ma di cui riuscì a scriverne solo cinque, sono oggi il capitolo più denso del suo lascito; tanto più che, come recita il sottotitolo dell’opera, Calvino intendeva formulare «sei proposte per il nuovo millennio». 5 Nelle Lezioni americane Calvino sviluppa la sua teoria del «romanzo come grande rete». Non potendo, in questa sede, dare merito dell’ampiezza della sua riflessione, ci 5

L’edizione di riferimento qui adottata è I. CALVINO Lezioni americane. Sei proposte per il nuovo millennio Milano, Mondadori 1993. Da ora in poi ci si riferirà a questa opera utilizzando la sigla LA e fornendo, in caso di citazione, il numero di pagina tra parentesi.

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Aeolo ----------------------------------concentreremo su quello che ci pare il punto centrale della trattazione: l’oggetto. Pertanto, di seguito, attraverso la citazione di brani tratti dalle LA e con minimi ricorsi ad altre opere si cercherà di mettere in evidenza la funzione dell’oggetto nella teoria romanzesca di Calvino; infine, nelle conclusioni, saranno proposti alcuni spunti di riflessione. Calvino parla esplicitamente di «oggetto» nella lezione sulla Rapidità; leggiamo: Dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d’una forza speciale, diventa come il polo d’un campo magnetico, un nodo d’una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d’un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico. (LA p. 41) L’oggetto è il polo di un campo magnetico, il centro attorno al quale si organizza una rete di rapporti invisibili. Ciò è possibile in quanto l’oggetto narrativo è magico, ossia, a partire da esso l’immaginazione dello scrittore spicca il volo e può creare una storia. Scrive Calvino: Quando ho cominciato a scrivere storie fantastiche non mi ponevo ancora problemi teorici; l’unica cosa di cui ero 42


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------sicuro era che all’origine d’ogni mio racconto c’era un’immagine visuale. Per esempio, una di queste immagini è stata un uomo tagliato in due metà che continuano a vivere indipendentemente; un altro esempio, poteva essere il ragazzo che s’arrampica su un albero senza più scendere in terra; un’altra ancora un’armatura vuota che si muove e parla come ci fosse dentro qualcuno. Dunque, nell’ideazione d’un racconto, la prima cosa che mi viene alla mente è un’immagine che per qualche ragione mi si presenta come carica di significato […]. Sono le immagini stesse che sviluppano le loro potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé […]. (LA p. 99) [Corsivi miei] È bene specificare che, in questa trattazione, termini come oggetto o immagine saranno considerati alla stregua di sinonimi, come termini decisamente comunicanti. Comunque, quello che qui ci preme notare è questo procedere per oggetti o immagini della fantasia. Le opere alle quali sopra allude Calvino, Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente, sono tutte degli anni ’50, antecedenti, cioè, alla forte crisi di poetica che Calvino attraversa nei primi anni ’60. Per quali ragioni maturi questa crisi non è questione che qui affronteremo; ci basta sapere che essa ha a che fare con un profondo ripensamento delle strategie narrative che non 43


Aeolo ----------------------------------intacca, però, la convinzione di Calvino dell’oggetto come fonte dell’immaginazione. La Prefazione che egli scrisse nel 1964 alla riedizione del Sentiero dei nidi di ragno, il suo romanzo d’esordio pubblicato nel 1947, è il segno di un equilibrio ristabilito su nuove basi. In questa Prefazione Calvino si rammarica di aver distrutto con il suo primo romanzo la potenzialità della materia narrata: «quella stagione [la Resistenza] mi si presentò gremita d’immagini e di significati» [corsivo mio], invece le pagine scritte «sono lì nella loro sicurezza sfacciata e ingannevole», incapaci di rendere merito a tanta ricchezza. Scrivere, afferma ancora, implica la perdita del «tesoro di memoria»: «l’esperienza», il vissuto dell’autore, «appena ha dato forma ad un’opera letteraria, 6 insecchisce, si distrugge» . Parafrasando, diremo che scrivere una storia è far violenza alla ricchezza dell’oggetto da cui l’immaginazione trae la sua linfa. In altre parole, l’oggetto contiene molte storie, un numero forse infinito: scriverne una significa sacrificare tutte le altre. Nelle LA la teoria del «romanzo come grande rete» si fonda su questa

6 I. CALVINO Romanzi e racconti I a c. di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, Milano, Mondadori 1991, pp. 1203-4.

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acquisizione . Per attingere alla vera conoscenza, lo scrittore deve tendere alla registrazione di tutte le storie possibili contenute nell’oggetto. Lo vedremo meglio tra poco. Dunque, l’oggetto come punto di partenza dell’immaginazione e questa a sua volta caratteristica principe dell’arte di narrare. Ma cosa possiamo dire su questa facoltà misteriosa che è l’«immaginazione»? Calvino se lo domanda nella lezione sulla Visibilità, riprendendo i termini elaborati da Starobinsky nel volume La relation critique; così, dopo aver opposto l’immaginazione come «identificazione con l’anima del mondo», secondo un paradigma romantico, all’immaginazione «come strumento di conoscenza», in 8 accordo con i dettami scientifici , risponde:

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Un primo abbozzo di questa teoria romanzesca si trova già in Cibernetica e fantasmi (appunti sulla narrativa come processo combinatorio), articolo scritto nel 1967 ed ora raccolto in Una pietra sopra in I. CALVINO Saggi a c. di Mario Barenghi, Milano, Mondadori 1995. 8 È Calvino stesso a formulare l’opposizione in termini, almeno apparentemente, un po’ superficiali. Probabilmente, però, ricordando l’influenza dell’immaginario scientifico su Calvino, la questione meriterebbe di essere sviluppata.

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Aeolo ----------------------------------C’è un’altra definizione in cui mi riconosco pienamente ed è l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere. Nella trattazione di Starobinsky questo aspetto è presente là dove viene ricordata la concezione di Giordano Bruno. Lo spiritus phantasticus secondo Giordano Bruno è «un mondo o un golfo, mai saturabile, di forme e d’immagini». Ecco, io credo che attingere a questo golfo della molteplicità potenziale sia indispensabile per ogni forma di conoscenza. (p. 102) [Corsivo mio] Da un lato, non si dà conoscenza divinatoria, dall’altro la conoscenza scientifica non può trovare risposte per tutto: cosa resta della grande sfida alla comprensione del mondo? Come può la letteratura continuare a formulare la sua sfida all’inconoscibile? Bisogna risalire al «golfo del potenziale»; l’immaginazione è il «repertorio del potenziale», è quel luogo in cui sono presenti tutte quelle concatenazioni di eventi che «non sono né sono state né forse saranno ma che avrebbero potuto essere». Riaccostiamoci a quanto detto finora a proposito delle potenzialità dell’oggetto come fonte del racconto. Se al riguardo di immagini come «un uomo tagliato in due metà che continuano a vivere indipendentemente», o «il ragazzo che s’arrampica su un albero senza più scendere in terra», 46


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------o «un’armatura vuota che parla come ci fosse dentro qualcuno», se per tali immagini Calvino poteva dire di aver sviluppato «il racconto che esse portavano dentro di sé», nelle LA tale ottica è decisamente superata in nome dei racconti che esse portano dentro di sé, perché ogni immagine contiene una potenzialità infinita e il compito dello scrittore è «attingere a questo golfo della molteplicità potenziale». Finalmente risulta chiara la formula del «romanzo come grande rete». L’oggetto è «il polo d’un campo magnetico» attorno al quale si organizza la «grande rete» del «potenziale». L’opera letteraria diventa quindi un’«enciclopedia aperta» (LA p. 127), un infinito tentativo di esprimere la potenzialità, nella continua ricerca di una conoscenza non più legata ad un io, parziale per definizione. Per avviarci alle conclusioni, leggiamo l’ultima pagina delle LA: Sono giunto al termine di questa mia apologia del romanzo come grande rete. Qualcuno potrà obiettare che più l’opera tende alla moltiplicazione dei possibili più s’allontana da quell’unicum che è il self di chi scrive, la sincerità interiore, la scoperta della propria verità. Al contrario, rispondo, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di 47


Aeolo ----------------------------------letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’ enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili. Ma forse la risposta che mi sta più a cuore dare è un’altra: magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica... (pp. 134-5) [Corsivi miei] Dopo aver esposto le linee generali della teoria del romanzo di Calvino, cerchiamo di estrarre da questa pagina due spunti di riflessione. Il primo è se la «moltiplicazione dei possibili» non finisca per essere un’operazione che neutralizza, con la verità soggettiva, ogni possibilità di ricostruire la verità. Cosa, questa, che evidentemente anche Calvino paventa, se si prende il disturbo di negarla. Ogni soggetto, noi crediamo, è sì «una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni», ma una combinatoria ben determinata, che fa sì che ciascuno sia se stesso e non altri. Se questo è vero, sarà difficile, o impossibile, che uno scrittore possa raccogliere tutte le 48


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------storie possibili legate ad un oggetto: anzi, diciamo, dovrebbe piuttosto scrivere la sua storia, comunicare ai lettori il rapporto particolare che il suo self intrattiene con un particolare oggetto. Calvino, nella citata prefazione al Sentiero, definisce molto bene l’«esperienza»: essa è «la memoria più la ferita che ti ha lasciato, più il cambiamento che ha portato in te e ti ha fatto diverso». Siamo d’accordo con questa definizione. Ma perché l’arte non può costruire su tale esperienza le sue interpretazioni? Perché, scrive Calvino, «l’esperienza, primo nutrimento anche dell’opera letteraria (ma non solo di quella), ricchezza vera dello scrittore (ma non solo di lui), ecco che ha appena dato forma a un’opera letteraria insecchisce, si distrugge» (RR I, p. 1203). Ecco che qui invece non possiamo essere d’accordo, tanto più che ci pare una formulazione un po’ fumosa (Calvino vuole dirci che l’esperienza, patrimonio di artista e di uomo, si crea nell’accumularsi della vita di ogni giorno e 9 si distrugge invece con l’arte? ).

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Qui sarebbe da sviluppare il problema molto sentito da Calvino della ricezione delle sue opere, e quindi della possibilità di stabilire un dialogo con i suoi lettori. Lo tralasciamo per ragioni di stringente coerenza, ma anche perché ci pare che esso raggiunga livelli parossistici.

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Aeolo ----------------------------------Quindi, per passare al secondo punto di riflessione, con il quale concludiamo, perché perseguire «un’opera concepita al di fuori del self» che permetta «d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale»? Sembra di assistere alla riproposizione di sogni romantici ormai tramontati, formulati in chiave diversa e in condizioni 10 mutate.

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Su questo, spunti interessanti si possono trovare avvicinandoci al concetto di «reincantamento» come elaborato in C. BENEDETTI Pasolini contro Calvino. Per una letteratura impura, Torino, Bollati Boringhieri 1998, pp. 131-135.

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Spifferi

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Aeolo -----------------------------------

I demoni di Alberto Giannese Dentro di noi, in un vivo sarcofago, dormono i demoni. Quello di ognuno ha un suo volto, e mille cuori. A volte li sentiamo scalpitare, agitarsi tra le ossa del torace, come in una gabbia. Il mio ha grandi ali nere, ed una spada, deve essere un demone uomo. Altri hanno artigli, e volti bestiali, altri ancora occhi di cupa tristezza, o rabbia. Proviamo forse l’istinto di liberarli. Ma qualcosa ci trattiene sempre, o quasi, qualcosa ci riporta alla vita consueta dei giorni. Per me è la tenerezza. Una sera, camminavo indignato di tutto, avvolto in un’aura di ombra, le mie pupille mandavano mille bagliori; il demone si dibatteva come un ossesso, affiorava alla pelle. Sentivo le ali, sulla mia schiena, e la rabbia folle che ben conosco farsi strada tra i nervi e le articolazioni. Avrei voluto ridurre ciò che mi circondava in cenere, avrei potuto, un odio cieco rivolto a tutti e a tutti ostile, senza volti precisi da colpire, senza nessun bersaglio preciso, che limitasse la carneficina della mia spada. Sentivo in bocca amarezza, e il sapore del sangue. Mi sedetti, mentre la mia metà umana mangiava un gelato senza gustarlo. Osservavo la gente per 52


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------strada, e rattenevo la mia natura maligna, per non fare del male agli uomini, per esercitare ancora una qualche forma di controllo. Non lasciandomi uscire, dilaniavo il mio interno, vibravo colpi alla cieca sull’anima: Un demone triste. Sentii due occhi addosso, e qualcosa di piccolo, alle mie spalle, i sensi dei demoni sono molto acuti. Mi voltai, un bambino con la paletta in bocca mi chiese a che gusto era il mio gelato. Gli sorrisi d’istinto e gli risposi, l’essere che mi si rigira dentro s’era chetato. Quando poso la spada, e le ali smettono di agitarsi inquiete sulla schiena, ogni volta che il pericolo è scongiurato, ogni volta che la rabbia è ricacciata dentro, rimane solo la tristezza, e tutto, in me, è una grande desolazione. Lo sconforto mi espugna, e provo il desiderio vano di scomparire. Per alcuni è nell’acqua, per altri il fumo, ma per me non esiste una tale fantasia, non riesco a immaginare di dissolvermi; se potessi scegliere vorrei esplodere in mille schegge di vetro, e tornare, come sangue, alla terra, ma non posso. Il mio demone si sente immortale, e mi manca, il sigillo di un’assoluzione. I demoni sono pieni di orgoglio e follia, sono la parte indignata di noi. Tremano di ira nel buio, raccolti negli abissi della coscienza. Quando siamo felici riposano, e non li sentiamo, ma quando le cose non vanno si alzano in volo, o si arrampicano, per le sporgenze scoscese dell’animo, e il loro grido risuona terribile dentro al nostro cervello, o peggio, stanno muti a fissarci. Nulla è 53


Aeolo ----------------------------------cosÏ spaventoso come il loro silenzio, e i loro occhi freddi nell’ombra. Ma il mio ha una bellissima voce, terribile e pura. Se mai dovesse liberarsi, sfuggirmi, state attenti. Ma non sono cose da dire‌

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“Discesa all’Ade” di Enrico Santus 55


Aeolo -----------------------------------

Mediocre, alacre morte quotidiana Mediocre, alacre morte quotidiana, sfuggevole perseveranza che nell'errore s'adempie: indottrinamento sensorio, intelletto sedato che a sera viene meno... Ardua la ripresa del momento, impossibile! Viviale pesantezza presto che solo il ricordo, a mattina fresco, ridestato, alleggerisce... riponendo speranza, stavolta, in una pi첫 futura, [perpetua unica morte.

Fabiola Cianciulli

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Onnivori vuoti a perdere Gli uomini, anime che indossano costumi da uomini, folli travestiti da folli nel mercato delle maschere usate: polvere, sporcizia e mercificazione e alla prossima [stazione... facce di pulcinella a non finire pubblicitĂ di denti e sorrisi due, tre, quattro volte usati! Mani pulite e occhi sudati Folle di fogne, che nemmeno i loro topi vogliono piĂš sappiamo, come d'anime e d'animali che indossano costumi artificiali freneticamente profittevoli del prossimo uomo in svendita!

Fabiola Cianciulli

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Aeolo -----------------------------------

Primo contatto di Lapo Fanciullo L’organismo ronzò in un’elegante traiettoria attraverso le grandi foglie gocciolanti e si immise in un nugolo di suoi simili, che a sua volta confluì in un flusso più vasto che attraversava la foresta pluviale. Un po’ alla volta, attorno alla radura che avrebbe ospitato il Contatto si era radunato uno sciame immenso, un nembo che permeava gli alberi circostanti del sommesso mormorio di un miliardo di ali membranose. Un miliardo di occhi compositi si guardavano attorno con eccitazione. L’organismo si aggiunse al centinaio di altri che facevano parte dello sciame di rappresentanza diplomatica, annunciandosi con uno spruzzo di feromoni, e fu subito integrato nella danza di informazioni sulle ultime congetture degli scienziati. Le teorie sulla psicologia degli alieni che stavano per atterrare erano al limite della credibilità. Fortunatamente lo scetticismo di alcuni degli organismi era contrastato dall’entusiasmo degli altri, così che nell’elaborazione collettiva delle idee lo sciame non ebbe troppe difficoltà 58


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------ad assimilare la temerarietà di quella che era ormai l’ipotesi più accreditata. Essendo ormai accertato che la nave in arrivo non aveva a bordo più di cinque o sei organismi, un numero del tutto insufficiente a mantenere un’intelligenza gestalt, gli scienziati pensavano che ciascuno di essi avesse ampie capacità individuali di elaborazione di dati. L’idea era suffragata dalla semplicità del linguaggio con cui gli esseri si erano messi in contatto con loro: una comunicazione elementare, limitata ad un solo canale sensoriale, adatta appunto ad esseri che potevano elaborare pensieri autonomi di notevole complessità e limitarsi a comunicarne il nucleo essenziale. Era stato uno scherzo decifrare quella lingua rudimentale ed accordarsi con loro per un contatto fisico. Lo sciame di rappresentanza stava ponderando furiosamente su quale comportamento tenere. Per un popolo in cui la distinzione tra singolo organismo e sciame è molto sfumata, ed ognuno contribuisce in minima parte ma continuamente all’elaborazione di ogni frammento di pensiero, in una mentalità collettiva intermedia tra quella di un’assemblea e di un Marzullo (“Si faccia una domanda, si dia una risposta”), era difficile immaginare quale potesse essere l’etichetta degli esseri dalla personalità individuale.

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Aeolo ----------------------------------Si decise che a contattare gli alieni appena scesi sarebbe andato un singolo organismo anziché l’intero sciame, per metterli a loro agio: dovevano essere abituati a contattare gli altri individualmente. L’organismo prescelto passò il tempo che rimaneva ad essere istruito sul da farsi, essendo incapace di pensiero indipendente, come tutti i suoi simili, quando non era nello sciame. Il ronzio della folla si intensificò quando un punto luminoso apparve in cielo, quasi esattamente tra le due lune. Il punto si ingrandì, il barbaglio di luce assunse una forma definita ed infine si posò, con inaspettata leggerezza, al centro della radura. Un fremito di meraviglia si diffuse nella nube di corpi: l’oggetto era enorme, alto quasi quanto gli alberi che erano abituati a vedere ergersi torreggianti al di sopra dei loro flussi migratori. Un’apertura si aprì sul fianco della montagna volante e ne uscirono esseri inconcepibili: creature dai tronchi verticali, appoggiati in equilibrio precario su due protuberanze – arti? – e con altre due che penzolavano apparentemente senza scopo da un punto vicino alla cima. Leviatani alti centinaia di volte la lunghezza di un organismo della loro specie. I titani si assembrarono accanto alla loro nave immane ed iniziarono a montare un apparecchio usando le loro appendici superiori. Ecco a cosa servivano! Mentre dagli 60


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------sciami di scienziati si levava un brusio di ipotesi sul livello di intelligenza individuale raggiungibile con la massa di materia grigia che gli alieni dovevano possedere, l’organismo designato per il contatto, provato e riprovato più volte tutto il cerimoniale di benvenuto, prese il volo e si portò verso i titani con un’elegante parabola. Gli stranieri torreggianti non si accorsero di lui finché non fu davanti ai loro occhi. Con una lentezza solenne, come se la loro volontà fosse troppo lenta per percorrere quelle membra sterminate, si voltarono a guardarlo. Poi avvenne l’impensabile. Fu lento. Avrebbero potuto evitarlo, se qualcuno se lo fosse minimamente aspettato. Ma fu tanto inaudito che nessuno se ne rese conto finché non era stato raggiunto il punto di non ritorno. Le appendici dell’essere di fronte all’ambasciatore iniziarono a sollevarsi. I tronchi giuntati alle estremità si distanziarono a raggiera mentre le grandi pale da cui si dipartivano si innalzavano, parallele, ai fianchi dell’essere volante in quello che poteva sembrare un rituale di saluto. Solo quando fu chiaro che le grandi pale non si sarebbero fermate che l’organismo provò una fitta di terrore. Nel panico prese la direzione sbagliata, lungo i tronchi, che si serrarono assieme sbarrandogli l’uscita. Non fece in tempo a fuggire. Le pale, inarrestabili, si avventarono sul suo corpo, schiacciandolo come se non fosse esistito. 61


Aeolo ----------------------------------La folla ammutolì. Il titano si voltò e si rimise al lavoro senza degnare d’uno sguardo il cadavere scomposto caduto nell’erba ai suoi piedi, come se il suo interesse per il popolo che l’aveva accolto si fosse esaurito nel mostrare la sua spaventosa forza. Un miliardo di spettatori rimasero congelati dall’orrore e dallo sbigottimento della crudeltà di cui erano stati testimoni. Williamson sbuffò nel caldo tropicale del nuovo pianeta, finendo di montare la macchina che avrebbe trasmesso il messaggio del loro arrivo su ogni canale radio e via audio. I nativi, anche se non erano in vista, avrebbero senz’altro ricevuto i segnali e capito che provenivano dal loro stesso pianeta. Sudato nell’umidità implacabile della giungla si fermò solo un istante a schiacciare un moscone che gli ronzava davanti al naso. «Che posto di merda per atterrare,» si lamentò oziosamente con i suoi compagni «pieno di insetti.» Quindi schiacciò un pulsante e la macchina cominciò a trasmettere il messaggio: A tutti i popoli di questo mondo. Siamo abitanti della Terra. Veniamo in pace…

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Olocausto12 di Enrico Santus Quando arrivano i porci sembrano spaesati: li vedi accalcati, si guardano intorno con occhi smarriti e diffidenti; tengono la bocca aperta e respirano affannosamente; non appena ci vedono tremano in ogni loro muscolo e retrocedono nel cassone del camion; alcuni si mordono per non rimanere schiacciati dai loro vicini mentre altri, coricati a terra, non reagiscono e vengono calpestati. I più forti si nascondono dietro e spingono avanti i più deboli.

11 La parola 'olocausto' deriva dal latino tardo holocaustu(m), che a sua volta deriva dal greco tardo holókauston 'cosa interamente bruciata'. Nelle religioni antiche questa parola si riferisce al sacrificio cruento in cui la vittima veniva bruciata interamente sull'altare. Solo di recente la parola è passata a designare – erroneamente – lo sterminio di massa perpetrato dai nazisti, facendo così passare quegli orrori come un sacrificio a Dio. Il vero olocausto è tutt'altro che passato: il dio a cui vengono oggi sacrificate le vite di milioni di animali è niente meno che il palato umano.

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Aeolo ----------------------------------C'è chi dice che sentano l'odore del sangue e che capiscano dove si trovano e perché; io credo invece che siano semplicemente una specie codarda, vigliacca; una specie che crede di poter razzolare per sempre dentro lo steccato del proprio porcile. ... Mira Juan! Mira che movimento! Mira como lo punta! Tiene un'aggressività incredibile! Hombre! Batte lo zoccolo per terra... Diòs, mira quanta polvere solleva... La cursa! La cursa! Attenzione! Sesta carica, mujeres y caballeros! Sest...uff! Hombre! Per un soffio! Mira che botta! ... Non abbiamo molto tempo per rimanere a guardare quei movimenti patetici, quello strofinamento di setole: saliamo sul cassone con le spranghe e li colpiamo sul muso tra le grida del proprietario, che da terra ci comanda di essere rapidi – come se non bastasse a pungolarci il tanfo che stagna in quel cassone – e ci avverte di non rovinare le carni, che altrimenti la gente non le compra, che i macellai se ne lamentano continuamente, ecc. Quando il colpo raggiunge il grugno della bestia, quegli spregevoli esseri rosastri lanciano lamenti soffocati. Qualcuno minaccia agitando rabbiosamente il capo, ma la maggior parte si lascia cadere per terra e tenta di trascinarsi indietro con le zampe posteriori. Sono esseri ridicoli, privi di ogni dignità! Strisciano come serpenti mentre continuiamo a colpirli e non si 64


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------rialzano finché il muso non diventa un trito di ossa e sangue. Solo a quel punto sollevano la loro putrida mole per correre giù, dove un corridoio di barre d'acciaio li condurrà dritti alla morte. ... Elegante, Negro, Possente... Tiene una stazza mostruosa, una massa muscolare impressionante! Statuaria! ... Una volta scesi dal cassone, i maiali si voltano a guardarci, felici forse di esserci sfuggiti, e osservano i loro simili ancora alle prese con le bastonate, poi corrono più veloci che possono, lungo il corridoio, sicuri certo di seminarci. Vorrei immaginare cosa pensano quando raggiungono la sbarra che li condurrà dritti al “loculo”… Immagino che a quel punto il loro sangue si saturi di adrenalina, i loro timpani sentano il cuore pulsare più forte e le loro narici si riempiano dell'odore del sangue secco dei loro fratelli! Il “loculo”, come l'abbiamo ribattezzata, è una gabbia in acciaio in cui li facciamo entrare uno alla volta. Appena ci mettono piede, Giacomo li stordisce con degli elettrodi e subito li rovesciamo per legarli con le zampe posteriori ad un paranco. L'operazione è delicata perché una volta che l'animale è stato stordito si agita senza ritegno: due tentano di immobilizzarlo, mentre un altro buca con un lungo arpione la pelle dietro gli zoccoli, laddove due nervi molto 65


Aeolo ----------------------------------resistenti ci permettono di mantenere l'animale appeso a testa in giù. Poiché la corrente li imbizzarrisce, spesso evitiamo di utilizzarla e li tranquillizziamo a suon di bastonate sul capo. Non appena gli altri maiali vedono l'operazione si agitano anch'essi, strillano, corrono, sbattono sulle pareti metalliche dei corridoi e diventano violenti; si assalgono l'un l'altro e dobbiamo intervenire con le spranghe per evitare che si rovinino le carni. Capita non di rado di spaccare qualche cranio e ammazzarne involontariamente qualcuno fuori dal loculo; allora lo lasciamo per terra, sul ciglio del corridoio; facciamo passare tutti i vivi e dopo lo trasciniamo a calci fino alla gabbia, dove subirà lo stesso processo di lavorazione. Il maiale agganciato, se ancora vivo, appena viene sollevato s'agita e strilla come un bambino per il dolore e la paura. La catena lo porta dove Francesco gli infilerà un lungo pugnale in gola, spingendolo lentamente fino al cuore. Normalmente, perché la carne rimanga buona, il porco deve morire dissanguato e questo provoca non poco stress a noi operai, perché quello si agita ed emette un urlo stridulo che dura diversi minuti, quasi sperasse fino all'ultimo nella nostra pietà. ... Hernandez es davvero bravo: mira come riesce a schivare gli attacchi simplemente spostando il capote! 66


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Esta es la nona carica che schiva: ahora dovrebbe iniziare a colpir! ... Finalmente, poi, la voce dell'animale morente si fa sempre più lieve, e diventa infine come quei fischietti a ultrasuoni, appena percepibili. ... El Toro all'ingresso nell'arena vien colpito quattro veces a los muscolos del collo dalla lancia dei picadores a cavallo, asì adesso Esso non controlla più la mobilità de su capo e solo può andare dritto con la cabeza bassa! No esiste torero que puede vincer un Toro sano! ... Quando il porco ha finito di scolare il sangue, la carcassa viene spostata dalla solita catena alla vasca di scottatura, dove i corpi dei maiali vengono immersi nell'acqua bollente per eliminare il pelo. Dentro quella vasca facciamo stare fino a quindici cadaveri se li premiamo bene, mentre Antonio con un piccolo rasoio “fa la barba” alle carogne! ... Ahora las banderillas! Mira, el Toro diverrà furioso tra poco! Ecco la carica... Ecco, ecco, evita salta preso! Perfecto! Las primeras banderillas sono andate en la schiena del Toro! Mira mira... si è voltato! Attacca di nuovo! Hernandez... Evita salta e colpisce! Eh sì, ecco las otras dos! Las quattros banderillas estan nella schiena del Toro! Impressionante! Non lascia il tempo al torero di prepararsi! Un nuevo attacco, un nuevo attacco, mujeres

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Aeolo ----------------------------------y caballeros! Si sposta, salta e colpisce! Eh sì, perfecto! Todas las seis banderillas estan en la schiena del Toro! ... Non appena Antonio termina di rasare i suini, questi vengono caricati in una pelatrice automatica che impiega trenta secondi a pelarli, dopo di che li mette su una pavimentazione di rulli da cui li agganciamo ad un altro paranco che li sposta verso la sala di macellazione: là, Roberto con una sega elettrica li divide in due mezzine, non prima però che qualcuno si sia occupato della sviscerazione, operazione vomitevole: non appena si apre l'addome al porco, vengono fuori le budella e tutta la merda di cui è fatto quell'essere ignobile. Questa cade in un grande secchio, dentro una pozza di sangue, sfracellandosi e lasciando fuoriuscire liquidi marroni e rossastri che emanano un fetore raccapricciante, un tanfo che s'appiccica al naso, alla pelle, ai capelli e lascia un sapore di amaro e di secco sulla lingua. ... El Toro es esausto... Esto es il momento opportuno! Siamo en el ottavo minuto del tercio de muleta ed il torero tiene que sbrigarsi! Mira el Toro! Pareva eterno, possente, statuario ed è invece visibilmente distrutto, gli occhi bovini spenti, vaganti nel vuoto, smarriti, quasi comprendessero che è giunta la sua fine! Tiene la lengua fuera e respira a fatica, la cabeza bassa e resta immobile. Non punta più lo zoccolo en la tierra y non sfida più il torero, ma cerca solamente di prendere respiro... Non gli 68


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------interessa più nemmeno il telo rosso che Hernandez gli sventola davanti. Il pubblico lo incita, s'alza in piedi, suona, strilla, applaude. El Toro es immobile, enorme e, nel mismo momento, rinchiuso en la sua ridicola potenza... La ley taurina prevede che il torero lo uccida entro il decimo minuto... Hernandez tiene su spada en la mano derecha... Tiene dos minutos! El Toro si regge appena in piedi nella sua mostruosa mole... … Attenzione Juan, Hernandez è pronto: ginocchio destro lievemente piegato, lo spadino dietro la schiena, agita la muleta... Se recuerda che Hernandez deve infilare la spada tra le scapole del Toro... Un minuto solo! Hernandez agita la muleta... Il Toro ha scalciato! Parte! El Toro, el Toro, el Toro! ... Finita la macellazione, la carne viene spostata nella sala di sezionatura, dove degli esperti macellai fanno i diversi tagli a basse temperature, per non permettere lo sviluppo di flore microbiche e batteriche. Ogni giorno uccidiamo quasi un migliaio di maiali, li spelliamo e ne mettiamo le carni sul mercato. Pur essendo un mattatoio di piccole dimensioni, riusciamo a preparare oltre cento porci all'ora! ... Diòs, hombre! L'ha preso! Incredibile... Colpito! Hernandez è per terra, è stato colpito! El Toro lo attacca... Mira, tentano di distrarlo... Attenzione! Hernandez està ferito! Il Toro l'ha caricato e l'ha 69


Aeolo ----------------------------------sollevato tre volte sulle corna ed ora è per terra... Tentano di distrarlo con i loro teli...

Prendere una padella; farci soffriggere due spicchi d'aglio; mettere sulla piastra bollente la carne che abbiamo precedentemente lavorato con le verdure ed il pan grattugiato e lasciar cuocere, cuocere e cuocere ancora, finchĂŠ tutto sarĂ cotto! Buon appetito!

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Forse onnipotenza La notte mi sta stretta, come un calzino arrotolato - la notte coricata questa notte fresca di aranci ed amanti. Vorrei scrollarmela di dosso come la blusa dopo una corsa, e mostrare me vero ed incendiare il buio, per farlo ardere per sempre di ogni scintilla che posseggo. Prenderei, se voleste, la via lattea tra due dita a fare l’unico nodo che conosco, un nodo gordiano per impiccare il tempo, e gridare all’universo che anch’io vivo e so creare.

Alberto Giannese

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Aeolo -----------------------------------

Monologo di Valentino Chinnì La porta di sottile compensato si apre, e lui entra in scena. Guarda a terra mentre i suoi passi sul palchetto di legno risuonano come tonfi profondi. Si ferma al punto stabilito dalla sua mente e gli sembra quasi di vedere una microscopica X sulle assi. Si schiarisce la voce e inizia a parlare chiarissimo, scandendo ogni parola: se chi lo ascolta non capisce, è finito. Si muove con sapienza e maestria e i suoi cinquantatre anni non sono d’impaccio quando deve spostarsi, quasi con dei balzi, da una parte all’altra del suo spazio per avvicinare gli occhi sgranati agli spettatori e catturare la loro attenzione. Sa tutto a memoria e lo ricorda con facilità: la sua professionalità, oltre che nella mimica, è nel fissare ogni singola parola in testa e pronunciarla col tono più appropriato. Il giorno prima aveva ripetuto la sua parte davanti allo specchio, e anche il giorno ancora prima e anche quello prima, nei venticinque anni precedenti. Le mani agili e la giacca elegante gli danno un’aria da prestigiatore e lo sguardo, ora languido ora furioso dà perfettamente l’idea della storia di cui sta parlando. Nel 72


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------suo monologo c’è tutto: la rabbia, l’amore, i pensieri puri del sognatore e le recriminazioni del frustrato. La sua piccola platea segue in silenzio religioso, con attenzione e disciplina. È tutta una questione di attenzione e disciplina e se non ce l’hai tu, che sovrasti quel silenzio, chi ti ascolta non ce l’avrà mai. Ad un tratto dalle ultime file arriva un colpo di tosse e un attimo dopo uno starnuto. Qualcuno bisbiglia qualcosa. Momento di distrazione. Una goccia di sudore gli si forma sulla sua fronte e con un gesto leggiadro l’asciuga col dorso della mano. L’esitazione però sembra trasparire e gli pare di aver perso il filo per un attimo. Pensa “se trovano un mio punto debole ci scaveranno dentro con forza e tenacia e perderò la mia credibilità per sempre”. Allora in un fremito di passione si esalta raccontando le imprese di antichi eroi, e lui stesso si sente invulnerabile per un istante. Un Achille, sulla scena. Prende fiato guardando il soffitto e la voce si gonfia. È inebriato dalla sua narrazione e inebriante con la sua gestualità. In una posa di trionfatore (Napoleone, Alessandro e Cesare insieme) col pugno in alto si blocca, come congelato all’improvviso. Sta suonando la campanella.

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Aeolo ----------------------------------L’ora è finita e mentre qualche studente accenna un applauso introverso e timido, lui lascia l’aula come era entrato, guardando di nuovo a terra.

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Acqua tonica e limone Quel pezzo d’agrumo alla penombra che spumeggia di umori Quasi sembra un guscio di tartaruga La tartaruga dentro un vetro umida terra e sangue. E il tuo viso che dorme e il tuo respiro saturo che muove dolcemente la camera. Bocca socchiusa mi fai male. Bocca socchiusa luci arancione mi fate male Amore mio Mi inondi gli occhi e le mani di nostalgia-irrequieta-

Giorgia Santaera 75


Aeolo -----------------------------------

Anch’io uso i limoni per pulir le griglie tra frasche e cocci rotti getto i cuori e navigo Assente sui vascelli. E il sacrilegio si compie e si rinnova per te e contro di Te per Noi - forse -

Giorgia Santaera

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Tempo per l’improvvisazione di Claudia Ciardi D’inverno, a mezzasera, l’argine sembra più grande. Deve essere per la luna. Non so cosa sia questa luce ma ogni volta finisce per dilatare il paesaggio. E allora la golena diventa immensa, sommerge il pensiero fino a ghermirlo di pace e impotenza, nient’altro che un coccio umido di spirito e creta, sotto la schiarita alta portata dal vento. Qui siamo soli, io e la mia orma cucita sullo sguardo a farmi compagnia. Siamo un’identità di passi dove l’occhio sta fermo sopra l’orgasmo del tempo, mentre il fiume si richiude mutamente. Temo la metafisica delle cose che lo spazio ha immolato all’oblio. E’ così che la corrente ogni volta mi afferra. Così si ostina a gridare la mia perduta fede in una luna che confonde. Ogni cosa più grande, ogni cosa prigioniera. E che la sera sia superba, più superba di questo ridicolo giorno speso in un’amnesia che mi ha fatto mancare l’incontro con quello che avrei voluto essere.

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Aeolo ----------------------------------La mente è immobile, qui, coi piedi che calpestano questa terra di tante sembianze, con lo sguardo di molti e l’odore degli istanti. Sempre un passo dietro il mio desiderio, una distrazione di anni poggiata su un naufragio, dove la vita si ripensa e i destini tremano di lontananza. C’è solo la forma di un’incompresa malinconia, ruvida e sfuggente, tra queste stelle che adescano la golena muta, sempre più muta, ora che avanza nel seno dei sogni. La bicicletta è leggera come a quindici anni. Il telaio un’ala distesa sulla strada che dice di correre. Il tempo non si conta fino all’ultima casa. Là portano i pensieri, in fondo alla via, con la siepe grande che profuma di ginepro e rosmarino. Là sono i campi e i pometi in dolci litanie e i panni messi al sole, nient’altro che teatri di vento dove s’improvvisa un ritorno. La bicicletta corre, le ruote sferzano l’aria e il sudore, il corpo è leggero mentre le gambe spingono sull’adolescenza, si lasciano sollevare come idoli coperti di cenere e immaginazione. Siamo uguali in questa cima d’ombra. C’è ancora l’odore del tramonto e forse ci sono anch’io, forse, in una sera che è ora.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Dietro la stanchezza che ti ha portato a questa strada, la stessa che abbiamo seguito insieme, dopo la siepe grande, all’ultimo albero dove hai posato lo sguardo. La stessa meta e anni di attesa per ritrovarci in un attimo. La mente conserva intatti i falansteri dei ricordi. Hanno la vita di corpi infiniti e accennano a un desiderio che si scopre incompiuto e non ne vuole sapere di rassegnarsi. Ma se scambiamo i nostri intenti ogni cosa torna ad essere semplice. C’è comprensione in questo mare di cattedrali dove veglia l’abbandono. Qui abita la mia improvvisazione, non so come altro chiamarla, quella che mi fa perdere di fronte agli assiomi della logica e mi persuade di un’irragionevole perfezione negli errori. Sotto gli alberi della tua adolescenza c’era anche la mia forma, eravamo lungo l’argine dei pensieri al limite della fuga o all’inizio del risveglio. La prima volta che ci siamo incontrati è stato laggiù, quando ti sei disteso sull’erba ed era sera ormai e respiravi forte per la fatica. La notte ti prendeva, il tuo petto, lo sentivo ero a un passo, si smarriva. La prima bicicletta e cento chilometri portati dal vento, corsi con tutto il fiato che avevi in corpo. Eri un semidio che indossa una clamide al rovescio a cui stanno attaccati i sogni, mortale per l’eternità

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Aeolo ----------------------------------dell’immaginazione. E io su quel prato ero un sibilo, un fremito d’ombre che viene a sfiorare la terra. Le voci delle case si perdevano per le strade deserte. Si preparavano alla cena, e io che non ti lasciavo andar via. Aspetta, ti dicevo, e tu senza sentirmi restavi. Lasciati guardare ancora, perché sappia a memoria l’odore di questa notte, quando ti rivedrò e non avrò esitazione, non avrò incertezza a riconoscerti. Il fiume ha un corpo di terra e carne stanotte, respira come nell’amplesso delle bestie o degli uomini. Ha un affanno che gli si strozza in gola, doloroso come solo il piacere sa esserlo. E’ la mia persistente pulsazione e si confonde con la voce di una campana che corre via, di lontano, oltre la curva grande dell’argine. E forse è la sembianza originale del mio essere che si affanna dietro il paradigma delle sue mitologie. Hermes mi ha messo sul corpo il peplo del mondo. Ci stavano attaccate le strade di un viaggio, soltanto ora lo capisco, il viaggio immaginario della vita che si diverte a scolpire cammei e inutili sigilli sulla fuga del tempo. Spazi di istantanee e ombre gettati su una sensibilità confusa dove il passato continuamente trasogna. E queste assurde equazioni che all’improvviso non mi suggeriscono più nulla. 80


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Profondamente assorti ci abbandoniamo dove le somiglianze derivano. Stretti confini dell’umida terra abitata dai paraventi spezzati dei pensieri. Davanti a un idolo con la clamide abbandonata sul prato, che vuole scambiare l’adolescenza, la mia la sua. E ci contempliamo inconsapevoli in un tempo fatto per l’improvvisazione. Finalmente ti riconosco. Ogni cosa riaffiora qui, sopra il volto del fiume che forse non esiste già più. Ogni frammento inscritto a un’incerta meta. Corre la bicicletta sulla mia sera. Scivola dolcemente lungo l’argine dei miei presentimenti. Ci respiriamo, accanto. Culla di vento sono le tue braccia. Non andar via. E che la notte sia superba su questa strada dove i nostri corpi si assomigliano, risvegliandosi eterni.

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Aeolo -----------------------------------

Microcosmo urbano offro al mercato il mio sguardo affamato di vite e di lingue, Babele del mattino. slavo,indiano e lo zingaro bambino che saltella fra i banchi come un insulto, fra gli occhi di pietra di pesci mancati all'onda che partorì le squame dorate. Al di là di discreti veli emergono i sentieri di [volti seducenti nelle giovani che custodiscono bellezze nascoste e fremono i muscoli di chi scarica casse, vigore maghrebino di gioventù dai volti aperti, gli occhi astuti ed enigmatici (assalama [alaiku amigu!) Mi muovo goffo fra morte e vita fluttuanti, armonia di gesti che partoriranno ancora generazioni di lingue, bisogni, credenze nell'orgasmo degli incontri che insemina la storia fra arance accese e pachidermiche melanzane la terra offre il suo seme, il sacrificio,il fiore [delle vite: il canto sconnesso della fatica, la messe che nutre [l'umanità

Michele Chinnì 82


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È già tanto amara la vita, almeno il caffé lo prendo dolce di Silvia Litterio “Scusi, eh, ma ho proprio voglia di fumare una sigaretta. È da stamattina che sono qui a lavorare. Che brutta giornata, oggi. Non trova?” un’estranea mi stava rivolgendo la parola. Smetto repentinamente di mescolare l’abbondante zucchero al mio caffé, e cerco di dare uno scossone ai pensieri che si spintonavano e si aggrumavano nella mia testa. La contraddico quasi per difesa “no: stamani era molto più freddo. Adesso si sta bene” era come se fosse venuta a turbare l’intimo equilibrio caotico dei miei pensieri. Lei sembra quasi volersi giustificare “non c’è nemmeno il sole. Speriamo che nei prossimi giorni sia bello. Questa settimana non dovevo nemmeno lavorare, poi mi hanno chiamato per tre giorni. Quand’è Pasqua? Fra due giorni…no tre. Le vacanze cominciano e sono già finite. Martedì sono di nuovo qui, ma stasera stacco alle sei e mezzo invece che alle sette, tanto non c’è nessuno” io le sorrido, sono sua complice; riprende a parlare “vorrei andare a Siena. È tanto che manco da Siena, mi piace: vorrei tornarci. Più che altro mi piacciono 83


Aeolo ----------------------------------le colline che si vedono prima di arrivarci: sono verdi, poi gialle, poi più scure…sono bellissime” e su quest’ultima frase le brillavano gli occhi, quasi le tremava la voce. La sconosciuta mi parlava come se mi avesse conosciuta da molto e volesse aggiornarmi sulle vicende della sua vita, come se volesse comunicarmi le sue mille piccole preoccupazioni, affanni e gioie quotidiane. Il suo discorso era impregnato di riferimenti a luoghi comuni, banalità, roba da gente normale, ma c’era qualcosa, dietro il suo scaraventarmi addosso se stessa in poche e semplici battute, dandomi immediatamente del tu “ieri mattina sono uscita di casa alle nove, sai volevo comprare la ricotta. Avevo già comprato la ricotta: quella confezionata, ma non è buona, è insipida, non sa di nulla. Volevo la ricotta buona, quella comprata al supermercato fa schifo” il suo accento era meridionale, ma i tanti anni vissuti in Toscana lo avevano reso meno duro. L’accento non si perde mai. Certo, si può imparare a disimpararlo, a non utilizzarlo, ma non si perde. Quando pensiamo, ad esempio, lo facciamo sempre col nostro proprio accento, non si scappa “la ricotta mi serve perché preparo le pastiere per Pasqua. Ieri ho fatto la pasta frolla e ho cotto il grano. Ci ho messo un’ora e mezzo. Un’ora e mezzo lì a girare, è stancante sai?” mi guardava negli occhi. I suoi occhi irradiati dalle rughe erano spenti. Le labbra sottili talvolta si serravano, forse per aspettare un mio cenno di consenso, come se 84


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------fossi una grande intenditrice di pastiere “le pastiere le preparo in quantità industriale. Le faccio per darle agli amici. I miei vicini di casa fanno la schiacciata. Ognuno prepara qualcosa” ha preso a parlarmi del forno, che non può accendere se è in funzione la lavastoviglie, perché crea corto circuito, delle piante che vorrebbe piantare ad aprile, di suo figlio, che è del segno della bilancia e che quindi ha un caratteraccio, di suo marito che è nato a maggio, dell’ansia con cui aspetta di poter tornare a casa, con cui aspetta il ponte del primo maggio, con cui aspetta la bella stagione, con cui aspetta, o forse spera. Si volta verso di me e noto che i suoi capelli grigi, resi lisci da chissà quale procedimento chimico o fisico, sono venati di bianco, mi parla di quanto si senta sola. Fumando la sua lunga e sottile sigaretta, decide ora di spostare - ma solo per un istante - i riflettori su di me: mi chiede cosa ci faccia all’università a quell’ora e per di più di giovedì santo. Io le spiego che avrebbe dovuto esserci la riunione del gruppo dei M***, ma che oramai, vista l’ora, credo di essere l’unica presente. Comincia allora a parlarmi della sua esperienza con gli studenti, parla di studenti e decide di non includermi nella categoria, nonostante l’evidenza “ho visto ragazzi arrivare anche tre quarti d’ora dopo, alle riunioni dei M***, non preoccuparti: qualcuno arriverà” non c’era molta convinzione in lei, ma parlava come chi sa “gli studenti sono cambiati. Parlano, parlano, parlano, ma 85


Aeolo ----------------------------------quando poi arrivano davanti ai personaggioni stanno zitti. Non hanno più il coraggio di parlare, non hanno più il coraggio di lottare, di portare avanti battaglie importanti” cercava consenso alle sue parole, lo cercava in me, come se io non fossi l’oggetto del suo ragionamento “prima erano più combattivi, più organizzati, più in movimento. Adesso sono mosci, ma non è nemmeno quello…è che sono menefreghisti” un misto di delusione e di sconforto velava l’espressione del suo volto poco prima raggiante. I suoi occhi erano leggermente schiacciati alle estremità, sembravano quasi celare una origine orientale dietro i tratti evidentemente mediterranei. Il suo naso era molto grosso, ci faccio caso soltanto adesso. Qualcuno bussa in portineria, qualcuno avrebbe bisogno di lei, ma lei fa un cenno distratto e risolve la questione in fretta: sono io il suo pubblico “guarda questo marsupio…sembra piccolo e leggero, ma pesa tantissimo. Ci sono tutte le chiavi della facoltà” sembrava volesse incitarmi a prenderlo. Forse ha voluto mettermi alla prova “ci sono le chiavi del terzo piano, delle aule, della presidenza…quante chiavi! Le chiavi del paradiso!” forse avrebbe voluto che gliele sottraessi, ma non l’ho fatto; ho preferito finire il mio caffé economico e di scarsa qualità, ma molto dolce. Quella donna mi ha rubato la monotonia di un' attesa vana. Guardo l’orologio, le sei e cinque. La donna mi sorride ed esclama “mi sa che ti hanno proprio bidonato!” io 86


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------annuisco e, dopo un sorriso di congedo, mi avvio verso l’uscita. 13

13 “Perchè fare oggi quello che puoi rimandare a domani” di Silvia Litterio

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Aeolo -----------------------------------

Nella notte nella via Labili si riflettono le luci nell'asfalto lavato. Lacrime, le mie, che rigano i muri. Son forse il rullo di mille tamburi che ridono isterici il tempo passato, i giorni pi첫 scuri.

Enrico Santus 88


Rivista letteraria ed oltre -----------------------------------

La casa sulla scogliera di Valeria Venuti L’aveva capito già la mattina appena sveglia, da quando quel passero che era solito svegliarla col suo canto non era più li a cinguettare come sempre. No, qualcosa era cambiato. Adesso stava seduta su di uno scoglio ad osservare il tramonto. Le onde si infrangevano contro la riva e gli spruzzi della schiuma le rinfrescavano il viso. Quel soffio verso occidente non era più il vento caldo di agosto e le nubi rosse e grigie all’orizzonte preannunciavano il tramonto dell’estate. Guardò la casa sulla scogliera, ormai vecchia e abbandonata e sospirò. Per un attimo le era tornata alla mente una scena. Sorrise… Si rivide per un istante bambina, in spiaggia sotto il sole con le guance e la fronte piene di sabbia. Tra le mani stringeva una conchiglia: l’aveva trovata per caso sotto un sasso e nessuno dei suoi amici se ne era ancora accorto. Era la conchiglia più bella che avesse mai visto. Aveva tanta voglia di mostrala ai suoi genitori con orgoglio, ma 89


Aeolo ----------------------------------sapeva che loro le avrebbero dato poco peso. Così, prima di tornarsene a casa corse a dallo zio Jonathan, che abitava alla casa sulla scogliera. Lui sì che conosceva il valore delle conchiglie! Era stato marinaio per tanto tempo e conosceva un sacco di storie sul mare e sui gabbiani. Lo zio esaminò compiaciuto la conchiglia della nipotina e disse: <<Sai che quando un gabbiano vola basso, non lo fa solo per cercare cibo? …no! Un gabbiano conosce molte più cose che noi umani possiamo immaginare. Quando lo vedi planare a pelo d’acqua in realtà lui sta parlando. E questa conchiglia mi ricorda proprio la storia di un gabbiano che sapeva parlare…>> <<Perché, i gabbiani parlano? E con chi? >> rispose la bambina un po’ confusa. <<Con le sirene>> bisbigliò lo zio Jonathan quasi a rivelarle un segreto. La piccola lo guardò con diffidenza, ma poi, vedendo che lo sguardo dello zio era serio si incuriosì e disse: <<E cosa si dicono?>> <<Ah bambina mia! Tu troppo vuoi sapere!>> aveva risposto lui alzandosi dallo sgabello. La bambina rimase delusa da quella risposta e corse dallo zio pregandolo di continuare il racconto. Sapeva che quello era solo un modo per farla incuriosire: faceva sempre così prima di iniziare a raccontare una delle sue storie. 90


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Lo zio era già tornato a sedersi sullo sgabello, si accese la pipa sorridendo tra se e iniziò a parlare: <<Conosco la storia di un gabbiano, che non nacque gabbiano, ma uomo. Si, perché era stato un uomo a suo tempo…un marinaio>> La piccola sollevò il capo poggiando i gomiti sul cuscino: <<Un marinaio?>> <<Proprio così. Ed era un marinaio saggio e rispettato da tutti. Amava il mare più di ogni altra cosa e quando non poteva ascoltare il rumore delle onde ascoltava l’eco delle conchiglie. I suoi compagni lo chiamavano “Ulisse” perché leggeva molti libri e conosceva tantissime cose, soprattutto sul volo dei gabbiani. Ma lui non si accontentava mai di ciò che sapeva e un giorno si convinse di volere imparare a volare>> <<E come si fa? È impossibile!>> esclamò lei contrariata. <<Una mattina il marinaio si alzò all’alba prima di tutti gli altri suoi compagni per recarsi al vecchio faro, ormai abitato solo dai topi e dai gabbiani. Ulisse salì fino in cima al faro, per studiarne da vicino il loro volo; e studiò per ore e ore annotando su un libricino appunti e disegni . Ma fu o per distrazione o per svista che ad un tratto perse l’equilibrio e cadde giù, in mare. Una sirena

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Aeolo ----------------------------------che era li vicino lo raggiunse e lo riportò a riva; ma purtroppo per Ulisse non ci fu nulla da fare >> La bambina ascoltava con interesse, e quel ultima parte la lasciò un po’ delusa: <<E non ci fu proprio nulla da fare?>> Lo zio ridacchiò dietro i baffi bianchi: << Inizialmente la Sirena abbandonò la speranze, ma poi decise di chiedere aiuto alle altre sirene, che le donarono un antidoto. Ma quella pozione aveva la facoltà di ridare la vita sotto le sembianze di un’altra creatura. Il marinaio si risvegliò dopo alcune ore accorgendosi di avere due ampie ali bianche al posto delle braccia e un becco al posto della bocca. Ulisse guardò la sirena con riconoscenza e per ringraziarla le regalò una conchiglia bellissima, color di perla>> <<Come la mia?>> <<Si, somigliava molto alla tua. Da quel giorno gli altri marinai non seppero più nulla di Ulisse, qualcuno disse che era andato in America in cerca di fortuna, qualcun altro che era morto, ma in realtà ognuno di loro sentiva la sua presenza guardando un gabbiano planare sul mare>> La bambina fissò la conchiglia che teneva tra le mani, poi l’avvicinò all’orecchio e sorrise: <<È vero! Sento il mare!>> esclamò battendo i piedi per terra con gioia.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------Quell’ estate trascorse in fretta, e ogni pomeriggio prima di tornare a casa dopo il mare, la piccola Ilary andava sempre a trovare lo zio per ascoltare una delle sue storie, anche negli ultimi giorni estivi prima di trasferirsi con i suoi genitori in città, quando lo zio era ormai infiacchito e debole per gli acciacchi. Un giorno che mai più dimenticò trovò lo zio a letto, in silenzio: <<Oggi niente storie piccola sirenetta mia. Domani ti prometto che te ne racconterò una bellissima>> aveva detto con voce rauca tra colpi di tosse secca. Quel giorno Ilary tornò a casa col broncio, ma con la curiosità di sentire la storia bellissima che lo zio le aveva promesso. Il giorno dopo però, trovò la porta di casa dello zio chiusa con un grosso lucchetto di ferro arrugginito. La piccola rimase immobile per qualche istante a fissarla con aria triste, dopo però, iniziò a bussare e a dare pugni e calci alla porta gridando: <<Me l’avevi promesso!>> Ma quando giunse a casa rassegnata chiedendo alla madre dove fosse lo zio Jonathan, lei carezzandole i boccoli bruni le rispose: <<Lo zio è volato in cielo, ma prima di andare mi ha detto di darti questo>>

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Aeolo ----------------------------------La bimba prese tra le mani una grossa conchiglia color di perla, luminosa e bianchissima. Era molto più bella della conchiglia che aveva trovato tempo prima sulla spiaggia. Strinse forte a se il suo tesoro sentendosi come la sirena del marinaio Ulisse, poi però corse a letto piangendo. Quella sera i bagagli per il trasloco in città erano già tutti pronti, e mentre il mare in tempesta si infrangeva sulla riva guardò per l’ultima volta la casa sulla scogliera. Adesso stava li, ancora seduta su quello scoglio a guardare il mare: il sole era appena tramontato. Si alzò in piedi per andare via, ma in quel momento un gabbiano le passò davanti planando sul mare. Fu forse la sua immaginazione, ma le sembrò che quel gabbiano la guardasse sorridendo. Restò a fissarlo incredula ancora per un po’, fino a che non lo vide sparire dietro la casa sulla scogliera.

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Inter[venti]

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L’arte a Pisa: intervista a Santucci di Venuti e Caproni Abbiamo intervistato Tommaso Santucci, uno dei tre artisti le cui opere sono esposte alle Logge di Banchi (Massimo Pasca e Ilenia Rosati gli altri due). Ci siamo incontrati in piazza Dante, abbiamo preso un caffè insieme e abbiamo chiacchierato con lui, che si è mostrato subito disponibile e generoso nelle risposte. Se lo chiamate artista, oppure dite che è un giovane artista, verrete subito contraddetti. Non ama le etichette e preferisce iniziare a parlare subito delle sue “installazioni semipermanenti”, le opere esposte ai Banchi. Quelle installazioni, ci dice, non rappresentano la sua tecnica usuale, che invece si basa su materiali poveri: scotch carta e biro nera. Parlaci della tua tecnica e del tuo stile. In genere non dipingo, non saprei nemmeno fare un ritratto; mi sono formato al liceo classico e laureato in cinema, musica e teatro. Generalmente uso la biro nera su scotch-carta, realizzo frammenti che poi assemblo insieme. Ogni assemblaggio che faccio riguarda un 96


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------periodo della mia vita, da uno a cinque mesi. Disegno sulla mia scrivania e poi assemblo immagini e frasi che si susseguono in ordine più casuale che cronologico. Le frasi che accompagnano le immagini sono mie o tratte da canzoni. Quindi ogni disegno rappresenta per me uno stato d’animo: i miei motori principali sono il dolore e l’amore. Utilizzo come colori predominanti l’oro, il rosso e il nero perché sono i colori che mi rappresentano di più. Nel caso delle installazioni delle Logge come hai lavorato? Ho semplicemente ricopiato sui pannelli di legno alcuni frammenti delle mie opere. Ne ho scelti alcuni e li ho dipinti, cambiandoli un po’. Il mio stile e quello degli altri artisti che hanno partecipato al progetto delle Logge si è intonato da solo. Ilenia punta di più sui colori e sull’assemblaggio con gli specchi, mentre Massimo Pasca è più vicino allo stile di Keith Haring. Come è nata l’idea di esporre queste opere alle Logge? L’iniziativa è partita dall’ufficio cultura per abbellire il cantiere [stanno facendo dei restauri al palazzo del comune ndr]. Il tema proposto era “Il vivere in città”. Come vedi la vita in città? 97


Aeolo ----------------------------------Mi pare sia sempre più segnata dalla fretta, dal caos, dall’indecisione da parte dei giovani, dalla difficoltà di vivere i sentimenti, particolarmente l’amore. Non si può mai essere all’altezza dell’amore. Che influenza ha avuto Pisa nella tua arte? Non importa la città ma le persone con cui ti relazioni. Alcuni studenti vanno in erasmus, o si trasferiscono in città nuove come per oltrepassare una gabbia. Magari trovano il loro mondo a Madrid o altrove, ma io personalmente mi sono trovato bene a Pisa, sono i rapporti che costruisci con le persone a fare la differenza. Keith Haring nel 1989 dipinse il muro del convento di S. Antonio a Pisa. Cosa ti piace di questo artista? L’idea di colpire il passante, come faceva lui dipingendo nelle metropolitane. A volte alle Logge mi 98


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------metto in disparte e noto che alcuni passanti camminano distratti, altri si fermano davanti ad alcuni dei nostri pannelli. Non so cosa li colpisce, se le frasi o le immagini, non so cosa pensano ma alla fine ciascuno può associare alle immagini impressioni diverse. Parlaci della tua ispirazione. Per me l’ispirazione non ha senso. Non ho momenti o condizioni per l‘ispirazione, io potrei sempre fare disegni, scrivere, esprimere il mio”flusso di coscienza”. Non credo nel potere di alcol e droghe, che mi fanno piuttosto perdere la memoria [risata]. Credo invece nella necessità di restare vigile per mantenere il contatto con il mondo. La tua arte parla di te o del mondo? Che rapporto hai con il mondo esterno? Io sono una spugna, un contenitore che si riempie di quello che avviene intorno. Tutto è importante, si hanno spunti meravigliosi dal contatto con il mondo. Le esperienze, belle o brutte che siano, riempiono sempre di più il mio contenitore.

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Aeolo -----------------------------------

Nei tuoi dipinti sono ricorrenti la donna e il tema dell’amore… Parto soprattutto dalle mie esperienze personali. Quando inizi con una ragazza va tutto bene, è splendido, ma presto inizia il conflitto. La passione ha una durata temporanea, dopo l’inizio è quasi come se fosse impossibile costruire qualcosa. Io lo so che non è impossibile, perché io sono sicuro di aver provato amore. Mi affascina il mondo femminile e non sopporto le unioni superficiali tra uomo e donna. Ad esempio in Per te che mi hai fatto urlare [titolo di un suo assemblaggio] elaboro

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------una frase che mi ha detto una ragazza per dirmi che l’avevo fatta stare bene, eppure anche in quel caso è finita. Cosa vuoi trasmettere al pubblico? Francamente dipingo per me stesso. Per me è una sorta di diario, mi serve per mettere per iscritto momenti del vissuto. Non è che voglio restare distante dal pubblico, solo che questo è un intento secondario. Voglio trasmettere stati d’animo, ma sono geloso delle mie opere: non mi interessa vendere. La mia stanza è tappezzata delle mie opere. Io vorrei un luogo dove esporre tutte le mie opere piuttosto che vendere. Ho ricevuto offerte ma non me la sento proprio di venderle. Mi piace stare nella mia stanza per rivivere i momenti descritti nelle mie opere, a volte degli amici mi dicono: “è quella camera che ti fa male”, ma credo che nella mia arte ci sia una componente di autolesionismo. Non so mai quale sia la soglia tra lo studio di me stesso e ciò che voglio comunicare agli altri. Come può un giovane artista emergere in una società dove l’arte pare contare sempre meno? Io non ho mai pensato alla committenza. Credo che bisogni fare per se stessi, senza pensare di arrivare in alto. Rimanere con i piedi per terra e prendere nutrimento da quello che si fa, senza pretendere di fare chissà cosa. Mi

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Aeolo ----------------------------------irrita la competizione, voglio che quello che porto fuori faccia parte di me. Non mi interessa affiancarmi ad un gallerista, io ho esposto cosÏ, ed i miei lavori sono piaciuti‌ se esponi su internet e sei bravo in un giorno ti hanno visto trecento persone.

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Percorsi sul ‘68 di Augusto Illuminati 14 In questo mio libro (Percorsi del 1968. Il lato oscuro della forza, DeriveApprodi, Roma 2007) ho cercato, per dirla con Lou Reed, di take a walk on the wild side, dove succedono le cose piĂš interessanti. Quelle che nessuno ama ricordare e spazza sotto il tappeto, quando prova a costruirsi un passato idealizzato o a piantare i paletti di 14 Augusto Illuminati (1937), professore associato di storia della filosofia politica, dall'anno accademico 2000-2001 ha assunto la cattedra di storia della filosofia, dove è stato chiamato come straordinario dal 2.11.2001. Insegna a Urbino dal 1971-72 e fa parte anche del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in antropologia filosofica e fondamenti delle scienze e del Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in Filosofia Moderna e contemporanea (Bari-Ferrara-Urbino). E' inoltre presidente del Corso di laurea in filosofia.

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Aeolo ----------------------------------un disegno progressivo. Dunque, ripercorrere tutto il ’68 senza tacerne le contraddizioni e i lati sgradevoli, non pentirsi di nulla (citiamo un’altra protagonista musicale, Marianne Faithfull, la musa dei Rolling Stones e poi grande cantante in proprio: Never apologize, never explain), decostruire i vari cicli di lotte che in quell’anno sembrarono incrociarsi e fare massa critica, ricostruire quel rapporto, almeno in Italia, con il decennio successivo, culminato nel ‘77 “brutto e cattivo” che in realtà dispiega tutte le potenzialità del ’68 portandole a una gloriosa sconfitta, un fallito assalto al cielo (ai rapporti di produzione capitalistici e all’ordine borghese, riformismo comunista compreso) che però vale tutte le altre innovazioni democratiche e di costume pacificamente integrate nel comune sentire quotidiano. […] Cominciamo a farci carico di tutto il periodo e critichiamo non come siamo stati cattivi, ma le falle di una strategia, che resero più facile una repressione che comunque era molto più forte delle nostre energie. Certo, non tutto fu giusto, ma quasi niente sbagliato – come cantò De André. E ancor oggi, se vogliamo interpretare il collasso dell’Italia e le disfatte di quella sinistra che sembrava nel ’68 avviata verso una stabile egemonia, dobbiamo ricorrere a quelle categorie eretiche elaborate negli anni ’60 e ’70 e che pure non furono sufficienti a costruire un’alternativa vittoriosa ai grandi partiti 104


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------riformisti di massa del declinante fordismo. E’ importante ricordare che le radici del ’68 italiano stanno nelle analisi operaiste dei «Quaderni rossi» 1961-62 e nella loro contemporanea messa in pratica sindacale, che anticipa tematiche, rivendicazioni e lotte dell’autunno caldo 1969, ciò che impedisce di circoscrivere il ‘68 a un’esperienza antiautoritaria assegnandogli invece un esplicito segno anticapitalistico e spiegando la lunga tenuta del movimento, senza confronti in Europa. Il cambiamento culturale, che in qualche altro modo sarebbe pur sempre accaduto, si panneggia tutto intorno alla costanza di un’offensiva di classe che accelerò e inceppò l’evoluzione verso il pieno fordismo e mise subito sulla difensiva l’incipiente postfordismo, costringendo la borghesia italiana prima a un tentativo fallimentare di ristrutturazione e poi alla deindustrializzazione. Le grandi conquiste democratiche dell’epoca (divorzio, aborto, 150 ore, Statuto dei lavoratori, legge Basaglia per la chiusura dei manicomi, ecc.) furono la ricaduta, gli effetti collaterali di un prolungato scontro di classe che si distende quasi incessantemente dal luglio 1960 alla fine degli anni ’70. Il supporto umano di quel ciclo, i figli di Marx e Coca Cola (J.-L. Godard Masculin Feminin, 1966) lo erano anche di un concreto lavoro di fabbrica a Torino, Milano, Porto Marghera e della conseguente rottura con le organizzazioni tradizionali politiche e sindacali della 105


Aeolo ----------------------------------sinistra. Infatti il ’68 italiano fu non soltanto contestazione culturale e universitaria e solidarietà ai vietnamiti, ma movimento di massa nelle scuole secondarie (dove si addensavano gli strati studenteschi meno di origine borghese), unità non retorica fra operai e studenti, secessione dalle organizzazioni storiche del movimento operaio e critica sempre più decisa del modello picista e di quello sovietico su scala internazionale, dove le simpatie si spartirono piuttosto fra guevarismo e maoismo. Per altro verso, almeno nei primi anni, il movimento italiano recepì molto timidamente quanto di nuovo veniva elaborato nella controcultura americana dei Sixties e adattò il messaggio libertario di Marcuse, Huxley, Bateson al contesto tradizionale del marxismo ortodosso e delle sue infinite varianti eretiche, addirittura cercando di farlo quadrare con sgangherati scenari di nuova resistenza e rivoluzione incompiuta. Il ritardo del femminismo è emblematico, per non parlare della colonna sonora, che ce ne mise di tempo per importare il Bob Dylan più countryprotestatario, ancor di più il vitalismo lisergico West Coast dei jefferson Airplane o dei Led Zeppelin e neppure sfiorò il rock proletario di Detroit (Iggy Pop&Stooges, MC5) o quello nichilista East Coast (Velvet Underground&Nico). di condurre a buon fine quanto il pavido riformismo delle sinistre non era stato in grado di realizzare, a livello di istituzioni e di vita quotidiana. Capiamoci: a lungo il 106


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------sottinteso fu cambiare il sistema o, più modestamente, il Pci più che cambiare la vita. Già, il faut changer la vie. Solo alla metà dei ‘70, a disfatta imminente, si entrò in sintonia con il Go Rimbaud cantato da Patti Smith fra onde e cavalli scalpitanti. Proprio allora le radio libere, Alice in primis, trasmettono in tempo reale le colonne sonore della rivolta generazionale punk, dai Clash ai Sex Pistols. Peccato che, a quel punto, un movimento politico sia rimasto, travagliatissimo, solo in Italia. La rottura più radicale, d’altronde, si compì allora, opponendo alla crisi e al postfordismo precarizzante che avanzava, la parola d’ordine del rifiuto del lavoro e inaugurando una pratica di resistenza fondata sugli stili di vita, le zone temporaneamente autonome, i centri sociali –insomma quanto tuttora resta come fragile ricordo delle lotte passate e anticipazione di un nuovo movimentismo, quello di Seattle e Genova. Mettiamo sinteticamente in evidenza tre fatti, che costituirono anche un mutamento radicale dello stile di lavoro politico e in qualche modo sono sopravvissuti alla chiusura del ciclo. Primo, la presa di parola, quella prise de la parole che Michel de Certeau aveva individuato come equivalente, per il Maggio francese, alla presa della Bastiglia nel 1789... Il sovvertimento simbolico dell’ordine non 107


Aeolo ----------------------------------consisteva soltanto nel fatto che si salisse su una cattedra strappata al detentore “legittimo”, ma ancor più nel fatto che tale diritto era riconosciuto soltanto a chi parlava a nome proprio, rifiutandosi l’assemblea di ascoltare chi si identificava con una funzione o interveniva in nome di un gruppo. In via di principio il nuovo meccanismo segnalava l’uscita dal mutismo degli assoggettati, dei non messi in conto. Nei partiti e nelle associazioni di massa l’intervento era invece riservato a soggetti autorizzati, secondo una procedura codificata. Il segretario dell’organizzazione, poi i compagni iscritti in una disposizione prevedibile, senza svagare dall’ordine del giorno e con margini di dissenso controllati. Ognuno parlava del suo campo specifico e del suo livello di organizzazione. Nelle assemblee del 1967‘68 la macchina si inceppa: intervengono tutti gli studenti, non gli aderenti a partiti o associazioni. La presa di parola non riflette una gerarchia o una delega esterna, piuttosto la capacità di mostrare il chi si è, di dare inizio a un discorsoazione, di arrischiare il nuovo. In ogni presa di parola la soggettivazione è una dis-identificazione. Non sono più quello di prima, mi re-individuo negando il mio status anteriore di membro inerte di una schiera, porzione seriale di una comunità obbediente. Nella democrazia diretta si esprime un’élite di nuovo tipo, i cui esponenti, in genere provenienti dalle federazioni giovanili dei partiti e dall’associazionismo studentesco, nella misura in cui si 108


Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------facevano avanti interrompevano il rapporto gerarchico con le forze di appartenenza. L’agorà risorgeva nell’invasione illegale, di uno spazio pubblico egualitario, che si prolungava nei moderni mezzi di comunicazione di massa e si spandeva sui muri con graffiti e dazebao. La divisione del lavoro veniva sottoposta a una critica effettuale, i capi dovevano agire di persona su vari fronti: convocare l’assemblea, volantinare le scadenze, condurre le occupazioni, stare in prima fila negli scontri pagandone l’eventuale prezzo giudiziario e carcerario, mettere in gioco ogni volta il proprio carisma per mantenere la leadership. Secondo, la presa della piazza. La battaglia di Valle Giulia, marzo ’68, rappresentò un punto di svolta, perché per la prima volta nell’Italia del dopoguerra una battaglia di strada non si chiuse con la gloriosa sconfitta dei dimostranti-vittime. A Valle Giulia la polizia era totalmente impreparata: non poteva sparare, come aveva fatto fino allora con operai e braccianti, dato che si trovava davanti i figli scapestrati della buona borghesia romana, né era in possesso delle moderne tecniche anti-sommossa, che imparerà nei mesi successivi. Ma presa della strada va inteso in senso molto più largo: si trattò dell’occupazione dello spazio pubblico, delle sedi dell’educazione e della cura, della riappropriazione festosa delle città, con tutte le ricadute in termini anche smaccatamente consumistici. 109


Aeolo ----------------------------------Terzo, la presa del corpo. Questa si dispiegherà per tutto il decennio ’70, precipuamente con il femminismo, ma già nel ’68 possiamo registrare una rottura di massa nel contegno dei movimenti. Gli aspetti esteriori e diffamati erano la libertà sessuale, l’uso di blandi stupefacenti (leggeri e a basso principio attivo), la difformità delle acconciature e dell’abbigliamento; i moventi interiori il disfacimento dell’etica del lavoro e del culto della disciplina sociale e organizzativa. Proprio queste novità di superficie spaventò di più gli apparati di Stato e di partito e l’opinione pubblica. La metamorfosi più impressionante non passò per il clamore dei cortei (che c’erano stati sempre) ma per i bivacchi notturni nelle scuole, con contorno di spinelli e sacchi a pelo. Si intuì che le cose più interessanti avvengono dopo le dieci di sera. Le pratiche relazionali comunitarie tennero assieme modo di vivere e modo di fare politica. Questo è ancora un dato vivo nelle forme di aggregazione giovanile, per esempio nei centri sociali; è una discontinuità con il passato che ancora non si è chiusa.

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Rivista letteraria ed oltre ----------------------------------HANNO LAVORATO A QUESTO NUMERO: Enrico Santus – redattore, coordinatore e responsabile Valentino Chinnì – redattore e vice responsabile Luca Caproni - redattore Sara Buscio - redattrice Valeria Venuti - redattrice Silvia Litterio - redattrice Francesco Chiofalo - redattore Copertina di Renata Schiavo Locandina e Logo di Alessandro Russo HANNO COLLABORATO: Michele Chinnì, Roberto Funai, Lapo Fanciullo, Salvo Incadorna, Giusi d’Urso, Giulia Babbini, Claudia Ciardi, Alberto Giannese, Renata Schiavo, Maria Batzing, Francesco Bertoncini, Giorgia Santaera, Fabiola Cianciulli, Augusto Illuminati, Tommaso Santucci, Roberto Lepera, Leonardo Ferrante. I collaboratori evidenziati in neretto saranno pubblicati online alla pagina www.aeolo.it. GRAZIE A: Spertejo per averci appoggiato e sostenuto Catrame letterario per gli utilissimi consigli Caffè dell’Ussero per averci ospitati Andrea Santus che si è occupato del sito, nonostante i pressanti impegni di lavoro ed il prossimo arrivo di Gonzalo, a cui vanno i nostri auguri.

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Aeolo ----------------------------------Ci scusiamo se distrattamente abbiamo scordato qualcosa o qualcuno. Ad ogni modo potete contattarci alla nostra e-mail all’indirizzo aeolo.red@gmail.com DOVE TROVARCI Aeolo sarà distribuito gratuitamente all’università, nelle aule studio di Lettere e nella biblioteche di Storia e Filosofia, Fisica, Matematica, Chimica. Aeolo sarà pure in vendita in alcune librerie a Pisa e fuori città. Se desiderate acquistare una copia o sostenerci finanziariamente potete contattarci alla mail su indicata. SOFFIA CON AEOLO Se vuoi contribuire alla crescita della rivista visita il nostro sito internet nella sezione FONDI. Puoi aiutarci in tanti modi: • • • • •

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Esprimendo un’opinione; Aiutando nella distribuzione; Finanziando qualche copia (offerta libera); Vendendoci (acquistando un certo numero di copie a prezzo agevolato per poi rivenderle a prezzo di copertina); Sponsorizzandoci (acquistare un certo numero di copie in cambio di pubblicità).


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