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Racconti di cucina
28 S&H MAGAZINE I “RACCONTI DI CUCINA” DI NELLO RUBATTU
di DANIELA PIRAS U na serie di racconti che ci offrono l’occasione di raccontare Sassari non soltanto dal punto di vista della cultura culinaria. Un autore che riesce a dipingere la realtà del centro storico in maniera poetica ed ironica allo stesso tempo. Servirsi dell’ arte culinaria per descrivere una comunità. È un espediente narrativo, quello scelto da Nello Rubattu nel suo ultimo libro “Racconti di cucina – dicias
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sette piatti che non hanno
mai visto un editor”, pubblicato per la casa editrice sassarese Lúdo Edizioni. Parlare di cibo con lo scopo di dipingere la realtà più autentica e caratteristica di Sassari, costruendo aneddoti incentrati sui protagonisti, alcuni in odor di leggenda, di una città che appare sospesa nel tempo. È una formula attraverso la quale si potrebbe raccontare ogni parte del mondo. “Stare insieme a tavola è l’occasione di parlare, in un momento in cui comunicare con l’altro è sempre più difficile – dice Rubattu –, ecco allora che lo stare insieme attorno a un piatto acquisisce un’importanza fondamentale, dato che quando si mangia si è in una posizione di ascolto privilegiata. In cucina le persone si conoscono”. Il rito della preparazione di pietanze appartenenti alla tradizione, specie quella più povera, è importante oggi come ieri. “Pensate a cosa volesse dire, anni fa, organizzare un pranzo per un battesimo o per un matrimonio – continua l’autore –. Settanta donne impegnate tra padelle e fornelli. O cosa significa, ancora oggi, organizzare il classico spuntino nelle campagnette, dove gruppi di uomini si riuniscono per preparare la brace, arrostire e annaffiare il tutto con un buon vino rosso. È un momento di comunicazione fondamentale”.
Ciò che Rubattu vuole evidenziare è il fatto che cucinare insieme sia un mezzo per permettere alle persone di entrare in contatto diretto tra loro, senza filtri tecnologici, schermi di pc o smartphone. Tutti i racconti sono strutturati in modo d’avere al centro una ricetta: melanzane, fainè, minestra e patate, piedini d’agnello, zucchine ripiene, cavoli suffugati. Il contesto popolare scelto come sfondo si dipinge di sfumature pregne di significati. E così che lo “zimino” diventa il pretesto per raccontare un certo tipo di industria della carne e per mettere in luce le contraddizioni dei nostri tempi, dove emergono da un lato “nobilotti inglesi” e dall’altro “brigatisti della spuntinata”; i “granelli” serviti su un piatto da portata ben decorato si ricoprono di un messaggio inconfondibile diretto al marito fedifrago. È un mondo pittoresco, malinconico e che trasuda nostalgia, quello che emerge dai racconti di Rubattu. Nell’epoca del fast food, dove il tempo dedicato a un pranzo si adegua ai ritmi frenetici della modernità, questo libro offre uno spaccato della quotidianità di un tempo lontano ma non lontanissimo, in cui ognuno di noi può ancora ritrovarsi. Diciassette racconti per diciassette piatti: piatti che poi, una volta ultimata la lettura, viene voglia di preparare, seguendo le ricette che Rubattu, facendo quasi attenzione a non disturbare, insinua tra le storie.
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