Arianna Ho preso per mano la mia esistenza e l’ho scossa
es.ser.ci.
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e raccontarSI
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Arianna Ho preso per mano la mia esistenza e l’ho scossa
Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari
Mi colpì un volantino che trovai nella bacheca dell’Università
Mi
chiamo Arianna, ho ventinove anni ed abito a Civezzano in provincia di Trento. Innanzitutto mi ha colpita un volantino che ho trovato all’Università di Lettere di Trento appeso alla bacheca: offriva un’ esperienza di Servizio Civile in una redazione locale, Uct1, e dava l’opportunità di imparare a scrivere articoli inerenti l’attualità, l’ambiente, la storia, l’arte, la devianza e l’emarginazione nel contesto della nostra regione. All’inizio sono stata attratta da questa opportunità per una questione professionale, inoltre mi interessava occuparmi di tematiche inerenti il mio percorso di studi, Scienze storiche. Mi è sempre piaciuto scrivere, per questo sono stata attirata dall’opportunità di poter scrivere su una rivista trentina. In seguito ho compreso l’importanza di lavorare in team, perchè in una redazione si collabora e si instaurano rapporti professionali indissolubili. Mi si è aperto un mondo (1) Uomo Città Territorio; sede a Trento di una redazione che pubblica una rivista con nove numeri annui
nuovo e così mi son detta: “Arianna, tu che hai sempre avuto difficoltà a comunicare con gli altri, che preferisci gestirti il lavoro, certo, programmando l’iter da seguire con i colleghi, ma producendo da sola, rintanata dietro la tua scrivania personale; tu che trovi difficoltà a rimanere in silenzio mentre ascolti le idee altrui; tu che sei testarda e hai le tue opinioni, ora hai l’opportunità di intraprendere un percorso nuovo, che ti ‘costringe’ a raffrontare il tuo lavoro con gli altri: redattori, collaboratori esterni, il direttore e gli altri ragazzi di Servizio Civile, ecco la giusta opportunità da cogliere!”. Per me si trattava comunque di un punto di domanda perchè, anche se avevo letto cosa mi offriva l’esperienza di Servizio Civile, non sapevo cosa avrei trovato. Un punto di domanda perchè non sapevo come avrei affrontato le persone e dove sarei arrivata; un punto di domanda anche se mi ero fatta un’idea: quella di trovare persone con il loro carattere e quindi, in partenza, ero un po’ frenata, non sapevo bene come comportarmi. Un punto di domanda su cosa mi avrebbbe dato quest’esperienza, se mi avrebbe dato qualcosa dal punto di vista proprio del Servizio Civile. Avendo già fatto esperienze lavorative non avevo paura di affrontare l’ammontare delle ore, era più una
questione umana e quindi non sapevo bene come reagire. Quando ho spalancato il portone di legno massiccio della redazione di Uct e ho visto l’ufficio, non mi aspettavo qualcosa di così tranquillo e accogliente: completamente l’opposto dall’aria che si respira in un ambiente strutturato da rapporti piramidali; per esempio il fatto che il direttore sia in ufficio con gli altri operatori e che si faccia la pausa caffè tutti insieme è una cosa molto bella. Durante le prime settimane ad Uct non sapevo bene dov’ero capitata, dovevo ancora inquadrare la situazione: avevo un po’ di paura a comunicare con le altre persone che lavoravano in redazione, ragazzi di Servizio Civile nonché miei colleghi, compresi. “Riuscirò a non combinare guai? Con queste persone riuscirò ad instaurare rapporti sereni?”, mi chiedevo. Per fortuna le mie paure erano infondate: si è instaurato un bel rapporto anche con le persone che arrivavano in ufficio, che passavano di lì, dal professore universitario alla gente che chiedeva la carità, dai collaboratori usuali agli operai che sistemavano il selciato e ai quali offrivamo il caffè. Ho iniziato l’esperienza di Servizio Civile in concomitanza con un cammino personale per migliorare me stessa, quindi, alla fine, è stato un “Servizio Civile” anche nei miei confronti, che mi ha aiutata a comprendere l’importanza
del lavoro di squadra. Lavorare per un anno intero presso la redazione di Uct mi ha aiutata a migliorarmi, a instaurare un bel rapporto con i “compagni di viaggio”, ovvero gli altri ragazzi di Servizio Civile che, come me, hanno intrapreso quest’avventura, a volte faticosa - quando si aprivano le discussioni - ma sempre positiva perchè serve per migliorarsi e si arriva ad instaurare una sana complicità professionale oltre che amichevole. In questo modo è stato facile il passo successivo, quello di frequentarsi anche fuori: una cena tra colleghi e con il direttore. Non una cena formale, ma un ritrovo di persone serene che condividono, chi più chi meno, lo stesso amore per la nostra terra, con i suoi problemi ambientali e politici, ma anche con le sue meravigliose opere d’arte, i suoi luoghi magici e la sua storia, così ben ancorata alle tradizioni ma anche aperta alle sane novità. Tutto ciò mi è servito non solo dal punto di vista umano, ovviamente, ma anche per l’aspetto professionale: ho imparato davvero tantissime cose, sia dal punto di vista più strettamente intellettuale e giornalistico che dal punto di vista tecnico - informatico e contabile. Certo sono serviti gli esami universitari, in particolare quelli di storia di una regione nell’età moderna, di letteratura contemporanea locale, e altri inerenti il territorio trentino, ma una cosa è
studiare sui libri, un’altra è mettere in pratica le conoscenze acquisite inserendole nella realtà attuale e proponendole ai lettori da un punto di vista critico e, magari, anche originale. Devo dire che vale proprio il detto: “è sbagliando che s’impara!”, ovvero: un po’ di gavetta non fa mai male. Nella mia esistenza mi trovavo nella via di mezzo Non all’inizio, ma nemmeno a metà del cammino: direi una via di mezzo, perchè avevo in sospeso parecchie questioni come l’Università e che cosa fare nel futuro professionale. Dal punto di vista umano mi chiedevo quali rapporti instaurare con le altre persone, come considerare ‘l’altro’, perchè mi ha sempre accompagnata un sentimento di paura quando mi trovavo ad affrontare le altre persone. Anche se non sempre, porto una maschera di facciata: sembro molto dura, ma vivo la preoccupazione nel sostenere l’incontro con le altre persone perchè ne sono intimorita. Sento di trovarmi in una via di mezzo pur avendo scelto, dopo un anno di Servizio Civile, di proseguire con l’esperienza. Nei sei mesi conseguenti, con il progetto del “6 mesi in + per Es.Ser.Ci.” credo di aver fatto dei passi da gigante, molto più velocemente che in un anno di Servizio Civile,
anche se in generale è stato un crescere continuo. Un anno è servito per ambientarmi, capire come funzionano le cose non solo professionalmente, ma anche dal punto di vista umano e dei rapporti con le altre persone. Penso di aver migliorato anche un po’ me stessa, quindi sicuramente ho percorso un bel pezzo di strada, e sono riuscita ad affidarmi maggiormente delle persone grazie alla fiducia che ho visto maturare anche in me. L’esperienza di Servizio Civile mi ha insegnato che è positivo cercare il bene in ogni cosa. Mi ha insegnato a “contare fino a dieci” prima di parlare, ad ascoltare le opinioni degli altri, a cercare di instaurare situazioni armoniose con le persone, nonostante sia difficile e non sempre mi riesca. Ho potuto smussare i miei difetti nonostante avessi la paura di stabilire rapporti disastrosi: la mia testardaggine e il mio voler imporre la mia opinione, spesso senza accorgermene, si sono attenuati anche grazie al rapporto di confidenza e amicizia con i miei compagni di Servizio Civile, quasi tutti miei coetanei. Devo dire di aver fatto un po’ di passi avanti, ho camminato su questa strada, che è ancora lunga, però ora è una strada meno tortuosa, più tranquilla, con meno buche.
La famiglia, gli amici e la mia scelta La mia famiglia, inizialmente, non era molto entusiasta della scelta di impegnare un anno della mia vita nel Servizio Civile; forse perchè non sapeva cosa avrei fatto, cosa mi avrebbe dato dal punto di vista umano e professionale, oltre che economico. Ha compreso poi quanto questa esperienza sia stata importante per me. Mi sono accorta di aver raggiunto determinati obiettivi esistenziali ed ora anche la mia famiglia è più serena. All’inizio è stato faticoso affrontare la resistenza che sentivo in casa, per i miei familiari ero quasi una delusione. La loro titubanza non era incoraggiante. Nonostante la mia famiglia mi abbia cresciuta con attenzione, il Servizio Civile mi ha aiutata a migliorare il rapporto con i miei genitori ed una volta capito ciò che facevo - potendo vedere materialmente quanto andavo producendo, gli articoli che scrivevo, le competenze che acquisivo - anche i miei familiari sono rimasti entusiasti. Gli amici e le persone che mi conoscono, all’inizio, erano incuriositi: “Spiega un po’ in cosa consiste questo Servizio Civile…” dato che non erano molto al corrente di cosa significasse tale esperienza. Conoscevano l’iniziativa ma non sapevano dell’esistenza di numerosi ambiti dove svolgere un anno di Servizio Civile. Avevano in mente gli obiettori
di coscienza e il lavoro che veniva svolto nelle case di riposo. Dopo aver spiegato loro sono rimasti talmente entusiasti e contenti della nuova impostazione che alcuni hanno pensato di proporre tale esperienza anche ad altri ragazzi. Mi ricordo le parole di una mia amica che mi aveva chiesto: “Sei contenta di questo, di quello che fai? Di iniziare questa nuova esperienza?”. Le rispondo di sì! Penso che sia accaduto in un momento giusto della mia vita; ringrazio ancora quel volantino in bacheca all’Università di Lettere e Filosofia. Non pensavo minimamente di venir scelta perchè nella graduatoria ero arrivata quinta e i posti disponibili erano quattro. Fortunatamente per me alla fine un candidato si è ritirato. Successe la stessa cosa ad un mio collega che fu ripescato, dopo di me. Ero intimorita prima di iniziare, non ho ‘pubblicizzato’ molto questa nuova esperienza. Il mio servizio all’Uct: Uomo Città Territorio L’ente che mi ha vista coinvolta nel Servizio Civile è Uct : Uomo Città Territorio; sede a Trento di una redazione che
pubblica una rivista con nove numeri annui. Uct è anche casa editrice, “Edizioni Uct - Trento” e pubblica libri di interesse regionale in ambito storico, politico, culturale, ambientale e inerente la società trentina nel suo complesso. Considerati tutti i lavori che ho svolto in passato, si capisce perchè mi ha attirato questa opportunità: finalmente avrei fatto qualcosa inerente ai miei studi. Mi è sempre piaciuto scrivere, ma non sapevo se ero all’altezza di farlo. Ora ho imparato molte cose: ad esempio, scrivere un articolo per una rivista mensile non è come scrivere per il quotidiano locale che esce tutti i giorni. La famosa regola delle cinque “W” (who, what,...) deve essere applicata in maniera diversa, e non solo quella! Il progetto che ho seguito mi ha vista impegnata nella redazione della rivista Uct ed i compiti miei e dei miei compagni di Servizio Civile erano importanti, direi fondamentali, perchè dovevamo imparare ad acquisire, un po’ alla volta, tutti i meccanismi che ruotano intorno alla realizzazione di un numero della rivista in pubblicazione: organizzare gli articoli dei collaboratori, strutturare il sommario e il menabò della rivista, contattare la tipografia, correggere le bozze grafiche. Questi erano alcuni dei molteplici compiti che ci 10
hanno “accolto” in redazione. È stato entusiasmante sentirsi indispensabili per realizzare ogni numero della rivista. Un po’ alla volta ci siamo resi sempre più autonomi e capaci. Finalmente giunse anche per noi l’opportunità di scrivere degli articoli e ciò ci rese sempre più orgogliosi dell’essere partecipi dell’esperienza di Servizio Civile in una redazione. Il lavoro di gruppo e quello di squadra è fondamentale per la buona riuscita di un numero. Maturare nel tempo la sintonia per essere sicuri e tranquilli di poter produrre un buon lavoro: questo era il progetto generale finale. Possiamo dire di averlo raggiunto e realizzato. Ad Uct un punto fondamentale è quello di cercare di occuparsi di tematiche, solitamente lasciate un po’ da parte: si affrontano questioni legate a persone con difficoltà, ai più deboli ed emarginati, a persone che vivono in ambienti disagiati. Soprattutto verso la fine dell’anno e anche nel progetto “6 mesi in + per Es.Ser.Ci.”, ci siamo occupati in modo particolare del rapporto genitori - figli e Tribunale per i minori, un rapporto ostico, problematico: è una questione delicata visto che si tratta di minori che vengono allontanati dalle famiglie. Il degrado ambientale e i problemi umani legati ad esso 11
è un’altra tematica che abbiamo cercato di affrontare. Un esempio sono state le interviste fatte agli ex-operai della Sloi. Il credo di Uct è quello di avvicinare la popolazione a tematiche sensibili. Con il progetto dei “6 mesi in + per Es.Ser.Ci.”, anche se studio storia, mi sono dedicata alla tematica delle dsa (disturbi di apprendimento) in special modo alla dislessia, ovvero la difficoltà di leggere in modo fluente. In Trentino il 4 % della popolazione è dislessico. Inoltre mi sono interessata alle forme di handicap che più colpiscono la nostra realtà sociale come l’Alzheimer che solitamente coinvolge le persone più anziane e altri handicap sia fisici che mentali e psico-fisici. Mi interessava analizzare questi mondi ancora poco conosciuti e rapportarli con la realtà quotidiana: l’inserimento scolastico, quello lavorativo e la vita di tutti i giorni. Il Servizio Civile significa novità o vita di tutti i giorni? Il progetto mi ha portata ad affrontare la vita in maniera più positiva: sembra un’affermazione banale ma non lo è affatto per me. Sono caduta e mi sono rialzata: ho capito che il mondo è bello perchè è vario e che bisogna 12
ESSER FIERI DI QUELLO CHE SI FA, bisogna esser contenti di dare qualcosa tutti i giorni. È doveroso cercare di fare il meglio possibile anche per fungere da modello per altre persone; umilmente dire: “Ho dato anch’io un pezzetto della mia esperienza di vita per migliorare l’ambiente dove vivo”. Impari a chiedere scusa - cosa assai difficile - e a capire le altre persone, a rispettare i loro pensieri, i loro problemi e comprendi di essere capita. Comprendi che c’è un progetto più grande di noi che è VIVERE. Il rapporto con l’operatore locale di progetto e gli altri amici di progetto Con il nostro Olp abbiamo avuto una relazione professionale, ma accompagnata da un senso di amicizia e comprensione. È stato un po’ tutto: con le sue sgridate severo quando serviva; tenero con le sue “coccole” metaforiche, quando ci portava brioches e biscotti o ci invitava a cena a casa sua. Ci ha dato fiducia, quindi con lui abbiamo instaurato un rapporto bello, sia dal punto di vista professionale che umano. Quando capitava di essere a casa ammalati non è mai mancata una telefonata per informarsi del nostro stato di salute. Così, come noi ragazzi ci siamo affezionati a lui, anche lui a noi. 13
Un ricordo mi affiora: la cena dal nostro Olp nel suo verde giardino: cuoceva la carne mentre sua moglie conversava con noi. È un bel ricordo: trovarsi nella sua famiglia, in quella situazione accogliente, una cosa che sicuramente non doveva obbligatoriamente fare, ma l’ha fatto: ci ha permesso di conoscere il suo modo di vivere. Per quanto riguarda le relazioni fra noi ragazzi, l’Olp ci ha sollecitati, sin dall’inizio, a comunicare. I primi tempi non è stato semplice aprirsi e comunicare, ma col tempo la cosa si presentava sempre più spontanea: benché restia, ho capito che potevo fidarmi dei miei ‘compagni di viaggio’ perciò mi sono aperta instaurando con loro un rapporto tranquillo. In principio non esprimevo quello che pensavo perchè ero convinta che le idee di ognuno fossero solo punti di vista e non portassero ad alcuna crescita professionale e umana. In realtà non è così. C’è stata reciproca comunicazione, anche piccoli attriti o discussioni tra noi ragazzi o con lo stesso Olp, ma sono sempre risultati punti di crescita, situazioni che sono state affrontate per andare oltre, risolvendole in positivo. Ogni persona è fatta a modo suo: chi borbotta e parla poco anche se dentro di sé è pronto a scoppiare; chi è testardo e 14
vuole aver sempre ragione, un po’ come me e un mio collega; chi sembra tra le nuvole; chi si offende per niente. Siamo in tanti e dunque c’è una varietà infinita di modi di essere. Grazie ai miei compagni e all’Olp sono felice di aver svolto Servizio Civile nell’ambito che ho scelto: loro mi hanno dato tanto. L’esperienza di Servizio Civile penso sia una grande scuola, dove s’impara e si cresce anche indipendentemente dall’ambito in cui si svolge. I miei talenti sono stati presi in cura dal mio Olp Bisognerebbe chiedere al mio Olp, ma credo di aver migliorato la capacità di terminologia, sintesi ed espressione orale oltre che scritta. Il fatto di riuscire a scrivere un articolo di due o tre pagine in maniera fluente, di scrivere ogni mese minimo due articoli, di sintetizzare il resoconto di qualche conferenza, è diventato sempre più facile e normale, rispetto all’inizio. Ricordo la mia prima intervista: ero molto agitata, mi sudavano le mani e non sapevo in che modo l’intervistato mi avrebbe accolta. Alla fine è andato tutto bene, ma la tensione iniziale è stata tanta. Il nostro Olp ha sempre puntato sull’incipit: “...deve attira15
re, creare atmosfera. Dopo viene il resto, ma prima l’incipit. E vedrete che alla fine dell’anno avrete più facilità nello scriverlo...”. All’inizio mi ritrovavo gli articoli pieni di correzioni; verso la fine dell’anno di Servizio Civile l’Olp mi consegnava l’articolo bianco, senza nessun appunto: non mi sembrava vero! Insomma è stato un po’ come tornare tra i banchi di scuola. I miei talenti sono stati presi in cura dal mio Olp: penso di aver migliorato le mie competenze in materia di contabilità, oltre che di scrittrice. Tra l’altro, mi piace anche molto. E poi ho preso anche un po’ a cuore l’economia della rivista dato che Uct non è un ente istituzionale e quindi non economicamente affermato. Un altro talento acquisito penso sia stato riuscire ad instaurare una comunicazione con l’altro, fidandosi dell’altro. Gioia, soddisfazione, autostima Provo gioia e soddisfazione perchè sono contenta del mio operato; sono contenta di aver fatto qualcosa di mio. Provo gioia per aver fatto un anno di Servizio Civile e gioia di essermi rapportata con l’Olp positivamente fin dall’inizio del mio percorso. Gioia per quello che ho imparato; ho prova16
to un’incommensurabile soddisfazione nel veder pubblicato il mio primo articolo. È una gioia sapere che l’Olp si fida di te. Ciò mi ha permesso di aumentare la mia poca e bassa autostima. Criticità Chi non ha mai avuto da discutere con il proprio capo o responsabile di ufficio? È normale, soprattutto, quando si lavora insieme e si portano avanti gli stessi progetti con idee diverse o simili. Esprimere i propri punti di vista è salutare e l’Olp stesso ci ha sempre spronati a farlo: “Dite quel che pensate, tiratelo fuori! Dovete avere delle opinioni anche voi!” ci incitava. E noi, inizialmente timidi oppure semplicemente paurosi ad azzardare un’opinione, stavamo zitti. Un po’ alla volta, però, ci siamo aperti: ne sono seguite discussioni anche accese, ma sono state fondamentali per la crescita interiore, intellettuale e umana di ognuno di noi. In questo modo ci siamo conosciuti più profondamente e abbiamo potuto instaurare un rapporto di collaborazione basato non solo sulla professionalità ma anche sulla fiducia. Le criticità le ho superate grazie al coraggio, al fatto di essere fiduciosa e facendo in modo che anche gli altri fossero 17
fiduciosi nei miei confronti. Ho cercato di essere più umile; ho provato a fidarmi delle persone provando ad avere meno paura nell’affrontare le novità; mi sono messa in gioco sfidando le situazioni più varie. Ho cercato di metterci la testa, rischiando di fare qualcosa di sbagliato. Ogni individuo, di qualsiasi età o status sociale, ha i propri pensieri e le proprie idee, certo, ma ho capito che non è sempre positivo stare ad ascoltare le critiche degli altri: ogni persona vale per quello che è e può evolvere in positivo. A volte gli ostacoli sono tanti e difficoltosi; a volte c’è anche un pizzico di fortuna che ti aiuta. L’esperienza di Servizio Civile non ha pregiudicato per niente il mio percorso di vita perchè era vicino ai miei interessi. Personalmente l’esperienza di Servizio Civile mi ha aiutata a migliorarmi, ma non escludo il fatto che qualcuno dall’alto (e chi vuole ha capito di chi parlo) mi abbia dato una mano e Lo ringrazio di CUORE! Le foto, i volti, gli sguardi, le parole che porterò nel cuore Alcune ‘foto’ che porterò nel cuore finché vivrò, racchiudono momenti felici dell’esperienza fatta come ragazza di Servizio Civile: il saluto mattutino in ufficio dell’Olp; 18
l’indimenticabile pausa-caffè tutti insieme (perchè facevamo una grande moka per tutti, altro che macchinette!); le cene tutti insieme, sorridenti all’ormai storico ritrovo di Uct, il rifugio Campel; i compleanni di ognuno di noi festeggiati in ufficio; l’Olp che ci viziava portandoci dolcetti e le sue piccole infuriate giornaliere. Ognuno di loro, Olp e colleghi, sono rimasti nel mio cuore. E con quel sorriso ironico, buono e positivo che non farebbe mai male a nessuno: una ragazza non superficiale, molto intensa e attenta alle persone e alle cose; D. con la sua capacità di sunto orale impeccabile, dietro la cui immagine professionale si nasconde un gran burlone; T. con il suo “..non so…” quotidiano, il suo cambio di look, il suo modo di essere apparentemente timido. Infine S. il mio Olp, il suo modo di mangiare come Pollicino (dove mangia lascia una scia di briciole: mitici i suoi crackers!), le sue brontolate quotidiane, la sua capacità di trasmetterti serenità e agitazione nello stesso momento; il suo modo di farti la paternale. A conclusione del Servizio Civile una nuova strada Cambiamenti? Percorrendo la “strada” del Servizio Civile 19
ho cercato di prendere tutto il buono che vi ho trovato. Ora ho svoltato: alla fine del percorso ho inforcato una delle tante strade che da lì partivano: ho lasciato una strada ormai conosciuta e battuta per una nuova, un po’ più ardua. Troverò buche, sassi e mi faranno male i piedi, ma troverò anche scalette e promontori da cui osservare l’orizzonte, un po’ meno lontano e più rasserenante di prima. È la strada della vita, la mia, dopo l’esperienza di Servizio Civile. Scoperte di me Per la prima volta mi sono sentita sicura delle decisioni che ho preso da sola, ad esempio il fatto di uscire dal gruppo, di non farmi condizionare ma decidere con la mia testa, avere più autostima. Lavorando in gruppo mi sono resa conto dell’esistenza delle opinioni altrui e del fatto che vanno ascoltate: non esiste un’unica e giusta posizione e questa cosa mi ha insegnato ad ascoltare e a filtrare. Riuscire a lavorare in team in maniera tranquilla, riuscire a comprendere con sensibilità ciò che viene detto scremando i difetti di ognuno; fare più attenzione agli altri, grazie a strumenti essenziali come il dialogo attento e generoso, alla capacità di critica produttiva e la fondamentale autocritica. 20
Professionalmente ho acquisito concretamente tutti i passaggi per giungere alla pubblicazione di una rivista, all’impaginazione di libri; ho imparato a gestire le relazioni tra collaboratori e con la tipografia; ho migliorato la gestione della contabilità di un’associazione confrontandomi con il commercialista. Ho imparato a scrivere articoli impostandoli per lettori di una rivista mensile, in modo che la lettura risulti fluente e precisa, chiara e sintetica. Quale immagine del Servizio Civile? Un’immagine del Servizio Civile? A me viene in mente la crescita di un albero. Inizialmente noi, che siamo le radici, assorbiamo le sostanze nutritive per crescere: c’è chi assorbe più acqua e sali minerali, chi meno. Il percorso continua come la linfa che sale e raggiunge le foglie: c’è chi sale meno, chi arriva prima, chi giunge alla foglia e cade, e chi cresce fino a raggiungere la fine del percorso. Trovo fondamentale il Servizio Civile come esperienza di crescita individuale e di gruppo e la paragono al percorso della linfa che nutre la pianta partendo dalle radici fino a raggiungere l’estremità dell’albero, le foglie. Noi siamo parte di quella pianta: assorbiamo l’acqua e i sali minerali, riceviamo la luce del sole. A volte però siamo schiaffeggiati 21
dal vento che s’insinua tra le nostre foglie e scuote i rami, ancora fragili; altre volte rischiamo di venir abbattuti da un boscaiolo o finiamo per essere bruciati in un incendio doloso. Ognuno di noi però può scegliere se mollare tutto e morire o andare avanti, stringendo i denti. E se una ragazza mi chiedesse un consiglio sulla scelta di Servizio Civile? Non le direi: “Fallo” e stop. Le direi che deve essere convinta, che sta per intraprendere una strada importante, di metterci passione e di scegliere l’ambito che davvero l’attira e le interessa. Ci vuole convinzione senza aspettarsi nulla in cambio. L’esperienza di Servizio Civile non deve essere affrontata come un lancio per entrare nel mondo professionale, ovvero non si deve viverla come un’esperienza di lavoro ma come offerta di un anno della propria vita mettendocela tutta: mettendoci il cuore e l’anima. Le direi di scegliere l’ambito che più la stimola, l’ambito in cui pensa di spendersi meglio, ponendo in secondo piano le capacità e strumenti che ha già.
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Pensieri in conclusione... L’esperienza che ho fatto è iniziata in un momento in cui non sapevo bene cosa fare della mia vita. Mi ha aiutata a prendere in mano la mia situazione e i miei problemi. Grazie al Servizio Civile affronto la vita con atteggiamenti diversi: con più attenzione verso l’altro, con più positività, mettendo amore e convinzione in ogni cosa. Ho preso per mano la mia esistenza e l’ho scossa, le ho trasmesso quella carica di adrenalina che mi permette di affrontare ogni giorno con più positività e con la certezza di aver fatto un’ottima scelta: il Servizio Civile.
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Note editoriali Arianna Ho preso per mano la mia esistenza e l’ho scossa
Grafica ed impaginazione: APR&B Stampato da: Centro Duplicazioni della Provincia Autonoma di Trento Finito di stampare: Ottobre 2011 Progetto ideato da: Sara Guelmi Per: ES.SER.CI. Esperienze Servizio Civile - Trento Provincia Autonoma di Trento con la collaborazione e la partecipazione di: Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari Volume non destinato alla vendita.
es.ser.cI. e raccontarSI Sorprende gli stessi autori la scoperta di essere protagonisti di una storia. Una storia che si rivela loro attraverso la lettura del proprio percorso di vita e nel suo racconto. Rievocare gli episodi, ricordare le emozioni, dare volto alle persone, gettare squarci di luce sui momenti bui, ripercorrere momenti di gioia esaltante sono alcune delle innumerevoli tonalità che arricchiscono ed intrecciano la trama di una vita che nasconde, nell’ordito, l’unicità - oggi più consapevole dei protagonisti. Ricco, ma non prigioniero, di un presente che affonda le radici nella storia personale, ciascuno degli autori guarda le possibili, molteplici prospettive di viaggio che gli si aprono. Prospettive di viaggio che affronta con uno strumento in più: la consapevolezza di avere una storia, non solo da narrare e da ripercorrere, ma da proseguire. Comprendere il cammino e la natura di ciascuno aiuta a trovare il senso della propria storia e ad individuare la via migliore e più appropriata verso l’autorealizzazione.
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Arianna Ho preso per mano la mia esistenza e l’ho scossa