Zeph Fogg Chapter 2

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Capitolo 2

Il primo compagno Zeph stava allegramente passeggiando su un sentiero che attraversava un bosco. Si gustò il profumo di quercia e dei frutti maturi. Era il secondo giorno di viaggio; la destinazione che aveva scelto era la città di Thernyt, posta a sud est del suo paese di partenza. Inizialmente circondato dalla pianura tipica della regione, era incappato in una piccola foresta dove la strada si insinuava decisa. Appena ne uscì si presento davanti a lui un panorama collinoso, il sole splendeva alto nel cielo tanto da accecare; il ragazzo vide una grossa pietra lucente e si fermò sotto di essa, tirando fuori un pezzo di pane. Ne approfittò per controllare ciò che aveva: provviste per tre giorni, una corda, qualche abito di ricambio, un sapone (cara mamma!), un mantello, 70 denari e le sue indispensabili spade. Rimise tutto dentro la sua sacca da viaggio e ripartì, convinto di essere vicino alla sua destinazione. Nel pomeriggio il clima ebbe un drastico cambiamento; nuvole dense di pioggia coprirono il sole e il cielo, portate da un forte vento. La temperatura si abbassò e il ragazzo strinse i denti per il freddo, nonostante il mantello di lana datogli da sua madre. La marcia si fece sempre più lenta, e all’inizio della pioggia il giovane si riparò sotto un albero solitario, con l’umore a terra. I Barrens, essendo una lunga pianura desertica, accoglievano le poche nuvole provenienti da Ovest e la temperatura alta le trasformava in veri e propri temporali. Calò la notte, quasi timidamente per non disturbare le nuvole, ma almeno la pioggia si placò un poco; l’avventuriero riuscì ad accendere un fuoco e a proteggerlo. “Non devo abbattermi; momenti come questi saranno abituali nel mio lungo viaggio. Avrò certamente bisogno di aiuto, non sono bravo con qualunque cosa. Ho deciso: troverò un gruppo di compagni con cui condividere queste esperienze e che possano aiutarmi, come io aiuterò loro nelle medesime ambizioni.” 10


Rincuorato da questi pensieri, si addormentò in poco tempo per via della stanchezza accumulata durante la giornata. * Quando aprì gli occhi fu accolto da una coltre estremamente densa di nebbia. <Di male in peggio> bofonchiò ancora intontito dal sonno <ma non importa; la città deve essere vicina ormai, basterà seguire le indicazioni sulla mappa.> Dopo nemmeno un’ora dovette ammettere che in condizioni così avverse era impossibile orientarsi, infatti quando questa si dissolse si accorse di aver girato in tondo. Senza scoraggiarsi, cercò nuovamente la strada e si limitò a seguirla sperando positivo: con l’imbrunire si rese conto di essere vicino alla sua destinazione, infatti si vedevano le prime fattorie isolate fare capolino dietro le colline. Accellerando il passo si ritrovò nuovamente in pianura, decorata dalle fattorie che affiancati ai campi la facevano apparire una specie di immenso giardino. Un corso d’acqua largo appena un braccio costeggiava la strada, su cui si affacciava un piccolo mulino; la sua ruota dentata girava lentamente cigolando. L’avventuriero lo osservò meglio e guardò come era malmesso, a prova della forte povertà che il suo popolo stava ancora subendo nonostante la fine della guerra. Il nuovo continente rimaneva ancora in gran parte sconosciuto e pericoloso: il regno di Theramore era troppo vasto perchè la sicurezza fosse omogenea in tutte le zone; c’era chi godeva di maggiori protezioni, al contrario in alcune città e le loro periferie venivano costantemente scosse da bande di predoni, orchi reietti, centauri, o creature che non accettavano nuovi “venuti” nel loro territorio. Zeph decise di provare a chiedere alloggio in una di queste abitazioni, sperando di non essere accolto con spade o fucili. Provò la prima porta a sinistra di una fattoria molto lunga orizzontalmente e con una grande stalla sul retro. Bussò la portà e uno spioncino grosso neanche quanto una mano aperta si aprì leggermente sopra la sua testa. Due occhi neri e sospettosi fecero capolino. 11


<Chi sei tu? Che vuoi?> <Ecco, sono un viaggiatore di passaggio, e mi chiedevo se era un disturbo ospitarmi per la notte.> <Mi spiace ragazzo, l’aria del ladruncolo non ce l’hai, ma la prudenza non è mai troppa. Vattene!> Ancora sorpreso dalla reazione del misterioso residente, il ragazzo tornò sui suoi passi e continuò ancora, anche se ormai era quasi completamente buio. Volle riprovare a un altra porta. Bussò, ma molto più piano di prima. L’uscio si aprì completamente e ne spuntò una donna sui trent’anni, con lunghi capelli rossi raccolti a coda dietro le spalle; il suo viso era chiaramente indurito dal lavoro dei campi, ma gli occhi comunicavano una grande sensibilità. <Che ci fa un ragazzo come te qui in giro?> <Gentile signora, sono in viaggio verso Thernyt, e cercavo un letto per dormire. Son tre giorni che dormo sotto le stelle. Sempre che non sia inadeguato.> <Certo che no, caro. Entra pure.> Lei si scostò e lo fece passare. La casa era piuttosto grande, ma poco arredata; c’era un tavolo e alcune sedie, e una tenda che sicuramente delimitava la cucina. Una scala a chiocciola conduceva al secondo piano. Seduti vi erano un uomo barbuto, sulla quarantina, e un ragazzo della stessa età di Zeph; i capelli gli ricadevano sulla fronte, disordinati. Era molto magro e un pò pallido, quando incrociò il suo sguardo lui lo abbassò subito. <Abbiamo un ospite in più stasera. Lui è...> <Mi chiamo Zeph, piacere di conoscervi.> <Io sono Lana, lui è mio marito Paul e l’altro mio figlio Loys. Siediti pure, apparecchierò anche per te.> <La ringrazio per la sua gentilezza.> La donna sorrise debolmente. <Tranquillo> disse l’uomo <è che solitamente non prendiamo come ospiti i viaggiatori che bussano a questa porta; parlando francamente, ciò non avviene mai. La maggior parte sono solo delinquenti che si divertono a lanciare sassi o a minacciarci con insulti e parolacce; tutto sopportabile. Immagino però che ogni tanto una faccia onesta sia bello vederla.> Mentre si serviva un brodo caldo in tavola, l’avventuriero 12


volle raccogliere informazioni. <La città quanto dista circa?> <Thernyt? Non più di due ore di viaggio a piedi. Come mai sei diretto lì?> <Solo per cercare fortuna e magari qualcuno disposto a viaggiare. E’ poco che ho intrapreso questo viaggio e devo ancora ambientarmi bene.> <Capisco. Potresti farci un favore? Ora che mi è venuto in mente, abbiamo bisogno di un nuovo carretto, ed è Loys che ci va sempre accompagnato da uno di noi. Ma sono tempi difficili, io e mia moglie non possiamo lasciare la fattoria; saresti disposto ad accompagnarlo?> <Certamente. Dopotutto è il minimo che posso fare per sdebitarmi.> Il ragazzo guardò il coetaneo, che non aveva mai detto una parola, il quale sentendosi osservato si girò distratto giocherellando con le posate. Finita la cena, egli aiutò a sparecchiare e nonostante le insistenze di Lana lavò lui i piatti per tutti; gli fu sistemata una branda lì al primo piano, dove passò la prima notte sotto un tetto da quando era partito. * La mattina dopo, di buon’ora, i due ragazzi partirono alla volta della città. Zeph camminava spedito, con le spade al fianco; Loys restava sempre dietro di lui, poco socievole e spaventato da ogni rumore. Decise di prendere l’iniziativa, rallentò il passo e si affiancò a lui. <Tutto bene? Sembri in preda al panico.> <Ehm... si un poco...> <Come mai ti comporti così? Da ieri sera avrai detto si e no un paio di parole. Insomma, avrai i tuoi buoni motivi, ma credo che per fare una strada sia un pò eccessivo.> <Il fatto... come posso dire... è che non sono mai stato particolarmente coraggioso. Mio padre te lo ha detto ieri sera: sono sempre accompagnato quando bisogna andare in città; ho il terrore di quello che potrebbe capitarmi lungo il cammino. Di questi tempi la gente è derubata, picchiata, perfino 13


uccisa dalle bande di malviventi che infestano questa campagna. Io.. non riesco ad uscire da solo! Mi capisci?> <Affronta queste tue paure. E’ la sola cosa che mi viene in mente di dirti.> <La fai facile tu.> <Ti sbagli. Non credere che sia uno coraggioso; ti confesso che, come tutti, ho avuto i miei momenti di panico assoluto. Lo capisco, perchè opprime la tua voglia di vivere certe volte. Ma devi sapere che la vita è piena di ostacoli che sono fatti per essere superati; se hai un ambizione, o un sogno, scavalcare le avversità della vita sarà più semplice. Per quanto mi riguarda, il mio desiderio più grande è quello di diventare un grande guerriero, sono pronto anche a morire pur di raggiungere il mio scopo.> <Davvero saresti disposto a tanto?> <Certo. Anche tu devi avere qualcosa che ti piacerebbe fare o essere; un obbiettivo, praticamente.> Il ragazzo si fermò e guardò per terra, mordendosi le labbra. Lo spadaccino lo guardò incuriosito, quando l’altro rialzò la testa di scatto e disse, tutto d’un fiato: <Il mio grande sogno è diventare un soldato, per poter difendere il mio regno da tutte le prepotenze e le ingiustizie che gravano sulla mia patria!> <Cavoli...> <Oh caspita, l’ho detto! Non ci credo, nemmeno i miei sanno di questa cosa!> <Sei proprio un tipo strano, Loys. Però mi piaci; diventeremo buoni amici io e te!> esclamò sorridendo l’avventuriero. La tensione di prima si sciolse e anche il giovane contadino prese confidenza con lui. I due ragazzi proseguirono per la strada. Cominciavano a superare le prime taverne isolate e alcuni gruppi di persone, sicuramente commercianti, che conversavano con foga. All’improvviso la strada si divise in due e presero quella a destra. Sbagliata. La strada si stava facendo infatti sempre più rada e, dopo un pò, i due si fermarono. <Propongo di tornare indietro.> disse il ragazzo; l’altro fu d’accordo con lui. Mentre ritornavano sui loro passi fu ora di pranzare e si 14


sedettero ai margini del sentiero per rifocillarsi. Erano tranquilli e scherzavano tra di loro, quando delle urla catturarono la loro attenzione. Zeph incuriosito, Loys spaventato, si diressero verso il rumore, dove si presentò davanti a entrambi una brutta scena. Poco avanti vi era un gruppo di orchi attorno a un tauren. Lo stavano chiaramente circondando, armati di asce e ringhiando contro di lui, il quale agitava in aria il totem per allontanarli, ma senza successo. Naturalmente, la stazza della creatura incitava gli umanoidi dalla pelle verde alla prudenza; la loro preda non aveva comunque scampo. L’avventuriero contò cinque avversari, il suo pensiero cristallino come l’acqua. <Vado ad aiutarlo.> l’altro ragazzo lo guardò sbalordito. <Ma sono orchi, e te sei da solo!> La risposta fu un largo sorriso del giovane che si alzò in piedi e corse contro i nemici, attirando la loro attenzione. <Ehi musi verdi! Fatevi avanti!> Solo uno di loro si girò seccato, mostrando i lunghi denti gialli e le zanne ricoperte di bava. <Un piccolo umano? Sarai il mio pranzo!> disse l’orco, che volteggiò l’ascia sopra di lui. Il ragazzo tirò fuori le sue spade e parò il colpo appena in tempo, tremando per l’urto. Dopotutto il suo avversario era molto più grosso di un comune umano, come pure la sua forza che derivava da una vita passata davanti alle armi e alla guerra. La stazza si fece sentire, infatti Zeph cominciò a perdere terreno, quindi si abbassò e con agilità ferì l’orco al petto, facendolo arrabbiare ancora di più. Tentò un attacco laterale, ma lo spadaccino saltò evitando di un centimetro l’arma e lo prese in pieno attorno al cuore, trafiggendolo. Contemporaneamente a questo, un altro degli attaccanti si accorse di lui e, notando il compagno morto, urlò per la rabbia e gli corse contro. Il ragazzo cercò di difendersi dalla carica roteando le spade come pure lui stesso, come una sorta di trottola. Purtroppo una spada gli volò via e fu un attimo sufficiente perchè l’avversario riuscisse ad avvicinarsi abbastanza per sovrastarlo e finirlo. Impugnò allora con entrambi le mani l’arma rimasta ed ebbe la fortuna di lacerargli il viso, facendolo barcollare dal dolore; finì anche questo senza molti preamboli. Ricoperto di san15


gue orchesco, il vincitore divenne il principale problema dei nemici, ora completamente girati verso di lui. Uno di essi fu scagliato a parecchi metri di distanza dal totem del tauren e il secondo bloccato sempre da quest’ultimo, il quale sfoderò una poderosa ascia e gli spaccò in due il cranio. L’unico superstite ebbe la saggia idea di fuggire; Zeph si levò lo sporco, raggiunto da Loys che tremava dalla paura. Fu però gentile e raccolse la spada volata via, riportandogliela. Fu in quel momento che l’avventuriero si rivolse al tauren. Come tutti quelli della sua razza, era alto quasi due metri e trenta, con una testa grossa e un muso allungato. Il suo pelo era in molte parti assente per via di numerose cicatrici lungo le muscolosissime braccia e gambe; i suoi capelli erano raccolti in lunghe trecce che gli arrivavano fino alla vita, mentre la peluria sotto il mento non superava probabilmente il collo. <Tutto a posto?> gli chiese Zeph. Questi alzò la testa e lo guardò con gli occhi, rossi cremisi. <Si, ma ce l’avrei fatta benissimo anche da solo, piccolo umano.> <Immagino che sia il tuo modo di dire “grazie” questo. Qual’è il tuo nome?> <Sono conosciuto come Headbreaker.> Il giovane guardò l’orco con la testa completamente fracassata. <Nome appropriato direi. Saresti disposto a diventare un mio compagno?> Il tauren si sedette e sbattè pesantemente il totem a terra, provocando la fuga di Loys dietro al coetaneo. <Tuo compagno? Non mi interessa. E poi perchè mai dovrei accettare?> chiese la creatura con voce profonda. Rimasero per un minuto completamente in silenzio, e la tensione fu sciolta dal sorriso dello spadaccino. <Devi sapere che sono un viaggiatore, e sono intenzionato a trovare dei compagni. Ma anche se non sei interessato, potresti accompagnarci in città. Dopotutto mi devi un favore.> <Questo non è un problema. Ma il tuo amico, forse, non è d’accordo?> domandò il tauren indicando il contadino, che si era fatto piccolo piccolo per non farsi notare. <Oh, non farci caso. Andiamo?> 16


* Il terzetto percosse la strada all’indietro tornando al bivio. Headbreaker avanzava con fare pesante, Zeph lo guardava curioso ed estasiato, mentre Loys di teneva a distanza di sicurezza. Finalmente arrivarono meno di un’ora dopo alle porte di Thernyt. Il cancello di entrata era alto e largo, costruito con grosse pietre levigate disposte a file parallele una sopra l’altra; il resto delle mura non si interrompeva e continuava a circondare tutt’intorno ciò che vi era all’interno, come a proteggere un piccolo scrigno. Soldati di pattuglia camminavano avanti e indietro sui bastioni, ma visibilmente annoiati. I tre le superarono e si trovarono dentro la città: la lunga via di fronte a loro era lunga e perfettamente dritta, arricchita ai lati da una moltitudine di negozi come Zeph non ne aveva mai visti. Oltre che uomini vi erano perfino goblin e qualche elfo alto; non mancavano certo le facce poco rassicuranti come incappucciati o grossi guerrieri con gli stivali logori per la polvere accumulata durante il viaggio. Interessato, l’avventuriero passò in mezzo a tutte le bancarelle per scoprire cosa vendevano: si tratta di svariati oggetti utili per chi come lui viaggiava, ad esempio lacci, coperte, pentole, cibi essiccati, rozze armi, mappe del continente. Per un pò non si accorse neanche di Loys e il tauren che lo seguivano. Il giovane era riuscito a superare la paura e faceva diverse domande alla grossa creatura, che gli rispondeva prontamente soddisfatto dalla sua curiosità. Lo spadaccino camminò finchè la strada non si divise in diverse diramazioni; proprio di fronte a lui stava un grande palazzo con un campanile e un lungo corpo centrale con finestre ad arco acuto. Era la sede del governante della città, e anche il centro che gestiva tutto il commercio della regione. Guardandosi attorno, vide come la planimetria del posto fosse stata costruita con un metodo semplice e intuitivo. Vi erano diverse strade come quella che aveva appena percorso che si incontravano tutte nella piazza dove stava il palazzo, rievocando mentalmente una sorta di ragnatela. Tutto era perfettamente simmetrico e calcolato. Riuscì perfino a contare i 17


lati delle mura che circondavano la città: otto. Nonostante il suo evidente stupore, il ragazzo fu attratto improvvisamente da una locandina appesa a un muro di un negozio; il suo contenuto scritto era chiaramente leggibile:

Partecipate al grande Torneo di Thernyt che si svolgerà nell’arena della zona est! Il premio sarà un oggetto di inestimabile valore! L’iscrizione è gratuita. Il torneo comincerà il giorno 11. Affrettatevi combattenti! Zeph lesse tutto d’un fiato, si concesse una seconda letta e sorrise. Ormai carico e intraprendente, pensò un unica parola: “Facciamolo.”

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